For the First Time

di Hysteria Hollow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1_The first time I met you ***
Capitolo 2: *** The First time we met again ***
Capitolo 3: *** The first time you said me thanks ***
Capitolo 4: *** The first time you felt me alive ***
Capitolo 5: *** The first time I said "Can you believe it?" ***
Capitolo 6: *** The first time you said "You are the best thing that's ever been mine" ***



Capitolo 1
*** 1_The first time I met you ***


Autore: Eleanor Pevensie
Titolo: For the f i r s t time;
Pacchetto: Mine
Personaggi: Sirius Black; Lily Evans
Paring (se ce ne sono): Sirius/Lily
Rating: Verde
Genere: Romantico; Malinconico;
Avvertimenti: AU; Long- Fiction; What If?; Song fict.
Introduzione: ||
NdA: Dunque, dopo tanto lavoro ce l'ho fatta! E sì, mi sento decisamente soddisfatta. L'unica cosa che c'è da sapere è che tutta la storia è un flashback, e che solo il pezzo finale è il presente". Dopo questo breve avvertimento, ringrazio la giudice per la pazienza e il tempo dedicatomi, spero di regalare un pò di emozioni con questa breve storiella.
For the f i r s t time

The First Time I met you


You remember, we were sittin' there, by the water
You put your arm around me for the first time



Lily Evans levò gli occhi umidi d'un verde prato infinito verso il cielo, socchiudendo appena le palpebre.
Il tiepido vento primaverile soffiava lieve, rincorrendosi fra i rami degli alberi, stuzzicando biricchino i fiori e i fili d'erba sotto di lei.


I capelli di un cremisi vivace s'intrecciavano allegri ai radi raggi del sole di marzo, catturandone a sprazzi la spettrale luce che riusciva a districarsi dalla tediosa coltre di nubi lattee che vegliava sul mondo.


Sul bel viso di bimba ancora umido di piccole goccie di pioggia che l'avevano sorpresa qualche minuto prima, aleggiava il dolce riflesso di un sorriso scomparso all'improvviso, rotto da un pianto trattenuto a fatica.


Camminava con un'andatura lenta e tentennante fra la coperta d'erba che avviluppava il terreno, gli scarponcini neri che affondavano nella terra resa fangosa dal temporale di poco prima.


La sottile figura era avvolta in un grazioso vestito d'un caldo marrone che s'intonava alla perfezione ai lunghi capelli lasciati liberi di giocare con il leggero venticello, avvolgendo il resto del mondo nel sottile velo della primavera ormai entrata nel pieno fermento.


Era una splendida giornata, il cinguettio melodioso degli uccellini che fungeva da colonna sonora a quel pomeriggio a dir poco perfetto.
Peccato che la piccola Lily non fosse dell'umore adatto per godersela.


Si passò una manina paffuta sulla guancia umida di lacrime, premendo le labbra l'una contro l'altra per fermarne il tremore e si diresse di corsa verso l'altalena dalla parte opposta del giardino rispetto all'uscio di casa.


Era talmente furiosa che afferrò con un gesto stizzito Mister Robby da terra e lo scagliò con tutta la forza che aveva in corpo contro al tronco di un albero, sorpassandolo poi senza degnarlo di uno sguardo.


Il coniglietto bianco la fissò triste dirigersi verso lo scivolo e sedervicisi sopra, le ginocchia strette al petto, i braccini che tentavano di avvolgere le gambe intrecciando le dita le une con le altre, il capo incassato nelle spalle.


Perchè Petunia doveva essere sempre così cattiva con lei?
Solo perchè era più grande non aveva il diritto di dirle quello che poteva o non poteva fare.


Perchè se si metteva di nascosto il rossetto della mamma - il suo preferito, quello color ciclamino che le aveva regalato papà - anche lei poteva metterlo.
Se sgattaiolava di nascosto nella camera da letto dei loro genitori, tuffandosi nell'armadio della loro mamma per indossare il lungo abito rosso da sera e sfilare come una modella sul lettone, non vedeva perchè anche lei non potesse farlo.


E perchè non poteva farla lei la principessa, una volta tanto?
-Io posso perchè sono più grande e più bella. Tu no -.


Lily singhiozzò piano, tappandosi la bocca con le mani per impedire di emettere un qualsiasi suono che potesse in qualche modo svelare il suo nascondiglio.
Non voleva dare a Petunia la soddisfazione di averla fatta piangere.


Perchè lei non era più bella. Lo diceva sempre anche la mamma, che loro due erano splendide in modo uguale.
E allora perchè stava così male?


Il rumore secco di passi che salivano i gradini in legno dello scivolo la fecero sobbalzare di scatto, distraendola per un momento dai suoi pensieri omicidi nei confronti della sorella maggiore.


Scivolò lentamente sul pavimento sporco, puntellato quà e là da macchie di terra ed erba, attenta a non fare rumore.
Si sporse dal parapetto dipinto di un bel azzurro acceso, gli occhioni rossi di pianto spalancati e brillanti di curiosità.


Quella figura era troppo piccola per essere quella di sua sorella, e i suoi genitori stavano ancora litigando dentro casa, a giudicare dalle urla che la raggiungevano attutite dalle pareti.


E allora chi poteva mai essere?
- Perchè piangi? - - Io non sto piangendo! - sbottò immediatamente Lily, orgogliosa, alzando il mento verso l'alto e fulminando il bambino che aveva posto la domanda con lo sguardo.


Un paio di occhi grigi - specchi misteriosi e gelidi - ricambiarono l'occhiataccia con altrettanta fierezza sotto ad una frangetta corvina e scarmigliata.
I lineamenti del viso spiccavano nobili e delicati, avvolti da un sottile strato di pelle diafana e liscia della stessa consistenza della seta.


Doveva avere all'incirca la sua età, dagli otto anni in su, nonostante la superasse in altezza di cinque centimetri abbondanti.


Tutto in quel bimbo aveva un'aria di bellezza importante e raffinata, a dispetto dei vestiti che indossava; un maglione di un nero slavato che un tempo doveva essere stato molto costoso copriva il busto sottile.

Le maniche del medesimo colore, tirate su alla ben meglio e macchiate in più punti di terra ed erba ricadevano larghe sulle braccia martoriate da lividi violacei delle più svariate dimensioni.


La squadrava da sotto i ciuffi scomposti con un'aria intelligente e sveglia mista ad una punta d'interesse che la fece fastidiosamente arrossire.
Stava per domandargli con il tono sgarbato che riservava solo a chi le stava antipatico come avesse fatto ad entrare nel giardino di casa sua, quando il brunetto la raggiunse con pochi passi e si accucciò al suo fianco, senza smettere di fissarla.


- Perchè piangi? - ripeté, sottolineando con maggiore enfasi il verbo, forse per farle capire che non se la beveva.
Lily sbuffò capricciosa e voltò la testa dalla parte opposta, mossa dalla ferma volontà di non rispondere.


Peccato che quelle stupide lacrime che sfuggivano agli occhi la tradissero.
- E' colpa di Petunia - sussurrò, il mento appoggiato alle braccia, lo sguardo vuoto fisso sulla porta dalla parte opposta del prato.


Le piccole spalle tremarono leggermente sotto allo sforzo di non scoppiare in lacrime, ma tutti quelli che conoscevano la bimba dai capelli rossi almeno un pochino, sapevano dell'enorme forza di volontà che l'animava.


Non versò nemmeno una lacrimuccia.


In compenso la voce le tremava in modo indecente quando borbottò con un filo di voce - Mi dice sempre che non posso fare la principessa perchè lei è più grande e più bella di me. Non è giusto..-. Lasciò scivolare le ultime parole prima di tirare su col nasino rosso, le labbra incurvate in un broncio impenetrabile.


Il piccino al suo fianco si tese leggermente in avanti, tuffando la manina dentro alla tasca dei pantaloncini scuri e prendendo a frugare con enorme meticolosità. Una volta estratto l'oggetto prescelto le si avvicinò piano, allungando incerto il braccino verso il suo viso e sfiorando con delicatezza la guancia della piccola, la quale non si ritirò.


Le piaceva quel contatto fresco sulla pelle bollente.
Era bello. La confortava come nemmeno i baci della sua mamma riuscivano a fare.


Il bimbo arricciò le labbra, concentrato, asciugandole le guance con il palmo della manina e ravviandole una ciocca cremisi dietro all'orecchio, per poi porgerle solenne l'oggetto nascosto dietro alla schiena.


Gli occhioni verdi di Lily s'illuminarono di colpo alla vista dello specchietto che l'altro le aveva posato in grembo; il vetro limpido era avvolto da un'elegante cornice in argento lucido e agli angoli presentava degli splendidi arabeschi impreziositi da piccole pietre di uno smeraldo intenso e brillante quanto i suoi occhi.


Ne accarezzò i contorni con la manina paffuta, fissando incantata quelle curve che, ne era certa, non si sarebbe mai stancata di percorrere con il pollice.


Il bruno sorrise appena al suo fianco, portandole con un movimento gentile del braccio lo specchio all'altezza del viso, in modo che lei potesse riflettersi al suo interno.


- Non vedi quanto sei bella? - le domandò, il tono dipinto da quell'ingenuità dolce che apparteneva solo ai bimbi.
Lily si sentì arrossire, lanciando una breve occhiata sulla superficie limpida.


Si voltò verso il bambino, sorridendogli radiosa, il cuore che batteva forte nel petto; nessuno le aveva mai detto una cosa simile.
- Grazie...-. Si bloccò, conscia del fatto che non sapeva nemmeno il suo nome.


- Sirius - l'aiutò il piccino, abbozzando anche lui un sorriso.
Si alzò dal suo posto, apprestandosi a scendere le scale della giostra.


- Tienilo tu - le disse, alludendo allo specchietto. - Così quando sarai triste lo guarderai e penserai a me -.
La bimba annuì, stringendo l'oggetto al petto.


- Promettimi che tornerai e giocheremo insieme - esclamò, prima che la figurina scomparisse dietro al cancello socchiuso.
Sirius arretrò leggermente, gli occhi che riflettevano il sole improvvisamente splendido di quel magnifico pomeriggio.


- Lo prometto! - le urlò in risposta, alzando poi il braccio in segno di saluto e scappando via, i capelli corvini al vento.
La piccola sospirò, un enorme nodo di felicità nel petto.


Quello fu il primo e l'ultimo giorno che vide Sirius.



Ed ecco quì gli splendidi bannerini della signora giudicia! Che dire...davvero non mi aspettavo un terzo posto.
Non con questa cosetta schifosa.
Ma - poffarbacco! - lo accetto più che volentieri!
Spero tanto che il primo capitoletto vi sia piaciuto, e che continuiate a seguirmi.

Un bacio ed un inchino,
Eleanor Pevensie


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Capitolo 2
*** The First time we met again ***


Autore: Eleanor Pevensie
Titolo: For the f i r s t time;
Pacchetto: Mine
Personaggi: Sirius Black; Lily Evans
Paring (se ce ne sono): Sirius/Lily
Rating: Verde
Genere: Romantico; Malinconico;
Avvertimenti: AU; Long- Fiction; What If?; Song fict.
Introduzione: ||
NdA: Dunque, dopo tanto lavoro ce l'ho fatta! E sì, mi sento decisamente soddisfatta. L'unica cosa che c'è da sapere è che tutta la storia è un flashback, e che solo il pezzo finale è il presente". Dopo questo breve avvertimento, ringrazio la giudice per la pazienza e il tempo dedicatomi, spero di regalare un pò di emozioni con questa breve storiella.
For the f i r s t time


The first time we met again


You were in college, workin' part time, waitin' tables
Left a small town, never looked back



- Hey Evans! Splendida come al solito, nevvero? -.
Lily sospirò infastidita, alzando gli occhi al cielo in una chiara espressione di esasperazione mentre chiudeva di scatto la porta del bar.


Una leggera corrente autunnale s'introdusse nel locale riscaldato, rinfrescando l'aria viziata che circolava all'interno, purificando l'acuto odore di fumo e sudore con un gradevole profumo di pioggia e foglie secche.


Di fronte a lei, comodamente sdraiato su una sedia in plastica rossa dallo schienale mezzo curvato verso il basso, James Potter le sorrideva languido, ammiccandole da dietro gli occhiali tondi.


Si passò una mano fra i capelli scomposti, con la tipica espressione di chi si crede irresistibile, conferma che arrivò quando una serie di sospiri da svenimento si levarono dai tavoli collocati di fianco a quello dei Malandrini; due ragazze fissavano con occhi da triglia Potter e compagnia bella.


La ragazza arricciò le labbra, sinceramente confusa. Che diavolo ci trovavano quelle oche nei ragazzi più scemi e scapestrati del college?
Completamente d'accordo sul fatto che ogni membro dei Malandrini godesse di una bellezza fuori dal comune...apparte Minus.


C'era Remus con i suoi occhi mielati e il sorriso gentile e dolce più rassicurante che avesse mai visto.
Persino Potter era affascinante a modo suo e infine c'era lui...Black.
Forse più tremendo, insopportabile e arrogante di James stesso.


Estremamente bello, estremamente sgradevole. In tutti i cinque anni che avevano passato nella stessa classe non si erano mai rivolti la parola, sennonché per qualche breve scambio di insulti che andavano dai "Zitto idiota" ai "Strega rossa finta".


E questi brevi ma intensi discorsi le bastavano per tutto il mese.


- Potter, hai finito di dilettarti nel renderti ridicolo utilizzando vocaboli dei quali non conosci nemmeno il significato? - sbottò Lily fulminandolo con gli occhi, cercando un posto il più lontano possibile dal gruppetto chiassoso.


Si sistemò alla ben meglio in un tavolino nell'angolo più remoto del bar, appoggiando soddisfatta la cartella marrone al fianco della sedia, i libri di chimica già aperti alla pagina dei compiti per il giorno seguente.


Riusciva a sentire senza sforzarsi minimamente la voce eccitata e fastidiosa di Potter che continuava a ripetere il suo nome un'infinità di volte, ma tentò in tutti i modi di ignorarlo.


Doveva ancora completare chimica, senza contare il tema di filosofia e la ricerca di fisica di minimo otto pagine...
Lily alzò lo sguardo verso il bancone del bar, alla ricerca di un qualsiasi cameriere al quale affibbiare la sua ordinazione.


Avrebbe passato un pomeriggio all'insegna dello studio e aveva decisamente bisogno di un buon thè al limone prima di cominciare.
Purtroppo per lei, la dea fortuna sembrava averle appena voltato le spalle dato che, come potè constatare con terrore, l'unico barista nullafacente in quel momento - come nel resto della giornata d'altronde - era niente poco di meno che Black stesso.


Se ne stava appoggiato con un gomito al tavolo degli amici, sghignazzando e lanciandosi occhiate complici insieme al suo migliore amico, i capelli d'ossidiana portati alla stessa maniera di Potter, arruffati sulla nuca, la frangetta che ricadeva sulla fronte candida.


Eppure l'idea di farsi servire da Sirius Black in persona non era affatto male...
Lily sorrise, assaporando la vendetta che si sarebbe consumata entro pochi secondi.


Levò il braccio in loro direzione, attirando neanche a dirlo, quasi immediatamente l'attenzione di James che si alzò di scatto, già pronto per correre al suo tavolo.


La rossa lo fulminò con lo sguardo, digrignando leggermente i denti come avvertimento; il bruno sembrò capire e si rimise docilmente al suo posto, indicandola poi con un cenno del capo e un sorriso ebete stampato sul volto.


Sirius si voltò per squadrarla, sbuffando; la raggiunse con passo strascicato e svogliato, sbattendo la mano sulla pagina piena di calcoli che la ragazza stava leggendo.


- Che vuoi Evansecchiona? - grugnì, decisamente poco felice di vederla.
La rossa emise un sospiro piuttosto teatrale, scostandosi con un movimento fluido della mano una ciocca di capelli cremisi e riavviandosela dietro all'orecchio, alzando poi gli occhi smeraldini sul bel viso di Black e donandogli un sorriso carico di ironia.


- Lo sai, i camerieri di solito dovrebbero essere più gentili - esclamò, candida e vera quanto i fiori di plastica ai lati della stanza.
Black annuì, liberandosi in un sorrisino che non prometteva nulla di buono e le si avvicinò maggiormente, rivolgendole uno sguardo da bravo ragazzo che decisamente non si sposava né con il suo nome né con la sua faccia.


- Hai ragione Evans, mi dispiace. Allora, con che cosa desideri ristorarti quest'oggi? - le domandò, lisciandosi la camicia candida con fare da seduttore.
Lily sbuffò, mordicchiando la matita sulla cima, ridacchiando sotto i baffi.


Davvero non si rendeva conto di quanto ridicolo risultava quando faceva quelle smorfie?
- Prenderò una tazza di thè caldo. Al limone. Odio la pesca - decise infine, tornando ai suoi compiti.


Sirius annuì, lasciando il suo tavolo per tornare qualche minuto dopo con una tazza di porcellana fra le mani, tra gli sguardi incuriositi dei Malandrini e quelli invidiosi dei ragazzi; Lily Evans era il sogno segreto di molti studenti, così come Sirius Black era il Playboy più ricercato del college.


Molti li guardavano con occhi ammirati e desiderosi, altri pensavano a loro come la coppia perfetta; a Lily venivano i brividi solo ad immaginarsi insieme a Black.


- Ecco a lei - sussurrò lascivo, appoggiando con delicatezza la tazza sul tavolo, di fianco ai libri, e ritirandosi leggermente verso l'esterno, in previsione della reazione che avrebbe avuto la ragazza.


La rossa non se ne accorse - e fu un errore.


Si portò la tazzina fumante alle labbra, inclinandola e socchiuse appena la bocca per accogliere il liquido ambrato; ma ciò che entrò venne irrimediabilmente sputato fuori quando le sue papille gustative elaborarono la triste realtà. Il sapore dolciastro e alquanto nauseante era esattamente quello di un thè alla pesca.


Lily balzò in piedi, scostando con un movimento brusco la sedia all'indietro, gli occhi spalancati e fiammeggianti per la rabbia, un rivolo di bevanda che scivolava all'angolo della bocca.


- Black! - ruggì, lanciandosi con il suo corpo di nemmeno sessanta chili per un metro e sessantacinque contro a quello del ragazzo, che la superava di un'abbondante spanna.


Caricò il braccio all'indietro, chiudendo la mano a pugno e lo scaraventò contro a quello del bruno, provocando un gemito di dolore da parte sua. - Tu! Sei un...un..-.


Inspirò a fondo, cercando di recuperare la calma e di darsi un contegno.


Odiava quando l'attenzione generale si spostava su di lei, era una ragazza piuttosto chiusa e preferiva stare fuori dai riflettori.
Peccato che in quel momento tutto il bar li stesse guardando con il fiato sospeso, in attesa dell'evolversi degli eventi.


Black da parte sua sogghignò soddisfatto, nonostante la mano stesse ancora massaggiando il punto in cui il pugno di Lily aveva colpito; quella ragazza poteva apparire piccola e fragile, ma quando voleva sapeva tirare fuori gli attributi.


Forse anche troppo bene.


- Fottiti - la sentì sibilare, mentre frugava nella borsa alla ricerca di qualche cosa. La vide mordersi nervosamente il labbro, come faceva sempre quando era irritata a causa di qualcuno, infine le labbra si tesero in un sorriso quando la mano trovò l'oggetto bramato.


Il respiro gli morì in gola, mentre il cuore gli si fermava nel petto.


- Evans! - urlò, strappandole di mano lo specchietto argenteo con il quale Lily stava tentando di darsi un'aggiustatina.
Lo prese fra le mani con delicatezza, come quando si ritrova un oggetto talmente prezioso e carico di ricordi tanto ricercato, studiandolo con avidità; non c'era nessun dubbio. Era esattamente lo stesso specchio che, dieci anni prima, aveva donato a quella bimbetta...


Alzò lo sguardo incredulo sulla ragazza, che in quel momento lo stava letteralmente trucidando con lo sguardo, le braccia incrociate sul petto.
Se gli sguardi avessero potuto uccidere...


Tentò di fare mente locale.


L'immagine di quella bimba così dolce dai capelli infuocati si sovrappose a quella della Evans, e per poco non urlò di sorpresa.
Dannazione...era lei!


- Questo...- balbettò, incapace di continuare, indicando con un dito lo specchio stretto nella mano.
Per fortuna Lily era una ragazza sveglia, e non passò molto tempo che anche lei comprese.


E reagì anche meglio del previsto.
Spalancò la bocca, lasciandosi scivolare lungo la sedia, decisamente sconvolta.


Si portò una mano fra i capelli, scuotendo ripetutamente il capo in segno negativo.
- Non ci posso credere...- sussurrò, le mani strette al bordo del tavolo.


Quella situazione stava diventando decisamente assurda.
Black era Sirius! In effetti, la cosa era così banale e palese che si stupì ella stessa di non averci pensato prima.


Avevano lo stesso nome, e ora che ci pensava, ogni volta che quell'idiota la squadrava con quegli occhi glaciali, la schiena veniva pervasa dagli stessi brividi di quella volta.


Lasciò che lo sguardo vagasse un pò sul resto del bar, che era tornato ad essere riempito dalle solite chiacchere; poco più in la Potter aveva distolto lo sguardo e ora confabulava fitto con Remus, lanciando di tanto in tanto occhiatine fugaci a loro indirizzo.


-Questo non cambia niente - chiarì Sirius, restituendole con un gesto forse un pò troppo affrettato lo specchietto, fissandola ancora con gli occhi fuori dalle orbite per la verità venuta a galla.


- Questo non cambia assolutamente niente - gli fece eco Lily, ricacciando l'oggetto nella borsa, e giusto per sottolineare la frase di poco prima lo schiaffeggiò nuovamente sul braccio.


- E mi devi un thè -
- Sì, te lo concedo Evansecchiona - accettò Black, dirigendosi nuovamente verso il bancone del bar.


Lily sospirò, un sorriso leggero quanto uno sbuffo d'aria le si disegnò appena sul volto.


Alla fine le loro strade si erano incrociate di nuovo. Ma per quanto stavolta?




Ed ecco quì il secondo capitoletto di questa ficcina *^*
Dunque che dire? Che siete meravigliose è poco. Le vostre parole, i vostri complimenti, le recensioni...mi onorate solamente aprendo la pagina sui miei lavori.
Non saprei esprimervi l'orgoglio che provo nel leggere i vostri commenti, perchè vuol dire che qualcosa sono riuscita a trasmettervi.
Un enorme, immenso grazie.
A Gray Winter, per il "piccolo capolavoro" che io affibierei più alle sue opere che alle mie.
A Jane Gallagher, per il suo commento serio, costruttivo e accurato, che mi ha sciolto il cuore.
E a Nana Bianca, per essere stata così coraggiosa da aprire per prima la pagina, e per la sua recensione così bella.
Grazie ragazze, questo è per voi, nonostante non sia un gran che.
Al prossimo capitolo!

Un bacio ed un inchino,
Eleanor P.

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Capitolo 3
*** The first time you said me thanks ***


Autore: Eleanor Pevensie
Titolo: For the f i r s t time;
Pacchetto: Mine
Personaggi: Sirius Black; Lily Evans
Paring (se ce ne sono): Sirius/Lily
Rating: Verde
Genere: Romantico; Malinconico;
Avvertimenti: AU; Long- Fiction; What If?; Song fict.
Introduzione: ||
NdA: Dunque, dopo tanto lavoro ce l'ho fatta! E sì, mi sento decisamente soddisfatta. L'unica cosa che c'è da sapere è che tutta la storia è un flashback, e che solo il pezzo finale è il presente". Dopo questo breve avvertimento, ringrazio la giudice per la pazienza e il tempo dedicatomi, spero di regalare un pò di emozioni con questa breve storiella.
For the f i r s t time


T
he first time you said me thanks





I was a flight risk, with a fear of fallin'
Wonderin' why we bother with love if it never lasts?





"Alle quattro davanti alla gelateria in centro, e non tardare che ti lasciamo a piedi!"

Lily chiuse con uno tonfo secco lo schermo del cellulare grigio, ricacciandolo nella tasca dei jeans corti con un movimento brusco della mano.
Era una giornata estremamente calda, nonostante fossero solo ad Aprile l'afa era del tutto paragonabile a quella dell'Estate.


Per fortuna che il giardino del college era ben fornito di alberi che, con la loro ombra, offrivano un dolce e fresco riparo agli studenti che aveva il coraggio di uscire a quell'ora, con il sole a picco.


Come ad esempio Alice e il suo gruppo.


Come cavolo gli era saltato in mente di precipitarsi nel centro di Portland alle tre e mezza del pomeriggio, con quaranta gradi all'ombra e due verifiche di chimica per il giorno seguente?


Davvero, a volte si chiedeva come avesse fatto lei, studentessa modello e prima in molte materie ad unirsi allo scalmanato gruppetto dominato dalla ancora più scatenata Alice, terrore di moltissimi professori e amica "intima" di altrettanti ragazzi frequentanti biblioteche e luoghi apparentemente noiosi.


Se non avevi la compagnia giusta che, nel suo caso, riguardava un bel ragazzo dagli ormoni che lavoravano al massimo.


La rossa sorrise soddisfatta adocchiando con la coda dell'occhio un posticino vuoto qualche metro più in là rispetto a dove stava ciondolando, sotto alla chioma rigogliosa di una quercia particolarmente grossa, isolata rispetto alle altre.


Nel giardino erano presenti solamente lei e altre due ragazze, sistemate sui gradini di pietra color panna che portavano all'entrata, entrambe ridacchianti e dall'espressione eccitata mentre lasciavano scorrere a velocità innaturale le dita lungo la tastiera del cellulare, intente a scrivere chissà quale messaggio.


Per quanto la riguardava aveva già fatto il pieno di novità per quella settimana con quel disarmante fuori onda con il maledetto Black, non per niente era ancora avvolta in uno stato di shock talmente profondo che qualche volta, quando le capitava sotto agli occhi il soggetto in questione intento a tirarsela lungo i corridoi o a pulire i bagni per scontare una punizione, le si ripresentava davanti chiaro come se fosse stato davvero lì, il bambino di dieci anni prima.


Quel dolce sorriso sul visetto tenero e quella luce gentile negli occhi che l'avevano affascinata fin da subito...che fine avevano fatto?


Ora al loro posto, eternamente presente, troneggiava un ghigno malizioso e arrogante che non si avvicinava nemmeno un pochino alla smorfia flautata che spesso aveva sognato di poter accarezzare, e quegli specchi trasparenti nei quali si sarebbe volentieri riflessa erano mossi nient'altro che da stupido orgoglio.


Ed era arrivata ad odiarlo.
"Odiare...che parola grossa" pensò, arricciando il naso.


Una parola grossa e dannatamente orribile. Sei sillabe messe l'una accanto all'altra per creare il suono più tremendo che si potesse udire.
Quanto dolore, quanto male inspiegabile si celava proprio dietro ad essa?


Lei lo sapeva - oh, come lo sapeva bene.


" Sei un dannato bastardo!".
Le grida che provenivano dal piano di sotto erano così forti da far tremare le pareti rosa confetto della sua cameretta.


La bambina dai capelli rossi singhiozzò appena, sdraiata sul lettino, avvolta fra le morbide coperte viola alle quali in quel momento si aggrappava con disperazione, stringendo convulsamente a se il cuscino mezzo stropicciato, in un abbraccio che sapeva di disperazione.


Strinse le palpebre con forza, tentando in vano di non far uscire quelle lacrime che segnavano le guance di bimba ancora e ancora, troppe volte per una piccina di dodici anni.


"Stronza! Sei una stronza! Ti odio!". Il grido di suo padre la colpì proprio lì, nel mezzo del petto, dritto al cuore.


La piccola Evans trattenne a stento un urlo, soffocandolo con tutta la forza che aveva in gola, affogandolo nelle pieghe di quel letto ora diventato così freddo, così estraneo, così vuoto.


Un dolore lancinante la spezzava dividendola in una metà perfetta, dai piedi alla testa.


Il cuore le batteva così forte nel petto, le faceva così male che se avesse potuto, si sarebbe conficcata una mano in gola e l'avrebbe estratto così, a mani nude, per gettarlo il più lontano possibile da lei.


Alcuni tonfi soffocati, e la casa piombò nel consueto silenzio carico di tensione e aspettativa che si presentava ad ogni fine litigio.
Era tutto così elettrico; quasi si aspettava di risentire il rumore dei piatti infranti o degli insulti gridati senza il minimo contegno, e invece niente.


Sembrava che il tempo si fosse addormentato, dimenticandosi di lei almeno per quel momento, donandole alcuni attimi di pace effimera, che avrebbero potuto spezzarsi come banali pezzi di vetro sotto al calcio di una nuova discussione.


E poco dopo, anche la piccola Lily si lasciò andare fra le tiepide braccia di Morfeo, sprofondando in un sonno senza sogni...


La ragazza si riscosse di colpo, tastandosi stupita la guancia umida lì dove - bagnata e delicata - una piccola goccia salata aveva dipinto una sottile scia trasparente, brillante alla luce del sole.


Sorrise appena, tirando leggermente su con il naso, la mano educatamente posta davanti al viso per non farsi sentire.
Che stupida che era, piangere per niente... e il colmo era che non se n'era affatto accorta.


Chi la stava guardando in quel momento l'avrebbe presa sicuramente per una pazza; fissare il vuoto e scoppiare a piangere non era di certo un comportamento logico.


Scosse il capo, trascinando le ginocchia al petto, il libro aperto e posato fra di esse e riprese la lettura lì dove l'aveva interrotta poco prima.
Non si era nemmeno accorta dei dieci ragazzi appena scesi nel campetto lì affianco, tutti presi dal gridare e a rincorrere una palla da calcio come scalmanati e già sudati come maiali.


Lily appoggiò la schiena dolorante al tronco dell'albero, decisamente più comoda, e si apprestò a rituffarsi nel suo mondo fatto di numeri, metalli e non metalli, quando un tonfo morbido e continuo proveniente dal fianco destro attirò la sua attenzione.


Decisamente, quella non era proprio la giornata adatta per studiare.


Alzò lo sguardo smeraldino, velato da una sottile patina di tristezza e scocciato verso il disturbatore di turno.
- Black, che diavolo vuoi ancora? - sibilò gelida, fissando sprezzante il ragazzo bruno che si teneva ad una ragionevole distanza di sicurezza da lei.


Le rivolse un sorriso arrogante, indicando con un cenno del capo il pallone dorato fermo al suo fianco, la divisa bianca da calcio della scuola che ne metteva irrimediabilmente in risalto il fisico asciutto e scolpito.


Sirius si passò una mano fra i ciuffi corvini, imperlati di sudore, incrociando le braccia sul petto in attesa della ragazza.
Lily dal canto suo spalancò la bocca, senza parole.


Cos'è, ora quello sbruffone pretendeva pure che lei gli allungasse gentilmente la palla?!
Doveva essersi bevuto il cervello definitivamente.


O quel poco che aveva.


- Vieni a prendertelo - sentenziò, sfidandolo con gli occhi.


- Vorrai scherzare? Con il rischio di diventare il tuo sacco da box? - sbottò il moro, indicandole con un cenno della mano un punto dell'avambraccio marchiato con un grosso livido violaceo, lì dove qualche giorno prima lei lo aveva violentemente colpito.


Lily sospirò, alzando gli occhi brillanti di divertimento sul viso dell'altro, mentre con le mani raccattava la palla e le tirava un calcio ben piazzato con le Adidas bianche e macchiate di terra.


Era sempre stata una frana negli sport, e chissà grazie a quali strani movimenti della Terra o a causa di quali forze maggiori, il pallone finì dritto dritto fra le mani di un ragazzo dalla parte opposta del campo, il quale la fissò strabiliato.


- Evans...- borbottò Black, sinceramente stupito.


Che fosse stata una botta di fortuna o cos'altro, era certo di una cosa; non aveva mai visto un calcio così perfetto in vita sua.
Si voltò verso la rossa, tentando di nascondere lo sbalordimento sotto ad una maschera d'ironia, senza riuscirci troppo.


Dal canto suo Lily in tutta risposta si cacciò indietro una ciocca cremisi e alzò le spalle, indifferente.


- Grazie... - sussurrò piano Sirius con voce flebile, mantenendo un livello che fosse però udibile da lei soltanto, come se le stesse rivelando un segreto al quale voleva rendere partecipe solo loro due, nel tono una punta d'ammirazione che non aveva mai mostrato ad altre persone all'infuori di se stesso.


La Evans mugugnò qualcosa a denti stretti, sedendosi nuovamente sull'erba e riprendendo ad ignorarlo come sempre.


Solo la pagina completamente bianca del suo quaderno e lo specchietto che sporgeva per metà dallo zaino riuscirono ad assorbire la tenerezza di quel sorriso imprevisto.


La prima volta che le diceva grazie in quel modo.




Ecco questo capitolo è..*si ritira in un angolino*. Veramente non lo so nemmeno io cosa sia.
Mi serviva uno spazietto dove introdurre i problemi riguardante la sfera familiare di Lily, ma sopratutto per cominciare a mostrare i primi segni di cambiamento di rapporto tra la ragazza e Sirius, sopratutto da parte di quest'ultimo.
Ed è saltato fuori questo obrobrio che non ha una funzione specifica, solo "qualcosa" di passaggio.
L'idea del grazie non so da dove sia nata, solo da una banale constatazione del fatto che Sir non direbbe mai grazie a nessuno.
Tranne che a James.
E che forse questa piccola parolina avrebbe potuto significare qualcosa di fondamentale nell'ottica dello stesso Black, che comincia a considerare Lily degna di un suo ringraziamento.
Ma non voglio anticiparvi nulla.
E dopo tutto ragionamento psicologico, vi lascio con i rin graziamenti:
Come sempre, un enormissimo (?) grazie alle mie dolci recensitrici e alla nuova entrata, gufetta_95, che ringrazio il suo splendido commento.
Spero davvero di non avervi deluso.
Al prossimo capitolo!

Un bacio ed un inchino,
Eleanor P.

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Capitolo 4
*** The first time you felt me alive ***


Autore: Eleanor Pevensie
Titolo: For the f i r s t time;
Pacchetto: Mine
Personaggi: Sirius Black; Lily Evans
Paring (se ce ne sono): Sirius/Lily
Rating: Verde
Genere: Romantico; Malinconico;
Avvertimenti: AU; Long- Fiction; What If?; Song fict.
Introduzione: ||
NdA: Dunque, dopo tanto lavoro ce l'ho fatta! E sì, mi sento decisamente soddisfatta. L'unica cosa che c'è da sapere è che tutta la storia è un flashback, e che solo il pezzo finale è il presente". Dopo questo breve avvertimento, ringrazio la giudice per la pazienza e il tempo dedicatomi, spero di regalare un pò di emozioni con questa breve storiella.
For the f i r s t time




T
he first time you felt me alive



Do you remember all the city lights on the water?
You saw me start to believe for the first time




A Lily Evans la scuola piaceva veramente.


Non le importava cosa pensavano gli altri, se la considerassero una secchiona esagerata, un topo da biblioteca o che altro.
Non le era mai interessato, perchè cominciare proprio ora?


Fatto sta che lo studio la appassionava come solo poche cose riuscivano a fare.


Amava entrare nella sua stanza, quella che condivideva con Alice e Katy, e trovare i suoi adorati libri disposti in modo ordinato sulla sua scrivania, avvolti dall'accogliente e familiare profumo di pagine e inchiostro.


Stendersi sul letto, giocando a riconoscere l'odore di biblioteca fra l'aroma dolce dei profumi di Alice e quello più aspro dei mille smalti di Katy, cullata dal chiacchiericcio insistente delle amiche era il massimo per lei.


Eppure non era sempre stato così; all'inizio quei volumi pieni di scritte scure ed indecifrabili - promesse di infiniti minuti di noia pura - erano usati come capi espiatori, scuse per rifugiarsi in camera sua, la porta chiusa.


Tutto, pur di sfuggire agli occhi vuoti della madre e a quelli rabbiosi e insofferenti del padre.


Si rinchiudeva nella sua stanza per interi pomeriggi, eppure anche se fisicamente rimaneva immobile e seduta sulla sedia, mentalmente era lontana, sorvolava oceani infiniti sulle ali di un drago, nuotava fra le onde più burrascose, scopriva tesori splendidi.


Con il passare degli anni, delle ore, dei secondi, quello che era nato come un tentativo di evasione si era trasformato in una vera e propria passione.
Si era sempre distinta in ogni materia come la studentessa più meritevole, e ne traeva continue soddisfazioni.


Quindi, ora che si trovava lì in piedi nel mezzo del laboratorio di chimica, fra le mani una provetta ricolma di acido e Sirius Black come partner, si chiedeva che cosa avesse fatto di così male al professor Lumacorno per meritare una simile tortura.


- Black non pensarci nemmeno a mischiare quei due liquidi insieme! - ruggì Lily, fulminando con gli occhi il ragazzo di fronte a lei, l'atteggiamento palesemente perso in mezzo a tutte quelle boccette delle quali non conosceva il nome.


Il moro alzò lo sguardo dal banco dietro di lei, sbuffando annoiato.


- E perchè mai Evansecchiona? - domandò, l'espressione più ingenua di questo mondo.


Se c'era una delle tante cose che Lily proprio non sopportava di quel ragazzo era la capacità disarmante con la quale riusciva a calzare ogni singolo ruolo a pennello, mandandoti in confusione; non riusciva mai a capire quando mentisse e quando invece dicesse la verità.


Rendendolo così più pericoloso di quanto già non fosse.


Lily scosse il capo, seccata. Le toccava fare pure la maestrina ora.


Si schiarì la voce, raggiungendolo al tavolo dove stavano lavorando e, incrociate le braccia al petto, cominciò esibendosi nella sua miglior performance da professoressa.


- Vedi Black, se tu fossi stato in classe invece di bigiare la scuola, sapresti che l'HCN... -


- Evans, parla la mia lingua - la interruppe bruscamente lui, alzando una mano per fermarla e prendere la parola.


La giovane alzò gli occhi al cielo, scostandosi un ciuffo cremisi dalla guancia candida, optando per termini più semplici e consoni a un cervello come il suo.


Alzò entrambe le braccia, le mani chiuse a pugno; - Se fai in modo che quei due liquidi entrino in contatto...- riprese, e aprì di scatto i palmi, mimando un'esplosione. - Il laboratorio esplode - concluse, voltandosi per tornare al lavoro.


Ma se Lily Evans avesse conosciuto veramente Sirius Black, non gli avrebbe mai ceduto informazioni così pericolose.
Perchè "esplosione" e "scuola" nella stessa frase erano come una manna dal cielo per il Malandrino.


" In fondo me l'aspettavo" fu l'unico pensiero lucido senza parolacce ne improperi a suo indirizzo che la rossa riuscì ad elaborare, poco prima che una densa cortina di fumo grigio avvolgesse l'intero laboratorio tra le grida eccitate e impaurite dei compagni di classe.


Senza contare quelle terrorizzate e furibonde di Lumacorno, che avanzava a tentoni per la stanza, alla ricerca della porta d'uscita.


- Coglione! - sbottò Lily dal suo posto, le mani avvinghiate al bordo freddo del tavolo, gli occhi che lacrimavano irritati da tutto quel fumo, non capendo bene a chi dei due si stesse riferendo, se a Black per aver causato quel danno o a se stessa per essere stata così ingenua da donargli quelle informazioni.


Tossendo e arrancando tentò di farsi largo fra la folla agitata, sbattendo più volte qualche arto contro agli spigoli di tavoli e sedie, prima che qualcuno, improvvisamente, le afferrasse la mano e una risatina limpida le inondasse le orecchie.


- Sirius Black sei un...- - Vieni Evans! - proruppe la sua voce allegra, trascinandola verso il suo petto, e nonostante lei tentasse in tutti i modi di resistergli, dovette ammettere che quei venti centimetri in più facevano davvero la differenza.


Lily si ritrovò così, premuta contro la sua schiena, a cavalluccio come una bimba piccola sul dorso del papà, scalciante e furiosa.


Le guance rese rosse dalla rabbia, incrociò le braccia al petto, sistemandosi sul viso quell'adorabile broncio che utilizzava solamente quando era arrabbiata - ma arrabbiata nera - e si lasciò andare ad un fiume d'insulti verso il ragazzo.


Tentando di non pensare alle mani fresche di Sirius premute contro la pelle liscia delle sue gambe, o alla sensazione di calore intenso che l'avvolgeva quando pensava al suo seno premuto sulla schiena del ragazzo, che continuava la sua corsa lungo il corridoio della scuola ora mezzo affollato.


- Andiamo mollami! - ribatté debolmente ancora ma - dannazione - quella risata era così allegra, dolce e cristallina... sincera.
Troppo simile a quella del bambino che era stato e che - forse - sarebbe riuscita a scoprire di nuovo.


Come resistere? Non riuscì a comprendere nemmeno lei come, ma poco dopo dalle sue labbra rosee non uscì altro che un riso argentino che si unì a quello di Sirius, intrecciandosi per creare una melodia speciale...che sapeva di loro due, e loro due soltanto.


Sirius e Lily. Black e Evans.


Corsero fuori, lungo il giardino, fra gli sguardi sorpresi e confusi degli studenti mattinieri che ripassavano all'aperto.
E per una volta, a lei non importava niente.


Non le importava cos'avrebbero pensato. Non le importava cos'avrebbe detto Lumacorno, al loro rientro.


Non le importava nemmeno dove Black l'avrebbe portata, quanto lontani sarebbero andati in sella a quella obsoleta motocicletta che lui stesso aveva il coraggio di definire motorino.


Il cuore le batteva così forte nel petto da mozzarle il respiro in gola.


E per una volta, non era per la paura, per la rabbia o la tristezza, a causa delle grida e degli insulti dei suoi genitori.


Lo specchio, dalla tasca dei pantaloncini, brillò dolce, riflettendo lo sguardo radioso e quelle labbra aperte in una risata spontanea, nella quale si leggeva qualcosa di più.


Riusciva a vederlo ora.


Qualcosa stava nascendo, più forte di qualsiasi altro legame.


Perchè solo lui la faceva sentire così dannatamente viva.






Ed eccolo quì il capitoletto di Pasqua! Perchè sì, ho deciso di rovinarvi anche questi giorni di festa con il mio obrobrio **
E...bè, che dire? Le cose stanno cambiando, per entrambi. Spero davvero che vi sia piaciuto e che sia riuscito a farvi battere il cuore almeno un pò.
E nel frattempo si spezza il mio nel comunicarvi che questo è il terz'ultimo capitolo di questa longettina (?) alla quale mi sono affezionata un sacco.
Un enorme ringraziamento a tutte le splendide ragazze che mi tengono compagnia nel faticoso viaggi odella mia prima long.
Grazie con tutto il cuore.


Piccolo avviso! Ho cambiato il mio nik da Eleanor Pevensie a Hysteria Hollow quindi tranquille non si tratta di plagio!
Al prossimo capitolo!

Un bacio ed un inchino,
Hysteria H.

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Capitolo 5
*** The first time I said "Can you believe it?" ***


Autore: Eleanor Pevensie
Titolo: For the f i r s t time;
Pacchetto: Mine
Personaggi: Sirius Black; Lily Evans
Paring (se ce ne sono): Sirius/Lily
Rating: Verde
Genere: Romantico; Malinconico;
Avvertimenti: AU; Long- Fiction; What If?; Song fict.
Introduzione: ||
NdA: Dunque, dopo tanto lavoro ce l'ho fatta! E sì, mi sento decisamente soddisfatta. L'unica cosa che c'è da sapere è che tutta la storia è un flashback, e che solo il pezzo finale è il presente". Dopo questo breve avvertimento, ringrazio la giudice per la pazienza e il tempo dedicatomi, spero di regalare un pò di emozioni con questa breve storiella.
For the f i r s t time


The first time I said "Can you believe it"?




I say, "Can you believe it?"
As we're lyin' on the couch
The moment I could see it




-Stronza-

"Basta!".

Un urlo disumano, che solo lei poteva sentire, si levò alto nella sua mente, avvolgendole i sensi fino quasi a farle perdere la concezione della realtà.
Il gusto - quell'appena accennato sapore metallico di sangue sulla lingua-.


Il tatto - quelle goccie salate che scendevano amare lungo il profilo grazioso della guancia, tracciando un dannato sentiero brillante nella notte di primavera -.


L'udito - grida su grida che si ammassavano, si accatastavano le une sulle altre fino a farla impazzire, che le montavano nelle orecchie per avere la supremazia le une sulle altre-.


La vista - e l'asfalto lurido sotto ai suoi piedi perdeva forma, così come il profilo delle case, delle macchine, la luna evanescente che giocava a nascondino con quella nuvola nera-.


Ed infine l'olfatto - perchè non sentiva più il fresco profumo dell'erba appena tagliata nei prati delle case, e dov'era finita quella fragranza di pane appena sfornato che caratterizzava da sempre quella splendida via? -.


Tutto ciò che avvertiva in quel momento era solo quell'enorme, potente buco nero all'interno dello stomaco che ne risucchiava le membra dall'interno, lasciandola in balia di atroci dolori.


"Tua madre è una puttana!". La solita storia, per l'ennesima sera.


"Bastardo!". L'ennesima, stupida storia.


Sono solo parole Lily. Parole vuote disperse nel vento. Lascia che svaniscano come fumo, lascia che ti scivolino addosso senza segnarti.
" Ma l'anima è così stanca".


Si fermò di colpo, scivolando leggermente lungo il marciapiede con le scarpe candide.


Chinò il viso all'indietro, sospirando di soddisfazione al contatto della pelle bollente con l'aria fresca.


Nonostante le labbra tremanti e livide dal pianto, e gli occhi cerchiati di rosso, trovò la forza per girarsi a testa alta verso quella porta.


Lanciò un' ultima, breve occhiatina al citofono, giusto per accertarsi che il cognome corrispondesse e percorse a passi veloci il vialetto interno del giardino, trovando il cancelletto aperto.


La stava aspettando.


L'enorme casa - così imponente e maestosa contro il paesaggio notturno - era avvolta da un'aura dormiente e quasi magica, con quelle enorme finestre scure che davano l'impressione di osservarla durante il suo disperato tragitto verso la porta d'ingresso.


Eppure, vi era qualcosa di triste in tutta quell'apparente benestare; lo sentiva distintamente, perchè era la stessa aria consumata che si respirava in casa sua.
Il dolore, la sofferenza che solo quelli nella sua stessa situazione provavano e condividevano.


Il sentore di macerie dopo una guerra.


Fece esattamente come aveva detto lui; e non potè fare a meno di sentirsi così stupida, mentre girava quella chiave scivolata chissà quando dentro la tasca dei pantaloncini, in un assolato e splendido pomeriggio che sapeva ancora di risate.


Poteva sentire ancora distintamente le carezze della sabbia lungo la schiena, e la salsedine sulle labbra.


Quei brividi lungo la spina dorsale e le risate che si mischiavano alla dolce melodia delle onde, per creare una canzone tutta per loro.


Era stato allora, solo allora, che l'aveva capito; aveva bisogno di lui, di Sirius, perchè entrambi portavano negli occhi le pagine di una storia troppo ingiusta per essere condivisa con altri.


E si sentiva davvero stupida perchè non l'aveva capito prima; invece di scivolare giorno dopo giorno in quello stato di autodistruzione come stava accadendo in quel momento, se si fosse riflessa meglio in quegli specchi grigi, forse avrebbe capito.


E si sarebbe salvata.


Lily si scostò con forza una ciocca dietro alle orecchie, stringendo i pugni in un disperato tentativo di non scoppiare, di non cedere proprio ora.


Quella settimana era stata come una sferzata di aria fresca, la chiave che finalmente l'avrebbe liberata da quella prigione di parole e lacrime che avevano creato le due persone che più care aveva al mondo.


Non aveva mai pensato alla sua vita come ad una favola, e non lo era mai nemmeno stata.


E di certo non riusciva a pensare a Sirius come il principe azzurro che l'avrebbe tratta in salvo sul suo cavallo bianco; lui e il principe centravano ben poco.
Eppure, aveva bisogno di lui. Aveva scelto lui.


Premette con violenza le labbra l'una contro l'altra, mentre tentava con la mano tremante di infilare la chiave argentea nella toppa.
Una missione impossibile, dato il tremore che aveva preso possesso dell'arto.


E poi c'era stata quella sera; le solite grida, i soliti insulti.
Ma qualcosa si era rotto dentro di lei. Gli argini avevano ceduto.


Si era guardata intorno nella stanza, in cerca d'aria. Non si era nemmeno degnata di lasciare un biglietto, qualcosa che li avvisasse della sua destinazione.
La ragazza aveva semplicemente afferrato al volo il cellulare e si era catapultata giù dalle scale, sbattendosi la porta alle spalle, agonizzante fra le lacrime e la rabbia che si muoveva terribile nel petto.


-Li! -. Si lasciò sfuggire un singhiozzo, prima di lasciarsi scivolare sull'erba fresca e impregnata di rugiada del giardino, le mani poste a coprire il viso.
Sirius si precipitò immediatamente verso di lei, mantenendosi ad una distanza ragionevole per lasciarla respirare.


Si chinò davanti alla giovane, negli occhi un velo di preoccupazione che si sforzava di nascondere mentre quelle spalle così fragili si piegavano ai fremiti del pianto disperato.


L'aveva vista poco prima percorrere a folle velocità il vialetto di casa sua, dalla finestra della sua camera.


Quando aveva sentito ripetutamente il rumore della chiave che tentava di essere infilata nella serratura senza mai il rassicurante click dell'apertura, era sceso a folle velocità, conscio del fatto che vi fosse qualcosa che non andava.


- Hey Li - sussurrò, tendendosi morbidamente verso di lei, allungando appena una mano verso il suo viso.
Come quel pomeriggio di dieci anni prima.


Il bruno attese, senza avvicinarsi ne ritrarsi. Attendeva la sua decisione. Quando sarebbe stata pronta...


Lily abbassò appena la mano destra, giusto per assicurarsi che lui fosse ancora li; tentò di dire qualcosa - forse chiamare il suo nome - ma non fece altro che annaspare nelle sue stesse lacrime, gli occhi bagnati e più rossi di prima.


Sirius si morse il labbro inferiore, incapace di dire o pensare qualsiasi cosa.
Non l'aveva mai vista così...


Eppure sapeva benissimo che sarebbe accaduto. Prima o poi, anche lo spirito guerrigliero della giovane Evans avrebbe ceduto.
Come aveva fatto lui.


Ecco perchè le aveva dato il suo indirizzo quel pomeriggio.


Sapeva che sarebbe successo e sapeva anche che l'unico che avrebbe potuto aiutarla veramente sarebbe stato lui.


Perchè ci era già passato.
Perchè sapeva cosa significava.


- Prendimi con te -. Un sottile fiato d'aria che gli giunse alle orecchie più come una supplica disperata, che lui soddisfò immediatamente.


Sirius si alzò in piedi, chinando leggermente il busto verso la sagoma di Lily e le cinse i fianchi con le braccia, tentando di fare il più delicatamente possibile.


La sollevò verso l'alto - dio com'era leggera - e il cuore gli si fermò nel petto quando la sentì stringere il tessuto della camicia con una forza e una disperazione tali che non si sarebbe di certo stupito se quel pezzo di maglietta di fosse stracciato da un momento all'altro.


La rossa si accoccolò al suo petto, affidandosi completamente a quelle braccia che - ne era più che sicura - l'avrebbero protetta dal resto del mondo, almeno per quella notte.


Non aprì gli occhi durante tutto il tragitto, dall'ingresso fino alla camera di Black; si lasciò semplicemente guidare.
Aveva smesso di lottare. Ora voleva solo riposare.


Socchiuse appena le palpebre quando la superficie morbida di quello che doveva essere il letto l'accolse come un abbraccio morbido e caldo, avvolgendola in una sensazione confortante che le scaldò il cuore con un immediatezza assurda.


O forse era il calore di Sir ancora sulla pelle che la rinfrancava così?


Il moro, da parte sua, si sedette sul bordo del letto, osservandola con apprensione.
- Stai bene? - sussurrò, passandosi nervoso una mano fra la chioma corvina.


Lily annuì appena, allungando poi un braccio verso il ragazzo, sfiorandolo con delicatezza; posò la mano fredda su quella bollente di Sirius e lo tirò verso di se, incurante della situazione che sarebbe potuta apparire equivoca.


Aveva solo bisogno della sua presenza vicino.
- Vieni quì -.


Sirius rise appena mentre si lasciava scivolare al suo fianco, passandole un braccio sotto alla testa e avvolgendola in un abbraccio colmo di tenerezza, mentre la sfiorava con le dita in una dolce e lenta carezza.


Avrebbe potuto passare l'eternità così, con lei fra le braccia e solo il loro respiro e il battito dei loro cuori come unico rumore.
- Da quando prendo ordini da te? - sbottò ironico, liberandosi in un sorriso più tranquillo.


Lily stava decisamente meglio ora. Era così strano pensare che solo la sua presenza alleviasse così tanto il dolore della ragazza, la sua nemesi da sempre.
Com'era cambiato il loro rapporto da quando si erano ritrovati.


E tutto a causa di quello specchio.


Persino Lily accennò ad una risatina, tirando su con il naso alla faccia della buona educazione che da sempre la caratterizzava.


- Avevamo detto che niente sarebbe cambiato fra noi - mormorò, appoggiando la guancia contro al collo fresco di Sirius, lasciandosi andare in balia di quelle dolci carezze.


Il bruno sbuffò, rinforzando la presa sulle sue spalle e avvicinandola ancora di più a se, così tanto da poter immergere il viso fra i capelli cremisi.
- Perchè hai la dannata capacità di farmi sentire in imbarazzo ovunque e comunque? -sbottò, stringendola fino a quando Lily gli tirò un pugno sul braccio dopo aver mugolato dal dolore.


- Fottiti Black - -Cambia vocabolo Evans -.


Si fissarono per un attimo, lei con il mento rivolto verso l'alto e la fierezza stampata negli occhi smeraldini e segnati dalle lacrime ormai secche, lui gli occhi abbassati per incontrare lo sguardo fulminante dell'altra.


Sirius si morse la lingua, tentando di non scoppiarle a ridere davanti.


Sforzo del tutto invano, dato che in meno di due secondi si ritrovò a rotolare sul letto in preda ad una crisi epilettica, piegato in due e con le lacrime agli occhi ed inseguito da una Lily furibonda che non capiva cosa ci trovasse di tanto divertente.


- Mi trovi così buffa? - urlò, saltandogli letteralmente sopra e cominciando a tempestarlo di pugni con il sorriso sulle labbra e gli occhi brillanti.


Il moro, le braccia sopra al capo per tentare di difendersi dalle scariche di colpi provenienti dalla ragazza, l'afferrò per i fianchi e fece leva sulle braccia, facendola quasi ruzzolare giù dal letto tra i gridolini della rossa.


- Scemo, scemo, scemo!! - imprecò, stringendo i denti per trattenere le risate.
Come appariva lontana la tristezza di poco prima...


Lily sogghignò, afferrando dietro di sè il cuscino candido e stampandolo sulla bella faccia di Black, incurante della leggera gonna cobalto che si alzava ad ogni movimento e che ora lasciava scoperta buona porzione della coscia color madreperla alla luce della luna.


- A no, a cuscinate non mi prendi! - esclamò Sirius, bloccandole entrambi i polsi e le gambe, costringendola ad appoggiarsi nuovamente al suo petto per non perdere l'equilibrio.


La ragazza sbuffò ridendo sulla sua guancia, lasciando posare la sua fronte sudata per la lotta contro a quella del corvino, i nasi che si sfioravano timidi.
- E' la prima volta che sto su un letto con una ragazza senza fare niente di...-


- Già riesci a crederci? - lo interruppe prima che potesse finire la frase Lily, zittendolo appoggiando delicatamente le sue labbra su quelle dell'altro.
Sirius trattenne il respiro, il cuore in gola; aveva baciato migliaia di ragazze, ma nessuna l'aveva mai fatto impazzire in quel modo.


Le movenze delle sue labbra non avevano niente di provocante o malizioso, violento o che lasciava trapelare il desiderio di andare oltre; semplicemente rimanevano ferme, attendendo pazienti la sua decisione, dolci e morbide come la ragazza stessa.


Il moro trasse un profondo respiro, carezzandole il labbro superiore con la lingua, guidandola con cura verso altri mondi, altre realtà, un'altra vita.


Non siamo più Sirius e Lily.
Non siamo più Black e Evans.


E fu un mischiarsi di pelli, di profumi, di realtà contrastanti.


E fu l'infinito, l'oblio totale, l'unirsi completo dei loro corpi, ogni confine che svaniva nel nulla, e non si sapeva dove finiva Lily e dove iniziava Sirius.
Un dolce tonfo risuonò lieve fra i sospiri innamorati nella stanza; nessuno vi badò.


Lo specchio argenteo rimase semplicemente fermo lì, solitario spettatore dell'incontro di due anime.
Riesci a crederci ora Sir?

Sì, ora sì.






E finalmente combiniamo qualcosa!! *scendono gli angeli dal cielo e cantano l'allelujia*
Che dire...secondo me questo è il capitolo più bello dell'intera storia.
Finalmente Lily cede e decide di lasciarsi guidare dal nostro Sir il quale prende la palla al balzo.
Ed entrambi tornano a credere, riconoscendosi così simili.
Che dire ancora? Al prossimo capitolo splendide, che con le vostre recensioni mi rallegrate le giornate.
Al prossimo, ed ultimo, appuntamento con questa storiella che spero vi abbia tenuto compagnia e vi abbia fatto battere il cuore.

Un bacio ed un inchino,
Hysteria H.

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Capitolo 6
*** The first time you said "You are the best thing that's ever been mine" ***


Autore: Eleanor Pevensie
Titolo: For the f i r s t time;
Pacchetto: Mine
Personaggi: Sirius Black; Lily Evans
Paring (se ce ne sono): Sirius/Lily
Rating: Verde
Genere: Romantico; Malinconico;
Avvertimenti: AU; Long- Fiction; What If?; Song fict.
Introduzione: ||
NdA: Dunque, dopo tanto lavoro ce l'ho fatta! E sì, mi sento decisamente soddisfatta. L'unica cosa che c'è da sapere è che tutta la storia è un flashback, e che solo il pezzo finale è il presente". Dopo questo breve avvertimento, ringrazio la giudice per la pazienza e il tempo dedicatomi, spero di regalare un pò di emozioni con questa breve storiella.
For the f i r s t time




T
he first time you said "You are the best thing is ever been mine"




And I remember that fight, 2:30 a.m.
You said 'verything was slippin' right out of our hands
I ran out cryin', and you followed me out into the street

You said, "I remember how we felt sittin' by the water
And every time I look at you, it's like the first time
I fell in love with a careless man's careful daughter
She is the best thing that's ever been mine"







Quella sera, Porland era decisamente più bella del solito.


Nonostante il freddo pungente e Dicembre alle porte, il vento impennava delicato fra i rami ormai spogli degli alberi, alzandoli ed abbassandoli come sospinti in una dolce danza.


Le foglie dorate, superstiti ormai in estinzione, si contorcevano allo stesso pigro ritmo dei suoi passi che riecheggiavano cupi fra le pareti, giocando a rincorrersi con l'eco.


Nonostante l'aria frizzante e le nuvole scure all'orizzonte, nel manto nero si poteva ancora distinguere il brillio solitario di qualche stella.


Lily sorrise, inclinando con leggerezza le labbra d'un tenue rosa verso l'alto, gli occhi smeraldini che seguivano incantati quella luce così bella eppure lontana, spensierata come non mai.


Si strinse maggiormente nella vestaglia cobalto, carezzandosi tenera il ventre gonfio, già ben visibile anche da sotto il dolcevita marroncino.


La camera da letto era avvolta dall'ombra della sera, rischiarata appena dalla luce calda della candela posta sul comodino, parzialmente consumata.


Fra le coperte viola, al suo fianco e macchiate d'un pianto velato, un paio di lettere riposavano alla rinfusa.
Sulla prima busta, l'unica sigillata, l'elegante calligrafia della madre che indicava il suo nome.


Le altre, bianche e completamente anonime, erano state stracciate con forza e rabbia, e ne portavano ancora i segni evidenti.


Bollette. Bollette su bollette, rate del mutuo, della macchina e di dio sapeva solo quant'altre cavolate.


La ragazza nascose per un attimo il viso fra le mani, per poi rialzare lo sguardo sul mobiletto di fronte a lei; e gli occhi non poterono fare a meno di tornare a brillare, almeno un pò, mentre si lasciava andare a un mare di ricordi.


La prima cornice, la più bella e la più grande, che svettava splendida fra tutte le altre; una Lily più giovane ma meno radiosa, appena fiorita, gli occhi luminosi e il sorriso di chi ha appena rivisto il sole dopo un lungo periodo circondato nell'oscurità.


Era avvolta in un lungo e prezioso abito blu notte che scendeva morbido lungo il profilo sottile della figura longinea e snella, le spalline trasparenti che abbracciavano delicate come nuvole la pelle delle spalle fino ad incontrare gli eleganti boccoli dell'elaborata pettinatura.


Dietro di lei, Sirius l'abbracciava con dolcezza, il petto appoggiato contro alla sua schiena e la guardava con un'espressione decisamente poco consona alla reputazione del Malandrino.


Apparte quell'aria da ebete stampata sul viso, il resto era tutto di Black; i capelli scompigliati, la camicia un tempo stirata che usciva fuori stropicciata dai pantaloni del completo elegante, e quei venti centimetri buoni di differenza che la facevano sentire una bambina quando si trovava di fianco a lui.


Come sfondo a quel dolce quadretto, Alice e James si stavano beatamente divorando, appoggiati alla parete della palestra allestita per il ballo della scuola.


Il loro ultimo anno. Il loro sesto mese insieme.


Lo sguardo si spostò un pò più avanti, scivolando lungo corridoi di risate e amore, per bloccarsi su un altro quadro, di dimensioni più piccole rispetto a quello precendente, ma comunque bellissimo; Sirius, dall'aria stropicciata quasi quanto le sue magliette che ormai non stirava nemmeno più, steso sorridente fra le coperte immacolate di un lettino d'ospedale, stringendo fra le mani con uno sguardo fiero una chiave.


Lily rise, lasciandosi scivolare lungo il materasso, sistemandosi comoda.


Come dimenticarsi quella serata terribile?


Era invecchiata di almeno dieci anni con quello spavento. E naturalmente, la fautrice dell'idea era stata Alice.
Lily aveva appena compiuto diciotto anni e preso la decisione più importante della sua vita; convivere con Sirius.


Scelta che le aveva portato via una settimana bella e buona di sonno, più tutta la pazienza della sua migliore amica, dopo averla stressata fino alla nausea per costringerla a valutare meticolosamente insieme a lei i pro e i contro.


Nemmeno da mettere in dubbio, la risposta finale era stato un "sì" quasi urlato, e l'eccitazione della rossa era cresciuta notevolmente quando Alice aveva finalmente messo in moto il suo geniale cervello per elaborare la proposta di convivenza più geniale ed originale che si fosse mai vista.


Dopo una buona oretta, la torta alle mele - con sopra la panna, come quella per cui Sirius andava pazzo - era già bella pronta sul tavolo della cucina, racchiusa nelle interiora pastose la chiave del loro futuro appartamento.


In realtà non era un vero e proprio appartamento, assomigliava di più all'alloggio di uno studente universitario preso in affitto nel centro della città, ma era piccolo e accogliente, perfetto per due persone.


Inoltre non doveva essere nemmeno pagato l'affitto, dato che esso era stato precedentemente acquistato dalla madre per Petunia, per il suo ventesimo compleanno.


Quando poi la sorella maggiore si era trasferita nel villone del ricco fidanzato - un certo Dudley - quella porta era rimasta chiusa per parecchi anni senza avere la possibilità di sentire un solo spiffero di aria fresca proveniente dall'esterno.


Avevano sgobbato come muli per l'intera giornata ma nonostante gli spolverini, l'aspirapolvere rumoroso e le scope disseminate come fiorellini in un prato, l'entusiasmo di Lily non si era smorzato nemmeno un poco.


Esso era scomparso improvvisamente quando, la stessa sera e al primo boccone, il bel volto del suo ragazzo era passato dal rosa ad un tenue verdino dalle sfumature bluastre.


Quando l'ambulanza era arrivata a sirene spiegate qualche minuto dopo, Sirius appariva come il fratello giovane di Gomez Addams.


Morale della favola, erano andati sì a convivere, ma una settimana dopo il ricovero in ospedale e la riabilitazione post operazione che aveva permesso l'estrazione della chiave dallo stomaco del bruno.


Era cominciato così un periodo splendido, troppo bello per essere vero.
La casa nuova, il diploma e il fidanzamento.


Ma, com'è nella natura delle cose, niente dura per sempre.


E infatti...tutto aveva cominciato a scivolare via dalle dita inesorabilmente, come sabbia troppo sottile per essere trattenuta.


Le piccole scaramucce erano diventate discussioni animate, durante le quali volavano gli insulti, le parolacce, e a volte da parte sua, anche le mani.
Il loro riflesso era diventato troppo simile a quello di suo padre e di sua madre.


"Non commetteremo gli stessi errori dei tuoi genitori".


Lily trattenne il respiro quando riconobbe il familiare grugnire del motore della loro macchina appena prima di spegnersi davanti a casa, mentre adocchiava con la coda dell'occhio le luci abbaglianti dei fanali affievolirsi sempre di più fino a scomparire nel buio della notte.


Si alzò dal letto, percorrendo a ritroso il corridoio e scese le scale in legno di una calda tonalità in marrone a passo veloce, interrompendosi bruscamente sull'uscio del salotto.


-Ciao amore - esclamò stancamente Sirius chiudendosi la porta alle spalle, trascinandosi con lentezza verso di lei, le braccia tese in avanti per accoglierla in un abbraccio.


Lily lo fissò con le labbra semichiuse, le mani strette al cuore e un'espressione sofferente nelle iridi smeraldine; come poteva sopportare la vista di quello splendido viso ridotto così, pallido e smunto, con quelle terribili occhiaie viola sotto agli occhi ed essere consapevole delle difficoltà che avrebbero dovuto superare dopo?


E tutto a causa di quel lavoro che lo teneva lontano da casa dalle cinque di mattina fino alle otto di sera.


Perchè c'era il mutuo da pagare, e le bollette...


Si tese verso di lui, afferrandogli il mento fra le mani; non ebbe il coraggio di dire niente, gli tese solamente un foglietto candido ripiegato più volte su se stesso, attendendo con impazienza la lettura.


Sirius scosse il capo ancora prima di aprirlo, già conscio del contenuto di quella lettera; l'ultimo sollecito di pagamento del gas.


- Lily io...non possiamo - - Cosa non possiamo? Sir, se non paghiamo ci tirano via il gas! Come faremo senza riscaldamento, me lo spieghi? - sbottò la ragazza, scattando come una molla a carica, gli occhi già inondati di lacrime troppo vecchie.


Strinse le palpebre, non avrebbe pianto.
Non questa volta.


Gli si parò di fronte, le braccia ciondolanti lunghi i fianchi, il volto in fiamme per la rabbia.
- Lily, lo sai che non abbiamo abbastanza soldi...-


- E allora come credi di fare? Dove andremo a finire Sir? Dove?! Sotto ad un ponte?? - urlò con quanto fiato aveva in gola.
Sirius rimase fermo immobile, la testa china sul petto, lo sguardo fisso a terra.


La rossa si sforzò con tutta se stessa di non accarezzargli la fronte per scostare quel ciuffo corvino sfuggito alla frangia scompigliata; si sforzò di non vedere la tristezza e la sconfitta negli occhi del suo Malandrino, si sforzò di non notare il velo di stanchezza dipinta sulla pelle.


Stava andando tutto a rotoli. Non era cambiato niente dal passato.


Si era semplicemente illusa che per lei il futuro sarebbe potuto essere diverso, migliore con lui al suo fianco.


Quello specchio dalla superficie linda e immacolata si stava spezzando, troppo offuscato dal fumo per riuscire a riflettervicisi dentro ancora una volta.
E fece quello che aveva sempre fatto prima d'incontrarlo; scappò.


Fuggì via, fuori dalla porta, in strada, fuori da quelle mura impregnate di emozioni troppo forti, fuori da quelle mura impregnate di ricordi troppo dolorosi.
Tutto come quella sera. Ma ci sarebbe stato il lieto fine stavolta?


Lily corse, corse fino a quando non ebbe nemmeno più la forza per respirare.


Corse fino a quando non riuscì più a sentire il dolore atroce alle gambe, corse fino a quando le goccie di sudore si mischiarono alle lacrime sul suo viso.
Corse per quelle che furono ore, minuti, o forse l'eternità.


Corse fino a quando non fu costretta a fermarsi da quella voce, la sua voce, che la richiamava in lontananza.
- Dannazione Evans, smettila di correre! -.


La rossa si voltò, indossando la sua migliore maschera di durezza ed indifferenza.
Aveva preparato se stessa per l'addio finale.


Sirius la raggiunse poco dopo, tendendo il palmo verso l'esterno per supplicarla di concedergli qualche secondo di pausa.


Lily scosse il capo, mordendosi il labbro inferiore con forza; tutto il fiume di parole che avrebbe voluto riversargli addosso si era prosciugato, riducendosi ad un sottile rigagnolo senza senso.


- Se devi mollarmi, almeno fai in fretta ti prego...- cominciò, gli occhi premuti forte.
Tremava, dio come tremava.


Aveva un disperato bisogno di lui, lo sapeva. Non ce l'avrebbe fatta senza.
Eppure non riuscì mai ad articolare quel pensiero per intero.


Il bruno l'afferrò di scatto per i fianchi, trascinandola verso di se e la strinse con forza contro il suo petto, mosso dalla disperata paura di perderla.


- Non provare più a scappare via così, hai capito? - la rimproverò, la voce incrinata dalla preoccupazione e dalla fatica per la corsa.


Lily singhiozzò contro alla sua spalla, affondando il viso nell'incavo del collo per lasciarsi andare completamente al suo profumo.


Era lì dove doveva stare, fra le sue braccia.
Quello era il suo posto.


- Non ti lascerò mai sola - lo sentì mormorare, ma spense subito quelle parole troppo belle ed importanti per essere udite con un bacio carico di dolcezza, in cui vi depose tutto l'amore che poteva.


Lo baciò con l'anima sulle labbra, con il cuore fra le mani, con la loro muta promessa cullata fra le braccia.


- Ricordi la prima volta che ci siamo visti, da piccoli? Quel bambino arrogante e presuntuoso si è innamorato fin da subito di quella splendida bambina dai dolci capelli rossi, ed ogni volta che ti guardo è come risalire a quel giorno... Lily, tu sei la cosa più bella che sia mai diventata mia. Ho lottato per averti e stai pur certa che non ti lascerò andare via così facilmente - concluse Sirius, sincero, cercando con gli occhi cobalto e brillanti il suo sguardo, fronte contro fronte.


Lily rise, passandosi una mano sul naso e tirando leggermente su; subito, l'immagine nitida di due bambini che si sorridevano sinceri le apparve alla finestra della mente, così vera quasi da poterla toccare.


Sapeva che Sir aveva ragione; avevano affrontato così tante cose insieme.
Sarebbe riusciti a superare qualsiasi ostacolo.


- Sì...sei la cosa più bella che sia mai diventata mia - gli fece eco lei, sfiorandosi distratta la pancia con la punta delle dita mentre le labbra si univano nuovamente per sigillare quella nuova, eterna promessa.


E ora sempre dritto...verso il futuro.

**

-Mamma, Julian ci sta aspettando in macchina -.


Un'anziana signora annuì leggermente, gli occhi chiusi, il mento rivolto verso l'alto e le mani riposte elegantemente in grembo.


Nonostante l'età avanzata, il bel viso risplendeva di mille sfumature che ne impreziosivano la pelle candida e solcata da profonde rughe, particolari arabeschi che formavano disegni immaginari sulle guance rosee.


Sotto alla ricca chioma lattea - della stessa consistenza della neve morbida - due paia di smeraldi brillavano ancora, con una vivacità quasi impossibile da vedere in una persona così anziana.


Se ne stava seduta su una sedia a rotelle, il portamento fiero ed elegante come una regina sul suo trono, accarezzando con lo sguardo carico di una dolcezza infinita la scritta color panna intagliata nella lapide che le riposava di fronte.


- Certo Eleanor, andiamo pure - convenne con voce stanca, voltandosi verso la ragazza rimasta ad una rispettosa distanza.


Sapeva quanto la madre ci tenesse a quei momenti così intimi; era come se il tempo si fermasse per lei e lei soltanto, in attesa di una riconciliazione sospirata ogni secondo di ogni giorno.


A volte le pareva quasi di sentire il mormorio leggero della voce di suo padre sussurrare parole segrete all'indirizzo dell'anziana, che ascoltava con il capo chino all'indietro, attenta, fra le mani quel vecchio specchietto dall'aria antica eppure così misteriosa e magica.


- D'accordo... ciao papà - esclamò, sorridendo all'indirizzo dell'uomo nella foto racchiusa in una cornice dorata, i capelli corvini come d'abitudine scompigliati sulla testa e gli occhi grigi allegri - così simili ai suoi -.


Eleanor si tese verso la sedia a rotelle, sospingendola piano verso l'uscita del cimitero, i bei capelli rosso fuoco che giocavano insieme al venticello primaverile, dando il via ad una serie di pettegolezzi su chi aveva sposato chi e maldicenze simili.


Lily si lasciò andare leggermente sullo schienale, stringendo con forza fra le mani rugose quel piccolo pezzo di vetro caldo sulla pelle, negli occhi ancora l'immagine adocchiata poco prima sulla superficie trasparente.


Sirius, lei e la piccola Eleanor, così com'era stato.

"Riesci a vederlo ora Lily?"
Un bacio, mentre la neonata scoppiava in un pianto a dirotto fra le braccia protettive del papà.


La donna sorrise radiosa, accarezzando la guancia di seta della sua piccola, spostando lo sguardo verso il marito.
- Sì Sirius...ora riesco a vederlo -


Il loro futuro. Il loro tempo.
La loro libertà.



Yes, I can see it now





Ed eccolo quì, l'ultimo sospirato capitolo.
Mi si spezza il cuore davvero.
Ringrazio tutti, chi ha messo questa cosina tra le preferite, chi tra le seguite, chi ha semplicemente letto.
Un grazie immenso a Nana_Bianca, a Jane Gallagher, a gufetta_95 e a Gray Winter. A sissygriffindor e a Buffy Summers88.
Grazie per le vostre splendide recensioni e per la vostra compagnia.
Grazie semplicemente per aver letto e per avermi incoraggiato.
Grazie a (Solly) per il terzo posto.
Alla prossima, splendide!

Un bacio ed un inchino,
Hysterya Hollow

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