La segretaria e l'aspirante suicida

di Il circolo di Aro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La segretaria e l'aspirante suicida ***
Capitolo 2: *** Extra ***



Capitolo 1
*** La segretaria e l'aspirante suicida ***


Per la serie…
“Quando vannagio vaneggia!”.



La segretaria e l’aspirante suicida





«Gli hanno risposto di no», bisbigliò Alice.
«Cos'ha deciso di fare?».
Bella stava andando in iperventilazione per il panico. Alice sapeva che, se le avesse raccontato la visione nella sua interezza, Bella non avrebbe retto il colpo e suo fratello sarebbe morto per mano dei Volturi. Non poteva svelarle la verità. Non tutta, almeno. Omettere qualche dettaglio, in fondo, non era come mentire, giusto?
«Sulle prime, è stato molto caotico», rispose finalmente, «Lampi di visioni, perché aveva le idee confuse».
La ragazza sbarrò gli occhi e impallidì ulteriormente.
«Idee di che genere?».
«È stato un brutto momento», sussurrò Alice, misurando le parole. «Aveva deciso di andare a caccia».
Bella la fissò, perplessa. Probabilmente non aveva compreso la gravità della situazione.
«Dentro la città», precisò la vampira con sguardo eloquente. «Ci è andato molto vicino. Ha cambiato idea all'ultimo minuto».
«Non oserà deludere Carlisle», mormorò Bella, sempre più pallida.
«Probabilmente... no».


***


Le sue mani stavano tremando in modo convulso già da qualche minuto, quando Edward Cullen si chiuse la porta alle spalle. Serrò i pugni nel tentativo di fermare quel tremore quasi spasmodico. Aveva voglia di fare a pezzi qualcosa. Forse qualcuno. Edward sentiva il… bisogno - sì, era proprio un bisogno fisico, vitale. Per lui, che di vivo non aveva più niente - di uccidere qualcuno. E berne il sangue fino all’ultima goccia. Aveva un disperato bisogno di succhiare una vita e contemplare in pace il sopraggiungere di quella morte che loro gli avevano negato.
Non stava bene, decisamente.
Esausto, si lasciò andare contro il legno scuro della porta a doppia anta. Attraverso gli avambracci, il tremore si era propagato in tutto il corpo, - spalle, torace, gambe - e lui rischiava di non reggersi più in piedi, tanta era la tensione che gli scuoteva la carne.
Carne, gole squarciate, sangue… aveva bisogno di sangue. Di ammazzare qualcuno.
Chinò il capo sul petto e respirò profondamente - una, due, tre volte -, cercando di impedire alla furia cieca che si agitava sotto pelle di sopraffarlo. Ma a che cosa giovava tutta quella disciplina? Perché non lasciare che il mostro lo prendesse? A che scopo continuare a lottare? La sua unica ragione di vita era morta. Non esisteva più. Adesso poteva smettere di recitare la parte del vampiro buono. Finalmente era libero di... no!
No… no, no. No. NO!
Non sarebbe mai stato libero. Doveva rimanere lucido, se voleva trovare un modo per convincere i Volturi a rivedere la loro decisione. E allora sì, sarebbe stato davvero libero! Di nuovo, respirò profondamente - ancora e ancora; due, cento… miliardi di volte -, ma il mostro dagli occhi rossi non voleva saperne di fare il bravo.
Sangue. Subito. Ora. Neanche un secondo di più.
C’era un modo per unire l’utile al dilettevole. Il mostro lo sapeva, ed Edward pure. No, dannazione! Che cosa stava farneticando? Uccidere una persona non era dilettevole - sì, invece! -, uccidere una persona era crudele, mostruoso - mai sostenuto il contrario! -, da assassini.
Ma poteva essere utile. Utile allo scopo. Il fine giustifica i mezzi, no?
E di colpo il tremore cessò, mentre una lucida consapevolezza si faceva largo nella mente di Edward.
A Volterra era vietato cacciare. Pena, la morte.
Il mostro si acquietò improvvisamente. Placido e soddisfatto, pregustava il momento tanto bramato.
«Posso esserle utile?».
Edward sollevò lo sguardo, lentamente. Incontrò due grandi e svegli occhi verdi. Preso com’era dalla sete di sangue, non si era accorto della presenza della segretaria nell’anticamera e non ne aveva captato i pensieri. Adesso che l’aveva notata, però, l’odore forte e deciso del suo sangue pareva impregnare qualsiasi superficie fosse in grado di assorbirlo. I battiti del suo cuore rimbombavano incessanti e assordanti nelle orecchie di Edward. Il pulsare della giugulare contro la pelle abbronzata del suo collo era l’unica cosa che il vampiro riusciva a mettere a fuoco.
Il mostro sogghignava, compiaciuto. Così era fin troppo facile! Aveva immaginato una caccia lunga ed eccitante, ma poteva accontentarsi. Utile, dilettevole e subito. Il mostro non chiedeva di meglio, ed Edward pure. Perché la chiave per la libertà era proprio là.
In piedi, dietro una scrivania di mogano lucido.



«Posso esserle utile?», chiese Gianna, dopo aver atteso inutilmente una qualsivoglia reazione da parte del vampiro, che se ne stava accasciato contro la porta a fissare il pavimento.
Il Signor Aro si raccomandava sempre che i suoi ospiti venissero trattati con riguardo. Chiunque essi fossero. E anche se l’ospite in questione aveva chiesto udienza per ottenere una morte definitiva - la lingua lunga di Corin la teneva aggiornata su tutto -, nulla le vietava di svolgere il suo lavoro con professionalità e composto distacco.
Quando, però, il vampiro sollevò lo sguardo lentamente, piantando sulla sua gola gli occhi neri e cerchiati da profonde occhiaie violacee, Gianna capì di essersi appena cacciata in un mare di guai.
Non era la prima volta che rischiava la vita in quel modo, perciò sapeva esattamente come comportarsi. Rimase immobile: scappare sarebbe stato inutile, se non addirittura controproducente. Doveva soltanto evitare movimenti bruschi, arrivare al pulsante dell’interfono e…
«Se fossi in te, non lo farei».
Il vampiro scuoteva la testa. L’espressione del viso, dura e severa, non lasciava spazio a fraintendimenti: leggeva nel pensiero.
“Proprio il mio giorno fortunato”, pensò Gianna, imponendosi di mantenere la calma.
«Potrebbe esserlo davvero», il vampiro sorrise sghembo, «So che cosa desideri. L’ho visto nella tua mente, qualche ora fa. Il tuo è un pensiero costante, fisso. Potrebbe diventare realtà, sai? Tu aiuti me, io aiuto te».
Gianna ebbe un tuffo al cuore, che purtroppo non sfuggì al vampiro. «Non so di cosa lei stia parlando», replicò ciononostante.
«Lo renderò piacevole per entrambi», continuò lui, come se la donna non avesse aperto bocca, «Ucciderti non sarà necessario. Tu sei la sua segretaria, dopo tutto. Basterà come affronto. Io otterrò la morte, tu l’immortalità. Uno scambio equo, non trovi?».
Gianna non aveva alcuna intenzione di accettare l’offerta del vampiro. Il suo sogno più grande era venire trasformata dal suo signore Aro. Non riusciva a immaginare onore e piacere più grandi di quello. Inoltre, disobbedire al suo signore - farsi vampirizzare contro il volere di chi l’aveva accolta nella propria dimora - avrebbe potuto rivelarsi fatale per lei. La sua sarebbe stata la seconda vita più breve nella storia dei vampiri. Perciò no, non avrebbe detto di sì. Anche se una piccolissima parte di lei, idiota e microscopica, quasi unicellulare, insisteva per cogliere la palla al balzo: quando le sarebbe ricapitata un’occasione del genere?
Gianna fece di no con la testa, più a se stessa che al vampiro.
Un ringhio minaccioso riecheggiò nell’anticamera e Gianna si ritrovò a gemere per il dolore, schiacciata contro la parete dal solido corpo del vampiro.
«Faremo finta che ti ho costretto con la forza», sussurrò lui, rabbioso, mentre le zanne quasi sfioravano il lembo di epidermide dietro l’orecchio.
Una mano ghiacciata le tappò la bocca, mentre l’altra le arrotolava la gonna intorno ai fianchi. Nessun vampiro aveva mai osato tanto. E per un motivo ben preciso.
“Aro mi ucciderà”, pensò lei, combattuta, disperata e terrorizzata.
Non era quel vampiro a metterle paura, bensì l’idea del suo signore Aro che sorrideva affabile. Perché il sorriso affabile di Aro era preludio di morte.
Dita dure e fredde già strisciavano sulla pelle delle sue gambe, accarezzavano l’interno coscia strappandole sussulti soffocati, salivano sempre più su, sempre più in profondità, per poi infilarsi sotto l’orlo del raso caldo e bagnato. Gianna ringraziò con tutta se stessa le pareti insonorizzate della fortezza e quella mano gelata che attutiva i suoi gemiti.
Aro l’avrebbe data in pasto a Jane, ne era certa. E lo avrebbe fatto con un sorriso affabile sulle labbra.
Le zanne del vampiro grattavano con crescente prepotenza sulla giugulare, desiderose e impazienti di incidere la tenera carne del collo di Gianna. La donna chiuse gli occhi, carica di aspettativa, deglutendo a fatica e trattenendo il respiro per l’emozione.
Tuttavia le cose non stavano procedendo come aveva sempre fantasticato. Questo perché nei suoi sogni c’era il suo signore Aro al posto di quel vampiro sbarbato e denutrito. Aro che le rivolgeva il suo sorriso cordialmente e sfacciatamente erotico - e per niente affabile -, Aro che denudava le zanne, Aro che si chinava su di lei… sulla sua gola.
Ritornò in sé in un batter d’occhio. “Che diamine sto facendo?”.
E in quel momento Gianna si accorse del cambiamento.
La mano sulla sua bocca era stata sostituita da labbra granitiche e ruvide. Il vampiro la stava baciando con un’urgenza e un bisogno che a Gianna parevano del tutto fuori luogo. Le dita in mezzo alle sue cosce non c’erano più: stavano artigliano la parete sopra la sua testa. L’altra mano, invece, le accarezzava il braccio con delicatezza e attenzione. Poi il vampiro interruppe il bacio e affondò il viso nei suoi capelli. Gianna lo sentì inspirare a pieni polmoni, trattenere il fiato per una frazione di secondo, infine espirare e afflosciarsi sulla sua spalla, sgonfio e privo di vita.
«Non sei lei. Non sei lei. Non ci riesco. Non sei lei», ripeteva incessantemente con la bocca premuta contro il cotone della sua camicetta. La voce incrinata, come se stesse piangendo. Tremava e le sue spalle erano scosse da strani sussulti. Sembrava che... perdiana! Un vampiro stava davvero singhiozzando contro la sua spalla?
Gianna non sapeva che cosa fare. Elargire gesti di affetto, per giunta a un vampiro, non rientrava nei suoi compiti. Provò ad accarezzargli il capo con movimenti impacciati, sentendosi tanto - ma tanto! - stupida: si trovava nel suo ufficio, schiacciata contro un muro, le mutandine in bella vista, e… consolava un vampiro disperato, aspirante suicida. Era così “tipicamente Gianna” impelagarsi in situazioni tanto assurde!
«Va… va tutto bene?».
Il vampiro si irrigidì all’improvviso - aveva detto qualcosa di sbagliato? - e dopo qualche istante di imbarazzato silenzio, si scostò da lei. Aveva uno sguardo stralunato, spaurito. Assomigliava a… un ragazzino terrorizzato. Si era fatta toccare da un ragazzino terrorizzato. Gianna stentava a crederlo.
«Ehm… stai bene?», tentò ancora.
Il vampiro parve tornare finalmente in sé, la inchiodò con uno sguardo tormentato e le sputò in faccia un “Che te ne importa?” raggelante.
Il proverbiale vaso traboccò.
«Cortesemente, lasciami passare!», esclamò con freddezza. Il naso all’insù e uno sguardo che avrebbe potuto uccidere anche un vampiro. «Ho un lavoro, io».
Gianna meritava di morire per essersi lasciata infinocchiare da un vampiro emo-depresso. E non le importava se lui stava ascoltando i suoi insulti ed era capace di ucciderla con un solo dito. Quel vampiro era un emo-depresso, aspirante suicida, e lei doveva tornare immediatamente a occuparsi del suo lavoro.
«Edward, il mio nome è Edward».
“Allora fottiti, Edward!”.
Purtroppo non era così sfacciata da dirglielo ad alta voce, ma confidava nel suo potere. Si rassettò la gonna e gli lanciò un’occhiata sprezzante. «Lasciami passare, ho detto!».
Non aveva mai osato dare un ordine a un vampiro. Era un’esperienza… inebriante. Si sentiva potente e invincibile. Sciocca, stupida, idiota, probabilmente quasi morta, ma potente.
Purtroppo l’aspirante suicida non accennava a muoversi di un millimetro. Si era irrigidito di nuovo. Non che a lei importasse un granché.
«Spostati! Non voglio ripeterlo un’altra…».
«Gianna, mia cara! Ti sembra questo il modo di rivolgersi a un ospite?». La donna sussultò nel sentire quella voce. «E tu, Edward, mio giovane amico!». Il vampiro serrò la mascella e digrignò i denti. «Potevi dirmelo che avevi intenzione di rimanere qui per il pranzo. Ti avrei offerto qualcosa di più… gustoso della mia aspra Gi-o-va-nna».
Segretaria e aspirante suicida si voltarono verso la porta a doppia anta.
Accompagnato da Demetri e Jane, le mani giunte come se stesse per applaudire, Aro sembrava davvero entusiasta, mentre rivolgeva a Edward e Gianna un sorriso cortese e… affabile.
Mortalmente affabile.


***


«Jane, dolce bambina. Dimmi che cosa ti turba».
«Nulla, Maestro».
Aro sospirò platealmente. A che scopo negare, se a lui nulla poteva essere celato? Le perdonò quella piccola scortesia, soltanto perché adorava guardarla fare i capricci.
Le sfiorò la guancia paffuta con il dorso della mano - era così grazioso, il suo piccolo angioletto! - e sorrise nel vedere immagini tanto vivide e oscene nella mente di quella che all’apparenza era solo una bambina. Quale grandiosa contraddizione aveva il privilegio di contemplare!
«La mia Gianna è un’ottima segretaria, cara Jane».
«Merita una punizione per il suo comportamento».
«Si è prostrata ai miei piedi, distrutta dal senso di colpa. Ho voluto concederle una seconda possibilità. E poi… è così divertente vedermi protagonista delle sue fantasie. Non ho saputo rinunciarvi, lo ammetto».
Jane sbuffò, indispettita.
Quel suo broncio angelico era adorabile.
«E Piccolo Cullen?».
«Gianna non è una volterrana. Tecnicamente la legge non è stata violata. Ma da bravo aspirante suicida qual è, escogiterà altri espedienti per costringerci a giustiziarlo. Non disperare, mia dolce Jane».
Sul viso della sua tenera bimba fece capolino un sorriso maligno e fiducioso.
«Confido in lui, allora».
Aro rise, allegro.
Bastava davvero poco per renderla felice!




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Nota di vannagio:

La Meyer ha fatto sapere che, un giorno, la povera Gianna verrà dissanguata dai suoi datori di lavoro. A me piace pensare che questo accadrà quando ormai la nostra amata segretaria sarà vecchia e decrepita (a dire il vero, a me piace pensare che un giorno Gianna verrà trasformata in vampira, ma dovendo rimanere in canon non ho altre alternative). Questa piccola ingiustizia mi ha fatto venire voglia di scrivere una ff.
Aro non è molto soddisfatto di questa shot - ancora adesso sorride affabile verso di me - ma ha acconsentito magnanimamente alla pubblicazione della stessa - grazie, Maestro! -, facendomi promettere che avrei rimediato al più presto.
Questa shot è ambientata in New Moon, come spero si sia capito, subito dopo il rifiuto dei Volturi a uccidere Edward.
I dialoghi della prima scena (quella con Bella e Alice) sono stati interamente ripresi dal capitolo 19 “Corsa” di New Moon.

A presto, vannagio.

P.S.: se vi state chiedendo perché ho pubblicato questa shot qui, anziché sul mio solito account, potete leggere le NdA de ‘Il circolo di Aro’. Le troverete illuminanti.

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Capitolo 2
*** Extra ***


Ribadisco l’ovvio: questa Flash è ambientata durante New Moon. Siamo in un momento di stasi, immediatamente successivo al tentativo fallito di Edward di mordere Gianna e immediatamente precedente alla decisione del suddetto di esporsi alla luce del sole di mezzogiorno.




Gusto per l’orrido






Per l’ennesima volta, Gianna si costrinse a distogliere lo sguardo dall’aspirante suicida. Se ne stava raggomitolato sul divano, perfettamente immobile come un gatto impagliato, e contemplava il vuoto.
La segretaria sbuffò e afferrò una penna a caso. Così, tanto per fare qualcosa.
Però… quegli occhi sbarrati, le occhiaie violacee, la pelle livida e tumefatta, l’immobilità innaturale… era la prima volta che, guardando un vampiro in simili condizioni, Gianna pensava a un cadavere in decomposizione.
Perdiana! Lo stava fissando di nuovo.
Era una sorta di gusto per l’orrido ad attrarla in quel modo? Non che fosse brutto, eh? Però…
“Maledizione, Gianna! Vuoi smetterla, per favore?”.
Sbuffò una seconda volta e cominciò a scarabocchiare furiosamente su un vecchio post-it usato.
Però… sembrava morto dentro, ecco. Un involucro perfetto e immacolato che conteneva un’anima in disfacimento. Le pareva quasi di sentire la puzza dolciastra e pungente della carne putrescente, tanto era forte quella sensazione.
Okay, adesso stava davvero esagerando! Afton aveva una cattiva influenza su di lei.
Immaginò di avere dei paraocchi e si concentrò sulle linee scure che, sempre più nette e precise, spiccavano sul giallo del piccolo foglietto spiegazzato. Quei cerchietti aggrovigliati, che nel frattempo avevano preso le sembianze di cuoricini neri e un po’ sformi, erano cosa ben più interessante di un vampiro emo-depresso. Doveva convincersene e impedire al suo cervello di galoppare a briglia sciolta, se davvero voleva rimanere viva. Non aveva già rischiato abbastanza per quel giorno?
«Mi spiace di averti coinvolto. Ho sbagliato».
Gianna sobbalzò per la sorpresa. La penna sfuggì alla sua presa, rimbalzò sul piano lucido della scrivania, disegnò un arco perfetto e cadde dritta dritta nelle mani di...
«Potrai mai perdonarmi?».
…Edward, materializzatosi vampirescamente in ginocchio accanto a lei.
I loro occhi si trovavano alla stessa altezza. Lui le stava porgendo la penna e la fissava con la solita espressione tormentata. L’unica del suo repertorio, a quanto pareva.
«Ehm… grazie», sbiascicò imbarazzata la ragazza nel riappropriarsi della biro.
Come nel più insulso dei romanzi rosa, non appena le loro dita si furono sfiorate, la mano di Gianna venne attraversata da un fremito.
Si diede mentalmente dell’idiota.
Che diavolo le stava succedendo? Solo un’ora prima quel vampiro l’aveva quasi morsa - “e tu hai quasi cercato di impedirglielo, dico bene?” - e adesso tremava come una scolaretta in calore al minimo contatto. Idiota!
Stava pensando a una risposta sensata da dare al vampiro - del tipo “non hai nulla di cui farti perdonare”, “Aro ci ha risparmiati entrambi: cosa vuoi di più dalla vita? Un Lucano?”, “niente sangue niente danno” -, giusto per mantenere una parvenza di dignità, quando venne scossa da un secondo fremito.
“Allora sei proprio scema!”.
Lo sguardo del suddetto aveva lasciato il suo viso, le era scivolato addosso come una carezza leggera e si era soffermato sull’avambraccio.
«Ti ho fatto male», constatò gelido. Serrò la mascella e deglutì a fatica.
«È solo un livido», minimizzò Gianna, coprendo la macchia violacea con la mano. Prima pensava ai cadaveri e adesso si preoccupava di non ferire i sentimenti del vampiro.
“Donna, coerenza è il tuo secondo nome!”.
«Ci sono abituata, davvero», aggiunse.
Probabilmente le sue parole non ebbero l’effetto sperato, perché Edward sgranò gli occhi, neanche avesse appena assistito a un omicidio.
«Loro… loro ti picchiano?».
Gianna inarcò un sopraciglio.
«Picchiare? Chi? Ah, uhm, tu intendi… no! No, no!», scoppiò a ridere, «No! Ma vedi… le pacche scherzose di Felix… be’, una volta mi hanno fatto attraversare in volo tutta la stanza», ridacchiò ancora, ripensando a quell’aneddoto, «Invece, l’altro giorno…», ma si bloccò immediatamente quando si accorse dell’espressione inorridita di Edward. «Ovviamente Demetri mi ha acchiappata prima che mi spiaccicassi contro una parete. Sta' tranquillo!».
Sembrava che qualsiasi cosa dicesse servisse soltanto a innervosirlo di più.
“Eccheppalle!”.
Il vampiro serrò nuovamente la mascella e digrignò i denti. I muscoli del viso erano così contratti da renderne i lineamenti più spigolosi e meno eleganti. Perciò fu quasi istintivo per Gianna allungare la mano e accarezzare la fronte di Edward. La liberò da alcune ciocche scomposte e tentò di appianare la profonda ruga che la attraversava.
«Non è successo niente, calmati».
Sotto il suo tocco, il ragazzo parve rilassarsi un poco: aveva chiuso gli occhi e il suo respiro si era fatto più regolare.
«Bravo, così».
E infine, vai a capire perché, lo baciò.
Niente di passionale e travolgente, come invece si vedeva nelle commedie romantiche o si leggeva nei romanzi harmony di serie z. Nessuna rivelazione mistica o campana in festa.
Soltanto un bacio.
Gianna si era chinata in avanti e le sue labbra si erano posate su quelle di Edward.
Tutto qui.
«Hai appena baciato un cadavere in decomposizione», soffiò lui sulla sua bocca, «Te ne sei resa conto, vero?».
“'Come rovinare il momento perfetto: paragrafo uno', di Edward Cullen”.
Tuttavia Gianna sorrise.
«Mai sentito parlare di gusto per l’orrido?».
E lasciandolo lì, inginocchiato e perplesso, tornò a torturare il post-it con i suoi inutili scarabocchi.




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Note di vannagio:
Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight », said Mr Fanfiction Contest e rispondo alla sfida di Ulissae, con pairing Edward/Gianna, genere Fluff e prompt "post-it".
La mia prima esperienza consapevole nel mondo del Fluff. Spero di non aver preso una cantonata. In ogni caso posso dire di aver tentato.
L'Afton che ha una cattiva influenza su Gianna appartiene a Dragana. No, non alla Meyer. A Dragana. Sì, signore XD.
Bene, adesso lascio a voi la parola.
A presto, vannagio.






Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 ».

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