Vacanze alternative di WhiteRaven_sSR (/viewuser.php?uid=118215)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione - Axel e Roxas ***
Capitolo 2: *** Xaldin e Xigbar ***
Capitolo 3: *** Marluxia, Larxene e...Lexaeus! ***
Capitolo 4: *** Zexion e Demyx, ma da dove sbuca Vexen?! ***
Capitolo 5: *** Luxord e Saix ***
Capitolo 6: *** Ritorno a casa? ***
Capitolo 1 *** Introduzione - Axel e Roxas ***
capi
Come tutte le organizzazioni di questo e
altri mondi, anche l’organizzazione XIII aveva deciso di prendersi una bella
pausa dalla tanto sospirata conquista di Kingdom Hearts.
In effetti era stato “il superiore” nonché
Xemnas, a chiamare tutti i membri per l’ennesima riunione, che si sarebbe
tenuta quella sera stessa.
Dopo che ognuno ebbe passato tranquillamente
la giornata, chi a inseguire Sora, chi a divertirsi a mangiare ghiaccioli al
gusto di sale marino con gli amici, si ritrovarono tutti assieme per discutere
della questione.
Una volta che tutti ebbero preso posto,
Xemnas iniziò: “Ci siamo tutti? Bene. Nella riunione di oggi discuteremo su una
questione molto seria che io stesso ho deciso di prendere come iniziativa:
domani ci prenderemo un giorno di vacanza”
Inizialmente tutti si guardarono e
confabularono tra loro sottovoce, non credendo alle loro orecchie.
“So che questa decisione è stata un po’
avventata da parte mia, ma essendo io il leader, penso che questa giornata di
riposo farà bene a tutti quanti”
“Scusa capo, ma esattamente perché vorresti
andare in vacanza? E poi non eri tu a dire che abbiamo tanto lavoro da fare
nella conquista di Kingdom Hearts?” domandò Axel incuriosito.
Xemnas illustrò quindi a tutti il motivo
della sua scelta: pensava che una giornata di relax avrebbe fatto bene a tutti
visto l’andazzo degli ultimi tempi ed in quel modo sarebbe stato più facile
conquistare Kingdom Hearts, se fossero stati freschi e riposati.
Tutti furono molto felici ed accolsero la
notizia con gioia, pensando che finalmente si sarebbero potuti rilassare senza
dover correre dietro alla gente a destra e a manca.
“Quindi capo hai anche già deciso dove
andare?” domandò uno sfavillante Marluxia che si stava già immaginando nel bel
giardino di rose del Paese delle Meraviglie.
“Perché non andiamo ad Agrabah?” propose
Xigbar.
“A me piacerebbe andare al Castello della
Bestia” propose qualcun altro.
A breve iniziò una discussione accesa poiché
essendo in tredici, ognuno voleva andare in un posto diverso o per lo meno le
opzioni plausibili erano più di una.
Così, dopo aver ascoltato quel vociare di
persone, Xemnas pensò a qualcosa di originale, che sarebbe potuto piacere quasi
a tutti e gli venne in mente un posto un po’ particolare.
“Ragazzi, ho trovato il luogo in cui
passeremo la nostra giornata in vacanza” tutti si voltarono ad ascoltarlo
“Andremo sull’Isola che non c’è, in modo che ognuno di voi possa trovare un
posto in cui rilassarsi: ci sono il mare, la foresta, le navi e tante altre
cose, quindi penso che ognuno di noi potrà trovare ciò di cui ha bisogno per
stare tranquillo e in pace”
Tutti ne convennero che era un’ottima idea,
nonostante ci fosse ancora qualcuno poco convinto della scelta. Dopo una buona
mezz’ora passata a discutere di come si sarebbero divertiti quel giorno e delle
belle cose che avrebbero potuto fare tutti insieme, Xemnas riprese le redini
del discorso: “Tuttavia ragazzi, per garantire un minimo di ordine, ho deciso
di assegnare un compito ad ognuno di voi: Xigbar e Laexeus, voi porterete le
sdraio per il mare; Xaldin, tu sarai l’addetto alla cucina, organizzerai il
pranzo per tutti; Vexen, nel caso fosse necessario un medico, chiederemo a te;
Marluxia, tu sarai l’addetto alle creme solari; Axel e Roxas, voi porterete gli
ombrelloni; Demyx, a te spettano secchiello e paletta; Zexion e Luxord, voi
porterete le carte e i giochi da tavolo e mi raccomando, non dimenticare il
Monopoli; Larxene, tu porterai la ciambella e il materassino gonfiabile.”
Ci furono lamentele da parte di alcuni
membri, ma dopo qualche minuto finalmente tutti furono d’accordo. Discussero
dei preparativi per ancora una decina di minuti, dopo di che andarono tutti a
dormire.
Il mattino seguente ogni membro preparò il
necessario per la giornata di svago, facendo attenzione a non dimenticare
nulla.
Una volta messi costumi da bagno, presi asciugamani e ciabattine da mare, i
membri del gruppo si ritrovarono pronti alla partenza.
Poco prima di partire Xemnas contò i vari
membri, manco fosse un assistente dell’ “estate ragazzi”, ed una volta
assicuratosi che tutti fossero presenti, fece segno di seguirlo.
Il viaggio non durò molto ed a breve tutti si
materializzarono sull’Isola che non c’è, in una delle baie meno frequentate. La
sabbia sembrava calda e l’acqua era di un blu splendente, talmente limpida che
si vedeva il fondale.
“Evvivaaaaaaaaaa! Siamo al mareeeeeee!” gridò
Demyx tutto contento, aprendosi il cappotto dell’organizzazione e sfoggiando un
bel costume in stile bermuda, color azzurro cielo, con qualche disegnino bianco
sul lato destro. Tolse anche le scarpe e stava per correre in direzione del
mare quando qualcuno lo acciuffò da dietro.
“Aspetta Demyx” era Xemnas, che rivolgendosi
a tutti, cominciò “Bene, questo è il punto di ritrovo di questa sera: ci
ritroveremo tutti qui alle 18.00 in punto, non ammetto ritardi. Per il resto
della giornata potete andare dove volete e fare quello che volete e nel caso
aveste bisogno di qualcosa, mi trovate qui”
Detto ciò, fece mettere le sdraio e gli
ombrelloni sul bagnasciuga, anche lui si mise il costume, simile a quello di
Demyx ma bianco e nero, con il bel simbolo dell’organizzazione sulla gamba
sinistra, in basso. Dopo di che andò a sdraiarsi su una delle sdraio su cui
aveva messo il suo asciugamano, anch’esso bianco e nero.
Poi intervenne anche Xaldin: “E un’altra cosa
ragazzi, per il pranzo o nel caso qualcuno di voi avesse fame, qui ci sono dei
panini, atri spuntini e la griglia per il barbecue”. Estrasse la griglia, un
frigorifero portatile, una paletta in metallo, un grembiulino e un cappello da
cuoco.
Anche lui si mise in costume, rigorosamente
nero e si perse a chiacchierare con Xigbar, poco distante, che non la smetteva
di lamentarsi della sabbia bollente.
Poco dopo anche molti degli altri membri
posarono gli oggetti che stavano trasportando, tolsero il cappotto e le scarpe
ritrovandosi in costume e in ciabattine da mare.
Marluxia si era portato dietro anche i suoi
occhiali da sole preferiti, rosa con la montatura allungata sui lati e le lenti
scurissime, che indossò subito. Poi prese il suo asciugamano, anche questo rosa
con dei petali di ciliegio ricamati, lo mise sulla sdraio e vi si appoggiò
sopra, prendendo la crema da sole poco distante e iniziando a spalmarsela.
Larxene non ci mise molto ad imitarlo, mentre
Zexion e Vexen ancora in cappotto, si erano rintanati all’ombra, sotto un
ombrellone che Axel aveva appena piantato nella sabbia.
Ne piantò uno anche vicino a Xemnas, in modo
che il sole non gli arrivasse in faccia e sotto di esso vi si rannicchiò, come
un piccolo micio, Saix, con il suo completo costume e asciugamano tutto in un
color blu elettrico.
“Capo posso farti compagnia?” domandò.
“Certo Saix” rispose l’altro con fare
tranquillo.
Nel frattempo Laexeus si era seduto poco
dietro, con la schiena appoggiata alla parete di roccia che c’era alle loro
spalle, anche lui con ancora il cappotto indosso, mentre Luxord, nonostante
fosse impegnato in una conversazione al cellulare, aveva già fatto sfoggio del
suo costume e dell’ asciugamano, tutti e due completamente bianchi (sosteneva
fossero molto di moda in quel periodo).
Mentre l’allegro Demyx poté finalmente
godersi l’acqua del mare, Roxas aveva una voglia incredibile di gelato, così
decise che sarebbe andato a cercare un negozio che avesse il suo amato
ghiacciolo al gusto di sale marino.
“Oh Roxas, posso venire con te?” chiese Axel
in tono di supplica, correndo in direzione del ragazzino con il suo costume
rosso fiammante.
“Ehm, si…va…va bene…” rispose l’altro con il
suo solito fare timido.
Così i due ragazzi si avviarono, rimanendo
sul bagnasciuga e passeggiando lungomare, in cerca di un qualche negozio che
vendesse ghiaccioli.
Nel frattempo Xaldin e Xigbar che stavano
chiacchierando animatamente e facendo anche piuttosto rumore, decisero che
sarebbero andati in cerca di un bar che avesse della buona birra ghiacciata:
non ne potevano già più di quel sole cocente che continuava a battergli sulla
testa ed avevano pensato che una birra fresca (che sfortunatamente nel loro
frigo non c’era per colpa di Vexen, che gli aveva severamente proibito
di portare alcoolici) gli avrebbe fatto bene. Così, con la scusa di fare un
giro ad esplorare i dintorni, anche loro si allontanarono.
Anche Vexen, già annoiato da quella scena
estiva con tanto di acqua, sole e zanzare decise che sarebbe andato ad
esplorare i dintorni in cerca di qualche strana creatura e/o pianta da
impiegare per le sue ricerche scientifiche.
Passò velocemente quasi un’ora prima che
Larxene e Marluxia si alzassero per spostarsi da sotto al sole, con l’intento
di andare a cercare qualche conchiglia e qualche fiore che il ragazzo
semplicemente adorava.
Intanto Demyx uscì dall’acqua e tutto bagnato
raggiunse il suo asciugamano che si passò addosso e sui capelli, molto alla
rinfusa, altrimenti se li sarebbe scompigliati tutti. Non aveva voglia di
stendersi a prendere il sole o giocare al Monopoli con Luxord visto il suo
carattere espansivo e iperattivo, così, accortosi che la maggior parte dei suoi
compagni non c’era più, decise di chiedere a Zexion di accompagnarlo alla
cascata che aveva visto li vicino, quando dal mare si era voltato a guardare
verso la riva.
Inizialmente il ragazzo dal grande ciuffo
grigio-azzurro non era molto convinto nel seguire l’amico, tuttavia dopo pensò
che se l’avesse accontentato, Demyx avrebbe smesso di tormentarlo con le sue inutili
richieste.
Così anche loro due si allontanarono decisi,
chi più, chi meno, a raggiungere la bella cascata di cui Demyx continuava a
parlare.
L’ultimo membro che si accorse di essere
praticamente rimasto da solo, poiché Saix e il capo erano tranquillamente
sdraiati a riva, chiuse la chiamata al cellulare solo mezz’ora dopo che Zexion
e Demyx si erano allontanati.
Luxord, era rimasto da solo in contemplazione
della sabbia e del mare, e non volendo starsene seduto a guardare in giro
mentre aspettava che gli altri facessero ritorno, decise che sarebbe andato per
conto suo a fare una passeggiata nei dintorni.
AXEL E ROXAS
I due ragazzi stavano passeggiando ormai da
mezz’ora, costeggiando ora la spiaggia, ora parte della vegetazione che avevano
intravisto in lontananza, quando Axel cominciò a lamentarsi del clima: “Uffa,
che caldo!”
“Dovresti esserci abituato al caldo, non eri
tu quello soprannominato Soffio di Fiamme Danzanti?”
“Si ma non è solo caldo, c’è anche un’umidità
impressionante e…” non fece in tempo a finire la frase “…oh, guarda Roxi una
casetta!”
In effetti in lontananza era apparsa una
piccola casetta dal tetto di paglia, le classiche capannine in riva al mare
dove le persone si fermano a riposare dopo una soffrente giornata afosa,
passata in spiaggia o sotto al sole.
I due ragazzi si avvicinarono, sperando di
potervi trovare un bar o quantomeno un piccolo chiosco in cui si sarebbero
potuti fermare una decina di minuti, mangiando il gelato al sale marino tanto
amato dal piccolo ragazzo biondo.
Tuttavia quando arrivarono trovarono un
cartello con la scritta “chiuso per ferie”.
“Ma cos’e, uno scherzo?! Siamo in estate:
dovrebbero essere tutte aperte le attività commerciali in questo periodo
dell’anno!!!” commentò Axel, seccato.
“Dai, non te la prendere, ne troveremo un altro”
rispose Roxas, cercando di tirar su il morale all’amico.
Così i due ragazzi continuarono la loro
ricerca e mentre si trovavano a costeggiare nuovamente il mare, Roxas si fermò
qualche secondo ad ammirarlo: l’acqua cristallina rifletteva una luce
incredibile e sembrava quasi impossibile che lui non l’avesse mai notata prima.
Guardando il mare, in quel momento e con Axel poco distante, era davvero
felice.
Quando sentì il suo amico chiamarlo, corse
verso di lui ed iniziarono a chiacchierare animatamente.
Axel notava che il suo amico era a suo agio,
ma sentiva dentro di se un fastidio
inspiegabile e non capiva cosa potesse renderlo così strano in un bel momento simile.
Tuttavia poi, quando arrivati a un bivio e
chiacchierando con Roxas, decisero la strada da percorrere da li in avanti, capì
cosa tanto lo tormentava.
Si sentiva insoddisfatto, decisamente a terra
per non essere riuscito a procurare al suo amico una cosa tanto banale come un
gelato.
Avrebbe voluto fare di più, renderlo più
felice, in modo che sarebbero potuti rimanere amici per sempre e voleva
dimostrargli il forte sentimento d’amicizia che provava nei suoi confronti.
“Senti Axel, io sono un po’ stanco, va bene
per te se ci sediamo un attimo?” domandò ad un certo punto il biondino.
Effettivamente i due stavano camminando già da
un bel po’ e fare una piccola sosta per riposarsi, cercando di scansare il sole
e la sabbia il più possibile, gli avrebbe fatto solo bene.
Il rosso era ancora immerso nei suoi pensieri
ma quando l’amico ripeté la domanda, finalmente ottenne una risposta: “Certo
Roxas, con tutto questo caldo è meglio se ci fermiamo un attimo”
Così i due uscirono dalla sabbia, camminando
in direzione delle palme poco distanti ed una volta raggiunta una leggermente
piegata, che creava quindi molta ombra, vi si sedettero ai piedi.
Rimasero seduti vicini per una decina di
minuti e Axel non faceva che parlare delle ultime missioni in cui il capo lo
aveva mandato e di quanto fosse felice di essere in vacanza quel giorno quando
sentì qualcosa poggiarsi sulla sua spalla sinistra.
Evidentemente Roxas doveva essere molto
stanco, perché si era addormentato, lasciando cadere la testa proprio sulla
spalla dell’amico.
Più Axel lo guardava e più si rendeva conto
che ci teneva davvero a lui. Lo capiva, lo aiutava e lo faceva sentire un’altra
persona, forse una persona migliore…
Passarono diversi minuti, non seppe nemmeno
lui quanti, quando sentì un rumore provenire da dietro, probabilmente dalla
vegetazione sempre più fitta presente alle loro spalle.
“C’e qualcuno?” chiese, mettendosi in allarme.
Nessuno rispose.
Decise che sarebbe stato meglio andare a
controllare, non si sa mai che qualcuno gli avesse teso un’imboscata anche nel
giorno delle ferie. Così si scostò leggermente, appoggiò delicatamente Roxas a
terra mettendogli sotto la testa una grande foglia in modo che non si sporcasse
con la sabbia ed una volta in piedi, andò a controllare.
Si era allontanato di forse un paio di metri,
quando da dietro agli alberi poco distanti uscirono quattro Heartless pirati,
pronti ad attaccarlo.
Axel, che era tutt’altro che ingenuo,
estrasse i suoi chakram facendoli comparire dal nulla, preparandosi alla
battaglia imminente, quando si ricordò di Roxas, poco distante.
Con la coda dell'occhio vide che uno degli Heartless
stava per colpirlo con la spada, così si affrettò a soccorrere l'amico ancora
addormentato, mettendo una delle sue armi in mezzo. Sorprendentemente Roxas non
si era svegliato.
“Non ti lascerò nemmeno sfiorare il mio
amico!” commentò il rosso, sbalzando il nemico lontano.
Iniziò così una battaglia a suon di fendenti
e magie di fuoco, in cui Axel sapeva che ne sarebbe dovuto uscire vincitore,
per proteggere se stesso e Roxas.
Non avrebbe lasciato che qualcuno di loro
facesse del male a Roxas, nemmeno se si fosse trovato davanti un nemico di
forza nettamente superiore. Inoltre non aveva ancora capito perché quegli
Heartless lo avevano attaccato.
Sapeva
solo una cosa: avrebbe dovuto combattere e avrebbe dovuto vincere. Per la sua
reputazione e per il suo migliore amico.
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Capitolo 2 *** Xaldin e Xigbar ***
capitolo2
Il Feroce Lancere e il Tiratore Libero
avevano deciso di intraprendere una strada del tutto diversa rispetto ai loro
due compagni Axel e Roxas.
Infatti, oltre a percorrere una strada quasi
totalmente in salita, con una folta vegetazione rigogliosa, erano arrivati
circa a metà dell’isola, quando Xigbar aveva cominciato a lamentarsi: “Xaldeeeeeeen
ma siamo arrivatiiiiiii?”
“No, manca ancora un po’, quindi ti conviene
armarti di tanta pazienza e continuare a camminare” rispose il compagno,
indifferente.
I due camminarono ancora per una decina di
metri, trascorrendo diversi minuti a camminare spensieratamente, guardando il
panorama, quando il bell’ e beato silenzio fu nuovamente interrotto: “Xaldeeeeeeen…ma
siamo arrivatiiiiiii?”
In tutta risposta, l’altro prese ad
inseguirlo, gridando ed esponendogli tutto ciò che gli avrebbe fatto se solo
fosse riuscito a prenderlo…
Corsero per diversi minuti, ora in discesa
poiché avevano superato la metà dell’isola, quando senza volerlo Xaldin
inciampò in una radice un po’ troppo sporgente e cominciò a rotolare.
Xigbar si era giusto voltato per prenderlo in
giro e canzonarlo quando l’amico gli piombò addosso ed assieme rotolarono per
diversi metri.
Si fermarono solo quando giunsero su uno
spiazzo pressoché piano di sabbia, dove la vegetazione era già meno fitta
rispetto a prima.
I due si massaggiarono la testa ed
imprecarono uno contro l’altro, accusandosi a vicenda di essere “in mezzo alle
scatole”, in termini molto più diretti ed espliciti.
“Senti Xaldin vaffanculo! Io ti ho seguito
solo per cercare un posto in cui ci sia la birra e tu mi dici che non sai dove
siamo?!”
“Senti occhio-di-falco non è colpa mia se
quest’isola è tutta uguale! Ho provato a seguire la cartina che ho rubato a
Xemnas ma non si capisce niente!”
E i due si persero in futili discorsi come al
solito. Dopotutto si erano smarriti per una foresta piuttosto ampia e dopo poco
che stavano camminando avevano anche perso il sentiero seguito fino a poco
prima.
Erano nel bel mezzo dell’accesa discussione,
quando sentirono delle voci provenire poco distanti ed erano sicuri che
chiunque fosse, avrebbe potuto dargli delle indicazioni.
Così senza indugiare si diressero verso i
rumori che avevano sentito e scostando la poca vegetazione presente, si
ritrovarono poco distanti da una banda di tre pirati, sbarcati sulla spiaggia
con una piccola barca a remi.
Quando anche i pirati li videro (non si
poteva non notarli), calò il silenzio totale. Si fissarono tutti per diversi
minuti.
Poi uno dei pirati sbottò: “Corpo di mille
balene! Ma tu sei un pirata della nostra ciurma, come hai fatto a scendere
dalla nave se la scialuppa l’avevamo noi?” disse rivolto a Xigbar.
“Beh ecco, il capitano mi ha dato due giorni
liberi da trascorrere…ehm…a casa con mio cugino” rispose il guercio indicando
Xaldin.
“Bene
allora!” esclamò un altro “Torniamo tutti assieme alla nave che oggi è anche il
compleanno del capitano!”
I due non potevano farsi scappare
un’occasione del genere: erano stati scambiati per pirati, quei tre che avevano
incontrato sembravano decisamente stupidi e se era il compleanno del capitano, probabilmente
ci sarebbe stato anche da bere...no, davvero non gli sarebbe mai più capitata
un’occasione d’oro come quella!
Così iniziarono a chiacchierare coi pirati,
salirono sulla piccola barchetta a remi attendendo che li trasportassero fino
alla nave.
Quando uno dei pirati chiese perché
indossassero solo un costume, Xigbar rispose che erano stati derubati da un
pirata mostruoso chiamato Batman, che si aggirava di notte sulla sua barca
fantasma, attaccando chiunque lo incontrasse.
“Cavolo questo pirata è fortissimo: abbiamo
anche combattuto ma io sono stato più bravo e l’ho colpito di nascosto e…”
“Xigbar, lascia perdere il tuo incontro con Ultraman!”
esclamò Xaldin, sapendo che l’amico stava inventandosi una storia sul momento,
per rendere tutto più credibile.
“Ma dai, Xaldin, si chiama Batman!”
“Certo, certo…”
L’acqua sotto di loro era di un colore blu intenso,
segno che era molto profonda e la barchetta, in pochi minuti arrivò alla famosa
nave di capitan Uncino facendo salire i due, aiutati dagli altri pirati, che
dopo averli invitati sul ponte, gli lanciarono dei vestiti tipicamente
pirateschi.
Xigbar indossò anche un cappello e con quella
benda sull’occhio che aveva, sembrava un pirata in tutto e per tutto.
Xaldin inizialmente esitò un po’, ma poi
vedendo il suo amico a suo agio, decise di lasciarsi andare un po’ di più.
Iniziarono a ballare e saltare per il ponte
assieme a tutti gli altri, cantando a squarciagola canzoni della quale non
sapevano nemmeno le parole, ma il bello venne quando, finalmente, uno della
ciurma gli mise in mano un boccale di birra, incitandoli a cantare ancora più
forte.
Non credevano ai loro occhi: ce l’avevano
fatta, avevano trovato ciò che cercavano! Iniziarono a bere quanta più birra
potevano e in men che non si dica si ritrovarono mezzi ubriachi, in mezzo alla
folla, a festeggiare non sapevano bene nemmeno loro cosa perché l’avevano
scordato.
Poco dopo, un allegro Spugna varcò la porta
della cabina del capitano e con coperchio e mestolo in mano, iniziò a fare un
grande rumore, attirando l’attenzione di tutti.
“State un po’ zitti, sta per arrivare il
capitano!” disse mettendo un dito davanti alle labbra per intimare il silenzio.
Poi l’uomo iniziò a fare il conto alla
rovescia con le dita e una volta arrivato a zero, i pirati iniziarono ad
intonare “tanti auguri a te” in coro e continuando a festeggiare come poco
prima.
Qualche secondo più tardi, un felice capitan
Uncino uscì dalla sua cabina, muovendo le dita…anzi, il dito e l’uncino a ritmo
della canzoncina.
Si fermò poco prima di scendere le scale. Si
voltò verso Spugna chiedendo: “Che fine ha fatto il tappeto?”
Aveva progettato ogni singolo particolare per
quel giorno e come da programma, il tappeto rosso avrebbe dovuto già essere
sulle scale.
“Ma…ma certo capitano” rispose il marinaio,
accucciandosi e cercando di estrarre il tappeto da una delle assi di legno in
cui si era sfortunatamente incastrato.
Tirò per qualche secondo e quando finalmente
riuscì a liberarlo, accidentalmente andò a sbattere con il sedere contro le
gambe del capitano, che era caduto giù per le scale, atterrando di faccia.
“Ecco capitano…” iniziò, ma girandosi non lo
vide. Notò solo dopo che Capitan Uncino era ai piedi delle scale.
“Suvvia capitano, non è il momento di
giocare, dobbiamo festeggiare il vostro compleanno”
Fortunatamente il capitano era stordito, ma
non gli ci volle molto a riprendersi quando udì all’improvviso un familiare
ticchettio…
“Ma chi cazzo butta le sveglie in mare?”
chiese Xigbar all’amico, poco distante, che tuttavia non riuscì a sentirlo a
causa del capitano, che aveva iniziato a gridare.
“Spugnaaaaaaaa mandalo via! Mandalo via ti
prego!” continuò a urlare, correndo in giro per il ponte.
Come se non bastasse, poco dopo un pugnale si
conficcò in una delle travi del ponte, poco distante da uno dei piedi del
capitano.
“Tanti auguri vecchio stoccafisso!” gridò un
ragazzino castano rossiccio in calzamaglia verde, che stava fluttuando poco
sopra le loro teste.
“Hahahaha, guarda Xaldin, c’è Batman!”
continuò Xigbar, con aria decisamente sbronza.
I tre pirati che avevano incontrato sulla
spiaggia iniziarono a gridare, gettando scompiglio sulla nave, mentre il
capitano iniziò a combattere contro il ragazzino, che aveva chiamato Peter Pan.
Xaldin e Xigbar erano rimasti frastornati in
mezzo a quella bolgia: c’era gente che correva a destra e a manca, pirati che
combattevano, pirati più ubriachi di loro, un coccodrillo affamato in mare e un
ragazzino volante…non si capiva più molto bene la situazione.
Così a Xaldin venne un’idea: “Ehi Xigbar, tu
vai ad aiutare i pirati con il coccodrillo che io aiuto il capitano”. Anche lui
non sembrava molto sobrio…
Tuttavia i due si separarono e Xigbar fece
comparire le sue balestre, mentre Xaldin le lance.
Xigbar corse verso un lato della nave e per
poco non cadde in mare, ma una volta ripresosi, iniziò a sparare colpi di
balestra verso il basso.
Sfortunatamente metà caddero in acqua, ma
l’altra metà andò a piantarsi sulla chiglia della nave…
Vedendo che queste avevano procurato alla
nave delle piccole lesioni, probabilmente, seppur in minima quantità, la nave
stava imbarcando acqua. “Xaldeeeeeeen, mi sa…mi sa che abbiamo un problema…” se
ne uscì Xigbar.
Nel frattempo l’altro, non molto più sobrio
dell’amico, stava seguendo con lo sguardo la lotta tra Capitan Uncino e quelli
che a lui sembravano due ragazzini volanti…nonostante di Peter Pan ce ne fosse
solo uno.
Così, impugnando le sue lance, esclamò: “Non
vi preoccupate signor Uncino, li sistemo io quei due!” e le lanciò in direzione
del ragazzo.
Sfortunatamente per lui, avendo una scarsa
mira a causa dell’alcool in corpo che iniziava a farsi sentire, una delle lance
andò a conficcarsi nell’albero maestro, mentre l’altra infilzò il cappello del
capitano e proseguì la sua rotta fino a tagliare una delle corde portanti del
boma, che iniziò a muoversi liberamente, per poi fermarsi poco distante dal
timone.
Il boma, con le oscillazioni della nave,
iniziò a muoversi a destra e a manca, andando a colpire Capitan Uncino, nelle
immediate vicinanze e sbalzandolo in acqua.
“Capitano, ma non è l’ora del bagno!” esclamò
Spugna, vedendolo poco distante dalle fauci del coccodrillo, del quale si stava
occupando fino a poco prima, come gli era stato ordinato.
Il risultato di tutto quel caos?
Dei pirati ubriachi ai lati, letteralmente
collassati sul ponte che non sapevano nemmeno dove si trovassero; uno Spugna
alle prese con un coccodrillo felicissimo intento a pregustarsi il capitano,
nonostante per il momento si fosse accontentato dei suoi calzoni; un urlante
Capitan Uncino che continuava a dimenarsi, cercando di nuotare il più
velocemente e lontano possibile dall’affamato rettile che non faceva che
ticchettare; ed un vascello pirata che, ad insaputa della maggior parte
dell’equipaggio, stava imbarcando, seppur poca, acqua…
E nel frattempo i nostri due pirati
clandestini sostavano seduti schiena contro schiena in mezzo a tutto il
fracasso.
“Beh Xaldin, direi che per oggi abbiamo
combattuto anche troppo!”
“Stai zitto che ho un fottuto mal di testa”
I due rimasero in silenzio per i seguenti due
minuti, ascoltando il frastuono di bottiglie che si rompevano, scaraventate con
violenza dalla ciurma, mandando migliaia di microscopici vetri in giro, le
assordanti urla del capitano e di Spugna a dritta, con un leggero ticchettio in
sottofondo ed uno svolazzante Peter Pan che ancora si aggirava sopra le loro
teste, ridendo e canzonando il capitano com’era solito fare.
Ma il loro silenzio non sarebbe durato a
lungo…come, d’altro canto, succedeva sempre…
“Ehi
Xaldeeeeeeeeeeeeen!”
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Capitolo 3 *** Marluxia, Larxene e...Lexaeus! ***
capitolo2
Marluxia e Larxene stavano tranquillamente
passeggiando per la piccola giungla circostante finché al Leggiadro Sicario non
era venuta la bella idea di andare a cercare qualche fiore.
Larxene in tutta risposta l’aveva minacciato
di morte come era solita fare ma alla fine aveva accettato, purché l’altro la
smettesse di insistere.
“Sono due ore che camminiamo Marly! Perché ti
ostini a voler cercare degli stupidissimi fiori?!” iniziò a lamentarsi la
ragazza, che già rimpiangeva la sua comoda sdraio in riva al mare.
“Perché i fiori sono bellissimi e magari se
ne porto qualcuno al capo riesco a corromperlo e a soffiargli il posto, che ne
dici? E poi dai Larxene, arriviamo ancora fino a questa collina e poi giuro che
ti lascio in pace” il ragazzo tentò di fare gli occhi dolci, ma ottenne solo
una squadrata da parte dell’altra.
Così continuarono a camminare tra le freddure
di Larxene, sovrastando la piccola collinetta. Una volta passata, arrivarono
finalmente in un piccolo praticello, dopo il quale iniziava un tipo di foresta
di manto conifero, completamente diverso da quello “pluviale” o comunque molto
simile ai paesaggi di mare, di poco prima.
“Vediiiii, te l’avevo detto che i fiori
c’erano!” esclamò Marluxia tutto contento.
Effettivamente i fiori c’erano, ma in
proporzione al bosco li attorno erano piuttosto pochi…
“Maledizione Marly, sono cinque fiori! E tu
mi hai portata fin qui per CINQUE fiori?!”
Ma il ragazzo era già partito “Oh, le
margherite…”
Così mentre La Ninfa Selvaggia si riposava su
una roccia poco distante, Marluxia raccoglieva i fiori felice e contento.
Ad un certo punto sentirono qualcosa muoversi
alle loro spalle, tra gli alberi sempreverdi vicino a loro e velocemente
estrassero le loro armi: coltelli appuntiti Larxene e una grande falce rosa con
il manico verde, Marluxia.
Attesero un’istante, finché dagli alberi non
sbucò una ragazzina bionda in camicia da notte. Quando vide i due, inizialmente
si sentì spaventata, ma successivamente, il ragazzo esclamò: “Larxene ma è una
bambina! Oh, che carina!” e ripose la falce, andandole incontro, chiacchierando
allegramente come al suo solito.
“E pensare che dovremmo essere
un’organizzazione seria…” pensò ad alta voce la ragazza, riponendo anche lei i
coltelli.
Nel frattempo “quell’altro” aveva cominciato
a fare amicizia con la nuova arrivata.
“Come ti chiami tesoro?”
“Wendy Moira Angela Darling” rispose la
ragazzina tutto d’un fiato “E voi chi siete? Non mi sembrate bambini sperduti…”
Effettivamente l’isola era abitata da soli
bambini, indiani e pirati e i due Nessuno non sembravano appartenere a Nessuna
delle tre categorie.
Così il ragazzo iniziò a spiegargli la loro
situazione, dicendo che al momento si trovavano in vacanza li con tutta la loro
organizzazione e che quella giornata di permesso era stata decisa dal capo in
persona.
“E tu invece cosa ci fai qui?” domandò
Larxene, incrociando le braccia.
“Beh io…io sono venuta qui con un amico, ma
ci siamo separati perché ha detto che gli era venuta in mente una cosa
importante e doveva assolutamente fare visita a una certa persona…” arrossì
leggermente sulle guance.
“E chi è? Il tuo ragazzo?” domandò Il
Leggiadro Sicario, curioso.
“No, ecco…veramente…” arrossì sulle guance.
“Però ti piace!”
“Beh..io…io non vado bene per uno come lui…”
era arrossita ancora e sembrava anche un po’ rattristata.
Il ragazzo non si perse d’animo: cercò di
tirare su il morale alla ragazzina e dopo averle detto ciò che pensava, decise
che l’avrebbe aiutata un pochino…
“Larxene: il kit di trucco, prego” disse,
rivolto alla compagna.
“Marly, lo sai che io non mi trucco!”
“Nono, intendevo il mio kit di trucco”
La ragazza in tutta risposta gli gridò
dietro, dandogli dell’idiota visto che si trovavano su un isola, le uniche cose
che avevano dietro erano costume e ciabattine e tutto il resto era rimasto alla
spiaggia, se non addirittura al Castello Dell’Oblio.
Così Marluxia dovette arrangiarsi con quello
che aveva: dopo aver chiesto il permesso a Wendy, le strappò leggermente la
vestaglia, finché non le arrivò fin sotto alle ginocchia, togliendo anche le
maniche. Prese poi il nastro che aveva in vita e lo alzò un po’ legandolo
nuovamente dietro, sulla schiena, in modo che formasse un grande fiocco. Ed il
tutto venne addobbato da piccoli fiori.
“Ecco fatto, tesoro!”
Non sembrava quasi più lei, le aveva fatto un
vestito davvero carino.
Il ragazzo aveva fatto delle coroncine di
margherite che aveva lanciato al collo delle ragazze oltre che indossarne una
lui stesso.
In tutta risposta, Larxene la disintegrò con
i suoi coltelli, estratti dal nulla e si mise ad urlargli addosso tutto ciò che
le veniva in mente, minacciando di ammazzarlo se solo ci avesse riprovato.
Wendy nel frattempo lo stava ringraziando
ancora per il vestito ma i tre non si erano accorti che qualcosa si stava
muovendo tutt’attorno…
“Marly, l’hai visto anche tu?” interruppe
Larxene.
“Che cosa?”
“Quell’albero si è mosso” Larxene era
sospettosa.
Marluxia fece una delle sue risatine e prese
in giro un po’ la compagna, ma quando questa insisté, attesero qualche secondo
in silenzio.
Nulla.
“Vedi, gli alberi non si muovono!
Probabilmente sei tu che sei stanca, povera cara” e l’accarezzò sulla testa
come un cagnolino.
L’altra montò su tutte le furie e sbraitando
addosso all’amico cominciò: “Ma ti dico che è vero! Non sono io che sono schizzata,
quell’albero…”
Ma non fece in tempo a finire la frase perché
un gruppo di indiani era uscito dagli alberi e li aveva aggrediti e catturati.
Li avevano legati mani e piedi ad un tronco e
li stavano trasportando praticamente a testa in giù.
Wendy si arrese subito al suo destino poiché
sperava che Peter la trovasse e la salvasse, Larxene era furibonda, mentre
Marluxia non riusciva a stare zitto…
“Scommetto che sei arrabbiato perché volevi
una coroncina di fiori anche tu! Facciamo che te ne faccio una, così diventi
ancora più carino” stava cercando di corrompere il trasportatore.
Ma questo non si lasciò impressionare dalle
sue parole e con l’aiuto dei suoi compagni li trasportò fino al loro villaggio,
situato sulla cima di un picco, nella zona est dell’isola.
Era un villaggio semplice e carino, con tutti
i tepee sparsi disordinatamente attorno ad un falò situato al centro del tutto.
Una volta arrivati, i tre furono portati al
cospetto del Capo villaggio, vennero quindi messi a terra e slegati.
Il capo, Toro in Piedi, iniziò a gesticolare,
senza smettere di fissare gli altri tre.
Poi, una volta terminato, disse: “Augh!”
alzando una mano.
“Salute” rispose Marluxia.
Fu Wendy a riprenderlo: “Quello è il loro
modo di salutare le persone, sii educato e rispondi anche tu”
Così il ragazzo, pensando si aver capito, fece
come il capo, alzò una mano e ripeté come poco prima: “Salute!”
“Tu sta prendendo in giro me?” chiese il
Capo, piuttosto seccato.
“No, vostro onore è solo che…” non fece in
tempo a finire la frase perché Wendy lo interruppe: “Siamo grati per
l’ospitalità, ma ora dovremmo andare…”
Tentò di far spostare gli indiani che avevano
attorno ma non le riuscì e rimasero bloccati circondati dalle persone.
“Senti, bello! Stiamo sprecando solo tempo
qui! Questo è il nostro giorno di FERIE ok? Quindi se non vi dispiace, ma anche
se vi dispiacesse perché non me ne importa nulla, noi ce ne andiamo!” esclamò
Larxene pendendo i compagni per un braccio e cercando di portarseli via.
Nuovamente furono bloccati dagli indiani.
Larxene estrasse quindi i coltelli dal nulla:
“Mi avete proprio stufata…”
DIECI MINUTI DOPO…
Tutto era tranquillo e silenzioso, non c’era
l’ombra di uno schiamazzo nel raggio di metri a parte quello dei bimbi indiani
che giocavano tranquilli a rincorrersi.
Ma conoscendo la parlantina del suo compagno,
Larxene non poteva non aspettarsi un’interruzione così banale…
“Larxene, posso capire tutto, ma perché tu
sei li svaccata e noi siamo qui?” domandò Marluxia, legato ad un palo di legno.
In effetti c’era qualcosa che non quadrava:
Larxene era distesa comodamente su un divanetto creato sul momento con delle
pelli di animale e stava sorseggiando chissà quale strana bevanda da una noce
di cocco.
“Beh ma è facile, perché io ho il potere! Hahahaha”
rispose, sadica “E poi quando il capo ha saputo che non sei una donna, è
montato su tutte le furie…dovevo pur inventarmi qualcosa no?!”
“Ti ricordo che siamo in costume, è EVIDENTE
che non sono una donna!” sbottò l’altro.
“Non è detto, potevi essere un ragazza molto
molto molto piatta…”
La conversazione prese tanto i due, che non
si accorsero di chi avevano poco distanti.
Infatti, non molto lontano dal palo di legno
a cui erano legati Marluxia e Wendy, c’era un grande totem colorato ed
agghindato con collane di fiori, perline tra i capelli…c’era qualcosa che non
quadrava!
“Lexaeus, cosa ci fai qui?!” gridarono ad un
certo punto gli altri due membri, notandolo.
L’altro in tutta risposta alzò un cartello
con la scritta “Me fa totem!”
Era un ragazzo estremamente silenzioso…
Così i
tre…beh, diciamo i due, iniziarono a chiacchierare, chi a parole, chi a
cartelli finché non udirono una voce in lontananza.
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Capitolo 4 *** Zexion e Demyx, ma da dove sbuca Vexen?! ***
capitolo2
Come gli altri membri, anche Zexion e Demyx
stavano camminando ed erano alla ricerca della tanto sospirata cascata di cui il
Notturno Melodico continuava a parlare.
Zexion, ancora con il cappotto indosso, era
intento a sfogliare uno dei suoi libri, lasciando che il compagno chiacchierasse
praticamente da solo.
“…non sei d’accordo anche tu Zexion?” chiese
il biondino.
L’altro era tanto immerso nella lettura che
non fece nemmeno caso alla voce dell’amico e fu solo quando lo chiamò una
seconda volta che si rese conto di essere stato interpellato.
“Cosa? Dicevi a me?” chiese, timido.
“Beh, è ovvio, non c’è nessun altro” scherzò
Demyx prima di aggiungere “Stavo dicendo: secondo me se giriamo a sinistra
dovremmo arrivare dritti sul corso d’acqua che cerchiamo, non sei d’accordo
anche tu?”
In effetti erano arrivati ad un buon punto,
seppure avessero camminato poco e dopo aver attraversato la vegetazione
presente dalla spiaggia fin dove si trovavano in quel momento, gli sarebbe
bastato continuare leggermente sulla sinistra per arrivare alla cascata.
“Ah, si…cioè…forse basta tenerci in direzione
sud-est, ma non troppo, altrimenti rischiamo di tornare sulla spiaggia. Ma
toglimi una curiosità: perché vuoi raggiungere la cascata?” domandò il
Burattinaio Mascherato al compagno.
“Perché c’è tanta tanta acquaaaaaaaaaaa!!!”
“Beh, ma ce n’e anche in mare”
Ci furono trenta secondi di silenzio.
Effettivamente Demyx non ci aveva pensato.
“Comunque sia, almeno facciamo un giro no? E
poi è così divertente!” esclamò il numero nove, proseguendo per la direzione concordata
poco prima.
Mentre continuavano a camminare, Demyx iniziò
a parlare di quanto era contento di essere li in vacanza, del suo costume
ancora un po’ bagnato dall’acqua marina da cui era uscito poco prima e del
nuovo i-pod che si era comprato su cui aveva già messo tutte le canzoni di Lady
Gaga.
E nel frattempo il moro era distratto dal suo
libro, intento a leggere, perso completamente nei suoi pensieri.
Fu solo dopo una decina di minuti che
entrambi udirono lo scroscio dell’acqua provenire da un punto non troppo
lontano rispetto a dove si trovavano.
Demyx, tutto preso dall’euforia, corse in
avanti, sicuro che avrebbe trovato ciò che cercava e Zexion non poté fare altro
che seguirlo o quel tonto si sarebbe perso chissà dove.
Quando raggiusero il rumore, si ritrovarono
davanti un’enorme cascata color lapislazzuli che infrangendosi sulle rocce,
creava una spuma candida e vaporosa, mentre ai suoi piedi formava un bacino
naturale. Dato che il clima tutt’attorno era umido e in cielo splendeva il
sole, tra l’acqua e il terreno si creava un arcobaleno splendente.
“Guarda! Guarda Zexion! Com’e bella…”
Il biondino era già saltellato in giro e si
era avvicinato alla riva del bacino per toccare l’acqua, quando da dietro ad un
albero era uscita una strana figura, che gridando a squarciagola e correndo
senza guardare dove andava, gli era finita addosso ed assieme ci erano caduti
dentro.
Fortunatamente in quel punto l’acqua era
bassa e quando Demyx si riprese dalla botta ricevuta, si alzò in piedi per
gridare addosso alla figura, ma nel farlo vide che questa si era ripresa prima
di lui e stava ancora correndo in giro, inseguita da qualcosa.
Non lo riconobbe subito, così fu Zexion a
parlare: “Scusa Vexen ma tu che ci fai qui?”
Il numero quattro, senza smettere di correre
imprecò: “Se non fosse stato per queste maledette fatine non sarei qui a
correre! E diamine, sono troppo vecchio per certe cose!”
In effetti ciò che lo stava inseguendo
sembrava uno sciame di api e solo dopo anche gli altri due capirono che si trattava
di fate. Inoltre notarono poi che il loro compagno aveva un barattolo di vetro
sotto braccio ed all’interno c’era una piccola creaturina alata, probabilmente
parente di quelle fuori.
“Lancia qui Vexen!” esclamò Demyx contento, sperando
che l’altro gli lanciasse il barattolo.
Tuttavia, sapendo quanto ci teneva ai suoi
esperimenti, quasi avrebbe dovuto aspettarselo che non l’avrebbe lanciato per
nulla al mondo…e fortunatamente per le fate, ma sfortunatamente per Vexen,
questo inciampò in una pietra. Così il barattolo gli volò letteralmente dalle
mani, finendo tra le braccia di Zexion e facendo cadere il libro che stava
reggendo fino a poco prima, a terra.
In pochi secondi, tutte le fate lo avevano
accerchiato e lo stavano fissando, arrabbiatissime.
Zexion, che non voleva fraintendessero ed era
completamente indifferente alla situazione, cercò di tirarsene fuori: “Ehi,
calma ragazze, i-io…io non sono in cerca di guai” ed aprì il coperchio del
barattolo, liberando la fatina rinchiusa all’interno.
Ne uscì una ragazzina in miniatura con dei
lunghi capelli castani che si posò sulla mano di Zexion e guardandolo in viso
arrossì.
Sbatteva le alucce trasparenti liberando
nell’aria della polvere di fata color oro che brillava illuminata dai raggi del
sole.
Anche Demyx raggiunse l’amico e guardando la
fatina, commentò: “Oh, com’e carina”
Inizialmente la piccola rimase li con i
ragazzi ad osservarli e a farsi osservare a sua volta, ma quando il resto del
gruppo la chiamò con un tintinnio, invitandola ad andare con loro, questa si
avvicinò alla guancia del Burattinaio Mascherato e gli scoccò un sonoro bacio
prima di andarsene.
“Zexion hai fatto colpo!” scherzò Demyx, poco
prima di girarsi per vedere cosa stava succedendo alle sue spalle. Vedendo un
ammasso di fango e rami alzarsi in piedi, lo scambiò per un mostro e saltò in
braccio a compagno urlando: “Aaaah, un demone!”
“Demyx, ma quello è Vexen”
“A me sembra più Larxene appena alzata la
mattina!”
Così, cercando di aiutare il compagno, Demyx
(sceso dalle braccia di Zexion, che nel frattempo raccoglieva il suo libro
ancora in terra), estrasse dal nulla il suo Sitar ed impiegando il suo potere
acquatico, investì il numero quattro con un’ondata…forse un po’ troppo forte.
Una volta rimessosi in piedi, Vexen cominciò:
“Dico io, ma vi siete impazziti?! Avete la benché minima idea di quanto ci
abbia messo a recuperare quelle fatine? E ora voi le avete fatte scappare!
Sciagurati giovani d’oggi!”
I due cercarono di trovare delle scuse da
utilizzare, ma quando furono entrambi sul punto di aprir bocca, videro una
freccia con la punta di gomma piantarsi sulla tempia destra di Vexen.
Poco dopo un’ “all’attacco” riecheggiò
nell’aria ed un gruppo di bambini travestiti da animaletti, assaltarono il
povero Freddo Accademico.
“Sembra divertente!” esclamò Demyx, unendosi
al gruppo.
Ci fu il caos generale: bambini che
schiamazzavano, che lanciavano pigne e piccoli sassi con le fionde sul sedere
del povero numero quattro, che con dei colori naturali gli stavano dipingendo
il viso ed un tontissimo Demyx in mezzo alla bolgia.
Il tutto durò finché Vexen non si mise a
gridare: “Ora basta!”
Tutti si bloccarono all’istante e Vexen
cominciò ad infuriare contro ai bambini: “Razza di marmocchi sciagurati, chi si
è divertito a colorarmi la faccia?!”
Demyx nascose il pennarello azzurro che aveva
in mano…
“Ed ora tornatevene a casa dai vostri
genitori!” riprese l’anziano biondo “Sono stufo dei vostri giochi!”
I bambini, leggermente rattristati
abbassarono il capo. Poi uno di loro vestito da volpe, disse: “Ma signore, noi
siamo orfani, siamo i Bimbi Sperduti”
Zexion gli si avvicinò leggermente: “Dovete
pur avere un luogo in cui tornare”
“Si, si, viviamo all’Albero dell’Impiccato!”
esclamarono altri due gemellini, in coro, vestiti da procione.
“Possiamo accompagnarvi a casa se volete”
rispose Demyx, sorridendo.
“Ma che cosa dici? Non siamo mica dei
babysitter!” sbottò Vexen, indignato.
Così i due biondi e Zexion iniziarono a
discutere tra di loro. Il Freddo Accademico non ne voleva sapere di
accompagnarli, mentre il numero nove ne sarebbe stato solo contento e Zexion
era del tutto indifferente, come al solito.
Impiegarono ben dieci minuti per decidere
cosa fare e quando finalmente ebbero trovato una soluzione, Demyx si rivolse ai
bambini, sorridendo: “Abbiamo deciso che vi accompagniamo”
I ragazzini furono entusiasti della cosa,
tanto che ripresero a saltellare in giro e chi prendendo per un braccio i tre,
chi spingendoli leggermente da dietro, iniziarono a spostarsi sempre di più
verso la zona ovest dell’isola.
Mentre camminavano nella foresta, non si
poteva non notarli: passabili ancora Zexion e Demyx, il primo alto come i
bambini più grandi, l’altro che nonostante la stazza, si comportava in modo
uguale a quei ragazzini, ma Vexen era decisamente fuori luogo.
In breve si ritrovarono a saltare
fiumiciattoli, attraversare zone paludose con l’ausilio di liane o rami
d’albero sporgenti ed ogni volta non poteva mancare uno “splash”, segno
evidente che qualcuno era caduto in una qualche zona melmosa.
Alla fine, dopo cadute, lavate e salti in
giro per il luogo, arrivarono al tanto sospirato Albero dell’Impiccato.
I bambini (e Demyx) ancora felici e contenti,
pieni di vitalità, Vexen appoggiato ad un ramo che aveva trovato chissà dove,
con rami nei capelli e punture d’insetto ovunque, nonostante avesse ancora il
cappotto indosso.
“Venite è di qua l’entrata!” gridò uno dei
bambini vestito da orsacchiotto.
I tre membri dell’organizzazione si stavano
dirigendo verso l’entrata “principale”, costituita da una buca scavata nel
terreno al di sotto di quello strano albero morto, quando un altro ragazzino,
esclamò: “Ma è più divertente passare di qua!” e saltò sopra l’albero,
infilandosi nel tronco cavo.
“Si, si che bello, io voglio passare per di
là!” commentò Demyx allegro.
Nel frattempo Vexen, poco distante, stava
assistendo alla scena.
“Non ci penso neanche a passare ne per un
albero, ne tantomeno per un buco puzzolente” disse, senza accorgersi che dietro
di lui un bambino si stava avvicinando con un cactus preso alla spiaggia…
“Ragazzi, guardate che ho trovato!” esclamò,
e senza volere finì dritto sul sedere del malcapitato numero quattro.
Questo reagì facendo un salto altissimo e
Demyx, poco distante, lo fraintese: “Si, andiamo Vexen!” ed assieme a lui saltò
dentro al tronco.
I due scesero per una specie di scivolo,
probabilmente creato dai bambini ed una volta arrivati alla fine, Demyx si fermò
contentissimo.
“Siiiiii, facciamolo di nuovo Vexen!” non udì
nessuno “Vexen?” ripeté.
Solo dopo si accorse di averlo schiacciato e
di esservisi seduto sopra.
Così si scusò con il compagno, lo aiutò a
rialzarsi e nel frattempo anche gli altri li raggiunsero.
I bambini cominciarono ad arrampicarsi sulla
mobilia antiquata che avevano e a saltare sui materassi, gridando a
squarciagola.
Poi uno di loro, esclamò: “Facciamo un gioco!
Facciamo un gioco!” si levarono delle grida ancora più forti.
“E che gioco facciamo?” domandò Demyx già
immedesimato.
“Giochiamo agli indiani!” esclamò qualcuno,
ed in men che non si dica i tre ospiti si ritrovarono con indosso delle
maschere come quelle dei bambini: con orecchie sulla testa, che lasciavano
fuori solamente il viso. Ne misero una a Demyx da coniglietto bianco, una a
Zexion, ancora intento a leggere, da volpe e una a Vexen da orso bruno.
Poi a tuti e tre dipinsero la faccia con
linee verdi, blu, rosse e gialle, a Vexen un po’ meno perché aveva ancora
quelle che gli erano state disegnate alla cascata e, dopo essere usciti
all’aperto, assegnarono i ruoli.
Demyx fu scelto per fare l’indiano guerriero,
a Vexen fu assegnato il titolo di sciamano, l’unica cosa che aveva apprezzato
nel corso di tutta la giornata e Zexion doveva interpretare lo straniero che
dava la caccia agli indiani.
Il moro era distratto e delle strane regole
di quel gioco non aveva recepito praticamente nulla, mentre Vexen si stava
organizzando per farsi una postazione “da sciamano”, in modo che potesse
accontentare quei marmocchi e finalmente sedersi tranquillo.
L’unico che prese parte fin da subito al
gioco era Demyx che iniziò a correre in giro, prendendo anche in braccio i
bimbi, felicissimi di aver trovato un nuovo compagno di giochi.
Tuttavia, pensarono di rendere il gioco
ancora più divertente…
Così un bambino si avvicinò timidamente a
Zexion, anche lui come Vexen, seduto poco distante: “L’ hai visto anche tu
quello?” chiese preoccupato, indicando il cielo.
“Q-quello cosa?”
Il Burattinaio Mascherato aveva alzato lo
sguardo, allarmato …quando lo riabbassò, al posto del libro aveva in mano due
assi di legno.
“Cercavi questo? Veni a catturarci straniero,
se ne sei capace!” esclamò un bambino recitando bene la sua parte da indiano.
Così mentre i bambini si divertivano a
passarsi e/o lanciarsi il libro di Zexion uno con ‘altro, Demyx compreso, il
numero sei stava diventando matto a corrergli dietro e già sapeva che in quel
modo avrebbe impiegato l’intero pomeriggio.
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Capitolo 5 *** Luxord e Saix ***
capitolo2
Lo Sfidante del Destino stava tranquillamente
passeggiando lungo la bianca spiaggia, godendosi il sole pomeridiano.
Si era diretto alla sua sinistra, senza una
meta precisa, osservando il paesaggio circostante: un mare azzurro e calmo, con
qualche onda in lontananza, creata da una nave poco distante che, non sapeva
per quale motivo, sembrava muoversi sul posto in continuazione; le palme a
pochi metri da dove lui si trovava, incurvate ed immobili, senza un filo di
vento che le smuovesse; e poi quelle voci, in lontananza…voci?
Sentì che poco distanti riecheggiavano delle
voci, rimbombando come chiuse in uno spazio limitato ma cavo, quasi come l’eco
in montagna, ed era curioso di scoprire di chi si trattasse.
Così, senza fermarsi, proseguì in direzione
dell’eco, tuttavia senza perdere il suo passo calmo e pacato.
Poco dopo sentì uno strano rumore sommesso,
probabilmente attutito da tutta quella sabbia e fece appena in tempo a girarsi
che si ritrovò a pochi centimetri dal viso di Saix.
“Luxord, ti è caduto questo mentre ti
allontanavi” disse, porgendogli il cellulare con cui aveva telefonato fino a
poco prima.
Il numero dieci pensò che quel ragazzo era
inquietante, ma cercò di essere il più naturale possibile.
“Ah, grazie, mi stavo giusto chiedendo perché
non fosse ancora suonato”
Luxord controllò le chiamate perse e constatò
che erano davvero tante…
*suoneria in sottofondo*
Lo Sfidante del Destino rispose alla
chiamata: “Pronto? Ah, ciao…”e nel frattempo Il Mago che Danza sulla Luna si
osservò attorno, aspettando che il compagno finisse di chiacchierare con quella
che probabilmente, era una sua ammiratrice.
Poi, come il numero dieci poco prima, udì una
specie di eco in lontananza e senza proferir parola si avviò nella direzione da
cui proveniva.
“Ehm, ti richiamo, ok?” concluse la sua
telefonata Luxord, correndo dietro al numero sette.
Lo raggiunse in un minuto: “Ehi Saix, le hai
sentite anche tu quelle voci?”
“Quali voci?”
Nuovamente riecheggiarono nell’aria.
“Queste voci” incalzò Luxord.
Ci fu una pausa in cui nessuno dei due disse
nulla.
Poi Saix riprese: “No, non le sento”
“E allora dove stai andando?”
Nuovamente ci fu una pausa di silenzio tra i
due, nonostante i rumori in sottofondo ci fossero ancora. Questa volta si udì
anche un canto.
“Hai sentito?” chiese Saix
“Cosa?”
“Le voci”
Il numero dieci doveva ammetterlo, quando
Saix ci si metteva, era davvero ritardato. Non capiva tuttavia se non lo
facesse apposta o se fosse tutta una copertura per mascherare la sua vera
intelligenza.
E sinceramente, nemmeno gli importava.
Così entrambi i membri finalmente si
diressero verso i rumori che avevano sentito e non gli ci volle molto a
raggiungere un’altura che dava sul mare. Sembrava una di quelle enormi
scogliere a forma di mezzaluna, con tanti piccoli isolotti e sassi che
sbucavano dall’acqua, nelle immediate vicinanze.
Tirava un vento fastidioso, così i due
decisero che avrebbero fatto il giro, cercando un sentiero con il quale
sarebbero potuti scendere fino a raggiungere l’acqua marina.
Ed in effetti, a pochi metri di distanza,
c’era una stradina piuttosto intricata che costeggiando la scogliera, arrivava
fino ad una minuscola spiaggia, lunga giusto qualche metro appena.
I due ragazzi allora si avviarono per la
stradina, togliendo le ciabattine per evitare di scivolare, e facendo
attenzione a dove mettevano i piedi, cominciarono a scendere.
E fu solo una volta giunti a metà che Saix,
con la sua sbadataggine, mise un piede su una cosa molto simile ad un sasso,
che tuttavia lo punse con una delle sue chele…
“Stupidi granchi!” si mise a gridare,
perdendo l’equilibrio e rischiando di cadere.
Tuttavia, fortunatamente, si aggrappò giusto
in tempo al costume di Luxord, il quale a sua volta scivolò ed entrambi si
ritrovarono aggrappati, chi alla roccia, come il biondo, chi a qualcos’altro,
lasciando il compagno quasi denudato…
“Maledizione Saix, staccati!” gridò il numero
dieci, tenendosi con una mano alla parete di roccia e con l’altra il costume,
per evitare di rimanere completamente senza.
“Ma poi cado” piagnucolò l’altro.
Il Mago che Danza sulla Luna sembrava ben
deciso a non mollare la presa e sarebbe rimasto attaccato li se non fosse stato
per un leggero scricchiolio della stoffa…così il costume si lacerò sui lati e
prima che si rompesse del tutto, la mano di Luxord scivolò dalla roccia,
facendo finire entrambi i ragazzi su, o meglio, dentro una collina di sabbia,
che gli attutì la caduta.
Riemersero dalla sabbia dopo qualche secondo,
sputacchiando granelli ovunque Luxord che imprecava più che mai e Saix che si
guardava attorno come se nulla fosse.
Saix non aveva sentito tutto il discorso, ma
aveva afferrato un“…tu, maledetto…ammazzo…correre”, ma non lasciò che il compagno
terminasse la frase: “Guarda, un pesce!” esclamò indicando un punto nell’aria.
“Cosa vuoi che me ne freghi dei tuoi pesci,
sce…” si bloccò all’istante.
Girando la testa nella direzione indicata dal
numero sette, il biondo aveva scorto uno scoglio piatto sulla quale era
sdraiata una bellissima fanciulla addormentata, dai lunghi capelli biondi fin
sotto alla schiena, quasi all’altezza del…della coda?
Luxord si stropicciò gli occhi.
Tuttavia l’immagine non cambiò di una virgola
e ragionando, concluse che quella doveva essere una sirena.
Con suo enorme stupore, Saix era già partito
in direzione della ragazza e non appena l’ebbe raggiunta, la salutò: “Mi
ricordi tanto un pesce”
La sirena, svegliatasi di soprassalto,
inizialmente fu spaventata, poi quando realizzò che i due individui vicino a
lei erano due ragazzi, fece un sorriso, stupendo agli occhi dei due, ma
sarcastico in realtà.
“Saix, non molestare la signora” intervenne
Luxord avvicinandosi e cercando di spostare il compagno, che si stava già
leccando i baffi.
Prese dolcemente la mano della giovane e
baciandole il dorso, si presentò: “Salve, dolcezza, può farti compagnia il
forte Luxord?”
La ragazza facendo finta di imbarazzarsi, con
enorme stupore dei due, iniziò a cantare, con una voce melodiosa, angelica.
In pochi minuti, altre quattro sirene
uscirono dall’acqua, qualcuna mora, qualcuna rossa ed imitando la compagna,
cantarono come fossero un coro, mentre si avvicinavano sempre di più ai due.
Li fecero stendere assieme a loro sulla
roccia piatta, iniziando a coccolarli come due bambini, facendoli rilassare a
tal punto che si sentivano come in paradiso.
La parlantina di Luxord tuttavia non si
smorzò: “Oh, ragazze, come siete brave, a Luxord ricordate tanto una sua amica
che cantava in quel locale…”
E nel frattempo nemmeno Saix si era distratto
dal suo “obiettivo”: “Pesce…”
Era tutto così rilassante, infinitamente
piacevole e sembrava fosse una situazione che sarebbe potuta durare
all’infinito…ma evidentemente il cellulare di Luxord non la pensava così,
poiché iniziò a squillare freneticamente.
In meno di dieci secondi si scatenò
l’inferno: le sirene iniziarono a tapparsi le orecchie e ad urlare, saltando
nell’acqua per il fastidio. La loro quiete era stata turbata ed il loro
influsso ammaliante non aveva funzionato.
“Pronto?” rispose Luxord incurante del fatto
che, dietro di lui, le sirene parevano decisamente infuriate…
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Capitolo 6 *** Ritorno a casa? ***
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“Ehi Xaldeeeeeeeeeeeeen!”
Xigbar come al suo solito non era saputo
rimanere in silenzio per due minuti di fila e Xaldin cominciava a pensare che
se l’avesse buttato a mare assieme al capitano avrebbe risparmiato almeno dieci
anni della sua vita, altrimenti sprecati in cure psicologiche causa “troppa
sopportazione accumulata”…ma cosa non si fa per gli amici?!
Così sospirando, chiese, scocciato “Che
cavolo vuoi Xigbar?”
“Niente hahaha…ma lo sai che probabilmente
stiamo imbarcando acqua?” chiese l’altro con noncuranza.
“Le tue solite cavolate, mi disturbi sempre
per niente e poi…”
Xaldin si fermò un secondo. Stavano
imbarcando acqua? In che senso???
Essendo che era poco distante, acciuffò
l’amico per il colletto poiché indossavano ancora quegli strani vestiti, ed
iniziò a sbraitargli contro: “Che significa che stiamo imbarcando acqua?”
“Ma niente, sparando con i Tiratori Scelti ho
combinato un po’ di casini, ecco…”
“Quindi?” si aspettava continuasse il
discorso.
“Beh…diciamo che ho ferito la nave…”
Xigbar aveva sempre avuto la capacità di sapersi
esprimere come un bambino neanche fosse dislessico e Xaldin iniziava a perdere
la pazienza.
“Per l’ultima volta Xigbar sii più chiaro…”
cercava di contenersi il più possibile, evitando di prenderlo a calci.
“Mah, secondo me si è aperto qualche piccolo buco
nel legno sottostante…ma non è colpa mia, quel legno è davvero scadente, io ho
provato a non prenderlo però…”
Il resto delle parole, per Xaldin, si perse
nel vento. Si era reso conto della loro situazione e non era ancora così
sbronzo da non capire quello che stava accadendo attorno a lui.
Nel frattempo Marluxia e compagni dopo aver
udito quello strano rumore, videro in cielo qualcosa, o meglio, qualcuno che
svolazzava allegramente.
“Peter!” esclamò Wendy, vedendolo arrivare
“Ma non eri andato dal capitano?”
L’altro sembrava divertito: “Si, gli ho
rovinato la festa buttandolo a mare con il coccodrillo, ma poi sono stato
avvisato del tuo rapimento e sono venuto a salvarti”
Mentre i due continuavano a discutere,
Marluxia cercò di liberarsi con scarso successo, dopo di che propose un nuovo
piano di fuga a Lexaeus: “Con la tua forza e la mia intelligenza (*risate in
sottofondo*) potremmo riuscire a filarcela senza essere visti”
L’altro alzò un cartello che recitava
“Hahaha…certo” con uno smile in basso.
Così il Leggiadro Sicario pensò che avrebbe
dovuto arrangiarsi da solo visto che quell’enorme ragazzo totem sembrava
prenderlo in giro, mentre Larxene come al suo solito era troppo impegnata a
pensare agli affari suoi.
Era stufo di essere canzonato e sfruttato da
tutti e decise che glie l’avrebbe fatta pagare…
“Dai bambini, ora smettetela” cercò di
convincerli Zexion, ancora intento a rincorrere i Bimbi Sperduti e Demyx,
unitosi a loro.
Ma il gruppo non voleva saperne di
restituirgli il Lexicon, così il moro pensò che sarebbe dovuto stare al gioco o
avrebbe dovuto dire addio al suo amato libro.
Stava ancora rincorrendo i bambini quando
mettendo male un piede sul suo stesso cappotto inciampò, finendo a terra e
strappando gran parte della stoffa.
“Ehi straniero, ti sei fatto male?” chiese un
bambino vestito da coniglietto, preoccupato.
“No…ehm, sto…sto bene…”
Zexion non voleva alzarsi perché se l’avesse
fatto si sarebbe ritrovato in costume da bagno e nonostante non lo desse a
vedere, si vergognava. Non aveva nulla che non andasse, anzi era un comune
ragazzino adolescente, ma data la sua timidezza era solito farsi molti problemi
inutili.
“Dai Zexion, sei solo caduto, vedrai che non
appena sarai di nuovo in piedi ti sentirai meglio!” esclamò Demyx prendendolo
alla vita e tirandolo su a forza. Ovviamente, tonto com’era non ci aveva
pensato alla timidezza del compagno e quello che ottenne fu un ragazzino mezzo
svestito (parte del cappotto stava su per miracolo) che tentando di coprirsi il
petto e il viso con le mani era visibilmente arrossito.
Luxord era ancora intento a parlare al
telefono, mentre Saix soffiava come un micio spaventato a quelle che sembravano
delle sirene possedute da chissà quale demone.
“Luxord, sbrigati a riattaccare, queste ci
ammazzano” piagnucolò il numero sette.
Così lo Sfidante del Destino decise che
avrebbe chiuso la chiamata ma non fece in tempo a staccare il telefono
dall’orecchio che una delle sirene, con un colpo di coda, glie lo fece volare
dalla mano direttamente nell’acqua marina.
“E ora come farà il povero Luxord senza tutte
le sue ammiratrici?!” si chiese tra se e se il biondo facendo una scenata quasi
teatrale.
Poi le sirene iniziarono a schizzare l’acqua
ai due ragazzi, cercando di trascinarli in mare e con Luxord in preda a una depressione
cronica non fu molto difficile, ma Saix non voleva saperne di entrare in acqua,
così dopo che le sirene ebbero torturato un pochino il povero numero dieci, si
decise ad agire.
“Bene, per prima cosa andiamo a vedere com’e
la situazione sotto coperta” cominciò Xaldin, trascinando con se Xigbar per il
colletto, al piano inferiore della nave.
Effettivamente un buco c’era, ma non era
esattamente quel piccolo buchino di cui aveva parlato il compagno…
“Maledetto str *suono di censura*! Io ti
ammazzo Dio *suono di censura*! Fortuna che era un buchino! Ma porca p*ancora
suono di censura!*!”
Sembrava visibilmente furioso. Così pensò che
avrebbero dovuto quantomeno cercare di aiutare, riparando quella che era ormai
una bagnarola galleggiante per miracolo.
Xaldin trovò qualche asse di legno nella
stiva e tentò di posizionarla sul buco ma con scarso successo, vista la forte
pressione dell’acqua.
“Senti Xaldin, sinceramente ci rimane solo
una cosa da fare…”
Si fissarono.
Trenta secondi dopo i due stavano sciogliendo
le cime attorno ad una scialuppa di salvataggio (l’unica che c’era!), segno
evidente che avrebbero tentato la fuga.
Dopo averla fatta scendere fino a toccare
l’acqua con l’ausilio di una corda, si calarono anche loro ma il problema non
fu tanto quando Xaldin arrivò a toccare la barchetta, ma quando a Xigbar,
ancora leggermente brillo, si strappò la corda, facendolo finire direttamente
in acqua.
Fortunatamente, nell’impatto non si era fatto
male, ma aveva attirato l’attenzione di uun certo rettile poco distante…alla
velocità della luce Xigbar cercò di salire sulla scialuppa, aiutato da Xaldin.
Fecero un po’ di fatica visti i vestiti che si erano inzuppati d’acqua e con il
peso limitavano i movimenti del numero due, ma dopo pochi secondi in cui il
coccodrillo li aveva raggiunti ed aveva azzannato una manica di Xigbar, si
erano notevolmente velocizzati.
Così impugnati i remi, uno a destra e uno a
sinistra, i due iniziarono a remare con foga, cercando di andare a ritmo,
inseguiti da un famelico coccodrillo che sembrava non volesse cedere.
Larxene stava ancora sorseggiando dalla sua
noce di cocco, mentre Peter Pan conferiva con il capo tribù per la liberazione di
Wendy. Così, mentre tutti erano distratti, Marluxia avrebbe avuto tutto il
tempo necessario a realizzare il suo piano.
Si rivolse sottovoce a uno degli indiani che,
con una grossa foglia di palma, stava facendo aria a Larxene: “Ehi amico,
ascolta: davvero vuoi che Larxene diventi il vostro nuovo capo?”
Questo sembrò allarmarsi, ma non rispose per
paura che la donna lo sentisse, così il numero undici riprese: “Sta mirando a
conquistare il vostro villaggio e presto s’impadronirà dell’isola. Volete
davvero farle da schiavi per tutta la vita?”
Marluxia non pensava che sarebbe stato così
facile e mentre Peter Pan liberava Wendy, dopo essersi accordato con il capo
tribù, Marluxia si liberò dalle corde che lo tenevano legato, gridando:
“Attacchiamo Larxene, che mira a conquistare questo villaggio e l’isola,
riducendo tutti in schiavitù!”
Gli indiani si allarmarono e parvero credere
alle affermazioni del Leggiadro Sicario, tanto che assieme a lui si lanciarono
sulla ragazza, armati di falce il primo, e asce e archi con frecce, gli altri.
Tuttavia la ragazza non sembrava incline a
farsi sottomettere e materializzando i suoi coltelli dal nulla, rispose
furiosa: “Forza, fatevi sotto!”
“Dai ragazzi, non guardatemi, mi vergogno!”
Zexion era ancora in preda a un incredibile
imbarazzo.
“Ma cosa c’è che non va? Siamo tutti in
costume, tranne Vexen, ovviamente” gli disse Demyx, sorridendo.
“Ehi, cosa vorrebbe dire OVVIAMENTE?!”
intervenne Vexen, ma nessuno parve ascoltarlo.
Intanto, tra le lamentele del Freddo
Accademico, Demyx guardò il suo orologio di Gucci, constatando che erano le
17.30 e tra circa mezz’ora si sarebbero dovuti incontrare con gli altri alla
spiaggia.
Dopo averlo comunicato ai compagni e dopo un
“Finalmente si torna al lavoro” di Vexen, decisero che si sarebbero messi in
cammino di li a poco.
“Ma non potete andare già via! Con chi
giocheremo noi dopo?” chiesero i bambini, tristi.
Demyx era dispiaciuto, non voleva lasciali li
da soli e doveva ammettere di essersi davvero divertito quella giornata, così
si accucciò all’altezza di quei piccoletti, dicendo: “Non vi preoccupate,
vedrete che io e Zexion torneremo presto! Vero Zexion?”
L’altro, ancora in cerca di qualcosa da
mettersi addosso, rispose: “Cosa? Ah, ehm…si forse…forse torneremo”
I bambini scoppiarono in lacrime.
“Come forse? Noi vogliamo giocare di nuovo
assieme a voi!!!”
Nel frattempo Zexion constatò che quei
piccoletti avevano ancora il suo Lexicon e gli venne un’idea: “Facciamo un
accordo: se mi ridate il libro torno a trovarvi, sennò non torno più”
Certo sopportare quei marmocchi per lui era
stato difficile, più che altro perché gli avevano rubato inconsapevolmente la
sua arma, però alla fine non si era trovato così male.
“Va bene, ti restituiamo il libro” rispose un
bambino avvicinandosi e porgendo il Lexicon al numero sei, che lo riprese tra
le sue braccia come fosse un prezioso tesoro.
Dopo poco i tre pensarono di incamminarsi
verso la spiaggia per raggiungere gli altri membri dell’organizzazione, ma
sorprendentemente, si accorsero di non essere in grado di ricordare la strada.
D’altra parte avevano attraversato paludi, boschi tropicali e quant’altro, era
normale che faticassero a ritrovare la via del ritorno.
“E adesso cosa facciamo?” domandò Demyx,
sedendosi su un sasso, con le mani tra i capelli.
I bambini, vedendoli in difficoltà,
proposero: “Se volete possiamo accompagnarvi noi”
Così in pochi minuti si misero in viaggio con
quel gruppo di piccoletti, decisi a tornare al punto di partenza.
Non cera l’ombra di anima viva sulla
spiaggia, tutto era così tranquillo e rilassante, che Xemnas era riuscito a
passare l’intero pomeriggio a prendere il sole sulla sua sdraio in riva al
mare, senza che nessuno lo disturbasse con le sue inutili domande.
Aveva proprio bisogno di quel giorno di
vacanza e il fatto che fosse riuscito a goderselo appieno senza uditre voci,
urla, schiamazzi o quant’altro, diciamolo, lo insospettiva.
Tuttavia pensò che di li a poco tutti
sarebbero tornati, visto che mancavano circa venti minuti all’ora stabilita per
il ritrovo e forse, per una volta, gli altri membri erano riusciti a cavarsela
da soli senza mettersi nei guai.
Era quasi riuscito ad autoconvincersi del suo
pensiero quando, in lontananza, vide avvicinarsi delle figure con qualcosa in
testa. Si alzò di scatto dalla sdraio, pronto a sfoderare le sue spade, quando riconobbe
tre dei suoi compagni, accerchiati da un gruppo di bambini.
“Ciao bimbi, grazie per averci accompagnato,
torneremo a giocare con voi!” esclamò Demyx, salutando con la mano.
Xemnas era stupito: che cavolo avevano
combinato tutto il pomeriggio?
“Ragazzi, ma cos’avete in testa? E che avete
fatto alla faccia?”
Effettivamente si erano completamente
scordati delle maschere e dei colori ancora sul viso e stavano per rispondere
al leader, quando udirono un forte rumore poco distante da loro.
Videro che dal gruppo di scogli a qualche
metro di distanza stavano riemergendo due figure che, non appena li videro, si
avvicinarono, distrutti dalla fatica poiché avevano remato fino a quel momento
con un coccodrillo affamato alle calcagna.
“Aaaaaah, i pirati!” Demyx non aveva fatto in
tempo a notare che erano Xaldin e Xigbar e visti i loro vestiti, li aveva
scambiati per dei fuorilegge.
“Ma che bel coniglietto! Capo, possiamo
tenerlo?” chiese Xaldin, vedendo Demyx, che aveva ancora indosso la maschera da
coniglio bianco.
“Ehi Xaldeeeeen ma quello non è un orso?”
Xigbar aveva notato Vexen, che con ancora il cappotto dell’organizzazione
indosso e tutto il viso colorato, era stato scambiato per un animale vero.
“Hai ragione! Potremmo farci un nuovo
tappeto…inseguiamolooooooo!”
In pochi minuti i due stavano inseguendo il
numero quattro, che urlando a squarciagola e non vedendo dove correva, andò a
sbattere contro Lexaeus, uscito da poco dalla vegetazione.
Era ancora “vestito” da totem, con tanto di
ghirlanda di fiori ed i suoi soliti cartelli, e vedendo Vexen, ne alzò uno che
recitava: “Tu orso. Buono. Me mangia orso” e si aggiunse agli altri due.
Da poco dietro Lexaeus, arrivarono anche
Marluxia, con indosso i suoi occhiali da sole, tenendo l’estremità di una
corda. Il resto era tutto avvolto attorno ad una Larxene notevolmente infuriata.
“Ehilà, siamo tornati” commentò il primo.
Anche la ragazza cercò di farfugliare
qualcosa, ma il bavaglio che aveva alla bocca glie lo impediva. E Marluxia non
perse occasione per tormentarla: “Cosa? Come? Non ti sento, mi dispiace”
ridacchiò tra se più volte.
Nel frattempo Xemnas stava rimproverando
Demyx e Zexion, il primo per essersi preso la libertà di giocare con i bambini,
il secondo per aver letteralmente distrutto il cappotto dell’organizzazione,
che avrebbero dovuto far ricostruire a chissà quale azienda e, visto il
materiale, gli sarebbe costato una fortuna.
Tra il caos generale, alla destra del gruppo iniziarono
a intravedersi altre due figure, segno evidente che finalmente il gruppo stava
tornando completo.
Tuttavia il leader non si accorse di come
erano conciati finché non furono a pochi metri di distanza: lo Sfidante del
Destino si stava coprendo la parte inferiore del corpo con una foglia di chissà
quale albero, mentre il numero sette si teneva l’addome, visibilmente
soddisfatto.
“Ma che avete combinato voi due?” Xemnas era
disperato. Inizialmente aveva pensato che quel gruppo di pazzi non sarebbe
rimasto con le mani in mano, ma per una volta aveva SPERATO di essersi
sbagliato. Con scarsi risultati, evidentemente…
“È stata colpa delle sirene” commentò Luxord,
visibilmente esausto.
Xemnas si rivolse ora al Mago che Danza sulla
Luna: “Saix, ti sei mangiato le sirene???”
“No ser, ho aiutato Luxord…”
Tutti si fermarono a fissarlo, scioccati.
“…e poi mi sono fermato a cercare un po’ di
pesce”
Tutti sospirarono. Almeno erano sicuri di non
avere un cannibale nel gruppo.
Poco dopo Luxord iniziò a provare un prurito
smisurato, inizialmente solo alla parte inferiore del corpo, poi anche sulle
braccia e sulla parte bassa del torace.
“Aaaaah, che mi succede?!?” iniziò a
grattarsi ovunque.
In suo soccorso intervenne Vexen, che dopo la
corsa con Xaldin e Xigbar (e dopo che quei due babbei ebbero capito che non era
un orso!) aveva il fiatone: “Uff, sciocco…ma non…pant pant…ma non sai che
quella pianta…è urticante?”
Così, oltre ai problemi di Demyx, che sarebbe
finito in punizione, del cappotto di Zexion, della mancanza d’aria di Larxene,
che avrebbe dovuto fare un mese di terapia per sbollire tutta quella rabbia, dei
segni sul corpo di Marluxia, che sosteneva di essere stato legato talmente
forte da dover ricorrere a un trattamento di bellezza, della malaria di Vexen,
convinto di averla presa (di nuovo!) in un posto infestato dagli insetti come
quello e della sbronza di Xaldin e Xigbar, che Xemnas pensava sarebbe stato
meglio rinchiudere per un po’ nel club “alcoolisti anonimi”, ci si metteva
anche l’urticaria di Luxord.
Il leader non ne poteva più ma cercò di
mantenere la calma e dopo essersi leggermente ripreso, iniziò a fare l’appello
dei membri, per assicurarsi che ci fossero tutti: c’erano Xaldin e Xigbar,
Larxene e Marluxia, Vexen, Demyx, Zexion, Saix, Luxord…ma mancava qualcuno!
Dov’erano Axel e Roxas?
“Qualcuno vada a cercarli, vi scongiuro…” si,
Xemnas era visibilmente esausto…
Axel era ancora nel bel mezzo della
battaglia, deciso ad eliminare i nemici per proteggere Roxas, quando sentì una
voce in lontananza che lo chiamava.
Non era sicuro di averla udita veramente così
cercò di concentrarsi sulla battaglia, ma improvvisamente sentì una scossa
proveniente dal terreno e quella fastidiosa voce, che sembrava insistere.
“Axel…Axel svegliati…Axel!”
Il numero otto riaprì violentemente gli
occhi. Un apatico Roxas lo stava fissando.
Possibile che fosse stato tutto un sogno?
Come aveva fatto a non accorgersene prima?
“Roxi io…perdonami, mi sono addormentato”
sembrava triste e piuttosto scosso, probabilmente ancora per il sogno così
realistico.
“Fa lo stesso Axel, non ti preoccupare. Anzi,
mi dispiace averti svegliato ma è ora di tornare dagli altri”
Il rosso si mise in piedi osservando l’amico
a pochi centimetri da lui. Poi con il suo solito fare, gli passò una mano sulla
testa, arruffandogli i capelli e ridacchiando tra se.
Roxas era abituato a quel comportamento e non
ci fece caso, proponendo di rimettersi in cammino, in direzione del punto di
ritrovo.
“Axel?”
“Che c’è?”
“Prima ti ho sentito fare il mio nome, mentre
dormivi”
Il Soffio di Fiamme Danzanti non sapeva che
rispondere. In fin dei conti non voleva farlo preoccupare, così rispose
semplicemente: “Si, ho sognato che eravamo amici, proprio come ora”
Per un attimo parve apparire un leggero sorriso
sul viso del biondo: non era solo. Non lo era più ormai e sapeva di voler bene
ad Axel.
Raggiunsero il luogo di ritrovo in una decina
di minuti ma non vi trovarono nessuno. Al posto della sdraio del leader e degli
oggetti da mare, vi era solo un biglietto, tenuto fermo da un sasso.
Sembrava la calligrafia del Superiore, e
recitava:
Carissimi Axel
e Roxas,
non vi abbiamo
aspettato per dei semplici motivi, il primo dei quali è il vostro ritardo!
Inoltre abbiamo scoperto che Vexen ha contratto di nuovo la malaria, Zexion ha
distrutto il cappotto, Demyx si è presentato vestito da coniglietto, Xaldin e
Xigbar sono da rinchiudere in un centro di recupero per alcoolisti, Luxord ha
preso l’urticaria alle parti basse, Marluxia ha schiavizzato Larxene che ora dovrà
seguire una terapia psicologica e Lexaeus ha finito i cartelli quindi deve
comprare quelli nuovi…quindi spero abbiate capito con che genere di problemi
abbiamo a che fare…
Spero torniate SENZA
PROBLEMI DI ALCUN GENERE sani e salvi, vi aspettiamo PER FARVI RIMETTERE
A POSTO TUTTO calorosamente.
Xemnas, il Superiore
I due si squadrarono. Sarebbero dovuti
tornare in quella bolgia?
“Axel, che ne dici se andiamo a fare il
bagno? Dopo tutto da quando siamo qui non abbiamo fatto altro che dormire”
propose Roxas
“Già, è una buona idea”
Così, chiacchierando del più e del meno, i
due si diressero verso l’acqua cristallina, al cospetto di quello che stava
diventando un bel tramonto rosso fuoco, decisi a godersi ancora un po’ la
giornata prima di fare ritorno al Castello dell’Oblio.
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