Ronnie e Sarah

di Unsub
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Challenge ***
Capitolo 2: *** Doubts ***
Capitolo 3: *** Promise ***
Capitolo 4: *** Who are you? ***
Capitolo 5: *** What i feel about you ***
Capitolo 6: *** It's true ***
Capitolo 7: *** 7. Gift ***



Capitolo 1
*** Challenge ***


challenge AUTORE: Unsub
TITOLO: Challenge
RATING: Verde
GENERE:  sentimentale.
AVVERTIMENTI: One-shot
PERSONAGGI: Sarah Collins, Cameron Leane.
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro. Cameron Leane appartiene alla sua creatrice, Robin89.
NOTE: Piccolo missing-moment che si colloca alla fine di “Carry me”.

Le matricole erano tutte radunate in mensa per il pranzo, come al solito Cameron Leane sedeva in disparte da sola ed ascoltava i discorsi dei suoi compagni. Quei ragazzi erano di una noia mortale ed era stato relativamente facile non farsi distrarre dal suo scopo ultimo, essere la migliore del corso di profiling ed entrare nella BAU.
Sapeva che l’agente Dickson, il loro istruttore, sarebbe andato in pensione fra un anno e si era aperta la caccia al suo successore. Dickson era un tipo tranquillo e pacato, non alzava mai la voce e le sue lezioni erano tutte teoriche, non portava mai materiale audio-visivo di supporto, niente che potesse turbare i giovani allievi che gli erano stati affidati.
Lei era la prima del corso, cosa piuttosto facile visto che il professore era un tipo di manica larga e che i suoi compiti erano per lo più test di facile soluzione. Quando si rese conto che i suoi compagni stavano parlando del nuovo istruttore, tese l’orecchio per carpire ogni più piccolo indizio su chi potesse essere.
-    Ti rendi conto? Collins ha lavorato sul campo, non è uno di quelli tutto teorie e nient’altro – dalla voce della ragazza traspariva l’ammirazione per chiunque avesse lavorato a dei casi.
-    Dovresti dire “una” – la corresse un ragazzo con aria saccente – La dottoressa Collins è una donna, e che donna aggiungerei!
Scoppiarono tutti a ridere al gesto del ragazzo di mimare delle imponenti protuberanze.
-    Peccato sia sposata – aggiunse un altro tipo – Con un agente dalla BAU.
-    Ma il protocollo non vieta rapporti fra colleghi?
-    Forse è proprio per questo che l’hanno mandata ad insegnare – ipotizzò un’altra.
-    Forse… sapete con chi è sposata?
-    Il dr Spencer Reid – disse sicuro un ragazzo, guardandosi in torno timoroso di essere sentito da orecchie indiscrete – Quella specie di spaventapasseri magro e dall’aria trasognata.
-    Scherzi? Io ho sempre pensato che fosse gay.
-    Misteri – chiuse il discorso la prima ragazza.
Ronnie si alzò stizzita, aveva sentito abbastanza ed era curiosa di conoscere questa tipa che era stata buttata fuori da un team perché aveva sposato un collega. Sicuramente sarebbe stata una passeggiata anche con lei arrivare sempre prima ai test.

Cameron incrociò le braccia e strinse gli occhi, la lezione era cominciata da dieci minuti ed aveva già deciso che quella donna la irritava da morire. Prima di tutto era fredda come il ghiaccio, quando si era presentata non li aveva neanche guardati continuando a sistemare il materiale cartaceo che aveva con se. Sembrava disinteressata a quei giovani allievi, come se le desse fastidio trovarsi lì ad insegnare.
Poi c’era il fatto che era bella, anche troppo per i gusti di Ronnie. Sicuramente era una che prendeva sottogamba il lavoro, convinta che la bellezza l’avrebbe sempre aiutata. Non le piaceva, questo era un fatto assodato. E ancor meno le piaceva l’occhiata sarcastica che le aveva rivolto quando l’agente Dickson l’aveva presentata come l’allieva più promettente del corso.
Dopo che il professore era uscito, Collins aveva messo in chiaro che lei avrebbe usato supporti audio-visivi. Cominciò la lezione con delle foto di alcuni cadaveri, dicendo che se c’era qualcuno dallo stomaco delicato avrebbe fatto meglio a cambiare corso. Non si giocava sul campo ed era meglio essere pronti a quelle scene.
Vide tre o quattro ragazze alzarsi e lasciare l’aula, ma lei non si fece impressionare da tutto quel sangue. Era una tosta e l’avrebbe fatto vedere alla nuova insegnante. Accavallò le gambe e continuò a studiare la professoressa, mentre quest’ultima stava spiegando in base a cosa si poteva fare un profilo partendo dalla scena del crime.
Sorrise soddisfatta, almeno le lezioni sarebbero state più interessanti.

Aveva preso una C, continuava a guardare il segno rosso sul foglio e a sbattere le palpebre incredula. Quella donna le aveva dato una C. Si alzò dalla sedia di scattò e la guardò con gli occhi chiusi a fessura.
-    Problemi, matricola Leane? – chiese la donna sollevando un sopracciglio.
-    Vorrei spiegazioni in merito al mio voto – Ron cercava di trattenere la collera, meditando che non sarebbe stata una buona idea saltare al collo della sua insegnate.
-    Se ha dei dubbi può venire nel mio ufficio dopo la lezione. Ora, se non le dispiace, vorrei proseguire con la spiegazione.

Bussò decisa alla porta, intenzionata a dirgliene quattro a quella tipa arrogante e dallo sguardo duro. Se pensava che sarebbe stata in silenzio mentre le rovinava la media, la professoressa Collins non era questo granché come profiler. Lei non permetteva a nessuno di umiliarla.
-    Avanti – la voce pacata della donna la irritò ancora di più.
-    Professoressa – disse entrando decisa e chiudendo la porta in modo brusco.
-    Si accomodi pure, matricola – la donna non aveva neanche sollevato gli occhi dal dossier che stava sfogliando.
-    Vorrei delle spiegazioni in merito al mio voto – il tono era arrogante.
-    Non c’è molto da spiegare, matricola Leane – la donna finalmente sollevò gli occhi verdi sull’esile ragazza mora che stringeva in pugno il proprio test – Forse con dei test a risposta multipla se la cavava meglio. Il compito prevedeva un profilo preliminare in base a delle informazioni che vi venivano fornite relativamente alla vittimologia e alla scena del crimine. Il suo lavoro è approssimativo.
-    Approssimativo? – Ronnie era letteralmente esplosa.
-    Pensa di poter fare di meglio? – la donna tirò un fascicolo attraverso la scrivania – Le do la possibilità di rimediare, prenda questo dossier e faccia un profilo preliminare entro lunedì.
-    Ma oggi è venerdì – disse la ragazza perplessa.
-    Aveva programmi per il week-end? Scusi, forse sono io ad aver capito male. Credevo lei fosse interessata ad entrare nell’Unità.
-    Infatti è così! – Cameron afferrò il fascicolo con un moto di stizza – Non c’è problema, troverà il profilo preliminare sul suo tavolo lunedì mattina.
Senza salutare, uscì sbattendo la porta. Sarah tirò fuori l’incartamento che stava visionando prima dell’ingresso di quella ragazzina arrogante.
Sfogliò il dossier di Cameron Leane con sempre maggiore interesse e poi cominciò a fissare la porta.
“Bene, matricola Leane. In due settimane non ho visto niente di rilevante in quella classe. Ma tu bambina… tu hai quello che serve per diventare una profiler. Ti sfiderò, ti pungolerò e ti farò letteralmente impazzire. Ma alla fine farò di te la migliore profiler di tutta Quantico”.
Si lasciò andare contro lo schienale della sedia e sorrise soddisfatta: aveva trovato il nuovo membro della sua squadra.

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Capitolo 2
*** Doubts ***


doubts AUTORE: Ronnie89
TITOLO: Doubts
RATING: Verde
GENERE: sentimentale.
AVVERTIMENTI: One-shot
PERSONAGGI: Sarah Collins, Cameron Leane.
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono (tranne quelli da me inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro. Sarah Collins appartiene alla sua creatrice, Unsub.
NOTE: Piccolo missing-moment che si colloca alla fine di “Crash-The beggining”.

Erano le sette del mattino e faceva piuttosto freddo, ma tuttavia sopportabile mentre Cameron si sedeva sugli scalini dell’ingresso della sede BAU. Era l’alba della seconda settimana di lavoro nell’unità e prima di cominciarla si concesse qualche minuto di riflessione, come se avesse paura di iniziarla senza prima essere consapevole di cosa avesse trovato lì dentro, ma lo sapeva bene.
La prima settimana e specialmente il primo giorno erano stati decisamente un disastro, rimediato agli ultimi minuti dell’ultimo giorno in cui aveva cominciato a conoscere quei suoi nuovi colleghi un po’ meglio, seduta ad un tavolino di un ristorante cinese in cui in silenzio ascoltava le loro risate, distanti anni luce dalle sue mentre pensava di non farci un bel niente in mezzo a loro.
Adesso era di nuovo lì, sotto quella grande insegna che distingueva la sede FBI in attesa di cominciare una nuova settimana in quel nuovo posto, con quelle nuove persone, un nuovo caso.. sarebbe cambiato qualcosa rispetto alla prima?
Teneva gli occhi scuri fissi su quel distintivo e quel cartellino bianco con scritto il suo nome “Cameron Leane FBI”, rigirandoselo tra le mani e studiandoli con attenzione si chiedeva il perché le stessero venendo tutti quei dubbi riguardo il suo ruolo lì dentro, dopo tutti i sacrifici che aveva fatto per arrivarci.
Quei mesi passati all’accademia le passarono improvvisamente davanti come un treno in corsa, sorrise tra sé nascondendo il viso per non farsi vedere da ignoti federali passanti, si ricordava bene la lunga guerra con Sarah Collins, cominciata il primo giorno che l’insegnante aveva messo piede in quell’aula, sfidando quella ragazzina arrogante in ogni occasione, mettendola duramente alla prova e torturandola fino allo stremo delle sue possibilità e determinazione, adesso Cameron si ritrovava con un distintivo consegnato direttamente dalle mani della sua insegnante-nemica.
Beh infondo si aspettava che finisse così, aveva lottato per quel posto alla BAU perché sapeva che il suo posto era lì, sapeva di essere pronta e di essere la persona giusta, bisognava solo superare “qualche ostacolo” prima di renderlo reale, e la realtà era molto meglio dei sogni pensò rigirandosi il distintivo tra le mani guantate di nero.

Sarah Collins era appena scesa dalla macchina di quel lunedì mattina, tailleur scuro e capelli neri corvino raccolti in una coda erano preceduti da due occhi verdi e freddi come quella giornata. Prendeva passo verso l’ampio ingresso della BAU, riconobbe subito la figura di Leane seduta solitaria sugli scalini con un muso lungo fino a terra, la loro ultima conversazione si era conclusa con uno schiaffo da parte sua e non se n’era pentita minimamente, non poteva certo biasimare il suo stato d’animo dopo quella “accesa” settimana.
Le andava incontro con passo deciso facendo rumore con i tacchi sull’asfalto, mentre la scrutava con attenzione lungo il cammino ripensò al quel suo primo giorno come insegnate, in cui le venne presentata quella ragazzina come la migliore del corso, erano passati diversi mesi da allora e Cameron Leane adesso più che mai, si era dimostrata tutto quello che Sarah si aspettava di vedere, una ragazzina presuntuosa che se ne infischia del protocollo, testarda, imprevedibile e con una corazza di determinazione difficile da scalfire. Era la sua allieva migliore per questo, perché era uguale a lei, forte e decisa tranne che per l’imprudenza che contraddistingueva Cameron nel suo lavoro, tuttavia Sarah aveva fatto di tutto per portarla avanti e farle meritare quel distintivo, per farla diventare una delle migliori profiler e la una sua degna sostituta nella squadra.
Ora osservava Cameron guardare quel distintivo con poco interesse, come se in realtà non appartenesse a lei o non se lo meritasse.
Avanzò ancora per la sua strada finchè non incrociò quella di Leane che sembrava ignorare la sua presenza davanti a lei.
- Sono le 7 e dovrebbe già essere al piano di sopra insieme agli altri. Cosa sta aspettando? Che faccia notte? – le domandò con voce imperativa.
Cameron sollevò la testa dalle scarpe per guardarla senza espressione.
- Entro tra un minuto, prendevo solo un po’ d’aria. – rispose riabbassando la testa.
Sarah la guardò dall’alto inarcando un sopraciglio, che fine aveva fatto la strafottenza di due giorni prima?
- Non lo dica con troppo entusiasmo o mi farà venire i brividi.
- Tanto a lei che importa? Dopo quello che ho fatto la scorsa settimana non credo proprio che sentirà la mia mancanza se decidessi di andarmene – continuò con quel tomo moggio.
- Ma bene, non credevo che bastasse una settimana per farle cambiare idea. Ci sono due possibilità, o io faccio pena come insegnante, cosa molto difficile..oppure pensavo che lei fosse una persona diversa. Dunque se questa è la sua decisione me lo dica subito perché dovrò trovare un sostituto che la rimpiazzi, magari un po’ più motivato e meritevole di lei. Le credenziali può restituirmele nel mio ufficio tra dieci minuti. Si sbrighi a salire, non voglio perdere altro tempo con chi non si merita questo posto.
- Certo che mi merito questo posto! – esclamò scattando in piedi.
- E come pensa di dimostrarlo agente Leane ? Stando lì seduta a guardare le macchine che passano e piangersi addosso per tutti gli errori che ha commesso? Oppure crede di saper fare qualcosa di meglio che impugnare una pistola come un cowboy? Perché finora non ha fatto granchè.
Cameron si era alzata in piedi e l’aveva raggiunta all’ingresso della porta guardandola negli occhi con viso imbronciato – Non credo proprio che riesca a trovare qualcuno migliore che mi rimpiazzi, dunque se lo può scordare di liberarsi di me così facilmente. E adesso se non le dispiace vado a lavorare.
La superò con noncuranza dirigendosi subito verso l’ascensore, le porte si aprirono e vi entrò poggiandoci la schiena offesa e indispettita, non le aveva dato tempo neanche di rispondere, solo alla prima frase l’aveva fatta innervosire facendole capire di essere uno sbaglio, come si era permessa? I suoi dubbi sul suo ruolo all’FBI erano svaniti con una folata di vento alla prima frecciatina di Sarah Collins.
Sarah sogghignò soddisfatta, era così facile e divertente punzecchiare l’orgoglio di quella ragazza, entrò nel dipartimento per affrontare una nuova giornata di insegnamento, consapevole che non avrebbe trovato nessuno all’altezza di Leane.
Le porte dell’ascensore si aprirono nuovamente davanti a Cameron, guardò l’open-space e i suoi colleghi già all’interno, avanzò verso le porte di vetro, pronta per affrontare una nuova settimana, migliore della prima.

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Capitolo 3
*** Promise ***


promise AUTORE: Unsub
TITOLO: Promise
RATING: Verde
GENERE: sentimentale, introspettivo.
AVVERTIMENTI: One-shot
PERSONAGGI: Sarah Collins, Cameron Leane, Aaron Hotchner.
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro. Cameron Leane appartiene alla sua creatrice, Robin89.
NOTE: Piccolo missing-moment che si colloca alla fine di Salvation di Robin89. L’ultima parte su Ronnie è opera di Robin.

-    Mi spieghi perché la difendi tanto? – Hotch scrutava Collins accigliato.
Aveva smosso mari e monti per farla tornare all’unità dopo il casino che aveva combinato a Los Angeles. Sembrava che Cameron si divertisse a mettersi nei guai ad ogni caso. Era impulsiva ed imprevedibile, per non parlare del fatto che aveva rischiato la vita e quando erano tornati aveva dato le dimissioni.
Eppure Sarah aveva armato una specie di crociata per riportarla all’ovile. Aveva mandato Morgan a parlarle e, visti gli scarsi risultati, era andata personalmente a prenderla a calci. Alla fine aveva ottenuto quello che voleva, Leane era tornata nella squadra e lei personalmente le aveva ridato le credenziali.
Si chiese cosa nascondeva la sua ex-subordinata, ora professoressa all’Accademia. Possibile che si fosse cosi intestardita con quella ragazza problematica? Perché la difendeva persino dalla Strauss?
Aaron la scrutava cercando una risposta a quelle domande. Era seduta composta, con le braccia incrociate e osservava l’openspace dalla finestra interna dell’ufficio. Improvvisamente il suo sguardo di ghiaccio si aprì in un sorriso dolcissimo, mentre seguiva i movimenti del resto della squadra. Hotch si trovò a pensare che avrebbe ucciso perché quel sorriso fosse rivolto a lui.
Scosse la testa, dicendosi che non era il momento di perdersi nelle sue fantasie su quella ragazza. Cercava di ricordare a se stesso che ora era una donna sposata e madre di famiglia, per di più lei aveva scelto Reid uno dei suoi sottoposti. Quella sua ossessione non avrebbe mai portato nulla di buono, si rimproverò ancora una volta per non riuscire a tener fede all’impegno preso con se stesso di dimenticarla una volta per tutte.
-    Guardala. Non ti ricorda nessuno? – la dolcezza del suo sguardo si estendeva al tono pacato della sua voce.
-    Non mi sembra… non somiglia a nessuno che conosco.
-    Non parlo dell’aspetto fisico. Dura, testarda, determinata e sola. Possibile che non ti venga in mente?
-    Non pensarci neanche! – sbatté le palpebre più volte, incredulo davanti alla rivelazione di lei – Tu sei completamente diversa.
-    Dici? – gli regalò uno dei suoi sorrisi enigmatici – Piuttosto, dovresti andare dagli altri. Ti stai perdendo la festa.
Hotch si alzò controvoglia. Non riusciva mai a finire quella conversazione con Sarah: quando non erano interrotti, era lei che si alzava e poneva fini al discorso Cameron Leane.
Osservò il resto del team radunato intorno alla scrivania di quella bomba ad orologeria che Collins era riuscita a fare entrare nel team, nonostante le rimostranze sue e della Strauss. Scosse ancora la testa e recuperò il solito contegno.
Era il compleanno di Ronnie e le avevano organizzato una festicciola. Come capo dell’unità doveva partecipare. Si girò ancora una volta verso Sarah.
-    Tu non vieni?
-    Devo tornare giù all’Accademia. Inoltre, non credo che a lei farebbe piacere avermi intorno.
-    Possibile che siete nemiche? Sei l’unica che la difende sempre.
-    E’ un rapporto controverso – tagliò corto lei, alzandosi a sua volta.

Scesero nell’openspace, osservati dal resto della squadra. Ronnie indossava un buffo cappello a forma di tornata con tanto di candeline posticce sopra, posata sul ripiano della scrivania una torta al cioccolato di dimensioni ragguardevoli. Le due donne si lanciarono uno sguardo freddo e diffidente.
Oltrepassò i ragazzi, senza degnare nessuno di uno sguardo. Fredda e determinata raggiunse l’atrio e si diresse verso l’ascensore. Era meglio che Ronnie continuasse a vederla come “la regina delle nevi” o, come la chiamava lei, “emotivamente stitica”.

-    Dai, apri i regali – Garcia cercava di riportare in carreggiata la festa, dopo quello sguardo di fuoco che si erano scambiate Ronnie e Sarah.
Cameron annuì e cominciò a scartare i pacchi. Tutti regali azzeccati per lei: una giacca di pelle, anfibi nuovi, occhiali da sole da motociclista… lasciò per ultimo l’unico che non aveva il biglietto. Si chiese di chi potesse essere quel pacco. Per un momento si chiese se la sua insegnante non le avesse fatto un regalo e si ritrovò a reprimere una risata. Se la Collins le avesse fatto un regalo, sarebbe stato probabilmente un ordigno esplosivo.
Rimase sorpresa, di tutti i regali quello era sicuramente il più indicato per lei. Un set per la pulizia della pistola. Chiunque glielo avesse regalato la conosceva bene.
Chi poteva essere stato?

Sarah osservò ancora i ragazzi attraverso i vetri della porta. Ronnie aveva aperto il suo regalo e era rimasta piacevolmente sorpresa. Stava chiedendo chi glielo avesse dato, ma tutti scuotevano la testa. Sembrava un regalo piovuto dal cielo.
Collins sorrise soddisfatta, era meglio che Cameron non sapesse chi era il suo angelo custode. Sicuramente era il primo compleanno che non passava da sola e questo la riportò con la mente al suo ultimo natale prima di entrare nella squadra.
Ricordava come si era sentita sola e come si era addormentata piangendo, convinta che la vita non gli offrisse niente oltre il suo lavoro. Poi i ragazzi erano entrati prepotentemente nella sua vita e lei aveva scoperto quel senso di calore che solo una famiglia può dare.
“Ti prometto una cosa, bambina. Non sarai mai più sola, noi veglieremo sempre su di te”.

Ronnie girò il viso, quasi di nascosto, verso l’ascensore guardando le porte che chiudevano la figura di Sarah lasciandole un sorriso amaro sulla bocca.
Ripose poi il regalo sulla scrivania con aria felicemente sorpresa, preferì non chiedersi troppe volte se fosse vero quello che pensava restando in un’impaurita ipotesi, rimase incantata a guardare quel regalo tanto perfetto e sentì gli sguardi dei colleghi pesare sul suo viso chiedendosi da che parte stessero andando i suoi pensieri.
I ricordi di Ronnie volarono nel tempo fino a 10 anni prima, al suo quindicesimo compleanno quando pensava che quello fosse il più bello della sua vita, passato in una casa abbandonata a farsi di cocaina con i suoi 4 amici sperduti che considerava la sua famiglia e con una torta sul tavolo.
Ora si guardava intorno e tutto ciò che vedeva aveva un sapore diverso da quello che aveva sempre creduto di avere, sollevò gli occhi su di loro e le scappò un sorriso pensando a come ognuno fosse entrato nel suo cuore di pietra, l’avevano scalfito lentamente e vi si erano tuffati regalandole una gioia diversa che non aveva mai conosciuto, decise che ci sarebbero rimasti per sempre e che quello fosse il compleanno più bello della sua vita.

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Capitolo 4
*** Who are you? ***


who are you AUTORE: Robin89
TITOLO: Who are you?
RATING: Verde
GENERE: sentimentale.
AVVERTIMENTI: One-shot
PERSONAGGI: Cameron Leane, Sarah Collins.
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono (tranne quelli da me inventati), sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro. Sarah Collins appartiene alla sua creatrice, Unsub.
NOTE: Piccolo missing-moment che si colloca una parte prima e l’altra parte dopo “Dark Souls”.
Aveva appena saputo che nel periodo successivo, dato che JJ non faceva più parte della squadra, sarebbe stata Sarah Collins a partecipare con loro alle indagini a 360 gradi. Questo pensiero le faceva venire l’acquolina in bocca, dopo tanto tempo aveva l’opportunità di vedere la sua ex insegnante all’opera, nel vero senso della parola. Sarah era sempre stata elogiata dai suoi vecchi compagni all’accademia perché a differenza del vecchio istruttore, lei per loro era “quella che ha lavorato sul campo, non tutto teoria e niente pratica”, pensò a quanti di loro adesso la stessero invidiando per il fatto di poterla affiancare nelle indagini. La sua presenza nel team rappresentava una grande opportunità per farsi vedere sul campo, il desiderio che aspettava da quando l’aveva vista per la prima volta, una sfida che non vedeva l’ora di affrontare, la possibilità di dimostrarle pienamente chi fosse Cameron Leane e avere un confronto diretto con chi l’aveva perennemente criticata e addestrata fino allo sfinimento.
Era mattina presto e mancava ancora un po’ per vedere tutti riuniti nell’open-space, era arrivata alla sede ancora prima di quanto non lo facesse già, apposta per mettere in atto un ultimo desiderio prima di cominciare a fremere e sentire l’adrenalina in corpo quando l’avesse vista entrare dall’ascensore.
Chiuse la porta della stanzetta alle sue spalle facendo il minimo rumore percettibile, per lei era un gioco da ragazzi aprire le porte con forcine o oggetti metallici che non abbandonavano mai le sue tasche nascoste. Fece scorrere con gli occhi i plichi dei fascicoli archiviati, cominciava a vederci doppio fin che s’illuminarono quando vide quello che cercava. Prese un malloppo non troppo grande, il tanto da poter mettere a posto senza difficoltà nel caso qualcuno stesse per entrare. Voleva farlo da tanto tempo, leggere i vecchi casi in cui lavorò Sarah e scoprire chi fosse realmente sotto la veste di agente federale piuttosto che insegnante “emotivamente stitica”.
Gli occhi leggevano e apprendevano le informazioni più importanti, si sentì come Reid in un certo senso, ma decisamente più lenta. Scoprì che era stata ferita più volte, che era un agente sulle righe, disciplinata, coraggiosa al punto giusto, impeccabile nello seguire il protocollo ed essere sempre all’altezza della situazione, per non parlare nel Q.I., era il profiler perfetto che tutti pur di averla nella propria squadra avrebbero smosso mari e monti … praticamente era il suo esatto contrario. Ronnie era impulsiva, imprevedibile, decisamente troppo coraggiosa, rischiava perennemente di finire in qualche casino e quando non succedeva era un miracolo, per niente disciplinata, decisamente era sopra le righe e raramente seguiva il protocollo… insomma era un disastro in confronto a lei, questo aumentava la voglia di mettersi al lavoro, “ce ne saranno di belle da vedere” pensò tra sé e sé.
Le capitò tra le mani il fascicolo del caso Brunet, fece solo in tempo ad aprirlo quando sentì dei passi avvicinarsi, si alzò come un fulmine e mise i fascicoli al proprio posto, si nascose dietro l’armadio degli archivi e aspettò nel silenzio più profondo il momento adatto per andare via.

Una settimana e mezzo dopo.
L’indagine era stata conclusa e archiviata da qualche giorno. Un caso iniziato male e finito peggio. Non credeva che potesse davvero succedere tutto quel casino nell’occasione più importante che aveva sognato da tempo. Era andato tutto storto da quando la Collins aveva messo piede nell’open-space, aveva dovuto fare i conti con la gelosia nei confronti di Sarah e Derek, così intimi e così amici, le aveva rubato il posto e si sentiva messa da parte, una cosa che non sopportava e non riusciva a ribaltare la situazione. L’aveva provocata e sfidata per tutto il tempo ottenendo solo una calma irritante da parte di Sarah e come ricompensa era stata trattata come un manichino che poteva solo stare da parte e guardare lei che concludeva il caso.
Oggi era il suo secondo giorno di riabilitazione per essere diventata farmaco-dipendente dopo quella settimana d’inferno. Di sicuro si sarebbe aspettata di vedere di tutto, ma non quello che invece accadde: aveva visto Sarah piangere, sentirsi persa e combattuta dentro quella stanza vuota, rapite e imprigionate da un pazzo serial killer. Fu Ronnie a darle coraggio per lottare e tornare dall’uomo che amava e da suo figlio, ma nonostante mostrasse la grinta che in quel momento mancava a Sarah, aveva avuto paura e si era sentita persa, perché quella non era la Collins che conosceva, non era lei a farle la ramanzina, non conosceva quella donna e tutto quello che poteva fare era saltare il suo orgoglio e farle conoscere un po’ del suo cuore. Erano uscite sane e salve da quell’inferno e questa era la cosa che più contava adesso, ma nessuno sarebbe riuscito a toglierle quell’amaro in bocca per sentirsi la causa di essere finite in quella orribile situazione.

Ristorante, Washington

-    Scusate il ritardo ero…al cinema – l’entusiasmo provato nel vederli si trasformò in un musone quando vide Sarah in mezzo a loro.
Non sapeva che ci sarebbe stata anche lei… Che idiota, infondo erano usciti per festeggiare la chiusura del caso e quindi era ovvio che ci fosse, e poi faceva parte nuovamente della squadra anche se temporaneamente. Prese posto nel ristorante cinese senza aggiungere altro al fianco di Emily, Penelope e Reid, davanti Derek con vicino Sarah posizionata di fronte a suo marito.
Per tutta la cena era rimasta in silenzio ad osservare di sottecchi Sarah, il suo comportamento la stava irritando profondamente, non la degnava di uno sguardo, non la calcolava minimamente, tutta presa a scherzare con gli altri e scambiarsi battutine con Derek, “pollice non opponibile, due neuroni, ciuffo buffo”, stava per prendere uno dei bicchieri e spaccarlo con la mano. Invece si alzò all’improvviso, fu adesso che Sarah si voltò a osservarla allontanarsi.
-    Dove vai? – chiese Emily seguendola con gli occhi.
-    A prendere un po’ d’aria, potrei scoppiare – rispose secca.
I profiler si scambiarono occhiate chiedendosi perché si comportasse così e perché quei due ghiaccioli non si scioglievano un po’.
Si chiuse le braccia intorno al giubbotto con i capelli sollevati dal vento, erano quasi le undici di notte e faceva un po’ troppo fresco per restare all’aria aperta, ma in quel momento preferì il freddo all’atmosfera intorno al tavolo.
-    Perché quel muso? – Emily le si accostò allacciandosi il cappotto.
-    Prova a immaginare.
-    Sarah? Non vi siete scambiate una parola, che problema c’è? – chiese in una risata sarcastica.
-    È odiosa! Ecco cosa c’è! Non sopporto il suo fare finta che io non esista, non sopporto le sue battutine con Derek, non sopporto di dover sempre fare la figura della messa da parte quando c’è lei in giro, non sopporto che lei sia migliore di me… - finì voltandosi nella parte opposta.
-    Ronnie stai dicendo solo assurdità, perché non provi a scioglierti un po’ invece? Forse così lo farebbe anche lei e le cose fra voi andrebbero meglio, è bello quando sorridi.
-    Non ci penso neanche – disse stizzita, figuriamoci se Leane avesse mostrato il sorriso davanti a Sarah, ci sarebbe voluta una gru per sollevarle le labbra.
-    Guarda che tu non eri meno sopportabile Ronnie, io torno dentro qui fa freddo, decidi cosa vuoi fare, se restare con noi o guardarci da fuori. E non essere gelosa di Derek, lo sai che Sarah è la sua migliore amica … come te.
Gli occhi fermi a fissare le macchine parcheggiate, sentiva i passi di Emily allontanarsi e quando intorno a lei rimase il suono del vento si voltò a osservarli.
Chi sei Sarah Collins?

Sarah osservava Leane ferma al freddo. Chiuse gli occhi solo un attimo, poi decise che la cosa migliore fosse non dar peso al comportamento della ragazza. Sapeva che Ronnie la considerava qualcuno da sconfiggere e non una collega, figurarsi se sarebbe mai riuscita a vederla come un membro della squadra.
Si disse che quella situazione era anche e soprattutto colpa sua. Il suo dannato carattere, la sua incapacità di comunicare i suoi veri sentimenti… Trovava sempre difficile aprirsi con gli altri, specialmente se percepiva diffidenza dall’altra parte. Aveva sperato che dopo quello che era successo, dopo essere state insieme in quella situazione infernale ed esserne uscite indenni, le cose fra di loro si sarebbero appianate.
Cameron aveva sistemato le cose con Reid, che l’aveva addirittura accompagnata ad una riunione per agenti con problemi di dipendenza. Solo pochi giorni prima aveva sperato di aver chiarito anche il suo pensiero. Non riteneva responsabile la ragazza, era successo. Inutile stare lì a rimuginare su chi fosse la colpa, su cosa fosse andato storto o su cosa sarebbe potuto succedere se i ragazzi non le avessero trovate.
Pensare a queste cose non faceva parte del suo carattere, lei la vita la prendeva di petto anche a costo di farsi male e poi cercava di lasciarsi tutto alle spalle. Come diceva sua madre “acqua vecchia non macina più” e lei non credeva che rivangare il passato avrebbe portato a nulla di buono. Non si poteva cambiare quello che era successo o le decisioni che erano state prese, rimuginare su queste cose non faceva bene a nessuno.
Sapeva che Leane la stava squadrando dalla testa ai piedi e probabilmente si stava chiedendo chi in realtà fosse la professoressa Collins.
Un sorriso ironico le piegò le labbra. Notando che suo marito la guardava, scosse impercettibilmente la testa. Quelli  non erano pensieri che voleva dividere con nessuno, era qualcosa di privato fra lei e Ronnie.
“Beh, bambina… chi sono? Una come tante, forse solo con più fortuna. Se i ragazzi non fossero entrati nella mia vita, ora sarei io lì fuori ad osservare la “famiglia” senza trovare il coraggio di partecipare. Sono una donna, sono una moglie, sono una madre. Poco per definire una persona? Sono una profiler e un’esperta in comunicazione non verbale, sono un’istruttrice dell’Accademia di Quantico, sono una stronza.
Sono l’incubo di qualsiasi matricola, perché nessuno è mai abbastanza per me. Eppure su di te ho puntato tutto, ti ho affidato le persone più importanti della mia vita certa che tu saresti stata in grado di prenderti cura di loro.
Non deludermi, piccola, so che puoi farcela.”

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Capitolo 5
*** What i feel about you ***


what i feel about you AUTORE: Unsub
TITOLO: What I feel about you
RATING: Giallo
GENERE:  introspettivo, malinconico.
AVVERTIMENTI: One-shot
PERSONAGGI: Sarah Collins, Cameron Leane.
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro. Cameron Leane appartiene alla sua creatrice, Robin89. La storia si svolge durante il capitolo 42 di “Phanton from the past” di Robin.

Aveva chiuso la porta alle spalle di Cameron ed era tornata a sedersi alla scrivania. Si prese la testa fra le mani, non sapendo bene cosa fare. Avrebbe voluto prendere Ronnie per la collottola e scrollarla per bene fino a farla rinsavire, ma sapeva che una litigata con lei avrebbe avuto come unico risultato l’impuntatura della ragazza a partire con quel poco di buono.
Aveva anche meditato di affrontare l’argomento con calma, magari cercando di farla ragionare. Sapeva che anche quello sarebbe stato tempo perso, Leane aveva l’assurda mania di prendere per il verso sbagliato qualsiasi cosa lei avesse detto. Poteva avvertire Derek, forse a lui avrebbe dato retta...
Ripensò a come si era comportata durante l’ultimo caso, quando aveva addirittura minacciato il loro comune amico con una pistola. Decisamente, in questo caso, dubitava che avrebbe ascoltato persino lui.
Si era presentata nel suo ufficio con il chiaro intento di provocarla, di scatenare una litigata di proporzioni bibliche per trovare una giustificazione a questa sua assurda fantasia di scappare con quel drogato sbucato dal suo passato. Lei aveva deciso di non rendergli le cose facile, se voleva partire non avrebbe trovato come scusa “Collins mi ha sgridato come una bambina che non sa prendere le sue decisioni. La vita è mia e faccio come mi pare”. No, stavolta non poteva permettersi quell’errore.
Si alzò di nuovo per chiudere la porta a chiave e si diresse alla libreria piena di tomi di psicologia. Prese un libro e sospirò, era da molto che non sentiva la necessità di aprire quella porta sul suo passato. In realtà era un libro finto, completamente vuoto all’interno, dove lei aveva riposto con cura due libricini.
Sorrise, pensando che solo molto tempo dopo aveva scoperto che quella era una cosa che faceva anche suo padre. Un velo di tristezza le annebbiò gli occhi al ricordo di come fossero stati distanti, di come non riuscissero a comunicare e di come lei si fosse sentita sempre rifiutata e non all’altezza delle aspettative di Jason.
Si mise di nuovo a sedere con i due libricini posti uno affianco all’altro. Da una parte aveva raccolto le persone che aveva salvato durante la sua carriera nella squadra, dall’altra le vittime che non era riuscita ad evitare. In ognuno dei due erano presenti i nomi dei soggetti ignoti che aveva contribuito a fermare.
Aprì il libricino contenente i nomi delle vittime, persone innocenti che non sapeva cosa li aspettava. Gente che viveva una vita normale, che non aveva quasi mai qualcosa di speciale se non il fatto di essere finita nel mirino di uno psicopatico. C’erano delle eccezioni, come i ragazzi della Archangels High School1, i ragazzi non erano propriamente delle “vittime innocenti”. Si soffermò al pensiero che spesso vittima e carnefice si sovrappongono. Mary Oldbride ne era la prova vivente: vittima di quei ragazzi, si era poi trasformata nel loro carnefice.
E poi c’era lui. Il suo incubo personale, il suo errore più grande, qualcuno che avrebbe preferito non conoscere mai. Si soffermò sulla foto sorridente di quel bel ragazzo biondo. Sembrava affabile e cordiale, era bello, intelligente e con un innegabile sex-appeal. Eppure era un bastardo schifoso che si era meritato in pieno quello che gli era successo. Chiuse gli occhi vergognandosi di quel pensiero, conscia di essere lei la causa di quella morte.
Mark McGregor2 era morto per mano di Brunet, che dava la caccia a lei e che aveva deciso di punirlo per quello che le aveva fatto. Aveva sempre saputo che permettere a quell’uomo di entrare nella sua vita era un errore, ma come ogni sciocca ragazzina aveva pensato di riuscire a tenerlo sotto controllo e di poter gestire la situazione.
Bel risultato aveva ottenuto! Era rimasta incinta, la cosa l’aveva atterrita, non si sentiva pronta per essere madre soprattutto visto che Mark avrebbe fatto di tutto per far parte delle loro vite. Non voleva essere legata a lui, era terrorizzata all’idea che potesse avere altri motivi per provare a gestire la sua vita. Aveva optato per l’aborto e tuttora, quando guardava suo figlio Christopher, non poteva fare a meno si soffrire pensando che avrebbe avuto un altro bambino di pochi anni più grande. Aveva stroncato una vita deliberatamente e provava ancora rimorso per questo.
Poi c’era stata la rottura definitiva, il suo rientro a Quantico. Mark non l’aveva presa molto bene… si rimproverò di usare eufemismi persino con se stessa. Quel brutto bastardo l’aveva stuprata! Ricordava ancora tutte le sensazioni orribili provate mentre era inchiodata a terra. Riusciva ancora a sentire il sapore del sangue in bocca, dopo che lui le aveva rotto un labbro per convincerla a stare ferma. Aveva girato la testa per non vederlo, continuando a fissare la parete e sperando che lui finisse presto.
Si era sentita sporca, abusata e piena di vergogna. Non aveva pianto davanti a lui, non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione. Non aveva voluto coinvolgere la polizia perché era spaventata. Tutti erano al corrente della loro relazione e nessuno provava simpatia per lei. Chi mai avrebbe creduto che un uomo così schifosamente perfetto avesse bisogno di ricorrere alla violenza? Inoltre aveva avuto paura per la sua carriera. Stava per tornare a Quantico, assegnata ad un team di cui non conosceva nessun componente. Che effetto avrebbe fatto su di loro sapere che la nuova collega era una che aveva relazioni sessuali con le persone con cui lavorava?
Non aveva nessuno su cui fare affidamento per un consiglio, ne un amico che avrebbe preso le sue difese. Si era sentita immensamente sola in quel momento, nessuno si sarebbe preso cura di lei, a nessuno sarebbe importato che ormai lei vivesse in un inferno personale.
Avrebbe voluto aver vicino Derek in quei frangenti. Lui le avrebbe impedito di commettere la sciocchezza di fare entrare Mark nella sua vita e nel suo letto, le avrebbe fatto una bella ramanzina e l’avrebbe riportata con i piedi per terra. Morgan avrebbe sicuramente impedito che lei si mettesse in quel pasticcio.
Riportò la sua attenzione su Ronnie e batté un pugno sul ripiano della scrivania. Lei non aveva avuto nessuno che la proteggesse… sarebbe stata lei stessa a proteggere Cameron da se stessa e dalla sua pazzia. Rimise i libricini nel loro nascondiglio e poi fece una telefonata.
-    Reid – rispose la voce di suo marito.
-    Tesoro, ho un impegno improvviso che non posso rimandare… farò tardi per cena.
-    Non ti preoccupare, penso io hai bambini… Niente di grave, spero.
-    No… non proprio… è che…
-    Ronnie?
-    Sì, io devo… devo impedirle di fare una stupidaggine.
-    Sarah, perché non la porti da noi? Magari in due riusciamo a risolvere.
-    No, è qualcosa che devo fare da sola – chiuse gli occhi e sperò di essere abbastanza convincente  – Credo che stavolta abbia solo bisogno del parere di un’altra donna e non la metterebbe a suo agio parlare davanti a te.
-    D’accordo – rispose lui poco convinto.

Si fermò all’angolo della strada, mentre aspettava che Ed arrivasse. Conosceva abbastanza bene Ronnie da sapere che l’aveva chiamato non appena aveva lasciato il suo ufficio in accademia. Si soffermò a guardare le stelle e ripensò a quella ragazza così particolare.
Era tormentata dai suoi ricordi di Cameron. Alcuni le facevano ancora provare una rabbia indicibile, ma cercò di concentrarsi sui momenti di tenerezza. Ricordava una volta che Chris aveva insistito per giocare tutto il pomeriggio con “chia Ro”. Si erano rincorsi nel giardino posteriore, con la ragazza che ruggiva e metteva le mani ad artiglio mentre il bambino correva ridendo.
Non sentendo più le loro urla, si era incuriosita e aveva deciso di dare un’occhiata, giusto nel caso. Li aveva trovati sfiniti ed addormentati ai piedi della guercia che troneggiava nel giardino. Ronnie si era appoggiata con la schiena all’albero, mentre Chris si era addormentato con il capo riverso sulle gambe della ragazza. Non aveva avuto il cuore di svegliarli, sembrava uno di quei rari momenti perfetti che capitano nella vite delle persone.
Non era l’unica volta che Leane era crollata addormentata a casa loro. Una volta stavano parlando tranquillamente davanti al camino e lei le si era addormentata su una spalla. Erano appena tornati da un caso fuori città e Sarah aveva proposto di rimandare la cena al giorno dopo, visto che erano tutti visibilmente stanchi. Ronnie era saltata su infuriata, “le tradizioni vanno rispettate!” aveva tuonato adirata. Così si erano ritrovati tutti a casa Reid per la consueta cena del venerdì sera, con il risultato che molti dei commensali finirò quasi con la faccia nel piatto.
Sentì una lacrima scenderle lungo la guancia. Ronnie era una sua responsabilità, l’avrebbe difesa di chiunque. Era la sua piccola ragazza sperduta, non di Ed o di chiunque altro. Lei si era presa carico di Cameron nel preciso istante in cui si erano incontrate, aveva fatto di una ragazza problematica una profiler, l’aveva fatta entrare nel team e nella “famiglia”…
Era una sua responsabilità e non avrebbe permesso che soffrisse più dello stretto necessario. Ed sarebbe stato per Leane, quello che Mark era stato per lei… un tormento senza fine, una ferita sempre aperta… NO! Non lo avrebbe permesso.
Estrasse la pistola ed incrociò le braccia in modo da nasconderla e si mise in attesa. “Si fa quello che si deve per proteggere la propria famiglia”, continuava a ripeterselo come un mantra. Giusto e sbagliato stavano perdendo le sfumature essenziali nella sua testa. Un'unica cosa le riempiva la mente: il dolce sorriso di Cameron Leane. Avrebbe fatto in modo che nessuno lo spegnesse.
1 Black out 2 Chimera

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Capitolo 6
*** It's true ***


It's true Autore: Robin89
Titolo: It's true?
Rating: verde
Categoria: introspettivo, malinconico
Personaggi/coppia: Cameron Leane, Sarah Collins.
Disclaimer:I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me inventati), sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro. Sarah Collins appartiene alla sua ideatrice Unsub.
Note: Questa one-shot è POV di Cameron Leane (detta Ronnie) riguardo la FF "What i feel about you" di Unsub. Si svolge all'interno del capitolo 42 di Phantom from the past. Unsub che viene citato nella one-shot è il micio di Ronnie ^^


Sarah aveva chiuso la porta alle sue spalle come se nulla fosse, l’aveva liquidata come se fosse l’ultimo dei suoi problemi.
Ronnie sarebbe voluta tornare dentro e gridarle tutta la rabbia che le stava salendo addosso dal preciso istante in cui percepì che per Sarah la sua presenza all’FBI era discutibile e non indispensabile.
Pensandoci bene, rinunciò nel fare scenate isteriche, ne aveva abbastanza di quell’assurda situazione e forse era meglio non dare importanza al suo comportamento e rispondere invece con la stessa moneta dell’indifferenza. Cosa che non le riusciva molto bene.
Ronnie si scostò dalla porta con fare imbronciato e nervoso, tornò verso la strada dove prese il primo taxi che le capitò a tiro.
Guardava fuori dal finestrino e agitava un piede mentre batteva un dito insistentemente sulle braccia incrociate, l’autista la guardava dallo specchietto alzando ogni tanto uno sguardo curioso.
- Nervosa? – le chiese innocentemente vedendola avvolta da quell’aria da bambina capricciosa. Lei si girò di scatto verso di lui.
- Sì! Sì! Sono nervosa e allora? Sono problemi suoi? NO! Pensi a guidare il più in fretta possibile o faccio prima a piedi! – sbraitò contro il poveretto che, sentendo un brivido lungo la schiena riportò l’attenzione sulla strada.
- Scusi – mugugnò lui, ogni pensiero d’ora in poi sarebbe rimasto suo.

Tornò a casa nel giro di venti minuti con il chiaro intento di partire con Eddy e accettare la proposta di evasione da quel meraviglioso mondo che in un attimo le aveva voltato le spalle, mandando in frantumi tutto il bene che credeva le volesse la sua famiglia.
Chiusa la chiamata con Ed dandosi appuntamento per le sette. Cominciò a fare le valigie, una serie di magliette e jeans che buttò alla rinfusa e con rabbia dentro uno zaino stile tracking sotto lo sguardo perplesso di Unsub che muoveva il muso a destra e a sinistra seguendo i suoi movimenti agitati. Finito con i suoi doveri da viaggiatrice, sprofondò nel divano in attesa che succedesse qualcosa e l’unica cosa che desiderava in quel momento non sarebbe arrivata, anzi..si era appena distrutta la possibilità che accadesse.
Era andata da lei per raccontarle della proposta di Eddy di prendersi questa “vacanza” e ricevere in cambio una bella ramanzina, di quelle epiche che la riportassero sulla terra, perché sapeva benissimo che partire con un drogato in giro per il mondo in una roulotte, sapendo bene quanta fatica aveva fatto lei per uscire da quel baratro, sarebbe stato un grandissimo errore di cui si sarebbe pentita. Ma ora non poteva più pentirsi di niente pensò, nessuno l’avrebbe aspettata alla porta.

Sarah le aveva reso le cose molto più difficili e inaspettate durante il colloquio, non le aveva dato spazio per muoversi e ribaltare la situazione, l’aveva messa con le spalle al muro senza aver modo di replicare ma solo abbassare la testa e andarsene, odiava quella calma che ostentava perennemente Collins, Ronnie era una che esplodeva alla minima scintilla e odiava sentirsi con la bocca tappata e le mani legate.
Infondo cosa voleva da Sarah? Soltanto quello che si sarebbe aspettata da un’amica che le aveva detto di considerarla una sorella, sentirsi voluta e protetta, sentirsi dire e urlare di essere una stupida e non fare sciocchezze, di restare con loro perché la volevano lì.
E invece cosa le aveva detto? Un indifferente “se è questo che vuoi…”, a ripensarci le ribollì il sangue nelle vene.
Ma allora.. sicuramente la pensava così anche Derek, Emily… no no no! Come poteva pensare che dopo tutto quello che aveva costruito e passato con loro, davvero non avrebbero smosso un dito per dimostrarle di volerle bene e gridarle di restare lì con loro, con la sua famiglia.
Eppure ripensò al modo in cui l’aveva trattata Sarah poco prima, la sua sorella maggiore, il suo mentore, il suo punto di forza in quel lavoro si era dimostrata una stronza e un'ipocrita. Ripensò a come si era evoluto il suo rapporto con lei in quei pochi anni, da acerrima nemica a sorella indispensabile anche per solo un parere. Ripensò alle giornate passate a casa sua a giocare con Chris, a quando Sarah rischiò la vita per salvare lei, quando per la prima volta la invitò a far parte della loro famiglia. E ora vedeva quel meraviglioso mondo scomparire dietro il suo comportamento indifferente, vide tutto quel mondo cospargersi di quella falsità e menzogna che cominciò ad odiare, le venne voglia di prendere una mazza da baseball e spaccare i vetri della macchina vedendo in ognuno di quei mille pezzi infranti tutto il rapporto di cui si era montata in quegli anni. Non lo fece, le scese invece una lacrima che cadde sul pavimento.

Il tempo passava veloce in mezzo a quei pensieri, l’ora dell’appuntamento era già passata così decise di chiamare Ed per sparire da quel mondo falso il più in fretta possibile, il ragazzo non rispose almeno per le prime cinque chiamate. Quando finalmente rispose erano già passati quasi venti minuti.
- Si può sapere dove sei finito? Non so quante volte ti ho chiamato – ruggì lei già nervosa dalla precedente situazione.
- Cam ascolta.- il suo tono già non le piaceva - Dimenticati tutto, non ci saremmo mai dovuti vedere, è stato solo un errore.
- Cosa…
- Hai sentito, non ti voglio più vedere, non ti voglio più sentire..resta dove sei io sono già partito senza di te.. non cercarmi mai più. Addio.
- SMETTILA SMETTILA! – gridò Ronnie, ma la chiamata era già finita.
Restò immobile, sbigottita, le cadde il telefono per terra e posò una mano sul tavolo, stava sognando o era finita in chissà quale mondo ultraterreno? Cosa stava succedendo? Perché tutti le voltavano le spalle?
Scoppiò in lacrime come se queste fossero già lì pronte per straripare, pianse con tutta sé stessa lo schifo che si sentiva addosso e la delusione che le pesava come un macigno. Si sedette sul divano prendendosi la testa fra le mani, si sdraiò e continuò a piangere quelle lacrime infinite, solo Unsub salito sopra di lei cercava di consolarla leccandole il braccio.
Dopo qualche minuto suonò qualcuno al campanello, dopo alcuni ripetuti tentativi decise di alzarsi con aria svogliata mentre singhiozzava.
Sarah incontrò due occhi pieni di tristezza che alla sua vista presero vita mista a confusione.

La stringeva in un forte abbraccio, come si fa tra sorelle, fra madre e figlia, continuava a calmarla, massaggiandole piano la schiena, finché l’altra non si abbandonò a quel conforto offerto in modo così delicato e sincero.
- Come mai eri passata? – le chiese una volta recuperato il controllo e averle raccontato la chiamata con Eddy.
- Ero venuta a chiederti non lasciarci. Siamo la tua famiglia Ronnie e non vogliamo perderti… ti voglio bene.

Ronnie ricominciò a piangere questa volta di felicità, stringendola a sè, chiedendosi se fosse vero, il suo desiderio si era appena avverato.

FINE.

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Capitolo 7
*** 7. Gift ***


gift Autore: Ronnie89
Titolo: Gift
Rating: Verde
Categoria: commedia
Personaggi/coppia: Cameron Leane, Sarah Collins
Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
Note: si svolge dopo Skeletons in the closet di Ronnie89. Tutta dedicata a Unsub

Non le era mai piaciuto il Natale, forse perché non l’aveva mai festeggiato come dovrebbe fare una qualsiasi bambina felice che non vede l’ora di addobbare l’albero con i genitori e scartare i regali la mattina del 25 dicembre. Per Cameron il Natale era un giorno qualunque, una scusa in più che trovavano gli altri per spendere soldi in regali forzati e dare il contentino ai propri figli o a chi consideravano degno di un pensierino incartato con un fiocchetto, quando lei voleva fare un regalo lo faceva quando ne sentiva il bisogno e non perché glielo chiedeva la tradizione. A Washington era nevicato ed era l’unica cosa che adorava di quel periodo: la neve e quel senso di serenità che riusciva a darle quando guardava cadere lenti i fiocchi.
Si alzò il colletto del cappotto per ripararsi dal freddo pungente, infilò le mani in tasca e si strinse mentre passeggiava per la via principale alla ricerca di un regalo per l’unica persona a cui non avrebbe mai pensato di farlo. Era in giro da quasi tre ore e ancora non aveva trovato niente che potesse essere adatto a lei, qualsiasi cosa le sembrasse carino diventava un oggetto da scartare nel giro di pochi secondi. Si rese conto in quel momento di non conoscere affatto Sarah e in un certo senso era così, sapeva solo quello che mostrava fuori, non sapeva realmente chi fosse, cosa le piaceva, quali erano i suoi gusti, cosa pensava di questo o quello... sbuffò spazientita, non sapeva fare regali e oltremodo a lei, frequentava casa sua come ospite e amica solo da pochi mesi e sarebbe stata in grado di azzeccare solo un tappeto per l’arredamento.
Continuò a camminare senza meta con aria sconfitta e nervosa, le era rimasto poco tempo visto che sarebbe dovuta essere alla loro cena di Natale nel giro di un’ora. Stava quasi pensando di ritornarsene a casa senza un bel niente in mano quando i suoi occhi caddero in una vetrina in stile d’epoca, si fermò a guardarla rapita dal modo con cui era stata decorata, le piacevano i colori autunnali che facevano da protagonisti, su ripiani di velluto rosso erano adagiati oggetti per la maggior parte fatti di legno, come un grande orologio da parete che faceva ad angolo. Tutta la vetrina sapeva di quell’aria vittoriana propria di casa Collins, osservò con attenzione tutti gli oggetti esposti e uno in particolare catturò la sua attenzione, le brillarono gli occhi solo a guardarlo, lo aveva sempre desiderato e non l’aveva mai avuto, pensò che quello era il regalo che stava cercando.
Casa Reid/Collins, Vigilia di Natale
-    Reid... puoi continuare fino a domani, tanto non cambio idea, il Natale mi fa venire mal di testa – esordì Cameron mandando giù un sorso di vino rosso.
-    Ronnie – la chiamò Derek seduto nel posto di fronte a lei – se non ti piace il Natale ci spieghi perché hai un cerchietto con orecchie e corna da renna?
Gli occhi dei commensali si posarono su quelli a fessura della ragazza.
-    Me lo ha dato Chris... e poi mi piacevano le orecchie, non ha niente a che vedere con il Natale.  
-    E se lo dici tu, noi ci crediamo – aggiunse Rossi alzando il bicchiere a mò di brindisi.
La serata continuò in quel clima caldo proprio di una vera famiglia che Cameron aveva imparato a fare sua. Era la prima vera cena di Natale che passava in compagnia di tutta la squadra a casa di quella acerrima nemica che si stava trasformando in un’inaspettata amica sincera, rimasta nascosta e sottintesa avevano da sempre celato una dipendenza l’una verso l’altra. Due anime che sembravano essere destinate a scontrarsi e che invece avevano trovato il modo di unirsi. Sorrise, pensando che il Natale infondo non era poi così male.

Mattina del 25 dicembre
Sarah era seduta tra i cuscini del salotto, aveva appena finito di scartare i regali insieme a Reid e suo figlio Chris davanti al caminetto acceso quando notò un pacco regalo dietro l’albero. Era incartato di rosso porpora e incorniciato con un grande fiocco dorato, storse le sopraciglia, era nascosto in un angolo come se non volesse essere trovato ed era sicura che almeno fino alla sera precedente quel pacco non c’era.
Possibile che suo marito le avesse nascosto un secondo regalo? Approfittò della breve assenza dei due maschi di famiglia per scartarlo. Lo prese tra le mani, era pesante e dovette lasciarlo sul pavimento per liberarlo, lo scartò con cura finché non le apparve di fronte con la sua eleganza. Era un cofanetto di mogano scuro in stile vittoriano, uno specchio all’estremità rifletteva subito l’immagine di chi aveva davanti, un grande orologio in basso affiancava tre cassettini, li aprì uno ad uno: erano foderati con velluto rosso ed erano abbastanza grandi da poter contenere fotografie, gioielli, lettere. Sarah sollevò infine l’intero ripiano che nascondeva lo spazio più ampio, una volta scoperto una ballerina le apparve davanti e cominciò a girare su se stessa accompagnata al suono lento di un carillon. Le brillarono gli occhi rapiti dalla magia surreale che emanava, sorrise emozionata, le sembrò sciocco ma aveva sempre desiderato un cofanetto-carillon fin da piccola e adesso qualcuno aveva esaudito quel desiderio messo ormai da parte.
Un biglietto bianco risaltava nel velluto rosso dell’ampio ripiano che accoglieva la ballerina, lo aprì sempre più curiosa di scoprire chi fosse il mittente di quel regalo magico e quasi malinconico. Lesse la scritta fatta con una penna a sfera:
Buon Natale e buon compleanno
               Ronnie

Sentì l’emozione arrivarle al cuore e la bocca le si aprì in un sorriso che le illuminò anche gli occhi, le uscì lenta una lacrima. Quella peste era riuscita a farla commuovere.

Fine

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