A cotton pillow di Robigna88 (/viewuser.php?uid=62768)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Meeting Mr B. ***
Capitolo 3: *** Ghosts of the past ***
Capitolo 1 *** Meeting Mr B. ***
Meeting
Mr B.
Baton
Rouge 12 aprile 1863
Candice
Appleton quella mattina si svegliò più presto del
solito.
Il
sig. Carpent le aveva detto che le avrebbe mandato, entro le 09.00 di
quel giorno, un carretto pieno di volenterosi lavoratori di colore.
L'uomo
concordava con lei sul fatto che, in tempi crudeli come quelli, in
cui la schiavitù si trovava a metà tra la
possibilità di essere
abolita e la volontà di essere invece mantenuta vitale, era
preferibile che persone gentili – come loro due erano
–
assumessero quanto più manodopera possibile, se non altro
per
tirare via dalle grinfie di datori di lavoro autoritari e violenti,
donne e bambini sopra ogni altra cosa.
Così,
Candice, che aveva la fortuna di essere vergognosamente –
come
alcuni sostenevano – ricca in un momento in cui quella zona
degli
Stati confederati d'America soffriva la fame a causa della guerra,
era decisa ad assumere quante più persone poteva,
prediligendo
ovviamente le donne ed i piccoli.
Naturalmente,
queste stesse donne avrebbero fatto i lavori meno pesanti ed i
bambini avrebbero fatto un'unica cosa: giocare.
All'inizio
della guerra che stava devastando il paese, prima che suo marito
Aaron partisse per fare il suo dovere da patriota, aveva piantato
negli immensi ettari di terra che la circondavano, piantagioni di
cotone.
Tantissime
piantagioni, e qualche canna da zucchero che però non era
mai
diventata rigogliosa come lei aveva sperato, nonostante il clima
fosse sufficientemente caldo ed umido.
Raggiunse
la bacinella colma di acqua e si sciacquò il volto. Prese il
morbido
asciugamano e si tamponò il viso fino a sentirsi asciutta.
Poi
pettinò i capelli e li fermò con un vecchio, ma
ancora bello,
fermaglio lasciatole da sua madre.
Si
tolse la candida camicia da notte e si lavò.
Dopodiché
raggiunse l'armadio e si cambiò indossando un vestito che
era stato
cucito da una delle sue lavoratrici. Maniche a tre quarti bianche e
un taglio stretto e dritto sul busto e più largo dalla vita
in giù,
nero e rosso.
Si
sistemò ben bene e indossò il grembiule.
Si
posizionò davanti allo specchio e sorrise alla sua immagine
stanca
riflessa in quella lastra lucente.
Si
schiarì la voce ed uscì fuori.
Raggiunse
il piccolo casolare che aveva fatto costruire e che fungeva da
“mensa
comune” e salutò tutti i presenti con un sorriso
ed una parola
gentile.
Prese
del latte e lo bevve con calma dando un'occhiata alle pentole per
capire cosa ci sarebbe stato per pranzo.
“Cosa
mangeremo a pranzo Odette?” chiese gentile alla donna che si
occupava della cucina.
“Alcuni
uomini sono andati a caccia stamattina presto e hanno portato del
cinghiale. Pensavo di preparare uno spezzatino con contorno di
verdure.” rispose la giovane donna.
Candice
annuì sorridente “Mi sembra un'ottima
idea.” le disse “Ti
serve qualche altra verdura? Sto per andare all'orto quindi se ti
serve qualcosa dimmelo pure e te la porterò.”
“Sarebbe
bene avere altre patate e magari qualche carota. Gli uomini saranno
molto affamati dopo il lavoro, cucinare qualcosa in più non
sarà un
male.”
“Sono
d'accordo con te. Oltretutto, arriveranno nuove persone oggi. Dieci
circa, dobbiamo farle sentire a proprio agio e un buon pasto caldo mi
sembra il modo migliore di iniziare.”
“Altre
persone?” domandò Odette “Dove
dormiranno Candice? Siamo già in
tanti.”
Candice
bevve l'ultimo sorso di latte e sospirò “Faremo
costruire un altro
casolare e nel frattempo dormiranno in casa.. Il piano superiore
è
abbastanza grande. Non preoccuparti, andrà tutto bene. La
guerra
finirà presto e sarete tutti liberi.. ma fino a quel momento
dobbiamo sostenerci a vicenda.”
Odette
annuì e sorrise quasi timidamente, poi tornò alle
sue faccende.
Candice
invece lasciò la mensa e raggiunse l'orto.
Raccolse
qualche patata e qualche carota e le ripose insieme, delicatamente in
un cestino.
Le
spostò in un angolo e si fermò per bere un sorso
d'acqua.
In
quel momento il carretto del sig. Carpent, raggiunse la porta di casa
e Candice afferrò il cestino e andò incontro ai
nuovi arrivati.
Erano
nove: cinque uomini di circa quaranta anni, due giovani donne e due
bambini.
Spaventati
e a disagio, guardarono Carpent e si presentarono uno ad uno a
Candice.
Si
chiamavano Malik, Carl, Robert, James, Kim, Vera, i piccoli Caroline
e Joseph e poi c'era l'unico uomo bianco oltre a Carpent.
Si
presentò per ultimo, senza dire il suo nome, ma rendendosi
disponibile a fare qualunque cosa gli venisse chiesta.
Dopo
le dovute presentazioni, tutti, tranne il misterioso uomo senza nome,
entrarono in casa per mettersi comodi, mentre Carpent andava via
sicuro di averli affidati ad ottime mani.
Candice
e l'uomo dall'aspetto furbo, rimasero soli.
Faccia
a faccia in silenzio per lunghi minuti.
“Sei
un disertore per caso?” chiese Candice rompendo il silenzio.
“No.
Sono un umile contadino solo al mondo.”
“Capisco.
E cosa sai fare?”
“Tutto
quello che serve.”
Candice
rise appena e gli diede il cestino che aveva in mano.
“Portalo in
quel casolare laggiù,” gli disse indicandolo
“chiedi di Odette e
dallo a lei, e poi raggiungimi nell'orto.. È proprio
adiacente a
quell'edificio.”
L'uomo
sorrise e chinò leggermente il capo: “Agli
ordini.” rispose
avviandosi verso il casolare.
“Hey..”
lo richiamò Candice “Qual è il tuo
nome?”
“Lei
può chiamarmi B.” rispose lui.
E
sorridendo le diede le spalle continuando dritto verso l'edificio.
Baton
Rouge 10 maggio 1865
Mr
B. si tolse la camicia da lavoro e si sciacquò il viso
più e più
volte, bagnando anche i capelli dorati.
Sfregò
la mano sulla barbetta incolta e sospirò stanco.
Non
era stanco fisicamente, quello no.
Anzi,
era piuttosto carico e avrebbe potuto continuare a lavorare anche
tutta la notte se fosse stato necessario.
Era
stanco mentalmente.
Annoiato,
frustrato e completamente avvolto da sentimenti che non si credeva
capace di poter provare.
Si
piegò in ginocchio, col viso rivolto verso la finestra e
congiunse
le mani in segno di preghiera.
Le
stelle brillavano scintillanti nella scura coltre del cielo notturno.
Tanti minuscoli puntini lucenti che rendevano la notte semplicemente
bellissima.
Si
scoprì capace di dare importanza a dettagli che prima di
allora non
aveva nemmeno considerato. Ringraziava per ogni nuovo giorno in cui
apriva gli occhi e per ogni notte in cui riusciva a chiuderli ancora
tutto intero, ancora vivo.
Un
tempo non era così per lui.
Un
tempo, lui era solito confondere il giorno e la notte perso nel gusto
del whisky e nel calore del corpo di una o più donne.
Non
era grato perchè si svegliava al mattino, anzi credeva che
aprire
gli occhi su una nuova alba gli fosse dovuto.
Perchè
mai avrebbe dovuto ringraziare di essere vivo e sano ancora una
volta?
Era
un uomo buono che faceva tutto nel nome di cause più che
giuste,
quindi si, in un certo senso svegliarsi ed essere sulla terra ancora
una volta, gli era dovuto.
E
se poi fosse capitato di morire durante la notte, per i troppi
eccessi dell'alcol o stremato dai piaceri carnali provocato da un
incontro amoroso, beh.. sarebbe stato un bel modo di morire.
Ma
lui era del tutto certo che questo non sarebbe accaduto, e forse per
questo non se ne preoccupava.
Non
tutto era cambiato ora.
Era
ancora sicurissimo che non sarebbe morto durante la notte, ma ora
semplicemente apprezzava di più il fatto di esistere.
La
storia della sua vita era complicata e per certi versi inverosimile.
Per
questo negli anni si era costruito una dura corazza che aveva come
ragione d'esistere, tre scopi: non lasciar trapelare nulla del posto
da cui veniva, non lasciar trapelare il suo nome e sopratutto, non
lasciare che sentimenti tipicamente umani prendessero il sopravvento.
Ora
però, in quel caldo 10 maggio del 1863, dopo un anno
trascorso in
una tenuta che in primavera diventava un'esplosione di colori, dopo
aver vissuto fianco a fianco con gente gentile che altra gente voleva
schiavizzare fino alla morte, dopo aver conosciuto lei.. era sicuro
che doveva essere grato per tante cose.
Perchè
Mr B. era annoiato, frustrato e completamente perso d'amore per
Candice Appleton.
Chiuse
gli occhi e strinse le mani l'una all'altra.
Le
stelle gli sembrarono vicine e un leggero venticciolo lo
destò dal
torpore di un sentimento nuovo e curioso che non aveva idea di come
gestire.
“Padre
mio..” sussurrò “Proteggi questa gente.
Porta coloro che hanno
perso la via di nuovo sulla giusta rotta e proteggi Candice che con
amore si prende cura di queste creature. Le tue creature.”
Una
folata di vento più calda e più forte fece
cigolare la porta
socchiusa.
“Si
Padre, lo farò.. Lo prometto.”
Mr
B. aprì gli occhi e si alzò piano.
Si
sdraiò sul pavimento e poggiò la testa su un
vecchio sacco
invecchiato dal tempo – non era soffice come un cuscino ma
poteva
andar bene tutto sommato – e chiuse di nuovo gli occhi.
“La
tua testa starebbe più comoda se poggiata su un morbido
cuscino, non
credi?” sentì dire.
Aprì
gli occhi di scatto e sorrise mettendosi seduto.
“Sono
un tipo che si adatta in fretta.” rispose indossando di nuovo
la
camicia.
“Giusto..
Tu sei il misterioso uomo senza un nome che si adatta in fretta e che
sa fare tutto quello che serve.”
Candice
avanzò stringendo in una mano una bottiglia di bourbon e
nell'altra
due bicchieri.
“Si
signora.”
“Signora?”
chiese lei sedendosi a terra accanto a lui “Non credi che sia
il
momento di darmi del tu? Ci conosciamo da un anno. Direi che possiamo
considerarci amici oramai.” aggiunse versando del bourbon nei
bicchieri.
Gliene
porse uno e prese l'altro alzandolo un po' in alto.
Sorrise
e lo bevve tutto d'un fiato scuotendo il capo e chiudendo gli occhi
fino a che non ebbe ingoiato l'ultimo sorso.
“Wow!”
disse riaprendoli “È piuttosto
forte.”
“Ce
ne sono di più forti. Ma suppongo che tu non sia un'accanita
bevitrice.. Candice.”
La
donna fece spallucce e si mise più comoda sul pavimento.
“No, non
lo sono.. Questa bottiglia era in dispensa.. Un goccio di alcol ogni
tanto è l'unico vizio che mi concedo. Mi viene voglia di
bere quando
sono confusa.”
Mr
B. sorseggiò con gusto il contenuto del suo bicchiere e poi
la
guardò. “Quindi devo dedurre che stasera ti senti
confusa da
qualcosa..”
Candice
sorrise mostrando la deliziosa fossetta sulla sua guancia sinistra e
annuì “Potrebbe essere un'ottima deduzione in
effetti.”
L'uomo
rise bevendo l'ultimo sorso, poggiò il bicchiere sul
pavimento e si
avvicinò piano a Candice.
Le
accarezzò la punta del naso con un dito e poi
poggiò dolcemente la
bocca sulla sua.
Il
labbro superiore prima, quello inferiore dopo, mentre la sua mano le
accarezzava gentile il viso.
“Il
mio nome è Balthazar..” sussurrò lui
senza allontanarsi da lei.
Candice
Appleton si sentì confusa per un attimo.
Le
labbra di quell'uomo erano calde e rassicuranti. La facevano fremere.
Sollevò
piano la mano e la poggiò sulla guancia di Balthazar. Si
inginocchiò
e si strinse di più a lui accarezzandogli il ventre definito
e
fresco.
Era
inebriante la sensazione che provava: un misto di eccitazione, paura
e desiderio combattevano tra di loro facendole battere il cuore.
Aveva
desiderato quel momento o era solo.. accaduto?
L'aveva
desiderato, con tutta se stessa.
Ma
era sposata e non voleva tradire l'uomo che era andato in guerra per
senso del dovere. Non voleva tradire l'uomo che l'aveva amata e
rispettata per tanto tempo.
Non
era una moglie fedifraga e non voleva diventarlo.
Si
staccò – anche se a malincuore dovette ammetterlo
– da quelle
labbra al sapore di bourbon e scosse il capo alzandosi piano.
“Io
ho un marito. Non voglio.. non posso tradirlo.”
farfugliò.
“Mi
dispiace Candice.. Io non.. non avrei dovuto farlo.” fu la
risposta
dell'uomo “Mi dispiace..” disse ancora.
Ma
Candice era già nella sua stanza, immersa nuovamente nel suo
mondo
che non prevedeva di vivere la passione devastante che lui sentiva
dentro.
Volse
di nuovo gli occhi al cielo e si strinse la testa tra le mani.
Baton
Rouge 28 maggio 1865
Candice
bussò cauta alla porta di quella che era la stanza di
Balthazar.
La
guerra era finita da un giorno e ogni cosa sembrava tornare pian
piano alla normalità.
La
primavera sembrava più calda e i colori più
scintillanti mentre
felici per la fine della guerra, gli uomini cantavano e ballavano nei
campi di cotone.
Balthazar
aprì la porta lentamente, sicuro di chi si sarebbe trovato
davanti.
Candice
se ne stava lì, chiusa in un abito a maniche corte di una
bellissima fantasia fiorata.
Stringeva
tra le mani un cuscino bianco che sembrava morbidissimo al tatto.
Aveva
l'espressione tesa e triste ed era la creatura più bella che
lui
avesse mai visto.
I
castani capelli, sciolti sulle spalle, contrastavano perfettamente
col colore chiaro della sua pelle, e le sue mani, che stringevano il
cuscino, erano un ricordo impossibile da scacciare per lui.
“Ciao..”
le disse spostandosi per farla entrare.
“Ciao..”
rispose lei avanzando lenta dentro la camera “Ti ho..
svegliato?”
“No..
Io ero già sveglio da un po'.”
“Non
ti ho visto a colazione.”
“Non
avevo fame.”
“Non
hai fame da diciotto giorni.” rispose lei con tono triste.
“Non
preoccuparti per me. Sto bene.”
Candice
annuì e gli porse il cuscino “Questo è
più morbido del pavimento
per poggiarci la testa.”
Balthazar
lo prese tra le mani e lo strinse forte.
Era
decisamente più morbido del pavimento. Morbido come cotone.
“Dentro
c'è il primo cotone che è stato raccolto. Era
poco perchè
potessimo venderlo e così ci ho fatto un cuscino. E ora
voglio
regalartelo.” spiegò lei.
Balthazar
sorrise e annuì “Grazie.. è veramente..
soffice.”
La
donna sospirò e si schiarì la voce “Mio
marito ha mandato un
messaggio tramite un uomo. Tornerà a casa alla fine della
settimana.
A quel punto costruiremo un letto in questa stanza e tu potrai
smettere di dormire sul pavimento. Non potete ancora andar via, la
schiavitù non è ancora stata abolita,
è meglio per voi..”
“Io
non sono uno schiavo. Ricordi?” la interruppe lui.
“Vuol
dire che non sarai qui alla fine della settimana?”
Balthazar
abbassò gli occhi e poggiò il cuscino su una
sedia lì accanto “Sei
una brava donna Candice. Forte, generosa e.. bellissima. Ma non sono
sicuro che questo sia il mio posto adesso.”
“Capisco.”
“Ti
sono grato per quello che hai fatto per me.. per tutto quanto
ma..”
“Se
io non fossi sposata..”
“Ma
lo sei, ed è inutile parlarne. Sii felice con tuo marito
Candice..”
“Dove
andrai?”
“Chi
può dirlo.. Qualsiasi posto va bene. Io mi adatto in fretta
ricordi?”
Candice
sorrise trattenendo le lacrime, poi si avvicinò lenta e si
sollevò
sulla punta dei piedi.
Gli
baciò delicatamente le labbra ed il mento, e poi
lasciò la stanza
senza voltarsi indietro.
Raggiunse
la sua camera e singhiozzò fino a sentirsi esausta.
Candice
Appleton era una moglie fedele e devota, ma si era innamorata
dell'uomo misterioso dal sorriso furbo.
Poteva
l'amore essere considerato tradimento?
Giorni
dopo, quando il marito tornò a casa, lei era felice e triste
allo
stesso tempo.
Felice
di rivedere l'uomo che aveva sposato e triste perchè
dell'uomo che
amava non era rimasto altro che un bianco cuscino di cotone poggiato
su una sedia.
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Capitolo 3 *** Ghosts of the past ***
Grazie mille a brokendream
per il sostegno, i consigli ed il bellissimo logo :)
Ghosts
of the past
Baton
Rouge 13 maggio 2011
Non
ci avrebbe mai creduto se glielo avessero detto, eppure era successo.
Da
più di due settimane era a corto di donne.
Quelle
che incontrava, o non gli piacevano, oppure lui non piaceva a loro.
Una..
ragazzina di circa vent'anni si era persino permessa di ridergli in
faccia dicendogli che somigliava a suo padre.. e che anzi lui
sembrava più giovane.
Come
aveva osato?
Il
suo tramite era un uomo di mezza età di aspetto fantastico.
In
forma, con occhi azzurri come il cielo e lineamenti delicati ma
mascolini.
La
sue pelle era colorita al punto giusto e i suoi capelli dorati.
Inoltre,
da quando lui l'aveva “occupato”, il suo gusto in
fatto di
vestiti era decisamente migliorato.
Prima
si vestiva come una specie di prete in pensione, e se ne stava seduto
a bere limonata sul portico di una gigante casa immersa nel verde di
un solitario ambiente campagnolo, ora si vestiva come un uomo di
classe che non rinuncia alla sua giovinezza e che anzi la considera
un fattore interiore e non un semplice dato anagrafico.
L'aveva
sicuramente migliorato col suo arrivo, nonostante l'avesse preso e
mollato più volte prima di domiciliarsi definitivamente
dentro di
lui.
Ma
anche prima era un uomo comunque di classe. Colto e molto
intelligente.
Era
nato nel 1965 in una. non molto conosciuta città della
Francia: La
Rochelle.
Patria,
tra gli altri, del pittore William Bouguereau e dell'intrigante
attrice porno Melissa qualcosa..
Lì
a La Rochelle, 77.000 abitanti e 480 km di distanza da Parigi, non
aveva trovato subito l'amore e, aveva messo su una piccola ma
proficua azienda produttrice di vini e spumanti francesi, diventando
ben presto molto famoso e ricco.
Nonostante
questo, non incontrava mai donne, troppo timido o semplicemente
troppo preso dal suo lavoro, e se ne era rimasto solo fino ai
quarantadue anni.
A
quel punto, spinto da una comprensibile ma del tutto sorprendente
voglia di amare, si era guardato intorno, e aveva trovato quella che
sarebbe diventata la donna che avrebbe amato per tre lunghi anni:
Clarissa.
Una
donna semplicemente meravigliosa, con lunghi capelli dorati e il
sorriso dolce di un angelo.
L'aveva
amata intensamente, fino al giorno in cui la povera donna non era
morta in un terribile incidente stradale, lasciandolo solo e
disperato.
Da
allora, Louis – era questo il suo nome – non era
mai più stato
lo stesso.
E
un anno dopo la tragedia, il giorno del suo quarantaseiesimo
compleanno, Balthazar, che l'aveva osservato per un po', aveva deciso
di toglierlo dalla miseria di quel dolore, e così l'aveva
convinto a
dire di si.
Prima
di lui, tanti anni prima, aveva fatto lo stesso col suo bis bis
nonno: Jean.
Jean
era nato nel 1817, francese di origine e americano per immigrazione,
era morto nel 1879 – quattordici anni dopo che Balthazar
aveva
abbandonato il suo corpo per tornarsene in paradiso, stroncato da un
infarto mentre lavorava nei campi.
Lasciava
una moglie ed un figlio ed era esattamente uguale a Louis.
Stesso
viso, stessi capelli, stesso incarnato.
Sarebbero
stati scambiati per gemelli se non fosse stato per le due generazioni
di differenza.
Balthazar
aveva scelto loro per essere i suoi contenitori, e quando avrebbe
lasciato Louis, probabilmente avrebbe preso un nipote, o un cugino.
Oppure, semplicemente, avrebbe tenuto lui per sempre, dandogli in un
certo qual modo l'immortalità.
Si
guardò intorno con le mani in tasca.
Chiuso
in un completo elegante, al centro della sala che teneva una mostra
d'arte a Baton Rouge, in Louisiana,
e cercava con gli occhi una facile preda.
E
per facile preda, lui intendeva una bella donna fissata con ricchezze
e accenti, da poter ammaliare con i suoi abiti firmati e il suo
accento francese.
Ma
non ce n'era nemmeno una..
O
meglio, non ce n'era nemmeno una che non somigliasse ad una cozza.
Si
si.. era ingiusto concentrarsi sull'aspetto fisico.
La
vera bellezza sta dentro le persone..
Ma
che poteva farci se gli piacevano le cose belle? Se gli piacevano le
donne che tutti gli uomini si voltano a guardare?
Non
era mica colpa sua.
Non
aveva di certo la concezione di donna – trofeo, ma gli
piacevano le
donne piacenti ecco.
Sospirò
e si avvicinò alla zona bar.
“Un
bourbon per favore.” disse gentile mettendosi seduto.
Incrociò
le mani e rifletté.
Il
barista tornò dopo pochi minuti, con il bourbon che aveva
ordinato e
un bicchiere di vino rosso di Montepulciano.
Toscana..
lui la adorava.
“Questo
è da parte di quella donna laggiù.. A quanto pare
ha fatto
conquiste signore.” spiegò il barista indicando
l'angolo opposto
del bancone.
Balthazar
alzò gli occhi sicuro che non sarebbe stato il suo tipo, ma
deciso,
qualunque cosa avesse visto, ad andare a fondo.
Aveva
voglia di stringere la carne profumata di una donna, di baciarla,
leccarla, perdersi nel caldo piacere di una femminilità.
Quindi
si sarebbe accontentato qualunque tipo di donna si sarebbe offerta
alla sua vista.
Aguzzò
la vista e deglutì a vuoto.
Quella
donna era bellissima.
Fasciata
da un bellissimo abito di seta beige, senza spalline, con una
scollatura a cuore, morbido poco più su del ginocchio,
boccoli
castani le accarezzavano le spalle.
Era
da togliere il fiato come ricordava essere solo un'altra donna, e le
somigliava in un modo incredibile.
Spaventoso.
Doveva
essere un sogno, o forse era già ubriaco e non se ne rendeva
conto.
Si,
probabilmente aveva già ingurgitato una vergognosa
quantità di
alcol e ora stava come.. delirando.
Non
era possibile!
Bevve
il suo bourbon tutto d'un sorso e poi uscì fuori lasciando
lì il
vino italiano, la sua sicurezza, e anche un po' del suo coraggio.
Il
suo passato tornava a fargli visita e per quanto gli piacesse, lo
rendeva triste.
****
Scarlett
sospirò amaramente raggiungendo la piccola terrazza.
Il
cielo era sereno e pieno di stelle sopra di lei e un leggero
venticciolo fresco le fece desiderate di avere con sé una
giacca.
Ma
non l'aveva, perchè nella sua mini pochette dorata non c'era
spazio
e perchè lei aveva previsto un'arietta calda per quella sera.
Anzi,
più correttamente aveva previsto di rimanere alla mostra
solo per
qualche ora e poi tornare a casa e infilarsi sotto le coperte per
recuperare il sonno che aveva perso organizzandola.
Perchè
era questo il suo lavoro, organizzare eventi di qualunque tipo e come
organizzatrice, era quasi costretta a parteciparvi.
Quelli
che preferiva organizzare erano i matrimoni.
Adorava
quella romantica speranza di un amore che sarebbe durato per sempre,
e per quanto poco credesse nell'istituzione rappresentata dal
matrimonio, si ritrovava comunque sempre a piangere come una sciocca
al momento delle promesse.
Non
era cinica, credeva all'amore.
Semplicemente
non credeva nel matrimonio, con l'abito bianco, la cerimonia, il
rinfresco, le damigelle ecc ecc.
Se
due persone si amano, che motivo c'è di dimostrarlo con una
specie
di certificato?
E
nonostante questo pensiero fisso, era diventata l'organizzatrice di
eventi più quotata della città ed i matrimoni
erano la cosa che
maggiormente le veniva richiesta.
Si
schiarì la voce e si strofinò le braccia con le
mani nell'intento
di scaldarsi un po'.
Quella
serata era stata un successo dal punto di vista lavorativo, ma un
fallimento per quanto riguardava la sfera personale.
Aveva
fatto la prima mossa con un uomo.
Un
uomo affascinante e intrigante, bellissimo e dagli occhi languidi, e
aveva miseramente fallito.
Aveva
mandato lui un bicchiere di vino rosso e come risposta aveva ricevuto
uno sguardo spaesato, quasi.. terrorizzato e un allontanamento a
passo tanto svelto da sembrare quasi un volo e non un camminata.
Perchè
aveva reagito in quel modo?
Non
la trovava carina forse? Pensava che fosse brutta?
Eppure
credeva di essere molto carina quella sera.
Il colore dell'abito
le donava, il modello metteva il risalto i punti giusto del suo
corpo, i tacchi la facevano sembrava più alta, il trucco era
leggero
e delicato e i capelli erano boccolati a regola d'arte.
Cosa
c'era che non andava in lei?
Perchè
tutti gli uomini che le piacevano non sembravano degnarla nemmeno di
uno sguardo.
Anzi,
perchè la guardavano ma lo facevano come se stessero
guardando un
uomo basso, grasso e pieno di peli?
Poggiò
la borsetta su un tavolo e si schiarì la gola.
“Ciao,
ti guardavo da quel lato del bancone e ho pensato che sei davvero
molto carino. Ti va di fare quattro chiacchiere?”
Poi
si spostò dall'altro lato e fece la voce grossa.
“Ah
ah ah.. come sei divertente. Come ti viene in mente? Sei
orrenda.”
Poi
di nuovo dal lato opposto “Ma ho portato del vino
italiano.”
“E
chi se ne importa?”
Sguardo
disorientato e perplesso e poi fuga a gambe levate.
“Aspetta,
non..”
“Cosa
stai facendo?”
Sobbalzò
e si portò la mano sulla bocca per trattenere un urlo.
Si
voltò e si ritrovò davanti all'uomo che era
fuggito via rifiutando
il suo gentile omaggio.
Lo
guardò perplessa e corse dentro, poi si affacciò
di nuovo con la
testa e lo vide fermo, con le mani in tasca e un sopracciglio alzato
in segno di confusione.
“Stavo
imitando te.. prima quando.. Lascia stare.” disse
raggiungendolo.
“Allora..”
continuò posizionandosi davanti a lui “Che
succede? Non ti
spavento più? Non mi trovi più orrenda?”
“Orrenda?”
replicò Balthazar “Ehm no.. credo invece che tu
sia splendida.”
Lei
annuì e arricciò poco la bocca “Quindi
sei.. fuggito via prima
perchè mi trovi splendida?”
Balthazar
deglutì a vuoto e distolse lo sguardo da quelle fossette
sulle sue
guance.
“Scusa
per quello.. È
solo che.. somigli ad una persona che conoscevo e che purtroppo
adesso non c'è più. Quando ti ho vista
è stato come rivedere lei
per un attimo.. e mi sono sentito.. confuso diciamo.”
“Oh..”
sussurrò lei “Mi dispiace.”
“Si,
anche a me.”
Rimasero
in silenzio per qualche secondo, e poi Balthazar si tolse la giacca e
gliela sistemò sulle spalle “Hai la pelle d'oca.
Immagino che tu
abbia freddo.”
“Un
po'. Ti.. ti ringrazio.” rispose spostando fuori i capelli
“Io mi
chiamo Scarlett comunque.”
“Io
sono Balthazar.”
“Strano
nome il tuo.. Ma interessante.” rispose lei sorridendogli.
“Scarlett.
È ora dei ringraziamenti, vieni.”
La
donna si voltò verso la porta e sorrise “Arrivo
subito.”
Poi
guardò Balthazar e sospirò “Ci
rivediamo qui fra dieci minuti?”
chiese.
“Mi
troverai esattamente qui.”
“Bene..
ma terrò la tua giacca in ostaggio fino ad allora. Come..
assicurazione.”
Balthazar
rise e la guardò allontanarsi.
Scarlett
invece entrò dentro e raggiunse il piccolo palco.
Dopotutto
quella serata stava migliorando.
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