Heaven? Where is my angel? I Need Him Now

di Eos BiancaLuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

 

 

 Mentre ascoltavo “The End” a tutto volume qualcuno aprì bruscamente la porta della mia camera e disse ad alta voce «Liz, sbrigati! Non c’è tempo da perdere!».

La voce di mia madre mi ricordò quello che già sapevo: dovevo essere all’Hotel fra poco meno di mezz’ora e attaccare il mio turno in cucina.

Guardai l’orologio mentre a malincuore toglievo il cd “The poison” dallo stereo; accidenti erano quasi le sette di sera.

Sfrecciai come un fulmine dalla mia camera al piano di sotto afferrando al volo la mia borsa nera sul divano e infilandomi in fretta e furia le New Rock.

Mia madre ricomparve dalla rampa delle scale con uno sguardo di rimprovero «E’ un miracolo che non ti abbiano ancora licenziata».

«Si certo» risposi prontamente senza preoccuparmi di nascondere il tono scocciato e uscii di prima che potesse replicare di nuovo.

Presi la mia bici rossa fiammante imprecando perché non avevo ancora la patente e finalmente mi diressi a lavoro sotto un cielo grigio e nuvoloso.

Arrivai per le sette e mezza, esattamente con mezz’ora di ritardo. Attraversai la sala ristorante e notai alcuni dei miei colleghi che risero fra loro guardando nella mia direzione ma li ignorai con successo.

«Ciao Liz» mi disse Lucy, la cameriera più “anziana” dello staff.

 «Sei sempre puntuale eh» commentò Richard, l’altro cameriere che in quel momento era intento a lucidare boccali e calici.

«Salve a tutti» risposi frettolosamente poi entrai in cucina e trovai Sharon, lo chef mia coetanea, che li dentro era la persona migliore per quel che mi riguardava; lei no che non mi trattava mai come la figlia del proprietario dell’Hotel.

Alzò gli occhi su di me e indugiò per un secondo, «Liz, ma che ti prende? Anche oggi sei in ritardo! Dai che se ti becca il capo che sei ancora cosi ci ammazza a tutt’e due».

Si era rivolta a me mettendosi le mani sui fianchi lasciando perdere le patate che stava sbucciando.

«Ciao Sharon» le dissi stampandole un bacio sulla guancia, nonostante la sua espressione severa aggiunsi allegramente «Vado subito a cambiarmi». Finalmente sorrise ma poi vedendo che mi ero messa ad assaggiare le sue verdure tornò seria «Ti vuoi muovere?», aveva preso il coltello e lo puntava verso di me con fare da assassina.

«Vado, vado e non ti arrabbiare!» risposi e scappai nel bagno poco prima che Antonio, il nostro antipatico capo, apparve nell’enorme cucina per chiedere di me.

«Lizbeth dov’è?» chiese del tutto ironico guardandosi intorno.

«Non si trova da nessuna parte, tu ne sai qualcosa?» si era rivolto a Sharon guardandola in faccia questa volta.

Lei, senza smettere di concentrarsi sul proprio lavoro, rispose «E’ sempre stata qui con me ad aiutarmi, ma ora è andata un attimo…» non riuscì a finire la frase perché io, che avevo assistito alla scena senza che se ne fossero accorti, apparvi davanti a loro nella mia uniforme.

«Cercavi me forse?» domandai con un sorrisetto al mio capo.

Antonio abbassò lo sguardo e mentre uscì dalla porta fui quasi sicura di aver sentito che sibilasse un “No” a bassissima voce.

«Ahah mamma mia fa tanto lo sbruffone ma poi come gli dai il fatto suo scappa!» per la prima volta da quando avevo “attaccato” il mio turno vidi Sharon ridere a crepapelle.

«Io non ho fatto niente!” dissi ridendo anche io come una matta quando Antonio tornò in cucina «C’è gente che aspetta da mangiare vedete di sbrigarvi sennò ci metto un attimo a cacciarvi fuori di qui» aveva detto per poi scomparire di nuovo.

“Ma vattene a quel paese” pensai fra me e me, «Che bastardo» sussurrò Sharon e stavolta ci mettemmo seriamente al lavoro.

 

Quando finalmente, verso mezzanotte, avevo finito di sparecchiare e riapparecchiare i tavoli per la colazione del giorno dopo e stavo pensando che fortunatamente il giorno dopo fosse stato un sabato, Lucrezia e Monica, le ragazze addette al front office (italiane come Antonio) mi chiamarono a “vedere un po’ qua” non seppi cosa.

Mi avvicinai al bancone e loro mi sorrisero e si lanciarono un’occhiatina.

 «Una cosa veloce eh, che sono molto stanca» dissi sbadigliando.

«Non ci crederai mai!» urlò Monica.

«Liz! Corri!» mi prese per un braccio invitandomi ad accelerare il passo, ma ottenne l’esatto effetto contrario.

«Calmati e che sarà mai! Che c’è? Non dirmi che qui arriva il presidente degli stati uniti!» protestai, avevo veramente sonno e non vedevo l’ora di andarmene a casa, ascoltare un po’ di metal e addormentarmi.

Lucrezia, che era seduta dietro al monitor del pc rise, poi lei e Monica si guardarono ancora una volta.

«Veramente… non proprio» abbozzò quest’ultima.

Io non volevo neppure guardare lo schermo, infatti feci per andarmene «Va bene, a domani allora» dissi distrattamente, ma Lucrezia intervenne «Il presidente degli stati uniti no» disse seria, «Ma i Bullet For my Valentine… Si!” concluse Monica.

Rimasi di ghiaccio, stavo ancora dando loro le spalle nell’intento di sgattaiolare via.

Poi, improvvisamente, iniziai a ridere.

Una risata nervosa, piena di rabbia, incredulità ma anche di desiderio.

«Non sono mai venuti qui a Saint Helens!» mormorai nervosamente, non volevo che si prendessero gioco di me soltanto perché erano a conoscenza del mio punto debole.

«Perché vi divertite a farmi questo?» alzai la voce di qualche ottava, stavolta mi ero girata.

«Ma Liz…» sussurrò Monica «Vieni a vedere tu stessa, il loro manager ha prenotato qui un breve soggiorno prima che inizi il loro prossimo tour…» non la lasciai finire e mi avvicinai per leggere cosa ci fosse scritto sul dannato monitor.

Per poco non svenni quando scoprii che Jay, Matt Moose e Padge sarebbero arrivati nel nostro Hotel il giorno seguente.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

 

 

 

Aprii gli occhi per l’ennesima volta quella notte e controllai l’orologio da polso nero che tenevo sul comodino rivolto verso di me; secondo le lancette fosforescenti erano le 4:45.

Mi girai a pancia in su richiudendo gli occhi ma Morfeo sembrava avermi abbandonata del tutto. Sbuffai e cercai nel buio con la mano sinistra il mio mp3 che avrebbe dovuto trovarsi da qualche parte sotto il cuscino quando mi accorsi del rumore, o meglio, dei piccoli rumori che si abbattevano sul vetro della mia finestra.

Pioveva.

Esattamente la condizione climatica che preferisco di più al mondo.

Sorrisi fra me e me, premetti il tasto play e mi riaddormentai cullata dalla voce di Matt sulle note si “Say goodnight”. 

 

Quando mi svegliai il mattino seguente mi sentivo totalmente scombussolata.

Prima di tutto ancora non credevo a ciò che sarebbe dovuto succedere quel sabato 15 gennaio, poi avevo gli auricolari agli orecchi con la musica della mia band preferita da circa tre ore (la batteria stava morendo) e a dirla tutta ero ancora stanca del giorno precedente.

Lo stress del lavoro e dell’università si faceva sentire.

 

Il mio cellulare diede segni di vita e questo mi costrinse ad alzarmi definitivamente dal letto per andare a rispondere alla chiamata.

«Pronto?» non guardai nemmeno il display del mio Nokia.

«Sono io, che stai ancora dormendo per caso?” domandò una voce piuttosto scocciata.

Lawrence il mio ragazzo, ha sempre avuto un caratteraccio purtroppo, un vero caso irreversibile.

«No amore ma che dici, tu invece? Come stai? Che mi racconti…», mi interruppe come spesso faceva bruscamente «Ma sei sicura? Non è che hai intenzione di rimanere fra quelle coperte ancora a lungo? Guarda che lo so che sei ancora nel letto! Poi ti lamenti che hai il culo grosso!».

Non lo ascoltai e guardai fuori la finestra: nuvoloso, wow.

«Ma che tesoro che sei, come sempre! Buongiorno anche a te» dissi ridendo, per sfotterlo.

Lui deviò subito il discorso «Senti che vogliamo fare, ci vediamo oggi? Che hai deciso? Io avrei in mente di portarti a pranzo fuori in un posticino carino però facciamo a metà eh che non ho più soldi».

Sbuffai, «Sei sempre il solito scialacquatore che non si sa tenere due euro in tasca! Sempre a spenderli in cazzate, guarda che lo dico per te! A me non interessa posso anche offrire io tanto non è la prima volta».

Lui cambiò tono all’istante «Grazie amore, veramente! Ci vediamo dopo» e riattaccò. “Cominciamo bene oggi” pensai e aprii l’armadio indecisa su cosa mettermi come al solito.

 

Quando arrivammo al ristorante giapponese io scelsi un tavolo vicino alla vetrata, il cameriere prese le ordinazioni e sparì rapido. «Bel tempo oggi eh» dissi sospirando radiosa, lui come sempre, non mi stava ascoltando perché trafficava al cellulare con la madre.

«Scusa un attimo»,  fece per alzarsi rispondendo ad una chiamata appena in tempo per accorgermi del solito tono che sua madre usava quando parlava di me: «Non è possibile anche questo fine settimana mi lasci da sola per quella li? Ma non lo capisci che lei non conta niente, sono io la donna della tua vita!».

Il mio ragazzo mi fece un sorrisetto e si allontanò rapido.

Che situazione che mi toccava sopportare!

E nonostante ciò lui negava sempre tutto dicendomi che ero io a farmi le paranoie. Una volta addirittura quella bimba di quarantatré anni si era messa a darmi della deficiente mentre era al telefono con lui cosi senza motivo.

Ogni giorno di più capivo quanto la sua famiglia non mi avesse accettata a differenza della mia con lui, e probabilmente non avrebbero mai tollerato la mia presenza.

Per i suoi genitori lui era ancora un bambino, e forse avevano ragione.

Tornò a sedersi con fare beffardo, come se non fosse successo niente di strano «Allora, dicevamo amore mio?».

Io volsi lo sguardo altrove e desiderai ardentemente essere nel mio Hotel, avrei preferito sopportare il mio capo invece che mia suocera, di quello ne ero certa.

 

 

Le 18:00 alla fine arrivarono e mi precipitai a prendere l’autobus dopo aver discusso animatamente col mio ragazzo sul fatto che lavorassi nei week-end compresa la domenica.

Quando fui quasi arrivata al mio adorato albergo a 5 stelle mi preoccupai un po’ del mio abito nero: era un tantino elegante. Per quale motivo l’avevo indossato se i Bullet non li avrei visti quel giorno?

Risi, lo facevo spesso quando pensavo a qualcosa di divertente e siccome ero da sola nessuno poteva guardarmi di traverso. Ormai era sera inoltrata e l’aria gelida si faceva sentire, c’era anche qualche lampo nel cielo.

Finalmente raggiunsi l’enorme porta girevole, stavo per entrare quando notai sul viale illuminato dai lampioni un husky.

Un bellissimo siberian husky dalle iridi celesti quasi bianche.

Per me, che adoravo quella tipologia di animali quello doveva essere un miraggio. Mi abbassai piegando le ginocchia e dissi semplicemente «Bello».

Lui, che aveva il collare slacciato, mi si avvicinò piano poi prese confidenza e si fece accarezzare. Aveva un pelo morbidissimo, era un maschio di due o tre anni. E anche il carattere era dolce! L’occhio mi si posò sulla medaglietta che aveva al collo, il nome inciso era “Wolf”. Sorrisi sapendo che il lupo era uno dei miei animali preferiti.

«Hey, io adesso devo andare sennò mi cacciano» dissi alzandomi. Il cane mi guardò e si mise in posizione seduta, era sicuramente di qualche cliente ed era molto educato.

«Spero proprio di rivederti Wolf» gli dissi, lui abbaiò come se avesse capito.

Oltrepassai la porta girevole venendo immersa dal calore che emanava la hall, notai che non c’era quasi nessuno a parte un gruppo di persone appoggiate al bancone della reception con ai loro piedi almeno una ventina di valigie.

Sussultai.

Ma poi decisi di non pensarci. “Dai” mi dissi mentre mi toglievo il cappotto nero, “Ti pare che se fossero arrivati veramente…”smisi di pensare quando sentii che parlavano tutti in inglese, la mia lingua. Notai anche l’accento gallese di quello di spalle capelli corti e maglia degli Iron Maiden.

Cavoli, era forse Moose? Gli somigliava troppo.

Per arrivare in cucina dall’interno dovevo passare per forza vicino alla reception.

“Accidenti a quando non entro dalla porta sul retro!” mi dissi e facendo un respiro profondo cominciai a muovere i passi, c’erano solo loro nella hall , erano quattro ragazzi più il receptionista di turno e un tizio che somigliava proprio al loro manager...

Mentre passavo accanto a loro si zittirono tutti per via del rumore dei miei passi enfatizzato dai tacchi, io abbassai la testa ma non smettevo di guardarli con la coda nell’occhio.

Quello più alto appoggiato al bancone con il gomito si voltò verso di me, ma che strano, aveva dei capelli abbastanza lunghi e una giacca nera di pelle.

Si alzò gli occhiali da sole mentre passavo con la testa girata verso di lui ormai, e quello che potei notare… Furono gli occhi azzurri che adoravo, che avevo sempre sognato, che avevo sempre immaginato dal vivo.

 

 Erano gli occhi di Matthew Tuck.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

 

 

 

Entrai in cucina sconvolta.

Come accidenti era possibile che la mia band preferita in assoluto era li, nell’Hotel in cui lavoravo, l’Hotel di proprietà di mio padre?  Sharon non era presente, che strano, eppure il suo turno doveva già essere iniziato. Mi cambiai nel bagno ancora confusa e con mille pensieri per la testa. Cioè, i Bullet For My Valentine erano li con me, in Irlanda!

Tornai in cucina e mi pizzicai la mano, cosi, per testare ancora di più la realtà quando Antonio apparve alle mie spalle.

«Lizbeth…» disse senza tono di rimprovero, «Mi raccomando oggi abbiamo ospiti importanti dopo le 21:00 la sala è riservata esclusivamente a loro».

Mi voltai.

«E Sharon?» chiesi nervosamente, lui sorrise malvagiamente «Oh non devi preoccuparti è malata, oggi la sostituirai tu qui in cucina».

E meno male che non dovevo preoccuparmi!

«Cioè cucinerò io? Da sola?» sbottai facendolo diventare serio «Hai tempo un’ora e mezza per preparare i menu del giorno che ti ho lasciato sulla lista, non mi deludere!» bisbigliò arcigno e se ne andò.

In quel momento mi sentii davvero sola.

 Presi il mio Nokia e chiamai Sharon, ma rispose la segreteria telefonica. Lasciai un messaggio vocale dopo il beep «Hey bella complimenti ti sei ammalata proprio oggi! E io adesso come faccio? Mica solo una maga dei fornelli come te… Uffa! Dai richiamami appena puoi, un bacio”.

Decisi di mettermi al lavoro cercando di non perdere la cognizione del tempo. Ma sopportare i punzecchiamenti dei camerieri non era certo cosa facile….

Verso le 20 e 30 ebbi un momento di pausa, mi era anche arrivato un sms da Sharon “Lizzz stasera li con te ci sono i Bullet!! Mi raccomando eh le ricette speciali sono nel cassetto in alto vicino alle stoviglie a sinistra. Buona fortuna Liz!”.

Mi fece davvero tornare il buonumore per un attimo.

Poi ricominciai a preparare risotti alla crema di scampi, vitello in salsa tonnata e soufflé al cioccolato (le ultime ordinazioni della serata). Alle 20:55 decisi si dare un’occhiata alla sala da pranzo.

Al centro vi avevano messo un tavolo rotondo abbastanza grande con un grande centrotavola blu con tanto di candelabro e segnaposti con rose blu, io sfiorai quello con il nome “Matt” poi dalle porte a vetro li intravidi arrivare e sgattaiolai di nuovo in cucina, questa volta con il fiatone aprii il cassetto delle ricette speciali.

Lucy era rimasta l’unica cameriera di turno.

Mi si avvicinò acida «Allora hai visto anche tu che bei ragazzi che ci sono di là eh? Ma dimmi un po’, ho sentito dire che tu li conoscevi già non è cosi?».

Non risposi perché ero alle prese con un timballo di pasta e gnocchi. Ma vedendo che insisteva le dissi infine «Senti perché non vai a sbiancarti i guanti e a servire loro dello champagne?» lei non replicò e spari.

Quando Matt, Jay, Padge e Moose finirono di mangiare e io mi ero rimessa il mio abito troppo elegante ed avevo sciolto i capelli, Lucy tornò in cucina ridendo come al solito, «C’è quello più alto, quello bello con gli occhi celesti che dice di volerti vedere».

La guardai incredula, «A me?» chiesi confusa.

«Eh già» rispose picchiandomi una mano sulla spalla, «Io me ne vado ci vediamo!».

Non mi resi conto dell’ultima frase che disse e mi avvicinai all’oblò della porta che dava sulla sala e li vidi mentre bevevano lo champagne, Matt era in piedi cosi io aprii lentamente un’anta della porta e lo sentii dire allegramente «Dov’è? Fatemela conoscere!».

Indietreggiai…

«Ma questi qua sono già ubriachi» pensai fra me e me, ma era anche vero che certe occasioni capitano una sola volta nella vita, quindi non potevo certo starmene li in cucina tutta la sera. Addrizzai le spalle ed uscii dalla cucina coraggiosamente.

Jay, Padge e Moose mi sorrisero e si alzarono perché si erano accorti della mia presenza, lui invece era di spalle e stava dicendo «Devo assolutamente conoscere la cuoca».

Gli altri erano venuti a presentarsi dandomi la mano, baciandomi sulle guance e congratulandosi per il cibo. Io avevo ringraziato e ad ogni «Piacere io sono…» avevo risposto «Lo so lo so, vi seguo da un bel po’ ormai» e tutti avevano sorriso.

Poi mi avvicinai a Matt che in quell’istante si voltò.

Il suo sguardo mi incollò ferma dov’ero, cercai di non guardarlo troppo negli occhi; indossava una camicia nera a mezze maniche e jeans grigi strappati. Mi sorrise guardandomi fisso in viso.

Non so perché ma gli altri erano rimasti in silenzio.

Poi padge disse «Allora, un altro bicchiere ce lo facciamo?», «Ma si» aveva risposto Jay e insiema a Moose ricominciarono a fare baldoria. Matt decise finalmente di rompere il ghiaccio e mi si avvicinò, io istintivamente sussurrai «Sono io che ho cucinato stasera ma non sono lo chef».

«Non vedo dove sia il problema» rispose. Non smetteva di guardarmi negli occhi e sorridere, io mi ero fatta piccola piccola. «Qual è il tuo nome fanciulla?» mi chiese.

Scoppia in una timida risatina, «Lizbeth» risposi.

«Liz per gli amici, il nome completo per gli altri…» non finii la frase perché mi prese la mano destra e se la portò alla bocca «Incantato Liz…».

Perfetto, già si considerava un amico.

Mi baciò la mano e non la finiva di sostenere il mio sguardo finché Padge non diede un colpo di tosse.

Riuscii a distogliere lo sguardo dall’azzurro di quelle iridi e mi rivolsi ai ragazzi «Scusate se vi ho disturbato».

«Ma quale disturbo» mi disse Jay, si alzò e mi passò un braccio intorno al collo «Siediti e bevi qualcosa con noi dai, alla salute!».

Accettai volentieri e notai che Matt lo fulminò per un attimo con lo sguardo.

 

La serata durò a lungo finché i ragazzi non furono stanchi e decisero di andare a letto. Li salutai e ricordandomi che Lucy se ne era andata cominciai a mettere in ordine le sedie. Matt però non era andato con gli altri. Dopo qualche istante mi accorsi che era ancora li, cosi mi voltai verso di lui incuriosita.

«Che fai ancora qui?” gli chiesi allegra.

«Mi sono ricordato di non essermi presentato» sorrise,  c’era una luce particolare nei suoi occhi.

 «Non vedo dove sia il problema» risposi imitandolo,  «Io so chi sei tu», a quelle parole rise.

«Però da una parte hai ragione sai? Mi piacerebbe conoscere Matthew Tuck al di fuori dall’essere il cantante dei Bullet» questa frase l’avevo pensata ad alta voce e me la lasciai sfuggire distrattamente.

«Non vedo dove sia il problema» sibilò.

«Non vedi problemi da nessuna parte?» gli chiesi «La fai facile, io devo ancora finire di mettere apposto perché i camerieri mi hanno lasciata sola».

Lui si guardò intorno staccandosi dalla parete dove era appoggiato, poi rivolse di nuovo lo sguardo a me, cosi continuai «Adesso puoi andare a nanna, scusami non vorrei essere scortese rimarrei qui a parlare con te ma devo finire di lavorare».

«Non se ne parla proprio!» sbottò lui.

«Guardati; hai dei polsi cosi magri, la pelle cosi diafana che sembri di porcellana. Sicuramente sei molto delicata, perciò non posso farti stancare»  disse impilando i piatti sporchi dal tavolo rotondo, «Ti do una mano io, anche due» sorrise di nuovo.

Che bello che era quando mi sorrideva cosi.

Io rimasi a bocca aperta «Mah…» dissi, «Niente mah» M’interruppe appoggiandomi l’indice sulle labbra mentre mi passava accanto.

Cosa potevo fare?

In pochissimo tempo lavammo i piatti, il pavimento e mi aiutò a risistemare i tavoli e le sedie per il giorno seguente.

Era un angelo sicuramente mandatomi dal cielo.

«Ora mi chiederai il risarcimento, vero?» gli chiesi scherzando in ascensore, “Mmh… Per il momento no, per il futuro vedremo” rispose ridendo.

Lo accompagnai fino alla porta della suite in cui avrebbe dormito «Allora buonanotte» dissi piano mentre cercava la chiave.

 

Mi sorrise di nuovo «Anche a te… Hey ma tu come torni a casa a quest’ora?», quella domanda mi colse alla sprovvista anche perché era mezzanotte passata e non mi ero resa conto di quanto fosse trascorsa velocemente quella serata.

«Di solito, quando faccio il turno di sera posso prendere una stanza, questo albergo è di mio padre… Ma come mai ti interessa saperlo?» non potei fare a meno che chiederglielo.

«Non hai la patente?» chiese lui serio.

«Non ancora» risposi, sicuramente si aspettava che l’avessi già presa da un paio d’anni ma non mi andava di spiegargli che preferivo spostarmi con la mia bici.

 «Ok scusami se mi sono fatto gli affari tuoi» aveva aperto la porta. «Allora a domani» abbozzò.

«Figurati… Si a domani» dissi io. Come suonava bene.

Si voltò e abbracciandomi forte mi baciò sulla guancia.

«Grazie ancora per la cena e per la compagnia» disse sottovoce, io che stavo per avere un mancamento lo ringraziai cercando di restare in piedi «Ma grazie a te di avermi aiutata!».

Mi diressi cosi verso l’ascensore e prima che le porte mi si chiusero davanti lo vidi ancora sulla soglia della sua camera, a fissarmi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

 

 


Il giorno seguente mi svegliai prestissimo, adoravo la camera che tenevano riservata per me nelle situazioni di emergenza, mi dispiaceva quasi non dormire sempre li; soprattutto ora poi che ero al corrente della LORO presenza in Hotel. Cosi feci un salto a casa, e dopo doccia e un’abbondante colazione mi cambiai.

 Quella sarebbe stata una giornata molto lunga visto che dovevo essere come aiuto in cucina per tutti e tre i pasti. Mia madre non aveva niente da rimproverarmi visto che conosceva la situazione: passavo la notte fuori equivaleva che restavo in Hotel nella “mia” camera riservata. Cosi i miei potevano dormire sonni tranquilli.

Quella mattina ero stranamente di buonumore, Antonio mi aveva persino affidato il compito di portare la colazione in camera ai Bullet. Come potevo rifiutarmi? Mentre ero in ascensore mi vibrò il cellulare, era mio fratello maggiore Chris, in diretta da Londra “Hey sorellina come va? Te la stai spassando eh, ho saputo dell’arrivo dei tuoi idoli li da te” era un bel pò che non lo sentivo, sorrisi “Ciao fratellone si si sono proprio qui a Roma ancora non ci credo!” la conversazione durò poco perché ero arrivata all’ultimo piano, mi chiese come stavano mamma e papà e mi invitava ad andarlo a trovare appena potevo, e che mancavo tanto ai miei due nipotini.

Dopo aver chiuso il cellulare mi guardai un secondo allo specchio prima di uscire dall’ascensore, ancora non avevo legati i miei capelli castano chiaro-rossi lunghi fino alla vita ma avevo pesantemente truccato i miei occhi verde scuro. Il mio capo stranamente non aveva ancora rotto le scatole. Fui tentava di passare prima nella suite di Matt, poi ci ripensai e lasciai quell’idea per ultima. Cosi uno per uno, bussai alle porte di Jay, Padge e Moose nonostante avessero tutti il cartellino con la scritta “Do not disturb”e notai, erano ancora mezzi addormentati, lasciai ad ognuno il vassoio sul tavolino del salotto delle suite senza intrattenermi a lungo. Ora ne mancava solo uno. Ero li a portare la colazione in camera ai bullet. Mi suonava cosi strano. Respirai profondamente e bussai all’ultima porta. Dopo tre secondi lui venne ad aprire, indossava solo i pantaloni di una tuta grigia.

“Ecco ti pareva” pensai, “Pure te fatti trovare vestito no!” avrei voluto dirlo ad alta voce ma mi limitai ad un “Buongiorno…”.

Mi face entrare dicendo “Anche a te” poi chiuse la porta alle mie spalle. Panico.

“Allora come hai dormito?” mi chiese poi mentre appoggiavo il vassoio al suo posto stando attenta a non farlo cadere. Perché aveva chiuso la porta dannazione? gli altri non ci avevano neanche pensato. “I-io? Benissimo, tu?” non lo guardai “Abbastanza bene” disse sbadigliando, “meno male che sei arrivata, ho una fame”.

Io risi sotto i baffi, quella frase poteva avere più di un significato, ma ben presto scacciai questo pensiero perché ero fidanzata, e lui anche. Cominciò a girare lo zucchero nel thè quando io dissi”Beh sarà meglio che vada adesso cosi ti lascio in pace”, “Ma dai resta! Dico sul serio, cosi mi fai compagnia” non credevo alle sue parole. Si sedette sul letto sfatto e mi guardò da sopra l’orlo della tazza.

Di nuovo il panico, anzi peggio di prima, ora si che stavo diventando incapace di intendere e di volere. Ma perché diamine doveva comportarsi cosi con me, che non ero nessuno per lui? Ero rimasta in piedi in un angolo quasi incapace di muovere un dito quando sentimmo un rumore provenire dal bagno, poi il bellissimo husky apparve con un paio di pantofole in bocca.

 “Wolf!” lo chiamai ad alta voce, lo avevo riconosciuto subito. Lui lasciò cadere le ciabatte ai piedi del padrone e mi venne incontro, lo accarezzai e iniziò a farmi un sacco di feste. Matt che era rimasto ad osservare la scena stupito commentò” Il mio lupetto si deve essere svegliato da poco e comunque…vedo che vi conoscete già”. Lasciò la tazza dove l’aveva presa un minuto prima e si sedette per terra vicino a me che ero intenta a coccolare Wolf. Gli passò una mano sulla testa, delicatamente.

 “Il tuo cane è stupendo” gli  dissi, non riuscivo a smettere di giocarci “Credo che lui pensi la stessa cosa di te, guarda quanto gli piaci” disse con un tono felice. Quando riuscii a staccarmi da Wolf e stavo per andarmene sulla porta mi girai “Hey Matt, ci vediamo a pranzo ok? Prometti che mi farai vedere il tuo cane ancora vero? Ti prego”, lui annui” Ma certo, quando vuoi. Tanto noi restiamo qui per un mese circa, c’è tutto il tempo”.

“Un mese???” pensai in ascensore “Wow…”.

L’ora di pranzo venne in fretta e beh, diciamocelo, avevo socializzato parecchio con i quattro ragazzi. Nel momento in cui ero rimasta a parlare con loro per più di 10 minuti (sala riservata esclusivamente in quell’ora) il mio capo però cominciò a rompere facendomi una bella scenata davanti a tutti, le mie parole furono inutili perché aveva ragione lui.

In quel momento apparve nell’ingresso del salone il mio ragazzo; che strano, forse aveva deciso di farmi una sorpresa. Mi venne incontro con fare minaccioso. I ragazzi che stavano convincendo il capo che io non avevo fatto niente di male e cose del genere si ammutolirono.

Matt mi guardò poi si alzò e mi chiese all’orecchio” Scusa ma questo chi è?” non sapevo cosa rispondere, ma sapevo che Lorenzo era sull’orlo di uno dei suoi attacchi d’ira. Eppure io non avevo fatto niente di sbagliato, almeno secondo me. “Ah bene ma quanto ti stai divertendo eh?” attaccò lui.

“Che sta dicendo? Non parla inglese?” mi chiese nuovamente Matt, “No” sussurrai, poi mi rivolsi agli altri “Scusatemi un momento”. “Senti parla italiano per favore, o mi incazzo ancora di più” urlò il mio ragazzo. Fantastico. Voleva fare una delle sue piazzate li.

“Abbassa la voce” risposi piano, questa volta anche Antonio stranamente prese le mie difensive “ Scusi lei, se non la smette dovrò chiamare la security e farla cacciare…” ma Lorenzo non lo ascoltava, mi guardava con odio come faceva spesso.

 “Non me l’hai detto eh? Non me l’hai detto che venivano questi! Mi nascondi le cose eh, ma cosa ci sto a fare io qua, sei la solita stronza andate tutti affanculo!” Detto fatto, Antonio chiamò la sicurezza mentre Lorenzo era in procinto di mettermi le mani addosso. Jay e Moose lo afferrarono per le spalle, poi vidi Matt pararsi davanti a me e Padge che mi si avvicinava e mi diceva “ E’ meglio che vieni via da qui, ma questo cosa vuole? Perché ce l’ha con te?” io ero senza parole.

 Scossi la testa ma le lacrime non si decidevano a scendere. Intanto quella che era cominciata era una vera e propria rissa, Lorenzo aveva dato un calcio a quello della security e stavolta erano entrate in sala anche le guardie del corpo della band che avevano immobilizzato il mio fidanzato. Antonio si era alterato di parecchio, brandiva il cellulare in aria e diceva “Ma come si permette questo qui! La ragazza sta solo lavorando, fa che glielo dico al padre e poi sono affari tuoi!”.

 I due tizi della security avevano dato la colpa a Jay che aveva trattenuto il ragazzo per la maglietta. Insomma, stava succedendo un macello. Finalmente iniziai a piangere e uscii dalla sala a correndo, urtando Padge. Matt mi seguì, fino al viale della strada privata all’esterno dell’Hotel.

Mi asciugai nervosamente gli occhi, ma non singhiozzai. Sentivo la presenza del ragazzo dei miei sogni dietro di me “Ti prego” gli dissi dandogli le spalle “ Torna dentro, non fa nulla, davvero”. Lui non mi ascoltò e mi prese per le spalle costringendomi a voltarmi “Si può sapere questo pazzo da dove esce fuori?” Che voleva? E soprattutto chi è?” mi stava facendo troppe domande ma voleva una sola risposta.

“E’ il mio ragazzo” gli dissi guardandolo in faccia. Non parve troppo sconvolto. “Ah si, accidenti quanto ti ama…senti non so per quale motivo ti stesse facendo una scenata simile, forse per gelosia o non so cosa ma non è un buon motivo per cercare di metterti le mani addosso, è chiaro?”.

 Aveva maledettamente ragione e io lo sapevo bene. Abbassai lo sguardo e mi allontanai da lui, mi sedetti su una panchina. Poi mi si avvicinò. Avevo intenzione di chiedergli come mai tutto questo interesse nei miei confronti invece di pensare a Charlotte, ma rimasi di stucco quando lo sentii dire “ Vi lascerete presto, lo so, e lo sai anche tu…”.

 

 

 

 

Note dell’autrice: Ringrazio tantissimo tutti coloro che mi seguono e che apprezzano questa FF! L’idea mi era venuta già da tempo, anche se la storia non è proprio autobiografica al 100%...magari aver incontrato i Bullet di persona!! Non ci pensiamo va…Un ringraziamento di cuore va a Lely 1441 che mi ha aiutata a risolvere il problema dei capitoli!! Grazie 1000.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Salve a tutti!! Visto che non mi va di aspettare ecco a voi il capitolo 5!! Spero che la storia vi piaccia e annuncio che fra poco le cose si complicheranno leggermente…detto questo vi auguro una BUONA LETTURA.

 

 

CAPITOLO 5

 

Quella sera la mia band preferita non avrebbe cenato in Hotel, d’altronde erano in vacanza e avevano tutto il diritto di divertirsi. Era ancora domenica, e si avvicinavano le 19:00. Io ero fuori sul viale, a fumarmi una sigaretta di quelle che rubavo a mia madre. Facevo cosi quand’ero nervosa.

 Qualcuno da dietro, mi posò le mani sugli occhi e strillò “Chi è?”, “Sharon!!!” risposi abbracciandola ”Sei tornata, meno male!”. “Si tesoro ho saputo quello che è successo oggi e mi dispiace un casino!” mi disse triste. “Lascia stare, è acqua passata, dai entriamo” chiusi la conversazione e lei non mi fece più domande su quanto era successo.

 Finito il nostro turno, stavolta per le 11:00 la mia amica mi comunicò dove avrebbero passato la serata i bullet “Che ne dici? Ci andiamo a divertire con loro? Dai che da quando sono arrivati ti vedo diversa, e poi Matt com’è dal vivo…?” mi diede una gomitata ridendo “Beh…è” dissi sognante, “comunque non ho alcuna intenzione di andarmene per locali stasera, domani ho lezione all’uni”. “E dai!!!” mi implorò lei, io sbuffai, poi aggiunse “Non sei curiosa di vederli a questa festa? Guarda che è un party privato! E suoneranno anche! E dai Liz…” con quegli occhi da ammaliatrice mi convinse.

 Arrivammo con la sua auto davanti all’entrata principale del locale. Solo in quell’istante mi accorsi che mi vergognavo del mio abbigliamento: stivali con tacco 12 alti fino al ginocchio, miniabito nero con bretelle e schiena più che scoperta.

“Forse non dovevo darti retta per quanto riguarda come mi hai conciata”, “Non rompere! Andiamo dai” parcheggiò ed entrammo. Il locale era diviso in due spazi, birreria con salottini da un lato, e ampia discoteca con un palco abbastanza grande dall’altro; il tutto piuttosto viola.

“Come hai fatto ad ottenere gli inviti?” chiesi a Sharon mentre mi porgeva una bottiglia di Corona Extra, “Segreto” rispose ridendo e si tuffò in mezzo alla folla pronta a ballare.

”Ecco lo sapevo” pensai, “lei l’alcool lo regge bene ed è già pronta a scatenarsi io invece…” e feci il giro della sala dove erano posti tutti quei divanetti e poltrone.

 C’era un sacco di gente straniera. E parecchie coppie impegnate a farsi i fatti loro. Sorseggiai la corona e mi accorsi delle luci sul palco che venivano dalla sala discoteca, poi i quattro ragazzi della situazione apparvero in scena.

 “Ok  la prossima canzone la voglio dedicare ad una persona in particolare, una persona che oggi ho visto soffrire…” la sua voce mi colpi in pieno, poi attaccarono “Cries in Vain” e la folla si animò ancora di più.

 Per un attimo mi arrabbiai con Sharon perché mi aveva lasciata sola, ma poi a forza di pensarla comparve alle mie spalle “Wow hai visto! Te l’ha dedicata!” e mi trascinò a ballare.

Odiavo essere succube di qualcuno ma decisi di provare a divertirmi, più che altro per dimenticarmi della giornata. Quando il miniconcerto finì io e la mia amica ci spostammo di nuovo nella birreria. Sharon mi invitava a provare un drink dopo l’altro dicendo “In questo c’è la frutta!, In questo poco alcool!” finché non mi ritrovai appoggiata ad una parete,da sola di nuovo, la testa mi girava leggermente.

D’un tratto scorsi Matt appoggiato ad un tavolo che stava parlando con dei ragazzi metallari. Si accorse di me, che lo stavo fissando questa volta senza paura. Mi sembrava fosse ubriaco perché rideva come un pazzo e continuava a mandare giù Dio solo sa cosa in quel bicchiere.

 Non ricordo l’ultima volta in cui mi guardò prima che un tizio mi si avvicinò toccandomi la spalla “Ciao bella, sei da sola?” mi disse con un’aria da strafottente. Io mi toccai le tempie, la testa cominciava a girarmi sul serio, neanche risposi ma mi spostai in avanti. Il tizio non se ne andava “Hey aspettami mica te ne puoi andare cosi” mi trattenne, “lasciami” riuscii a dire.

“Lasciala” disse in tono seccato la SUA voce, quella del ragazzo dei miei sogni. “Non ci senti? O devo fartelo capire con le cattive?” non sentii più niente e vidi tutto intorno a me che girava, sentivo soltanto le braccia di Matt che mi trascinavano fuori.

 Poi un rumore di vetri rotti e non so come, ero finita in un’auto, che non era quella di Sharon. Risi e non la smettevo di toccarmi la fronte. Sentivo gli occhi del guidatore affianco a me “Nel tuo paese non avete la guida a sinistra?” singhiozzai.

 Matt, che aveva indossato gli occhiali scuri mi parve serissimo “Questo cosa centra adesso? Ho fatto un po’ di pratica anche per la destra non è difficile, questa macchina l’ho affittata se lo vuoi sapere, a casa mia ne ho una uguale”. Io ascoltavo ma continuavo a ridere “Anche io voglio la guida a sinistra! Mia mamma è inglese te l’ho mai detto?”, lui mi disse soltanto “Si si piccola”. Credo che mi addormentai perché quando fui di nuovo cosciente riconobbi l’ascensore.

“Dov’è la chiave della camera riservata a te?” udii queste parole ma era come se non sentissi, le sue mani sul mio viso mi costrinsero a guardarlo negli occhi” Liz ascoltami, devi dirmi qual è il numero della tua stanza e dove hai messo la chiave” io non ascoltavo ridevo e avevo sonno “che ne so” risposi debole.

 “E va bene” mi prese in braccio e mi ritrovai in una camera, anzi in un bagno “Le lenti a contatto devo toglierle ma non mi va” risi di nuovo al mio riflesso allo specchio poi scivolai, ma non toccai terra o almeno non ricordo di esserci finita.

 Il giorno seguente aprii gli occhi col riflesso del sole che mi batteva sul viso. Non realizzai subito cosi mi girai dall’altro lato. Avevo troppo mal di testa però. Mi stiracchiai. Poi avvertii un caldo forte, strano per essere gennaio. Scacciai il lenzuolo senza delicatezza e sbuffai. Mi girai su un fianco ma non riuscivo a richiudere gli occhi.

 “Allora, ti sei svegliata oppure vuoi rimanere a poltrire ancora per molto?”. Cos’era quella voce? Forse stavo sognando. Sbadigliai e mi posizionai a pancia in su. Quando cercai di alzarmi però notai che stavo offrendo a Matt un primo piano delle mie mutandine. Mi resi conto che oltre a quelle  indossavo soltanto la camicia a mezze maniche che aveva lui la sera che ci eravamo conosciuti. Non la smetteva di guardarmi, era di nuovo a petto nudo e aveva anche un espressione divertita.

 “O cazzo!” urlai, “Ma ti vuoi girare?” annaspai cercando di coprirmi come meglio potevo con il lenzuolo che poco prima avevo buttato per terra. Lui cominciò a ridere a crepapelle. Poi il servizio in camera bussò alla porta. Stavolta non ero io. Mi alzai di scatto e corsi in bagno, anche se non riuscivo a stare bene in piedi. Quando il cameriere se ne andò mi ributtai sul letto e mi coprii col lenzuolo a mò di mantello.

Matt mi si avvicinò “Sei proprio bella quando sei incazzata, e anche senza trucco, sbronza, e mezza spogliata mentre dormi” rise di nuovo stavolta piegato in due. Gli tirai il cuscino e Wolf apparve da non so dove, salì sul letto. “Ciao!” lo abbracciai, lui no che non era un guardone. “Devo venire ad alzarti io, o ce la fai da sola?” ironizzò Matt, quando cercò di avvicinarsi io gridai”Levati!!” e mi alzai, solo che il mal di testa non si toglieva di mezzo.

Il lenzuolo mi cadde per terra e lui mi sollevò la fronte “Oh povera piccola, sei delicata anche di stomaco eh? Ma quante birre ti sei bevuta ieri sera?”, non la smetteva di scherzare e io avevo chiuso gli occhi. “Dai mangia qualcosa”, ma a tutto pensavo tranne che a mangiare. Riaprii gli occhi perché mi aveva dato una pacca sul di dietro.

“Ma io ti uccido!” gridai e lui mi sollevò da terra per poi farmi sedere su una poltrona “Sono il tuo cantante preferito non lo faresti mai e poi mai”. Che faccia da schiaffi! “Oh no l’università” dissi ricordandomene e distraendomi dalla voglia di chiedergli come faceva a sapere di essere il mio cantante preferito, “Che problema c’è ti ci accompagno io” ma sentilo, faceva il bravo per farsi perdonare forse, intanto mi aveva vista in mutande. Wolf venne a poggiare il suo musetto sulle mie ginocchia.

 “Sei sicuro che puoi?” chiesi a Matt accarezzando il suo cane, tanto valeva approfittare. “Solo se fai  colazione come si deve”, e mi porse la sua brioches. Alla fine accettai, non era poi cosi male come tipo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 

CAPITOLO 6

 

“Ma come puoi andartene in giro cosi tranquillo senza le tue guardie del corpo?” chiesi a Matt distrattamente, lui rise “Sono grande abbastanza ormai da permettermi di andare in giro da solo non credi?”, “Si ma voglio dire…non è loro compito seguirti ovunque? Perché non sono con te adesso?” insistevo perché l’idea che qualche fan potesse notarlo e saltargli addosso non mi andava a genio.

“Tu non ti preoccupare” mi disse lui lanciandomi un’occhiata da sotto gli occhiali scuri. Fui tentava di rispondere ma mi ammutolii perché si era fermato di fronte ad un Bmv x-5 nero. “Che c’è?, Non ti piace la mia macchina ?”chiese allegro.

“Scherzi vero? E’ questa qui? Oddio quanto la vorrei anch’io” ero euforica. “Dai sali, che questa è la prima volta che lo fai da lucida”, a quelle parole mi bloccai “Eh???” chiesi. Matt rise ancora” Per la cronaca, ieri sera ti sei ubriacata ed io ti ho gentilmente portata in Hotel spogliata senza guardarti e ti ho offerto il mio letto perché non sapevi quale fosse la tua stanza…” io arrossii “Shhh!!! Non lo voglio sapere, almeno spero che tu abbia dormito sul divano”.

“Certo contaci” disse ridendo entrando in macchina. Io feci lo stesso e mi sbrigai a chiudere la portiera per strillare “Che cosa hai fatto tu?”.

“Calmati stavo solo scherzando!”, ma il dubbio mi rimase a lungo.

Durante il tragitto, appena mi calmai, parlammo più che altro della mia vita, era curiosissimo di sapere di me e del mio ragazzo, della mia famiglia, dei miei gusti musicali, argomento che non so come sapeva già.

Arrivammo nel parcheggio dell’università , e a malincuore aprii la portiera quando lui mi colse di nuovo alla sprovvista “Senti ma perché non lasci perdere e passiamo la giornata insieme?”. Dire che mi prese un colpo non è niente in confronto al battito cardiaco che accelerava. Decisi di non dargli soddisfazione però.

Scesi dalla macchina e mi voltai, “No grazie, è già tanto che ti ho concesso questo passaggio in macchina, non mi dimentico facilmente di uno che mi ha visto in mutande!”. “Quanto la fai lunga! E comunque bel ringraziamento per ieri sera, se non era per me chissà dove stavi adesso…e poi togliti quell’aria da finta acida che non ti si addice per niente” disse guardandomi da sotto gli occhiali scuri.

”Come sei tenero” risposi “perché non ti rifai una bella tinta invece? Visto che il tuo colore sta diventando una sottospecie di castano…spento, e questo ti invecchia molto lo sai? Ciao e grazie ancora!” gli tirai un bacetto con la mano e corsi verso l’entrata, perché l’ultima si sa, deve essere sempre la mia.

 A lezione l’occhio mi andò per sbaglio sull’agenda enorme sul quale una mia compagna prendeva appunti. Il giorno sul foglio era il 20 gennaio. Il suo compleanno. “Oddio Matt” pensai, “perché non te ne vai via dai miei pensieri”.

 Il pomeriggio finalmente tornai a casa. Avevo lasciato però l’abito supersexy di Sharon in camera di Matt, e anche gli stivali. Decisi di non pensarci e chiacchierai un po’ con mia madre sul divano. D’un tratto però una fitta allo stomaco, mi mancava Matt. No, forse era solo un’impressione. Chissà che mi passava per la testa. Il mio cellulare squillò e mi precipitai a vedere di chi era l’sms “Tesoro perdonami, non volevo, facciamo pace?” ecco che anche Lorenzo tornava fra i miei pensieri. Decisi di non rispondere. Non volevo vederlo ne sentirlo. Poi il cellulare squillò di nuovo, questa volta una chiamata di Sharon. Mi invitava a tornare in Hotel quella sera per presentarmi i nuovi cuochi del personale in cucina e per restituirle il vestito. Spiegai a mia madre la situazione e uscii di casa.

 Quando arrivai in cucina c’erano una serie di persone in uniforme bianca. Erano abbastanza giovani. “E questi?” chiesi istintivamente a Sharon quando la trovai “Oh Liz sono i nuovi stagisti!” la notizia non mi face ne caldo ne freddo. “E senti Liz il mio abito?” non risposi perché alcuni stagisti si erano immobilizzati e guardavano alle mie spalle, Sharon rise.

 Io mi voltai e per poco non riuscii a credere allo spettacolo che avevo di fronte. LUI  aveva di nuovo i capelli nero-blu e li aveva un pò accorciati. Era identico a come appariva nel video di “Scream aim fire”. 

“Scusate ve la rubo un attimo” disse sfuggente come se fosse la cosa più naturale del mondo mi prese la mano e mi trascinò fuori. Sentivo qualcuno dalla cucina bofonchiare “Ma quello è…è… il cantante dei…”. “Tu sei pazzo” dissi, lui non ci badò” Perché? Non ho fatto niente di male” certo come no, strinsi la sua mano e lo trascinai in ascensore. “Tu adesso mi porti in camera tua che devo recuperare il vestito” lo guardai, rideva.

 Ma non avevo detto niente di ché. Fortuna che nell’hotel c’era più di un ascensore perché stavo per fargli una scenata unica “Vuoi spiegarmi che cavolo ti salta in mente? Ma ci sei o ci fai?” alzai la voce. Lui smise di ridere e mi si avvicinò costringendomi ad arretrare finché la mia schiena non toccò lo specchio. Appoggiò le mani contro il suo riflesso e la sua fronte alla mia. “E’ inutile che ti fingi arrabbiata per scacciarmi dai tuoi pensieri, tu un giorno sarai cosi pazza di me…” sussurrò al mio orecchio.

Cominciava a girarmi la testa e avevo i brividi.”Siamo arrivati” sussurrai. Mi baciò lentamente sulla guancia. Non che mi dispiacesse però lo incitai a lasciarmi passare, lo fece.

Mentre recuperavo il vestito e gli stivali di Sharon lo sentii dire “Anzi, lo sei già”. Capivo a cosa si riferiva e aveva ragione in un certo senso. Però io non cedevo. “Non so di cosa parli” risposi semplicemente.

Quando tornai da Sharon a restituirle la sua roba trovai Antonio per la sala e gli chiesi se poteva spostarmi il turno di sabato sera a quella sera. Acconsenti. Cosi telefonai a mia madre per avvisarla che ci saremo viste direttamente il giorno dopo. Poi andai fuori a fumare. Trovai i ragazzi in piedi a chiacchierare, Matt teneva Wolf a guinzaglio. Mi vide e corse da me. Appoggiai la sigaretta dietro l’orecchio e mi chinai ad accarezzarlo. Jay, Padge e Moose mi guardarono stupiti

“Conosce Wolf?” chiese Pagde, Matt annuì e aggiunse “a lui Liz piace” . “Si, e piace anche al suo padrone vero” disse Jay ridendo. Io alzai lo sguardo e Matt mi fece ciao con la mano. Lo ignorai. “Charlotte l’hai sentita?” chiese secco Moose. Ecco, quelle parole mi colsero del tutto impreparata. Il cantante mi guardò dritto pronunciando la parola “no”. Io presi il guinzaglio del cane e lo portai a fare una passeggiata. Era un animale adorabile, gli volevo già bene.

Quando se ne furono andati tornai fuori l’ingresso e accesi la malboro light. Un rumore di passi alle mie spalle mi fece sobbalzare, poi la sigaretta mi venne sfilata di mano e buttata a terra. “Cioè, ma cosa fai mi segui?” ero davvero arrabbiata con lui quel giorno.

“Dai vieni qui” mi disse dolce e mi abbracciò “Non devi fumare ti rovinerà la voce” ma senti chi parlava! “Lo so che canti”. Come diavolo faceva a saperlo? Alzai la testa “Stasera il tuo turno è cancellato, ceni con noi”. “Ma cosa…?”, “devo farmi perdonare no?”. Era impossibile discutere con lui.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

 

La serata passò. Tra nervi tesi, dubbi, e strani pensieri ma passò. Rimasi a dormire in Hotel come previsto e il mattino seguente ero in piedi dalle 7:00 per ripassare, visto che il giorno dopo avrei avuto un esame e non avevo più aperto libro. Qualcuno bussò alla porta. Lasciai il libro aperto sul letto e mi diressi svogliatamente ad aprire. Chi poteva essere?

“Ahh…ma allora stai diventando uno stalker?” mormorai senza guardarlo.

 Lui entrò nella camera e chiuse la porta “Buongiorno anche a te, hai fatto colazione?” mi chiese gentilmente. Stavolta era vestito pesante. “Ma cosa centra adesso?” sbottai. “Fammi un sorriso fanciulla, e sbrigati che c’è una sorpresa per te!” disse raggiante. Io scossi la testa poi mi costrinse a fare colazione in camera sua.

Quando uscii dall’Hotel lo trovai in macchina ad aspettarmi. Mi allontanai e lui mi seguii “Non sali?” mi chiese “Non vorrai mica deludere il mio lupetto”. Mi voltai, Wolf si trovava sul sedile posteriore, abbaiò. Stranamente mi tornò il sorriso. “Va bene” dissi entrando in macchina “ma lo faccio solo per lui”. Avrei giurato che Matt fece una risatina prima di mettere in moto.

Quando arrivammo all’università parcheggiò e spense la macchina poi mi guardò. Non avevo certo voglia di seguire l’ultima lezione di letteratura quel giorno, proprio no. “Prego madame” ironizzò “Scenda pure, o vuole che vengo ad aprirle la portiera?”. Non mi mossi di un cm. Si avvicinò a me “Fammi indovinare, oggi non ti va eh?”, lo fissai e sorrisi “Ma certo che si!”, scesi dalla macchina ma non chiusi lo sportello.

“E dai Liz! Fai le cose che vorresti fare per una volta”, che strazio non la finiva di “attaccarmi”. Finsi di pensarci poi mi sporsi di nuovo verso l’abitacolo “Posso? Sicuro?” sussurrai. “Se non rientri in meno di 10 secondi me ne vado”disse scherzando, non me lo feci ripetere due volte.

La giornata era fredda e nuvolosa. Con la macchina passammo vicino al Colosseo ed altri monumenti della capitale. Ogni tanto scendevamo in qualche parco in modo che Wolf potesse sgranchirsi le gambe, poi decisi di farlo venire a casa mia. I miei non c’erano.

“Carina la zona dove abiti” commentò guardandosi  intorno quando stavamo per entrare, “Si più o meno…”risposi io. Lasciai Wolf nel giardino sul retro della mia villa e invitai il suo padrone a mettersi comodo. Sul divano c’ero anche il mio gatto tigrato. Matt ci socializzò subito. Sorrisi, poi  gli chiesi sedendomi accanto a lui  “Senti fra poco è ora di pranzo, cosa vorresti mangiare?”, “Mangio solo ad una condizione…” disse, “Cioè?” sapevo che stava per tirare fuori un’altra delle sue. “Solo se lasci cucinare me”, risi “Ok ma vacci leggero che sono a dieta”. Si alzò e si diresse in cucina “Stronzate, stai benissimo cosi”.

 Mentre era alle prese con le pentole (io lo osservavo seduta sulle scale che portavano al piano di sopra) mi convinse che avrei dovuto fargli vedere tutta la casa, e acconsentii. Quel giorno sapevo che stavamo infrangendo molte regole ma la voglia di conoscerlo meglio era troppa. Aveva cucinato per me piatti leggeri, e ogni volta mi chiedeva se poteva aprire il frigo e i pensili, che tenero. Certo che se i miei lo avessero saputo, sarebbe successo il finimondo.

 Dopo pranzo (avevo fatto mangiare anche l’husky) Matt rimise apposto tutta la cucina e decise di portarmi al mare, visto che nel mio quartiere non mancava. Cosi passammo l’intero pomeriggio in spiaggia, davanti a noi, il mare d’inverno. Il cielo era grigio e il vento soffiava leggero, le onde leggermente mosse. Io tenevo al guinzaglio Wolf e LUI mi camminava affianco. La mia mente era intenta a pensare a mille cose, tra cui alla situazione che stavo vivendo.

“Visto che se vogliamo riusciamo ad andare d’accordo?” disse distraendomi dai miei pensieri e riportandomi alla realtà. “Si hai ragione, in fondo credo che tu sia una bella persona, ami gli animali, non sei superficiale, non so come spiegarmi eppure ciò che riesci a trasmettermi è questo…credo che Charlotte sia fortunata ad avere affianco un uomo come te”. Si irrigidì all’istante, lo capivo anche se in quel momento indossava gli occhiali scuri. Se li tolse e guardò in basso “Lei…io…”, “Cosa?” chiesi impaziente. Volse il suo sguardo lontano, chissà dove poi i suoi occhi si posarono di nuovo su di me,sorrise. “Credo sia ora di rientrare è quasi buio”. Mi abbracciò e tornammo in auto.

Per tutto il tragitto fino in albergo non toccai più l’argomento della sua ragazza. Non riuscivo a capire perché quella reazione ma decisi di lasciar perdere. Al nostro ritorno gli altri tre ragazzi della situazione erano nella Hall, rimasero a bocca aperta quando ci videro rientrare. Moose parlò per primo” Hey Matt, posso parlarti un momento?”, Padge lanciò un’ occhiataccia al batterista e sorrise a me. Io li salutai tutti e tre poi mi rivolsi a Matt “Bene io allora vi lascio soli, vuoi che porti Wolf in camera tua? Cioè volevo dire fuori…” m’interruppe “Tranquilla ci penso io”. Annuii e scappai in cucina.

“Sharon?” cercai la mia amica ma invece di trovare lei c’erano solo i stagisti e Antonio, prima che potesse lamentarsi con me su qualsiasi argomento sgattaiolai fuori e raggiunsi l’ufficio di mio padre, il quale mi comunicò che sarebbe rimasto a lavoro fino alle 21:00, quindi a casa mi ci avrebbe accompagnato lui.

Così tornai nella Hall e stavolta notai gran parte dello staff dei bullet. Decisi di non farci caso e mi sedetti su uno dei divani angolari di pelle e aprii il libro di letteratura, argomento Shakespeare. Il fatto che avessi già cenato in Hotel la sera prima credo che infastidiva il mio capo. Scacciai anche questo pensiero finché i ragazzi non scesero per la cena. Mi unii a loro e venni a sapere che il giorno dopo avrebbero fatto delle prove, allenamenti in palestra e visita della città e dintorni. Quindi la giornata non l’avrei passata con Matt ma pensando solo all’università. Che tristezza. Almeno la settimana seguente, che le lezioni erano sospese per le sessioni d’esame, mi sarei concentrata sul lavoro e l’avrei visto tutti i giorni. Il giovedì sarebbe stato anche il suo compleanno.

 Poi qualcosa scattò in me, “ma che mi prende? Io ho Lorenzo” mi dissi e quando i ragazzi mi salutarono perché avevano in programma un’altra serata decisi di chiamare il mio ragazzo. Il cellulare squillò e prima che rispondesse Matt me lo tolse di mano e chiuse la chiamata “Scusa ma lo faccio per te, fatti desiderare, deve pagare per ciò che ha fatto no? E poi tu che hai carattere, questa forte personalità e sei ribelle ti fai convincere da quello la cosi?”. In quei momenti non so perché ma mi faceva troppo arrabbiare. “Ci vediamo domani  Liz, buonanotte” sussurrò baciandomi sulla fronte e sparendo insieme agli altri. 

Quando tornai a casa e salutai mia madre mi fermò all’ingresso “Aspetta un attimo Elizabeth, potresti spiegarmi cos’è successo alla cucina?”. Ecco, ci mancava anche questa. “Cosa? Perché? Cos’ha che non va, a me sembra apposto…” e mi avviai di nuovo verso le scale “Ma” continuò mia madre “Quando sono uscita stamattina avevo lasciato dei bicchieri da lavare, e ora non solo trovo tutti i piatti e bicchieri lucidi ma anche più ordine nei pensili, il tavolo in ordine il pavimento brilla”.

 “Mamma sei sempre stata una casalinga perfetta! Ti stupisci di te stessa? Beh era ora che cominciavi ad avere un po’ d’autostima” finalmente salii e scale poi aggiunsi “Sicuramente avevi messo apposto tutto alla perfezione ma non te lo sei ricordata, notte!” e filai in camera mia.

NOTE DELL'AUTRICE: un saluto a tutti coloro che hanno letto la storia e un ringraziamento particolare va a ladysynaky che mi segue dal primo capitolo!!! Volevo fare un piccolo avviso, la storia è lunga quindi non chiedetemi quando finisce perchè non lo so neanch'io xDD

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

 

Il giorno successivo era il giorno del mio fatidico esame orale di letteratura inglese. Mentre ero sulla metro ascoltando “Heart burts into fire”, la mia canzone preferita, cercai di non pensare ai cambiamenti che mi stavano accadendo. Prima di scendere alla fermata della mia università spensi l’mp3.

 “Se continuo ad ascoltare la voce di Matt perderò quella poca concentrazione che mi rimane” pensai.

 Alle 9:00 in punto iniziarono a chiamare gli studenti in ordine alfabetico, se fosse stata una facoltà ad accesso libero ci sarebbero stati il quadruplo dei ragazzi presenti e il mio cognome che iniziava con la lettera w mi avrebbe costretta ad aspettare molte ore. Trovai sulle ultime file della grande aula le mie amiche più “strette” di facoltà : Alessandra, Martina, Federica, Michela, Francesca, Claudia e Cristina. Mi salutarono e Martina mi fece posto accanto a lei “Ciao Liz…oddio sei sicura di star bene?, anche le altre mi fissarono “Come sei pallida” osservò Alessandra. “Ma no tranquille che non è niente davvero” dissi sforzandomi di sorridere e gettando l’occhio sul mio orologio.

Riuscii a distrarle con un argomento sulle unghie e non fecero più caso alla mia cera, anche perché nessuna aveva voglia di ripassare quindi mi rilassai a parlare con loro di cose da donne finché non le vidi alzarsi una ad una ed affrontare l’esame. Io ero l’ultima della lista, si liberò il posto davanti all’assistente del professore ed un ragazzo che era stato appena chiamato quasi inciampò mentre si sbrigava a raggiungerlo. Poi toccò a me, “Walker” mi chiamò il prof d’inglese. Mi alzai trascinando svogliata la mia tracolla nera sulla spalla e quasi sbadigliai prima di sedermi, poi cercai di fare un respiro profondo.

 “Salve” dissi e gli porsi il documento d’identità. “Bene signorina Walker cominciamo con gli esordi dell’autore? O preferisce iniziare da un’opera a piacere ?”.

Optai per un quadro generale dell’epoca poi attaccai con l’autore in questione, la sua vita e tutte le opere che avevo studiato. “Ehm ragazzi” m’interruppe il prof quando ero quasi alla fine del discorso “allora? Vi ho già detto di fare silenzio!”.

 Io, che ero di spalle pensai a quanto fosse stato ridicolo rimanere li ad assistere anche agli esami degli altri, io me ne sarei andata , poi il prof continuò ad incitarli a fare silenzio e allora mi voltai giusto per dare un’occhiata. Il sorriso mi si fermò sulle labbra. Mi rigirai subito perché pensavo di aver avuto una visione. Poi ricontrollai. Matt era seduto a poche file dalla prima e mi aveva fatto un cenno con la mano sorridendomi  come sempre.

 “Allora, stava dicendo?” la voce del prof mi costrinse a rigirarmi “Si…dicevo che la tragedia di Giulietta e Romeo…” ci pensai su, non ricordavo l’ultima parte del mio discorso ma poi riuscii a concludere l’analisi dell’opera e a non pensare più a LUI.

“Bene Walker, io le darei 28…anzi no meglio un 30. L’ho vista un po’ incerta sull’ultima parte ma è andata abbastanza bene, accetta il voto?” il prof sembrava arcistufo di quella giornata. “Si certo” dissi, firmai lo statino, ripresi la mia carta d’identità e mi alzai.

 Quando passai davanti a Matt lui si alzò e mi abbracciò le spalle “Allora?” chiese impaziente, “30” dissi “è il massimo solo che non mi ha voluto mettere la lode”.

 “Oh perdonami è stato perché ti ho distratta” disse triste, io non ero molto d’accordo, cosi tossii leggermente “ E…come mai sei qui? Non dovevi allenarti? E provare anche?”.

Il buonumore gli tornò all’istante “Vietato fare domande, e comunque dovevo farti una sorpresa ricordi? Beh visto che ieri non ci sono riuscito…Oggi vedrai”.

Incredibilmente ero tornata di buonumore anch’io ed ero felicissima che fosse venuto a vedermi e che forse avrei passato mezza giornata con lui, ma non volevo dargli soddisfazione, chissà perché. Cosi dopo averlo rimproverato di non essersi lasciato gli occhiali scuri (alcuni ragazzi lo guardavano stranamente anche perché parlava inglese) lo seguii nel parcheggio posteriore dell’ateneo chiedendomi dove avesse messo la macchina quando sembrò leggermi nel pensiero.

“E’ questo il bello di oggi Liz, non piove, quindi non sono venuto in macchina” mi abbracciò, non ebbi il tempo di dire A perché mi fece voltare verso una moto. Bellissima, nera e rossa tirata a lucido. Era un ultimissimo modello della Honda. Restai senza parole. Era l’ennesima volta  che riusciva  a farmi restare muta, senza niente da dire, meravigliata. Sghignazzando montò in sella, mise in moto e percorrendo qualche metro frenò accanto a me, che ero rimasta del tutto scioccata.

 “Dai Liz,monta” mi disse dolce. Il mio cervello non connetteva più, ero stata in macchina col mio cantante preferito, mi aveva aiutata a ripulire la sala da pranzo dell’Hotel in cui lavoravo, mi aveva fatta dormire nel letto della sua stanza con la sua camicia addosso la sera in cui mi ero ubriacata, mi aveva anche spogliata struccata e mi aveva tolto le lenti a contatto, era stato a casa mia, avevo anche socializzato col suo husky. Non contento mi aveva accompagnata all’università per ben due volte, aveva assistito a un mio esame e ora mi riaccompagnava non sapevo dove in moto.

Le sue parole “Guarda che non è pericoloso la so guidare benissimo” mi portarono di nuovo con i piedi sulla terra. “Allora…?” insistette. Salii pronunciando un “Ok ma si facciamoci un giretto in moto”. Diede gas e mentre stavamo ripartendo mi voltai, cosi per guardarmi intorno e scorsi Martina, una delle mie amiche che mentre fumava e stava al cellulare mi lanciò un’occhiata molto interrogativa, io le risposi con un saluto ed un sorriso.

Sfrecciammo veloci nella tarda mattinata di quel mercoledì 19 gennaio, la vigilia del suo compleanno. Io mi ero avvinghiata alla sua schiena e ogni volta che eravamo fermi ad un semaforo rosso mi dava una pacca su una coscia o mi chiedeva se era tutto ok. Con lui sarebbe stato sempre tutto ok. Avrei voluto che quel giorno non sarebbe mai finito, avrei voluto che lui fosse stato single, riuscii perfino a dimenticarmi del suo mestiere e iniziai a pensare a lui solo come Matt Tuck, nient’altro.

Quando tornammo in Hotel mi annunciò che era l’ora dell’allenamento, cosi decisi di unirmi ai Bullet mentre si tenevano in forma. Andai nella mia camera riservata a cambiarmi e li raggiunsi in una delle 4 palestre, la più piccola. Jay era intento a fare una serie lunghissima di addominali mentre Padge si aggiustava la coda e Moose era alla cyclette. Soffocai una risata.

 “Oh che c’è che ti fa cosi ridere?” mi chiese Pagde beffardo lanciandomi un asciugamano. Io lo presi al volo e gli risposi “ Niente è che non vi ho mai visti cosi”. Jay comparve alle mie spalle “Ciao bella oggi abbiamo anche lezione di autodifesa ti unisci a noi?”, io che avevo rilanciato l’asciugamano a Padge mi voltai verso Jay per rispondergli ma in quel momento entrò Matt che indossava i pantaloni della solita tuta grigia e una canottiera nera. I suoi occhi mi colpirono in pieno come al solito, poi il suo sguardo si posò sul mio petto, visto che indossavo anch’io una canottiera nera ma con le iniziali bianche della sigla della loro band, arrotolata fin sopra l’ombelico. Il tutto completato con pantaloni bianchi elasticizzati e una treccia alla Lara Croft.  Jay che era rimasto in attesa di una risposta si accorse che ci stavamo guardando e in quel momento Moose ci passò davanti con una bottiglia d’acqua in mano “Lei cosa ci fa qui? Non dovrebbe essere in cucina?” chiese severo ai suoi compagni di band, Matt gli diede uno spinta e dicendo “Ma che cazzo dici Michael” .

 A giudicare dal tono di Moose non dovevo essergli molto simpatica, qualcosa mi balenò in mente e ricordai perché. “Si Jay faccio il corso di autodifesa con voi molto volentieri” dissi ad alta voce guardando Moose che si voltò, poi aggiunsi “dal momento che io non sono qui per prendere il posto di Charlotte se è questo che qualcuno teme, vero Moose?”.

Silenzio di tomba.

Matt fece per rispondermi ma poi ci ripensò, “Niente di personale” gli sussurrai. Moose si voltò verso di me fulminandomi con lo sguardo poi usci dalla porta che dava sul retro e la sbatté . In quel momento entrarono i personal trainer e l’istruttore di difesa personale. Jay fece qualche passo rapido intento a raggiungerlo ma Padge lo intimò a restare. Allora mi mossi io ma mentre passavo vicino a Matt mi bloccò un braccio dicendomi “Resta”. Quel contatto mi provocò una serie di sensazioni strane. Padge ci raggiunse” Cosi sai di lui e della sua ragazza?” mi chiese.

Lo guardai ma non risposi “ Padge” disse Matt “sai che non sono affari vostri ma miei, e vorrei che nessuno si immischiasse della mia vita privata”. Padge rise “Quindi non gliel’hai detto?” disse indicandomi. Io lo guardai poi guardai di nuovo il cantante, “A me? Dire cosa scusate…” non riuscivo a capire a cosa si riferisse. “Matt e Charlotte hanno dei seri problemi…” continuò Padge, ma rideva. “Hey…la vuoi smettere?” intimò Matt poi Padge si ritrovò a terra e i due iniziarono una specie di lotta, meno male che stavano scherzando.

 Mi voltai verso Jay che si avvicinò guardandoli poi si rivolse a me “Quanti anni hai tu?”. I due che stavano ancora giocando si fermarono e corsero da me. Padge sembrava supercurioso, “Piu di 20 no?” chiese impaziente. “In realtà…”dissi senza guardare Matt, Padge pendeva dalle mie labbra “Sono ancora 19, quest’anno ne compio 20” dissi sorridendo a Jay. Padge sbottò a ridere e si rotolò per terra, strappò un sorriso anche a me, poi Jay si unì a lui. Non riuscivo a capire il motivo di tutto ciò. Cosi rivolsi il mio sguardo altrove evitando Matt che se ne accorse subito “So cosa stai pensando” gli dissi mentre si avvicinava. “No non lo sai, non puoi saperlo ora, forse un giorno te lo dirò” fu la sua risposta, cosi mi girai a guardarlo in faccia. L’insegnante di autodifesa ci comunicò che era stanco di aspettare i nostri comodi e dopo che Moose si fu deciso a rientrare iniziammo l’allenamento.

La sera non ero di turno, cosi dopo essermi fatta una doccia nella mia camera in Hotel andai a spegnere lo stereo visto che aveva terminato di leggere le tracce del cd “Fever”. Chiamai mia madre per dirle che sarei tornata a casa per cena e distrattamente presi a leggere il libretto nella custodia, arrivai alla pagina dei ringraziamenti . I primi erano quelli di Matt, diceva le solite cose sull’amore dei fan e della famiglia, che era dura passare molto tempo lontano da casa ma il fatto di sapere che tutti sono orgogliosi di lui rende il tempo che passa fuori più bello. Dopo di ciò lessi distrattamente i nomi delle sorelle che sapevo già, cioè Rachael e Deborah, ma poi la frase “ My beautiful soulmate Charlotte and our baby boy Evann” mi investi in pieno come un treno diretto.

 Il cellulare mi cadde di mano e anche qualche lacrima scese. Accessi di corsa il portatile sulla scrivania mentre mi infilavo i jeans sotto la camicia lunga scura che indossavo, aprìì internet e cercai nervosamente la biografia di Matt su wikipedia. Sotto il titolo  “Vita Privata” c’era scritto che lui aveva avuto il suo primo figlio Evann il 25 marzo del 2010. Non saprei dire esattamente cosa provai in quel momento: rabbia, delusione, rassegnazione . Chiusi il pc e senza scarpe con i capelli ancora umidi uscii svelta sul corridoio e mi precipitai in ascensore, avrei potuto fare le scale visto che lui si trovava ad un piano di differenza ma non m’importava. Arrivata davanti la porta della sua camera bussai con forza per tre volte.

 Padge venne ad aprire e il sorriso gli morì sulle labbra quando vide che entravo spedita come un razzo. Ignorai Jay che giocava all’xbox per terra davanti all’enorme LCD in soggiorno e mi diressi dritta  verso la camera da letto, la porta era aperta e LUI era al cellulare in piedi vicino la finestra.

Mi vide e si immobilizzò, un secondo prima che aprissi bocca aveva chiuso la chiamata. “TU!” urlai, poi mi sedetti sul letto, mi tremava la voce e mi sentivo una stupida. Mi rialzai “Tu hai un figlio e non me l’hai detto! Perché?”. Avevo gli occhi lucidi, anche lui era stato investito in pieno da un treno diretto a tutta velocità. Era immobile, non parlava più e mi fissava; un misto fra tristezza e dispiacere. “Perché?” ripetei guardandolo negli occhi e avvicinandomi. La mia ira non si placava.

 Padge e Jay si erano bloccati sulla porta alle mie spalle, me ne accorsi poi Padge ci chiese ”Che succede ragazzi?” era seriamente preoccupato. “Ecco perché quell’altro mi odia” dissi ad alta voce. I due ragazzi si guardarono con aria interrogativa “Moose non ti odia, è solo che lui è affezionato molto a Charlotte” disse Jay. “E non me la nominate porca puttana!” strillai e prima di piangere a dirotto aggiunsi  “Io me ne vado a casa” e uscii di corsa dalla stanza, attraversai il salotto e mi trovai di nuovo sul pianerottolo, Matt mi aveva seguita e bloccata chiudendo dentro la suite gli altri due.

“Io pensavo che tu lo sapessi, ecco perché non ho mai toccato l’argomento” mi disse serio, io che stavo piangendo con la p maiuscola scossi la testa, poi mi sforzai di sorridere “scusami è colpa mia, io non sono nessuno per te e mai lo sarò, non capisco perché ho reagito cosi”. Lui mi asciugò le lacrime costringendomi a guardarlo in faccia “Non è affatto vero, tu sei già diventata importante per me”.

“Stronzate” pensai subito. “Certo come no” lo sfidai, “Vuoi che te lo dimostro?” sussurrò appoggiandomi con le spalle alla porta e avvicinandosi. La sua espressione continuava ad essere triste. “Fai cosi con tutte quelle che incontri in vacanza, o negli Hotel o nei backstage dopo i concerti non è cosi?” ringhiai. “Guardami negli occhi” disse piano, “riesci a capire…cosa voglio che tu sappia?” mi chiese poi di botto avvicinò troppo il viso al mio finché non sentii il suo respiro sulle mie labbra. Una parte di me fremeva al solo pensiero e l’avrebbe divorato di baci ma l’altra aveva frenato in pieno.

Mi accarezzò la guancia poi si avvicinò ancora di più deciso ma io lo fermai spingendolo via da una spalla “Se vuoi mettere le corna alla tua ragazza, fallo con qualcun’altra e non con me!” dissi velenosamente e dopo averlo scansato sfrecciai giù per le scale.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


PREMESSA: la scena in cui Liz scopre che Matt ha un figlio l’ho inserita per rendere le cose più movimentate ed è puramente autobiografica ^^, infatti io l’ho scoperto nello stesso modo. Ciò non toglie che io non sia una fan accanita di Tuck anche se non seguo per filo e per segno tutto ciò che combina con quella li. Comunque il capitolo 10 è già finito, intanto vi beccate il nono,

Buona Lettura

 

 

CAPITOLO 9

 

 

 

Mi svegliai il mattino seguente tardi visto che non avevo lezione e ancora non smettevo di pensare alla sera precedente. Scoprire che Matt e Charlotte avevano un figlio fu per me il massimo della tragedia. Ci mancava solo che avessero anche un matrimonio già prenotato o una convivenza già iniziata, nei periodi in cui lui tornava in Galles. Scesi in cucina a fare colazione cercando di svuotarmi il cervello visto che anche io ero fidanzata e non dovevo fare dei pensieri simili.

Dopo pranzo decisi di chiamare Lorenzo. Avevo la giornata libera e visto che non mi sentivo neanche troppo bene sarei stata a casa volentieri. Il cellulare squillò a vuoto, come succedeva spesso. Provai altre tre volte ma niente da fare. Cosi scesi nel seminterrato a suonare un po’ il piano, ma dopo 10 minuti di brani di Chopen avevo cambiato idea e andai a correre. Il tempo però non passava.

 Rientrata a casa trovai mio padre in cucina che mi comunicava di tornare in autoscuola per ricominciare le lezioni di guida in settimana. Mi tornò in mente per un attimo il mio esame precedente nel momento in cui l’esaminatore mi bocciava perché avevo inchiodato . Andai in camera mia e notai sul display del mio nokia una chiamata persa di Sharon. La richiamai subito.

“Liz!!!” rispose euforicamente “Finalmente! Dunque arriviamo subito al sodo, stasera c’è una festa a sorpresa per…indovina un po’?”. Io sbuffai “ Boh…uno dei stagisti?”. Sharon si arrabbiò “Liz non essere cosi stronza lo sai benissimo! Oggi è il trentunesimo compleanno di nientemeno che Matthew Tuck!”, “E sti cazzi” risposi d’istinto.

 Questo la fece arrabbiare sul serio “Ma scusa perché fai cosi? Li hai sempre adorati i bullet”, “Infatti è vero” dissi “ loro si è il cantante che mi sta sulle palle!”. Sharon restò un attimo in silenzio poi disse “Ah si e da quanto?”, “Beh diciamo da oggi” risposi ironica.

“Vabbè Liz sei strana questo periodo, fa un po’ come ti pare io te l’ho detto, se vuoi vieni alle otto nella sala grande dei ricevimenti sennò niente” il tono di Sharon stavolta emanava perplessità.

 La salutai e la ringraziai senza darle una conferma promettendo a me stessa che non sarei andata in Hotel fino a domenica. Difficile però fu resistere. Mio padre quella sera era anche di turno in ufficio d’amministrazione cosi quando furono le sette decisi che in fondo non avevo niente da temere e soprattutto niente da perdere.

Quando mio padre uscì di casa io, dopo aver avvisato mia madre di un ricevimento al quale dovevo esserci, lo raggiunsi e gli chiesi di portare anche me. Disse subito di si, pensando che dovevo lavorare senza neanche notare il mio abito nero di pizzo, con tanto di corpetto e tulle che scendeva fino alle caviglie lasciando scoperta una gamba. Stavolta però le New Rock sostituivano i tacchi.

Arrivammo alle 8 meno 10, mio padre mi salutò all’ingresso sgattaiolando subito nel suo ufficio e io raggiunsi il grande salone dei ricevimenti. La prima cosa che notai furono i paparazzi perché la security ci stava alquanto discutendo. Più o meno tutto lo staff dei bullet for my valentine era presente ma la festa non era ancora iniziata. Cosi tornai nella Hall giusto per vedere che aria tirava. Finalmente trovai Sharon che usciva dalla cucina. Indossava un abito rosso che insieme ai suoi capelli corti e biondi le stava particolarmente bene.

Mi vide e le tornò il sorriso “Hey meno male che sei arrivata! Sai che ci avrei giurato?”, l’abbracciai e in quel momento vidi Matt con la coda dell’occhio alla mia destra che mi lanciava un’occhiata seria. Poi sentii una voce che diceva “Amore, finalmente!”.

Mi staccai di botto da Sharon e mi voltai verso l’entrata. Charlotte accompagnata da due guardie del corpo si avvicinava a passo svelto verso il suo ragazzo per poi saltargli addosso in modo molto scenico. Osservai la scena schifata. Matt non aveva detto ne a e ne bah.

 “Dai lo so che sei ancora arrabbiato con me piccolino ma non fare cosi”continuava lei a voce alta, lui non sembrava affatto divertito, la sua espressione era indecifrabile, non la guardava nemmeno in faccia. “Però, questa deve essere una stronza…” disse Sharon dandomi una gomitata. Poi Moose li raggiunse e lei saltò addosso anche a lui “ Moose mio ma come stai?” rideva a più non posso.

 Il batterista intanto mi lanciò un’occhiata soddisfatto. “Oddio sto per vomitare” sibilai poi afferrai Sharon e mentre la trascinavo via, passando vicino ai ragazzi, Moose ci fermò “Charlie lascia che ti presenti le cameriere, cioè volevo dire le cuoche, loro ci hanno trattato bene dal primo giorno della nostra vacanza”.

 Sharon si era immobilizzata affianco a Matt e io ero ancora in procinto di andarmene. Sentii la mia amica dire in inglese “Ciao tu devi essere…”, “Già carina, sono io la sua ragazza e nessun’altra”. Mi girai a guardarli mentre lei si era abbracciata Matt e ad occhi chiusi gli chiedeva un bacio scuotendo la testa.

“Ma che ha questa? Sta male o ha bevuto?” dissi rivolta a Sharon in italiano. “Che c’è ehm…com’è che ti chiami Elizabeth?” mi rimproverò Moose. Matt mi lanciò un’occhiata strana. Charlotte rise  “Allora andiamo a cena fuori io e te vero cucciolo?”. Io la guardai disgustata, sembrava drogata o qualcosa di simile, indossava jeans e maglietta e non era proprio bellissima. Bassa, capelli e occhi castani, niente di particolare.

Smise di ridere poi mi guardò, io volsi gli occhi altrove “Ma chi è questa? Mi stai proprio antipatica se non fosse per come sei vestita lo sai?” disse ridendo. Moose rise poi si precipitò ad aiutare Matt a tenerla in equilibrio visto che per poco non cadde a terra.

 Sharon tossì, e Matt prese in braccio colei che odiavo di più al mondo avviandosi verso l’ascensore. Io lo seguii d’istinto. Moose rimase con Sharon.  Il cantante si voltò a guardarmi prima di entrate in ascensore , ero sicurissima che il mio sguardo diceva “la stai portando in camera tua vero?” poi sentii il braccio della mia amica che mi trascinava via.

Quando la festa cominciò il centro della sala era stato sgombrato per ballare. C’era molta gente che avevo incontrato anche al party in cui mi ero ubriacata. Decisi di non toccare neanche una birra, non volevo finire di nuovo nel letto di Matt. Gli altri tre ragazzi della situazione intanto si divertivano in pista. Sharon e altre sue amiche che si erano imbucate mi invitarono più volte a mangiare qualcosa ma il mio stomaco era più che chiuso.

Scorsi Matt seduto in un angolo di uno de tanti tavoli che chiacchierava con delle persone che erano di spalle quando arrivò la torta su un carrello scortata da 4 camerieri. Era quadrata ricoperta di panna con al centro una sua foto e 31 candeline nere “Wow” pensai. Prima che avrebbero tagliato le fette ci sarebbe voluto un po’ cosi andai in pista dagli altri tre, gli animatori continuarono il repertorio misto fra dance, musica anni 80 e cyber. Chissà chi aveva fatto quella playlist.

Moose si allontanò con una scusa quando mi unii a loro e Jay mi disse sorridente “Vuoi ballare? Vieni vieni “ prendendomi la mano. Padge rideva. Mi sentii imbarazzata perché Jay faceva troppo lo scemo. Mentre ballavo con loro due mi accorsi per un attimo che Matt non era più dov’era prima ma non molto distante da noi e mi fissava con quello sguardo che avrebbe sciolto perfino l’intero iceberg che ha affondato il Titanic. I suoi occhi erano come un oceano per me in cui vi annegavo ogni volta che li incontravo.

 Mentre Jay si divertiva a farmi girare come una trottola iniziai e ridere poi fecero tutti il trenino. La musica cambiò e divenne di sottofondo, cosi Padge andò a prendere tre fette di torta. “Sei forte” mi disse Jay mentre tracannava una Corona Extra, “Vuoi?” me la porse, “No grazie è meglio che non bevo” risposi tenendomi un attimo i capelli a mo di coda.

 Padge tornò porgendo un piatto colorato prima a me poi al bassista. “Sapete ancora non sono stata a un vostro vero concerto” dissi, Padge annuì dicendo “Rimedieremo” poi Jay domandò di Charlotte, “Doveva essere qui no? Tu ne sai qualcosa Padge?”. Il chitarrista fece spallucce cosi Jay urlò “Matt! Vieni un po’ qui“. Cercai di scappare ma Padge mi trattenne. Aveva intuito che fuggivo da Matt.

“Dimmi” disse il ragazzo dei miei sogni comparendo vicino a me, “La tua ragazza che fine ha fatto?” chiese di nuovo Jay, “E’ a letto non sta molto bene” rispose Matt poi i tre si guardarono e lui mi toccò i capelli sussurrandomi all’orecchio “Niente alcool eh”. Io mi limitai a guardarlo poi il cellulare che avevo bloccato nella cinta vibrò e mi allontanai per rispondere: era Lorenzo. La conversazione durò pochissimo visto che si arrabbiò perché ero ad una festa.

Tornai da Sharon e notai con sorpresa che era in compagnia di Moose, lui mi vide avvicinarsi e si alzò “Credo di doverti delle scuse” disse. Io guardai la mia amica collega e intuii che dovevo aver interrotto una seria conversazione “Accettate” sorrisi e gli diedi una pacca su una spalla per poi sparire di nuovo. La musica a tutto volume era ricominciata e le luci erano più basse di prima. Mi addentrai tra la gente che ancora si scatenava cercando Padge e Jay, mi erano diventati davvero simpatici. Continuai a cercarli con lo sguardo quando una mano mi afferrò delicatamente la mia facendomi sussultare.

 Mi voltai trovandomi di fronte di nuovo a quelle iridi azzurre che adoravo. In quel momento l’animatore annunciò che era l’ora del lento. “Mi concedi un ballo soltanto? Poi giuro che non ti rompo più fino a domani” disse con la sua solita dolcezza che usava nei miei confronti. La canzone che iniziò in quel momento era “Iris” dei Dools. Non potevo dire di no cosi sussurrai un “ok”.

Mi prese per i fianchi costringendomi ad avvicinarmi al massimo a lui poi mi abbracciò la vita. Non volevo stringergli le braccia intorno al collo per l’imbarazzo ma poi lo feci. “Allora neanche gli auguri mi hai fatto oggi eh?” mi disse all’orecchio. Quel solo contatto mi faceva rabbrividire. “B-buon compleanno” balbettai. Lui rise “Alla fine sei venuta…”, alzi la testa per guardarlo bene in faccia “Ma se neanche sapevo che c’eri” dissi tremante. La sua espressione divenne interrogativa. “Guarda che dico sul serio, io mi ero proprio dimenticata che oggi era il tuo trentunesimo compleanno, sono venuta perché…perché me lo ha detto Sharon…”. Posai la testa sulla sua spalla per non guardarlo e le mie mani sul suo petto mentre lui e la canzone mi cullavano.

 “E il motivo di stasera non te l’ha detto Sharon eh? Non sei brava a dire bugie lo sai” disse piano appoggiando la bocca sui miei capelli e respirandone il profumo. Sarei potuta rimanere cosi a lungo, molto a lungo , praticamente tutta la notte.

Poi però la canzone finì, alzai la testa senza staccarmi da lui che appoggiò di nuovo la sua fronte sulla mia “Tu hai paura di me” disse “Perché?”. Io abbassai lo sguardo poi lo rivolsi nei suoi occhi. In quel momento c’erano dei fotografi che chiamarono i 4 ragazzi per le foto di gruppo.

Mi staccai da lui e mi allontanai senza pensarci su. Quando le foto di gruppo furono finite toccò a quelle di ognuno di loro con gli altri ospiti.

Sentii la voce di Matt che diceva “una con lei si”, io cercai invano di fare finta di niente ma il fotografo mi ordinò di raggiungerli. Matt mi si avvicinò passandomi una mano su un fianco e accarezzandolo mi disse piano “ma dove accidenti scappi? Non puoi fuggire da me, è inutile scappare da ciò che si desidera”, io gli misi un braccio intorno al collo ignorando totalmente quelle parole e dopo uno scatto decisi che era ora di andarmene.

Cosi salutai gran parte degli ospiti compresa Sharon, presi la mia borsa e mi avviai fuori il viale . Matt come al solito mi aveva seguita. Aveva in mano una felpa, “tieni” disse tenero. La giacca l’avevo lasciata in macchina di mio padre cosi accettai. Lui tirò fuori una sigaretta e l’accese “ce l’hai ancora con me eh?” sghignazzò. Non feci in tempo a rispondere perché Antonio, il mio capo usci sul viale e mi raggiunse “Elizabeth domani sei di turno la mattina quindi tuo padre mi ha lasciato detto di dirti di restare per stanotte” disse in tono piatto, “Quindi lui se ne è già andato?” ribadii.

Il mio capo annuì, salutò Matt poi rientrò. Ci rimasi un po’ male però decisi di lasciar perdere, “Che succede?” mi chiese Matt. Gli spiegai la situazione e a lui venne la brillante idea di farci una passeggiata con il suo cane. Era peggio di me a idee bizzarre nei momenti meno opportuni quando ci si metteva.

 Lo aspettai nella Hall e guardai l’ora: mezzanotte e mezza passata. Uscì dall’ascensore e Wolf mi venne immediatamente incontro. Jay comparve ubriaco fradicio insieme a Padge. Mi aspettavo che ci avrebbe chiesto dove stavamo andando, ma si limitò a dire che era strafelice e che la vita era bella. Risi al gesto di Padge che mi indicava essere matto.

Fuori la serata era stranamente meno fredda del solito per essere il 20 gennaio. Mi trattenni dal toccare l’argomento “Charlotte Dollheart” perché di li a poco mi avrebbero rinchiusa sicuramente in un manicomio, per quanto mi dannavo. Cosi ripresi ad essere acida “Sai Matt ho accettato questa tua idea assurda solo per Wolf…”, “Io te l’ho proposta perché per tutta la sera volevo stare con te. Queste feste dedicate a me potrebbero anche evitarle, odio che si festeggi il mio compleanno” mi disse sfiorandomi il collo.

Lo guardai incredula quando lui toccò l’argomento del mio fidanzato. “Ma quel Lawrence lo senti ancora? Se fossi in te l’avrei già lasciato da tempo” rise. Io mi arrabbiai, “Per tua informazione, sono quasi 2 anni che stiamo insieme hai capito? E poi io non  vengo a sindacare i tuoi problemi di coppia…a proposito quali sono i gravi problemi tra te e quella?” non mi trattenni dal chiederglielo. Sembrò irrigidirsi perché disse subito “Quella ha un nome”, io sbuffai “allora me lo dici si o no” mi sedetti su una panchina di ghisa e l’husky si appollaiò ai miei piedi.

Matt non si sedette subito. Lo osservai in quella camicia bianca e cravatta mentre era immerso nei suoi pensieri poi girai la testa dall’altra parte. Allora si sedette.

 “Lei è…è una…tossicodipendente” sussurrò. Li per li mi venne da ridere, molto da ridere. Invece mi girai verso di lui che sembrava rassegnato “Non è un giorno. Sai è una ragazza normale, va al college, avvolte fa la modella ma da un po’ di tempo ormai ha iniziato a frequentare persone e luoghi sbagliati mentre io non ci sono, è cambiata da cosi a cosi non la riconosco più. E sento di non amarla più come un tempo”, lo interruppi “Ma voi dovete pensare al bene di vostro figlio adesso”.

 Il suo sguardo si fece tristissimo “Probabilmente verrà affiatato a me, visto che ho un reddito più alto e lui è sempre a casa dei miei, immagini una ragazza di 23 anni che ha continuamente problemi di alcool e droga a fare la madre?”. Non risposi, lui parlava come se si fossero già lasciati ma non volevo continuare a fargli male cosi annunciai che per me era ora di andare a dormire.

 “Domattina alle 7 inizia il mio turno ed è l’una accidenti” dissi in ascensore. Matt si offrì di accompagnarmi fino in camera. Quando aprii la porta Wolf si precipitò sul letto matrimoniale in cui dormivo. Matt lo sgridò subito. “No dai poverino” gli dissi. “Ma quale poverino, questo qui è un viziato, vero Wolf?” e si buttò sul mio letto a giocare con l’husky. Quella scena mi fece sorridere cosi mi unii a loro. Dopo pochi istanti però dissi a Matt “E’ il caso che vai adesso”, lui si scusò e si alzò. Si diresse verso la porta, lo seguii e lo abbracciai “Io sono con te” dissi “Buonanotte a tutti e due”.

 Lui mi ringraziò poi quando uscirono si voltò verso di me “Che c’è?” chiesi subito. “Stavo pensando…potevamo dormire insieme no? Tanto una volta è quasi successo” a quelle parole lo fulminai con lo sguardo e sbattei la porta mentre continuava a dire ”Dai mi metto sul divano”.

Ci pensai per un secondo e guardai il divano che si trovava nella mia stanza. Non era piccolissimo. Matt ci avrebbe dormito alla grande. Poi non so per quale stupido motivo riaprii la porta della mia camera ed uscii sul pianerottolo speranzosa. Deserto.  Rimasi per qualche istante a fare su e giù per il corridoio e imprecai contro me stessa sentendomi ridicola. Poi rientrai in camera e sprofondai sul letto. C’era ancora il profumo del ragazzo dei miei sogni sulla coperta.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10

 

 

Sognai molto quella notte. Più che altro erano incubi. Immagini di Lorenzo che mi rimproverava senza motivo e Charlotte che era di nuovo incinta non resero il mio sonno molto tranquillo. D’un tratto mi svegliai di soprassalto e sudata. Eppure indossavo soltanto una maglietta che mi stava grande, della mia band preferita, mutandine e calzini. Ero girata sul lato sinistro e avevo ancora molto sonno. Cosi emersi dalle coperte scoprendomi fino alle spalle e rimasi un secondo a pancia in su voltata verso la mia destra con le braccia incrociate. Chiusi gli occhi e li riaprii ancora mezza addormentata. La porta finestra che dava sul terrazzo era nascosta per metà dalle tende. Quindi non era buio pesto. Sbattei le palpebre e sentii vicino a me come una presenza. Qualcosa mi diceva che non ero sola. Alzai lo sguardo e affianco a me, sopra le coperte lunghi capelli scuri nascondevano il volto di un ragazzo immobile, probabilmente senza maglietta e intento a fissarmi. Notai il riflesso degli occhi in quella mezza oscurità. Quella scena si, che era la parte più bella dei sogni che avevo fatto fino a quel momento.

Le 6 e mezza arrivarono in un baleno e la sveglia sul cellulare annunciò l’ora di alzarsi. E chi ne aveva voglia? Avevo dormito si e no 5 ore e mezza e dopo tutti quei sogni e incubi ero ancora mezza rimbambita. Il sole che illuminava l’intera stanza mi costrinse ben presto a svegliarmi del tutto. Mi diressi lenta verso il bagno e ne uscii con uno spazzolino in bocca. Mentre mi lavavo i denti cercai la mia divisa nell’armadio. La gonna nera la trovai subito ma la camicetta bianca e i guanti dove erano andati a finire? “Che palle” pensai mentre con una mano cercavo fra le stampelle e con l’altra reggevo lo spazzolino quando un forte abbaiare mi fece sussultare.

 Wolf era sul mio letto e scodinzolava a più non posso. “Hey” dissi avvicinandomi per poi strapazzarlo di coccole. Poi cominciai a fare mente locale: come accidenti era finito li? Ormai non dovevo più stupirmi di niente visto che il padrone per quel che ne sapevo, era strano abbastanza. Il mio cellulare squillò, sentendo “Hearts burst into fire” Wolf si diresse subito a prenderlo con i denti e portarlo a me. “Grazie” gli dissi, sicuramente aveva riconosciuto quelle note.

Risposi senza guardare il display con un semplice “pronto?” poi sbadigliai. “ Non so cosa vuol dire comunque micia ben alzata” era la voce di Matt. Non sapevo cosa dire.

“Ti stai chiedendo come ho fatto ad avere il tuo numero vero? Sai un giorno te lo dirò. Comunque, potresti riportarmi Wolf in camera ? Lo devo portare fuori questa mattina…” il suo tono era delicato come sempre, nonostante la sua voce che beh, sappiamo tutti com’è quando la usa nei concerti.

“Potresti spiegarmi come ci è finito in camera mia il tuo cane alle 6 e mezza? Oddio alle 7 io devo lavorare, te lo riporto fra 1 po’ ok? Ci vediamo dopo” dissi sfuggente e attaccai.

 Cosi dopo essere finalmente pronta e aver servito la colazione a Jay, Padge e Moose, che aveva cambiato atteggiamento nei miei confronti, mi ritrovai di nuovo di fronte la porta della sua suite. Io e Wolf ci guardammo prima che bussai. Matt venne ad aprire e mi ringraziò. Stavolta voleva che gli lasciassi la colazione direttamente sul letto.

“L’ho già portato fuori io il tuo lupo” dissi prima che potesse aprire nuovamente bocca. Si stupì dicendo “ Hai capito…Di la verità te la sto incasinando parecchio la vita, non è cosi?”. Non volli rispondere, gli feci una smorfia e mi guardai intorno “Scusa tanto ma lei dov’è?” chiesi curiosa.

 “Matt sbuffò “Te l’ho detto che abbiamo dei problemi”. “Oh no, non tu” lo corressi, “quello lo ha detto Padge, tu hai detto che lei ha dei problemi, questo non credo proprio che significhi che fra voi…” m’interruppe brusco”Liz io l’ho lasciata qualche giorno fa, eravamo arrivati ai ferri corti già da un po’ di tempo, non volevo neanche che venisse qui ieri”. Non credevo a una sola parola di quello che aveva detto così risi. Lui mi afferrò per le spalle “Vuoi sapere perché l’ho lasciata definitivamente? Lo vuoi sapere davvero?”.

Non ridevo più perché mi ero ammutolita. “L’ho fatto perché nella mia vita è entrato qualcun altro che l’ha sconvolta ed io non provo più niente per lei. Rimane solo la madre di mio figlio” disse serissimo enfatizzando le ultime parole.

Bussarono alla porta. Mollò la presa e andò ad aprire. Charlotte entrò come una furia, sembrava lucida perché le parole che sentii erano dette senza risate o mugolii. “Matt, cosa è successo? Non ti riconosco più!” urlò. Forse non era poi tanto lucida, bensì furibonda.

Lui tornò in camera da letto a prendere una sigaretta mentre lei lo seguiva continuando a sbraitare. Mi vide e si bloccò un attimo “E questa da dove esce fuori? Non sarà mica una troia che ti sei portato a letto vero?” disse arcigna. “Modera i termini... e non fare la stronza” disse lui alzando la voce. “Io cosa? Ma tu! E lei!?  Non ne posso più di questa situazione” continuò ad urlare Charlotte, poi se la prese anche con Wolf dicendo “Stupido cane tu togliti di mezzo!”.

Stava per dargli un calcio quando intervenni “Eh no bella! E’ il caso che te ne vai in un rehab o da un neuropsichiatra “ la sgridai facendola indietreggiare. Non era niente in confronto al mio metro e 76 di altezza. Misi il guinzaglio a Wolf e uscii dalla suite che le urla ancora non erano finite. Quando arrivai al piano terra Antonio mi chiese subito” Dove stai…”, “Dog-sitter” risposi e sgattaiolai fuori.

Ero stata insieme a Wolf per tutta la mattina fino all’ora di pranzo. Che spettacolo che era quel cane. A mezzogiorno e mezza tornai in Hotel e lo affidai al tizio dello staff che se ne occupava quando Matt non c’era. La sala riservata per i Bullet era cambiata, era quella più piccola stavolta.

Uscii dalla cucina della sala principale con il carrello per le portate sentendomi un po’ troppo “cameriera”. Con me c’era qualche stagista. Quando videro i 4 ragazzi della situazione una stagista minuta, bassa e con una coda bionda per poco non svenne. Gli altri le dicevano di farsi coraggio. Sorrisi sotto i baffi. Io l’avevo passata quella fase, o almeno credevo. Dopo aver servito i primi stavo per andarmene ma la voce di Matt mi prese alla sprovvista, come sempre, “Ah liz…”disse senza curarsi degli altri “Sei libera oggi pomeriggio?”. Moose smise di mangiare, Padge rise e Jay si voltò verso di me. Io, che mi ero immobilizzata davanti a loro e avevo perso le parole cercai per un attimo di riprendermi, “S-si” dissi senza chiedere il perché. Poi scappai velocemente un po’ imbarazzata.

Alle 4 del pomeriggio mentre mi stavo rifacendo il trucco nella mia stanza in hotel sentii bussare alla mia porta. Sapevo già chi era, cosi respirai profondamente, mi sciolsi i capelli e corsi ad aprire.

 Matt, sorridente come sempre, apparve davanti a me vestito completamente di nero, “Allora sei pronta?” mi chiese guardandomi negli occhi. Il mio cuore sussultò,come sempre d’altronde.  “Si solo un attimo” sussurrai e corsi di nuovo in bagno a completare la mia opera. Lui intanto si era permesso di sbirciare nel mio armadio e sulla scrivania.

“Brava” disse entrando in bagno con in mano i cd della sua band “vedo che hai tutti i nostri album, e la mia foto sullo sfondo del computer” aggiunse avvicinandosi a me. Io, che ero alle prese con il rimmel abbassai lo sguardo dal suo riflesso sullo specchio sorridendo. Poi presi il rossetto. “Ti stai facendo bella per me?” disse maliziosamente abbracciandomi la vita. Lo guardai male per un secondo poi mentre coloravo le mie labbra appoggiò il mento sulla mia spalla destra e mi strinse piano. Lasciai perdere i trucchi.

“Matt…cosi non va” lo rimproverai seria “toglimi immediatamente le mani di dosso”. Lui sbuffò divertito poi scansò i miei capelli dal collo e un secondo prima che me lo baciasse riuscii a liberarmi dalla sua presa. “Andiamo va, che è meglio” dissi e mi precipitai a mettermi la giacca.

Sul vialetto fuori c’era il ragazzo che si occupava di Wolf, e il cielo era di nuovo grigio. La macchina di Matt era parcheggiata alla fine della stradina. “Per fortuna che quando lo blocco non continua a provarci, e pensare che un paio di sere fa per poco non mi bacia…”, pensai. Cosi cercando di distrarmi tornai ad essere acida

 “Senti, io non vengo da nessuna parte con te oggi. Mi è passata la voglia.” Matt non mi rispose neanche, ma aprì lo sportello dalla parte del passeggero e prima di entrarci disse “Ok micia, allora mi porti dove vuoi tu”, rise e chiuse la portiera. Io rimasta senza parole come al solito, entrai dalla parte del guidatore “Io ho il foglio rosa, non la patente” dissi con tono di rimprovero.

 Gocce di pioggia cominciarono a ricoprire il parabrezza. Matt infilò le chiavi “Metti in moto dai, che con questo tempo…quasi quasi ti faccio lezioni di guida”. Sbiancai, “cosa? No cioè aspetta sai da quant’è che non tocco un volante?”. Lui rise “ Ma che cazzo! Quanti problemi ti fai! Ci sono io con te no?”.

 Dopo aver messo la cintura misi in moto senza controbattere, poi tolsi il freno a mano e con la prima inserita diedi gas e lasciai la frizione. Troppo velocemente però e il motore si spense. Matt scoppiò a ridere, e alla fine anch’io. “No dai aspetta ci riprovo, è che questa macchina è troppo pesante” dissi ripartendo, “si certo è colpa della macchina” rispose.

 Gli lanciai un’occhiataccia e finalmente partii per bene. Ogni tanto lui azionava i tergicristalli e mi dava indicazioni sul dove andare, se dovevo accelerare o rallentare, come un istruttore. Quando non riuscivo a far entrare una marcia, lui metteva la sua mano sul cambio, sopra la mia. Questo mi imbarazzava molto. Alla fine però aveva iniziato a piovere a dirotto e dopo un paio d’ore accostai vicino una via isolata e ci scambiammo di posto. Matt non aveva per niente voglia di tornare in hotel e neanche io sinceramente.

 “La prossima volta mi insegni a suonare la Jackson flyin?” azzardai mentre lui era al volante. “Si micia tutto quello che vuoi, anche il piano” disse allego, “Quello mi piacerebbe un casino, cioè a casa ce l’ho è solo che non sono molto brava” risposi. “Basta fare pratica” mi tranquillizzò poi ci fermammo ad un incrocio, il semaforo era appena diventato rosso.  

“Vuoi che ti insegni anche ad andare sulla moto?” mi chiese mentre era girato a guardare il traffico. “Ovviamente” risposi euforica senza pensarci, “Beh allora non pensi che mi merito qualcosa in cambio? Visto che devo fare tutte queste cose” quelle parole mi fecero subito pensare male poi aggiunse “ Liz, almeno un bacino non pensi che me lo merito? Dai qui sulla guancia “ disse puntandosi un dito su di essa.

Poi vedendo che non reagivo sbatté le palpebre in modo supplichevole “Non serve che mi fai anche gli occhioni dolci” dissi avvicinandomi e gli posai le labbra sulla guancia. Ci pensai un po’ su poi gli diedi due bacetti.

 Quando mi staccai disse “Un altro” in tono supplichevole e buffo. “Che scemo che sei” sghignazzai e mi riavvicinai  per dargli un altro bacetto. Appena sfiorai la sua guancia con le labbra girò rapidamente la testa verso di me e questo causò un bellissimo bacio a stampo.

 Mi staccai di botto dicendo “E’ verde”. La macchina dietro di noi suonò il clacson e ripartimmo rapidi. Lui era più allegro di prima, anzi, non l’avevo mai visto cosi felice da quando lo conoscevo. “Verde, però prima… era rosso…lo stesso colore delle tue guance adesso eh” rise. Io guardai alla mia destra, fuori dal vetro senza più dire una parola.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11

 

 

 

Al nostro ritorno Matt parcheggiò sul retro dell’Hotel, dove c’erano i garage riservati al personale. Io, che ero stata zitta per tutto il tempo ascoltando il cd dei Trivium che aveva messo, mi precipitai ad aprire la portiera ma notai subito un piccolissimo problema: le sicure erano inserite.

 Sospirando un po’ per la rabbia, un po’ per l’imbarazzo ma decisa a non guardarlo in faccia, mi accasciai sul sedile mentre lo sentii ridere, “Non è divertente…Tuck” dissi.

“Tu invece lo sei molto, Walker. Sai i tuoi tentativi di allontanarmi da te sono inutili, ormai ti ho messo gli occhi addosso. E’ inutile che cerci di scappare…sempre” mi rispose accarezzandomi la guancia.

Poi si avvicinò di più e mi toccò la mano, “Scotti” osservò, “anzi sei bollente come…”, “adesso smettila” lo zittii “ma perché ti ostini a non capire? Io e te…voglio dire non ci potrà mai essere niente fra di noi” dissi alzando la voce. Lui sbuffò “Liz,Liz”. Il suo cellulare prese a squillare: era Padge.

“Peccato, devo andare adesso” disse chiudendo la chiamata e togliendo le sicure.

“Si è meglio, vai vai…” sibilai e scesi velocemente, non aveva ancora smesso di piovere.

Matt mi afferrò un braccio “dove scappi, eh?”, rise divertito, “la vuoi piantare!” sibilai allontanandomi ma lui mi costrinse a voltarmi. “Guardami Liz” mi ordinò. Io sostenni il suo sguardo solo per qualche secondo, se avessi continuato non sarei riuscita più a staccare i miei occhi verdi dall’azzurro dei suoi.

Mi afferrò il mento e avvicinò la sua bocca alla mia. “No” strillai tirandomi indietro “adesso stai diventando davvero insopportabile! Io sono fidanzata hai capito bene? E non certo una di…facili…costumi ecco” guardai altrove un po’ imbarazzata per l’ultima frase.

“Oh questo lo so…e magari sei anche vergine” disse Matt in tono scherzoso.

Mi voltai a guardarlo in faccia e lui divenne subito serio, cosi mi avvicinai, gli afferrai il mento e avvicinai il suo viso al mio “Si lo sono” sussurrai “e ne sono anche fiera”.

“Sei proprio una ragazza piena di sorprese” disse lui e provò a baciarmi di nuovo, ma senza successo.

La sera a cena ero di turno. Nell’enorme cucina c’era anche un piccolo LCD. Mentre controllavo se l’acqua per la pasta bolliva vidi Sharon trafficare con un lettore dvd. Non gli diedi importanza e cominciai ad affettare le carote finché non sentii il volume della tv alzarsi e voci di una folla che sembrava impazzire. Poi riconobbi la voce di Jay, lasciai perdere tutto e corsi a vedere.

“Hey ma è il dvd di The Poison!” esultai. Sharon sorrise.

“Da quando ti piacciono?” le chiesi, “Mah,non saprei, diciamo da ora” rispose attentissima allo schermo.

“Certo che Matt qui era veramente bello, oddio guarda che era! Cioè! Incredibile, da stupro a sangue direi…” dissi sognante, “Sai che non hai tutti i torti? Quanti anni aveva? 24? 25?” mi chiese Sharon senza commentare ciò che avevo appena detto, “26” risposi.

Dopo che il concerto era già cominciato e i stagisti ci avevano raggiunte la mia collega mi chiese dove ero stata tutto il pomeriggio con Matt.

“Cosa? Io? Come lo sai?” chiesi senza pensare.

“Liz mi sono persa qualcosa non è cosi?” sorrise maliziosa, io arrossii e abbassai lo sguardo.

“Voglio essere sincera con te, io…sto troppo bene con lui, non so che mi prende ultimamente” dissi preoccupata e Sharon mi abbracciò “io credo di sapere che sta succedendo. Liz tu ti sei innamorata di…”, “Non dirlo neanche per scherzo!” dissi staccandomi da lei, “adesso spegni sta tv e cominciamo a lavorare, dai su”. Mi lanciò un’occhiata perplessa ed io cercai di non pensarci più.

Dopo la cena e dopo la fine del mio turno me ne andai in camera mia, indossai una camicia da notte rossa e mi infilai sotto le coperte stanca della giornata e pensando a quella del giorno dopo. Però c’era qualcosa che mi avrebbe impedito di chiudere gli occhi tranquillamente. Mi alzai dal letto decisa, aprii la porta della camera per controllare se ci fosse qualcuno in corridoio, chiusi la stanza a chiave e mi diressi al piano superiore. Arrivata davanti la suite di Matt appoggiai le nocche sul legno della porta e prima ancora di bussare mi accorsi che non era chiusa a chiave. Entrai esitante e la chiusi alle mie spalle. Mi diressi verso la camera da letto al buio, quando inciampai in qualcosa di morbido e soffice che emise un verso di fastidio.

Nella penombra della stanza mi accorsi di aver pestato la coda di Wolf, che giaceva davanti al letto “Scusami cucciolone” bisbigliai accarezzandolo, meno male che ero a piedi nudi. Avanzai poi vicino al comodino e accesi la luce. Matt che era rivolto verso di me e aveva gli occhi chiusi li aprì di scatto e questo mi spaventò un po’ facendomi indietreggiare.

Saltò giù dal letto sorridendo “Guarda chi c’è, la mia ossessione” e mi afferrò per la vita da dietro. “Mi hai spaventata, ma non stavi dormendo?” lo rimproverai.

“Ad essere sinceri” sussurrò al mio orecchio abbassandomi una bretella “qualcosa mi diceva che saresti arrivata…quindi ti stavo aspettando, non avevo neanche chiuso la porta” e prese a baciarmi la spalla nuda.

“Adesso basta!” strillai e mi staccai da lui prima che mi facesse venire altri brividi “Sono qui perché mi devi ascoltare” dissi seria.

“Un po’ troppo difficile visto che vorrei strapparti i vestiti da dosso a morsi, ogni volta che ti vedo” sussurrò venendo verso di me e costringendomi a cadere sul letto. Mi spostai all’indietro trascinando i gomiti e i piedi.

“Faccio finta di non aver sentito ma tu adesso devi ascoltarmi Matt” dissi tremante, il cuore mi batteva all’impazzata. Lui si salì a gattoni sul letto. Imprecai mentalmente perché era di nuovo a petto nudo. “Il modo in cui pronunci il mio nome mi dice molte cose sai” mi guardò negli occhi. Mi posizionai dritta incrociando le gambe e lui si sedette normalmente.

 “Ascolta Matthew” sospirai profondamente “E va bene hai ragione tu mi piaci, e non sai quanto. Però noi non abbiamo futuro, io ho il ragazzo e tu hai un figlio ed io non voglio innamorarmi di te che fra un mese te ne vai e probabilmente non ci rivedremo mai più”. Mi ero tolta un gran peso finalmente.

 Restai in attesa di una risposta finché lui non mi accarezzò una gamba e disse “sdraiati”. Istintivamente mi ritrassi “Liz non voglio che ogni volta che mi sei vicina ti irrigidisci cosi, per favore , lo sai che non ti voglio stuprare” disse serio.

 Mi sdraiai e lui fece lo stesso accanto a me. Ora ci trovavamo uno vicino all’altra, occhi negli occhi. “Io non amo Charlotte, non più” iniziò “il fatto che tu non ammetti a te stessa ciò che provi non ti farà altro che male, e poi cos’è quel discorso sul futuro? Se una cosa ti interessa non ci sono scuse, tantomeno il fatto che tra 1 mese riparto…” e cosi ne parlammo finalmente a 4 occhi, fino a che non seppi più che ore fossero ed entrai nel mondo dei sogni.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Ciao a tutti/e!!! quanto tempo che non aggiorno questa FF, ho saputo del concerto che è stato spostato perché Matt è stato male (povero amore mioooooo) e della nuova data ma io non potrò essere a milano a vederli (le ingiustizie della vita…), nel frattempo però date un’occhiata a come le cose vanno avanti nella mia storia, BUONA LETTUTA

 

 

 

CAPITOLO 12

 

 

 

Aprii gli occhi spaesata, perché mi ricordavo esattamente come era finita la serata precedente ma non ricordavo di essere tornata nella mia stanza. Mi girai sul lato destro e trovai conferma ai miei dubbi. Matt dormiva tranquillo sotto le coperte vicino a me. Sorrisi chissà perché. Poi mi fermai per qualche minuto a contemplarlo. Sarei potuta restare li ad ammirare la sua espressione beata per sempre, i suoi capelli scuri sparsi sul cuscino e il suo braccio possente che spuntava da sotto il lenzuolo mostrando il tatuaggio. Gli accarezzai la spalla poi la fronte. Quanti pensieri mi passavano per la testa in quel momento; primo fra tutti che avevo ancora sonno o meglio, avevo ancora voglia di rimanere nel suo letto, con lui.

 Sul comodino notai che erano le 5 e 35. In parole povere era ancora notte. Sentii Matt sbadigliare poi mi ritrovai di nuovo sdraiata affianco a lui, intrappolata fra le sue braccia. Mentre mi aveva afferrata aveva bisbigliato “Non è ancora ora di alzarsi”. Io, che ero pienamente d’accordo gli lanciai un’occhiata (aveva richiuso gli occhi sorridendo) prima di riprendere sonno.

 Dopo qualche minuto però sentii le coperte allontanarsi da me e mi stiracchiai lamentandomi. Sbadigliai senza mettermi la mano davanti la bocca. Qualcosa però mi toccò le labbra dapprima piano poi più intensamente. Aprii gli occhi e quando capii che Matt mi stava baciando cercai di divincolarmi ma fu inutile perché mi bloccò i polsi. Soffocò una risatina prima di approfondire per bene il bacio. Richiusi gli occhi. Avevo ceduto.

Mi liberai i polsi dolcemente dalla presa e gli accarezzai i capelli mentre le mie labbra rispondevano al bacio intensamente. Mentre oramai ogni parte di me era presa da lui, in quel momento esistevamo solo noi 2, nient’altro né l’universo. Quando ormai mi mancava il respiro lo spinsi di lato e mi posizionai sopra di lui. L’avevo colto alla sprovvista. Lo guardai negli occhi trionfante poi lo baciai di nuovo, questa volta più aggressiva di prima. E lui l’aveva preso come un invito. Serrò le mani intorno alle mie cosce poi alzando il bordo della camicia da notte arrivò al fondoschiena e li mi staccai da lui.

Salii in piedi sul letto poi scesi a terra con un balzo.

“Ma che fai?” disse Matt a metà fra soddisfazione e rimprovero. “Che fai tu!” risposi prontamente io. Mi chinai ad accarezzare Wolf che intanto si era svegliato. Poi Matt si alzò dal letto e a quel punto mi diressi fuori dalla camera “Ma…” aveva iniziato a dire ma lo interruppi “Ciao Matt” lo salutai ed uscii dalla suite.

A colazione ero praticamente sparita. Pensai al mio capo che si incazzava al mio ritorno e mi minacciava di licenziarmi. Ma ero sempre la figlia del proprietario dell’Hotel quindi sarei potuta anche stare alla reception. O forse per tutto il soggiorno dei Bullet avrei lavorato da qualche altra parte.

Mi presentai a lavoro per l’ora di pranzo e quando arrivò Sharon in cucina la trascinai dove ci cambiavamo urgente di avere dei consigli. “Ma che ti prende?” mi chiese subito lei “Va beh che sto periodo sei stranissima e io proprio non ti capisco…”.

“Sharon” la interruppi “io e lui ci siamo baciati e abbiamo anche…dormito insieme”. Mi vergognai moltissimo per quello che avevo appena detto. L’espressione sul volto della mia amica fu indescrivibile, incredula e maliziosa allo stesso tempo.

“Liz ma…ma di chi stai parlando?” mi chiese quasi urlando.

La guardai allusiva finché non si portò le mani alla bocca e strillò “Oddio! O mio Dio! E come è stato?”, ci pensai un po’ poi risposi “ecco…io…è stato un bacio che mi ha preso alla sprovvista, quasi mentre dormivo”.

“Liz no io intendevo l’altro…fatto” disse lei, sbattei le palpebre perplessa “E dai Liz” continuò “non capita tutti i giorni di andare a letto con una star…”.

Istintivamente la spinsi strillando “Ma che accidenti vai farneticando? Eppure mi conosci! E se solo mi lasciassi spiegare”, Sharon finì a sbattere contro il muro “Quindi non ci hai scopato?” domandò sconvolta come se niente fosse “Perché no? Ti rendi conto che hai perso l’occasione della tua vita”.

 Le lanciai uno sguardo al pari di una coltellata e sussurrai “Tu non hai capito niente di me, ma vaffanculo va!” e me ne andai dalla cucina soffocando la voglia di prenderla a pizze.

Nella sala da pranzo i 4 ragazzi si erano già accomodati tranne Matt che era in piedi e stava discutendo con Jay. Mi salutarono poi mi avvicinai a Padge chiedendogli una sigaretta. Me la porse e lo ringraziai. Notai che gli altri mi fissavano perché avevo ignorato il loro cantante.

“Tutto bene Liz?” mi chiese Padge  guardando me e poi LUI, che mi si avvicinò rapidissimo e mi tolse la sigaretta di mano. Gli lanciai un’occhiataccia, gli altri risero. “Non guardarmi cosi, lo faccio per il tuo bene” disse guardando la sigaretta che si rigirava fra le dita.

“Matt ognuno è padrone di decidere della propria vita” lo interruppe Padge, “Infatti dovresti farti…gli affari tuoi” dissi io provando a riprenderla ma senza successo. “Matt non fare il ragazzino!” lo incitò Moose.

Il loro cantante rise poi mi guardò negli occhi e disse “Voi non…le volete bene come faccio io, quindi non potete capire”. “Che cazzo hai detto?” stridulò Jay.

 Nessuno rispose perché sentimmo Charlotte o meglio, la sua risata stridula mentre si dirigeva verso di noi poi cadde in ginocchio sempre ridendo finché non cominciò a piangere. Io mi chinai a raccoglierla.

“Sto male” mi disse, “lo so ma adesso calmati perché piangi?” le presi una mano e con l’altra la sollevai per il braccio.

“Matt spostati da li” ordinai e la feci mettere seduta. Lui era zitto vicino agli altri che si erano alzati dopo che lei era caduta a terra.

“Ecco bevi” le porsi un bicchier d’acqua. Lei mi guardò torva poi lo accettò e mi ringraziò.

 “Ragazzi spalancate le finestre, su!” dissi ancora, tutti si mossero tranne Matt che mi fissava in modo strano. “Ti senti meglio?” chiesi alla sua “fidanzata”. Annui e si asciugò gli occhi.

“Perché stavi piangendo?” chiesi di nuovo, “Io non lo so…” rispose lei “Mi manca…mi manca…ne ho bisogno adesso”.

“Che cosa? Che cosa…?” alzai la voce perché non finiva la frase, “E’ un’altra delle sue crisi” disse Matt “da astinenza”.

Charlotte si alzò e mi si buttò addosso “aiutami” implorò. “Vieni chiamo un medico” la trascinai fuori dalla sala da pranzo insieme agli altri.

 “Che succede qui? Che fai Liz?” la voce del mio capo che mi si parava davanti era una delle cose più odiose.

“Questa ragazza sta malissimo chiama subito un dottore”. Lui annuì poi i ragazzi si offrirono loro di accompagnarla.

“Fatemi sapere poi” gli dissi e tornai al loro tavolo.

“Sei ogni giorno una nuova sorpresa lo sai?” disse Matt quasi sorridendo, “Perché non sei andato con lei?” lo interruppi, “è in buone mani” rispose e mi mostrò la sigaretta che poi spezzò in due con una mano.

Era tutto cosi strano, pensai. Compreso lui. C’era qualcosa che mi diceva che non tutto andava in lui. Ma decisi comunque di lasciar perdere. Mi avviai verso la cucina e Sharon fece finta di non avermi visto. Poi Matt che mi aveva seguita mi afferrò per un braccio dicendomi “ricorda che abbiamo un discorso in sospeso io e te”.

“Vai, va da Charlotte va!” risposi in italiano e dopo essermi liberata il braccio andai a cambiarmi. Tutti ci stavano guardando fino a 2 secondi prima.

Quando arrivai a casa finalmente riuscii a distrarmi perché mi aspettava l’autoscuola ed io me ne ero completamente dimenticata. “Non sei mai a casa Liz” mi chiese mia madre quando rientrai dalla lezione di guida “Che sta succedendo?” Perché fai dei turni extra?”.

Mi tolsi le new rock sulla porta di casa e pensandoci un po’ dissi “Niente mà, lo sai che non amo stare senza far niente. Se non abitiamo vicino l’Hotel e l’università non è colpa…nostra. Quindi stai tranquilla lo sai che ci saranno periodi in cui mi vedrai di più” la baciai sulla guancia e me ne andai in camera mia, presi la vecchia chitarra classica e strimpellai un paio di accordi. Nei suoi occhi però avevo letto che non l’avevo convinta. Gli occhi di mia madre erano azzurri, come li avevo sempre voluti io. Non potei non pensare a quelli di Matt, azzurri anche quelli e cosi stupendi, io li adoravo nel video di “scream aim fire”, anzi proprio lui era più attraente in quel video, da come si muoveva a come cantava.

Il mio nokia vibrò sulla scrivania distraendomi dalla chitarra e dai pensieri su Matt.

Guardai il display e lessi il nome del mio “fidanzato” cosi decisi di non rispondere. Aprii il mio diario segreto e iniziai a scrivere 22/01/11 caro diario, oggi ho baciato Matt…o meglio è stato lui a farlo, il cellulare vibrò di nuovo: era di nuovo Lorenzo.

“Si” risposi senza entusiasmo, ma poi vedendo che la sua aggressività non era passata e che mi rimproverava di non essermi fatta più sentire dissi semplicemente “non voglio più stare con te”. Si arrabbiò molto ma non mi interessava, lui era uscito definitivamente dal mio cuore.

Verso le sei di sera salii sulla mia bici rossa e mi avviai a prendere la metro per arrivare in Hotel. Stavolta la puntualità era con me. C’era molta più gente del solito nella sala da pranzo principale ma non mi interessava affatto. Entrai in cucina dove la mia amica era già alle prese con i tegami. Mi appoggiai ad un bancone perché mi girava la testa.

 “Liz…scusami per oggi” la sentii dire “Tranquilla” risposi e andai a cambiarmi.

Quando arrivarono le 21.05 la sala si sgombrò per lasciare il posto ai Bullet. Mi venne da piangere, mi sentivo cosi strana. Andai al loro tavolo a salutarli e chiesi notizie di Charlotte.

“Come mai ti interessa tanto?” mi chiese Moose dubbioso, “è stata male oggi no? La sua vita è importante come quella di chiunque altro” gli risposi.

“Oh non ascoltare Michael” disse Jay  “la ragazza sta meglio non preoccuparti”. Matt sbuffò. Cosi trovai una scusa per tornare in cucina. “Aspetta” disse la sua voce prima che mi allontanassi “ma non è il tuo Lawrence quello li fuori?”.

 Guardai fuori la porta a vetri. “Si adesso scusate ma devo affrontarlo”, Matt si alzò “Dannazione che vuole adesso?”. “Spiegazioni” risposi secca, “ma è un pazzo lo sai come ti tratta, io vengo con te” disse Matt impaziente.

“Di che hai paura che mi uccida forse?” gli chiesi sarcastica guardandolo in faccia, “anche” rispose avvicinando il suo viso al mio.

“Non perdi tempo vedo eh!” urlò Lorenzo entrando nella sala. Mi voltai verso di lui e incitai gli altri ad uscire fuori. “Ragiona Liz” continuò Matt “questo è un folle! E noi non abbiamo ancora imparato l’italiano perché ci cacci?”, “No Matt dovete uscire subito”.

 Alla fine mi ascoltarono e rimasi da sola con Lorenzo.

Gli spiegai i motivi della mia decisione, per via di tutte le volte che litigavamo, tutte le volte che eravamo in crisi, non sarebbe potuta continuare, avremo sofferto entrambi. Era da troppo tempo che ingoiavo rospi.

“E’ il mio istinto che mi dice cosi” gli dissi infine “ricordi quante volte volevi chiudere tu? È arrivato il momento”.

“No” sbraitò lui, “io lo so perché lo stai facendo! Mi lasci per quello li” e in una frazione di secondo sentii un dolore alla guancia e caddi all’indietro. Mi rialzai lentamente toccandomi dove mi aveva schiaffeggiata e mi accorsi che Padge tratteneva Matt per le braccia, oltre l’ingresso della sala.

 “Ma come! Come accidenti hai potuto! Cosa credi? Quello ti getterà via come uno straccio dopo che ti avrà usata, perché lo fai eh? Vuoi la fama o le copertine dei giornali?” strillò.

“Io non voglio finire sulle copertine dei giornali, ma cosa stai dicendo? Lui è fidanzato da 4 anni figurati se sta a pensà a me!” dissi in tono piatto. Mi facevano male anche i gomiti visto che con quelli avevo atterrato la caduta. “Ma si fai pure, diventa la sua putt…” lo colpii con un calcio sui stinchi prima che finisse la frase.

“Se ridicola Elizabeth, ma non finisce qui” sussurrò malefico.

“Adesso sparisci vigliacco!” urlai. Lui fece per andarsene ma poi tornò indietro e in un attimo afferrò la brocca di vino rosso dal tavolo apparecchiato per i ragazzi e me la tirò addosso. Dopo che il vino mi macchiò completamente la camicia bianca la brocca andò in pezzi a terra.

Al rumore di vetri infranti Sharon e Antonio uscirono di corsa dalla cucina. Matt gli fu alle costole in un lampo e tutto ciò che non scorderò mai fu il pugno che spaccò il labbro al mio ex. Quando il suo viso insanguinato sparì dalla nostra vista Matt corse ad abbracciarmi. Lo lasciai fare sotto gli occhi scettici del mio capo e del mio chef. Jay Padge e Moose aiutarono gli altri a raccogliere i vetri sul pavimento.

“Mi dispiace” bisbigliò Matt rivolto a me, sorrisi “Non fa nulla, finalmente è finita io non lo amo più ma lui non lo capisce non si rende conto di quanto mi ha fatta soffrire…”, “Sshh… non ci pensare più” mi rassicurò.

“Beh a questo punto io direi di fare un brindisi a questo evento!” propose Jay, “Che ne dici?” mi chiese.

“Va bene” risposi a metà fra le lacrime e la gioia “vado a cambiarmi”.

“Ti accompagno” disse prontamente Matt “perché mi guardi cosi adesso che siamo entrambi single non ci sarà nessuno scandalo no?”.

Guardai gli altri dicendo “Che simpatico lui ha sempre voglia di scherzare! Vado da sola spiacente” e corsi a togliermi la camicia ormai del tutto rossa.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO 13

 

 

 

La serata insieme a loro fu bellissima. Mi sentivo finalmente libera. Mi avevano convinta a cenare con loro e dopo di ciò eravamo andati in camera di Matt. Incredibilmente ero in quella suite del mio Hotel con i Bullet for my valentine seduti sul divano angolare e ci passavamo una bottiglia di Jagermeister; un sorso per uno. Ad un certo punto mi sedetti sulle gambe di Matt, non so perché l’avevo fatto.

”Ragazzi io sono cosi felice perché finalmente ho lasciato quello stronzo del mio fidanzato” dissi tutta contenta mentre passavo la bottiglia a Matt. Gli altri erano già abbastanza sbronzi da non dare importanza al fatto che mi ero seduta in braccio a lui, però avevano applaudito alle mie parole dicendo in coro “brava!”.

Jay si alzò e annunciò “Chi vuole vedere un bel film tutto sangue e gente fatta a pezzi?”, io non lo ascoltavo neppure, ero intenta a baciarmi il loro frontman e a lui non dispiaceva affatto. Ormai stavo perdendo lucidità. Matt mi baciò sul collo ma neanche lo sentivo più. Eppure lo sapeva che non reggevo l’alchool, come lo sapevo io. Mi alzai per andare un attimo in bagno; dovevo sciacquarmi la faccia.

 Quando uscii passai di fronte lo schermo LCD e una scena del film che i ragazzi stavano guardando mi provocò una nausea improvvisa; Jay se ne accorse e mi venne incontro “No no non fare cosi, guarda qui, gradisci un sorso di birra? O meglio una vodka?”, “Tutte e 2” risposi staccando gli occhi dalla televisione e mandando giù un pò liquido dorato poi uno più chiaro.

 Matt apparve dal nulla vicino a me, mi tolse la bottiglia di mano. Iniziai a ridere .“Oh no eccone un’altra, di alcolizzata…” ironizzò Moose.

“Liz” sussurrò Matt “oddio ha una faccia, ma cosa le hai dato la vodka? E’ delicatissima non deve bere” strillò poi a Jay. Moose e Padge risero, “ma chi sei il suo baby-sitter?” continuò Moose”, “idioti” fu la risposta.

Io mi portai la mano davanti alla bocca e corsi in bagno. Matt mi seguì, come al solito. “Non guardare ti prego” gemetti prima di chinarmi sul water. Troppo tardi, lui mi trattenne i capelli. Sentii gli altri rimproverarsi perché avevo toccato troppo alchool . “Non ti preoccupare” disse Matt “pensa che dopo starai meglio”. Quello che successe dopo non lo ricordo.

So solo che quella notte sognai di aver conosciuto Matt quando aveva 25 anni, i capelli neri e la ciocca bionda. Nel sogno lui mi aveva notata ad un loro concerto perché ero in prima fila e dopo nel backstage avevo avuto l’occasione di parlarci di persona. Poi però il sogno cambiò, Charlotte e Lorenzo mi accusavano, dicevano che stavo facendo la cosa sbagliata, che non dovevo distrarre Matt dal suo lavoro e da suo figlio.

Mi svegliai di soprassalto con gli occhi lucidi. Mi tirai su ed iniziai a piangere a dirotto. Matt emerse dalle coperte e mi abbracciò “Non piangere” diceva. Sentivo perfettamente il suo profumo.

Mi riaddormenti fra le sue braccia.

Il giorno dopo era la mia giornata libera. Quando mi svegliai mi resi conto che stavo toccando il fondo. Non è certo cosa normale dormire con un “quasi sconosciuto” solo perché è il tuo idolo e ogni sera per caso ci finisci nel letto. Io che non avevo mai dormito nemmeno con il mio ex. Dopo essermi alzata molto lentamente sgattaiolai fuori dalla stanza. Lanciai un’occhiata al ragazzo dei miei sogni  sulla soglia della porta e mi precipitai nella camera riservata a me. Wolf sonnecchiava sul mio letto ancora fatto. Alzò le orecchie non appena mi vide entrare ed io corsi ad accarezzarlo.

“Hey che sorpresa!” dissi, lui abbaiò, avvicinò il suo musetto al mio viso e mi leccò la punta del naso. Che tenero. Siccome avevo deciso che mi sarei presa qualche giorno di “ferie” pensai subito a portare a casa tutti gli effetti personali che erano in quella stanza, se non tutti almeno quelli più stretti come cd e il potatile. Sulla scrivania c’era un biglietto. Lo aprii esitante.

“Sapevo che saresti rientrata qui all’alba, non sentirti in colpa. Lo sai che non ti farei mai niente di male. Se lo volevo sul serio, l’avrei già fatto no? Qualunque cosa deciderai io sono con te. Puoi passare con Wolf tutto il tempo che vuoi.

Ps. Spero che ti sia piaciuto. Ti voglio bene

Matt”

Oddio, pensai. E tu come fai a sapere che mi sento in colpa? Era frustrante vedere come riusciva a leggermi cosi chiaramente, come se fossi un libro aperto. Rilessi il biglietto 3 volte e perché non riuscivo a capire, cosa doveva essermi piaciuto? E poi diceva di volermi bene, io che pensavo ci stesse solo provando con me. Mi sedetti sul letto, alzai gli occhi e subito capii a cosa si riferiva. Appeso in stampella alla maniglia dell’armadio in alto c’era un vestito nero, bellissimo.

 Mi alzai e lo tolsi dalla stampella. Avrei voluto piangere. Era identico a quello di Avril Lavigne nel video di “Underground”. Io adoravo quell’abito. Sorrisi come una bambina trattenendo le lacrime, Wolf mi guardava accucciato ai piedi del letto.

Il pomeriggio lo passai in palestra e dopo decisi di tornarmene a casa, visto che non c’ero mai. Mia madre era in cucina a preparare un thè caldo e mio padre seduto al tavolo leggeva un giornale con un espressione critica che dava ai suoi capelli brizzolati un espressione austera ma buffa allo stesso tempo.

“Ah Liz” disse alzando gli occhi e piegando il giornale non appena entrai in cucina “vieni siediti ti dobbiamo parlare”. Cercai esitante lo sguardo di mia madre che era in piedi vicino al microonde in vestaglia; era sempre stata una donna semplice, non una di quelle che spendono una fortuna in make-up, unghie finte o antirughe. Aveva i capelli biondi legati in una coda alta.

Si voltò a baciarmi la guancia sorridendo “finalmente sei a casa”; mi sedetti in silenzio finché mio padre non riaprì bocca “cos’è questa storia Liz?”. Mamma portò il thè in tavola e si sedette alla mia destra, “quale storia?” chiese rivolta a me. “Non so di…cosa parla papà, non capisco” riuscii a dire solamente.

“Antonio mi ha raccontato tutto e non è la prima volta che succede” continuò papà. “Non dovete preoccuparvi, non più. Ieri ci siamo lasciati, è finita per sempre” dissi prontamente prima che mia madre potesse aggiungere altro. I miei si guardarono poi lei mi accarezzò la fronte “Hai fatto la cosa giusta, lo sapevo che prima o poi avresti capito e non ti saresti più fatta mancare di rispetto, vedrai che troverai quello giusto prima o poi…”.

Sospirai “sto bene da sola adesso, non ho più tempo per queste cose e ora scusatemi ma sono un po’ stanca” mi alzai in piedi, “va bene riposati un po’” disse mio padre. “Quando vuoi mangiare dimmelo” disse mamma, “non preoccupatevi” risposi e andai in camera mia.

 Chiusi la porta alle mie spalle e mi gettai sul letto soffocando le lacrime sul cuscino. Mi tornò in mente la prima volta che avevo visto la mia band preferita nella hall dell’Hotel, la prima volta che avevo parlato con loro ma soprattutto quando avevo capito che fra me e Matt c’era qualcosa. Perché qualcosa c’era lo sentivo, ma continuavo a negarlo a me stessa. Singhiozzai ma il mio cuore sussultò quando sentii un rumore sul vetro della finestra.

 Mi alzai di scatto e l’aprii tenendo però chiuse le grate dove c’era fissata la zanzariera. Non vidi nulla. Ormai era buio e il retro della casa privo di lampioni accesi, soprattutto quelli del giardino . Solo in lontananza alla fine della strada privata ce ne era qualcuno che emanava una luce debole.

“Liz! Sono Matt non mi riconosci?” quella voce bastò a farmi cadere in una specie di trance. Spalancai le grate e sibilai ”Dove sei?” . Lo intravidi avvicinarsi al muretto del giardino e scavalcarlo. E dire che era anche piuttosto alto, visto poi che sotto la mia finestra c’era una tettoia non sarebbe stato difficile arrivare in camera mia. “Arrivo” annunciò allegro. Con un salto scavalcò anche la finestra e atterrò in camera mia come un gatto…nero.

”Eccomi qui! Adesso voglio proprio sapere dove sei stata tutto il giorno? Ti ho cercata ovunque ma nemmeno rispondevi al cellulare, hey ma che succede?” mi alzò il mento con un dito.

 “Sto bene” cominciai, “io non credo” rispose lui, poi mi asciugò le lacrime “Nemmeno mi guardi in faccia?  Ah no aspetta, evidentemente sei abituata a…corteggiatori che si arrampicano sempre fino alla tua finestra al buio”, risi e rise anche lui.

“No” dissi guardandolo “adesso chiudi per favore fa freddo”, “ma a te piace il freddo no? E anche a me, stasera poi non è particolarmente rigida”si tolse la giacca di pelle e sotto indossava una camicia nera senza maniche. Rimasi a bocca aperta.

 Rise “Però la smetti di piangere?”, non risposi ma istintivamente lo abbracciai. Mi accolse senza esitazioni, “Ancora non mi hai cacciato, è buon segno” disse, sorrisi di nuovo poi mi staccai. Lui mi accarezzò i capelli e avvicinò la sua fronte alla mia. Se continuavo a fissare quegli occhi avrei perso la capacità di intendere e di volere. Così mi allontanai “Non voglio cacciarti in effetti”dissi. Gli diedi le spalle.

 “Dove scappi?  Vieni qui” mi ordinò piano facendomi voltare. L’odore di tabacco mischiato al suo profumo mi faceva girare la testa. Pregai per un attimo a mente, che non avesse fatto ciò che in parte temevo. Mi guardò negli occhi e sorrise.

 Io mi avvicinai anche se avevo paura e gli accarezzai una guancia. Lui prese la mia mano e la baciò, poi sentii il suo braccio scorrere intorno ai miei fianchi e il suo respiro sulla mia bocca. “Lo sai che non si dovrebbe…” dissi interrompendo quel momento e maledicendomi per ciò.

“Ti blocchi perché non vuoi o perché non puoi?” rispose fissandomi “adesso gradirei che non mi interrompessi più” aggiunse scherzando. Notò la mia espressione però e allentò la presa. Mi pentii subito per quello che avevo detto e lo guardai negli occhi, cosi maledettamente azzurri, “scusa” bisbigliai avvicinandomi di nuovo.

Lui fece lo stesso e le sue braccia mi cinsero la vita poi le sue labbra furono sulle mie finalmente. Quando anche le nostre lingue si trovarono gli passai una mano fra i lunghi capelli dapprima lentamente poi mi ci aggrappai. Le mie ansie e le mie paure non c’erano più. Fu un bacio intenso come quello della mattina precedente nel suo letto solo che questa volta durò molto di più.

 Una folata di vento entrò nella stanza senza chiedere permesso. Mi staccai da lui anche perché mi mancava il fiato “la finestra! Mi sono dimenticata di chiuderla”. Matt la chiuse con una mano perché con l’altra mi teneva stretta. Poi ci guardammo di nuovo e senza dire niente ci ritrovammo come due secondi prima. Non so dire cosa mi aveva preso. Sentii le sue mani sotto la mia maglietta  arrivare fino alla chiusura del reggiseno e spingermi contro l’armadio e la cosa non mi dispiaceva affatto.

 D’un tratto però mi irrigidì e lui si staccò “Che c’è Liz” mi chiese con il respiro accelerato, “Niente” sorrisi “E’ solo che… non voglio lasciarmi andare”, mi tappò la bocca con la sua poi mi lasciò libera di staccarmi dall’anta dell’armadio. “Rispetto la tua volontà” affermò dopo qualche secondo di silenzio e si sedette sul mio letto. Io rimasi in piedi “Forse adesso…” cominciai a dire, “è meglio se vado” concluse guardandomi.

Avrei voluto urlare no, invece risposi “Si vieni che adesso trovo il modo di non farti calare giù dalla finestra”, lo presi per mano e lui si alzò fissando i poster appesi alla parte della sua band. Aprii la porta della camera origliando bene; c’era silenzio. Scendemmo le scale fino al piano di sotto in punta di piedi quando mi accorsi che la luce del seminterrato era accesa. Mio padre stava suonando la chitarra, riuscivo a sentirlo.

“Mamma?” chiamai, “Sono qui Liz dimmi” rispose. “Io esco ci vediamo stasera”, mio padre rispose qualcosa di incomprensibile come “è già stasera”, “Sei sicura? E dove vai?” chiese lei, “A cena…a casa di Fede, non ti preoccupare ci sono anche gli altri…a dopo” e prima che rispondesse sgattaiolammo fuori. Chiusi il cancello sperando che non fossero saliti per spiarmi dalle finestre.

 Matt, che aveva riso chiedendomi cosa mi fossi inventata mi seguiva verso il parcheggio “che andavo da amici, tu cosa farai adesso?” risposi senza pensarci. “Non lo so credo che rientrerò” disse lui .

 Quando notai la sua auto mi fermai e lo trattenni per un braccio “Aspetta non voglio che te vai” sbottai. Assunse un’espressione incredula.  Quando riaprii bocca non mi diede neppure il tempo di dire altro e mi ritrovai nella sua macchina.

“Dove stiamo andando adesso?” gli chiesi ridendo fra me e me, “A cena…contenta?” rispose sorridente, “Cosa? E dove?”, “fuori, ma è una sorpresa il posto”. Chiacchierammo fino a quando mi accorsi che eravamo tornati nel parcheggio dell’Hotel. Lo guardai interrogativa, “Te l’ho detto che è una sorpresa” disse passandomi il braccio sulle spalle mentre entravamo.

 La sala riservata più piccola faceva un certo effetto con Jay e Padge vestiti da camerieri sulla porta. Risi “No cioè aspetta”, “Ssh!” mi zittì Matt “non è che l’inizio”. Entrammo e notai al centro della sala un tavolo apparecchiato per bene con tanto di candelabro. LUI mi invitò a sedermi reggendo la sedia, “Oddio no ti prego, odio queste cose sdolcinate!” dissi trattenendomi dal ridere, “Vuoi stare un po’ zitta? Cosi rovini tutto” rispose convincendomi, poi si sedette di fronte a me

. Jay apparve sorridendo chiedendo l’accendino a Matt “adesso accendiamo anche le candele” . Poi Padge iniziò a portare antipasto, primo,secondo, dolce. Soltanto a fine serata mi confessarono che aveva cucinato tutto LUI. Ero sbalordita e soprattutto non avevo altra scelta, dormire ancora una volta lì e stavolta nella mia stanza. Mentre guardavo il soffitto mi chiesi cosa stesse succedendo davvero, cosa mi stesse succedendo e cosa stesse succedendo anche a lui.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14

 

 

Stavo cambiando, non mi riconoscevo quasi più. Avevo anche dormito troppo, fino all’ora di pranzo. Sapevo che quel giorno i 4 ragazzi erano impegnati cosi ero andata dai miei due migliori amici, Federica e Luca. L’argomento speciale però l’avevo toccato solo con lei, che mi consigliava di approfittarne esattamente come aveva detto Sharon. A quel punto mi sentivo la più sola del mondo.

La sera tornai in Hotel per svuotare la mia stanza e portarmi a casa ciò che restava. Visto che l’abito che mi aveva regalato Matt  era troppo bello e non volevo che si rovinasse lo indossai. Era perfetto abbinato con le autoreggenti a rete e le New Rock. Nella tracolla gigante che usavo per l’università, misi i cd i libri e le altre cianfrusaglie che restavano.

Guardai bene la stanza prima di chiuderla a chiave e dirigermi verso l’ascensore, spinsi il bottone e aspettai. Quando finalmente le porte si aprirono entrai di corsa ma mi bloccai perché tutto mi aspettavo tranne di trovare LUI li dentro.

Spinse un piano a caso senza guardare perché fissava me molto seriamente “Ciao…te ne vai?” mi chiese con tono di rimprovero. “Si cioè no, non proprio, diciamo solo per poco tempo…” non finii la frase perché mi interruppe con una risata “Stai scappando da me? Pensi di poterti liberare di me cosi facilmente?” poi si avvicinò minaccioso. Arrivammo all’ottavo piano e le porte non si riaprirono del tutto perché le richiuse con il tasto apposito.

“Che ti prende?” chiesi nervosa perché continuò a premere altri numeri a casaccio. Mi afferrò per la vita facendomi sobbalzare “Non lo so dimmelo tu “. Sfuggii alla sua presa andando a sbattere contro lo specchio, la borsa mi cadde dalla spalla.

“Adesso basta voglio uscire” esclamai gettandomi sul pulsante del piano terra ma lui me lo impedii continuando ad armeggiare con i tasti finché l’ascensore non si bloccò. Rise “e adesso? Come farai ad uscire?” si avvicinò e mi toccò i capelli, poi le labbra e il mento. 

Mi scansai innervosendomi “Smettila, sbloccalo per favore sono claustrofobica, e fra poco non ci sarà più aria”. Rise di nuovo “quando sei con me non devi temere nulla e poi dovresti saperlo come sono stati progettati questi ascensori no? Adesso vieni qui, è urgente” disse.

Lo fulminai con lo sguardo “che cosa?” vedendo che non rispondeva mi dovetti avvicinare, visto che l’ascensore era abbastanza grande e non capivo cosa intendeva. “Brava” disse  sorridendo quando fui ad un passo da lui “e adesso baciami”.

Un tuffo al cuore mi fece scattare all’indietro ma lui mi afferrò per i polsi “No!” urlai “ma sei pazzo?”, “No che non lo sono e poi lo hai già fatto più di una volta… e ti è piaciuto” mi ritrovai contro lo specchio dimenticandomi che mi mancava l’aria faccia a faccia con lui che mi inchiodava con lo sguardo “Ma che accidenti vai farneticando?” sbottai quando mi chiuse la bocca con la sua.

 Mi divincolai in tutti i modi ma le sue mani erano come acciaio, le sentii sotto il vestito che si insinuavano sotto le calze e mi alzavano la gonna. A quel punto lo morsi forte sul labbro inferiore e riuscii nel mio intento, mi precipitai sull’altro lato della parete avvertendolo di stare indietro ma non mi ascoltò“Ormai è inutile continuare a scappare Liz, voglio che tu sia mia”. “Questo è scemo”pensai.

 Mi riafferrò sbattendomi al muro e baciandomi con più foga di prima . Mi staccai con forza dalle sue labbra “Non in questo ascensore!” gridai “sempre” rispose lui e prese a baciarmi sul collo “io ti voglio sempre Elizabeth…” ansimò “è inutile che cerchi di scappare” premette la sua vita con decisione contro la mia  mentre era intento a farmi un gran bel succhiotto sul lato sinistro del collo.

 “Matt smettila adesso…” cercai di controllare il ritmo del mio respiro e lui tornò ad infilare le mani sotto le autoreggenti poi raggiunse i lati delle mutandine fino ad abbassarli leggermente e mi alzò la gamba sinistra piegandola intorno alla sua di modo che potesse accomodarsi meglio fra le mie gambe.

 “Mi hai sentito? Ho detto di smetterla! Tanto ho capito tutto” insistetti, si staccò dal mio collo leccandosi il mio sangue sulle labbra e afferrandomi anche l’altra gamba e incrociandola dietro la sua schiena con quella già immobilizzata.

 “Mi fai cadere!” dissi istintivamente aggrappandomi al suo collo, lui non ascoltò “Cos’è che hai capito?” chiese serissimo poi mi baciò sulla scollatura “Dio sembri una Dea vestita cosi, lo sapevo che ti sarebbe stato benissimo”.

Avevo la pelle d’oca già da un po’ ma non mi distrassi da ciò che avevo iniziato a dire “Si ma io ho capito quello che stai facendo, tu fai così perché mi vuoi portare a letto e basta, tu mi vuoi fisicamente e basta”.

 Diventò di ghiaccio “ ti stai sbagliando Liz, non sai quello che dici” mi fece scendere premurosamente ma la sua espressione non cambiò “adesso guardaci” mi voltò verso il nostro riflesso e mi abbracciò la vita da dietro “che cosa vedi? Che cosa ammetti di vedere? Perché per essere una ragazza unica come te è davvero strano che neghi l’evidenza , che non lo dici a te stessa, che non ti convinci” lo interruppi “ma che cosa stai dicendo?” guardai il suo riflesso “sei tu che non sai quello che dici”.

 Mi strinse a se “Liz io… ti amo” sussurrò al mio orecchio. Guardai a terra, sapevo che non mentiva. Con una mano portò il mio viso vicino al suo “Io ti amo” ripeté a voce più alta e accarezzandomi i capelli. Stavo per piangere. “No lasciami non è vero” mi allontanai da lui .

“Liz io ti voglio dalla prima volta che ti ho visto e ti amo” mi riafferrò guardandomi negli occhi “Potrei urlarlo al mondo intero se vuoi, che c’è di male? Che cosa ti blocca, il fatto che io abbia un figlio? O undici anni di differenza? Sei tu non hai il coraggio di ammetterlo” toccò qualche tasto e l’ascensore si sbloccò portandoci al piano terra. Uscì e si diresse verso la Hall gridando “tutti lo devono sapere”, lo seguii cercando di calmarlo ma fu inutile.

Afferrò il microfono del piano bar davanti a tutte le persone che già lo stavano osservando perplessi e gridò “Nessuno potrebbe dirmi che non devo farlo o devo vergognarmi io amo Elizabeth!” in un attimo Antonio, Sharon , Jay, Moose, Padge, Charlotte e altri membri del personale corsero nella Hall.

Matt rise sarcastico “ Si gente, è cosi, il cantante dei Bullet For my Valentine vuole e ama questa creatura splendida che è li di fronte ai vostri occhi”. L’espressione di Charlotte piena di odio mi fece rabbrividire, abbassai lo sguardo perché ormai avevo tutti gli occhi addosso, mi sarei sotterrata da sola.

“Giuro che non sono pazzo o tantomeno ubriaco, voglio soprattutto che lei sappia quanto la amo, visto che non ci crede” continuò Matt ad alta voce. La folla che si era creata era sbalordita, chi era rimasto a bocca aperta chi si sussurrava frasi all’orecchio indicandomi.

Mi decisi a fare qualcosa e mi diressi verso di lui. Gli ordinai di smetterla senza successo, poi gli tolsi il microfono di mano “Basta cosi Tuck” dissi. Ci stavano ancora guardando tutti, “Dimmi che non provi niente per me” chiese lui. Guardai altrove perché i suoi occhi mi confondevano sempre le idee. “Guardami in faccia e dimmi che non mi ami” continuò, “tu sei suonato te l’ho già detto, non è come credi hai preso un abbaglio…”, “Che succede qui?” intimò una voce che conoscevo benissimo.

 Mi voltai a guardare mio  padre che sostenne il mio sguardo severamente, come faceva sempre, poi il suo sguardo si posò su Matt “Liz allora? Vuoi dirmi tu cosa sta succedendo? O devo chiederlo a questo tizio che è un’ora che strilla ?”.

“Papà calmati, non è successo niente, e poi questo tizio ha un nome!” risposi risvegliando la curiosità negli occhi dei presenti. Mio padre non rispose, disse soltanto “da oggi starò io in reception” prima di sparire. Matt stava per chiedermi spiegazioni ma poi Charlotte gli fu addosso dicendogli che si stava sbagliando e che era tutto uno scherzo.

Lui la spinse via e mi seguì visto che me ne stavo andando, “Liz aspetta, mi stai facendo davvero incazzare”, “Non mi interessa, io non sento quello che tu senti per me e anche se lo sentissi non potremo stare insieme…”risposi prima che mi tappò la bocca con la mano “Sai una cosa?  Non ti capisco perché menti a te stessa? Pensaci quando ti guardi allo specchio, pensa a quanto sei casta e pura ma ti prendi in giro allo stesso tempo, pensaci stanotte quando ti addormenterai da sola” e dopo averlo fulminato con lo sguardo sparì dalla mia vista.

Una confusione mi si insinuò in testa, aveva cambiato atteggiamento da un giorno dall’altro e in fondo , avevo apprezzato molto la sua dichiarazione d’amore. Ma questo cosa significava? Ero davvero certa dei miei sentimenti? E lui aveva ragione?

La sera arrivò e decisi di restare per l’ultima notte a dormire in Hotel, chiamai mia madre per avvisarla e mi infilai la camicia da notte di seta nera aspettando che Morfeo arrivasse cercando di non ripensare a tutto quello che era successo durante la giornata.

 Quando mi addormentai un rumore sordo mi costrinse ad aprire gli occhi e accendere la luce del comodino. Matt era entrato nella mia stanza sbattendo la porta e richiudendola subito a chiave.

“Ancora tu? Cos’altro vuoi ? E come hai fatto ad aprire?” gli chiesi coprendomi con le coperte fino al naso, “Ho una copia della chiave della tua stanza, prima che iniziassimo a dormire insieme venivo di notte a spiarti…” perse l’equilibrio e si appoggiò ai piedi del letto.

Sentivo l’odore fortissimo dell’alcool “Ma tu sei ubriaco!” sibilai, Matt rise rialzandosi “Si ma forse non abbastanza Liz” e mi strappò le coperte di dosso gettandole a terra. “Lo sai che cosa voglio…te” sussurrò avvicinandosi e toccandomi le gambe fin sopra le ginocchia.

Cercai di indietreggiare ma mi trattenne. “Matt non farlo” implorai tremante. Non mi ascoltò, mi accarezzò il viso poi con l’altra mano trovò l’elastico delle mie mutande e dopo averci giocherellato un po’ mi baciò e le sfilò in un attimo. “No!” gridai. “Stai buona” disse lui sorridendo poi si tirò su per togliersi la maglietta. Il cuore mi batteva a mille ma volevo che non si fosse ubriacato proprio quella sera dopo tutto quello che era accaduto.

 Quando si sbottonò i pantaloni però improvvisamente ebbi paura, mi tirai su per scendere dal letto ma mi ritrovai di nuovo distesa e lui sopra di me. “Quante volte ti devo dire che è inutile che scappi eh?” disse piano e mi alzò la camicia da notte fino all’ombelico, la ritirai giù e lui si arrabbiò,si tuffò nuovamente sul mio collo mettendo le mani sotto la camicia fino ad arrivare al seno, abbassò le bretelle lasciandolo scoperto. Fortuna per me, che la luce del comodino era molto fioca, visto che ero abbastanza pudica.

Mi coprii come meglio potevo  “smettila subito! Non vedi che non ho niente sotto!” gridai quasi, lui rideva e stringeva le mie ginocchia intorno ai suoi fianchi, era molto eccitato già da un po’, lo sentivo perfettamente. Cercai più di una volta di allontanarlo ma ero in trappola. Sentii poi una mano dietro il mio collo e l’altra sull’interno coscia, si era spostato lateralmente. Mi toccò fino all’inguine facendomi agitare ancora di più.

Gemetti quando mi sfiorò fra le gambe e con un bacio tacqui finché non sentii le sue dita muoversi dove ero ancora illibata, senza mai entrare però. Lo morsi sul labbro istintivamente ma poi decisi di lasciarlo fare per un po’, visto che anche io lo desideravo fisicamente e non,anche se ancora non lo ammettevo. 

Il mio respiro divenne sempre più irregolare , mi staccai dalla sua bocca e chiusi le gambe. Girai la testa dall’altro lato sperando che la smettesse.

 “Non mi guardi neppure in faccia mentre facciamo queste cose?” ironizzò. Gli afferrai il polso senza rispondere e affondai le unghie sulla pelle. Finalmente spostò la mano fra le mie cosce verso il ginocchio e mi tranquillizzai un po’. Ora non sembrava più tanto ubriaco. 

D’un tratto però silenziosamente le sue mani furono sul mio petto e anche le sue labbra, poi vi sprofondò il viso e si addormentò.                                                                                                                                                                                                                                                                                            


                              

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


 

Ciao a tutti! Scusate la mia assenza ho avuto da strafare! ihih comunque la storia va avanti e che dire, stavolta niente scene hot , per quelle c'è tempo! Vabbè sto scherzando, buona lettura.

CAPITOLO 15

 

 

Mi svegliai prestissimo, all’alba. Sgattaiolai fuori dalle coperte e corsi in bagno. Nemmeno l’acqua fredda sul viso riusciva a calmarmi, a distrarmi da quanto fossi arrabbiata e innamorata allo stesso tempo. Eppure da sempre avevo odiato l’orgoglio nelle persone, e adesso ero io la prima ad esserlo.

 

Mi ero alzata dal letto però cosi infuriata che decisi in qualche modo di fargliela pagare, non mi interessava quanto fosse stato ubriaco la sera precedente, non riuscivo a togliermi dalla testa il fatto che mi avesse toccata dove non avrebbe dovuto, cosi decisi di affrontarlo.

 

Uscii dal bagno sbattendo la porta e mi diressi verso la finestra, scostai le tende e l’aprii con decisione. I raggi del sole colpirono Matt in pieno viso svegliandolo. Alzò la testa lentamente e mi lanciò un occhiata molto addormentata, mi faceva quasi tenerezza.

 

“Svegliati Tuck” dissi austera. Lui si tirò su scostandosi le coperte di dosso, “Non mi dai neanche il bacio del buongiorno?” chiese dolce poi sbadigliò. Dopo essersi stiracchiato si guardò addosso “Hey ma come mai ho dormito con i pantaloni? Per di più slacciati…?” chiese. Non risposi, restai accanto alla finestra a fissarlo per un attimo poi mi avvicinai “Bella, bellissima domanda!” gridai “Lo sai che stanotte sei entrato in camera mia ubriaco?”. Mi guardò da sotto i capelli che aveva in faccia sbadigliando di nuovo “Davvero? Non me lo ricordo, ma perché sei cosi incazzata, è successo qualcosa?”.

 

Senza rispondere gli mollai uno schiaffo che riecheggiò in tutta la stanza. Rise debolmente poi rigirò la testa verso di me guardandomi in modo strano che quasi mi spaventò. Sembrava che qualcosa stesse per esplodere in lui. Poi abbassò lo sguardo e si toccò la guancia.

 

Un senso profondo di colpa mi assalì “Oddio scusa!” mormorai e mi sedetti vicino a lui. Gli accarezzai i capelli poi d’un tratto mi afferrò per i polsi e mi ritrovai distesa sul letto “Non farlo più” ringhiò serio poi la sua espressione tornò neutra. Rimasi in silenzio per un attimo, mi teneva ancora i polsi bloccati.

 

“Non ho paura di te” sibilai acida. Lui si sdraiò accanto a me dicendo “Infatti non è di me che hai paura ma di te…” mi accarezzò il mento “tu mi vuoi, stanotte mi hai anche sognato, come fai tutte le notti del resto…e com’è che dici spesso alla tua amica della cucina? Vorrei essere la sua chitarra per essere toccata da lui…” lo interruppi graffiandogli il polso “adesso falla finita, smettila non ti sopporto più!” gridai ma non servì a nulla.

 

Mi tappò la bocca e continuò “e vorrei essere il microfono per stare cosi vicino alla sua bocca”, lo morsi. Poi scattai in piedi “stronzo!” ringhiai e corsi ad aprire la porta della camera “Adesso sparisci! Non ti voglio più vedere fino a domani!”. Lui rise di gusto e abbracciò il mio cuscino dopo essersi spaparacchiato nuovamente sul letto. “

 

Ma dico ci senti?” urlai furiosa. “Vieni a prendermi e trascinami fuori di qui con la forza se ci riesci” rispose sarcastico. In quel momento Padge passò davanti la porta, si fermò di scatto “Hey che succede qui? Liz?”. Mi limitai a guardarlo e mi sedetti sul letto, la giornata era appena cominciata ed ero praticamente già stanca. Intanto Matt se la rideva, “Ciao Padge, hai visto come facciamo amicizia io e lei?” aveva detto tranquillamente.

 

“Matt dai andiamo che ti devo parlare” rispose il chitarrista senza guardarmi neanche. Finalmente il ragazzo dei miei sogni si decise a dargli retta e si alzò “ci vediamo dopo Liz” disse tutto sorridente.

 

Mentre uscivano entrambi dalla mia stanza gli tirai il cuscino e quando richiusi la porta non potei fare a meno di non pensare ancora una volta a ciò che mi aveva detto. Aveva ragione e lo sapevo ma non potevo iniziare qualcosa di serio con lui. C’era qualcosa che mi bloccava.

    

Andai a fare colazione in cucina, di nascosto, lo ammetto. Infatti quando il mio capo se ne accorse si infuriò molto “ E stai calmo!” gli urlai contro e mi diressi nella sala riservata più piccola. Mi accomodai su uno dei tavoli apparecchiati per due, su una sedia c’era anche il giornale che qualcuno aveva dimenticato, perfetto pensai.

 

 Mentre ero immersa nella lettura sui fatti di cronaca Sharon comparve di fronte a me e mi salutò. “Hey!” le dissi lasciando perdere il giornale abbracciandola “ma come mai qui a quest’ora?”, lei sorrise “Semplice, ti sostituisco. Se non fosse per il fatto che oggi i tuoi cari idoli fanno colazione a buffet invece che in camera…” il suo sguardo si immobilizzò oltre le mie spalle.

 

“Oh no” sussurrai “dimmi che non è qui”, finalmente tornò a guardarmi “sono qui tutti e 4” rispose poi si allontanò da me. La seguii con lo sguardo finché non spari dalla sala dopo aver chiesto ai ragazzi cosa prendevano da bere. Jay mi salutò con la mano e Padge mi fece cenno di avvicinarmi.

 

Un po’ perplessa andai da lui, “ Scusa per prima ti sarò sembrato un po’ strano” disse, Matt ci osservava attentamente “ma guarda che non devi scusarti” risposi, “no Liz, seriamente, ormai quello che c’è fra te e lui è troppo palese…” Sharon riapparve con un vassoio e 4 tazze, io guardai Padge confusa “cosa stai dicendo?” chiesi a voce molto alta, quando mi innervosivo alzavo sempre la voce “Liz ce ne siamo accorti tutti…” continuò lui, stavo per rispondergli ma la mia amica-collega mi trattenne “Vieni in cucina con me ho bisogno di parlarti” guardai storta anche lei “no scusate ma che vi prende a tutti quanti? Vedete cose che non esistono…” Matt rise poi tornò serio , si rivolse a Padge “cosa cazzo le hai detto?”.

 

 L’aria che tirava era di lite cosi mi misi in mezzo “ Niente…di importante, adesso per favore se la smettesse tutti con questa favola ve ne sarei grata, ok?” li guardai tutti uno ad uno. Poi Sharon mi trascinò in cucina.

 

“Ti dico soltanto quello che c’è da dire Liz…se vuoi veramente togliertelo dalla testa a vacci a letto” mi disse appena restammo da sole, “Cosa?” le urlai in faccia “tu non stai bene”, quando cercò di aggiungere altro la piantai in asso. Fui tentata di tornare a discutere di nuovo con i ragazzi ma mi dissi che era meglio evitare.

 

Il pomeriggio lo passai a casa visto che non c’ero quasi mai, ma i nervi tesi non mi lasciavano, improvvisamente mi venne una gran voglia di andare al poligono di tiro, era un modo abbastanza efficace di scaricare la tensione.

 

Mentre scendevo al piano di sotto sentii suonare il citofono ma mi accorsi anche di aver dimenticato il cellulare, tornai nella mia stanza a recuperarlo. Quando mia madre gridò “Liz c’è uno alla porta che somiglia tanto a quello dei Valentie…”, la corressi distrattamente “ mamma i bullet for my…oddio come hai detto scusa?!” sbiancai e sentii il cuore esplodere quasi.

 

Mi precipitai al piano di sotto e aprii la porta, era davvero lui, con quel’aria strafottente come al solito. Lanciai un occhiata a mia madre e notai i suoi occhi su di me pieni di domande “Comunque stavo uscendo…” dissi e mentre aprivo il cancello mi chiese ancora “Ma non me lo presenti neppure?”, “No” risposi trascinandolo via mentre la salutava.

 

“Ma che diavolo ti salta in mente? Adesso vieni a casa mia ?” sbottai, lui mi passò un braccio intorno al collo “Rilassati, dove stai andando?” Rispose.

Io non ero arrabbiata, anzi, tutto il contrario e sicuramente lui l’aveva intuito “Al poligono di tiro” dissi distrattamente, “ Ti piacciono le armi?” chiese incuriosito, scorsi la sua auto nel parcheggio prima di rispondere “Oh si non te l’avevo detto?”.

 

La aprì ed io entrai per prima senza obiettare. Quando si richiuse anche il suo sportello infilò la chiave senza mettere in moto “Mi piaci sempre di più non te l’avevo detto?” disse apertamente guardandomi. Cercai di distogliere lo sguardo ma senza successo “Ascolta, io vorrei essere me stessa con te e non la acida che faccio sempre, perché io non sono cosi, sei tu che mi obblighi a trattarti sempre male” mormorai.

 

Mi fissò negli occhi pensieroso accarezzandomi la guancia poi mise in moto. Gli bloccaci la mano e girai la chiave nel senso opposto. La macchina si spense e mi guardò senza capire. Gli accarezzai la guancia come aveva fatto prima con me poi lo baciai. All’inizio piano poi con molta più foga. Matt ricambiò anche se l’avevo colto di sorpresa finché non mi staccai perché mi mancava il respiro.

“Adesso puoi partire” dissi ansimando e tranquillamente abbassai lo specchietto. Lui sorrise e ingranò la retromarcia.

 

Al rientro in Hotel (avevamo fatto solo pochi spari) trovammo gli altri bullet sul viale d’ingresso. Jay tutto sorridente ci chiedeva dove eravamo stati, Moose era incurante al cellulare e Padge se ne stava zitto, gli chiesi perché quando d’un tratto il suo sguardo fissò un punto alle mie spalle. Ci stavamo avviando verso l’entrata cosi mi voltai un attimo senza fermarmi. Charlotte era a pochi passi da noi, aveva un sorriso strano e teneva abbassata una pistola.

 

“Wow anche Carlottina ci si impegna eh?” chiesi ad alta voce, gli mi guardarono dicendo in coro “cosa?”. Mi girai ad indicargliela ma quando notai che ce la puntava contro e più precisamente in direzione del loro cantante non seppi trattenermi. Fu un attimo.

 I Ragazzi si accorsero di ciò che stata succedendo quando io mi piazzai davanti a Matt e sentii il colpo, sia con l’udito che con il corpo.

Caddi a terra e non vidi e sentii più nulla.

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


-Punto di vista di Matt-

 

CAPITOLO 16

 

 

Uno, due, tre... Non saprei dire quanti furono gli istanti in cui il mio cuore smise di battere, le orecchie di sentire, la mente di realizzare. Il sangue raggelato nelle vene era come un peso opprimente che mi teneva inchiodato incapace di muovermi e di pensare, con l’unico senso che sembrava non mi avesse abbandonato: la vista.

Era stato un secondo in cui il tempo sembrava essersi fermato. Intorno a me avvertivo la presenza di Jay sussurrarmi cose tipo “Matt, Matt? L’hai vista? E’ stata lei…è stata Charlotte a sparare…” ma non riuscivo ad afferrare il concetto.

Nel momento in cui Liz si era rapidamente spostata di fronte a me ero del tutto inconsapevole di cioè che le sarebbe successo, ma lei no. E nel momento in cui il rumore dello sparo aveva fatto calare il silenzio seguito poi da una folla che usciva dall’Hotel sussultando “Cosa è stato?” cercai di distogliere gli occhi dal lago di sangue che si allargava intorno al corpo di lei e convincermi che non era vero, che stavo sognando, che non poteva essere.

Jay parlò ancora “ Chiamo subito un’ambulanza” disse frettoloso, non lo ascoltai neppure. Rivissi per un momento ciò che era appena successo fissando il volto di Liz, aveva gli occhi chiusi, l’espressione serena, come se stesse dormendo, come se fosse…

“Noooooooo!” fu tutto ciò che riuscii ad urlare, inconsapevolmente. Mi chinai svelto su di lei sollevandole la schiena e le accarezzai il viso. Le lacrime mi scesero sulle guance di prepotenza “Liz svegliati, ti prego Liz svegliati” sussurrai, ma lei non si muoveva. Il sangue aveva macchiato i jeans e le mani, “Dio ti prego fa che sia viva”  pregai mentalmente e in quel momento ebbi paura che l’emorragia potesse già esserle stata fatale “Liz, non mi lasciare, ti scongiuro” gridai.

Poi una folla di macchine, clacson impazziti e le sirene dell’ambulanza giunsero sempre più vicini, e mi ricordai la causa del dolore atroce che provavo li, su quel dannato asfalto sporco del sangue della donna di cui ormai ero innamorato. La strinsi a me continuando a piangere.

Alzai lo sguardo ed incontrai quello di Charlotte in piedi a pochi passi da me, era immobile e l’espressione sul volto emanava una certa soddisfazione. Jay e Padge la trascinarono via mentre lei rideva a più non posso “a te penserò dopo” pensai fra me.

Un paramedico mi si affiancò dicendomi qualcosa di incomprensibile e altri tue tizi trascinarono una barella; fui tentato di mandarli tutti all’inferno e non permettergli di toccarla ma loro avrebbero potuto salvarla, e questo lo sapevo.

“Il battito è debole” fu quello che mi tradusse Antonio “adesso le mettono l’ossigeno, ma come è successo? Dicono tutti di aver sentito un colpo di pistola”. Non avevo la forza neanche di rispondere, lo ignorai e mi avvicinai alla barella che stavano per caricare sull’ambulanza.

“Liz!” sentii gridare Sharon, che apparve alle mie spalle “no! Chi è stato?” urlò fra i singhiozzi “vengo con te, non ti lascio” ma poi un infermiere si rivolse a lei “è una parente?” le chiese “no sono un amica” poi mi guardò “può andarci lui? Ascolti sono entrambi inglesi, lui è…il fratello, ma non sa molto l’italiano”, “D’accordo ma sbrigatevi” acconsentì il tizio.

L’ambulanza correva impazzita per non so quale ospedale, Liz era circondata da camici bianchi, flebo e tubi. Mi sentivo a pezzi, era come se fossi stato io la sopra al suo posto.“Sembra riprendere conoscenza” disse ad un tratto un medico. La vidi per la prima volta riaprire lentamente gli occhi, le tolsero la mascherina dell’ossigeno. Mi precipitai ad avvicinarmi ancora di più “Matt..” disse piano, non credevo alle mie orecchie, stava pensando a me.

Le presi la mano “Sono qui tesoro sta tranquilla” le accarezzai la fronte “Matt” ripeté, poi riaprì gli occhi e mi lanciò un breve sorriso, li richiuse subito. Mi strinse la mano poi la linea del monitor che misurava la sua pressione divenne orizzontale e un bip continuo scatenò la preoccupazione nei volti dei medici.

Arrivammo all’ospedale che stavo per esplodere “La portiamo in rianimazione” disse un infermiere “lei non può entrare”. La tentazione di spaccargli la faccia per quello che aveva detto era troppo forte. Mi premetti i palmi delle mani sulle tempie “ma cosa…? Rianimazione? Come in rianimazione?” gridai, il tizio mi guardò dalla testa ai piedi “Si calmi, le faremo sapere” e sparì dalla mia vista.

Colmo d’ira lanciai un pugno al muro cosi forte che fu un miracolo che le nocche non mi si ruppero. Ignorando i volti che mi fissavano in quel momento uscii dall’ingresso principale in lacrime e fumai il pacchetto intero di Marlboro Light che avevo in tasca.

Dopo un paio d’ora che me ne stavo fuori l’ospedale accostò una macchina, Sharon, l’amica di Liz. Parcheggiò e mi corse incontro, “Come sta…?” mi chiese subito poi s’interruppe “Hey tu stai bene?”. Mi accasciai al suolo, abbracciai le ginocchia che avevo piegato “E’ in rianimazione…” sussurrai cercando di non pensare a quello che stavo pensando.

Quando tornai dentro con Sharon che cercava di farmi essere ottimista mi squillò il cellulare. Lo porsi alla ragazza, non volevo sentire nessuno, e mi allontanai. Qualche minuto dopo Sharon mi avvisò che era Padge “d’accordo grazie non lo voglio sapere” dissi. Cercavo senza successo di calmarmi ma l’angoscia aveva preso il sopravvento. Lei mi si avvicinò “Matt ascolta, Liz è forte se la caverà, io lo so che se la caverà, deve riuscirci…” e iniziò a piangere.

 Non sapevo se abbracciarla o risponderle, cosi non feci nulla. Ci spostammo nella sala d’attesa e poco dopo Padge, Jay e Moose ci raggiunsero. Mi abbracciarono tutti “Non disperare Matt” disse Jay “ non è mica morta!”. Quella frase mi tolse il fiato, lo fulminai con lo sguardo e Padge gli diede una gomitata seguita da un colpo di tosse. “Matt, lei… forse finirà sotto processo o di nuovo in clinica…” iniziò Moose “oh chissà, magari all’altro mondo prima del previsto” risposi velenosamente.

Tutti e 4 mi guardarono senza parole quando comparve un dottore, gli andai in contro per primo. “Voi siete i parenti della ragazza giusto?” chiese in perfetto inglese “Si e allora?” sbottai nervosissimo. Jay mi toccò un braccio “stai calmo” sussurrò. Il dottore col camice verde e i grandi baffi era serio “Abbiamo estratto il proiettile…” con la coda nell’occhio vidi che i ragazzi si lanciarono brevi occhiate “la ferità non è grave, si era fermato fra due costole senza perforare nulla”. Mentalmente ringraziai il cielo e fra me e me tirai un sospiro di sollievo, la tensione cominciava a scemare.

“Possiamo vederla?” chiese incredula Sharon. “Ecco…” disse piano il medico “ci sarebbe un problema…”. L’ira mi annebbiò di nuovo la mente, mi avventai su di lui ma Jay mi trattenne per le braccia “Perché non ci dice la verità? Sta mentendo! Non è tutto apposto la ferita allora è grave nn è cosi?” quasi sputai in faccia .

L’uomo rimase impassibile “Stavo dicendo…che potete anche vederla” disse ignorando le mie domande “ma…”, il mio cuore smise di battere per un istante “la ragazza.. è entrata in coma dopo l’operazione quindi…”. Non c’era bisogno che aggiungesse altro, lanciai un’occhiata a Jay che allentò la presa. “Mi dispiace ragazzi” disse ancora il dottore, sembrava davvero sincero ma non me ne fregava niente.

 “Dov’è adesso?” chiesi senza tradire alcuna emozione. Seguimmo tutti il dottore per un lunghissimo corridoio finché si fermò davanti una porta bianca “Solo due alla volta, vi mando un infermiera per controllare…”. Aprii la porta senza troppi complimenti “lasciatemi solo” dissi entrando e la richiusi.

 




 

NOTE DELL’AUTRICE: salve a tutti i lettori e lettrici! Grazie per seguirmi o semplicemente per apprezzare questa storia. Questo è un capitolo un po’ delicato scritto dal punto di vista di lui invece che della protagonista (come avrete notato). Devo dire che io personalmente odio rileggere i capitoli che scrivo perché o mi fanno pena o mi fanno veramente ridere (come questo) perché dove può arrivare la mia mente mi sorprende davvero!!! Alla prossima! Ciao a tutti un bacione

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17

 

 

Non sentivo assolutamente nulla, o meglio, ero come cieca. Ma potevo avvertire la presenza di qualcosa vicino a me. I rumori poi, quelli li udivo debolmente e neanche del tutto. Era come quando suona la sveglia la mattina e tu richiudi gli occhi dopo esserti appena svegliato, ma sai che fra 5 minuti devi alzarti perché sennò fai tardi.

Mi sembrava che il tempo si fosse fermato dentro la mia mente…non avevo mai provato cosa volesse dire essere in coma. Un suono o meglio una voce, mi riportarono ad una qualche realtà. Sentii d’un tratto il bisogno di muovere le dita, le dita della mano e credo che qualcosa fosse a contatto con la mia mano.

“Liz se mi senti muovi le dita ti prego…”riuscii a sentire poi più nulla, il silenzio di tomba. L’idea che Matt fosse li dà qualche parte mi balenò in mente, ma non seppi perché, non ricordavo nulla di dove ero, perché mi trovavo in quello stato, niente. Era come se mi avessero scaraventato in un'altra dimensione e c’era ancora una sorta di mezzo di comunicazione con la realtà.

Riuscii a muovere le dita della mano destra e percepii l’altra mano che mi teneva poi di nuovo il vuoto; mi sembrò di dormire in quel momento, di essere caduta in un sonno che durò non so quanto finché non trovai la forza di aprire gli occhi.

Come quando avviene un risveglio da un sonno profondo li richiusi subito piano e li riaprii, le luci che entravano dalla finestra mi davano fastidio quindi doveva essere giorno. Mi accorsi delle pareti e soffitto bianchi quando realizzai che ero intubata in una stanza d’ospedale, mi tolsi una specie di mascherina per l’ossigeno e l’adagiai sul comodino. Non so dire perché ma mi immaginai lui al mio capezzale magari con i gomiti appoggiati sul letto…, o forse poco prima si trovava proprio cosi.

Mi staccai gli elettrodi collegati alla macchina del cuore ignorando il beep continuo, mi alzai lentamente e uscii sul corridoio a piedi nudi. Mi tenevo la camicia da notte che era aperta dietro, avevo una mano fasciata e un braccialetto con dei numeri, mi accorsi anche che il costato era fasciato…Vagai per un po’ finché non arrivai un una saletta d’attesa, ora gli sguardi della gente cominciavano a farsi sentire, ma io cercavo lui, quello era l’unico scopo della mia passeggiata.

Un’infermiera comparve dal nulla urlando “lei dove va? Torni immediatamente in camera!” e prese a trascinarmi da dove ero venuta proprio mentre mi accorgevo della presenza di Matt, lo vidi voltarsi per un attimo verso di me prima di sparire dal mio campo visivo.

Arrivate di fronte la porta della camera la costrinsi a lasciarmi il braccio e sbuffai “allora me lo dice o no cosa mi è successo?”, “non ho con me il registro perché non me lo dice lei?” rispose quella. Le risi in faccia “che razza di domanda è? Come posso saperlo io?” poi mi sentii chiamare, o meglio sentii pronunciare il mio nome ad alta voce con tono di sorpresa. 

Realizzai in un secondo l’immagine di Matt che mi correva letteralmente incontro e mi afferrava sollevandomi da terra poi mi baciò. Cosi. Senza preavviso. Lo lasciai fare ignorando l’infermiera che inveiva “e questo sarebbe il fratello?”. Quando ci staccammo lui stava quasi piangendo “Oddio sei viva! Sei uscita dal coma ancora non ci credo, sei viva!”.

La parola “coma” mi colse impreparata, riecheggiò nella mia mente finché non mi costrinsero a tornare a letto, Matt seduto vicino a me che non mi mollava la mano e Wolf che spuntato dal nulla si era letteralmente accomodato sui miei piedi.

“Che cosa mi è successo?” chiesi distrattamente mentre mi allungavo per accarezzare l’husky tra le orecchie. Matt si irrigidì “Non ti ricordi proprio niente?”, ci pensai su per un po’, era già tanto che non mi era venuta un’amnesia al mio risveglio!

La porta della camera si aprì ed entrò l’infermiera antipatica di prima il cui sguardo si posò all’istante su Wolf “lui non può stare qui” sibilò velenosa ma ad uno sguardo fulminante di Matt aggiunse “affari vostri, comunque ci sono visite”. Mia madre varcò la soglia della porta seguita da mio padre, mio fratello, mio nipote e Sharon.

Mi abbracciarono quasi tutti insieme mentre qualche lacrimuccia cominciava a scendermi, ero senza parole. Il primo a parlare fu mio fratello “ci hai fatto prendere un bello spavento eh?” sorrise, nel frattempo mia madre non la smetteva di accarezzarmi il viso e chiedermi come mi sentivo.

Lei e mio padre piangevano. Sapevo che nonostante l’allegria di mio fratello che era solo una maschera poi, tutti dovevano essere stati in uno stato di totale ansia per me.

Li rassicurai cercando di smettere di piangere, mio nipote salì sul letto tutto felice “zia zia che bello questo cane lo posso accarezzare?”, “ma certo” gli risposi sorridendo poi mi rivolsi a mio fratello “Chris hai fatto un bel viaggetto eh?”. Lui si chinò a baciarmi la fronte “Non ci pensare, adesso dobbiamo pensare a te”.

Sharon venne a posare un mazzo di rose sul comodino, poi mi abbracciò “lo sapevo che ce l’avresti fatta, che sei forte…” singhiozzò, “Oh basta un po’ con ste lacrime!” esclamai, poi guardai per un attimo i miei genitori poi Matt.

Lui mi lesse letteralmente nel pensiero “Sono stato io ad avvisare i tuoi…” disse come se fosse stata la cosa più normale di questo mondo, “si” continuò mia madre “aveva tenuto il tuo cellulare, se non fosse stato per lui non so chi ce l’avrebbe detto…” mi immaginai per un attimo la scena in cui il mio cantante preferito avvisava per telefono i miei genitori del fatto che fossi entrata in coma e mi trattenni dal ridere e alla fine abbassai la testa perché lo sguardo di lui mi stava perforando come un proiettile.

Il giorno seguente, anzi, il pomeriggio seguente mi svegliai da un lunghissimo riposo. Capii che era pomeriggio dall’ora sul mio cellulare che si trovava sul comodino, il giorno prima non c’era. Sorrisi. Poi mi girai dall’altro lato e cercai di riprendere sonno,chissà quanto avevo dormito ma essere pigra faceva parte di me.

Non sentii la porta aprirsi finché il lenzuolo si spostò dal mio corpo e rabbrividii sulla schiena per via della camicia aperta dietro. ”Liz” sussurrò Matt “svegliati ti porto via da qui”. Mi voltai lentissima verso di lui “Cosa?” sbadigliai “ma io ho sonno” chiusi gli occhi ma li riaprii subito. “D’accordo” dissi, tutt’ad un tratto mi sentii sveglia, lui mi prese in braccio all’istante senza fatica nonostante i miei 69 kili e uscimmo dalla stanza.

Una volta a casa i miei genitori e mio fratello avevano veramente insistito per farlo restare a cena, mio padre spiccicava bene qualche parola in inglese e mia madre e Chris non la smettevano di ringraziarlo per quello che aveva fatto per me (Sharon li aveva aggiornati), mio nipote sedeva vicino a me. 

Io li ascoltavo mentre ricomponevano la storia di ciò che mi era successo e della mia permanenza in ospedale. I pensieri affollavano la mia mente sempre di più quando emerse finalmente un ricordo…la forchetta mi cadde dal tavolo schiantandosi sul pavimento e gli sguardi si posarono su di me preoccupati.

Non avevano del tutto ricomposto la storia forse perché lui sapeva che non ricordavo chi fosse stato a spararmi. Il loro discorso era più che altro una serie di domande su quanto tempo fossi stata sotto osservazione, e sull’ambulanza che mi aveva raccolta in seguito ad una caduta…

Matt cercava le parole giuste ma ci stava girando intorno, stava omettendo la parte più importante del perché mi trovavo in quella situazione. Mi alzai di scatto ma un violento giramento di testa mi costrinse ad appoggiarmi al tavolo e 4 paia di mani che mi sorreggevano.

“No sto bene…”sussurrai, Matt mi toccò la fronte “sei pallida e scotti”. Gli scostati la mano senza guardarlo “lasciatemi in pace tutti per favore” risposi staccandomi dal tavolo. “Santo cielo Elizabeth che ti succede?” si preoccupò subito mia madre, “ce la fai a stare in piedi o è meglio se ti stendi?” chiese mio padre, “ti preparo qualcosa di caldo e misurati la febbre!” aggiunse mio fratello fuggendo in cucina.

 Io sbuffai più volte, mia madre si rivolse al ragazzo dei miei sogni “ti dispiacerebbe accompagnarla di sopra mentre le portiamo la cena a letto?” lui annui e riconobbi quella strana luce nei suoi occhi che si accendeva quando era particolarmente elettrizzato all’idea di stare da solo con me ma si spense subito, mi guardò serio e mi prese di nuovo in braccio, non avevo fatto in tempo a dire “a” che mi ritrovai seduta sulla sponda del mio letto.

Scostò le coperte e mi ci trascinò delicatamente sotto poi mi coprì per bene e si sedette al mio capezzale. Per un attimo mi mancò il matrimoniale dell’hotel ma anche una piazza e mezza non era male. Mi fissò senza dire niente, io stavo per esplodere. 

Mi tirai su “Perché non me l’hai detto? Mi nascondi sempre qualcosa…” mi zitti perché sulla soglia della porta apparvero mia madre e mio fratello che posò sulla scrivania il vassoio con il resto della cena “tutto ok sorellina?” guardò prima me poi lui.

Annui, mia madre mi si avvicinò “figliola come ti senti? È passato quel giramento di testa?”. Respirai profondamente, ero nervosa e cercavo inutilmente di nasconderlo “va tutto bene mamma, tranquilla”.

Chris tossì “io vi devo salutare ho l’aereo fra 1 paio d’ore” e chiamò Matteo per salutarci; mio nipote mi riempì di baci come suo solito poi si rivolse a Matt che gli sorrise. “Dai Matteo saluta Matt” dissi trattenendo una risata, ero arrabbiata in una situazione imbarazzante “ciao” disse lui, “ciao” rispose l’altro con una pronuncia accettabile.

Mio fratello mi abbracciò poi salutò nostra madre ed infine strinse la mano al ragazzo, avevano 6 anni di differenza e Chris era il più grande, questo voleva dire difesa doppia nei miei riguardi. Mio nipote lo stava ancora fissando poi cose da me e mi disse all’orecchio “zia mi piace questo qui…” gli accarezzai il mento “anche a me” sussurrai facendolo ridacchiare.

Ci lasciarono di nuovo soli e questa volta ero decisa a farmi sentire, mi alzai chiusi la porta e lo fronteggiai. “Si lo so che ti sono mancato” sorrise sfacciatamente come sempre poi mi guardò dalla testa ai piedi mentre mi avvicinavo “a me mancano le tue camicie da notte di seta nera”. Fortuna che avevo il megapigiama e ignorai quella frase “E’ stata lei a spararmi” dissi tutto d’un fiato.

La sua espressione divenne seria “adesso ricordi finalmente, non sapevo come dirlo alla tua famiglia….bene, ora puoi denunciarla”. Rimasi senza parole “ma come non stavi cercando di evitare questo discorso per paura…”, “paura di cosa?” quasi urlò “se non la denuncerai tu lo farò io, non è comprensibile ciò che ha fatto! Tu mi hai salvato la vita quel proiettile era per me, ti rendi conto che hai rischiato la tua vita per la mia? Non lo chiami amore questo?”, sbiancai del tutto. Deglutii a fatica. Il discorso stava prendendo una brutta piega.

Mi si avvicinò “ma… cosa… stai dicendo” sibilai mentre avanzava verso di me, indietreggiai fino a toccare l’anta dell’armadio con la schiena, lui appoggiò la sua fronte alla mia e sospirò “Ho temuto di averti persa per sempre…non puoi neanche immaginare quello che ho passato quando ti ho vista in un lago di sangue su quell’asfalto” i suoi occhi divennero lucidi e a me scese una lacrima.

Mi stavo trattenendo dall’abbracciarlo e quant’altro, leggevo nei suoi occhi tutta la sofferenza e il nervoso che aveva accumulato. Mi abbracciò lui “ti prego baciami” sussurrò una volta sola. Rimasi immobile fra le sue braccia per secondi che sembrarono secoli poi sciolsi l’abbraccio e gli toccai il collo, lui mi baciò la fronte.

Finalmente alzai il mento e posai le mie labbra sulle sue. Stava studiando le mie reazioni,aspettava che facessi io ogni primo passo. Dopo un casto e breve bacio mi staccai e lo guardai.

Occhi azzurri lucidi e delusi… Per un attimo pensavi che forse ero davvero un po’ stronza. Gli guardai la bocca mentre le mie dita si infilavano tra i suoi capelli e lo baciai di nuovo, sapevo che non aspettava altro. Mi strinse forte e io lo spinsi vero il letto. Ce lo buttai sopra e mi accomodai vicino a lui, mi abbracciò e le nostre bocche si riunirono.

Quando mi staccai perché avevo il cuore a 3000 sembrò essere meno triste “Liz” disse piano, lo guardai per incitarlo a finire la frase. Ci pensò un attimo “No niente”. Sapevo che non era cosi, che quelle parole tradotte erano invece “ti amo”.

Dopo qualche istante di silenzio in cui ero rimasta a fissarlo si alzò dal letto “adesso è ora di andare” disse molto controvoglia ma nascondendola con un breve sorriso. Capii che aveva dannatamente ragione, non potevo trattenerlo e avevo bisogno di stare anche con la mia famiglia.

Gli afferrai la mano “stanotte dormirò da sola” pronunciai triste, mi resi conto che ormai l’incoerenza faceva parte di me visto che mi contraddicevo ogni minuto. 

“No” mi rispose “io sono sempre con te, a domani, e sognami” si chinò a baciarmi sulla fronte poi si allontanò. Rimasi da sola a guardare la porta da dove era uscito rendendomi conto che già mi mancava tremendamente.

 

 

 

 

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