A cotton pillow

di Robigna88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Meeting Mr B. ***
Capitolo 3: *** Ghosts of the past ***



Capitolo 1
*** Meeting Mr B. ***


Meeting Mr B.



Baton Rouge 12 aprile 1863

Candice Appleton quella mattina si svegliò più presto del solito.
Il sig. Carpent le aveva detto che le avrebbe mandato, entro le 09.00 di quel giorno, un carretto pieno di volenterosi lavoratori di colore.
L'uomo concordava con lei sul fatto che, in tempi crudeli come quelli, in cui la schiavitù si trovava a metà tra la possibilità di essere abolita e la volontà di essere invece mantenuta vitale, era preferibile che persone gentili – come loro due erano – assumessero quanto più manodopera possibile, se non altro per tirare via dalle grinfie di datori di lavoro autoritari e violenti, donne e bambini sopra ogni altra cosa.
Così, Candice, che aveva la fortuna di essere vergognosamente – come alcuni sostenevano – ricca in un momento in cui quella zona degli Stati confederati d'America soffriva la fame a causa della guerra, era decisa ad assumere quante più persone poteva, prediligendo ovviamente le donne ed i piccoli.
Naturalmente, queste stesse donne avrebbero fatto i lavori meno pesanti ed i bambini avrebbero fatto un'unica cosa: giocare.
All'inizio della guerra che stava devastando il paese, prima che suo marito Aaron partisse per fare il suo dovere da patriota, aveva piantato negli immensi ettari di terra che la circondavano, piantagioni di cotone.
Tantissime piantagioni, e qualche canna da zucchero che però non era mai diventata rigogliosa come lei aveva sperato, nonostante il clima fosse sufficientemente caldo ed umido.
Raggiunse la bacinella colma di acqua e si sciacquò il volto. Prese il morbido asciugamano e si tamponò il viso fino a sentirsi asciutta.
Poi pettinò i capelli e li fermò con un vecchio, ma ancora bello, fermaglio lasciatole da sua madre.
Si tolse la candida camicia da notte e si lavò.
Dopodiché raggiunse l'armadio e si cambiò indossando un vestito che era stato cucito da una delle sue lavoratrici. Maniche a tre quarti bianche e un taglio stretto e dritto sul busto e più largo dalla vita in giù, nero e rosso.
Si sistemò ben bene e indossò il grembiule.
Si posizionò davanti allo specchio e sorrise alla sua immagine stanca riflessa in quella lastra lucente.
Si schiarì la voce ed uscì fuori.
Raggiunse il piccolo casolare che aveva fatto costruire e che fungeva da “mensa comune” e salutò tutti i presenti con un sorriso ed una parola gentile.
Prese del latte e lo bevve con calma dando un'occhiata alle pentole per capire cosa ci sarebbe stato per pranzo.
Cosa mangeremo a pranzo Odette?” chiese gentile alla donna che si occupava della cucina.
Alcuni uomini sono andati a caccia stamattina presto e hanno portato del cinghiale. Pensavo di preparare uno spezzatino con contorno di verdure.” rispose la giovane donna.
Candice annuì sorridente “Mi sembra un'ottima idea.” le disse “Ti serve qualche altra verdura? Sto per andare all'orto quindi se ti serve qualcosa dimmelo pure e te la porterò.”
Sarebbe bene avere altre patate e magari qualche carota. Gli uomini saranno molto affamati dopo il lavoro, cucinare qualcosa in più non sarà un male.”
Sono d'accordo con te. Oltretutto, arriveranno nuove persone oggi. Dieci circa, dobbiamo farle sentire a proprio agio e un buon pasto caldo mi sembra il modo migliore di iniziare.”
Altre persone?” domandò Odette “Dove dormiranno Candice? Siamo già in tanti.”
Candice bevve l'ultimo sorso di latte e sospirò “Faremo costruire un altro casolare e nel frattempo dormiranno in casa.. Il piano superiore è abbastanza grande. Non preoccuparti, andrà tutto bene. La guerra finirà presto e sarete tutti liberi.. ma fino a quel momento dobbiamo sostenerci a vicenda.”
Odette annuì e sorrise quasi timidamente, poi tornò alle sue faccende.
Candice invece lasciò la mensa e raggiunse l'orto.
Raccolse qualche patata e qualche carota e le ripose insieme, delicatamente in un cestino.
Le spostò in un angolo e si fermò per bere un sorso d'acqua.
In quel momento il carretto del sig. Carpent, raggiunse la porta di casa e Candice afferrò il cestino e andò incontro ai nuovi arrivati.
Erano nove: cinque uomini di circa quaranta anni, due giovani donne e due bambini.
Spaventati e a disagio, guardarono Carpent e si presentarono uno ad uno a Candice.
Si chiamavano Malik, Carl, Robert, James, Kim, Vera, i piccoli Caroline e Joseph e poi c'era l'unico uomo bianco oltre a Carpent.
Si presentò per ultimo, senza dire il suo nome, ma rendendosi disponibile a fare qualunque cosa gli venisse chiesta.
Dopo le dovute presentazioni, tutti, tranne il misterioso uomo senza nome, entrarono in casa per mettersi comodi, mentre Carpent andava via sicuro di averli affidati ad ottime mani.
Candice e l'uomo dall'aspetto furbo, rimasero soli.
Faccia a faccia in silenzio per lunghi minuti.
Sei un disertore per caso?” chiese Candice rompendo il silenzio.
No. Sono un umile contadino solo al mondo.”
Capisco. E cosa sai fare?”
Tutto quello che serve.”
Candice rise appena e gli diede il cestino che aveva in mano. “Portalo in quel casolare laggiù,” gli disse indicandolo “chiedi di Odette e dallo a lei, e poi raggiungimi nell'orto.. È proprio adiacente a quell'edificio.”
L'uomo sorrise e chinò leggermente il capo: “Agli ordini.” rispose avviandosi verso il casolare.
Hey..” lo richiamò Candice “Qual è il tuo nome?”
Lei può chiamarmi B.” rispose lui.
E sorridendo le diede le spalle continuando dritto verso l'edificio.


Baton Rouge 10 maggio 1865

Mr B. si tolse la camicia da lavoro e si sciacquò il viso più e più volte, bagnando anche i capelli dorati.
Sfregò la mano sulla barbetta incolta e sospirò stanco.
Non era stanco fisicamente, quello no.
Anzi, era piuttosto carico e avrebbe potuto continuare a lavorare anche tutta la notte se fosse stato necessario.
Era stanco mentalmente.
Annoiato, frustrato e completamente avvolto da sentimenti che non si credeva capace di poter provare.
Si piegò in ginocchio, col viso rivolto verso la finestra e congiunse le mani in segno di preghiera.
Le stelle brillavano scintillanti nella scura coltre del cielo notturno. Tanti minuscoli puntini lucenti che rendevano la notte semplicemente bellissima.
Si scoprì capace di dare importanza a dettagli che prima di allora non aveva nemmeno considerato. Ringraziava per ogni nuovo giorno in cui apriva gli occhi e per ogni notte in cui riusciva a chiuderli ancora tutto intero, ancora vivo.
Un tempo non era così per lui.
Un tempo, lui era solito confondere il giorno e la notte perso nel gusto del whisky e nel calore del corpo di una o più donne.
Non era grato perchè si svegliava al mattino, anzi credeva che aprire gli occhi su una nuova alba gli fosse dovuto.
Perchè mai avrebbe dovuto ringraziare di essere vivo e sano ancora una volta?
Era un uomo buono che faceva tutto nel nome di cause più che giuste, quindi si, in un certo senso svegliarsi ed essere sulla terra ancora una volta, gli era dovuto.
E se poi fosse capitato di morire durante la notte, per i troppi eccessi dell'alcol o stremato dai piaceri carnali provocato da un incontro amoroso, beh.. sarebbe stato un bel modo di morire.
Ma lui era del tutto certo che questo non sarebbe accaduto, e forse per questo non se ne preoccupava.
Non tutto era cambiato ora.
Era ancora sicurissimo che non sarebbe morto durante la notte, ma ora semplicemente apprezzava di più il fatto di esistere.
La storia della sua vita era complicata e per certi versi inverosimile.
Per questo negli anni si era costruito una dura corazza che aveva come ragione d'esistere, tre scopi: non lasciar trapelare nulla del posto da cui veniva, non lasciar trapelare il suo nome e sopratutto, non lasciare che sentimenti tipicamente umani prendessero il sopravvento.
Ora però, in quel caldo 10 maggio del 1863, dopo un anno trascorso in una tenuta che in primavera diventava un'esplosione di colori, dopo aver vissuto fianco a fianco con gente gentile che altra gente voleva schiavizzare fino alla morte, dopo aver conosciuto lei.. era sicuro che doveva essere grato per tante cose.
Perchè Mr B. era annoiato, frustrato e completamente perso d'amore per Candice Appleton.
Chiuse gli occhi e strinse le mani l'una all'altra.
Le stelle gli sembrarono vicine e un leggero venticciolo lo destò dal torpore di un sentimento nuovo e curioso che non aveva idea di come gestire.
Padre mio..” sussurrò “Proteggi questa gente. Porta coloro che hanno perso la via di nuovo sulla giusta rotta e proteggi Candice che con amore si prende cura di queste creature. Le tue creature.”
Una folata di vento più calda e più forte fece cigolare la porta socchiusa.
Si Padre, lo farò.. Lo prometto.”
Mr B. aprì gli occhi e si alzò piano.
Si sdraiò sul pavimento e poggiò la testa su un vecchio sacco invecchiato dal tempo – non era soffice come un cuscino ma poteva andar bene tutto sommato – e chiuse di nuovo gli occhi.
La tua testa starebbe più comoda se poggiata su un morbido cuscino, non credi?” sentì dire.
Aprì gli occhi di scatto e sorrise mettendosi seduto.
Sono un tipo che si adatta in fretta.” rispose indossando di nuovo la camicia.
Giusto.. Tu sei il misterioso uomo senza un nome che si adatta in fretta e che sa fare tutto quello che serve.”
Candice avanzò stringendo in una mano una bottiglia di bourbon e nell'altra due bicchieri.
Si signora.”
Signora?” chiese lei sedendosi a terra accanto a lui “Non credi che sia il momento di darmi del tu? Ci conosciamo da un anno. Direi che possiamo considerarci amici oramai.” aggiunse versando del bourbon nei bicchieri.
Gliene porse uno e prese l'altro alzandolo un po' in alto.
Sorrise e lo bevve tutto d'un fiato scuotendo il capo e chiudendo gli occhi fino a che non ebbe ingoiato l'ultimo sorso.
Wow!” disse riaprendoli “È piuttosto forte.”
Ce ne sono di più forti. Ma suppongo che tu non sia un'accanita bevitrice.. Candice.”
La donna fece spallucce e si mise più comoda sul pavimento. “No, non lo sono.. Questa bottiglia era in dispensa.. Un goccio di alcol ogni tanto è l'unico vizio che mi concedo. Mi viene voglia di bere quando sono confusa.”
Mr B. sorseggiò con gusto il contenuto del suo bicchiere e poi la guardò. “Quindi devo dedurre che stasera ti senti confusa da qualcosa..”
Candice sorrise mostrando la deliziosa fossetta sulla sua guancia sinistra e annuì “Potrebbe essere un'ottima deduzione in effetti.”
L'uomo rise bevendo l'ultimo sorso, poggiò il bicchiere sul pavimento e si avvicinò piano a Candice.
Le accarezzò la punta del naso con un dito e poi poggiò dolcemente la bocca sulla sua.
Il labbro superiore prima, quello inferiore dopo, mentre la sua mano le accarezzava gentile il viso.
Il mio nome è Balthazar..” sussurrò lui senza allontanarsi da lei.
Candice Appleton si sentì confusa per un attimo.
Le labbra di quell'uomo erano calde e rassicuranti. La facevano fremere.
Sollevò piano la mano e la poggiò sulla guancia di Balthazar. Si inginocchiò e si strinse di più a lui accarezzandogli il ventre definito e fresco.
Era inebriante la sensazione che provava: un misto di eccitazione, paura e desiderio combattevano tra di loro facendole battere il cuore.
Aveva desiderato quel momento o era solo.. accaduto?
L'aveva desiderato, con tutta se stessa.
Ma era sposata e non voleva tradire l'uomo che era andato in guerra per senso del dovere. Non voleva tradire l'uomo che l'aveva amata e rispettata per tanto tempo.
Non era una moglie fedifraga e non voleva diventarlo.
Si staccò – anche se a malincuore dovette ammetterlo – da quelle labbra al sapore di bourbon e scosse il capo alzandosi piano.
Io ho un marito. Non voglio.. non posso tradirlo.” farfugliò.
Mi dispiace Candice.. Io non.. non avrei dovuto farlo.” fu la risposta dell'uomo “Mi dispiace..” disse ancora.
Ma Candice era già nella sua stanza, immersa nuovamente nel suo mondo che non prevedeva di vivere la passione devastante che lui sentiva dentro.
Volse di nuovo gli occhi al cielo e si strinse la testa tra le mani.


Baton Rouge 28 maggio 1865

Candice bussò cauta alla porta di quella che era la stanza di Balthazar.
La guerra era finita da un giorno e ogni cosa sembrava tornare pian piano alla normalità.
La primavera sembrava più calda e i colori più scintillanti mentre felici per la fine della guerra, gli uomini cantavano e ballavano nei campi di cotone.
Balthazar aprì la porta lentamente, sicuro di chi si sarebbe trovato davanti.
Candice se ne stava lì, chiusa in un abito a maniche corte di una bellissima fantasia fiorata.
Stringeva tra le mani un cuscino bianco che sembrava morbidissimo al tatto.
Aveva l'espressione tesa e triste ed era la creatura più bella che lui avesse mai visto.
I castani capelli, sciolti sulle spalle, contrastavano perfettamente col colore chiaro della sua pelle, e le sue mani, che stringevano il cuscino, erano un ricordo impossibile da scacciare per lui.
Ciao..” le disse spostandosi per farla entrare.
Ciao..” rispose lei avanzando lenta dentro la camera “Ti ho.. svegliato?”
No.. Io ero già sveglio da un po'.”
Non ti ho visto a colazione.”
Non avevo fame.”
Non hai fame da diciotto giorni.” rispose lei con tono triste.
Non preoccuparti per me. Sto bene.”
Candice annuì e gli porse il cuscino “Questo è più morbido del pavimento per poggiarci la testa.”
Balthazar lo prese tra le mani e lo strinse forte.
Era decisamente più morbido del pavimento. Morbido come cotone.
Dentro c'è il primo cotone che è stato raccolto. Era poco perchè potessimo venderlo e così ci ho fatto un cuscino. E ora voglio regalartelo.” spiegò lei.
Balthazar sorrise e annuì “Grazie.. è veramente.. soffice.”
La donna sospirò e si schiarì la voce “Mio marito ha mandato un messaggio tramite un uomo. Tornerà a casa alla fine della settimana. A quel punto costruiremo un letto in questa stanza e tu potrai smettere di dormire sul pavimento. Non potete ancora andar via, la schiavitù non è ancora stata abolita, è meglio per voi..”
Io non sono uno schiavo. Ricordi?” la interruppe lui.
Vuol dire che non sarai qui alla fine della settimana?”
Balthazar abbassò gli occhi e poggiò il cuscino su una sedia lì accanto “Sei una brava donna Candice. Forte, generosa e.. bellissima. Ma non sono sicuro che questo sia il mio posto adesso.”
Capisco.”
Ti sono grato per quello che hai fatto per me.. per tutto quanto ma..”
Se io non fossi sposata..”
Ma lo sei, ed è inutile parlarne. Sii felice con tuo marito Candice..”
Dove andrai?”
Chi può dirlo.. Qualsiasi posto va bene. Io mi adatto in fretta ricordi?”
Candice sorrise trattenendo le lacrime, poi si avvicinò lenta e si sollevò sulla punta dei piedi.
Gli baciò delicatamente le labbra ed il mento, e poi lasciò la stanza senza voltarsi indietro.
Raggiunse la sua camera e singhiozzò fino a sentirsi esausta.
Candice Appleton era una moglie fedele e devota, ma si era innamorata dell'uomo misterioso dal sorriso furbo.
Poteva l'amore essere considerato tradimento?
Giorni dopo, quando il marito tornò a casa, lei era felice e triste allo stesso tempo.
Felice di rivedere l'uomo che aveva sposato e triste perchè dell'uomo che amava non era rimasto altro che un bianco cuscino di cotone poggiato su una sedia.



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Capitolo 3
*** Ghosts of the past ***


Grazie mille a brokendream per il sostegno, i consigli ed il bellissimo logo :)


Ghosts of the past




Baton Rouge 13 maggio 2011

Non ci avrebbe mai creduto se glielo avessero detto, eppure era successo.
Da più di due settimane era a corto di donne.
Quelle che incontrava, o non gli piacevano, oppure lui non piaceva a loro.
Una.. ragazzina di circa vent'anni si era persino permessa di ridergli in faccia dicendogli che somigliava a suo padre.. e che anzi lui sembrava più giovane.
Come aveva osato?
Il suo tramite era un uomo di mezza età di aspetto fantastico. In forma, con occhi azzurri come il cielo e lineamenti delicati ma mascolini.
La sue pelle era colorita al punto giusto e i suoi capelli dorati.
Inoltre, da quando lui l'aveva “occupato”, il suo gusto in fatto di vestiti era decisamente migliorato.
Prima si vestiva come una specie di prete in pensione, e se ne stava seduto a bere limonata sul portico di una gigante casa immersa nel verde di un solitario ambiente campagnolo, ora si vestiva come un uomo di classe che non rinuncia alla sua giovinezza e che anzi la considera un fattore interiore e non un semplice dato anagrafico.
L'aveva sicuramente migliorato col suo arrivo, nonostante l'avesse preso e mollato più volte prima di domiciliarsi definitivamente dentro di lui.
Ma anche prima era un uomo comunque di classe. Colto e molto intelligente.
Era nato nel 1965 in una. non molto conosciuta città della Francia: La Rochelle.
Patria, tra gli altri, del pittore William Bouguereau e dell'intrigante attrice porno Melissa qualcosa..
Lì a La Rochelle, 77.000 abitanti e 480 km di distanza da Parigi, non aveva trovato subito l'amore e, aveva messo su una piccola ma proficua azienda produttrice di vini e spumanti francesi, diventando ben presto molto famoso e ricco.
Nonostante questo, non incontrava mai donne, troppo timido o semplicemente troppo preso dal suo lavoro, e se ne era rimasto solo fino ai quarantadue anni.
A quel punto, spinto da una comprensibile ma del tutto sorprendente voglia di amare, si era guardato intorno, e aveva trovato quella che sarebbe diventata la donna che avrebbe amato per tre lunghi anni: Clarissa.
Una donna semplicemente meravigliosa, con lunghi capelli dorati e il sorriso dolce di un angelo.
L'aveva amata intensamente, fino al giorno in cui la povera donna non era morta in un terribile incidente stradale, lasciandolo solo e disperato.
Da allora, Louis – era questo il suo nome – non era mai più stato lo stesso.
E un anno dopo la tragedia, il giorno del suo quarantaseiesimo compleanno, Balthazar, che l'aveva osservato per un po', aveva deciso di toglierlo dalla miseria di quel dolore, e così l'aveva convinto a dire di si.
Prima di lui, tanti anni prima, aveva fatto lo stesso col suo bis bis nonno: Jean.
Jean era nato nel 1817, francese di origine e americano per immigrazione, era morto nel 1879 – quattordici anni dopo che Balthazar aveva abbandonato il suo corpo per tornarsene in paradiso, stroncato da un infarto mentre lavorava nei campi.
Lasciava una moglie ed un figlio ed era esattamente uguale a Louis.
Stesso viso, stessi capelli, stesso incarnato.
Sarebbero stati scambiati per gemelli se non fosse stato per le due generazioni di differenza.
Balthazar aveva scelto loro per essere i suoi contenitori, e quando avrebbe lasciato Louis, probabilmente avrebbe preso un nipote, o un cugino. Oppure, semplicemente, avrebbe tenuto lui per sempre, dandogli in un certo qual modo l'immortalità.
Si guardò intorno con le mani in tasca.
Chiuso in un completo elegante, al centro della sala che teneva una mostra d'arte a Baton Rouge, in Louisiana, e cercava con gli occhi una facile preda.
E per facile preda, lui intendeva una bella donna fissata con ricchezze e accenti, da poter ammaliare con i suoi abiti firmati e il suo accento francese.
Ma non ce n'era nemmeno una..
O meglio, non ce n'era nemmeno una che non somigliasse ad una cozza.
Si si.. era ingiusto concentrarsi sull'aspetto fisico.
La vera bellezza sta dentro le persone..
Ma che poteva farci se gli piacevano le cose belle? Se gli piacevano le donne che tutti gli uomini si voltano a guardare?
Non era mica colpa sua.
Non aveva di certo la concezione di donna – trofeo, ma gli piacevano le donne piacenti ecco.
Sospirò e si avvicinò alla zona bar.
Un bourbon per favore.” disse gentile mettendosi seduto.
Incrociò le mani e rifletté.
Il barista tornò dopo pochi minuti, con il bourbon che aveva ordinato e un bicchiere di vino rosso di Montepulciano.
Toscana.. lui la adorava.
Questo è da parte di quella donna laggiù.. A quanto pare ha fatto conquiste signore.” spiegò il barista indicando l'angolo opposto del bancone.
Balthazar alzò gli occhi sicuro che non sarebbe stato il suo tipo, ma deciso, qualunque cosa avesse visto, ad andare a fondo.
Aveva voglia di stringere la carne profumata di una donna, di baciarla, leccarla, perdersi nel caldo piacere di una femminilità.
Quindi si sarebbe accontentato qualunque tipo di donna si sarebbe offerta alla sua vista.
Aguzzò la vista e deglutì a vuoto.
Quella donna era bellissima.
Fasciata da un bellissimo abito di seta beige, senza spalline, con una scollatura a cuore, morbido poco più su del ginocchio, boccoli castani le accarezzavano le spalle.
Era da togliere il fiato come ricordava essere solo un'altra donna, e le somigliava in un modo incredibile.
Spaventoso.
Doveva essere un sogno, o forse era già ubriaco e non se ne rendeva conto.
Si, probabilmente aveva già ingurgitato una vergognosa quantità di alcol e ora stava come.. delirando.
Non era possibile!
Bevve il suo bourbon tutto d'un sorso e poi uscì fuori lasciando lì il vino italiano, la sua sicurezza, e anche un po' del suo coraggio.
Il suo passato tornava a fargli visita e per quanto gli piacesse, lo rendeva triste.

****


Scarlett sospirò amaramente raggiungendo la piccola terrazza.
Il cielo era sereno e pieno di stelle sopra di lei e un leggero venticciolo fresco le fece desiderate di avere con sé una giacca.
Ma non l'aveva, perchè nella sua mini pochette dorata non c'era spazio e perchè lei aveva previsto un'arietta calda per quella sera.
Anzi, più correttamente aveva previsto di rimanere alla mostra solo per qualche ora e poi tornare a casa e infilarsi sotto le coperte per recuperare il sonno che aveva perso organizzandola.
Perchè era questo il suo lavoro, organizzare eventi di qualunque tipo e come organizzatrice, era quasi costretta a parteciparvi.
Quelli che preferiva organizzare erano i matrimoni.
Adorava quella romantica speranza di un amore che sarebbe durato per sempre, e per quanto poco credesse nell'istituzione rappresentata dal matrimonio, si ritrovava comunque sempre a piangere come una sciocca al momento delle promesse.
Non era cinica, credeva all'amore.
Semplicemente non credeva nel matrimonio, con l'abito bianco, la cerimonia, il rinfresco, le damigelle ecc ecc.
Se due persone si amano, che motivo c'è di dimostrarlo con una specie di certificato?
E nonostante questo pensiero fisso, era diventata l'organizzatrice di eventi più quotata della città ed i matrimoni erano la cosa che maggiormente le veniva richiesta.
Si schiarì la voce e si strofinò le braccia con le mani nell'intento di scaldarsi un po'.
Quella serata era stata un successo dal punto di vista lavorativo, ma un fallimento per quanto riguardava la sfera personale.
Aveva fatto la prima mossa con un uomo.
Un uomo affascinante e intrigante, bellissimo e dagli occhi languidi, e aveva miseramente fallito.
Aveva mandato lui un bicchiere di vino rosso e come risposta aveva ricevuto uno sguardo spaesato, quasi.. terrorizzato e un allontanamento a passo tanto svelto da sembrare quasi un volo e non un camminata.
Perchè aveva reagito in quel modo?
Non la trovava carina forse? Pensava che fosse brutta?
Eppure credeva di essere molto carina quella sera.
Il colore dell'abito le donava, il modello metteva il risalto i punti giusto del suo corpo, i tacchi la facevano sembrava più alta, il trucco era leggero e delicato e i capelli erano boccolati a regola d'arte.

Cosa c'era che non andava in lei?
Perchè tutti gli uomini che le piacevano non sembravano degnarla nemmeno di uno sguardo.
Anzi, perchè la guardavano ma lo facevano come se stessero guardando un uomo basso, grasso e pieno di peli?
Poggiò la borsetta su un tavolo e si schiarì la gola.
Ciao, ti guardavo da quel lato del bancone e ho pensato che sei davvero molto carino. Ti va di fare quattro chiacchiere?”
Poi si spostò dall'altro lato e fece la voce grossa.
Ah ah ah.. come sei divertente. Come ti viene in mente? Sei orrenda.”
Poi di nuovo dal lato opposto “Ma ho portato del vino italiano.”
E chi se ne importa?”
Sguardo disorientato e perplesso e poi fuga a gambe levate.
Aspetta, non..”
Cosa stai facendo?”
Sobbalzò e si portò la mano sulla bocca per trattenere un urlo.
Si voltò e si ritrovò davanti all'uomo che era fuggito via rifiutando il suo gentile omaggio.
Lo guardò perplessa e corse dentro, poi si affacciò di nuovo con la testa e lo vide fermo, con le mani in tasca e un sopracciglio alzato in segno di confusione.
Stavo imitando te.. prima quando.. Lascia stare.” disse raggiungendolo.
Allora..” continuò posizionandosi davanti a lui “Che succede? Non ti spavento più? Non mi trovi più orrenda?”
Orrenda?” replicò Balthazar “Ehm no.. credo invece che tu sia splendida.”
Lei annuì e arricciò poco la bocca “Quindi sei.. fuggito via prima perchè mi trovi splendida?”
Balthazar deglutì a vuoto e distolse lo sguardo da quelle fossette sulle sue guance.
Scusa per quello.. È solo che.. somigli ad una persona che conoscevo e che purtroppo adesso non c'è più. Quando ti ho vista è stato come rivedere lei per un attimo.. e mi sono sentito.. confuso diciamo.”
Oh..” sussurrò lei “Mi dispiace.”
Si, anche a me.”
Rimasero in silenzio per qualche secondo, e poi Balthazar si tolse la giacca e gliela sistemò sulle spalle “Hai la pelle d'oca. Immagino che tu abbia freddo.”
Un po'. Ti.. ti ringrazio.” rispose spostando fuori i capelli “Io mi chiamo Scarlett comunque.”
Io sono Balthazar.”
Strano nome il tuo.. Ma interessante.” rispose lei sorridendogli.
Scarlett. È ora dei ringraziamenti, vieni.”
La donna si voltò verso la porta e sorrise “Arrivo subito.”
Poi guardò Balthazar e sospirò “Ci rivediamo qui fra dieci minuti?” chiese.
Mi troverai esattamente qui.”
Bene.. ma terrò la tua giacca in ostaggio fino ad allora. Come.. assicurazione.”
Balthazar rise e la guardò allontanarsi.
Scarlett invece entrò dentro e raggiunse il piccolo palco.
Dopotutto quella serata stava migliorando.

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