I diari di Nemo

di Lou Cipher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***



Tartesso

Quattordicesima rotazione, 13esimo giorno, anno 12050 nel calendario atlantideo.
25 Maggio 1875 del calendario terrestre.
 
Ultimamente noto in Nemesis un aura diversa da quella che lo ha sempre avvolto e contraddistinto in questi ultimi 30 anni. Il suo volto, dai lineamenti duri ma sempre pacato e amichevole che in questi anni ho imparato ad apprezzare e cercare nei momenti di difficoltà, quasi non lo riconosco più. Un velo oscuro di tensione ed insofferenza aleggia su di esso, e non sono più riuscito a strappargli un sorriso sincero da non so quanto. E questo fa crescere ulteriormente in me un turbamento che mi ristagna nel cuore, opprimendomi in maniera quasi soffocante in certi momenti.
 
Anche oggi abbiamo avuto una furiosa litigata davanti l’intero Senato in seduta plenaria riguardante l’adozione di nuove politiche diplomatiche nei confronti dei popoli esterni al regno di Tartesso. Sembra che Nemesis non possa tollerare ne prendere in considerazione una apertura nei confronti degli umani, che si ostina ancora a chiamare “schiavi” o “esseri inferiori”.  Anzi vorrebbe per loro una sottomissione totale ed incondizionata, ed una maggiore fermezza da parte mia nel ristabilire “l’ordine naturale delle cose” per riportare gli antichi discendenti di Atlantide a dominare come dovrebbe essere di loro diritto, anche usando la nostra tecnologia avanzata per arrivare allo scopo finale. Egli sostiene che se non governeremo l’uomo con pugno di ferro, se non saremo la loro guida, il mondo affogherà nel sangue e nella distruzione. Per lui l’uomo è un essere non sufficientemente dotato di intelligenza e si autodistruggerà in pochissimo tempo di questo passo.

Io non posso e non voglio assecondarlo in questa sua follia di distruzione. La terra ormai è un dominio che non ci appartiene più, l’uomo col tempo si è evoluto da solo senza che la nostra mano intervenisse in nessun modo ad accompagnarlo in questo difficile percorso. Certo, anche io penso che l’umanità debba ancora apprendere molto. Tuttavia voglio darle fiducia. Non c’è solo male in questo mondo. Gli uomini sbagliano ancora e continueranno a farlo, ma impareranno dai loro errori ed allora dimostreranno le migliori doti di cui sono in possesso. Come possiamo noi giudicare un essere vivente perfetto o imperfetto? Non siamo stati anche noi, all’alba dei tempi quando arrivammo su questo pianeta, ad ucciderci in una guerra fratricida che portò alla decimazione e al declino della nostra stirpe? Siamo imperfetti anche noi allora come loro? Direi di si. Ed è questo quello che accomuna me e la mia stirpe a quella umana. I nostri errori sono stati trasmessi a loro rendendoli qualcosa di unico nel suo genere, vicino a noi più di quanto pensino tutti e allo stesso profondamente diversi. L’umanità ha appreso emozioni quali l’amore, la fratellanza, la compassione e tutto ciò che di buono potevano assimilare portandolo ad un livello diverso, a volte estremizzandolo e a privarlo di pensiero razionale, peculiarità che li rende profondamente diversi da noi, devoti ad una meditazione più profonda e mai priva di razionalismo. Che meraviglia!

Ma allo stesso modo, loro hanno ereditato anche le nostre cose peggiori. Sentimenti come la rabbia, l’odio, l’indifferenza... tutte cose che li porta nell’oscurità e li allontana da una pace interiore causando dolore e disgrazie nel mondo. Ed è su questo che Nemesis fa leva sul Senato e sul popolo per raccogliere consensi. Difatti ora ha raccolto il favore di una larga parte del senato e del popolo, per non parlare degli ufficiali dell’esercito che cominciano a pensarla come lui. E questo comincia non andare bene.

Dov’è finito il Nemesis che conoscevo?

Fin dai tempi dell’addestramento militare in accademia sapevo della sua “avversione” nei confronti della razza umana, ma i nostri dibattiti si concludevano sempre con una grande risata e una presa in giro reciproca… Ora tutto sembra essere così lontano e offuscato, come se un manto di oscurità si dilatasse sulla mia memoria per lasciarmi nella realtà di questi mesi concitati e frustranti.

Tuttavia io sono il re. A me spetta l’ultima decisione su tutto. E finchè avrò un alito di vita nel corpo non permetterò mai che Nemesis possa anche solo pensare di attuare la sua politica, sono disposto ad arrivare alle estreme conseguenze.

Ora come ora, l’unica cosa che mi permette di rimanere sereno ed allontanare tutti i turbamenti dal cuore, alleggerendomi cosi dal fardello dei miei doveri, sono loro. La mia vita… la mia ragione di vita. Mia moglie Helene,mio figlio Vinusis e… la piccola che tra qualche giorno arriverà a riempire con gioia rinnovata le nostre vite: Nadia!

Helene, amore mio… ricordo ancora quel giorno di 9 mesi fa, in cui mi portasti a passeggiare insieme a nostro figlio, nelle pianure ad ovest nel tardo pomeriggio con la scusa di guardare almeno il tramonto insieme, dopo l’ennesima giornata passata lontani a causa dei miei doveri… Riesco ancora a sentire il profumo dei fiori e il rumore delle fronde degli alberi lungo il sentiero selciato che stavamo percorrendo lungo la pianura costellata di campi lavorati dai bracciati. Arrivammo in un piccolo spiazzo al termine del sentiero e ci fermammo. Helene era splendida. Ammiravo la bellezza del suo viso,delle sue forme, baciate dai raggi del sole morente che colpiva la sua pelle color ambra conferendole lo status supremo di grazia e bellezza paragonabile solo a quello di una divinità…

Tirava una leggera brezza che smuoveva leggermente le sue vesti bianche ed aggraziate, e delicatamente i suoi lunghi capelli corvini dai riflessi dorati che le ricadevano sulle spalle con eleganza suprema, fu proprio in quel momento di beatitudine dei sensi che con la sua naturalezza e semplicità, della quale mia aveva fatto dono facendomi suo per sempre, mi disse sorridendo mentre mi guardava negli occhi «Elusys, tu mi ami ancora? »rimasi folgorato e spiazzato da quella domanda, quasi lei volesse fugare un dubbio che la attanagliava, ma senza indugio o dubbio nel cuore risposi «Helene, amore mio, non c’è giorno che io non ringrazi il destino che ci ha portato ad incontrarci. Senza di te sarei nulla!Il mio amore per te, è incondizionato. »Sapeva che non mentivo, ed io mi accorsi che non era un dubbio che la turbava, il suo sguardo mostrava la sicurezza di chi sapeva già la risposta che avrei dato. Ma se non era un dubbio, mi chiedevo cosa fosse. Subito incalzai «Helene, perché questa domanda? Cosa ti turba? », spostò il suo sguardo da me verso l’orizzonte per guardare il sole che implacabile continuava a tramontare. Si sentivano gli echi di gioia di Vinusis che giocava, e con l’innocenza dei suoi 7 anni tentava di catturare una farfalla che passava di li in quel momento.

Dopo un breve silenzio rispose «Elusys, tesoro mio, non ho mai dubitato di te o del tuo amore. Ma sei sempre così indaffarato con i tuoi impegni, che a volte mi capita di sentirti lontano. Vinusis ogni tanto sente la tua mancanza. Ed anche io…»in quel momento mi sentii gelare, era vero. Spesso i miei impegni mi portavano a stare lontano anche per giorni. Magari per raggiungere l’Antartide nella base al centro del continente,  per i rifornimenti di materie prime, e a far visita così anche al mio amico Ilion, o per altre questioni di mera burocrazia. Provai a dirle «Helene, io capisco il tuo stato, e me ne rammarico… Ti chiedo di perdonarmi. Sono stato distratto e non mi sono accorto che vi stavo trascurando! Mi stai aprendo gli occhi, e da oggi voglio rimediare!Cercherò di essere più presente nelle vostre vite!Voi siete tutto. »Si voltò di nuovo verso di me senza mai smettere di sorridere. Il vento le smosse un ciuffo di capelli che delicatamente le ondeggiava sul suo viso etereo, e prontamente con un gesto delicato ed elegante lo spostò dietro l’orecchio. Mi guardò ancora un attimo e finalmente mi disse «Amore mio, non devi scusarti di nulla. Tu sei un re. E questo comporta grandi responsabilità e doveri, ed io il giorno in cui scoprii di amarti accettai anche di starti accanto in qualsiasi momento. »mi guardava intensamente con i suoi immensi occhi verdi pieni di amore, e proseguì «Sono lieta nel sentire le tue parole,  e sò che sei un uomo di parola, e che nulla faresti per farci soffrire. Io non ho pretese se non quella del tuo amore, e mi sta bene così, se tu sei con me, non chiedo altro. Ma forse qualcun altro potrebbe chiedere di più…»

Mi voltai sorpreso e dissi «Hai ragione, il piccolo Vinusis in futuro potrebbe risentire di questo mio modo di fare, cercherò di essere un padre per lui, degno di questo nome. »Sentivo il carico delle mio colpe affliggermi, e per questo non volevo turbarla. Anche se tentavo di celare i miei sentimenti lei mi conosceva troppo bene, non potevo nasconderle nulla. Ero come un libro aperto per lei, e mi punzecchiò divertita «Non affliggerti per delle colpe che non hai caro… Avrai modo di rimediare tenendo fede al tuo patto, prendendoti cura di noi tre…», non capii subito e frastornato chiesi «Noi…tre?...cosa intedi…?». Chiamò Vinusis a se e lui corse felice verso di noi stringendosi alla gamba di Helene chiedendo «Che c’è mamma? Sono impegnato a catturare farfalle! »lei lo guardò allegramente e disse «Rimani qui, perché devo dire una cosa al papà e voglio che ci sia anche tu. »continuavo a non capire. Il sole tramontò del tutto, lasciandoci illuminati dalla luce che rimaneva prima del crepuscolo. Mi guardo fiera e fiduciosa e finalmente conobbi la verità «Sai Elusys, da oggi in poi saremo in quattro…Io, te, Vinusis e…un nuovo arrivato che sarà presto tra noi! »e concluse «Sarai di nuovo papà! ».

Era radiosa, di una bellezza che non ammetteva descrizioni tanta era la sua forza. Un brivido scosse il mio cuore fino ad arrivare nel profondo dell’anima. I miei occhi erano colmi di felicità, l’unica cosa che riuscii a dire fu «Helene…io…»prima di avvicinarmi accarezzandola in viso, per poi abbracciarla più forte che potevo. Il momento fu interrotto poi dal piccolo Vinusis che non appena realizzò che avrebbe avuto un fratellino o una sorellina disse quasi scocciato «Ehy, mamma!Papà! quindi avrò un fratellino!? Io non dividerò i miei giochi con lui! ».
 Alle sue parole ci girammo verso di lui e scoppiammo a ridere ed Helene rispose « Vinusis, non sei contento di avere un fratellino o una sorellina? » il piccolo rispose sardonico «Si! Ma i giochi restano comunque miei!» Helene sorrise e continuò «Presto sarai il fratello maggiore! E’ una grande responsabilità. Sarà a te che farà riferimento per essere protetto ed aiutato il tuo futuro fratellino, o la tua sorellina. Dovrai essere la sua guida. Nei momenti belli e in quelli brutti. Ormai sei un ometto, pensi di essere in grado di farti carico di questo compito? » Vinusis all’udire queste parole, e fiero di essere stato scelto per questo compito molto importante, rispose sereno con spalancando i suoi occhioni azzurri che brillavano di emozione e riconoscenza per il compito datogli«Va bene mamma! Ci penserò io!Non ti preoccupare, sarò in grado svolgere il mio compito!Ormai sono abbastanza grande da cavarmela dasolo! Tu pensa alle tue faccende, io sarò più che sufficiente! » riuscì a calmare così il senso di competizione che si stava insinuando in Vinusis. Sorridemmo, e lo presi in braccio mettendolo sulle mie spalle, mentre Helene ci guardava divertita. Prima di rientrare le presi una mano e le dissi «Helene, tu mi rendi migliore. Voi mi rendete migliore. Sarò sempre al vostro fianco. E’ una promessa. La mia promessa! ». Lei mi guardò sempre negli occhi, ed annuì in segno di intesa…«Torniamo a casa adesso… e diamo la felice notizia a tutti! »e ci incamminammo lungo il sentiero che si snodava lungo la pianura verso il palazzo.


Ora manca poco, è questione di giorni. Quale emozione! E’ così calma ed armoniosa come un mare quieto, ed io cerco di nasconderle i miei affanni per non turbare la sua serenità. Non posso addossarle anche i miei pensieri!

La sera quando mi sdraio al suo fianco, osservo la sua pancia attraverso le delicate vesti sottili da notte e l’accarezzo delicatamente per non svegliarla, pensando a quale futuro misterioso e allo stesso tempo bellissimo ci attende.
Il solo pensiero di questa gioia mi tranquillizza, e il turbamento che agita il mio cuore si placa… almeno per stanotte.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Tartesso

Quattordicesima rotazione, 14esimo giorno, anno 12050 nel calendario atlantideo.

26 Maggio 1875 del calendario terrestre.


 
Quest’oggi, fortunatamente, la giornata è passata in modo tranquillo. Avrei dovuto recarmi nei laboratori scientifici nella zona sud della cittadella fortificata per verificare lo stato di avanzamento delle ricerche riguardanti lo studio delle alghe marine che abbiamo rinvenuto durante l’ultima spedizione verso l’Antartide, lungo la dorsale medio atlantica, ma ho preferito delegare questo compito al mio assistente di ricerca pregandolo di farmi avere un rapporto dettagliato entro domani, perché nel caso ci fosse qualche problema dovrei supervisionare personalmente come procede il tutto.

Ritengo che questa ricerca sia molto importante per il mondo della scienza e della medicina, in quanto, se le mie teorie sono giuste, quest’alga se mescolata con quella che cresce unicamente nella faglia 68 potrebbe creare una medicina in grado di salvare molte vite da malattie di cui nemmeno nel prossimo secolo si riuscirà a trovare una terapia adatta. Una scienza a servizio del benessere comune, è per questo che mi impegno anima e corpo come biologo marino a studiare ed approfondire tutto ciò che potrebbe portare beneficio a tutti e non solo ad uno. Ma sembra che qualcuno continui a non pensarla alla stessa maniera.

Nemesis… sta diventando un incognita sempre più grande. Se solo riuscissi a capire quello che gli passa per la testa, potrei tentare di venirgli incontro in qualche modo. Ma sono mesi che ormai si è chiuso nell’austerità dei suoi pensieri, allontanandosi progressivamente da me ed Helene celandosi dietro una coltre gelida di indifferenza.

Abbiamo passato sempre meno tempo insieme. Cose all’ordine del giorno come una discussione per il semplice piacere del colloquio, seduti nel parco del palazzo principale, una partita a scacchi, o una visita al piccolo Vinusis al quale portava sempre qualche dono, sembrano cose ormai lontane e sbiadite nel ricordo. Quando riusciamo a passare del tempo insieme e a non litigare, noto che il suo volto nasconde un velo di apprensione, come se qualcosa lo tormentasse giorno e notte. Eppure ci siamo sempre spalleggiati a vicenda, non riesco a capire perché questa volta non riesco ad aiutarlo.

Allo stesso modo è particolarmente impegnato. Perennemente al lavoro, a volte sparisce anche per giorni a causa di “impegni scientifici di fondamentale importanza” . Mi ha confidato che sta portando avanti degli studi su alcune tecnologie da lui rinvenute sotto Tartesso, nella città dei nostri avi, e che una volta conclusi potremo beneficiarne tutti. Ha sempre avuto una sorta di attrazione per la “vecchia” Tartesso, vi si reca spesso per meditare ammirando il paesaggio lunare di quei luoghi. Ammetto che anche io ne subisco il fascino, e posso quindi capire le sue fughe. Poter osservare le guglie dei nobili palazzi ormai in rovina che svettano su un cielo ormai morto, o le abitazioni diroccate che nonostante il tempo ancora si aggrappano alle pareti rocciose su cui si poggiano, le strade e ed i monumenti ormai logori a causa del tempo colpiti da quel bagliore bluastro che conferisce un aura ancestrale ma al contempo magica e piena di mistero, mi… colpisce… fin nel profondo dello spirito. E’ un emozione complessa da descrivere ogni volta. Tuttavia non posso permettermi di capire Nemesis senza aver prima capito qual è il suo tormento.

Anzi tutto devo sapere quali sono le sue ricerche e le sue scoperte, anche se non ho mai avuto motivo di dubitare di lui, non posso tollerare oltre questa sua segretezza riguardo i suoi progetti. Se sono per il bene comune, non vedo perché continuare a tenere segreti ulteriormente i sui studi. Nel caso in non voglia dirmi tutto con le buone, dovrò cominciare a sospettare seriamente di lui ed usare la mia autorità chiedendo supporto al Senato per ottenere ciò che voglio. Non dovrò indugiare oltre. E tutto questo deve avvenire prima della mia nuova, ennesima, partenza per l’Antartide. Ho ricevuto una richiesta da lui stesso per una grande quantità di minerali che servirebbero, sempre secondo lui, a costruire delle attrezzature medico/scientifiche da poter utilizzare per scopi civili e per l’esercito durante le esercitazioni che svolgono sui monti che circondano la città.

Tuttavia è inutile per il momento crucciarsi, ed è bene non dare troppe preoccupazioni ad Helene. Gli ultimi mesi per lei sono stati faticosi a causa della gravidanza, ma pieni di gioia. Le sono stato più vicino che potevo, e non l’ho mai sentita tanto vicina come in questo momento. Credo di aver riparato i miei errori,ho fatto del mio meglio e lei me ne è grata. Ancora non capisco come ho potuto non ricordarmi di quanto e come l’amavo e… di come l’ho trascurata. Ma non ha mai mostrato segni di rancore, non mi ha fatto pesare le mie colpe. Quanta devozione in un essere così piccolo ed immensamente radioso come lei. Non posso darle anche questa preoccupazione, la sua salute prima di tutto! Ne morirebbe se sapesse le difficoltà che stò passando in questo momento, ma io devo essere forte e mantenere la calma anche per lei.

Ogni volta che ho potuto ho delegato i miei compiti ai miei funzionari, o a Nemesis stesso, volevo godermi ogni singolo momento appieno così da lasciarlo impresso nella mente per sempre, e per farne dono un giorno a Nadia. Ho anche insegnato a Vinusis l’equitazione e a svolgere piccoli lavori manuali come intagliare il legno, affidandogli il compito di creare un piccolo regalo per la sorellina che arriverà tra poco, ed è stato più che felice di cimentarsi nell’impresa sostenendo con la sua aria innocente che «Almeno comincerà ad avere i suoi di giochi, e non ruberà i miei! ». 

Purtroppo per quanta gioia possa provare adesso, i miei pensieri inquieti cominciano a sopraffare la mia mente.

Stanotte dormirò un sonno inquieto.

Sempre se riuscirò a dormire.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Tartesso

Quattordicesima rotazione, 15esimo giorno, anno 12050 nel calendario atlantideo.
27 Maggio 1875 del calendario terrestre.



 
Un incessante turbinio di eventi stà scandendo la mia vita. Oggi per la prima volta, dopo molto tempo, ho provato quell’antica sensazione che non ricordavo più. Il panico. Scientificamente,il panico, viene definito come l’attimo in cui lo stato di paura diventa travolgente come un fiume in piena e si tende a scappare a via, il più lontano possibile dalla fonte del disagio.

Ma io ho resistito.

Non potevo scappare, non volevo scappare.

Non è da me.

 Soprattutto perché questa paura era,da una parte, immotivata. Lo shock di vedere Helene sofferente a causa delle prime doglie mi ha tramortito, mi ha colpito come un pugno nello stomaco lasciandomi completamente senza fiato ed in balia di quei momenti concitati.

Povera Helene… Eravamo appena usciti dai nostri alloggi di palazzo, e ci stavamo recando nel cortile del parco adiacente alle sale del trono e del Senato per la colazione all’aperto che aveva espressamente chiesto, dato che in quella giornata avrei dovuto incontrare il mio assistente per il resoconto e sarei rimasto fuori per un pò, ed il caldo dell’inizio dell’estate per lei in quello stato era una tortura. Mentre scendevamo l’ultima rampa di scale che dava sull’atrio che ci avrebbe poi condotto al parco con la pensilina che portava al grande gazebo che vi si trovava al centro, stavamo parlando proprio dell’arrivo della piccola,quando d’un tratto cominciò ad arrancare.

«Helene, cos’hai? Ti vedo affaticata. Ti senti poco bene? » Chiesi
Mi guardò con il suo volto terso, ma che al contempo faticava nel tentativo di nascondere una smorfia di dolore,e sorridendo rispose «Stai tranquillo Elusys, stamttina Nadia ha deciso di fare i capricci! »
«Forse è meglio che tu riposi il più possibile, dato che oramai sei quasi alla fine del tempo! Affaticarsi ulteriormente non ti giova in questo stato. Ti farò accompagnare alle tue stanze, mentre cercherò di far arrivare il dottore dal centro medico qui il prima possibile! »

La risposta fu immediata e chiara, pronunciata con un tono di risolutezza ,ma mai con rabbia «Elusys Ra Arwall! Per chi mi hai preso? Per una donna che si spaventa alla prima piccola avvisaglia di dolore? Eppure non credevo mi sottovalutassi tanto! »
«Helene, veramente io…non intendevo…io…»
«Niente scuse! E’ normale per una donna che aspetta un figlio avere dei dolori di tanto in tanto, significa che il tempo è agli sgoccioli, ma che non è ancora terminato! Capisco la tua preoccupazione, e nessuno più di me apprezza il tuo aiuto, ma come per Vinusis , solo io sono in grado di sentire quando sarà il momento giusto per l’arrivo della piccola! »
Mi prese la mano tra le sue e le strinse guardandomi negli occhi. Sembrava quasi che le sue fatiche fossero sparite di colpo, il suo volto ora tornato di nuovo sorridente, mi trasmise coraggio e non potei fare altro che assecondare il suo volere

«Come desideri amore mio. Ma sappi che se dovessi rendermi conto di qualcosa che non va, sarò costretto a costringerti a vedere un medico. »
«Non ce ne sarà bisogno, sò quale sono i miei limiti tesoro. »  mi apostrofò in maniera dolce, portandosi la mia mano al viso per lasciarsi carezzare teneramente.
«Ora andiamo, altrimenti si farà troppo tardi, e questa mattina voglio passarla con te. » disse, e proseguimmo fino all’atrio in cui si apriva la grande porta vetrata che dava sul parco, protetta dalle guardie del palazzo che alla nostra vista scattorono sull’attenti in segno di rispetto.

Sfortunatamente, non appena superammo le porte di vetro e dentro il parco, Helene crollò. Fu proprio in quel momento che ricordai cosa voleva dire la parola panico. Vedere il suo corpo piegarsi sul mio braccio,il volto sudato coperto dai capelli che le cadevano sugli occhi e contorto da una smorfia di dolore,  ed il sapere di essere impotente e non poter in nessun modo essere di aiuto mi fece rabbrividire! Anche se maestri nell’arte medicinale e in quelle scientifiche, di fronte la potenza della natura siamo inermi.

 Feci appena in tempo a prenderla di peso tra le braccia mentre chiamavo le guardie, ed aiutato dalle dame e dalla servitù di palazzo la posai delicatamente sul piccolo divanetto che si trovava al lato del grande tavolo dov’era imbandita la colazione. Quando arrivarono due guardie diedi subito l’ordine di chiamare il dottore,e di allertare il centro medico di preparare una stanza per l’arrivo di Helene . 

Cercavo di mantenere la calma, riuscendoci a stento;  le dame tentavano di aiutarmi come potevano portando dell’acqua e delle pezze bagnate, ma non permettevo a nessuno di avvicinarsi! Helene  era sdraiata svenuta ed inerme sul divanetto, di un pallore spaventoso e madida di sudore, le stringevo la mano e cercavo di rassicurarla anche se sapevo che non poteva sentirmi. Quale sofferenza provavo nel vederla così debilitata! Come ha osato la natura causare una sofferenza tale, ad un essere così nobile e buono? Ero fuori di me.
Si riprese qualche minuto dopo, riusciva a stento a parlare, era a pezzi
«Helene!Amore mio! Non agitarti! Stà arrivando il dottore, tra poco starai meglio! » tentai di consolarla
«Elusys…io…»

In quel momento arrivò il medico scortato di fretta da una guardia, al quale, preso dalla foga del momento, ruggii contro un ordine secco «Dottore! Faccia qualcosa! Si sbrighi non perda tempo! »
«Maestà! Io… ho fatto prima che potessi…sono arrivato prima che potevo…e…»
«Non perda altro tempo! Si sbrighi! »

So che non era colpa sua, sono stato duro senza un motivo valido e me ne rammarico.Domani non appena lo incontrerò dovrò porgli le mie scuse, ma non riuscivo a mantenere la calma.
Mi guardò un attimo con un aria spaventata, per poi riprendere coraggio e mettersi al lavoro. Aveva con se alcuni strumenti di primo soccorso, e fece subito uno screening  con uno strumento elettronico dotato di un piccolo schermo, che le passo lungo tutto il suo profilo.

La risposta arrivò subito.

«Maestà, ho appena terminato lo scan clinico della Regina con il rilevatore armonico. Fortunatamente non è nulla di grave, è un malore causato dalla stanchezza. Sa, le donne incinta sono soggette a questo tipo di eventi se non riposano adeguatamente e continuano con i ritmi di tutti i giorni» estraendo una fiala dalla borsa, che aveva portato con se e poggiato per terra, continuò «Ecco, le dia questo. Contiene un ricostituente che le permetterà di riprendersi praticamente subito. Raccomando anche riposo assoluto fino alla nascita del bambino nel centro medico, dove potranno sicuramente prendersi cura di lei in maniera adeguata. »

Riuscii a calmarmi un po’, ma comunque un minimo di agitazione continuava a permanere, e chiesi
«Ci sono problemi per la bambina? Ha in qualche modo risentito anche lei di questo malore, dottore? »
Guardandomi in modo quasi paterno, e accennando un sorriso sicuro e rassicurante di chi ha capito lo spavento causato dalla situazione mi rispose «La piccola sta bene Maestà! Anche se la prudenza non è mai troppa, farei comunque un controllo. La prudenza, si sa, non è mai troppa. »

D’un tratto mi accorsi che intorno a me si era radunata una piccola folla tra inservienti, funzionari e guardie , che osservava la scena con apprensione. Mi limitai solo a poche parole «Grazie per l’aiuto che avete dato,ora se volete continuare ad essere di una qualche utilità, vi pregherei di riprendere le vostre mansioni.» Non riuscivo a non essere freddo, d'altronde ero scosso. Fortunatamente riuscirono tutti a capire il mio stato, e senza troppe remore tornarono tutti a lavoro. Ringraziai il dottore, che nel mentre aveva somministrato la fiala ad Helene che, una volta arrivato il mezzo per trasportarla nelle stanze del centro medico, si era quasi ripresa.

Mi disse, con aria di rammarico «Elusys…perdonami per lo spavento. Non avrei mai voluto…»
«Non preoccuparti amore mio. Ora l’importante è che tu stia meglio. Solo questo conta!Adesso ti porteranno al centro medico dove potrai riposare tra le migliori cure! »
Non potè far altro che annuire e lasciarsi trasportare via dai medici del mezzo, al quale assegnai una scorta, verso la clinica. Ero più sollevato pensai.
Ma il sollievo durò un attimo.

Quando mi accorsi che in lontananza, nei pressi dell’ingresso del parco, c’era lui, e cheaveva assistito a tutta la scena senza mostrare il minimo segno di apprensione ma rimanendo a fissare la scena immobile, impassibile, con in suoi occhi colore del ghiaccio permeati da una indifferenza inspiegabile. Fui quasi sconvolto da quella visione. Mi fissava con uno sguardo quasi spento, lontano da tutto e tutti. Non riesco ancora a capire perché non ha fatto nulla, perché si è tenuto lontano senza nemmeno avvicinarsi per sincerarsi delle condizioni di Helene. Nulla! Provai a dirigermi verso di lui, ma non appena accennai un passo, mi fulminò con uno sguardo quasi di disprezzo, per poi voltarsi e tornare dentro il palazzo e sparire tra i suoi impegni.
Decisi che avrei risolto la situazione subito, ma prima dovevo recarmi al centro medico da Helene.  Non avevo tempo per lui in quel momento. Dimenticai anche il mio incontro con il mio assitente, nulla poteva distrarmi da lei.

Mentre scrivo queste righe, sono nelle stanze della clinica dove si trova Helene ,che in questo dorme
.
 Poco fa ho ricevuto una missiva classificata come “urgentissima” dal mio assistente, in cui mi chiede di parlare in privato e di persona per ragguagliarmi dei risultati delle ricerche e di “ulteriori aggiornamenti inaspettati di primaria importanza” . 

Ho dato ordine di avvisarlo che lo riceverò domani in mattinata,ora non ho ne le forze ne la voglia di pensare ad altro che non sia mia moglie.

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