On the road

di v91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il principe Caspian? ***
Capitolo 3: *** Dai,mamma! ***
Capitolo 4: *** Finalmente a casa ***
Capitolo 5: *** La cena ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


In questa prima parte vengono presentati i protagonisti principali...serve come introduzione...prometto che Ben troverà maggiore spazio nei prossimi capitoli!


PROLOGO

Guidava piano, con i finestrini abbassati e la musica a basso volume per non svegliarla. Faceva tremendamente caldo e l'aria condizionata dell'auto si era rotta tanto tempo fa. Spostava automaticamente gli occhi dalla strada alla sua piccolina che dormiva tranquilla nel sedile dietro. Non sarebbe stato facile per lei cambiare vita, trasferirsi in un altro paese, ricostruire una nuova vita. Non lo sarebbe stato per nessuna delle due. Ma non aveva avuto altra scelta, doveva trovare lavoro o non sarebbe riuscita a crescere la sua bambina. E poi per lei era come tornare a casa dopo un lungo viaggio. Ce l'avrebbe fatta, ce l'avrebbero fatta. Insieme, come sempre. Con questa nuova speranza pigiò un po' più forte il piede sull'acceleratore, non vedeva l'ora di arrivare e rivedere la sua amata Londra.

 

-Mamma...- la sua piccola aveva aperto gli occhi ancora impastati dal sonno e si stava guardando attorno -Siamo arrivate?-

-Non ancora, ma siamo vicine-

-Mamma, com'è Londra?- Le aveva fatto questa domanda almeno mille volte da quando le aveva detto che si sarebbero trasferite lì.

-Vedrai ti piacerà. E' grandissima è c'è tantissima gente, moltissimi parchi dove potremmo fare i picnic che ti piacciono tanto e poi ci sono gli autobus rossi e le tazzone di caffè-

-Come quelle che prendevi tu a casa!-

-Esatto!- Non mi ero mai abituata all'espresso italiano, ho sempre continuato a bere quello americano, lungo e poco forte. Lo so, è strano.

-Esatto! E poi i cheescake, gli hamburgher...-

-E il fish and chips-

-Ovvio!-

-Mamma, devo andare in bagno. Ci fermiamo?-

-Si,tesoro hai ragione, siamo in macchina da molto tempo, una sosta farà bene anche a me.-

 

Arrivate all'area di sosta Catherine scese di corsa dalla vecchia auto. Si sgranchì le gambe e cominciò a guardarsi attorno, scrutando quella vecchia stazione con i vispi occhietti verdi. Nello stesso tempo Holly scese dall'auto e prese la borsa dal sedile. Si sentiva molto stanca, non era abituata a guidare per così lunghi percorsi. A ciò si univa la paura dell'ignoto ma anche l'eccitazione di tornare a casa dopo molti anni. Improvvisamente un ricordo si affacciò alla sua memoria: rivide se stessa a quindici anni quando aveva lasciato Londra per seguire i suoi genitori in Italia. Il padre era un docente universitario e per motivi di studio si doveva trasferire a Bologna. La madre, sempre troppo accondiscendente nei confronti del marito, l'aveva seguito senza fiatare e anche Holly era stata costretta a seguirli, ancora troppo piccola perchè il suo parere valesse qualcosa. Andarsene era stato terribile, e per molto tempo aveva odiato la nuova città, i suoi genitori, la sua nuova vita, se stessa. Ricordava perfettamente il giorno della partenza, quando Kate, la sua migliore amica, in realtà l'unica che avesse mai avuto, era andata a salutarla a casa. Si erano abbracciate a lungo nel vialetto di casa sua mentre suo padre finiva di caricare le valigie sull'auto, la stessa auto che ora stava riportando lei e sua figlia in quella che ancora considerava casa sua, sebbene poi col tempo si fosse abituata a vivere in Italia. Le due ragazzine non smettevano di piangere, si erano promesse amicizia eterna. Poi la madre l'aveva costretta a salire in auto e lei era rimasta a fissare la sua amica col viso appiccicato al finestrino fino a che la figura della ragazza si era trasformata in un puntino nero, portando con sé tutta la sa vita. Erano passati ormai otto anni.

-Mamma!- La voce della sua piccola la riportò velocemente al presente. -Mamma, ti sei incantata?-

-Ahah...si,stavo ricordando-

-Ricordi belli?-

-Non lo so...andiamo,su! Non dovevi andare in bagno? Poi facciamo colazione,va bene?-

 

Il piccolo locale era quasi vuoto, solo loro due e pochi altri clienti: un'altra famiglia con due figli adolescenti che non sembravano molto contenti di trovarsi lì e un uomo che dava loro le spalle. Poteva avere 20 o 30 anni, di corporatura snella, e coi capelli castani piuttosto lunghi. Ordinarono un caffè, una tazza di latte e dei puncakes. La cameriera, un donnone sulla cinquantina molto simpatica, aveva accompagnato la piccola Catherine a vedere la vasca coi pesci. Holly la osservava da lontano, la sua piccola, grande, donnina. Aveva solo cinque anni e, nonostante fosse piuttosto piccolina di costituzione, dimostrava una rara intelligenza per la sua età. Coglieva al volo ogni tipo di situazione, sapeva sempre fare le domande giuste e provava una vivace curiosità per tutto ciò che la circondava. Era molto aperta e faceva amicizia molto facilmente. In questo la aiutava anche il suo aspetto dolce e allegro: aveva i capelli neri lunghi, ereditati dal padre evidentemente dato che i suoi erano color miele, gli occhi verdi intensi e sempre all'erta, come se non volessero perdere nessun piccolo particolare. Erano molto diverse loro due, Holly non era mai stata brava nei rapporti personali, anzi col tempo era finita per ritenersi piuttosto noiosa dato che nessuno aveva instaurato con lei durevoli rapporti. Era sempre stata molto indipendente, fin da bambina, e la solitudine non le era mai pesata troppo, anzi, aveva sempre cercato di sfruttare al meglio i momenti in cui stava da sola. Leggeva moltissimo e studiava in ogni momento. Tempo per le amiche e per i ragazzi non ne aveva mai avuto molto, anche se ogni tanto le sarebbe piaciuto passare il sabato pomeriggio al centro commerciale con qualche ragazza, invece che restare a casa a studiare. Ma come diceva il padre “la prima cosa è lo studio, la seconda la carriera e solo dopo tutto il resto”. Aveva cercato di accontentarlo, per questo a 23 anni aveva già una laurea in Lingue Straniere ed era iscritta al primo anno di Giurisprudenza, facoltà che, visto come erano andate le cose, non avrebbe mai terminato. O no, non era un genio. Era solo una ragazza con molto tempo da dedicare agli studi e un padre che l'aveva iscritta in una strana scuola privata così da permetterle di diplomarsi in anticipo e frequentare l'università mentre tutti gli altri ragazzi si preparavano al ballo del liceo. Nonostante tutto ogni volta che guardava la sua bambina non riusciva a provare alcun rimorso, solo un po' di dolore a ricordare, forse, ma poi quello svaniva ogni volta che Catherine fissava i suoi occhioni verdi in quelli azzurri della madre.

Il suono del cellulare la risvegliò dai ricordi che stavano diventando sempre più prepotenti e rischiavano di farla precipitare nel passato, cosa che le accadeva più spesso di quanto non avesse voluto.

-Pronto-

-Buongiorno, signorina. Sono la segretaria del signor Smith, la chiamo per confermare il suo colloquio di domani pomeriggio.-

-Si, certo. La ringrazio.-

-Alle 3, nei nostri uffici, l'indirizzo è quello che le abbiamo spedito nella ultima email. Sa dove si trova?-

-Si,lo conosco, non si preoccupi. Sarò puntuale.-

-Perfetto. A domani,buona giornata.- click. Il tono della signorina che le aveva appena sbattuto letteralmente il telefono in faccia era decisamente poco gentile, Holly sperava sinceramente che il suo capo fosse molto più cordiale. Era stata fortunatissima ad ottenere un colloquio con quell'agenzia che assumeva traduttori ed interpreti. Certo le conoscenze non le mancavano in quel campo: parlava correttamente, oltre all'inglese e all'italiano ovviamente, lo spagnolo e il francese, con buone conoscenze anche di russo e tedesco. Le lingue le erano sempre piaciute moltissimo perchè le permettevano di ambientarsi meglio in ogni circostanza senza sentirsi esclusa in nessuna situazione, per questo aveva insegnato a sua figlia sia l'inglese che l'italiano, lingue che parlava piuttosto fluentemente.

-Mamma,mamma, c'è il principe!- Catherine era tornata al tavolo senza che nemmeno se ne accorgesse e ora saltellava tutta eccitata per qualcosa che Holly non capiva.

-Il principe? Cosa dici, tesoro?-

-Ma si, mamma, il principe! Quello del televisore dell'altra sera! Quello che parla con gli animali!-

Ora Holly capiva. Qualche sera fa avevano visto insieme in dvd “Le cronache di Narnia. Il principe Caspian”, evidentemente ora Catherine aveva visto quello stesso dvd nell'espositore lì vicino.

-Ho capito tesoro, intendi il principe Caspian! Mi dispiace ma ora non possiamo comprare nulla, siamo in ritardo e la strada è ancora un po' lunga, dobbiamo ripartire.-

-Ma no mamma! Ho detto che c'è il principe, non il dvd!- Holly era un po' perplessa. Davvero non capiva dove volesse andare a parare la bimba.

-Cosa? Tesoro te l'ho detto già ieri, i personaggi che vedi nel televisore non sono reali, non puoi aver visto il principe Caspian. Lui non esiste!-

-Si, che esiste,mamma! E' lì, seduto in quel tavolo che mangia!- Col ditino teso stava indicando un tavolo dall'altra parte della sala.

-Tesoro in quel tavolo non c'è nessuno. Devi essertelo immaginato. Vieni, andiamo ora che è tardi.-

-No,non l'ho immaginato,era lì,davvero!- La sua immaginazione a volte le fa vedere cose che non ci sono. Dobbiamo fare un discorsetto a questo proposito,forse. Questo pensò Holly sorridendo dolce alla sua bambina che ancora si guardava intorno incredula.

 

-Sali in auto forza!- Le due erano tornate nel parcheggio, dopo essersi rifocillate e riposate. Holly aveva scaraventato la borsa sul sedile a fianco di quello del guidatore e, dopo essersi assicurata che la cintura della figlia fosse ben chiusa, infilò la chiave e mise in moto. L'auto dopo aver emesso qualche borbottio si spense nuovamente. OK, pensò Holly, riprova. A volte queste vecchie bagnarole fanno scherzi del genere. Infilò la chiave, mise in moto e...niente. Questa volta l'auto rimase totalmente in silenzio.

-Che c'è mamma? La macchina non si è riposata abbastanza? Ha ancora bisogno di dormire?-

-No, tesoro, va tutto bene. Ora la mamma controlla.- Non ci poteva credere! Non poteva succederle proprio adesso! Si avvicinò al motore e aprì il cofano. Un denso fumo nero e un forte odore di bruciato fu tutto ciò che ne uscì. Lei non capiva nulla di automobili, che poteva fare? Porca miseria! Non poteva essere così sfortunata! Dopo tutto quello che aveva dovuto affrontare per tornare a casa, proprio ora che ci era così vicina le accadeva questo? Stava per mandare qualche accidente in una lingua straniera quando si accorse di una presenza alle sue spalle.

-Signorina le serve aiuto?- La prima cosa che notò, prima ancora della voce chiara e cristallina fu il bellissimo accento inglese. Quello che aveva anche lei quando parlava in qualsiasi lingua. Quell'accento che non sentiva da così tanto tempo. La voce aveva un tono molto cordiale e aperto, proveniva probabilmente da un uomo giovane, inglese senza ombra di dubbio. Lo immaginava molto elegante, alto, quasi sicuramente molto bello. Studiando a lungo le lingue aveva imparato molto anche sulle persone e si divertiva ad associare le parole, le intonazioni, il tono di voce alla persona che aveva parlato. Ed era molto brava in questo, indovinava sempre. Si voltò lentamente e se lo ritrovò davanti. Era senza parole, aveva indovinato un'altra volta in effetti, ma mai avrebbe pensato di trovarsi di fronte a lui. Stava osservando il principe Caspian in carne ed ossa. O meglio, Ben Barnes.

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Capitolo 2
*** Il principe Caspian? ***


CAP 1 IL PRINCIPE CASPIAN?

-Tu...tu sei?...il principe Caspian!- Non riusciva ad articolare la frase. La sorpresa di trovarsi all'improvviso di fronte ad un attore famoso e che per di più le rivolgeva la parola aveva causato lo scollegamento delle sue sinapsi.

-Preferisco Benjamin Barnes o semplicemente Ben ma...si, sono io.- Il ragazzo continuava a osservarla divertito, minimamente scomposto dalla reazione di Holly. Evidentemente non era la prima volta che gli capitava una conversazione del genere.

-Si, hai ragione scusa.- Holly si schiarì la voce, cercando di darsi un contegno. -E' solo che mi hai colto di sorpresa. Aveva ragione Catherine.-

-Chi è Catherine?-

-Sono io!- La voce della bambina arrivò squillante da dentro l'auto. -Mamma, posso togliermi la cintura?-

-Si, tesoro,scusa. Vieni qui, tanto mi sa che non riusciamo a ripartire.- Holly si avvicinò al sedile della figlia e le slegò la cintura. La bambina scese dall'auto con un agile saltello.

-Ciao, io sono Catherine e questa è la mia mamma.- disse rivolgendosi a Ben, tutta orgogliosa di poter finalmente partecipare alla conversazione dei due adulti.

-Ciao piccolina! Tu sei la bimba che era dentro al locale, stavi guardando i pesci,vero?-

-Esatto! Io ti ho visto mentre facevi colazione, ma la mia mamma non ci voleva credere che eri tu! Diceva che non esisti-

-Io veramente ho detto che non esiste il principe Caspian, lui è l'attore che interpreta quella parte.- rispose una imbarazzatissima Holly, guardando Ben con un'espressione supplicante. Aveva già fatto almeno due figuracce e lo conosceva da soli cinque minuti!Nuovo record...Lui comunque non sembrava affatto arrabbiato o dispiaciuto, anzi, sul suo viso si leggevano chiaramente allegria e tranquillità. Holly si fermò un secondo di più sui suoi occhi, bellissimi. Poteva quasi contare le pagliuzze dorate che riflettevano la luce del sole in quegli occhi castani e provocanti.

-Credo che la vostra automobile abbia un problema...-

-Dici?- rispose Holly con tono un po' troppo sarcastico. A volte quando si sentiva a disagio finiva per usare l'ironia e il sarcasmo come arma di difesa. Ma in quella situazione non ce ne sarebbe stato nessun bisogno.-Scusa, voglio dire, io non ci capisco nulla di auto. Cosa può essere successo?-

-Probabilmente si è fuso qualcosa. Mi sembra un auto piuttosto vecchia. Avete fatto un lungo viaggio?-

-Veniamo dall'Italia. La mia mamma ed io ci stiamo trasferendo a Londra.- Catherine sembrava eccitatissima di poter parlare con quel principe che tanto le era piaciuto in televisione. Sembrava proprio pronta a dar sfoggio di tutte le sue capacità oratorie, e per essere una bambina così piccola aveva una parlantina davvero invidiabile. Ben diversa, in questo, dalla madre che invece i dialoghi preferiva tradurli piuttosto che parteciparvi. -I nonni non ci volevano più a casa con loro e quando ci hanno mandato via la mamma ha deciso di tornare a vivere a Londra. Sai, lei è nata qui e...-

-Tesoro,basta ora! Troppe informazioni! A Ben non interessano tutti questi particolari sulla nostra vita.- disse Holly guardando la bambina e sperando di riuscire a frenare quella valanga di parole. -Scusala, credo sia contenta di averti incontrato.-

-Non preoccuparti! Anzi, mi interessa. Sei di Londra?-

-Si, sono nata qui ma mi sono trasferita molto tempo fa in Italia. Ora ho deciso di tornare a casa, Londra mi mancava terribilmente.-

-Ti capisco. So cosa significa restare molto tempo lontano da casa.- Nei suoi occhi sembrò passare un'ombra nera, come il pensiero di qualcosa di fastidioso, ma durò solo un attimo e subito dopo Ben tornò sorridente come prima. -Che ne dite se vi do un passaggio fino a Londra? Tanto anch'io sto andando là.-

-Si!- rispose subito la bambina con troppo entusiasmo. La madre le mise una mano davanti alla bocca per impedirle di parlare ancora.

-No, davvero, non vogliamo disturbarti. Ora chiamo un carro attrezzi e sistemo la cosa. Grazie comunque.-

-Nessun disturbo, mi fa piacere,davvero. Col carro attrezzi ci vorranno ore, rischiate di non arrivare a Londra prima di sera, sempre che l'auto si possa aggiustare. Giuro che non sono pericoloso!- Dicendo l'ultima frase assunse un'espressione a metà tra un ghigno divertito e uno sguardo malizioso. Sorrise alla bambina in modo molto dolce e Holly per un attimo ebbe una sensazione strana, piacevole, come quando dopo un lungo viaggio torni a vedere gli occhi della persona amata.

-Facciamo così: ci accompagni fino alla più vicina autofficina e lì faremo sistemare l'automobile.-

-D'accordo. Mi arrendo, non insisto oltre. Sei proprio un osso duro, non ti arrendi mai?- Accompagnò le sua parole con un gesto arrendevole delle braccia e con una espressione ammusolita, ma contenta di aver vinto parte della battaglia.

-Quasi mai!-

 

-Questa è la tua auto??- Holly aveva visto auto del genere solo nei film e ora proprio non riusciva a credere ai suoi occhi. Non aveva parole per descriverla: molto probabilmente una bmw ma per lei era molto più simile ad una navicella spaziale. Appena la vide quasi le si slogò la mascella. Ben la osservava ridendo apertamente.

-Avresti preferito una limousine?-

-No, di certo! Anche se penso che forse sarebbe passata meno osservata!-

-Mamma ma i principi non vanno a cavallo?- A questa uscita Ben scoppiò in una fragorosa risata. Era davvero una bellissima risata: partiva dagli occhi che si illuminavano e vibravano, e poi arrivava fino alla bocca che si apriva in un ampio e radioso sorriso. La voce era melodiosa e cristallina. Holly era incantata da questa risata, l'avrebbe ascoltata per ore. Probabilmente era la seconda risata più bella del mondo, seconda solo a quella della figlia.

-Ahah...no, Catherine, uso il cavallo solo quando sono il principe Caspian, quando sono Ben uso questo gioiellino.-

-E' bellissima,vero mamma?-

-Si, tesoro è davvero bellissima.-

-Prego...- Ben si rivolse alle due aprendo loro la portiera. Un gesto elegante d'altri tempi, Holly era molto colpita. Quanti anni aveva? Ricordava in una intervista di aver letto che era intorno alla trentina. Non li dimostrava affatto, almeno fisicamente: il viso, soprattutto, ricordava molto quello di un ragazzino molto gentile e terribilmente affascinante.

Le due salirono nell'automobile: Catherine con l'esuberanza di una bambina catapultata nel mondo dei balocchi e Holly con una sorta di timore reverenziale. I sedili erano rivestiti in pelle nera e l'auto emanava un buon profumo di...vaniglia? A Holly ricordava un po' l'odore della sua infanzia, quando andava a casa della nonna, in campagna. La nonna aveva un profumo buonissimo che sapeva proprio di vaniglia, lei adorava andare a trovarla. Insieme si divertivano sempre moltissimo: spesso cucinavano insieme o cucivano e poi la nonna le raccontava delle fantastiche storie che Holly non avrebbe mai dimenticato. Ma poi la nonna se ne era andata e a lei erano rimasti solo un mucchio di ricordi...non voleva pensarci, è stato troppo tempo fa e, anche se uno dei suoi più grandi crucci era proprio quello che Catherine non avrebbe mai conosciuto sua nonna, non poteva lasciarsi prendere dallo sconforto. Non ora comunque.

-Tutto bene?- Ben la osservava con aria preoccupata dal sedile del guidatore.

-Si, stavo solo pensando. Credevo che gli attori famosi avessero un'autista personale.- Prima di rispondere Ben la guardò intensamente per un'altra frazione di secondo, quasi a voler recuperare quei ricordi che lei aveva abilmente ricacciato in fondo alla memoria. Doveva essersi accorto che qualcosa l'aveva turbata ma decise di non indagare oltre.

-Beh, chi ti dice che io non ce l'abbia? E' solo che amo guidare e quando posso evito l'autista. E' più divertente così. E poi se avessi avuto l'autista mi avrebbe costretto a ripartire subito e non mi sarei potuto fermare ad aiutare una bellissima ragazza in difficoltà e la sua meravigliosa figlia.- Quest'ultimo commento colorò le guance di Holly di un forte color porpora. Non era certo abituata a ricevere apprezzamenti simili, soprattutto quando era in compagnia della figlia. Generalmente quando un qualche ragazzo si era interessato a lei, non appena aveva sentito la parola “figlia” era subito scappato a gambe levate. Comportamento immaturo ma comprensibile. Holly non si era mai preoccupata troppo per questo, “se mi vuoi devi prenderti tutto il pacchetto, niente sconti. Siamo un paghi uno e prendi due”: questo era il suo motto, anche se fin'ora nessuno aveva approfittato dell'offerta.

-Allora Catherine, che musica ti piace? Scegli un cd- Ben si rivolse alla bambina guardandola dallo specchietto e poi inserì il cd che lei gli aveva allungato. -Stai scherzando?- Ben non aveva potuto reprimere il moto di sorpresa che l'aveva colto nel notare quale cd aveva scelto Catherine. -Tu ascolti i Rolling Stones? Ma quanti anni hai?-

-Cinque! Perché? Non ti piacciono? Se vuoi ne scelgo un altro- la bambina era davvero preoccupata, proprio non capiva perchè Ben fosse così sorpreso.

-No,no, li adoro è solo che...niente! Scusami, non pensavo che avessi gusti musicali così...sviluppati... alla tua età- poi sottovoce, rivolto alla madre -Ma ascolta davvero gli Stones?-

-Già. Ti sorprenderebbe se la conoscessi meglio.-

-Spero di averne l'occasione. E non solo per lei.- Lo sguardo che le rivolse la fece quasi trasalire sul sedile. Era così tanto tempo che nessuno le rivolgeva parole del genere, sguardi del genere.

 

 

Stranamente si sentiva bene e a disagio contemporaneamente. La presenza di Ben accanto a lei era fonte di sensazioni indecifrabili. Faticava a capire cosa sentiva: Ben le piaceva, era ovvio, come potrebbe non piacerle?, ma non era semplicemente come vedere qualcuno e pensare -che bel ragazzo-, era qualcosa di più. La cosa la turbò non poco considerando che lo conosceva da si e no 10 o 15 minuti. Avrebbe voluto rimanere con lui più a lungo possibile,scoprire come era in grado di provocare in lei quelle sensazioni. Come sapeva farle venire mal di stomaco anche solo guardandola e come farla arrossire se solo la toccava. In più c'era quella sensazione che non la l'aveva ancora abbandonata da quando lui le aveva rivolto la parola: quel sentirsi finalmente a casa dopo una lunga assenza, la sensazione che dà il fuoco bruciante del camino mentre fuori nevica. Tutto questo la spaventava non poco.

Ben intanto guidava tranquillo, gli occhi fissi sulla strada, le mani forti saldamente ancorate al volante, muovendo impercettibilmente la testa al ritmo della musica che usciva, a volume non troppo alto, dalle casse dell'auto sportiva. Stavano in silenzio, ma non erano i soliti silenzi tesi che Holly era abituata a sentire tra i suoi genitori, quei silenzi assordanti che riempiono l'aria e l'avvelenano. Era un silenzio pacifico, un silenzio in cui Holly si sentiva bene, tranquilla e serena. Anche Catherine, di solito così chiacchierona, ora sedeva tranquilla ascoltando la musica e guardando fuori dal finestrino. Se la madre avesse potuto leggerle la mente vi avrebbe potuto scorgere la paura, normale per una bambina così piccola, di affrontare una novità quale quella del trasferimento in una nuova città, in una nuova nazione. Ma anche il coraggio di tenere per sé questi pensieri, per non dispiacere la madre, per la quale, Catherine l'aveva capito, tornare a Londra era più importante di tutto. Persino Ben che avrebbe voluto sapere di più di Holly, avrebbe voluto farle mille domande sulla sua vita, sul suo passato, sul suo futuro, stava in silenzio, senza trovare il coraggio di dare voce ai suoi pensieri. Perché da quando aveva visto quella bambina così allegra e solare mentre mangiava tranquillo la sua colazione, cercando di non farsi vedere da qualche possibile fan, aveva avuto la sensazione che sarebbe successo qualcosa. Uscito nel parcheggio si era accorto dell'auto in panne e si era avvicinato, da vero gentleman, per offrire aiuto. Non appena la donna si era voltata e l'aveva visto, era come se il cuore gli si fosse fermato per poi ricominciare a battere più forte. Certo non aveva mostrato queste sensazioni, era un attore nonché un affermato dongiovanni, non poteva permettersi di cadere nella rete di una ragazzina. Eppure da quando l'aveva vicina sentiva che non avrebbe più voluto mandarla via. Come se ora il suo corpo e la sua mente traessero energia da lei. Per questo le aveva offerto un passaggio fino a Londra, cosa che non avrebbe mai fatto, perchè sentiva di non volere, di non potere staccarsene. Era quasi insignificante: alta non più di un metro e 70, 75,forse, con i capelli biondo cenere severamente raccolti in una lunga coda, gli occhi azzurri profondi ma sfuggenti. Forse sui 25 anni ma dallo sguardo ne dimostrava di più. Insomma, non era esattamente una delle sue “prede” abituali: troppo minuta, troppo riservata, troppo poco appariscente. Esattamente il contrario delle solite ragazze che frequentava. Eppure da quando i loro occhi si erano incontrati Ben sentiva che se l'avesse persa non sarebbe mai più potuto essere felice. Che sciocchezze, pensava: tu sei Ben Barnes, ci sono ragazze là fuori più belle e più disponibili che farebbero la fila per averti e tu ti punti su questa qui! Cos'ha di così speciale? Nulla, non lo so...non so cos'ha di speciale, ma lei è speciale. E poi ha anche una figlia! Già, una adorabile bambina che a soli 5 anni sembra già un'adulta. E poi ha ottimi gusti musicali! Quanta confusione che ha portato questa stupida ragazzina. Ora la mollo nella prima autofficina e poi me la levo dalla testa. Dovrei avere ancora da qualche parte il numero di Samantha...no, aspetta. Non ho alcuna intenzione di rivedere quella lì, per carità! L'ultima volta mi ha tormentato per giorni! E se invece invitassi Holly a cena? Con Catherine, naturalmente. Ma se non ha nemmeno voluto che la portassi fino a Londra? Lei non uscirà mai con te! Ma come? No, dico, sono Ben Barnes! Appunto, per lei non sei nessuno. Solo il tipo imbranato che l'ha portata all'autofficina quando le si è rotta la macchina. Si, ma se la lascio andare ora, la perdo per sempre. E non voglio che succeda, voglio passare del tempo con lei, con lei e con sua figlia. Le chiederò di venire a cena con me: non ho nulla da perdere. Se mi dice di no almeno ci avrò provato.

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Capitolo 3
*** Dai,mamma! ***


CAP 2 DAI,MAMMA!

-Allora sei di Londra?- Ben decise di rompere il silenzio e rivolgersi a Holly. Voleva assolutamente sapere qualcosa in più su di lei.

-Si, sono nata qui. Poi mi sono trasferita quando avevo quindici anni.-

-E da allora non sei più tornata?-

-Sì, qualche estate ma è passato molto tempo dall'ultima volta. Sai all'inizio è bello tornare, rivedere i vecchi amici, riprendere per un po' le vecchie abitudini, assaporare di nuovo l'aria di casa. Poi però, col passare del tempo, finisci col diventare tu l'estranea. Anche se quella è casa tua, sapere che poi devi ripartire ti rende solo un'ospite di passaggio, e questo mi faceva soffrire: non riuscivo più a stare bene né a Londra, né a Bologna, in Italia. Così ho smesso di tornare, anche perchè non avevo più nessuno per cui tornare.- Holly fece una lunga pausa. Stava cercando di scacciare quelle orribili sensazioni che le provocava il ripensare al passato, ora stava bene, non voleva più tornare a quei momenti. Ricordava benissimo quell'ultima estate in cui era tornata a Londra.

Ben la osservava con la coda dell'occhio, lo sguardo fisso sulla strada, chiedendosi quali segreti nascondesse la bellissima donna che sedeva al suo fianco. Stava parlando, raccontandogli qualcosa di sé quando improvvisamente lo sguardo le si era incupito, era rimasta in silenzio, seguendo un filo di ricordi a lui invisibile. Quella ragazza era un enigma e lui era terribilmente attratto da lei, avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poter leggere nella sua mente anche solo per un momento. Per poter andare dietro quella scorza dura e vedere finalmente cosa vi si nasconde. Senza rendersene conto aveva allontanato la mano dal volante e l'aveva delicatamente posata su quella di lei, che ancora guardava fuori dal finestrino assorta nei suoi pensieri. La sua pelle era fresca, nonostante facesse caldo, liscia e morbida. La strinse impercettibilmente più forte e allora lei si accorse di quel tocco e si risvegliò dai suoi ricordi. Spostò lo sguardo su di lui ma non ritrasse immediatamente la mano, quasi a volerlo ringraziare per averla riportata alla realtà. Durò solo pochi attimi perchè poi lei si allontanò, imbarazzata per quella eccessiva intimità con uno sconosciuto. Si risistemò sul sedile, cercando di allontanare il più possibile il suo corpo da quello troppo allettante di lui. Poi si assicurò che la figlia non si fosse accorta di nulla, ma la bambina dormiva tranquillamente.

-E tu? Che ci fai qui a Londra? Non dovresti essere da qualche parte a girare un film o qualcosa del genere?-

-Ho appena finito le riprese. Diciamo che anche io sto tornando a casa. Finalmente potrò avere un po' di riposo, starò con la mia famiglia, con i miei amici. Anche a me Londra manca moltissimo quando sono fuori per lavoro, infatti cerco di tornarci appena possibile, anche se ultimamente questo non avviene così spesso come vorrei. Ma non mi lamento troppo, del resto sono fortunato, faccio il lavoro che più amo al mondo e posso benissimo sopportare certi “effetti collaterali”.- Ben era contento che lei gli chiedesse qualcosa di lui, anche se avrebbe preferito parlare solo di lei per ore e ore. -Tu dove starai? Pensi di tornare nella casa dei tuoi?-

-O no. In realtà non so nemmeno se quella casa sia ancora in piedi. Ricordo che i miei prima di partire l'affidarono ad una agenzia immobiliare, credo che l'abbiano venduta. E poi sarebbe troppo grande per noi due. Era una villetta che mio padre aveva ricevuto in eredità da un vecchio zio. Un po' in periferia, immersa nel verde, era davvero bellissima. Su due piani, con la mansarda e una meravigliosa veranda dove passavo il tempo a leggere d'estate. Io amavo quella casa ma credo che per i miei genitori comportasse troppe spese, per questo alla prima occasione se ne sono disfatti.- Vederla sorridere e infervorarsi nel descrivere la vecchia casa rese Ben molto più contento di quanto si aspettasse. Finalmente riusciva a scorgere qualcosa di lei. -Per ora, comunque staremo in un residence, vicino al luogo dove domani ho un colloquio di lavoro, poi cercheremo un appartamento in affitto.-

-Hai un colloquio? Per quale tipo di lavoro?-

-Come interprete...o come traduttrice...dipende da loro!-

-Conosci molte lingue?-

-Abbastanza! Inglese, italiano, francese, spagnolo e qualcosa di tedesco e di russo-

-Accidenti!- Ben era sinceramente colpito. Per lui le lingue erano sempre state un problema. -Sono davvero colpito! Praticamente potresti andare ovunque nel mondo e non avere nessun problema! Non sai quanto ti invidio! Io sono sempre in imbarazzo quando mi trovo in un paese straniero e non so nemmeno salutare nella loro lingua!-

-Ahah...beh, magari per ripagarti del passaggio potrei darti qualche lezione. Scegli la lingua e ti insegnerò almeno a salutare e a ordinare un caffè!- Ma cosa mi è preso? Si chiese Holly non appena si rese conto della proposta che era involontariamente uscita dalla sua bocca. Era sorpresa della propria intraprendenza, si sentiva in imbarazzo per il suo eccesso di entusiasmo, ma allo stesso tempo sperava con tutto il cuore che lui accettasse la sua proposta. Lui la guardò per un istante, con aria sorpresa, quasi sincerandosi che lei non stesse scherzando. Holly sostenne lo sguardo, i suoi occhi azzurri fissi in quelli castani di Ben, il ragazzo sorrise mostrando i denti perfetti (chissà quanto spende per avere un aspetto del genere?, si chiese Holly curiosa).

-D'accordo, allora! Accetto molto volentieri!- Il suo sguardo scivolò poi dietro le spalle della ragazza, osservando qualcosa fuori dal finestrino e si rabbuiò. -Siamo arrivati all'autofficina.-

 

Ben non poteva credere che lei lo avesse fatto! In un primo momento non era stato sicuro che lei dicesse sul serio, offrirsi di dargli una mano con le lingue era stato un gesto così avventato! Lui non si sarebbe aspettato certo un gesto così diretto da lei, evidentemente quella donna nascondeva lati di sé che lui voleva assolutamente scoprire. Per questo dopo un attimo di esitazione dovuto alla sorpresa aveva accettato: niente come la promessa di passare del tempo insieme l'avrebbe reso più felice in quel momento. Poi, però, si era reso conto che erano arrivati a destinazione ed era stato costretto a fermarsi e a farla scendere dall'auto. Holly era entrata nella vecchia officina per spiegare al meccanico il problema alla sua auto e lui era rimasto fuori con Catherine. La bambina aveva ancora gli occhi impastati dal sonno, probabilmente il lungo viaggio l'aveva spossata più di quanto lei stessa non volesse ammettere.

-Secondo te aggiusteranno la macchina della mamma?-

-Penso proprio di sì, anche se temo che ci vorrà un po' di tempo.-

-E come faremo ad andare a Londra? La mamma ci teneva così tanto!-

-O no, non preoccuparti, arriverete a Londra. Se l'automobile non si sistemerà in tempo vi ci accompagnerò io!-

-Sei molto gentile sai? Le persone non sono sempre così gentili con me e la mamma. Nemmeno i nonni lo sono.-

-Che vuoi dire? Non ti piace stare con i nonni?-

-Non molto. Loro sono gentili con me, ma non con la mamma. La trattano sempre male, come se fosse ancora una bambina, invece lei è grande: è la mia mamma! Prima di venire qui hanno litigato. La mamma pensa che io stessi dormendo ma invece ho sentito tutto: loro hanno detto delle cose cattive sulla mia mamma, hanno usato delle brutte parole. La mamma si è arrabbiata moltissimo e poi ho sentito che sbatteva la porta. La mattina dopo, quando mi sono svegliata, la mamma mi ha detto che saremmo venute qui. Però non dirle che te l'ho raccontato, lei non lo sa.-

-Non preoccuparti, so mantenere i segreti.-

-Promesso?-

-Promesso.- La bambina incrociò il suo piccolo mignolino con quello grande di Ben, in segno di intesa,il sorriso tirato. Ben era rimasto turbato da quello che la piccola gli aveva raccontato, turbato e dispiaciuto. Avrebbe voluto stringere fra le braccia quella piccola, grande bambina e dirle che sarebbe andato tutto bene, che ora c'era lui e che avrebbe risolto tutto. Ma in realtà non sapeva come comportarsi, le conosceva da così poco tempo! Si sentiva a disagio ma sapeva anche che non se ne sarebbe voluto andare, non avrebbe voluto abbandonare quelle due donne che ormai erano entrate velocemente nella sua vita e in pochi minuti l'avevano già sconvolta.

-Sai, credo che la mia mamma si fidi di te. Lei di solito non parla con gli sconosciuti. E' per questo che ti ho raccontato il segreto.-

-La mamma non ha molti amici,vero? Lei sta spesso con te?-

-Passiamo quasi tutto il tempo insieme, non ha molti amici,è vero. Però tu gli piaci.-

-E come lo sai?-

-Lo vedo. Lei non parla molto, però con te sì, anzi ha anche riso molto e ti ha raccontato della sua vita, non lo fa mai con nessuno. Anche perchè quando mi presenta qualcuno poi...beh, non li rivediamo più. Forse sono una bambina antipatica...- Catherine assunse un'aria triste e pensierosa, Ben le posò una mano sulla spalla e la guardò negli occhi.

-Non è assolutamente vero. Sei una bambina unica, speciale. Se qualcuno non lo capisce...beh, è un problema suo!- Ben credeva profondamente in quello che le stava dicendo, non era solo per consolarla, lei era davvero una bambina speciale, come speciale era la madre. -E io? Mi trovi simpatico?-

-Mmm...si! Però avrei preferito che mi portassi a Londra su un cavallo!-

 

Holly non poteva crederci! Le cose andavano di male in peggio. L'automobile non poteva aggiustarsi, o meglio, non subito. Ci sarebbe voluto almeno qualche giorno, così le disse il meccanico quando lei gli spiegò cos'era successo. Ora come avrebbero fatto lei e Catherine? Doveva arrivare a Londra, riposarsi un po' e prepararsi per il colloquio del giorno seguente. Si accordò col meccanico per rivedersi tre giorni dopo, per riprendere la macchina e saldare il conto.

-Dai, non preoccuparti, vedrai che si sistemerà- Ben provò a tranquillizzarla ma Holly proprio non voleva saperne.

-Mamma come facciamo adesso ad andare a Londra?-

-Vi ci porto io!-

-Ben, sei molto gentile ma non voglio abusare della tua disponibilità.-

-Ma sono io che mi sono offerto! Non potere proseguire a piedi e nemmeno in treno. L'unico modo è proseguire in auto. E poi non devo fare nessuna deviazione, anche io vado a Londra!-

-Dai, mamma! La sua macchina è più bella della nostra...e io voglio vedere Londra! E poi sono stanca...- La bambina assunse quella espressione a metà fra l'imbronciato e il testardo:non avrebbe accettato un no per risposta. Del resto anche a Holly faceva piacere proseguire il viaggio in auto con Ben, anche se ancora non avrebbe saputo dire il perchè.

-Ok,ok,mi arrendo! Due contro uno: la maggioranza vince!- Tutti e tre scoppiarono a ridere e a chiunque li avesse visti da lontano sarebbero sembrati una famiglia unita e felice.

 

Risalirono tutti e tre nell'automobile lussuosa e ripartirono. Per Ben era difficile trattenere il sorriso trionfante. Era riuscito a convincere Holly a farsi accompagnare fino a Londra. Lei sembrava così dura e risoluta, come se per lei ammettere di avere bisogno di aiuto equivalesse ad una sconfitta. Avrebbe voluto che si addolcisse un po' e che la smettesse di preoccuparsi di come ripagarlo del favore. Se solo avesse saputo quanto lui era contento di poterla avere accanto per qualche ora ancora, era lui a doverla ripagare per fargli godere ancora della sua presenza. Cercò di osservarla senza farsi notare: non aveva cambiato la sua posizione da prima, stava ancora col busto quasi appoggiato alla portiera, le mani intrecciate in grembo e lo sguardo che fissava fuori dal finestrino senza davvero vedere nulla. Chissà a cosa stava pensando? Ora che la osservava meglio, poteva vedere che aveva davvero un bel fisico: piuttosto minuta ma formosa, le gambe snelle e muscolose, il ventre piatto e il seno sodo, difficilmente si sarebbe attribuito quel fisico da ragazzina ad una madre. I lineamenti del visto erano ciò che maggiormente attirava la sua attenzione. Armoniosi ed eleganti, i suoi tratti erano segnati dal suo passato: nulla nella sua figura era fuori luogo, eccessivo. Tutto era perfettamente bilanciato, ma allo stesso tempo come indurito, segnato. Gli occhi erano bellissimi, profondi, caldi, intensi, ma sapevano anche nascondere ciò che pensava, come se celassero un enigma. Ben si sentiva irrimediabilmente attratto da quegli occhi, come il ferro da una calamita. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell'anima: Ben non ci aveva mai creduto, sciocchezze!, pensava. Eppure adesso, guardando quelli di Holly capiva il vero significato di quella frase. Non sapeva con esattezza cosa si nascondesse nel passato di quella ragazza eppure sapeva che nei suoi occhi c'era la terribile risposta. Se solo avesse potuto passare altro tempo a osservarli!

 

Holly guardava fuori dal finestrino, non che stesse realmente osservando qualcosa, si stava in realtà chiedendo perchè Ben Barnes la stesse scrutando così attentamente e così a lungo. Sentiva il suo sguardo caldo scivolarle addosso e poi soffermarsi sul viso. Tutto questo la faceva sentire a disagio, non era abituata a sentirsi al centro dell'attenzione, anzi, preferiva passare inosservata e detestava tutti coloro che la guardavano con insistenza. Non era mica un animale dello zoo! Avrebbe tanto voluto che la figlia catturasse l'attenzione di Ben così da distoglierlo da lei, ma Catherine aveva deciso di rimanere in silenzio. Proprio lei che è una gran chiacchierona decide di fare il voto del silenzio adesso che mi servirebbe una delle sue battute! Dato che Ben continuava a guardarla decise di fare lo stesso. Anche lei con la coda dell'occhio fece scivolare lo sguardo sul bel giovane che aveva di fianco: decisamente bello, non si stupiva che così tante ragazzine lo adorassero. L'aria da bravo ragazzo unita all'eleganza inglese facevano di lui un concentrato esplosivo. Era da molto tempo che Holly non si sentiva così attratta da un uomo e questo la faceva sentire ancora più a disagio. Sembrava più giovane della sua età, ma la sua espressione rivelava un'esperienza difficile da trovare in un ventenne. Il fisico asciutto e ben disegnato emanava sicurezza e consapevolezza di sé. Ben era indubbiamente affascinante e perfettamente consapevole di esserlo. Il modo in cui si atteggiava e in cui guidava dimostrava il fatto che fosse abituato ad essere guardato e ammirato. Ogni movimento era calcolato, preciso, attento, mai incerto né istintivo. Cosa si nascondesse dietro tanta apparenza Holly non avrebbe saputo dirlo. Eppure qualcosa le suggeriva che Ben non fosse pieno di sé, né così sicuro come voleva sembrare. Il modo in cui trattava Catherine, come la guardava e si rivolgeva a lei, il fatto che ogni tanto gettasse un'occhiata nello specchietto retrovisore, come per assicurarsi che stesse bene, erano la prova di come fosse attento a chi gli stava intorno, gentile e molto dolce. Holly posò infine lo sguardo sul viso di lui, ora attento solo alla strada. I capelli castani (forse un po' troppo lunghi per i suoi gusti) ondeggiavano leggermente sotto il getto dell'aria condizionata, lasciando scoperte le orecchie. Gli occhi, il naso, la bocca erano, in una sola parola, perfetti. Non era un caso che l'avessero scelto per interpretare la parte di Dorian Grey. Holly avrebbe voluto toccare quei lineamenti così delicati e forti al contempo. Avrebbe voluto sfiorare quelle labbra e sentirne il sapore, assaporarne tutto il gusto e provare l'ebrezza di un corpo così perfetto, come disegnato da un abilissimo artista, a contatto col suo, che lei sentiva così sgraziato. L'attrazione che provava per lui la spaventava. Soprattutto perchè sapeva di non essere alla sua altezza, non che esserlo avrebbe cambiato molto le cose. Quante possibilità avrebbero? Lei ragazza madre senza nemmeno un lavoro e lui famoso attore ammirato da milioni di fan. Impossibile. Avrebbe sofferto troppo. Di nuovo. Non si sarebbero mai più rivisti, doveva smettere di volare con la fantasia e concentrarsi sul presente e sulla figlia.

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Capitolo 4
*** Finalmente a casa ***


FINALMENTE A CASA

Arrivarono finalmente a Londra. Era pomeriggio inoltrato, il viaggio era stato davvero lunghissimo ma Holly e Catherine erano eccitatissime. Holly abbassò il finestrino per poter respirare nuovamente l'aria londinese. Solo adesso si rendeva davvero conto di quanto quella città le fosse mancata. Anche Ben sembrava molto contento di essere arrivato -Certo che Londra è davvero inimitabile! L'atmosfera che si respira qui è unica!-

-Già. Sai, non mi ero resa conto di quanto mi fosse mancata la mia città fino ad ora.-

-Mamma! Quanta gente! E' una città così grande...- la piccola sembrava un po' spaventata

-Non preoccuparti, vedrai che ti ambienterai in fretta: ci sono moltissime opportunità e cose da fare, soprattutto per i bambini! Riuscirai presto a riconoscere i luoghi principali e ti troverai benissimo!-

-Lo credi davvero, Ben? A casa mi sembrava tutto più semplice...-

-So che in un primo momento ti potrai sentire disorientata ma è normale, perchè è la prima volta che visiti questa città ma vedrai che te ne innamorerai subito...io da bambino mi divertivo moltissimo!- Holly era grata a Ben per quelle parole rivolte alla figlia ma che lei sentiva anche per se stessa. Capiva perfettamente la figlia...era così che si era sentita lei quando era arrivata la prima volta a Bologna. In quel momento si odiava per aver costretto la figlia a quell'allontanamento involontario...non era poi molto diverso da quello che i suoi genitori avevano fatto con lei. Ma la situazione ora era in parte diversa: Catherine era più piccola e per questo non ancora legata all'Italia, lei era una bambina molto più sveglia e faceva amicizia in fretta e poi ora era davvero necessario andare via, non poteva più rimanere nella stessa casa dei suoi genitori, non dopo quello che era successo...

-Allora?- Ben la stava guardando con aria interrogativa.

-Come scusa? Ero sovrappensiero...-

-Mamma, Ben ci ha appena invitato a cena questa sera. Dai,digli di sì!-

-Come? Cosa? A cena?-

-Si, pensavo che sarebbe più comodo per voi cenare fuori stasera. Immagino non avrai tanta voglia di cucinare e che non avrai nemmeno voglia di fare la spesa, per cui...potremmo cenare fuori e poi vi riporterei subito a casa...- Ben trattenne il fiato in attesa della risposta, mentre Holly restava in silenzio.

-Mamma, Ben ha ragione! E poi mi potrebbe portare a fare un giretto per Londra in macchina, ti prego dì di sì!-

-Ok,ok...mi avete convinta. Andremo a cena insieme,tutti e tre! Ma Ben, come faremo? L'ultima cosa che voglio sono i fotografi e le fan urlanti.-

-Non preoccuparti, a questo ci penso io. Ti prometto che non saremo disturbati da nessuno-

 

Ormai era fatta: si era buttato ma non avrebbe mai pensato che invitare una ragazza ad uscire potesse essere così difficile. Non era nemmeno una uscita formale, eppure la sua esitazione nel rispondere gli aveva fatto temere un rifiuto. Per fortuna Catherine era dalla sua parte ed aveva accettato subito. Quella bambina aveva davvero qualcosa di speciale. Ben lo aveva capito dal primo momento in cui l'aveva vista: quello sguardo così sveglio e curioso, era molto matura per la sua età e forse aveva persino capito l'interesse che lui provava per sua madre. Eppure non cercava di allontanarlo, anzi, era diventata sua complice, come in un segreto accordo. Ora che Holly aveva accettato la sua proposta si sentiva molto meglio. Poteva finalmente rilassarsi e pensare a programmare la serata: doveva organizzare una cenetta per tre, non troppo formale né elegante ma abbastanza piacevole da riuscire a fare colpo sulle due ragazze. Ma sarebbe davvero bastata una cena? Ben aveva il presentimento che per una ragazza come Holly ci volesse ben altro. Non era impressionabile e superficiale come tutte le altre, non le interessavano i suoi soldi o la sua fama, non bastava il suo fascino e la sua splendida auto per farla cadere ai suoi piedi. Anzi. Tutto ciò sembrava infastidirla e allontanarla. Forse sarebbe stato più semplice se lui fosse stato un semplice ragazzo sconosciuto. Per la prima volta Ben Barnes si trovò a maledire il fatto di essere famoso.

 

Perché ho detto sì? Holly si stava silenziosamente tormentando. Quando Ben l'aveva invitata a cena l'aveva presa in contropiede. Avrebbe voluto dire di no, avrebbe dovuto dire di no. Uscire a cena con lui sarebbe stato compromettente, sia per lei che per la figlia. Non doveva affezionarsi troppo a quel bellissimo ragazzo, più frequenti una persona, più è doloroso lasciarla. Se lo era ripetuto talmente tante volte! E poi era caduta così facilmente. Il problema era che in quel momento, guardandolo negli occhi, davvero non era riuscita a dire di no. Per un motivo ancora incomprensibile aveva una folle voglia di rivederlo, di stare con lui il più a lungo possibile. E poi anche Catherine aveva cominciato a insistere. Lei sembrava trovare Ben davvero simpatico, non era mai successo con nessuno dei ragazzi che le aveva presentato (non che fossero molti, solo due), li aveva sempre trattati con ritrosia e distacco. Che fosse solo perchè Ben era un famoso attore?

 

Arrivarono al residence dove Holly aveva prenotato alle sei. La città era ancora in fermento, orario di punta. Stava per imbrunire e le prime luci si univano allo scintillio del sole, così da avvolgere la città in un'atmosfera magica e piena di vita. Ben era stato così gentile da accompagnarle fino a casa e di lì a poco sarebbe passato a prenderle per portarle a cena. Holly si sentiva in debito, le aveva accompagnate fino a casa, probabilmente allungando il suo percorso e Holly era quasi sicura che avrebbe anche insistito per pagare il conto quella sera. Beh, non glielo avrebbe permesso.

Holly prese alla reception le chiavi del bilocale che aveva affittato ed entrò con la figlia. Non era un granché ma per loro era sufficiente: l'entrata dava subito sul salotto che confinava con la piccolissima cucina. Da lì partiva uno stretto corridoio che conduceva nella camera da letto, dove le due avrebbero dormito insieme, e nel bagnetto. Piccolo ma essenziale, era, del resto, solo una sistemazione provvisoria, Holly sperava di potersi presto trasferire in un appartamento più grande. Sempre che fosse riuscita ad ottenere il lavoro.

-E' piccolissima!- Catherine era piuttosto contrariata. Si guardava intorno arricciando il nasino in una smorfia disgustata. -Non mi piace proprio. Per quanto dobbiamo rimanerci?-

-Spero per poco. Non piace nemmeno a me ma dobbiamo adattarci...lo so, tesoro, che la casa dei nonni era mooooooolto più grande ma la mamma non può permettersi un'altra casa così grande!-

-Va bene, mamma,hai ragione. Vorrà dire che io e Wendy dormiremo strette strette- Wendy era il suo elefantino di peluche, non lo lasciava mai, non poteva fare nulla senza quel vecchio pupazzo.

-Però dovete lasciare un po' di spazio anche alla mamma!-

-Non lo so...Wendy pensava che avresti dormito sul divano!-

-Ah, si...!!- Holly prese fra le braccia la figlia e cominciò a farle il solletico. Il piccolo bilocale si riempì delle gioiose risate delle due ragazze. Risate piene di speranza e allegria.

 

-Mamma, sei in ritardo! Ben ci sta aspettando di sotto!-

-Sì lo so, lo so...arrivo!- Aveva cambiato città, stato, ma non abitudini! Era sempre in ritardo! Era riuscita a sistemare le valigie e il loro contenuto cercando di ottimizzare gli spazi mentre la figlia faceva un bel bagno caldo, ma poi si era ritrovata a doversi preparare nel giro di una ventina di minuti. E poi le era presa una terribile ansia. Sapeva che l'uscita era solo in amicizia e senza pretese né secondi fini, però...insomma,voleva che Ben la trovasse almeno un po' carina. Per tutto il giorno l'aveva vista in pantaloncini e maglietta, con i capelli legati e sudaticci per il caldo, con le scarpe da ginnastica per di più. Adesso avrebbe voluto mostrargli che sapeva anche essere carina e femminile. Ma senza esagerare. Peccato che non si fosse portata a Londra tutti quei vestiti adatti ad uscire con un ragazzo. Non che anche a Bologna ne avesse a centinaia, anzi. Non aveva nemmeno appuntamenti. Così si ritrovava a pochi minuti dall'arrivo di Ben in camera con tutto il suo armadio disponibile gettato sul letto (aveva già detto addio all'ordine) e senza idea di cosa indossare. La figlia intanto, dopo essersi infilata un vestitino rosso molto carino, era uscita nel terrazzino e osservava in silenzio la notte londinese con aria sognante. Alla fine Holly provò a indossare un paio di jeans scuri, abbinandoli ad una camicetta rosa di raso. Un po' troppo da bambolina forse, ma non aveva di meglio per cui cercò di autoconvincersi che andasse bene. Per le scarpe la situazione era ancora più disastrosa. Aveva lasciato tutti i tacchi in Italia e ora la scelta si concentrava su un paio di ballerine nere o le solite all stars. Optò per le prime. Si guardò allo specchio storcendo la bocca. Avrebbe dovuto andare a fare un po' di shopping ma prima doveva ottenere il lavoro. Il pensiero del colloquio che avrebbe sostenuto l'indomani le fece attorcigliare lo stomaco. Se non ci fosse riuscita avrebbe dovuto cercare qualcos'altro, magari poteva fare la cameriera o qualcosa del genere. Se non fosse riuscita a trovare nulla sarebbe stata costretta a tornare a casa. Dai genitori, con la coda tra le gambe. Il pensiero la costrinse a trattenere le lacrime. Si sedette sul bordo del letto, le braccia intrecciate intorno alle gambe e la fronte appoggiata alle ginocchia. Come avrebbe affrontato l'umiliazione? Avrebbe dovuto accettare che i suoi genitori avevano ragione nel giudicarla un'incapace, brava solo nel farsi mettere incinta! Immediatamente si odiò per aver pensato una cosa del genere, lei amava sua figlia più di ogni altra cosa al mondo, più di se stessa.

-Mamma, ti senti bene?- Catherine era entrata nella stanza ma Holly non l'aveva sentita. Non avrebbe voluto che la figlia la vedesse in quelle condizioni.

-Si, tesoro. Tutto bene, sono solo un po' stanca. Allora, come sto?-

-Mmm...bene, però avresti dovuto portare le scarpe belle col tacco. Ben è molto alto...- Holly preferì fare finta di non aver sentito l'insinuazione della figlia.

-Grazie,ora andiamo che Ben ci sta aspettando!-



Salve a tutti!
Scusate, scusate, scusate...!! Non mi scuserò mai abbastanza per questo ritardo infinito! Finalmente sono riuscita ad aggiornare di nuovo dopo un periodo pienissimo di impegni e scarsissimo di ispirazione. Purtroppo ero entrata in un vero blocco, riuscivo a scrivere ma non a continuare questa storia e di questo mi scuso davvero con tutti coloro che la seguivano (e spero che lo faranno ancora). Poi ho deciso di riprendere in mano la storia e mi sono accorta di quanto mi mancassero questi personaggi...quindi ora prometto di aggiornare più spesso! E comincio subito: il capitolo non è lunghissimo perchè ho deciso di separare la scena della cena tra i tre, che troverete nel prossimo capitolo, così da darle uno spazio principale e da non rendere troppo lungo questo capitolo.
Ringrazio di cuore coloro che seguono questa storia e chi l'ha commentata! Spero che vogliate lasciarmi un commento, anche negativo, così posso capire se ha ancora senso portare avanti la storia e se sono stata perdonata per il ritardo;)

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Capitolo 5
*** La cena ***


LA CENA

Il ristorante in cui erano appena entrati era molto carino: semplice ed elegante, in tipico stile londinese. Holly si sentì subito meglio. Ben aveva detto di conoscere il proprietario, che era un vecchio amico di famiglia e avrebbe riservato loro una stanza un po' in disparte, così da non essere disturbati. Il locale non era molto grande, ma aveva un'atmosfera molto intima e accogliente. Le luci soffuse disegnavano lunghe ombre alle pareti di un bel color crema. I tavoli non erano numerosi, ma erano quasi tutti occupati da famiglie e da coppiette. Un bel cameriere sulla ventina li accolse all'ingresso salutando Ben come se fossero vecchi amici e sorridendo maliziosamente verso Holly che subito arrossì per l'audacia del giovane.

-Prego, vi abbiamo riservato la sala grande- Li condusse dietro un paravento che nascondeva un piccolo corridoio che si apriva in una stanzetta dai colori accesi. Le pareti rosso fuoco e i divanetti neri rendevano l'aria allegra e sobria allo stesso tempo. Alle pareti erano appesi vari quadri e un'alta lampada illuminava l'ambiente circostante. Al centro era stato messo un tavolo rotondo, con tre coperti, appositamente per loro. Il cameriere li fece accomodare, diede loro i menu e si dileguò lungo il corridoio.

-Ben quante volte sei stato qui? Perché ho l'impressione che questa stanza sia stata arredata apposta per te-

-In effetti non sbagli. Quando ho voglia di un po' di pace e tranquillità vengo qui. E' l'unico locale in cui posso cenare senza venire assediato dalle fan e dai giornalisti. E...no,non ci ho mai portato nessuna ragazza, nel caso in cui te lo stessi chiedendo.- In effetti Holly si stava mentalmente chiedendo proprio la stessa cosa.

-Non me lo stavo chiedendo- il rossore che le dipinse il volto affermava il contrario.

-Allora Catherine che ne dici? Ti piace questo ristorante?- Ben si rivolse alla bambina che fino a quel momento era rimasta in silenzio.

-Sì, è molto carino e poi fuori c'è un bellissimo giardino! Posso andarci dopo? A Bologna non c'erano posti del genere,vero mamma? A te piace?-

-Assolutamente. E' davvero carino, grazie Ben. Mi ci voleva proprio un posto del genere per ritrovare il mio “spirito inglese”! Comunque si, poi potrai uscire in giardino ma solo dopo aver finito di mangiare.- I tre si dedicarono allo studio del menù e finalmente ordinarono. Nell'attesa Holly si concentrò su Ben. Non c'è che dire era davvero bellissimo. Pur con l'aria stanca di uno che ha viaggiato per tutto il giorno, cosa effettivamente vera, emanava un'aura di fascino ed eleganza da fare invidia a un principe vero. Era vestito in modo molto semplice ed essenziale, un paio di jeans scuri, una camicia bianca ed una giacca nera. Lei non sarebbe riuscita a sembrare così bella nemmeno dopo ore di preparativi. Si sentì subito a disagio, nella certezza di non essere assolutamente all'altezza di quel ragazzo che le stava di fronte e che in quel momento stava conversando con sua figlia di musica o roba simile, non li stava ascoltando, presa com'era dalla bellezza di Ben. Probabilmente visti da fuori potevano sembrare una normale famiglia a cena fuori. Holly per un attimo pensò a come sarebbe bello se davvero fosse così. Immaginò se stessa come una donna sposata (magari proprio con Ben), con una figlia ed un lavoro stabile, con una bella casa dove tornare la sera. Stabilità. Ecco cosa le serviva,a lei e alla figlia. Ma poi si rese anche conto che tutto sommato le andava bene anche così, la sua vita. Certo non era “normale”, non nel senso in cui tutti lo intendono: era una ragazza madre, momentaneamente senza lavoro e in fuga dal proprio passato. Però non sognava di costruire una famiglia, non lo sentiva come necessario. Lei e la figlia se la erano sempre cavate benissimo anche da sole e Holly amava la sua indipendenza. Però ora, guardando Ben di fronte a lei, vedendo come lui interagiva con sua figlia, si trovò, contro la sua volontà, a sognare che forse un domani, se anche Ben provasse per lei le stesse cose, magari loro due...-Vero, Holly? Holly?-

-Mamma? Ci stai ascoltando?- Holly si era di nuovo persa dietro al filo dei suoi pensieri. Le era capitato spesso da quando Ben era entrato nelle loro vite.

-Come? No,scusate, ero sovrappensiero!- Ben aveva fissato gli occhi nei suoi, con un'aria strana e interrogativa. Una ciocca dei capelli gli scivolò sulla fronte e lui subito la scostò, senza distogliere lo sguardo da lei.

-A cosa stavi pensando?- Le chiese, la voce bassa e suadente,

-A come sarebbe stato e a come sarà.- Il pensiero le era scivolato fuori senza che lei se ne accorgesse, avrebbe voluto rispondere in modo molto più diplomatico. Abbassò gli occhi, puntandoli sul piatto, incapace di sostenere lo sguardo di lui.

-Andrà bene. Non sarai da sola.- Il commento di Ben la fece sobbalzare sulla sedia. Possibile che lui avesse letto tutti i suoi dubbi e sensi di colpa senza che lei nemmeno vi accennasse? Holly alzò nuovamente lo sguardo, riportando gli occhi sul viso di Ben. Il ragazzo era tranquillo, non appariva per nulla turbato, lo sguardo imperturbabile e la mascella contratta. Lei non aveva idea di cosa lui intendesse dire con quella frase, avrebbe voluto chiederglielo ma non poteva affrontare un discorso del genere davanti alla figlia. Catherine li stava fissando, con aria curiosa e spaventata allo stesso tempo, non del tutto consapevole del silenzioso dialogo che stava avvenendo tra i due adulti.

 

Lei era così bella che ogni volta che la guardava i pensieri gli si affollavano nella mente e le parole non uscivano dalla bocca con la stessa coerenza con cui avrebbe voluto. Quando era assorta in chissà quali pensieri era ancora più bella, anche se lei ne era totalmente inconsapevole, non aveva la minima idea dell'effetto che gli faceva e questo la rendeva ancora più attraente ai suoi occhi. Poi aveva pronunciato quella frase, subito vergognandosene e lui aveva risposto esponendosi forse un po' troppo ma credendo davvero in quello che diceva. Perché lui voleva davvero far parte della sua vita, anche se non subito,lo capiva. Holly era talmente abituata a vivere da sola, in totale indipendenza, contando solo su se stessa che ci sarebbe voluto del tempo perchè lei potesse fidarsi di lui e aprirsi completamente. Ma lui poteva aspettare. Certo, avrebbe voluto prenderla tra le braccia e dirle che sarebbe andato tutto bene, avrebbe voluto accarezzare i suoi capelli biondi che profumavano di vaniglia, intrecciare le proprie dita alle sue, assaggiare le sue labbra carnose e accarezzare quelle guance sempre così rosse per l'inutile imbarazzo. Ma era ancora troppo presto, lo capiva perfettamente. Per ora si accontentava di averla accanto, di sentire la sua presenza e il calore emanato dal suo corpo accanto al proprio, di cibarsi della sua vista e delle sue mezze frasi. Quando i loro sguardi si incontravano lui sentiva le farfalle nello stomaco (e dire che fino a quel momento pensava che fosse solo uno stupido modo di dire!), una sensazione così piacevole che sarebbe rimasto così per ore intere. Era proprio quello che stava accadendo ora: nei suoi occhi azzurri poteva vedere il riflesso dei suoi misto alla paura e in qualche modo sapeva che anche lei vedeva e provava lo stesso. Il cameriere entrando rumorosamente nella stanza spezzò l'incantesimo, il suo sguardo si spostò verso lui che era appena entrato e Ben rimase per un momento senza fiato. Poi anche lui si concentrò sul proprio piatto e la serata proseguì tranquilla. Mangiarono, chiacchierarono come vecchi amici, ma, sebbene lui provasse a intrecciare nuovamente i propri occhi ai suoi, lei lo evitava, tenendo sempre lo sguardo fisso sul piatto o sulla figlia.

 

La cena stava ormai volgendo al termine, quando entrò nella sala un uomo. Era sulla cinquantina, panciuto e sorridente, dall'aria cordiale e allegra.

-Allora ragazze, la cena è stata di vostro gradimento? Spero di sì perché Ben ci teneva molto a fare una buona impressione-

-Tom, per favore!- Ben avrebbe voluto che si aprisse una voragine dal pavimento che lo inghiottisse. -Ragazze, lui è Tom, il proprietario del locale, un vecchio amico che non si fa mai gli affari propri-

-Che c'è? E' la prima volta che porti a cena una ragazza che poi non passerà l'intera notte con te, volevo partecipare all'evento!- Holly scoppiò a ridere nel vedere la reazione di Ben, aveva immaginato che sarebbe successa qualcosa del genere. Tom si rivolse a Holly, squadrandola da capo a piedi mentre lei continuava a sorridere osservando il ragazzo che era rimasto a bocca aperta, rosso per l'imbarazzo. -Sono davvero lieto di conoscerti. Ben mi ha parlato a lungo di voi due, e ora credo di capire anche il perchè.-

-Grazie, Tom. Il piacere è tutto mio. La cena è stata davvero deliziosa, un perfetto inizio per la nostra nuova vita qui a Londra, vero Catherine?-

-Si, mi sono divertita molto stasera e il cibo era ottimo. Ora posso uscire in giardino?-

-Vieni pure piccola, ti ci accompagno io. Il nostro parco ti piacerà moltissimo!- Tom accompagnò la bambina verso l'esterno, lasciando soli Ben e Holly.

-Mi dispiace per Tom, lui è un po'...invadente a volte. Mi scuso se ti ha messa in imbarazzo.-

-O no, non ha messo in imbarazzo me! Sembra conoscerti molto bene-

-Si, lui è un vecchio amico di mio padre, mi conosce da sempre. Diciamo che siamo buoni amici, anche se adora mettermi in difficoltà quando esco con una ragazza! Ma il suo locale è fantastico e poi è l'unico in cui posso stare un po' in pace.- Ben sembrò per un attimo ricordare un evento spiacevole, ma poi scrollò le spalle e tornò sorridente.

-Non preoccuparti, nessun imbarazzo per me. Comunque immaginavo che avessi portato qui altre ragazze, non è un problema. E poi il nostro non è mica un appuntamento!-

-No, infatti, purtroppo...- pausa di silenzio. Il discorso si stava avventurando in un sentiero impervio che Holly non aveva nessuna intenzione di percorrere per il momento, quindi cambiò subito argomento.

-Allora....com'è andato il ritorno a casa? Che programmi hai nei prossimi giorni?-

-Mmm...nessun programma in realtà. Voglio solo riposarmi! I viaggi di lavoro sono interessanti ma dopo un po' stancano, quindi per ora voglio solo passare un po' di tempo con la mia famiglia, rilassarmi e, magari, rivedere te e Catherine se me lo permetterai e se ne avrai voglia. Pensavo che, magari, potrei darti una mano in questi primi giorni, almeno fino a che la tua auto non sarà riparata e potrai spostarti da sola più comodamente.- In effetti Holly non aveva ancora pensato a come fare per spostarsi senza 'automobile. Avrebbe potuto usare la metropolitana ma la proposta di Ben era molto, molto allettante.

-Ben, ti ringrazio della tua disponibilità, ma non vorrei abusarne e...non vorrei che tu fraintendessi.- Holly non sapeva come comportarsi, avrebbe voluto gridargli che sì, accettava la sua proposta, che avrebbe voluto uscire di nuovo con lui, passare ogni giorno con lui, avrebbe voluto che quella serata così piacevole non finisse più. Qualcosa però la trattenne. Come se dentro di lei combattessero due diverse persone: la Holly indipendente, orgogliosa, quella che non ha bisogno di nessuno e sa badare a sé stessa, e la Holly che si sente sola, che cerca disperatamente la vicinanza di Ben.

-No, so bene quanto tu tenga alla tua indipendenza. Io intendevo dire che magari, dato che qui non conosci più nessuno, potrei darti una mano ad ambientarti. Come amico, tutto qui.-

-Va bene.-

-Davvero? Voglio dire: forte!- Ben si illuminò in una espressione trionfante, anche se Holly rimase perplessa, ancora non era certa di aver fatto la scelta giusta. -Quindi siamo amici?-

-Amici- Holly temeva che così si sarebbe solo complicata la vita. C'erano così tante cose di lei che Ben non sapeva! Come avrebbero potuto essere amici senza sapere praticamente nulla l'uno dell'altra? Ben sembrò captare quel pensiero perchè subito tornò serio e la guardò negli occhi, lo sguardo fisso e pungente. -Dovrei sapere qualcosa in più di te,però. Per essere amici,intendo-

-Non c'è molto da dire, in realtà. Cosa vuoi sapere?-

-Beh, intanto il tuo vero nome. Holly dovrebbe essere il diminutivo di qualcosa giusto?-

-Si. Però non uso quasi mai il mio vero nome. Non mi appartiene completamente, appartiene alla me del passato,non so se capisci ciò che intendo. Comunque è Olivia. Olivia Cooper.-

-Lo capisco. Peccato però, trovo che sia bellissimo e che ti si adatti davvero bene.-

-Grazie. E tu Benjamin Barnes? Quali oscuri segreti nascondi?- Holly lo guardò con aria maliziosa e interrogativa.

-Eh no! Così non vale! Stavamo parlando di te,giusto? Non sviare il discorso...-

-Non lo sto sviando!- Ok, un pochino ci aveva provato ma a quanto pare Ben non era uno di quegli attori che amano parlare di sé e godere del suono della propria voce -Stavo solo...misurando il tuo grado di egocentrismo!- Ben la guardò con aria scettica, appoggiando la schiena alla sedia, incrociando le braccia e alzando un sopracciglio. -Ok,ok, mi arrendo! Tentavo di cambiare discorso! E' che non mi piace parlare di me e del mio passato. Cos'altro vuoi sapere?-

-Perché ti sei trasferita in Italia?-

-Per motivi di lavoro di mio padre: lui era un docente universitario. Fu trasferito a Bologna in seguito ad alcuni studi di cui ora non ricordo l'argomento, era una specie di “scambio culturale” ma fra insegnanti-

-Cosa insegnava?-

-Antropologia. Avrebbe voluto che seguissi le sue orme ma a me interessavano più le lingue. E la letteratura. Mio padre non era molto contento ma si dovette arrendere: o mi avrebbe permesso di iscrivermi a Lingue Straniere o non avrei frequentato affatto l'università!-

-Hai avuto un bel coraggio! Io non riesco ad impormi così alle persone. I miei non mi hanno mai spinto a fare niente che non volessi ma se così fosse stato credo che avrei finito per cedere.-

-Hai scelto tu di fare l'attore?-

-Si, è stata una scelta molto naturale la mia. Ho sempre amato la recitazione, la letteratura, il teatro...e poi i miei genitori sono due psicanalisti...mi serviva un mondo tutto mio in cui rifugiarmi durante l'adolescenza per sfuggire ai loro “giochetti mentali”!- Ben sorrise ricordando il proprio passato. Poi tornò serio. -Perché sei tornata a Londra? Perché proprio adesso?-

Holly non avrebbe voluto ricevere quella domanda. Era troppo complesso da spiegare, implicava doversi esporre troppo. Ma era con le spalle al muro, non poteva tirarsi indietro. Prese un bel respiro e cominciò a raccontare, e a ricordare -Non potevo più restare a vivere con i miei. Dopo la nascita di Catherine la situazione divenne ancora peggio di prima. Non ho mai avuto un buon rapporto con i miei genitori, nemmeno quando abitavamo in Inghilterra: loro erano troppo presi dal loro lavoro e l'unica cosa che importava era che io fossi una brava studentessa. Si accorgevano di me sono per i successi o gli insuccessi scolastici. E' per questo che mi sono diplomata e laureata in anticipo. Quando rimasi incinta mio padre voleva cacciarmi di casa, per fortuna mia madre lo convinse ad aiutarmi, almeno economicamente. Per questo rimasi a vivere con loro, ero spaventata, non sapevo dove andare, loro erano l'unica certezza che avevo in quel momento. Furono nove lunghi mesi. Mio padre non mi parlava nemmeno, faticava quasi a guardarmi e più la mia pancia cresceva più vedevo in lui la delusione. Mia madre inizialmente cercò di starmi vicino ma poi anche lei finì col prendere le difese di mio padre. Quando Catherine nacque le cose sembrarono migliorare,sai? Non l'avrei mai detto ma mio padre provò persino a fare il nonno. Non che con me avesse cambiato atteggiamento, ma con lei era sempre gentile e affettuoso come non era stato nemmeno con me da bambina. Io riuscii a portare a termine gli studi e questo servì a sbollire in parte la rabbia che mio padre provava nei miei confronti. Passarono così cinque anni. Mi sentivo sempre di più un'estranea in casa mia ma non avevo la forza né le possibilità per andarmene. Fino a quella sera.- Holly fece una pausa. Aveva parlato senza mai interrompersi, come se quelle parole fossero rimase chiuse dentro di lei troppo a lungo e ora dovessero assolutamente uscire, non c'era modo di fermarle. Ben la osservava in silenzio, incapace di dire niente, non trovava nessuna parola che potesse consolarla. Le prese la mano, istintivamente, senza pensarci. Fu contento di vedere che lei non si ritraeva ma che, anzi, stringeva la sua mano ancora più forte. -Era sabato sera, alcune amiche mi avevano invitato ad uscire, era il compleanno di una di loro e io,col permesso dei miei, avevo detto di sì. Eravamo state in alcuni locali, in discoteca, le cose che fanno tutte le ragazze. Dopo la nascita di mia figlia non ero più uscita e mi serviva una serata libera. Non ero ubriaca, non avevo nemmeno bevuto, però era molto tardi e quando rientrai i miei erano svegli. E arrabbiati. Io e mio padre litigammo furiosamente, sputandoci in faccia tutta la rabbia che entrambi avevamo represso troppo a lungo. Io lo odiavo per avermi portato via da casa, per avermi costretto ad una vita che non mi ero scelta, per aver messo prima il suo lavoro a me. Lui mi accusò di essere un'ingrata, di non aver combinato mai nulla di buono nella vita, che l'unica cosa che ero stata capace di fare era farmi mettere incinta per poi scaricare quel peso su di loro. E ora mi permettevo persino di uscire e fare quello che mi pareva, lasciando mia figlia da sola. A quel punto non ci vidi più, non solo mi aveva accusata di essermi fatta mettere incinta, lui sapeva bene com'erano andate le cose, ma aveva chiamato Catherine “un peso”. Io mi avventai su di lui, non so esattamente cosa volessi fare, fu una reazione istintiva, brutale. Lui mi prese e mi spinse via con forza. Finii contro il muro e svenni. Al mio risveglio, il mattino seguente i miei genitori non c'erano e Catherine dormiva ancora nel suo letto. Feci le valigie in fretta e furia e uscimmo da quella casa. Dopo poco più di una settimana siamo partite per Londra,dove avevo ottenuto un colloquio e poi ti abbiamo incontrato. Il resto della storia lo conosci.- Holly aveva vomitato tutto quel fiume di parole senza mostrare un'emozione, non una lacrima, ora si sentiva stranamente bene. Era finalmente riuscita a raccontare a qualcuno ciò che era successo. Si sentiva vuota, ma in pace. Condividere quel ricordo l'aveva sollevata di un peso enorme, un macigno che si era sciolto, finalmente. Forse non avrebbe dovuto raccontarlo ad un ragazzo che conosceva appena e che ora probabilmente se ne sarebbe andato e non avrebbe più voluto saperne nulla di lei. Ma ormai era troppo tardi, non poteva tornare indietro e rimangiarsi tutto. Chiuse gli occhi per un momento, concentrandosi sul calore che sentiva provenire dalle mano di Ben che stringeva ancora forte la sua. Li riaprì, aspettando che lui dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.

 

Non sapeva cosa dire. Si sentiva inutile, svuotato anche lui. Si credeva un grande uomo ma ora si sentiva più che mai uno stupido ragazzino. Aveva insistito per fare sì che lei si aprisse con lui, ma ora che l'aveva fatto lui non sapeva come comportarsi. Lei si aspettava qualcosa da lui, ma lui non sapeva portare un peso del genere. E, lo sapeva, questa era solo una parte della storia, c'erano ancora così tante cose che non gli aveva detto. Ma lui non si sentiva più così pronto e sicuro di volerle sentire. Stava lì, Holly, e lo guardava. Cercava con gli occhi una qualche reazione in lui, ma Ben era rimasto senza parole. La sua storia lo aveva colpito e travolto con la forza di una valanga. -Holly...io...mi dispiace.- Ben tentò di dire qualcosa ma non riuscì.

-Non preoccuparti. Non mi aspetto che tu dica niente. Non l'avevo raccontato a nessuno,sai?- Lei sembrava stranamente tranquilla, continuava a tenergli la mano.

-Non pensavo che fosse questo il motivo per cui sei tornata. Vorrei solo poter fare qualcosa.-

-No, non devi,davvero. Ormai è passato. Ora voglio solo ricominciare una nuova vita qui, a casa mia, con mia figlia.- La situazione era assurda: era lei che aveva vissuto quell'esperienza, lei quella che aveva sofferto, allora perchè era lei a tranquillizzare lui e non il contrario?

-Pensi di aver fatto la cosa giusta?- Holly rimase sorpresa a questa domanda. Non ci aveva mai pensato. Fuggire dall'Italia era stata più una reazione istintiva che non un piano ben progettato.

-Non lo so. So che per me è la cosa giusta. Mi chiedo solo se sia lo stesso anche per Catherine.-

-Non volevo essere invadente,comunque. Scusami se hai avuto questa impressione.- Ben si sentiva come un estraneo entrato in una casa altrui, aveva in qualche modo violato l'intimità di Holly e farla sentire a disagio era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare.

-Non preoccuparti. Tu non mi hai obbligato a dire nulla, io avevo bisogno di condividere questo ricordo con qualcuno e...non so...sei la prima persona di cui mi fido totalmente da molto tempo.-

 

Dopo essere usciti dal locale (la cena era stata gentilmente offerta da Tom) Ben le aveva riaccompagnate al residence. Avrebbe voluto portarle a fare un giro, a vedere la città di sera, ma era piuttosto tardi ed erano tutti ancora stanchi dal viaggio. Catherine si era addormentata sul sedile posteriore e Ben e Holly rimanevano in silenzio. Ben sembrava concentrato sulla guida ma in realtà stava ripensando alla serata, a ciò che Holly gli aveva raccontato di sé. Era bello che lei si fosse fidata di lui a tal punto, anche se la cosa lo aveva turbato. Ora lei era seduta di fianco a lui, come quello stesso pomeriggio, il busto leggermente inclinato verso di lui. Era pensierosa e Ben adorava quell'espressione corrucciata che assumeva quando si perdeva nel filo dei suoi pensieri.

 

Holly si sentiva molto meglio adesso. Aprirsi con Ben era stato più semplice del previsto, dopo aver iniziato a raccontare le parole erano uscite dalla sua bocca senza che quasi se ne accorgesse. Lui era rimasto in silenzio mentre lei parlava e anche dopo non le aveva detto niente. In qualche modo questo l'aveva tranquillizzata, se lui se ne fosse andato lei non sarebbe riuscita a sopportarlo. Ora erano in auto, Ben le stava riaccompagnando a casa, lo sguardo concentrato sulla strada. Holly si voltò verso di lui, il suo viso era per lei come un centro di attrazione gravitazionale. Osservava ogni linea, ogni tratto di quel magnifico volto. Così bello da essere irraggiungibile per lei, così vicino eppure così lontano. Lui si accorse del suo sguardo e voltò il viso verso di lei, poi appoggiò una mano sul viso di Holly e le fece una carezza. Il tocco, dolce e fresco, le faceva bruciare la pelle come carboni ardenti. Un brivido le percorse la schiena e un'ondata di calore si propagò dalla pancia alle estremità del corpo. Prese la mano di lui e la trattenne ancora per qualche istante sul suo viso, cercando di assaporarne il dolce aroma. Infine lui intrecciò le sue dita a quelle di lei, appoggiando la mano nel suo grembo.

Arrivati sotto casa sua furono costretti a sciogliere quell'intreccio. Ben aiutò Holly a portare la figlia addormentata in casa, prendendola in braccio e adagiandola delicatamente sopra al letto ancora fatto. Holly poi lo riaccompagnò alla porta.

-Grazie-

-Di cosa?-

-Della serata, del passaggio...non lo so, di tutto.- Ben si era fermato sulla soglia e aveva appoggiato una spalla allo stipite. Sembrava in posa, pronto per la foto di copertina. -Buonanotte Ben-

-Buonanotte- Si chinò su di lei e appoggiò le labbra sulla sua guancia, dandole un casto bacio.


Salve a tutti!
Ed ecco la scena con la cena dei tre personaggi! Spero non abbia deluso le vostre aspettative...io mi sono divertita molto a scriverla! Purtroppo nel capitolo precedente non ho ricevuto commenti quindi non so se c'è ancora qualcuno che segue questa storia...spero davvero che sia così! Se ci siete battete un colpo!:P o meglio lasciatemi un commentino, se vi va!
Un bacio,
v91;)

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