When Speed Is Not Enough.

di LaNana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo. ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo. ***


When Speed Is not Enough.

Capitolo Primo.

 

Mi chiamo June Barnes, ma nessuno mi conosce per il mio cognome, men che meno per il mio nome. Ho trentun anni e da cinque sono arruolata nell’FBI, lavoro sotto protezione speciale da praticamente sempre, da quando ho sostanzialmente messo piede nell’esercito e  mi son trovata a ventun anni e con sedici miracolosi decimi visivi a fare il cecchino in Afghanistan a sparare ai talebani o a chi ci dicessero di sparare dal Pentagono.
Vorrei dirvi che in questo momento sono vecchia, con le rughe, che ho tre fantastici figli con prole e che vivo con la rendita di una cospicua pensione, ma non è così. In realtà sto morendo e di rughe non ne ho ancora una, cazzo. Devo ancora vivere la parte più bella della mia vita, mi sono lasciata così assorbire dal mio lavoro, dalle missioni, dai viaggi che mi sono totalmente dimenticata di essere una donna e avere necessità di soddisfare i miei sbalzi ormonali, mi sono completamente scordata di avere una vagina e degli stimoli sessuali.
- Porca troia!- il mio tentato urlo di frustrazione viene inglobato dall’eco finché non rimane nulla.
- Coraggio Jay non preoccuparti, riusciremo ad uscire di qui, vivi.- sospiro pesantemente – E ci faremo un’altra bella scopata come tutte quelle di questo period…AHO!- lo zittisco con una gomitata a polsi legati. Carter Noam Jackson, ex-Jarhead, per anni il mio compagno di lavoro.
Alla tenera età di diciotto anni riesce a farsi assumere come mozzo su una nave della U.S. Navy e a ventuno si arruola, finendo in Afghanistan ed Iraq. Ci siamo conosciuti quando, stanchi di non avere un tetto fisso, abbiamo deciso di entrare nell’FBI a combattere i cattivi da una scrivania.
Da quel giorno è nato il nostro sodalizio, o meglio, da quando in mensa al tavolo con le altre nuove reclute il Colonnello Mac Ruth è venuto da noi a decidere le coppie di lavoro usando un infallibile metro di giudizio: il caso del bastoncino colorato pescato a muzzo. E io, fortunatissima ovviamente, ho pescato lo stesso arancione di questo disgraziato che mi siede affianco. E dire che l’arancione mi ha sempre fatto schifo…
- Ti ricordi a Quantico?- mi viene da sorridere, stiamo pensando alla stessa cosa.
- Venti settimane d’inferno, certo che me lo ricordo. E mi ricordo ancora meglio quando mi venivi a svegliare nel cuore della notte insieme a Dylan Dwaynie con le vostre secchiate d’acqua gelida!- lo sento ridacchiare e girarsi verso di me, sento il profumo del suo dopobarba.
- Non fare la melodrammatica Jay…
- Guarda che siamo stati a Quantico da Ottobre a Febbraio, inverno guarda caso. E dormivamo in delle cazzo di brandine foderate che ci impiegavano dei millenni ad asciugarsi. In pratica mi hai fatto passare per quella che pisciava a letto tutte le notti.- ride un po’ più forte – Pensa che perfino Mac Ruth mi ha chiesto se avessi problemi d’incontinenza.- e ora ride sguaiatamente – Non devi ridere Carter, non c’è niente da ridere cazzo.
- Smettila di fare sempre la seria e permalosa, fattela una risata che domani magari…- non finisce la frase. Magari domani non saremo più su questo mondo, avanti dillo Carter.
Un movimento mi distrae dai miei pensieri, Curt che si riavvia i capelli.
- Hai le mani libere!
- S-sì…mi han legato i piedi e ho tutto il costato incatenato al muro, ma le mani sono libere. Credo si siano dimenticati…perché?- rimango a bocca aperta.
- Vuoi dire che sono almeno quattro ore che siam svegli e tu hai le mani libere e non me lo dici?- non gli lascio il tempo di parlare che riprendo e alzo la voce, inesorabilmente ottava dopo ottava – Io non sono legata al muro deficiente! Ho le mani e i piedi legati ma tu no porca troia! Avanti.- aiutandomi con qualche colpo di reni mi metto in braccio a lui – Slegami datti una mossa.- sento le mani appoggiarsi prima alle spalle, poi scendere ai polsi dove trovano le corde e le dita iniziano a muoversi freneticamente cercando di sciogliere i nodi.
- Jay non ce la faccio…
- Carter muoviti, devi farcela altrimenti rimarremo qui a marcire finché non ci mangeranno i topi.- le dita si fermano.
- I topi?- sospiro.
- Voi uomini siete lenti di testa. Le vecchie prigioni di New Orleans secondo te dove sono?
- Non ne ho la più pallida idea. Nel centro città?- allargo gli occhi sorpresa.
- Nooo. Cristo santo Curt, sono sotto la città, New Orleans è stata costruita sulla vecchia città. E indovina dov’è finita tutta l’acqua dell’uragano Katrina?- le mani iniziano a ripercorrere le fibre della corda cercando il nodo.
- Ehmmmm…nelle fogne?- trovato il nodo, si mette a tirare, torcere e cerca di slacciare il tutto.
- Bravissimo. E le fogne in mezzo a che edifici sono state costruite?- tira tu che tiro anche io, la corda inizia a cedere e con un colpo secco…- AHI, cazzo, così le stringi le corde!
- Non lo so Jay, illuminami.- e tira nel verso contrario disfacendo l’intrico di nylon, i bastardi sanno che fa i nodi più piccoli, serrati e fa passare molto meno sangue.
- In mezzo alle carceri.- cala il silenzio dopo un teso "Fantastico”.
Appena libere i polsi mi lascio andare contro il busto di Carter e inizio a massaggiare la zona lesa dalle corde.
- Fanno male?- mi sussurra tra un bacio e l’altro che da alla testa. Annuisco mentre inizio a slegarmi le caviglie, le cordicine sono effettivamente ostiche ma mi aiuto con i denti, mi stiro le morsico, si rompono! Mi alzo in piedi sgranchendomi le gambe, poi mi inginocchio di fronte al mio compagno liberandolo delle corde alle caviglie e tastando il muro cercando di capire come liberarlo delle catene.
- Lo sai vero che averti così vicino mi eccita, vero ?
- Troppi vero, hai fatto una ripetizione.- è naturale, ogni volta che mi fa un complimento, seppur velato o da porco qual è di natura, sdrammatizzo, cambio argomento. Sento scorrere le sue mani sulle braccia, stringerle, accarezzarmi, salire verso il collo mentre io continuo la ricerca della libertà, e sento che lo vorrei. Se solo non fossimo in questa cloaca umida e maleodorante.
- June…- cerca di avvicinarsi a me col corpo ma le catene glielo impediscono trattenendolo bruscamente. Gli porto le mani al viso e lo volto verso di me, ignorando quell’accenno di barba che mi piace così tanto carezzare.
- Carter.- le sue mani prima sulle mie mani, poi sulle spalle, sul costato...- Carter!- scende lento lungo il mio corpo, arrivando ai fianchi, voltando verso i bottoni degli shorts in jeans – Curt, merda ascoltami!- si fermano – Troverò un modo di liberarti ma non devi distrarmi, non capisco niente se no.
- June…June io voglio solo dirti una cosa, una cosa che non so se avrò più modo di dirti…
- Curt, sei incatenato al muro non trafitto da una mitragliata.- e ride ancora.
- Lo so, ma June…quando tutto finirà, quando saremo fuori di qui, Jay sarà tutto diverso, io…io voglio che tu mi dica che ci sarai ancora, che sarai viva, che sarai al mio fianco.
- Carter lavoriamo insieme, certo che ci sarò.- porta una mano al mio viso accarezzandomi la guancia col pollice.
- June, non ti voglio come partner, non nell’FBI.- la porta, o quel che ne rimane, si spalanca e un uomo inizia a sparare alla cieca nel buio, urlando ESTÁN AÚN VIVOS!

Ecco come sto morendo.

Angolo di LaNana

Giocavo a Need for Speed Undercover con il mio ragazzo e mi sono lasciata trascinare dalla trama...
Abbiamo June Barnes, trentunenne ex cecchina nell'U.S. Army e Carter Noam Johnson, anni che ancora non vi rivelo ex Jarhead, starebbe a dire ex arruolato nella U.S. Navy, la Marina militare.
Si trovano segregati nelle vecchie carceri di New Orleans, ci troviamo ai nostri giorni ovviamente, allagate dalle acque filtrate nelle fogne dell'uragano Katrina che ha colpito nel 2005 la costa atlantica (ECCERTO è stato un uragano atlantico dove cavolo doveva colpire????) distruggendo tutto.

TENGO A PRECISARE CHE:
1) nonostante le ricerche non ho scoperto molto sull'FBI quindi ci saranno sicuramente inesattezze ed errori, vi chiedo scusa in anticipo e se qualcuno li riconosce è pregato di avvisarmi così da poter correggere;
2) non ho la benchè minima idea se effettivamente New Orleans sia stata costruita sulla "vecchia città" e se le fogne si snodino tra le vecchie carceri, ma l'idea mi è piaciuta!
3) CERCO QUALCUNO CHE MI AIUTI CON UN BANNER, aiutoooo :(

GRAZIE A CHIBI BISQUIT PER ESSERE UNA BETA FANTASTICA!!

A presto col prossimo capitolo, penso.

LaNana

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo. ***


When Speed Is not Enough.

Capitolo Secondo.

 

17 aprile 2010.

E uno che poi ci spera che da aprile le giornate inizino a migliorare…invece no! Pioveva a dirotto, acqua a catinelle proprio, dalla macchina all’ingresso del J. Edgar Hoover Building presi talmente poca acqua da decidere di chiudere l’ombrello che tanto non sarebbe servito a molto.
Voglio dire, capisco che Washington non si trova proprio ai tropici, che non sia nemmeno lontanamente paragonabile alla Houston dove sono nata, ma non è neanche possibile che piova un giorno sì e l’altro pure. Poco male, riesco ad apprezzare meglio i periodi di vacanza nel mio buon vecchio Texas, o i periodi che ci mandano ad infiltrarci altrove, è un po’ come staccare la spina, se non fosse che rischiamo ogni volta la pelle.
Corsi su per le scale dell’ingresso, spintonando la porta e fiondandomi dentro l’atrio, accolta dallo sguardo impietosito del portiere che richiuse delicatamente la porta, per evitare che sbattesse.
Mi appartai in un angolo dell’ingresso scrollandomi come un San Bernardo la pioggia di dosso e sedendomi sulla poltrona di pelle beige per cambiarmi le scarpe, passando da delle comodissime Nike da corsa a delle sanguinarie décolleté tacco dieci, sulle quali sarei dovuta destreggiarmi per tutto il giorno nella speranza di mantenere con eleganza il mio già scarso equilibrio.
Tolto l’impermeabile e infilato senza molta cortesia in una busta di plastica assieme al suo amico ombrellino-da-borsa-che-si-rompe-alla-prima-folatina-di-vento mi diressi all’ascensore, raccogliendo i capelli in uno chignon fermato da delle forcine sperando che non si vedesse quanto fossero effettivamente infradiciati.
Entrai nell’ascensore controllandomi allo specchio. Tutto sotto controllo, meno male.
Mentre si chiudevano, una mano fermò le porte riaprendole.
- Agente Barnes, buongiorno.- scattai sull’attenti offrendo un perfetto saluto militare.
- Colonnello Mac Ruth buongiorno.
- Riposo, agente.- rilasso la muscolatura, odio il saluto militare di prima mattina – L’agente Johnson?- ah-ha bella domanda Colonnello.
- Ah…ehm…credo, credo stia arrivando.- orologio, orologio, orologio vieni a me. Le otto e cinquantadue.
- Ho capito è in ritardo anche oggi.- Carter è un abitudinario, ancora dopo anni non capisce che non può permettersi di alzarsi alle otto e trenta se alle nove deve iniziare a lavorare in ufficio, quando succede che è in orario è perché ha passato la notte a casa di qualche donna che, grazie a qualche divinità a me estranea, abita vicino all’Hoover Building.
Il silenzio calò nell’ascensore mentre saliva i piani dell’edificio, senza mai fermarsi. La presenza del Colonnello mi ha sempre innervosito, tutto per colpa dell’addestramento a Quantico, Virginia. Diciamo che il caro vecchio Carter e il suo compagno Dylan Dwaynie, attualmente Tenente Capo della sezione Omicidi di Los Angeles, mi presero come loro preferito bersagli per scherzi e battutacce. In parte devo ringraziarli perché alleggerirono molto la tensione di quei lunghi mesi, ma dall’altra parte li strozzerei con le mie stesse mani, infilando le unghie nelle loro carotidi e giugulari finché il sangue zampillante dalle ferite non m’imbratta tutti i vestiti e loro, agonizzanti ed imploranti, estraggono le pistole dalle fondine e si fanno fuori. Cazzo ogni notte entravano nel dormitorio femminile ed armati di secchi d’acqua fredda inondavano per prima la sottoscritta, poi se rimaneva qualche goccia passavano ad un’altra povera malcapitata.
E la mattina, puntuale, fuori a stendere le lenzuola e ad areare il materasso, ammesso e non concesso che non piovesse dato che Quantico non è molto distante da Washington.
- A cosa pensa Agente Barnes?- ok, dovevo trovare una risposta rapida, che celasse il mio imbarazzo e che non facesse capire il mio reale pensiero omicida.
- A…Quantico, Signore.-
Brava, brava June la retina sotto il cervello ha proprio smesso di funzionare eh?! Non dreniamo più i pensieri dal lobo frontale alla bocca?
- A proposito Agente, ha ancora problemi d’incontinenza notturna? O è riuscita a trovare una soluzione?- ecco per l’appunto.
- Veramente no, Colonnello, in realtà erano l’Agente Johnson e la Recluta Scelta Dwaynie, Signore. Il mio apparato urinario non ha mai avuto nessun tipo di problemi, eccezion fatta per delle cistiti saltuarie…- apparve un ghigno sotto i baffi scuri dell’uomo, cosa che fece precipitare esponenzialmente il mio umore da sotto le scarpe, dritto fino al centro della terra.
- Lo so bene, ma suvvia non sia così permalosa e scontrosa, si trattò di goliardia giovanile…- il trillo mi fece deconcentrare dai miei istinti omicidi nei confronti del mio partner per posare l’attenzione sulla porta che si apriva, piano sesto gli uffici del direttore generale, e l’obiettivo di tutta la mia ira entrare in ascensore.
- Crosticina prepara le valigie, ce ne andiamo al caldo secco finalmente!- saltò dentro e sollevandomi di peso facendomi fare un giro attorno a lui – Forza, muovi quel tuo bel culetto tondo e scappa a casina a fare le valigie!- toccato terra coi trampoli mi sentii arrivare pure una pacca diretto per diretto sulla chiappa sinistra.
- Aho!- scansai di lato avvicinandomi alle borse abbandonate vicino alla pulsantiera guardando risentita gli occhi nocciola di Carter.
- Cosa ti lamenti a fare? Alle altre donne piacciono gli schiaffi sul cu…
- Agente Johnson la prego di adeguare i termini al luogo dove ci troviamo.- tuonò il Colonnello dopo una sonora schiarita di voce – Agente Barnes la prego di non allontanarsi dal suo ufficio, vi voglio tutti e due nel mio ufficio tra non più di quindici minuti. Abbiamo molto di cui parlare e poco tempo per farlo.- ottavo piano porte aperte, il Colonnello girò verso sinistra noi, io e il mio strazio personale, voltammo a destra verso le nostre porte in acero e vetro satinato con piccole targhe in ottone.
- Alle altre donne piacciono gli schiaffi sul culo, perché tutta quella scena?- alzai un sopracciglio spingendo la maniglia verso il basso, abbandonando le borse dietro la scrivania dove campeggiava la targa “J. BARNES”. La raddrizzai e Curt decise invece di ribaltarla sedendosi sul bordo della scrivania, levandosi la giacca di dosso e abbandonandola su una delle sedie di fronte a quella dove mi sedetti.
- Perché prima di tutto non sono una delle “altre donne”, secondo perché non sono una maniaca perversa come te, e terzo perché col Colonnello a farmi da ombra non mi pare il caso di fare la puttanella con il mio partner.- feci partire la segreteria telefonica mentre riordinavo la scrivania.
-Detta così non sembra neanche sbagliato, voglio dire se sono il tuo partner perché non fare gli sporcaccioni, eh Crosticina?- Crosticina. Da dove se l’era cagata questa?
- Senti decerebrato con la cintura dei pantaloni troppo stretta perché faccia scorrere il sangue dall’uccello al cervello, ascoltami bene: Crosticina ci chiami una di quelle vacchette che ti scopi la notte, non la sottoscritta.- e fu dopo questo sproloquio che Agente Fascino Ribelle tolse il suo regale culo dalla mia scrivania.
- Ti hanno ucciso Brioche?- reagii più o meno urlando inorridita.
- No testa di cazzo, il mio cane sta benissimo. È la pioggia.- e, riascoltati e puntualmente cancellati i quattro messaggi in segreteria, prendo carta e penna per dirigermi all’ufficio del Colonnello Mac Ruth.
- O il ciclo?- rettifico: prendo la Glock d’ordinanza e gli conficco una pallottola nel lobo frontale.
- Fottiti Johnson.-
Ridente e per nulla turbato dalle mie poco velate minacce, mi seguì fino alle comode sedie di pelle nera di Mac Ruth dove si sedette sprofondando con molta poca grazia.
- Eduardo Ramirez Fonda e suo fratello Mathias sono i gestori di una banda organizzata di New Orleans.- foto di due uomini dalla pelle un po’ scura, probabilmente messicani o portoricani, con i cartelli numerati di riconoscimento in mano, foto scattate in chissà quale comando di polizia – Sono dei fottuti figli di puttana. Hanno ucciso un sacco di persone, fanno gare illegali con auto truccate e hanno in mano il traffico di stupefacenti più grande della storia.
- Cento chili di cocaina pura, non ancora tagliata possono veramente essere battuti, Colonnello?- mi guardò negli occhi spazientito.
- Carter parliamo di cocaina, eroina, anfetamine varie e le droghe che noi ora chiamiamo “intelligenti”, quelle sostanze chimiche ancora non riconosciute come droghe ma che ci ammazzano i ragazzi nelle discoteche, hai presente il popper?
- Vada avanti Colonnello, ignori questo pezzo d’idiota.- gli allungai le foto.
- E’ gente senza un minimo di scrupolo, al primo problema tirano fuori coltelli e pistole ed eliminano alla radice il loro problema. Dovete stare più che attenti.- finii di prendere  appunti terminando la frase con un punto che assomigliava più ad un trattino.
- Chi saremo stavolta?- domandai disegnando due rettangoli.
- Curt Jursey e Jule Blackhurt. Curt e Jay.- annotai rapidamente i nomi nei rettangoli, sorridendo. Ogni volta era un nome diverso, ma sempre collegabile ai nostri soprannomi così da poterci chiamare liberamente Curt e Jay. E non da meno avere a portata di mano i nostri oggetti con le serigrafie delle iniziali, vedi le camicie del signor Johnson. Allunga la mano sulla scrivania – Eccovi i documenti. Andate a fare le valigie e fatevi trovare nel parcheggio interrato tra due ore, vi darò la macchina.- alzai al volo sedere e tacchi dirigendomi a passo svelto a recuperare borsa, ombrello, scarpe e tutto l’occorrente dall’ufficio.

- Non posso crederci che hai portato veramente un hard disk esterno pieno di musica per il viaggio!- caricai la valigia sui sedili dietro della Mustang del 67 parcheggiata tra la Pontiac Firebird di Curt e la mia piccola Honda Civic.
- Guarda che io e la tecnologia non ci prendiamo a cazzotti, Curt.- con la manica del cappotto cancellai i segni delle dita dal bordo della carrozzeria nera, ancora lucida di Car wash.
- Agenti Johnson e Barnes – il Colonnello lanciò le chiavi in mano a Carter – buon viaggio.- si girò e sparì dietro le porte dell’ascensore. Alzai un sopracciglio nella direzione del mio partner.
- Andiamo?- sorrisi.
- Non aspetto altro da due ore e mezza Curt.- saltammo in macchina senza nemmeno aprire le portiere ed esaltati, mettemmo in moto quel motore da otto cilindri e due bombole di Nos nel bagagliaio, facendolo rombare per tutto il parcheggio, rombo che ci fece urlare di piacere, finalmente s’iniziava.

Angolo di LaNana

Siamo all'inizio della storia un po' prologo, un po' "come tutto ebbe inizio" siamo infatti indietro nel tempo e il tempo della narrazione è passato al passato remoto (chiedo umilmente venia per il gioco di parole).
Carter lo raffiguro come un donnaiolo, simpatico e difficile da controllare, June un po' più integerrima nel lavoro ma poi vi farò scoprire il suo lato frivolo e ossessivo.
Le macchine che guidano sono un tassello importante, ci metto molto del mio: abbiamo infatti una Pontiac Firebird, per chi non lo sapesse sarebbe il modello di Kitt, e una Honda Civic (specifico ora type R). Diciamo un po' quelle che sono le mia auto ideali nel passato e nel presente. Non che una FANTASTICA Mustan Cabrio del 67, LA MACCHINA (o come dicono alla Volkswagen DAS AUTO).

Mille grazie a chi ha recensito, inserita nelle seguite o nelle preferite.

TENGO A PRECISARE CHE:
1) nonostante le ricerche non ho scoperto molto sull'FBI quindi ci saranno sicuramente inesattezze ed errori, vi chiedo scusa in anticipo e se qualcuno li riconosce è pregato di avvisarmi così da poter correggere;
2) non ho la benchè minima idea se effettivamente New Orleans sia stata costruita sulla "vecchia città" e se le fogne si snodino tra le vecchie carceri, ma l'idea mi è piaciuta!
3) CERCO QUALCUNO CHE MI AIUTI CON UN BANNER, aiutoooo :(

GRAZIE A CHIBI BISQUIT PER ESSERE UNA BETA FANTASTICA!!

A presto col prossimo capitolo.

LaNana

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo. ***


When Speed Is not Enough.

Capitolo Terzo.

 

Macinavamo miglia di ora in ora, passando in mezzo a diversi paesaggi, cantando a squarciagola canzoni sempre diverse.
Eravamo sull’interstatale 81 ad Harrisburg, Pennsylvania, attraversando il Susquehanna dove le città sono completamente immerse nel verde, campi agricoli, parchi protetti, campi da golf. La campagna insomma. Totalmente diversa dalla New York dove vivevo da anni.

Santana, Smooth.

And if you say this life ain't good enough
I would give my world to lift you up
I could change my life to better suit your mood
Cause you're so smooth
And just like the ocean under the moon
Well that's the same emotion that I get from you
You got the kind of lovin’ that can be so smooth
Gimme your heart, make it real
Or else forget about it.

- Ancora non capisco che emozione possa dare l’oceano sotto la luna. Voglio dire è un satellite e tutte le notti lo si vede, basta andare a cercare su google e si vedono miliardi di immagini a riguardo.- calai maggiormente il cappello texano, sì quello da cowboy color cuoio con la fascia in pelle scura, proprio quello, sopra gli occhi a riparare i Rayban dal sole che mi impediva di sonnecchiare.
- Caro il mio tesoro, Santana è un poeta e può dire quel che gli pare. Mai sentito parlare di licenza poetica?- sbuffai pesantemente appoggiando gli stivali al cruscotto. Sì stivali camperos da cowboy. – Tira giù i piedi di lì, è una Mustang del ’67 per Dio.
- Cristo Carter come fa a piacerti questa roba?- cambiai canzone passando alla successiva, Into the night, sempre Santana. – “Like a gift from the heavens, it was easy to tell, it was love from above, that could save me from hell…” Gesù Curt ti prego, salvami. Questo per di più è Chad Kroeger dei Nickleback, rischio di fare un backup completo all’mp3.- con un pesante sospiro cambiò cartella. – Ma questa è “Africa” dei Toto.- esclamai sedendomi meglio sul sedile e calcando il testa il cappello.
- Cominciavo ad immaginarti come un’emarginata sociale che si ascolta solo Mozart e Celine Dion.- ridacchiai iniziando a cantare. – Siamo in viaggio da sei ore, dove la trovi tutta st’energia?
- Dai stiamo andando al caldo, al mare, la città del Jazz sii contento! E Celine Dion è bravissima non da emarginati sociali.- il sistema di bluethooth interruppe la musica stordendoci con la suoneria del cellulare connesso: quello di Curt.
- JOHNSON!- urlò al microfono accanto allo specchietto retrovisore.
- Johnsn…cghdghrg..Ruth…m…a…adihsday che?- scoppiai a ridere, causa vento e alta, altissima velocità, non avevamo sentito assolutamente nulla. Pigiando un bottone la cappotte tornò al suo posto, un fantastico hard top al posto della vecchia cappotte in tessuto, e i finestrini salirono.
- Johnson.- fiatone come un centometrista e risate da film comico. Una figura di merda cosmica con Mac Ruth.
- Johnson. Ma CHE CAZZO STAVATE FACENDO?- alzai il volume delle risate.
- Capo cosa vuole stessimo facendo? Le stesse cose che fanno un uomo e una donna alle…che ore sono June?
- Johnson a meno che tu non mi risponda che avete già preso i Fonda non mi interessa.
- Allora ci dica, Generale.- asciugai le lacrime risedendomi correttamente.
- Ecco ti pareva. Dunque mi sono solo dimenticato di darvi un’informazione importante. Come avete ben visto vi abbiamo consegnato cellulari e schede Sim nuove con diversi numeri salvati, nessuno vostro privato. Con questi dovete sempre, e dico sempre, essere in contatto, inormarvi di ogni spostamento.
- Certo.- vidi Carter molto poco preso dalla conversazione, altrimenti non avrebbe detto alcunchè.
- Per giustificare questo vi fingerete amanti.
- CHE?- urlai saltando sul sedile.
- Amanti, fidanzati, compagni, morosi, come vi pare ma sarete una coppia. Ringraziatemi del fatto che vi ho avvisato, altrimenti sareste arrivati all’appartamento trovandovi un letto matrimoniale. Dovete stare insieme, sempre, non dovete dividervi, non dovete far saltare la copertura anche a costo di rimanere incinta agente Barnes. Non dovete perdere di mira l’obiettivo: i fratelli Fonda sono una piaga per gli USA.
- Incinta?- guardai Curt.
- Tranquilla uso il preservativo.
- Si senta confortata agente Barnes, vi divertirete. Chiamateci in caso di bisogno, arrivederci.- tu, tu, tu, tu, tu, tu. Bene.
- Non ho intenzione di fare sesso con te, Curt.- fece un sorriso sghembo schiacciando il pulsante per tirare giù la cappotte.
- Ti rimangerai le tue stesse parole.

Girai la chiave nella serratura mentre già sapevo cosa aspettarmi, ovvero una squallida stanza di motel con un letto matrimoniale.
E fu ciò che esattamente trovammo.
- Vado a farmi una doccia.- annuii verso Carter che si chiudeva la porta alle spalle sedendomi sulletto e sfogliando nuovamente il fascicolo dei fratelli Fonda, soffermandomi sulla foto di Mathias.
- E’ libera se vuoi.- Carter con un asciugamano avvolto intorno al bacino e uno sulla testa.
- Guarda che tanto non mi incanti.- rimisi la foto nella cartelletta e chiusi la porta del bagno alle mie spalle.
- Ti faccio compagnia se vuoi Jay, ho ancora della schiuma sulla schiena.- feci correre la mano alla chiave, girandola.
La notte ci vide seduti al bar del motel a sorseggiare una birra decidendo il piano d’azione.
- Fidanzati no, Curt. Lavoriamo insieme da anni ma non c’è quell’alchimia.- annuì tirando un sorso alla Tennent’s Super.
- Vero Crosticina, starei su un tiepido….trombamici. sì, una bella trombamicizia.- allampanai gli occhi, non potevo veramente credere che l’avesse detto. Che l’avesse anche solo pensato in realtà! – Pensaci, Jay. Giustifichiamo il non mollarci mai, siamo amici di base, ma ci permette di staccarci in caso di necessità.- annuii.
- Hai ragione.- sorrise malizioso.
- E giustificherà anche le urla che sentiranno provenire dal nostro appartamento.- bevvi un altro sorso di birra, totalmente intenzionata ad ignorarlo.

Accendo la radio, Martin Solveig – Ready 2 go.
- Cristo Jay è l’alba…- i colori chiari del cielo andavano piano piano sostituendo il blu scuro della notte, una notte con poche stelle.
Avevamo dormito poco e quel poco l’avevamo dormito pure male. Nessuno dei due era abituato a condividere il letto con qualcuno, o per lo meno non era abituato a condividerlo per dormire e basta, per un sonno concernente la stanchezza di una giornata, non per un sonno post-orgasmico.
Mandai avanti. Nirvana – Rape me. Carter mi guardò in faccia.
- Ma tu non te li ascolti i BackStreet Boys come tutte le altre ragazze?- ridacchiai e lui mise in moto la macchina, occhiali scuri calati in faccia e due caffè neri fermi nel portabicchieri vicino al posacenere.
Dopo un ennesimo sorso di caffè, appoggiato il bicchiere, schiacciai il tasto FORWARD facendo iniziare gli accordi alla chitarra di  Buckcherry. Le note di Sorry, rilassarono entrambi.
Con molta calma riprendemmo la I 40-W e uscimmo dal cerchio di Knoxville.
- Domani a quest’ora saremo arrivati, la prima cosa da fare è trovare un’altra macchina.- Curt annuì.
- Diciamo che arriviamo, mangiamo, facciamo un giro per la città, ceniamo e spacchiamo qualche culo alla prima gara che becchiamo.
- Andata.- finii il caffè accartocciando il bicchiere.



Angolo di LaNana

Ce n'è voluto di tempo, ne sono conscia.
Nel frattempo sono incorse un po' troppe cose, tutte insieme tra le altre cose, e mi sono bloccata. Fino ad ora!
Ho tre storie da portare avanti, quindi mi metto di impegno, lavoro permettendo...
Dunque, la strada della tratta New York - New Orleans l'ho guardata da Google maps, fatelo anche voi così potete seguirmi e vedere i luoghi che menziono molto velocemente.

Dal prossimo capitolo entreremo nel vivo, cominceremeo a capire la realtà in cui vivono Jay e Curt, i Fonda e tutto il contesto esterno nell'eterna città del Jazz.

Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente, sperando vi piaccia anche questo vi saluto! A presto!

LaNana

 

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