Breaking Dawn da parte di Edward.

di LoveShanimal
(/viewuser.php?uid=126973)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Fidanzato ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Una notte movimentata. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Il grande giorno ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Gesto. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Isola Esme ***
Capitolo 6: *** 6.5 Distrazioni ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Fidanzato ***


Questa storia non l'ho scritta proprio recentemente. Spero che vi piaccia lo stesso! Buona lettura! :) 
Ps. Il primo capitolo segue molto il testo originale, più avanti ho lasciato libera la mia fantasia! :) 


Capitolo 1 : Fidanzato


Avevo smesso di respirare. Non che fosse necessario, ma immettere aria dentro i miei polmoni mi piaceva: portava con sé tutti gli odori presenti nell’aria, gli aromi. 
Ma ero a caccia, e avrei avuto tempo per gustarmi le diverse fragranze del bosco. 
Adesso dovevo solo pensare a nutrirmi, meglio che potevo. 
E non per divertire Emmett, non perché quando ero affamato ero di pessimo umore, ma per lei.
Si, ero cosciente del rischio che stavamo correndo; ma un accordo e un accordo. Ed entro pochi giorni lei avrebbe rispettato anche l’ultimo punto della sua parte. Poi sarebbe toccato a me. 
Era difficile accontentarla, ma anche io la desideravo, più di ogni altra cosa al mondo. 
Anche se da insicura qual era si considerava una ragazza normale e al di sotto della media delle persone interessanti, non era mai riuscita a capire veramente se stessa. 
Lei era bella, nel vero senso della parola. Anzi bellissima. E aveva una luce negli occhi che mai avevo visto in altre ragazze. La amavo, più di un padre, di una madre, di una sorella. 
La amavo più di quanto avessi mai amato anche me stesso.
E questo non era certo un punto a mio favore. 
Perché più andavo avanti nel tempo, più mi accorgevo di amarla. 
E più mi accorgevo di amarla più la desideravo anche fisicamente.
E per questo, quando ancora una volta mi aveva pregato di accontentarla, acconsentendo anche a sposarmi, non ero riuscito a dirle di no.
E entro pochi giorni, dopo il matrimonio, ci saremmo uniti in ogni forma umanamente possibile. 
E la cosa più assurda è che, tra tutte le cose che io non gli avrei mai voluto sottrarre a causa della mia natura, lei aveva scelto la più pericolosa.
Ma non si poteva tornare indietro. Io non volevo tornare indietro. 
Escludendo il pericolo, era una cosa che desideravo fare anche io. Mille volte avevo sentito delle sfrenate lune di miele di Emmett e Rosalie, delle loro demolizioni di case.. E avevo anche fantasticato sul poterlo fare con Bella. Ma il mio piacere veniva dopo la sua incolumità, quindi non mi ero mai azzardato nemmeno a parlargliene. 
Ancora lì, acquattato su quel ramo, pronto a balzare su quelle povere alci indifese, trattenendo il respiro, pensavo alla mia Bella.
Non riuscivo ancora a crederci. Fidanzato. 
Mi sembrava qualcosa di improbabile che il mio sogno più grande si stesse per realizzare. 
Io e Bella, per l’eternità.
Ero molto restio a trasformarla, ma pensando al concetto “insieme per sempre” provavo un piacere inimmaginabile. Solo un giorno e sarebbe diventata mia moglie. Solo un giorno e sarebbe diventata Bella Cullen.
Che cosa stupida. Un vampiro vive per sempre, quindi dopo un po’ d’anni impara ad essere paziente. Ed io ne avevo più di cento. 
Ma ormai stando con Bella mi ero fuso col suo mondo, ed i miei tratti umani erano riemersi. Come lei, che dopo aver per tanto tempo vissuto nei pericoli del mio, si era abituata a vivere una vita vampiresca.
“Dovresti vedere la tua faccia in questo momento, sembri un pesce lesso!” Emmett, alla mia destra, aspettava che mi dessi davvero da fare nella battuta di caccia. 
In tutta risposta, mostrai i denti, e balzai giù. 
Abbattei immediatamente il maschio più grande, senza problemi, mentre gli altri componenti del branco cercavano una via di fuga. Ma Emmett, prendendo la mia come una sfida, balzò giù un istante dopo di me e abbattè due alci più piccole in un colpo solo.
Appena dissanguato il mio, seguii la scia lasciata dagli animali in fuga, e, lasciandomi il mio fratellone alle spalle, fermai la corsa degli ultimi due. 
Per fortuna, il mio potere extra non funzionava anche sugli animali, o sarei morto di fame; ero sicuro che anche loro potessero pensare e provare emozioni, e leggere il terrore che provocavo in loro mi avrebbe impedito di ammazzarli. 
Senza un capello fuori posto, o una macchia di sangue, ripercorsi a ritroso il percorso, e trovai Emmett a “giocare” con un orso. 
Come si poteva essere nello stesso momento così adulti e così infantili ? 
Guardai la scena, mentre il mio baby-fratello stuzzicava e prendeva in giro l’animale; dopo pochi minuti, quando si fu stancato, lo stese con un solo colpo e, prima di avvicinare i denti al collo del perdente, si girò verso di me e, facendomi un occhiolino, disse "Vuoi favorire?"
Scossi leggermente la testa, come si fa quando si guarda un bambino capriccioso, e dissi con sarcasmo "Devo lasciare un po’ di spazio libero, no? Se voglio partecipare al vostro addio al celibato di stasera!" 
Lui rise, si avvicinò, e battendomi una mano sulla spalla disse "Questo è lo spirito giusto!"
"Torniamo a casa, sono due giorni che non ci facciamo sentire!" 
Iniziai a correre, e lui la prese come una sfida.
E mentre sfrecciavo nel bosco, mancando ogni volta di pochi centimetri gli alberi, pensavo a Bella. Come se non facessi sempre quello! 
Chissà cosa faceva in quel momento.. forse guidare la sua nuova auto! Solo al pensiero scoppiai in uìna gran risata.
La mia bellissima quasi-moglie, aveva accettato che io le regalassi un’auto nuova nel momento in cui il suo decrepito Chevy rosso si sarebbe rotto. 
Inizialmente avevo pensato di romperlo con l’aiuto di Rosalie, che si era ormai arresa a far cambiare idea a Bella sul diventare vampira e, addirittura, si era ripromessa di dare il benvenuto al meglio alla sua nuova quasi-sorella. 
Però, con tempismo quasi perfetto, prima di immettere nelle clausole dell’accordo anche quella di poter cambiare auto alla mia mogliettina, Alice ha avuto una visione in cui vedeva il pick up fermo e ormai deceduto.
La poveretta però, già restia ad avere un’auto da me, non avrebbe mai potuto immaginare che gliene avrei regalato due: una del prima e una del dopo.
Era solo una precauzione, ma avendo come amore della mia vita una calamita per le disgrazie, i vetri antiproiettile non erano abbastanza. Parlando di prima e dopo la trasformazione, la seconda non necessitava di così tante difese, e il motivo è evidente. 
Senza accorgermene, presi lo stesso percorso che portava a casa sua, e che avevamo fatto l’ultima volta insieme quando, settimane prima, avevamo deciso la data del matrimonio, e ci aspettava la missione più “pericolosa”, come aveva detto lei.

Quando il rumore dell’auto della polizia aveva annunciato il ritorno di Charlie, Bella aveva iniziato ad essere ansiosa e a sudare. Aveva persino provato a ritirare la mano sinistra, se io non l’avessi tenuta ben salda al tavolo.
"Smettila di agitarti, Bella. Per favore, cerca di ricordare che non sei qui per confessare un omicidio". 
"Facile dirlo, per te".
Non capivo perché si preoccupava tanto. Infondo io ero antiproiettile. 
Il suono degli stivali di Charlie sul marciapiede e la chiave che s’infilava nella porta già aperta ebbero per Bella la funzione di campanello d’allarme. Si agitava sempre di più, mentre il suo cuore accelerava i battiti.
"Calmati. Bella". 
La porta si chiuse sbattendo e Bella sobbalzò come per una scossa elettrica. 
"Ciao, Charlie", salutai. 
"No!" protestò Bella, in un sussurro.
"Che c’è?" 
"Aspetta almeno che appenda la pistola!" ridacchiai. Se Charlie avesse avuto l’intenzione di sparare, o a me o a lei, sarei riuscita a prenderla in braccio e a portarla dall’altra parte della città senza che lui se ne accorgesse.
“Sii cortese, Charlie. Sii cortese” pensò lui sbucando da dietro l’angolo. Cercava di essere gentile, almeno fino a quando non avesse scoperto quello che gli stavamo per rivelare.
"Ciao, ragazzi. Come va?" 
"Abbiamo una cosa da dirti" dissi con tono cortese "Buone notizie".
Si insospettì "Buone notizie?" “Cosa cavolo stanno tramando questi due?” 
"Siediti, papà" se Bella stava cercando di calmarlo, non ci stava riuscendo. Più la guardava in volto, più la vedeva sudare, e più si insospettiva.
"Non scaldarti, papà" che pessima attrice, pensai "E’ tutto okay".
Okay? Che cavolo significa okay? Io avrei detto qualcosa simile a “magnifico”, “meraviglioso” o “perfetto”. Molto probabilmente lo capì vedendo la smorfia che avevo appena fatto.
“Si certo, tutto okay.. Non me la da a bere!”
"Certo che si, Bella, certo che si. Se va tutto così alla grande, perché sei sudata fradicia?"

Bella, sentendosi scoperta, fece la cosa meno appropriata alla situazione: mentre mormorava poco convinta "Non sto sudando", si passò una mano sull’anulare sinistro come a nascondere le prove.
"Sei incinta!" esplose Charlie "Sei incinta vero?"
Anche se la domanda era rivolta a Bella, lui fissava me, e intanto pensò di puntarmi una pistola contro e di spararmi, ma la mia fidanzata fu subito pronta <>
“Cosa cavolo li spinge a sposarsi così giovani?” pensò Charlie, pieno di rabbia. Io ero all’antica, certo, ma perché nessuno teneva in considerazione l’amore come ragione di un matrimonio tra due ragazzi? 
"Oh, Scusa."
"Scuse accettato" Io aspettavo che Bella parlasse, e anche Charlie. Ma, vedendo la sua espressione di panico quando lo capì, sorrisi e mi rivolsi al padre.
"Charlie, so che non dovrebbe essere questo l’ordine delle cose. Per tradizione, avrei dovuto prima chiederti la sua mano. Non volevo mancarti di rispetto, ma visto che Bella aveva già detto si, e non volevo sminuire la sua scelta a riguardo, anzi che chiederti la sua mano, ti chiedo la tua benedizione. Ci sposiamo Charlie. La amo più di qualsiasi cosa al mondo. Più della mia stessa vita, e per qualche motivo, anche lei mi ama nello stesso modo. Ci darai la tua benedizione?"
Ero convinto di ciò che dicevo, e persino Bella si rilassò un attimo. 
Charlie aveva tantissimi pensieri in testa, che passavano dal mettere il broncio alla figlia, allo spararci, allo sparare solo me, e a mettere in punizione la figlia pur di non farci incontrare mai più.
"Ne siete sicuri?" Si rivolse a lei, questa volta.
"Di Edward sono sicura al cento per cento", rispose senza esitare.
"Ma perché sposarsi? Che fretta avete?" la fretta nasceva dal fatto che Bella, fissata con l’età apparente di entrambi, voleva trasformarsi prima del suo diciannovesimo compleanno, e io avevo accettato solo a condizione di sposarci. 
Ma non era il caso di dirlo a Charlie.
Presi io il comando della situazione "Andremo a Dartmouth insieme quest’autunno, Charlie. Ecco, ci terrei a fare le cose per bene. Fa parte della mia educazione", in parte era vero.
"Sapevo che sarebbe successo", mormorò fra sé, accigliato. Poi, all’improvviso, divenne calmo.
“Mmm.. come posso incastrarli?” pensava. 
"Papà?"  Mormorò Bella, preoccupata. 
“Trovato!” E iniziò a ridere. Io trattenni a stento le risate. Bella continuava a guardarci, ignara di tutto. 
"Ok! Va bene," Disse infine Charlie "Sposatevi" Un’altra scarica di risate lo invase. "Ma.."
"Ma cosa?" Esclamò Bella. 
"Ma lo dirai tu a tua madre! Non dirò una sola parola a Reneè! E’ affar tuo!" Ed esplose in una grossa risata.

Purtroppo per lui, Reneè non ebbe la reazione che tutti aspettavamo. Non solo già sospettava che io e Bella avessimo preso la decisione da tempo, ma appena resa ufficiale la notizia si buttò a capofitto nei preparativi con mia madre. 

Così, tutto era pronto per il matrimonio.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2: Una notte movimentata. ***


Auguri a tutti! Vi pubblico questo capitolo oggi così da non pubblicarvelo martedì! Spero vi piaccia, rispetto al precedente (per quel che mi ricordo) è più libero e ci ho messo molto più di mio. Spero che vi piaccia, e che non troviate troppi errori! Lo rivedrò domani! 
Ringrazio tutti quelli che mi hanno fatto i complimenti! Vorrei elencarli, ma è tardissimo e sono stanchissima! CORRO a dormire! 
Buona lettura e buona notte, vista l'ora! :) 


Capitolo 2 : Una notte movimentata.



Capitolo 2 : Una notte movimentata.
 

Anche la notte prima del nostro matrimonio, non rinunciavo a stare con Bella.
Aspettavamo i miei fratelli per il mio misterioso addio al celibato (avevano detto fosse una battuta di caccia, ma negli ultimi giorni avevo letto una poca convinzione nella loro voce e una grande eccitazione per una sorpresa) ma non avevo la minima voglia di lasciarla. E nemmeno lei lo voleva. 
Se veramente ci fossimo separati in quel momento, non ci saremmo più rivisti per ore; mentre io mi sarei occupato degli ultimi particolari del matrimonio lei sarebbe stata la bambolina di Alice per tutta la giornata. 
Mi sembrava ovvio che la parte peggiore sarebbe toccata a lei, e il non poterci vedere le avrebbe peggiorato la tortura; ma ero stato stesso io a dire, anzi a pregare la mia sorellina a non lasciarla uscire. 
Ero io che mi ostinavo a rispettare la tradizione, e se questa diceva che i due quasi- sposi non si dovevano vedere prima della cerimonia, così sarebbe stato.
«Edward, ne abbiamo parlato e riparlato. So che sarà difficile, ma è ciò che voglio. Voglio te e ti voglio per sempre. Una vita sola non mi basta, punto».
Si, infatti. Ne avevamo parlato e riparlato. Ma lei era così ostinata! 
Per alleggerire la tensione, sussurrai «Per sempre sospesa nei tuoi diciott'anni».
«Il sogno di ogni donna», scherzò. Non aveva capito dove volevo arrivare. 
«Senza cambiare né crescere mai». La stuzzicai. 
«Che vuol dire?».
Risposi lentamente. «Ricordi quando abbiamo detto a Charlie che ci saremmo sposati? Lui ha creduto che tu fossi incinta».
«E gli è venuta la tentazione di spararti», concluse con una risata. «Ammettilo: per un istante ci ha pensato sul serio».
Non le risposi. Per quanto fosse vero, per quanto il padre aveva veramente avvicinato la mano alla fondina della pistola, non intendevo questo. Il problema era un altro, ben peggiore di un poliziotto che ha intenzione di sparare ad un immortale. 
«Che c'è, Edward?».
«Be', ecco... mi dispiace che non sia come pensava Charlie». Ed era vero. Immaginavo io e Bella, lei distesa su un letto di un ospedale e io in piedi, mentre le accarezzavo i capelli e le dicevo che era tutto finito, che finalmente avremmo avuto il nostro bambino. E un istante dopo, l’infermiera che entrava nella stanza e adagiava tra le braccia di Bella un asciugamano che avvolgeva una spendida creatura. E io e lei felici, con tutto quello che avevamo sempre desiderato.
Lei distrusse la mia fantasia, sbuffando. 
«Sempre che potesse andare così. Che noi avessimo quel genere di possibilità. Detesto l'idea che sia fra le cose di cui ti priverò». Non capiva il mio tormento. Voler stare con la persona che ami e contemporaneamente avere la convinzione di privarla di qualcosa, anche solo per quello che sei. 
Ci pensò su. «So quello che faccio».
«Come fai a dirlo, Bella? Guarda mia madre, guarda mia sorella. Non è un sacrificio facile come immagini». 
«Esme e Rosalie se la cavano alla grande. Se poi sarà un problema, faremo come Esme: adotteremo qualcuno». Non era proprio così, non conosceva le loro menti. Ma soprattutto non quella di Rosalie. Esme aveva, in qualche modo, superato l’idea adottandoci. E ci amava davvero, come se ci avesse portati tutti nove mesi in grembo e ci avesse partorito lei stessa. 
Ma Rosalie era diversa.
Sotto quello strato di vanità, di bellezza e di acidità, c’era ancora l’istinto materno che reclamava di essere tirato fuori. Ma sarebbe rimasto lì, per quanto Emmett fosse per Rosalie l’anima gemella, loro non potevano avere un figlio. E Rosalie ne soffriva. 
Sospirai, e la mia voce riprese vigore. «Non è giusto! Non voglio che tu debba sacrificarti per me. Voglio darti tutto e non privarti di nulla. Non voglio rubarti il futuro. Se io fossi umano...».
Mi posò la mano sulle labbra. «Tu sei il mio futuro. Adesso basta. Smettila di mugugnare, altrimenti chiamo i tuoi fratelli e ti faccio venire a prendere. Forse un addio al celibato è proprio quello che ti serve».
«Scusa. Sto mugugnando, vero? Dev'essere il nervosismo». Se avessi avuto ancora un cuore avrebbe accelerato i battiti come solo quello di Bella poteva fare. 
«Non dirmi che le gambe tremano a te».
«Non in quel senso. È da un secolo che aspetto di sposarti, signorina Swan. L'attesa della cerimonia nuziale è l'unica cosa che...». Edward? Ti conviene venire fuori! ADESSO! «Oh, per l'amor del cielo!».
«Che succede?».
Continuavo a sentire le loro risate da fuori alla finestra, e se non fossero stati miei fratelli li avrei mandati davvero a quel paese. «Non darti pena di chiamare i miei fratelli. Pare che stanotte Emmett e Jasper non ammettano defezioni».
Mi strinse per un attimo, e avrei voluto che durasse per sempre. << Divertiti! >> Pur avendo sentito che Bella si arrendeva, Emmett iniziò a grattare con le unghie vicino alla finestra. «Se non fai uscire Edward veniamo a prendercelo!». Come avevo detto la mattina? Ah giusto, baby-fratello! 
«Vai», disse ridendo, «prima che mi facciano a pezzi la casa».
Controvoglia, mi alzai e mi infilai la camicia. La baciai sulla fronte e, percependo l’agitazione nei pensieri di Jasper, la stuzzicai. «Dormi. Domani è un giorno importante».
«Grazie! Questo mi aiuterà a rilassarmi». 
«Ci vediamo all'altare».
«Io sarò quella in bianco». Me la immaginai, con il vestito bianco, scendere le scale di casa mia, e improvvisamente inciampare nello strascico.
Ridacchiai e dissi: «Molto convincente». 
Mi ero ripromesso di non ascoltare la mente di nessuno di quelli che l’avrebbero vista prima della cerimonia, quindi prima di iniziare a immaginare il suo vestito feci un balzo e mi scagliai su Emmett.
Imprecò "Maledizione!" Ed io e Jasper iniziammo a ridere. 
Prima di iniziare a correre, sentimmo Bella sussurrare dalla stanza «Non fategli fare tardi!"… stavo per arrampicarmi di nuovo alla finestra, quando sentii Jasper pensare “non ti preoccupare, vado io!”
Mentre parlavano dell’addio al celibato, mi girai verso Emmett e dissi "Ma allora è davvero una battuta di caccia?"
Rise e mi rispose "Era una cosa troppo ovvia, no? Ti abbiamo preparato una grandissima sorpresa!"
Jasper tornò tra noi, guardai per l’ultima volta la finestra della mia Bella, e iniziai a correre.
Secondo i loro piani, avremmo dovuto andare a prendere Carlisle a casa per poi andare nel bosco; però leggevo nella mente di Jasper varie immagini di Alice, confuse, in cui stava la mia sorellina con vari vestiti in mano, mentre li faceva vedere alla famiglia, e gli altri che ridevano. Perché avrebbero dovuto ridere per un vestito? 
Ero diventato sospettoso, e Jasper, accortosene, mi aveva tranquillizzato all’istante; corsi più veloce, come per uscire dalla portata di mio fratello. 
Imboccai la strada di casa nostra, e rallentai solo quando mancavano pochi metri alla porta; mi fiondai dentro e vidi i miei familiari intenti ad adagiare dei vestiti sul grande divano bianco del soggiorno.
"Oh no.." dissi leggendo la mente subdola di Rosalie "Non ci pensate proprio!"
Alice, giratasi, mi aveva guardato con il suo sguardo implorante perfetto sul suo viso da folletto.
"Ho detto no! Non vuol dire che solo perché è il mio addio al celibato devo fare una cosa tanto squallida!". Stavo per andarmene in camera mia, ad ascoltare magari un po’ di musica, quando Emmett e Jasper mi bloccarono la strada.
"Stasera farai quello che ti diciamo noi, vuoi o non vuoi!". tutte le uscite erano bloccate, ma non mi volevo lasciare convincere: era una cosa inimmaginabile! 
Girai lo sguardo nella stanza, e vidi sul tavolino vari bicchieri di vetro vuoti e bottiglie completamente piene di alcool. 
No, non ci potevo credere. Mi volevano anche far ubriacare! 
"Dai, tanto lo smaltisci in poco tempo!" Emmett mi prese per le spalle e mi fece sedere sulla poltrona. 
E non appena fui seduto, Jasper mi fece sentire completamente a mio agio e propenso a divertirmi con i miei familiari. 
Immediatamente Alice ebbe una visione sullo svolgersi della serata.

“C’erano Esme e Rosalie sedute sul divano, quando avevo costretto anche gli altri uomini della famiglia a partecipare al gioco. Non so perché avevo accettato… forse, oltre l’intervento di Jasper, anche io avevo bisogno di un fuori programma. Ed una buona parte della colpa era anche dell’alcool, che sui vampiri, preso in grandi quantità, ha lo stesso effetto che sugli umani. L’unica differenza è che noi lo smaltiamo molto più velocemente. 
Ad un certo punto, Alice scese le scale e, con grande eleganza, anche essendo più ubriaca delle altre due, si portò il telecomando del televisore vicino alle labbra e disse: "Signori e signore…in questo caso solo signore!" una risatina "vi presento la nuova collezione autunno-inverno che sta facendo impazzire tutte le modaiole del mondo! Le nostre più belle modelle stanno per presentarvi questi splendidi completi!" Rise di nuovo, e insieme a lei anche le due spettatrici. 
"Eccole a voi, tutte per voi!" E si andò a sedere con le altre due. 
Scendemmo in ordine tutti noi maschi, da Jasper a Emmett a me a Carlisle.
Non eravamo abituati ad essere tutto quella preparazione: barcollavamo, e non solo per colpa dell’alcool, ma soprattutto a causa di quei tacchi di dieci centimetri, e quei vestiti così aderenti! 
Rimpiangevo la povera Bella, che la giornata successiva avrebbe dovuto subire il mio stesso trattamento per ore e ore, invece che per qualche minuto! 
Eravamo truccati, con parrucche, vestiti da donne, e ubriachi. Ma mi stavo divertendo! 
A stento, inciampando e oscillando a destra e a sinistra riuscimmo a scendere anche l’ultimo gradino. Ci aggiustammo le pellicce bianche sulle spalle e iniziammo ad andare avanti e indietro su un tappeto rosso comprato apposta per l’occasione. Tutti i mobili erano stati spostati dal centro della stanza per lasciar posto alla nostra sfilata. E pur avendo tutto lo spazio a disposizione, Emmett inciampò e sbattè contro un comodino, cadendo e strappandosi la gonna. Iniziammo tutti a ridere a crepapelle. Persino Carlisle, il serio e composto Carlisle, mostrava i suoi tacchi rosso appariscenti alla moglie, ridendo senza contegno.
A questo punto, Alice si alzò per iniziare un discorso "Il nostro fratellino da domani sarà legato per sempre alla sua Bella, e finalmente tutti i Cullen saranno accoppiati.." “

Ma improvvisamente la sua visione divenne completamente bianca.
Poteva significare solo una cosa: i lupi si sarebbero intromessi nella nostra serata.
Ci guardammo tutti negli occhi e uscimmo di casa, per non farli avvicinare alla nostra abitazione; però trovammo solo Seth, in forma umana, nella foresta. 
"Ciao Seth!" Quel ragazzo mi piaceva. Al contrario degli altri lupi era cordiale, e era come un bambino allegro: stare in sua compagnia ti faceva sentire felice. 
"Edward, ti dovrei chiedere un piacere" ma nel frattempo, vidi nella sua testa l’immagine di Jacob che stava tornando a casa.
"Oh.. capisco.. " Non dovevo essere così sorpreso, era pur sempre il suo migliore amico. E non mi dovevo dimenticare di essere stato io ad invitarlo, tanto tempo prima. 
Però, vecchie paure tornarono ad addensarsi nel mio cervello, ma dovevo stare calmo. Ormai Bella aveva fatto la sua scelta, aveva scelto me. E una visita da un suo vecchio amico non poteva farle cambiare idea, anzi, magari, sarebbe stata ancora più felice di avere anche lui vicino a sé, in un giorno così importante. 
Sorrisi. Non potevo privarla della sua presenza, per quanto lo odiassi.
"Quindi? Di cosa avete bisogno?" I miei fratelli continuavano a guardare prima me, poi Seth, senza capire. Il potere di leggere nel pensiero era tanto utile per me, quanto irritante per chi veniva escluso dalla conversazione.
Questa volta parlò ad alta voce: "Vuole avere, diciamo.. il tuo permesso. Si sente un codardo ad essere scappato così, senza farsi sentire per tanto tempo. Ed, ecco, aveva pensato che tu avessi cambiato idea.. ed ecco.. ritirato il tuo invito. Ma io gli ho detto che non poteva essere vero, perché tu sei una persona buona.. e.. gli ho suggerito di chiedertelo prima del matrimonio".
Era impacciato. Sorrisi di nuovo. Capivo cosa provava, il dover mettere insieme diversi pensieri di persone con caratteri opposti, e avere nella testa tante voci. 
Certo, l’essere un vampiro con un cervello super-sviluppato aiutava, ma di certo io non potevo spegnere quell’interruttore nella mia testa ritrasformandomi in un uomo.
Anche in quel momento, cercavo di isolare la sua voce e concentrarmi solo su di essa, ma c’era sempre quel sottofondo, quella specie di ronzio, che faceva da sfondo alla mia testa. Ho capito, è il cane Emmett. dovrei intervenire? Forse Edward ha bisogno di una mano?..feci un segno a Jasper per dirgli che era tutto okay, e mi girai verso il licantropo di fronte a me.
"Seth, non ti devi preoccupare. Sono stato io stesso a scrivere e a mandargli quell’invito. Anche se avessi cambiato idea, non potrei mai tirarmi indietro. E poi non riguarda me, riguarda Bella. E anche se non sa niente, sono sicuro che le farà molto piacere stare con lui, anche solo vederlo". 
Avevo detto quella frase apposta: non lo volevo affatto per tutto il matrimonio a ronzare attorno a lei, ma non volevo privarla della sua presenza. Quindi anche solo un po’ di tempo con lui era perfetto. 
Seth colse il senso della frase, mi fece l’occhiolino, e pensò: Era quello che aveva intenzione di fare, non vorrebbe mai rubarti Bella nel giorno del vostro matrimonio. Aveva intenzione anche di scrivergli solo un biglietto di auguri, ma ho sentito quanto fosse forte il suo desiderio di.. ecco vederla..
"Umana un’ultima volta" conclusi il suo pensiero.
"Esatto". Mi sorrise.
"Quindi digli di venire.. insomma... quando pensa sia più opportuno" continuavo a sorridere. Sempre. Come facevo con Bella, quando non volevo farla sentire in colpa o triste per qualcosa. Solo Jasper era veramente a conoscenza di cosa provavo, nessun’altro. Ero veramente un bravo attore.
"Non ti preoccupare, Edward, verrò a fine serata, quando tutti i momenti importanti saranno conclusi". Jacob sbucò da dietro un albero, senza maglietta come suo solito, e con un pantaloncino assai sporco e malconcio. Era appena tornato dalla sua fuga. 
"Grazie, Jacob. So quanto ti costa. Ti fa onore che tu la faccia contenta in questo modo, almeno un’ultima volta" come se poi lo facesse solo per lei. Ma non erano fatti miei, a me importava solo che lei fosse felice, non importava se dovevo lasciar venire al nostro matrimonio l’uomo che me l’aveva voluta portar via, il mio peggior nemico. Lei non avrebbe cambiato idea su noi due, non dovevo dubitarne. O almeno non volevo.
"Sono io che ti devo ringraziare, nessun’altro l’avrebbe fatto". Per una volta aveva ragione, perché nessuno aveva amato una persona come io amavo Bella. 
"Non ne ho dubbi" scese un silenzio nella foresta, rotto solo dal bubolio di un gufo che stava osservando la scena da un’albero vicino. 
I miei fratelli continuavano a stare all’erta dietro di me, e due lupi si nascondevano tra gli alberi più lontani, pronti a balzare in soccorso degli altri componenti del branco in occasione di uno scontro. 
Io ero calmo, non avevo intenzione di avere nessun battibecco, tantomeno con lui, il giorno prima del mio matrimonio; lui invece era nervoso, stringeva i pugni contro i fianchi e pensava “mi devo anche abbassare a chiedere il permesso a lui, guarda..” non finì neppure la frase, e io girai lo sguardo schifato. 
“Cosa sta succedendo?” “Sta forse per espoldere una rissa?” I due lupi erano sempre più in allerta. Sam e Paul. 
Ci hanno rovinato una serata epica! Li vorrei quasi prendere a bastonate quegli stupidi cani! Emmett. Pensava che gli servissi su un piatto d’argento l’occasione per dichiararci guerra? 
Ah, giusto, entro poche settimane l’avrei fatto. Avrei trasformato un essere umano, cosa vietata per il loro patto. Chissà se il flebile legale che si era creato fra noi avrebbe salvato la situazione..
"Edward, noi adesso andiamo. Grazie ancora per il favore che ci rendi. Te ne saremo grati!". Tutti gli occhi, umani, da lupo e da vampiro, si spostarono su Seth, che cercò di alleggerire la tensione. 
"Di nulla Seth. Ci vediamo domani al matrimonio!" Feci un cenno di saluto con la testa, e feci per andarmene. Auguri, comunque, pensarono all’unisono Jacob e gli altri lupi. 
Iniziai a correre veloce, per lasciarmi alle spalle quella puzza insopportabile. 

Avevamo abbandonato l’idea dell’addio al celibato, e la visione di Alice sarebbe rimasta una pura e semplice visione. 
Stavo sul tetto di casa mia, disteso e con le mani sopra la testa, a guardare le stelle. 
Mi ero abbandonato Jacob, la sorpresa e la mia famiglia alle spalle.. ignoravo totalmente i pensieri provenienti dalla casa.. l’unica cosa che volevo fare era pensare. 
Si, pensare alla mia Bella. A tutto il tempo che avevamo passato insieme.
Ripensai alle prime parole che ci eravamo scambiati Ciao Mi chiamo Edward Cullen, la settimana scorsa non ho avuto occasione di presentarmi. Tu devi essere Bella Swan e lei ovviamente, invece di rispondere come tutti i comuni esseri umani, mi aveva messo in difficoltà con un come fai a conoscere il mio nome? Charlie quando parla di me credo mi chiami Isabella: a quanto pare qui tutti mi conoscono con quel nome. In quel periodo lei non conosceva della mia natura vampiresca, e nemmeno del mio potere extra, ma aveva saputo scovare un particolare che potesse smascherarmi. 
Sorrisi. Era intelligente da non crederci. 
E il nostro primo bacio, vicino al suo pick-up, quando era stordita per via della mia corsa e del lungo pomeriggio passato insieme. 
Questi erano i ricordi più belli per me. Di quando ero umano non ricordavo quasi niente, ma nulla di quello che avevo mai fatto quando non ero ancora un vampiro poteva eguagliare ogni singolo momento passato con Bella, anche un semplice bacio, una semplice carezza. 
Mentre viaggiavo tra i ricordi, sentii la mente di Carlisle farsi sempre più vicina: stava salendo anche lui sul tetto.
"Carlisle" dissi prima che avesse toccato con la punta del piede il mattone del camino. 
"Edward.. volevo parlarti" mi girai verso di lui e lessi nei suoi occhi e nella sua mente una sorta di soddisfazione segreta, che gli portava un enorme felicità.
"Perché sei così.. felice?"
"Edward.. sai quanto io e tua mamma siamo stati tristi per la tua solitudine e da quando hai conosciuto Bella ti abbiamo visto cambiato. Avevi una luce diversa negli occhi, e parlavi, ti muovevi in un modo diverso. Però.. ecco.. abbiamo sempre avuto paura che potesse.. " 
"Finire male". Era sempre stata la mia più grande paura. 
"Ecco. Però domani vi sposate. Domani firmerete una sorta di contratto che vi legherà per sempre.
Nei prossimi giorni la trasformerai. Non potrà più finire male. Non potrai più ucciderla.
Quindi, vivrai come me e Esme, Emmett e Rosalie, Jasper e Alice. Con la tua anima gemella. Felice. Quindi non potrei essere più felice di così. Tutte le mie creature saranno felici. Come potremmo io e Esme non essere soddisfatti, non essere pieni di gioia?" 
E contemporaneamente sentii Esme quasi piangere di gioia, e le coppie appena nominate da nostro padre abbracciarsi. Ovviamente avevano sentito tutto, e condividevano ogni minima parola. 
"Grazie papà. Anche io non potrei essere più felice di così" gli diedi una pacca sulla spalla, e sorrisi. Sorrisi per davvero, non come tutti i sorrisi nella foresta di questa notte.
"Non sono venuto solo per dirti questo, sono soddisfatto anche per altro" mi girai a guardarlo, non sapevo a cosa si riferisse. "Sono soddisfatto per come ti sei comportato stasera" disse quasi come a rispondere alla mia domanda, come se fosse lui a leggere nel pensiero.
"Sono soddisfatto perché dal racconto di Jasper ho rivisto me nel tuo comportamento. Stai seguendo la mia scia, figliolo. Ti sei comportato come mi sarei comportato io, con bontà! E questo mi fa essere gioioso, perché per me sei veramente un figlio".
Non si era mai aperto così con me. Avevo letto sempre i suoi pensieri, la sua soddisfazione, ma mai aveva detto parole così dolci e cose così belle nei miei confronti. 
Mi venne quasi da piangere. 
Non ricordavo nemmeno la voce del mio padre biologico, ma adesso il mio padre, il mio vero padre, era Carlisle. 
E questo non sarebbe cambiato, probabilmente per l’eternità. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3: Il grande giorno ***


Ecco a voi, con estremo ritardo, un altro capitolo! :) Scusate, devo dividere il computer fisso con altri due fratelli perchè il portatile è deceduto! Sto dando priorità ad un'altra mia storia che non ho ancora scritto, mentre questa la tengo già pronta. Cioè, la tenevo pronta fino al terzo capitolo, cioè questo! ò.ò quindi adesso pregherò per la scuola che non mi deve rompere le scatole e che il mio pc rinasca presto! Ok, sto vaneggiando. Buona lettura, e vorrei ringraziare Corny83, Roby Cullen e la mia JessRomance che mi segue sempre! *-*
Buona lettura! :) 



Capitolo 3: Il grande giorno
 

Quando il sole colpì il mio viso e lo illuminò attraverso gli alberi, capii che il grande giorno era finalmente arrivato. 
Sospirai. Quelle poche ore che avevo passato sul tetto di casa mia dopo l’incontro con i lupi sembravano durate un’eternità. 
Ero abituato a passare la notte a guardare l’amore della mia vita senza stancarmi mai da... troppo tempo; non mi ricordavo neppure cosa facessi prima. 
In quelle ore interminabili avevo rispolverato tutti i momenti passati insieme, dalla prima volta che ci eravamo parlati, alla prima escursione nella nostra riserva, a Volterra, all’attacco dei neonati, fino al giorno precedente. 
E pensarci mi rendeva ancora più felice di quanto già non fossi per il matrimonio. 
Edward? Alice mi stava chiamando dal salotto. 
Scesi molto lentamente dal tetto e appena fui in casa fui travolto da uno stupendo odore di fiori di arancio. Uno dei miei aromi preferiti. 
"Allora, come ti sembra come inizio?" disse la mia sorellina vedendomi entrare.
"E’ stupendo, come al solito" le sorrisi. 
"Ah, meglio, perché devo fare in modo che tutte le fragranze si equilibrino perfettamente!".
Aveva smesso di camminare: stava saltellando da una parte all’altra della stanza aggiungendo fiori qua e là. Mia sorella era imbattibile per le feste, lo dovevo ammettere.
"Alice.. grazie. Oggi sarà tutto perfetto e sarà soprattutto merito tuo!" Le sorrisi, e lei quasi non si commosse. 
"Ah, allora credi che piacerà anche a Bella? O continuerà a rimpiangere Las Vegas?"
Scoppiammo tutti in una grossa risata. "No, credo che anche a Bella piacerà!". Le passai accanto ridendo, e scompigliandole i capelli. 
"Ringrazia al cielo che non mi sono già fatta i capelli!" Ringhiò, mentre salivo le scale ridendo e con grande lentezza. 

Non avevo la minima idea su cosa avrei dovuto fare fino al pomeriggio, e Alice aveva esplicitamente detto che mi voleva fuori dai piedi quando sarebbe arrivata con Bella. 
Mi cambiai e tornai in salotto, quando quasi tutti i preparativi erano completati. 
Ai fiori di arancio si erano aggiunti altri profumi, come la fresia e le rose; ghirlande di boccioli bianchi erano appese dappertutto, da cui partivano lunghe file di nastri sottilissimi di tulle. 
Davanti al baldacchino c’erano file di sedie ricoperte di raso bianco. 
Era uno spettacolo straordinario.
Rimasi a bocca aperta, fino a quando Alice non mi tamburellò alle spalle e, con la sua acconciatura ordinata e curata, mi sorrise e disse: "Wow sono riuscita a sbalordirti! Adesso si che mi sento realizzata!" mi fece l’occhiolino, e richiamando Emmett e Jasper mi disse: "però adesso ti voglio fuori di qui! Devo andare a prendere Bella e non devi assolutamente esserci quando arriverà!" 
Annuii ed uscii di casa con i miei fratelli: 
"E adesso che facciamo?" ormai erano davvero diventati bravi a nascondermi le cose che non volevano assolutamente che io scoprissi. 
Si lanciarono un’occhiata divertita. 
"Bhè.. ancora ti dobbiamo dare il nostro personale regalo di matrimonio!" ridacchiarono, mentre io mi fermai incredulo.
"Regalo? Vi avevo detto di non farci nulla!" 
"Primo non ti abbiamo ascoltato. E secondo, ci dispiace per Bella, ma questo regalo non la coinvolge. E’ completamente tuo!" disse Emmett divertito. 
"Quello che lui voleva dire, è che al regalo per Bella ci hanno pensato Rosalie e Alice. Questo invece è unicamente per te. Quindi a meno che tu non voglia litigare con noi nel giorno del tuo matrimonio, ti conviene seguirci senza obbiezioni!" Un senso di pace mi invase.
Il potere extra del mio fratellino poteva essere tanto utile quanto fastidioso. 
"Lo faccio solo perché non ho altro da fare, e se Alice mi vedesse varcare di nuovo quella porta mi staccherebbe senza dubbio la testa a morsi!" Emmett ridacchiò con aria di vittoria, mentre Jasper sorrise parlando della propria dolce metà.

Ci mettemmo a correre per i boschi, ed incontrammo persino un branco di alci. Ci mettemmo a cacciare così, per puro divertimento, e Emmett vinse la sfida abbattendo e mangiando ben tre alci contro le due mie e di Jasper. 
Cercavano di farmi perdere il senso dell’orientamento, girando e rigirando sempre per gi stessi punti, ma non c’eravamo allontanati tanto da casa.
Andammo nelle prossimità di una grotta e li guardai incerto. 
"L’abbiamo dovuto nascondere lì per non fartelo trovare.." Disse Jasper entrandoci. 
Aspettai poco tempo e Jasper uscì, con un’enorme oggetto in mano, rettangolare, avvolto da un telo di seta. 
Ancora più sospettoso, guardai il misterioso oggetto senza capire.
Oro si scambiarono un’occhiata e, con un sorriso ambiguo, me lo porsero.
"Dovevamo farti qualcosa di significativo, e.. beh qualunque cosa te la saresti potuta comprare anche da solo.. mentre di questo.. non ne eri nemmeno a conoscenza.."
Incerto, lo scartai e.. oh! Rimasi a bocca aperta.
"Appena abbiamo saputo del tuo matrimonio siamo andati un po’ a scavare.. cercando qualche cimelio della tua famiglia. Non è stato facile perché abbiamo dovuto “convincere” un po’ di gente a rilevarci delle cose un po’ private. Ma siamo riusciti a scoprire che dopo la tua “morte” e dopo quella dei genitori, non c’era nessun erede e quindi avevano messo all’asta tutte le cose trovate in casa tua e tra tutte abbiamo scelto questa: ci sembrava la più significativa".
Quello che avevo tra le mani era un quadro: un quadro della mia vecchia famiglia.
Stavamo tutti con assurdi vestiti, mio padre con un sigaro in mano alla destra, che poggiava la sua mano sulla mia spalla, io piccolo, alto nemmeno un metro, e mia madre alla sinistra con le mani congiunte. 
Era il quadro che avevano dipinto quando avevo sei anni, e che era rimasto sempre appeso nel nostro salotto. 
La cosa che più spiccava tra tutte erano i miei occhi: i miei verdissimi occhi. 
Passai la mano sulla tela ma inaspettatamente non provai nulla: gioia, dolore, tristezza. Vuoto. 
"Grazie.. avere un ricordo della mia vecchia famiglia è davvero bello. Anche se.. lo sapete che siete voi adesso la mia famiglia e.. beh non c’è nulla da dire. Questo è solo un ricordo. Siete voi la realtà". Mi diedero una pacca sulla spalla e questo bastava: pensavano la stessa cosa di me.

Ritornammo a casa finalmente, e posammo il mio regalo nel garage. 
Appena entrai nel salotto sentii la scia del profumo di Bella e subito mi sentii bene. 
sentii dal piano la voce di Rosalie che aiutava Alice a prepararla. Distolsi la mia attenzione da lì: non dovevo assolutamente vederla prima della cerimonia. 
Andai in cucina e vidi Esme intenta a servire tutte le pietanze su diversi vassoi. Durante gli anni, quando si annoiava e non aveva nulla da fare, aveva visto migliaia e migliaia di video sulla cucina e aveva collezionato un’intera enciclopedia di tutte le ricette presenti sulla faccia della terra. Era solito fare questo quando ci trasferivamo: andare a cercare le ricette dei piatti tipici del posto. 
Era una cosa assurda, dato che non mangiavamo, ma la divertiva.
Emmett, con nonchalance, prese un tramezzino da una ciotola e disse: "Sei la migliore cuoca-vampira del mondo Esme!". 
Ridemmo, e lei rispose: "Qualcuno dovrà pur utilizzare questa bella cucina, no?" 
Mi diressi nel retro della casa, dove avremmo festeggiato dopo la cerimonia, e rimasi colpito da come anche lì fosse tutto perfetto.
Sarebbe stata una cosa epica in una città come Forks.
Salii in fretta le scale e, stando il più possibile lontano dal bagno, mi diressi in camera mia: sul letto mi attendeva una sacca bianca con il mio smoking.
Lo aprii e il più delicatamente possibile, senza stropicciare o strappare nulla, me lo infilai. 
Pantaloni, scarpe, camicia, giacca e infine cravatta. Ero ancora lì ad aggiustarmela quando mi avvicinai allo specchio e mi guardai: ero pronto. Ero pronto ad abbandonare la mia solitudine di ragazzo centoottenne. Ero pronto a legarmi con la persona che amavo di più al mondo. E, soprattutto, ero pronto ad iniziare una vita infinita con lei. 
Stavo piangendo? Com’era possibile? 
Mi passai una mano sulla guancia e vidi che non c’era nulla di diverso: la solita guancia fredda, dura e marmorea che avevo sempre avuto. 
Ma cos’era quella sensazione? Mi ero sentito gli occhi pizzicare, e il cuore che non avevo più battere al’impazzata. Era strano, ma per la prima volta nella mia vita ero talmente tanto felice da piangere. Mi ero commosso solo all’idea di passare una vita intera con lei. 
Dove diavolo è finito Edward? sentii Emmett imprecare dal piano di sotto. 
Mi passai di nuovo le mani sulla guancia, per accertarmi di non stare veramente piangendo, e scesi. 
"Eccomi, eccomi.." dissi mentre avevo quasi terminato la rampa di scale. 
"Sei sicuro che Bella stia bene? Sembra quasi che il cuore le stia uscendo dal petto!" rise ancora una volta.
Scossi la testa divertito, anche se non aveva tutti i torti. Il martellare del cuore di Bella, l’unico cuore presente in casa, era davvero troppo, persino per lei. 
Mi girai intorno, notando che uno dei componenti della famiglia non era presente.
"Ma dov’è finito Carlisle?" Dissi perplesso.
Jasper, appena entrato in camera, mi indicò la porta. Ecco infatti Carlisle scendere dall’auto con Charlie, Renee e quello che presumibilmente doveva essere Phil. L’avevo visto solo in foto, a casa della mamma di Bella, ma non avevo avuto mai il piacere di conoscerlo. 
"Che spettacolo!" dissero all’unisolo Renee e il suo ex marito. Infatti subito dopo si guardarono e risero. 
"Tutto merito di Alice" sorrisi e mi avvicinai. "Benvenuti in casa nostra!" 
Charlie mi sorrise, più cordiale del solito. Renee mi abbracciò, e Phil mi strinse la mano, presentandosi.
"Ho finalmente il piacere di conoscere il famoso Edward!" disse scherzando. Gli ero molto più simpatico di quanto mai lo fossi stato a Charlie. 
Gli sorrisi sinceramente, e lui aggiunse. 
"So che ti prenderai cura di Bella. Per me lei è come una figlia, e so che con te sarà felice". Era sincero. Mi piaceva questo Phil, e il legame che si era creato in pochi secondi infastidì Charlie, che sperava che qualcuno fosse per una volta dalla sua parte. 
Andarono anche loro sopra a salutare Bella e li persi di vista, mentre anche gli altri invitati stavano incominciando ad arrivare, tutti sorpresi di come la mia sorellina aveva reso tutto perfetto.
Ancora una volta, guardando uno per uno i membri della mia famiglia, ringraziai il cielo per avermi fatto avere una famiglia così straordinaria.

Feci un cenno a Rosalie e le sue mani iniziarono a correre veloci sui tasti del pianoforte. 
La marcia nuziale di Wagner, arricchita da una marea di abbellimenti, iniziò a volteggiare nell’aria, man mano sempre più forte. 
Alice, aggraziata come al solito, volteggiava scendendo sulle scalinate fino al tappeto di raso bianco al centro della stanza. 
Non mi accorsi più di lei, a che punto della stanza fosse o degli altri ospiti che guardavano increduli in direzione delle scale. L’unica cosa che riuscivo a guardare era la mia Bella, che, timida e rossa in volto, veniva verso di me tenendosi stretta al braccio del padre. 
Non appena la vidi fissarmi, sorrisi come mai avevo fatto. Era stupenda. Anzi anche di più. 
I capelli erano arricciati incorniciavano un viso color panna; i suoi occhi marroni cioccolato, occhi che mi sembravano sempre stupendi anche dopo averli fissati tante e tante volte, erano incorniciati da folte ciglia.
Il vestito, che Alice aveva probabilmente fatto fare su misura, perché richiamava l’epoca in cui ero nato, scendeva sinuoso sulla sua pelle, una guaina stretta si allargava nello strascico. 
Tutto questo la rendeva perfetta, più di quanto lei non lo fosse già.
Non vedevo l’ora di stringerla a me, mi sembrava tutto troppo, troppo lento.
Quando finalmente annullò la distanza che c’era tra noi due, il padre le prese la mano e, con un gesto vecchio quanto il mondo, la mise sulla mia. 
Mai mi sono sentito a casa come allora. 
La cerimonia sembrò volare, e al momento della promessa ci scambiammo le solite promesse nuziali, con un solo piccolo cambiamento: avevamo scambiato il solito finchè morte non ci separi  con fino a quando entrambi vivremo.
Leggevo negli occhi di Bella una certa soddisfazione, e in quel momento fu come se ci fossimo soltanto io e lei: le parole del prete erano dolci note di sottofondo a quel momento magico, i nostri familiari che ci scrutavano chi commosso chi soddisfatto, erano lontani, e l’unica cosa che importavano erano le nostre mani intrecciate.
Io ero trionfante, e Bella iniziò a piangere. 
"Si" ansimò, con un filo di voce. 
"Si" dissi invece io con voce netta e trionfante. 
Di nuovo quella sensazione. Fui tentato di ritoccarmi le guance, perché mi sentivo esattamente come quella mattina, anzi anche più gioioso. 
Il signor Weber, che aveva celebrato le nozze, ci dichiarò marito e moglie. 
E io non resistetti più: presi il suo viso tra le mani e la baciai. Con passione, con dolcezza. Un bacio che cresceva pian piano. 
Sentii le lacrime di Bella anche sul mi viso, e ogni loro tocco sulla mia pelle fredda quasi bruciava.
Iniziarono a fischiare, a tossire, ma non ci volevamo staccare.
Fummo costretti dai suoi genitori che reclamavano un abbraccio; e l’unica cosa a cui pensavo abbracciando i miei familiari erano le nostre mani che non si volevano staccare, quasi fossero legate. 
Ero all’apice della felicità: adesso niente e nessuno ci avrebbe diviso, per tutta l’eternità.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4: Gesto. ***


Wow! Non pensavo di riuscirci sul serio, ma eccomi qui, ho ripreso dopo se-co-li questa storia.
Non vi prometto di portarla avanti con costanza, perché non ne sono capace, ma mi fa piacere se mi seguirete.
Voglio solo premettere una cosa, prima del capitolo: questa mia storia è un'idea che non ho sviluppato ora, ma come potete ben vedere è ferma da anni. E prima ancora di pubblicarla qui, io la pubblicai anche su una pagina facebook, tipo quattro anni fa. L'anno scorso una ragazza mi contattò e mi comunicò che c'era una persona che aveva praticamente copiato i miei primi tre capitoli e poi continuato la storia, però io non dissi niente.
Io voglio solo dire che questa storia l'ho creata mooooolto tempo fa, e vi assicuro che non c'era stata nessuna storia di breaking dawn da parte di Edward, allora. Quindi spero che nessuno mi accusi di plagio, perché ve l'ho detto, la mia storia ha anni di vita, non l'ho creata ieri :)
Grazie dell'attenzione, e buona lettura! 


 
Capitolo 4: Gesto.
 
 
Affidare l'organizzazione del matrimonio a Alice era stata, come previsto, la mossa giusta da fare.
La cerimonia confluì armonicamente nel ricevimento, e durò il tempo necessario per far abbassare il sole dietro gli alberi.
All'esterno era stata allestita una sala da ballo tra due degli antichi cedri, e l'atmosfera era un perfetto equilibrio tra elementi che richiamavano il passato - me - ed elementi che richiamavano il presente - Bella.
Alice si era impegnata così tanto che mi dispiaceva aver pensato più e più volte di scappare a Las Vegas e sposare Bella in una chiesa anonima e senza un minimo di significato, anche se per Bella forse sarebbe stata la scelta migliore; eppure la guardavo lì, accanto a me, e mi sembrava davvero felice. Non sorrideva per finta, non cercava di accontentare come al suo solito tutte le persone che amava, ma al contrario sorrideva con una luce negli occhi che poche volte le avevo visto, e sembrava essere al settimo cielo.
La capivo, quella sensazione apparteneva anche a me.
Dovevo trovare un modo per ringraziare Alice.
Le avevo già regalato la porche gialla che aveva tanto amato in Italia.. magari un viaggio. Si, potevo regalarle un viaggio con Jasper da qualche parte, le sarebbe piaciuto. 
Dall'altra parte rispetto a noi vidi Alice irrigidirsi e avere una visione: lei e Jasper in un aereo in prima classe. Quella visione le piacque molto, si girò verso di me e comprese. 
Mi sorrise e pensò te l'avevo detto, sono fantastica!
Sorrisi anche io, fingendo disapprovazione. In effetti aveva ragione. 
 
Il ritmo della giornata rallentò, e tutto si fece più rilassato. 
Se solo avessi potuto scegliere un giorno per avere la mente sgombra da tutti i pensieri altrui, sarebbe stato proprio quello, ma anche se mi sforzavo il più possibile per escludere quel ronzio di sottofondo, alcuni dei pensieri erano troppo rumorosi per ignorarli.
Guardala, come si atteggia. Stupida Bella, perché non ti si vede il pancione? Eppure dovrebbe vedersi, almeno una piccola sporgenza, ma niente. Ha la pancia completamente piatta. Non è giusto, è più perfetta del solito. Non poteva uscirle almeno un brufolo così da rovinarle almeno le foto? Niente? Ha la pelle che sembra di porcellana, vorrei picchiarla. Forse un occhio nero...
Ecco, Jessica. Bella aveva previsto che tutti avrebbero pensato che fosse incinta. Eppure, l'unica che si ostinava con quel pensiero era Jessica, nessun altro. Tutti sembravano davvero felici per lei, tutti tranne una. 
Pensavo che con il tempo le sarebbe passato l'astio nei miei confronti per averla rifiutata, e invece si ostinava ad odiare Bella per essere riuscita dove lei aveva fallito. Era così puerile. 
Mi concentrai su altre menti, che si stavano avvicinando.
Seth, Billy e Sue.
Sue era una donna che non avevo mai capito completamente, non sembrava essere ostile nei nostri confronti, sembrava essere contraria ad ogni tipo di cosa sovrannaturale. Non amava la situazione dei figli, e quando oltre a Seth anche a Leah era toccato essere un lupo, la situazione le era sembrata peggiorare ancora di più. Odiava che sua figlia dovesse essere sempre circondata da chi le aveva spezzato il cuore, odiava che doveva essere circondata da ragazzi che non la trattavano neanche un po' bene, odiava non poterla proteggere e aiutare. L'unica cosa che aveva potuto fare era stata tagliarsi i capelli con lo stesso taglio disordinato della figlia, per mostrarle un minimo di solidarietà. Ecco perché odiava il soprannaturale, perché non era un tipo di problema che una madre poteva risolvere, e si sentiva sempre così inutile. 
Come fa ad essere così a suo agio?
Pensava a Seth, che stava proprio in quel momento protendendo le braccia verso di me. Mi abbracciò, e un brivido percorse Sue.
"È bello vedere che te la passi bene, amico", disse Seth. "Sono contento per te".
"Grazie, Seth. Te ne sono davvero grato". Gli dissi, e poi mi rivolsi a Sue e Billy. "Grazie anche a voi. Per aver lasciato venire Seth. Per essere accanto a Bella oggi".
"Prego", disse Billy, con ottimismo nella voce.
Bella era perplessa, probabilmente sorpresa dall'umore di Billy. 
Lei, al contrario di me, non sapeva cosa aveva messo così di buon umore Billy, e quale sorpresa la attendesse. 
Avrei voluto tanto sospirare, ma evitai per non insospettirla. Mantenni il mio sorriso cordiale, anche quando loro se ne andarono verso il buffet per lasciare spazio ad Angela e Ben, ai genitori di lei e poi a Mike e Jessica, che ci vennero incontro tenendosi per mano.
Allora perché se lui era fidanzato continuava ad avere pensieri osceni sulla mia ragaz.. mi corressi, con non poca soddisfazione: su mia moglie?
Avrei voluto fare una piccola e insignificante pressione stringendogli la mano, così da rompergliela, anzi, disintegrargliela. 
Quel ragazzo continuava a far uscire il peggio di me, dopo tutto quel tempo. 
Quando anche Mike e Jessica ci lasciarono per dare spazio al clan di Denali, i pensieri di Mike si spostarono da Bella alle nostre cugine. 
Mi dispiaceva un po' per loro, non gli avrebbe fatto molto piacere sentire le cose disgustose che Mike avrebbe voluto fargli, ma sospirai di sollievo. In fondo, meglio che continuare a sentire schifezze riguardo a Bella.
Quest'ultima sobbalzò non appena Tanya mi venne incontro e mi abbracciò. 
Forse ricordava una vecchia conversazione che avevamo avuto sulle avance di Tanya nei miei confronti e ne era ancora gelosa.
Per una volta toccava a lei essere gelosa, e non a me. 
Ridacchia e sciolsi l'abbraccio di Tanya, che mi stava dicendo "Edward, mi sei mancato."
Le poggiai una mano sulla spalla per allontanarla senza farglielo notare e feci un passo indietro. "Ne è passato di tempo, Tanya. Ti trovo bene."
"Anch'io." mi rispose.
Pensai che se Bella era intimorita - come probabilmente lo era, anche se non ne aveva alcun motivo - sarebbe stato meglio darle una piccola soddisfazione. Quindi, feci una cosa che in realtà dava molta soddisfazione a me
"Lascia che ti presenti mia moglie." Loro risero. "Tanya, questa è la mia Bella."
Lo sguardo di Tanya si inchiodò su di lei.
Ed ecco qui la donna che ha rubato il cuore ad Edward. Chissà come ha fatto, è sempre stato distante quando tentavo di conquistarlo. Non sembra così speciale, eppure lui è così rapito da lei. E' bella, questo sicuramente, anche da semplice umana. Chissà... chissà quando sarà vampira come diventerà..
Non se, ma quando.
Lo avevano capito tutti cosa voleva davvero significare questo matrimonio.
Però su questo non ci avevo mai davvero riflettuto davvero, avevamo discusso il quando, avevamo discusso su chi doveva farlo, avevamo discusso sul fatto che non fosse giusto e che fosse innaturale, ma non avevamo mai discusso il dopo.
Solo in quel momento mi iniziai a chiedere come sarebbe stata Bella, cosa sarebbe cambiato in lei. Speravo il meno possibile, per me era già perfetta così com'era. Eppure non riuscivo ad immaginare come sarebbe stata la nostra vita da un anno a quella parte.
La nostra vita. 
Suonava benissimo.
"Benvenuta in famiglia, Bella". Fece un sorriso mesto. "Noi ci consideriamo la famiglia allargata di Carlisle e mi dispiace davvero che di recente non abbiamo, ehm... onorato la parentela. Avremmo dovuto conoscerci prima. Saprai perdonarci?". Lessi nelle menti di tutte e tre profondo sconforto e rammarico, e da tre angolazioni diverse assistetti ad un litigio con Irina, che si era rifiutata di venire al matrimonio. Tutti eravamo stati feriti dal loro rifiuto alla nostra richiesta di aiuto nella battaglia con i neonati, ma sapevamo perdonare, anche se avevano fatto tutto questo per Laurent, che aveva cercato di uccidere Bella. Mi sentivo tradito sopratutto da questo, dal fatto che avevano preferito un vampiro che avevano conosciuto da pochissimo tempo a noi, che consideravano la loro "famiglia allargata", come aveva appena detto Tanya. 
"Benvenuta, Bella". disse Kate, stringendo con delicatezza la mano di Bella, dopo che la tensione si era un po' allentata con alcune battute tra Kate e Tanya sul trovare un compagno. Kate non pensava a nulla in particolare, era curiosa di conoscere meglio Bella, ma era la più indifferente tra le tre rispetto alla situazione. 
"Io sono Carmen, lui è Eleazar. Siamo tutti molto lieti di conoscerti, finalmente". Carmen era la più cordiale, e la più affettuosa. Aveva un sincero interesse per Bella e sperava di legare con lei, come non era riuscita a fare con le altre donne della nostra famiglia. 
"An-anch'io", balbettò Bella.
Tanya lanciò un'occhiata alle persone in attesa dietro di lei, dove in effetti si stava formando una fila di persone che le guardavano attonite. Si chiedevano tutti come potessero essere così belle. 
"Ci conosceremo meglio più avanti. Abbiamo un'eternità per farlo!", rise Tanya mentre passava oltre assieme alla sua famiglia. 
 
Rispettammo tutti i rituali tradizionali.
Bella sembrava poco a suo agio - le sue guance si tinsero di un rosa chiaro - e infastidita dai flash mentre tagliavamo la torta nuziale, che sembrava in realtà troppo grande per una festa così intima come la nostra; a turno ci imboccammo a vicenda e Bella mi fissò sbalordita quando divorai la mia fetta di torta; Bella lanciò il bouquet che finì dritto nella mani di Angela, e io mi presi una piccola vendetta per tutti i pensieri impuri che Mike aveva avuto su mia moglie in tutta la serata lanciandogli dritto in faccia la giarrettiera che avevo tolto a Bella - sotto le risate di Emmett e Jasper che fecero arrossire ancora di più lei - con i denti e con molta cautela. 
Non appena iniziò la musica, presi tra le braccia la mia Bella portandola al centro della pista, per il primo ballo obbligatorio.
Lei era rassegnata, e questa sua riluttanza per il ballo mi fece ridere, come sempre. Però sembrava felice lo stesso, sembrava quasi come se l'idea non la infastidisse più di tanto, solo per quella sera. 
"Ti stai divertendo, signora Cullen?" La stuzzicai. Solo a me entusiasmava così tanto il suono di quelle parole? 
Sorrise. "Ci vorrà un po' per abituarmi" chissà se per lei tutto quello era ancora inutile..
"Di tempo ne abbiamo" le ricordai esultante. Avevo provato in tutti i modi ad oppormi, anche contro i miei stessi desideri, alla sua trasformazione, ma adesso che aveva deciso, adesso che lei aveva combattuto per ottenere quello che voleva, mi era concesso rilassarmi un po' e crogiolarmi nella bellezza di quella idea?
Mi chinai a baciarla, sotto i flash delle macchine fotografiche, che ignorai.
Fui costretto ad allontanarmi da lei solo perché Charlie mi tamburellò alle spalle, richiamando la sua autorità di padre.
Ormai sono sposati, non dovrebbe più irritarmi vederli baciare.. Edward è mio ge.. gen.. gen-ero. Devo abituarmici. 
Trattenni una risata per non farmi vedere da lui. Genero. Ero genero di Charlie. 
Non avevo mai potuto biasimare il fatto che mi odiasse, non mi ero mai - o quasi mai, dipende se entrare dalla finestra ogni notte debba essere considerata un'infrazione, anche se non aveva mai parlato di niente del genere nei suoi divieti - opposto alle sue regole perché sapevo che aveva ragione, mi sentivo in colpa molto più di quanto chiunque immaginasse per aver abbandonato Bella, lui non poteva sapere quanto, e quindi accettavo di buon grado le sue regole, e le punizioni che mi infliggeva, senza neanche saperlo, ogni volta che pensava a Bella durante i mesi di lontananza. Vedere una figlia ridotta in quello stato è uno dei dolori più grandi che abbia mai visto nelle menti di altre persone, e Charlie aveva tutte le ragioni per odiarmi. 
Però sembrava iniziarmi ad accettare, un passo alla volta.
Esme reclamò la mia compagnia, e iniziammo a ballare, volteggiando attorno alla pista. Charlie diceva a Bella di quanto avrebbe sofferto senza di lei. Bella doveva soffrire molto più di quanto non dava a vedere. 
"Devo dirti una cosa.." mi disse Rosalie, quando smisi di ballare con Alice.
"Aspetta due minuti, torno da te subito dopo aver tolto Bella dalle mani di quel.." lasciai la frase a mezz'aria, andando a lunghe falcate verso Bella.
Le afferrai le braccia e la tirai a me. 
"Mike ancora non ti va giù, eh?", mi disse lei.
"Non quando mi tocca ascoltare i suoi pensieri. Gli è andata bene che non l'ho cacciato via. O peggio" avevo avuto parecchie idee cattive quella sera, come farlo inciampare o manomettergli i freni della macchina.
"Eh, sì».
"Non sei ancora riuscita a vedere come stai?" non mi sembrava molto convinta.
"Uhm, no, direi di no. Perché?" 
"Perché forse non ti sei ancora resa conto che stasera sei di una bellezza mozzafiato. Non mi sorprende che Mike fatichi a trattenere pensieri impuri su una donna sposata. E m'infastidisce molto che Alice non abbia fatto in modo da costringerti a passare davanti allo specchio». Alice mi guardò dall'altra parte della sala e alzò gli occhi al cielo. 
L'ho vestita nel bagno, che è pieno di specchi. E' lei che si è rifiutata di guardarsi. 
"La tua è un'opinione di parte, lo sai".
Come faceva a non accorgersi di quanto fosse bella? In silenzio la portai davanti alle vetrate che riflettevano la nostra immagine.
"Di parte, dici?".
Ad occhi sgranati, guardò il perfetto duplicato del suo viso perfetto, gli occhi, il trucco, i capelli, il vestito.
Fui soddisfatto, perché glielo si leggeva negli occhi: aveva appena reso coscienza di se stessa.
Tutto quello durò un solo istante, avrei voluto che quel momento fosse infinito, ma mi irrigidii.
"Oh" esclamai, aggrottando le sopracciglia.
Era il momento. 
Sorrisi, malgrado tutto. Sapevo che l'avrebbe resa felice.
"Che c'è?", domandò.
"Un regalo di nozze a sorpresa".
"Eh?".
A passo di danza, la trascinai lontano.
E' così dannatamente bella. Perché deve essere così difficile lasciarla andare?
"Grazie. Sei stato molto... gentile." mi costava sempre così tanto sforzo stare con lui e trattarlo normalmente pur sentendo i suoi pensieri. 
"Gentile è il mio secondo nome." Grazie a te per avermi invitato, nonostante tutto. "Posso intromettermi?"
Bella sarebbe crollata se non l'avessi tenuta. Si portò la mano alla gola. "Jacob!" non riusciva quasi a parlare. "Jacob!"
Si sporse verso di lui, e nel buio arrancò incontro al suono della sua voce. Non riuscivo a lasciarla andare, non volevo, ero così egoista, volevo tenerla tutta per me. Mi costò uno sforzo enorme lasciare la presa sulle sue braccia quando sentii che ormai Jacob l'aveva presa.
"Rosalie non mi perdonerà se non le concedo il giro di pista che le devo" mormorai, e tornai indietro il più veloce possibile, lottando contro l'istinto di prenderla tra le braccia e scappare via con lei.
Grazie, succhiasangue. Non so quanti l'avrebbero fatto. 
E contemporaneamente sentii Bella dire, tra le lacrime "Ora è tutto perfetto!"
Avevo fatto bene, avevo fatto bene. Lei era felice, tutto questo era la cosa giusta da fare. Almeno, cercavo di convincermene. 
Mi avvicinai ai miei fratelli, che avevano sentito l'arrivo di Jacob.
Un altro lupo? Carmen.
Ecco perché la puzza era aumentata.. Tanya.
Jake è tornato. JAKE è TORNATO!! Billy. Seth gliel'aveva appena detto.
Alice parlava con Renèe di quanto fosse stato difficile scegliere tutte le fragranze per la casa, e sembrava rilassata e contenta, ma in realtà era tesa e si sentiva a disagio. 
Per un attimo tu e Bella siete scomparsi. Non credo mi abituerò mai alla comparsa di quei lupi.
"Ehi, c'è qualche problema?" mi chiese Emmett.
"No.." sospirai. Non sembrò rilassarsi.
Rosalie si protese verso di me. "Mi avevi promesso un ballo." sorrise, un po' a disagio.
Le porsi la mano e iniziammo a ballare. Provai ad escludere la conversazione di Bella e Jacob, non volevo intromettermi, ma lui ed i suoi pensieri erano così rumorosi! 
Quando si trasformerà? Quando? Quando smetterà di essere.. lei? Non ci voglio ancora credere.
"Ehm.. sai.. volevo dirti.. che io sono felice. Sono felice per te e per Bella. Non mi ero ancora congratulata con te in modo decente." disse, e per la prima volta vidi una Rosalie in difficoltà con le parole.
"Non ti preoccupare, non c'è bisogno.."
"No, invece, c'è bisogno eccome che io lo faccia. Tu sei mio fratello, e Bella ora è mia sorella. Sono stata la persona che più si è opposta a questa cosa, e lo sai il perché.. quindi volevo dirti che a parte le mie motivazioni, sono davvero felice per te. Non sono neanche più arrabbiata che tu sia stato l'unico uomo che mi abbia mai rifiutata - sorrise - voglio solo dirti che sono contenta che tu l'abbia fatto. Io ho Emmett e tu hai Bella. E' la cosa migliore che ci potesse capitare."
"Grazie, Rose". finì la canzone e ci spostammo dalla pista, mentre le sorridevo. 
Emmetti la abbracciò non appena lei lo raggiunse e la guardò orgoglioso. 
Tutta la mia famiglia aveva ascoltato, e tutti ne erano palesemente felici. 
La bolla di felicità scoppiò un istante dopo. 
I toni della conversazione con Jacob si alzarono, e lui iniziò ad urlare. Bella tentava di zittirlo, e lui la strattonava.
"Bella! Sei impazzita? Non puoi essere così stupida! Dimmi che stai scherzando!" Oh-oh.
Mi allontanai a passo svelto ma senza destare sospetti, i miei familiari mi guardarono preoccupati e io gli feci segno di restare dov'erano. Non dovevamo attirare attenzione. Vidi invece Seth rigido intento a capire cosa fare, ma un momento dopo mi seguì.
"Jake, basta!"
"Levale le mani di dosso!" la mia voce era fredda ed affilata. Non doveva permettersi di trattarla così.
"Jake, fratello, allontanati".Era la voce agitata di Seth."Stai perdendo la testa".
Jacob s'impietrì, lo sguardo fisso e sconvolto.
"Così le fai male", sussurrò Seth. "Lasciala". Non arriviamo ad uno scontro oggi, buon Dio. Perché deve finire così?
C'erano anche altri lupi. Sam. Jared. Quil. 
"Subito!", ringhiai.
I suoi pensieri mi sconvolsero. Non avevo mai visto una cosa così orrenda.
Si stava immaginando me e Bella che facevamo sesso.
Una parte - piccola, piccolissima parte - del mio cervello in quel momento si concentrò su quanto fosse umana quella sensazione, e si stupì di quante volte anche io stesso avessi avuto quei pensieri, su Bella. Quando la gelosia mi attanagliava il cuore ormai fermo, e provavo un odio inimmaginabile per quei ragazzi: i primi tempi, con Mike, quando me lo immaginavo stringere la mano di Bella, avvolgerle un braccio intorno al bacino e stringerla a se, abbracciarla e darle un bacio. E negli ultimi mesi, quando immaginavo Bella scegliere Jacob e non me,quando immaginavo che lei sprofondasse nel calore del suo corpo, stringesse la morbidezza della sua pelle e vivesse la sua vita con lui, la sua vita umana. Non mi ero reso conto di quanto fossi umano in quei momenti, di quanto quella gelosia riportasse indietro l'Edward ancora umano di un secolo prima. Quella gelosia scaturita  dalla consapevolezza di non poter dare a Bella quello che non aveva. Un corpo caldo. Una vita breve, ma umana. Un figlio, dei nipotini, la vecchiaia. Ma le immagini di Jacob e Bella che mi ero immaginato in passato erano diverse da quelle che Jacob stava immaginando, perché non c'era nessun tipo  di piacere. Non c'era amore, non c'era quello che ci si aspetta da un rapporto sessuale.  Era tutto cosi crudo, tutto cosi terrificante. Nei pensieri di Jacob io toccavo Bella senza la minima esitazione, facendole del male, colpendola, non curante della sua debolezza. Bella era dilaniata, sofferente ed inerme sotto il mio corpo, piccola e fragile, ormai rotta dalla mia forza distruttrice. E io non riuscivo a fermarmi, non avevo neppure la lucidità per capire cosa stesse succedendo. Eccolo, il mio incubo. Ecco, il motivo della mia esitazione. Avrei voluto ucciderlo solo per avere cosi dannatamente ragione. Quella era da sempre la mia paura,  dopotutto. Cosa potevo fare? Cosa dovevo fare? Dovevo tirarmi indietro, lo sapevo.
Ci allontanammo, non volevo che Jacob si trasformasse e facesse del male a Bella.
"E dai Jake, andiamo" Seth. 
"Ti ammazzo" disse Jacob, la voce soffocata dalla rabbia, rivolgendosi a me "Io ti ammazzo con le mie mani! Ora!" Tremava.
In altre situazioni lo avrei ucciso, ma in quel momento ero bloccato dalla consapevolezza che aveva ragione. 
I lupi provarono a smuoverlo, Seth faceva di tutto per farlo ragionare, tentado di spingerlo via. Lui era molto più piccolo di Jacob, non volevo che si facesse male a causa mia. Se Jacob si fosse trasformato, così vicino a lui..
"Seth, allontanati." sibilai, ma lui non mi ascoltava. Lo strattonò, ma si mosse di pochissimo.
Jacob stava zitto, ma urlava. Se avessi potuto, avrei avuto mal di testa. Le sue parole mi rimbombavano nella testa, urlava e imprecava, e mi insultava. Il tutto pensando a Bella in quelle condizioni, provai il suo senso di vomito. 
Sam iniziò a spingerlo, Seth a tirarlo. Quil si avvicinò e li aiutò. E così si allontanarono.
Sam era seccato, Seth mortificato, Quil contrariato, Jacob.. Jacob non era solo furioso, non so come spiegare cosa provava. Un sentimento del genere si avvicinava un po' - ma non la raggiungeva affatto - all'ira che provai per James, tanto tempo prima, quando entrai nella scuola di ballo e trovai Bella distesa sul pavimento, sanguinante, vittima dei suoi sadici giochi. 
"Mi dispiace" mormorò Bella, al lupo.
Ti dispiace, eh? Potevi pensarci prima, stronza sadica. Lo stai uccidendo, tu lo stai uccidendo.
Lanciai un'occhiataccia al lupo e gli feci segno di andarsene, senza che Bella se ne accorgesse. 
"Ora va tutto bene, Bella." no, che non andava bene. Era solo l'inizio.
Quil mi guardò, non era amichevole. 
Ti abbiamo parato il culo di nuovo, succhiasangue. Ma non sarà così per sempre.
Gli feci un cenno distaccato. Sbuffò e sparì. 
"Va bene." gli dissi. "Torniamo" questa volta parlavo con Bella.
"Ma Jake...".
"È nelle mani di Sam. Se n'è andato".
"Edward, mi dispiace tanto. Sono stata stupida...". Lei? Lei aveva fatto qualcosa di male?
Insomma, aveva parlato con Jacob di noi ma.. no, non potevo darle la colpa solo perché ero geloso.
"Non hai fatto niente di male...".
"Non sono capace di star zitta! Perché mai... Non avrei dovuto farmi trascinare così. Cosa mi è passato per la testa?" avevo ripercorso la loro conversazione nella testa di Jacob e no, non l'aveva fatto con malizia. Forse non sapeva neppure cosa stava dicendo, presa dal discorso.
"Non preoccuparti". Le sfiorai il viso, mi sentivo tremendamente in colpa. "Dobbiamo tornare al ricevimento prima che qualcuno si accorga della nostra assenza" 
Sembrò accorgersi solo in quel momento che la scena si era conclusa in pochissimo tempo, nel buio della foresta. Nessuno si era accorto di nulla, o quasi nessuno. I vampiri sicuramente avevano sentito tutto.
"Lasciami due secondi ancora. L'abito?" non voleva dare una brutta impressione agli altri. 
"A posto. Non hai un capello in disordine." ero un po' apatico, ma volevo fingere per il bene del matrimonio.
Fece due respiri. "Okay, andiamo"
La portai in mezzo alla pista riprendendo a ballare, lei scrutò il viso di tutti i presenti in cerca di qualcuno che avesse notato qualcosa. 
Edward.. Carlisle.
Mi dispiace tantissimo! Esme.
Se solo vedessi anche loro, l'avrei previsto! Che scocciatura! Alice
Deve sempre rovinare tutto quel cane di merda! Emmett 
Rilasso un po' gli animi, ok?  Jasper. E la pace riempì gli animi di tutti. "Grazie" gli sussurrai. Mi fece un cenno e sorrise.
"Stai...". provai a chiedere. Mi sentivo in colpa.
"Sto bene, sul serio. Non posso credere di aver fatto una cosa del genere. Cos'ho che non va?".
"Tu proprio niente". Ero io quello completamente fuori di testa. 
"È finita", disse. "Non pensiamoci più, per stasera".
Restai in silenzio.
"Edward?"
Chiusi gli occhi e toccai la sua fronte con la mia.
 "Ha ragione Jacob... che diavolo mi passa per la testa?" sussurrai.
"Invece no" teneva il tono basso e neutro, forse per non attirare attenzioni. "Jacob ha troppi pregiudizi per essere imparziale".
Mormorai "Avrei dovuto lasciarmi uccidere, anche solo per aver pensato di fare una cosa del genere!"
"Smettila", ribatté. Prese il mio volto fra le mani e aspettò che aprissi gli occhi. "Tu e io. Questo è tutto ciò che importa. L'unica cosa a cui hai il permesso di pensare. Hai sentito?" come potevo non starla a sentire quando mi diceva qualcosa del genere?
"Sì", sospirai.
"Dimentica l'apparizione di Jacob". Sembrava convinta delle sue parole.
"Fallo per me. Prometti che lascerai perdere".
La guardai negli occhi per un istante, poi dissi "Promesso". Avrei voluto tanto che cambiasse idea, ma sembrava impossibile smuoverla. 
"Grazie. Edward, io non ho paura".
"Io sì" ed era vero. Non avevo mai avuto così tanta paura, perché ero io a poterle fare del male.
"No, per favore". Allora sorrise. "A proposito, ti amo".
Risposi abbozzando un sorriso. «È il motivo per cui siamo qui».
"Stai monopolizzando la sposa" Emmett spuntò alle mie spalle.
Ehi, ti lascio due minuti per te, assimila tutto e calmati. Sei troppo teso, è il tuo matrimonio!
"Fammi ballare con la mia sorellina. Potrebbe essere l'ultima occasione per farla arrossire" rise. Sembrava impassibile, ma voleva che io stessi bene, e voleva aiutarmi. Avevo una famiglia fantastica.
 
Quando tornai, dopo aver calmato i nervi, ero più tranquillo. Volevo lasciarmi le preoccupazioni alle spalle, quindi le buttai in un angolo chiuso del mio cervello.
Reclamai la mia sposa, che si appoggiò al mio petto, tranquilla.
La strinsi più forte. 
"Potrei anche abituarmici" disse
"Non dirmi che hai superato i tuoi pregiudizi sul ballo." allora ci avevo visto giusto! 
"Ballare non è così male... con te. Più che altro pensavo una cosa", e mi strinse più forte "che non ti dovrò mai abbandonare".
"No, mai più" e la baciai. 
Un bacio appassionato, un bacio ancora più intenso di quello di prima. La strinsi a me, come a non volerla più lasciare, lei infilò le dita tra i miei capelli.
Edward?
Oddio, che imbarazzo!
Guardali.. 
Come sono carini!
Edward!
Mh.
Come vorrei essere al posto di lei!
Come vorrei essere al posto di lui.. 
Zitti. Zitti tutti. 
Provai ad escluderli e a rimanere solo lì, con lei. E ci riuscii, per un lungo momento. 
Comunque troppo bene, quando Alice venne a reclamarla.
Provai a ringhiarle contro, ma insistette.
"Le dirò dove la porti, Edward. Perciò aiutami, faccio sul serio" Lo faccio!! 
La odiai. Per la prima volta, odiai mia sorella. A malincuore, mi staccai da Bella. 
"Per essere così piccola, sei un fastidio gigantesco". Sto per dirglielo. Non mi sottovalutare. 
"Non ho scelto l'abito da viaggio più perfetto per sprecarlo - ribatté, e prese per mano Bella "Vieni con me, Bella".
Non riuscii ad oppormi. 
Andai a prendere la macchina. 
Incontrai Phil e Renèe, che mi salutarono affettuosi.
Incontrai Charlie, che stava in disparte, che mi disse "Trattala bene, mi raccomando" 
Gli sorrisi "te lo prometto, Charlie. Non la farò mai più soffrire." 
"Lo spero.." Bofonchiò. Altrimenti sono guai, per te. 
"Aspettala qui" e andai ai piedi delle scale, dove stava per arrivare Bella.
Le porsi la mano, e la portai da Charlie, dove si salutarono. 
"Sei pronta?" domandai.
"si." mi disse, senza esitazione. 
La baciai sulla soglia di casa, e tutti applaudirono.
Corremmo per evitare la cascata di riso che ci lanciarono, e difesi Bella dagli attacchi violenti di Emmett e Jasper.
Uh, divertitevi sposini!
Chissà che combineranno a quella povera isola. 
Trattatemi bene la mia bella Isola. Pensò Esme, mentre abbracciava Carlisle. 
Entrammo in auto, e la guardai trionfante.
"Ti amo." dissi.
Posò la testa sul mio braccio:"E' il motivo per cui siamo qui" mi rispose con le stesse mie parole, senza sarcasmo. Solo con amore.
Sentimmo un lupo ululare, un ululato straziante. 
Lo ignorammo entrambi, non volevamo rovinare quel momento perfetto.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5: Isola Esme ***


Ogni capitolo di questa FF è un parto, dopo tipo otto mesi sono riuscita a pubblicare di nuovo ( ve l'avevo detto, la costanza non è il mio forte).
In effetti avevo iniziato a scrivere il capitolo già dopo la pubblicazione del quarto, ma sono stata bloccata per parecchio tempo perché... Beh, questo capitolo mi ha messo particolarmente in difficoltà. Non é facile pensare come un uomo ed immedesimarsi al meglio, in certi casi. Quindi, alla fine, mi sono lasciata trasportare e ho scritto istintivamente, come più mi veniva naturale. 
Spero non faccia così schifo, insomma.
E spero di aver descritto al meglio il tormento di Edward, senza farlo prendere per una persona semplicemente bipolare  ahahaha 
Comunque, domani rileggerò il capitolo e cercherò eventuali errori (i dialoghi sono parecchio rompiscatole da ricopiare, ne ho tagliato un bel pezzo nell'ultima parte ma non me ne vogliate, non mi sembrava di dover aggiungere nulla).
Buona lettura c: 

Ps. Mi piace vedere come ancora molte persone leggano FF su Twilight. Insomma, tutti dicevano sempre "una volta finiti i film scompariranno tutte le fan"... Beh, noi siamo ancora qua ;) 


 
Capitolo 5: Isola Esme.


 
Nella prima classe dell'aereo su cui stavamo viaggiando io e Bella, tutto era silenzioso. O almeno, lo sarebbe sembrato alle orecchie deboli di un umano, ma per me la situazione era ben diversa. 
Sentivo il rombo assordante del motore, che in tutte quelle ore di viaggio era un sottofondo continuo, molto fastidioso.
A parte questo, per me che ero un vampiro e che leggevo nella mente delle persone, era sicuramente meno rumorosa del solito. Sentivo i lamenti di un bambino proveniente dalla classe economica, un signore anziano che russava, il conducente che parlava al microfono con qualcuno che lo rassicurava sul viaggio che stavamo facendo, sulle perturbazioni leggere che avremmo incontrato e sulla rotta da seguire. Sentivo, inoltre, la mente della signora seduta accanto all'anziano, spazientita e stanca, che non riusciva a dormire ed era intenta a maledire la sua sfortuna per avere il posto peggiore dell'aereo. Sentivo la madre del bambino, che pensava ad un modo per calmare il figlio, e l'unica cosa che le veniva in mente era cantare la sua canzone preferita; ma non sapeva se era il caso di mettersi a cantare lì, in mezzo a tutti. 
Sentivo tutto, ma mi concentravo sul respiro calmo e sereno di Bella. 
Sembrava tranquilla, non parlava molto, ogni tanto aveva detto "Charlie", o aveva chiamato il mio nome, e l'unica frase che aveva detto era stata "No, Alice, ti prego no!" in tono lamentoso e rassegnato. Sorrisi. 
Per fortuna, in tutto il viaggio non aveva nominato Jacob, e non aveva detto niente che potesse riportare a lui. Ero sicuro che, dopo aver sentito il suo ululato nel bosco avrebbe rimuginato e si sarebbe sentita in colpa, e mi ero preparato a sentire cose come "Jake" o "il mio Jacob". La ringraziai mentalmente per non averlo fatto, almeno cosi potevo illudermi che pensasse a lui molto meno rispetto a quanto - lo sapevo bene - in realtà faceva. 
Vedevo in lei una piccola parte che era ancora ancorata al suo amico lupo, vedevo una piccola porzione di Bella che, inconsciamente, fissava la lavagna vicino al telefono della cucina quando ci passavamo vicino, dove il padre le aveva sempre lasciato i messaggi di Jacob. Vedevo quella piccola parte di lei che buttava sempre un'occhiata alla stradina che aveva sempre imboccato per andare a La Push. La maggior parte del tempo che passava con me non pensava molto a Jacob, lo vedevo da suoi occhi, ma quando andavo da lei dopo una battuta di caccia, o quando in generale la lasciavo sola per un po', in quegli stessi occhi leggevo una profonda tristezza, e sapevo che in quel momento non stava pensando a me. 
Non le dicevo quanto questo mi ferisse, quanto volessi averla tutta per me, quanto volessi essere il suo unico pensiero come lei era il mio. Ma non potevo pretendere niente più di quel che avevo, perché quella piccola Bella che era innamorata di Jacob era una mia creazione, le avevo aperto una voragine nel petto quando l avevo lasciata e Jacob si era insinuato e aveva colmato il vuoto. Quella situazione era tutto merito mio, tutto il dolore, tutta l'indecisione, tutto, e non potevo fare altro che tacere, non potevo fare altro che lasciarla lanciare occhiate verso qualsiasi cosa gli ricordasse lui, perché dovevo essere già grato per il fatto che, alla fine, avesse scelto me.
In quel momento iniziai a pensare a tutto quello che ci aveva portato lì.
Mi piaceva ripensare ai momenti passati insieme, era un po' come riviverli. 
Questa è una delle cose che più apprezzo dell'essere vampiro: ricordare. 
I ricordi, da umani, diventano mano a mano sempre più offuscati e incerti, le parole si perdono e le azioni iniziano a cambiare, e la realtà si fonde sempre di più con l'immaginazione. Da vampiro è diverso: si ricorda tutto. Le immagini sono impresse nella memoria, i luoghi, le persone, le cose, le parole. Sono fisse, immobili, perfette cosi come sono nella realtà. 
Un dialogo viene riprodotto fedelmente, riportando i vari cambiamenti del tono della voce, riportando i vari gesti con le mani, i piccoli movimenti delle labbra, ogni singolo particolare che il cervello ha catturato viene riportato allo stesso modo quando la scena viene ripresa, anche dopo anni.
Le scene, i paesaggi, ritornano in mente come se fossero fotografie: le persone, gli oggetti, persino cose come la temperatura o il vento, tutto è come la prima volta, come se fosse un film in cui si può tornare indietro per rivedere le scene iniziali.
E così rivivevo i momenti con Bella, ancora e ancora, assaporando il gusto della vita insieme a lei.
Come la prima volta che l'avevo vista, quando era entrata nell'aula di scienze e ero stato così vicino ad ucciderla.
Ucciderla.
In quel momento, dopo tutto quello che avevamo passato insieme, il pericolo corso in quel singolo giorno sembrava così insignificante. 
L'avevo vista agonizzante, ricoperta del suo sangue, tanto tempo prima, con James; avevo bevuto il suo sangue e, ancora non so spiegarmi come, mi ero riuscito a fermare, avevo anteposto il mio amore per lei alla sete del suo sangue; ero stato sei mesi senza di lei ed eravamo quasi morti entrambi per mano dei Volturi; si era ferita per salvarmi, durante la battaglia con i neonati, e il suo sangue non mi aveva fatto quasi nessun effetto. 
Eppure, ricordando quel primo singolo giorno, rabbrividivo ancora, pensando a quanto avevo desiderato ucciderla.
Il percorso insieme era stato arduo, avevamo affrontato diversi ostacoli e per miracolo ne eravamo sempre usciti sani e salvi. E mi faceva riflettere come, alla fine, così vicini dalla risoluzione dei nostri problemi, così vicini alla trasformazione di Bella che ci avrebbe liberato - per sempre - da ogni pericolo, volessimo tentare il fato ancora, volessimo sfidare la sorte con qualcosa che ci era proibito, che non avevamo il permesso di fare. Stavamo facendo una pazzia.
Stavamo rischiando tutto così vicino alla fine.
Quanto ci sarebbe costato fare quell'ultimo, folle gesto, della vita umana di Bella? 
 
Prima di salire sullo yacht che avevo noleggiato, portai Bella a fare un giro tra le strade piene di vita di Rio de Janeiro. La vita caotica di quella città mi metteva allegria, e passeggiammo tra la frenesia delle persone intorno a noi.
Bella non era assonnata, pur essendosi appena svegliata dopo molte ore di sonno, e si guardava intorno curiosa. In effetti, ripensandoci, per lei quella era un'esperienza tutta nuova, non aveva mai fatto un vero e proprio viaggio - l'Italia era stata una missione di salvataggio, non una vacanza, e per tutto il viaggio di ritorno, quando ormai l'ansia era passata e poteva godersi almeno il panorama, aveva preferito guardare me, senza neanche lasciarsi il tempo di dormire - e sicuramente Rio era ben diversa da Forks. 
Senza fretta, le lasciai guardare i passanti, le strade, quella realtà così diversa dalla sua. 
Qualche volta sembrava sporgersi in avanti, come quando da bambini ci si avvicina alla televisione sperando di poter toccare per davvero le immagini che scorrono nello schermo, e credo che Bella si sentisse proprio così: una spettatrice, un'estranea a quel mondo, come se stesse vedendo uno spettacolo.
Di solito i luoghi affollati come quello mi avrebbero messo a disagio, ma Rio era un'eccezione, e resistevo a quelle infinite voci che con forza si insinuavano nella mia testa perché sapevo che nel giro di pochissimo tempo io e Bella saremmo stati nel bel mezzo del nulla
 
Quando il motore si spense un silenzio innaturale scese tra di noi. In realtà nessuno dei due aveva parlato per tutta la durata del viaggio, ma il rumore del motore e delle onde che sbattevano con forza contro i fianchi della barca aveva coperto qualsiasi silenzio. Le uniche parole, in effetti, erano state quelle di Bella che, vinta dalla curiosità - che probabilmente aveva provato a soffocare durante tutto il viaggio - e dall'impazienza, aveva chiesto "Manca ancora molto?". Solo in quel momento mi ero accorto che la sua voce era più alta del normale, e non solo perché - inutilmente - provava ad alzare la voce per farsi sentire, ma soprattutto perché era terrorizzata. Mi ero totalmente dimenticato di quanto le nostre reazioni alla velocità fossero diverse: io ero entusiasta, sorridevo, mentre lei era pallida in viso, impaurita e infastidita dall'acqua che le onde le spruzzavano sul viso. Il mio sorriso si allargò guardando le sue mani, ben salde vicino al sedile, le nocche bianche e le dita sotto sforzo. 
Mancava meno di mezz'ora di viaggio, lei sembrò ancora più impaziente di prima; quando le dissi, istintivamente, di guardare avanti a sé, era ancora troppo presto per i suoi occhi umani, e mentre l'isola e la casa potevano sembrare ai miei occhi così nitidi e vicini, ai suoi probabilmente tutto sembrava parte dello stesso profondo buio. Ci mise qualche minuto ad abituarsi all'oscurità e a definire la sagoma dell'isola, e vidi l'impazienza di Bella tramutarsi in stupore: a mano a mano riconosceva sempre più cose e realizzava cosa aveva davanti.
"Questa è Isola Esme."
La sua reazione era prevedibile. Insomma: chi può scegliere un'isola come regalo?
Dopo aver posato le valigie sul molo, la guardai sorridendo e la presi in braccio, prima che lei potesse capire le mie intenzioni.
"Non dovresti aspettare fino alla soglia di casa?" mi domandò emozionata.
"Lo sai che sono pignolo".
Mentre rispondevo alle sue domande sentii chiaramente la  tensione crescere nell'aria, e mi chiedevo se agli occhi umani di Bella quell'isola potesse sembrare spaventosa. Il vento quella sera era leggero, accarezzava gli alberi, e scuoteva piano le foglie, il mare era calmo e le onde avanzavano pigre sulla spiaggia, producendo poca schiuma e regalando all'isola un sottofondo pacato, mentre gli animali notturni iniziavano a svegliarsi: in lontananza un piccolo gufo si lamentava piano e muoveva le piccole ali.
La dimensione acustica, pero, era in contrasto con quella visiva, considerando che la casa era l'unica cosa illuminata, circondata dalla spiaggia e dalla foresta, entrambe immerse nel buio. Mi chiesi se quel buio potesse crearle problemi, se lei potesse averne paura, visto che il battito del suo cuore andava man mano accelerando. 
Quando mi voltai verso di lei, però, capii che non stava prestando alcuna attenzione all'isola, che non aveva neppure notato il buio che circondava la casa, e che probabilmente non si stava neppure chiedendo perché la casa fosse illuminata visto che non ci abitava nessuno (non poteva sapere, d'altronde, che quel giorno erano passati i domestici a ripulire gli strati di polvere accumulati in casa e che avevano lasciato la luce accesa sapendo che saremmo arrivati in serata).  Bella sembrava essere concentrata su tutt'altro, e quando la vidi annaspare e arrossire fino alla punta delle orecchie riuscii a capire il filo del suoi pensieri. Stava stringendo l'orlo della mia maglietta nervosa, si rifiutava di incrociare il mio sguardo e il martellare del suo cuore era sempre più forte contro il mio torace. Non dissi niente e non chiesi niente, provai solamente a deglutire, come se qualcosa mi fosse rimasto bloccato in gola, e mi resi conto che anche io ero teso, molto più di quanto avrei pensato.
Teso, non preoccupato per l'incolumità di Bella, come ero stato fino a quel momento.
Quella tensione era diversa, era qualcosa che non avevo mai provato, e riguardava solo me. 
Mentre oltrepassavo la soglia di casa, e camminavo per le varie stanze accendendo le luci ancora spente, mi concentravo su questa mia ansia: cosa poteva preoccuparmi più della sua incolumità?
Capii quando varcai la soglia dell'ultima stanza, accendendo l'ultima luce, che andò a colpire il grande letto bianco al centro, concentrando l'attenzione tutta su di lui senza lasciare spazio per nient'altro: non sapevo cosa fare. 
Il sesso non era mai stata un'incognita: avevo visto attraverso gli occhi di troppe persone pensieri poco casti, che lasciavano poco all'immaginazione. A volte pure fantasie, altre ricordi passati, sgradevoli, violente, oppure dolci e piene d'amore a seconda dei casi, ma vedere una persona fare una cosa e farla in prima persona erano due cose completamente diverse. 
La lasciai scendere.
"Vado... a prendere le valigie".
Avevo bisogno di prendermi due minuti da solo, per calmarmi. Per calmarmi. Un vampiro di oltre cento anni in ansia per la sua prima volta. Sembra una barzelletta. 
Portai le valigie in camera con l'intento di uscire, fuori, per rilassarmi sulla spiaggia fredda. 
Eppure trovai Bella ferma lì, dove l'avevo lasciata, solo protesa in avanti a sfiorare la superficie liscia del letto, come per accertarsi della veridicità della camera. Pensavo sarebbe corsa in bagno a rinfrescarsi dopo tante ore di viaggio, eppure rimaneva lì, immobile. Era accaldata, mi accorsi subito del velo di sudore che si era addensato sul suo collo, quindi la raggiunsi con tre passi e le poggiai un dito sulla nuca per spazzare via quel velo di sudore. 
"Fa un po' caldo qui..." Mi scusai. "Pensavo... Fosse meglio così."
"Pignolo."
"Mi sono sforzato di rendere tutto... Più facile."  
Speravo che, con la stanza abbastanza calda, Bella non avrebbe iniziato a sbattere i denti per il freddo, stringendomi. 
Stringendomi. 
Stringendomi. 
L'urgenza di allontanarmi da quel letto crebbe. 
"Mi chiedevo" dissi, piano, "se... prima... ti andasse un bagno di mezzanotte con me?". Feci un sospiro  per calmarmi e sembrare più a mio agio. "L'acqua è molto calda. Questo è il genere di spiaggia che ti piace".
"Bell'idea". La sua voce si ruppe. Era in ansia quanto me?
"Immagino che ti servano un paio di minuti da umana... il viaggio è stato lungo".
Annuì, rigida. Un po' di solitudine avrebbe giovato anche a lei. 
Le sfiorai il collo con le labbra, appena sotto l'orecchio. Ridacchiai e la percorse un brivido, probabilmente a causa della differenza di temperatura tra il mio respiro freddo e la sua pelle surriscaldata. "Non metterci troppo, signora Cullen".
Ebbe un altro fremito, questa volta sicuramente non per il freddo.
Le mie labbra scesero lungo il collo, fino alla punta della spalla. "Ti aspetto in acqua". 
Non era solo per stuzzicarla e vederla arrossire che lo facevo, ma per un'eccitazione che stava crescendo dentro di me; Il letto luminoso e spazioso, la sua pelle calda e morbida sotto il tocco del mio dito, il suo cuore che martellava contro il petto e il silenzio, il silenzio di quell'isola che mi regalava un sottofondo meraviglioso di onde e creature riservate e miti, e la realtà delle cose che mi si stava presentando davanti, sempre più irruenta: Bella mi voleva, e nonostante mi fossi opposto con tutte le mie forze, adesso non potevo cambiare idea, avevamo fatto un accordo, stava per succedere. 
E mentre uscivo dalla stanza, e lasciavo che i vestiti mi scivolassero via dal corpo, lasciandomi nudo alla luce argentea della luna, allo stesso modo lasciavo finalmente libero tutto il mio desiderio: l'avevo represso, l'avevo ignorato, l'avevo combattuto per tutti i mesi con lei, pensando solo alla sua incolumità, al suo benessere, alla sua fragile vita, cercando di soffocare con forza il lato più istintivo di me, evitando di stringerla, di baciarla un po' più a lungo  e un po' più forte, di toccarla un po' di più; avevo smesso di percepire il sul profumo quando aveva iniziato a farmi perdere la testa, avevo evitato di indugiare con lo sguardo su di lei in parecchie, troppe occasioni, quando il suo corpo aveva iniziato a richiamare il mio, nel tempo sempre con più insistenza.
E adesso lasciavo libera ogni cosa, la lasciavo fluire in tutto il corpo, dall'interno, dalla parte più nascosta fino alle estremità, le braccia, le dita, sentivo l'eccitazione in ogni punto, così amplificata, fino ad arrivare a ciò che più avevo inibito in tutto quel tempo. Insomma, sotto la corteccia di granito, sotto gli incisivi da vampiro, ero un uomo anche io. Era una reazione naturale. Normale. Umana.
Dopo un po', finalmente, mi raggiunse anche Bella.
Avevo provato a lasciarle un po' di intimità, ma il rumore della doccia e di oggetti che cadevano mi aveva preoccupato. 
Fu un momento perfetto, quando lentamente si avvicinò a me. 
Perché eravamo per la prima volta davvero soli. 
Soli, senza nessuna voce, senza Charlie che ci controllava, o che guardava il televisore al piano di sotto; senza nessuno della mia famiglia che sentiva le nostre parole da ogni angolo della casa, con i pensieri sarcastici di Emmett o le intrusioni di Alice; senza professori, senza compagni di classe, solo noi, come quando nelle belle - e purtroppo rare - giornate di sole ci rifugiavamo nella nostra piccola radura, che comunque mi rimandava, in lontananza, il chiacchiericcio di qualche escursionista.
E la perfezione di quel momento non dipendeva solo dal fatto che quando si legge nel pensiero la solitudine è un raro e prezioso dono che difficilmente si riesce ad ottenere, ma anche perché, per la prima volta, non c'era nessuno ad anticiparmi nulla: avevo vissuto ogni momento della mia vita condividendo il punto di vista di qualcun altro. Anche al nostro matrimonio, per quanto mi fossi sforzato di escludere tutti, l'immagine di Bella dal mio punto di vista era stata affiancata da quella dei punti di vista di tutti i presenti.
Questa volta, invece, c'eravamo solo noi due, e mi sarei goduto a pieno il momento, dal mio unico punto di vista, senza voci nella testa.
"Bellissima", disse.
"Niente male", risposi impassibile. Mi voltai lentamente. "Però io non userei la parola bellissima", aggiunsi. "Non se il confronto
è con te".
Abbozzò un sorriso, sollevò la mano libera e la posò sul suo cuore. Bianco su bianco: per una volta senza differenze. Sussultai. 
La tenerezza di quel gesto mi agitò. Mi pentii immediatamente dei pensieri di un attimo prima: ero stato un egoista.
"Ho promesso che ci avremmo provato", sussurrai, nervoso. "Se... se faccio qualcosa che non va, se ti faccio male, dimmelo
subito".
I miei timori più grandi, immagini di Bella dilaniata, inerme sotto al peso del mio corpo, si ripresentarono tutte d'un tratto. Mescolate a quelle che mi aveva mostrato Jacob. Stupido cane, pensai arrabbiato. Ma sapevo che la rabbia era tutta per me stesso. I miei pensieri continuavano a saltare continuamente da un'estremità all'altra, oscillando tra il desiderio e la paura, l'incertezza e la passione. Facevano tutti parte di me, erano sentimenti contrapposti che tentavano di sovrastarsi a vicenda. 
Si avvicinò piano, fino a posare il capo sul mio petto.
"Non temere", mormorò. "Noi ci apparteniamo".
La verità di quelle parole mi travolse. Quel momento era così perfetto, così giusto, che per nulla al mondo potevo dubitarne. 
Tutto riuscì ad andare al suo posto: i sentimenti impararono a convivere in me, e mi stabilizzai. Bella era il collante di tutte le mie emozioni, e come tale riusciva controllarle, senza nemmeno rendersene conto. Ogni cosa sembrò perfetta, in quel momento.
"Per sempre".
Quel nostro piccolo scambio di battute, quelle due frasi sussurrate al buio con come unico testimone l'oceano, furono un'ulteriore promessa, un ulteriore scambio di anelli e di "lo voglio", fatti solo per noi, non per una sorella troppo entusiasta o per genitori apprensivi, ma per suggellare definitivamente il nostro amore. 
Ogni incertezza fu spazzata via, ogni dubbio cancellato, rimanevano solamente i nostri due corpi nudi, uno contro l'altro, le nostre due anime insieme ad anticipare la loro unione. 
E così, in quel mare caldo, abbracciai Bella. 
In quel mare caldo, la baciai come non mi ero mai concesso di farlo.
In quel mare caldo, la sua voce bassa che ansimava e che ripeteva il mio nome, ancora e ancora.
Le mie mani intorno a lei, il mio corpo e il mio cuore sempre più impazienti.
 
Mi resi conto che per lei - giusto in tempo prima di perdere completamente la ragione - rimanere in acqua era scomodo e fastidioso,  doveva arrampicarsi su di me per baciarmi. La tirai su, lei senza rendersene conto si aggrappò con le gambe ai miei fianchi, e mentre continuava a baciarmi la portai in camera, e ancora sgocciolanti ci lasciammo andare sul letto, rotolandoci tra le lenzuola bianche, e inciampando nella zanzariera che lo circondava: con uno strattone, liberai la sua gamba dalla presa della zanzariera, che finì per strapparsi proprio al centro, e un grosso pezzo scivolò fino al pavimento. 
Lo stato pietoso in cui l'avevo conciata mi infastidiva, e mi dava l'impressione di continuare ad ostruirci i movimenti, quindi mi misi a sedere - portando con me Bella che sembrava totalmente indifferente a quello che succedeva intorno a sé, mentre mi baciava sempre più forte sul collo, e poi sul petto, e via via scendendo - e strappai quell'ultimo, grande pezzo che penzolava dal soffitto. 
Ogni tanto le veniva naturale provare a mordermi, ma i suoi denti non incontravano altro che pelle dura e fredda, e dava l'impressione di volermi semplicemente baciare a bocca aperta, come fanno i bambini. Questo piccolo gesto mi intenerì e mi eccitò di più, quindi cambiai bruscamente posizione, portandola sotto di me, rinchiudendola nella gabbia delle mie braccia. Lei non sembrò notare la possessività nel mio gesto, ma anzi dopo un momento in cui si era limitata a guardarmi negli occhi, aveva poggiato le sue mani sulle mie e piano piano, con leggerezza, aveva risalito le braccia fino ad arrivare al mio collo, per abbracciarmi. Il suo profumo mi aveva invaso, e a mia volta avevo avuto l'impulso di morderla. Riuscii a fermarmi giusto in tempo, quindi deviai la traiettoria e morsi il cuscino, che si strappò sotto la presa dei miei incisivi e creò una nuvola di piume, che ci aleggiavano intorno e danzavano ancora e ancora, ad ogni movimento, al ritmo dei nostri baci.
E non ci importava. 
Tutto era secondario, in quel momento. Anzi, non esisteva nient'altro, tutto il nostro mondo era quel letto, tutto ciò che importava erano i nostri corpi che diventavano uno solo. 
E in quel momento, il calore del corpo di Bella sembrava espandersi e pervadere anche me. Mi sentivo accaldato, sentimento cosi assurdo da farmi ridere, ma in quell'istante cosi giusto. Nelle ultime settimane avevo sempre pensato di star tirando Bella con troppa forza nel mio mondo, di esercitare una pressione troppo forte, e la mia paura era proprio quella che il suo corpo, umano, non avrebbe retto questa ulteriore tensione, quest'innaturale adattamento ad una velocità, ad una forza, ad un intensità che l'avrebbe distrutta. Non volevo che modellasse la sua vita intorno a me.
In quel momento mi resi conto che non ero io a tirare Bella verso di me, ma era stata lei a catapultarmi nel suo mondo. Mi sentivo caldo. Mi sentivo eccitato. Mi sentivo un ragazzo innamorato alla sua prima esperienza. Mi sentivo umano. Non mi ero sentito mai cosi umano. I nostri corpi, uno sull'altro, uno nell'altro. E se anche qualche volta la tiravo a me con troppa forza, anche se in alcuni momenti le mie mani indugiavano sulla sua pelle un po più a lungo, o cambiavo posizione troppo velocemente, nulla poteva mutare l'umanità di quella esperienza. 
Nulla nella mia esistenza mi era mai sembrato più normale, di noi due che ci adattavamo l'uno all'altro, che ci incastravamo per essere uno solo.
 
 
Mi sembrava di essere veramente stanco. 
Non una stanchezza fisica, ovviamente quella non era nelle possibilità di un vampiro, il mio corpo non avrebbe mai provato sensazioni come la stanchezza o la fatica, il mio corpo era inanimato, era granito freddo e duro, indistruttibile. Ma quella che provavo era una stanchezza mentale. Ma forse proprio il termine stanchezza è inadatto.. Una pienezza. Ecco. Mi sembrava di essere completo, di avere tutto quello di cui avevo bisogno, di essere pieno e soddisfatto. Adesso capivo tutta la storia delle anime gemelle, le due meta della stessa cosa: quella soddisfazione derivava proprio dalla ricongiunzione con quella che, ormai era chiaro, era la mia anima gemella. 
Eravamo uniti,  ora davvero sotto ogni aspetto, e eravamo integri, avevamo ritrovato il pezzo mancante di noi stessi.
Era sempre stata chiara l'affinità mentale presente tra me e Bella, quell'affinità che non avevamo trovato con nessun altro della nostra specie, quell'affinità che ci aveva portati a condividere un amore sopra ogni incertezza, sopra ogni pericolo, sopra ogni differenza. Ma non avrei mai potuto pensare che, prima della trasformazione, avremmo condiviso un'affinità anche fisica, oltre che mentale. I nostri corpi si erano trovati con una facilita disarmante, si erano incastrati con forza ma senza il minimo sforzo, si erano modellati a vicenda con una naturalezza fuori dal comune. 
Eravamo entrambi senza la minima esperienza, eppure tutto ci era venuto cosi naturale, semplice e istintivo, come respirare.
La felicità di quelle ore fu una felicità idilliaca, ero in uno stato di grazia che mai avevo provato prima.
Eppure, durò poco.
Ancora prima che le luci dell'alba giungessero a illuminarci, notai delle macchie sulla pelle di Bella, aloni scuri di diverse dimensioni sparse ovunque.
Quando, cercando di essere il più silenzioso possibile per non svegliarla, cinsi la sua spalla con la mano, mi resi conto di ciò che avevo davanti: erano lividi. Lividi perfettamente identici ai contorni delle mie dita.
Da uno stato di grazia, passai ad una lenta e dolorosa agonia. 
I lividi continuavano a scurirsi e a ingrandirsi, e ad ogni ora ne spuntavano di nuovi, che mi sbattevano in faccia la verità: ero un mostro. 
Avevo fatto del male alla persona più importante della mia vita.
 
"Che c'è di buffo?" Le chiesi, quando la vidi ridere, appena sveglia.
"Che più di tanto non si può fingere di non essere umani." 
Restò in attesa, dal suo tono probabilmente si aspettava una risata.
Quella risata non arrivò.
Il tono della sua voce e l'innocenza del suo viso stonavano con le parole che - inconsciamente - aveva scelto.
La sua era l'accusa che mi stavo facendo già da qualche ora. L'avevo forzata troppo, ignorando il suo essere umano, per il mio tornaconto.
"Edward", disse con una leggera esitazione nella voce, "che c'è? Che c'è che non va?".
"E te lo chiedi?", risposi cinico.
Il suo sguardo interrogativo aumentò il mio malumore. Non diceva nulla.
"A cosa pensi?" sussurrò, e poi aggiunse "Sei arrabbiato. Non capisco. Ho...?" ma non la lasciai finire.
"Senti molto dolore, Bella? Voglio la verità, non fare finta che non sia nulla".
"Dolore?"
Alzai un sopracciglio, le labbra tese. Lei si stiracchiò, ma non fece nessuna smorfia di dolore. 
"Perché ti sembra che dovrei star male? Non mi sono mai sentita meglio".
Chiusi gli occhi. "Piantala".
"Piantala cosa?".
"Piantala di fingere che io non sia stato un vero mostro". Perché non mi odiava?
"Edward!", sibilò, furiosa. Finalmente aveva la giusta reazione, ma il motivo era ben diverso."Non dirlo mai più".
Non voleva farmi soffrire. Mi faceva sentire ancora peggio.
"Guardati, Bella. E dimmi che non sono un mostro."
Finalmente mi diede ascolto e abbassò lo sguardo.
"Perché sono coperta di piume?", domandò, confusa. Davvero si preoccupava delle piume?
Sbuffai impaziente. "Ho morso un cuscino. O forse più d'uno. Ma non è di questo che parlo".
"Hai... morso un cuscino? E perché?". La rabbia mi cresceva dentro. Non doveva trattarmi così, doveva arrabbiarsi, doveva urlare.
"Guarda, Bella!". Fu quasi un ruggito. Le afferrai la mano e le stesi il braccio, per mostrarle i lividi. "Guarda qui".
Lei sembrò davvero rendersi conto solo in quel momento della condizione in cui si trovava. "Oh", disse.
«Mi... dispiace, Bella, davvero. Avrei dovuto saperlo. Non era il caso di... Non trovo le parole per dirti quanto mi dispiaccia" ero disgustato da me stesso.
Eppure lei continuò a scusarmi, a ripetermi quanto stesse bene e felice. Bene. Era ricoperta di lividi. Lividi fatti da ME.
Continuammo a battibeccare, e Bella continuò a preoccuparsi delle cose sbagliate, riportando la conversazione su errori o incapacità sue, non mie.
"Stammi a sentire, Edward Cullen. Non sto fingendo un bel niente per far piacere a te, okay? Non immaginavo neanche di doverti
consolare, finché non hai iniziato con i tuoi lamenti. Non sono mai stata così felice in vita mia, nemmeno quando mi hai detto che mi amavi più di quanto volessi uccidermi, nemmeno il primo mattino in cui ti ho trovato ad aspettarmi al mio risveglio... Nemmeno quando ho sentito la tua voce nella scuola di danza" trasalii al ricordo "e nemmeno quando hai detto "sì" e ho capito che, in un modo o nell'altro, sarei riuscita ad averti per sempre. Questi sono i miei ricordi più belli, ma nessuno vale quanto stanotte. Fattene una ragione".
Per quanto quelle parole mi avessero colpito e lusingato, la realtà dei fatti, però, non cambiava.
Non avrei ripetuto lo stesso errore una seconda volta.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6.5 Distrazioni ***


*Alice

"Che noiaaa!" Sbuffai, quando l'ultimo pezzo del puzzle, il millesimo, si incastrò con gli altri novecentonovantanove sul tavolo. 
Ci avevo impiegato pochi minuti e l'ennesimo passatempo era concluso. Anche questo mi aveva distratto per troppo poco tempo. 
Dopo il grande matrimonio, e le settimane spese a prepararlo nei minimi particolari, a girare per negozi per trovare le giuste bomboniere, a disegnare modellini di torte, ad unire diversi profumi per trovare quello giusto, l'equilibrio perfetto tra i profumi preferiti di Edward e quelli di Bella, a consultare le migliori boutique per confezionare i vestiti su misura per tutti, tornare alla vita di tutti i giorni mi uccideva, e nulla catturava la mia attenzione e mi dava un minimo di eccitazione. Il matrimonio era stato eccezionale, l'avevo visto nello sguardo di tutti, ogni cosa era andata perfettamente - a parte una piccola eccezione, che non avevo potuto prevedere, ma che per fortuna era stata arginata senza troppi problemi e senza che gli altri invitati se ne accorgessero - ogni cosa era iniziata e finita al momento giusto e ogni persona presente in sala si era divertita, persino quell'amica di Bella, Jessica, che continuava a lanciarle occhiatacce - d'invidia, probabilmente - e persino i Quilete, nonostante la loro uscita di scena anticipata.
Ma alla fine tutto era andato per il meglio e il sorriso di Bella ed Edward era stata la miglior ricompensa per tutti i miei sforzi. Erano felici. Un po' anche grazie a me.
E dopo averli visti andare via con la loro auto scura e con le scarpe che sobbalzavano trascinate dalla macchina, il vuoto era sceso tra noi. Se per un umano la vita di tutti i giorni poteva essere noiosa, per un vampiro che non aveva nemmeno bisogno di dormire il tempo poteva scorrere lento e pigro, e se già l'arrivo di Bella era stata per noi una ventata di aria fresca, un evento come un matrimonio aveva sconvolto le nostre vite e ci aveva abituato ad un ritmo nuovo, veloce, pieno. 
Si, perché non ero solamente io a risentire della noia, ma un po' tutti noi Cullen ci eravamo abituati alla vita frenetica dei preparativi, Rosalie nell'aiutarmi a scegliere i vestiti, Esme a preparare piatti complicati e adorabili dolci per la cena, Emmett e Jasper con le decorazioni e Carlisle con gli inviti e, soprattutto, con le amorevoli conversazioni con tutti gli invitati.
Tra tutti noi, lui era sempre stato il migliore a relazionarsi con gli altri, e avevamo lasciato a lui il compito di intrattenere gli invitati, soprattutto dopo la partenza degli sposini.
Era riuscito persino a far ballare tutti, nonostante fossero intimiditi  dal nostro modo di volteggiare con così tanta facilità in mezzo alla sala.
Una sola persona rimaneva in disparte, Charlie. Il suo sguardo era triste, rivolto alla foresta buia al di là del giardino. 
"Mi concedi un ballo?" Gli chiesi, arrivando, in un modo per me così infinitamente lento, dall'altra parte della stanza. 
"Oh, Alice, non ci penso proprio." Sapevo benissimo di poterlo convincere, quindi continuai.
"Sei obbligato in quanto padre a fare il primo ballo con la sposa, ma non deve essere l'unico. E non hai ballato con nessun altro da allora. Quindi ora, se non ti dispiace, ballerai con me." Una visione brevissima - abbastanza breve da non distrarmi dalla conversazione e da portarmi al di fuori della realtà, come spesso succedeva - di me e lui che ballavamo mi fece sorridere. Charlie non sapeva resistermi.
"Sai che non so dirti di no, Alice. E non so ballare." I suoi baffi seguirono la smorfia del viso, inorridito all'idea di dover fare qualche passo seguendo una musica. Dio mio, era proprio identico a Bella. Meno che per i baffi, per fortuna.
"Allora devi dirmi solo di si" gli offrii la mano, e lui con gentilezza -  nonostante i suoi soliti modi di fare bruschi -  la afferrò e si mi accompagnò in mezzo alla pista. Sentii i commenti ironici di Emmett "si è messa a fare la badante, ora!", ma li ignorai. Quell'uomo si inteneriva quando si trattava di me, lo sapevo che per un buona parte si trattava di gratitudine per averlo aiutato con Bella quando era allettata, ma  sapevo anche che il suo affetto andava oltre questo, mi voleva bene. Forse perché un po' gli ricordavo l'ex moglie, per i modi esuberanti che abbiamo entrambe. 
Dal canto mio mi sono affezionata a lui e sono contenta che sia diventato di famiglia. è uno di quegli uomini un po' chiusi e un po' rudi, ma che nascondono un lato sensibile che non vogliono mostrare agli altri. Non sono abituati a fare troppe smancerie, quindi ogni piccola cosa che fanno è spinta da un sincero affetto. 
"Siamo una famiglia ora, Charlie. Non sei contento?"
Dopo un attimo di esitazione, rispose: "Si, sono contento. Sei sempre stata come una seconda figlia per me. è solo che... Tutto questo mi destabilizza. Non è troppo presto?"  nei suoi occhi c'era lo sguardo di un padre che vede la figlia cresciuta e da che deve lasciarla libera di andare per la sua strada, ma vorrebbe lo stesso tenerla ancora con sé. 
"non fraintendermi... Ormai l'ho capito che Edward è l'uomo giusto per Bella. Ma mi manca già. è la mia bambina, è già l'ho dovuta tenere lontano per così tanto.  Non voglio perderla ancora..."
Sentii mancarmi l'aria. Come saremmo riusciti a fingere la morte di Bella? Come avremmo potuto vederlo soffrire? 
"Charlie... è normale che tu ti senta così." Stavo per dire qualcosa come "non la perderai", ma mi resi conto della grandezza della mia bugia. "Ma ti assicuro che Edward non le farà mai del male. Mai. E che noi, con lui, la proteggeremo sempre."
Questo, almeno, potevo prometterlo.
 
 
Una breve visione:
Bella e Edward distesi su un letto e coperti di piume - piume? -, di Edward che quasi le ringhia contro - i suoi occhi più che rabbia riflettono frustrazione - , e che con le dita ripercorre dei piccoli segni sul braccio di Bella. 
Lividi?
Il mio pensiero, di cui mi pentii subito, fu "beh, almeno è viva."
Razionalmente non avevo dubitato nemmeno per un secondo del fatto che Edward potesse uccidere Bella, ma forse inconsciamente mi rendevo conto dei rischi e dei pericoli che avevano corso provandoci. Fui sollevata dell'assenza di Edward, non mi avrebbe mai perdonato un pensiero del genere, o probabilmente non avrebbe mai perdonato se stesso.
Oh-oh.
In effetti Edward non perdonerà mai se stesso.
Capii il motivo della visione, la decisione di Edward. 
Mi resi conto di quanto questo avrebbe deluso Bella. 
Mi resi conto, poi, immediatamente dopo, che quello che stava succedendo era sbagliato. 
Non mi ero mai sentita in colpa per le mie visioni, facevano parte di me come qualsiasi altra cosa, erano una mia caratteristica, non le avevo di certo richieste e le accettavo, come un dono, come una semplice abilità extra, ma in quel momento mi sembravano sbagliate, stavano superando un limite importante da cui avevo deciso fin dall'inizio di tenermi a distanza, cioè quello della vita intima degli altri.
"...Alice?" Emmett mi chiamò, con insistenza.
"...uhm?" Ero un po' frastornata, come sempre dopo una visione.
"Piccola nana pervertita, stai spiando Edward e Bella? Non ti vergogni? Cosa stanno facendo i due sposini?" La sua sonora risata, molto roca e profonda, fece accorrere anche Rosalie e Jasper.
"cosa succede?" Disse lei, entrando.
Jasper invece  era silenzioso,  sentiva cosa stavo provando. Intontimento, vergogna, delusione. 
"Forze abbiamo novità sui piccioncini. Alice li spiava." 
Gli scoccai un'occhiataccia e mi voltai, uscendo di casa più veloce che potevo.
"Emmett..." Sentii il rimprovero nella voce di Esme che era appena entrata nella stanza.
In un attimo mi ritrovai in auto ad accendere il motore, e Jasper mi seguii. 
Abbassai il finestrino.
"Voglio andare... Da Charlie. Per distrarmi. Torno presto." Lui mi guardò apprensivo, ma non disse niente. Si abbassò solamente a baciarmi la fronte. Un senso di calore mi invase, un po' dovuto al suo gesto, un po' dovuto al suo potere speciale. Sgommai nel vialetto , e lui tornò dentro casa, probabilmente a sgridare Emmett per quello che aveva detto.
Lui sapeva quanto fossi imbarazzata per il modo in cui mi imponevo nella vita degli altri, anche se sembravo farlo con sfacciataggine e sicurezza. Sorrisi, e quel calore non mi abbandonò per molte ore.
 
Quando arrivai da Charlie erano ormai le due del pomeriggio. Lo trovai seduto sul divano, ancora in divisa, a guardare la partita in televisione e a mangiare. Mi avvicinai, e mi accorsi che erano ancora gli avanzi del matrimonio, quindi la mia voglia di fargli la predica per la divisa e per i piedi sul tavolino scomparì all'istante. Conoscendolo, per lui era una gioia non dover cucinare, così da non essere costretto a pensare al fatto che la porzione da mettere in tavola doveva essere per una sola persona, non più per due. 
Ero cosi dispiaciuta per lui da sedermi al suo fianco a guardare quella noiosissima partita di baseball, che sapevo già si sarebbe conclusa con un pareggio.
"Dai, Alice. Mangia con me."
"Charlie, purtroppo ho già mangiato..."cercai di scusarmi. Mi dimentico sempre che sarebbe meglio non andare da lui quando è orario di pranzo. Prima o poi si chiederà perché non ho mai toccato cibo in sua presenza...
"Devi imparare a venire qui a stomaco vuoto! Non ti lasci mai offrire niente..."
Provai a cambiare discorso, ma quando si alzò per prendere la torta nel frigo, ritorno sul discorso.
"Almeno una fetta di torta devi prenderla."
"Ma Charlie..."
"Nessun ma. Non hai bisogno di diete, tu." Il suo tono si addolcì "non lasciarmi mangiare da solo anche il dolce..."
Non riuscii a rifiutare.
In realtà il cibo umano non è tossico per l'organismo di un vampiro, ma è un vero fastidio. 
Il nostro corpo ovviamente non è in grado di digerire alimenti, stomaco, intestino, anche semplicemente i condotti come faringe e esofago sono immobili, non funzionano più come quando eravamo umani, quindi il cibo deglutito entra nel corpo così com'è, senza subire nessun processo chimico. L'unica cosa che davvero riesce a distruggerlo è il veleno, che viene prodotto da delle piccole ghiandole che si formano al momento della trasformazione - le uniche davvero necessarie e funzionanti in un vampiro, andando a sostituire le ghiandole salivari - , poiché il veleno è in grado di assorbire solo il sangue, per poi andare a nutrire i tessuti e gli organi per farli rimanere integri e sani,  e non riconoscendo il cibo lo corrode in pezzettini sempre più piccoli fino a quando non è completamente distrutto.
Questo processo, però, è infinitamente lento, e quindi quel cibo ristagna in tutto il corpo fino a quando non viene distrutto, producendo anche un retrogusto acidulo. Forse più che retrogusto - il gusto è l'unico senso che non si sviluppa nel momento della trasformazione, dato che risulta praticamente inutile ai fini della caccia - si dovrebbe parlare di scia, di odore, che ovviamente è impercettibile per gli umani, ma insistente e fastidioso per i vampiri, e può rimanere in circolo per giorni, dipendentemente dalla quantità di cibo mangiata.
Ecco perché preferiamo non mangiare, nonostante sarebbe più facile per la convivenza con gli umani.
Presi una cucchiaiata di panna dal piatto e la rigirai tra le dita, prima di portarla alla bocca.
Era soffice, quasi inconsistente. Mi sembrava un alimento inutile. Riusciva davvero a saziare qualcuno?
"Esme è un'ottima cuoca!" mi disse, parlando con la bocca piena. Sorrisi e annuii. 
Ancora un paio di secondi e sarebbe arrivato il veleno. Iniziai a prendere pezzi di torta più grandi e a mangiarli più in fretta.
"Sai, iniziavo a pensare che la tua famiglia non avesse bisogno di mangiare. Non ho mai visto neppure Carlisle fare mai una pausa pranzo." rise sonoramente, e io lo accompagnai.
"Ma come ti viene in mente Charlie? Come potremmo non mangiare mai?"
Mentre ridevo il veleno iniziò a scivolare tra i denti, fino ad attaccare i pezzi di pan di spagna, di panna e di pasta di zucchero fermi nell'esofago.
Iniziai a sentire un formicolio, e mi venne come l'istinto di grattarmi la gola. 
Almeno, sarebbe servito a togliere un sospetto sulla nostra famiglia.
Mi resi conto che Bella aveva preso da Charlie anche la capacità di notare cose che non avrebbe dovuto notare.
 
Quando tornai a casa le uniche scuse che ebbi da Emmett furono due pacche sulle spalle, e me le feci bastare. In fondo, quello era il suo modo un po' da cavernicolo di ammettere di aver esagerato.
Rimuginai per parecchi giorni, lessi giornali, andai (troppo) spesso da Charlie.
Jasper aveva capito che c'era qualcosa che non andava, ma non chiedeva. Mi abbracciava forte quando mi vedeva turbata, mi baciava dolcemente, sulla fronte, sul naso, sulle labbra, sugli occhi quando voleva che mi riposassi un po',  e che cercassi un po' di pace nel suo amore.
Funzionava sempre, ma non potevo rimanere tutta la giornata così - o almeno, non volevo farlo, perché dovevo trovare una soluzione. Mi aiutava a staccare la spina, a rigenerarmi, ma il ciclo ricominciava non appena il suo effetto benefico si allontanava da me.
Si preoccupò di trovarmi molteplici distrazioni, ma purtroppo, non era un problema che potevo risolvere da sola.
Entrai nel salone di casa dopo aver portato il pranzo a Charlie in ufficio, e trovai solo il mio grosso fratellone a guardare la televisione.
"Dov'è Carlisle?" il mio tono era serio, non saltellavo e non ero scoppiettante. Emmett mi guardò stranito, ma non fu l'unico ad accorgersene: sentii quattro paia di piedi che si muovevano da quattro parti diverse della casa; Esme stava scrivendo, la penna smise di scivolare sul foglio e fu appoggiata dolcemente su una superficie di legno - era nello studio; Rosalie si stava mettendo lo smalto, riuscivo a sentire la puzza fin dal soggiorno - era nella sua stanza, probabilmente seduta sul suo lettone a baldacchino come suo solito; Jasper stava leggendo un libro in giardino, lo sentii chiuderlo di scatto e lo vidi poggiarlo sul tavolino appena entrato nel salone, alla mia sinistra; eccolo, Carlisle, intento a prepararsi per il suo turno all'ospedale, riponendo i vari oggetti nella borsa da medico. 
"Sono qui, Alice."
Entrarono nella stanza tutti velocemente, quasi insieme.
"Dobbiamo preparare un piano, Carlisle. Non ne abbiamo ancora parlato, è un brutto argomento, ma non possiamo rimandare. Charlie non è stupido, se non ci organizziamo bene..."
"... Capirà che c'è qualcosa di strano nella morte di Bella." continuò la mia frase.
L'aria si fece pesante nella stanza.
Nessuno voleva rovinare a Bella il matrimonio, ma quell'argomento ormai era inevitabile.
Ci fu qualche secondo di silenzio,  e fu Emmett, nel suo modo schietto e un po' insensibile - ma utile qualche volta - a romperlo.
"Insceniamo un incidente. E' sbandata di strada, non ha messo le catene alle ruote ed è scivolata sul ghiaccio. E' plausibile."
una visione breve della scena mi si presentò davanti agli occhi. Jasper mi strinse il braccio, ero inquieta.
"E' plausibile, ma dovrebbe esserci un'autopsia, e il corpo di Bella non avrebbe alcun graffio. Come si potrebbe spiegare?" disse prontamente Carlisle.
"E hai davvero intenzione di portare il corpo di una neonata in un ospedale?" intervenne Jasper. Il suo passato lo spingeva ad essere meticoloso e davvero attento quando si parla di neonati.
"Potremmo inscenare qualsiasi morte. Una rapina finita male, un incidente, un avvelenamento, ma resterebbe sempre lo stesso problema. Dovrebbe esserci un'autopsia, e con il corpo di Bella - ignorando tutte le implicazioni dell'essere neonata - non è possibile." aggiunse Rosalie.
A mano a mano che nominava una differente opzione, breve immagini si susseguivano con forza, imponendosi ai miei occhi. Mi destabilizzavano. Jasper cercò di calmarmi, si avvicinò e mi avvolse con il braccio per intensificare l'effetto, e un po' mi aiutò. Iniziai a sentirmi stanca.
"Possiamo fare magie, inscenare alla perfezione incidenti come abbiamo fatto con l'attacco di James, ma in quel caso avevamo un corpo pieno di lividi, contusioni, ossa fratturate. Ora avremmo un corpo perfetto. Non è fattibile." concordai con Rosalie.
"E allora... basta che non si trovi il corpo." disse Emmett, con semplicità. Una semplicità che mi fece rabbrividire. "Il posto dove Bella si è tuffata con i cani, basta inscenare un incidente lì. Una curva presa male, la caduta in mare, mentre stava andando a trovare Jacob. Il corpo perso nelle profondità dell'oceano. Non è perfetto?" disse, quasi eccitato. 
Un'altra visione, più lunga.
La ricostruzione dell'incidente. La macchina di Bella che viene ripescata dall'acqua, il parabrezza distrutto.
Quando rinvenni sentii la risposta di Esme, prevedendo, senza bisogno di alcun potere extra, l'ultima scena della visione.
"Vogliamo davvero togliere a Charlie la possibilità di salutare Bella, un'ultima volta?" ci fu silenzio.
L'ultima scena riguardava proprio Charlie. 
Vestito di nero. Al funerale. Piangente davanti ad una bara vuota.
 
Non ero d'accordo con loro. Ma era la decisione più razionale.
Eppure mi sembrava una cosa così crudele...
Decidemmo di dirlo ad Edward e Bella non appena fossero tornati dalla luna di miele, ma non ce ne fu bisogno.
Cercavo di evitare di pensare a loro, ma la visione arrivò all'improvviso, non l'avevo voluta, non l'avevo richiesta.
Si susseguono varie immagini di Edward e Bella: si baciano, si abbracciano, si svegliano in un altro letto - in condizioni decisamente migliori del precedente - , ridono e scherzano a tavola.
"Andiamo a Dartmouth? Sul serio?". Dice Edward, speranzoso.
"Probabilmente non supererò il primo semestre". Bella non è imbronciata, anzi, è felice.
"Ti aiuterò io". Il sorriso di Edward si apre. "Il college ti piacerà".
Discussioni su un appartamento. Sorrisi.
Bella conclude con un "Perciò, siamo pronti".
"Non c'è bisogno di inscenare nulla". Dissi, non appena le immagini sfumarono e ritornai nel salotto di casa mia, con la mia famiglia intorno.
"Cosa?" chiese Rosalie, riecheggiando il dubbio di tutti.
"Bella non vuole più essere trasformata."


Buonasera! Come promesso, provo a portare avanti questa storia, con i miei tempi!
Ho voluto fare questo esperimento, lo so che la FF si chiama "BD da parte di Edward", ma mi incuriosisce esplorare anche gli altri personaggi della saga, e ho iniziato da Alice che è comunque una delle mie preferite.
Fatemi sapere se vi fa piacere, così posso anche riprovarci!

ps. il capitolo è comunque chiamato "Distrazioni", come in BD, e c'è un piccolo riferimento nel testo. Diciamo che lo considero un extra del 6, ecco perché 6.5
pps. In Midnight sun mi era piaciuto un sacco il riferimento della Meyer all'effetto del cibo umano sui vampiri,che però non ha mai approfondito. (ahhhh Midnight sun, quanto avrei voluto leggerlo tutto!) Quindi ho voluto cimentarmi io - con le mie conoscenze superficiali da liceo sul corpo umano e con la mia immaginazione; spero che non sia troppo stupida come cosa ahahah

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=697483