Amy

di Mex
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Spero che non ci siano errori di nessun genere. Godetevi il mio nuovo delirio


PROLOGO

1806, Tenuta dei Conti di T***, da qualche parte nello Yorkshire.

Se qualcuno l’avesse scoperta sbirciare attraverso la balconata che dava sulla sala da ballo, avrebbe dovuto sopportare una bella ramanzina dalla sua balia. Ma niente l’avrebbe trattenuta dal guardare almeno una volta la sua splendida madre brillare sopra chiunque altra al suo primo ricevimento dopo la morte del patrigno.
Amy aveva otto anni e aveva assistito a tre matrimoni di sua madre, lei era figlia del suo secondo marito e quindi facevano cinque mariti, tutti inevitabilmente sepolti. La Contessa di T***, ultimo titolo della madre, era una donna a cui piaceva divertirsi, avere splendidi gioielli, ricchi mariti non troppo presenti e bellissimi amanti. Amy conosceva ogni aspetto della sua mamma, la sua zia preferita, l’unica persona che si preoccupasse della sua pensioncina, insieme a tutti i domestici della casa, l’aveva abbondantemente illuminata sul suo carattere. Ma per quanti sforzi facesse, riusciva solo a vedere una donna magnifica nel fiore degli anni ballare l’ultimo ballo con il giovane figlio del Duca di Richmond appena arruolatosi in marina e che sfoggiava la sua divisa nuova fiammante.
Si strinse al petto il libro illustrato sui paesi del mondo che aveva tra le braccia, glielo aveva regalato il suo ultimo patrigno, un vecchietto molto gentile che nel poco tempo che lo aveva visto le aveva fatto una montagna di doni. Dando un’ultima occhiata verso le figure danzanti a lume di candela decise di tornare in camera sua. Cercò di fare il più velocemente possibile la scalinata tirandosi su la camicina da notte, ma mentre passava davanti al salotto privato della Contessa sentì delle porte aprirsi in fondo al corridoio, quindi svelta si nascose nella stanza chiudendo la porta per evitare di farsi notare. Sentì dei passi calpestare il tappeto foderato del corridoio e poi passare oltre. Un sospiro di sollievo allargò i polmoni di Amy. Forse per l’ennesima volta era riuscita a farcela. Non aveva certo paura del rimprovero della balia, né tanto meno quello della madre, ma la zia la dipingeva come una bambina modello per educazione e capacità, non voleva deluderla.
Non sentendo più alcun rumore cercò di aprire la porta, ma era pesante e la maniglia che era all’esterno era stata sostituita all’interno da un pomo molto grande che impegnò entrambe la manine della bimba. Fece sporgere la testa ricciuta per qualche centimetro, per dare l’ultima occhiata e poi scivolò fuori velocemente e si rifugiò nella nursery e finalmente nel suo lettino caldo. Betty, la balia, russava ancora davanti al fuoco con una calza in mano. Sentendola muovere nel letto la balia si riscosse, mise via la scatola del cucito, aggiunse un nuovo ciocco nel caminetto e dopo aver rimboccato le coperte ad una finta addormentata Amy, si ritirò nella stanzetta accanto.  
Amy incrociò le mani dietro la testa mentre guardava il cielo stellato attraverso le imposte aperte. Cosa poteva esserci di più bello che starsene lì tranquilla e al sicuro, sognando di mille viaggi per il mondo. Passò parecchio tempo nelle sue fantasticherie. Era sicura che un giorno avrebbe preso il tè con lo Sceicco, avrebbe cavalcato per le praterie delle Americhe, cacciato in India, esplorato l’Africa, visitato ogni città del globo e avrebbe visto tutto quello che era raffigurato sul suo libro. Si tirò su di scatto. Aveva lasciato il libro nel salotto della madre! Non poteva lasciarlo lì, qualcuno se ne sarebbe accorto e avrebbero scoperto che lei bighellonava a quell’ora di notte per la casa.
Spostò in fretta le coperte, indossò nuovamente le pianelle e si precipitò fuori. Ormai tutti si erano ritirati da un pezzo e lei riuscì a riattraversare i corridoi indisturbata. La luna gettava abbastanza luce attraverso i finestroni da farla avanzare con passo sicuro. Arrivò finalmente alla porta del salotto e l’aprì silenziosamente. Un profumo di tabacco l’accolse ed l’attirò nella stanza. Un puntino rosso si stagliava da dietro una poltrona rivolta verso la finestra. Amy, accorgendosi che c’era una persona nella stanza, trattenne il fiato per qualche secondo. Se fosse stata sua madre avrebbe potuto dire addio alle due settimane con la zia. Una nuova boccata di fumo si sollevò nell’aria, ma la figura non dava segno di averla né vista né sentita. La bambina iniziò a guardarsi in giro, il libro non poteva essere molto lontano dalla porta. Nulla, lì vicino non c’era nulla. Si mise a carponi e si avvicinò al tappeto, pian piano si avvicinò sempre di più. Riuscì a vedere la porta comunicante con la camera di sua madre aperta e, attraverso questa poteva vedere sua madre che dormiva nel letto completamente disfatto.
Le boccate si fecero sempre più lente. Quando ormai stava per desistere e tornarsene in camera, la figura alzò una mano che teneva saldamente il suo libro: “Cerchi questo?” Amy si immobilizzò immediatamente. Non aveva mai sentito quella voce da uomo, o meglio da un ragazzo non ancora sviluppato completamente. Dal momento che ormai era stata scoperta tanto valeva cercare di mostrare un po’ di dignità e affrontare a testa alta ciò che sarebbe venuto. Aggirò la poltrona e si pose davanti allo sconosciuto.
Lo riconobbe immediatamente era l’ultimo cavaliere di sua madre, ma non era più così elegante. Non aveva più la giacca, né la cravatta, né gli stivali. La camicia mezza slacciata pendeva sui pantaloni. Era un ragazzotto pallido, con un’aria seria, i capelli completamente in disordine. Fumava con non curanza una pipa da un lungo cannello d’avorio.
Amy allungò una manina “Quello è il mio libro, sareste così gentile da ridarmelo?” Lui ci pensò un po’ su “Non sei un po’ piccola per andare in giro a quest’ora di notte?” Lei inarcò un sopracciglio “Non siete troppo giovane per fumare?”. Lui sorrise facendo comparire delle fossette sulle guance, adesso sì che sembrava essere troppo giovane per fumare “Tu devi essere Amelia, la figlia di Victoria” “Sì, mi chiamo Amy. Volete ridarmi il MIO libro, per piacere” Lui se lo nascose dietro alla schiena “Se non me lo ridate dirò alla mamma che voi siete stato qui” Lui si sporse verso di lei “Ma così dovresti dire che ci sei stata anche tu” Lei strinse gli occhi in un gesto di sfida “E voi credete che si arrabbierebbe più con me, che sono in casa mia, che con voi?” Scoppiò in una risata che fu subito trattenuta quando si sentì un mugugno dall’altra stanza. “Non credo che si arrabbierà se mi trova qui, tutt‘altro, penso che lo approvi. Comunque ecco a te piccola Amy. E non inciampare nella camicia da notte quando ritorni al tuo lettino” Lei glielo strappò di mano e si diresse imbronciata verso la porta. Quando l’aveva già aperta, si voltò ad affrontarlo e gli disse: “Per voi io sono la Signorina Amelia Flanigan, e se mia madre approva io non lo faccio. Io sono diversa da lei e voi non mi piacete neanche un po’!” Si chiuse la porta alle spalle con violenza. Il ragazzo riportò la pipa alla bocca “E fai bene, signorina Flanigan” “Logan, tesoro, dove sei? Sento freddo. Perché non vieni a scaldarmi?”
Amy stava dormendo da un bel pezzo e la mattina era già spuntata quando finalmente Logan riuscì a staccarsi da Victoria per tornare in camera sua a riposare, finalmente. 

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Ecco il primo capitolo, spero che vi piaccia. Sto cercando di essere il più precisa possibile nell’ambientazione e nella caratterizzazione dei personaggi.
Se c’è qualcosa di storto fatemelo sapere e, ovviamente, anche se vi piace.




Capitolo 1

1818, Tenuta dei Conti di T***, Yorkshire.
“Amelia cara, devi prometterti che cercherai in tutti i modi di divertirti” Amy nascose un piccolo sorriso “Certo, madre” Victoria stava salendo sulla carrozza per andare a raggiungere gli amici a Londra per la Season “Sei sicura, cara, che non vuoi venire?” La figlia cercò di non alzare gli occhi al cielo, ripensando al suo debutto di pochi anni prima “Sono sicura, madre. Credo che la città non faccia per me. E così non sarete costretta a farmi da chaperon tutte le sere” Victoria la guardò per un po’. Aveva vent’anni appena compiuti, ma sua figlia sembrava non aver ereditato nulla da lei. Né la sua capigliatura d’oro lucente, né la sua figura alta e slanciata e tanto meno il suo fascino. Amelia aveva la capigliatura corvina del padre irlandese, un’altezza media e, apparentemente, nessun interesse per i divertimenti della capitale e tanto meno per i suoi gentiluomini. “Amy, Amy. Te ne approfitti perché io sono una donna dalle vedute moderne che non obbliga la figlia a fare ciò che non vuole, come lo sono stata io” Amelia abbracciò la madre. Era consapevole di quanto fosse fortunata. Sua madre avrà potuto essere poco presente, una mangia-uomini, una donna che non si poteva far più vedere all’Almack’s, ma non le aveva mai impedito di fare di testa sua. Forse l’impossibilità di entrare nella famosa sala da ballo era anche colpa sua. Probabilmente le vecchie signore sarebbero riuscite a chiudere un occhio per la regina della moda se sua figlia non avesse rovesciato il suo punch sulle parti basse di un troppo focoso Conte di Devemport al suo debutto, quasi cinque anni prima. “Solo una cosa, cara. Non startene tutto il santo giorno sui libri, né devi passare le tue serate con la Duchessa né con tua zia. Sono donne anziane, tesoruccio, ti invecchiano precocemente.- stava per girarsi verso la carrozza ma ci ripensò- E, tesoruccio, evita anche di passare le notti insonni per questa proprietà tanto dopo la mia morte o dopo un altro mio matrimonio passerà ad un parente lontano. Sai bene che ho solo l’usufrutto e non ci appartiene. Vivi la tua vita e liberati dalle catene che ti sei imposta” Amelia decise di porre fine al discorso “Madre…” “Sì, Amy?” “Fate buon viaggio e divertitevi” Lei l’abbracciò “Su questo ci puoi giurare” Cinque minuti dopo vedeva la carrozza svoltare l’angolo del viottolo e scomparire il fazzoletto candido che veniva sventolato.
“Devo far preparare un vassoio ed avvisare che nessuno entri nello studio, Miss?” “No, Wilson. Non posso dedicarmi alla tenuta in questo momento. No, invece, fatemi preparare il Landeau e avvisate John devo andare con la zia al ricevimento dalla Duchessa. A quanto pare ci saranno tutte e due le signorine Johnson. Grazie, Wilson” strinse per un attimo il braccio del maggiordomo e poi rientrò.
Tre ore dopo era nel salotto privato della Duchessa di Richmond con un sorriso soave e uno dei suoi più belli vestiti da pomeriggio di un color pesca, quello che le aveva portato sua madre, quello che era stato fatto dalla sarta più alla moda di Mayfair, quello che odiava in particolar modo. A vederla, era il ritratto della signorilità inglese. Calma, compassata, parlava solo quando le venivano fatte delle domande e rispondeva solo con frasi corte e non troppo impegnative.
La Duchessa ormai parlava ormai da una buona mezz’ora e non accennava a smettere, anche con il contributo di sua zia Elizabeth Flanigan, la zitella più rispettosa dell’etichetta che potesse esistere. “Oh, Elizabeth. Voi non sapete che dolore per me. Prima la perdita del Duca, poi di mio figlio maggiore. Pensavo di morire, ma adesso tutto è cambiato. Redbourne finalmente ha deciso di tornare e prendersi le sue responsabilità” Chiamava sempre il figlio minore con il cognome di famiglia. In realtà il nome completo era Logan James Redbourne Duca di Richmond.
Jane, la figlia maggiore di sedici anni di Lady Johnson che in quel momento cercava di mangiare le tartine al cetriolo insieme ad un biscotto ricoperto di cioccolata, interruppe il discorso “Vostra Grazia, perdonatemi, ma parlateci di più di vostro figlio. Noi non lo abbiamo mai visto qui” Amelia poteva già vedere le rotelline di quel cervellino che iniziavano a progettare il suo possibile matrimonio con il nuovo Duca di Richmond. La ragazza aveva fatto il suo debutto solo l’anno prima con la secondogenita. Per quell’anno avevano dovuto rimunciarvi dal momento che il fratello maggiore non poteva più sborsare la montagna di soldi che gli erano usciti dalle tasche l’anno prima.
La Duchessa sorseggiò il suo tè indiano, si sistemò nella sua poltrona e attaccò. Forse, conviene che vi faccia un riassunto io. Non vi preoccupate la conversazione mi è stata riferita da fonti attendibili.
La madre aveva ripreso solo ultimamente interesse nel figlio minore. Quello che prima era un mascalzone, che da dodici anni non si faceva vedere a casa (aveva passato nove anni in Marina e dopo aver accumulato abbastanza denaro si era comprato una nave tutta sua, aveva riunito un equipaggio e si era dato alle scorrerie per il mondo per tre anni), adesso si era trasformato in un uomo esemplare, un figlio devoto e il più corretto tra i gentiluomini.
Jane e sua sorella minore emisero gridolini eccitati ad ogni particolare, della qual cosa la Duchessa si sentì molto lusingata anche mostrandosi assolutamente indifferente e quasi infastidita. “Spero, Vostra Grazia, che diate una festa per accogliere il nuovo Duca e per presentargli tutto il vicinato” Margaret interruppe la sorella “Oh sì, Jane. Che magnifica idea. Vostra Grazia, un ballo sarebbe perfetto”
La Duchessa si voltò verso Amelia e vedendola che si faceva versare un’altra tazza dalla cameriera completamente indifferente, con un sorriso che dimostrava tutto l‘affetto che provava per la vecchia amica e per la nipote di questa le disse: “Miss Flanigan, perché non dite nulla. Non siete felice della notizia” “Che vostro il vostro figlio debosciato torni per far impazzire queste gallinelle e voi possiate lavarvi la faccia dopo tutte le cattiverie che avete detto contro di lui? Come no?!” Questa fu la risposta che stava urlando nella sua testa, fortunatamente rispose la zia per lei “Ma certo, Vostra Grazia. Amelia sarebbe lietissima di conoscere il nuovo Duca” “Chi sa se ha imparato a non prendersi la roba degli altri?” “Voi la conoscete bene. Mia nipote è molto timida e di poche parole. Ma voi sapete quanto sia onorata di essere inclusa nella vostra cerchia. Non è vero, Amy?” “Certo, zia. Scusatemi, Vostra Grazia, stavo pensando a quanto potrete essere contenta” La Duchessa le fece un dolcissimo sorriso “Cara ragazza. Perché voi giovani non andate a fare una passeggiata nel roseto? E voi Lady Johnson, perché non le accompagnate” “Perfetto, le bamboline e il gallo cedrone. Voglio andare a casa!” Le tre giovani si alzarono, insieme alla Baronessa.
“Miss Flanigan, che cara ragazza che avete per nipote. Una vera perla, rispettosa, una giovane donna a modo sotto ogni punto di vista. È un vero peccato che la madre si sia compromessa così tanto. Ma non bisogna che una povera ragazza rimanga coinvolta per le follie di sua madre. Sono certa che con un po’ di tempo e con buoni discorsi riusciremo a convincere qualche buon curato o qualche Lord di campagna che moglie vantaggiosa sarebbe per lui. Oltretutto le è stata data una buona dote, non è vero?” “Certo, Vostra Grazia. Mi fratello prima di morire, che il Signore l‘abbia in gloria, ha provveduto alla sua unica figlia”

“Oh, Miss Amelia, non è stata una notizia favolosa?” Amelia stava camminando lungo i viottoli del roseto. La primavera appena cominciata aveva donato colore ed un meraviglioso profumo ai fiori. Intorno a loro era un trionfo di verde, rossi e gialli. Si fermarono davanti ad una piccola Diana di marmo su un piedistallo mezzo nascosto dall’edera. “Pensare che finalmente nuovi gentiluomini arriveranno qui, e le feste, e i vestiti … oh non vedo l’ora, Miss Amelia” “Mio signore, fate in modo che trovi presto un marito che la porti via di qui. Lei e tutte le altre. Che mi si lasci sola. Finalmente sola!” “Sarà molto eccitante in effetti. Sicuramente Sua Grazia farà cambiare molte cose qui” Jane le prese una mano nell’eccitazione del momento “Chissà com’è? Sarà alto? Un bell’uomo?- tirò con più forza la mano di Amy- Per me l’unico modo per cui un uomo possa essere bello è che assomigli a Lord Brummell. Voi lo avete mai incontrato? Oh, io l’ho incontrato l’anno scorso, forse dovrei dire che l’ho intravisto a teatro. Così affascinante, con i riccioli così eleganti, i vestiti impeccabili, l’uomo più ricercato di Londra …” “… come minimo dai suoi creditori” Fortunatamente la zia Elizabeth interruppe il discorso. Era giunta l’ora per loro di tornare a casa.
Il viaggio non sarebbe durato che un quarto d’ora attraverso la campagna. Dopo neanche cinque minuti Amelia si sporse verso il cocchiere “John, fermatevi un attimo, devo scendere. Portate la zia al suo cottage direttamente. Io verrò poi a piedi” Prima che la zia potesse protestare, lei era scesa e la carrozza era ripartita.






Ringraziamenti:

-Lel: Eccoti il secondo capitolo. Vedi se ti piace anche questo. Grazie per il fav

-Badkaty: Devo dire che oltre al problema di inventarmi una storia di sana pianta, c’è anche quello di rispettare il contesto storico. Spero che continui a piacerti

-Niacara07: Grazie per aver messo tra i preferiti la mia storia. Farò del mio meglio per non deluderti.


Al prossimo capitolo …

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Ecco qui il secondo capitolo in cui ho sfoggiato molti dei miei gusti personali. Godetevelo e magari scrivete anche un commentino.



Capitolo 2

La giornata era calda per essere in primavera. Amy si tolse il cappellino ed accelerò il passo per arrivare al boschetto che distava un centinaio di metri. Man mano che avanzava la frustrazione e la rabbia represse erano sempre più difficile da sopprimere. Il dolce profumo del sottobosco rugiadoso e il tranquillo stormire delle foglie non riuscirono a placarla. Fortunatamente era quasi arrivata al suo rifugio, una riva erbosa accanto ad una polla d’acqua che scaturiva gelata dal sottosuolo e che andava a formare un laghetto. Quel posto era sempre riuscita a calmarla, a riportarla al giusto equilibrio, sopprimendo quei sentimenti ribelli troppo nocivi per la sua vita tranquilla. Lì poteva sfogarsi anche ad alta voce per poi tornare ad essere sé stessa come giusto che fosse. Iniziò a parlare ad alta voce: “Lord Brummell …- sferzò con il cappellino un cespuglio lì vicino- i riccioli eleganti - decapitò un fiore- la Stagione- un secondo fiore andò a fare compagnia al primo- la Duchessa e zia Elizabeth- tirò con forza la gonna che si era impigliato ad un ramo- il Duca!” Era quasi arrivata alla sua meta, ma doveva sfogarsi ancora un po’ “Oh, sì Vostra Grazia. Sono molto felice che vostro figlio il Duca stia tornando. Che un altro Duca panciuto, tutto azzimato, fatuo, ignorante, e con il monocolo nel panciotto troppo attillato per il lardo, stia per venirsi ad unire al nostro circolo di persone scelte.- scostò con violenza un ramo- Ah ma questo sarà ancora peggio Amy, non dimenticarti che questo ha girato il mondo, è un eroe di guerra! Ci mancava solo questa!” Un altro ramo spostato con mala grazia la colpì sul braccio facendole male.
Il dolore la riportò alla realtà. “Amelia, Amelia. È tutto inutile. Devi stare calma e aspettare”  Erano parecchio tempo che se lo ripeteva. La sua speranza la riportava sempre alla ragione.
Iniziò a camminare più lentamente. Dopotutto non chiedeva tanto soltanto che arrivasse qualcuno che la portasse via di lì e andassero a vivere in qualche paese lontano dove avrebbe scoperto cose nuove. Lei lo sapeva che un giorno quell’uomo sarebbe arrivato. Doveva essere per forza un uomo perché solo un marito l’avrebbe avuto il potere necessario per realizzare il suo piano. Tra non molto avrebbe visto arrivare una carrozza non lussuosa ma dignitosa (lui avrebbe viaggiato sempre in carrozza perché avrebbe utilizzato il tempo del viaggio per studiare qualche lingua antica) sarebbe stato un uomo dal carattere mite e pacifico, fisicamente abbastanza piacente. Non troppo alto, sicuramente pallido perché stando molto nel suo studio non poteva prendere molto sole, e il corpo certamente non atletico, ma regolato da una sana dieta.
Spostò l’ultimo ramo che nascondeva il suo rifugio, ma invece di trovare il laghetto si trovò davanti ad un muro fatto di muscoli e carne. Fece un passo indietro e sollevò lo sguardo.
Se vi siete fatto un’idea sull’uomo che Amy aveva nella mente allora basterà pensare al completo opposto per raffigurarsi quest’altro che aveva di fronte. Era altissimo, lei gli arrivava a malapena al petto muscoloso. Amy poteva vedere solo fino alla cintola, ma quello che vedeva le bastò per lasciarla a bocca aperta. Era nudo e doveva essersi immerso nel laghetto perché la sua pelle bagnata scintillava ai pochi raggi di sole che riuscivano ad infiltrarsi fra il fitto fogliame. Una leggera peluria scura gli copriva il petto per poi scendere fino a dove era ancora coperto dal fogliame. Aveva spalle larghe, braccia possenti e muscoli d’acciaio. Alcune sottili cicatrici gli attraversavano la pelle come linee argentee sulla pelle scurita leggermente dal sole. Poco al di sopra del polso aveva tatuato qualcosa che non riuscì a distinguere da così lontano.
Quando alzò gli occhi al viso trovò quello che ormai si aspettava. I capelli corti neri erano bagnati ed in disordine. Gli occhi scuri brillavano maliziosi e divertiti dello stupore della ragazza allo stesso tempo. La bocca, atteggiata ad un’espressione sorniona, era sottile e ben disegnata. Le mascella forte, il naso sottile e leggermente aquilino non appartenevano certo ai canoni di bellezza dell’epoca, ma rendevano quell’uomo attraente e virile. La barba di un giorno e un anellino sulla cartilagine superiore dell’orecchio sinistro completavano il quadro.
La voce la raggiunse e il suo timbro roco e basso la scosse: “Ti supplico, signora: sei una dea o una creatura mortale?” Amy si riprese o, meglio, cercò di riacquistare il suo contegno almeno esteriormente. Non ci riuscì, ma non aveva importanza quell’uomo non sapeva chi fosse lei e mai lo avrebbe saputo.
“Vi sembra il caso signore di andarsene in giro in questo modo declamando versi dell’Odissea?”  
Lui si accigliò per un attimo poi il sorriso si ampliò “Complimenti avete fatto centro” Lei si mise le mani sui fianchi, incurante di quanto poco fosse vestito lui, aveva trovato un modo migliore per sfogare la sua rabbia, ovvero l’arrogante essere che aveva di fronte
“Lo sapete che vi trovate su una proprietà privata? Come vi permettete di fare i vostri comodi?” Lui girò appena la testa di lato mentre se la grattava “Bhè vista la situazione, il verso mi è sembrato opportuno. Allora state cercando la vostra palla, fanciulla. Vi do una mano?”
Amelia sbuffò. Quell’uomo tirava fuori il peggio di lei. Mentre si stava girando per andarsene gli sibilò: “Arrogante presuntuoso. Come se poteste anche lontanamente tenere il paragone con Ulisse” La voce profonda la fermò ancora. Il tono non curante con cui pronunciò la frase contribuì non poco a farla infuriare: “Bhè, mia signora, non è che voi potreste essere paragonata alla splendida fanciulla che doveva essere Nausicaa nella mente del suo creatore. Più che altro potreste essere paragonata ad una Gorgone, per rimanere in tema mitologico. Io …” Amy lasciò andare il ramo che fino a quel momento aveva trattenuto. Lo stelo era ancora giovane e verde, rimbalzò con forza e velocità all’indietro colpendo in pieno petto l’uomo che dovette indietreggiare per il colpo.
Vedendo il largo segno rosso che si era disegnato Amelia fece un sorriso diabolico, si voltò dicendo: “Addio, signore. Spero che quando voi mascalzoni mezzi nudi state per offendere una signora vi ricordiate di guardare cosa abbia in mano prima di parlare” Non aveva fatto neanche qualche metro che il suo avversario parlò ancora “Non voglio che abbiate una opinione sbagliata di me. Sarebbe imperdonabile. Sono un mascalzone completamente nudo.” La sua risata divertita davanti alla ritirata frettolosa di lei la seguì fino al margine degli alberi.
Quando arrivò a casa era più tranquilla. Il movimento e la discussione avevano contribuito a calmarla. Non si sentiva offesa da quello che le era stato detto da quell’uomo, non aveva importanza quello che diceva uno sconosciuto, più che altro era mortificata per il suo comportamento. Aveva perso il controllo e questo non poteva essere accettato.
Attraversò il parco reso perfetto da una squadra di giardinieri che vedendola passare si fermarono e la salutarono togliendosi il cappello di paglia. Entrò dalla porta a vetri dello studio e poi si diresse velocemente verso la sua stanza. Lì trovò Jane, la sua cameriera personale. Appena la vide in quelle condizioni spalancò gli occhi e chiese apprensiva cosa le fosse accaduto. “Stai tranquilla. Ho fatto solo una passeggiata nel boschetto. Jane pensi di riuscire a recuperare il vestito?” la ragazza annuì e si apprestò a slacciare l’abito alla sua padrona “Certo, Miss. Sarà come nuovo” Amy finalmente libera da quella trappola di seta si tolse le scarpette basse “Perfetto aggiustalo e poi lo puoi tenere. So che ti piace molto. Prendi anche tutti i suoi accessori, scarpe, nastri e cintura” Gli occhi blu della ragazza scintillarono di gioia mentre si portava al petto il vestito “Oh grazie, Miss. Siete così generosa. Ma siete sicura? Quest‘abito vi sta benissimo, viene da Londra …” Amy si voltò verso di lei con la spazzola in mano “Se non lo vuoi lo puoi dare a Josephine” “Oh no, Miss. Lo terrò io, allora. La cameriera personale di vostra madre non merita tanta gentilezza. È una persona tanto scostante” In effetti la ragazza aveva ragione. Josephine essendo una cameriera francese molto raffinata, guardava dall’alto in basso gli altri domestici. “Fammi preparare un bagno caldo con essenza di menta” “Sì, Miss” Jane uscì per andare a preparare quanto ordinato.
Immersa comodamente nella vasca fumante Amy finalmente riuscì a liberarsi della tensione residua. Domani avrebbe potuto riprendere la sua solita, comoda, agiata vita. Come al solito la zia Elizabeth sarebbe arrivata all’ora di colazione dopo essersene andata via la sera prima mormorando una benedizione sulla sua testa perché il sangue di sua madre non la contagiasse. Le avrebbe detto le novità e poi avrebbero fatto il giro delle visite mattutine. Il primo pomeriggio avrebbe aperto la posta e si sarebbe dedicata alla proprietà, per poi andare a fare il giro pomeridiano di visite.
Esattamente la solita vita.  






-Niacara07: Grazie per il gentilissimo commento. Anch’io adoro questo periodo e cerco in tutti i modi di renderlo al meglio.

- Elfa Sognatrice: Mi fa moltissimo piacere averti incuriosita e non vedo di leggere tutte le tue ipotesi e vedere se poi questa storia riuscirà a piacerti. Grazie anche per avere inserito “Amy” tra le tue storie seguite



Alla prossima

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Ecco a voi il terzo capitolo della storia.


Capitolo 3

a capotavola dell’enorme tavolo di quercia nella sala da pranzo, completamente sola. Zia Elizabeth non si era ancora fatta vedere. Stava bevendo un’ultima tazza di tè quando Wilson le portò la posta. Fece una veloce cernita, dividendo quelle di carattere amministrativo da quelle personali e poi si mise a leggere le prime. Dopo neanche una decina di minuti Wilson entrò nuovamente per annunciare zia Elizabeth.
“Mia cara bambina…” era abbastanza affaticata, aveva il fiatone e la cuffietta storta. “Cosa ha potuto ridurre la mia ineccepibile zia in questo modo? Oh già è primavera, la pesca di beneficenza della parrocchia! Che cosa eccitante” Amy posò la tazza sul piattino di porcellana cinese e si fece incontro alla zia.
“Zia cara, mi sembrate alquanto scossa. Che succede?”
La donna anziana le accarezzò la guancia “Oh dolce bambina. Ho fatto quasi tutta la strada di corsa! Vergine Santissima, quanto è lunga!” In realtà il cottage di Miss Flanigan non distava neanche un miglio dalla tenuta.
“Ma, zia, voi invece di fare tutta quella strada ogni giorno, potreste vivere qui con noi come vi è stato più volte proposto” intanto le stava agitando un tovagliolo davanti al viso “Così magari non dovremo sopportare tutte le tue lamentele ogni giorno” La donna, che ormai si era accasciata su di una sedia, fece un gesto della mano sottolineare quanto fossero inutili quelle parole. Lei, una donna non sposata e per bene, non avrebbe potuto vivere sotto lo stesso tetto della Contessa di T***, se non fosse stato per proteggere quell’essere innocente che era la sua Amelia avrebbe rotto i rapporti con quella donna perduta una volta per tutte.
“Bambina mia, tu non sai che notizia ho ricevuto”
“C’è solo una cosa che possa metterti così in agitazione: il Duca è arrivato” si finse curiosa e prese le mani della zia per cercare di farla calmare “Cosa è successo? Non qualcosa di brutto spero”
“Oh no, cara, il Duca è arrivato. La Duchessa mi ha fatto recapitare un biglietto questa mattina. E noi, immagina, siamo state invitate questa sera a cenare con loro. Solo noi e loro. Potremo conoscere il Duca prima di quella pettegola di Lady Johnson! Tieni leggilo” e tirò fuori un foglio di carta dalla borsetta che portava appesa al polso destro.
Amy lo prese e aguzzò la vista per cercare di decifrare le lettere tra tutti quei svolazzi e ghirigori.
Diceva così:

Cara amica Elizabeth,
Ieri sera Redbourne è arrivato. Spero che voi e vostra nipote vogliate unirvi a noi per la cena. Vi aspettiamo alle otto in punto.

Sophia Redbourne Duchessa di Richmond

L’unica cosa che Amy poteva capire da quel biglietto era con quanta freddezza una madre accogliesse suo figlio dopo dodici anni di separazione. Nemmeno la stravagante Victoria avrebbe fatto una cosa del genere.“Che essere meschino!
“Allora, Amy, non dici niente?”  
Amy fece uno dei suoi soliti sorrisi “Sono lusingata dall’invito. Sua Grazia è veramente un’ottima vicina” “E io sono una delle persone più ipocrite! Ma cos’altro posso fare finché non arriverà lui a portarmi via da qui?

Era seduta davanti al suo specchio e Jane le stava pettinando i capelli lunghi. Per lei era sempre stata una tortura. I riccioli scuri si annodavano ogni volta che li lavava e dopo doveva sopportare la sua cameriera che per mezz’ora si impegnava nel difficile compito di districarli. La cute ogni volta le faceva male e ci impiegavano un intero pomeriggio prima che si asciugassero del tutto. Solo una cosa le impediva di tagliarli e cioè che i capelli erano l’unico aspetto notevole in lei. Guardò il suo riflesso nello specchio davanti a sé. Non era una brutta donna, ma neanche meravigliosa, soprattutto se la si paragonava a sua madre. Ma questo non aveva nessuna importanza. Non aveva mai voluto essere bella né per sé stessa né per qualcun altro. Era ben consapevole che le sue doti erano altre, anche se per il momento le doveva tenere nascoste.
“Miss, che vestito intendete indossare?”
Amy sollevò le spalle: “Tu cosa suggerisci, Jane”
La ragazza tirò con più decisione una ciocca “Quello rosso, Miss. Siete sempre splendida quando lo indossate. Contrasta così meravigliosamente con la vostra carnagione così delicata”
“Sia quello rosso, allora. Questi sono i privilegi di non essere più una debuttante. Il bianco mi ha sempre resa un cadavere”
Alle otto in punto il maggiordomo le stava introducendo nel salotto della Duchessa.
“Miss Elizabeth Flanigan e Miss Amelia Flanigan” quando il vecchio James, il maggiordomo, si spostò Amy poté avere un’ampia visuale del salotto e naturalmente dei suoi occupanti. La Duchessa era vestita come sempre di nero, per sottolineare il suo status di rispettabile vedova e davanti a lei, comodamente sprofondato sul divano, c’era un uomo. Amy spalancò gli occhi. Dunque era quello il nuovo Duca di Richmond!
Era esattamente come se lo era immaginato. Era enorme e tutto tondo. La testa era una palla con qualche ciuffo di capelli rossicci sulla sommità, gli occhietti acquosi sembravano perdersi nel mare di grasso così anche la bocca. I bottoni della giacca e del panciotto sembravano essere sul punto di trasformarsi in proiettili vaganti. Un po’ in ritardo, si alzò. Amelia riuscì a stento a trattenere un sorriso “Povera Miss Johnson, non è certo Lord Brummell. Quando era sulle navi dovevano tenere conto del suo peso quando caricavano le merci. Basta Amelia! Non essere scortese. Guarda, ha la faccia simpatica e sembra anche un po‘ timido” In effetti l’uomo di fronte a loro si spostava da un piede all’altro in evidente imbarazzo
Le nuove arrivate si fermarono davanti alla Duchessa e fecero una profonda riverenza. Questa dopo averle salutate allungò la mano verso l’uomo che giocherellava con un fazzoletto: “Questo è Mr. Greenwood. È il nostro avvocato di famiglia, o meglio, è succeduto da poco a suo padre. A quanto ho sentito, è già un brillante avvocato. Non è vero, Greenwood?” L’ometto fece di sì con la testa. “Dunque questo non è il Duca. Chissà allora dov’è? A lustrarsi le medaglie, sicuramente” La zia prendendosi la sedia imbottita accanto alla Duchessa, lasciò a lei la scelta obbligata di sedersi accanto a Mr. Greenwood, il quale cercò di farsi il più piccolo possibile per farla stare comoda. Lei gli rivolse un sorriso di ringraziamento che lo fece diventare ancora più rosso.
Zia Elizabeth si mosse a disagio sulla sedia e dopo qualche momento azzardò: “Vostra Grazia siamo così contente che il Duca sia arrivato sano e salvo. Spero che la fatica del viaggio non l’abbia stancato troppo”
Amy, che stava guardando la Duchessa, vide passare per un istante un’ombra scura sul volto della donna ma questa sparì in un attimo. “No, fortunatamente sta bene. Solo … vi avviso Elizabeth, avendo passato tanto tempo all’estero, è diventato, come dire … è abituato ad altri modi, ecco. Non è come suo fratello, Archibald era perfetto.”
Zia Elizabeth le mise una mano sulle sue e disse: “Vostra Grazia, non dovete preoccuparvi, noi comprendiamo bene. Ma non preoccupatevi, ricevendo la vostra benevola influenza ricorderà presto le buone maniere”
La donna annuì.
Poco dopo, mentre la Duchessa tentava di far parlare del suo lavoro Mr. Greenwood, Amy si alzò per portare un bicchierino di sherry a sua zia. Il tavolino con su la caraffa di liquore e i bicchieri di cristallo era posizionato vicino alla doppia porta. Versando il liquido ambrato prestò orecchio alla conversazione che si stava svolgendo fuori dalla porta “James, vecchia canaglia, non devi rincorrermi per tutta la casa. Ti verrà un colpo!” la voce affannata del domestico si percepiva appena “Ma Milord, siete in ritardo per la cena! Sapete bene che la Duchessa, vostra madre, tiene molto alla puntua…”
“Andiamo, James, rilassati. Il vecchio dragone dovrà pazientare ancora poco. Sono pronto. Non volevo fare tardi ma la proprietà mi ha preso più tempo di quello che credessi. Ah, Arcy! Se non fossi già morto ti ucciderei all’istante per avermi fatto diventare l’erede! Oh, non importa ormai. Coraggio affrontiamo i nostri ospiti!” “Milord, la giacca!”
Troppo tardi le doppie porte furono spalancate e il nuovo Duca di Richmond fece il suo ingresso.
Amy che, con l’aprirsi della porta, era rimasta indietro rispetto al nuovo venuto. Ebbe tutto il tempo per rendersi conto di chi aveva di fronte. Stringendo forte il bicchiere in mano, analizzò la situazione. Dopotutto l’uomo che aveva visto nel boschetto non era l’unico al mondo a possedere delle spalle larghe e neanche quel taglio di capelli, ma, quando scorse tra le ciocche l’orecchino, perse ogni speranza.
“Redbourne, ti sembra il caso di entrare in questo modo ed in ritardo!?”
Lui si avvicinò alla madre e si inchinò mentre le baciava la mano. “Perdonatemi, madre. Ero occupato in ben più piacevoli occupazioni” La frase era stata pronunciata in un tono talmente convenzionale che si accorsero del vero significato con qualche secondo di ritardo, quando lui ormai chiedeva di farsi presentare agli ospiti. Si inchinò a zia Elizabeth e strinse cordialmente la mano a Mr. Greenwood. “E, Redbourne, questa è Miss Amelia Flanigan, nipote della mia dama di compagnia”
L’Amy che si trovò di fronte fu la rappresentazione della più distaccata, signorile, indifferente signorina inglese che mai uomo avesse potuto vedere. “Brava così, Amy. Non mostrare nulla. Dimostrati la testa vuota migliore al mondo. Forse non si ricorda di te” Ma il sorriso che andava allargandosi sul volto di Redbourne la smentì immediatamente.
“Amelia, il mio sherry!”
“Subito, zia” lo oltrepassò, tenendo la testa pudicamente, e molto convenientemente, bassa.
Un silenzio imbarazzante calò nel salotto. Mr. Greenwood giocherellava con il suo anello, Amy guardava le sue mani intrecciate, zia Elizabeth sorseggiava il suo sherry e la Duchessa ignorava ostentatamente il figlio che si era seduto non curante sul bracciolo del divano dalla parte dell‘avvocato e squadrava dall‘alto in basso Amelia, pronto a colpire.  
“Avete fatto buon viaggio, Vostra Grazia?” Alla domanda della zia non ci fu risposta. Qualche secondo dopo Logan si riscosse: “Perdonatemi, parlavate con me? Non sono abituato a essere chiamato Vostra Grazia”
La zia era imbarazzata: “Preferite, forse Milord?”
Lui agitò la mano con non curanza: “Oh, non vi preoccupate, mi hanno chiamato anche in maniera peggiore. Comunque sì, grazie. Un ottimo viaggio. Fin quasi all’ultimo, poi un essere non ben precisato mi ha aggredito” Scoccò un’occhiata di traverso ad Amy ma fu deluso nel vedere che questa non reagiva minimamente, continuava a guardare le sue mani ed ad essere la personificazione della modestia. Aggrottò le sopracciglia e incrociò le braccia sul petto “Miss Amelia Flanigan, avete una sorella gemella?” Amy, sollevò tranquillamente lo sguardo e si fermò a guardare gli occhi neri di lui. “Se pensi che mostrerò imbarazzo ti sbagli di grosso” Aprì la bocca per rispondere, ma la zia intervenne per lei, come al solito. Odiava quando faceva così, la faceva sentire una bambina. Come se lei non fosse in grado di rispondere. “Ogni volta! Mi verrebbe voglia di urlarti in faccia la mia risposta, poi vediamo! Perché mi ha designato come una persona timida?- la tensione si mostrò, con una piccolissima contrazione delle dita- Stai calma!”  
“Grazie, Miss Flanigan. Ma io l’ho chiesto a vostra nipote, penso sia in grado di parlare. Chissà perché ho la sensazione che sappia tirare fuori la voce, quando vuole, forse persino urlare”  
“Milord, mia nipote è il simbolo della signorilità. Non alzerebbe mai la voce …” Lui la fermò alzando un dito. “Coraggio, Miss Amelia, rispondete alla mia domanda. Sospetto che avete molto da dire e molte opinioni da esprimere, qualcuna anche alzando la voce. Non vi da fastidio che qualcuno risponda al vostro posto? Io penso di sì- fermò anche la madre che si stava mettendo in mezzo- Tranquilla madre, poi chiederò scusa per la mia maleducazione. Adesso voglio sentire questa risposta”
Amelia continuò a guardarlo stupita. Come aveva fatto a capire?
Stava per rispondere quando James entrò. “La cena è servita. Se volete seguirmi” Logan sollevò un sopracciglio: “Mmh, vi siete salvata per un soffio”
La cena si protrasse silenziosa per molto tempo. La Duchessa era ad un capo dell’enorme tavolo e mangiava tranquillamente bisbigliando con la sua dama di compagnia; Amy era stata messa accanto a Mr. Greenwood a centro tavola e cercava di sopravvivere alle sue più che maldestre attenzioni. Il Duca sedeva all’altro capo della tavola, praticamente isolato. Finito il pasto Logan si appoggiò alla spalliera della sedia, finendo il vino che aveva nel bicchiere.
Dunque in realtà cos’era Miss Flanigan? La gorgone del giorno prima o la donna assolutamente insipida che aveva di fronte? Sua madre non aveva tutti i torti a cercare di incoraggiare una conoscenza tra lei e l’avvocatuccio. Se questo era il suo vero temperamento le sarebbe stato difficile attrarre l’attenzione, anche perché non era certo una donna splendida e lui di donne stupende ne aveva conosciute parecchie. No lei non era assolutamente paragonabile a nessuna di loro né per fisico né per charm né per sensualità. Poi con quell’aura da santa che le aleggiava in torno avrebbe potuto attrarre o un prete o un pervertito e lui non era nessuno dei due.
Qualche secondo dopo la vide stringere forte il bicchiere e mordersi impercettibilmente l’interno della guancia mentre per l’ennesima volta Mr. Greenwood macchiava la tovaglia candida con gocce di liquore mentre glielo versava. Logan da ottimo osservatore e conoscitore di caratteri qual‘era, capì immediatamente il mistero. Dopotutto non era poi così difficile.
In realtà non era nessuno delle due, ma faceva tutti gli sforzi possibili per nascondere la sua vera personalità. “Infatti, ecco … invece di mettere a tacere quella petulante zitella di sua zia, le sorride, però nello stesso tempo stringe ancora più forte. Interessante. Chissà cosa vuole nascondere dietro quella maschera e perché. Finalmente ho trovato qualcosa da fare mentre starò qui. Miss Amelia Flanigan ormai il tuo segreto appartiene a me
Decise dare un taglio a quella cena. Si alzò in piedi, seguito con meno agilità dall’avvocato “Bene, poniamo fine a questa commovente cena di benvenuto. Grazie, ho ritrovato la stessa atmosfera di quando ero partito, è stato molto toccante. Madre, vi avviso che tra un paio di settimane arriveranno due ospiti molto importanti per me. Vorrei che venissero accolti nel migliore dei modi- non aspettò neanche la risposta della madre, che dopotutto non aveva intenzione di replicare- Perfetto. Andiamo Mr. Greenwood, andiamo a bere del Porto e a fare discorsi che non avranno alcun senso, forse, se ci sentiamo proprio in sintonia, potremmo anche parlare del tempo”
Amelia quasi sputò il vino. Si girò a guardare il loro ospite. Era un uomo assolutamente impossibile. Non era esattamente maleducato perché pur essendo molto rude quello che diceva, il suo tono era sempre pacato e leggero, come se stesse parlando di banalità qualsiasi. Era assolutamente fuori da ogni schema. In quel preciso momento era lì, fermo in piedi, senza la giacca, la qual cosa era già abbastanza scandalosa di suo, perfettamente a suo agio. E quello che era peggio è che Amy non era assolutamente scandalizzata da quel comportamento!
La Duchessa si alzò e mostrando la stessa indifferenza di sempre, disse: “No. Amelia, mostrate a Mr. Greenwood la serra. Elizabeth, venite con me devo parlarvi. E tu, Redbourne- gli scoccò un’occhiata raggelante- adesso sei un Duca, non più un delinquente qualsiasi. Cerca di renderti conto di questo e, per una volta, fa il tuo dovere. Cerca di valere almeno la metà di quello che era tuo fratello”
Se lo avesse schiaffeggiato lo avrebbe umiliato di meno. Non furono solo le parole, ma anche il tono e i gesti. L’intenzione era quello di mortificare il figlio davanti agli ospiti.
L’intento fallì quando l’uomo le fece un sorriso e si inchinò dicendo: “Tutto quello che volete voi, mia dolce mamma. In effetti non so come abbia potuto crescere così, avendo avuto in voi un perfetto esempio, oltretutto dopo tutto il granitico calore che mi avete dato. Sono veramente un figlio riprovevole. Vi chiedo perdono”
La Duchessa passò accanto il figlio senza degnarlo di uno sguardo trascinandosi dietro una sconvolta zia Elizabeth, che cercava di consolare la sua nobile amica. Mr. Greenwood condusse Amelia nella serra.
Durante tutta la passeggiata fino alla serra Amy non poté non pensare a come era stato trattato il Duca. Nonostante quello che le avesse detto il giorno prima e come si fosse comportato quella sera, non meritava di essere trattato così dalla propria madre al suo ritorno. Nessuno se lo sarebbe meritato.
Dei passi dietro di loro li fece voltare. L’oggetto dei suoi pensieri li stava raggiungendo, con in bocca una pipa e le mani in tasca, come se niente fosse. Quando fu accanto a loro chiese gentilmente: “Posso unirmi a voi?” L’avvocato colse immediatamente l’occasione: “Vostra Grazia, potreste accompagnare voi Miss Flanigan? Io ho una terribile allergia ai fiori. Ma la Duchessa …” Lui gli poggiò una mano sulla spalla: “Non preoccupatevi, amico mio. Andate a rifugiarvi nello studio. Quando torneremo vi verremo a chiamare così il dragone non sospetterà di niente”. Prima che Amelia potesse dire qualcosa Mr. Greenwood aveva girato i tacchi e il Duca prendendola per un braccio, in modo che non scappasse, la condusse a passo di carica alla serra.



Ho modificato il capitolo perchè mi sono accorta che c'erano degli obrobri grammaticali (al computer riescono sempre a sfuggirmi! Maledetti!) e ne ho approfittato anche per aggiungere il corsivo ai pensieri dei personaggi, cosa che c'era anche nell'originale ma che fino ad adesso non ero riuscita a far visualizzare. Yeah, festeggiamo i miei progressi con il computer!


Ciao




-Elfa Sognatrice: Purtroppo questa volta non sei stata così fortunata. Però non ho tardato tanto ad aggiornare. Fammi sapere quale altre ipotesi hai e se le mie idee ti piacciono.

-Niacara07: Grazie per i complimenti. Spero che Amy non sia una delusione. In questo capitolo non ha potuto tenere molto testa per la presenza di altri. Ma penso che nella prossima puntata torni ad essere battagliera.

-My Charlie Chaplin Soul e A_____A (le lineette le ho messe un po’ a caso!”: Vi ringrazio per aver messo tra i seguiti la mia storia. Visto che siete stati così gentili, che ne direste di lasciare anche qualche piccolo commento? Anche le critiche sono bene accette.


Il messaggio promozionale è finito. Tornate a trovarci. Buona giornata. 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Ecco il nuovo capitolo. L’incontro nella serra è tutto vostro. Pensavo di cambiare la categoria e metterlo tra i romantici, che ne dite? Benvenuti al quarto capitolo.


Capitolo 4

Logan la stava per metà spingendo e per metà tirando verso la loro metà.
“Forza, Miss Flanigan. Accelerate un pochino. Dobbiamo parlare” Amelia lo ignorò continuando a camminare con il suo passo compassato e sereno cercando di pensare ad una strategia: “Forse se mi mostro tranquilla lui penserà che quello di ieri sia stato un attacco di isteria momentaneo
Non erano neanche a metà strada dalla serra e Logan iniziava a perdere la pazienza. Si fermò per un attimo per osservare la sua accompagnatrice con un cipiglio che non aveva nulla di rassicurante.
Amy fu sorpresa da quella brusca fermata “Possibile che abbia rinunciato? Se è così sono al sicuro! Forse l‘ho scampata. Dopotutto perché dovrebbe continuare? Non penso di averlo offeso a questo punto
Lentamente e cautamente sollevò le palpebre quel tanto che bastava per guardarlo in viso. Il Duca la scrutava con un sopracciglio sollevato e le braccia conserte mentre soffiava dalla pipa nuvolette aromatiche di fumo.
Amelia si sentì le ginocchia tremare. Il profumo della pipa l’avvolgeva con il suo aroma pungente. Poteva percepire a pelle la sottile intelligenza dell’uomo che cercava di sondarla e scoprire ogni cosa di lei e, soprattutto, sentiva la sua forza e la tenacia. Il Duca era il tipo di uomo che non avrebbe mai rinunciato a nulla, una volta intrapreso. Era il tipo di uomo che Amelia non aveva mai conosciuto nella sua vita ritirata.
Se crede di aver davanti qualcuno che lo lascerà vincere tanto facilmente si sbaglia!” Gli rivolse uno sei suoi sorrisi più ebeti e gli disse: “Vogliamo rientrare, Vostra Grazia? Preferirei moltissimo rientrare e …”
Gli sbuffi di fumo si fecero più ravvicinati e le sopracciglia ben disegnate si aggrottarono “Mi sfidate, Miss Flanigan?” si tolse la pipa dalla bocca e sfoggiò uno dei suoi sorrisi più sornioni. Amelia istintivamente fece un passo indietro “Bene, avete trovato pane per i vostri denti. Farò uscire la strega che è in voi in qualsiasi modo! E poi mi direte i motivi di questa pagliacciata”
“Milord, vi posso garantire che io sono così. Chiedete a chiunque. Quello che avete visto nel boschetto era …era - non riusciva a continuare perché lui la incalzava avvicinandosi e lei continuava ad indietreggiare- era un attacco momentaneo” Inciampò sul bordo erboso del sentiero. Prima che potesse cadere Logan l’aveva preso per un braccio, si era appena chinato e se l’era caricata su una spalla.
Amelia scioccata di trovarsi a testa in giù per un istante non riuscì a fare altro che aggrapparsi con tutte le sue forze al panciotto di seta di lui. Realizzando quanto era successo iniziò ad agitarsi ed a scalciare. “Mettetemi immediatamente giù!”
Logan rise aggiustandosela meglio sulla spalla destra mentre riprendeva il sentiero che portava alla serra “Andiamo potete fare di meglio” Posò con decisione la mano libera sul sedere di lei. Una sonora pacca risuonò nel giardino.
Amy, al contatto, dimenticò tutti i suoi buoni propositi. Se doveva perdere almeno si sarebbe sfogata!
“Brutto animale che non siete altro! Mettetemi immediatamente giù! Fermatevi o mi metto ad urlare! Pensare che mi era dispiaciuto per come vi aveva trattato l’arpia di vostra madre”     
Al nuovo scoppio di risate, Amelia si morse la lingua. Il suo temperamento impetuoso di irlandese l’aveva ancora sopraffatta, aiutato, naturalmente, da quel ficcanaso che la stava trasportando, ovviamente.
“Non male. Possiamo fare anche di meglio, però. Per adesso mi accontenterò. Ecco siamo arrivati. Attenzione alla testa”
Facendola sbattere leggermente contro la traversa di metallo della porta-finestre, si vendicò di tutti i suoi capelli che lei gli aveva estirpato a viva forza nel convincerlo a farla scendere.
La fece sedere di mala grazia su di una panchina di pietra.
Alla luce della luna piena che entrava dalle lastre di vetro della serra vide la sua prigioniera. Con le guancie arrossate, gli occhi che lo avrebbero volentieri incenerito e alcune ciocche scure, sfuggite all’acconciatura, che le incorniciavano il viso, finalmente sembrava una donna e non più una bambola. Aveva trionfato, o quanto meno, aveva vinto quella battaglia.
Amy sentendo ormai smascherata decise di ignorare ostentatamente il Duca. Incrociò le braccia sotto il seno, sollevò il mento e voltò la testa di lato. Logan mise la punta dello stivale sulla panca e appoggiò sopra il ginocchio il gomito per poi chinarsi a scrutarla. Amelia non riuscì a sostenere a lungo il suo sguardo.
Si girò belligerante: “Ebbene? Cosa volete?”
“Voglio solo sapere il perché”
Maledetto cafone! Se pensi che ti svelerò la mia intimità …
Lui le prese per il mento prima che potesse voltare il viso nuovamente.
“Non provateci nemmeno. Tanto prima o poi lo saprò”
“Perché vi interessa?”
Lui si strinse nelle spalle “Curiosità, noia, distrazione, scortesia, perversità. Fate un po’ voi. Mi sembra semplicemente strano che una donna come voi, con le vostre qualità e il vostro temperamento si nascondi dietro una ragazzina insipida ed insignificante” Vedendo che lei non accennava a rispondere “Se non me lo dite immediatamente. Io vi renderò la vita impossibile. Vi perseguiterò finché non rivelerete la vostra natura in pubblico. Farò qualsiasi cosa. Sono un buon giocatore, sapete? Ho molta pazienza e so giocare molto bene le mie carte. Vinco sempre. - le sollevò ancora di più il viso- Forse, però, è meglio che voi mi lasciate giocare un po’” Le passò il pollice sopra le labbra.
Amy lo schiaffeggiò. Si massaggiò la mano indolenzita “Chi diavolo pensa che io sia! Non sono come mia madre! Perché nessuno mi lascia in pace. Voglio solo stare per conto mio
Logan si coprì la guancia colpita “Me lo sono meritato. Per favore, adesso rispondetemi”
La ragazza lo guardò negli occhi, tormentandosi le mani. “Cosa devo fare? Forse una volta saputo mi lascerà in pace, dopo. Che male potrebbe venirne fuori? Io penso …” Poggiandole una mano sulle sue Logan le impedì di torturarsele ancora.
E va bene, era giunto il momento.
“È un modo come un altro per sopravvivere qui. Io non nascondo, semplicemente simulo. Tutti sono più felici così, tutti sono orgogliosi di me e mi apprezzano”
Logan si sedette accanto a lei: “Tutti tranne voi” Ancora una volta la lasciò senza parole “Quindi voi nascondendo il vostro vero io, pensate di vivere meglio?”
“Il mio vero carattere mi porterebbe solo guai. Partendo in una situazione di svantaggio, non posso permettermi il minimo errore. L’unico motivo perché ancora ci tollerano nel vicinato è che vedono in me il completo opposto di mia madre. Se solo dovessero sospettare che in realtà io non sia il simbolo di virtù e di pudore che vedono, mia zia e vostra madre ci toglierebbero il loro appoggio. Non posso permetterlo” Perché glielo stava dicendo? Non era sua intenzione spingersi così oltre, ma lui sembrava strapparle le parole dalla bocca.
Si voltò a guardarlo. Non la stava più osservando ma si era appoggiato con i gomiti sulle ginocchia mentre faceva roteare la pipa tra le mani. “Non vi posso dare torto, vista l’accoglienza di questa sera. Sapete, io mi sono arruolato proprio per scappare da tutto questo. Io, al contrario di voi, sono sempre stato spontaneo, odio le ristrettezze, odio fingere, non lo so fare, come potrete immaginare mi sono attirato sulla testa le ire di tutti qui. Mia madre si è sempre vergognata di me preferendomi il mio perfetto fratello maggiore, Archibald, così mio padre. Per un po‘ anche i miei superiori non mi rispettavano. Ma in guerra le cose cambiano in fretta- fece un profondo sospiro- E adesso, ironia della sorte, Archibald è morto e io sono il nuovo Duca di Richmond. Sono stato costretto a tornare a prendermi cura di ciò da cui ero scappato. Deve essere una punizione per tutti noi, per mia madre per la sua arroganza e io per aver sperato di averla scampata.- si voltò verso di lei, sorridendole- Com’è successo che sono finito a farvi delle confidenze?”
Amelia gli sorrise timidamente e, per un fuggevole istante, anche lui ricambiò con un sorriso triste.
Tutta l’animosità che aveva provato prima era stata per un momento messa da parte. Poteva capirlo bene. In realtà il Duca era solamente un uomo che cercava di vivere come più gli piaceva, esattamente come lei. L’unica differenza era che lui aveva assaporato un po’ di libertà.   
Amelia azzardò a rispondergli: “A quanto pare anche il vostro metodo non è dei migliori. Dovrete adattarvi, ormai siete qui. Per me la situazione è temporanea”
Lui tornò a guardarla con curiosità e le chiese il perché. Lei si fece rossa e non rispose, allora lui capì “Ah, certo voi sperate, come tute, nel matrimonio. Ed è secondo voi l’evento potrebbe essere prossimo? State attenta che il dragone ci sta pensando. Se non vi guardate le spalle è probabile che vi troviate legata a quell‘avvocato o qualcuno molto simile. A meno che non sia quello che volete”
La ragazza sbuffò “Non è la prima volta che ci provano. Non sarà facile per me trovare un buon partito, lo so.”
Rendendosi conto di tutto quello che stava dicendo, diventò ancora più rossa e si alzò di scatto in piedi: “Non so perché sto dicendo a voi tutte queste cose. Voi che, oltretutto, siete uno sconosciuto appena arrivato e non … non vi conosco. Avete saputo quello che volevate sapere. Ora vorrei tornare dentro, per piacere”
Lui non la stava ascoltando. Continuava a fissare il vuoto concentrato, poi di scatto si voltò a guardarla. “Facciamo un patto”
“Cosa?!”
Si alzò a sua volta e questa volta aveva un sorriso dipinto sul volto: “Ma, sì, può funzionare. Perché no?”
“Ma cosa?”
Lui la prese per le spalle “È evidente che tra noi c’è una certa affinità. Approfittiamone!”
Lei si liberò dalle sue mani ed iniziò ad indietreggiare preoccupata verso la porta: “Tra di noi non c’è nessuna affinità. Semplicemente abbiamo scambiato un paio di opinioni innocue. Arrivederci, Milord”
Lui la fermò “Ma cosa vi è venuto in mente? Non sto cercando certo di abbordarvi! Ci mancherebbe altro, non siete certo il tipo di donna che mi piacerebbe portarmi a letto- oltre al fortissimo imbarazzo, Amy si sentì anche stranamente offesa- Quello che intendevo è che possiamo diventare buoni amici. Noi abbiamo un problema comune e ognuno di noi ha una parte della soluzione. Insieme potremo trovare il giusto equilibrio- lei lo guardò sospettosa- Io so come essere spontaneo, voi sapete come essere la persona più pedante di questo mondo. Facciamo così: voi mi insegnerete come reprimere la mia natura ribelle e io vi fornirò delle valvole di sfogo e il modo di provare qualcosa di nuovo. Sempre nel rispetto della decenza, ovviamente”
Il sospetto non si allontanava dalle pupille della ragazza, ma aveva lasciato la miniglia della porta. Logan capì che stava per cedere “Se vedrete quello che nasconde il mondo e imparerete a convivere con tutte le vostre emozioni e, soprattutto, ne proverete di nuove, probabilmente riuscirete a dominarle meglio. Quando vi sposerete sarete pronta per essere la persona più rispettosa dell’etichetta che possa esistere e senza rimpianti” “Oppure rinuncerete definitivamente a questa esistenza da reclusa che vi siete imposta”  
Amelia valutò per un attimo la proposta. “Dopotutto non è una proposta indecente. Il massimo sarebbe un urlo nel bosco, mentre io potrei veramente aiutarlo. Ma perché dovrei poi aiutarlo? Lui non è che uno straniero! Però è stato l’unico ad avermi visto per quella che sono e solo in una serata. Non ha tutti i torti quando dice che esplorata tutta la mia personalità potrò domarla meglio.
Devo essere uscita fuori di testa” Senza pensarci oltre strinse la mano che lui le tendeva. Il patto era stretto.






-Elfa Sognatrice: Spero che Logan continui a piacerti e mi sto impegnando a fondo per farlo il più imprevedibile possibile, così anche per la trama, anche se ho paura di cadere nel prevedibile. Fammi sapere se succede, mi raccomando.

-Niacara07: Allora? Com’è stato questo incontro? Il Duca, in effetti, è un’aquila! O almeno cerco di renderlo così. Nulla gli sfugge.

- Liz89: Grazie per il preferito.


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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Rieccomi di nuovo. So che i capitoli non sono lunghissimi, ma preferisco postarli così perché non so se avrò molto tempo più avanti. Spero che non siano troppo corti, altrimenti ditemelo!
Ah, solo una cosa, ho deciso di non spostarla. Meglio non fare troppi casini.
Bene, bene. Godetevi il capitolo.




Capitolo 5

Erano trascorse un paio di ore da che gli ospiti se ne erano andati e Logan era comodamente seduto sul davanzale del balconcino della sua camera, pizzicando le corde della sua chitarra. La musica aveva sempre avuto il potere di farlo riflettere e, soprattutto, di calmarlo. E in quel momento ne aveva assoluto bisogno. Quella serata lo aveva abbattuto ed urtato, più di quanto avesse dato a vedere.
Per un soffio non aveva pestato il suo cameriere personale, un vecchio marinaio fiammingo che aveva prestato servizio sotto di lui e che non lo aveva più lasciato, solo perché gli aveva chiesto il motivo del suo cipiglio.
Appoggiò la testa al pilastro ornamentale dietro di lui, mentre la gamba sinistra ciondolava al di là del parapetto a cinque metri di altezza.
Le dita automaticamente composero una vecchia canzone marinaresca, cantata moltissime volte con il suo fidato equipaggio.
We're hoisting the flag to be free” La sua voce roca e profonda intonò il primo verso del ritornello. Le dita presero velocità, mentre si dava il tempo con il piede destro nudo poggiato sulla balaustra.
We are wolves of the sea” Chiuse gli occhi. Se non si fosse trovato lì, probabilmente sarebbe stato con i suoi compagni, sulla sua nave, in mare, ad affrontare i pericoli della vita avventurosa che gli si addiceva di più.
With a sword close at hand, We are scary and bold” La guerra e le successive imprese personali lo avevano fatto maturare come nulla aveva fatto prima. Sarà stata una cosa innaturale, ma nulla, per lui, aveva potuto eguagliare l’eccitazione che provava in battaglia o durante un fortunale. Un misto di paura ed esaltazione che gli facevano percepire quanto un uomo potesse osare e sentirsi onnipotente quando si trova sull’orlo della morte. Solo dopo quando, magari ferito, si contavano i morti o i dispersi ritornava ad essere un comune mortale e brindava ai compagni che lo avevano semplicemente preceduto nel destino che aspettava a tutti coloro che navigano.
We're bound to be close to the sea” Aprì gli occhi e fissò la tenuta davanti a lui. Il mare fu soppiantato dai prati e i campi coltivati, il ponte della sua Black Witch dal viale che conduceva all’entrata principale, i marinai dai contadini. “Fottuto Archibald. Anche in morte sei stato uno stronzo!”
We are wolves of the sea *” L’ultimo verso si perse nel vento.

Amelia, intanto, al sicuro nel suo letto, fissava il baldacchino. Si era portata le coperte fin sotto il mento, anche se la temperatura mite non lo richiedeva. Era come se si volesse nascondere da qualcosa, o meglio da Logan James Redbourne.
Solo due volte l’ho incontrato” All’istante si fece rossa, ripensando al loro incontro nel boschetto. Ripensare adesso a quel fatto, dopo che aveva saputo chi fosse lui in realtà, era completamente diverso rispetto a prima. Si fece ancora più rossa pensando che aveva potuto sperimentare in prima persona quanto fossero forti le spalle che aveva visto nude e alla sua mano che … “Amy! Tieni a bada i tuoi pensieri! Non sono adatti a una donna pudica. Ricordati chi sei tu e chi è lui. Lui è uno degli uomini che hanno contribuito alla reputazione di tua madre- adesso poteva capire, anche se vagamente, cosa lui ci facesse nel salotto privato di sua madre dodici anni prima- ti ha trattata in maniera indecorosa!” Amy si coprì gli occhi con una mano concentrandosi per rimpiangere il patto che aveva stretto e sforzandosi di non pensare con chi l’aveva fatto.
Si era addormentata solo da qualche ora quando Jane entrò spalancando le pesanti tende che impedivano alla luce di entrare. Anche se aveva riposato poco era grata alla sua cameriera di aver posto fine alla serie di incubi che l’avevano perseguitata. Da quando aveva chiuso occhio era stata preda dello scherno del nuovo Duca e del biasimo di persone senza volto. Ma quello che l’aveva terrorizzata era il fatto che aveva passato tutto il tempo in ginocchio a supplicare Redbourne che non la lasciasse.
“Miss, siete così pallida. State bene? Volete che mandi a chiamare il dottore?”
Amelia si strofinò gli occhi, cercando di riprendersi “No, Jane. Va tutto bene. Solo uno stupido incubo. Grazie, Jane”
“Ah, quasi dimenticavo. Questa l’ha portata George questa mattina” George era il ragazzo tuttofare al cottage di Zia Elizabeth.
La lettera conteneva un lungo resoconto sulla serata precedente e riflessioni sul carattere del nuovo Duca. Amy inforcò gli occhiali che aveva sul comodino, un altro dei suoi preziosi segreti, e si preparò a leggere il trattato filosofico della zia. Dopo due pagine e mezzo finalmente Amelia trovò il vero motivo di quella missiva.

Purtroppo, cara bambina, oggi non ti potrò accompagnare nelle nostre visite quotidiane. Devo aver preso troppo freddo ieri sera, non mi sento molto bene. Spero di vederci nel’arco della giornata.
Ho già avvisato Milady, dovrai passare da lei per farle un po’ di compagnia e salutarla al mio posto.

Amelia si tolse gli occhiali e si lasciò cadere all’indietro sui cuscini. “Jane, preparami l’abito da equitazione” La cameriera si diresse all’armadio “Che colore, Miss?”
Un’altra giornata era cominciata.

Completata la colazione Amy indossò uno dei suoi cappellini più ridicoli e si posizionò comodamente sulla sella da amazzone.
Le piaceva cavalcare ma mantenne il cavallo, un castrato scuro molto veloce, al passo fino al cottage della zia.
Mezz’ora dopo ne usciva con un biglietto che avrebbe dovuto portare alla Duchessa con su l’indirizzo di un’altra società di beneficenza.
Appena la strada fece una svolta e le finestre del cottage furono coperte dagli alberi dei filari, Amy si guardò in giro per vedere se ci fosse qualcuno nei paraggi. Non c’era nessuno, la stradina sterrata che portava alla tenuta del Duca era completamente sgombra.
La ragazza spronò il cavallo al galoppo. La sella da amazzone non le impedì di accelerare sempre di più il passo e saltare la staccionata che separava le due proprietà senza fare il giro per passare dal cancello.
La corsa le aveva fatto colorire le guance di rosso e le aveva disegnato un sorriso fanciullesco sul volto. “Quanto mi piace correre!- diede delle pacche sul collo del cavallo, mentre rallentava- Bravo, Cavallo- aveva chiamato così il suo animale- sei stato veramente bravissimo
Al trotto passò l’enorme cancello di ferro battuto che delimitava il giardino della villa, dagli altri possedimenti. Ci sarebbero voluti ancora dieci minuti prima di arrivare ed Amy aveva intenzione di goderseli a pieno. Gli alberi in fiore accanto alla strada di terra battuta, frusciavano al leggero venticello primaverile; tutto era calmo, sereno e tranquillo, incredibilmente, lo era anche Amy. La tensione era andata via portata via dalla tranquillità del luogo e dalla galoppata.
Chiuse gli occhi godendosi quel momento e il sole che le riscaldava le guance.
Non durò più di un secondo.
Il tonfo secco dietro di sé fu preceduto da un frusciò di foglie, Cavallo scartò di lato e una mano gli coprì la bocca per impedirle di urlare e un braccio le bloccò le sue e l’attirò contro il corpo dietro di lei.
“O la borsa o la vita!” le fu sussurrato nell’orecchio.
Voltando, terrorizzata, la testa di lato Amelia riuscì ad intravedere con la coda dell’occhio la faccia divertita del Duca. Gli occhi di Amy si incupirono e Logan riuscì a togliere la mano dalla bocca subito prima che i denti bianchi di lei affondassero nelle sue dita.
“Scendete immediatamente! Cosa vi è saltato in mente? Da dove venite fuori?!”
Lui fece un gesto non curante verso la chioma dell’albero più vicino, mentre la spingeva più avanti verso il collo di Cavallo per potersi mettere più comodo. Sentendolo sempre più vicino, Amy divenne rossa e sentì una vampata di calore avvolgerla tutta, iniziò ad agitarsi. Lui la fermò ponendole le mani sui fianchi.
“Fermatevi, Miss Flanigan. Non vorrete che i giardinieri pensino che stiamo facendo chissà che. Poi cosa ne sarà della mia innocenza e reputazione”
Lei senza neanche guardarlo scivolò in fretta giù dal cavallo. Agitata iniziò a guardarsi intorno, preoccupata. Vedendo che nessuno era all’orizzonte, si rivolse nuovamente al suo torturatore che la guardava innocentemente appollaiato comodamente sulla sella da donna. Vedendolo tranquillo, Amelia strinse i pugni e cercò di stabilizzare il respiro.
“Miss Flanigan, ricordate il nostro patto. Buttate fuori il rospo” e le strizzò l’occhio.
“Cosa ci facevate su quell’albero?”
Lui si strinse nelle spalle. Facendo leva sulle braccia si sistemò bene in sella e prese le redini. “Stavo guardando la proprietà da un altro punto di vista” mise in moto il cavallo, facendogli descrivere un cerchio intorno a lei. “Quando vi ho visto non sono riuscito a resistere! Eravate così spensierata”
Amelia lo guardava aggirarsi attorno a lei come un avvoltoio, abbassandosi per esserle più vicino, cercando di farla innervosire.
“Cosa avete provato, Miss?”
“Paura”
“Perché?”
“Non credo che ci sia bisogno di chiederlo”
“Cosa avete pensato che vi avrei fato?”
A questa domanda non ebbe risposta.
Aumentò un po’ il passo, diminuendo allo stesso tempo la circonferenza.
“E dopo, quando avete scoperto che ero io?”
Ad Amelia iniziava a girare la testa per seguirlo.
“Avreste voluto urlarmi addosso? Schiaffeggiarmi? Colpirmi? Picchiarmi?”
La ragazza cedette: “Avrei voluto mandarvi a gamba all’aria nel trogolo dei porci e avrei voluto che fosse presente tutto il villaggio e tutto il mondo per  mostrare a tutti la vostra umiliazione quando sareste uscito fradicio e lercio. Volevo vedere se sareste riuscito a far venire fuori sulla vostra faccia da schiaffi quell‘odioso sorriso che avete ora!”
Aveva fatto questa tirata tutta di un fiato. Alla fine della frase si ritrovò con il fiatone e completamente liberata dallo spavento e dalla rabbia che aveva provato prima. Guardò Logan che si era fermato davanti a lei. Questo aveva poggiato la caviglia sulla coscia sinistra e la guardava. Amelia non riuscì a distogliere gli occhi. Per quanto si sentisse imbarazzata, sondata, giocata, su tutto questo predominava qualcosa d’altro. Forse aveva ragione lui. Tra di loro c’era un’affinità.
Per quanto cercasse di trattenersi non riuscì ad impedirsi di sorridergli.
“Siete un essere abominevole, lo sapete?”
“Cerco di fare del mio meglio- scese da cavallo e lo prese per il morso. Si incammianrono, come se nulla fosse, verso la casa- come mai sola, senza scorta armata?”
Lei lo fulminò con gli occhi: “Mi zia non si sente bene. Sono venuta per portare questo biglietto di mia zia alla Duchessa, vostra madre” Aveva già ripreso il suo contegno controllato.
“Vi avviso che è di pessimo umore. Per un soffio non le è venuto un infarto quando le ho detto chi sono gli ospiti che verranno qui”
Lei lo guardò aspettando ulteriori informazioni. Lui guardando la faccia curiosa di lei si mise a ridere. Sembrava, maledettamente, una bambina.
“Chi potete aver invitato di così terribile per renderla così furiosa”
“Oh, solo due delle mie concubine” Lei spalancò gli occhi e le orecchie iniziarono a prendere una sfumatura purpurea. Lui rise di nuovo e le fece l’occhiolino.
Lei si immobilizzò, improvvisamente seria. “Sarà vero? È davvero possibile che stia dicendo la verità? Dopotutto lui è …
“Miss Flanigan, avete messo radici?” Fermo qualche passo più avanti con il cavallo accanto la stava aspettando. “Non sono affari miei, anche se fosse”.
Lasciato Cavallo alle cure dello stalliere, i due entrarono in casa e furono immediatamente informati da James che neanche due minuti prima erano arrivati Lady Johnson con le figlie, il vicario con la moglie, e altre due o tre famiglie del vicinato.
Logan le si avvicinò e le parlò in modo tale che potesse sentirlo solamente lei: “Allora, sono pronto per la prima lezione. Se vado bene non fate niente, se vado male tossite. Che il circo abbia inizio” Senza darle il tempo di replicare aprì le porte del salotto e la sospinse dentro.






-Elfa Sognatrice e Laban: Grazie per aver commentato. Continuate a farlo, che vi posso garantire fanno più che piacere.

- Per tutti quelli che hanno inserito la storia tra i preferiti o i seguiti, vi ringrazio tantissimo. Se voleste lasciare anche qualche commento non vi metterò certo al muro;)


Alla prossima.


* Mi stavo scordando! Poi mi si denunciava per plagio! La canzone, naturalmente non è mia ed alquanto anacronistica, ma ci cadeva a fagiolo, quindi … comunque la canzone è Wolves of the sea degli Alestorm

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Capitolo 6

La Duchessa vedendo il figlio si mise in volto una maschera di indifferenza e ritirò la mano quando lui fece per baciarla. Invece, scorgendo dietro di lui Amy, le rivolse un caloroso sorriso e la fece avvicinare per posarle una mano sulla testa e chiederle di sua zia.
La ragazza rispose a tutto questo e poi lanciando un’occhiata fugace a Logan che si era seduto in mezzo agli ospiti, che lo squadravano, come se nulla fosse, le disse a bassa voce in modo che potesse sentire solo lei: “Ero appena giunta al viale, quando il Duca mi ha vista e molto premurosamente si è offerto di condurre il mio cavallo alle stalle. È stato molto gentile anche perché ha visto che ero un po’ in difficoltà, sapete come sono quelle bestie. Penso che la vostra influenza abbia già iniziato ad avere effetto”
Bene, per adesso, ho fatto la mia parte. Adesso tocca a lu” Si accomodò tranquillamente tra la Duchessa e la moglie del vicario.
“Redbourne!” il richiamo era stato perentorio. Il figlio si voltò verso la madre, in attesa di sapere quello che le avrebbe detto. “Ti presento i nostri vicini”
Il Duca e Amy si scambiarono un’occhiata. La Duchessa aveva registrato l’atto gentile del figlio e forse non aveva perso del tutto le speranze.
La conversazione stentava a prendere il via per la presenza ingombrante del Duca, il quale non era al corrente dei fatti di cui si parlava, e la madre sviava il discorso ogni volta che al figlio venivano fatte domande sulle sue precedenti campagne poste da due più che estasiate Misses Johnson.
“E adesso, Milord, cosa intendete fare?” la domanda gli era stata posta dal vicario.
Logan si aggiustò meglio nel divano in cui era seduto accanto a Lord Bates e Mr. Porter, il vicario, appunto. “I miei progetti per adesso sono molto semplici. Ho appena incominciato a dare un’occhiata ai conti ed alla proprietà, ma ho già visto alcune cose che vorrei cambiare. Per esempio, ho visto nelle Americhe dei nuovi macchinari che potrebbero sveltire la manodopera e raddoppiare il raccolto”
La madre posò con decisione il piattino sul tavolino accanto a lei. La precedente ombra di simpatia si era già dileguata “E cosa vorresti cambiare, Redbourne?! La tenuta è sempre andata avanti benissimo così com’è, anche quando tu giocavi a fare il soldato! Non importerai aggeggi dalle Colonie. Le cose andranno avanti come sono sempre andate”
“Davvero? Io la vedo in maniera diversa e, dal momento che io sono il nuovo padrone di queste terre, farò come credo”
Amelia spalancò gli occhi e si mise a torcersi le mani convulsamente.
Lui la ignorò, le carte dovevano essere messe in tavola una volta per tutte. “Ti avviso anche che la Black Witch inizierà a trattare merci per conto mio. Inizieremo con quella nave e con i profitti che ricaveremo dal raccolto del prossimo anno intendo farne armare un’altra mezza dozzina  per incrementare il commercio. In poco tempo avremo raddoppiato la nostra rendita”
La Duchessa si alzò scandalizzata “Logan James Redbourne, non oserai degradare la nostra famiglia commerciando con dei paesi selvaggi e dissidenti!”
Lui annuì semplicemente.
Sua Grazia, a quel punto, divenne completamente rossa dalla rabbia. “Vi prego, adesso di andarvene. Mi scuso per il mio comportamento, ma ho deciso di annunciarvi adesso che io non ho intenzione di rivedere mai più il Duca di Richmond, per me è come se fosse morto. È inutile dire che me ne andrò domani stesso, i miei bagagli sono già pronti. Mi ritiro nella casa che appartiene alla mia famiglia a Londra. Sarete tutti i benvenuti quando passerete da quelle parti. Adesso per piacere vi chiedo di congedarvi”
Tutti gli ospiti, compresa Amelia, si alzarono con una faccia stupita ed imbarazzata e presero congedo da entrambi. Quando si trovò sulla porta Amy si sentì chiamare: “Non tu, bambina, vorrei parlarti” Amelia si fermò sulla soglia.
Logan che fino a quel momento era rimasto seduto indifferente sul divano, finalmente si alzò: “Bel lavoro, mamma. Abbiamo dato spettacolo un’altra volta. Sono sicura che quel cargo di Lady Johnson starà andando già in giro a raccontare con quanta crudeltà io ti abbia cacciata dalla nostra casa avita”
“Non osare dare la colpa a me. Io non posso stare a guardare mentre tu distruggi il nostro buon nome e ti immischi con gente ben al di sotto del nostro rango” La compostezza della donna era sparita. Adesso stava urlando in faccia tutto l’astio e l’odio accumulato in quegli anni. “Sei sempre stato un buono a nulla e una testa calda. Quando più ti ha fatto comodo, te ne sei andato e adesso torni e ti prendi ciò che non è tuo, ciò che altre persone hanno sudato per mantenere allo stesso livello per generazioni e generazioni. A volte mi chiedo se sei veramente figlio mio. Tu sei sempre stato la pecora nera della famiglia, la nostra vergogna. Quando abbiamo sentito delle tue decorazioni in guerra, pensavamo tu fossi cambiato, ma subito dopo ci è giunta la notizia della tua diserzione e del tuo congedo con disonore! Non sei neanche capace di fare il macellaio!”
Amelia, spettatrice involontaria, non poté fare a meno di ascoltare tutto e farsi molte domande.
“Allora perché non mi avete buttato fuori di casa una volta per tutte?” Il tono di lui era sempre pacato, ma una vena gli pulsava sul collo.
“Per darci il colpo di grazia? Un altro scandalo in famiglia? No, tuo padre non sarebbe riuscito a sopportarlo!”
Logan non poté resistere oltre. Le fece un inchino galante e accennò con il capo un saluto ad Amy e si ritirò
La Duchessa fermò il figlio prima che uscisse. Questa volta il suo tono era triste e pieno di rimpianto “Perché? Perché è dovuto morire tuo fratello? Perché non sei morto tu?”
Logan contrasse un attimo le spalle: “Forse perché Archibald non era altro che uno smidollato viziato. Pensateci” si dileguò su per le scale.
Amelia era rimasta a bocca aperta per tutto il tempo. Sentiva che il cuore le si stringeva nel petto. Un dolore sordo aveva scandito ogni frase che si erano scambiati madre e figlio. Soffriva profondamente per il figlio rigettato perché nato con uno spirito moderno e anticonvenzionale, soffriva per il bambino che si era sentito sempre messo da parte per il fratello, soffriva per l’uomo che l’aveva accettata così com’era.
“Non avere quell’aria compassionevole, Amy” la frase la fece voltare verso la donna. “Non cadere anche tu nella sua trappola. Mio figlio non ha bisogno di nessuna pietà”
Amelia distolse gli occhi incapace di sostenere un secondo di più lo sguardo freddo della donna. “Milady, siete sicura che sia giusto comportarsi così?” “È sempre tuo figlio, vecchia megera”
“Io so come comportarmi” la ragazza non poté fare altro che un gesto di assenso mentre cercava di contenere la rabbia “Ho voluto che ti fermassi perché voglio che tu sappia tutto quello che riguarda mio figlio”
Amy scosse la testa “Non credo che siano affari che mi riguardino”
“Ti sbagli. Io domani me ne andrò e ho intenzione di farmi raggiungere da tua zia. So che tu non vuoi muoverti quindi non ti chiederò neanche di seguirci. Ma non potrai rimanere sola”
Amy si volse ancora a guardare le scale, non poteva far a meno di provare il desiderio di salire al piano superiore ed andare a vedere come stesse Logan. Senza voltarsi rispose: “Gli zii Stevenson verranno volentieri a farmi compagnia, avevamo già progettato una loro permanenza per la primavera”
La Duchessa allungò la mano e le fece voltare il viso. Scrutandola per un istante la vecchia signora capì tutto quello che c’era da capire. “I tuoi zii materni andranno bene per proteggerti dagli altri, ma tu, bambina, devi proteggerti da te stessa” Si sedette spossata sulla poltrona. “Sei una saggia ragazza e saprai giudicare con attenzione. Ma per farlo devi avere tutte i fatti davanti a te”
“Vostra Grazia io non capisco cosa vogliate dirmi”
“Davvero?- la guardò per un attimo- Non voglio che mi giudichi una donna senza cuore, dopotutto verso di te mi sono sempre comportata con tutto l’affetto possibile, vero?- la ragazza annuì- Siediti, Amy, quello che sentirai non sarà piacevole e tutto è stato accuratamente tenuto nascosto” Amelia si sedette sulla sedia di fronte alla Duchessa.

Amelia, quella sera, era stesa nella sua vasca davanti al fuoco scoppiettante della sua camera. Aveva sugli occhi un impacco di camomilla per cercare di far passare il terribile mal di testa. Le parole della Duchessa la stavano ancora ossessionando.
Mio figlio non è un uomo su cui fare affidamento. È un delinquente ed un libertino senza scrupoli. Quando ancora era ragazzo era stato visto frequentare spesso la figlia di un nostro fittavolo, qualche mese dopo si seppe che la ragazza era incinta. Redbourne negò sempre la paternità, ma il padre della ragazza giurò che il bambino fosse di mio figlio. La povera ragazza scappò di casa dalla vergogna. Fu ritrovata il giorno dopo in fondo ad un crepaccio. Nel buio non era riuscita a distinguere il sentiero ed era volata giù. Tutto fu messo a tacere ovviamente, mio marito pagò una notevole somma alla famiglia della morta perché si trasferisse e non dicesse nulla di quanto era accaduto. L’anno dopo Redbourne partì militare
Amy iniziò ad agitarsi nella vasca, facendo cadere grosse onde di acqua saponata sul pavimento. “Com’è possibile che siano la stessa persona?
Della diserzione sappiamo poco o niente, tranne che fu ripescato in un bordello dopo aver abbandonato il suo posto di guardia in non so quale porto. Fu ricondotto a bordo in catene, gli furono chieste delle spiegazioni. Era un ufficiale abbastanza stimato, soprattutto dopo essere riuscito a scappare con delle informazioni dalla prigione francese in cui era stato rinchiuso. L’unica spiegazione che diede fu che si era voluto divertire un po’. Fu frustato e congedato con disonore, quest’ultima uscita si aggiungeva alle tante assenze ingiustificate
La ragazza si mise a sedere, prese l’asciugamano arrotolato che aveva sugli occhi e lo scaraventò dall’altra parte della stanza. Appoggiò sconsolata la testa alle ginocchia “Cosa devo credere?
Dopo non ci giunse più nessuna notizia per tre anni. Posso solo immaginare quale scelleratezze abbia compiuto in giro per il mondo. Immagino che non fosse meglio di uno dei più spregevoli pirati. Ho pregato tanto che quando fosse tornato lo avrei rivisto cambiato, maturato, e invece è tornato per distruggere quel poco di dignità che ci è rimasta. Ci porterà alla rovina. La stessa sera in cui è arrivato l’ho visto uscire nel cuore della notte e sellare il cavallo, non è rientrato che all’alba
Amelia uscì dalla vasca e prese l’accappatoio e se lo strinse con forza in vita. Una nuova determinazione era nata in lei.  “Così, Amy, finisce la tua avventura. Nulla è stato rovinato, nonostante la tua sconsideratezza. Questo ti serva di lezione!
Tutto sarebbe tornato come era prima, prima di incontrare quel mascalzone, falso, perfido, libertino …
Un rumore la fece voltare verso la porta-finestre che dava sul suo piccolo balconcino. Si accostò e aprì i vetri ma non vide nessuno. Sul davanzale era stato lasciato un biglietto con sopra una ormai appassita margheritina di campo.

Chiedo perdono per non aver rispettato i nostri patti. Sono sempre stato un pessimo allievo.
Scherzi a parte. Posso immaginare cosa vi abbia detto mia madre. Datemi la possibilità di spiegarmi. Con voi sento la necessità di chiarire tutto. Abbiamo un patto da portare avanti, no?
Presentatevi domani verso le dieci alla fonte, altrimenti vi verrò a prendere di persona.
Buonanotte, Gorgone.

P.S. L’asciugamano è finito dietro il cassettone

Quest’ultima frase era stata scritta in fretta. Amy si fece completamente rossa rendendosi conto che il Duca si era trovato lì fuori e attraverso le tende aperte aveva potuto vedere ogni cosa.
Il giorno dopo avrebbe fatto abbattere quell’albero che si trovava davanti alla sua camera. “Domani, però
Piegò il biglietto, ci mise in mezzo la margherita e lo mise dentro il libro che aveva sul comodino, il suo libro di viaggi.
Chiuse le tende e si mise a letto. Un sonno senza sogni l’avvolse e la lasciò solo il mattino dopo.







- Elfa Sognatrice: Sono davvero lusingata che la mia storia venga prima della pasta ;) Comunque, sto cercando di dare più spessore possibile ai personaggi e di dare ad ognuno una sfumatura propria. Aspetto con ansia altri commenti, ma non a scapito della cena.

- Niacara07: Direi che i danni sono arrivati. Per quanto riguarda gli ospiti che arriveranno dovrai aspettare ancora un po’, ma ti posso dire già adesso che, forse, sarà qualcosa di inaspettato (io incrocio le dita perché sia così, un po’ di suspense ci deve essere)

- Laban: Ti ringrazio del commento. Anche a me piace molto Amy, fammi sapere cosa ne pensi di lei in questo capitolo.

Un saluto ai miei lettori silenziosi e arrivederci alla prossima puntata, sempre su questi schermi!

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Scusate, scusate. Ho fatto il prima possibile ma il tempo è veramente poco. Spero che la qualità non ne abbia risentito. Fatemi sapere.



Capitolo 7

Logan guardava sua madre che scendeva la scalinata d’entrata come una regina. Era fermo accanto alla carrozza, con le mani posate sui fianchi snelli stretti nel panciotto nero che non faceva neanche una piega. I raggi tenui del primo mattino lo investivano e la leggera brezza primaverile gli scompigliava le corte ciocche dei capelli. Fronte aggrottata, mascella contratta, le vene del collo scoperto che pulsavano, non era certo lo spettacolo più rassicurante che si potesse desiderare.
“Siete decisa ad andare fino in fondo, dunque!”
La madre gli lanciò appena un’occhiata veloce, mentre si infilava i guanti di capretto “Certo, Redbourne. Io mantengo sempre le promesse che faccio! Dovresti imparare a farlo anche tu”.
“E voi madre dovreste scongelarvi un poco. La rondine è già arrivata, l’inverno è ormai finito!”
“E anche l’infanzia per te. Da un bel pezzo!”
Il valletto le porse la mano per aiutarla a salire in carrozza e richiuse lo sportello dietro di lei. Una volta accomodatasi sui cuscini di velluto rosso, si rivolse ancora una volta a suo figlio: “Redbourne, voglio che tu sappia, che quando ti deciderai ad assumerti le tue responsabilità, quando deciderai di maturare, di non giocare più, io sarò disposta ad accettare le tue scuse”
Logan strinse di più i denti sbiancando visibilmente: “Non ho nulla da farmi perdonare”
“Addio, Redbourne”
La carrozza si avviò sul sentiero di ghiaia, lasciandolo accanto al maggiordomo con i pugni serrati e un sorriso duro sulle labbra “Vecchia megera, fino a che punto arriva la tua forza? Fin dove sei capace di spingerti per ottenere quello che vuoi? Devo cambiare, strisciare, omologarmi, diventare un automa, solo per avere l’affetto che mi è dovuto da una madre? Può andarsi a farsi fottere!”
“Come dite, Vostra Grazia?”
“Dico che, forse, mia madre doveva ben guardarsi da farsi sbattere da mio padre la notte in cui mi concepirono. Avrebbe risparmiato tante fatiche a tutti noi.”
Voltandosi iniziò a salire gli scalini, ma arrivato a metà della scalinata si fermò e chiese a James che ore fossero.
“Le nove in punto, Vostra Grazia”
Presto, troppo presto.
Oh, al diavolo!
Si voltò e scese in fretta dirigendosi frettolosamente verso le stalle.

Amy sedeva pensierosa alla sua scrivania di mogano nello studio del pian terreno. La stanza le era sempre piaciuta, con le grandi finestre dietro alle spalle e l’atmosfera rilassante che vi dimorava e, in quel momento, aveva un assoluto bisogno di rilassarsi. Quella mattina voleva dedicarla ai conti e alla tenuta, aspettando la visita di sua zia, aspettando che le dieci arrivassero e passassero. Si era riproposta questo appena sveglia o, meglio, se lo era dovuta imporre quando si era accorta di tenere tra le mani il biglietto del Duca. Aveva passato minuti a scrutare la calligrafia ordinata, un po’ stretta, delle prime righe e lo scarabocchio in matita del post scriptum, aveva cercato di carpire più segreti possibile dalla sua grafia.
Adesso era lì con la penna sospesa sul foglio mentre fissava il tempo scorrere lentamente segnato dalle lancette dell’orologio sul caminetto.
Perché non puoi andare un po’ più veloce?
Voleva che il tempo passasse in modo che non ci fossero più dubbi e la sua decisione fosse definitiva. Ma così c’era ancora tempo poteva ancora cambiare idea, uscire, raggiungere la sorgente e ascoltarlo, sapere il perché del suo atteggiamento, se …
Scosse la testa come per liberarsi dai quei pensieri inopportuni. Riportò l’attenzione ancora una volta al foglio che aveva davanti a sé.
Cosa penserà quando non mi vedrà là?
Che finalmente ti deve lasciare in pace! Non pensarci più Amy se non pregare per la sua anima di peccatore
Fece una smorfia, raddrizzando gli occhiali che le erano scivolati giù, fino alla punta del naso. Adesso parlo proprio come mia zia!
“Un penny per i vostri pensieri”.
Fiato caldo e labbra sconosciute le sfiorarono l’orecchio.
Spaventata, balzò in piedi, ma non fece altro che urtare con la testa il mento dell’uomo che gli stava dietro, il quale per riflesso la prese tra le braccia per tenera ferma per evitare che lo ferisse ancora. Tutto questo in una frazione di secondo.
Amy spalancò gli occhi dietro le lenti quando realizzò chi fosse. Negli istanti che seguirono il suo cervello registrò la finestra aperta dalla quale lui si era intrufolato come un ladro e il cavallo che si intravedeva poco più lontano. Purtroppo, il traditore, registrò anche la forza delle braccia che la circondavano, il calore e il profumo virile che lui emanava e il contrasto che la sua gola abbronzata faceva con la camicia candida.   
Perché deve sempre apparire all’improvviso? Perché deve essere così lui? Non potrebbe essere come chiunque altro?
Guardò il viso e gli occhi che la guardavano, come sempre, ironici. “Con gli occhiali e le guance rosse, sembrate proprio una bambina”
Amy ritrovò il suo temperamento. Il suo viso si fece gelido, si tolse gli occhiali e freddamente gli ordinò di lasciarla andare.
Come osa questo zoticone avvicinarsi ancora a me!
Lui la lasciò andare alzando le mani come per difendersi “Invece, adesso siete tornata la solita Gorgone!” passò dall’altro lato della scrivanie e si accomodò in una delle due poltrone di pelle.
Amelia appoggiò entrambe le mani alla scrivania. Ne aveva bisogno per sostenersi. Quell’uomo la spossava. Un momento la faceva spaventare, quello dopo la irritava e poco prima, quando le aveva sussurrato nell’orecchio, aveva sentito dei piccoli brividi scendere giù per la schiena, ma non per la paura, era qualcosa d’altro, qualcosa di diverso e nuovo.
“Cosa volete?”
Lui fece spallucce “Ho solo anticipato di un poco il nostro appuntamento”
“Non avevo intenzione di venire e avevo detto ai domestici di non disturbarmi. Se volete andarvene, usate quello che preferite, la porta o la finestra”
Lui restò tranquillamente seduto e il tono della voce, pur essendo calmo, aveva un che di minaccioso: “Sapete, la vostra ipocrisia è superata sola della vostra testardaggine. Voi siete l’esempio lampante che dell’opinione di chi ci sta intorno non ci si deve fidare. Ma a voi non importa, voi siete pronta a condannare innocenti in modo tale che si svii l’attenzione da voi e nessuno si accorga mai che c’è qualcosa di più sotto la scialba, insignificante e pedante zitella che pensano voi siate!- la guardò dritto negli occhi- Io vi ho sempre trattato con il massimo rispetto, più di quello che vi mostrano le persone che vi stanno accanto da una vita! Pensavo che si potesse diventare amici ma voi non mi date neanche il beneficio del dubbio”
Amy strinse con più forza il bordo della scrivania per impedire che le sue mani tremassero. In fondo al suo animo la vocina, che le aveva sussurrato per tutta la mattina che stava facendo la cosa sbagliata, in quel momento iniziò a farsi più forte.
Ha ragione. Ti ha mostrato più amicizia di quanto nessuno mai. Ti ha trattata da pari e senza doppi fini, e tu come lo ripaghi? Prendendo come oro colato le parole di una vecchia bigotta. Forse …
L’orgoglio e il buon senso presero la ragione: “Pensate, forse, che vostra madre si diverta a raccontare cose orribili su suo figlio? Voi non avete visto con che dolore mi ha riferito tutte le vostre nefandezze! Avete forse delle spiegazioni logiche per il tradimento, la diserzione, la seduzione, dopo che queste sono state avvallate da prove? Volete forse dirmi che è stato tutto un raggiro?”
Ti prego!
Il silenzio calò nello studio. Fuori dalla stanza era come se il mondo si fosse fermato. Non si sentivano più l’andirivieni dei domestici per la casa, non si sentiva più il cinguettio degli uccelli fuori dalla finestra, persino il vento aveva scelto quel momento per calmarsi e lasciare immobili le fronde degli alberi.
Per lunghi, tormentosi istanti lui non fece altro che guardarla negli occhi, non consentendole neanche i distogliere lo sguardo. Amelia avrebbe dato qualsiasi cosa perché dicesse qualcosa, si ribellasse, si difendesse o si alzasse indignato, per poi sbattere la porta dietro di lui per non volerla mai più rivedere. No, lui stava lì fermo a fissarla con due occhi che sembravano diventati due lame che le laceravano le poche speranze che aveva avuto.
Non poté più resistere: “Allora? Non dite niente?” la voce aveva un tono deciso che lei certo non avrebbe mai pensato di riuscire a far venire fuori.
Lui sorrise: “Quello che vi ha detto mia madre è tutto vero, ovviamente”
Amy sentì le ginocchia cedere e si dovette accasciare sulla poltrona che aveva dietro di sé.
“I fatti però, Miss Flanigan, posso avere molte sfumature che non sempre sono note ai detrattori”
Il tono noncurante con cui pronunciò quelle parole fece infuriare definitivamente Amy. Come poteva rispondere con tanta sufficienza ad accusa tanto abominevoli? Non doveva almeno difendersi? Infuriarsi per la menzogna? Convincerla della sua buona condotta anche se falsa? Solo in quel caso lei poteva ergersi a giudice mostrando tutte le prove delle sue false parole. Così le toglieva tutte le armi che aveva contro di lui.
Si alzò e a passo di marcia gli si piantò di fronte con le mani sui fianchi. “Sfumature?! Quale può essere la sfumatura per aver abbandonato il proprio posto di guardia per andare a fare baldoria in un bordello e quale per aver raggirato una ragazza innocente?!”
Lui si alzò con calma.
Se il momento prima Amelia era riuscita ad avere una posizione di precario vantaggio, potendolo guardare dall’alto in basso, in quel momento, ovviamente, la situazione si era ribaltata. La ragazza, che presa dalla furia non aveva pensato alle conseguenze dei suoi atti, adesso sentiva tutto il peso della sua vicinanza. Non era minaccioso, per il momento, ma come prima Amelia percepiva la sua presenza fisicamente procurandole una confusione che non sapeva e non era in grado di gestire.
Percependo il disagio della ragazza, Logan iniziò ad avanzare fino a bloccarla contro l’orlo della scrivania. Poggiò le mani sul bordo ai suoi lati imprigionandola in una gabbia formata dalle sue braccia muscolose. Quando parlò lo fece piegandosi un poco su di lei, il rossore che le invase le guance lo ripagò della tensione che gli faceva provare: “Non tutte le giovani che proclamano di essere innocenti lo sono. Vi posso garantire che io non fui né il suo primo amante né l’ultimo e che il bambino che portava in grembo, se mai ne era mai esistito uno, non era certo mio. Semplicemente io ero un partito più vantaggioso del fattore o del pastore o di chiunque altro per il quale avesse aperto le gambe- le passò una mano sulla fronte aggrottata, come per cancellare la sua preoccupazione, il biasimo- naturalmente la sua morte è stata una tragedia, ma non la si può imputare a me” Voleva che gli credesse, almeno lei doveva credergli o avere fiducia in lui.
Amelia gli afferrò il polso per impedirgli ancora di toccarla e di farle scendere ancora più giù quei brividi che ancora stentavano ad abbandonarla da quando lui era entrato nel suo rifugio. Lo strinse forte e lo guardò negli occhi con un coraggio che non provava. “La vostra parola contro quella di una morta. Comodo non credete?”
“Ne siete sicura?” la frase fu accompagnata da un piccolo sorriso e un sopracciglio sollevato.
Ad Amelia non restò altro da fare che cedere, al di là di ogni ragionamento logico. Strinse più forse il polso fino a farsi sbiancare le nocche. “E la diserzione?”
Il sorriso si fece triste “Su questo vi devo chiedere di avere fiducia in me. Ho fatto e faccio tante cose definite anticonvenzionali, sbagliate e immorali, ma mai ho fatto qualcosa che potesse mettere a repentaglio altri se non me stesso”
Amelia chiuse gli occhi.
Come era possibile? Una frase, neanche una spiegazione, una semplice richiesta di fiducia e lei era pronta a credergli.
Una pazza che si stava facendo abbindolare come una bambina, ecco cos’era. Non avrebbe fatto una bella fine.
Ma il patto era, ormai, stretto e come poche sere prima a lei non restò altro da fare che adeguarsi e accettarlo. Non c’era più modo per tornare indietro.
Aprì gli occhi e li fissò sul polso che ancora teneva ben stretto tra le dita. Notò poco al di sotto del polsino il tatuaggio che aveva scorto il primo giorno che si erano incontrati. No, non era un semplice tatuaggio. Marchiata a fuoco sulla pelle aveva una N maiuscola incorniciata da alloro, monogramma di Napoleone. Perché gli era stato impresso per la vita, in modo così brutale, il simbolo infamante del nemico? Poteva aggiungersi anche il tradimento della patria alla sua lista?
La sua mente si affollò di dubbi anche peggiori dei precedenti.
Logan si accorse dell’oggetto della sua attenzione e, come un mago, comprese la direzione dei suoi pensieri. Ancora una volta non disse nulla, né fece nulla. Aspettò la sua reazione in una muta sfida.
Fiducia, le aveva chiesto questo.
Così si gioca il tuo futuro, stai puntando tutto su una carta assolutamente inaffidabile.
Amelia coprì con l’altra mano il marchio. La decisione era presa.
Un secondo, no meno, un millesimo di secondo era durato l’accordo tra di loro, subito stravolto dalle azioni del Duca.
Con gesto assolutamente irrazionale e incomprensibile le prese la nuca e la baciò. Le schiacciò le proprie labbra contro le sue e prima ancora che Amy si accorgesse di quanto le stava accadendo lui si era già scostato e la guardava con la sua peculiare aria ironica e divertita.
Ancora pietrificata con lo sguardo fisso e perso davanti a sé, Amelia sentì Logan che usciva dalla finestra: “Ci rivedremo fra una settimana, Miss Flanigan. Statemi bene!”





- Niacara07: Come puoi vedere il nostro Duca non ha risposto ancora alle accuse. Sarà vero? O no? Ti lascio con questa curiosità. Aspetto il tuo prossimo commento su questo capitolo.

- Elfa Sognatrice: Le tue ipotesi non sono state del tutto sbagliate. Scrivi tutte quelle che ti vengono in mente così mi da anche una mano all’elaborazione.

- RenChan: Grazie per aver commentato la storia, spero che ti ispiri anche questo capitolo un paio di righe.

-Lisa23: Ecco finalmente ho aggiornato. Ultimamente trovo poco tempo anche per respirare tra l’Università e lo studio a casa. Spero ti sia goduta questo capitolo tanto atteso


Grazie per la pazienza e alla prossima!!!!


(vi piace il nuovo carattere?)

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


Ecco fatto, un nuovo capitoletto. Non è prestissimo ma neanche tardissimo. Ho paura che dopo questo capitolo ne avrete da ridire (meglio così me lo dovrete scrivere attraverso una recensione e io potrò sapere un po’ cosa ne pensate). Godetevi il capitolo!!
Ah, scusate per ogni errore di sintassi, di contenuto etc. Se mi li segnalate saranno immediatamente corretti




Capitolo 8

Il brusio aveva riempito la sala accompagnando la sua entrata e non l’aveva più abbandonata neanche quando il sipario si era alzato. La sala era in fermento. Dalla platea si vedevano le teste delle donne muoversi, mentre le piume delle loro acconciature sussultavano, per cercare di individuare il palco del nuovo Duca di Richmond. Dai palchi, decine di binocoli si spostavano verso la sua direzione per mettere a fuoco il viso del famosissimo, riluttante, nobile. Logan sopportava quegli sguardi indagatori con pazienza, dopotutto era andato a teatro proprio con quell’intento. La sera dopo del suo arrivo a Londra aveva indossato il suo vestito da sera nero e si era diretto nella carrozza con lo stemma ducale a uno dei più frequentati raduni dell’alta società e il giorno dopo sarebbe entrato al White’s . Era dovuto, gli era necessario per i suoi piani futuri, per quanto lo detestasse.
Offriva ai curiosi il suo profilo deciso e mostrava assoluto interesse per quella tragedia assolutamente inverosimile e patetica.
Chiacchere e pettegolezzi si diffondevano per la sala partendo dai nobili ed arrivando al popolo attraverso i domestici e poi compivano il viaggio inverso. Tutti volevano vederlo e lui si sarebbe fatto vedere da tutti.
Riuscì ad isolarsi pensando alla seconda meta della sua serata, quella sarebbe stata certamente più piacevole anche se molto più faticosa. Stava camminando sul filo del rasoio ma questa era l’unica cosa che lo aveva fatto uscire un poco dall’intorpidimento che lo aveva preso da quando era a terra. Questo e una Valchiria che era sua vicina e, tra le due, non sapeva certo quale fosse la più pericolosa, soprattutto da quando gli era venuto il vezzo di baciarla.
Bhè, non vorrai definirlo bacio quello!?
Più che altro era un modo di ringraziare, fra amici.
Balle!
Gli applausi posero finalmente fine alla rappresentazione.
Uscì nel corridoio. La tortura aveva avuto fine e adesso lo aspettava la parte più bella della nottata, entrava in campo il suo vero io.
Era all’entrata e si stava infilando l’alto cilindro prima di uscire e raggiungere la carrozza, quando si sentì dei colpetti sulla spalla.
“Duca, non si salutano i vecchi amici?”
La voce sonora e dal fondo sensuale lo fece voltare immediatamente. Era come un lontano ricordo e nello stesso tempo una conoscenza recente. Appena la vide capì il motivo di queste sensazioni.
Davanti a lui c’era una donna meravigliosa fasciata in uno splendido abito dorato dalla vita alta e dalla scollatura generosa. Sull’incarnato perfettamente candido risaltavano le labbra naturalmente rosse e il piccolo neo sulla guancia. I capelli biondissimi erano acconciati con arte tale da sottolinearle il collo sottile, ma erano gli occhi quelli che Logan cercò subito. Erano quelli che lo avevano affascinato ben dodici anni addietro e che aveva visto pochi giorni prima passare dalla freddezza al divertimento, furia e, quando l’aveva lasciati, confusione imbarazzata. Ecco, l’unica cosa che avevano in comune madre e figlia degli occhi non splendidi per colore ma in grado di esprimere una vasta gamma di emozioni e suscitarne ancora di più.
Chinò leggermente la testa. “Non mi permetterei mai, Contessa- le prese la mano e se la portò alle labbra- Siete affascinante come sempre. Il tempo per voi non passa mai. Ditemi quale filtro usate”
Ed era vero. Logan si chiese come facesse quella donna a sembrare sempre così giovane, bella, seducente anche alle soglie dei quaranta. La maggior parte delle donne alla sua età sfiorivano rapidamente e cercavano di nascondere i segni del tempo con trucco pesante, vestiti poco adatti per la loro età per colore o taglio, cosa che le faceva sembrare ancora più vecchie e patetiche. Victoria, invece, non cercava in nulla di sembrare una debuttante, tutt’altro. Metteva in mostra la sua persona con abiti dai colori decisi, facendo trapelare un’adulta sensualità che intrigava gli uomini e una sicurezza di sé che metteva in ginocchio chiunque le si fosse avvicinato.
“Oh, Duca. Siete sempre affascinante come quando eravate ragazzo”
“Ma adesso non lo sono più e una volta credo mi chiamavate Logan, insieme a qualche altro nomignolo abbastanza gradevole, credo” il sorriso era ammaliante, stava evidentemente giocando con una persona che conosceva perfettamente il gioco.
“Magari si potrebbe anche ripetere l’esperienza. Mi sembra che nessuno dei due era rimasto deluso”
Logan si mise a ridere. Era rinvigorente parlare con una donna brillante come lei.
Un uomo si avvicinò a Victoria, evidentemente era il suo cavaliere. Le stava portando il mantello. La donna gli fece un dolcissimo sorriso, il sorriso di una donna innamorata.
Ecco qual’è la differenza dall’essere guardato da una donna che semplicemente civetta con te,  da una che ti guarda con amore. Deve farti sentire il centro di un mondo e allo stesso tempo gravato di responsabilità che vanno ben oltre le tue possibilità. Amelia avrà ben presto un altro patrigno.
“Sir Grant, questo è il nuovo Duca di Richmond. Vostra Grazia, questo è Sir Grant, il capo della nostra polizia e giudice di Bow Street” I due uomini si strinsero la mano. Era un tipo simpatico con il sorriso sempre sulle labbra anche se non poteva aver attratto Victoria con il suo fisico. Era decisamente alto, ma allampanato e il viso era piuttosto insignificante. Tutto sommato facevano, comunque, una bella coppia.
“Il Duca è una vecchia conoscenza, sapete la tenuta dove è nato è proprio accanto a quella del defunto Conte di T***. Siete stato lì? Avete visto mia figlia? Come sta quella cara ragazza?”
“Perfettamente bene quando l’ho vista l’ultima volta. Forse, leggermente alterata.- fece una pausa nella quale il suo sorriso si allargò- Sapete, in fondo vi assomiglia”
Victoria si stupì di quella affermazione. I pochi suoi amici che conoscevano la figlia non faceva altro che sottolineare le loro differenze. Ma lei sapeva che Amy aveva dentro il suo carattere impetuoso, anche se nessuno se ne accorgeva. Poteva non essere una madre modello, ma Amelia era la sua unica creatura e nessuno la riusciva a capire come lei. Quando era piccola era esattamente uguale, ma avevano vissuto l’adolescenza in maniera differente. Il matrimonio forzato aveva spinto la madre a far uscire la sua passionalità come una specie di difesa e riscatto, la figlia, nella sua vita nella bambagia, aveva richiuso in sé stessa tutto per cercare di adattarsi senza subire rimproveri. Adesso un estraneo che aveva passato sì e no una settimana insieme a sua figlia, aveva capito questo tratto di lei.
“Siete un buon osservatore, Milord”
La risposta li stupì: “È il mio lavoro”
Sir Grant sentendo che il silenzio rischiava di protrarsi innaturalmente, chiese: “Vi è piaciuta la rappresentazione?”
“Non particolarmente”
Victoria strinse il braccio che Sir Grant le porgeva: “Ma come, Duca! Romeo e Giulietta è un classico, il trionfo dell’amore sulla cattiveria, sui pregiudizi e la morte”
Logan spostò di lato la testa, era pronto a dare uno dei suoi giudizi impopolari: “Io credo piuttosto che sia il trionfo dell’imbecillità. Due giovani che muoiono perché un frate è in ritardo, voi lo chiamate trionfo dell’amore sulla morte? Io piuttosto lo definirei il trionfo della sfortuna e dell’incuria. Un uomo che si uccide perché vede la sua donna addormentata pensando che sia morta dopo che si erano messi d’accordo sul piano, è stupido. Per non parlare del duello tra due giovani nobili per una donna, questo è addirittura incosciente e poco virile. Ci sono talmente tante donne nel mondo, non c’è assolutamente bisogno di  fronteggiare uno sbarbatello per una stupidina com’era Giulietta che oltretutto non lo voleva neanche. E il retroscena delle famiglie in lotta? Patetico e inutile”
Sir Grant rideva sotto i baffi e a Victoria si erano illuminati gli occhi di un sorriso non espresso. Erano tutti e tre concordi, ma il Romanticismo era talmente in auge che esprimere tali opinioni avrebbe causato come minimo la radiazione dai salotti di intellettuali.
“Non siete un uomo romantico, Milord?”
“Sono un uomo reale. Tutto questo può accadere solo nei libri o nelle tragedie, la vita è ben diversa. Le cose succedono molto più naturalmente se devono accadere, altrimenti non accadono”
Victoria riprese a far andare su e giù il ventaglio “Volete dire che non combattereste per avere la donna che amate?”
“No, Milady. Non ne vedo la ragione. Se questa mi amasse non sarebbe necessario e se così non fosse vuol dire che non ne varrebbe la pena- fece un inchino ad entrambi- Se volete scusarmi ho un impegno che mi chiama altrove. È stato un piacere rivedervi”
“Venite domani all’ora del tè, ci sarà Sir Grant e molti altre persone a cui farebbe piacere sentire le vostre stravaganti opinioni. Vorrei presentarvi”
“Ho paura che devo rinunciare, Milady. Domani devo fare molte cose e poi ritornerò in campagna, ho degli ospiti che sono in arrivo. Arrivederci”
Si infilò il cappello e uscì.

Adagiato tra i cuscini di seta della carrozza ripensò a quanto ancora lo aspettava. Era necessario non ne poteva fare a meno. Ma presto sarebbero arrivate le sue ospiti e sarebbe stato tutto diverso. Il viso si addolcì e nacque un meraviglio sorriso, così raro per un uomo così duro, mentre accavallava le gambe sul sedile davanti. Loro erano la sua gioia, erano la sua vita, praticamente ogni momento felice era collegato a loro, anche se ultimamente aveva avuto dei momenti piacevoli anche con quella piccola vespa della sua vicina. Lei era in grado di fornirgli un altro tipo di svago, quello di una mente intelligente e pronta. Già immaginava la sua faccia quando le avrebbe viste, vestite dei loro abiti sgargianti e i visi perfetti, cosa avrebbe letto nel suo viso?
Non vedo l’ora che arrivi quel momento! Magari riuscirò a convincerla ad unirsi a noi tre per qualche serata.
La carrozza si fermò e Logan scese.
La strada non era affollata, ma si vedevano figure eleganti e mascherate che entravano dal portone dal quale uscivano risate e musica. Era davanti all’ingresso del più famoso e ricercato bordello di tutta Londra.
Lasciò all’ingresso mantello e guati alla cameriera e fu condotto nel salotto. Qui fu investito da una nuvola di seta rossa impregnata di spezie esotiche che solleticavano e eccitavano i sensi. Tutto era raffinatamente erotico a partire dall’atmosfera soffusa e avvolgente. Sui divani, i rappresentanti del demi-monde amoreggiavano con le donne più ricercate della città. In un angolo suonava una piccola orchestra
Logan li guardò spassionato. Lui non giudicava mai.
Si fece avanti la padrona della casa. Era una bella francese sui cinquant’anni che dopo aver lei stessa praticato la professione più vecchia del mondo, aveva poi aperto la Maison de Rosselle
Monsieur che bello rivedorvi”
“Grazie Madame Rosselle. Spero che vada tutto bene”
“Ma sûrement, questo anche grozie a voi. Ho riscevuto il vostro biglietto e ho avvisato Louise, si è tenuta libera pour vous
Merci, Madame
“Solita stonsa, Monsieur
Lui si avviò su per le scale, man mano che saliva il brusio e la musica diminuiva. Le stanze superiori erano state progettate per attutire qualsiasi rumore e anche provviste di uscite segrete per garantire agli ospiti più illustri una certa riservatezza.
Arrivato in fondo al corridoio, girò la maniglia ed entrò. Fu accolto dal ben conosciuto profumo di gelsomino. La camera era come al solito arredata lussuosamente, provvista di ogni genere di confort.
Su una poltrona davanti a lui era seduta Luise. Aveva le gambe nude accavallate e la striminzita vestaglia semitrasparente metteva piuttosto in mostra invece di nascondere. Di fianco a lei, su un tavolino, era sistemata una caraffa di vino, che Logan sapeva essere di Xeres, il suo preferito.
“È da molto che non mi vieni a trovare, Logan”
Lui chiuse dietro di sé la porta. “Ho avuto molto da fare, Luoise”
Lei si alzò e iniziò a versare il vino nei due calici, incurante che la candela dietro di lei mostrasse tutto il suo corpo al suo ospite.
“Certo, adesso sei un Duca, dovrò trattarti con i guanti. Devo anche chiamarti Vostra Grazia?- gli porse un bicchiere- Com’è la vita di campagna?”
Lui iniziò a sbottonarsi la giacca e i polsini della camicia, dopo sorseggiò il vino: “Barbosa, come sempre. Tu devi saperne qualcosa”
Una risatina cristallina accompagnò le parole di lei “Fin troppo, mio caro. Fin troppo. Allora penso che questa sera dovrò tirarti su di morale. Mo dovrò mettere di impegno”
“Cos’hai per me questa sera?”
“Una vera squisitezza, te lo garantisco. Una novità che ti farà impazzire”






Ringraziamenti

-Lel: Eccoti qualcosa di interessante. Scervellati quanto vuoi!

-Elfa Sognatrice: Per la definitiva scelta di Amelia penso che dovrai aspettare ancora un po’, almeno all’arrivo delle ospiti … Per il capitolo precedente, invece, lei coprendogli la cicatrice, lei ha deciso di fidarsi di lei. Questa era l’intenzione. Dimmi un po’ come ti pare Logan in questo capitolo!

- Vasq: Adoro avere nuovi lettori e commentatori. Corto Maltese non so bene che carattere abbia, non ho mai letto niente di lui, esteticamente può essergli molto simile. Magari mi leggerò qualcosa …

- Un ringraziamento anche per chi ha inserito la storia tra i preferiti, seguiti o ricordati e a chiunque la legga o la leggerà




P.S. Per le parole francesi mi sono affidata completamente al traduttore, purtroppo non la conosco. Perciò scarico qualsiasi responsabilità di errore (molto comodo ;)! )



Arrivederci

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Capitolo 10
*** Capitolo IX ***


Scusatemi. Ho dovuto preparare un esame che mi ha portato via un sacco di tempo.

Godetevi il capitolo e fatemi sapere cosa ne pensate!!!
(Spero che non sia troppo melenso....incrocio le dita)




Capitolo 9

“È tutto pronto, Wilson?” Amy era in fondo alla scala di ingresso con accanto a sé tutta la servitù. Pochi minuti prima le era stato dato l’annuncio che il fratello di sua madre e la sua famiglia avevano attraversato i cancelli del parco.
“Sì, Miss. Le camere sono state preparate, la cuoca si è messa al lavoro e ha già sfornato la prima teglia di dolci”
“Bene, bene”  
Erano stati tre giorni agitati ed intensi. La mattina dopo di quello che ormai Amelia chiamava “incidente” zia Elizabeth era partita facendole una miriade di benedizioni, inframmezzate da raccomandazioni. Fu con sollievo che la ragazza la vide partire, non aveva certo bisogno di una persona che ogni momento le chiedesse il perché della sua momentanea distrazione.
Non che avesse avuto la mente sempre assente. Con la casa da preparare per l’arrivo di due persone adulte accompagnate dai loro quattro turbolenti bambini, c‘era poco da divagare.
Ma la sera quando era sola con sé stessa, non poteva fare a meno di ripensare a quella mattina.
Stare immobile a fissare il soffitto per ore era naturale quanto inevitabile.
Non si chiedeva i motivi di un tale gesto improvviso, Amy aveva capito che quell’uomo impulsivo lo aveva fatto semplicemente per istinto, una specie di gratifica per avergli creduto, per aver accettato semplicemente la sua amicizia.
No, questo non lo metteva in discussione. Più che altro, ciò che la turbava erano stati i suoi sentimenti. Dalla stizza immediata per l’invasione del suo spazio, era passata a un leggero turbamento che le provocava un lieve rossore ogni volta che ci ripensava. Aveva ricevuto il suo primo bacio, il suo primo contatto con una persona appartenente al sesso opposto e, precisazione che seguiva immediatamente, con un uomo che era capace di comprenderla e stuzzicarla.
Devi stare attenta, Amy. Questo genere di cose, nei romanzi, portano sempre  all’innamoramento dell’eroine per il cavaliere!
Allora, sono tranquilla. Non si può certo definire il Duca un cavaliere servente!
Ma nonostante tutte le sue precauzioni c’era qualcosa di diverso in lei; nessun romanzesco languore, nessun epico senso di smarrimento, ma una semplice scintilla in più, un’improvvisa attesa per il giorno seguente che non le era mai stata propria.
Naturalmente, lettore, questo io lo dico a te, ma la nostra protagonista non si accorgeva di tutto ciò.
Continuava con la sua vita normalmente e, come ho detto, solo la sera si abbandonava un po’ di più alla sua natura, permettendosi anche di sognare.

Finalmente videro le due carrozze svoltare l’angolo. Amy sollevò una mano per schermare gli occhi dai raggi del sole e agitò l’altra in segno di saluto. Fermatesi davanti a lei, le due vetture fecero uscire la numerosa famiglia Stevenson.
Dalla prima scesero il Colonnello a riposo Paul Stevenson, fratello di Victoria, e Charlotte, sua moglie.
Questi formavano una ben stramba coppia. Lui, pur assomigliando moltissimo a sua sorella non ne aveva il carattere esuberante, era, in realtà, posato, riflessivo e poco espansivo. Un uomo molto attraete, alto, biondo e, nonostante i suoi quasi cinquant’anni suonati, ancora in perfetta forma. Apparentemente distaccato, metteva a disagio con la sua apparente indifferenza chiunque non conoscesse il suo carattere. Sua moglie, invece, era una donna vitale, imprevedibile e con una parlantina assai sciolta. Una perfetta compagna per suo marito. Piuttosto alta e slanciata, aveva un corpo flessuoso, non formoso, ma ben fatto. I capelli castani erano tagliati corti, con una sbarazzina frangetta. Aveva raggiunto la soglia dei quarant‘anni, ma la si sarebbe potuta scambiare per un giovanotto, nel giusto abbigliamento, cosa che era realmente accaduta e materia di più di un aneddoto famigliare.
Dalla seconda i quattro ragazzi Stevenson scesero come un uragano. Erano tutti e quattro maschi, il più grande, Frederick aveva sui tredici anni, il secondo, Richard lo seguiva di un anno appena, gli ultimi due, Philip e Charles avevano rispettivamente otto e quattro anni. Con un urlo di guerra strapparono Amy dalle braccia della madre. I loro genitori si preoccuparono di salutare i membri della servitù.
“Amy, mi stanno crescendo i baffi!” “Sono solo due peletti finissimi. Amy, ho fatto a pugni con Fred e gliele ho suonate!” “Non è vero!” “Amy, papà mi ha regalato un pony!” “ Sì, ma ha detto che lo devi dividere con me. Amy, sono riuscito ad acchiappare una rana!” “Era più un girino che una rana!”
La ragazza li abbracciò tutti. Adorava avere intorno a sé i suoi rumorosi cugini. In fondo al suo animo invidiava quella massa turbolenta che poteva crescere spensierata a contatto con i propri fratelli.
“Coraggio, entriamo dentro. La signora Geaz ha già preparato i vostri dolci preferiti e stanno aspettando solo voi!”
La masnada si precipitò in casa, spintonandosi e facendo a gara, incurante di chi avessero di fianco se il fratello maggiore o quello minore, tutti si difendevano egregiamente, anche il più piccolo non lesinò gomitate. Il padre li seguì zoppicando per evitare che facessero troppi danni.
Alla fine, grazie al pavimento cerato che fece volare Fred e Richard oltre lo specchio della porta, in una curva troppo stretta, il vincitore fu Philip seguito da Charles.
Charlotte e Amy li seguirono più lentamente. “Sono ancora più rumorosi dell’ultima volta”
“Che ci vuoi fare, mia cara. Sono quattro maschi e con il loro padre e Simon fanno sei. Meno male che ci sei tu che mi risollevi il morale. Io cerco di instillare loro un minimo di compostezza, ma è quasi impossibile. Per quanto siano turbolenti, comunque, Simon mi manca da quando è andato a scuola e, soprattutto, adesso che è all‘estero. Presto verrà anche il turno di Fred e Dick. Stanno tutti crescendo, mi sembra solo ieri quando Simon è nato e, adesso, se ne va a zonzo per il mondo” si riavviò i corti capelli.
“Simon mi ha inviato una lettera dall’Italia, insieme a un graziosissimo scialle”
“Simon e gli altri ti sono molto affezionati, sei come una sorella per loro. Ma adesso affrettiamoci, non vorrei che Paul dovesse sfoderare il suo famoso cipiglio. È incredibile, io devo rimproverarli più volte per far fare loro qualcosa a lui basta che alzi il sopracciglio e ottiene attenzione da tutti e cinque, solo ultimamente Simon riesce a tenergli testa, più o meno.” Sorridendo tra loro con uno sguardo complice le due donne entrarono.

Quello stesso pomeriggio si diressero tutti quanti al laghetto artificiale. Paul e i ragazzi si misero a pescare, mentre le due donne si inoltrarono per il sentiero tranquillo.
“Allora, cosa mi racconti? Come va tua madre, non siamo riusciti a passare da Londra e non l’abbiamo vista. Tuo zio comunque sembra molto più tranquillo nei suoi confronti ultimamente. Non che si agiti, ma non mi piace per niente quando si aggira per casa con quel suo cipiglio. Oltretutto, quando è nervoso zoppica di più, cosa che lo infastidisce ancora di più. Mi ricorda i tempi di quando ci siamo conosciuti.”
Amy sollevò il viso verso il sole che filtrava tra i rami degli alberi che delimitavano il sentiero: “Sì, le sue ultime lettere mostrano una serenità che non le ho mai sentito. Sembra molto legata a un certo Sir Grant. Scrive che quando ritornerà spera che sia solo per prepararsi per un suo nuovo matrimonio”
Charlotte guardò la nipote. Sapeva cosa significasse quella tenuta per lei, era la sua casa e la sua unica responsabilità, con il nuovo matrimonio di sua madre l’avrebbe perduta e sarebbe nuovamente dipesa da qualcun altro: “Cosa ne pensi tu, cara?”
Amy si strinse nelle spalle “Non ho molta scelta. Mi adatterò come sempre, magari non mi farà male cambiare casa per un po’. Non sarebbe giusto impedire alla mamma la sua occasione di felicità. Non è stata una donna molto felice, nonostante tutti la pensino diversamente”
Charlotte si chiese quando lo sarebbe stata anche la nipote. Con loro era quasi sé stessa, ma questo non poteva bastare a una donna di vent’anni. Sperava che la svolta giungesse presto.  
La urtò leggermente in un gesto di complicità “Ho sentito che avete un nuovo vicino- vide la ragazza schiarirsi la voce e arrossire leggermente- e o sentito dire parecchie cose interessanti su di lui”
“Vorrai dire orrende!”
La zia fece un movimento vago con la mano“Dipende dai punti di vista, anche tuo zio non aveva una fama eccellente quando l’ho conosciuto. L’hai mai incontrato?”
Amelia annuì, cercando di capire quando il suo mondo aveva cominciato a farsi così relativo. Neanche una settimana prima tutte le persone che conosceva avevano una chiara visione del mondo.
“E?” la incoraggiò la zia
“È un uomo complicato che deve essere conosciuto a fondo prima di poter dare un giudizio.”
“Spero di poterlo conoscere presto. È sempre bello incontrare gente affascinante ed ho sentito che il Duca di Richmond è un uomo molto virile e interessante”
Amelia si mise a ridere sorpresa: “Zia! Come potete dire questo?”
Lei si strinse nelle spalle “Mio marito è l’amore della mia vita e l’unico uomo a cui io potrei pensare con passione, ma questo non mi impedisce di ammirare belle persone” le strizzò l’occhio.
“Non penso che rimarrete delusa, allora. Si può dire di tutto sul nuovo Duca, tranne che non sia affascinante”
La zia lanciò un’occhiata di soppiatto alla nipote e dopo averla stupidata per qualche secondo, un segreto sorriso mostrò i suoi ragionamenti.

“E così, vostro padre si alzò barcollando sulle stampelle, mi squadrò dall’alto in basso e mi disse: “Togli questi affari dalla mia gamba o te li faccio ingoiare!”
Il Colonnello depose il bicchiere di vino e si concentrò sulla moglie: “Erano davvero quelle le parole, Charley?”
“Sì. Va aggiunta la tua solita occhiata inceneritrice”
“Devo ricordarti che mi avevi riempito la gamba di sanguisughe?” disse lanciandole una giocosa occhiataccia.
“Devo ricordarti che erano l’unico modo per non fartela perdere?” rispose per niente intimidita dallo scambio di sguardi con il marito.
Come al solito a quella frase i suoi figli scoppiarono a ridere. Charlotte era sempre pronta a raccontare ai ragazzi dei primi giorni in cui aveva conosciuto il marito. Era un’avventura rocambolesca che lei non era mai stanca di ricordare.
Erano seduti a tavola per la cena, che era stata animata e piacevole come poche in quegli ultimi tempi. Amelia ascoltava attenta la zia. Le era sempre piaciuta quella storia che dimostrava quanto poco lei avesse visto e vissuto e quanto erano stati fortunati Paul e Charlotte.
Già, non tutti hanno questa fortuna! Tu, forse, potresti non averla mai.
Io non ne ho bisogno! Ben presto mi porteranno via da qui.
Si sentì bussare alla porta ed entrò Wilson con in mano un vassoio d’argento contenente una lettera che porse ad Amy.
“Chi l’ha portata Wilson?”
“È arrivata con un corriere espresso, Colonnello”
Amy riconobbe immediatamente l’ordinata grafia e istintivamente se la mise in tasca aspettando di essere nella sua camera per aprirla. Il gesto non passò inosservato alla zia, che comunque non disse niente se non che era giunta l’ora di ritirasi per la notte.
“Sono molto stanca per il lungo viaggio” Fermò le proteste dei bambini, che comunque stavano già sbadigliando e prese il braccio di marito mentre si dirigevano alla camera che era stata preparata per loro.  

Congedata Jane, Amy incrociò le gambe sul letto, inforcò gli occhiali e si mise a leggere la lettera, o meglio le due righe che il Duca le aveva mandato per corriere espresso:

Buona sera, Gorgone (penso che sia sera quando arriverà questa lettera, se no, poco importa)

Domani mattina, alle otto in punto, vi aspetto al crocevia per una cavalcata.
Ho qualcosa da farvi vedere.

Saluti


La mattina dopo il Colonnello Stevenson si stava radendo davanti alla finestra quando vide un cavallo con sopra un’amazzone attraversare il prato.
“Charley, Amy ti aveva detto qualcosa riguardo una cavalcata mattutina?”
La moglie, che si stava pettinando da sola, come sua abitudine, si alzò in fretta per sbirciare fuori. Amy si stava dirigendo verso il folto del bosco.
“Sai che molte volte vuole farsi una passeggiatina da sola per pensare, non stiamole troppo addosso. Le siamo entrati in casa come un uragano, poveretta, vorrà rimanere un po’ da sola”
“Perché ho come la sensazione che tua stia tramando qualcosa?”
Charlotte evitò la mano che si era allungata per afferrarla
“Io non tramo niente, se tu quello che vede complotti ovunque” ma Paul con la coda dell’occhio vide che la moglie riprendeva in mano la spazzola più compiaciuta di prima.


Amelia, nel frattempo, aveva raggiunto il crocevia.
Non era particolarmente in ansia, più che altro era la curiosità che la riempiva.
Cosa potrà farmi vedere? Un nuovo acquisto? Forse ha comprato un nuovo cavallo.
Oppure stanno arrivando i nuovi macchinari che ha ordinato e vuole mostrarmi come funzionano, dopotutto entrambi amministriamo tenute simili.
Smontò e si sedette ad aspettare su una grande pietra piatta al lato della strada. Non erano ancora passati due minuti che sentì un rumore di zoccoli provenire dalla strada che portava alla tenuta dei Richmond.
Fu un Redbourne molto stanco e con le occhiaie sotto gli occhi quello che le sorrise, togliendosi la pipa dalla bocca, tutto sommato sembrava molto contento.
“Buongiorno, Miss Flanigan. Vi vedo in forma”
Lo guardò smontare a fatica, cercando di non appoggiarsi troppo pesantemente sulla gamba sinistra e tenendosi una mano sul fianco.
Amy si alzò e gli disse, un po’ apprensiva: “Il viaggio è andato male? Sembrate dolorante, Milord”
Logan, assicurò le redini ad uno dei rami e le rispose andandosi a sedere, stendendo davanti a sé la gamba dolorante: “È solo uno strappo, cose che capitano. Comunque non preoccupatevi, non si è ribaltata la carrozza. Fa piacere sapere che c‘è qualcuno che si preoccupa per te” e le lanciò un’occhiata.
Amy si fece rossa e si affrettò a rispondere: “Io…io…non mi preoccupo, volevo solo sapere….a me non interessa…cioè”
Amy, calmati, stai sproloquiando!
Logan si mise a ridere piano. “Sedetevi, qui accanto. Ci vorrà ancora qualche minuto”
La ragazza fece come le era stato detto.
Non parlarono, ma si godettero la reciproca vicinanza e la calma atmosfera che li circondava.
Era bello stare tranquilli, uno accanto all’altra, senza bisogno di fare conversazione. Anche questa era una nuova esperienza che andava ad aggiungersi alle altre. L’assoluta mancanza di imbarazzo nello stare in silenzio con una persona che lei sentiva così in sintonia.
Ma per quanto le stesse paicendo quel momento la curiosità di perché l’avesse mandata a chiamare era troppo forte.
“Milord, vorreste dirmi il perché siamo venuti qui?”
Lui tirò una lunga boccata prima di rispondere: “Volevo presentarvi le mie piccole”
“Piccole?”
“Già, le due persone di cui vi avevo parlato. Le mie due donne”
Amy si alzò di scatto completamente rossa, questa volta per la rabbia.
Come osava! Farla venire in quel posto per farle conoscere le sue amanti.
Sei stata una pazza, Amy!
Vattene, vattene subito, prima che la faccenda si faccia troppo umiliante per te!
“Milord, io non penso che sia il caso che io rimanga. Mi ha fatto piacere sapere che siete tornato a casa sano e salvo. Arrivederci”
Si voltò con dignità e si diresse verso il suo cavallo.
Con una mossa che non ci si poteva aspettare da un uomo con la gamba dolorante, Logan la fermò afferrando per la vita da dietro.
“Aspettate le dovete assolutamente conoscere, vi piaceranno tantissimo- la dovette stringere più forte perché Amy lottava per liberarsi da quell’abbraccio costrittivo- Avevate detto di essere mia amica, perché non volete conoscere le persone a cui tengo di più” il tono adesso era diventato irritato.
“Appunto perché voglio rimanere vostra amica, non voglio conoscere le vostre amanti!”
Lui la fece girare verso di sé, le afferrò i polsi e se la strinse vicino: “Amanti?” una risata irrefrenabile lo scosse tutto “Oh, mia piccola ingenua amica, siete proprio molto divertente, sapete?”
Ma Amy, si era persa un minuto prima, quando lui l’aveva messa a contatto con il suo corpo. La nostra povera protagonista non era riuscita a tenere la mente collegata al presente dopo quel gesto.
“Milord?”
“Sì, Miss Flanigan”
I visi erano molto vicini, ma lui non faceva niente né per allontanarsi né per avvicinarsi di più, anche se nella sua mente risuonava inspiegabilmente: “Coraggio ragazza, coraggio”. Gli occhi si studiavano cercando di capire la prossima mossa dell’altro.
Amelia si scostò e lui le lasciò andare le mani: “Sento una carrozza avvicinarsi”. Abbassò la testa e si voltò di lato cercando di recuperare l’aria che le era mancata.
Logan si voltò come se nulla fosse verso la strada pronunciando un entusiastico: “Era ora!”
Ma per me è ormai troppo tardi ed Amy non sapeva a cosa si riferisse.
La carrozza, quasi sommersa da bauli e pacchi,  si fermò davanti a loro.
La ragazza si tirò un po’ indietro mentre il Duca sorridente come un bambino apriva lo sportello ed infilava dentro la testa.
In un primo momento non si sentì nulla ma, subito dopo, la vettura venne sballottata dai bruschi movimenti degli occupanti interni e dei gridolini estatici riempirono tutto l’abitacolo.
Una nuvola in tumulto di sete di colori sgargianti si precipitò fuori al collo di Redbourne. Amelia non riusciva a distinguere molto di ciò che accadeva, anche perché era rivolta per metà di lato cercando di non mostrarsi curiosa di quei momenti di effusione.
Era così concentrata a studiare un insetto che attraversava la strada polverosa che non si accorse che tutto il frastuono era finito.
“Miss Flanigan?” la chiamò il Duca.
No, non ti girare. Non ti umiliare, saranno donne bellissime, splendide, affascinanti e ogni altra cosa che possono essere due donne che possono aver legato un uomo così come lui.
“Miss Flanigan, vorrei presentarvi …”
Girati, a te non cambia assolutamente niente. Non deve importarti della sua vita privata. Non fare come tua zia Elizabeth!
Si girò e quello che vide la colpì più di ogni altra cosa che avesse visto fino a quel momento.
Logan aveva al collo due splendide creaturine che gli assomigliavano così tanto da rendere inutile le parole che seguirono:
“Miss Flanigan, vi presento le mie bambine”



Ringraziamenti:

- Elfa Sognatrice: Bhè finalmente le invitate sono arrivate! Spero sia stata una sorpresa, ho cercato di non farlo capire fino all'ultimo. Anche gli Stevenson spero siano stati una felice sorpresa e che possano divertare simpatici tanto quanto lo sono a me. Per quanto riguarda l'ultima frase del capitolo precedente, ho paura che si dovrà aspettare ancora un po'. Ti ringrazio come sempre per i tuoi magnifici commenti, continua così.....ciao

-Lel: Povero Logan! Dai questa volta lo è meno.

-Vasq: Sì, direi che ci hai preso. Incrocio le dita perchè non mi cada troppo nel banale. Però devo dire che averlo paragonato a Corto Marltese è un ottimo complimento. Grazie!!!

-Elienne: Alla mia nuova new entry. Purtroppo ho impiegato un sacco di tempo per scrivere il capitolo. Ho cercato di stare attenta agli errori, vediamo se ci sono riuscita ad evitarli. Anche a me piace moltissimo Amy. Continua a farmi sapere la tua opinione!

Ringrazio anche:

-Americas
-Amy5
-grow
-itpanya
-kiravf
-Lel
-Lisa23
-liz89
-neru
-niacara07
-Ombrosa
-vasq
-Elfa Sognatrice
-Elienne
-kiarina95
-Laban
-My Charlie Chaplin Soul
-pieno_pieno
-redarcher
-RenChan
-Ro90
-Ukyu93
- E a tutti quelli che hanno la pazienza di aspettare sempre il prossimo capitolo!

Se volete lasciare un commento più che benvenuti.....alla prossima

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Capitolo 11
*** Capitolo X ***


Ancora una volta in ritardo. Chiedo perdono. L'unica giustificazione che ho è il fatto di avere gli esami e posso solo scrivere tra le piccole pause!!!!!!!!
Cerco di fare del mio meglio
Godetevi il capitolo e lasciatemi un commentino!




Capitolo 10

Due paia di occhi identici a quelli del padre si appuntarono su di lei.
Due piccole gemelle così uguali che per un estraneo sarebbe stato impossibile distinguere l’una dall’altra.
Erano vestite come dei marinai con tanto di fazzoletto sulla testa che andava a coprire i riccioli di un mogano scuro e i calzoni al polpaccio, avevano tratti decisi e regolari, zigomi alti e nasi ben proporzionati con pelle leggermente arrossata dal sole.
Erano davvero incantevoli.
Dopo averle strette forte a sé le posò a terra dando per ciascuna una giocosa pacca sul retro dei calzoni.
“Zaira, Anjuli salutate Miss Flanigan, una mia amica”
Le due gemelline unirono le manine e si piegarono in segno di saluto.
Amelia era rimasta incantata a guardarle fin dal momento che erano apparse alla sua vista, ma proprio in quel momento il suo sguardo era stato catturato da quello del Duca.
Si era eretto per tutta la sua altezza ed aspettava la sua risposta. Era evidente che pur avendole dimostrato fiducia nel presentarle le sue figlie bastarde, provava ancora una sottile diffidenza, molto sottile, ma sufficiente perché attendesse la sua prossima mossa picchiettandosi nervosamente le dita contro la coscia.
Chi potrebbe rifiutare due bambine per il peccato del proprio padre?
Ma la risposta le arrivò subito
La sua stessa madre.
Amy fece una profonda riverenza “È un vero piacere conoscervi Miladies, siate le benvenute nello Yorkshire”
Redbourne reagì con un secco movimento della testa. Un altro ringraziamento.
Dalla carrozza si sentì un altro movimento ed una donna si affacciò dallo sportello. La pelle scura, la lunghissima treccia di capelli candidi che le scendeva per la schiena, il bindi sulla fronte e il coloratissimo sari che l’avvolgeva la designavano come una donna delle Indie Orientali. Logan si affrettò ad allungare una mano per aiutarla ma la donna la evitò e appena posò a terra entrambi i piedi ripeté il gesto di saluto sia verso il Duca che verso Amy.
Logan, dopo aver pronunciato qualche parola incomprensibile, probabilmente nella lingua della donna, ignorò la formalità dell’anziana e la prese per le spalle e l’abbracciò con forza facendole sollevare anche i piedi di qualche centimetro da terra, cosa che gli guadagnò una bella pioggia di quella che Amy pensò fossero imprecazioni. Le bambine scoppiarono a ridere, subito seguite dal loro padre.
Amelia aveva, nel poco tempo in cui erano rimasti insieme, visto molti lati del carattere del Duca. Aveva assistito ai suoi scatti di collera, aveva subito la sua indagine persistente, lo aveva visto stanco e malinconico, ma niente l’aveva preparata a vederlo così completamente felice come quando aveva stretto a sé le sue bambine.
La sua vera famiglia è arrivata
Amy si voltò per allontanarsi da quella scena, si sentiva un’intrusa e non voleva guastare con la sua presenza quel momento così tanto atteso. Era, inspiegabilmente, contenta lei stessa, molto contenta. Quelle bambine avevano reso, agli occhi della ragazza, più umano e meno temibile ed oscuro il loro papà. Infatti come potevano due creaturine così belle e semplici amare tanto un papà che fosse stato crudele con loro?
No, sua madre  non ha compreso appieno il potenziale del figlio
“Miss Flanigan, non potete scappare prima di aver conosciuto questo portento della natura. Questa è Maya, governante delle mie figlie, nonché mia salvatrice” Ripeté la presentazione in indiano per la donna e questa salutò nuovamente Amy in uno stentato inglese e cimentandosi in una riverenza un po’ barcollante.
Amelia non volle dimostrarsi da meno, unì le mani e pronunciò un poco più che decente Namaste, ma rovinò l’effetto quando piegandosi lo scricchiolio del busto si fece sentire.

“Ben tornata a casa, cara, piaciuta la passeggiata?”
Amy aveva avuto giusto due minuti per cambiarsi prima di precipitarsi a fare colazione con i suoi ospiti. Aveva fatto molto tardi.

Aveva accompagnato il Duca e le due bambine fino al bivio che portava alle rispettive case.  Portando per la briglia i due cavalli percorsero tutto il sentiero mentre le bambine correvano avanti esplorando il loro nuovo mondo. La carrozza li aveva preceduti ed ormai aveva già dovuto depositare davanti alla casa l’anziana indiana.
In un primo momento erano rimasti in silenzio, Amelia sbirciava Logan, che aveva  riportato la mano al fianco come se avesse ricominciato a fargli male, mentre sentivano ciacolare Anjuli e Zaira.
Chi sarà la madre? Deve essere davvero una donna eccezionale. Solo una così può aver attratto la sua attenzione tanto da dargli due figlie.
Una risata gioiosa per l’aver intravisto un animale raggiunse le sue orecchie, subito seguita da un avvertimento del padre che impediva loro di uscire fuori dal sentiero.
Deve essere una donna molto fortunata
“Va bene, metto fine alla vostra tortura e vi racconterò tutto” Amelia fu investita da uno dei sorrisi storti che ormai le stavano diventando familiari.
Distogliendo lo sguardo da lui e portandolo sui suoi piedi gli rispose: “Non credo che io abbia il diritto di chiedervi spiegazioni su niente che riguardi voi o la vostra famiglia”
“Esattamente- Scrutò per un attimo il profilo della sua interlocutrice, ma questa proseguì senza dire nulla- Ma io ho deciso così. Punto”
“Milord, io non …”
“Amelia!”
Lei si girò verso di lui con gli occhi sgranati “Milord?”
“Tacete ed ascoltate”
“Sì, Milord” riportò l’attenzione ai suoi piedi.
Zuccone, perché dovrebbe darmi fastidio sentire parlare di una delle tue avventure?!
“Dovete sapere che circa sei anni fa ero primo ufficiale a bordo della HM Celeste. All’epoca eravamo di stanza in India, si poltriva praticamente della mattina alla sera, si era ben lontano dalla vera zona calda e dove si sarebbe potuti essere d’aiuto, ma, si sa, lì ci deve essere sempre una nave a rappresentare la marina inglese e la forza l’impero o agli indigeni potrebbero farsi passare per la testa di riprendersi il proprio paese. Non eravamo altro che una nave di rappresentanza, il capitano era alla stessa stregua di un ambasciatore grasso e flaccido e noi non eravamo altro che cavalieri per le cene e i balli che si svolgevano a bordo. Un duro colpo per un militare che sente che i suoi compagni dall’altra parte del mondo sfidano il loro destino.
Una notte eravamo al largo di Colombo in Ceylon per pattugliare le coste cercando di individuare alcuni pirati che ultimamente avevano preso di mira alcuni villaggi di pescatori. Anche se le avessimo trovate la nostra nave vecchia e appesantita non avrebbe certo potuto competere con quelle veloci imbarcazioni, ma eravamo tutti contenti di un po’ di movimento e mostrarci degni della divisa che portavamo. Perciò quando ne avvistammo una la seguimmo a fatica e quando si cacciò in un’insenatura ci precipitammo dietro di lei senza neanche pensare alle conseguenze.
Penso che abbiate già indovinato da sola cosa sia accaduto. Naturalmente ci avevano portato in una trappola. Appena doppiamo un piccolo promontorio, ci trovammo davanti ad una piccola flottiglia- un sorriso fugace passò sul volto- ci diedero una batosta colossale. Riuscirono per miracolo a far virare la Celeste, grande e grossa com’era. Peccato che qualcuno fosse rimasto sul campo, o meglio in acqua”
“Eravate caduto in acqua? Ma non vi hanno recuperato?”
Lui si sporse verso di lei con fare cospiratorio “E perdere l’occasione di salvare la pelle e allo stesso tempo liberarsi dell’ingombrante secondo? Mai! A sua discolpa potremmo anche dire che nel panico che l’aveva preso, forse, e guardate bene dico forse, non si era neanche accorto che io fossi finito in acqua.
Anjuli ti ho detto di rimanere sul sentiero.
E poi non ero da solo, con me c‘erano altri cinque marinai”
Inciampò ed imprecò sotto voce massaggiando la gamba dolorante
Cosa diavolo avrà fatto quest’uomo?!
Lui vedendola che guardava la sua gamba con la fronte aggrottata colse l’occasione di punzecchiarla “Oh, non vi preoccupate. Sono stato sbalzato semplicemente con troppa forza dal letto”
Come prevedibile Amy arrossì fino alla punta delle orecchie. Lui scoppiò a ridere e l’attirò a se mettendole un braccio sulle spalle “Siete troppo divertente e anche molto maliziosa. Io non ho detto assolutamente niente e voi che pensate chissà cosa”
Si voltò per vedere la reazione ma ciò che vide e soprattutto alla distanza in cui lo vide lo sorprese moltissimo e nello stesso tempo lo colpì nel profondo e gli fece sparire il sorriso.
Il viso di Amelia era vicinissimo e lo guardava come mai era stato guardato fin’ora.
Era abituato a sguardi di disprezzo, invidia, lussuria, fiducia ed affetto ma mai si era mai sentito oggetto della confusione di una fanciulla e di quella stranissima sensazione che lei gli riusciva a trasmettere in quel momento.
Per un secondo si perse in essa.
Poteva vederla benissimo davanti a sé. Le ciocche che le ricadevano dalla pettinatura severa e che le incorniciavano il viso la rendevano molto meno rigida e la bocca socchiusa per la sorpresa e per qualcos’altro, che forse lei non comprendeva ma Logan sì, avevano trasformato davanti ai suoi occhi quella ragazza in un’altra creatura molto più desiderabile.
Questo grazie solo ad un semplice movimento, Redbourn si chiese cosa sarebbe potuta diventare se qualcuno si fosse messo di impegno. Ecco che il lato materno usciva nella ragazza che aveva davanti.
Si avvicinò ancora di più, tra le loro bocche non c’era più che un filo d’aria, ma lui non le accostò tanto da farle toccare. Una forte emozione per quella ragazza lo investì, ma non stava a lui fare la prima mossa. Non ancora, per lo meno.
Io non farò di certo la prima mossa, ragazza mia, anche se siete una tentazione. Siete voi quella che si deve scongelare, non voglio essere accusato di niente. Avvicinatevi, coraggio!” i suoi occhi la legarono.
Intanto Amelia era completamente confusa ed incantata, attratta fino all’inverosimile per un tipo di persona con cui non aveva mai pensato neanche di poter fare un minimo di conversazione. Era in bilico su un precipizio. Mancava poco, solo un soffio, un minimo movimento della testa e avrebbe posto fine a quella strana tortura.
Amelia! Svegliati!
Distolse gli occhi e fece un mezzo passo indietro “Milord, siete così dolorante da aver bisogno di un appoggio?”
Ragazza cocciuta! Di cosa hai paura che ti sgualcisca le gonne?!
Il pensiero lo riscaldò e gli accese la mente.
La ragazza si perse l’occhiata accesa che lui le rivolse poi Logan borbottò qualcosa tra sé, lanciò un’occhiata alle figlie impegnate a raccogliere fiori e schiarendosi la voce chiese dove fosse arrivato: “Ah, sì- mise la mano sulla schiena di Amy e la spinse leggermente per proseguire, dopo non la mosse da lì- Conviene che acceleri un po’. Siamo quasi al bivio. I miei compagni non riuscirono a raggiungere la riva. Io fui miracolato, avevo una grossa ferita che mi squarciava la gamba, ma la mia cocciutaggine mi aiutò. Mi bendai alla bene meglio e mi misi in cammino. Avevo studiato attentamente la mappa, pensavo di riuscire a raggiungere per la fine della giornata Colombo. Ovviamente mi persi nella foresta.
Non so per quanto vagai, per un paio di giorni, forse. Stremato arrivai in un giardino non riuscii a camminare oltre. Caddi svenuto- le lanciò un’occhiata per vedere che effetto facesse il suo racconto. Amelia era a bocca spalancata con un’espressione di dolore dipinta sul volto- Mi trovò Maya e mi portò a casa della sua padrona. Quando mi svegliai, pensai di essere morto e di essere in paradiso.
Ero sdraiato su morbidissimi cuscini, nell’aria un intenso profumo di arance e spezie e accanto a me una delle donne più belle che potessero esistere. Lunghissimi capelli biondi, pelle brunita dal sole, occhi come smeraldi, il corpo come un giunco e due labbra … oh piccola Gorgone, quelle labbra avrebbero strappato un pensiero lussurioso anche ad un angelo”
Amelia si mordicchiava le labbra.
Una dea, e guardando le bambine non poteva essere di meno. Tutto l’opposto di me, la Gorgone. Che assurdità!
“Un‘indiana?”
“No, una vedova americana. Suo marito era un commerciante di perle ma lei amava così tanto l’India da stabilirsi lì dopo la sua morte a vivere nel suo piccolo Eden completamente ritirata dal mondo esterno. Maya era la sua unica serva. Mi curò e mi riportò letteralmente in vita. Furono settimane di pura, intensa esaltazione sessuale per quanto la mia gamba lo permettesse”
Amelia non capiva perché gli occhi le pungessero “L’amate?”
“Chi? Chris? No. Era una donna dolce, colta, forte, veramente un gioiello ma quello che i poeti chiamano amore non era nelle nostre menti. Quando guarii le promisi che sarei tornato. Tornai in servizio, non denunciai il capitano e fui assegnato come secondo su un’altra nave.
Riuscii a tornare solo dopo due anni quando ero capitano della mia prima nave, la Fenix. Non trovai più Chris ma lì c’erano Maya e due piccole creaturine che erano talmente simili a me che non c’erano dubbi di chi fossero. Le portai con me e fino a due mesi fa erano con me sulla Black Witch.”
“Cosa ne era stato delle loro madre?” la voce della ragazza era molto sottile e tesa
“Era morta nel darle alla luce”
Amelia si girò verso di lui ed una lacrima silenziosa le corse giù per la guancia. Questa volta piangeva per quella donna che non aveva conosciuto le proprie figlie e per quelle bambine che crescevano senza conoscere la loro mamma.
“La vita è crudele, Amelia. Chris fu comunque una donna felice in vita e ha lasciato due piccoli grilli a testimoniare il suo passaggio su questa terra. È più di quello che molte donne abbiano mai avuto”
“E le vostre figlie? Hanno voi ovviamente e Maya, ma sentiranno la mancanza di una madre, soprattutto con il passare degli anni”
Lui aumentò la pressione sulla sua schiena e le disse avvicinandosi al suo orecchio: “Non sono così vecchio. Mi posso sempre risposare. Molti si aspettano anche un erede maschio”
Questa frase pose fine alla loro conversazione.
Arrivarono al bivio. Amelia salutò le bambine e dopo aver ricevuto il loro permesso diede ad ognuna di loro un bacio sulla fronte.
Logan la caricò sulla sella “Organizzerò una festa campestre per dare il benvenuto alle mie figlie. Siete invitata”
“Sono in compagnia dei miei zii e dei miei cugini”
“Anche loro sono invitati. Passerò a salutarli”  diede una pacca sul posteriore del cavallo per metterlo in moto.

“Non lo so zia. Devo ragionarci un po’ su” disse Amy mentre si sedeva tra Fred e Richard.






-vasq: Lo so mi merito una bella tirata di orecchie, ma veramente scrivo ogni volta che riesco. Ecco il nuovo capitolo. Logan si è rifatto? Grazie per seguire sempre la storia. Mi raccomando continua a farmi sapere la tua opinione!

-Elfa Sognatrice: Hai azzeccato in molte parti, ma per adesso speri in vano. Purtroppo non è stata la morte di Chris ad aver reso così Logan. Adore leggere sempre i tuoi commenti, continua!!!!!


Grazie sempre a chi legge e segue!!!! Pensate a questa storia e commentatela, magari potreste riuscire a propirziarmi un po' di tempo in più.
L'unica cosa che vi posso garantire è che non finisce qui!


Ciaoooooooooo

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Capitolo 12
*** Capitolo XI ***


Capitolo 11

Aveva scelto proprio una giornata perfetta per festa campestre. Peccato che il suo umore non fosse altrettanto sereno. Aveva passato le ultime due settimane come un leone in gabbia. Aveva ricevuto notizie preoccupanti da Lord Sinclaire, non poteva rimanere rilegato in campagna, ma così gli era stato ordinato.
La sua facciata di figliol prodigo redento non era del tutto completa.   

Rimanete tranquillo Redbourne, o meglio, Richmond, Joshua penserà alla faccenda.
Voglio sentire parlare di voi come un eccentrico, tranquillo, dolce Duca.
Quando il Parlamento riaprirà, nessuno deve considerarvi un percolo.
Godetevi la campagna e le vostre figlie.

Come se Joshua Simons avesse anche solo potuto sostituirlo!
Ma gli ordini erano gli ordini e quindi si era dedicato alle sue bambine e a sé stesso. All’alba si alzava e si esercitava con il suo cameriere-marinaio nel pugilato e nella scherma nella stanzetta che avevano ricavato nelle stalle. L’esercizio fisico lo aiutava a rilassarsi.
Dopo faceva il bagno e appena le figlie si alzavano facevano insieme colazione, per poi dedicare a loro tutta la giornata, che fosse una nuotata al lago, una passeggiata a cavallo o qualsiasi cosa desiderassero, compreso il piccolo micino randagio, spelacchiato e brutto come la fame, che in quel momento si stava strofinando sui suoi stivali lucidi.
Eh, sì sei proprio bruttino, Fritjof.
Si abbassò per dare una grattata dietro alle orecchie a quell’animaletto poco più grande della sua mano: “Allora, pensi che sia stata ben organizzata?”
In effetti la governante ed il maggiordomo avevano fatto davvero del loro meglio, aiutati da Maya.
Grandi padiglioni erano stati eretti in modo tale da trasformare il prato davanti alla casa in un’enorme e coloratissimo patchwork a sfondo verde.
Sotto ognuna di esse era stati ricreati scorci di paesi che l’ospite aveva visitato. Perciò a distanza di pochi metri si poteva passare da una elegante veranda della Sicilia, circondata da enormi vasi di piante di limoni ed arance, ad una stanza dell’oriente decorata con colori sgargianti e con grandi cuscini che sostituivano le sedie.
Una postazione di tiro con l’arco, delle barche pronte per fare un giro del lago, un angolo in cui aveva fatto ammucchiare i vecchi materassi e un recinto in cui c’erano un paio di pony dovevano contribuire a svagare i bambini dei vicini e quelli dei suoi lavoratori con età inferiore ai quattordici anni.
I loro schiamazzi risuonavano nell’aria, andandosi a mescolare con le chiacchere delle donne e degli uomini.
Erano arrivati praticamente tutti. Il vicario con la moglie e la loro numerosa prole, quasi tutte le famiglie del vicinato e l’onnipresente famiglia Johnson. Quando erano andati a salutarlo erano tutti tesi ed imbarazzati, anche chi non aveva assistito la scenata di sua madre era stato ben presto informato da qualche amico premuroso, andava anche aggiunto lo sfoggiare sfacciato che faceva delle sue figlie bastarde alle critiche che gli venivano mosse. Ma, dopotutto, lui era un Duca e oltretutto aveva organizzato una così bella festa e i due spiriti più intransigenti erano miglia e miglia lontano.
“Papà?” Logan distorse lo sguardo dal prato per riportarlo alla figlia che lo stava chiamando tirandogli i pantaloni chiari.
“Dimmi, Zaira”
“Quando arriverà Miss Flanigan con i suoi cugini?”
“Sì, papà quando arriveranno?- Anjuli prese in braccio il micio spelacchiato- Avevano detto che avremmo giocato insieme”
Le due bambine fin dalla mattina che se le era portato dietro quando era andato a presentarsi agli zii di Amelia, non avevano fatto altro che aspettare il momento in cui avrebbero rivisto i figli degli Stevenson. Era così inusuale per loro stare con persone della loro età che avrebbero accettato chiunque. Purtroppo i loro approcci con i bambini che erano presenti non avevano dato i loro frutti. I figli dei fittavoli e della gente del villaggio si tenevano lontani delle figlie del Duca sia che fossero stati avvertiti dai loro genitori di portare rispetto o di evitare la loro presenza malevola.
“Non lo so. Sono in ritardo. Avranno avuto un contrattempo. Vedrete, scimmiette, arriveranno presto”
Anjuli riprese: “Miss Flanigan è molto simpatica, vero papà? E anche i suoi zii. Quando siamo andati a trovarla è stato molto gentile,ci ha fatto assaggiare quei dolci tanto buonissimi!”
Suo padre le tirò un orecchio per scherzo. La figlia si mise a ridere, il gatto nervoso soffiò: “Dai, papà! Sto facendo un discorso molto serissimo! Non si è messa a fare tutte le boccacce come oggi la signorina con tutti quei fiocchini nei capelli”
Logan nascose un sorriso e scosse la testa. La sua bambina si riferiva alla più grande delle figlie Johnson che da quando le avevano presentato le bambine era tutta moine e carezze. Un trucco sicuramente per attirare il padre. La corte che gli faceva quella ragazza, sorretta dalla madre, era davvero ridicola.
Non che avesse niente contro la Johnson, era vero che la sua testolina era persa in sogni romantici ma dopotutto era molto giovane ed era anche una giovane molto attraente e per bene. Un giorno sarebbe diventata un’ottima moglie per un signorotto di campagna, se la madre non le avesse montato troppo la testa.
“Eccoli, papà! Finalmete!”
Sette persone si avvicinarono a loro. I signori Stevenson procedevano a braccetto, lui con il suo passo rigido e appena zoppicante, lei raggiante come un fiore nel pieno del suo splendore. I quattro bambini si trattenevano a stento, aspettando il momento di correre ad unirsi ai giochi.
Dietro di loro procedeva l’altro suo problema vestito di azzurro acqua marina. Amelia Flanigan era diventata una sorta di incubo per lui, anche se la notte prima non era stato proprio un incubo quello che lo aveva fatto svegliare sudato ed ansimante nel suo letto.
Una donna complice ed elegantemente sensuale aveva diviso con lui un letto di pellicce davanti a fiamme scoppiettanti. La sensazione di fare l’amore con lei era stata imprevedibilmente vivida ed eccitante e l’eccitazione era aumentata ancora di più quando aprendo gli occhi nel sogno aveva riconosciuto nel volto arrossato dall’amore il viso della sua vicina, la sua Gorgone.
Il risveglio era stato brusco e per calmarsi era dovuto andare sul balcone ed esporre la pelle alla brezza fresca.
Del tutto incomprensibile. O forse no.
Guardandola avvicinarsi con la sua postura rigida e l’incedere controllato non avrebbe mai immaginato che avrebbe anche solo potuto guardarla, come aveva si era detto la prima volta che l‘aveva vista. Questo però prima di conoscere il suo sopracciglio alzato in segno di disapprovazione, le sue mani sui fianchi quando, furiosa, gli urlava contro, prima di aver visto il desiderio illuminarle gli occhi e soprattutto quei innumerevoli nei che le ricoprivano la pelle e che la sua cameriera faceva di tutto per nascondere con la cipria, quasi invisibili.
Quasi, però. Possibile che nessun altro si sia mai accorto che c‘è della passione e, forse se ben guidata, anche della sensualità in questa donna?
L’autocompiacimento e il suo ego maschile gli suggerì che lui era stato l’unico a farla venire fuori.
“Benvenuti!”
“Scusate il ritardo. Abbiamo avuto un piccolo contrattempo”  
“Non preoccupatevi, Colonnello. I vicini non hanno ancora finito il buffer, o almeno credo. È ancora presto, le donne non sono arrivate neanche a metà dei loro pettegolezzi, gli uomini non hanno finito di elogiare i loro strumenti da caccia, qualunque essi siano,e il maialino non è stato ancora liberato”
Fred si fece avanti: “Allora è vero che ci sarà la caccia al maialino!”
Anjuli e Zaira gli risposero in coro seccamente: “Certamente! Noi non diciamo mai bugie”
Logan le prese ciascuna sotto il mento e alzò loro il viso per guardarlo:“Quando vi fa comodo, scimmiette. Ma adesso sbrigatevi o ci sarà la coda per far la lotta sui materassi”
I quattro bambini guardarono i loro padre che fece un secco assenso. Salutarono affrettatamente e si slanciarono in avanti. Fu come il via ad una corsa di cavalli. I piccoli Stevenson partirono tutti e quattro insieme lanciandosi sfide di ogni genere. Furono seguiti a ruota da Zaira ed Anjuli che aveva prontamente passato il gatto al padre.
Charlotte si guardò intorno: “Avete organizzato una festa davvero deliziosa. Avrete fatto la gioia del vicinato e, soprattutto, quella dei bambini”
Logan, accarezzando il gatto per calmarlo, fece un gesto indifferente: “Ho pensato che almeno qualcuno si sarebbe dovuto divertire”
Lanciò un’occhiata a Amy per vedere come si stesse comportando. Era rigida e fredda come una suora.
La signora Stevenson si avvicinò ancora di più al marito: “Andiamo Paul, ho notato alcuni piatti che mi farebbe piacere assaggiare.- si girò un poco verso la nipote- Ci vediamo dopo Amy” e trascinò il Colonnello verso la “zona italiana”.
Amelia fu lasciato sola con il Duca.
Mia zia è impazzita! Non doveva farmi questo.
Si lisciò il vestito a disagio. La verità era che il ritardo era dovuto a lei, o meglio, a sua zia. Era pronta e vestita con il suo abito giallo, quando la signora Stevenson aveva fatto irruzione nella sua stanza, aveva criticato il suo abito di cotone leggero, glielo aveva sbottonato in un lampo e le aveva buttato sul letto mezzo guardaroba, per poi puntare su quello di mussolina acqua marina e lasciando il compito di finire l’opera a Jane, che si era messa all’opera ben volentieri.
Adesso si ritrovava con un vestito leggerissimo, molto scollato e con una pettinatura che la torturava con la sua miriade di forcine.
Imbarazzata, ecco come si sentiva, ma anche ansiosa … sì ansiosa di essere completamente in ordine e …
Oddio Amelia Flanigan ammettilo, vuoi piacergli! L’importante è che nessuno se ne accorga, che rimanga per sempre un segreto. Come tutto il resto, dopotutto. Un po’ di vanità femminile non ha mai fatto male a nessuno. Fortunatamente zia Elizabeth non è qui.
“Bene, Miss Flanigan, vedo che nel tempo che non ci siamo visti siete regredita alla fase primitiva” il tono della frase che voleva essere arrabbiato e minaccioso fu completamente rovinato dal micio che aveva iniziato la scalata alla sua giacca verdone e che in quel momento tentava di completare l’opera saltandogli sulla testa e, sistematosi bene sulla sua postazione, si mise comodo come una piccola sfinge.
Amy non poté resistere e le scappò un risolino, subito seguito dalla una sonora risata di Logan. “Non credo che sia stato molto minaccioso, vero? Però aiutatemi, questo animale pulcioso, mi sta strappando il cuoio capelluto” Si abbassò quel tanto che bastava perché lei riuscisse a togliergli dalla testa il gatto spaventato.
“Povero, micino. Vedete che ho ragione io? Siete insopportabile e tiranno anche per questa piccola palla di pelo”
Lui si passò le mani tra i capelli scompigliandosi i capelli ancora di più di quanto non avesse fatto il gatto. L’oro dell’orecchino comparve tra le ciocche.
“Quel maledetto coso non ha fatto altro che arrampicarsi sugli alberi e rimanerci finché non lo si andava a prendere con una scala. E come ti ringrazia quell’innocentino? Graffiandomi tutte le mani!”
Lei sollevò come al suo solito un sopracciglio.
Fallo un’altra volta e mando all’aria le convenzioni e ti bacio qui davanti a tutti! Poi ti carico su una spalla e saliamo nella stanza padronale. E da lì non esci prima di un paio di settimane! Logan che diavolo stai pensando?!
“Allora perché lo tenete. Sembra un comune gatto di stalla”
Lui le lanciò un’occhiataccia, distogliendosi dal pensiero che gli frullava per la testa “È un comune gattaccio di stalla. Ma le mie figlie si sono affezionate e allora …” fece un gesto vago con la mano.
Amelia gli sorrise.
Un uomo che andrebbe contro al mondo intero non riesce a resistere al più piccolo capriccio delle sue figlie
Lui le diede il braccio: “Andiamo a vedere cosa combinano quei bambini. Dopo faremo un giro in barca, cosa ne dite?”
“Un giro in barca? Oh, Milord mi avete letto nel pensiero. Jane vieni, il Duca propone un giro in barca”
I due si voltarono e videro che Lady Johnson si era avvicinata in silenzio fino a quel momento in cui non aveva parlato. Accanto a lei c’era la figlia, rossa per la mortificazione e l‘inseparabile amica della madre, Penelope Blake. Quest’ultima uscita della madre era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Le guance e il suo collo della ragazza erano diventate rossissime e un’espressione di profonda mortificazione si era dipinta sul suo volto e un principio di pianto isterico era negli occhi.
Senza dubbio l’indomani sarebbe diventata lo zimbello dell’intero vicinato, la madre aveva parlato a voce talmente alta che quasi tutti gli invitati avevano sentito.
Amelia era rimasta a bocca aperta. Cercava di trovare una soluzione per fare uscire decentemente quella povera ragazza da quella situazione. Prima ancora di arrivarci anche solo lontanamente, il problema fu risolto da Logan.
“Miss Johnson eccovi, finalmente. Avevo incaricato vostra madre di trovarvi per fare un giro in barca. Grazie, Lady Johnson, siete stata provvidenziale- si chinò per un secondo verso Amy- Ci vediamo dopo, noi due”
Lei gli strinse il braccio di sfuggita “Siete un brav’uomo, Milord”
“Ognuno ha i suoi difetti e le sue debolezze- porse il braccio a Jane- Andiamo Miss Johnson, vediamo se riesco ancora a remare come si deve”
Quando si allontanarono Lady Johnson si rivolse ad Amy: “Miss Flanigan, non pensate che farebbero una così bella coppia? Lui certo è un po’ strano e sua madre l’ha praticamente tagliato fuori dalla buona società, per non parlare di quelle bambinette. Ma sono sicura che una volta sposato si riuscirebbe a riportarlo sulla retta via e quanto alle figlie, i collegi sono pieni di figli bastardi dei nobili. Ma ci pensate? Jane Duchessa”
Amelia strinse i pugni e fece un sorriso tirato: “Non saprei. Se volete scusarmi” Fece una veloce riverenza e quasi scappò via.
Maledizione! Pensa che sia manovrabile come quel galoppino di tuo figlio? Se nell’improbabile ipotesi che la povera Jane riesca a farsi sposare, ho paura che avrà una vita impossibile se cercherà di influenzarlo in qualche modo.
Girandosi e vedendo che la barca si allontanava sicura dalla riva ebbe comunque una fitta al cuore osservando la figura slanciata coperta dall’ombrellino di Jane e quella ben più possente del Duca insieme.
Sono una sciocca, ecco cosa sono. E tu micino, non avere paura non è tanto orco come sembra, a volte.
Ricominciò ad accarezzare il gatto.
“Fritjof ecco dov’eri!” le due gemelle le andarono incontro. Erano bellissime con i loro vestitini gialli, identici. Era vero, però, che con quegli abiti perdevano molto del loro carattere sbarazzino e libero. Ingabbiate in quei metri di stoffa svolazzante sembravano quasi due bambine inglesi, quasi comuni, ma l’abbronzatura smentiva questo pensiero.
Zaira la raggiunse di corsa, seguita dalla sorella“Miss Flanigan, ci dispiace vi abbiamo appioppato il gatto”
Amy sorrise alle gemelle: “Non vi preoccupate, Milady”
Anjuli e Zaira si misero a ridere e quest’ultima le disse: “No, chiamateci per nome. È così stranissimo darci del voi come i grandi. Ma noi abbiamo solo così di anni, quattro- e le mostrò le quattro di dita tese- Scommetto che non riuscirete a distinguerci, solo Maya e papà ci riescono.”
Amelia le osservò per un po’, era impossibile distinguerle per qualcuno che le conoscesse così poco. A caso disse indicandole i nomi.
Entrambe scoppiarono a ridere, aveva sbagliato.
Anjuli chiamò nuovamente il gatto che le saltò sulla spalla
“Che nome insolito per un gatto”
Fu ancora Zaira a risponderle: “Glielo ha dato papà. Significa ladro della pace in norvegese o una roba del genere. Ci chiamava sempre così, un marinaio di papà”
I cugini di Amelia le raggiunsero e proposero una passeggiata nel boschetto.
Si allontanarono in mezzo agli alberi.

Alcune barche, nel frattempo, attraversavano il lago. Ma solo su una il silenzio era quasi assoluto, se non fosse stato per il motivetto che Logan stava canticchiando.
Si era tolto la giacca per remare e la camicia e il panciotto di ottima fattura erano come una seconda pelle. Jane faceva ruotare l’ombrellino vorticosamente. Era imbarazzata per quello che era accaduto, molto affascinata da quello che vedeva e riconoscente per averle evitato una brutta figura, ma lui non faceva cenno di attaccare discorso.
“Milord, volevo ringraziarvi. Io le sono immensamente riconoscente”
Lui sollevò le spalle: “Nessun problema. Una damigella in difficoltà va aiutata, o così mi hanno insegnato, in qualche modo”
Riprese a canticchiare e ricadde il silenzio.
Jane si guardò attorno per un poco. Non era certo facile relazionarsi con un uomo che non conversa come qualsiasi altra persona, come le era stato insegnato a parlare.
“Milord …”
Lui distolse lo sguardo dalla riva e lo appuntò su di lei. Quello sguardo la intimidì molto “Milord … io”
“Papà!”
“Papà, mamma!”
Degli urli lancinanti attraversarono l’aria. Logan riconoscendo la voce delle sue figlie, sia alzò immediatamente in piedi, allarmato, facendo ondeggiare pericolosamente la barca e facendo urlare di paura Jane che si aggrappò ai bordi.
“Anjuli, Zaira. Cosa succede?”
Dall’altra barca anche il Colonnello urlò ai suoi figli cosa stesse succedendo.
“Papà, Miss Amy è caduta!”
“Mamma, Amy, è caduta da un albero. Non si muove più!”
I Stevenson sbiancarono di colpo e dall’altra barca si sentì Logan James Redbourne Duca di Richmond ruggire e buttarsi nel lago per arrivare prima a riva.




Ringraziamenti:

-vasq: Grazie per la comprensione! Neanche io riuscirei a resistere, Amy ha una forza di volontà di ferro, anche se non sembrerebbe.
-Elfa Sognatrice: Eccoci di nuovo (tardi) non vedo l'ora di leggere ancora le tue ipotesi!
-_Elisewin_: Grazie per la recensione. I due non si sbilanciano, ma prima o poi uno dei due deve crollare! Soprattutto se uno dei due si metterà seriamente di impegno
-Melikes: La recensione più bella che abbia mai ricevuto (che in effetti non sono tantissime:)) Sto arrossendo ancora adesso, tutti questi splendidi complimenti in una volta sola! Vanità di scrittrice! La tua analisi, mi ha fatto sentire veramente brava. ehehe. E poi ti devo ringraziare anche per aver proposto "Amy" tra le storie scelte! Scrivimi come vedi quest'ultimo capitolo di passaggio. Veramente grazie ancora!

Ciao a tutti...

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Capitolo 13
*** Capitolo XII ***


Capitolo 12

Il silenzio era caduto sul prato all'urlo dei bambini. Per un momento tutti si guardarono l'un l'altro, increduli di ciò che avevano sentito, poi la moglie del vicario svenne facendo rovesciare il tavolino con le tazze da the che aveva davanti, e fu come se una molla fosse scattata. Alcune donne iniziarono ad urlare e gli uomini si alzarono cercando di tranquillizzare le mogli, madri e figlie.
"Signore, povera ragazza!"
"Se è viva rimarrà storpiata per tutta la vita!"
"Chiamiamo il Dottor Kean"
"No, il Dottor McKenzie è il migliore!"
"I sali! Qualcuno ha dei sali?"
Domestici si precipitarono fuori dalla casa, i bambini più piccoli messi in allarme dagli adulti agitati si misero a piangere, quelli più grandi cercavano di dare una mano impacciando di più.
 
L'acqua non era profonda, gli lambiva a malapena la vita, ma era sufficiente perché lo ostacolasse più di quanto avesse voluto.
Cosa le è saltato in testa?! Maledetta stupida! Che ci faceva come una dannata scimmia su un albero?! Il caldo deve esserle andato alla testa! Se è per quel gattaccio, lo giuro lo ficco in un sacco e lo butto nel lago.
"Papà, sbrigati!"
"Arrivo!- l'ansia e il peso dei vestiti bagnati gli avevano fatto venire il fiatone- Dov'è? Com' è successo?"
"Vicino all'albero grande, quello dove ci hai costruito la casina. Charley è salito, ma aveva paura a scendere lei ha cercato di aiutarlo, ma la scaletta si è rotta ed è caduta giù. Quel bamboccio è ancora bloccato là sopra e piange, papà!"
Raggiunta la riva, la prima cosa che fece fu dare un'occhiata veloce ai bambini. Sembravano scossi, ma stavano bene. Nessun livido, nessuna sbucciatura ed i vestiti si potevano dire abbastanza in ordine. I ragazzi Stevenson stavano aspettando i loro genitori, che molto più lontano si avvicinavano il più velocemente possibile.
Mrs Stevenson gli urlò: "Non toccatela finché non sarò arrivata io! Andiamo, Paul più veloce!"
Vedendo lo scompiglio inutile che attraversava il prato, la rabbia e il nervoso a lungo repressi scoppiarono dentro di lui. Si portò due dita alla bocca e lacerò l'aria con un fischio acutissimo. L'attenzione si portò sul gocciolante e furioso Duca.
"Silenzio!- Il rigido e duro capitano di mare era uscito soppiantando il frivolo ospite- James, voglio che la stanza degli ospiti, quella blu, sia preparata con acqua calda in abbondanza e asciugamani. Voglio che ve ne andiate. Quando avremo notizie ve le faremo sapere. Tutto questo grufolare è inutile! Vi voglio fuori dalla mia proprietà in cinque minuti, ora! ”
Gli ospiti lo guardarono per qualche secondo.  Poi silenziosamente, chi indignato chi spaventato, si diressero, comunque, verso la casa per raccogliere le loro cose e andare alle loro case per commentare l’accaduto in santa pace.
Andatevene tutti al diavolo, manichini con la scopa nel cu …
“Papà, cosa aspetti?!”
Si girò di scatto e si mise a correre verso il bosco saltando di slancio una sedia rovesciata.
Il cuore gli martellava nelle orecchie. Era furioso, maledettamente in ansia. Se la ragazza era rimasta incolume da quella caduta, ci avrebbe pensato lui a farle del male.
Non impiegò più di due minuti per raggiungere quel maledetto albero con quella ancora più maledetta casina di legno. Rallentò il passo e prima di sbucare nella piccola radura sentì un piagnisteo ripetuto.
“Charley, stai tranquillo. Adesso arrivano mamma e papà e ti tirano giù” La voce era rassicurante, ma tesa al limite. Amelia era viva e sveglia ma sicuramente stava soffrendo.
Il bambino continuò a piangere e tra un singhiozzo e l’altro rispose alla ragazza “Ti sei fatta male per colpa mia, io … io …” La voce infantile si spezzò e un nuovo fiotto di lacrime gli impedì di proseguire
“Charley, ti prego! Non ricominciare!”
I polmoni di Logan si allargavano con un sospiro di sollievo sentendo quello scambio di parole tra i due cugini.
Finalmente li raggiunse.
Lei era lì, semisdraiata tra le radici dell’enorme albero da cui spuntava la testa ricciuta del bambino. I capelli le ricadevano intorno facendola sembrare ancora più pallida e più bambina. Stringeva con forza l’erba sotto di lei fino al punto di far impallidire le nocche e si mordeva a sangue le labbra.
“Amelia Flanigan!”
Amelia si voltò la testa e vide il suo ospite con le mani sui fianchi e un’espressione cupa sul volto.
Sei arrivato finalmente, testone!
“Il Duca, Amy è arrivato il Duca. Non l’ho fatto apposta signore, non volevo, ma non sono più riuscito a scendere …”
“Tranquillo, Charley va tutto bene”
Nonostante il suo viso scuro, la ragazza notò il petto che si alzava e si abbassava freneticamente e, ovviamente, come erano ridotti i suoi vestiti. Nonostante fosse immersa in una cappa di dolore che attutiva qualsiasi altro senso, la sua decenza la portò a cercare di raddrizzarsi. Una smorfia di dolore fu l’unica cosa che ottenne. Il Duca si avvicinò e si accosciò accanto a lei.
“Dove vi siete fatta male? Fatemi vedere”
“La gamba, non riesco a muoverla”
Lui allungò la mano verso l’orlo della gonna ma prima che potesse sollevarlo, lei protestò vivamente.
“Amelia, non fate la stupida. Non sto cercando di sedurvi, non voglio scoprirvi le gambe per avere una visione eccitante di voi. Voglio solo aiutarvi. Lasciatemi fare”
Lei lo prese violentemente per il davanti del panciotto, avvicinandolo al suo viso e gli sussurrò piano: “Fate scendere Charley e mandatelo via, non voglio che veda”
Lui rimase un attimo interdetto, così vicino a lei da potere vedere ogni sfumatura dei suoi occhi castani: “Flanigan, non credo che il bambino possa rimanere scioccato da due centimetri di carne bianca”
Perché non l’hai mai fatto quando stavi bene? Chiassà cosa ti avrei fatto!
Lei strinse più forte il pugno ma dovette chiudere per un attimo gli occhi per la fitta di dolore che anche quel minimo movimento le aveva procurato. Questo la aiutò ad infuriarsi ancora di più: “Redbourne, tiratelo giù!”
Logan vide che la ragazza non sarebbe stata tranquilla finché il cugino fosse rimasto là sopra a piangere.
In fretta lo fece scendere e poi con una pacca sul sedere lo incoraggiò ad andare in contro ai suoi genitori per fare loro strada.
Tornò dalla ragazza e vide che si era fatta ancora più pallida e strappava più convulsamente l’erba affondando le unghie curate nella terra per impedirsi di piangere dal dolore o anche solo farsi uscire un lamento.
Sei veramente una ragazza coraggiosa Amelia Flanigan.
Le prese la mano e le distese le dita contratte. Era fredda ed umidiccia. Iniziò ad accarezzarla per calmarla, mentre le scostava dal viso i capelli: “Calmati, Amelia. Fammi vedere la gamba. Fidati”
Lei annuì: “Piano. Fa’ piano, ti prego” Comunque non gli lasciò la mano, anzi la strinse più forte quando lui si accinse ad alzare l’orlo del vestito completamente rovinato, la stretta fu ricambiata. “Tranquilla, sono qui. I tuoi stanno arrivando”
Nessuno dei due si era accorto della momentanea confidenza che si erano dati. L’una era troppo dolorante e, anche se non lo voleva dare a vedere, spaventata, e l’altro era troppo preoccupato.
Quando la scoprì, Logan capì perché aveva voluto far allontanare il bambino.
Il polpaccio sanguinava copiosamente ed era posizionato in maniera scomposta. Redbourne aveva visto abbastanza ossa rotte per non riconoscerne una.
Dei passi concitati lo fece voltare. La signora Stevenson correva verso di loro con la gonna rialzata fino alle ginocchia, suo marito cercava di starle dietro. I bambini erano rimasti con Maya.
Quando Amy vide sua zia con viso arrossato dall’ansia e con la capigliatura completamente disfatta cercò di rassicurarla: “Zia, mi dispiace, sono caduta ma non penso che sia nulla di grave, io …- cercò ancora di raddrizzarsi per dimostrare che non era niente. Il dolore l’ammutolì e la fece gemere- Dio!”
Charlotte si inginocchiò accanto alla nipote. Si mise ad esaminare la gamba. “L’avete toccata, Duca?-  non aspettò neanche la risposta- certo che no o l’avremmo sentita urlare fino a casa” Non disse niente altro per qualche secondo. Poi si alzò ed ordinò perentoriamente: “Bisogna trasportarla a casa. La gamba va rimessa a suo posto e si deve anche disinfettare e suturare la ferita.”
Logan era preoccupato, non che non avesse fiducia in quella donna ma in quel caso ci voleva un medico non i rimedi casalinghi. Una gamba aggiustata male avrebbe portato, nei migliori dei casi, alla zoppia per non parlare di una ferita poco curata. Non lo allettava l’idea di Amelia con una gamba in meno
“Mrs Stevenson non credete che si debba aspettare il dottore?”
Lei non lo stava ascoltando stava parlando sottovoce con la nipote e questa le rispondeva annuendo, se avesse aperto bocca non sarebbe più riuscita a trattenere le urla.
“Mrs Stevenson …” fu bloccato da una mano sulla spalla. Era il Colonnello. “Non vi preoccupate. Mia moglie è un ottimo medico. Saprà quello che si deve fare”
Venti minuti dopo con la gamba stretta tra due stecche improvvisate tenute insieme da pezzi di stoffa della sottana della signora Stevenson, Amelia fu sollevata da troppo serio e scuro in volto Duca di Richmond. Stevenson li precedeva e sua moglie cercava di sorreggere la gamba perché non subisse troppi scossoni.
Logan guardava la donna che aveva tra le braccia. Aveva le dita aggrappate al suo panciotto e lo stringeva con forza come per darsi coraggio; il volto, umidiccio e caldo dalla febbre che stava salendo, era premuto contro la sua gola che aveva liberato dall’ingombrante cravatta poco prima. Il corpo era scosso da sporadici brividi. L’uomo capì che lei gli si era avvinghiata a quel modo perché, intontita dal dolore, cercava un appoggio, un modo per resistere. Lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per darle una mano e alleviarle anche di poco la sofferenza che provava ma, soprattutto, che avrebbe provato.
Stringi i denti, Amelia. Farò in modo che vada tutto bene. Deve andare bene!
Abbassò quel tanto che bastava la testa perché lei sentisse il suo mento che si appoggiava sulla sua testa.
“Milord sono pesante, posso camminare se mi date una mano”
Lui si avvicinò all’orecchio: “Volete veramente che vi metta giù? Ditemelo. Non mentitemi, abbiamo un patto- Lei strinse più forte il colletto e tornò ad appoggiare la testa- Brava ragazza”
“Amy, lasciati andare, bambina. Ti risparmieresti molto dolore”
Lei scosse la testa e la nascose di più nel collo del suo portatore, non le importava in quel momento che fosse indecente: “Non posso svenire. Non saprò quello che mi accadrà”  

Un dolore sordo che partiva dal polpaccio e le risaliva per la gamba fino a raggiungere il cervello la portò ad aprire gli occhi. Non riconosceva la stanza, né il letto in cui era distesa. Una fitta le riportò alla mente quello che era accaduto il pomeriggio. La camera doveva essere una della residenza del Duca. Tutto era così freddo, informale, vecchio e poco usato. Sul comodino accanto a lei c’era una brocca con un bicchiere. Una candela era accesa per contrastare il buio che permeava tutto il resto della camera. Le tende del letto erano aperte e lei poteva vedere che la porta-finestre che davano sul balconcino era aperta.
Le giunse il suono di voce forte e rauca, accompagnata dal suono cristallino di una chitarra. Non era certo una canzone con cui volersi svegliare. Ma la voce, quella era sufficiente perché un piccolo sorriso le nascesse sul viso sofferente.
So many soldiers on the other side, I take their lives so they can't take mine.
Nobody tells me all the reasons we're here. I have my weapons so there's nothing to fear.
Fight for honor, fight for your life.
Pray to God that our side is right. *
Ad Amelia si strinse il cuore nel sentire quelle parole e si immaginò un ragazzino di diciotto anni buttato nel bel mezzo della guerra. Non biasimava quell’uomo che aveva voluto ricostruirsi un’altra vita a modo suo. Ancora non era riuscita a capire se avesse fallito o no.
Si allungò per prendere il bicchiere ma appena si mosse non poté reprimere un gemito. La musica si interruppe all’istante e la figura massiccia del suo ospite si delineò appoggiata allo stipite della porta-finestre.
“Mi dispiace, vi ho svegliato?” lei scosse la testa. Appoggiò la chitarra e l’aiutò a bere sollevandola un poco “Mandate giù- le disse vedendo la smorfia che faceva- c’è un po’ di laudano dentro. Vi aiuterà a dormire. Vi serve per la febbre”
Lei lo lasciò fare, era bello sentirlo vicino, come se si conoscessero da una vita e fosse normale dividere quella intimità. “Cosa mi è successo. Dov’è la zia?”
Lui trascinò una poltrona che era all’altro capo della stanza vicino al letto “Vostra zia è andata a riposare, vi ha vegliata fino ad un’ora fa. Era distrutta. Siete svenuta appena ha cercato di rimettere apposto la gamba. Frattura netta del perone e della tibia. Il sangue che avete visto era dovuta ad un profondo taglio dovuta alla caduta. In un mese o più dovreste rimettervi completamente, anche se vi rimarrà una bella cicatrice. Siete stata molto coraggiosa, Amelia” le disse prendendole la mano.
La ragazza fece un sorriso ebete, aveva iniziato a perdere lucidità già da un paio di minuti a causa del laudano, cullata dal tono tranquillo della voce di lui.
Iniziò a chiudere gli occhi ma prima che si addormentasse gli fece una richiesta, senza lasciare quella mano grande e calda: “Potreste cantare ancora un po’? Ma questa volta qualcosa di meno triste”
Vedendola chiudere gli occhi Logan le si avvicinò al viso le diede un piccolo bacio sulla tempia. La trovava così irragionevolmente bella, addormentata. Era stato così agitato da dover mettersi a suonare per calmarsi un po‘, quando era venuto il suo turno di veglia. Adesso, che le aveva parlato e le stava tenendo la mano, era molto più tranquillo. Amelia Flanigan aveva la scorza dura, molto di più di quanto si aspettasse.
“Agli ordini, mia Gorgone” si staccò da lei, allungò i piedi sulla parte libera del letto e prese a suonare una dolce melodia, la stessa che usava per fare addormentare le sue bambine.



* La canzone assolutamente anacronistica è M.I.A.  degli Avenged Sevenfold (se non l'avete mai ascoltata allora provate;))

Ringraziamenti:
-Melikes: questa volta non è colpa mia. Il computer mi si è fuso e ho dovuto rimpiazzarlo! Ti ringrazio tantissimo e aspetto le recensioni per tutti i capitoli (me lo hai promesso:) ) oltre che per questo. L'ultima volta mi ero dimenticata di scriverti che il nome di Logan in effetti può essere il protagonista di qualche sdolcinato telefilm americano per adolescenti, ma il mio voleva essere un piccolo tributo a Wolverine che io adoro. Sinceramente non so come si fa a far aggiungere una storia tra le scelte, temo che ci vogliano un bel po' di segnalazioni.
-Elfa sognatrice: Eccomi! Purtroppo io non sono puntuale come te! Amy si è fatta veramente male e il nostro Duca era in pensiero. Devo fare una fatica del diavolo per cercare di non fare le cose troppo caramellose! Non sarebbe da Logan! Dimmi cosa predici per il prossimo capitolo, solitamente ci azzecchi.

AIUTO: Volevo cambiare la presentazione della storia, ma sinceramente non saprei cosa scrivere (sembra un'idiozia, ma in realtà è così). Credo che la descrizione non funzioni, non riesce a descrivere per niente il racconto. Se mi voleste lasciare qualche suggerimento ne sarei mooooolto lieta.

Saluti a tutti e grazie! Alla prossima

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII ***


 Capitolo 13    

C’era un tempo da lupi.
La leggera pioggerellina ghiacciava le ossa e la fitta nebbia che avvolgeva i Docks non faceva vedere più di due o tre passi avanti a sé. I pochi lampioni non riuscivano a fare breccia nel buio di quella notte senza luna. Nessuno si era arrischiato ad uscire quella sera, si vedeva solo passare raramente qualche figura, avvolta ben bene nei suoi logori indumenti, che si dirigeva frettolosamente a qualche bisca o taverna poco raccomandabile.
Un’ombra si stagliò in fondo alla via, il ritmico incedere risuonava per tutto il molo, quasi fossero i rintocchi di una pendola che segnava la spettrale ora di mezzanotte.
Odiava uscire con quel tempo ma cosa poteva farci se il contatto si era fatto vivo dopo ben tre mesi, fissando l‘appuntamento proprio per quella notte.
Non poteva non farsi trovare.
Si strinse ancora di più nel cappotto di fustagno. A prima vista poteva sembrare un comune scaricatore di porto con gli spessi pantaloni rattoppati, quel cappotto informe, una sciarpa che gli copriva più di metà viso ed un berretto sudicio sulla testa, ma la barbetta e i capelli tagliati all’ultima e il costoso sigaro che stava fumando contraddicevano l’abbigliamento appena descritto.
Si appoggiò all’angolo di uno degli edifici ricoperti di muffa per l’umidità. Non si sentiva nulla se non lo sciabordio dell’acqua contro le chiatte e i moli.
Tirò una lunga boccata. Aspettava con ansia la fine di quella nottata, poi, finalmente, sarebbe potuto tornare dalla sua Anne. La poteva vedere in quel momento, mentre fissava la nebbia inconsistente.
Senza dubbio era sdraiata nel loro letto, addormentata, con la bocca che tanto amava socchiusa e le lunghe ciglia bionde appoggiate sulle guance.
Lui sarebbe arrivato, si sarebbe spogliato senza fare rumore, si sarebbe infilato sotto le coperte e l’avrebbe presa tra le braccia iniziando a baciarla prima lentamente, poi quando lei avrebbe aperto gli occhi, fissandolo con quelle sue due voragini azzurre, ci avrebbe messo più passione. Avrebbero fatto l’amore a lungo e con dolcezza fino che lei non fosse stata completamente stanca e appagata, poi lui avrebbe appoggiato il capo sul suo ventre ascoltando in movimenti della piccola creatura che cresceva dentro il corpo di sua moglie.
Colpì leggermente il sigaro con il dito per far cadere la cenere. Aveva ventitre anni, era sposato da un anno con una dolce e amata donna della sua vita, più giovane di lui di quattro anni, aspettavano un bambino e aveva un’ottima prospettiva di fare carriera. Cosa poteva volere di più dalla vita.
Dei passi risuonarono sul selciato. Lui si voltò non riusciva a vedere bene chi fosse a causa di quella odiosa nebbia, lo riconobbe semplicemente perché zoppicava.
“Era ora, è più di un quarto d’ora che ti aspetto.”
“Ho fatto tardi, mi dispiace. Seguimi”
L’inflessione cockney era marcata e quando lo oltrepassò per fargli strada, sentì un misto di rum di scarsa qualità, sudore e tabacco scadente. Un fetore che neanche l’aromatico profumo del sigaro riusciva a coprire.
“La prossima volta vedi di essere puntuale, ho ben altro da fare che aspettarti” la visione di un corpo nudo che lo accoglieva gli passò davanti agli occhi, ma quando svoltò l’angolo l’apparizione fu sostituita da quattro uomini.
Capito immediatamente di essere stato tradito cercò di estrarre il pugnale che aveva nel retro dei pantaloni e di ritirarsi.
Fu agguantato rudemente per il cappotto, strattonato indietro, cadde tra mani sudice dei suoi aggressori.
Il braccio gli fu torto e il pugnale si perse tra il sudiciume che invadeva la strada.
Il berretto volò a terra, mentre lui cercava di dibattersi, di fuggire.
I piedi scivolavano sul lastricato bagnato, spruzzi di fango venivano sollevati fino a macchiargli il viso dai tratti nobili, anche se ancora un po’ infantili.
Le unghie si spezzarono contro il muro cercando di resistere o affondarono nella pelle degli uomini.
Calci e pugni vennero sferrati, colpendo mascelle, stomaci e petti, provocando ossa rotte e sangue.
Si dibatteva, si batteva, si difendeva disperatamente.
Fu inutile. Lo presero e lo trascinarono via con loro.
Non pensò alla missione né a quello che avrebbero potuto carpire da lui, il suo fu un unico grido disperato, silenzioso: “Anne!”
Cinque ore dopo un corpo martoriato dalle botte scaricato davanti alla porta di Lord Sinclaire al numero 12 di Grosvenor Square.

La porta si aprì con delicatezza. Non fu tanto il leggerissimo cigolio che lo svegliò quanto le risatine sommesse che le sue due visitatrici emisero.
“Shhhh”
Salirono con fatica sull’enorme letto e, gattonando, si avvicinarono al padre. Due teste si sporsero sulla sua spalla per controllare se dormisse. Un repentino movimento del braccio le fece sbilanciare in avanti e furono bloccate sul petto muscoloso da un abbraccio soffocante.
“Papà, non respiriamo”
Lui fece finta di continuare a dormire.
“Papà, non fare finta. Non stai dormendo!” Anjuli iniziò a tirargli il naso.
“Sì che sto dormendo. Non vedi? Ho gli occhi chiusi”
Zaira scese a fargli il solletico ai piedi. “No, papà! Stai parlando e adesso ridi perché ti faccio il solletico. Lo dice anche Miss Jenny che non dormi”
Miss Jenny era la uova bambola della bambina che a volte tirava in causa per dare forza ai suoi ragionamenti.
Logan si tirò su di scatto facendo rotolare sul materasso le figlie sghignazzanti.
“Miss Jenny è una spiona”
Le risate si fecero ancora più alte.
Chiese che ore fossero e gli risposero che era mattino inoltrato. Si sedette sul bordo del letto e si prese il viso tra le mani. Aveva deciso di riposare solo un paio di minuti dopo aver vegliato tutta la notte e invece erano passate quasi sei ore. Si stropicciò energicamente gli occhi. Si voltò verso le bambine che avevano iniziato a saltare sul letto.
“Sapete qualcosa di Miss Flanigan? I suoi zii sono già in piedi?”
Fu Zaira che gli rispose: “Sì, sei tu il dormiglione. Tutti in piedi. La Signora Stevenson dice che Miss Amelia sta un po’ meglio anche se ancora non si è svegliata e ha la febbre- gli atterrò accanto sulle ginocchia- Ah papà è venuto un signore, noi lo abbiamo visto dalla finestra della nostra stanza, vero Anjuli?”
La sorella confermò, mentre lisciava la vestina della bambola di pezza.

Si stava dirigendo verso l’ala riservata agli ospiti. Per farlo doveva attraversare per la lunghezza la casa. Dall’ala ovest a quella est, passando per la galleria.
Questa era una lunghissima stanza rettangolare con pareti rivestite con una boiserie in mogano scuro risalente al XVII secolo, quando importare novità dalla Francia non era ancora considerato alto tradimento. Uno dei lati lunghi era inframmezzato da finestra in bovindo che avrebbero inondato di luce quella tetra sala se non fossero state coperte con pesantissime tende di un rosso cupo. Ma quello che rendeva veramente inquietante non era né la spettrale penombra, né lo scricchiolio del parquet intarsiato, il vero problema erano quegli occhi fissi e morti che scrutavano e giudicavano chi aveva la sventura di passare da lì.
Logan odiava quella sala, fin da quando era ragazzino. Tutti quei visi di grandi statisti, vescovi, ammiragli, generali, capi famiglia, donne eleganti, bambini composti, immortalati per sempre creavano nelle generazioni la sua stirpe.
Da bambino, quando combinava qualcosa, il precettore lo trascinava per un orecchio davanti a quelle persone e gli diceva:
“I vostri antenati vi guardano. Con il vostro comportamento state infangando l’onore di secoli”
Dopo venticinque anni si sentiva ancora a disagio. I volti più o meno simili ai suoi lo scrutavano e lo giudicavano spassionatamente come aveva fatto sua madre. Accelerò il passo ma non volle distogliere gli occhi, sarebbe stata una sconfitta.
Poi lo vide, si ricordava ancora quando avevano posato per quel quadro tutti e quattro insieme, uno dei pochi momenti uniti. Adesso eccolo lì quel quadro di modesta fattura appeso insieme agli altri, ma con la parte destra abilmente camuffata. Se lui non avesse posato per quella tela non si sarebbe accorto che uno dei due ragazzini a cavallo era stato sostituito con un bellissimo cipresso.    
Una risata spontanea ed irrefrenabile lo scosse tanto da doversi appoggiare al pannello di legno.
Gli fu difficile frenarsi anche quando James gli si avvicinò dicendo che lo aveva cercato per tutta la casa.
“Milord, c’è un ospite che desidera vedervi”
Si asciugò gli occhi con il palmo della mano: “Sì, le bambine me lo hanno detto. Lo vedrò più tardi, James. Adesso stavo andando a trovare Miss Flanigan”
“Milord, ha detto che è urgente. Il suo nome è William Dunham”
Il riso scomparve immediatamente dal volto del Duca: “Quando è arrivato? Dov’è?”
Il maggiordomo continuò come se non si fosse accorto del repentino cambio di umore: “Circa venti minuti fa. L’ho fatto accomodare in biblioteca, sembra avere molta fretta. Non ha accettato niente, vuole solo vedervi e anche con una certa insistenza, se me lo permettete”
Fece un profondo respiro: “Sì, è tipico di lui. Obbedienza e rapidità questo è il suo motto- si voltò per tornare indietro e raggiungere le scale- James, vai a vedere se i Stevenson hanno bisogno di qualcosa- fece ancora alcuni passi e poi si voltò nuovamente- Non voglio che nessuno ci disturbi. Nessuno, nemmeno le mie figlie”

Non entrò in biblioteca, vi irruppe. La porta sbatté, facendo sussultare e guardarsi l’un l’altra le cameriere che si affaccendavano nelle stanze vicine. Mortalmente furioso, si fermò a scrutare quell’uomo che comodamente lo guardava dalla sua poltrona, bevendo il suo Xeres.
“Dunham, bastardo, ne hai di coraggio per farti rivedere!”
L’uomo non si scompose né si alzò. Era una persona di aspetto molto comune ed era impossibile definire la sua età precisa. Folti capelli di un biondo insignificante incorniciavano un viso anonimo, con tratti ben proporzionati né marcati né delicati. Non era né alto né basso, né grasso né magro e i vestiti erano di buona fattura. Quando parlò lo fece senza nessun tipo di accento, ma per la maggior parte non parlava quasi mai.
Tutti facevano lo sbaglio di prenderlo per un sempliciotto e la maggior parte se ne era pentita. Nulla sfuggiva a quell’uomo, né una parola, né un gesto, né uno sguardo.
Si voltò leggermente per guardare il Duca furioso: “Andiamo, Jimmy, non vorrai rinvangare quella vecchia storia?”
Logan lo sollevò di peso per i baveri ed iniziò a scuoterlo: “Vecchia storia, fottuto bastardo? Mi hai mollato nella merda, quando ti bastava una parola per farmi uscire dai casini? Una singola parola!”
William per nulla intimorito lo guardò dritto negli occhi: “Tu sai quali sono le regole, Jimmy. Non potevo fare nulla per aiutarti e, comunque, mi sembra che dopo tu sia stato ben ricompensato. Ti devo, forse, ricordare come hai ottenuto la Fenix?”
Logan lo lasciò andare all’istante.
Bruciante umiliazione lo invase, aveva accettato il denaro piuttosto che tornare a casa strisciando e si era legato indissolubilmente a Dunham e a tutto quello che rappresentava.
“Cosa ci fai qui?”
“In fondo sei sempre stato una persona ragionevole, Jimmy- disse l’ometto aggiustandosi la giacca- anche quando eri un ragazzino”
Prima o poi ti faccio ingoiare quel “Jimmy”
“Sono qui per richiamarti in servizio. Ordini del grande capo. Dovresti essere contento. Complimenti per il vino, eccellente”
Redbourne lo guardò sospettoso, gli ordini non potevano cambiare così repentinamente: “Sono stato mandato in vacanza forzata neanche un mese fa e adesso tu arrivi e mi dici che devo tornare in servizio? Dov’è Josh?”
L’altro si strinse nelle spalle: “È stato imprudente ma almeno non ha detto niente, o almeno, così sembra”
“Che cosa significa?”
“Significa che l’informatore non era affidabile, è caduto in trappola. Ce lo hanno restituito questa mattina”
Redbourne chiuse per un attimo gli occhi cercando di calmarsi per evitare di strangolare seduta stante quell’ometto. Aveva visto Josh una sola volta, un ragazzino raggiante ed entusiasta che non sapeva neanche in che guaio stesse cacciando lui e la sua giovane sposa di cui parlava senza posa.
“Cosa c’è sotto? Qual è la verità? Perché l’impiego di Simons in una questione così delicata. Perché non sei andato tu?”
L’altro iniziò ad accarezzarsi i corti baffetti: “Un mese fa ci è stato riferito che uno degli informatori non era sicuro. Abbiamo mandato Simons, Barclay e Lee ad accertarsene”
La rabbia montò incontrollabile dentro Logan.
Alzò il pugno per colpire Dunham che lo fissò con un sorrisetto maligno, se lo avesse colpito, sarebbe stata la sua fine, e il bastardo lo sapeva bene.
La sua collera si abbatté sul tavolino accanto a lui con sopra un vaso Ming.
La miriade di pezzettini di porcellana sparsi sul tappeto non furono sufficienti, comunque.
“Hai condannato quei ragazzi a morte senza neanche pensarci. Sapevi che non sarebbero stati in grado di gestire la situazione in caso di pericolo!”
“Non tutti, solo uno. Il caso ha voluto fosse Simons. Non potevamo rischiare te o uno del tuo livello. Quei ragazzi sono delle pedine. Non farmi passare per il mostro del momento. Sanno che è così. Lo sapevi anche tu agli inizi. Non c‘è mai stata nessuna differenza”
Crollò su di una sedia.
È vero. Maledettamente, fottutamente vero!
“Abbiamo bisogno delle tue doti di trasformista per un po’. Tieni, qui ci sono tutte le istruzioni. Perciò liberati di qualsiasi impegno, inventa una scusa per le tue pargole e vai a trovare la tua amante per un‘ultima botta d‘addio. Questo ha la massima priorità, come sempre. Arrivederci, Jimmy”
Riprese il cappello e uscì dalla porta-finestre lasciando Jimmy alle prese con la busta che gli aveva gettato in grembo.


Ringraziamenti:

-Elfa Sognatrice: Stai perdendo il tuo potere di previsione o mi sto inventando cose troppo assurde? Questi favolosi suggerimenti, comunque, me li tengo magari per più avanti o per qualche altra storia. Già mi immagino la reazione che avrebbe avuto Amy ne trovarselo do fianco!!! Magari meno prevedibile quella di Logan!. Aspetto quello che mi scriverai su questo capitolo. Ciao

-Per i 17 che hanno inserito la storia tra i preferiti i 15 in seguiti e Lisa23 che l'ha anche "ricordata": Grazie mille! Sarei tanto contenta se mi diceste cosa vi piace nella storia e la vostra visione generale. Comunque vi ringrazio ancora tantissimo per seguirla con costanza.
- Per chiunque legga: Arrivederci al prossimo capitolo! E ricordate che mi serve sempre un suggerimento per la trama! Ciao

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV ***





Questo è stato il capitolo più difficile che abbia mai dovuto scrivere e sinceramente non so se sia venuto decentemente anche se lo riscritto almeno una decina di volte!
Leggetelo e giudicherete da voi, ditemi come l'avete trovato.
L'appello per l'introduzione rimane sempre valido e chiedo ancheopinioni su questo capitolo che ha costituito un vero tormento!

Capitolo 14

Gli avevano dato poche ore per prepararsi a partire.
Erano passati quasi tre anni da quando gli avevano affidato una missione simile. L’ultima l’aveva accolta come un’eccellente opportunità per mostrare il suo valore, ma ora … ora vedeva la faccia martoriata del giovane Simons e quella disperata della moglie alla quale si sovrapponevano quelle sorridenti delle sue bambine lasciate sole e bastarde senza nessuno che potesse aiutarle.
Loro avevano solo lui, non era suo diritto rischiare la vita ma non poteva neanche tirarsi indietro.
Questa sarebbe stata l’ultima, sarebbe andato direttamente da Sinclaire e si sarebbe tirato fuori una volta per tutte.
Ma fino a quel momento …
Più di due ore passarono prima che lui riuscisse a trovare una soluzione, quando la trovò non ne fu comunque entusiasta. Quella scelta significava tirare in gioco un’altra persona che non aveva quasi niente a che fare con lui, significava affidare le sue bambine e il suo futuro ad una persona estranea, una donna che conosceva da troppo poco.
Non c’era altro modo.
Adesso vedremo veramente di che pasta è fatta
Ormai deciso, uscì dalla biblioteca e a passo di carica rifece la strada che aveva percorso con tutt’altro spirito.
Frustrazione, rabbia, dubbio e profonda impotenza facevano muovere i suoi piedi più velocemente di quanto avesse voluto, facendolo marciare come una piccolo tamburino sospinto dal suono rollante del suo stesso tamburo verso una fine che non era rassicurante e tanto meno sicura.
Logan, comunque, non era più un ragazzo perciò stringendo le mascelle non rasate, allungò la mano decisa verso la maniglia della porta.
Trovò Miss Flanigan sveglia che, appoggiata ai cuscini, ascoltava le chiacchere instancabili di Anjuli. Appena varcò la soglia le sue figlie si alzarono dal letto dove erano accoccolate tranquille, per corrergli incontro. Con la coda dell’occhio vide che la sua ospite si tirava fin sotto il mento le lenzuola e spingeva dietro le spalle i lunghi capelli cercando di rendersi presentabile anche se costretta a letto.
Incorreggibile!
“State dando noia a Miss Flanigan? Lo sapete che deve riposare”
Lei si apprestò a difenderle: “No, non rimproveratele. Mi stavano tenendo compagnia. Almeno loro si sono ricordate di avere un’ospite rilegata in questo letto da inferma!”
Fece un sorrisetto e gli lanciò un’occhiata giocosamente irata che completava il suo tono melodrammatico.
Bhè, non così irrecuperabile
“Vi state riferendo a me? Avete sentito la mia mancanza?”
Questa volta era lui a far comparire sul viso il sorriso sornione, che però non durò tanto a lungo quanto gli altri che le aveva  lanciato in precedenza.
Lei non rispose, alzò il mento e si aggiustò meglio le lenzuola attorno alle spalle.
Il silenzio fu interrotto da Zaira: “Papà, Miss Amelia mi ha detto che appena starà meglio ci insegnerà a cucire, così potrò fare a Miss Jenny un nuovo vestitino, così quando arriverà l‘inverno non avrà freddo”
Logan accarezzò le teste delle figlie.
Dio quanto gli sarebbero mancate!
Tirò il naso ad entrambe: “Devo parlare con la nostra malata. Lasciateci soli, scimmiette. Salutate”
Le gemelle obbedirono e richiusero la porta dietro di loro.
Logan fece un grosso respiro e si rivolse a lei con una faccia così seria e scura che Amelia si preoccupò: “Milord, è successo qualcosa?”
Iniziò ad andare su e giù per la stanza come una bestia in gabbia, non riuscendo a risolversi a parlare.
“Milord! - Amelia iniziava a preoccuparsi seriamente- Come posso aiutarvi? Ditemi, vorrei veramente esservi utile”
Furono momenti di pura angoscia ed irresoluzione quelli che passò in quel momento il Duca, mai aveva esitato nella vita ma mai aveva dovuto prendere tale decisione.
Le si pose davanti e alla fine riuscì a far uscire le parole: “Ho bisogno di un grande, grandissimo favore.- Lei fece un cenno incoraggiante e lui si grattò la testa come sempre faceva quando non era proprio a suo agio- Voi mi dovete sposare”
Amelia tornò ad appoggiarsi contro i cuscini, atterrita.
Avrebbe voluto illudersi che quella dichiarazione fosse dettata da un irresistibile trasporto per lei, ma capiva bene che ciò era impossibile. Certo era diventati amici molto naturalmente, ma chiederle di spossarla era tutt’altra faccenda.
Chiuse per un attimo gli occhi cercando di riordinare le idee.
Dopodiché indicò la sedia accanto al letto: “Volete raccontarmi cosa sta succedendo?”
Lui fece come lei gli aveva detto. Era sollevato che lei rimanesse così calma e controllata.
“La verità è che ho bisogno del vostro aiuto. Non mi piace chiedervi questo favore, mi pone in una situazione di svantaggio e non ho il controllo della situazione. Mi devo allontanare.
Non ne sono contento ma non posso evitarlo.
Non è pericoloso, ma diciamo che non si garantisce la mia incolumità”
Le lanciò un’occhiata per vedere la sua reazione alle sue parole. Lei lo guardava seria con le sopracciglia un po’ aggrottate.
Si sentiva egoista nel porle quella richiesta, ma le sue bambine venivano prima di tutti “Nel caso che io muoia, nessuno si prenderebbe cura di Anjuli e Zaira. Mia madre probabilmente per carità cristiana le metterebbe in un convento francese e le abbonderebbe lì per il resto della loro vita. Loro devono avere tutti i privilegi e i diritti che spettano loro in quanto figlie mie”
Lei incrociò le mani e strinse le dita: “E vorreste sposarmi perché una moglie, nel caso che voi … non tornaste, diventerebbe la loro tutrice”
Non era una domanda, la ragazza aveva capito.
Lei si morse le labbra mentre lui annuiva: “Siete l’unica persona al mondo a cui le affiderei”
La torsione alle mani si fece più forte.
“Cosa accadrà quando tornerete?”
Lui distolse lo sguardo e lo rivolse alla finestra: “Qualunque cosa voi vorrete. Sarò in debito con voi. Possiamo mantenere segreto il matrimonio così potrete decidere senza nessuna pressione. Io mi conformerò a qualunque cosa.”
Ci furono cinque minuti di silenzio, entrambi persi nei loro ragionamenti e nella loro personale disperazione.
È folle!
Non funzionerà mai!
È irresponsabile!
È inaspettato!
Ma non lo fa solo per sé stesso e tu non saresti una approfittatrice.
Senza senso, impossibile, senza fondamento!
È inevitabile!
Vedendo che lei non dava una risposta ma continuava a scuotere la testa con le sopracciglia aggrottate, lui si alzò di scatto: “Mi dispiace di avervi disturbato”
Amelia si riscosse velocemente, si allungò, ma il risultato che ottenne fu solo una fitta lungo la gamba: “Dove andate? Andrete a proporlo a qualcun’altra?”
Era deluso, arrabbiato e non sapeva più cosa fare, le si rivoltò contro duramente: “Non siate stupida! Non affiderei alla prima venuta le mie bambine”
Amelia lo fermò.

Posò la penna con la quale aveva appena firmato e rimase a fissare per qualche secondo il foglio. Non era tanto il testo che la legava ad un’altra persona che la impressionava quanto la firma che aveva apposto in fondo: Amelia Redbourne.
Era fatta, tutto le era passato davanti come se fosse stata un automa.
Ti chiederai, lettore, se adesso si sentisse timorosa, sconvolta o felice, te lo dirò io, si sentiva umiliata.
Sì, era questa la parola.
Era umiliata per quella farsa che il prete mezzo ubriaco, raccattato in qualche osteria di paese aveva pronunciato e spacciato per celebrazione.
Umiliata perché il suo matrimonio era avvenuto alla chetichella, nel cuore della notte e con la sposa in camicia da notte costretta a letto e lo sposo che puzzava di fumo, con le maniche della camicia rimboccate e la barba non fatta.
Umiliata perché i due testimoni avevano firmato con una croce quel documento preso non si sa dove ma che la legava a quell’uomo che seduto al tavolino le dava le spalle mentre scriveva precipitosamente e rispondeva alle domande di rito distrattamente e non senza essere stato richiamato a farlo.
Si sentiva spossata per la febbre che le era aumentata nel corso del pomeriggio e un dolore sordo le impediva di ragionare.
Avrebbe voluto rompere qualsiasi cosa le fosse capitata sotto tiro.
Finalmente il cameriere e Maya se ne andarono e trascinarono fuori il sacerdote che continuava a biascicare congratulazione senza senso.
Tutto divenne silenzio, solo lo scricchiolio della penna che scriveva in continuazione si poteva sentire.
Finito di redigere il documento e firmatolo, Logan si voltò e si trovò lo sguardo inquisitorio e furioso della ragazza. Ne rimase un attimo sorpreso ma non ci prestò caso.
Le passò i fogli che aveva scritto e lei li prese automaticamente: “Quello è il mio testamento. C’è scritto che alla mia morte tu diventerai la tutrice di Anjuli e Zaira, ne amministrerai il patrimonio e questa casa fino al compimento dei vent’un anni. A te lascio un terzo del mio patrimonio.
Questo testamento diventerà esecutivo qualora io muoia. In tal caso agirai come meglio credi, ma ti consiglio di chiedere aiuto a mia madre, è una donna dura ma ti ha sempre mostrato comprensione e affetto. Inventati una scusa qualsiasi- vedendo che lei non accennava a rispondergli si accostò al letto- Perché non dici niente?”
Non era pentito, aveva fatto tutto il necessario e nel miglior modo possibile, ma capiva che lei era turbata. Doveva comprenderla, le era piombato tutto addosso e non era in grado di gestire completamente la situazione.
Le si fece più vicino: “Ti fa male la gamba?”
Lei scosse la testa, non avrebbe detto niente. Adesso si sentiva emotivamente instabile per il dolore e per l‘incertezza. Iniziò a tormentare gli occhiali tra le mani, lasciando impronte sulle lenti e rischiando di spezzare le stanghette.
Lui si sedette sulla sponda del letto e glieli portò via dalle mani, li appoggiò sul comodino e rimase in attesa.
Logan la osservò per un attimo, si chiese se non avesse fatto un errore enorme. Eppure allo stesso tempo sentiva che quella ragazza avrebbe potuto sopportare un peso enorme sulle sue spalle nonostante non capisse come.
Intuendo che non avrebbe ricevuto risposta, le prese il viso tra le mani e stringendoglielo glielo alzò leggermente per portarlo più vicino al suo: “Potresti vincere un esercito intero se solo lo volessi. E quando tornerò, saremo in due a risolvere questa faccenda”
L’angoscia fu più forte di lei: “E se non tornaste? Se accadesse qualcosa e ci fosse bisogno di voi? Chi o che cosa vi costringe ad allontanarvi dalle vostre bambine e da chi vi ama?”
Chiuse di scatto la bocca ed arrossì vivamente ma non le importò più di tanto che le sue parole potessero venire fraintese. Era troppo, troppo stanca e voleva rimanere sola.
Il volto di suo marito si fece scuro. Le sopracciglia si aggrottarono, la bocca divenne rigida e la presa si strinse: “Non darmi anche questa responsabilità. Non adesso”
Amelia non capì bene quelle parole perché gliele aveva sussurrate tanto vicino alle labbra e poi l’aveva baciata che non era ben riuscita distinguere se anche quelle parole non facessero parte del bacio.
La prima volta che Logan l’aveva baciata era stato tanto rapido che lei non era riuscita a capire cosa stesse succedendo, quest’ultimo fu tutt’altra cosa.
Le sfiorò delicatamente le labbra con le sue, con la stessa delicatezza con cui i suoi polpastrelli le toccavano le orecchie. In ogni tocco di lui c’era una sensualità latente, anche se non passionale nel vero senso della parola. Amy non ne fu spaventata anche se ne era cosciente nel più profondo di sé stessa. Ricambiò delicatamente e lentamente ogni suo piccolo e superficiale gesto anche se non mosse le mani che ancora stringevano il documento che la rendeva responsabile di ogni suo bene.
Ben presto, troppo presto, lui le lasciò il viso e si scostò.
“Ne riparleremo quando sarò tornato. Dormi bene, moglie”
La lasciò sola.

Il mattino dopo partì adducendo come scusa degli affari urgenti e improrogabili, al suo posto, quel pomeriggio, arrivò come un turbine la Contessa di T*** disperata e preoccupatissima per la figlia.



Ringraziamenti:

Un enorme grazie alle mie due commentatrici ormai ufficiali: Elfa Sognatrice e Melikes che ogni volta tirano su il morale di una povera scrittrice a tempo perso!

Ai nuovi e vecchi lettori che hanno una gigantesca pazienza.

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Capitolo 16
*** Capitolo XV ***


Capitolo 15

Victoria guardava preoccupata la figlia dalla finestra della sua camera.
Fino a quel momento non si era mai dovuta dare pensiero per Amelia, ma adesso era seriamente preoccupata. Per tutti e due mesi che erano passati da che si erano ritrasferite a casa loro, la figlia era diventata un‘altra persona. In un primo momento aveva attribuito la causa al dolore che provava, ma la gamba adesso era pressoché guarita eppure il suo atteggiamento non era cambiato. Non che si comportasse in modo strano o avesse un brusco atteggiamento, era solo che era diventata pensierosa e solitaria e spesso la madre notava quanto fosse tesa, pronta a scoppiare alla minima scintilla. Spesso si sedeva accanto alla finestra a ricamare o faceva passeggiate aiutandosi con il bastone e non rientrava fino al tramonto. Con loro e, soprattutto, con i bambini si mostrava gaia e attenta ma il sorriso scompariva subito e la fronte tornava ad aggrottarsi. Qualcosa di importante era successo nella vita della figlia, ne era più che sicura.
“Cosa guardi?- la cognata si era avvicinata alle sue spalle e si era messa ad osservare anche lei la nipote- Ah. Te ne sei accorta anche tu! È più grave di quanto pensassi, allora”
Victoria si volse indignata e si mise le mani sui fianchi: “Bhe, cara, è difficile non notarla. Se ne sta lì come se tutto il destino del mondo fosse sulle sue spalle!
Si sa qualcosa? - la cognata scosse la testa - E lei sembra non aspettarsi niente! Non si riesce a tirarle fuori niente! Maledetta cocciutaggine irlandese, è come suo padre. Non si riusciva a cavargli fuori un bel niente dalla bocca”
Charlotte si pentì per l’ennesima volta per aver raccontato alla Contessa delle sue impressioni, o meglio, adesso doveva dire speranze, che aveva sviluppato sulla relazione tra la nipote e l’evanescente Duca. Non aveva avuto nessuna conferma neanche da Amy che era riuscita a destreggiarsi abilmente tra le scaltre domande sue e della madre.
Victoria aveva preso l’ipotesi molto seriamente e come un dato di fatto e adesso vedere che tra i due non c’era la minima comunicazione la faceva andare in bestia.
La Signora Stevenson le mise una mano sulla spalla per calmare il suo furioso andirivieni. “Può essere che ci siamo sbagliati, Vick. Magari hanno solo giocato un po’. Poteva essere solo un’amicizia”
Victoria, mordicchiandosi le labbra, rispose: “Vero. Resta il fatto che mia figlia è cambiata. Non so dirti perché, ma sono sicura che sia successo qualcosa!”
Charlotte annuì ed andò a sedersi in una delle poltrone che si trovavano nella stanza: “Cos’è che ti turba veramente? Tu non mi stai raccontato tutto”
Dopo alcuni secondi e diverse tiratine al vestito di lino, rispose: “Grant mi ha scritto che presto lascerà il suo incarico ed ha deciso di ritirarsi nella sua proprietà in Irlanda. Dice che non sopporta più Londra e la sua società con i suoi segreti. Vuole portarmi là con lui. Vuole sposarmi”
“Questa volta sembra una cosa seria. Cosa vuoi fare?”
“Penso che, per la prima volta nella mia vita, non sto rincorrendo qualcosa. Mi sento tranquilla e contenta. Sai, Lotte, Grant è l’ultimo uomo di cui avrei pensato di potermi innamorare. Non propriamente un bell’uomo, né brillante in società. Per la verità è assolutamente impossibile. A volte rasenta la maleducazione e l‘irrazionalità.
La verità è che lo sposerei oggi stesso.
In quest‘ultimo mese Londra mi ha disgustata. La mia Londra, Lotte!
Solo che c’è Amy. Non può venire con noi in Irlanda, anche se a Grant farebbe piacere. È troppo giovane, ma non può rimanere neanche qua in balia di quell’arpia di sua zia. - sapendo che la cognata stava per prendersi carico della nipote la prevenì - Non potrà vivere con voi, siete già troppi quelli che siete e vista la velocità con cui vi riproducete non vi fermerete qua. Io speravo che, insomma, anche lei si fosse sistemata. Che fosse contenta. Immaginati, Lotte, che splendidi bambini che nascerebbero e che splendida e giovane nonna sarei io!”
“Forse ho la soluzione, ma ne dovrai parlare con lei”

Da più di un’ora Amelia era seduta con lo sguardo fisso davanti a sé. Tutte le sere da ben due mesi rimaneva a fissare il vuoto riflettendo e cercando di rimettere sulla giusta strada la sua vita che aveva preso una piega che non riusciva più a gestire. Tutto quello che era stato ordinato e programmato adesso era confusionario e impossibile da prevedere. Con le gambe incrociate e le mani sulle ginocchia rigirava i suoi problemi cercando di comprendere sentimenti ed eventi, cercando di pianificare il futuro e ordinare il tutto in modo più soddisfacente possibile.
Le era impossibile.
Molto carino da parte sua mettermi in questo guaio e poi lasciarmi sola!
Voleva scappare da quella situazione ma ormai le era impossibile, così aspettava il momento in cui tutto si sarebbe risolto da solo.
Sentì bussare e rilassò la mascella che aveva involontariamente contratto e allungò davanti a sé le gambe. Victoria entrò in uno svolazzo di pizzi.
Amelia osservò bene la madre e per la prima volta si rammaricò di non essere come lei. Elegante in qualsiasi circostanza e così sicura di sé da affrontare qualsiasi cosa. Una donna del genere avrebbe saputo cosa fare e, soprattutto, non avrebbe lasciato andare via il padre delle proprie figlie!
Amy trattenne la risata isterica che le stava salendo alle labbra. Stava decisamente impazzendo.
“Ti disturbo, cara?- al suo accenno negativo, andò ad appollaiarsi anche lei sull’alto letto- Ho qualcosa da dirti o, meglio, da chiederti”
Il bel viso era preoccupato ed il labbro inferiore veniva tormentato dai denti nello stesso modo in cui lei tormentava il suo.
Mia madre si risposa, ormai l’ho capito. Ed è felice. Ogni suo sguardo, ogni suo gesto lo dimostra.
Ce ne dovremo andare. Dovrò gestire la situazione da Londra.
“Amelia, ho ricevuto una lettera …- la figlia le prese la mano e cercò di rivolgerle il suo sorriso più felice- Mi ha chiesto di sposarlo, Amy, e di andare a vivere con lui in Irlanda”
Il sorriso della ragazza sparì.
“Non gli ho ancora dato una risposta. Pensavo che fosse giusto chiedere prima a te. Non sono stata una madre esemplare e non mi sento in diritto di sradicarti dalla tua casa senza che tu, almeno, possa dire qualcosa a riguardo.”
“Gli volete bene?”
Victoria annuì ed ad Amelia si mozzò il respiro nel tentativo di trattenere le lacrime. Solo una ne sfuggì ma la gola era in fiamme e respirare era pressoché impossibile.
È finita!
La madre abbracciò la figlia e la cullò cercando di calmare quello sfogo improvviso goffamente. Fino a quel momento non aveva dovuto mai consolare nessuno: “Amy, adori così tanto questa casa? Hai così bei ricordi da reagire in questo modo?”
Amelia scosse la testa cercando di rispondere ma l’unica cosa che riusciva a fare era aggrapparsi sempre più convulsamente alla veste da camera della madre.
Non era la casa o la responsabilità della tenuta. Le sarebbe dispiaciuto lasciarla, certo, ma non era questo ad averla ridotta sull‘orlo di un pianto isterico.
Era la frustrazione accumulata ad averla ridotta in quel modo, il fallimento di tutti i suoi progetti e la sistematica demolizione delle sue speranze.
Piano piano si chetò ma non volle sollevare la testa del grembo della madre. Alla crisi era subentrata la vergogna.
Victoria sollevò delicatamente il viso a sua figlia: “Vuoi dirmi cosa è successo mentre non c’ero?”
“Non posso- non c’era motivo di negare che ci fosse qualcosa, non era mai stata brava a nascondere dei segreti - Non posso”
“È qualcosa di grave? Si può sistemare?”
“Sì, ma non adesso. Mamma vi giuro che non ho fatto nulla di sbagliato o che rimpiango. Solo che sembra una cosa più grande di me. Devo riorganizzare la mia vita da capo”
Victoria le accarezzava i capelli umidi di sudore“E l’andare in Irlanda non ti aiuterebbe di certo”
“Non posso chiedervi di rinunciare a questa opportunità! Io mi organizzerò per risolvere le cose. Io … vi voglio bene, voglio che siate felice, io …”
“Bambina io ho fatto molto poco per te in questi ultimi vent’anni, niente direi. Non posso fare in modo che tu passa rimanere qua. - si alzò in piedi lisciandosi la stoffa sul corpo e controllandosi le lunghe curatissime unghie laccate di rosso- Amelia, Londra sarebbe troppo lontano per te? Che ne dici se dopo che avremo festeggiato le nozze tu rimanessi lì. È ora che tu gestisca la tua vita come meglio credi”
La ragazza la guardò sciogliersi i muscoli delle spalle con un gesto tanto elegante quanto sensuale.
Se lei avesse avuto anche solo la metà del fascino della madre, Amelia non si sarebbe trovata in quella situazione.
“Non posso e non voglio andare a vivere con zia Elizabeth. Io … io non credo di sopportarla più”
Victoria si voltò di scatto: “Ho lasciato fin troppo mia figlia nelle mani di quella vecchia bigotta. Ringraziamo il cielo che fosse impegnata nelle sue preghiere per purificare il mondo da persone come me altrimenti ci avrebbe seccato con la sua presenza inopportuna e fastidiosa”
In effetti la purissima Elizabeth era da tre mesi impegnata nel suo ritiro spirituale annuale in un convento di clausura vicino Londra. La notizia della caduta della nipote non le era pervenuta ma in compenso Amy riceveva ogni settimana una lettera della Duchessa che chiedeva della sua salute.
Impressionante come quella donna si interessasse in quel modo di un’estranea ed invece provasse tanta indifferenza per il proprio figlio.
“Ti ricordi di Mrs Harden? - Alla ragazza passò la visione di una longilinea vecchietta e del suo sguardo acuto - È una donna intelligente, ti permetterà di risolvere i tuoi problemi senza esserti troppo di impiccio”
Amelia annuì.
Ma questa sarà l’ultima volta che qualcuno deciderà per me, questo è un giuramento!

Tre settimane dopo Amelia guardava fuori dal finestrino delle carrozza stracolma che portava lei e sua madre verso Londra. Si sentiva lo stomaco in una morsa ed una nausea imminente.
Erano state tre settimane di inferno. Lei, Victoria e Charlotte avevano lavorato freneticamente per preparare i bauli e le casse che le avevano precedute e che le avrebbero e per la maggior parte destinati ad attendere in un magazzino fino a che Victoria o meglio la futura Signora Grant Ernshown non si fosse sistemata nella sua nuova casa. Amy aveva avuto un incontro con l’agente del Conte per consegnargli tutti i documenti relativi alla tenuta e le chiavi di ogni serratura della casa.
Per lei fu un gran dolore. La casa era stata la sua ragione di vita fino … bhè fino a che Logan non era entrato nella sua vita.
In tutto questo trambusto era anche riuscita ad avere un colloquio con Maya per spiegarle la situazione, darle il suo nuovo indirizzo con la raccomandazione di scriverle e contattarla nel caso ci fosse stato bisogno.
Un nuovo dolore lo dovette sopportare quando dovette salutare le bambine. Le piccole le si erano molto affezionate e salutandola con gli occhi lucidi, dandole i disegni che avevano fatto per lei, le promisero di scriverle una lettera a settimana.
Amava quelle bambine come se fossero sue.
Sorrise tra sé.
Legalmente erano sue.
“Tornate al più presto Miss Amelia se papà torna e non vi trova ci resterà male, è molto sicurissimo!”
Se avesse potuto avrebbe mandato il loro amato padre cordialmente all’inferno.
Bugiarda quando lo rivedrai sai che ti scioglierai come sempre! Prima o poi lo dovrai ammettere, tu lo a…
Stai zitto!
Victoria aveva scritto anche a Mrs Harden descrivendole la figlia e dicendole solamente che non si sentiva di rilegare una giovane in una terra dove il miglior partito era un agricoltore più facoltoso di altri e il più gran divertimento la fiera della parrocchia.
La risposta fu breve e succinta: Deciderò quando vedrò la ragazza.
Ovviamente avevano dovuto salutare tutti i vicini che fortunatamente non erano molti e sopportare gli auguri ipocriti e i sorrisini di Lady Johnson.
Ormai tutto era finito e presto Amelia avrebbe dovuto affrontare una nuova parte della sua vita circondata da estranei e aspettando una persona che non sapeva neanche se fosse viva o morta. Ma questa volta avrebbe vissuto come avrebbe voluto. Era risoluta ad essere sé stessa senza più restrizioni.
Quella che stava andando a Londra era una nuova Amelia Flanigan!
Se doveva voltare pagina che questa fosse completamente differente della precedente!
La carrozza prese una buca e lo scossone la risvegliò dai suoi pensieri facendole notare che ormai dovevano essere quasi arrivati. Hyde Park era in vista e la casa di Mrs Harden non doveva essere lontana.
Ed infatti: “Eccola Amy, è quella! Non è un amore?”
Amy osservò la casa che sua madre le indicava e che man mano si faceva più grande. Era una casina vecchio stile in mattoni rossi e marroni letteralmente incastrata tra due palazzi alti ed eleganti. Un cottage nel pieno centro di Londra.
Sì ad Amy piaceva e guardandola il cuore le si risollevò un po’.


P.S. So di essere in pauroso ritardo e per questo posto questo capitolo il tempo mi viene sempre di più risucchiato quindi ho cercato di finire almeno questo per poi dedicarmi al prossimo sperando di finirlo prima. Spero che non sia una delusione nonostante l'attesa.

Nemine22: Non ho abbandonato lo giuro! Ci sono ancora e prometto di portare a termine questa Odissea. Spero che tu possa leggere questo capitolo e che non mi abbia abbandonata. anch'io ho bisogno di sostenitori!

Elfa Sognatrice: Ti ringrazio come sempre! Il prossimo capitolo prometto che sarà migliore

Melikes: Alla fine ho pubblicato quello che avevo con piccoli aggiustamenti altrimenti saremmo arrivati alle Calende greche probabilmente.

Grazie per la tenacia con cui seguite questa storia
Sperando che questo capitolo non vi faccia cambiare idea.

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