ghost of you

di innocent
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** new girl in california ***
Capitolo 2: *** ops, I did it again! ***
Capitolo 3: *** columbia college hollywood, I'm afraid ***
Capitolo 4: *** today I'm ready to turn the page ***



Capitolo 1
*** new girl in california ***


Day 1 – New girl in California

California, 1 settembre 2011 ore 8.30

 
-Sono su un aereo che mi porterà in California, sono sola e il mio compagno d’avventura è il mio diario, che scrivo da quando ho 12 anni, e il mio vecchissimo iPod nano bianco. Il motivo che mi ha portato ad andare in California? Beh, è quello che vi racconterò adesso ma anche nelle altre pagine che successivamente leggerete.
Non mi sono ancora presentata in questo mio nuovo diario: il mio nome è Carrie Stevens, ho quasi 18 anni e sono per una buona metà inglese, mentre per la restante parte sono italiana e spagnola.
I miei genitori sono entrambi medici e lavorano al California Hospital Medical Center da meno di sei mesi e io, avendo deciso di fare due anni in uno di scuole superiori per poterli raggiungere, mi trovo sulla strada per Los Angeles. Frequenterò il mio primo anno al Columbia College Hollywood, a differenza di mamma e papà mi piacerebbe diventare regista, attrice, ballerina, stilista e miliardi di altre cose, quindi mi sono trasferita a Los Angeles anche per capire cosa voglio diventare da grande. Mi considero figlia unica dato che mia sorella Aria, studia a Parigi insieme alle sue due migliori amiche, è tre anni più grande di me ed è la gioia di mamma e papà.
Non mi preoccupo di ciò che pensa la gente di me, mi hanno sempre vista come la signorina Stevens che alle volte ha i permessi “speciali” per poter uscire anticipatamente dalle lezioni di greco o storia contemporanea.
Ho lasciato tutti i miei migliori amici a Londra, il mio cane Louis, la mia carissima autista della tube station che ogni giorno mi salutava quando scendevo per andare a scuola, ma soprattutto ho lasciato Joseph Adam Jonas e so che non lo potrò avere mai più. Capitano della squadra di football, grandissimo cantante della sua band “ASQueen” (acronimo di strani nomi messi insieme da lui e dai suoi amici) e mio ragazzo per quattro lunghi anni. Ha deciso di restare a Londra insieme a Kathrine, la mia migliore amica che, non appena ha saputo della mia partenza per LA, ha deciso tranquillamente di andare a vivere da Joe (o Joey come lo chiamo io) ‘perché è meglio staccarsi dai genitori dato che manca poco all’iscrizione al college’. Ma il motivo per cui l’ha fatto, è perché lei e Joey stanno insieme “segretamente” (ma poi è solo un rapporto di sesso) pensando che io non lo sappia.
Ma mi sento meglio, libera e tranquilla.. Ho voglia di ricominciare da capo, non perché la mia vita faccia schifo, ma perché LA è diversa da Londra, è grande, nessuno mi conosce e posso fare ciò che voglio. Sarò una nuova Carrie che penserà solo a sé stessa e a ciò che è bene per i suoi genitori. So che Joe e Kathrine sentiranno la mia mancanza, ma so anche che adesso potranno girare mano nella mano nei corridoi del mio liceo, senza che nessuno li attacchi o lanci a me strane occhiate. Avranno ciò che vogliono da lungo tempo, amavo e amo Joe e resterà un pezzo della mia adolescenza a Londra, nient’altro che questo.-
Staccai la scrittura del mio diario del mio diciottesimo anno di vita a causa della gentilissima hostess che voleva offrirmi qualcosa da mangiare.
«Desidera qualcosa signorina Stevens? Possiamo portarle tutto ciò che vuole..»
«Un bicchiere di the alla pesca può bastare, grazie» dissi sorridendo alla ragazza che mi avrebbe accompagnato per le prossime 9 ore di volo.
Guardai fuori dal finestrino aspettando il mio bicchiere di the alla pesca che tardava ad arrivare, il cielo era azzurro e c’erano davvero pochissime nubi.
«Cosa scrivi?» chiese un ragazzo con dei rayban wayfarer neri alla mia sinistra.
«Nulla, è semplicemente il mio diario.. Poi non capisco perché a te dovrebbe interessarti dato che non ho la minima idea di chi tu sia!» dissi non curante della persona che avevo accanto.
«Nicholas..» intervenne lui prontamente dandomi la mano per presentarsi.
Gli porsi anche la mia, solo per essere gentile ma anche per il mondo in cui parlava e muoveva quelle labbra che erano a forma di cuore, «Carrie, Carrie Stevens» dissi guardandolo. Arrivò poi il mio the, lo pagai e cercai di continuare a scrivere il mio diario ma non ci riuscì. Il suo modo di guardarmi scrivere e quello di osservarmi per ogni minimo spostamento della mia mano di 5mm, mi dava sui nervi ma allo stesso tempo faceva scattare qualcosa dentro me.
«Mi da fastidio quando le persone mi fissano» dissi facendo la mia firma in maniera ordinata, come sempre.
«Ho gli occhi chiusi, come pensi che possa guardarti?» chiese lui facendo un sorrisino sghembo.
Non capivo perché ero così attratta da lui, ma praticamente dopo che il segnale delle cinture si staccò, ci ritrovammo nel bagno di 4 metri per 4 a baciarci in maniera quasi passionale.
«Non ti conosco e fra meno di 30 minuti atterreremo a LAX, fammi la cortesia di dimenticarti il mio nome, il mio cognome e il fatto che ti sto dicendo che in 18 anni di vita non ho mai baciato nessuno che bacia tanto bene così come lo fai tu!» dissi passando la mia mano destra sul suo collo caldo.
Detto fatto, tornammo ai nostri posti come due sconosciuti, scendemmo dall’aereo e io andai, come se niente fosse, verso il taxi che mi aspettava davanti l’uscita dell’aeroporto LAX e lui restò lì davanti ad aspettare qualcuno. Posai le mie quattro valigie nel cofano e ancora fuori dall’automobile dissi «Bridgeport Avenue numero 13», così entrai chiudendo la portiera e misi le cuffie alle orecchie guardando il paesaggio che probabilmente mi avrebbe accompagnato per il resto della mia vita.

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Capitolo 2
*** ops, I did it again! ***


Arrivai dopo circa venti minuti, tutto era troppo strano a Los Angeles: troppi taxi, troppe macchine, troppa gente che cammina ovunque, troppo tutto! Sentì le prime note di “Mean” di Taylor Swift provenire dal mio blackberry lilla.
«Pronto?» chiesi rispondendo alla chiamata.
«Tesoro sono io, la mamma! Sei arrivata? Com’è andato il viaggio? Dove sei adesso?» mi fece così tante domande a raffica che risposi semplicemente con «Sto bene, sono sotto casa» dissi ridendo quasi. Lei rispose semplicemente con “Non siamo a casa adesso, sistemati ed esci! Torniamo alle nove!”, al che io chiusi la chiamata.
Scesi dal taxi pagandolo e presi le mie quattro valigie, presi la chiave da sotto il tappetino, come aveva detto mamma, ed entrai nella villetta che sarebbe stata la mia casa per tantissimo tempo. Tutto era davvero carino, stile moderno e soprattutto una mega casa, i miei genitori, facendo i dottori, non avevano di certo problemi economici e tutto questo lo si poteva vedere nella casa dove abitavamo!
Andai al secondo piano e capii che la stanza con la porta bianca con su scritto “Carrie” era decisamente la mia stanza, aprii la porta e rimasi stupefatta. Era proprio come la volevo io: pareti lilla, tetto bianco, parquet mogano, letto in ferro battuto bianco e tutte le pareti libere per poter attaccare le mie foto. La cosa più bella della mia camera era la scritta che mamma mi aveva fatto fare davvero: “Hey Jude, don’t make it bad, take a sad song and make it better”.
Queste erano le parole dei Beatles in Hey Jude, ma per me avevano un gran significato, Joe mi aveva dedicato questa canzone mettendo il mio nome. Quella era stata la prima canzone che mi aveva dedicato un ragazzo, il mio ragazzo che adesso non avevo più.
Decisi di mettere via i ricordi e iniziai a sistemare tutte le mie cose, non appena finii scesi sotto e trovai una piscina come dire.. modesta. Non persi tempo, salii di nuovo sopra e misi un costume, avevo bisogno di fare un bagno e fu proprio quello che feci.
Alle nove in punto i miei tornarono, feci la mia prima cena americana e alle dieci meno un quarto andai a letto, il jet lag mi aveva distrutta. Nonostante questo, non riuscii a dormire e così guardai la maratona della quarta serie di Grey’s Anatomy sull’ABC, riuscii ad addormentarmi anche se quel telefilm mi appassionava da morire!
 
Day 2 – Ops, I did it again!

California, 2 settembre 2011 ore 11.30

 
-E’ decisamente tardi e io sono decisamente incavolata! Ho perso il mio diario non so dove, e mi sto ritrovando a scrivere su un quaderno a righe con fuori stampato un orso! Dove cavolo può essere? Lì c’è la mia storia porca miseria, arrivo a LA e già faccio casini!- sbuffai e lasciai perdere il mio “diario”.
Mamma e papà erano usciti, come ogni mattina, alle 6.45 del mattino e sarebbe tornati, come sempre, alle 14 se ero fortunata. Presi la mia tazza di caffè americano e la mia donuts rosa che mi sapeva tanto di Homer Simpson.
Troppo frustata dal danno compiuto in meno di 24 ore, andai in camera mia a sistemare le ultime cose e misi una tuta blu della mia università. Di pomeriggio sarei dovuta andare lì e la cosa un po’ mi spaventava, nonostante avessi deciso di andare alla Columbia University sin da quando ero nel grembo di mia madre!
Ciò che mi distolse dai miei pensieri universitari fu il campanello. I miei amici iniziavano già a mandarmi lettere oppure era solo la bolletta della luce?
Mi trascinai al piano di sotto tutta struccata e con uno chignon in testa, bella! Dissi guardandomi allo specchio all’entrata della mia casetta. Aprii la porta e quello di sicuro non era il postino.
«Bridgeport Avenue numero 13» disse il ragazzo davanti ai miei occhi. «Credo che tu abbia dimenticato qualcosa ieri..» disse porgendomi il mio diario.
«Mi sa proprio di sì..» dissi prendendolo in mano.
Esatto, il ragazzo davanti a me, era quello con cui avevo pomiciato sull’aereo il giorno prima: Nicholas.
«Come hai fatto a trovarmi?» chiesi restando davanti la porta.
«Semplicemente hai quasi urlato come una scaricatrice di porto al tassista dove abitavi!» disse facendo un sorriso che non aveva niente di casto, tolse i suoi occhiali e li portò alla testa.
«Non urlo come una scaricatrice di porto e in ogni caso questa è violazione della privacy! Potevi farmelo recapitare da un postino, proprio come fa la gente normale!» dissi alzando il tono della voce rispetto a prima. Sì, forse ero una scaricatrice di porto.
«Ecco vedi? Lo stai facendo di nuovo..» disse lui ridendo, aveva davvero un bel sorriso.
«Okay bene, adesso ciao, grazie e stato gentile da parte tua ma devo andare!» dissi tutto in una volta chiudendo piano la porta che lui prontamente bloccò.
«Non mi saluti?» masticò una gomma e io non potei fare altro che guardare le sue meravigliose labbra.
«Ciao Nicholas»
«Ciao Stevens»

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Capitolo 3
*** columbia college hollywood, I'm afraid ***


Chiusi la porta e mi poggiai dietro di essa, wow avevo rivisto il tizio dell’aereo con il quale mi ero baciata, e non era stato come le altre volte, mi aveva fatto senso baciarlo.
Il fatto che aveva sentito, sicuramente di proposito, dove abitassi mi aveva sconvolto ancora di più.. gli avevo detto di non cercarmi mai più e di dimenticarsi come mi chiamavo, ma non l’aveva fatto!
Abbandonai i miei pensieri su Nicholas concentrandomi su altri pensieri più importanti: la mia prima lezione al college di quel pomeriggio.
Passai il resto della mattinata a guardare la tv e alle 13.00 in punto pranzai, per evitate di fare tardi di pomeriggio. Dopo mi preparai e mi vestii semplicemente: camicetta a maniche corte bianca con dei fiorellini, jeans blu scuro e ballerine rosa. Presi tutto ciò che mi serviva e con la mia macchina, che i miei genitori mi avevano fatto trovare lì negli Stati Uniti, mi diressi alla Columbia College Hollywood.
 
Day 2 – Columbia College Hollywood, I’m afraid.

California, 2 settembre 2011 ore 16.40
 

-Sono nella hall del mio college e sono abbastanza spaventata. Sono arrivata troppo in anticipo, e non è il mio solito eh! Alle 15.30 hanno fatto la cosiddetta “cerimonia” per le matricole e a quanto pare, le lezioni iniziano alle 17.30 quindi diciamo che ho abbastanza tempo per rilassarmi.-
Mi guardai intorno, tutto sapeva di college, di essere grandi e di dover maturare. Lì dentro c’era gente davvero seria, lo si notava dalle camice dei ragazzi abbottonate fino all’ultimo bottoncino, le ragazze tutte con le code alte e occhiali che sapevano tanto di professoresse, i corridoi silenziosi e rispettosi nei confronti degli alunni che fanno lezione. Tutto era davvero strana, non ero abituata a niente di questo a Londra.
-La prima lezione di oggi è dizione. Per fortuna il mio accento inglese non si sente molto, e lo stesso vale per le altre lingue che parlo. Spero di avere una dizione più o meno decente, non mi va di essere criticata e guardata da tutti il primo giorno di lezione all’università!
Ma, nonostante questo, il mio college mi piace. L’aria seria mi ispira cultura e lo stesso vale per la mega biblioteca a sette piani che si trova sul lato ovest del campus. Mamma ancora non mi ha chiamata, sicuramente starà operando chissà chi e lo stesso vale per papà, anche lui sarà super impegnato.-
«Non ho letto cosa c’era scritto sul tuo diario, ma dato che ci scrivi così tanto sarà davvero qualcosa di importante!» disse una voce maschile in un ghigno alle mie spalle.
Mi voltai di botto e non volevo credere a ciò che avevo davanti a me.
«Ma tu cosa ci fai qui?»
«Credo la stessa cosa che fai tu no..? Studio!»
Ma perché nella mia università? Ma perché proprio a me?
«Non mi avevi detto che studiavi..» dissi io cercando di cancellare quei pensieri dalla mia testa.
«Diciamo che nel bagno non abbiamo parlato molto eh!» disse ridendo e sedendosi accanto a me.
Scossi la testa guardandolo. «Ricordi ancora il mio nome e cognome... Per favore, puoi fare finta di non conoscermi?»
«A me non costa nulla, ma posso sapere il motivo?» chiese sistemandosi un ricciolo che gli cadeva proprio davanti agli occhi.
Ecco, a quella domanda non sapevo cosa rispondere. Un motivo, effettivamente, non lo sapevo neanche io se c’era. Dopo quello che era successo con Joe, non volevo più cadere nella stessa trappola, nella trappola dell’amore anche se non ero sicura di tutto questo.
«Non...»
«Non cosa Stevens?» chiese lui guardandomi negli occhi e picchiettando le dita sulla mia gamba sinistra.
In quel momento capii che non c’era nulla di sbagliato, in fin dei conti Joe stava con Kathrine. Non eravamo più fidanzati dal momento in cui io lo vidi nudo sul suo letto con lei.
«No nulla.. Hai ragione, non c’è un motivo per il quale tu debba fare finta di non conoscermi» dissi spostando lo sguardo verso la sua mano sulla mia gamba.
«Oh! Davvero? Wow ne sono onorato allora! Ho una nuova amica che è per giunta matricola!»
«Perché, tu a che anno sei?»
«Al terzo e tu solo al primo, hai ancora da imparare piccola!» disse alzandosi e dandomi un bacio in testa «Devo andare in bagno se non ti dispiace. Ci becchiamo in giro!!» mi fece l’occhiolino e lo vidi allontanarsi nel corridoio est della grande sala dove ero io.
Era assurdo, questa non era una semplice coincidenza! Non poteva esserlo!
-Ma tutte a me capitano? Ma è possibile? Sono sicura che certa gente direbbe che sono una delle ragazze più fortunate al mondo, io però non la penso così. È vero, più cerchi di allontanarti da una persona, più questa ti è vicina.-
Passò un’ora e la mia lezione era decisamente alle porte, mi diressi con una cartina verso la mia aula, verso la mia prima lezione e verso quello che sarebbe stato il mio futuro.

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Capitolo 4
*** today I'm ready to turn the page ***


Day 9 – Today I’m ready to turn the page

9 settembre 2011, ore 16.00

 
-Sette giorni, sono passati sette giorni dall’ultima volta che ho scritto su questo diario. Ogni giorno lezione dalle 8.30 del mattino fino alle 18.00 questo college inizia a farsi pesante, e siamo solo al primo trimestre del primo anno. In questo momento sono seduta in una sedia dell’aula di cinematografia, materia che per carità mi piace da morire, ma guardare un filmato sugli animali per capire come i frame passano dall’11 al 29 diciamo che mi secca abbastanza. Insomma, siamo all’università! Se le persone che si sono iscritte qui non sanno passare da un frame all’altro, dovrebbero iniziare a porsi delle domande!-
20.58” questo fu un bigliettino che mi arrivò sul banco. Lo lessi ma non capii, accanto a me c’era Nicholas. Avevamo scoperto che eravamo insieme in tante lezioni, e la cosa non mi dispiaceva. Imparai a conoscerlo, e tutto sommato non era male: simpatico, attraente, sexy, fisico mozzafiato, sorriso brillante. Sì, un ottimo alunno.
Cosa scusa?Scrissi nello stesso bigliettino.
Alle 20.58 stasera ti passo a prendere, vestiti sexy così dopo ti strappo i vestiti a morsi! :D
Scoppiai a ridere e non fu piacevole.
«Signorina Stevens, può spiegare a me e ai suoi colleghi il motivo delle sue risa?» questo fu quello che il professore Martins, quello di cinematografia, mi chiese non appena mi sentì ridere.
«Scusi, non volevo disturbare la lezione» dissi ridendo ancora.
«Non credo sia carino nei miei confronti signorina Stevens, che ne pensa di smetterla?»
Io non riuscii neanche a dire di si perché continuai a ridere, ma dopo poco per fortuna smisi.
Non appena usciamo da questa aula, penso che ti strappo a morsi qualcos’altro.
Gentile come sempre Carrie, inizio a volerti bene sai? Comunque, domani alle 20.58 sarò da te!
Ma per andare dove scusa?
Voglio portare a cena fuori un’amica, mi è concesso?
Ehm.. si..
Era la prima uscita “seria” che facevo con una ragazzo dopo Joe, e Nicholas non era un “semplice” ragazzo. Più che altro non riuscivo a vederlo come un semplice amico, anche se cercavo di auto-convincermi che era molto meglio così.
Allora?
Va bene, sarò pronta a quell’ora, ma guarda che se vieni alle 20.59 non esco più con te!
In fin dei conti, era solo una semplice uscita fra amici e io stessa dovevo entrare in quell’ottica.
Lui rise e dopo pochi minuti la lezione finì, pranzammo insieme e poi mi accompagnò a casa salutandomi e ricordandomi l’impegno preso con lui per quella sera.
«Sono a caaaaaaaasaa!» urlai entrando.
«Buon pomeriggio amore, come mai così presto oggi?» chiese mia madre dandomi un bacio in guancia e togliendomi la borsa dalle mani per poterla posare sul divanetto.
«Le lezioni sono finite prima e mancava un professore... Ah, stasera esco» queste parole penso che sconvolsero mia madre, non dicevo quella frase da tanto tempo e soprattutto non l’avevo mai detta da quando ero a Los Angeles.
«Davvero? E con chi esci?» chiese lei guardandomi sorridendo contenta.
«Con un amico di facoltà, mi ha invitato a prendere qualcosa da mangiare a cena.. E ho accettato..»
«Hai fatto bene tesoro, è ora di crearsi una nuova vita, non lo pensi anche tu?»
La mia risposta fu soltanto un cenno del capo, dopo di che andai a buttarmi a letto e dormii per circa due ore. Venne poi mia mamma a svegliarmi per dirmi che il suo cercapersone faceva i capricci, ergo la cercavano a lavoro e doveva scappare. Annuii e cercai di alzarmi ma niente, continuai a dormire.
Ciò che mi svegliò fu il campanello di casa che suonava all’impazzata, spaventata scesi di corsa sotto con gli occhi ancora chiusi.
«Ehm ehm... Buonasera bella addormentata!»
Oh cavoli!
«Nicholas, perdonami, perdonami! Mi sono addormentata, avevo sonno, mia mamma mi ha chiamata ma non riuscivo a svegl....»
Una mano, che non era la mia, finì sul mio collo mentre un’altra mi cingeva la vita. Avevo gli occhi chiusi e le labbra che contemplavano la bellezza delle sue che erano sulle mie.
Ci stavamo baciando.
«Shhh.. Non fa niente» disse lui non curandosi della porta aperta e del fatto che ero totalmente poggiata al muro dell’entrata di casa mia.
Io, non riuscii a staccarmi e continuai quel gioco di baci e lingue che era molto meglio che mangiare una bistecca di chissà quanti dollari in un locale in centro a L.A.!
«Nicholas..» dissi sulle sue labbra.
Lui si staccò dalle mie e mi guardò «Carrie..»
«Non dovremmo farlo sai? Tu quando sei con me commenti sempre i culi e le tette delle ragazze. Noi siamo amici Nicholas e gli amici non si baciano!»
Lui scoppiò a ridere, sinceramente non capii il motivo per il quale lo fece. Forse la mia affermazione era stata parecchio banale, un po’ la reputavo anche io così però non sapevo cosa dire a riguardo.
«Perché ridi, ti sembra che io stai ridendo?»
«No Carrie, non ridi.. Ma la tua affermazione fa ridere!» mi poggiò il palmo caldo della sua mano sulla mia guancia paffuta che aveva preso colore durante il nostro bacio.
Aggrottai le sopraciglia e lo guardai negli occhi aspettandomi una spiegazione migliore.
«E’ un.. bacio! Un semplice bacio, non posso dartelo?»
Iniziava a giocare con i miei sentimenti o ero io che ero totalmente annebbiata da altro?
«Io non bacio con la lingua i miei amici!»
Lui scoppiò, ancora, in una fragorosa risata.
Io chiusi la porta che era rimasta aperta e mi sedetti sul divano a guardare un film alla tv. Lui mi seguì e capì che ero leggermente arrabbiata.
«Per cosa mi hai preso Nick?» lui non mi rispose, mi guardò solo negli occhi.
«Volevo soltanto sentire quella sensazione che ho sentito due settimane fa sull’aereo»
Non ero stata solo io a sentirla allora, anche lui l’aveva sentita..
«Quale sensazione?»
«Quella che sento ogni volta che mi tocchi, che mi guardi e quando ti bacio»
Diventai leggermente rossa in viso e mi coprii con la manica della maglietta gli occhi e poi, piano piano tutto il viso.
«Solo amici siamo, solo amici!»
Nicholas era quel genere di ragazzo sul quale sarei saltata volentieri addosso, era così attraente e incredibilmente sexy.
«Gli amici non si baciano»
«Vorrà dire che non lo faremo neanche noi Jonas»
«Ne sei sicura?»
«Al 100%»

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