-Suburbia.

di Summerdiedtoday
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -we're the kids of war&peace. ***
Capitolo 2: *** -We are the Waiting. ***
Capitolo 3: *** it's not over till you're underground. ***
Capitolo 4: *** St jimmy is a figment of.. ***
Capitolo 5: *** The innocent can never last. ***
Capitolo 6: *** Standing still when it's do or die ***



Capitolo 1
*** -we're the kids of war&peace. ***


[un piccolo avvertimento,è difficile che vengano rivelati nomi,tutti i personaggi manterranno l'anonimato tranne Jimmy,e se per necessità dovrò usare il nome di qualcuno verranno usati nomi come "Jane" o "John" ( come,nel linguaggio giuridico statunitense,per indicare il nostro "anonimo" vengono usati John&Jane Doe) 
Per il resto,quello che racconterò lì è frutto dei tremiti del mio animo,della parte più recognita di me che forse voleva ricordarmi chi sono,infatti,più che inventare,descrivo sogni che sto facendo ormai da un pò.
Dunque,notate,vi prego,che essendo un sogno spesso le cose non hanno il filo logico che meriterebbero. Provo però a donargliene uno.
Spero gradirete,ma a dire il vero,alla fine non me ne importerà molto.
-Jane]

 Consiglio per l'ascolto :      Last night on Earth.                                                                                                                                         

Un salotto piccolo e polveroso,divani color petrolio ormai distrutti dalle sigarette e dai calci,scomodi,con le molle ben in vista e qualche chiodo sporgente.
Una luce soffocata dalle tendine tanto amate dagli acari e dal fumo che sale,oscurando ogni cosa. 
Fumo che sale da ragazzi che ormai da tempo hanno perso la loro età tra il fumo e la droga. 
Adolescenti,che in questo momento stanno seduti,chi per terra,chi sui divani,chi prova,in un malandato tentativo di seduzione,di salire su qualcun'altro.
Sono tutti fatti,non ce n'è uno cosciente,il più recognito segnale di ciò che è vero e che è falso è stato annegato ormai da tempo nella cocaina e nel gin,annebbiato dalle canne e dai graffi sulle braccia e sul corpo.
Si guardano,ridono senza motivo,litigano.
Amici? Oh,no,loro non sono amici. 
Sono fottute persone che si sono trovati sugli stessi,fottutissimi divani.
Amore? Ne provano,o lo rinnegano? Io non posso saperlo,non ho mai visto dimostrarglielo.
Sono una di loro? Forse si,forse no. Lascio queste informazioni alla vostra immaginazione.
Però li conosco,uno per uno,li ho visti sanguinare odio e rabbia,dolore e passione,a ognuno di loro.
Ragazzi e ragazze di un età indefinita,senza identità,tutti incredibilmente belli,eppure cinerei,morti,forse già da tempo,annegati nei loro sentimenti e nell'alcool.

È come loro il ragazzo che improvvisamente entra nella stanza,lo sguardo profondo,tremante,che pian piano zittisce le urla e le risa di tutti i presenti. Il suo sguardo,i suoi occhi cerchiati di nero si soffermano su ognuno,confusiquasi spaventati. Schiude le labbra,lasciando sfuggire un unico,sofferto sussurro. 
-Jimmy..
Gli sguardi di tutti cambiano tono,conquistando una sebbene minuscola parte di lucidità. Jimmy,è solo una parola,cinque lettere,eppure a loro sembra raccontare chissà quale storia. 
Le ragazze si portano la mano alle labbra truccate,di nero,di rosso o del colore che più le aggradava,tra i ragazzi corrono sguardi timorosi,nervosi.


J. Pov.

Non c'era stato bisogno di aggiungere altro,solo un nome,solo il suo nome e avevamo capito.
Lo si diceva da tempo,lì in periferia,si diceva che Jimmy fosse scappato,che fosse morto,chi diceva perfino che mai era esistito.
Io Jimmy lo avevo sentito sulla pelle mentre le sue labbra vagavano sul mio corpo,scendendo,l'avevo sentito quando avevo bevuto la sua vodka e fumato la sua sigaretta,quando si era addormentato nudo al mio fianco. Jimmy era uno di noi,e allo stesso tempo era totalmente diverso. Forse sarebbe carino dire qualcosa su come l'ho incontrato,ma la verità è che non lo ricordo,perchè ero fatta,e perchè lui,come tutti noi,non era niente,era solo merda.
Perchè darci tutta quella preoccupazione per lui? Lui non era che un inutile fallito,lo scarto dello schifo di quella città,come lo ero io,come lo eravamo tutti.
Eppure era bastato il suo nome a farci abbandonare le bottiglie,le sigarette,a farci correre tutti in strada,strada dove ci trovavamo ancora.
Mi tirai su le calze a rete,stringendomi poi nella giacca di pelle mentre mi guardavo intorno. Ci eravamo divisi,come se questo valesse a trovarlo prima,eppure sapevamo nel profondo che lui non era più qui.
Diedi un occhiata a L. dietro di me,intenta a sollevare il coperchio di una spazzatura e a guardarci dentro con attenzione. Risi,prendendo una sigaretta e accendendola,portandomela alle labbra,mentre lo sguardo vagava nei giardini luridi e disastrati,nelle strade che sapevano d'inferno,sulla gente che ci fissava senza ritegno. Strinsi i pugni. Erano tutti uguali,clonati,fatti con un fottuto stampo,tutti eleganti,giacca e cravatta,ma maledizione,io ero più vera di tutti loro. Mi feci improvvisamente attenta quando scorsi dei capelli neri tra la folla compatta,statica,odiata. 
Mi avvicinai,timidamente,prendendo poi a spingere,a correre mentre la gente mi urlava dietro. Seguì quel profilo fin quando non scomparve dalla mia vista,troppo presto perchè potessi anche solo essere certa che fosse lui. Mi chinai,piegando le ginocchia e sentendo tutto lo schifo che avevo in corpo ribollire,mi veniva da vomitare. 
Sentì una mano sulla spalla e alzai lo sguardo su L. che mi guardava comprensiva,gli occhi soffocati dal nero e i capelli tinti mossi dal vento. 
-Era Jimmy. Io lo so.
Lo dissi con decisione,poi vomitai anche l'anima.
Sentì qualcosa in tasca vibrare,e vidi L. prendere il suo telefono e rimanere immobile a fissarlo,gli occhi vuoti. 
Chiusi i miei,respirano piano mentre l'acido mi distruggeva. 


D. Pov.

Chiusi gli occhi,infilandomi con decisione le mani in tasca. Basta,inutile cercare,erano ore che andavamo in giro a cercare quel fottuto rottinculo di Jimmy.
Cazzo,amico,che t'è successo? Hai deciso che questa merda non era abbastanza per il tuo raffinato culo? E te ne sei andato,lasciandoci tutti qui,così,senza neanche una parola? 
CAZZO,JIMMY. 
Cosa ti credi di essere? Siamo lo scarto del mondo,siamo il peggio del peggio,siamo il veleno che corroderà questo fottuto mondo,ma questo non vuol dire che puoi voltarci le spalle,chiaro,brutta testa di cazzo?

Mi affacciai a una ringhiera,guardando verso il basso con aria nauseata il treno che passava velocemente sotto di noi.
-Possiamo tornarcene a casa,qui non c'è e io ho bisogno di un bicchiere.
-Facciamo due.

Sentì lo sguardo di Jack bruciarmi lentamente. 
-Dove potrebbe essere andato?
Alzai le spalle,inespressivo. 
-Credi sia morto?
Mi voltai verso di lui,guardandolo con serietà,dagli occhi truccati alla maglietta strappata,alle catene che portava sui pantaloni vecchi e laceri. 
-Si. Ora andiamocene,ho davvero bisogno di qualcosa di pesante.
Lo vidi annuire e mi staccai dalla ringhiera,dirigendomi verso le scale che scendevano verso la metropolitana,quando sentì la tasca posteriore dei pantaloni vibrare. Ci infilai una mano,prendendo il telefono che aveva cessato di dare segni di vita. Sul display,solo il simbolo di un messaggio.
Mi voltai verso J. 
Anche lui aveva il telefono in mano,e lo fissava senza una parola.
Premetti il tasto e il messaggio si aprì,rivelando due parole.
Che riaccesero quella minima speranza che avevo nel fondo dell'animo,eppure mi lasciarono uno strano sapore amaro in bocca.

"L'ho trovato."






Fù difficile alzarsi quel giorno,fù difficile saltare tra una bottiglia e una sigaretta,toccando con i piedi nudi il pavimento gelido,fù difficile dirigersi verso lo specchio e mettersi il solito quintale di trucco,fù difficile e lo fù per tutti.
I ragazzi provarono a infilarsi quantomeno una cravatta,cravatte che però rimasero larghe e annodate male,su vestiti che davvero,non c'entravano niente. Le ragazze provarono a tirare un pò giù le minigonne,a sistemare i capelli e a camminare dritte,eppure i risultati non si vedettero. La gente mai li avrebbe potuto vedere,nessuno guardava oltre i loro occhi bistrati e la coltre di fumo che li avvolgeva.
C'era un sacco di gente elegante,tutti vestiti in nero,camicie,giacche e cravatte,tutta gente che non c'entrava niente con Jimmy eppure era lì a squadrarli da capo a piedi.

Che cazzo ci fanno questi deficenti qui? Loro con Jimmy non c'entravano niente,lui era uno di noi. ERA UNO DI NOI.

La lapide,neanche quella c'entrava niente con Jimmy.
Jimmy era rosso,nero,era colore del sangue rappreso,ma di certo Jimmy non era bianco.
Una ragazza avanzò tra quella folla così falsa di damerini,fermandosi davanti alla lapide. Tutti pregavano,un brusio odioso che la faceva uscire di testa. Jimmy non l'avrebbe voluto,e lei lo sapeva,e voleva dare fuoco a tutte quelle merdate che gli stavano mettendo in bocca,prendendosi la libertà di farlo perchè era morto e non poteva spaccargli il culo.
Sulla lapide un incisione che le frantumò l'anima in centinaia di pezzi piccoli quanto taglienti.
The Jesus of Suburbia was just a Lie.
Improvvise urla sventrarono l'aria,sgretolando quella calma così fottutamente falsa.

-No! Jimmy wasn't a lie! Jimmy can't be a lie,the jesus of suburbia can't be a fucking lie!

Braccia forti la avvolsero da dietro,sollevandola e trascinandola via mentre continuava a gridare e scalciare,il trucco color carbone che scolava lungo le guancie pallide,trascinato dalle lacrime corrosive che non riusciva più a trattenere.
La bara venne calata e sepolta,ma i ragazzi erano già scappati,tornando nella loro oscurità perenne.
Era finita,e lei non poteva crederci. Nessuno di loro poteva,poteva rendersi davvero conto che era tutto finito,morto,sgretolato.
Non si incontrarono,quella sera,e affondarono la loro disperazione nell'alcool e nelle siringhe cariche d'odio,avvolti dal fumo denso che avrebbe corrotto per sempre la loro mente.
Dormirono sogni agitati,e nel pieno della notte si sentirono altre urla,più forti,strazianti,addirittura,urla di chi aveva avuto così tante volte Jimmy accanto a sè,di chi così tante volte aveva sentito il suo cuore battere forte sotto la pelle che non riusciva ad ammettere che era tutto finito,che era finito davvero e per sempre.




Non si resero conto del perchè K. fosse piombato a casa loro,tirandoli con violenza giù dai rispettivi letti,o almeno,non se ne resero conto prima di vederlo con i loro occhi. 




La lapide era stata frantumata a calci,e sui resti e sulla terra era stato scritto con una bomboletta un messaggio capace di farli fremere tutti,di atterrirli,di portarli a guardarsi di nuovo con confusione e spaesamento,con disperazione,con bisogno l'un l'altro.


The  Jesus of  Suburbia is ALIVE.










[Spero di nuovo che vi sia piaciuto,ripeto,è appena un sogno,un sogno che ho fatto qualche giorno fa e che mi ha colpita. Si,ho sognato anche il seguito,si,lo troverete presto,perchè no,a questo punto? La storia non finisce qui,e non vedo perchè dovrei stroncarla nel suo vivo.

A tutte le luci della mia vita spenta,senza fare nomi e cognomi,esattamente come i personaggi di questa grande stronzata. 
Si,ognuna di voi potrebbe identificarsi in un personaggio,io sento chi sono in questa storia. 
Vi amo,davvero. La vostra "Jane Doe".]

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Capitolo 2
*** -We are the Waiting. ***


Consiglio per l'ascolto : Are we the waiting.
Questo capitolo è composto principalmente da Pov,per rendere l'idea di ciò che accade. Una cosa importante,i pov sono CONTEMPORANEI.




J. Pov. 



Il silenzio sembra uno spettro soffocante che mi avvolge le membra,oggi. Non riesco neanche a muovermi dal letto,sono troppo fatta,troppo stanca,troppo arrabbiata.
Ho cenere sull'addome e sul cuscino,una siringa accanto a me,bottiglie rotte per terra.
Forse quando appoggerò i piedi sul pavimento mi farò male,forse sanguinerò. Sanguinare mi piace,mi piace l'odore e il sapore che il sangue ha,e la scarica di adrenalina che ti scuote quando lo vedi scorrere,fosse il tuo come quello di chiunque altro. Mi viene quasi sonno mentre la luce filtra bianchissima dalla finestra,illuminando questo fottuto squallore. Vestiti strappati,siringhe,Cd,bottiglie,mozziconi di sigaretta,di canna,pezzi di vetro. Questa è una vita da cani,anzi,peggio,questa è una vita da bestie,da scarti,da creature abbastanza disgustose da meritare le fognature,eppure noi ci crediamo forti,e belli,ci crediamo i padroni del mondo,o almeno,ci credevamo sovrani immensi e indiscussi finchè non sei sparito nel nulla. Coglione.
Cosa credi,che da qualche altra parte sia meglio? Non ti illudere troppo,signorino. 
Ovunque tu sia,sei solo come un cane,e hai lasciato noi soli come un cane,stupido vigliacco fallito che non sei altro.
Sei vivo? E allora dove cazzo sei,eh? 

Suonano alla porta,adesso,e vorrei sapere chi cazzo viene a rompermi i coglioni proprio adesso. Rimango ferma immobile,guardando il soffitto ammuffito e sporco di bombolette. 
Poi un pensiero mi fa partire il cuore e la mente,facendomi scendere di scatto dal letto,riuscendo a evitare per qualche millimetro i cocci taglienti che ricoprono buona parte del pavimento.
E se fosse Jimmy? Se fosse tornato? 
Se non fosse per quel pensiero non scenderei di corsa le scale con solo le mutande e una vecchia maglietta sgualcita addosso,eppure lo faccio. E spero di trovare il tuo viso familiare,eppure davanti alla porta non c'è nessuno. Faccio una smorfia,maledicendo tutti i santi. Faccio per richiudere la porta,arrabbiata,quando i miei occhi registrano un particolare che mi paralizza e di cui mi accorgo seriamente solo dopo qualche istante.
A terra c'è una fotografia.


D. Pov

Non credo che rimanere in questa fottuta topaia sia la soluzione. Forse dovrei andarmene anch'io,proprio come Jimmy. Ci sono migliaia di posti che vorrei vedere,conoscere,eppure sono bloccato in mezzo a questa merda.
Forse,se me l'avessi detto,Jimmy,saremmo potuti andare via insieme.
Io avrei annuito e ti avrei seguito,niente in tasca ma almeno la speranza di poter cambiare tutto. 
Non me ne andrò adesso,Jimmy,no. Guarda come ci hai lasciati? La confusione,la rabbia per tutto quello che sta succedendo. Cos'è che sei,Jimmy?
The Jesus of Suburbia?
Magari sei solo un diciassettenne convinto di avere il mondo nelle sue fottute mani che non riesce ad essere nulla se non patetico. Dovremmo pensare  a te in questi termini,è ciò che sei. Sei un fattone,un idiota,sei peggio di tutti noi,eppure tu non sei più qui e noi siamo bloccati in questo schifo,sei contento Jimmy,sei contento?

Afferro nel mobiletto degli alcolici una bottiglia e la porto con me quando vado a sedermi sul divano color petrolio,impolverato e dilaniato dai calci negli attimi d'ira. Eravamo qui quando è cominciato tutto,quella ricerca folle,quell'inseguimento verso il niente. Sei andato via,sei tornato e ti comporti come una fottuta checca che ha paura di tornare indietro,ti nascondi magari a casa tua,incollato alla televisione perchè non hai le palle di ammettere che hai fallito. Secondo me è solo questo. Ti credevo davvero morto,Jimmy. E tu sei il mio fottuto migliore amico,in una terra dove amici vuol dire pararsi le spalle quando arrivano gli sbirri e bere dalla stessa,fottuta bottiglia.
Tirò la bottiglia contro la parete di fronte a me quando sento che bussano.
-Chi cazzo è?!
Nessuno risponde e io mi alzo,dando un calcio al divano. Non ho voglia di scherzare,cazzo,non ne ho voglia per niente. Osservo il liquido colare contro la parete,insudiciandola ancora di più.
Quando vado ad aprire mi incazzo ancora di più,perchè non c'è nessuno.
Soltanto una fotografia a terra. 


L pov.
Non avevo voglia di stare da sola,ho come la sensazione che tutti possano sparire da quando è morto Jimmy. Cioè,morto. Si,per me lo è,penso davvero che lo sia. Morto,finito,andato,marcito,cibo per i verbi e niente di più. Quella scritta non significa proprio niente,Jimmy lo conoscevano tutti,e siamo tutti dei figli di puttana incazzati con il mondo,che ci vuole a distruggere a calci una lapide,a fracassarla quando uno di noi muore? La rabbia che si scatena giustificherebbe un gesto simile. Qui siamo all'inferno,l'inferno a dire il vero dev'essere più piacevole. Non giriamo tutti insieme,non ci sentiamo una specie di grande famiglia unita dalla nostra diversità rispetto al resto del mondo. Qui come arrivi ti prendono e ti spingono in un angolo,e devi lottare fino al sangue per ottenere di diventare parte di qualcosa. Prima che qualcuno ti raccatti devi dimostrare che vali,che non sei fottutamente debole,che non sei una stupida mammoletta,che puoi cavartela in quel buco di merda. Non basta avere la droga nella borsa per entrare in questo girone dell'inferno,basta relativamente molto meno,o molto di più,dipende da come la si vede. Schiusi le labbra,lasciando uscire il fumo denso e soffocante e mi spensi la sigaretta sui jeans,con una piccola smorfia,per poi osservare K. che tirava tranquillo la sua striscetta bianca,mentre Allen se ne stava bella tranquilla sulla poltrona davanti alla mia,i piedi nudi appoggiati sul tavolino in legno che ormai era più scheggiato che altro. Le salì addosso ,bloccandola con il corpo e scendendo con le labbra sul suo collo,mentre le sollevavo la maglia. 
K rideva mentre la droga cominciava a fargli effetto,o forse erano le cinque bottiglie che si era scolato prima,qualcosa del genere.
Sbuffai quando bussarono alla porta,alzandomi di malavoglia. Non lo avrei neanche fatto se non fossi stata sicura che fosse Jane. Era da lei presentarsi nel bel mezzo dei miei tentavi di avere un rapporto sessuale decente. La spalancai,senza degnare d'un occhiata lo spioncino. In quel quartiere gli estranei avevano paura di entrare,perchè i vetri dei negozi erano sempre spaccati e non si poteva camminare senza subire uno stupro o uno scippo,ma questo per chi veniva da fuori.
Tra noi si era creato una sorta d'equilibrio di base che impediva alla città di ardere tra le fiamme della violenza in cui vivevamo.
Eppure alla porta non c'era nessuno. Mi guardai intorno cercando di capire chi potesse davvero essere così deficente,eppure non c'era nulla,non sentivo neanche passi in lontananza. Un soffio di vento sollevò un pezzo di carta che mi sbattè contro la caviglia. 
Una fotografia.


H. Pov
La musica era abbastanza forte da distruggere ogni mio ricordo,ogni sensazione,da rendermi difficile perfino respirare,mentre voci e bassi mi perforavano le orecchie e mi davano uno strano calore al ventre,offuscandomi la vista,impedendomi di soffermarmi su un pensiero che fosse sensato o logico.
Mia madre martellava da almeno mezz'ora contro la porta,urlando minaccie che forse,a sei anni mi avrebbero spaventata,e che ora a malapena sentivo.
Come se avesse davvero le palle di mandarmi in un istituto. Scesi dal letto e andai alla scrivania,disordinata,piena di scritte e di scarabocchi,sporca di trucco,caduto chissà quanto tempo prima,impolverata e ingrigita. Aprì con convinzione il pacco di sigarette che ci trovai sopra,come se questo avrebbe potuto riempirlo,eppure era ancora vuoto in un modo quasi desolante. 
Presi la giacca da una sedia e me la infilai,aprendo la porta e trovandomi davanti il viso furioso di mia madre. Passai sotto il suo braccio,scendendo le scale con aria noncurante mentre mi gridava dietro. Neanche le dissi che uscivo,non ce n'era bisogno,non erano cazzi suoi. Era colpa sua se vivevamo in quella merda,colpa sua se vivevamo in un quartiere dove la strada è la tua unica scuola,la droga il cibo di cui ti nutri e l'alcool l'acqua che ti disseta. Colpa sua se io adesso ero così. Lei diceva che ero un vero schifo,una vergogna,che sembravo una battona per come mi vestivo,o mi truccavo. Io ero felice di non essere patetica  e sciatta come lo era lei.
La guardavo e non vedevo niente,solo un ultraquarantenne con i capelli bianchi e le rughe,il volto sciupato e il corpo abbandonato a se stesso.
Non era colpa mia se le cose andavano male,non era colpa mia se,come diceva lei,frequentavo un branco di inutili falliti,se ero finita in tunnel dai quali non si può uscire. 
La mia vita iniziava e finiva in quella stupida discarica,in quella periferia di rabbia e di forza,e lì eravamo re e regine di quel nulla che un giorno ci avrebbe uccisi.
Fuori,eravamo già niente,solo ragazzi che si fingono forti e diversi per darsi un fottuto tono.
Sbattei la porta di casa,diretta verso il tabacchino più vicino. Era già buio ma non me ne fregava niente. Mentre tiravo su la cerniera della giacca mi resi conto che c'era qualcosa,per terra,oltre le bollette non pagate che per scrupolo,neanche venivano raccolte.
Mi chinai a raccogliere il rettangolino di carta tra le mie mani,osservandolo e sentendo il cuore lanciarsi nel vuoto,cessando di battere.




Nessuna di quelle fotografie ritraeva un soggetto in particolare,era soltanto un muro,un normalissimo muro con una scritta sopra,anche se da nessuno scatto si evinceva con esattezza cosa ci fosse scritto. L'unica particolare,oltre la loro dubbia provenienza,era che in ogni foto c'era del sangue rappreso che rendeva ruvida la superfice patinata e ancora più impossibile la decifrazione della scritta.
I ragazzi se le rigirarono in mano,improvvisamente ammutoliti. Nessuno mosse un muscolo per lunghi minuti,mentre le osservavano con intensità,cercando di carpire il loro segreto.  
La periferia non è mai stato un luogo semplice in cui vivere,ma a vent'anni e neanche erano tutti convinti di saperne una più del demonio,e invece eccoli di nuovo,spauriti come bambini che hanno perso la mamma,con il loro trucco scuro e l'alcool,la droga,il sesso,come ragazzi che provano a fare il gioco da adulti.

Si incontrarono che era notte,il parco era lercio come al solito,quella che sarebbe dovuta essere una fontana era distrutta e prosciugata,coperta da centinaia di scritte che si erano andate a sovrapporre con gli anni. Stivali,calze a rete,gonne troppo corte o pantaloni distrutti,sigarette in bocca e bottiglie alla mano,capelli tinti e dita graffiate che strigevano convulsamente le fotografie.
C'era il silenzio totale tra di loro,mentre accendevano un fuoco bruciando dei vecchi legni che avevano trovato accatastati da quelle parti. Nessuno parlava,per scherzare,per litigare o per ottenere qualcosa.
Solo quel religioso silenzio che sembravano quasi aver paura di distruggere.
Appoggiarono le foto accanto al fuoco,sedendosi. Chi beveva,chi fumava,tutti gli occhi erano puntati su quei piccoli misteri.
Improvvisamente uno di loro allungò la mano,spostando una fotografia. E il meccanismo scattò.
Ci rifletterono per diverse ore,come se ne valesse della loro stessa vita,eppure alla fine la scritta era composta.

The  Jesus of Suburbia is Alive.
 

Il sangue rappreso era lo stampo di una mano che tutti loro conoscevano bene,che avevano visto tante volte nel bagno del market.nel bagno che ormai era diventato di quel ragazzo che tanto avevano cercato nelle ultime settimane.
Lo stampo della mano di Jimmy.









[ :3 Ed eccoci qui,secondo capitolo fatto,siamo prossimi alla fine,o almeno credo.. non so se sognerò ancora questa storia,se così non sarà,il prossimo capitolo sarà quello finale. Peccato,perchè ho adorato scriverla.
Di nuovo va a alle poche persone che amo e dalle quali mi sento amata. La dedico a voi perchè siete le persone migliori che potessi desiderare nella mia vita,e spero tanto di dimostrarvelo.
Se siete voi le protagoniste di questa storia? Questo non ve lo posso dire io. Sentite di esserlo? Sentite di essere qualcuno in particolare,vi sentite tutti loro o nessuno? 
Io direi che ognuno di noi è chi sente di essere. Se siete arrivate a un punto in cui vi sentite qualcuno di loro,allora sono riuscita nel mio intento,farvi entrare nella mia mente,e nel mio sogno fino in fondo.
"Jane".

Ps: svelato il mistero,i nomi dei ragazzi sono rispettivamente
Jane
Danian
Jack
Allen
Leslie
Kyle
Hayreen
Mi sono resa conto che è davvero difficili non nominarli se non voglio creare una confusione esagerata..comunque,nei limiti del decente,rimarranno soltanto inziali,come in precedenza.]
 

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Capitolo 3
*** it's not over till you're underground. ***


Se siete eccessivamente perbenisti,non credo che dovreste proseguire nella lettura di questo capitolo.
Nè se siete persone che si innervosiscono facilmente,perchè hey,avete mai provato a parlare con due ragazzi totalmente fatti?
Non ci si cava un ragno dal buco.
E i nostri ragazzi,fatti lo erano più o meno sempre.
Senza che nessuno provasse più a fermarli,ormai.
Erano come carne da macello,si distruggevano,sempre di più ogni giorno,e nessuno si preoccupava di cosa gli sarebbe accaduto,di come sarebbero finiti.
Male,erano già messi male.
Jimmy li aveva resi forti,arrabbiati e agguerriti,oltre che distrutti. 
Per questo lo amavano tanto,come dei fedeli amano il loro Dio? Con venerazione quasi ossessiva? Era tutto qui..?
Forse.
O forse c'era qualcosa di più,qualcosa di meno. Bisogno di provarlo,quell'amore su cui sputavano,quell'amore di cui erano figli e che gli bucava le vene con la stessa intensità delle siringhe.
 
 
--
-oh mio Dio credo di dover vomitare. 
Jane rideva,confusa,gli occhi dilatati,i capelli scombinati e le gote arrossate,la giacca aperta,sotto di essa il reggiseno nero che copriva ben poco. 
Si fermò,riflettendoci un attimo,cessando di ridere.
Dove cazzo aveva lasciato la maglietta?!
Due secondi e se ne dimenticò,ricominciando a ridere e strofinandosi contro Danian,accanto a lei,passandogli le braccia intorno alle spalle,tenendosi su a fatica e portandosi la bottiglia ormai semivuota di Vodka alle labbra e bevendo un sorso,per poi ridere e sputarne metà sul marciapiede buio,quasi a soffocarsi. Erano sei mesi buoni che Jane fissava Danian,e che Danian fissava Jane. Facevano sesso,ma quello lo facevano tutti,tra di loro. Jane era sicura di essersi portata a letto perfino Allen in un attimo di confusione,e lei era sua sorella.
Forse i pensieri di Jane a volte si erano soffermati un pò troppo su Danian,e forse,quelli del ragazzo avevano fatto lo stesso.
Ma puntualmente arrivava Jimmy e tutto scompariva,perchè..Jimmy era Jimmy.
Bastava una notte di sesso con lui,due sguardi duri e Jane si sentiva come un cristiano portato alla bestemmia.
Lei era di Jimmy,lo erano tutti,l'aveva sempre pensata così. 
Ma ora Jimmy era scomparso,e mentre loro avevano passato la notte intorno al fuoco a bere e a fottersi,la vita e il corpo,Jimmy era sotto terra a farsi mangiare dai vermi.
Perchè era così,no?
Jimmy era morto,crepato.
Era crepato e basta,e quelle fottute foto non significavano proprio niente.
 
Danian in quel momento era fatto,proprio come Jane,proprio come tutti loro.
Solo che erano soli,e che erano in strada,e che lui era più grande e stava davvero tentando di darsi un contegno.
Malamente,certo,soprattutto quando quella ragazza gli andava addosso in quel modo,seminuda,come l'aveva vista centinaia di volte,ma che gli risvegliava sempre qualcosa dentro.
Scoppiò a ridere quando Jane sputò via tutta la vodka,ridendo per chissà quale castello in aria.
Erano uomini e donne,o erano forse davvero solo dei fottuti ragazzini viziati che si stavano distruggendo per inseguire chissà quale stupido ideale.
Ideali,ideali,loro non ne avevano.
Neanche uno.
Le loro idee nescevano e morivano in Jimmy.
Come può un ragazzo dare assuefazione,una tale da essere pari a quella della cocaina?
Prese la bottiglia dalla mano della ragazza,prendendone un sorso e lasciandoselo scivolare in gola,fottendosene di quell'acido che gli avrebbe corroso il fegato.
Jane si era bloccata a guardare il cielo,divertita,continuando a ridere.
Chissà poi perchè rideva.
Perchè era così bella,forse un perchè non c'era e basta.
Si mise a battere le mani come una bambina piccola davanti ai palloncini,girando su se stessa,le guancie sempre più arrossate,i capelli sciolti a ricaderle sugli occhi.
Occhi che erano fissi sulle stelle,mentre le braccia aperte erano bucate e graffiate in tutta la loro estensione.
Carne da macello,forse lo erano diventati davvero.
Si fermò,trabballante,e lui la prese al volo prima che potesse cadere a terra,nonostante i suoi riflessi fossero distrutti e soffocati nell'alcool.
La ragazza rideva ancora,poi smise,diventando seria e guardandolo negli occhi.
La bottiglia che cadeva e si spaccava in centinaia di frammenti emise un fragore che risuonò per tutta la strada vuota mentre le braccia di Jane stringevano contro il collo di Danian e la ragazzina lo baciava,con foga. Lui la strinse,con forza,con l'alcool che prendeva a pulsargli nelle vene.
E non era l'unica cosa a pulsare.
Jane e Allen erano le più piccole della compagnia,ma erano anche le figlie di Brad. 
Cioè,le sorellastre di Jimmy.
Cioè,erano tutto meno che innocenti.
Tuttavia,anche se aveva il corpo distrutto dai tatuaggi,dalla droga e dall'alcool,dai piercing e dai tagli che si era inflitta con lame affilate,aveva ancora la luce negli occhi.
Tutti loro erano tremendamente forti,o tremendamente deboli,dipende dalla vostra percezione delle cose,tutto è relativo,infondo.
Però Jane aveva ancora uno sguardo da bambina che era abbastanza intenso da ucciderti.
Forse per questo Jimmy se l'era portata dietro,all'inizio.
E a letto,da quando era una ragazzina. Forse Jimmy voleva la sua luce,ma forse questo era troppo difficile da ammettere,e adesso Jane era come tutti loro.
Con uno stronzetto da venerare e il sangue sporco di droga e rabbia.
Si scostò poco dopo ridendo e cominciando a correre lungo il marciapiede,i pugni stretti,l'aria gelata della notte che le graffiava il viso. Si fermò un pò più in là,guardando di nuovo il cielo e sedendosi su una macchina dai vetri spaccati,probabilmente con spranghe di ferro.
Probabilmente da loro stessi.
Dan la raggiunse,scuotendo la testa.
-è tardi,e tu sei ubriaca. Muoviti.
-Tu mi guardi sempre.
Lo aveva detto con innocenza,mentre guardava il cielo,mentre desiderava che la bottiglia non si fosse infranta,un pò ridendo,un pò triste.
Lui si guardò intorno,con il desiderio sempre più pulsante di alcool nelle vene. Suo padre probabilmente lo avrebbe battuto,o forse si sarebbe fatto allegramente una sega,anche se era notte fonda e suo figlio non tornava.
Si,la sega era decisamente l'opzione più plausibile.
-I bar sono chiusi a quest'ora.
-C'è anche freddo.
-Già.
Danian annuii,prendendo una sigaretta e accendendola,distogliendo lo sguardo.
Jane gliela tolse dalle labbra con due dita,facendo un tiro e poi avvicinandosi al suo viso,espriando il fumo sulle sue labbra.
Lui la fermò per un polso,appoggiando l'altra mano sul suo ventre nudo e lasciandola scorrere fino al bordo dei pantaloni,per poi addentrarsi sotto di essi.
Jane continuò a guardarlo negli occhi,seria.
-Secondo te perchè se n'è andato?
-Perchè è un coglione.
-Serena ha pianto.
-Mi sembra il minimo.
-Anche io ho pianto.Credo. A dire il vero non me lo ricordo.
Jane lo fissava dritto,con quegli occhi limpidissimi che tanto sembravano fuoriluogo,in quel corpo che era stato di tutti,in quel corpo che anche in quel momento era scoperto sotto le mani di Danian.
-Tu hai pianto?
-Non farò mai niente di simile, specie per un coglione del genere.
-Ma lui ti piace.
-No.
-E io?
-Perchè vuoi saperlo?
In quel momento Jane lo strinse di più a se,passandogli le gambe intorno ai fianchi e avvicinandolo,avvicinando anche il viso al suo.
-Tu a me piaci.
-Figo, e come mai??
-Voglio una birra..
La ragazza si guardò intorno,pur sapendo che quella via era sempre deserta,soprattutto a quell'ora della notte,pur sapendo che non avrebbero trovato un bar,e pur sapendo di non avere soldi in tasca. Pur sapendo di non avere spazio sotto la giacca in cui poter nascondere un eventuale,ennesimo furto.
Danian le avvicinò una bottiglia alle labbra,bottiglia che aveva tenuto in mano tutto il tempo e che era stata ignorata in onore della vodka,che ora era sparsa tra i cocci sul marciapiede freddo. Jane bevve,chinando il viso poco dopo e tossendo appena.
Aveva davvero esagerato,quella sera,e sentiva la testa girarle terribilmente,ma i limiti erano stati cancellati troppo tempo prima,e nessuno aveva il coraggio di tornare a tracciarli.
Le bruciavano gli occhi,e qualcosa dentro i polmoni.
Ma che senso aveva,pensarci,adesso?
Strinse Danian mentre lui la tirava giù dalla macchina,tenendola per i fianchi,appoggiandola a terra fino a farla stendere e salendo sopra di lei.
Guardandola negli occhi,nella penobra,l'asfalto freddo sotto di loro e i corpi che si sfioravano.
-Che cerchi di dimostrare,Dan?
Non le rispose. Forse era troppo ubriaco per dirlo,forse non sapeva cosa stava facendo,perchè lì,perchè in quel modo,forse anche le risposte si erano perse in quella strada buia,forse si erano perse anni prima.
Appoggiò le labbra sulle sue,piano,per una volta,senza foga o rabbia,solo per sentirla.
Si scostò presto,troppo presto,e rimasero lì,occhi negli occhi per quelli che non furono più di due secondi.
Forse alla fine non era così sbagliato.
Anche se Jimmy non avrebbe voluto.
Finchè era sesso,non gli importava.
Ma lui li voleva per se,tutti loro.
E loro volevano lui,erano ossessionati da lui.
Però non poteva essere davvero sbagliato.
Forse alla fine Jane era davvero sua.
Forse Jimmy era morto davvero.
Forse semplicemente era andato via.
Forse quel bastardo li aveva lasciati in pace,li aveva liberati.
Forse..
La ragazza gli fece passare una mano dietro la nuca,avvicinandolo di nuovo a se e baciandolo con forza,socchiudendo gli occhi,il corpo caldo contro la notte,gelida. 
Dan percorse con il palmo della mano il suo fianco sinistro, fino ad arrivare alla sua pancia, così bianca e fredda, come era la sua schiena, che sfiorava con i polpastrelli della mano destra, dopo averle tolto il corto giubbotto di pelle che indossava.
J tracciò il profilo del ragazzo con il dito. Come una bambina che vede un aquilone, ne era rimasta affascinata, dal suo viso, dai suoi occhi. Lo baciò lei questa volta,perchè davvero in quel momento,con l'asfalto freddo che le graffiava la schiena,con la luna che sembrava nascondersi,con la strada avvolta dal silenzio più tetro che Berkeley potesse offrire,ecco,in quel momento era davvero suo,e lei lo desiderava. 
Terribilmente.
Anche se sapeva che Jimmy si sarebbe arrabbiato,
Perchè lei,forse,amava quel ragazzo che adesso stringeva a sè più di lui.
Danian approfondì il bacio, con calma, lasciando che le loro lingue si accarezzassero per sentirla ancora di più. L’avevano fatto tanto di quelle volte, ma mai prima di allora erano stati così vicini.  
Si sa che quei due non sono tipi tranquilli, figuriamoci da ubriachi. Quando i due non riuscirono più a trattenersi, in quella situazione, in quella posizione e in quell’atmosfera, Jane si liberò del suo reggiseno e Danian della sua maglietta. Riusciva a percepire il suo seno sul suo petto, mentre Jane lo stringeva a se tenendolo per la testa, invitandolo a baciarle il collo. Lui, stuzzicandogli il collo con la punta della lingua, fece scendere la sua mano alle estremità degli slip della ragazza.
Jane scorse la sua mano con violenza lungo il collo di Dan, per poi percorrere la sua spina dorsale e arrivare alla sua cintura borchiata, che teneva nei pantaloni a vita bassa. Li sfibbiò, sia i pantaloni che la cintura, per poi abbassarli appena. 
Senza pudore, la ragazza gli abbassò appena i boxer. Danian a sua volta, dopo averla liberata dagli slip, la strinse per la vita e spinse verso di lei, e lei verso di lui. 
Era come la loro prima volta, la prima volta che sono entrati a stretto contatto per volere del loro cuore, e non per altro. Non spiccicarono parola per tutta la notte, facendo l’amore ancora e ancora fino a quando uno dei due non si fosse stancato. Quella notte era dannatamente fredda, come lo era quello sporco marciapiede, ma nessuno dei due si lamentò. 
Quella notte era soltanto loro.
Di Jane e di Danian.
Non era di Jimmy,non era della merda in cui vivevano,della rabbia,dell'odio,non era del sangue o delle lacrime,della droga o del fumo,dei genitori che avrebbero ritrovato a casa,forse arrabbiati,forse distanti,forse solo persi,come i loro figli. Quella notte era loro.
La loro piccola guerra,in un mondo di persone che lottano,che gridano,che tentano con disperazione di sopravvivere.
La loro piccola battaglia,che solo loro sarebbe rimasta.






--

Vorrei dire solo una cosa.
Come al solito,è dedicata a tutti quelli che la sentono sotto la pelle.
Mi ero bloccata,da troppo tempo,e non sapevo se mai sarei riuscita ad andare avanti.
Allora ho chiesto aiuto a Saroina,che mi ha fatto per la quasi totalità del capitolo da voce di Danian,nei dialoghi. 
Ecco,lei si sente molto Danian. Si sente vicina a questo personaggio,lo sente suo. Come io,pur sentendomi vicina a tutti loro,mi sento vicina a Jane.
Quindi ci siamo concentrate su questi due personaggi,stavolta.
Anche perchè,onestamente,io li amo. Cioè,insieme.
Sono l'emblema di quanto tutto si stia distruggendo,eppure si amano. Non sono una molto romantica,a dire il vero il romanticismo mi da il prurito ma..loro due sono speciali.Perchè romantici non sono,ma qualcosa di forte la provano lo stesso. 
Se fosse stata una storia sdolcinata non avrebbero scopato per terra ma in qualche letto pieno di petali di rosa o minchiate simili :°D (dio ce ne scampi)
Devo ammettere di essere davvero,davvero contenta del risultato.
Grazie a Saroina per l'aiuto -e per aver scritto quasi tutta la parte hot,che a me mandava in palla :D- 

E..niente,per voi se lo volete! :D Love u all!

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Capitolo 4
*** St jimmy is a figment of.. ***


Quella macchina abbandonata ormai riusciva a mimetizzarsi perfettamente alle mura malandate e interamente ricoperte dai graffiti di quel parcheggio, altrettanto abbandonato. Per quella gente di Periferia era diventata la propria casa. Fumavano, bevevano, ballavano, facevano sesso, li. Vivevano li, e probabilmente ci sarebbero morti, in quel parcheggio.Era stata una di quelle notti assurde passate a bruciarsi lo stomaco e i polmoni, a ridere rumorosamente per futilità e distruggere qualche cassonetto della spazzatura per puro divertimento. Già, probabilmente era stato così, ma ne Drew ne Haireen ricordavano un gran che. Non ricordavano com’erano finiti dentro quella macchina, ammassati insieme ad altre tre persone, che riuscivano a riconoscere a malapena. Avevano solo quel mal di testa post sbronza e l’istinto di rigurgitare persino l’anima. 
-Se la saranno spassata quei due ieri notte..- disse ridacchiando, poggiando la testa sulle gambe di Haireen. -..Di che parli?- gli chiese la ragazza, porgendogli la propria bottiglia di birra contenente l’ultimo sorso. In realtà aveva ben capito di cosa Drew stesse parlando, voleva solo sperare che non fosse andata come raccontava quella voce che aveva fatto il giro della periferia, in quella mattinata post sbronza epocale della folle notte appena passata. -Danian e Jane ..- le rispose con indifferenza, bevendo quell’ultimo sorso di birra, infastidito dal desiderio di volerne bere ancora di più. Haireen la notte prima aveva visto Jane e Danian allontanarsi insieme. Lei barcollava, lui la reggeva. Ridevano come degli idioti, gridando affermazioni stupide per poi cadere per terra per le risate, o forse erano solo perdite di equilibrio.
 -Ah, già. Wow.-
-Non mi dire che la cosa ti scandalizza..-
-Diciamo che mi preoccupa, niente di più.-
-Fattene una ragione, è una puttana.-
-Non è una puttana! Cioè, forse un po’.. ma il problema non è questo. E’ di Jimmy che ho paura. Ho paura che ritorni per renderci la vita impossibile, per colpa di quel coglione, Danian, che vuole fare lo spavaldo lanciandogli questa sfida, con Jane in palio. -
 
Un raggio di Sole sbucò dal centro di quella deserta stradina di Berkeley. Tanto bastò per illuminare il viso di Danian, costringendolo ad aprire lentamente gli occhi. Cercò di prendere coscienza, di fare mente locale. Accanto a lui c'era Jane, che dormiva beata, mezza nuda e con il corpo intorpidito. Era incredibilmente bella, proprio come un angelo, immagine che non la rappresenta, eppure Dan la vedeva così quella mattina. Ricordava cosa era successo la notte prima e anche lui stesso era riuscito a percepire qualcosa di nuovo, di diverso dal solito sesso che si praticava in Periferia; solo non voleva ammetterlo a se stesso.  Si sedette sul marciapiede, sfilò una sigaretta dal suo giubotto di pelle e la fumò, con calma. Non aveva intenzione di cominciare subito a vivere una delle tante giornate infernali in Periferia. Inspirò più che potè, cercando di far cambiare direzione ai propri pensieri, smettendo di pensare a Jane,
Jane si lasciò sfuggire un mugolio quando si rese conto di non poter ignorare ancora la luce accecante ,o che le parve tale grazie ai postumi,che la inondava,spingendola ad aprire gli occhi,a svegliarsi,a prendere coscienza del suo corpo intorpidito ma soprattutto di quel corpo accanto al suo. Si tirò su lentamente,appoggiandosi sui gomiti e sbattendo gli occhi un paio di volte,alzando lo sguardo su Damian. 
E per un attimo,un solo istante non ci fu più una nuova Jane,ma solo la ragazzina innocente che non sapeva nulla del mondo,e che si chiese come c'era finita sul marciapiede,mezza nuda e accanto al migliore amico di..Jimmy. Si chiese perfino l'ovvio,cosa fosse successo,lo sguardo perso,confuso. Non ricordava nulla,non un minuto di quella notte che dovevano aver condiviso,non ricordava ciò che aveva detto,o fatto,e sapeva di dover aver paura di entrambe le cose.
-buon giorno..
-Danian cosa.. - si zittì prima di poter finire la frase. Cosa abbiamo fatto? Era così evidente,eppure la sua mente non riusciva a comprendere a fondo quel concetto così semplice. "Jimmy ci ucciderà"
 
-Già, abbiamo fatto sesso su questo stesso marciapiede, noi due. Figo eh?-
Chiuse gli occhi,lasciandosi ricadere all'indietro e guardando il cielo grigio della periferia. -Non..ricordo nulla..
-Eri ubriaca persa, lo credo..- cercava il più possibile di dare un tono leggero a quelle parole, cercando di convincere sia Jane che se stesso che quella notte era solo uno degli innumerevoli passatempi che praticava.
Jane alzò di nuovo lo sguardo su di lui,per poi tirarsi su,prendendo la maglia che trovò sul cemento e infilandosela dopo averla scotolata distrattamente,rabbrividendo a contatto con il freddo del tessuto. Onestamente,non sapeva che rispondere. Era stata solo una scopata,infondo,no? Lei era JanediJimmy,prima la sorellastra timida,la bambina che con loro non c'entrava niente.Poi la ragazza,o la scopamica,come sarebbe meglio definirla,dato che se lei apparteneva a Jimmy,sicuramente lui non era mai appartenuto a lei.  Non sapeva perchè sentisse quel peso allo stomaco e lo attribuii all'alcool,alla preoccupazione per un eventuale reazione di Jimmy,a tutte quelle stronzate che erano false quanto logiche.  Dopotutto,Jane non era nient'altro che l'ennesima scopata di qualcuno. 
Quella situazione poco importava a Danian, non gli importava di quel silenzio da parte di Jane e tanto meno delle sue riflessioni riguardanti le conseguenze con Jimmy. Decidette di fregarsene, o almeno di provare a farlo.
Si tirò su da quel freddo marciapiede, si sgranchì. -Ci si vede eh.. - Salutò la ragazza con freddezza, mentre portava alle labbra la terza sigaretta della mattinata. Jane rimase in silenzio anche mentre Danian se ne andava,senza alzare una mano per fermarlo,senza una parola che aveva sulle labbra e che non pronunciò,nonostante essa premesse con insistenza per sfuggirle.
"è solo sesso,Jane. Se anche ne sei stata fuori dino ad ora,non vuol dire che tu non sappia come funziona". E quel pensiero fu tanto deciso,tanto chiaro che Jane finì di vestirsi e si avviò senza voltarsi indietro.
rimase in silenzio anche mentre danian se ne andava,senza alzare una mano per fermarlo,senza una parola che aveva sulle abbra e non pronunciò,nonostante essa premesse con insistenza per sfuggirle.
"E' solo sesso,Jane. Se anche ne sei stata fuori fino ad ora,non vuol dire che tu non sappia come funziona". 
E quel pensiero fu tanto deciso,tanto chiaro che Jane finì di vestirsi e si avviò senza voltarsi indietro. Se per una volta aveva osato sperare in qualcosa,avrebbe ingoiato quella speranza con l'alcool,più tardi
 
Danian fece strada con calma verso il parcheggio, assaporando ogni singolo respiro di quella sigaretta.  Quando arrivò riconobbe Drew e Haireen da lontano, perciò si diresse verso di loro. A quell'ora non c'era molta gente al parcheggio. Molti dei presenti, alla vista di Dan, cominciarono a confabulare tra di loro. Chi ridacchiava, chi shockato. Lui c'era abituato alle mal'occhiate della gente, per via del suo abbigliamento, Ma non lo era di certo per la gente di periferia,proseguì senza mai abbassare la testa.
Drew gli andò in contro,battendo le mani con un sorriso beffardo sul volto.
-Complimenti amico,sei perfino più coglione di quello che sembri!
-Non te la sarai presa se ieri sera sono sparito
Rispose Dan ridendo.
-Comunque ...puoi spiegarmi che hanno 'sti rottinculo stamattina? Mi fissano che cazzo!
chiese poi storditamente.
Haireen si fece avanti,le braccia incrociate al petto,l'espressione scettica.
-Ci pigli per il culo Danian? JANE?
Rise di gusto.
-E allora?- disse ancora,con quell'aria disinteressata,destinata a durare ben poco,buttando la cicca per terra e schiacciandola con un piede.
-Heyheyhey,hai una sigaretta?- fermò un ragazzo con un viso già visto passatogli accanto.
-Levati dalle palle coglione- gli rispose.
-Si può sapere che cazzo avete tutti stamattina?- urlò con tutta la voce che aveva in corpo,alzando le braccia,guardando la gente intorno a lui,che continuava a spettegolare.
Mike si avvicinò,spingendo indietro Danian. -Ti sei sbattuto la ragazza di Jimmy,questo succede,coglione..- ci fu un cenno di assenso generale.
-E questa è una stronzata che non dovevi fare. -
Altro cenno di assenso.
In una comunità senza leggi,era andato contro l'unica regola,ed era come se avesse distrutto la loro intera e inesistente etica.
-Saranno anche cazzi miei- rispose Danian,prendendolo con violenza per la maglia intenzionato a dargli un pugno.
Jane arrivò all'improvviso,facendosi spazio tra la folla e correndo verso i due ragazzi,infilandosi tra loro,una mano sul petto di ognuno,spingendoli,il capo appena inclinato aspettandosi che il colpo partisse comunque. Quando c'era Jimmy nessuno avrebbe osato toccarla,ora...Chi poteva dirlo.
Era rimasta per qualche minuto a guardare a guardare il cielo grigio e pieno dei fumi della periferia e,arrivando nel parcheggio,si era trovata davanti quei due,che dai loro sguardi sembravano sul punto di uccidersi a vicenda.
-Hey!!- urlò,spingendoli nuovamente -datevi una calmata cazzo!! tutti e due!!-
Nessuno disse nulla. Danian abbassò lo sguardo,pur credendo che tutto ciò non avesse senso. Erano tutti contro Giuda,che aveva tradito Gesù,il messia indiscutibile di cui Jane era schiava. Il messia che ha mandato a fottersi i suoi fedeli.
I due ragazzi si allontanarono appena,facendo un passo indietro,gli sguardi bassi.
Jane li guardò,poi volse lo sguardo su tutti loro,uno alla volta.
-Che sta succedendo qui?
-Ve la vedrete voi due con Jimmy- sbottò Mike,guardando Danian minaccioso per l'ultima volta,andandosene poi per conto suo.
-Non ci posso credere- Disse Danian,per poi andarsene in giro a cercare una sigaretta.
Jane rimase di sasso,la gola secca,voltandosi verso Danian che se ne andava,ora verso gli altri,che avevano alzato tutti lo sguardo su di lei.
-Io non sono di Jimmy..mettetevelo in testa. TUTTI VOI.- La sua voce era fredda,seria,e non stette ad aspettare la risposta di nessuno,voltandosi e andando via
 
 
 
 
Danian percorse a piedi tutto il quartiere, colmo di nervosismo, già solo per il fatto che non riuscisse a trovare una fottuta sigaretta.
Era quasi buio. Si appoggiò di spalle ad una parte di muro ammuffito all'esterno di un locale abbandonato che faceva angolo con la stradina in cui si era svegliato la mattina di quel giorno, poi accasciò sul marciapiede, cercando invano di distrarre la sua voglia di un po' di fumo, o alcool, qualsiasi cosa che potesse farlo stare “meglio”.
Pensava di continuo a quella cosa, che loro chiamavano “tradimento”, cercando di capire perché quelli li dessero questa vitale importanza a Jimmy e alla sua scomparsa. Sarà che a Danian stavano tutti sul cazzo, o quanto meno ci metteva poco a mandare a quel paese una persona. Per questo non piaceva a molti, non leccava il culo a nessuno e odiava quella gente che cercava di diventare qualcuno facendo teatrino con chiunque gli capitasse davanti. Con Jimmy comunque era diverso.
Non ci sono parole abbastanza adatte per descrivere il loro rapporto, ma potrebbero essere definiti come “compagni d’avventura”, o una cosa del genere. Erano sempre insieme a bighellonare, osservati con timore dai passanti, percorrendo senza meta ogni strada di Berkeley conoscendo a memoria ogni singolo marciapiede. L’improvvisa scomparsa di Jimmy gli lasciò dell’amaro in bocca. Pensava di essere in diritto almeno lui di sapere quali fossero le sue reali intenzioni, che non erano sicuramente quelle di fare apparizioni e mandare messaggi simboli alla gente della Periferia, che preannunciavano qualcosa di figo e soprannaturale, incantandoli con queste stronzate.
Pensò che probabilmente in tutto questo tempo si è solo preso gioco di lui e che lo avrebbe lobotomizzato come tutti gli altri.
Come era suo solito fare da quando tutto quel casino era cominciato, Danian si rigettò in quella fitta rete di pensieri che distoglievano ogni contatto tra i suoi sensi e il mondo esterno, tanto da non accorgersi subito della presenza di fianco a lui che emanava odore di erba.
-Oh, che immagine commovente!- lo riconobbe, anche se ci mise un po’, era quasi incredibile che Jimmy si fosse fatto vivo. Oppure avrebbe dovuto aspettarselo, dopo ciò che era successo con Jane. -I miei devoti senza-speranze che piangono la mia scomparsa..- disse con un tono sarcastico, concludendo con una risata isterica mentre fumava uno spinello. Dan lo guardò, invidiandogli quella così considerata “delizia” che portava alle labbra.
-Effettivamente, fanno commuovere anche me..- gli rispose voltandosi di scatto.
-Hai un’aria sofferente, tieni.. te ne ho rollata una a posta per questa grande occasione..- Jimmy gli porse uno spinello che aveva sfilato dalla tasca dei jeans.
-Sei gentile, ma non accetto erba dagli sconosciuti.-
-
Povera stella, sei in collera?- Jimmy continuava a dare quella vena sarcastica ad ogni singola frase che pronunciava, una delle cose che lo caratterizzavano e di cui Danian aveva dimenticato il fastidio che procurava. -Ho solo imparato a fottermene della gente come te, e come loro.-
Jimmy si voltò su un fianco. Sorrise guardando in basso per poi incrociare lo sguardo con quello di Dan. -Oh, Danian..- si avvicinò al suo viso continuando a guardarlo dritto nelle pupille.
-Tu non hai mai capito, ne imparato nulla in tutta la tua vita. - gli diede un forte pugno nello stomaco, senza distogliere quel sorriso sarcastico dalle labbra. Danian fece per accasciarsi per terra dal dolore, quando Jimmy gli sferrò un calcio nella costola.
-Sono stato io a farti abituare alla vita di Periferia, se non fosse per me saresti sommerso di merda più di quanto lo sei adesso.- continuò Jimmy con tono rabbioso, proseguendo con altre serie di calci e pugni. Danian rimase inerme, per un po’, fin che Jimmy non si sedette di fianco a lui con portamento quasi disperato.
-Ti ho dato tanto, Danian. Perché l’hai fatto?- gli chiese come se stesse per cominciare a piangere. Gli si gettò addosso, bloccandolo sul marciapiede -perché cazzo l’hai fatto?!- gli disse con tono supplichevole. Danian lo respinse con uno strattone. -Tu non mi hai mai dato un cazzo Jimmy. Guardami! Per quale motivo dovrei esserti grato? Per aver creato questo .. mostro, che vive con principi di sopravvivenza? No Jimmy, tu non meriti proprio niente. A me non importa di te, ne dei tuoi discepoli rottinculo, ne dei tuoi stupidi giochini da divinità ne tanto meno di portarti il rispetto che non ti meriti.-
Jimmy si mise all’in piedi. -Va bene, puoi pensare quello che ti pare a questo punto, ma forse tu non hai capito che qui comando io e ..-
-No mio caro, tu non hai capito..- Danian lo prese per le estremità della giacca e lo blocco al muro. -Qui puoi fottere chi ti pare, ma non me. Ok? Non credere di aver incantato anche me, perché questa sceneggiata che stai facendo mi è servita solo per farmi capire quanto sei coglione e quanto tu sia disposto a qualsiasi cosa pur di ricevere visibilità.-
-Puoi lasciarmi adesso? Sai, mi da fastidio avere le mani di un “plebeo” addosso- chiese Jimmy sghignazzando, per poi ritrovarsi per terra con il naso sanguinante. 
I due a quel punto non si diedero tregua. Ripresero ad attaccarsi con calci, pugni e i mezzi più sleali. Usarono l’occasione per scaricare tutta la loro rabbia repressa, uno sull’altro. Ognuno deve avere ciò che merita, pensavano. Per tutte le volte che hanno sputato sangue in quella città che un tempo stava loro stretta per tutti i sogni che avrebbero voluto realizzare, che si sono ritrovati senza una casa, senza una famiglia e senza l’amore che fingevano di rifiutare, mentre invece era tutto ciò che avrebbe potuto salvarli.
Si ritrovarono per terra, con i visi sanguinanti. Jimmy con il tempo imparò a non curarsi molto delle sue ferite; cercò di rialzarsi, con fatica, sforzandosi di apparire invulnerabile. Dan a stento riusciva a tenere gli occhi aperti. Avrebbe voluto morire su quel marciapiede; non voleva continuare quello scontro con Jimmy, non ne sarebbe stato in grado ne fisicamente ne moralmente. 
Jimmy goffamente si chinò su Danian -te lo ripeto per l’ultima volta: stai attento a quello che fai-. Non ebbe la forza di rispondere, ne tanto meno di elaborarla una risposta. Jimmy si pulì l sangue che gli colava dal naso per poi voltare le spalle e andare chissà dove.
 
 
 
 
Jane nel frattempo si trovava nell'angolo più buio e solitario della periferia,lontano da tutti,da ogni cosa.
Non voleva incrociare quegli sguardi,non voleva sentire quelle voci.
Non voleva sentirsi schiava di un finto dio. Jimmy,Jimmy era solo un ragazzino.
Solo un ragazzino viziato che voleva avere tutti ai suoi piedi. E lei c'era stata fin troppo,lasciando che la rendesse schiava. 
Diede con violenza un calcio a una bottiglia di vodka vuota abbandonata sull'asfalto,gridando al vento che non le rispose.
-IO NON SONO DI JIMMY! IO NON SONO DI JIMMY,CAZZO
Ma non c'era nessuno a contrastarla,o a prenderla di peso,portandola via,dove avrebbe potuto calmarsi. Era sola,a prendere a calci le bottiglie finchè non si consumavano,diventando cocci di vetro calpestati,e a gridare fino a graffiarsi la gola,per poi lasciarsi scivolare contro il muro pieno di graffiti,sedendosi tra i vetri e le siringhe abbandonate,le ginocchia portate alla fronte,i pugni stretti.
Rimase così per un tempo indefinito,che in realtà furono ore,tante da permettere al buio di sostituirsi alla luce,tanto che le strade della periferia divennero nere e gelide. Quando si alzò era intorpidita,stanca dal pianto. Non aveva mai pianto così tanto,non aveva neppure versato una lacrima al funerale di sua madre,eppure quel dolore si era accumulato,e ora che le era sfuggito,non riusciva più a controllarlo. Dimenticò perfino il motivo per cui stesse piangendo in quelle ore che passarono,motivo che cercò dopo nel cielo di Berkeley. Decise di lasciare perdere quei piagnistei da bambina,e quando fu certa che i suoi occhi non fossero più lucidi cominciò a camminare. Alla fine tornava da loro,tornava sempre.
Non sarebbe mai riuscita ad andarsene.
 
 
 
Danian camminava sfinito e sconvolto senza una precisa meta, mentre ad un tratto gli venne voglia di una birra ghiacciata. È insolito che il primo pensiero di una persona dopo un scontro atroce sia un bel boccale di birra, ma era il suo modo di prendere le cose: risolvere tutto con una sbronza. Gli piaceva quella sensazione di smarrimento e confusione che si creava, dove tutto attorno a lui girava, sempre più veloce. Tutti i problemi venivano annacquati e soffocati, come se venissero immersi nell’acido, e rideva, fino allo sfinimento. Passava la maggior parte delle sue serate da Jack, un locale/topaia gestito da un vecchio conoscente. L’ambiente era orribile; puzza di tabacco e marijuana, soffitti cadenti e ammuffiti, banconi in legno vecchi e scheggiati e sedie con le imbottiture fuoriuscenti.
Tuttavia, c’era un bello e vasto fornimento di alcolici di ogni genere a prezzi abbastanza abbordabili –probabilmente era merce rubata-. Danian si diresse verso quella vecchia insegna “da Jack”, che ormai si illuminava a stento. Appena entrato quella scia di odore familiare lo travolse, si sentiva .. a casa. Si guardò un po’ in torno per poi sedersi al bancone con la testa tra le mani. Non si sarebbe mai immaginato di dover affrontare delle situazioni del genere.
Aveva lasciato casa proprio per non aver più preoccupazioni, ne pensieri scomodi e soprattutto per non essere più considerato come “la pecora nera della famiglia”. Ha passato tutta la sua vita –o almeno durante la sua permanenza in casa Davis- in secondo piano rispetto a suo fratello Alex, diplomato alla Maybeck High School e laureato in giurisprudenza. Non aveva idea di che fine avesse fatto adesso, probabilmente doveva essere segretario di qualche avvocato, o qualcosa del genere; come non sapeva che fine avessero fatto i suoi genitori. Probabilmente non vedevano l’ora di togliersi dai piedi il loro secondogenito, la più grande delusione della loro vita, che hanno preferito abbandonare che aiutarlo a sentirsi bene con se stesso.
-Vecchio mio!-  Jack, il proprietario del locale si avvicino a Dan da dietro il bancone. -Hey..- cercò di non far dare nell’occhio il suo pessimo stato, fallendo. -E no, non mi sembri affatto di buon umore. Ti offro una birra.- Danian era come sotto shock, si limitò ad annuire nervosamente. Buttò giù tutto d’un sorso un boccale di birra, ma si fermò li. L’ansia e il dolore gli fecero contorcere lo stomaco.
Benché Leslie facesse parte da anni di quella sgangherata compagnia, e benché ormai fosse avvezza di qualunque specie e sottospecie di alcolico, superalcolico e varie ed eventuali, aveva conservato incredibilmente quella sua aria da saggia del villaggio che la caratterizzava. Sembrava, nonostante fosse ubriaca persa, sempre avere una buona parola per tutto e per tutti, e quel giorno la sua buona parola sarebbe stata per Danian. Quando arrivò al locale di Jack,quello che un tempo era stato uno dei più assennati della combriccola e ora era diventato il loro beneamato spacciatore, quasi tutti quelli che si trovavano lì dentro si girarono, perplessi da una presenza femminile, tanto da chiedersi se fosse dovuta ai fumi dell’alcool e alla loro fervida immaginazione.
Leslie ignorò tutti i presenti, dirigendosi direttamente verso il ragazzo per il quale si era recata fin lì: Danian.
-Dammi la cosa più forte che hai.- disse Les rivolgendosi al barista mentre si sedeva di fianco a Danian. -Che cazzo, ci sono altri posti liberi, che vuoi?- le disse seccamente. -Anche io sono felice di vederti.- gli rispose Les ironica. 
-Levati dalle palle.-
« Io lo so perché l’hai fatto.-
Dan rigirava il suo boccale vuoto tra le mani, senza mai distogliere lo sguardo da esso. Non riusciva a guardare Les, ne tanto meno a darle una risposta. Lui non sapeva perché aveva deciso di cacciarsi in quel guaio, ma sapeva per certo che Jane valeva molto di più di quello che dimostrava di essere e … cercava di non arrivare a quella conclusione, così fottutamente evidente, che in realtà a lui Jane piaceva, e tanto.
- Lei ti piace, non è vero?-
-Non lo so.- le rispose nervoso, portando le mani alla testa, sbattendo i gomiti sul bancone.
- Secondo me lo sai benissimo.- quel tono sarcastico che usava gli dava sui nervi, però poi gli mise una mano sulla schiena e cominciò a sussurrargli -e penso anche se ne è valsa la pena dovresti fottertene di tutti gli altri. Non possiamo sempre aspettare che Jimmy ci dia il permesso di vivere come cazzo ci pare. Non pensi?- Danian continuò ad ignorarla, ma quelle parole gli fecero accendere qualcosa dentro che lo aiutò a riflettere. -Beh, pensaci.- Les gli diede una pacca sulla schiena, bevve tutto d’un sorso il suo Stroh e se ne andò tranquilla. 
Danian rimase ancora un po’ da Jack, facendo un esame di coscienza e riflettendo su quale poteva essere la vera soluzione.
Si bloccò. Smise di giocare con il boccale e alzò il viso, guardando il vuoto. Si alzò di scatto e scappò via. Aveva ben chiaro in mente cosa doveva fare e non aveva nessuna intenzione di tirarsi indietro e di nascondere i suoi sentimenti persino da se stesso, questa volta.
 
Jane si sentiva stanca, senza forze, come se quel freddo le fosse penetrato nelle ossa, come se ogni giorno passato fosse tornato a perseguitarla, e a sbatterle in faccia fino a quanto aveva sbagliato. Era come se improvvisamente davanti a lei si fosse dipinta una mappa che rappresentava ogni strada sbagliata, ogni vicolo cieco in cui si era imbucata, ogni errore, ogni squarcio nella sua vita e sulla sua pelle. Ma si sentiva anche stanca di vivere come una schiava.
Una serva, un contenitore vuoto che veniva riempito delle fandonie e delle cazzate di altri. Come una bambola, ma adesso quella bambola voleva prendere vita. Voleva riprendersi la sua vita, per esattezza, e voleva essere libera. Libera di fare quello che cazzo voleva. E di provare quello che cazzo voleva, senza dover rendere conto a nessuno, senza dover chiedere perdono perché provava per la prima volta da anni qualcosa di.. puro.
Non sapeva esattamente dove stesse andando, e non voleva pensarci. Semplicemente camminava per quelle strade come la prima volta che vi era arrivata, anni prima. 
Con la stessa sensazione di rinascita che aveva provato allora, giurandosi che questa volta avrebbe portato ogni cosa al suo posto, giurandosi che non sarebbe mai più stata schiava, e che la sua vita sarebbe stata solo sua.
Danian corse con tutta la forza che aveva in corpo per recarsi in piazza, dove la era solito ritrovarsi con la gente di Periferia poco prima che facesse del tutto buio. Era sicuro che avrebbe trovato li anche Jane, e così fu. La vide ai piedi del vecchio teatro e sembrava stesse osservando il vuoto nel cielo. La guardava con occhi diversi, anche se l’ultima volta che l’aveva vista era stata la stessa mattina. Era.. bellissima. 
Ok, non poteva rimanere li impalato, doveva parlarle. Doveva dirle tutto quello che davvero aveva provato quella notte in cui non esisteva nessun altro che loro.
Cominciò ad avanzare, con passo timido, grattandosi la testa come imbarazzato. Si ritrovò di fronte a Jane, che finalmente distolse gli occhi dal cielo per incontrare i suoi, mentre sul suo viso si dipingeva un sorriso sorpreso e appena accennato. 
-..Ciao!-esordì Danian timidamente.
-..Ciao..- rispose lei, la voce bassa, intimidita a sua volta. Sembravano due bambinetti che per la prima volta si trovavano faccia a faccia davanti alla loro prima cotta, senza sapere cosa dire o come comportarsi.
-Come va.. ?-
-…Bene? Credo..insomma..Tu?-
-Bene, bene..-
-…Sei affannato e hai il volto tumefatto-
affermò lei,semplicemente.
-Ah si, va bè non è niente, ho avuto una giornata un po’.. movimentata, insomma..- rispose facendo un mezzo sorrisetto, più falso delle patetiche scuse che aveva usato per non farle capire chi aveva “incontrato” quel pomeriggio.
Jane annuii, mordendosi il labbro inferiore, per poi porgergli la mano perché la aiutasse ad alzarsi. Si ritrovarono uno di fronte all’altro. -Senti, mi dispiace che tu debba subire delle rotture di coglioni del genere, non.. non te lo meriti.- disse Dan alternando lo sguardo dall’asfalto a lei. Si sentiva stupido.Non riusciva ad andare oltre e spiegarle davvero perché era li da lei, voleva dirglielo ma non ci riusciva. Era come se quel sentimento che provava per lei l’avesse reso più.. sensibile, anche se lui e la sua testardagine si ostinavano a definirla “debolezza”, ma non voleva rinunciarci, per niente al mondo.
Jane rimase in silenzio, appoggiandogli una mano sul viso e alzandoglielo delicatamente, in modo da incontrare lo sguardo di Dan che sembrava essersi perso in qualche punto indefinito della strada. 
-Jane.. io..- la guardava, inerme, incantato e immobile. -Mi piaci, davvero.. e.. sembra assurdo, lo so, ma..- le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio -è te che voglio.- trattenne il respiro, non riusciva a credere di averlo detto davvero.Jane sentì la stessa sensazione che si prova sulle montagne russe. Quella sensazione di vuoto improvviso sotto i piedi e nello stomaco, e uno strano calore, nello stesso istante in cui quelle parole trovavano un loro spazio nella sua mente. Si voltò verso Danian, incontrando di nuovo il suo sguardo, così vicini da poter percepire l’uno il respiro dell’altro.
-.. io voglio te-  sussurrò piano, la voce quasi tremante, ma gli occhi nei suoi, e dopo, prima che lui potesse aggiungere qualunque cosa, le labbra sulle sue.Si allontanarono solo dopo lunghi istanti, rimanendo immobili l’uno davanti all’altro. Non si resero conto delle persone che arrivavano, né degli sguardi che si scambiarono prima di arrivare intorno a loro. Uno scambio veloce di cenni, poi Drew diede una boffa decisa all’attaccatura del collo di Danian ,mentre Zack prendeva di peso Jane, che scoppiò a ridere divincolandosi. Cominciarono a rincorrersi per la piazza come dei bambini idioti mentre Leslie osservava la scena da lontano fumando tranquilla, con un mezzo sorriso fiero pensando a come le sue parole avessero influito sulla “dichiarazione” di Danian. Lui, Jane e i due guastafeste di turno continuavano a ridere rumorosamente senza sosta. Al centro della piazza stava un uomo sulla trentina, con dei dread biondi e una barba incolta, che per racimolare qualche spicciolo divertiva i passanti con delle enormi bolle di sapone.Al centro della piazza stava un uomo sulla trentina, con dei dread biondi e una barba incolta, che per racimolare qualche spicciolo divertiva i passanti con delle enormi bolle di sapone. I ragazzi cominciarono a giocarci con quelle bolle, sotto lo sguardo di Les perplessa sul fatto se quelli fossero dei ventenni o dei bambini un po’ cresciuti, ma le piaceva vederli così, quanto meno finalmente avevano messo da parte “Jimmy e il suo mistero” che ormai aveva condizionato la vita di tutti. -Siete proprio degli idioti!- gli urlò tra le risate.










Spazio autrici:

Okay sono passati mesi dall'ultima volta che abbiamo aggiornato -si ci siamo moltiplicate strada facendo x''' -
Che dire,i periferici (??????????????) sono più rincoglioniti del solito.
'Nto sono lowwini!!111 Jane e Danian!111 
Si no okay,questa non è una storia d'amore,è un delirio generale,ma che ci volete fare,gli adolescenti in l'ov (?) spuntano come i pidocchi nelle scuole pubbliche elementari. 
ò_ò
Okay no scherzavo.
Se leggete e non recensite vi verrà il ciclo mentre sarete al vostro matrimonio e si macchierà il vestito da sposa davanti a 38473 invitati. E se siete maschi le palle vi diventeranno piccole e raggrinzite e vi cadranno. <3 


 

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Capitolo 5
*** The innocent can never last. ***


Jane si appoggiò sfinita al petto di Danian,socchiudendo gli occhi e sospirando. Sarebbe carino dire che avevano visto un film horror,ordinandosi una pizza,con Jane che faceva urletti a ogni scena sanguinolenta e Danian che faceva il figo proteggendola e tenendola a sè,ma non era andata proprio così. Coppia o non coppia,erano pur sempre dei ragazzi di periferia. Con un idea di serata..Da ragazzi di periferia. Con un idea del divertimento che andava dall'ascoltare musica rock a un volume tanto forte da far sanguinare le orecchie,fottere come conigli e ubriacarsi. Quindi si,diciamo che Jane aveva urlato quella sera.
Per altri motivi.
Si tirò un pò più su,scostandosi i capelli dagli occhi e alzandoli verso Danian,senza preoccuparsi di coprirsi. Dopotutto con Jimmy non lo faceva. Lui non voleva.
E poi c'erano così tanti corpi nudi nella periferia che le sembrava perfettamente normale. Sebbene dopo lei e Danian le cose sembravano essere cambiate un pò per tutti. Era un pò che non vedeva Drew farsela con qualcuno che non fosse Leslie -o quantomeno,nell'ultimo periodo se scopava con qualcun'altro c'era anche Leslie,che per i loro standard era una specie di record,o civilizzazione,o quello che volete. Si sporse,praticamente salendo nuovamente addosso a Danian,premendo il petto contro il suo e allungando il braccio fino a prendere il cellulare sul comodino,controllando l'ora e lasciandolo ricadere.
Danian le passò una mano sulla schiena,prendendola in giro.
-Devi tornare a casa per non far preoccupare la mammina?
Jane alzò gli occhi nei suoi,con un sorrisetto,sporgendosi fino a dargli un bacio sulle labbra che presto divenne un morso per poi spostarsi,reggendosi sul gomito e appoggiando la testa alla mano.
-Non ce l'ho la "mammina"
Disse,il tono tranquillo,cominciando a giocare con i suoi capelli.
Già,non aveva una madre. Non l'aveva più,comunque. Si rifiutava di considerare tale Serena,la madre di quel coglione di Jimmy,la donna con cui viveva perchè suo padre non aveva saputo trovare di meglio.
Le sembrava un insulto alla memoria di sua madre. Crystal. Quella donna a cui,secondo il padre,lei era identica in tutto e per tutto.
Quando era morta Jane aveva appena quattordici anni.
Ricordava con una gelida precisione quel giorno. Ricordava com'era vestita,e il profumo della madre. Lavanda,lo stesso che aveva da quando sua figlia era nata. I capelli biondo scuro erano raccolti dietro in un punto,morbidamente,lasciati poi ricadere lungo le spalle e sul seno. Il viso giovane,senza rughe,senza un cenno di vecchiaia. Aveva soltanto trentacinque anni. Si era sposata giovane,quando era già incinta,eppure immaginava che lei e suo padre si volessero molto bene. Insomma,tutti i figli immaginano questo,finchè non si trovano davanti a una verità che cambia la loro visione delle cose. Abitavano in una casa vera,allora. Piccola,forse,ma silenziosa. Aveva perfino un minuscolo giardino. Roba piccola,un metro e mezzo prima del cancelletto di uscita,ma a Jane piaceva. Una stanza per lei,una per la sorella,un bagno,la stanza di mamma e papà. Delle orribili pareti color sabbia. Tutto incredibilmente ordinario.
Jane era stata tutto il pomeriggio ad assillarla per una cosa stupida che non ricordava neanche,qualcosa che aveva a che fare con un uscita,o dei soldi,non lo sapeva,mentre la madre correva di qua e di là per prepararsi. Le aveva fatto perdere un sacco di tempo,e lei non se n'era lamentata,nè mentre si truccava di fretta,nè mentre cercava disperatamente i documenti che le servivano. 
Quando fece per andare di sopra a baciare la figlia minore Jane le si parò davanti,pregandola un ultima volta di accordarle quel famoso permesso che anni dopo neanche avrebbe ricordato.
Crystal infine annuii,capitolando,lanciando un occhiata veloce e dirigendosi verso la porta.
-Bacia tua sorella da parte mia
Gliel'aveva raccomandato mentre la stringeva a sè,baciandole il capo. Faceva sempre così prima di uscire,baciava le figlie e ricordava a entrambe che le voleva bene. Ma questa volta non aveva il tempo di salire le scale,di cercare Haireen,e per la prima volta affidò il compito alla figlia maggiore. 
Senza sapere che sarebbe stata l'ultima volta che le vedeva.
Jane aveva annuito distrattamente,ringraziandola e aspettando che si chiudesse la porta di casa alle spalle per andarsene soddisfatta a finire i suoi compiti.
Quella sera sua madre non era tornata.
Erano passate le ore.
Suo padre era rientrato dal lavoro,si era sdivacato sul divano.
Si era lamentato di dove potesse essere finita,sua moglie. Che non aveva preparato la cena. Aveva aperto una birra,poi un altra,gli occhi fissi sulla televisione.
Poi era squillato il telefono. Era stata Jane a rispondere,saltellando allegramente supponendo che fosse quella o l'altra compagna di scuola.
Non era stato così.
Sua madre al contrario di suo padre non beveva mai. Era sempre sobria,era sempre cosciente per le sue figlie,per chiunque le stesse intorno. Si fermava ai semafori,era attenta,rispettosa.
Ma qualcuno non lo era stato così tanto.
Una storia vista centinaia di volte sui giornali. Un uomo ubriaco,che perde il controllo della macchina,che prende in pieno una donna qualsiasi sulla sua macchinetta da quattro soldi,facendola accartocciare e infiammare,riducendola in briciole.
Una storia che Jane aveva visto centinaia di volte,ma che non avrebbe mai immaginato potesse diventare parte della sua vita.
Potesse arrivare a dilaniare la sua,di vita.
 
Quando la seppellirono pioveva. A Jane non sembrò che Dio fosse nella pioggia. Non ci credeva più,in dio. Non credeva più in nulla.
La sua mente era vuota. L'unico pensiero di cui non riusciva a liberarsi era che lei aveva rubato il bacio di Haireen. Se non avesse assillato in quel modo la madre lei avrebbe avuto tempo. Appena un minuto,quanto bastava per salire le scale e salutare la figlia minore. Quanto bastava perchè la ragazza potesse aggrapparsi a quel bacio per tutta la vita. Ma Jane si era messa in mezzo,le aveva rubato il tempo,le aveva impedito di salutare a sua figlia,derubando sua sorella di ciò che aveva avuto lei per entrambe. Un ultimo contatto,un ultimo ricordo.
Si sentiva sporca,si sentiva una ladra.
 
I mesi successivi furono i peggiori. Non riusciva a toccare libro. In casa c'era sempre silenzio. Non riuscivano più a tirare avanti,non con un solo stipendio. Brad cominciò a bere sempre di più,fino a essere ubriaco come una spugna sin dalla mattina presto.
Perse il lavoro. Dovettero lasciare la casa. Per un paio di mesi finirono in un albergo per senza tetto. Poi,neanche tre mesi dopo averla seppellita,Brad la rimpiazzò. Senza vergogna,senza pudore. 
Conobbe Serena in un pub. Si fecero una scopata,poi due. Erano entrambi così pateticamente disperati da aggrapparsi l'uno all'altro,forse più per dividersi l'affitto che per qualcosa che si avvicinasse anche lontanamente all'amore.
Traslocarono un altra volta. A casa di Serena.
Erano sempre vissuti lontani dal centro,lontani dalla città,in un paese lì vicino dove tutti si conoscevano e c'era sempre silenzio.
Ma la periferia non era semplicemente "lontana dal centro". La periferia era quanto di più malfamato,lurido e pericoloso riusciate a immaginare. Nella periferia le persone morivano. Ogni giorno. Ammazzate. Per strada si vedevano più ratti che cani,e le vetrine dei negozi erano adornate da fori di proiettili.
Mentre facevano il primo e unico viaggio in macchina,che avrebbe trasportato loro e i loro averi,Haireen si era stretta con forza a Jane,stringendole la mano fino a conficcarle le piccole unghia nella carne. Lei aveva ricambiato la stretta,lo sguardo incollato fuori dal finestrino.
Quando erano arrivati a casa di Serena le gambe si erano fatte molli. C'erano cassonetti rovesciati lungo la via,e muri imbrattati di centinaia di scritte e graffiti. Il viale era circondato da una specie di giardino,secco come la paglia,e tutto aveva un aria così abbandonata e sporca da far venire voglia di risalire in macchina e scapparsene a gambe levate.
Invece rimasero lì,a studiare quella che sarebbe divenuta la loro nuova casa. E lì sarebbero rimaste se Brad non le avesse praticamente trascinate dentro a forza. La prima cosa che,appena trovatasela davanti,Jane aveva notato di Serena erano i suoi occhi. Non erano vuoti,nè spenti,nè affettuosi come quelli di sua madre. Sembravano quasi sfidarla,darle della fallita,e seppure voce con cui gorgogliò "benvenute nella vostra nuova casa!" fu incredibilmente sdolcinata,non riuscii a convincere la ragazza.
Anzi,le parve solo più falsa.
Rimasero sulla porta qualche istante,mentre la donna mormorava una serie di idiozie,accennando a suo figlio e al fatto che sarebbe arrivato subito ad accoglierle. Il suo tono era così stucchevole da dare quasi la nausea. O era l'odore che si percepiva in quella casa ammuffita?
Improvvisamente la donna si mise  a urlare,facendo sobbalzare le due ragazze,e finalmente una porta dietro di lei si aprii. 
-Che cazzo vuoi?
Il ragazzo che era entrato nella stanza era diverso da chiunque Jane avesse mai visto. Era un ragazzo normale,forse,pallido,i capelli scuri,gli occhi verdi come la foresta.
Ma il suo corpo era ricoperto di tatuaggi,e i suoi vestiti erano neri,borchiati. Ogni tanto in città aveva visto ragazzi vestiti così,ma erano troppo lontani e distanti,quasi impalpabili. Mentre quel ragazzo che odorava di fumo e birra era lì,sotto quello stesso tetto,l'aria strafottente e incazzata con il mondo.
Il suo sguardo si puntò su di lei e non la lasciò neppure per un istante,scrutandola da capo a piedi,soffermandosi sul suo corpo senza un ritegno. Jane si strinse nelle braccia,a disagio,mentre Brad si presentava al ragazzo,che rimaneva impassibile,senza accettare la sua mano,presentando poi Haireen per infine poggiare una mano sulla spalla di Jane.
-Mentre questa è mia figlia maggiore,Mary Ja...
-Jane
La ragazza lo interruppe senza neanche pensarci,istintivamente,e il ragazzo fece uno strano sorriso,mentre continuava a scrutarla imperturbabile.
Quella,a quindici anni appena compiuti,fu la prima volta che Jane vide Jimmy. 
 
 
Ci furono altri incontri,tutti strani. Ogni volta lui spuntava alle sue spalle,infilandosi in camera sua senza chiederle il permesso,scrutandola da capo a piedi e prendendola in giro,buttandole via i libri se stava studiando e avvicinandosi ogni volta che le parlava tanto da farle sentire il suo fiato colmo di alcool sulla pelle. Parlava in modo strano,Jimmy,come se sapesse,come se vedesse cose che agli altri non era dato vedere. Quando la vedeva passare si zittiva,penetrandola con lo sguardo da parte a parte,mentre un rigoroso silenzio scendeva anche sui suoi seguaci.
Tornava sempre all'alba,o non tornava affatto. Era sempre seguito dagli occhi di tutti,da sguardi rispettosi,affascinati,rapiti. Quando parlava lui nessuno osava fiatare. Come se stesse parlando un dio sceso in terra.
Quella notte era tornato prima del solito,quando ancora la notte era densa e buia,nera come il carbone,senza neppure una stella ad illuminare il cielo sporco della periferia.
Si era infilato in camera di Jane,avanzando nel buio fino al suo letto,a tentoni,il passo stranamente silenzioso per un ubriaco. Lei dormiva,ma in qualche modo sapeva che sarebbe venuto. Sapeva che se non fosse stata quella notte,sarebbe stata quella successiva,o quella successiva ancora. Non sapeva neanche come fosse arrivata a quella consapevolezza,eppure essa c'era. Forse l'aveva semplicemente letto nel suo sguardo giorno dopo giorno.
Sentiva che era sbagliato,eppure non si tirò indietro,nè cercò di urlare. Nè si oppose in alcun modo quando Jimmy si infilò nel suo letto,poggiando le labbra sulle sue,mentre le mani correvano sotto la sua canottiera,sulla sua pelle ancora calda dal sonno. 
La prese così,senza chiederle nulla. Jimmy non chiedeva il permesso a nessuno. E quando cominciò a fare male si staccò dalle sue labbra,premendole contro la bottiglia,e facendola bere,un sorso dopo l'altro,incurante del suo respiro che si faceva più affannato e della sua mente che sapeva farsi più confusa istante dopo istante.
La tormentò per ore,le labbra ovunque,andandosene prima che il sole sorgesse.
Il giorno dopo Jane non uscii dalla sua stanza. 
Alla sera,quando Jimmy si avviò alla porta per uscire di casa la trovò parata davanti ad essa,le mani nelle tasche dei pantaloncini,l'aria non curante. Resa quasi irriconoscibile più dal suo sguardo che dai vestiti che indossava.
Era stata la prima volta che aveva messo piede nel parcheggio. Tutti erano rimasti in silenzio mentre si avvicinavano,scrutandola con sguardo indagatore. Poi alcuni avevano riso,altri l'avevano avvicinata,prendendola in giro e provando a toccarla,ad attirarla a sè.
Era successo in un attimo. 
Jimmy era tornato indietro,prendendola per il polso e praticamente sbattendola su una cassa di birra instabile che per miracolo non si spezzò,fungendo da minuscolo palco. 
-Lei
La sua voce era quasi schiumante di rabbia,e il silenzio che era calato nel parcheggio sembrava quasi avere un peso e una consistenza.
-Nessuno di voi deve toccarla
Sarebbe stato stupido da parte sua aspettarsi un qualche senso di fratellanza,infondo quello era pur sempre il fratellastro che se l'era scopata mezza incoscente,ma in qualche modo il suo tono le piacque.
-E' mia
Parole che sembravano proteggerla,quasi amorevoli nella loro pronuncia carica d'odio,e che sarebbero state la sua condanna negli anni a venire.
Danian era lì quella sera. Lo aveva dimenticato? Nessuno poteva aver dimenticato l'arrivo di Jane.
Eppure alla fine lui se l'era presa,apparentemente per caso,chiedendole il permesso,aspettando che lei lo scegliesse come lui aveva scelto lei. Jane si riscosse da quel flusso di pensieri,tirandosi di nuovo a cavalcioni su di lui e baciandogli le labbra e il collo,gli occhi socchiusi.
-ah.. scusa io, cioè.. non lo sapevo, mi dispiace..
Danian era,per una volta,in imbarazzo. Nessuno di loro aveva una famiglia amorevole alle spalle,ma lui non avrebbe neanche immaginato che Jane fosse orfana.
Lei gli sorrise,appoggiandosi al suo petto,i capelli scombinati,il rossetto ormai invisibile,che si era spostato dalle sue labbra al corpo di Danian.
-Lascia perdere. Era un'altra vita. Un altra Jane,prima che arrivassi qui
-Eh.. cazzo, ti capisco. Avevo anche io un'altra vita prima, ma penso di stare meglio adesso. Perciò fottitene. Abbiamo la libertà,che vuoi di più?
-Ti senti libero,qui,Danian?
-La mia libertà è poter fare quello che voglio, non dar conto a nessuno. Quindi si, assolutamente.


Jane rimase a fissarlo per qualche secondo,per poi annuire poco convinta e spostarsi,lasciandosi ricadere sul letto,una mano sugli occhi,tirando a sè il lenzuolo in modo che,almeno in parte,potesse coprirla.
Era davvero così semplice? Allora perchè lei si sentiva ancora in gabbia?
Quando Danian tornò ad attirarla a sè abbandonò quei pensieri,mettendoli da parte.
Per quella notte.






Spazio autrice:
Ecco,questo capitolo è tornato ad essere un opera singola. L'ho scritto da sola e devo dire che ne vado fierissima perchè so che è frutto di una reale ispirazione che mi ha colpita ieri sera,e che piaccia o meno a tutti gli altri,piace da morire a me.
Volevo dire grazie a Saroina che mi sta aiutando a portare avanti questa storia e che è anche una vera puttanazz..Una grande amica,non potrei chiedere nulla di meglio.
Auris,lascia perdere la confusione Allen,Haireen,Chewbacca,comunque cavolo si chiami la sorella di Jane tu rimani sempre la mia,di sorellina.
Un graaaaaaaaaandissimo abbraccio forte forte alla nostra Chiara,che si è appassionata alla storia e ci ha omaggiate del nome Crystal per JaneMami. u_u Soprattutto,grazie per avere capito un personaggio che amo così tanto come Jane.


A presto con il prossimo capitolo *O*

Ciel

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Capitolo 6
*** Standing still when it's do or die ***


 

Jane continuava da diversi minuti a scrutare la stanza, ignorando gli sguardi di Danian che la cercavano. Si sentiva un po’ una testa di cazzo per la pessima battutina di poco fa. Jane lo evitava, sembrava un po’ per i cazzi suoi. E ‘sti cazzi. Si resse in piedi facendo spallucce e una smorfia. Cercò di recuperare i vestiti sparsi per terra; mancavano i boxer. Controllò da per tutto, ma niente. Dovevano essere sotto il letto, quindi si chinò accanto ad esso e imprecando cercò di prenderli con un braccio. 

–Dan..-
-Eh. Ma porca puttana..- Rispose innervosito; quei boxer sembravano destinati a rimanere li sotto per sempre.
-Tu hai mai avuto una famiglia?- lei sembrava non far caso all’impresa di Danian, dato il suo tono tranquillo con lo sguardo verso il soffitto. Poi si voltò aggrottando le sopracciglia. –Danian..?-
-Ah ti ho preso brutto figlio di puttana!- esclamò reggendosi in piedi, per poi finalmente infilare i boxer. –Ma quanto sei coglione, dio.- gli disse Jane con aria rassegnata. –Lascia perdere, non puoi capire.- le rispose infilando i pantaloni, poi si buttò di peso sul letto accanto a lei. -Tu come ti senti?- le chiese.
-In che senso?- non riusciva a capire se parlasse sul serio o se sotto ci fosse qualche doppio senso forzato o comunque qualcosa del suo genere.
-Tu come pensi che sia la tua vita?-
Jane si stupì del tono serio che Dan assunse dopo quella scena grottesca con i boxer sotto il letto. Cominciava a pensare che il ragazzo soffrisse di personalità multipla. Rimase di stucco per un istante. -Penso solo che potrei stare meglio, se trovassi il coraggio di andarmene senza tener conto di nulla. Come faresti tu. Insomma, a te non fotte niente di niente e nessuno. Se tu l’avessi voluto, saresti partito. Te ne saresti andato da questa città di merda, prendendo il primo treno che ti capitava. Io invece no. Penso semplicemente di non farcela, ormai.-
-Ah..- Dan accennò un sorriso imbarazzato. Non augurava a nessuno di essere come lui. –Bè, hai ragione. Se avessi voluto, l’avrei fatto, ma qui c’è la mia vita ormai ..- una vita che ha dovuto ricostruirsi da solo, senza l’appoggio di nessuno, che ormai aveva cominciato ad amare, nonostante la scarsa qualità.
-Quanto meno riesci ad accettare questa situazione del cazzo.- adesso lo guardava fisso negli occhi, Danian deglutì. –Voglio conoscere la tua storia Dan.- le sembrava una cosa stupida da chiedere, ma voleva davvero conoscere la sua storia semplicemente per riuscire a capire meglio quel ragazzo, ma questo era l’argomento che Danian avrebbe voluto evitare. Aveva sentito Jane farle quella domanda poco prima e fece finta di essere preso da .. altro. Il suo passato era il suo punto debole. –Guarda che non è niente di avvincente la mia.. storia. Insomma, non dovresti prendere esempio da me. Non meriti di essere odiata o mandata via o.. no ok? Non c’è motivo, fidati.- aveva la voce tremante e Jane se ne accorse. Gli accarezzò il viso. –Raccontami.-. Dan si passò la mano sul viso, poi sui capelli. Jane automaticamente gli si poggiò sul petto.

 

Danian aveva il cuore in gola, non voleva tornare a casa quel pomeriggio. Avrebbe rivissuto quel teatrino di  cui era protagonista da ormai quattro anni, da quando gli era stato imposto di frequentare quella scuola “dove i leccaculo andavano avanti”, come lui la definiva. Prima di lui l’aveva frequentata anche suo fratello maggiore di tre anni, Alexander, con cui non era mai andato d’accordo, specialmente negli ultimi tempi. Era uno di quei tipici figli di papà, con amici e peli nel culo altrettanto figli di papà.
I suoi genitori, Edward e  Anne Davis, non perdevano occasione per umiliare il figlio minore con il loro spudorato orgoglio per Alex, sottolineando quanto lui fosse brillante, garbato, amato da tutti i professori e che sicuramente avrebbe seguito la strada d’imprenditore, proprio come il padre, mentre invece Danian sarebbe diventato una nullità. Semplicemente perché loro non gli permettevano di frequentare una scuola a cui potesse essere più portato ed essere se stesso, senza essere ossessionato dal confronto con suo fratello maggiore. 
Eppure Danian quel quadrimestre ce l’aveva messa tutta, ma ricevette insufficienze in tutte le materie.
Fece un respiro profondo, poi entrò in casa tenendo lo sguardo basso. A quanto pare Alex era già tornato a casa, con la sua macchina super lussuosa regalatagli dal padre. Sentiva risate entusiaste provenire dalla sala da pranzo. Sicuro di dover rovinare il quadretto della famiglia perfetta, entrò, zittendo i suoi e Alex che portava in mano un foglio bianco con i voti del primo quadrimestre. –Ah.. sei tu.- disse Alex sorridendo. 
–Alex ha il massimo dei voti in tutte le materie.-
 –Ciao anche a te papà..-. Tutti fissavano Danian. Suo padre con aria di sfida, sua madre con un velo di speranza. Nonostante Alex fosse quello che fosse, si sentiva sempre in imbarazzo in situazioni del genere. 
–Papà, sediamoci a pranzare, ne parleremo più tardi.. Danian deve essere stanco.- cercò di evitare il discorso, anche lui sapeva come sarebbe finita, perciò invitò tutti a tavola con un sorriso.
 –Pf, stanco di fare il fannullone..- borbottò l’uomo delle mille risorse mentre si sedeva a capotavola.
 –Ed, non esagerare, caro..- Anne quanto meno fece la sua parte, pur non essendo molto convincente.
-Cara, è così, e lo sa bene. Dovrebbe cercare di darsi una mossa, invece di non fare nulla dalla mattina alla sera.
Danian stava in silenzio. Era inutile discutere con una persona del genere.
-Vedi, non ha nemmeno la facoltà di rispondere. L’inutilità di questo ragazzo non ha limiti..- finì con una risata rumorosa, sperando di coinvolgere la moglie e il figlio maggiore, fallendo.
Danian si alzò di botto dal tavolo da pranzo, fiondandosi di fronte alla porta di ingresso intento ad aprirla. Quella situazione lo distruggeva, non poteva più sopportare niente di tutto quello.
-Prova solo ad aprire quella porta e sarai fuori da casa mia per sempre.-. Il sig. Davis stringeva il braccio del figlio talmente forte da fargli quasi male. Danian si voltò e guardò il padre negli occhi. Ne rimase impietrito, lasciò la presa. Era come se avesse percepito tutta la rabbia che quel ragazzo aveva in corpo e quanto essa fosse grande. Accadde tutto così in fretta. Restò a fissare la porta spalancata di fronte a lui, senza muovere un muscolo, senza provare niente. Forse solo un pizzico di disprezzo verso quel figlio che non era cresciuto come nelle sue aspettative, già previste prima ancora che nascesse.

Correva, non sapeva da quanto tempo ormai. Correva e le sue lacrime leggere si confondevano con le prime gocce di un preannunciato temporale. Non era stanco, ma aveva freddo, perciò entrò dentro il primo locale che gli capitò. Era un bar, forse, non ci fece caso. Cercò il bagno e vi si fiondò dentro.  Voleva stare dove nessuno avrebbe potuto rompergli il cazzo, da solo, con la consapevolezza di non poter più avere una casa, dopo aver accettato le condizioni del padre. Certo, perché lui era un perdente, un ignorante, la vergogna dei Davis, la pecora nera della famiglia. Adesso che finalmente aveva mandato tutti a fanculo, avrebbe voluto dare una svolta alla sua vita, cominciando da quella faccia di cazzo che aveva: pelle chiara e liscia come il culo di un bambino, capelli biondo cenere non troppo lunghi per un ragazzo e gli occhi azzurri. Sembrava tanto uno di quei bravi ragazzini che si vedono nei telefilm, quelli per cui le dodicenni vanno matte. Oddio, lui non era così. Nella tasca dei jeans teneva sempre un coltellino che gli aveva regalato suo padre per il suo quattordicesimo compleanno. Sapeva solo che apparteneva al bis nonno, e non ne aveva mai capito quella sacra importanza che esso possedeva; forse era una qualche cazzata inventata per fargli credere che dargli in dono un fottuto coltellino fosse qualcosa di cui sentirsi onorati, pensava però che sarebbe stato utile per autodifesa o cazzate del genere. Non sapeva da dove cominciare; fosse stato per lui avrebbe fatto una plastica facciale, o una cosa del genere. Aprì il coltellino e lo girò tra le dita per qualche secondo. Deglutì e fece un leggero taglio verticale che partiva dalla tempia destra  fino allo zigomo. Con un po’ di fatica alle mani, cercò di tagliare i capelli ai lati. Uscì uno schifo, ma almeno non sembrava più un rottinculo figlio di papà. 
Bene, forse era un passo verso un modo di vivere tutto nuovo, fatto con le sue regole. Si sentiva tremendamente coglione. La verità è che non aveva idea a cosa stesse andando in contro, pur sapendo che suo padre non avrebbe avuto la compassione di farlo tornare in casa. Cosa sarebbe diventato? Che cosa ne sarebbe stato di lui? Che cazzo avrebbe fatto adesso? Di sicuro non sarebbe rimasto li in quel bagno puzzolente continuando a guardarsi allo specchio con disprezzo. O forse si. Spaccò in mille pezzi quell’immagine orribile. Non ragionava, cominciava a sanguinare e finì per prendere a calci tutto.

 

 

- Spero tu sia felice adesso.- Alex prese il giubbotto dall’attacca panni e si fece strada fuori casa sperando di riuscire a seguire suo fratello minore. Edward era ancora inerme, sapeva che questa volta l’avrebbe perso per sempre. Non fece nulla. Si sedette sulla sua poltrona e cominciò a sorseggiare Jack Daniels dalla bottiglia mezza vuota. Anne salì al piano di sopra, anche lei con il sangue di ghiaccio di chi aveva appena perso la fiducia di un figlio e con un pizzico di rimpianto per essersi sentita in dovere di parteggiare il marito.
Alex sapeva bene che Danian provava una certa invidia nei suoi confronti, ma ciò non lo aveva mai toccato particolarmente da portarlo a disprezzare suo fratello minore, ne tanto meno a non preoccuparsi per lui, cosa che quest’ultimo non aveva mai provato a considerare. Danian vedeva Alex proprio come i suoi genitori e la sua testardaggine non gli aveva mai permesso di andare oltre a quest’immagine. 
Dopo aver girato tutto il quartiere ed essersi ritrovato zuppo d’acqua, Alex chiese informazioni in un bar. Entrò di sopravvento –per caso un ragazzo biondo e occhi azzurri è passato di qui?- i presenti si guardavano facendo cenno di no con la testa –in bagno c’è un ragazzo che sta li da almeno un quarto d’ora, ho paura che stia combinando qualcosa di brutto- intervenne un tipo che stava al bancone, mentre serviva dei caffè, -sarei voluto andare a controllare, dato che dal bancone non si possono sentire i rumori provenienti dal bagno, ma ho preferito lasciarlo da solo, sembrava un po’ sfinito il ragazzo..-, Alex gli sorrise e si precipitò in bagno. Aveva paura di aprire quella porta, non sapeva che aspettarsi.

 

Danian era seduto per terra con le gambe distese e la testa poggiata al muro, in mezzo ai suoi capelli tagliati malamente e pezzi di vetro sporcati da piccole gocce di sangue. –Porca puttana Danian, che hai fatto? E questo taglio, e questo sangue?- 
-Ti prego, non fare finta che ti interessi qualcosa. Sei falso come… oddio vattene, che cazzo vuoi?- aveva gli occhi socchiusi e stanchi. Avrebbe voluto dormire.
Alex si chinò sulle ginocchia e cercò di tirarlo su, ma Danian non aveva intensione. Voleva essere lasciato in pace. -..Sono venuto per aiutarti. Ho capito cosa provi, voglio solo assicurarmi che tu stia bene. Sai, anche se siamo diversi non significa che io non mi preoccupi per te. Sei pur sempre mio fratello.-
-Ciao smettila.- Danian girò la faccia verso il muro, ma Alex cominciò a rompersi le palle, perciò lo prese per il braccio e lo tirò su. –Ma cosa vuoi?? Io in quella casa di merda non ci torno, vattene, non ho bisogno di te vaffanculo-. Alex non sapeva che dire. Non voleva peggiorare la situazione. Gli lasciò il braccio e si sedette accanto a lui, senza parlare ne nulla.
Rimasero così per qualche minuto. Alex pensava a quello che suo fratello stava rischiando di diventare e cominciava a sentirsi colpevole a causa dei paragoni a cui era sottoposto. Invece Danian pensava che forse suo fratello era sincero, che stava facendo lo stupido rifiutando le sue attenzione. Perché in fondo era ciò che aveva sempre voluto, un po’ di considerazione da parte della sua famiglia. 
–Senti Alex io..-
-Non fa niente Dan, ho capito.- lo abbracciò, come mai era successo.
-Adesso che hai intenzione di fare?-
-Intanto pulirò questo bordello che ho fatto e_-
-Intendo.. che farai adesso? Tornerai a casa o..-
Bella domanda. Non ne aveva idea.
-Prendo un treno adesso, se ti va di accompagnarmi..-
-Come? Cioè, così.. E dove andrai?- 
-Andrò a Berkeley.- nominò la prima città delle vicinanze che gli venne in mente, in realtà.
-Ok, vengo con te e ti aiuto a trovare una sistemazione, tanto papà mi ha dato dei soldi che conservo ancora in banca e_-
-No tranquillo, mi sono già.. organizzato.- ovviamente non era vero un cazzo.
-Sicuro?- lo guardò con aria di dissento.
-Si, sicuro.-  voleva fare tutto da solo, pur essendo certo che sarebbe durato poco.

 

Per quanto possa aver apprezzato le attenzioni che Alex gli aveva dedicato, Danian non vedeva l’ora di toglierselo dai piedi, cominciando a pensare che forse era meglio quando non si consideravano a vicenda. Voleva che tutto fosse pianificato e organizzato, ma Danian voleva solo andarsene da li e arrangiarsi, vivendo alla giornata.
-Allora, ho chiamato l’albergo e_-
-E mi ospiterà fin che non avrò trovato una sistemazione, me l’hai già detto.- disse Danian alzando gli occhi al cielo, seduto su una panchina della stazione di fianco ad Alex che non smetteva un attimo di fare telefonate. Sembrava una cazzo di guida turistica impazzita.


Il treno per Berkeley era in sosta davanti ai due e per Danian era ora di andare. Si abbracciarono e Alex diede al fratello tutte le raccomandazioni possibili e immaginabili, come una mamma che lascia partire il figlio in gita con la scuola per la prima volta.
-Abbi cura di te, Dan.-
-Lo farò..-
Un altro abbraccio, poi Danian si voltò con decisione e salì su quel treno insieme a due enormi borsoni.
 Ci mise un po’ a trovare una cabina libera; questa affacciava sul lato della stazione, perciò poté vedere dal finestrino il fratello rivolgergli un sorriso amaro e poi andarsene lentamente. 
Alex non avrebbe mai pensato di provare certe cose verso il fratello. Non aveva mai sentito quell’amore fraterno così forte e si chiedeva perché bisognava che Danian se ne andasse per percepire questa loro unione, così solida quanto quasi invisibile. Il rimpianto di aver perso il fratello lo perseguiterà, fino a fargli rendere conto che essere se stessi è l’unica cosa che conta.

 

 

Danian era in fase rincoglionimento post-dormita sul treno, mentre girovagava per la stazione di Berkeley. Ovviamente non seguì l’itinerario preparatogli da Alex, quindi prese un bus a caso per “cominciare ad ambientarsi”. In quindici minuti si ritrovò sulla Gilman Street, dove il bus faceva capolinea. Appena sceso dal bus, si guardò in torno con una smorfia. “Boh.”. Continuò a camminare fin quando non avrebbe trovato un bar, o qualcosa del genere, per bere qualcosa e chiedere informazioni sulla zona. Quella Gilman Street gli piaceva; c’era un’aria tranquilla, nemmeno molto traffico e gli edifici bassi.
Era il tramonto e ormai camminava da almeno mezz’ora. Si fermò ad un locale, “da Jack”. Entrò con aria spaesata e tutti i presenti lo fissavano per via degli enormi borsoni e l’aspetto troppo sobrio per le circostanze; cominciò a sentirsi in imbarazzo. I tipi del locale avevano tutti dei capelli assurdi, le ragazze mezze nude con trucco pesante e i ragazzi con magliette e pantaloni strappati. –Amico, hey!- un tizio con dei capelli neri a riccissimi che sembrava più grande di tutti gli altri ragazzi presenti,  gli si avvicinò dandogli una pacca sulla spalla. –Dà qua, ci penso io.- gli disse, togliendogli i borsoni dalle mani.
 –Grazie mille, lei è il proprietario?- domandò.
-Non c’è di che, ma dammi del tu!!- rispose il tizio, dandogli un’altra pacca sulla spalla, che questa volta lo fece barcollare. –Si, sono il proprietario Jack, in persona.- si presentò, stringendo la mano a Danian con aria soddisfatta.
Jack aveva capito che il giovane si sarebbe fermato per un bel po’, perciò invitò il nuovo arrivato al bancone, offrendogli una birra. I due si fecero una bella chiacchierata e Jack raccontò un po’ della zona. Disse che la maggior parte dei suoi clienti sono i tipi che frequentano il 924 Gilman Street. Sono tutti ragazzi tra i venti e i trent’anni che vivono cazzeggiando in giro per la città. C’era chi lo faceva per scelta, chi invece non aveva nessun’altra possibilità.  A questo punto, Jack si sentiva in dovere di fare gli onori di casa al nuovo arrivato, invitandolo al 924 Gilman Street quella sera. Danian ovviamente accettò, stupito di aver trovato già qualcosa durante il suo primo giorno a Berkeley. 
Ad un tratto si sentii un frastuono dal fondo del locale. C’era una ragazza bionda per terra con un vestitino lilla strappato e macchiato, dall’aspetto probabilmente doveva aver appena vomitato, e un ragazzo con dei capelli arruffati nero corvino, le braccia completamente tatuate e una maglia con le maniche tagliate. Stava per accendersi una sigaretta con aria infastidita, imprecando sottovoce. Fece il primo tiro e poi raccolse letteralmente la ragazza da terra per poi andare verso l’uscita. Danian fu l’unico a fissare quella scena, perché a quanto pare nessuno era impressionato dal vedere una ragazza che non riesce a reggersi in piedi e in quelle condizioni. Si sforzò di lasciar perder e continuò a chiacchierare con Jack, che nel frattempo serviva gli altri clienti. 
Al bancone vennero i tipi della bella scenetta di qualche istante fa. –Dammi una birra, così la riporto a casa.- disse il ragazzo mentre teneva la bionda dal busto. Danian si accorse che la ragazza lo fissava, ma cercò di ignorarla e il tipo aveva un non so che di curioso quindi non smetteva di togliergli gli occhi di dosso. Jack servì la birra, nel frattempo si accorse che il nuovo arrivato fissava Jimmy con aria incerta, perciò glie lo presentò –Jim, ti presento il nuovo arrivato, a quanto pare passerà un po’ di tempo da noi- disse Jack entusiasta. –Hey..-  disse Danian timidamente, accennando un sorriso. Jimmy smise di sorseggiare la sua birra per guardare meglio quel biondino insignificante. Lo squadrò dall’alto al basso con espressione di sufficienza, poi gli strinse la mano–benvenuto all’inferno- gli disse con aria teatrale e una risata soffocata e quasi maligna. Danian lo guardò con occhi sgranati, non essendo sicuro di aver capito bene, mentre Jack se la rideva tra se e se. Nel frattempo, la bionda malridotta, vomitò per terra a pochi centimetri dallo sgabello di Danian. –Che cazzo fai??- le urlò Jimmy. Lei non disse nulla, ma continuava a guardare gli occhi di quel ragazzo che non aveva mai visto prima ma che in un modo o nell’altro la ipnotizzavano. A quel punto Jimmy prese di peso la ragazza e uscì dal locale senza una parola, solo bestemmie a non finire. Danian era molto, molto confuso. Continuava a notare che la gente attorno era totalmente indifferente alla scena di quella ragazza combinata in quel modo, tutto era normale per loro e non riusciva a capacitarsene. –Quella ragazza ha bisogno d’aiuto..- disse a Jack, mentre continuava a guardare l’ingresso del locale.- È in buone mani, tranquillo… ma a te che importa?- gli rispose il barista, come se fosse una cosa fuori dal comune preoccuparsi per gli altri. -Be', era in condizioni pessime e mi preoccupo- . Jack rise, come per prenderlo per coglione. –Tranquillo, qui non devi sentirti in dovere di aiutare gli altri, ognuno se la cava per i cazzi suoi e va bene così. È questo che differenzia il nostro modo di vivere da quello altrui. Alla fine, se finisci in Periferia, in un modo o nell’altro, sarà sempre un atto di masochismo.-
-Non ti seguo...-
-Ci sono sempre tante alternative, quando devi fare delle scelte. Sono cazzate quando si dice “non avevo scelta”, capisci? Se decidi di stare qua, o non hai idea di cosa ti aspetta o sei sicuro di potercela fare.-
-Jimmy intendeva farmi capire questo, poco fa?-
-Bè.. si, suppongo. Quella ragazza, Jane, stava cercando questo, quindi cazzi suoi. Altrimenti se ne sarebbe già andata, fidati.-
-Come lo sai?-
-Non lo so, lo penso e basta. È questa l’impressione che da.-
Danian era perplesso. Vedeva negli occhi di quella ragazza che in realtà avrebbe dato qualsiasi cosa pur di uscirne, si ostinava  a credere che davvero Jane lo stesse facendo di sua volontà. Secondo lui c’era quel Jimmy dietro. Come disse Jack, non erano cazzi suoi, perciò non ci pensò più e riprese a chiacchierare con il primo conoscente della Periferia che a poco a poco gli presentò un po’ dei clienti più fidati. In così poco tempo riuscì a sentirsi un po’ più a suo agio, nonostante fosse ancora così diverso da gli altri.



Il bar chiudeva bottega verso le 22.30, quando iniziavano le serate al Gilman. Danian si era intrattenuto da Jack fino a quell’ora, così si recarono insieme al 924.
La musica dal vivo e il pogo mangiava vivo chiunque mettesse piede sulla soglia dell’ingresso. Tutti si schiantavano contro tutti cantando a squarcia gola e il piccolo locale era illuminate da poche luci colorate.
Danian venne subito coinvolto. Non capiva un cazzo, sentiva solo questa musica  e le voci dei presenti che gli martellavano il cervello e gli spintoni che arrivavano da tutte le parti. Non sentiva più le sue braccia, ne le sue gambe e temeva che la testa gli sarebbe esplosa da un momento all’altro e sarebbe morto in quell’istante sotto quel piccolo palco, calpestato dal pubblico di bruciati impazziti. Non era mai stato così felice in tutta la sua vita.
La musica si fermò. La band aveva terminato la performance e tutti cominciarono a tirar fuori quel poco di lucidità che possedevano andando ognuno per i fatti loro. Chi usciva, chi si sedeva per terra, chi saliva sul palco a cazzeggiare con i microfoni e chi –come Danian- andava al bancone. Non appena vide Jack intento a strofinargli la testa, si rese conto di aver passato l’intera giornata tra lui e bevande varie. Pensò anche che solo quella mattina aveva lasciato casa. Distolse il pensiero, non aveva intensione di farsi venire dei rimorsi o cose del genere. 
Jack era insieme ad una coppia che non faceva altro che sbaciucchiarsi. Lei, Hayreen, aveva dei lunghi capelli blu elettrico con qualche dread dello stesso colore e un piercing al sopracciglio destro; lui, Drew, aveva i capelli rasati e un grande tatuaggio nel petto. –Il nuovo arrivato ha bisogno d’aria, lo vedo un po’ pallidino..- disse Jack, scaraventando Danian e la coppia fuori dal locale. Era solo una scusa per uscire, dato che nessun’altra band avrebbe suonato e gli alcolici non erano ammessi. 
Hayreen e Drew probabilmente avevano preso qualcosa di forte prima di entrare al Gilman. Si reggevano a vicenda cantando qualcosa simile a Guns of Brixton e ridendo come ritardati. 
-Ai.- Drew era appena caduto per terra. Hayreen cadde a sua volta di fianco a lui per le risate e, in qualche modo, si ritrovarono una sopra all’altro. Jack e Danian li guardarono prima perplessi, poi proseguirono lasciandoli mentre facevano sesso in mezzo alla strada. Andarono nel retro del bar di Jack, per mostrare a Danian dove sarebbe potuto rimanere per la notte. Era una specie di grande ripostiglio dove Jack teneva tutto il necessario per il bar ed era diventato una specie di albergo, dato che ci dormivano almeno altre sette persone. Jack liquidò il nuovo arrivato tornando fuori a cercare qualcuno con cui condividere un po’ di marijuana, lasciandolo da solo nel ripostiglio. 
Pensò che come primo giorno era andato benissimo, era proprio quello che cercava. Si addormentò di botto sotterrato dalla stanchezza e i pensieri un po’ confusi dall’alcool.

--

Era passato quasi un anno da quando Danian decise di andare per la sua strada. Molte cose erano cambiate insieme a quel ragazzino dall’aria angelica contrastata dal leggero taglio sul viso: la Periferia stava diventando pericolosa per tutti, ma nessuno se ne rendeva conto. Era tutto perfettamente normale. Era normale vedere risse che spesso finivano a sangue o gente che sveniva dal nulla. Era normale persino vedere qualcuno morire di overdose e se succedeva, probabilmente sul momento si era troppo ubriachi per poi non ricordare che fine abbia fatto quella persona.
C’è da dire che, nonostante le circostanza, Danian non era poi così sfrenato. Aveva colorato la sua cresta con un blu scadente ormai diventato azzurrino e scroccava vestiti dove capitava. Non gli interessava molto la droga e merdate varie, se non per fare compagnia a qualcuno. Era li per vivere a modo suo, e così fece: la devastazione al 924 continuava fino al mattino dopo e sarebbe ricominciata la sera stessa, mentre durante il giorno cercava di sopravvivere in giro per la Gilman Street insieme ai suoi “compagni”. Questa era la sua vita e ne andava fottutamente fiero. 
Ormai conosceva più o meno tutti in Periferia, passava la maggior parte del tempo con Drew, Hayreen e Leslie. Ebbe anche modo di conoscere bene Jimmy e poteva considerarlo ormai come il suo migliore amico, o il compagno di sopravvivenza migliore di tutti. Insegnò a Danian tutto quello che c’era da sapere sulla Periferia e su chi ci vive. All'inizio sentì parlare della sua fama da saggio del villaggio, infatti si mise un po’ sulle difensive, fin che una mattina –non si sa come- si ritrovarono nudi uno aggrappato all’altro nel ripostiglio di Jack. Jimmy, mantenendo la parte del superiore della situazione, fece finta di nulla e si accese una sigaretta ma Danian non riusciva a smettere di ridere fino a sentirsi male mentre Jimmy gli diceva di smetterla, anche se a forza di trattenere le sue di risate gli stava per esplodere lo stomaco. 
Erano sempre in giro insieme a fare i coglioni disturbando i passanti con scherzi da bambini delle elementari e entrambi contagiavano una risata generale ovunque passassero. 
Se pur il loro rapporto fosse abbastanza strano quanto unico, a metà tra scuola di vita e bighellonaggio lev. 1000, ad un certo punto qualcosa stava cambiando. Danian notò che Jimmy non si comportava più allo stesso modo. Era come se stesse amplificando quelle sue manie di superiorità e non voleva più vedere nessuno, nemmeno Danian. Nessuno seppe mai qual era il vero motivo di questo suo comportamento, ma tutto cominciò quando portò al parcheggio la sua sorellastra Jane, la ragazza che Danian vide vomitare la prima volta che entrò da Jack. 
Con il passare dei mesi questa storia di Jimmy si trasformò in un mistero, tanto che si mormorava di un Gesù della Periferia ogni volta che era nei paraggi, sempre da solo con la sua immancabile sigaretta e quell’aria da onnipotente che assumeva. Danian pensava fosse una storiella fatta da qualche rottinculo per prenderlo in giro, ma mai avrebbe pensato che quella gente faceva sul serio. Erano tutte un sacco di stronzate e non credeva di aver vissuto con gente così idiota fino a quel momento. Questa storia del Gesù di Periferia era stata inventata da qualche coglione che non riesce a spiegarsi questo atteggiamento del cazzo di Jimmy e non aveva assolutamente senso. Nemmeno lui, che era il suo migliore amico, non riusciva a spiegarselo, ma non ricorreva a certe soluzioni disperate. Era questo che Danian pensava, fin quando Jimmy non sparì, morì, comparve quella scritta di sangue sul muro e ritornò per provargli che lui era davvero il Gesù di Periferia, e non avrebbe dovuto nominare il suo nome invano.

 

Le raccontò tutto, per filo e per segno. Tutto d’un fiato, mantenendo un’espressione impassibile, mentre Jane lo fissava in cerca di qualche segno di… umanità, forse? Danian non aveva smesso un minuto di parlare, senza un tono e senza mostrare emozioni. Era questo che era diventato? A causa di suo padre, della Periferia e Jimmy? Era diventato così bravo a trattenere tutto dentro, specialmente quando Jimmy se n’era andato, che Jane cominciò a pensare di non conoscerlo  affatto. Ma Dan era fatto così. Si era ormai abituato a tenere per se le sue emozioni da quando aveva distrutto il bagno di un bar nella sua città natale tre anni prima. Da quel momento in poi avrebbe dovuto accettare l’idea di doversela cavare da solo. Era quello che voleva –o almeno così diceva- quindi si sarebbe adattato e avrebbe  sicuramente trovato dei modi per seppellire le sue emozioni. Jimmy, oltre ad essere stato il suo presunto mentore, era l’unica persona con cui riusciva ad essere se stesso per davvero e averlo perso così l’aveva reso più debole e più forte allo stesso tempo. Sentiva che essersi fidato così tanto di Jimmy lo avesse penalizzato e aveva promesso a se stesso che non avrebbe mai fatto la stessa cosa con nessun altro, per questo è sempre stato così confuso nei confronti di Jane e non voleva raccontarle la sua storia. Alla fine ha pensato che era giusto farlo, dato che lei aveva fatto lo stesso. 
Quando finì parlando della scritta sul muro, Danian abbassò la testa. Fino a quel momento non si era reso conto di come la vita di tutti loro dipendesse davvero da Jimmy, da come si erano ridotti dopo che lui se n'era andato. Era tutto più semplice, quando aveva il suo migliore amico accanto e lo era anche per tutti gli altri, che a differenza di Danian lo vedevano come un vero e proprio Messia, come un intoccabile santo, e lui davvero non se n'era reso conto. La sua testa stava per esplodere per tutti quei pensieri e tutte le emozioni coinvolte. Era peggio di una sbornia appena passata. 
Jane non sapeva cosa dire, ne cosa fare. Lo abbracciò a lungo, poi gli disse –puoi fidarti di me-. 
Danian soffocò un sorriso mentre le stampò un bacio.

 

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Salveh u-u questo parto (in effetti ci ha messo tempi da gravidanza e-e ) è interamente di Saroina,so ciiaoh.

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