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di Jaded_Mars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Frammento 1 ***
Capitolo 2: *** Frammento 2 ***
Capitolo 3: *** Frammento 3 ***
Capitolo 4: *** Frammento 4 ***
Capitolo 5: *** Frammento 5 ***
Capitolo 6: *** Frammento 6 ***
Capitolo 7: *** Frammento 7 ***



Capitolo 1
*** Frammento 1 ***


Il ticchettio delle lancette dell’orologio riempiva il silenzio del bagno. Il tempo correva, in quel tardo pomeriggio estivo. Un fascio di calda luce dorata entrava dalla finestra illuminandolo quasi a giorno. Era quasi il termine di una giornata afosa, un filo di vento smosse leggermente le tende, che tornarono ad afflosciarsi immediatamente.  Holly si stava passando con impaziente precisione l’ultimo tocco di mascara sulle sue ciglia lunghe. Distolse l’attenzione per andare ad accendere lo stereo, le piaceva prepararsi con la musica, le dava la sensazione di essere la protagonista di un film. Le note di Rag Doll coprirono il suono dell’orologio, allontanando anche il pensiero dell’enorme ritardo che aveva. Chiuse il tubetto che aveva in mano e controllò  il risultato. Grandi occhi verdi risaltavano incorniciati da un sottile tratto di matita nera, le inesistenti imperfezioni rese ancora più perfette dal velo di cipria che rendeva il suo volto di porcellana.  Non aveva bisogno di nient’altro, si sentiva perfetta. Allontanandosi dallo specchio, sorrise alla sua immagine riflessa, soddisfatta, dirigendosi verso la camera improvvisando un balletto per poi fare immediatamente dietrofront e tornare rapidamente all’armadietto dove teneva tutti i suoi cosmetici.  Una lunga ciocca di capelli castani cadde mollemente dall’improvvisata crocchia che si era fatta con una matita. Allungò sicura la sua mano verso l’ultimo ripiano e frugò tra gli smalti colorati. “Dove diamine è finito?” sbuffò irritata e si fermò a riflettere per poi ricordarsi che giusto la sera prima aveva buttato il suo burro cacao nella borsa. Lo corse a prendere e se lo passò più volte sulle sue belle labbra piene. Ora sì che era perfetta. 

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Capitolo 2
*** Frammento 2 ***


Aprì i suoi occhi verdi lentamente, infastidito da quello squillo acuto che aveva interrotto il suo adorato sonno.  Lasciò continuare quel trillo nervoso mentre si stropicciava il volto gonfio di riposo, si sporse  appena, cercando a tentoni la cornetta del telefono posato da qualche parte sul pavimento, la trovò, la alzò e la fece ricadere. Dopo si rigirò con un tonfo sul materasso. Se c’era una cosa che odiava, era essere svegliato mentre dormiva così bene, dopo avere passato mesi sulla strada a racimolare ore di sonno qua e là durante le pause tra i concerti, le interviste e i soundchecks. Probabilmente odiava ancora di più parlare forzatamente appena sveglio, perché era quel genere di persona che doveva essere lasciata in pace per almeno mezz’ora altrimenti rischiava di passare scazzato l’intera mattinata. Sapeva che era un fottuto giornalista che gli avrebbe rotto le palle con le sue domande idiote e non aveva per niente voglia di dargli retta, per questo non aveva risposto. Proprio in quel momento lo squillo ricominciò, ancora più insistentemente, se possibile, facendolo esasperare. “Ma porca puttana vaffanculo” biascicò contro chiunque stesse chiamando. Rispose con un grugnito incazzoso.

“Hey bro, è un piacere anche per me sentirti così allegro, io sto bene, grazie, e tu?” gli fece di rimando la voce di Tommy.

“Ma che cazzo vuoi Tommy? Non hai visto che ore sono?” già, che ore erano? Non aveva nemmeno controllato, ma non si diede la pena di farlo, preferendo passarsi una mano sulla fronte per schermarsi gli occhi dalla luce che penetrava dalle persiane. Era ancora scombussolato dal viaggio di ritorno dall’Europa, il jet lag stava facendo il suo effetto e, come sempre da quando era tornato sobrio e sano, non lo sopportava, perché gli dava la sensazione di perdere tempo prezioso nel riadattarsi alla normalità.

“Sì ho avuto una bella giornata anche io, grazie dell’interessamento! Bello, ripigliati, sono ben le sei e mezza di pomeriggio del 4 luglio,dì ma che ti sei svegliato con il piede sbagliato?”

“Naaa ma dai, sempre a scherzare te, non fai ridere! Lo sai che se fossero davvero le sei e mezza del quattro luglio non sarei certamente ancora nel letto…”

Nonostante lo scetticismo, si voltò in bilico sul bordo del letto a guardare la sveglia. Quando mise a fuoco i caratteri verdi del led, a Nikki venne un colpo tale che quasi cadde. Improvvisamente divenne attivo al massimo. ‘No cazzo nonono, non può essere non è possibile che abbia dormito così tanto. Cazzo cazzo!!!’ stava quasi urlando mentre scaraventava via le lenzuola.

“...Ah no aspetta ho capito, t’ho svegliato io vero? Sapevo che non avresti sentito la sveglia. Eddai su bro, meglio, almeno…”

“Sese Tommy scusa devo scappare ciao!”

Nikki non lo stava più ascoltando. Aveva solo una fretta indemoniata. Come aveva potuto dormire così a lungo? Come?!? Doveva fare un sacco di cose, era così importante quel giorno che si sentiva già una merda per essersi ridotto ad avere così poche ore per fare tutto. Corse in bagno, infilandosi sotto  il getto tiepido della doccia, mentre mentalmente ripassava l’insieme del suo guardaroba per trovare qualcosa di adatto da mettersi. Gli vennero in mente le parole di Vince, che un giorno lo aveva criticato per vestirsi sempre e perennemente da rockstar, con quei dannati pantaloni di pelle anche quando non doveva andare in concerto. Ma d’altronde lui era così, non lo faceva per apparire, e non gliene fregava di meno di quello che pensavano gli altri, avrebbe continuato a fare come voleva. Spense l’acqua, si asciugò rapidamente e mentre si sfregava i capelli neri nell’asciugamano, fece accidentalmente cadere un bicchiere. Era tentato di lasciare tutto lì, invece si fermò a raccogliere  rapidamente i pezzi di vetro. Per la fretta si tagliò il palmo della mano con un frammento, gocce di sangue rosso iniziarono a cadere per terra. Nikki imprecò, non gli ci voleva.  Lasciò che il sangue finisse di scorrere nel lavandino e prese l’asciugamano per tamponare la ferita. Stava facendo un casino, sporcando tutto. Si fasciò alla bell’e meglio e tornò in camera lasciando il bagno così, come un macello, gli ricordava quasi quelle volte che si bucava e fiotti di sangue sgorgavano dalle sue vene marce. Aprì l’armadio e, facendo attenzione a non sporcare niente, pescò un paio di jeans chiari strappati sulle ginocchia, una camicia bianca che cominciò ad abbottonarsi a fatica con le mani nervose, ma che per la fretta lasciò mezza aperta e infine una giacca blu scura. Si infilò un paio di stivali neri e si precipitò giù dalle scale verso l’ingresso. Non perse tempo a pettinarsi, tanto non ne aveva bisogno, era una causa persa, i suoi capelli facevano quello che volevano e magicamente finivano sempre a posto, in quel look da mezzo fulminato mezzo appena sveglio che sembrava creato così appositamente, ma che invece era del tutto casuale. Afferrò le chiavi della macchina, controllando di avere preso portafogli,occhiali da sole ed orologio. Uscì di casa quasi correndo ma si fermò a metà strada tra la porta e l’auto. No. Non sarebbe mai riuscito ad arrivare in tempo in centro a Los Angeles, quella era l’ora del traffic jam, non si sarebbe mai mosso da quel garbuglio di macchine sulla freeway. Era fuori discussione l’uso della sua bella Maserati. Si maledisse di nuovo per la sua idiozia. Odiava anche fare le cose in fretta, era un preciso di natura e avere poco tempo a disposizione spesso lo portava a temere di trascurare dettagli importanti, soprattutto quel giorno. Senza pensarci due volte, si girò e tornò in casa. Sentì il telefono squillare per l’ennesima volta. ‘Oh fanculo Tommy, sai che non è il momento!’. Quel suono lo accompagnò mentre correva fuori. Inforcò la sua Harley e uscì dai cancelli di quella magione a Van Nuys, che tanto di lui aveva visto e che presto avrebbe venduto, e sfrecciò verso Los Angeles spingendo sull’acceleratore più che poteva. 

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Capitolo 3
*** Frammento 3 ***


Seduta sul divano, Holly, stava sfogliando distrattamente una rivista di moda. Tanti bei volti di ragazze affascinanti la scrutavano da quelle pagine. Poche di loro la colpivano, non stava cercando un accessorio o un trucco in particolare, stava solo cercando di ingannare il tempo. Guardò il suo piccolo orologio da polso bianco. Aspettava da più di un’ora, e pensare che credeva di essere lei quella in ritardo. Pur essendo il quattro luglio, era stata chiamata in ufficio fino all’ultimo per completare un lavoro che spettava a quella stronza della sua collega che, come sempre, se l’era svignata il giorno prima lasciandola nella merda. Era classico, quando lei aveva bisogno di un permesso o un  favore quella là faceva sempre in modo di scaricarle qualche sua magagna da risolvere. Ad ogni modo, era riuscita a finire tutto comunque, anche quella volta.  A volte si chiedeva perché non aveva studiato arte come aveva sempre desiderato fare anziché buttarsi nella finanza. Non le piaceva, non la appassionava, eppure ogni giorno andava a sedersi alla sua scrivania in un ufficio open space, davanti a un computer dallo schermo nero su cui si susseguivano infinite combinazioni di numeri di titoli. Passava le ore a rispondere al telefono, a parlare con clienti ansiosi di fare il giusto investimento cercando di dispensare i consigli giusti.  Era il 1990 e tutti i ragazzi della sua età si lanciavano in quel mondo sperando di diventare i nuovi Gordon Gekko. Spesso, durante le giornate più dure, si sfilava i suoi begli occhiali di osso e iniziava a fantasticare sull’idea di mollare tutto ed aprire un baretto sulla spiaggia alle Hawaii e vivere per sempre in mezzo ai surfisti in una perenne estate. In fondo un po’ di soldi li aveva messi da parte e non ne servivano tanti per mantenersi con quello stile di vita. Ma il suo vero desiderio era quello di svignarsela da quell’arido mondo il prima possibile  per dedicarsi pienamente alla fotografia. Andava sempre in giro con la sua adorata Nikon in borsa, non sapeva mai in cosa poteva imbattersi di particolare che valesse la pena essere immortalato in uno scatto. Chissà se quel sogno si sarebbe mai realizzato.                                                                            

Si stirò con cura una piega della vestito bianco che indossava, un abito corto, semplice e senza spalle, e abbandonò  le mani in grembo sospirando. Dove diamine era finito? Non era da lui un ritardo simile, di solito era lei quella che lo faceva aspettare, lì, su quel divano di stoffa bordeaux a bere una tazza di caffè nero, mentre lei finiva di truccarsi o cercava il paio di scarpe giuste da abbinare all’abbigliamento del momento. Suonava il campanello due volte, Holly andava ad aprire e quando incontrava lo sguardo di quei magnetici occhi verdi si riempiva di gioia. Lui le sorrideva salutandola come se fosse la più bella del mondo e la baciava dolcemente sulle labbra, facendole scorrere un brivido lungo la schiena a quel tocco soffice, mentre richiudeva la porta dietro di sé. Stavano insieme da due anni, si conoscevano da tre, e ogni volta che si vedevano era come la prima.  Le piaceva quando l’abbracciava, la teneva stretta, si sentiva protetta. Respirava a fondo il suo profumo di tabacco e si sentiva felice. Si scostò un ciuffo di capelli dal viso. Non era tranquilla, c’era qualcosa che non andava e stava iniziando ad agitarsi. Magari era successo qualcosa di brutto, non voleva pensare al peggio, però … si tolse le sue decolleté nere di vernice e abbassò il volume della radio. Voleva provare  a chiamarlo a casa, probabilmente si stava preoccupando inutilmente, lui avrebbe risposto e le avrebbe detto che era in ritardo, o che si era addormentato per il jet lag, ci avrebbero fatto una risata su e sarebbe arrivato a prenderla.

“Tu tuuu ... tu tuuu …” Il telefono squillava a vuoto. ‘Magari non avrà sentito’ cercò di auto-tranquillizzarsi da sola. Restando con la cornetta in mano ricompose il numero. Niente da fare, nessuna risposta.  No, decisamente qualcosa era andato storto ed Holly aveva paura di pensare a cosa potesse essere. ‘Basta’. Raccolse dal divano la sua giacca di pelle e la borsa, si infilò le scarpe, prese le chiavi della macchina. Si era stufata di stare ad aspettare, sentiva il bisogno di agire. “Liz sto uscendo!” urlò alla sua coinquilina. Liz fece capolino dalla cucina, in grembiule e shorts.  “Holly ma non doveva passare lui?”
 “Sì ma è in ritardo e non risponde al telefono. Vado a casa sua a vedere se lo trovo! Oh Liz spero che non sia successo niente di male.”
Uscì dalla piccola palazzina di mattoni, entrò nella sua piccola Honda nera e si diresse verso Van Nuys senza essere sicura di cosa avrebbe trovato.

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Capitolo 4
*** Frammento 4 ***


Nikki non sapeva più se ringraziare per quell’illuminazione che gli era venuta quando aveva deciso di prendere la moto o continuare a bestemmiare in qualsiasi lingua per quel casino allucinante che aveva trovato. Non ce la faceva più sembrava isterico, controllava ogni minuto l’ora, come se potesse cambiare da un momento all’altro. E stava anche pregando di non beccare nessuna volante della polizia, non poteva permettersi di perdere del tempo a farsi fare una multa per essere uscito senza casco. ‘ Ti odio Los Angeles! Sei così bella ma diventi maledettamente insopportabile quando c’è traffico.’. Tra l’altro quel giorno era festa nazionale quindi tre quarti di città era a casa e si smobilitata, chi per andare nei parchi per fare un barbecue in compagnia, chi per passare una giornata al mare, ma soprattutto tutti si stavano progressivamente riversando in strada per andare ad accaparrarsi un bel posto per vedere i fuochi d’artificio che avrebbero fatto di lì a poche ore sulla costa. Il quattro luglio era sempre stato così, da che si ricordava, un giorno caldo assolato, in cui tutti stavano in compagnia e si passava il tempo a bere, mangiare, ridere e scherzare fino a tarda notte, per poi riprendere la vita normale il giorno dopo. Non che lui lo avesse vissuto mai come un giorno diverso, considerato che quello era stato il suo tenore di vita da dieci anni, e il ritorno alla sua quotidianità non era propriamente come quello di tutti gli altri. Si sentiva fortunato a potere vivere di quello che amava, libero di potere fare quello che voleva. Ora lo capiva davvero. Per anni aveva passato i giorni a buttarsi via, a farsi del male credendo illusoriamente di farsi del bene. Poi aveva smesso. E ci era riuscito, non senza difficoltà e sforzi, però finalmente si sentiva libero, padrone di se stesso come mai lo era stato prima. Non era più dipendente da niente se non dalla musica, dagli amici, dalla fotografia e da Holly. Il suo piccolo diamante nero, così la definiva quella ragazza speciale, la sua ragazza. Quando l’aveva incontrata per la prima volta tre anni prima, le era piaciuta,  era bella con quegli occhiali che le incorniciavano i grandi occhi, verdi come i suoi, ma nei quali splendeva una luce del tutto diversa, viva. L’aveva incontrata in un negozio di fotografia, lei stava studiando con aria concentrata degli obiettivi, i lunghi capelli castani mossi che le ricadevano sulle spalle, coprendo parzialmente la giacca di camoscio beige che indossava. Le davano un’aria da intellettuale, diversa dalle solite ragazze appariscenti ed esagerate che aveva incontrato in passato. Nikki si era fermato a guardarla, era l’unica persona presente, a parte il commesso alla cassa. Niente da dire, aveva trovato qualcosa di magnetico in quella ragazza, che gli aveva fatto venire voglia di volere stare solo con lei a parlare di qualsiasi cosa, anche del tempo se si fosse reso necessario. Quello era il periodo in cui si stava curando, per uscire dalla sua dipendenza, la sua autostima e capacità di relazionarsi era andata sotto zero con le persone, per non parlare di quanto si sentiva inetto e di nuovo un sedicenne quando si  trattava di cercare di parlare con una donna a cui era interessato.  Cercò di attirare la sua attenzione in modo non troppo appariscente, sperando anche che lei non lo riconoscesse, non voleva che scappasse via a causa della sua cattiva fama. Prese un paio di libri a caso dagli scaffali e si avvicinò a lei.

“Ciao … ehm … sembra che tu te ne intenda di fotografia vero? Sai per caso quale sia migliore tra questi per potere iniziare?”

Lei si girò, distogliendo lo sguardo dall’obbiettivo per posarlo su quell’alto ragazzo che aveva di fronte per poi farlo cadere sui volumi che le stava mostrando.

“Beh diciamo che non sono professionista però qualcosina conosco, se me li fai vedere posso provare a darti una mano.” Gli sorrise. Nikki sempre più imbarazzato, nel darle i libri, mancò la sua presa e li fece cadere per terra. Si sarebbe voluto scavare una fossa e sotterrarsi lì all’istante, per la figura da idiota che stava facendo. Quella ragazza era semplice e gentile, tanto che era rimasta lì ad aiutarlo finché non aveva trovato il libro giusto per iniziare.  

“…suoni?”

“Come?” non si aspettava una domanda del genere, anche se si sentiva sollevato, in parte,  perché non aveva problemi a parlare della sua professione, o almeno, della parte raccontabile.

“Sì sai, stavo guardando le tue mani e...niente ho visto che hai un po’ di tagli e calli sulle dita, così mi son chiesta se per caso suonavi.”

“Sì suono il basso in una band, vivo di musica.”

Venne fuori che anche lei suonava, il contrabbasso per la precisione. Si era diplomata al conservatorio e le piacevano il blues e il rock.  Nonostante conoscesse molti gruppi e artisti sia contemporanei che di passati,  non dava segni di riconoscerlo, nonostante lui fosse molto famoso, forse più per la sua vita sregolata piuttosto che per la bravura e la tecnica di bassista. Senza accorgersene, passarono mezzo pomeriggio in quel negozio, a parlare di musica e fotografia,  fino a quando il commesso non iniziò a guardarli torvamente per invitarli ad andare da qualche altra parte. Pagarono e uscirono.
Lei si fermò di fronte a lui e gli fece “Mi  ha fatto piacere parlare con te, hai gusti interessanti. Però non ci siamo ancora presentati … Holly, mi chiamo Holly.” gli tese la mano e sorrise. Nikki stava pensando a quanto fosse carina quando sorrideva,  si illuminava e le si formavano due adorabili fossette da bambina sulle guance.

“Holly! Come Holly Golightly, quella di Colazione da Tiffany!...io sono Nikki.”

“Ah sì, sì proprio come lei. È una costante, me lo dicono sempre tutti quando mi presento!” rise imbarazzata e Nikki si sentì di nuovo come lo scemo del villaggio che dice un’inutile banalità, anche se lei non glielo aveva detto facendogliela pesare. “Beh allora… ciao Nikki, alla prossima!” lo salutò.


Lui la restò immobile sul marciapiede, schermandosi gli occhi dalla luce del sole con la mano, mentre la guardava attraversare rapida la strada e andare verso la sua macchina. Prima di entrare si girò a salutarlo di nuovo con la mano. Era terribilmente felice di essere riuscito a passare del tempo con lei. Holly. Le piaceva più di quello che avrebbe mai pensato, ma in cuor suo aveva immediatamente capito di non appartenere al suo mondo, non avrebbe mai potuto farne parte, nonostante la grande autostima e presunzione che lo caratterizzavano, non era alla sua altezza. Una come lei non avrebbe mai voluto uscire con lui.   Invece eccolo lì, tre anni dopo, innamorato più che mai di quella ragazza che lo aveva accettato per quello che era con tutti i suoi pregi e difetti, che gli era stata vicina in quei momenti in cui era più fragile, che lo aveva sempre sostenuto  e che gli aveva insegnato tante cose che non conosceva, aiutandolo a ricominciare a vivere.  Nikki continuava a correre verso downtown per andare a ritirare l’anello che le avrebbe donato più tardi, quando le avrebbe domandato di  potere essere suo per sempre, chiedendole di sposarlo. 

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Capitolo 5
*** Frammento 5 ***


Mentre stava guidando, Holly frugò nella borsa per cercare le chiavi di casa di Nikki, era sicura di averle prese ma preferiva ricontrollare altrimenti tutta la strada che stava facendo sarebbe stata inutile. Van Nuys era a un’oretta e mezza da casa sua, che era a downtown. La strada era piuttosto lineare e progressivamente usciva dal centro urbano per inoltrarsi lungo le brulle colline dei dintorni della città. Percorrendo l’autostrada in quel momento, la ragazza guardava impressionata la coda infinita nella carreggiata di fianco.  Proprio allora, con la coda dell’occhio le parve di vedere una moto simile a quella di Nikki che sfrecciava via, ma non fece in tempo a ricontrollare, visto che anche lei stava andando a tavoletta.  Quando arrivò finalmente al vialetto d’ingresso della villa, le venne un brivido. Non le piaceva quella enorme magione gotica che tanto assomigliava a una casa delle streghe. Non ci si era mai sentita sicura, da sola, emanava vibrazioni negative. In  più le sembrava sempre di essere spiata da uno di quei brutti gargoyles che popolavano il salotto, quasi fossero pronti ad attaccare gli ospiti da un momento all’altro. Quel gusto di Nikki per il macabro e l’oscuro non lo capiva fino in fondo, lei che era così solare. A dirla tutta, non lo capiva nessuno degli amici di lui, ma, come loro, anche Holly lo aveva accettato, perché sapeva che dopotutto tutti avevano le proprie passioni e lei certamente non voleva farlo cambiare semplicemente perché a lei non piaceva. Scendendo dalla macchina per aprire il cancello, una folata di vento scosse gli alberi e proiettò ombre scure sul vialetto. Il sole era oramai tramontato e il cielo si stava tingendo di un colore bluastro striato di arancione cupo, quasi fosse macchiato si sangue. La ragazza si stava prendendo paura, avrebbe dato qualsiasi cosa affinché ci fosse qualcuno con lei, o per lo meno dei vicini nei dintorni, anziché il nulla totale per almeno 700 metri. Sì, in quel momento odiava decisamente la voglia di riservatezza di Nikki, per non dire quella sua ex che aveva scelto la casa anni addietro e che lo aveva portato a sistemarsi in un posto così isolato. ‘Eddai, piantala di fare la cagona, sono solo ombre e questa è una casa che conosci bene.  Uff, spero solo che sia qui!’ si disse fra sé mentre parcheggiava di fronte all’ingresso. Armeggiò con le chiavi per aprire le mandate e disattivò l’allarme appena entrata.

“Nikki!! Nikki ci sei?!?”urlò.

Silenzio. Sembrava non esserci nessuno. Si addentrò nel buio salotto, provò in cucina ma niente. Era tutto in ordine. Effettivamente era rientrato solo due giorni prima da un tour, conoscendolo si era diretto subito a letto o a scrivere qualcosa e non aveva badato a disfare nemmeno la valigia, figuriamoci se si era messo a cucinare, visto che nemmeno era capace. Salì le scale, accendendo tutte le luci che trovava, per fare sparire la sua paura, sperando in fondo in fondo di trovarlo addormentato come un bambino tra le coperte. Arrivò in cima alla rampa e quando aprì la porta della stanza le parve che ci fosse passato un uragano. Il letto era sfatto con le coperte ammucchiate, per terra c’era il telefono circondato da fogli foglietti e polaroids e le ante dell’armadio erano aperte con delle magliette che penzolavano dalle mensole. Come aveva previsto la borsa che si era portato via in quei mesi era ancora intatta di fianco alla finestra. In un certo senso, Holly era sollevata dal non averlo trovato lì, voleva dire che era uscito per andare da lei, non si era scordato, solo che allo stesso tempo non capiva dove diamine si fosse cacciato, se era in ritardo avrebbe chiamato e  a vedere quel casino, sembrava che lo fosse. ‘Magari Tommy sa dov’è andato…’ lo avrebbe chiamato, ma prima doveva andare in bagno. Quando accese la luce per poco non le venne un infarto e cacciò un piccolo urlo. C’era sangue ovunque, nel lavandino, per terra, sugli asciugamani era allucinante. Si ricordò di quando Nikki le aveva raccontato che a volte, quando si bucava, usciva un sacco di sangue e lo scenario che aveva dipinto era più o meno quello. Le venne uno tuffo al cuore e un pensiero le saettò in testa ‘ E se…’

Ma poi le tornò in mente quella sera in cui erano finiti all’alba seduti sulla sabbia, dopo avere passato un’intera  notte a vagare senza meta per la città, fermandosi dove ne avevano voglia, raccontandosi di tutto, di loro. Accoccolati l’uno all’altra, mentre guardavano il mare in silenzio, Nikki avvicinò il suo volto a quello di lei e le posò un bacio delicato sulla tempia. “Holly, sai, vorrei che ti potessi  fidare davvero di me, fino in fondo, intendo.” Poi se ne uscì con una frase insolita.

“Regalami il tuo sogno, quello che non hai mai rivelato a nessuno, che tieni nascosto per paura che raccontandolo, non si realizzi più. Prometto che te lo custodirò, lo conserverò finché ne avrai bisogno.”

E lei glielo aveva regalato davvero. Aveva aperto il suo cuore a quel ragazzo che non si avvicinava nemmeno lontanamente  ad essere un santo, ma che era stato completamente sincero con lei sin dall’inizio.  Di lui, sì proprio di lui, sentiva di potersi fidare, anche se sembrava paradossale, sapeva che nonostante le sue stranezze, nonostante la vita sregolata che aveva condotto fino a quel momento e che non avrebbe del tutto abbandonato, aveva solo buone intenzioni con lei, ed era una persona fantastica. Non  l’aveva mai tradita; era sempre stato sincero, le aveva detto tutto, anche dei suoi momenti di debolezza, in cui si sentiva tentato di mollare tutto per  tornare indietro ai suoi demoni. Però non lo aveva mai fatto. Ed era per quello che Holly pensava che nemmeno quella volta aveva ceduto alle tentazioni. Si fidava troppo di Nikki, sapeva quanto amava la vita, quanto fosse tornato entusiasta come un bambino per le piccole cose, per credere che avesse preferito gettare tutto al vento. Essendo una ragazza razionale, cercò di darsi una spiegazione plausibile per tutto quel casino. Trovò i resti del bicchiere rotto sparsi nel lavandino e capì che doveva essersi tagliato mentre li raccoglieva. Si tranquillizzò, però ancora doveva capire dove si fosse cacciato.’Magari in ospedale per farsi medicare’.  Andò a sedersi sul letto, raccolse il telefono e chiamò Tommy, sperando di trovarlo in casa e non fuori con Heather. Fortunatamente rispose al primo colpo, con quella voce allegra che lo contraddistingueva.

“Ciao Tommy sono Holly, disturbo?”

“Holly, tesoro! Come stai? Come mai, questa chiamata, non dovresti essere col tuo principe a quest’ora?”

“Tom è proprio per Nikki che ti chiamo, non riesco a trovarlo, doveva venirmi a prendere, solo che aveva un ritardo insolito per lui, e allora ho pensato di venire io a Van Nuys, per vedere se era ancora qui.”

“Oh no… sei a Van Nuys in questo momento? Merda!”

“Sì sono in camera sua però non l’ho trovato. Hai idea di dove possa essere?”

“Tesoro, l’ho svegliato io un paio di ore fa. Mi ha urlato al telefono che doveva passare in centro e poi venire da te, sembrava che l’avesse morso una tarantola.”

“Ah…beh … grazie dell’aiuto Tommy, ora provo a chiamare a casa. Passa una bella serata con Heather! Un bacio a tutti e due!”

“Holly spero che tu riesca a trovare quel coglione, guarda te che riesce a rovinare anche una serata speciale a cui teneva tanto dopo che abbiamo passato settimane a  prepararci … A presto!”


La ragazza non  capì del tutto quell’ultima frase, però non stette lì a rifletterci. Si sentiva una perfetta idiota per essere corsa via così, pensando che chissà quale disgrazia fosse accaduta. Chiamò casa, e parlò con Liz, ma Nikki non era passato. Holly iniziò ad arrabbiarsi. Stava sprecando quella sera a rincorrere il suo ragazzo che era scomparso, erano le dieci passate oramai. La loro idea, tra le altre cose, era quella di  vedere i fuochi d’artificio nella baia di Santa Monica, che erano i più spettacolari della contea. Decise di non rinunciarci e andarci comunque,  poi sarebbe tornata a casa. Certo sarebbe apparsa un po’ strana così ben vestita, da sola sulla spiaggia, però non voleva sprecare quella sera più di quello che già aveva fatto, correndo dietro a Nikki. E poi le venne in mente che anche i suoi amici dell’università sarebbero stati lì, al loro solito posto di ritrovo dei vecchi tempi. Richiamò Liz per avvisarla di quel cambio di programma e se ne andò da Van Nuys decisa a non tornarci tanto presto.

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Capitolo 6
*** Frammento 6 ***


Nikki uscì da casa di Gem, la sua pubblicista, felice di averle chiesto giorni prima di ritirare l’anello per conto suo. Era troppo prezioso per rischiare di non riuscire a prenderlo e visto gli imprevisti che gli erano successi, non aveva fatto altro che bene. Diede un’ultima occhiata a quel prezioso regalo prima di infilarlo al sicuro nella tasca della giacca e ripartire verso casa di Holly. ‘E’ perfetto per lei’. Sentiva però che spiegarle che c’era stato un incidente sulla freeway e che avevano chiuso momentaneamente le uscite sarebbe suonata solo come una scusa ridicola, però era la verità e sperava che sarebbe riuscito a farsi perdonare. Gli venne in mente che forse avrebbe potuto chiamarla a casa per avvertirla, quando era ancora da Gem. Ora, però, non avrebbe fatto altro che perdere altro tempo tornando indietro, ci avrebbe messo meno ad arrivare e raccontarle tutto di persona. Erano settimane che non aspettava altro che vederla, poterla abbracciare e baciare, fare l’amore con lei per tutta la notte e tutto il giorno, sentire il suo corpo muoversi contro il suo, diventare tutt’uno col suo. La desiderava più di ogni altra cosa  in quel momento,  non vedeva l’ora di averla davanti e farle la proposta. Chissà come l’avrebbe presa, se sarebbe stata entusiasta o chissà che altro. In cuor suo ovviamente sperava che avrebbe accettato senza esitazioni, però sapeva anche che era una proposta avventata, avevano parlato di matrimonio giusto un paio di volte, così alla leggera, non avevano mai affrontato l’argomento seriamente. Senza poi tralasciare il fatto che lui aveva trent’anni certo, era ora che si sistemasse, ma Holly era più giovane, magari non se la sentiva di fare un passo così importante a ventiquattro anni, con lui per di più. Stavano iniziando ad attanagliarlo mille dubbi improbabili mentre era in ascensore, aspettando di  arrivare al piano. Sul pianerottolo si raddrizzò la giacca e finì di abbottonare la camicia che aveva lasciata mezza aperta per tutto il tempo e che per le corse si era un po’ sgualcita. Diede un’occhiata all’orologio, le dieci. Si aspettava un cazziatone da Holly, anche se  non era il tipo. Anzi in realtà proprio non sapeva che aspettarsi. Nella mano che si era tagliato stringeva una rosa rossa, gliel’aveva data Gem assieme all’anello, sicura che avrebbe fatto fare una figura migliore a quel fulminato. Nikki sperò che fosse davvero di aiuto, anche se la sua ragazza non era di quelle che si conquistava con due moine e un fiore. Suonò il campanello due volte, come era abitudine. Ma quando ad aprire fu  una furiosa Liz in vestaglia che lo coprì di insulti, gli venne il panico. Era davvero arrabbiata,  sapeva di averla fatta grossa.  Ma era anche vero che Liz non lo amava molto, era la migliore amica di Holly, ma lo sopportava solo in nome di quell’amicizia. Lo trovava tutto fuorché interessante ed affidabile ed adatto alla sua amica. Credeva che prima o poi l’avrebbe delusa e ferita con qualche suo gesto. Liz non aspettava altro che compisse qualche passo falso per poterglielo rinfacciare e quella sera, secondo lei, non aveva fatto altro che dimostrare la sua tesi col suo comportamento. Nikki, dopo l’iniziale disorientamento provò a calmarla. Doveva assolutamente parlare con Holly e tentò di entrare.

“Non c’è, mi spiace” Liz era ferma sull’uscio a braccia incrociate.

“Dai avanti Liz, fammi entrare, le devo parlare.”

“Dì, non hai sentito belloccio? Ho detto che non è in casa.”  Disse granitica e irremovibile.

“Liz ti prego, devo vederla…” supplicò Nikki. Non voleva sprecare energie in stupidi giochi di forza con lei e le spiegò tutto dall’inizio, sperando che almeno avesse un minimo di comprensione una volta conosciuta la storia completa. Liz, era estremamente prevenuta, non voleva credere a una parola, era troppo futile come scusa. Figuriamoci poi sposarla, addirittura, l’aveva decisamente sparata grossa quella volta. Gli rise in faccia. Nikki stava perdendo la pazienza, gli formicolavano le mani, le avrebbe volentieri tirato un cazzotto, ma si trattenne. Invece frugò in tasca, tirò fuori la scatolina con l’anello e glielo mise sotto il naso. “Ci credi ora? E’ abbastanza come prova?! Ora per favore mi dici dov’è andata Holly? ”. Liz, presa in contropiede, si zittì. Non ci avrebbe mai creduto altrimenti, ma questa volta Nikki faceva davvero sul serio. Scrutò con attenzione il viso del moro, per capire, convincersi del tutto. Un misto di urgenza ed esasperazione traspariva dai suoi occhi chiari, che stavano diventando lucidi ogni momento che passava. La ragazza si arrese.

 “E’ andata alla spiaggia, con Sally, Todd, Lucy e gli altri a vedere i fuochi, al solito posto. Era anche venuta a cercarti a casa, visto che eri sparito. Certo che sei proprio un coglione eh Sixx, potevi avvisare anziché fare tutto questo mistero. Lo sai che ci teneva, oggi è il vostro anniversario, non ti vede da settimane, bastava una chiamata e si sarebbe sistemato tutto.”
Il suo tono era tranquillo ma severo, come se stesse parlando a un bambino che aveva fatto una marchella, non c’era più traccia di rancore.

 “Però adesso vedi di muoverti e schizzare da lei, sono sicura che sei ancora in tempo per farla diventare la serata speciale che doveva essere… Dai vai!” e diede una piccola spinta a Nikki, facendolo indietreggiare. Mentre le porte dell’ascensore si chiudevano lui le sillabò un grazie pieno di riconoscenza.  Per l’ennesima volta in quella serata che sembrava infinita, risalì in sella alla sua Harley e si mise in viaggio verso Santa Monica.
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Quando arrivò, la spiaggia era un brulicare unico di persone, c’erano piccoli fuochi ogni dove, anche se normalmente era proibito, quel giorno era un’eccezione. Nikki aveva lasciato la moto non lontano dalla postazione 15 della lifeguard. Iniziava a fare freschino, l’aria di mare inumidiva quella giornata calda. Nonostante Liz gli avesse detto che Holly avrebbe raggiunto i suoi amici, lui era sicuro di trovarla lì, un po’ più isolato rispetto al centro della festa, più tranquillo, adatto per pensare. Quello era il posto dove erano andati la sera del loro primo appuntamento, dove avevano visto l’alba insieme e dove avevano aperto i loro cuori l’uno all’altra.  Andò con passo deciso verso la torretta, e mentre si avvicinava diventava sempre più definita la silhouette della sua ragazza, seduta a piedi nudi nella sabbia, con quel bel vestito bianco, i lunghi capelli scomposti dalla brezza marina.  Stretta nella sua giacca di pelle, era seria, assorta nei suoi pensieri, fragile e sicura allo stesso tempo.  Non si era accorta che fosse lì. Forse era tutta colpa della lontananza che li aveva separati, ma le sembrava ancora più bella di come se la ricordava, non c’era una di quelle polaroids di lei che si portava dietro che le rendesse davvero giustizia.  In quel momento capì che stava per fare la cosa più giusta che avesse mai fatto, era davvero con lei che avrebbe voluto passare tutto il resto della sua vita. Fece un respiro profondo e proseguì verso di lei. 

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Capitolo 7
*** Frammento 7 ***


Più ci pensava e più si arrabbiava. Cosa diamine aveva avuto da fare di così importante da non avvisarla nemmeno? Odiava quando faceva così, quando chiunque faceva così. Oltretutto, le dispiaceva che avesse rovinato un giorno così importante, il loro anniversario. Le venne da sorridere. Non si riconosceva più. Un tempo non avrebbe dato peso a un mancato anniversario, non le importavano le smancerie, le chiamate a notte fonda per dirsi che tutto andava bene, che si mancavano un sacco. Era sempre stata indipendente, anche ora lo era, sapeva stare e cavarsela da sola, non era diversa in quello, ma era cambiata dentro, perché si era innamorata. Aveva permesso solo a lui di avvicinarsi molto più di quanto avesse concesso a chiunque altro.  E ora ogni volta che lui se ne andava, sentiva che una parte della sua anima e del suo cuore se ne andavano via con lui. Poteva essere esagerata ma sentiva che lui era presente anche quando era sola, perché tra di loro si era creato un feeling profondo, una specie di filo di Arianna che permetteva loro di ritrovarsi sempre. Si rigirò tra le dita il ciondolo che portava al collo, un piccolo portafortuna che non toglieva mai. Fra poco sarebbero  iniziati i fuochi, sapeva che sarebbe stato un bello spettacolo, ma non sarebbe stato lo stesso senza di lui. Quando era arrivata in spiaggia, aveva effettivamente raggiunto i suoi amici, come si era ripromessa di fare quando aveva lasciato casa di Nikki. Era rimasta a parlare un po’ con Todd e Sally, a bere un bicchiere di birra per celebrare quel quattro luglio e si era divertita. Poi, però, aveva sentito il bisogno di staccarsi dal gruppo, stare da sola, e istintivamente si era diretta verso quel posto a lei caro, lontano dalla bolgia. Il venticello le stava facendo lacrimare gli occhi, portava le lenti quella sera, stava per cercare nella borsa un fazzoletto quando si trovò una grande profumata rosa rossa davanti al viso. “Buon anniversario babe.” e le posò un bacio sulla tempia.  Una grossa lacrima rigò la guancia di Holly che la cacciò via in fretta con la manica, per non farla vedere a Nikki, non voleva che pensasse che stesse piangendo per lui. Prese la rosa in mano, con calma si girò verso di lui e poi esplose:

“Si può sapere dove diamine eri finito?! Sei scomparso dalla circolazione ed ora ti presenti così con una rosa… ero anche venuta a casa tua a cercarti credevo fosse successo qualcosa! Per non dire dello spavento che mi son presa quando ho trovato il bagno in quello stato. Nikki potevi avvertire cazzo! Sei uno stronzo!”

Si fermò a guardarlo, mettendo a fuoco il suo viso in quella penombra.  Non aveva detto una parola ma era affranto, si vedeva, sembrava un cucciolo con le orecchie basse che si prendeva una strigliata. Però il fatto che fosse lì di fianco a lei, le fece passare la rabbia, l’importante era che fosse arrivato, non voleva discutere, quando potevano finalmente stare insieme. Si mise in ginocchio, avvicinandosi a lui, mettendogli le braccia intorno al collo, fronte contro fronte, “buon anniversario anche a te.” e lo baciò.
Poi con calma, gli scostò i capelli neri dagli occhi che tanto le piacevano, “Allora adesso mi spieghi?”.
Nikki era agitato, il cuore gli batteva nel petto come un martello pneumatico. Cercava di mascherare la sua ansia tentando di sembrare il più sicuro possibile, serio e credibile, aveva pensato tante volte nelle scorse settimane a cosa dire in quel momento, ma ovviamente tutti i discorsi che si era fatto erano del tutto inutili. Non si ricordava niente di quelle belle parole che aveva messo insieme e che aveva provato con Tommy fino allo sfinimento. Tommy ovviamente non era Holly, si era illuso fosse più facile, ma  averla lì di fianco lo rendeva confuso, sulla carta era semplice, ma ora la sua testa era come una tabula rasa. Perciò si affidò ai suoi sentimenti e iniziò a parlare:

“Sai Holly, stando con te ho capito di avere fatto la scelta giusta, ti ho dato il mio cuore e lo hai reso più forte. Tu sei semplicemente il meglio, migliore di chiunque altro io abbia mai conosciuto.”

Le accarezzò delicatamente la mano e gliela strinse, intrecciando le sue dita callose a quelle affusolate di lei, proseguendo il suo discorso.

“Mi perdo nei tuoi occhi, vengo travolto e non riesco ad immaginare un posto migliore che al tuo fianco.”  Holly lo stava ascoltando, le piaceva quello che stava sentendo, ovviamente non era indifferente ai complimenti del suo uomo, soprattutto quando parlava così, come se conoscesse perfettamente il linguaggio dell’amore. Nonostante questo, non riusciva a capire tutta la solennità che ci stava mettendo, già altre volte le aveva  detto cose simili, ma mai in quel modo, come se fosse la cosa più importante del mondo.  E soprattutto non capiva cosa centrasse con il motivo del suo ritardo e silenzio. Aveva appena aperto bocca per dirgli qualcosa, ma lui la anticipò.

“Non credo che reggerei stando separato da te. Per questo vorrei chiederti se vorresti farmi l’onore di essere tuo per sempre.”.

Holly fu quasi investita dalla potenza di quella frase. Assolutamente incredula, era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata di sentire. Sposarlo? Decisamente non era pronta ad affrontare una dichiarazione del genere.  Sposarsi… ma chi ci aveva mai pensato poi? Certo le sarebbe piaciuto, come a tutti, avere una famiglia tutta sua, ma ora? Però era anche vero che le poche volte che le era paventata l’idea di una cerimonia, quando parlava con le sue amiche o vedeva qualche star in tv, non si vedeva con alti che lui. E nel suo futuro vedeva solo una cosa certa, che sarebbe  stato al suo fianco. Piccoli ricordi di vita passata assieme riempirono la testa della ragazza, loro due così affiatati, in sintonia, in una parola felici. Forse avrebbe potuto essere così per sempre, avrebbero potuto crescere e invecchiare assieme, continuare a raccontarsi storie e a insegnarsi cose nuove, ogni giorno, fino alla fine. Quel ragazzo le aveva detto nella maniera più bella possibile quanto la amasse e lei non riusciva a spiccicare parola. Quel silenzio stava iniziando a torturare Nikki, che si stava montando mentalmente gli scenari più catastrofici.

“Ecco ti ho persa, sono stato troppo avventato, non avrei dovuto dirti niente.” sussurrò voltando la testa verso il mare. Holly gli girò il viso per guardarlo negli occhi “Ma no, che cosa ti salta in mente? Mi hai colta impreparata, ecco”.  Quando sorrise,  lo stomaco gli si attorcigliò. Oh perché la faceva aspettare così per dargli una risposta, cosa ci voleva? In fondo si trattava solo di un semplice sì o no.  Poi si ricordò di quanto lei fosse sensibile e ponderata e di quanto anche lui avesse rimuginato a lungo prima di decidersi a farle quella proposta. In cuor suo sapeva che non gli importava davvero se glielo avesse detto quella sera o il giorno dopo, per ora gli bastava che continuasse a stare con lui. Si ricordò di avere l’anello in tasca, la vera ragione per cui aveva fatto così tardi. Lo tirò fuori e glielo porse.

“Holly, ascolta … non voglio metterti fretta in alcun modo. Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno per darmi una risposta. Quando sarai pronta, io sarò qui e la accetterò, qualunque sia. Intanto però prendi questo, l’ho fatto fare apposta, è unico, come te.”

La ragazza prese quella piccola scatolina di velluto nero e quando la aprì rimase senza fiato per la seconda volta in quei pochi minuti. L’anello era una sottile fede di platino con un diamantino nero al centro. Aveva scelto un diamante nero, proprio come a volte piaceva a Nikki definirla. Sommersa dalle emozioni, grosse lacrime salate iniziarono a caderle dagli occhi. Iniziò anche a ridere, piangendo, era felice, troppo felice in quel momento e lo sarebbe stata sempre con Nikki. Si sorprese di avere esitato, di non avere saputo cosa fare, perché in fin dei conti era del tutto ovvio cosa voleva davvero. Lo era stato sin dalle sue prime parole poco prima, solo che lei non lo aveva realizzato, fino a che non aveva visto la fedina, e non per quello che appariva ma per il significato che rappresentava. Nikki delicatamente le prese la mano e le infilò l’anello all’anulare, era perfetto. Poi le asciugò le lacrime e la baciò.

“Ti amo”

“Nikki…per sempre, sì.”

Un boato esplose nel cielo che si illuminò a giorno. Fuochi d’artificio colorati, frizzanti e gioiosi  guizzavano in diverse bellissime forme sopra l’oceano calmo,  la rappresentazione perfetta di ciò che erano in quel momento i cuori di quei due ragazzi  innamorati abbracciati sulla spiaggia.  

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