Il Cacciatore

di Dudissimo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I ***
Capitolo 3: *** II ***
Capitolo 4: *** III ***
Capitolo 5: *** IV ***
Capitolo 6: *** V ***
Capitolo 7: *** VI ***
Capitolo 8: *** VII ***
Capitolo 9: *** VIII ***
Capitolo 10: *** IX ***
Capitolo 11: *** X ***
Capitolo 12: *** XI ***
Capitolo 13: *** XII ***
Capitolo 14: *** XIII ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***
Capitolo 16: *** Angolo dell'Autore ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
All’inizio è come una nebbia che oscura ogni percezione.
Poi si dirada. Gradualmente, nell’arco di pochi attimi lunghi come secoli.
Sono… non so dove sono.
Alzo lo sguardo. Archi che sorreggono un soffitto in ombra e pareti di pietra illuminate da lanterne.
Una catacomba. Fredda e umida.
Rabbrividisco.
Cos’è questo suono?
Ah, li vedo. Sono quattro, incappucciati, verdi. Io sono su un podio, e loro inginocchiati sotto.
Cantano… o pregano. Non capisco cosa dicono, ma non mi piace. Per niente.
Un altro è diverso… viola, in piedi proprio davanti a me, rivolto agli altri. Li ammaestra.
Non capisco. Non ricordo. Ma so che non dovrei stare qui.
Muovo le braccia e le gambe. Forse se…
Ah!
Chiodi… catene con piccoli chiodi che perforano polsi e caviglie. Per tenerli legati alla pietra.
Il sangue esce dalla ferita, la ferita dà dolore, il dolore alimenta la paura.
Ho paura.
Tanta paura.
Che mi succederà?

Il viola incappucciato smise di parlare ai cinque in verde e si voltò verso la croce di pietra.
La vittima si era svegliata. Aveva fatto scorrere sangue lottando contro le catene.
L’uomo sogghignò sotto il cappuccio mentre estraeva qualcosa di lungo ed affilato.
Un pugnale.

Cosa vuole fare con quello?
No, no, no, no!!

Si avvicinò al corpo che cominciava a dimenarsi, senza far altro che infierire sulla sua stessa carne.
Appoggiò la punta d’acciaio sul petto nudo e si rivolse al cielo, sordo alle deboli suppliche.
“ Accetta o Dea questo dono di fede… “

Ti prego, ti prego, non farlo!
Non voglio soffrire!
Non voglio morire!
Farò tutto quello che vuoi, lo giuro, ma lasciami vivere!

 “ … e donaci la Tua grazia! “

No!!

Le ultime parole della ragazza si trasformarono in grida di dolore quando la lama affondò nella tenera carne, disegnando una lunga linea rossa fra i seni. Poi, dopo che ebbe strappato il ferro maligno, infilò le dita artigliate nello squarcio e lo allargò facendo risuonare nuove urla.
E da sotto il cappuccio uscì un lungo serpente nero.
Le spire ondeggiarono, si contorsero e simili al sangue che rientrava da dove era uscito si infilarono sibilando nella grande ferita aperta.
Fu allora che i lamenti si fecero più strazianti, che le membra si agitarono fino a mozzare mani e piedi cadendo al suolo come una bambola di pezza, che le cantilene degli incappucciati si fecero più simili ad ovazioni di sanguinaria gioia.
Finché il corpo sinuoso color della notte uscì dalle labbra inerti, stringendo fra le zanne un cuore ancora fumante.

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Capitolo 2
*** I ***


I
Il lord borgomastro Cornero di Varania si grattò la barba rada con fare pensoso, guardando fisso il giovane ospite seduto davanti a lui.
“ Ragazzo mio “, disse con tono calmo ma che lasciava intendere la ben poca simpatia per il suo interlocutore, “ sei consapevole del fatto che non dovresti affatto trovarti qui, bensì a marcire nelle mie segrete? “
L’altro ridacchiò e si spaparanzò sulla sedia imbottita di cuscini prima di rispondere con un tono che trasmetteva un’odiosa spavalderia, come se lo stesse prendendo in giro.
“ Non vedo perché, messer borgomastro. Io non ho fatto niente. “
Un colpo di tosse echeggiò nella sala del Consiglio. Qualcuno lanciò un’occhiata ostile, che si affrettò a cambiare in uno sguardo indifferente e ben più consono al rango.
“ A quanto mi dicono “ continuò  il nobile ignorando l’evidente tensione “ hai fatto abbastanza da essere impiccato tre volte: ‘ omicidio ingiustificato di sette rispettabili membri della comunità e tentata violenza carnale ‘ è scritto sul rapporto delle guardie. Quindi riformulo la domanda: come mai ora stai parlando con me, qui, nel mio palazzo, e non ti stanno infilando ferri roventi nel culo come dovrebbe essere? “
Il ragazzo sorrise, facendo montare la rabbia al vecchio con quel ghigno sgradevole.
“ La verità ha molte forme. Possiamo dire che io sia stato… frainteso. “

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Capitolo 3
*** II ***


II
La porta della locanda Alla Mano d’Oro si spalancò cigolando sui cardini arrugginiti e una figura coperta da un ampio mantello nero fece il suo ingresso nel locale, lasciando che l’odore della pioggia autunnale si mescolasse ai fumi dell’alcool che impregnavano l’aria della grande stanza.
Senza far caso agli sguardi sospettosi e al suono dei coltelli sfoderati in qualche angolo né degnare di uno sguardo le danzatrici che contorcevano i corpi flessuosi, si calò il cappuccio scrollandosi di dosso alcune gocce e semplicemente si sedette ad un tavolo libero per tuffarsi nei suoi pensieri, l’Unico solo sapeva quali.
Vedendolo così tranquillo e silenzioso, gli avventori decisero di comune accordo che non poteva essere più pericoloso di una qualsiasi carcassa di ratto (e c’era una carcassa di ratto nella stanza, da svariati giorni peraltro) e ritornarono ai propri affari, senza dubbio molto più importanti.
In breve tempo nessuno, uomo o donna, nel locale faceva più caso alla sua esistenza.
O almeno era quello che credeva prima che le sue riflessioni fossero interrotte da una dolce voce femminile, simile ad una goccia che cade su uno specchio d’acqua.
“ Questa te l’offre la casa, straniero. “
Una mano delicata dalle dita diafane gli porse un boccale pieno di birra scura e spumosa.
L’uomo alzò lo sguardo con un’espressione a metà fra lo stupito e l’interessato, ammirando la giovane donna dai verdi abiti che gli stava davanti, ed afferrò lentamente l’oggetto offertogli.
“ Vedo che qui a Varania siete molto ospitali. “
“ Posso sedermi al tuo tavolo? “
“ Non vedo perché dovrei negarmi questo piacere. “
Le sue labbra si dischiusero in un sorriso mentre si adagiava su uno sgabello all’altro capo del tavolo circolare.
Per qualche attimo i due non scambiarono altre parole, rimanendo a studiarsi come due avversari prima di un duello, con interesse e curiosità reciproci.
Gli occhi grandi di lei passarono rapidamente dalla cintura di pelle squamata con la fibbia d’argento a forma di luna crescente ai guanti chiodati e al corpetto di cuoio con il simbolo di un lupo ringhiante stampato in pieno petto, quindi risalirono lungo il collo coperto dal mantello ed analizzarono accuratamente i lineamenti giovani incoronati da lunghi capelli corvini legati in una coda dietro la testa, fino ad incrociarsi con le iridi nere e profonde come la più buia delle notti, che emanavano un’insospettabile maturità.
Quanto a lui, smise ben presto di sorseggiare la sua ben poco fresca bevanda per ammirare a sua volta la lunga gonna che copriva le gambe accavallate, superare i fianchi scoperti, fermarsi un attimo appena all’altezza delle strisce di stoffa decorate da piccole perle che coprivano i seni ed infine contemplare il volto tondo tempestato di graziose lentiggini, l’aureola di lunghissimi ricci fulvi e lo sguardo smeraldino, magnetico e penetrante della fanciulla.
“ Qual è il tuo nome, se non sono indiscreta? “
“ Tanet. E no, non lo sei. “
“ ‘Tanet’… “ ripeté sillabandolo sottovoce. “ Da dove vieni, Tanet? “
“ Ha importanza? “
Sul suo volto si disegnò un sorrisetto sbarazzino.
“ No, hai ragione. “
“ Che mi dici di te, gentile dama? Chi sei? “
“ Non merito di essere chiamata ‘dama’. Sono solo una semplice danzatrice: il mio nome è Miranda. “
 “ ‘Miranda’… “
Senza dire altro, Tanet infilò la mano in una delle borse appese alla cintura – rossa con il simbolo di una corona dorata – e ne trasse fuori una piccola moneta d’argento che appoggiò con cura sul palmo pallido. Miranda sembrava stranamente indecisa mentre ammirava la croce incisa su una faccia dell’obolo luccicante.
“ La birra te l’ho offerta io, mi pare. “
“ Ma questa non è per la birra: è per la tua compagnia. “ rispose lui con uno sguardo innocente. Al che la danzatrice non oppose ulteriore resistenza e fece sparire nel nulla il piccolo tesoro con un movimento fluido delle dita.
“ Mi incuriosisci, uomo del nord. Sei la prima persona che non mi fa proposte oscene appena incontrata da quando lavoro in questo posto… che poi è appena un mese. A dire il vero non ho così tanta esperienza come potresti credere. “
“ Forse sbaglio, ma un mese fa vivevi rubando. “
“ Molto acuto. Come l’hai intuito? “
“ C’è un mio amico, Bran delle Nebbie, che mi ha mostrato più volte questo giochetto. Ma nel tuo caso non sono riuscito a capire dove hai nascosto la moneta, quindi oso pensare che fossi anche discretamente abile. “
“ Oh, non mi lusingare. Ero solo una piccola borseggiatrice, che ora ha deciso di provare con un mestiere più sicuro e soddisfacente. “
“ E non dubito che tu sia abile in questo quanto nell’altro. “
 “ Fingerò che i tuoi complimenti non mi tocchino. Ma parliamo di te. “ disse lei sporgendosi verso di lui e sfiorandone il petto con una mano – un tocco leggero reso ancor più lieve dalla corazza di cuoio, eppure piacevole come una brezza d’estate – “ Azzardo se dico che mi sembri un mercenario? “
“ Quasi. E’ stata l’armatura a metterti su questa strada? “
“ Anche. Ma direi che le due spade che nascondi dietro la schiena parlino da sole, non trovi? “
Sgranando gli occhi per la sorpresa Tanet portò istintivamente la mano all’impugnatura di una delle due lame, celate dal mantello. Evidentemente non le aveva camuffate bene come sperava.
 “ Devo ammettere che mi hai stupito! Sei una donna piena di risorse, a quanto sembra. “
“ Anche tu devi esserlo, se sai come usare quelle armi pur essendo tanto giovane. “
“ Beh, non mi definirei ‘giovane’, anche se devo ammettere mi si addice. Dopotutto non porto che vent’ anni sulle spalle. “
“ Sempre tre più di me, se è per questo. “
“ Ma l’essere giovane non toglie nulla alla tua bellezza. Al contrario, la impreziosisce: come un bocciolo di rosa che deve ancora schiudersi. “
Il volto di Miranda si avvicinò ancora di più al suo, facendo giungere alle narici del guerriero un profumo penetrante e fresco che sovrastava l’olezzo onnipresente della stanza. Lei sorrideva ancora, ma in modo molto più spontaneo di prima, come se non fosse abituata a ricevere complimenti sinceri da un uomo.
“ Sei sempre così gentile con le ragazze o è solo quando vuoi portartele a letto? “
“ Solo con quelle più belle ed interessanti, è la risposta. “
Gli occhi color degli smeraldi si illuminarono come due piccole stelle per un attimo. Poi però le belle labbra assunsero un taglio più serio e concentrato e la voce uscì da esse in un bisbiglio mentre si avvicinavano ancora di più alle orecchie dell’interlocutore.
“ Hai visto pochi inverni più di me, eppure in questi occhi neri leggo l’esperienza di un uomo fatto… posso scorgere il tuo desiderio senza difficoltà, ma mi tratti con una gentilezza che non ho mai conosciuto prima… e, cosa più importante, dal primo momento che ti ho visto ho sentito chiaramente che non sei come loro, o come me. Chi… o cosasei, Tanet? “
Il giovane dai capelli neri smise di sorridere. Da una parte era inebriato profondamente dall’aroma e dallo sguardo colmo sia di curiosità che del suo medesimo desiderio; dall’altra temeva, per motivi che solo lui in quel momento poteva comprendere, di dirle la verità e di lasciar tornare a galla ricordi che sarebbe stato meglio seppellire per sempre.
Poi dischiuse le labbra titubanti.
“ Io… “

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Capitolo 4
*** III ***


III
Ma ciò che stava per sussurrare alla fanciulla – qualunque cosa fosse– fu bruscamente interrotto. E ‘bruscamente’ non significa certo ‘da parole gentili ma ferme’. Il concetto espresso dalla parola è ben più simile a ‘da un coltello che si pianta nel tavolo’. Si, direi che gli calza a pennello.
A stringere il suddetto coltello vi era uno spilungone, con il volto sfregiato da estese cicatrici ed un osceno puzzo di aglio attaccato agli abiti, così forte da dissipare completamente perfino l’olezzo della birra; i suoi occhi, stretti e crudeli, guardavano con disprezzo il giovane, che dal canto suo si era girato con il più affabile e falso dei sorrisi.
“ Posso fare qualcosa per te, amico mio? “
“ Fai silenzio! “ rispose quello sputando del catarro a terra mentre estraeva la lama dal legno secco. “ Non sai chi sono io? “
“ Dai tuoi abiti “ disse indicando con lo sguardo la veste rappezzata “ e da quella pittoresca faccia che ti ritrovi direi che potresti essere un giullare… anche se i tuoi modi sono quelli di un qualsiasi idiota. “
Miranda rise divertita, e così qualcun altro dai tavoli vicini, che si era incuriosito vedendo balenare un’arma e suonare la ben nota voce rauca di Wengar detto Il Re Basso – dai suoi – o il Ratto– dal resto della città, uno dei più infami (e quindi illustri) membri del sottobosco di Varania.
“ Ti prendi gioco di me?!! “ urlò questi lanciando una pioggia di sputacchi dritti in faccia al disgustato Tanet.
“ Affatto. “
“ Io sono Wengar, signore dei bassifondi di questo quartiere! Io decido come devono andare le cose qui, e non voglio vedere la tua brutta faccia da furfante nella mia locanda! Ma soprattutto “ e qui i suoi occhi si strinsero ancora di più, diventando sempre più simili a due fessure “ non voglio vederti ronzare attorno alla mia donna! Sono stato chiaro?! “
“ Limpido. Ma temo che tu abbia preso un granchio, perché io, vedi, non ho la più pallida idea di chi sia la tua donna. Anche se posso immaginare che sia brutta almeno quanto te, non certo affascinante come la mia gentile compagna di tavolo. “
Tutto il locale rise sonoramente e il volto butterato del Ratto divenne d’un colpo verde di bile.
“ Infame! Sputo di vacca! Tutti sanno che Miranda è mia e che non deve essere toccata da nessun altro! “
“ Modera i termini, lingua di porco! “ lo apostrofò la danzatrice folgorandolo con lo sguardo. “ Non provare a chiamarmi ‘la tua donna’ solo perché lavoro per te, Ratto. Morirei piuttosto che farmi toccare dalle tue mani, cane! “
“ Stai al tuo posto, donna!!! “ esclamò Wengar, e a quelle parole le puntò contro l’indice in un gesto di rude minaccia.
Una minaccia ben sottolineata dai sei ceffi da galera che senza alcun preavviso scattarono in piedi rovesciando i tavoli e troncarono sul nascere ogni protesta quando sguainarono gli spadoni d’acciaio appesi alle cinture. Ridendo sguaiatamente si posizionarono attorno al loro padrone e lanciarono occhiate inquietanti ad entrambi i giovani; davanti a quei volti truci l’una impallidì e tremò, ben conoscendo la fama di quei sicari, mentre l’altro indurì la sua espressione ed emise una sorta di basso ringhio facendo montare la rabbia nelle viscere dello sfregiato.
 “ Cosa ordinate, padrone? “
“ Fate a pezzi questo insolente… e tu, Dentenero, prendi la puttanella. Quando avremo finito ci intratterrà. “
Sbavando vistosamente, Dentenero (che rendeva onore al suo nome) afferrò per la vita Miranda con la morsa d’acciaio del desiderio e si caricò in spalla il bel corpo che scalciava e graffiava tanto fieramente quanto inutilmente.
“ No! Lasciami! Tanet, aiutami! “
“ Miranda! “
Accompagnato dal tonfo del banchetto che cadeva a terra Tanet si alzò di scatto.
“ Lasciala, bestia infame, altrimenti… “
L’altro rise pieno di malvagia ironia.
“ Altrimenti cosa, bambino? “
Lo straniero digrignò i denti e strinse gli occhi come un lupo infuriato.
“ … ti ammazzo. “
Per un momento tutti i presenti – Wengar, i suoi sgherri, Miranda – sentirono un brivido scendere lungo la spina dorsale e negli occhi neri come la notte apparve una luce diabolica, quasi palpabile.
E quello che seguì… beh, quello che seguì fu semplicemente un massacro.
Prima ancora che qualcuno avesse potuto capirlo Dentenero era morto, con un coltello da lancio che gli aveva sfondato gli incisivi malati per trapassargli la gola. Miranda, libera dalla stretta, cadde a terra e soffocò un grido in un debole singulto quando vide le sue mani tinte di rosso.
Uno dei cinque rimasti lanciò un grido di rabbia – furia per mascherare la paura – e si gettò con tutto il peso del grande ventre e dell’arma contro il giovane, sicuro di sventrarlo al primo colpo. Ma quando vide la birra puzzolente rimasta nel boccale arrivargli dritta in faccia bloccò la sua carica chiudendo gli occhi per una frazione di secondo… abbastanza da permettere ad un singolo, fluido movimento di estrarre una spada e di fendere aria e carne. Una bocca rossa spalancata si disegnò sulla pancia gonfia, che cominciò a vomitare le budella sul pavimento.
“ Non stavo scherzando, idioti. “
Wengar deglutì nervosamente e si fece indietro.
“ Uccidete quel figlio di puttana! Cento oboli per la sua testa! “
Con gli occhi scintillanti per la brama di denaro che superava ogni timore, i quattro rimasti si posizionarono lentamente in semicerchio attorno al giovane, che si limitò a restare sul posto con la lama puntata davanti a sé. Quattro spadoni rotearono verso un unico bersaglio.
Nessuno riuscì a scalfirlo.
Nel momento stesso in cui lanciarono i ruggiti di guerra, Tanet scattò rapido come il fulmine trapassò di netto il petto di un pelatone alla sua destra, liberando un geyser di sangue bollente quando estrasse il ferro dalle carni muscolose e dalla spina dorsale infranta.
Un nano combattivo dai lunghi baffi rossi gli arrivò alle spalle sicuro di poterlo colpire mentre aveva ancora l’arma ben infilata nello stomaco del compagno, ma senza neanche venir degnato di uno sguardo si spense miseramente quando una daga ricurva estratta con maestria da una guaina nascosta gli squarciò il collo, facendolo cadere a terra in mezzo a pietosi gorgoglii.
Il terzo, uno scimmione enorme col naso mangiato da qualche malattia, fece l’errore di mirare alto, sperando forse di fracassare il cranio del nemico. Questi ghignò, si abbassò e gli passò sotto alle gambe spalancate come un fulmine grigio, tagliandogli i tendini delle caviglie con un fendente accurato. Il bruto gemette mentre cadeva rovinosamente in ginocchio, ed urlò vedendo l’arma dell’ultimo compare sopravvissuto abbattersi dall’alto verso di lui, nel disperato tentativo di colpire il ragazzo. Le ossa si sfracellarono sotto il peso dello spadone, cervello, occhi e denti schizzarono via assieme ad un mare di sangue ed organi, mentre il corpo spaccato a metà cadde a terra con un tonfo; una sola goccia di sangue macchiò il mantello color della notte. Il volto canino fu deformato dal terrore quando le mani gli si staccarono, mozzate, dai polsi, e dopo aver scorto lo scintillio di una lama a mezzaluna non vide più nulla.
Il carnefice strappò la daga dal cranio e la pulì sulle vesti del cadavere prima di infilarla di nuovo nella guaina nascosta. Chiuse gli occhi per un attimo e scosse le spalle come per liberarsi da un peso opprimente, quindi rinfoderò l’arma nella guaina dietro la schiena e si concesse un attimo per guardarsi intorno.
La locanda da piena si era completamente svuotata e danzatrici, avventori, perfino l’oste ciccione erano fuggiti in preda al panico; solo il suono cupo della pioggia pesante proveniva dall’esterno.
Dei sei bruti non rimanevano che corpi straziati distesi in un lago di sangue.
Mancava solo…
“ Fermo, bastardo, o giuro che la ammazzo! La sgozzo con queste mani! “
Wengar.
Sudando freddo, con le ginocchia e la voce tremanti, il Re Basso stringeva per la vita un’impietrita ed altrettanto spaventata Miranda, premendole l’arma sul collo candido.
“ Vattene… o… o io… “
“ O tu cosa? “
Tanet sputò con ferocia sul cadavere mutilato dello scimmione e cominciò ad avanzare minaccioso.
“ Cosa vorresti fare, insulso rifiuto? “
Lo guardò dritto negli occhi, simili a nere fiaccole infernali.
Wengar deglutì e cominciò a respirare con ansia crescente, facendo gemere l’ugola rumorosamente.
“ Tu che non sai fare altro che prendertela con i deboli… uccidi, rubi, stupri, vendi schiavi e droga… pensi forse di essere degno della mia misericordia? “
“ Vattene ora… e… vivrà. “
“ Per quanto? Il tempo di chiamare altri aborti, farmi assassinare e violentarla a turno? “
“ La scanno… “
“  Guardati: stai tremando. Batti i denti. Non sei un Re, e chiamarti Ratto è un’offesa per i roditori. Sei solo un Cane rognoso che abbaia per farsi grande di fronte a un Lupo. “
“ STAI ZITTO O GIURO CHE SGOZZO QUESTA TROIA!! “
La danzatrice sentì la lama seghettata premerle sempre più forte contro la giugulare. Sapeva bene che non avrebbe esitato a mantenere la promessa: l’avrebbe uccisa. O forse peggio.
Fu per questo che trovò il coraggio di piantargli il coltello ancora inzuppato del sangue di Dentenero nel ventre, una, due, tre volte, finché l’uomo gridando di dolore allentò la presa. Come in un sogno, il corpo delicato cadde a terra, con le palpebre adagiate sugli occhi. Svenuto.
“ B… brutta puttana… io ti… ti… “
Wengar ebbe appena il tempo di stringersi lo stomaco squarciato che rigettava un fiume di sangue. Prima che potesse anche solo pensaredi fare alcunché, una forza inumana lo gettò a terra e il Ratto si ritrovò a fissare impotente un demone dal mantello nero che gli premeva una mano sul volto.
E quando cominciò a sentire la pelle bruciarsi sotto quel guanto ebbe davvero paura.
“ Cosa… cosa vuoi fare? Demonio! Fermati, ti prego, risparmiami! Prendi la donna, l’oro, tutto quello che vuoi, ma lasciami vivere, ti prego! “
“ Invochi pietà. Ma sono gli uomini che vanno perdonati. “
Le ultime, misere suppliche si persero in grida mentre la carne avvampava di fuoco scarlatto.
“ I cani vanno soppressi. “

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Capitolo 5
*** IV ***


IV
Miranda riaprì gli occhi smeraldini. La prima cosa di cui si accorse fu il sangue che le macchiava veste e mani. Poi toccò ai cadaveri distesi a terra. Infine, ad un corpo carbonizzato alle sue spalle.
Cosa è successo?
Sono morti… tutti morti.
Non è quello che desideravo, forse?
Si. E’ vero.
Ma non pensavo fosse così orribile a vedersi.
Le mie mani hanno toccato il sangue…
Una voce interruppe i suoi pensieri confusi.
“ Puoi alzarti? “
Tanet.
 “ Forse. “
Lui l’aiutò a sollevarsi sulle gambe instabili e la sorresse tenendola per la vita, con una dolcezza tale che stentò a credere che quelle medesime mani avessero appena compiuto una strage.
“ Li hai… uccisi. “
“ Si. “
“ Perché? “
Gli occhi tenebrosi si indurirono, denti e pugni si strinsero.
“ C’è bisogno di chiederlo? “
Lei scosse la testa.
“ No. “
Si guardarono sorridendo.
La danzatrice si girò con un abile movimento fra le braccia del suo salvatore, fino a che si ritrovarono con i corpi attaccati.
“ E questo è il mio ringraziamento. “
Appoggiò le labbra carnose su quelle del guerriero per un breve, intenso attimo, e i loro fiati e le loro lingue si unirono accendendo di fuoco i rispettivi animi.
Quando si staccarono lei poteva reggersi in piedi e si scostò educatamente, girando il volto per nascondere il lieve rossore.
Tanet la lasciò andare senza insistere. Diede un calcio soprappensiero al volto carbonizzato e slacciò il laccio che teneva alla cintura la borsa rossa piena di monete, porgendo il sacchetto a Miranda.
Che dal canto suo gli rispose con (falsa) indignazione, pur prendendo in mano e soppesando l’oggetto.
“ Un ringraziamento non richiede denaro in cambio. “
“ E’ il mio modo di scusarmi per aver creato tutti questi disordini. Prendili, rifatti una vita e va’ lontano da questa città. “
“ Potrei farlo anche restando qui. “
“ No. “ le rispose con aria grave prendendole una mano. “ Non restare qui. “
“ Temi che ricada sotto il controllo di un altro Wengar? “
“ Temo ben altro. Ti prego, fidati di me. “
“ Mi fido. Andrò ad Avelin, sulla strada dell’Orso. Ma ricorda, guerriero… “
“ Cosa, signora? “
“ Ricorda che ti aspetterò… per finire di ringraziarti davvero. “
Tanet sogghignò maliziosamente e l’avvicinò di nuovo a sé, carezzandole la testa rossa.
“ Perché non adesso, amore mio? “
“ Perché arriva qualcuno, mio caro. “

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Capitolo 6
*** V ***


V
Frainteso? “
“ Ho ucciso per difendere me e la destinataria della vera violenza. Un motivo più che lecito, almeno credo. “
Cornero sbuffò, soppesando il calice di vino fra le dita prima di ingurgitare la densa bevanda rossa tutta d’un fiato.
“ Questo non risponde completamente alla mia domanda. “ disse asciugandosi il mento con un candido tovagliolo. “ Come mai i miei soldati ti hanno portato al mio tavolo, invece che nelle mie prigioni? “
 
“ Sei in arresto, feccia criminale! “
Tanet lanciò uno sguardo colmo di stupore alla coppia di guardie armate di balestre che avevano fatto irruzione nella locanda. Uno di loro guardò i corpi stesi a terra e trattenne a stento un conato di vomito, piegandosi in due.
“ Prego? “
“ Lascia andare quella ragazza e butta a terra le armi o giuro su mia madre che ti tiro una freccia in mezzo agli occhi! “
Miranda si scostò giocherellando con il sacchetto tintinnante, prese un mantello imbottito abbandonato a terra ed uscì tranquillamente dalla porta principale, sotto lo sguardo attonito dei soldati e quello divertito del giovane.
“ Temo che non possa farlo, amici miei. Che ne direste invece di portarmi dal vostro borgomastro? Ho giusto qualcosa da dirgli. “
La guardia non impegnata a trattenere il rigurgito rise sonoramente, e così fece anche l’altra dopo qualche attimo di esitazione (se ride è il caso che rida anch’io, si disse)
“ L’unico posto in cui ti porteremo sarà una bella cella umida, dove il Maestro Inquisitore saprà prendersi cura di te come si deve! “
Ma io non ve lo stavo chiedendo. “
I due uomini si bloccarono come paralizzati, incapaci di distogliere i loro occhi da quelli del guerriero dal buio mantello. Per un istante scorsero una sorta di lucentezza violacea e del tutto innaturale che colorò il nero delle iridi e l’argento della fibbia, come se fosse davvero la luna che rifletteva i raggi del sole.
L’attimo seguente chinarono meccanicamente il capo con gli occhi sbarrati, borbottando parole di scusa mentre facevano stridere la corazza nell’inginocchiarsi.
“ Noi… non sapevamo… vogliate scusarci… “
“ Non fa nulla. “ replicò lui benevolmente, come un nobile caritatevole. “ Ora, ripeto: mi porterete dal vostro borgomastro? “
“ Qualunque cosa, nobile signore. “
Esattamente come pensavo. “
 
“ Diciamo, messer Cornero, che me la cavo abbastanza bene con l’arte dell’oratoria… e, detto fra noi, le vostre guardie non sembrano proprio dei pozzi di scienza. “
Un molosso baffuto dall’armatura rossa seduto ad un lato del tavolo tossì rumorosamente.
Tanet si guardò intorno, sorridendo affabilmente. Ma i suoi pensieri…
Vecchi e bigotti. Potrebbe amministrare giustizia il mio cavallo al posto loro.
Appunto.
Da quanto si potesse ricordare, l’amministrazione di Varania era sempre stata lasciata ad un gruppo di cinque Consiglieri, che controllavano ogni potere ed ogni traffico nella città. Un governo non propriamente illuminato, ma che in un modo o nell’altro si faceva sempre benvolere dal popolo e non aveva mai conosciuto il significato della parola “democrazia”.
Il bruto dai capelli biondi era Sir Ulter Wenghaist, capitano delle guardie reali e braccio armato della legge, amministrata ed interpretata dal vecchio barbabianca seduto accanto a lui, il giudice supremo Larkas Vetulli. Proprio di fronte a quest’ ultimo riposava gli occhi Valerius Gyrandola, il grasso principe dei mercanti dalle mille mogli, scrutato con altero disprezzo dall’incubo di ogni Sorella della Rosa Bianca, Madre Mariette, maestra di fede e celebrazioni.
Il quartetto non degnava della minima considerazione la presenza imprevista, ma era al centro di ogni loro pensiero, che fosse il desiderio di spezzargli il collo o di piantargli una lama nella schiena.
Cornero, invece, lasciava che la sua ostilità trasparisse dallo sguardo freddo e dai modi affettati con cui stava intrattenendo il suo giovane ospite. Non lo avrebbe cacciato (ancora) ma non era sua intenzione nemmeno farlo sentire a suo agio. Un plebeo rimane sempre un plebeo, dopotutto.
“ E per quale motivo hai tanta fretta di parlare con me da sentirti in diritto di interrompere un’importante riunione? “
“ Mille scuse, borgomastro. Sarà una cosa di pochi minuti, ma è molto importante che mi ascolti. “
“ Parla, dunque. “
“ So da fonti certe “ continuò senza esitazione “ che da qualche tempo delle persone scompaiono misteriosamente ed i loro corpi vengono ritrovati giorni dopo, orribilmente straziati. “
“ E’ vero “ disse Sir Ulter sbuffando “ ma è normale che in una città grande come questa le milizie non possano prevenire ogni singolo atto criminoso. “
“ Si tratta comunque “ aggiunse messer Vetulli “ di pochi casi isolati: probabilmente un folle che non tarderemo a veder penzolare dalla forca. “
 “ Snort! “ concluse soddisfatto mastro Gyrandola rigirandosi nel sonno.
Tanet si limitò ad ignorare tranquillamente i commenti (ed il russare profondo) e si rivolse direttamente al capo del Consiglio, parlando con una serietà agghiacciante.
“ La stessa fonte mi ha detto di aver visto con i suoi occhi un… mostro mentre compiva questi delitti. “
“ Ah! Che assurdità! “ intervenne Sorella Mariette con la sua voce stridula che colpiva dritta ai timpani. “ Nessun demonio potrebbe mai avvicinarsi alla nostra città, protetta dal potere della santa reliquia. Il Signore… “
“ Vi prego, sorella, aspettate. “ l’interruppe il borgomastro calmo e deciso insieme. “ Non ha senso negare, a questo punto. “
Il capo del Consiglio versò dell’altro vino nella sua coppa e ne bevve di nuovo in una volta sola. Un sottile rivolo colò dalle sue labbra come uno sbocco di sangue prima che la stoffa bianca lo asciugasse; allora rispose con tono grave.
“ Quello che dici corrisponde a verità, giovane straniero. Questa città, dai topi di fogna fino ai più ricchi fra i nobili, vive nella costante pauradi subire quel destino… e per chi come noi sacome stiano davvero le cose è anche peggio. E’ una situazione insostenibile. Ma… “
Fu il capitano della guardia a terminare la frase con un basso ringhio. “ Ma non vedo come mai tu possa interessarti ai nostri problemi. Noi siamo in grado di occuparci di qualsiasi bestia senza difficoltà alcuna! Perché non fai come tutti i viaggiatori e passi semplicemente oltre senza curarti di qualcosa che non ti riguarda minimamente? “
Il guerriero in nero non replicò, né degnò di una sola occhiata il mastino. Tutto ciò che fece fu scostare il mantello, rivelando una grossa sacca del medesimo colore chiusa da un laccio scarlatto.
“ Perché è il mio mestiere. “
A quelle parole aprì il sacco e ne fece rotolare il contenuto sul tavolo.
Cornero si ritrasse inorridito a quella vista. Sir Ulter e Gyrandola sobbalzarono all’unisono (il secondo svegliato dal primo dai suoi sogni di miele), lord Vetulli si mise una mano davanti alla bocca ed una sullo stomaco per arrestare i conati e la badessa toccò la croce dorata che portava al collo mormorando una preghiera.
Perché queste reazioni? Perché… perché l’oggetto che ora troneggiava sulla tovaglia immacolata andava oltre ogni possibile previsione dei Consiglieri.
Il muso schiacciato, da felino, digrignava le zanne affilate come coltelli in una smorfia di terrore. Lunghe orecchie appuntite penzolavano inerti, come i baffi arricciati. E due occhi rossi splendevano riflettendo la luce diurna in mezzo al pelo nero coperto di sangue rappreso.
Un cranio di mamon.
 
La bestia soffia, accucciandosi come un gatto con gli artigli ricurvi estratti e pronti a colpire. La ferita all’occhio brucia, ma ancora di più l’orgoglio di fiero animale ferito le fa ribollire il sangue nelle vene.
Davanti a lei un guerriero dal nero mantello maneggia una lama sporca di sangue.
La creatura non capisce cosa stia dicendo. Non le importa.
Mostra i denti e salta.
Caccia da tempo immemore, e sa bene come nessun povero, piccolo umano possa anche solo sperare di scorgerla quando si muove ad una simile velocità.
Sa che presto assaggerà la carne del suo nemico.
Quando poggia le zampe a terra la sua testa mostruosa è già stata spiccata dal collo.
 
“ Che… che cos’è quella… cosa? “
“ E’… era un mamon, un essere che si nutre di carne umana. L’ho ucciso qualche giorno fa ad est di qui e ho pensato che potesse essere un ottimo dono per questa corte. “
Cornero prese di nuovo la bottiglia del vino, tremando, e metà del contenuto si versò sul suo polsino, mentre dell’altra metà una buona parte gli imbrattò i capelli grigi mentre portava la coppa alle labbra. Stavolta non se le asciugò.
Chi sei, ragazzo? “
Nel tono del borgomastro non vi era più traccia di superiorità o di freddezza. Fu abbastanza saggio da controllarsi davanti agli altri quattro, ma non poté impedire alla voce di uscirgli a fatica, facendo a pugni con la gola paralizzata dal disgusto.
“  Sono un cacciatore di mostri. E il vostro problema ora è affar mio. “

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Capitolo 7
*** VI ***


VI
“ Quella città è maledetta, fidati di me! “
“ Ti credo, ma non essere così misterioso: spiegati meglio. “
“ Vedi, ragazzo mio… come hai detto che ti chiami? “
“ Tanet. “
“ Vedi, Tanet, la gente non dà credito alle mie parole. Pensano che sia solo un vecchio pazzo… ma non è così, che il Creatore mi fulmini! Io so bene che non posso essermi sognato quello che ho visto con questi occhi! “
“ E di che si trattava? “
“ Di… di una cosa orribile, nera come le tenebre che l’avvolgevano. Ho visto un corpo lungo e strisciante, occhi verdi e zanne acuminate che dilaniavano un giovane corpo. E le grida… posso ancora sentirle risuonare nella testa. “
“ Come hai fatto a sopravvivere? “
“ Come pensi che abbia fatto a perdere il braccio? Lo teneva stretto tra le fauci ed io me lo sono tagliato, scappando dalle Sorelle della Rosa Bianca per evitare di rimanerci secco. E poi me ne sono andato il giorno dopo, al diavolo la santa reliquia. “
“ Mi dispiace. “
“ Non ha importanza, ormai mi sono lasciato alle spalle quell’incubo. Ma lascia che ti dica una cosa: se intendi andare a Varania sarà meglio che quelle due spade non le porti per bellezza. “

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Capitolo 8
*** VII ***


VII
Tanet si concesse un sorriso ripensando alla scena che si era svolta poco prima.
Avrebbe dato i suoi stivali per poter rivedere le espressioni sconvolte su quei volti austeri e freddi come la pietra. La vista di occhi altezzosi congelati nel terrore era davvero qualcosa di unico. Peccato solo che si fossero sbrigati tanto a congedarlo.
D’altronde era meglio così. Certe indagini vanno fatte prima di notte… specialmente le sue.
I suoi passi risuonavano nella vastità della grande chiesa, mentre la sagoma sventolante del suo mantello proiettava un’ombra lunga sulla luce rossa del tramonto che si infiltrava dalle ampie finestre. Camminava con lo sguardo rivolto a terra, senza soffermarsi ad ammirare i capitelli elaborati o gli affreschi dalle tinte splendenti, concentrato nelle sue riflessioni.
La fama della Cattedrale di Varania  era a quel tempo sfolgorante in tutta la contea, non solo per la sacra Spina dell’Immacolata custodita dal pio Ordine della Rosa Bianca, ma anche per la bellezza della sua architettura, frutto dell’ingegno di numerose menti dell’epoca. Nessuno era abbastanza vecchio da ricordarlo, ma quando la grande città era ancora un umile villaggio ignorato dai commercianti nello stesso luogo sorgeva un tempio dedicato agli Antichi Dei, i cui nomi erano stati cancellati dall’avvento della Vera Fede e dal suo Signore Onnipotente come una nuvola di fumo e relegati dove il lungo braccio degli Inquisitori non poteva arrivare.
Solitamente piena di fedeli e pellegrini devoti, quel giorno l’immensa chiesa era vuota. Solo la presenza sfuggente del guerriero turbava la quiete silenziosa immersa nell’aroma dell’incenso.
Si fermò davanti all’altare di marmo nell’abside ingioiellata, sul quale svettava un’urna che riproduceva alla perfezione l’intero edificio, con le cupole in oro zecchino ed una grossa croce d’argento sulla cima. Ne tastò la consistenza con la punta delle dita e fischiò ammirato per la purezza e perfezione dell’oggetto.
“ Siete qui per fare un’offerta, buon signore? “
La voce timida lo sorprese e gli fece voltare di scatto lo sguardo.
Non aveva sentito alcun rumore – cosa a dir poco inusuale che non ebbe altro effetto se non di stuzzicare la sua curiosità – eppure alle sue spalle si trovava una ragazzina di forse quattordici anni con gli occhi azzurri e timorosi, coperta per tutta la lunghezza del corpo minuto dall’immacolata veste dell’ordine sulla quale spiccava il simbolo della rosa avvolta intorno ad una croce. Dall’ampio cappuccio sfuggivano appena due lunghe ciocche bionde, e la pelle delle mani intrecciate davanti al petto gareggiava in candore con la stoffa.
Guardandola così direttamente da farle chinare il capo con un delizioso pudore, l’uomo le si avvicinò a passi rapidi e le prese la mano fredda nelle sue guantate, portandola fino alle labbra con dolcezza.
“ Il mio nome è Tanet, splendida visione.  E il tuo? “
“ Oh. “ disse lei arrossendo lievemente e ritirando con garbo il braccio. “ Vi prego di perdonare i miei modi, messere. Io sono sorella Alyssa dell’Ordine della Rosa Bianca. “
“ Non c’è nulla da perdonare. E comunque la mia risposta è no. “
“ Cosa? “
“ Non sono qui per fare un’offerta. “
Imbarazzata, la ragazzina si coprì la bocca con le mani e puntò nuovamente gli occhi al pavimento.
“ A… allora volete pregare nostro Signore? Se è così io non vi disturberò oltre e… “
“ No, io non ho fede. “
La calma ascetica della chiesa fu turbata da un’esclamazione di stupore trattenuta a malapena e dal fruscio della lunga veste a terra quando colei che la indossava arretrò istintivamente, per poi ricomporsi e guardare con occhi colmi di stupore l’eretico.
“ Ma così non va bene! Se si crede nell’Unico Dio, ogni giorno è vissuto nella gratitudine e nella speranza… tutto è possibile se si ripone la propria fiducia in Lui! “
Il giovane sbuffò, ma gli si dipinse in faccia un sorriso colmo di tenerezza verso tanta ingenuità, come se fosse un anziano che guarda un bimbo sicuro di essere speciale.
“ Eppure ho sentito che da qualche tempo in questa città accadono cose… beh, diciamo strane. L’Unico Onnipresente Difensore eccetera non vi protegge da questi mali? “
La devota si strinse nelle spalle e toccò con la mano tremante la piccola croce di legno che portava appesa al collo, incupendosi di colpo.
“ Il Creatore non può proteggerci da noi stessi, né dai peccatori. Anche se ti confesso che vorrei che non fosse così. Abbiamo paura, perfino noi Sorelle pure ed intoccabili… un simile empio non esiterebbe a profanare la nostra sacra sede, nonostante il potere della reliquia. “
A quanto pare, pensò lui, non sa proprio nulla del mostro… anzi, probabilmente solo le alte cariche sono a conoscenza di questo dettaglio.
“ E’ davvero terribile, lo so. “
“ Sono due anni che viviamo nel terrore. Non lo ammettiamo, o nessun mercante e pellegrino verrebbe più a Varania, ma è così. Io… io… non so… come… “
Una lacrima le scese lungo la guancia pallida. Ma il pallore si trasformò in rosso intenso quando sentì lui appoggiarle i palmi sulle spalle, e da lì le fluì nel corpo un’improvvisa sensazione di calore e benessere.
Alzò gli occhi, ritrovandosi a fissare il volto di Tanet distante solo pochi palmi dal suo, tanto che poteva avvertire il calore del suo fiato sulla punta del piccolo naso.
“ Messere, cosa… “
“ Shh… lascia che consoli i tuoi timori. Il tuo Dio non può fare questo, vero? “
“ Oh… “
“ Alyssa… “
“ Tanet… “
“ Sorella Alyssa! “
La voce stridula di Madre Mariette colpì come se fosse un coltello affilato le orecchie dei due, che si allontanarono di scatto l’uno dall’altra mentre la vecchia si avvicinava a passi pesanti con la faccia così rossa da renderla spaventosamente simile ad una grossa rapa deforme (e con un foruncolo delle dimensioni di una ciliegia).
“ Madre… voi… io… non è come sembra… “
“ Buonasera, badessa. “
Il terrore di ogni monaca afferrò il braccio coperto di bianco con gli artigli rapaci e trascinò violentemente la ragazzina dietro di sé, a mo’ di protezione.
“ Brutto eretico! Non credere che solo perché Cornero ti ha autorizzato ad indagare nella mia chiesa tu possa attentare liberamente alla virtù delle mie bambine! “
“ Non so di cosa stiate parlando. “ ribatté il giovane con fare forzatamente sorpreso, mentre Alyssa toccava la piccola croce appesa al collo.
“ Taci, miscredente! Osi anche negare l’evidenza? Come se non conoscessi tutte le proposte indecenti che hai fatto alle Sorelle giovani! Ma non azzardarti a… “
La vecchia cornacchia fu interrotta da uno sbrigativo e noncurante gesto di mano.
“ Beh, sembra che debba proprio andare: non vorrei trattenervi qui, sapete... Arrivederci, Madre. E, mia cara… non temere, ci incontreremo di nuovo “ qui strizzò l’occhio con fare teatrale “ per concludere ciò che abbiamo iniziato. “
Ciò detto si precipitò a passo svelto fuori dall’imponente ingresso della cattedrale, lasciandosi alle spalle gli strepiti della badessa e il timido cenno di saluto della ragazzina.

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Capitolo 9
*** VIII ***


VIII
Il giorno ormai cedeva il passo alla notte e l’ultimo barlume di luce rossa si spegneva all’orizzonte, dietro alle montagne ammantate di alberi, mentre una falce di luna simile ad un ghigno si faceva strada nel cielo, coperta da una timida nuvola e da uno stormo di uccelli migratori.
Qualcuno avrebbe definito un’immagine del genere… romantica.
Ma non lui.
Non in quel preciso momento, almeno.
Certo, se ci fosse stata una bella ragazza con lui avrebbe anche potuto lasciarsi distrarre dalla bellezza del paesaggio. Il punto era che da quando si era incamminato in strada un orribile presentimento gli stava mordendo le viscere senza sosta, il che non era esattamente molto poetico.
Aveva appreso a fidarsi di quelle sensazioni molto tempo prima. Qualcuno le avrebbe chiamate divinazione, altri sesto senso, forse preveggenza; non era niente di tutto ciò, almeno non nel modo in cui la gente lo intendeva. Semplicemente intuiva quando stava per succedere qualcosa di particolare… e mai di buono.
Un brivido di ghiaccio gli corse lungo la schiena, drizzandogli i capelli sulla nuca, e senza voltarsi fermò il suo cammino.
Stava venendo per lui.
Proprio come voleva.
Il modo migliore di stanare un animale è mostrargli un po’ di carne fresca.
Sorrise ripensando alla lezione appresa molti anni prima e una lieve nostalgia lo colpì, appena prima che il martellante pulsare del cuore gli urlasse il messaggio che aspettava. Come a sottolineare quell’ammonimento, una folata di vento glaciale soffiò sullo spiazzo ed estinse le fiamme delle torce, avvolgendo l’uomo nel buio della sera.
E’ vicino, ma non posso vederlo così. Sembra che sia costretto a ricorrere ad altri mezzi.
Scostando un lembo del mantello dal fianco, mise mano alla cintura e da una sacca estrasse una piccola fiala di vetro scuro. Esitando per un istante, la stappò e ne trangugiò il contenuto.
Di colpo si piegò in ginocchio, mettendosi una mano sulla bocca dello stomaco ed ansimando con forza. Per un attimo le vene ai lati del collo sembrarono esplodere da quanto si erano gonfiate ed assunsero un colore violaceo, i denti si strinsero fino a fargli dolere le gengive e dalle labbra uscì un sordo lamento. Poi tutto finì. Si sollevò, recuperando il ritmo normale della respirazione, fece scrocchiare una spalla e si guardò le mani. Le vedeva distintamente come se fosse in piena luce.
Se fosse stato davvero giorno, qualcuno fra le masse ciarliere avrebbe di sicuro notato le iridi bianche e le pupille di felino scintillare come stelle malefiche, ma non si sarebbe accorto di come ora tutti i suoi sensi si fossero affinati, tanto che sobbalzò quando una foglia cadde a terra da qualche parte.
Belladonna, stramonio, amanita muscaria e datura, più svariati ingredienti che preferisco non conoscere. Ogni volta è un supplizio, ma è l’unico modo che ho per…
Il flusso dei pensieri si fermò.
Tanet dilatò le narici annusando l’aria e tirò indietro le orecchie come un gatto. Con rapidità incredibile girò lo sguardo verso un vicolo buio e sorrise, scoprendo denti bianchissimi ed affilati.
Finalmente.

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Capitolo 10
*** IX ***


X
La creatura emerse dalle tenebre, accompagnata da un sibilo terrificante.
Strisciò silenziosa fino alla sua preda e solo allora – solo quando poté sentirne il respiro composto – si levò in tutta la sua statura, mostrandosi per ciò che era.
Il busto era quello di una donna, anche se coperto da squame scurissime e dotato di due braccia oblunghe ed artigliate, ma dove avrebbero dovuto esserci le gambe si estendeva una lunga coda di rettile con dei sonagli rigonfi all’estremità, che contorceva le spire in una grottesca imitazione delle movenze ipnotiche proprie del serpente. E del volto l’unica cosa vagamente umana erano i lunghi capelli grigi e scompigliati attorno ad un muso schiacciato: non vi era traccia di sentimenti o di lucidità negli occhi vermigli, né nel ghigno costellato di denti lunghi ed assetati di sangue.
Si muoveva lentamente confondendosi nelle tenebre, che infine avevano preso il sopravvento sul sole, e girava attorno all’umano per confonderlo. Lui non mosse lo sguardo una sola volta, ma seguì ogni singolo movimento. E gli bastò un attimo per capire.
Un midian.
Parlò, con una voce che ricordava il rumore di vetri infranti.
“ Sssei imprudente ad andare in giro la notte… potresssti fare dei brutti incontri. “
Tanet rispose con un mezzo ghigno disegnato sul volto. “ E come avrei fatto a trovarti, altrimenti? “
“ Ah! “ rise l’essere sibilando orribilmente. “ Le tue parole sssono ardite. Ma non sssaranno quelle a sssalvarti. “
“ Sei tu il mostro che terrorizza questa città? “
“ Cosssì è. “
“ Non ci credo. “
“ E perché mai? “
“ Non ho visto i corpi, ma da quando sono entrato in città ho percepito chiaramente una presenza molto forte… mi aspettavo un basilisco, o un vampiro, non certo un midian mezzosangue. Al confronto sei come una merda di cane paragonata ad un diamante. “
La creatura soffiò come un gatto inferocito e sporse avanti il capo facendo saettare la lingua biforcuta.
“ Insssinui che non sssarei abbassstanza forte da uccidere quegli insssignificanti uomini? “
“ Quelli forse. Ma con me non hai possibilità. “
Rise di nuovo, facendo gemere i timpani del giovane. Anche se stavolta era una risata gorgogliante e colma di indignazione fin troppo vicina alla rabbia più nera,
“ Sssei sssolo un piccolo umano! Ti mossstrerò chi di noi sssia il vero cacciatore… e chi la preda! “
Senza replicare l’umano sguainò rapido la spada e la brandì con due mani, facendola roteare attorno al corpo come un mulino d’acciaio mentre si posizionava di sbieco in una solida posizione di guardia.
“ Fatti avanti, feccia. “
“ Ssssssss! “
Il mostro scosse i sonagli e si raggomitolò su sé stesso, poi distese il corpo e scattò con gli artigli ricurvi protesi ad afferrare la carne del suo nemico. A discapito della mole, si muoveva veloce come il fulmine. Ma i sensi amplificati dalla pozione erano ancora più veloci, e tutto ciò che riuscì a lacerare fu un lembo del mantello volteggiante, quando colui che lo indossava gli sgusciò sotto con una piroetta e la sua lama scattò in un lampo di luce metallica mozzando di netto la lunga coda squamata. Il moncherino cadde a terra in un fiume di sangue maleodorante mentre il busto, mantenendo lo slancio della carica, si schiantò addosso ad una parete e si rialzò con la sola forza delle braccia, gemendo con soffi e sputi.
“ Tutto qui? Dovrai fare di meglio, mostro. “
Il midian ghignò orribilmente e cominciò a ridere, facendo gemere le orecchie del guerriero con la sua voce grottesca e cavernosa.
“ Credi davvero di avermi sssconfitto con cosssì poco, uomo? “
A quelle parole accadde qualcosa che chiunque farebbe fatica a narrare.
La coda mozzata – che ancora si agitava a scatti – all’improvviso si liquefece con un orrendo sfrigolare, finché la carne si dissolse lasciando delle gambe umane pallide e rugose sul terreno, immerse in un liquido dall’odore stomachevole. Tutto questo di per sé poteva essere nauseante, ma la cosa più orribile fu ciò che successe dopo: mentre la creatura continuava a sghignazzare e a sbavare orribilmente, le ossa della coda ricrebbero come piante miracolose e attorno ad essi la carne e le squame, pezzo per pezzo, finché l’intero corpo si sollevò intero sul nuovo basamento agitando i sonagli in una melodia terrificante.
I due occhi rossi scrutarono dall’alto la loro preda e la sua arma sporca di sangue denso e nero.
“ Pensssavi davvero di uccidermi con del sssemplice ferro? Io sssono immortale! Nessssun mocciossso potrà mai abbattermi con una ssspada e qualche bella mosssetta! “
Il guerriero rimase silente ed immobile. Per qualche secondo.
Poi ghignò, ed il sorriso si trasformò in una risata canzonatoria che colpì l’altro dritto all’orgoglio; quest’ultimo fece scricchiolare pericolosamente la mascella e si rannicchiò, raspando con le unghie il terreno.
“ Trovi cosssì divertente morire? “
“ No, trovo divertente che tu sia così stupendamente ingenua. Nessuno è immortale, nemmeno un Dio. Non vedo come tu, un incrocio osceno, possa anche solo giungere a sfiorare un simile stato. “
Il midian soffiò minaccioso e scoprì i denti coperti di saliva verde.
“ Sssto perdendo la pazienza, umano! “
“ Allora smettila di parlare… e combatti. “
Tanet si piegò e scattò avanti, lanciandosi verso il suo avversario come una freccia nera che vola verso il bersaglio, rapida ed implacabile. Gli occhi rossi si sbarrarono per lo stupore e la coda mulinò all’altezza del terreno per falciarlo con forza distruttiva, ma tutto ciò che colpì fu l’aria quando spiccò un salto simile al volo di un falco atterrando leggero alle spalle del mostro. Allora gli artigli scattarono simili a pugnali verso il guerriero che oscillò fulmineo per evitarli, ma non riuscì ad impedire che gli lacerassero il corpetto di cuoio. Sentendo vicina la vittoria – non avrebbe potuto eludere i suoi colpi per sempre – la creatura tentò di serrare le fauci sull’ambita carne, sicura di poterla assaporare. Purtroppo per lei, tutto quel che mangiò fu un pugno borchiato di chiodi che le si schiantò con forza insospettata sul muso e scagliò cranio e corpo all’indietro appena prima che entrambe le braccia cadessero a terra, amputate all’altezza delle spalle con precisione chirurgica.
Una nuova risata, orribile quanto la precedente, uscì sibilando dalla bocca mostruosa.
“ Te l’ho detto che non puoi farmi nulla con quelle sssemplici armi, ssstupido umano. “
Il cacciatore non replicò. Ma un sorriso sgradevole gli si dipinse sul volto mentre gli puntava contro il palmo sinistro, sussurrando una singola, incomprensibile parola.
La luce fu tanto intesa da costringere l’umano a serrare le palpebre. Scintille scarlatte brillarono negli occhi del guerriero dal mantello nero e da lì sulle punte delle dita, riflettendosi sulle borchie del guanto e sulla fibbia della cintura. Poi le scintille divennero una grande sfera di fuoco rombante che dalla mano scattò roteando dritta in mezzo agli occhi del mostro.
Il corpo grottesco fu sbalzato all’indietro di svariati metri, lasciandosi un solco profondo sul terreno, una nube di fumo verdastro ed un grido di puro dolore – l’unico verso che non avesse ancora emesso con quella bocca inumana.
“ Che dolore! Bassstardo figlio di cagna, i miei occhi… li hai bruciati! Non vedo niente! Ti ammazzo! Dove sssei?!! “
Senza perdere un altro secondo, Tanet rinfoderò l’arma e strinse le dita attorno alla seconda spada celata dal mantello – differente da quella che quel giorno già aveva macchiato di sangue, rosso e nero. Con un gesto abile sguainò la lunga lama scintillante sotto la debole luce lunare e la pose davanti al corpo, arretrando e piegando le gambe in posizione.
Ma di tutto ciò non vide nulla il barcollante nemico. Perché dove avrebbero dovuto esserci occhi sanguigni e pelle squamata, ora non vi era che un ammasso di carne bruciata, cauterizzata dalle fiamme.
“ Piccolo umano… sssei morto! Banchetterò con le tue vissscere quando ti avrò massssacrato! “
Buttando ogni accortezza alle ortiche, il midian si scagliò in avanti con tutto il peso del suo corpo ribollente di rabbia. Aveva decine di modi per percepire il nemico, anche senza la vista. Non aveva bisogno di vederlo per ucciderlo. Lo avrebbe trucidato e divorato con le sue mani, di sicuro.
Ecco, questo fu il suo errore più grande. Se ne rese conto quando si ritrovò a giacere in una pozza del suo stesso sangue nero, agitando convulsamente l’unico braccio rimastogli e il busto separato dalla coda. E quando sentì le ferite bruciargli, le ossa rimanere spezzate e le carni lacerate, i lamenti si trasformarono in un secondo, penetrante urlo di sofferenza. E, per la prima volta, di paura.
“ Che ssstregoneria è quesssta? Perché il mio corpo non sssi rigenera più? “
 “ Povera creaturina. “ rise crudelmente Tanet. “ Ti credi invincibile, ma basta così poco a spezzarti: del fuoco… e una lama d’argento. “
Il midian sobbalzò mentre la risposta gli si faceva strada nella mente.
“ Argento? Ma… è impossssibile, una ssspada del genere dovrebbe ssspezzarsi! “
“ ‘Impossibile’? Eppure ce l’hai davanti agli occhi. Ma non ha senso spiegarti, visto che ormai la fine di questo scontro è evidente. “
“ Saaaaah! “ urlò il mostro e con le forze rimaste protese gli artigli verso l’umano che lo guardava dall’alto. Tutto ciò che ottenne fu di vedere le dita mozzate rimbalzare a terra.
Vittoria, dici? Sbagliato. “
Con lo sguardo invaso dalla disperazione, il povero corpo mutilato cercò di strisciare via come un verme trascinandosi con i denti ed emettendo pietosi gorgoglii simili a caricature di singhiozzi.
Quando fu afferrato per i capelli e sollevato da terra tentò un’ultima, vana resistenza.
“ La risposta è Morte. “
La lama splendente trafisse il collo e si rigirò al suo interno, lasciando che il busto martoriato cadesse come una bambola di pezza mentre l’ultimo grido si spegneva in un pietoso gorgogliare.
Il cranio rimase saldamente stretto nel pugno guantato, deformato in un grido disperato.
Allora il volto subì una straordinaria trasformazione; le squame caddero scoprendo una pelle rugosa, le ossa e i denti si deformarono fino a tornare quelli di un’umana e gli occhi ricrebbero in mezzo alle carni devastate, umani, grigi e spenti.
Tanet stringeva per i capelli la testa mozzata della badessa Mariette.

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Capitolo 11
*** X ***


X
Gli sguardi dei tre Consiglieri e del borgomastro erano puntati sul tavolo, sconvolti.
La luce delle torce dava alla scena una grave teatralità, disegnando ombre profonde sui volti dei quattro primi cittadini di Varania, del giovane che sedeva al loro tavolo e della vecchia badessa, che ormai si era ridotta solo a quello.
La vista del cranio urlante sporco di sangue nero turbò profondamente i vecchi (perfino il buon mastro Gyrandola, svegliatosi di soprassalto sentendo il tonfo dell’oggetto sul legno), che per la seconda volta erano costretti ad essere spettatori di uno spettacolo così vomitevole.
Il primo a ristabilirsi fu Sir Ulter: sbattendo i pugni sul tavolo, l’omaccione si alzò ed afferrò Tanet per la giubba di cuoio, sollevandolo alla sua altezza di peso.
“ Miserabile! Come osi assassinare la nostra badessa e mostrarci ciò che ne resta come se fosse un pupazzo da quattro soldi? “
Fece per alzare un pugno e scagliarlo dritto sul naso che gli stava davanti, ma si bloccò quando sentì una lama accarezzargli il collo e vide lampi di ghiaccio colpirlo attraverso gli occhi neri.
“ Lasciami o ti ammazzo, vecchio. “
Il cavaliere tremò di indignazione e rabbia. Solo l’ordine del nobile Cornero riuscì a farlo rimettere seduto come un bambino obbediente. Gli altri due rimasero zitti ed immobili ai loro posti.
“ Vorresti dirci “ fece il borgomastro al cacciatore, in tono del tutto normale “ che Mariette era il mostro che ci terrorizzava? Ti rendi conto di quanto sia assurdo tutto questo? “
“ Se non vuole credere alle mie parole “ rispose infilando la mano in un sacchetto appeso alla cintura “ creda a questo. “
Frugò dentro per qualche secondo prima di cavarne fuori un anulare deforme dall’artiglio ricurvo e spezzato, che emanava un forte odore di decomposizione misto a quello di qualche erba sconosciuta. Per sua fortuna era riuscito a prenderlo e ad infilarlo fra le erbe conservanti prima che si trasmutasse, altrimenti non avrebbero mai creduto che l’anello d’oro con la rosa e la croce fosse stato davvero infilato in quel dito mostruoso.
“ L’anello della badessa… dunque è vero. Era lei. “
“ Messer Cornero! Non vorrà certo… “
“ Silenzio, Ulter! Questo… questo cacciatore ci ha presentato prove inconfutabili. E ci ha liberato da un grande male. Non posso fare altro che credergli e lasciarlo andare. “
“ Si era parlato di una ricompensa, se non sbaglio. “
In effetti, nel mandarlo via di fretta e furia qualcuno dei Consiglieri (forse la stessa monaca) aveva accennato a qualcosa come “tremila oboli”. Una cifra abbastanza alta da vivere di rendita per un bel pezzo. E che nessuno si sarebbe mai sognato di regalare.
“ Non sbagli. Ma se non vuoi che ti denunciamo all’Inquisizione come stregone ed assassino, farai meglio ad andartene finché la gratitudine mi offusca il giudizio. “
“ Non avete prove. “
“ Non ce ne servono. “
Ulter si esibì in un odioso mezzo sorriso. Gli altri due gli vennero dietro.
Tanet sbuffò, ma non si scompose minimamente. Diede le spalle ai quattro senza curarsi delle occhiate di odio che gli lanciavano, si calò il cappuccio sulla testa coprendo i lunghi capelli neri e si fermò solo a pronunciare poche sillabe cariche di disprezzo.
“ Signori, spero che i nostri cammini non debbano più incrociarsi. Addio. “
La porta sbatté alle sue spalle, e come era giunto sparì.

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Capitolo 12
*** XI ***


XI
La notte alla fine aveva preso possesso della volta celeste. La luna sorrideva in alto, spettrale e malevola – un volto ghignante incorniciato di piccole stelle.
Circa un’ora prima, quando ancora l’astro d’argento non si trovava in alto, un mostro era morto.
La badessa Mariette era… come dicono i religiosi? Ascesa al cielo. O forse caduta negli inferi.
Nessuno lo sapeva, ovviamente. La sua morte sarebbe stata spacciata per un omicidio ad opera di un criminale da due soldi, si sarebbe aperta un’inchiesta, il Signore avrebbe punito i peccatori e poi un’altra vecchia monaca sarebbe diventata il nuovo motivo di paura di tutte le più giovani.
Tutto regolare.
Nella Cattedrale della Rosa Bianca, quindi, regnava la tranquillità più assoluta.
Solo una sparuta presenza era ancora in piedi nella grande navata, intenta ad accendere le candele aromatiche con una lunga bacchetta.
Alyssa si guardò intorno. Le sembrava di aver sentito un rumore… giunse le mani e provò ad ascoltare. Niente.
Probabilmente si era solo sbagliata.
“ Te l’avevo detto che sarei tornato. “
Si girò di scatto e soffocò il grido di paura in un singulto.
“ Messer Tanet! Cosa ci fate… cosa ci fai qui? E’ proibito! Se la badessa ti dovesse vedere non sarà tanto indulgente come l’altra volta! “
Il giovane sorrise e le si avvicinò. La veste bianca non si mosse, né le membra ancor più candide si ritrassero al tocco sapiente delle mani di lui.
“ Lo so. Ma morivo dalla voglia di vederti prima di lasciare la città. “
“ Te ne vai? “ fece lei stupita. “ E perché? “
“ Non ho più nulla da fare qui e devo continuare il mio viaggio. “
“ Oh… è un peccato, io… speravo che… “
E qui arrossì vistosamente, abbassando il capo per tentare di nasconderlo. Ma Tanet glielo alzò delicatamente e lo portò a pochi pollici dal suo.
“ Speravi cosa? “
“ Io… non lo so, non… ho mai… provato… “
“ Lo so io. Chiudi gli occhi, fanciulla. “
“ Tan… “
L’ ‘et’ scomparve in un lamento strozzato, che mai sarebbe potuto uscire da una bocca tanto graziosa. Almeno finché una lama non l’avesse trafitta.
La figura minuta si piegò in due mentre l’arma affondava con estenuante lentezza nelle carni, facendo uscire dalla ferita copiose lacrime di sangue mentre le labbra pallide si spalancavano deformate in un gemito di sofferenza.
Poi gli angoli della bocca si sollevarono lentamente. Il capo si alzò. E gli occhi azzurri, scintillanti di follia, si piantarono in quelli neri dell’uomo, freddi e privi di reazioni.
“ Molto scaltro. “
La spada d’argento uscì dalla schiena bianca, lacerando pelle e tessuto, ma nessun grido di dolore scosse la ragazza… piuttosto un breve risolino, simile a quello di un moccioso che esulta per uno scherzo riuscito.
Nel momento esatto in cui il metallo splendente fu estratto dalla ferita, il corpo si sgretolò e si dissolse in una nuvola di sabbia grigia.
Tanet roteò l’arma nella mano e la fece scivolare nella guaina appesa dietro la schiena. Si chinò con cautela sul mucchio di stoffa coperta di polvere e vi frugò dentro, fino a trovare un piccolo oggetto solido che tirò fuori alla flebile luce delle candele, rabbrividendo quando comprese la sua natura: un cuore umano prosciugato del sangue ed atrofizzato come una prugna secca.
Imprecò e buttò il disgustoso oggetto a terra.
Un feticcio… un maledetto corpo artificiale. Mi ha fregato.
“ Ci avevo messo molto tempo a crearlo. Sei stato scortese, cacciatore. “
La voce giunse da dietro, seguita da una risatina simile a gocce che cadevano in uno specchio d’acqua cristallina, ma impregnate di una sfumatura maligna. Si voltò lentamente, senza staccare per un attimo le mani dall’impugnatura della spada.
“ Sembra che il lupo alfa sia finalmente uscito allo scoperto. “
La ragazzina si trovava in mezzo alla navata, illuminata a stento dalle candele che rendevano la sua figura ancora più bella ed inquietante. Era completamente diversa dalla prima volta che si erano incontrati; il corpo era sempre lo stesso, bianco, minuto, con i capelli d’oro lunghi fino alle caviglie e gli occhi color ghiaccio, non più coperto da vesti e nudo, splendido. Ma tutto di quella bellezza suggeriva un timore oscuro, dallo sguardo conturbante fino al sorriso malizioso che sfoggiava lunghi canini scintillanti. Nessuna delle virtù le apparteneva ancora.
Mosse i piedi nudi sul terreno freddo, avvicinandosi con lentezza ipnotica all’altro. E mentre camminava rise di nuovo, facendo correre un brivido lungo la spina dorsale del guerriero – così intenso che al confronto quello provato poche ore prima era simile ad una piacevole sensazione di calore.
“ Non credo che il titolo di lupo mi si addica. Cobra sarebbe molto più appropriato, non trovi? “
Si fermò a pochi passi dagli stivali neri.
“ Quando lo hai scoperto? “
“ Appena ti ho toccata. Ho sentito chiaramente la presenza di un essere sovrannaturale nella Cattedrale, anche se non potevo determinare con certezza se fossi tu o – come speravo – la badessa. Ma quando l’ho uccisa ho capito tutto. “
“ E come mai? “
“ Un midian non nasce, un midian viene creato. E per farlo serve qualcuno… come te. “
“ Allora puoi anche capire cosa io sia. “ chiese Alyssa avvicinandosi ancora.
“ Il fatto che quel mostriciattolo fosse mezzo-serpente “ rispose Tanet indietreggiando lentamente “ e che tu sappia celare così bene la tua identità lasciano adito a pochi dubbi. Sei una lamia. “
Un lampo verde balenò nelle iridi color cielo, sfolgorando nella penombra verso da quelle nere ed impassibili, che sfuggivano a quello sguardo piantando il loro in basso sul collo bianchissimo.
“Immagino che tu sappia già tutto su di noi. “
“ So che vi nutrite di sangue umano e strappate i cuori alle vostre vittime. “
“ Mmmh… “
Lui smise di indietreggiare quando incontrò la dura pietra di una colonna alle sue spalle e si ritrovò la testolina bionda a pochi palmi dalla sua, continuando a cercare un contatto oculare che le veniva negato caparbiamente.
“ So anche che potete stregare gli uomini con lo sguardo. “
“ Ah si? “ fece lei con tono di bambina innocente, ridacchiando.
Con seducente lentezza appoggiò i palmi delle mani sul petto coperto dal duro cuoio e si mise in punta di piedi per sporgersi in alto. Un odore indescrivibile, dolce ed aspro, colpì le narici del giovane.
“ E che… che… “
“ Aaaah.. “
Le dita nivee accarezzarono il torace e giunsero fino alle mani chiuse a pugno, cingendo i polsi con delicatezza. Quindi il corpo bianco si schiacciò su quello nero e Tanet sentì un fiato rovente sfiorargli il mento proprio mentre un nuovo brivido gli percorreva la spina dorsale. Alzò lo sguardo, cercando di sottrarsi alle forme che lo attraevanoe lo respingevanoallo stesso tempo. Era come se delle presenze invisibili lo chiamassero da ogni direzione, spingendo le sue membra con viscide ma invitanti carezze.
Devo… resistere, devo… Non ce la faccio… No! Non posso… lasciarglielo… fare
L’ultima cosa che udì prima che due luci verdi lo facessero piombare nell’oblio fu una voce dolce e lontana, che diceva “ Dormi, guerriero. Dormi… e sii mio.
Dormì.

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Capitolo 13
*** XII ***


XII
Quando si svegliò, la prima cosa che Tanet intese fu una lugubre, bassa litania.
Gli ci volle qualche secondo prima di vincere il torpore dell’ipnosi e riuscire a fare mente locale su cosa stesse succedendo.
Era steso su una superficie fredda, polsi e caviglie legati da spessi lacci di cuoio. Sopra di lui vi era un soffitto a volte, rischiarato da due lanterne fuori dal suo campo visivo. L’aria densa di umidità lo fece rabbrividire, e allora si rese conto di non indossare nulla dalla cintura in su: mantello, corpetto, armi e pozioni erano spariti.
Ma questo problema passò in secondo piano quando si rese conto di non essere solo.
Non va affatto bene.
Quattro incappucciati, tre verdi ed uno viola, si trovavano ai lati dell’altare di pietra – perché di questo si trattava – levando al cielo sequele di mantra disarmonici e privi di alcuna logica.
Così rimasero, immobili come statue, chinando i capi e stringendo le lame al petto.
Aspettavano qualcuno… qualcuno che era al centro di tutte le loro impronunciabili preghiere. Qualcuno che aveva potere su di loro come un dio. Qualcuno che adoravano con tutta l’anima.
Qualcuno che non tardò ad arrivare.
“ Ben svegliato, cacciatore. “
La voce ormai ben familiare colpì come una gelida lama.
“ Alyssa. “ sibilò il guerriero.
Quando anche lei apparve, i quattro indietreggiarono di un passo ed il ritmo delle orazioni rallentò fino a trasformarsi in un monotono, lungo salmodiare senza fine né inizio.
Era bella, conturbante, coperta da una fine veste quasi trasparente che lasciava ben poco spazio all’immaginazione, ma il suo sguardo seducente non aveva perso la luce verde di malvagità pura e gelida, né il sorriso malizioso la sadica voglia. Camminò lentamente a fianco della tavola di pietra, lasciando correre i polpastrelli sul torace scoperto dell’umano, e si inginocchiò fino ad avere la testa appena a fianco della sua. Tanet non si girò. Non ci teneva molto a farsi incantare di nuovo.
“ Sono felice che tu ti ricordi di me. “
“ Non dovrei? “
“ Ma certo. Significa solo che ormai sei completamente sveglio… e che puoi soddisfare le mie curiosità. “
Tanet rise, senza curarsi di quanto suonasse fuori luogo nella sua condizione. Dopotutto stava per morire fra atroci tormenti – l’ottimismo non era una sua dote – quindi non aveva motivo di non farlo… ma non avrebbe mai detto nulla.
“ E cosa ti fa credere che io sia disposto a farlo? “
Anche lei ridacchiò, leccandosi sensualmente – e minacciosamente – le labbra.
“ Se preferisci posso divorarti pezzo per pezzo fino a che non sarai più disponibile. Che io sappia, gli umani non possono rigenerarsi… e nemmeno tu. “
“ Perché, io non sarei umano? “
“ Sii serio, cacciatore. Ti ho visto combattere. Ho capito benissimo che sei tale e quale a me. “
“ Vuoi dire che anch’io sarei una strega puttana e mangiatrice di uomini? “
I devoti fremettero sotto gli spessi abiti, ma nessuno osò muovere un passo.
 “ No. Voglio dire che sei più di un comune mortale. Come lo sono io… e lo era quella cara, lurida cagna di Mariette. “
“ Un simile linguaggio non ti si addice, ‘sorella’. Il tuo Dio sarà deluso, non credi? “ ribatté l’imprigionato girando lievemente il capo e sorridendo mestamente, ironico.
La ragazzina sghignazzò, mettendosi una mano pallida davanti alla bocca in un gesto di pudore ed innocenza che non le appartenevano più da molto tempo.
“ Ascolta, potremmo fare così: tu rispondi alle mie domande e dopo… potrai farmi una richiesta. “
Una luce improvvisa si accese sul volto del giovane, tanto da essere quasi visibile nella penombra.
“ Che genere di richiesta? “
“ Ah, questo dipende da te, sai. “ disse con un tono che lasciava intendere moltecose.
“ E se non accettassi? “
L’espressione del piccolo volto ed i lunghi canini scoperti furono più eloquenti di qualsiasi parola.
Passò qualche attimo di silenzio, cullato dalle soporifere orazioni dei quattro, finché un roco sussurro spezzò bruscamente l’atmosfera.
“ Va bene. “
“ Stupendo! “ esclamò Alyssa scattando in piedi e fece un cenno distratto ad uno dei tre verdi, senza mai staccare gli occhi splendenti dal corpo legato alla pietra. L’adoratore prese faticosamente un grosso mucchio di oggetti per posarlo ai piedi della sua signora, che lo accarezzò come un cane obbediente e smanioso di approvazione prima di rimandarlo ai suoi doveri. Aveva un ospite ben più interessante di un qualsiasi servo.
“ Ora rispondimi con sincerità: sei un umano? “
“ Non del tutto, no. “
“ Ma non sei neanche un elfo, un midian o uno come me. Giusto? “
“ Giusto. “
La lamia sogghignò e sfiorò di nuovo il petto scoperto del prigioniero con la punta delle dita – provocandogli un brivido di piacere e ribrezzo.
“ Porti con te oggetti interessanti, per non dire compromettenti. Queste pozioni, ad esempio. Non dovrebbero esistere, non da quando la Santa Sede ha dichiarato eretica l’alchimia della Vecchia Scuola. Sono molto potenti. E velenose. “
“ In effetti preferirei non doverle usare tanto spesso. “
“ Ma non sono dei miseri liquami il tuo più prezioso tesoro. “
Le dita diafane si mossero con prudenza e cautela quasi maniacali nel sollevare l’involto, dal quale sporgeva il pomo scintillante di una spada. D’argento, come la lama occultata.
“ Questa spada “ disse quasi con reverenza, e di sicuro soggezione “ anche questa non dovrebbe esistere. Perfino vederla così mi fa ribollire il sangue, come un nemico primordiale. E’ stata forgiata nell’argento più puro, forse persino consacrata secondo i riti antichi, eppure è solida, bilanciata… è una vera spada. “
Rimase per un attimo a rimirare l’oggetto avvolto nel panno scuro, adagiandolo a terra con cautela.
“ Come puoi tu possedere un’arma simile, degna degli eroi delle leggende? Rispondi. “
“ L’ho ricevuta in eredità. E altro da me non saprai. “
Sorridente, la lamia si piegò in ginocchio lentamente portando il suo viso ad un palmo da quello del giovane, che la fissava con un misto di disprezzo e di desiderio malcelato.
“ Sei senza dubbio un uomo dalle mille risorse, mh? “
“ Diciamo che ho molte frecce al mio arco. “
“ E, dimmi… tra queste frecce vi è anche la stregoneria? “
Tanet rimase in silenzio per alcuni secondi, soppesando le possibili risposte. Ne trovò una, la ritenne soddisfacente e lasciò che gli uscisse dalla bocca.
“ Forse. “
“ Dunque sei uno stregone. “ sentenziò lei, sorridendo con la sicurezza di chi ha compreso ogni cosa. O almeno crede di averlo fatto.
 Stavolta la risposta fu rapida e sicura.
“ No. “
“ Neghi? E come chiameresti qualcuno capace di evocare il fuoco e di arrostire un uomo come un abbacchio? “
“ La ‘Vera’ Fede insegna che gli stregoni sono démoni, che hanno venduto l’anima in cambio del potere. Ma non sono niente di più che semplici uomini. E io ti ho già detto di non esserlo. “
Cosa sei allora? Un dio dei tempi antichi? Un demone incarnato? Parla! “
“ Non capiresti. “
“ Ti ordino di rispondere alla mia domanda! “
“ No! “
Allora prenderò da me ciò che non vuoi darmi.
Una luce verde e diabolica balenò negli occhi glaciali, una luce che oltrepassava carne e sangue, fino ad indagare nei più oscuri recessi della mente, in cerca della risposta che non voleva darle.
Intravide un’oscurità più fitta di qualunque altra. In quelle tenebre una fiamma inumana. In quella fiamma un potere antico e mortale.
Lei, incubo fatto carne, ne ebbe paura. E da essa nacque il dolore… ma anche il piacere.
Gemette come una bestia ferita e barcollò all’indietro stringendosi il volto fra le mani. L’incappucciato viola si precipitò a soccorrerla solo per essere congedato da un gesto furioso, mentre gli altri rimanevano paralizzati, incapaci di reagire. La loro Dea era stata ferita, anche se non da un’arma. Peggio, aveva mostrato timore nei suoi lineamenti prima di coprirli.
Solo quando la risata di scherno dell’insolente legato all’altare risuonò nella catacomba uno di loro ebbe il coraggio di reagire. E lo fece schiantando un pugno d’acciaio sulla giovane mascella.
“ Infedele! Come osi minacciare la grande Dea? Taci e prostrati al suo volere! “
Tanet sogghignò con una malvagità che non gli apparteneva e ricominciò a ridere di gusto.
“ E’ così che ti fai chiamare? ‘Dea’… ah! Divertente! “
Un altro pugno non bastò a farlo smettere, nonostante gli avesse fatto sputare sangue.
“ Smettila, figlio di puttana! Smettila! “
“ Leggo timore nella tua voce, amico mio. Ma non va bene. Un capitano della guardia deve mostrarsi coraggioso… dico bene, Ulter? “
A rispondere non fu lui, impegnato ad indietreggiare scioccato, ma una voce ben nota, proveniente dal cappuccio viola.
“ Vedo che hai già capito tutto. “
“ Salve, messer Cornero. Anche a voi, Vetulli. E, mastro Gyrandola “ fece ammiccando ad un adoratore corpulento “ devo dire che quella tunica vi snellisce. “
“ Quando? “
“ Dal primo istante. Anche se mi avete mandato contro la donna per trarmi in inganno. “
“ Mariette voleva ucciderti, ma noi sapevamo che sarebbe morta. Si è sacrificata per noi. “
“ Cosa vi ha promesso? Gloria? Ricchezza? Immortalità? “
“ Ci ha già dato tutto questo. E anche di più. “
Con un gesto sbrigativo il borgomastro si calò il cappuccio, seguito a ruota da tutti gli altri.
Il borgomastro, il giudice, il mercante e il capitano della guardia si posizionarono attorno alla vittima sacrificale, i coltelli levati, sul volto occhi maligni e sorrisi storti.
“ Chiedo di poter officiare io il rito. “ mormorò Ulter.
“ Accordato, fratello. Affonda la tua lama. “
Il molosso ghignò e posò la lama sul petto del giovane, che non aveva smesso di sorridere.
“ Accetta o Dea… “
No.
La voce cristallina colpì i quattro uomini come aghi che penetravano corpo e mente. L’omaccione si paralizzò gemendo come un infante e lasciò che l’arma cadesse a terra. Gli altri – lo sguardo vitreo, le membra di pietra – indietreggiarono meccanicamente nelle tenebre oltre il raggio delle deboli fiaccole mentre lui si voltava.
“ Mia signora… “
Non osare disobbedirmi, verme!“ disse Alyssa con lampi verdi che sfolgoravano negli occhi.
“ Ma io… “
Taci!
Tacque. Tremava convulsamente, disperato, succube, terrorizzato.
Quando lei gli lacerò le vesti non parlò. Né lo fece quando gli penetrò le carni o quando gli strinse il cuore in gelida morsa. E quando glielo strappò dal petto smise di tremare. Per sempre.
La lamia rise guardando il piccolo muscolo che ancora batteva nel suo palmo. Serrò il pugno artigliato e non batté più.
“ Perdonali. Sono solo degli umani. “
Quasi soprappensiero si leccò le dita con un mugolio di piacere.
“ Dove eravamo rimasti? “
“ Dovevo formulare la mia richiesta. “
Sorrise maliziosa, con la lingua che sporgeva dai denti a reggere un boccone fumante.
“ Pronunciala. “
“ Odio lasciare le cose in sospeso. Prima di uccidermi lascia che finisca ciò che ho iniziato. “
Le labbra rosse dipinsero un’espressione inequivocabile sul volto di fanciulla.
“ Naturalmente. “

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Capitolo 14
*** XIII ***


XIII
Una veste di stoffa sottile cadde morbidamente a terra, raccogliendosi.
Il corpo nudo, eburneo, perfetto si mostrò agli occhi dello spettatore, risplendendo alla luce delle torce come una scultura di ghiaccio stupenda e fragile al tempo stesso.
Alyssa appoggiò il ginocchio sul letto di pietra e senza esitazione montò sopra al guerriero, stringendolo fra le cosce. Con movimento lenti e sensuali gli appoggiò le mani sul petto e si sporse in avanti, coprendolo con la lunga chioma dorata dal penetrante odore di fiordaliso.
Tanet si rammaricò di non poter spostare né braccia né gambe – benché ben altre parti del suo corpo fossero già entrate in movimento – quando le punte dei seni caldi e bianchi gli sfiorarono il viso.
Vide il volto di ragazzina a pochi pollici dal suo, gli occhi belli e malvagi di nuovo fissi nei suoi. Nessuno dei due li chiuse quando le loro labbra e le loro lingue si unirono, bollenti di desiderio.
Il cacciatore sentì dita sottili sfiorargli la pelle scoperta e i fianchi di lei muoversi incessantemente, stimolando i suoi istinti più bassi. Si strinse a lui in un contatto intenso prima di distaccarsi e limitarsi a guardarlo, sussurrando le parole successive come in un sogno.
“ Ti desidero più di ogni altro da quando ti ho incontrato – no, da prima ancora. Sento una malvagità non inferiore alla mia dentro di te… e mi attira come l’ape al miele. “
“ Potrei mostrarti ancora di più se solo mi liberassi. “
“ Ancora poco e te lo consentirò. Non ho mai avuto alcuna intenzione di ucciderti, non te: ti renderò il mio prediletto. Sarai superiore agli altri, miseri fantocci… il mio grande paladino, che conquisterà in mio nome ogni cosa. Avrai potere, ricchezze, onore… e il mio corpo per ogni tuo desiderio. “
La guardò, con gli occhi che luccicavano intensamente.
“ Ciò che prometti è grande, e senza dubbio un destino glorioso. Nessuno sano di mente rifiuterebbe la tua offerta. “
La lamia scoprì i lunghi canini e piegò la testa, dirigendosi lentamente verso il collo pulsante dell’uomo. Si fermò per un attimo, leccando vogliosamente la carne rovente.
“ Purtroppo “ sussurrò l’uomo “ sono abbastanza folle da potermelo permettere. “
Un urlo acuto di immenso dolore echeggiò nel momento in cui i denti di uomo morsero e strapparono l’orecchio sinistro di mostro con un secco rumore.
La creatura si levò stringendosi quello che una volta era un orecchio, ed ora un foro sanguinolento in attesa della dolorosa rigenerazione. Sfoderò istintivamente gli artigli, ebbra di furia.
Il giovane sputò disgustato il pezzo di carne e mormorò una singola, incomprensibile sillaba.
Di colpo fu chiaro alla lamia come mai il corpo del suo amante fosse tanto rovente. Guidata dalla fortuita intuizione, saltò agilmente dall’altare prima che le fiamme che si accesero d’un tratto sul corpo del prigioniero le consumassero le gambe come fecero con i lacci di cuoio.
Gli occhi le splendettero come mai prima, e la sua voce risuonò come il grido di una vera Dea furente scuotendo il sepolcro fino alle antiche fondamenta impastate alle ossa.
“ Ti ho offerto ogni cosa… ti ho offerto me stessa… e questa è la tua risposta? “
Lo spadaccino scese con destrezza dall’altare di pietra e raccolse il mantello dal mucchio nel quale era adagiato, mettendoselo sopra alle carni sfregiate da cinque lunghi squarci rossi. Senza badare ai suoni grotteschi che si facevano sempre più vicini afferrò il suo tesoro, ne carezzò il semplice pomo e l’elsa argentea e denudò la lama di metallo nobile, la luce delle torce più ardenti che mai riflesse come fuochi fatui nel filo di rasoio.
“ No. Questa è la mia risposta. “
I denti della creatura scintillarono in un sorriso diabolico. Tolse la mano dall’orecchio ormai completamente sano ed indietreggiò, eclissandosi come la luna nelle nubi.
“ Allora cercherò l’oscurità che bramo nel tuo cadavere! “
Tre grida inumane fecero eco alla sua affermazione, e tre paia di occhi rossi apparvero nel buio, ondeggiando e lampeggiando minacciosi.
Poi dal nulla uscirono due enormi serpenti di un verde malsano, le cui teste erano malamente attaccate ad un busto che poteva sembrare umano – l’uno scheletrico, l’altro rigonfio – dal quale si protendevano braccia oblunghe e mani artigliate.
I due cominciarono a girare soffiando intorno alla loro preda, che rimase immobile con la spada salda nelle mani e gli occhi che seguivano impercettibilmente ogni singola movenza delle creature.
Il primo a scattare fu il più massiccio. Sbatté la coda possente sul suolo antico facendo cadere una pioggia di calcinacci e si lanciò con le fauci protese, le zanne grondanti veleno. Cadde a terra in un lago di rivoltante sangue nero prima ancora che potesse gridare, con entrambe le braccia mozzate di netto e la grossa coda squarciata per lungo, dalla quale fuggì la vita infame del mercante Gyrandola, venditore di uomini e di piaceri velenosi. Simile fu il fato del giudice Vetulli, maestro di corruzione e giustiziere dei ricchi, la cui testa volò lontano fino a schiantarsi contro una colonna, fracassandosi e lasciando di sé solo ossa infrante e materia cerebrale.
Il giovane guerriero alzò la spada incrociandola davanti al corpo, con un ghigno orrendo sul volto.
L’ombra in lui fremeva. Ne mancava uno. L’unico del cui sangue volesse davvero sporcarsi.
Cercò con l’udito e con l’intuito – che tante volte gli aveva salvato la pelle – un segno.
Lo trovò.
Con la rapidità della pantera si voltò e menò un fendente, una folgore che si abbatté con precisione letale sul lungo braccio di un terzo, mostruoso uomo-serpente dai capelli grigi e dalle fauci contratte in un’espressione di odio manifesto. Mentre l’arto cadeva in terra il grosso corpo si scagliò contro quello del nemico schiacciandolo a terra, e l’artiglio rimasto strappò la spada dalla sua presa per scagliarla via, bruciandosi il palmo squamato nel toccarla. Soffiò e gonfiò il petto, vittorioso.
“ Divorerò il tuo cuore, misssero umano!! “
Tanet ringhiò come un’animale infuriato, ignorando le costole saltate e la spina dorsale in lacrime scagliò un pugno disperato contro il muso deforme e gli premette la mano sinistra sul petto. A nulla valsero i quattro lunghi squarci che si dipinsero sulla sua spalla quando gridò con tutto il fiato che aveva in corpo una singola parola.
Brucia!
Fu costretto a chiudere gli occhi dall’intensità dell’esplosione di fuoco scarlatto. Il corpo di rettile venne scagliato all’indietro schiantandosi contro l’altare con il rumore di un bastone di legno spezzato, la sua esistenza blasfema spenta miseramente.
Il cacciatore sputò un grumo di sangue e si alzò. Dedicò un’unica occhiata colma d’odio al corpo deturpato da un buco di carne bruciata ed organi carbonizzati. Il borgomastro Cornero, lussurioso, assassino, rispettabile cittadino ed ora cadavere.
Raccolse la spada da terra con cura, le scrollò di dosso il sangue nero ed avanzò a passi decisi verso il punto dove sapeva di trovare la ragazzina, gli occhi di fuoco e i denti serrati.
Andò avanti alla cieca, guidato dal solo istinto del quale ormai era costretto a fidarsi ciecamente. Camminò a lungo, senza esitazione e senza timore. Seguendo il brivido.
Capì di essere nel posto giusto quando udì una risata amabile e terrificante colpirlo da ogni direzione e da nessun luogo. Non fece una piega, nemmeno quando due bracieri si accesero repentinamente, illuminando di nuovo le colonne e le volte ciclopiche.
“ Credi di impressionarmi con questi trucchetti? Mostrati e facciamola finita. “
La seconda risata fu seguita da un battito di mani, e quindi altri due, quattro, dieci ammassi di stoffa e petrolio rischiararono le tenebre in un cerchio perfetto di luce intensa. Sopra di essi vi era un podio, sopra il podio un trono di pietra e sopra il trono lei, dagli occhi come folgori, i capelli d’oro e il corpo nudo bianco come una falce di luna nel cielo notturno.
Potrebbe davvero sembrare una Dea.
Saltò agilmente giù dal seggio, scendendo le scale a passi sensuali.
“ Come sei forte. Abile, bello e malvagio. Saresti stato un amante perfetto. “
Camminò fino a trovarsi di fronte a lui. Gli si spinse contro, cercando il contatto dei rispettivi corpi. Lui non si sottrasse.
“ E invece dovrò divorarti. Un vero spreco, non trovi? “
Tanet incurvò gli angoli della bocca in un ghigno diabolico.
“ Già. Peccato. “
La spada scattò come il fulmine e fendette l’aria come burro, tagliando null’altro che nebbia colorata intenta in una macabra risata. Un brivido lungo la spina dorsale lo avvertì e la sua reazione fu abbastanza rapida da permettergli di schivare il colpo che gli avrebbe staccato la testa. Ma non da impedire che un acuto dolore gli invadesse il volto squarciato da un freddo artiglio.
Scattò indietro, l’occhio destro invaso dal sangue. Si rilassò solo quando comprese che l’istinto lo aveva salvato un’altra volta, anche se quando poté guardare avanti a sé per un attimo preferì che fosse successo il contrario. Odiava vomitare.
Il busto di Alyssa non era cambiato, salvo che per gli occhi ora completamente verdi, ma la bellezza non faceva che accentuare ancora di più l’orrore della lunga coda di serpente nero al posto delle gambe, delle mani dai lunghi artigli e delle zanne simili a quelle di uno squalo.
Rise con una voce contemporaneamente maschile e femminile, ondeggiando la coda in delle movenze ipnotiche lente solo all’apparenza. Di colpo levò la testa al cielo ed urlò, con una forza inumana che fece partire schegge di pietra dalla struttura del trono. Il cacciatore fu lesto ad imporre la mancina spalancata e ad urlare una parola carica di potere, innalzando un muro baluginante fra lui e l’avversaria, ma la forza dell’onda sonica infranse la sua difesa e lo lanciò contro una colonna. La vista gli si appannò per un attimo, e tanto bastò alla lamia per avvolgere le sue spire attorno al corpo dello spadaccino e alla pietra antica. Pose il busto di donna davanti al volto ringhiante del giovane e gli leccò compiaciuta la ferita, assaporando il suo sangue. 
“ E’ dolce. Come pensavo. “
Per la quarta volta rise e contrasse il corpo di serpente, sentendo la preda scricchiolare.
Ma lui non gridò.
“ Così immobilizzato non puoi tagliarmi né bruciarmi. Ma non temere, non intendo stritolarti. No, romperò le ossa una ad una, poi ti succhierò ogni goccia di sangue dalle vene… e infine ti renderò il mio schiavo. Se sarai bravo, un giorno ti permetterò anche di giacere con me. “
Tanet sogghignò mentre gli occhi gli si accendevano di una luce diabolica. L’espressione di lei invece cambiò radicalmente, assumendo tratti confusi. Un timore incomprensibile, da uomo.
“ E’ di questo che si tratta, vero? Lussuria. Alla fine sei solo un debole umano che cede al Vizio. “
“ Come osi? “
Il sangue rosso bagnò le squame nere. Uno squarcio si aprì sul petto, e allo stesso modo si aprì un sorriso sul volto che poco aveva da invidiare in malignità al mostro che gli stava davanti.
 “ Quando hai sondato il mio spirito l’ho visto, sai? Quello che dorme dentro di te. Lasci che sazi i suoi desideri carnali con il tuo corpo. Ti senti forte, ti senti viva… lo so. “
“Non sai niente! Niente! “ Il secondo colpo fu il meno preciso. La mano che lo sferrò tremava.
“ Tu invece non sei andata abbastanza a fondo. Non hai visto lui. “
Gli artigli si bloccarono improvvisamente. E, impercettibilmente, tremavano.
“ Lui? Chi? “
Il cacciatore sollevò il capo, e le iridi rosse sfavillarono di luce propria in campo nero. La sua voce emerse da una profondità ancestrale, lugubre come il sospiro del vento fra i rami morti.
Samhain. “
Quel nome (era un nome?) colpì la lamia come mille spade di fuoco freddo e spezzò la sua mente in schegge di vetro. La paura si impossessò delle sue membra, trasformò il suo viso in una maschera urlante, la fece sanguinare dagli occhi e dalle orecchie. Poi sentì il calore lambirle il ventre e vide un fuoco nero consumare la sua lunga coda, riducendo carne ed ossa in cenere che si posava al suolo come neve. E un demone ghignante ammantato del nero più cupo affondò nel suo petto una lama d’argento.
Un grido straziante scosse la terra stessa, ma non era suo. E mentre qualcosala abbandonava come nebbia dissolta al sole, la sua mente viaggiò… indietro.
 
“ Avete chiesto di me, padre Cannan? “
“ Si, piccola Alyssa. Vieni, fai compagnia ad un povero vecchio mentre loda il Signore. “
“ Lo lodate nella vostra stanza, reverendo? Non nella cappella? “
“ Ti insegnerò a pregare come me, bambina mia. Avanti, vieni. Non avere paura. “
            Ho paura. Sento male dappertutto.
            Posso lavare via il sangue rappreso dalle cosce, ma non il male dalla mia anima.
            Sono caduta nel peccato. Ho perso la purezza e con essa il favore del mio Signore.
            Ma forse… forse il sangue monderà i miei crimini.
Crimini. Che idiozia. Davvero credevo a tutte quelle menzogne su Dio e sul peccato?
Ora è diverso. E solo grazie a te, mio nuovo, strisciante, dolce amico. Stavo per uccidermi sul serio quando mi hai trovata lì, sull’altare. Ma tu mi hai aiutata. E mi hai insegnato tante cose.
Oh, hai fame, vero? Non temere. So già chi potrà placare la nostra sete…
           “ La badessa Mariette ti ha raccomandata come guaritrice di corte, sorella..? “
           “ Alyssa, messer Cornero. “
           “ Spero che non abbia a pentirmi di questo acquisto. “
           “ Se vuole posso mostrarle subito le mie capacità. Sono certa che saprà apprezzarle. “
 
“ Cacciatore, sei lì? Voglio chiederti una cosa… prima di andare. “
“ Sono qui. “
“ Che cosa sei? “
Un mesto sorriso fu la risposta.
“ Un mostro. “
Rise con la voce cristallina spezzata da un colpo di tosse.
“ Ti sbagli, io sono il mostro. Ho fatto cose orribili… ma è stato bello… sentirsi viva… per un po’ “
“ Lo so. “
“ Ho sonno. “
“ Allora dormi, bambina. “
Sorella Alyssa chiuse gli occhi azzurri. Sulle labbra sorridenti risplendeva una piccola lacrima.

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


EPILOGO
“ Giura che non ti sei inventato niente. “
“ Sul mio onore. “
Miranda si alzò e si avvicinò a Tanet, coprendo con i ricci ramati la chioma corvina.
“ E’ una storia triste. La conoscevo, quella poverina. Intendo, prima che… lo sai… “
“ Prima che fosse posseduta da uno spirito della lussuria e massacrasse una quindicina di persone? “
Gli occhi grandi color di foglia si sgranarono e fissarono allibiti quelli stretti color del nulla. Poi la ragazza abbassò lo sguardo, rifiutando di colpo il contatto visivo come un bambino offeso.
“ Sei cinico. “
Il cacciatore sorrise e la attirò a sé. Non sentì alcuna resistenza quando i due corpi si schiacciarono l’uno contro l’altro, né quando le dita esperte cominciarono a slacciare i lacci dell’abito di seta.
“ Forse. Ma i morti sono sepolti, il mondo andrà avanti anche senza di loro. Sta a noi farlo girare. “
La stoffa rossa cadde morbidamente a terra.
“ Quanta poesia, guerriero. Non ti illudere, comunque: per me rimani un uomo freddo ed arido. “
Un corpetto di cuoio ed un ampio mantello nero coprirono la vestaglia, seguiti da un paio di brache.
“ Lascia che ti mostri quanto profondamente sbagli. “
E fu sera e fu mattina.

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Capitolo 16
*** Angolo dell'Autore ***


Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro.
E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te.

- Friedrich Nietzsche -

Questa è la mia prima opera completa.
Non l'ho scritta su EFP, ne tantomeno per pubblicarla su EFP. Non era questo il mio scopo.
Questo racconto dal titolo stringato mi ha portato fra i 25 semifinalisti del Campiello Giovani di quest'anno.
Premetto che non voglio vantarmi, ma ero il più giovane ed il primo umbro, nonché unico della regione finora.
Va bene, un po' mi sto vantando. E ne ho anche ragione, maremma bufala!
Ma non è questo il punto.
Non ho scritto "Il Cacciatore" neanche per vincere.
L'ho fatto perché mi piace scrivere quello che mi pare (odio fare i temi a scuola, per inciso), avevo un personaggio (un signor personaggio, se mi è concesso dirlo) e avevo una storia in testa.
Volevo vedere cosa potevo fare. Se potevo riuscire a mettere su carta i miei pensieri.
L'ho fatto leggere a tante persone, adulti e coetanei, e sono rimasto orgoglioso del risultato.
Però c'erano ancora tante persone che non avevano potuto vedere la mia piccola opera (sai che perdita!). Tipo tutta l'Italia.
Così, mi sono ricordato dell'account su EFP, di 3 anni fa, che non avevo mai usato.
Presente la folgorazione sulla via di Damasco?
Ecco, tipo quella.

Se avete delle domande da farmi, se vi è piaciuto, se avete dei consigli da dare o se anche voi, come un mio amico, vorreste una copia del manoscritto per pulirvi il sedere (e vi assicuro che è molto utile) non esitate.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia, in particolare Ladywolf e Valerydell95, che l'hanno messa fra i preferiti, e TipTapSimo, che conosco anche fuori dal sito e mi ha dato l'idea di pubblicarla.
Adieu!
(Fletto i muscoli e sono nel vuoto)

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