His eyes are so blue.

di EverybodyHurts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Occhi. ***
Capitolo 2: *** Costretta. ***
Capitolo 3: *** Come spendere tanti soldi e non avere rimpianti. ***
Capitolo 4: *** L’attesissima festa dei diciotto anni. ***
Capitolo 5: *** Piscina. ***
Capitolo 6: *** Debolezze. ***
Capitolo 7: *** Pizza, io e te. ***
Capitolo 8: *** Gavettoni. ***
Capitolo 9: *** Scommesse. ***
Capitolo 10: *** Il frullato. ***
Capitolo 11: *** Una splendida giornata. ***



Capitolo 1
*** Occhi. ***


Ciao a tutti! 
Mi è venuta in mente questa storiella e ho voluto scriverla ^^
Spero vi piaccia, un grande bacio!

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La sveglia continuava imperterrita a suonare, nonostante la mia voglia matta di restare a dormire almeno un’ora in più. Mi arresi al suono fastidioso di quell’inutile aggeggio, alzai il capo e, con un gesto fulmineo presi quella sciocca sveglia rosa (colore che odio, inoltre) e la scaraventai contro l’armadio. Niente da fare, continuava con quella sua stupida melodia. Dal piano di sotto arrivava l’odore del caffè e il rumore dei tacchi di mia madre, pronta per andare al lavoro. A tutte le persone che conosco, l’odore del caffè della mattina fa piacere, dà un motivo in più per alzarsi. A me da solo la nausea. Decisi di arrendermi, mi alzai e presi la sveglia. Finalmente la spensi e la poggiai sul comodino, esattamente dove stava prima che la lanciassi. Imprecai alla vista dell’orario: ero in ritardo. Ma non mi meravigliai, ero sempre in ritardo. Cominciai a camminare tranquilla, come se non m’interessasse un granchè dell’ora, e scesi giù con le mie coulotte e la mia canottiera. Sbadigliai e arrivai in cucina. Aprii il frigorifero, presi uno yogurt bianco e lo richiusi sbattendo l’anta. Mia madre mi raggiunse e mi fissò allibita (la solita espressione giornaliera).
<< Che cavolo combini ancora in mutande? >>
<< Buongiorno mamma. >> dissi io calma, accomodandomi su una sedia e incrociai le gambe.
<< Vuoi sbrigarti? >> chiese acida.
La guardai e non risposi, continuando a gustare il mio yogurt. Quando ebbi finito, tornai nella mia camera per scegliere i vestiti. Sbadigliai una seconda volta. Scelsi un paio di jeans attillati chiari e una maglietta lunga nera a righe. Andai in bagno a lavarmi e pettinarmi, tornai in camera e mi vestii. Decisi di mettermi le converse a quadri rosse e bianche, nuovo acquisto della settimana. Di certo non ero coordinata, quadri e righe non legano. Ma chi se ne frega? Ognuno si veste come vuole. Presi una collana di perle bianche e nere e un paio d’orecchini a forma di cerchio. Poi presi la cartella, abbandonata sotto al letto con i libri del giorno prima. Lo svuotai e lo riempii di nuovo, scegliendo libri a caso. Non mi andava di sfogliare il diario per vedere quali materie avrei avuto. Non avevo fatto i compiti, se mi avessero interrogata, avrei preso sicuramente qualche impreparato. Non m’interessava. Zaino in spalla, converse ai piedi, lucidalabbra e matita rigorosamente nera, passata di piastra.. ero finalmente pronta. Era tardi, non sapevo se fossi riuscita a prendere l’auto. Male che vada – pensai – me la faccio a piedi. Salutai mia madre a mezza bocca e uscii di casa. Non avevo nessuna intenzione di mettermi a correre, me la presi comoda. Arrivai stranamente in tempo, anzi in anticipo. Alla fermata c’erano due ragazze che spettegolavano e un gruppo di ragazzi che si raccontavano recenti conquiste. Le ragazze si voltarono a fissarmi e, credendo che non me ne fossi accorta, una di loro commentò: << Ma che si è messa? Ahahah! >> e l’altra rispose: << Bah, che cattivo gusto. >>
Beh, non sono una con i peli sulla lingua. Lanciai loro un’occhiataccia e continuai: << Avete qualcosa da dirmi? >> chiesi squadrandole. Una di loro – quella che aveva parlato per seconda – indietreggiò. Ma che codarda – pensai.
La prima rispose: << No, no. >> con la coda tra le gambe.
<< Bene, se avete qualcosa da dire, fatemi la cortesia di venirlo a dire a me. >> dissi sorridendo, con tono di sfida. Le due annuirono e s’incamminarono verso la scuola. Evidentemente era troppo per loro condividere un auto con me. Che andassero pure al diavolo.
Per fare qualcosa, attraversai la strada e mi fermai all’edicola per comprare una rivista. Ne scelsi una a caso e pagai. Cominciai a sfogliarla: quelle stupide ragazze perfette che posavano per i vari stilisti mi davano alla testa. Erano stra-truccate. Che senso ha fare la modella se devono ricoprirti di trucco? Una modella dev’essere bella in principio; truccata, è come se indossasse una maschera. Richiusi la rivista infastidita e realizzai di aver speso soldi inutilmente. Misi il giornale nello zaino e lo richiusi. Finalmente l’auto arrivò, attraversai velocemente la strada assicurandomi prima di non essere investita e salii. Ogni mattina venivo assalita dal solito quesito: quale posto avrei occupato? Quella mattina il problema non c’era, anche perché l’auto era stracolmo e l’unico posto libero era quello agli ultimi sedili, vicino a quattro ragazzi. Le altre ragazze salite prima di me preferirono rimanere in piedi piuttosto che sedersi vicino a quei ragazzi che avevano tutta l’aria di essere decisamente snob. Decisi di sedermi con loro. Che divertimento c’era a restare davanti con i soliti sfigati del giorno prima? Mi sedetti in fondo e uno di loro mi guardò e fece l’occhiolino. Gli altri mi squadrarono. Li analizzai uno per uno: il ragazzo dell’occhiolino (quello vicino a me) aveva gli occhi azzurri.. Ma che occhi! Erano capaci di catturarti! Non erano di un azzurro comune, erano così chiari. La pelle del ragazzo era morbida e vellutata, le sue labbra erano carnose al punto giusto. I capelli erano scuri, quasi neri. Erano scompigliati e lunghi; una ciocca ribelle copriva uno dei suoi meravigliosi occhi. Gli altri tre erano dei semplici ragazzi, tipi che s’incontrano ogni giorno. Due di loro erano biondi, il terzo castano. Il ragazzo dai capelli castani aveva gli occhi verdi mentre gli altri due avevano semplici occhi marroni.
Li guardai attentamente e loro ricambiarono lo sguardo. Misi lo zaino per terra e, infastidita dal loro silenzio, iniziai: << Allora, avete molto da guardare? >> chiesi inarcando le sopracciglia.
Il primo ragazzo mi sorrise mettendo in mostra i suoi denti bianchissimi. << Ciao, io sono Luca. >> disse sicuro di sé.
Non sorrisi. << Ah sì? E perché dovrebbe interessarmi il tuo nome? >> chiesi seria, mentre gli altri tre ridevano.
<< Ma non lo so, sei venuta a sederti vicino a noi, potresti presentarti almeno, no? >>
Aveva risposto con un’incredibile serietà, era disarmante. Non pensavo che il ragazzo sapesse rispondere così, A ME.
<< Chiara >> dichiarai arrendendomi.
<< Bene, a quanto pare la ragazza ha deciso di essere gentile. Non è mai troppo tardi. >> disse ridendo.
<< Perché invece di fare il.. il.. il.. >> iniziai a balbettare. Non mi era mai successa una cosa simile.
<< ..rompiscatole? >> concluse beffardo. Rideva di me? No, non potevo assolutamente permetterlo.
<< Esatto, rompiscatole. Perché.. >> cominciai di nuovo ma m’interruppe.
<< Sìsì, lo sappiamo. “Perché invece di fare il rompiscatole..” . Non puoi ripetere sempre le stesse cose. >> disse e gli amici scoppiarono a ridere ancora.
Sicuramente ero rossa di vergogna.
Eravamo quasi arrivati a scuola, feci un respiro di sollievo. Poi tornai all’attacco.
<< Senti, smettila immediatamente. >> dissi.
E lui sorrise. Il suo sorriso era così.. affascinante.
<< E va bene và, loro sono Matteo, Lorenzo e Davide >> disse indicando prima il ragazzo biondo (Matteo), poi il ragazzo castano (Lorenzo) e infine l’altro ragazzo biondo (Davide).
<< Ciao >> dissi guardandoli e loro risposero con un << Salve! >>.
L’auto finalmente si fermò, eravamo arrivati davanti alla mia scuola. Feci per alzarmi e m’incamminai verso la porta quando Luca disse: << Uh, la ragazza gentile è arrivata a scuola >>.
Io mi fermai senza voltarmi e poco dopo ripresi a camminare. Infine mi voltai e lo guardai: << Già, questa ragazza gentile va a farsi una cultura! >> esclamai sorridendo. Stavo per scendere quando sentii Luca dire: << Cultura..? Mmm.. Senza libri? >> e i suoi amici scoppiarono a ridere, mentre Luca sollevava da terra il mio zaino. Fissai Luca con rabbia e correndo andai a prendere lo zaino, me lo misi in  spalla e lanciai un’occhiataccia a Luca il quale continuava a sorridermi. M’incamminai velocemente verso l’uscita e Luca disse: << Ci vediamo presto, Chiara >> e io lo guardai sprezzante. Io, Chiara, mi ero fatta mettere i piedi in testa da uno sconosciuto? Nono, non si può fare una cosa del genere.
“Chissà quale scuola frequenta” pensai e un attimo dopo me ne pentii. Di certo non poteva frequentare il liceo scientifico, con quella sua testa vuota – mi dissi. E invece me lo ritrovai dietro, da solo. Era così alto!
<< Che ci fai qui? >> chiesi scontrosa.
<< E’ anche la mia scuola, sai? >> disse ironizzando.
<< Questo significa che ti vedrò ogni giorno della settimana per tutto l’anno scolastico? >> dissi sgranando gli occhi.
<< A dir la verità no! >> affermò.
<< Davvero? >>
<< Già.. non mi vedrai tutti i giorni della settimana. Domenica non si viene a scuola. >> disse.
E non so bene per quale motivo, scoppiai a ridere. Il suono della campanella ci invitò ad entrare nelle aule. Quello stesso giorno, scoprii anche che la classe di Luca era praticamente attaccata alla mia. Davvero non avevo mai notato quegli occhi in mezzo alla folla?
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Capitolo 2
*** Costretta. ***


Okay, visto che nessuno segue questa storia ad eccezione del mio tessssssssssoro, io pubblico il capitolo ugualmente, per lei. Ovviamente se qualcuno dovesse iniziare a leggere questa storia e dovesse recensirla, beh, mi renderebbe felice. (:

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Entrai in classe e con la coda dell’occhio vidi Luca mentre mi sorrideva. Lo ignorai e mi affacciai alla finestra della mia classe. Si erano già formati i soliti, inutili, odiosi gruppetti qua e là nella classe e sinceramente non avevo alcuna voglia di unirmi a nessuno di loro. Si avvicinò Sofia, una delle pochissime persone con le quali avevo legato dall’inizio del liceo. Ed erano passati tre anni, ero in terzo. Ma Sofia la conoscevo dall’asilo, quindi è un caso a parte. Mi venne incontro facendo svolazzare i suoi bellissimi capelli lisci e biondi e mi rivolse un sorriso smagliante. Aveva le labbra ricoperte di lip-gloss. Era la classica ragazza bellissima dai capelli biondi lisci e gli occhi azzurri, una di quelle che per splendere non hanno bisogno di abiti firmati, non hanno bisogno di riempirsi di trucco pesante o mini-gonne vertiginose: è bellissima così.
Risposi al suo sorriso con una smorfia, non sapendo a cosa fosse dovuto tanto entusiasmo.
<< Dai, cos’è quella faccia? >> chiese sistemandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
Ignorai le sue parole e posai lo zaino sul banco.
Lei mi fissò e chiese: << Allora sabato sera ci vai? >>.
La guardai attentamente. Andare? Dove? Feci mente locale, ma non ricordavo.
<< Dove? >> chiesi spaesata.
<< DOVE!? L’evento dell’anno, hai presente? >> disse sgranando gli occhi e gesticolando in una maniera assurda. L’adoravo quando faceva così.
Le sorrisi. << Ah già! La festa di Corsetti, me n’ero dimenticata! >> dissi.
Corsetti, Raffaele Corsetti, era un ragazzo del quinto che aveva organizzato una mega festa per i suoi diciotto anni invitando mezza scuola (se non tutta). Era il classico figlio di papà, ricco sfondato, con una villa con mille bagni, mille cucine e mille camere da letto. Sofia era riuscita a rimediare l’invito visto che suo fratello era in classe con Raffaele il quale, per farsi ancora più figo agli occhi degli amici, aveva deciso di invitare tutta la nostra classe. In realtà non era figo. Non si rendeva conto che le ragazze che frequentava non erano attratte da lui, ma dal suo portafogli.
<< Dimenticarsi di una festa stratosferica a bordo piscina in una villa tutta per noi per una notte? >> chiese sgranando gli occhi ancora un po’.
<< Ma non lo so se vengo.. >> dissi indecisa. In realtà sapevo che ci sarei andata, volevo solo vedere la sua espressione.
<< Nonono, non ci siamo Chia. DEVI venire, è un ordine. Anzi.. ti vestirò io! >> disse e gli occhi cominciarono a brillarle.
<< Sai, ho imparato a vestirmi molti anni fa. >> terminai.
<< Oh andiamo, sarai bellissima! Anzi, già lo sei! >> urlò. E qualcuno dal’altro alto della classe ridacchiò. Squadrai quel qualcuno e in quel preciso istante entrò la professoressa di scienze. Martedì, prime due ore: scienze. Sorrisi tra me e me: ero già stata interrogata e avevo già portato a casa il mio sette. Perciò durante quelle prime due ore avrei potuto benissimo riposarmi.
Chiusi gli occhi e mi nascosi dietro Alessandro (denominato “l’armadio” per i suoi muscoli) in modo che la professoressa non si accorgesse di me.
<< Venerdì shopping? >> chiese Sofia sussurrando e riportandomi nel mondo reale.
<< Lo sai che detesto fare shopping >> conclusi esausta.
<< E invece ti piacerà. Niente discussioni. >> disse e si tappò le orecchie per non sentire mie eventuali risposte. Avevo perso e per giunta avrei dovuto fare shopping con Sofia e la cosa non mi rallegrava minimamente visto che fare shopping con lei significava entrare in TUTTI i negozi. Terribilmente frustrante. Ricominciai a scarabocchiare il diario con simboli incomprensibili e la giornata passò tranquillamente. Avevo sbagliato dal primo all’ultimo libro ma nessuno se ne accorse. Non affrontai nessuna interrogazione e uscii da scuola felice. Vidi Luca dall’altro lato del cortile e mi voltai. Scesi le scale d’ingresso e mi avviai verso la fermata dell’autobus, come sempre, solita routine.
Salii sull’autobus e cercai Luca con lo sguardo. Scossi la testa bruscamente e andai a sedermi. Perché continuavo a pensare a quegli occhi? Conoscevo quel ragazzo da poche ore, non potevo permettermi di averlo nella testa. Chissà perché non è sull’auto, magari si farà accompagnare da qualche suo amico – mi sorpresi a pensare. Presi il diario dallo zaino e cominciai a scrivere qualcosa, per non pensare più a questo Luca. L’autista dovette annunciare ben tre volte la fermata perché non lo stavo ascoltando. Scesi di corsa e aprii il cancello. Luna, la mia gattina, corse verso di me. La presi in braccio come al solito e iniziai a farle le coccole. << Ciao amore mio, come stai? >> le chiesi, con la convinzione che prima o poi mi avesse risposto. Mi diede una leccata sulla mano e io la poggiai a terra. Entrai in casa, e come al solito mia madre non c’era. Pranzai con un panino al prosciutto viste le mie scarse qualità culinarie e corsi a farmi una doccia. Non avevo voglia di accendere il phon, così lasciai asciugare i capelli al vento. Era Maggio ormai, faceva caldo. Sentii il mio cellulare vibrare: era Luigi. Non risposi. Il mio umore andava a giornate: c’erano giorni in cui mi alzavo sorridente, altri in cui non avevo voglia di fare niente. E in questo caso, non avevo neanche voglia di rispondere al mio migliore amico, c’è da vergognarsi. Mi misi il mega pigiamone nero con un’enorme faccina sorridente sul petto e mi sdraiai sul divano, munita di popcorn e altre schifezze varie. Accesi lo stereo a tutto volume e nel frattempo cercai di seguire la trama di un film in tv. Ma i vicini vennero a lamentarsi dicendo che quella era l’ora del riposo e non si poteva fare chiasso. E allora quando è l’ora di far chiasso? Vivevano dall’altro lato della strada, possibile che il rumore arrivasse anche lì? Spensi a malincuore la musica e la tv e iniziai a leggere un libro noiosissimo, non a caso era di mamma. Mi alzai dal divano e, non sapendo che fare, decisi di andare in giardino a coccolare un po’ Luna. Dopo un po’ mi annoiai e tornai dentro senza sapere cosa fare. Perfetto, una ragazzina e i suoi sedici anni, alle prese con le crisi esistenziali.
Il Mercoledì passò, il Giovedì passò e il Venerdì arrivò. Sofia sarebbe venuta a prendermi verso le quattro e mezza e insieme saremmo andate nel centro a fare “shopping”. La cosa mi riempiva d’entusiasmo. CERTO

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Capitolo 3
*** Come spendere tanti soldi e non avere rimpianti. ***


Anche se sono solamente due le persone che seguono la storia, io non demordo u.u
Ecco il terzo capitolo. **


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Appena tornata a casa da scuola pranzai con un piatto di pasta del giorno prima. Assaggiai un solo spaghetto e poi diedi il resto a Luna. Era una colla, non si poteva proprio mangiare e ovviamente non avevo nessuna voglia di mettermi a cucinare. Mia madre? Bah, era sempre fuori casa, diceva. La mia immaginazione era arrivata a pensare che avesse una doppia vita e che tenesse molto di più alla seconda rispetto alla prima. Scossi la testa per cacciare via certi pensieri e mi sdraiai sul letto. Ero stanchissima e mi addormentai. Il suono del citofono mi svegliò: erano già le quattro e mezza e Sofia mi stava aspettando fuori. Mi alzai di scatto e risposi al citofono.
<< Sofia sono quasi pronta, arrivo subito >> dissi e agganciai.
Poi mi venne il dubbio: e se non era Sofia? E chi poteva essere?
Mi feci una doccia veloce, m’infilai un paio di jeans a pinocchietto e una maglietta attillata lunga con la bandiera inglese. M’infilai un paio di ballerine nere, mi misi la borsetta nera a tracolla e mi pettinai i capelli. Erano abbastanza lisci ma non ero soddisfatta: mi passai la piastra. Uscii di casa correndo e aprii il cancello.
<< QUASI pronta, eh? >> chiese Sofia.
Guardai l’orologio: erano le cinque e un quarto.
<< Scusami, mi ero addormentata. >> dissi sbadigliando.
<< E’ incredibile il tuo interesse nei confronti dello shopping, Chiara. Dai! Salta su! >> disse ridendo invitandomi a salire sul motorino. Mi passò il casco e lo indossai.
<< Un momento! Aspetta! >> dissi e scesi dal motorino correndo verso casa. Avevo dimenticato i soldi. Li presi da uno dei tanti portafogli lasciati in giro di mamma e tornai sul motorino con Sofia. Partimmo e in poco tempo arrivammo in centro. Scendemmo e Sofia si tolse il casco, sistemandosi i capelli con le mani.
<< All’attacco! >> esclamò.
<< Come dobbiamo vestirci? >> chiesi sbadigliando, ancora una volta.
<< Sexy >> rispose mordendosi il labbro inferiore. Scossi il capo sorridendo.
Per prima cosa entrammo in una gelateria. Lei prese un sorbetto, io presi un gelato enorme con nutella, nocciola, caffè e una montagna di panna. Sofia mi guardò schifata. Era seriamente preoccupata per la mia linea.
<< Mangi così tanto e sei magrissima. >> affermò. Come se lei fosse grassa.
<< Sofia, tu sei la classica tipa che al primo appuntamento ordina un’insalata. Non ci siamo. Bisogna mangiare, nutrirsi. >> dissi gustando il mio cono.
<< Dici? >> chiese titubante.
<< Proprio così. >>
<< Non perdiamo altro tempo, i negozi ci aspettano. A proposito, quando devo riaccompagnarti a casa? >> mi chiese.
<< Quando ti pare, tanto mamma non c’è. >> dissi.
<< Bene, allora ceniamo insieme. >> disse sorridendo.
Per prima cosa, entrammo in ogni negozio d’abbigliamento; l’esperta diceva che la cosa principale era proprio il vestito perché senza sapere il modello e il colore, non saremmo state in grado di abbinare scarpe e accessori. Visitammo una ventina di negozi, ma nessuno era il negozio adatto per lei. Quando abbandonammo le speranze, Sofia vide con la coda dell’occhio un negozio con vestiti eleganti, di tutti i modelli e colori. Lanciò un urlo.
<< Che c’è? >> chiesi.
<< Un.. negozio.. me… me.. mera… meraviglioso! >> strillò.
<< Hai detto la stessa cosa per quanto riguarda gli ultimi dieci negozi. >> affermai incrociando le braccia.
<< E’ questo quello che stiamo cercando! >> disse e non mi diede il tempo per rispondere. Mi prese per un braccio e mi trascinò dentro al negozio. Una commessa sui cinquant’anni, bionda ci chiese se avevamo bisogno d’aiuto.
Sofia rispose: << Salve. Io e la mia amica stavamo cercando dei vestiti per una festa.. >>
<< Che genere di festa? >> chiese dolcemente.
<< Una festa dei diciotto anni. >>
<< Bene, seguitemi pure. Certamente troverete quello che state cercando in questa parte del negozio.. >> disse indicando un paradiso agli occhi di Sofia. Le brillavano gli occhi.
Visto che non riceveva risposta, la commessa disse: << Beh, vi lascio sole. Potete provare tutto quello che volete. Se avete bisogno di qualcosa, sono nell’altra stanza. >>
Annuimmo. Appena la signora si allontanò, Sofia cominciò a toccare tutti i vestiti. Erano davvero belli.
Mi fece provare ogni singolo vestito, di ogni colore (però mi rifiutai di provare i vestiti rosa..).
Non mi andava bene nessuno: alcuni erano troppo corti, altri troppo lunghi.
<< Dai, deciditi! >> disse. Lei aveva già deciso: un vestitino cortissimo lilla. Anche se non mi piaceva particolarmente (soprattutto per il colore), le stava davvero bene. Non riuscivo a decidermi. Fosse stato per me, sarei andata a quella maledetta festa anche con un paio di jeans e una t-shirt. Finalmente trovai qualcosa che faceva al caso mio: un vestito nero, senza spalline. Arrivava fino a metà coscia (lunghezza accettabile, pensai) ed era avvitato sul busto. Era appena appena largo sotto. Corsi nel camerino a provarlo. Quando uscii dal camerino Sofia rimase a bocca aperta.
<< Ti sta benissimo! Se lo avessi visto prima di te, l’avrei preso io! Ahahah! >> disse ridendo.
Poi mi venne la brillante idea di guardare il cartellino con il prezzo. Per poco mi venne un infarto. 330 euro. Dovevo capirlo subito, quel negozio era di lusso. Sofia notò subito la mia faccia e mi tranquillizzò: << C’è il 50% di sconto! >> esclamò.
<< Lo sai quanto mi viene a costare? 165 euro! >>
<< E dai, per una volta si può fare una pazzia.. >> disse mettendomi una mano sulla spalla.
<< Ma se il vestito costa 165 euro, le scarpe quanto costeranno? Magari non mi bastano i soldi.. >>
Non sapevo nemmeno quanti soldi aveva mamma nel portafogli. Lo presi dalla tasca destra dei jeans. La testa mi girava: c’erano 1000 euro. Ma quanti soldi ha quella donna, nonché mia madre?
E va bene, decisi di farla questa pazzia. Feci un sospiro e andai verso la cassa. La cassiera ci disse: << Ottima scelta! Se volete ho dei bellissimi copri spalle che s’intonano perfettamente con i vostri vestiti, da quest’altro lato. >>
Vinte dalla curiosità visitammo il reparto. Sofia disse che il copri spalle era essenziale. Poteva far freddo. Così ne scelsi uno velato, sempre nero. 69 euro, scontato. Sofia ne scelse uno color panna. Pagammo e la signora ci disse ancora: << Se volete, in quest’altra parte di negozio ho... >>. Io e Sofia ci guardammo e dicemmo all’unisono: << Nono grazie, il conto per favore. >>
Pagammo e lei ci disse: << Grazie per aver scelto questo negozio. Alla prossima. >> disse e la voce sembrava un nastro registrato. Quante volte avrà ripetuto quella frase?
Alla prossima? Non credo che mi rivedrai, pensai. Se a qualcuno viene la brillante idea di invitarmi in una casa di lusso per i suoi diciotto anni, MI SENTE.
Uscimmo dal negozio e io mi sentivo tremendamente in colpa. Ma cosa importava a mia madre, tanto?
Nel negozio di scarpe, scelsi delle classiche scarpe nere con il tacco a spillo mentre Sofia scelse dei tacchi vertiginosi dello stesso colore del copri spalle. Le mie scarpe: 150 euro.
Poi mi portò in una profumeria. Lei scelse tutti rossetti rosa, ombretti rosa, cipria rosa. Io scelsi un ombretto nero, un eyeliner, un mascara, una matita, uno smalto neri e un lucidalabbra trasparente. E altri 20 euro andarono a farsi benedire.
Infine entrammo da “Accessorize”, il paradiso degli accessori. Comprai una collana lunga di perle nere e con dei brillantini e dei bracciali a cerchio sempre neri. Via altri 15 euro.
Ridendo e scherzando, si erano fatte le otto. Cenammo con un pezzo di pizza, un supplì e una crepes alla nutella. Poi Sofia mi riaccompagnò a casa. Trasportare tutti quei pacchetti sul motorino fu un’impresa ardua. Scesi dal motorino, salutai Sofia con un bacio ed entrai in casa. Notai alcune luci accese: sembrava strano ma.. mamma era tornata. Era seduta sul divano e stava leggendo una rivista di moda.
<< Dove sei stata? >> chiese.
<< Ciao >> dissi senza prestare particolare attenzione.
<< Era una domanda. >>
<< In giro. >>
<< Cosa sono? >> chiese indicando i miei pacchetti.
<< Ho una festa domani sera, sono andata in centro a fare shopping. >> affermai.
<< Che festa? Shopping? Detesti lo shopping. Che hai comprato? >> iniziò con il terzo grado. La squadrai.
<< La festa dei diciotto anni di un amico. Esatto, shopping. Un po’ di cose. >>
<< Quanto hai speso? >> domandò circospetta.
<< 419 euro >> dissi con la massima disinvoltura anche se mi piangeva il cuore.
Non si scompose. Era sempre stata una spendacciona.
<< E se domani avessimo da fare? >> chiese.
<< Fare cosa? >>
<< Non lo so, magari ho voglia di stare con mia figlia. >> disse.
Scossi il capo scocciata.
<< Tua figlia non c’è solo quando ne hai voglia. >> dissi e entrai in camera mia sbattendo la porta. Non piansi, in passato avevo pianto abbastanza per l’assenza continua di mia madre. Mio padre ci aveva abbandonate quando aveva scoperto che mamma era incinta. Ma mamma se l’era cavata, avendo due lauree, è riuscita subito a trovare un lavoro. Anche se non l’avesse trovato però, proveniva da una famiglia ricca e se la sarebbe cavata comunque. Per questo ci sono così tanti soldi in giro per casa. Avevo pianto abbastanza ma ero stufa. Ero stanca di esserci per chi non c’era mai stato per me. Mi buttai sul letto e mi addormentai poco dopo. 

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Capitolo 4
*** L’attesissima festa dei diciotto anni. ***


Okay, ha ragione Giulia u.u
Devo scrivere soprattutto per il piacere di farlo e io amo DAVVERO scrivere. E poi sono molto affezionata a questa storia. (:
Per cui, continuerò a scrivere per me e per quelle due che mi seguono u.u
Eccovi il quarto capitolo (:
E' un po' più lungo ma.. volevo dar più spazio alla festa! *-*

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Anche il Sabato arrivò. Sofia sarebbe venuta a casa mia direttamente dopo scuola, avrebbe pranzato da me e insieme ci saremmo preparate. Potevo restare alla festa quanto volevo tanto mamma stava fuori per l’intero weekend. Le mie parole non erano servite a molto. Scossi il capo scacciando i miei pensieri quando la professoressa di latino urlò il mio cognome. Interrogata. Mi guardai intorno spaesata. Io, interrogata? Com’era possibile? Ero già stata interrogata, anche in latino. Mi alzai in piedi.
<< Professoressa, mi scusi: sono già stata interrogata >> dissi decisa.
<< Uuuh, paura? >> qualcuno nella classe disse e altri scoppiarono a ridere.
<< Ho bisogno di un ulteriore voto per confermare il Suo. Venga. >>
<< E deve confermare solo il mio, di voto? >> chiesi perdendo le staffe. La professoressa, che stava scrivendo qualcosa sul suo registro mi squadrò togliendosi gli occhiali, orrendi per giunta.
<< Lei mi sta dicendo che non sono libera di decidere chi interrogare? >> chiese con un sorriso perfido stampato in volto. Nella classe calò il silenzio. Non abbassai lo sguardo, affrontai i suoi occhi senza vergognarmi.
<< Certo che no. Mi sto semplicemente chiedendo per quale motivo devo essere nuovamente interrogata, quando ci sono persone che non hanno il voto >> dissi. Uno dei ragazzi che non era ancora stato interrogato disse: << Stai zitta, vai là e fatti interrogare! Ha chiamato te! >>
<< Stia zitto, Alcanzi. E Lei, le conviene venire, altrimenti non mi costa nulla confermarle il voto con un bel.. due. >> disse alzando la penna.
Qualcuno rise, altri respirarono rumorosamente dal sollievo: toccava a me e non a loro. Fui costretta ad abbassare lo sguardo. Presi il libro dalla cartella e lo sbattei sul banco. Poi mi diressi verso la cattedra e Sofia mi fece l’occhiolino.
Con mia grande soddisfazione – e sotto lo sguardo allibito della professoressa – risposi correttamente a tutte le domande, non feci errori.
<< Posso alzarmi ora? >> chiesi.
<< Certo, si alzi pure. >> disse.
Tornai al banco.
<< Effettivamente, è un’interrogazione da otto. Ma ti metto sette. Potevi evitare le polemiche. >> disse compiaciuta.
Quando abbassò lo sguardo per registrare il voto, dissi: << Mmm.. Sette è piuccheperfetto. >>
Qualcuno che aveva capito la battuta rise, la professoressa mi squadrò.
<< Mmm.. visto che è in vena di scherzare, questa mattina, le do un sei. >>
Fui costretta a tacere, altrimenti mi avrebbe abbassato ulteriormente il voto.
La mattinata fu abbastanza tranquilla. Anche l’ultima campanella suonò e io e Sofia tornammo velocemente a casa. Pranzammo con panini farciti e un’insalata, guardammo un film sul divano e cominciammo subito a prepararci. Finalmente infilai il vestito, le scarpe e gli accessori vari. Mentre infilavo gli orecchini, Sofia urlò minacciandomi: << Non azzardarti a truccarti e pettinarti, voglio farlo io. >>
La squadrai come per dirle che potevo benissimo cavarmela da sola ma non parlai. Sofia si sistemò per bene: era davvero splendida con quel vestito. Aveva sistemato i suoi capelli in una maniera impeccabile: erano tirati su con un bellissimo fermaglio e qualche ciocca che aveva modellato con la piastra per i boccoli, le scendeva sul viso. Il trucco non era esagerato e le stava benissimo. Gli occhi erano leggermente rimarcati, per mettere in evidenza il loro meraviglioso colore.
<< Sei bellissima Sofi. >> le dissi.
<< E tu sarai ancora più bella. >> affermò.
<< La cosa è alquanto improbabile >> replicai.
Lei scosse il capo e prese la piastra. I miei capelli divennero liscissimi: come la ragazza nelle pubblicità. Poi sistemò le due ciocche davanti con un fermaglio nero e argentato, fissandole dietro. Iniziò a truccarmi con cura: era davvero brava. Infine mi mise lo smalto. Eravamo entrambe pronte.
Sofia si alzò dalla sedia ed esclamò: << Sei perfetta, guardati! >>
Andai in camera mia e mi specchiai: stavo davvero bene, Sofia aveva ragione.
<< Va bene, ci conviene avviarci. >> dissi sorridendo.
Lei annuii.
Quando arrivammo, la casa di Raffaele Corsetti era già piena. Non ero mai stata a casa sua, ma avevo sentito parlare di quella meravigliosa dimora. C’era musica, tanta tanta musica: molte persone ballavano, altre prendevano cibo e bevande dall’enorme bancone allestito per il banchetto. Una parte del giardino era stata adibita a parcheggio, dove – chi possedeva un motorino o una macchina – poteva benissimo lasciare il proprio mezzo per la notte. Sofia parcheggiò lì.
<< Guarda che meraviglia, Chia. Andiamo! >> urlò trascinandomi via.
Ci fermammo a chiacchierare con un gruppetto di ragazze. Una di loro mi squadrò. Era altissima, probabilmente del quarto o quinto – pensai. Indossava una minigonna di pelle, un top fucsia e dei tacchi a spillo neri altissimi. Era super-truccata e sinceramente, non era neanche tanto bella.
La squadrai a mia volta e incrociai le braccia al petto.
<< Cos’hai da guardare, ragazzina? >> chiese la tipa masticando volgarmente una gomma.
<< Cos’hai TU da guardare, vorrai dire. >>
Lei si avvicinò ma l’amica la bloccò.
<< E smettila, non vale la pena. Ma la vedi? >> disse l’amica e scoppiò a ridere. La tipa non sembrava soddisfatta. Guardò l’amica, annuì e infine mi disse: << Non finisce qui. >>
<< Beh. Ti aspetto. >> dissi inarcando le sopracciglia.
Sofia intanto non si era accorta di nulla: continuava a chiacchierare con le altre. Poi mi voltai e vidi un motorino entrare nel parcheggio. Il tizio si tolse il casco e trovai qualcosa di familiare in quei capelli. Scosse il capo per sistemarli e posò il casco. Poi finalmente si voltò e cominciò a camminare sicuro di sé.
Trattenni il fiato. Indossava una camicia celeste stretta che metteva in risalto il suo fisico sviluppato e dei jeans blu. Quando si avvicinò mi voltai per nascondere il rossore sulle mie guance.
<< Chiara, ti senti bene? >> chiese Sofia.
<< Sìsì, tutto bene. >> conclusi.
Con la coda dell’occhio vidi che Luca si stava avvicinando a noi. Magari si ricordava di me.
E invece no, si avvicinava alle due ragazze che stavano chiacchierando con Sofia.
<< Ciao ragazze >> disse e le baciò sulla guancia.
Fissai intensamente i suoi occhi.
Lui ricambiò lo sguardo.
<< Ma ciao Chiara >> disse.
<< Ciao >> risposi.
<< Mi concede questo ballo, ragazza gentile? >> chiese dolcemente.
Non risposi, mi limitai a incrociare le braccia. Ce l’avevo ancora con lui per come si era permesso di trattarmi.
<< Voi vi conoscete? >> chiese Sofia.
<< Certo che sì, siamo ottimi amici. Non è vero? >> disse Luca.
<< E allora dai, balla con lui. Guarda che faccino dolce. Io vado a prendere qualcosa da bere. Ci sentiamo più tardi, Chià! >> disse e io la fulminai con lo sguardo. Le due ragazze la seguirono.
<< Allora, ragazza gentile? Andiamo? >>
Annuii.
<< Non hai più la lingua? >> chiese avvicinandosi e sorrise.
<< Anche se fosse? >>
<< Oh eccola, che torna all’attacco. Ti preferivo quando non parlavi sai? >>
<< Sei venuto tu da me, prendere o lasciare. >> affermai fiera di me.
<< Prendere. >>
Sorrisi.
A forza di guardare i suoi occhi non mi ero resa conto che si era fatto buio. Tutti ballavano intorno alla piscina, la musica era a tutto volume.
Mi sedetti su una panchina.
<< Non scappi se vado a prendere da bere, vero? >> chiese.
Come potevo scappare? Non sapevo dove e soprattutto da chi andare.
<< Sto qui. >>
Lui si allontanò e continuai a fissarlo.
Dopo un po’ tornò con due bicchieri. Me ne porse uno.
<< Non bevo. >> affermai decisa.
<< E’ succo di frutta, sapevo che avresti risposto così. >>
Si sedette vicino a me.
<< Sono così prevedibile? >> chiesi.
<< Più o meno. Credevo amassi stare in mezzo alla gente, e invece te ne stai tutta sola qui. Sai mi ero fatto un’idea sbagliata su di te. >> affermò sorseggiando il suo succo.
Assaggiai il mio.
<< Quale idea? >>
<< Pensavo fossi una che ama conoscere persone nuove, stare in mezzo alla confusione. >>
<< E invece no, non mi trovo bene in mezzo alla gente. Nessuno riesce a capirmi. >> dissi ma me ne pentii. Perché mi ero aperta in quel modo?
<< E tu? Come mai sei qui? >> continuai.
<< Per capirti. >>
Scoppiai a ridere.
<< Non è divertente. >> affermò.
<< Lo è. Perché stiamo sotto ad un albero su una panchina? Perché tu sprechi il tuo tempo prezioso con me quando hai miliardi di amici che ti aspettano? >>
<< Non lo so. >>
Luca mi fissò intensamente e si avvicinò a me. Mi persi nei suoi occhi.
<< Ehi Luca. Cos’è, te la fai con la ragazzina? >> gridò la tizia che mi aveva squadrato prima e le sue amichette scoppiarono a ridere.
Luca scosse il capo.
<< La conosci? >> chiesi.
<< E’ Nicole. Veniva alle medie con me. Abbiamo avuto una storia. >>
<< Bel coraggio. >>
<< Vabbè dai, andiamo. >> disse alzandosi dalla panchina.
<< Ehi, guarda che non sei obbligato a badare a me per tutta la serata solo perché Sofia mi ha abbandonata, eh. >>
<< Non sono obbligato. Ma voglio farlo. Ora andiamo dai, fammi vedere come balli. >> affermò.
<< Nono, preferisco rimanere qui se l’alternativa è ballare. >> dissi scuotendo il capo e fissandomi i piedi.
Mi afferrò e mi costrinse a guardarlo negli occhi.
<< E invece stasera ballerai >> disse in tono autoritario.
Cominciò a trascinarmi via, cercai di oppormi ma era troppo forte.
<< Ehi! Ma chi ti credi di essere? >>
<< Come non lo sai? Sono Luca, piacere. >>
Mi arresi. Era difficile, se non impossibile, combattere con quel ragazzo.
<< Ma tu hai fatto gli auguri a Raffaele? >> chiesi.
<< Ma chissene frega di Corsetti, quello sfigato. >>
Risi.
Mi trascinò in mezzo a tutti gli altri e mi costrinse a ballare.
Non potrò mai dimenticare quella serata, eravamo rimasti per tutto il tempo insieme. A fine serata, Raffaele invitò tutti quanti dentro casa per scartare i regali. Mi ero completamente dimenticata del regalo, perciò rimasi fuori da sola. Luca mi chiese di entrare, ma gli dissi che sarei rimasta fuori. Mi sedetti su un divanetto vicino alla piscina. Era tutto perfetto, finchè non arrivò Nicole.
<< Ciao ragazzina. >>
<< Che vuoi ancora? >> chiesi.
Con lei c’erano le sue amichette.
<< Sistemare la faccenda. >>
<< Perché non la sistemiamo noi due? Perché non mandi dentro le tue amichette? >> chiesi alzandomi.
<< Va bene. Ragazze, entrate. >>
Loro obbedirono come due cagnolini.
Nicole si avvicinò a me.
<< Ma che bel posto, non trovi? Ottimo per una rissa. Adoro le risse. >>
<< Sempre che non ti rompi l’osso del collo per inseguirmi con quei tacchi, cara. >> dissi.
Mi diede uno schiaffo. Non ci vidi più: le diedi un pugno sul naso che le cominciò a sanguinare.
Cadde all’indietro e mi avvicinai.
<< Non provare mai più a toccarmi, capito? >>
Al’improvviso uscì Luca.
<< Ehi, Clara e Jessica mi hanno detto che stavate per menarvi quindi sono venuto.. >> disse e scoppiò a ridere vedendo la scena.
Nicole si alzò e sbuffando se ne andò.
<< Cos’è successo? >> chiese Luca.
<< Ho dato un pugno a Nicole perché mi ha schiaffeggiata. >> annunciai.
Lui scoppiò a ridere ancora.
<< Quindi devo stare attento con te, potresti graffiarmi con i tuoi artigli. >> disse avvicinandosi.
<< Esatto. >>
<< Sai che non ho paura di te, vero? >> chiese ironizzando.
<< E tu sai che potrei buttarti in piscina da un momento all’altro senza rimorsi, vero? >> dissi avvicinandomi e incrociando le braccia sul petto.
Restammo a fissarci per un po’. Luca approfitto dell’attimo di distrazione per prendermi in braccio. Io sgranai gli occhi e scalciai aggrappandomi al suo collo.
<< Sai che sei piccola e fragile e posso buttarti IO in acqua? >> disse sorridendo.
<< Mettimi giù! >> urlai.
<< Non sei nella giusta condizione per comandare. Ti ricordo che sei in braccio a me e potrei decidere di buttarti in qualsiasi momento. >>
<< Ti prego smettila, non mi sto divertendo. >>
<< Io sì, invece. >> disse agitano le braccia.
<< Per favore non farlo. >> dissi con la voce spezzata.
<< La ragazza gentile ha paura? Non posso crederci! >> disse.
<< Io non ho MAI paura! >> urlai. La mia voce fece pensare il contrario.
<< Ah sì? Beh, stiamo a vedere. >>
Saltò. Sentii l’acqua calda della piscina travolgermi. Era estremamente piacevole, era caldissima. Quando salimmo in superficie lui scoppiò a ridere. Ero avvinghiata sul suo petto.
<< TU SEI COMPLETAMENTE FUORI DI TESTA! >> urlai.
<< E tu sei estremamente sexy bagnata. >> disse serio.
Scoppiai a ridere per l’espressione che assunse.
Anche tu – avrei voluto rispondere.
Uscimmo dall’acqua gocciolanti con il cuore che mi batteva a mille. Il vestito e le scarpe erano andati ormai. Soldi buttati.
In quel momento Sofia uscì dalla casa.
<< Che diamine è successo qui? >> chiese allibita.
<< Bagno di mezzanotte. >> disse lui.
<< Io sto andando a casa. Se pensi che ti accompagno in quelle condizioni, sei pazza. Ciao Chiara >> disse e se ne andò.
La fissai a bocca aperta.
<< Nessun problema: ti riporto io. >> disse Luca.
<< Non salgo in macchina con gli sconosciuti. >>
<< Punto primo: sono venuto in motorino. Punto secondo: non sono uno sconosciuto. >> disse.
<< E punto terzo? >> chiesi.
<< Punto terzo: non scordarti che hai fatto un bagno in piscina con me, di conseguenza non siamo sconosciuti. >> disse.
Sorrisi.
<< Ricordati che era contro la mia volontà. >> dissi.
<< Se vuoi ti ributto in acqua. >>
<< Nono grazie! >> dissi fuggendo via.
In poco tempo mi raggiunse.
<< Sono più veloce di te, mi dispiace. >> affermò deciso.
Io lo guardai negli occhi, accettando la sfida.
<< Forse.. ma decisamente meno sveglio! >> urlai e alle ultime parole corsi a più non posso verso l’ enorme salice piangente più vicino.
Lui mi raggiunse dopo un po’.
<< Così non vale, però. Vinci solo se bari, ammettilo! >> disse mettendo il broncio.
<< Probabile. Ma tu non sai perdere, ammettilo! >>
<< Senti, non fare quella con la rispostina pronta, sono io l’unico qui. >> mi disse con un tono presuntuoso e mettendomi le mani sui fianchi provocandomi – anche se mi costa ammetterlo – una lunga serie di brividi.
Lo squadrai camuffando le mie reali sensazioni.
<< Senti bello, non fare il presuntuoso, detesto le persone presuntuose. >> dissi avvicinandomi.
<< Grazie. So di essere bello. >> sorrise.
Scossi il capo e mi allontanai.
Dalla casa sopraggiunse la melodia dei lenti che stavano trasmettendo per le felici coppiette.
<< Gentile signorina, mi concederebbe l’onore di un ballo? >> chiese porgendomi la mano.
<< Io ballo i lenti solo con il mio ragazzo. >>
Lui mi fissò.
<< Sei fidanzata? >>
<< No. >>
Sorrise all’improvviso.
<< E allora non c’è problema! >> esclamò.
<< Non ho nessunissima intenzione di entrare in quella casa in queste condizioni! >>
<< So che preferiresti un altro bagno in piscina.. >> mi guardò inarcando le sopracciglia e incrociando le braccia.
<< Andiamo a casa, và! >> dissi dirigendomi verso il parcheggio.
<< Hey ragazza gentile.. il motorino è dall’altra parte! >> disse appoggiandosi al salice con le braccia incrociate.
Cambiai direzione aspettando che mi seguisse.
Lui salì per primo e io cercai di aggrapparmi come meglio potevo alla parte posteriore, senza toccarlo.
Lui notò i miei sforzi, mio malgrado.
<< Guarda che se mi tocchi non muori, anzi, sei più comoda. >> disse facendo l’occhiolino.
Mi aggrappai a lui con decisione.
<< Dove abiti? >> chiese.
<< Non te lo dirò mai. >> dichiarai.
<< Allora temo sia leggermente difficile accompagnarti a casa.. >>
Mi accorsi della tremenda figura che avevo appena fatto e arrossii. Meno male che era notte fonda.
<< Vicino alla scuola media. >>
Non rispose e partimmo pochi secondi dopo.
Quando arrivammo, dimenticai completamente di togliergli le mani di dosso.
<< Ehm.. ora puoi scendere, siamo arrivati. >> disse sorridendo.
Imbarazzata, scesi e mi diressi verso casa. Mi voltai un secondo per vedere se già se n’era andato. Era ancora lì, forse si aspettava qualcosa.
<< Grazie. >> dissi a denti stretti.
<< Non c’è di che, ci vediamo a scuola. >> disse gentilmente e continuando a sorridere.
Ricambiai il sorriso ed entrai in casa. Spostai la tendina della porta per vederlo un’ultima volta ma se n’era già andato.
 

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Capitolo 5
*** Piscina. ***


Eccovi il quinto capitolo, con la speranza che vi piaccia. (:
Un grosso bacio. <3

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Una noiosissima Domenica cominciò ed io mi sentivo tremendamente male. Non sapevo cosa fare e sicuramente avrei poltrito tutto il giorno sul divano o da qualche altra parte in giro per la casa o per il giardino, magari insieme a Luna. Mi sdraiai sul prato con un libro fantasy che abbandonai subito perché noioso. Strinsi Luna e lei mi riempì di fusa. Il suo manto grigio-bianco era così soffice e i suoi occhioni celesti erano magnifici. Il collarino con la medaglietta s’intonava perfettamente al colore dei suoi occhi, l’avevo scelto io. Mi persi fra i suoi occhi e mi sorpresi a dire: << Hai gli occhi così simili ai suoi.. >> ma poi scossi il capo e pensai ad altro. Poco dopo entrai in casa con Luna al mio seguito, cosa che accadeva solo se la mamma non era in casa (praticamente quasi sempre), visto che lei è allergica al pelo dei gatti e più di una volta aveva proposto di portare Luna dai miei zii che si sarebbero occupati di lei al meglio. Ogni volta nascevano litigate immense: non mi sarei MAI e poi MAI separata da Luna. Se fosse successo, sarei sicuramente fuggita di lì. Trovai una foto dei miei nonni sul mobile vicino alla finestra del salone e l’accarezzai sorridendo. La foto mostrava mia nonna Linda, i suoi occhi verdi (che molto probabilmente avevo ereditato da lei), il suo meraviglioso sorriso, i suoi sessantasette anni portati alla grande e suo marito Renato, mio nonno, con i suoi occhi marroni, le sue guanciotte morbidissime e la sua cicatrice sul mento dovuta ad un incidente del quale nessuno mi aveva mai parlato liquidandomi con “sono cose che succedono, nulla di grave”. Mia nonna era stata un’importante donna dello spettacolo, veniva chiamata in diversi film, soprattutto musicals a causa della sua meravigliosa voce. Suo marito era uno degli avvocati più famosi (e più pagati) della città. Si erano conosciuti proprio sul set: una sera mio nonno andò a riprendere sua sorella, addetta alla colonna sonora del film in cui mia nonna stava recitando. Fu amore a prima vista: si sposarono dopo appena sei mesi di fidanzamento. Poi era nata mia madre che si rivelò da subito una grande appassionata della ricerca, degli studi, della cultura e si era laureata ben due volte. Conobbe un ragazzo poco più grande di lei all’università e se ne innamorò. Mia madre rimase incinta e appena il tizio (di cui nessuno mi ha mai parlato, per cui non so neanche il nome di mio padre) lo scoprì, ci abbandonò.
Un brivido percorse sulla mia schiena non appena revocai tutti quei ricordi.
La mattina dopo mi svegliai per andare a scuola, come al solito in ritardo. Infilai un paio di jeans neri attillati, una maglietta bianca lunga e larga con una scritta in inglese nera e un paio di converse nere. Presi la mia sacca nera e uscii di casa. Evitai per tutta la mattinata gli sguardi di Sofia.
Durante la ricreazione si avvicinò a me, mortificata. Cercai di ignorarla.
<< Chiara.. devo scusarmi assolutamente con te per come mi sono comportata l’altro ieri.. >>
<< Uh, pensavo l’avessi notato solo io! >> dissi con sarcasmo.
<< Ero ubriaca, ho visto Giorgio baciare Jessica, l’amica di Nicole. Ero completamente a pezzi. Mi dispiace, non avrei dovuto trattare così la mia migliore amica. >> disse sinceramente dispiaciuta.
Giorgio era il ragazzo che amava praticamente da sempre ma lui non sembrava minimamente interessato a lei.
 Sorrisi.
<< Ora capisco.. mi dispiace davvero. Per Giorgio, per tutto. Non avrei dovuto evitarti e non l’avrei fatto se avessi saputo quello che.. >>
<< Non devi scusarti, è colpa mia. Non volevo mandarti a casa a piedi.. >>
<< In realtà non sono andata a piedi. >> dichiarai ripensando alle mie braccia attorno a Luca durante il viaggio di ritorno.
<< Nicole ti ci ha spedita con un calcio? >> disse e scoppiò a ridere.
<< Ahahahahaha, l’ho mandata io a casa con un naso sanguinante. >> dissi ridendo.
<< Sì, mi è giunta voce.. ho un’idea per farmi perdonare! >> esclamò.
La guardai inarcando le sopracciglia.
<< Oggi dopo scuola, al Summer! Ci vediamo lì! >> disse e si allontanò facendomi l’occhiolino, senza neanche darmi il tempo di rispondere.
“Summer” era la piscina comunale all’aperto della nostra città. Io e Sofia andavamo praticamente SEMPRE lì, ogni estate. L’adoravamo perché c’erano parecchi scivoli. Beh, quel periodo non era proprio estate inoltrata ma ci stavamo avvicinando alla calda stagione e poi la temperatura era davvero alta. 
Avevo davvero voglia di andarci perciò, appena tornai a casa, non persi tempo. Presi una borsa qualsiasi, infilai telo da mare, crema solare, cambio, occhiali da sole, i-pod e cellulare. M’infilai il bikini fucsia e nero e presi un vestitino fresco dal mio armadio. Ero pronta.
Sofia era già lì ad aspettarmi.
<< Quale costume hai scelto? >> chiese.
Abbassai una spallina del vestito per farle vedere.
<< Fantastico! Io ne ho preso uno arancione! Andiamo, dai. >>
Facemmo i biglietti, scegliemmo due sdraie e due ombrelloni e cominciammo a spalmarci la crema. Ci spogliammo all’unisono e Sofia propose di tuffarci dal trampolino più alto. Ovviamente, come sempre, rifiutai. Ero terrorizzata dai trampolini.
<< Non vorrai scherzare. Non mi butterò mai da lì! >> esclamai.
Lei mi guardò delusa.
<< E va bene, almeno accompagnami lassù almeno. >>
Annuii. L’avrei semplicemente accompagnata, NON mi sarei tuffata da lì. Era il trampolino più alto che avessi mai visto in vita mia.
Salii sulle scale sforzandomi di non guardare giù.
Arrivammo finalmente al trampolino e Sofia si avvicinò all’estremità.
<< Dai, vieni! >> urlò.
<< M A I . >>
<< Solo per spingermi. >>
La guardai come se fosse pazza.
<< Quelli che si tuffano dal trampolino hanno forse bisogno di una spinta? >> chiesi allibita.
<< Dai, per favore, vieni qui! Mi dai sicurezza. Io mi tuffo e tu te ne vai, okay? >>
<< Ma è troppo alto, non ce la faccio! >>
<< Non ti succederà niente, te l’assicuro! Quanto sei testarda. >> disse mettendo il broncio e incrociando le braccia al petto.
Scossi il capo e l’assecondai, raggiungendola cautamente. Tremavo come una foglia.
Sofia sorrise e si buttò.
Okay – pensai – ora posso tornare indietro.
E mi voltai. Per poco non caddi all’indietro.
Luca. Luca era alla base della piattaforma.
<< Hey ragazza gentile. >> disse alzando il braccio destro.
Lo guardai: aveva il costume a boxer nero che si abbinava perfettamente con la sua carnagione ed un fisico perfetto. Era scolpito dagli angeli, aveva delle braccia muscolose fra cui sentirsi al sicuro.
Ero rimasta a fissarlo anche troppo, stava aspettando una risposta.
<< Luca. >> dissi.
Sorrise facendo un passo verso di me. Indietreggiai.
<< Gentile ragazza, mi concederebbe un magnifico tuffo insieme? >> chiese avvicinandosi ancora un po’. Spalancai gli occhi.
<< Non se ne parla, te ne ho già concesso uno, se non ricordo male. >>
<< Sì, hai ragione, ma non mi accontento facilmente. >> disse facendo l’occhiolino e un passo verso di me.
Scossi il capo spaventata, n o n volevo buttarmi da lì sopra per nessun motivo al mondo.
<< Per favore, non avvicinarti ancora. Indietreggia, io me ne vado e tu puoi farti tutti i tuffi che vuoi, okay? >> chiesi portando le braccia in avanti, come per difendermi.
Ma lui fece ancora un passo.
<< La ragazza gentile chiede un favore? Non me lo sarei mai aspettato. E poi voglio tuffarmi con te. >> lo disse come se potesse ottenere tutto ciò che voleva.
<< Smettila, ti prego. Non sopporto i trampolini. >> dissi cercando di essere dura ma la mia voce fece pensare il contrario.
Sorrise ancora. Stavo perdendo la pazienza.
Era ad un palmo da me. E io tremavo.
Feci un altro tentativo: << E va bene. Vuoi tuffarti con te? Allora indietreggia, andiamo al trampolino più basso e ci tuffiamo, okay? Ma questo no, ti prego. >>
Scosse il capo. << Non è affatto la stessa cosa. Voglio tuffarmi da questo trampolino con te, Chiara. >> Sobbalzai dal modo con cui aveva pronunciato il mio nome.
Poi mi prese in braccio in un lampo e mi persi nei suoi occhi. Le sue braccia mi diedero calore ed un pizzico di forza in più.
<< Stai tranquilla, ci sono io, non ti lascio mica. >> disse dolcemente.
Ero terrorizzata.
<< Se vuoi puoi chiudere gli occhi. >> sorrise.
Non volevo mostrarmi ulteriormente debole, così dissi avvicinandomi e guardandolo dritto negli occhi: << IO NON HO PAURA. >>
Lui sorrise, mi strinse un po’ e poi.. saltò con me in braccio. Involontariamente poggiai la testa sulla sua spalla, per non vedere. L’acqua calda ci travolse una seconda volta da quando ci conoscevamo.
Quando riemersi, lui mi teneva ancora stretta. Mi divincolai allontanandomi da lui.
In effetti, il tuffo non era stato tanto male..
<< Ahahahah! Bello spettacolo! >> urlò Sofia ridendo.
Mi avvicinai e la schiaffeggiai sul braccio.
<< Hey Luca, perché tu e i tuoi amici non vi unite a noi? >> chiese Sofia.
Spalancai gli occhi inorridita, anche se poi non mi dispiaceva molto.
<< Con molto piacere! >> disse Luca uscendo dall’acqua.
Sofia cominciò a socializzare con tutti. Notai che Lorenzo, il ragazzo che avevo “conosciuto” sull’autobus insieme a Luca non mi toglieva gli occhi di dosso. Non mi insospettii più di tanto.
Nel momento in cui tutti stavano giocando a carte ed io stavo comprando una granita al limone al bar lì vicino, Luca mi raggiunse. Lo guardai.
Lui si avvicinò al mio orecchio destro sfiorandomi il collo.
<< Sai, sono davvero convinto che questo costume ti sta da favola. >> disse e poi sorrise.
Io mi allontanai con la mia granita in mano.
<< Il ritorno della ragazza gentile.. >>
<< Smettila. >> dissi senza guardarlo.
Lui mi prese il polso costringendomi a guardarlo negli occhi.
<< E’ stato un tuffo meraviglioso, spero ce ne siano degli altri. Magari ti colgo di sorpresa, mi fai troppa tenerezza quando sei spaventata. >>
Io sorrisi e notai con piacere che stavamo vicinissimi al bordo della piscina.
Colsi il suo attimo di distrazione e lo spinsi.
Peccato che commisi un tremendo errore: non mi accorsi che lui stava stringendo il mio polso, di conseguenza mi trascinò insieme a lui nell’acqua, con tutta la granita.
<< Sììì! Il terzo tuffo! >> esclamò come un bambino che trova in un pacchetto di figurine l’ultima figurina che gli manca per completare la collezione.
<< Peccato però, era un gesto fantastico. Se solo tu non fossi così leggera, saresti ancora sul bordo, magari con un ghigno soddisfatto. >> disse.
Io scossi il capo. Se quella era una battaglia, non gliel’avrei mai data vinta. 

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Capitolo 6
*** Debolezze. ***


Sì, sono di nuovo io! (:
Eccovi il sesto capitolo, buona lettura! Spero vi piaccia! :3

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<< A chi stai pensando? >> chiese Sofia mentre sorseggiava il suo succo d’arancia e riportandomi alla realtà.
<< A nessuno. >> risposi. In realtà non stavo pensando proprio “a nessuno”, a meno che questo ipotetico “nessuno” non abbia occhi azzurri e capelli scuri.
<< Non credo proprio. Siamo in questo bar da mezz’ora e a malapena mi degni di uno sguardo. C’è qualcosa che non va? >>
Aveva ragione. Durante il suo monologo, mi ero limitata ad annuire senza convinzione ogni quarto d’ora.
<< No, tutto bene. Penso che tu abbia ragione: se a Giorgio piace giocare a baciare le altre, dovresti lasciarlo stare. >> dissi racimolando qualche informazione che ero riuscita a captare durante il suo discorso.
<< Bene. Sono contenta che hai ascoltato almeno una parte di quello che ho detto. >>
Sorrisi e finii la mia Coca Cola. Lasciammo il tavolo del bar e facemmo una passeggiata in centro.
<< Senti.. ma non è che tra te e quel tizio c’è qualcosa? >> chiese mentre mi ero fermata ad ammirare un meraviglioso paio di orecchini.
<< Quale tizio? >> chiesi, guardandola e fingendo di cadere dalle nuvole.
<< Quello della piscina. >> affermò decisa.
Mi voltai di scatto verso gli orecchini per nascondere il mio rossore sulle guancie.
<< Ma cosa dovrebbe esserci? Cioè.. niente. So a malapena come si chiama.. >> balbettai.
<< Ah, ok. Perché tu me lo diresti, vero? >> chiese prendendomi il polso e costringendomi a guardarla.
<< Ma sì, certo. Se ci fosse qualcosa da dire, sì. Ehi, guarda che belli quegli orecchini! Sono meravigliosi! >> mi affrettai a cambiare discorso.
Non sapevo per quale motivo Sofia pensava che tra me e Luca potesse esserci qualcosa. Avevamo condiviso “qualche bagno”, niente più.
Un << Hei, guarda chi c’è lì! >> interruppe le mie riflessioni.
Guardai nella direzione indicata da Sofia e lo vidi. Indossava una paio di jeans e una t-shirt rossa. Sfoggiava uno dei suoi calorosi sorrisi.
Appena ci vide si avvicinò a noi.
<< Buonasera ragazza gentile e.. >> disse guardando prima me, poi Sofia.
Incrociai le braccia al petto.
<< Sofia. >> concluse lei.
<< E’ un piacere. >> disse Luca.
<< Piacere mio. Il giorno del compleanno non mi sono presentata.. >>
<< Non preoccuparti. Mi fa piacere sapere che al mondo esiste ancora qualche ragazza davvero gentile. >> disse porgendole la mano e Sofia ricambiò la stretta energicamente.
<< Questi sono i miei amici, quelli che lei conosce già: Matteo, Lorenzo e Davide. >> dichiarò indicandoli. Non li avevo nemmeno visti.
<< Chia, mica mi avevi detto di conoscere così tante persone nuove! >> esclamò dandomi una pizza sul braccio.
Subito dopo raggiunse Matteo, Lorenzo e Davide, lasciandomi indietro insieme a Luca che prese il cellulare dalla tasca dei suoi jeans e cominciò a mandare sms accigliato.
<< Sei triste perché non ci sono piscine nei dintorni? >> chiesi.
Lui sorrise per un attimo e mi guardò.
<< In realtà mio padre è in ospedale, perciò mia madre mi manda spesso sms per tenermi aggiornato. Sembra che oggi resterai asciutta. >> disse mettendo il cellulare al suo posto.
<< Non fai prima ad andarlo a trovare? >> chiesi con troppa freddezza, me ne pentii subito.
<< Detesto mio padre. Quando avevo bisogno di lui non c’è mai stato per me. >> non l’avevo mai visto così freddo, era sempre così sorridente.
Avevamo qualcosa in comune: entrambi detestavamo i nostri padri.
<< Io non lo sapevo.. scusa. >> dissi accarezzandogli il braccio.
Decisamente troppa confidenza.  
Lui sgranò gli occhi.
<< La ragazza gentile oggi è.. gentile. Non posso crederci. >> disse scoppiando a ridere.
<< Sono contenta di essere riuscita a tirarti su il morale. >> dichiarai con sarcasmo.
<< No davvero, non devi scusarti. Il fatto è che.. beh.. nonostante il mio odio nei suoi confronti, non riesco a smettere di preoccuparmi. Per questo ho chiesto a mia madre di tenermi aggiornato. >>
<< Anche io odio mio padre. >>
<< Come mai? >> chiese guardandomi.
<< Lui.. beh.. lui.. ha abbandonato mia madre quando ha scoperto che lei era incinta. >> dissi abbassando lo sguardo.
<< Bastardo. Il mio invece non ha abbandonato mia madre ma è come se l’avesse fatto: ha sempre pensato ai soldi, ai guadagni, al commercio, alle sue attività. Quindi è per questo che sei così, giusto? >>
<< Così come? >> chiesi interdetta.
<< Hai paura che qualcun altro possa farti soffrire quanto ha sofferto tua madre perciò hai costruito una barriera intorno a te. >>
Ma quel ragazzo era per caso laureato in psicologia? Aveva perfettamente centrato il punto. La mia era solo una copertura: una copertura alla mia debolezza interiore, alle mie paure.
Tuttavia, non avevo alcuna intenzione di mostrarmi così a lui, perciò decisi di non rispondere.
Sofia fortunatamente interruppe il silenzio imbarazzante: << Che ne dite di un gelato? >>
Tutti esultarono.
Arrivati davanti alla gelateria ordinammo 5 gelati e un frappè alla fragola con cioccolato e panna per me. Ci mettemmo in fila per pagare e io pagai per ultima.
C’era una ragazza alla cassa, avrà avuto 18 anni.
<< Oh, non c’è bisogno, ha già pagato per lei quel ragazzo lì in fondo. >> disse indicando Luca seduto su un divanetto vicino agli altri.
<< Ah, okay. >>
Li raggiunsi e Luca mi fece spazio. Lo guardai e sorrisi. Mi avvicinai pian piano al suo orecchio e mormorai: << Grazie. >>
Lui mi sorrise, fece l’occhiolino e disse sempre mormorando: << Non c’è di che. >>
Sofia intanto chiacchierava con i ragazzi, in particolar modo con Matteo. Sembrava davvero presa da lui.
<< Volevo chiederti una cosa. >> disse Luca sussurrandomi nell’orecchio dopo avermi spostato dal viso una ciocca ribelle.
<< Dimmi. >>
Lui sorrise mostrando i suoi denti bianchissimi.
Stava per dire qualcosa ma Sofia lo bloccò: << E tu Luca? >>
<< Cosa? >> chiese lui di rimando.
<< Detesto quando parlo e nessuno mi ascolta. >> disse Sofia incrociando le braccia.
<< Scusami Sofia. >> disse Luca ridacchiando.
<< Stavamo parlando di cantanti, volevo sapere qual è il tuo genere musicale preferito. >>
<< Beh..  mi piacciono tutti i generi. >>
<< Anche il country? Tu sei pazzo. >> disse Sofia e tutti scoppiarono a ridere.
Luca tornò a guardarmi.
<< Mi hai detto che volevi chiedermi qualcosa.. >> dissi.
<< Sì. Domani sera. Pizza. Io e te. Ci stai? >>
Era un appuntamento, quello?
Adoravo il modo in cui l’aveva detto. Annuii.
<< Pensavo fosse più difficile chiederti di uscire, sinceramente. Passo a prenderti alle 20, tanto so dove abiti. Chissà, magari scopriamo di avere qualcos’altro in comune, non solo l’odio nei confronti dei nostri padri. >> disse sorridendo.
E quel sorriso riempì il mio campo visivo.  

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Capitolo 7
*** Pizza, io e te. ***


Oh, quante siete! *-*
Quante belle recensioni che ho ricevuto! Vi ringrazio infinitamente, ci sentiamo in fondo con le risposte alle vostre recensioni. <3
Buona lettura!

---


Dopo scuola mi diressi velocemente verso casa. Ero nervosa: la sera sarebbe arrivata presto e Luca sarebbe passato a prendermi alle 20. Non avevo la più pallida idea di cosa avrei potuto indossare. Non sapevo dove mi avrebbe portata. Come avrei potuto sapere cosa indossare se non sapevo nemmeno in che genere di locale mi avrebbe portata?
Entrai in casa e scaraventai la mia borsa a terra. Luna venne ad accogliermi come sempre ed io la riempii di coccole. Non ebbi neanche il tempo di lavarmi le mani che il cellulare squillò. Sofia.
<< Hei ciao Chiara! >> dissi appena premetti il tasto per l’accettazione della chiamata.
<< Ciao! >>
<< Ti va di venire a casa mia questa sera? I miei non ci sono. >>
In altre circostanze avrei certamente accettato il suo invito. Questa volta avevo impegni.
<< Mi dispiace, ma questa sera non ci sono. >> affermai con le dita incrociate sperando che non mi chiedesse per quale motivo. Non sapevo bene il perché, ma mi vergognavo a dire che quella sera sarei uscita con Luca.
<< E come mai? >> chiese. Le mie preghiere furono del tutto vane. Quella domanda sembrava così fuori luogo, come se Sofia desse per scontato il fatto che io sarei andata a casa sua in qualunque occasione. In fondo erano affari miei. Poi scossi il capo: Sofia in fondo aveva tutto il diritto di chiedermi il perché di qualunque cosa, era pur sempre la mia migliore amica.
<< Stasera esco con Luca. >> dissi a denti stretti, come se uscire con lui fosse il mio ultimo interesse. In realtà ero davvero felice. Certo, non l’avrei mai ammesso.
<< Wow! Voglio aiutarti con l’abbigliamento! >> esclamò come se il fattore abbigliamento fosse la cosa più importante in assoluto.
Questa volta però, non mi avrebbe aiutata. Volevo fare tutto da sola.
<< No Sofia, non ti preoccupare, questa volta me la cavo da sola. >> dissi cercando di essere più gentile possibile.
<< mm, va bene. >> sembrava dispiaciuta.
<< Sarà per la prossima volta, te lo prometto. >> dissi e attaccai subito dopo, senza darle neanche il tempo di rispondere.  
Pranzai con un panino e diedi da mangiare a Luna. Poi corsi in bagno e mi feci una lunghissima doccia. Una volta uscita, mi diressi in camera mia per scegliere un abbigliamento soddisfacente.
Provai un paio di jeans stretti neri ed una maglietta nera con paillettes. No.
Provai un vestito rosa fucsia lungo fino al ginocchio. No.
Provai una maglietta lunga bianca con i leggins. No.
Provai tutti i vestiti che trovai facendo una gran confusione. Non ero affatto soddisfatta. Mi buttai sul letto sfinita. Poi vidi qualcosa sul fondo dell’armadio e mi precipitai verso quest’ultimo piena di speranza. Una mini-gonna in jeans. La provai. Urlai di gioia perché mi stava davvero bene. Mi venne un’idea: decisi di sbirciare nell’enorme armadio di mia madre in cerca di qualcosa da abbinare alla gonna. Fortunatamente, io e lei avevamo la stessa taglia. E’ sempre stata molto magra, come me. Trovai una meravigliosa camicetta nera aderente, non molto scollata e con le maniche lunghe fino al gomito. Era davvero perfetta insieme alla gonna. Scelsi un paio di scarpe nere con il tacco, un paio di orecchini a forma di cerchio, misi un po’ di lucidalabbra, un po’ di matita nera e cipria ed ero pronta. Dovevo semplicemente lisciarmi i capelli.
Alle 19.30 ero già pronta. Mi sedetti sul divano e per passare il tempo lessi qualche pagina del libro che mia madre aveva lasciato sul mobiletto.
Anche l’ultima mezz’ora passò e quando il citofono squillò, sobbalzai. Ero troppo, troppo nervosa. Giustamente, come potevo non esserlo? L’ultimo appuntamento era stato con un certo Daniele e tutto ciò che aveva fatto era cercare di mettermi le mani addosso.
Passai vicino allo specchio per darmi un’ultima occhiata, presi la borsa e uscii.
Se ne stava lì, davanti al suo motorino, con le braccia incrociate al petto e un sorriso smagliante. Indossava un paio di jeans grigi, una camicia bianca come la neve, un gilet nero e un cravattino intonato al colore dei jeans. Abbassai un secondo lo sguardo per sorridere, aprii il cancello ed ero lì davanti a lui. Lessi nel suo sguardo un pizzico di stupore quando vide le mie gambe nude.
<< Buonasera. >> disse guardandomi negli occhi e sfoderando un sorriso sghembo.
<< Ciao. >> fu la mia risposta.
<< Sei davvero carina. >> disse.
<< Grazie. >> dissi avvicinandomi.
Portò le sue mani al nodo della cravatta.
<< Vuoi far la parte del ragazzo perfetto ma non riesci proprio a legare una cravatta, eh. >> dissi prendendo la sua cravatta e legandogliela per bene. Il contatto fisico mi provocò decine di brividi. Mentre annodavo la cravatta lui fissava i miei occhi. Quando alzai lo sguardo, mi persi nella loro intensità ancora una volta.
<< Pensi che io sia il ragazzo perfetto? >> chiese. Io inarcai le sopracciglia e lui sorrise.
<< Grazie. >> sussurrò. Mi scostai.
Salì sul motorino e mi passò il casco che prontamente infilai. Salire sul suo motorino con una mini-gonna fu decisamente un’impresa. Lui mi fissava dagli specchietti retrovisori e di tanto in tanto ridacchiava.
Mi aggrappai a lui con meno imbarazzo rispetto alla prima volta, poi partimmo.
Mi portò in un meraviglioso ristorante al centro, non molto lontano dalla mia casa. Il viale era costeggiato da molti alberi e fiori. L’edificio era molto grande. L’esterno era ben curato: c’era il prato all’inglese e innumerevoli piante.
Luca parcheggiò e mi fece scendere. Poi mi guidò verso il retro dell’edificio.
<< Credevo si entrasse dal davanti. >> dissi con sarcasmo.
<< Davvero spiritosa. Prima però vorrei farti vedere una cosa. >>
Poi la vidi. Un’enorme piscina occupava buona parte del retro dell’edificio. Ora capivo perché aveva scelto quel ristorante. Lo guardai preoccupata con il timore che prima o poi mi avrebbe presa e gettata in acqua.
Lui scoppiò a ridere notando il mio sguardo e io indietreggiai.
<< Tranquilla, questa volta i tuoi vestiti resteranno intatti. >> ridacchiò.
<< Grazie tante. >>
<< Dai, entriamo. >> disse.
Il tavolo che ci avevano riservato era molto appartato. Eravamo in una piccola sala destinata solo a noi dove poteva entrare solamente il cameriere per servirci. Il tavolo era decoratissimo, al centro c’era una rosa rossa. La cosa particolare era che si cenava al buio. L’uniche luci che ci permettevano di vedere erano quelle delle candele sul tavolo. Rimasi a bocca aperta per un po’.
<< Quante ragazze hai portato qui? >> chiesi con forse troppa freddezza.
<< Perché, sei gelosa? >> chiese.
<< Affatto. >> dichiarai. E invece un po’ gelosa lo ero..
<< In realtà sei la prima. >> disse. Quella frase mi fece sorridere e mi riempì il corpo di calore.
Mi fece sedere spostando la sedia da perfetto gentiluomo.
Un cameriere elegantissimo venne subito dopo.
<< I signori vogliono ordinare? >> chiese cortesemente.
In realtà, nessuno dei due aveva ancora letto il menù.
<< Ci porti quelle bruschette che mi piacciono tanto, per iniziare. >> disse Luca.
Bruschette? Quindi ci era già stato? Con chi?
Ebbi una fitta di gelosia. Quant’ero stupida. Io e lui non eravamo affatto fidanzati, perché avrei dovuto essere gelosa?
<< E da bere? >>
<< Una bottiglia d’acqua frizzante e una di coca cola. >>
<< Subito Signore. >> disse il cameriere.
<< Non mi avevi detto che non eri mai venuto qui? >> chiesi incrociando le braccia.
<< Quindi sei gelosa. >> affermò.
<< No, ti ho detto che non sono gelosa. Mi hai detto tu che non eri mai venuto qui. >> dissi con convinzione.
<< In realtà, non ho detto quello. Ho detto che tu sei la prima che porto qui, non che non ci sono mai venuto. >>
Mi morsi il labbro, aveva ragione.
Le bruschette e le bibite arrivarono poco dopo.
Stavo morendo di fame. Presi una bruschetta e l’addentai con nonchalance. Un po’ d’olio colò sulla mia bocca.
Luca sorrise e prese il mio tovagliolo di stoffa asciugandomi la scolatura. Avrei voluto dirgli che potevo cavarmela benissimo da sola, ma il suo gesto era così dolce che non me la sentivo affatto.
Luca aveva ragione: quelle bruschette erano davvero buone, doveva esserci qualche ingrediente speciale.
Il cameriere tornò per prendere l’ordine delle pizze.
<< I signori sono pronti per ordinare le pizze? >>
<< Tu quale vuoi? >> mi chiese Luca.
<< Una margherita. >>
<< Una margherita per la signora.. >> disse il cameriere appuntandolo sul taccuino.
<< Signorina prego! >> esclamai. L’avevo sentito dire troppe volte nei film. Il mio sogno, ovvero quello di ripetere quella frase, si era avverato.
<< Mi scusi. E per lei? >> chiese rivolgendosi a Luca che aveva appena finito di ridere.
<< Una margherita. >> disse guardandomi.
<< Due margherite per i signori. Arrivano subito. >> disse il cameriere inchinandosi.
<< Signorina prego! >> disse Luca imitando il mio tono di voce.
Io sorrisi sorseggiando un bicchiere di Coca Cola.
<< Mi dai il tuo numero? >> chiese poi.
<< E perché dovrei? >>
<< Ecco il ritorno della ragazza gentile. >> disse affranto.
<< Va bene, dammi il cellulare. >>
Lui me lo porse ed io salvai il mio numero. Poi diedi il mio a Luca e lui fece lo stesso.
Un minuto dopo arrivarono le nostre pizze. Il servizio di quel ristorante era eccellente e soprattutto veloce.
Finito di mangiare, Luca pagò per entrambi ed uscimmo. Lo guardai al chiaro di Luna. I suoi meravigliosi lineamenti, i suoi occhi, la sua mascella pronunciata..
<< Sicura di saper camminare su quei tacchi? >> chiese indicando le mie scarpe.
<< Certo. >>
Purtroppo però inciampai. Luca mi prese in tempo impedendomi di cadere e sussurrando guardandomi negli occhi disse: << Ne sei sicura? >>
Mi raddrizzai in fretta e furia.
<< Credo che sia ora di tornare a casa. >> dissi.
<< Come? Non vuoi farti una nuotatina con me? >> chiese. Sembrava dispiaciuto.
Io sorrisi.
<< Io vado. >>
<< No, aspetta. Ti accompagno io. >> dichiarò.
<< No, posso andare benissimo da sola. Abito qui vicino, ricordi? >>
Lui annuì.
<< Dai, permettimi di accompagnarti.. >>
<< Non preoccuparti, davvero. Grazie per il pensiero. >>
<< Come vuoi tu. >>
<< Ciao e.. grazie per la serata. >> dissi guardandolo.
Lui sorrise. << Figurati, grazie a te. >>
Ricambiai il sorriso e mi diressi verso l’uscita.
Fortunatamente ricordavo la strada, altrimenti sarebbe stato un bel problema. La città era completamente addormentata: l’unico rumore era quello dei miei tacchi sull’asfalto. Presi il cellulare dalla borsa, c’era un messaggio da parte di Sofia.
 
“Come va? Tutto bene? Io sto mangiando i popcorn sul divano, quelli che avremmo dovuto condividere. Raccontami tutto, ti voglio bene.”
 
Rimisi il cellulare in borsa. Quando alzai lo sguardo vidi un’ombra all’angolo della strada. Rabbrividii.
Poi sentii un rumore alle mie spalle. Non avevo nessuna voglia di voltarmi.
Allungai il passo: non vedevo l’ora di arrivare.
Arrivata davanti casa udii un altro rumore: una frenata.
Questa volta mi voltai d’impulso. Vidi un gatto che correva via, un motorino, un ragazzo.. Luca. Feci un sospiro di sollievo: a quell’ora poteva essere chiunque.
Si avvicinò a me.
<< Perché sei qui? >> chiesi.
<< Secondo te avrei lasciato da sola una ragazza di notte? Con tutti i pazzi che girano.. basta che vedono una mini-gonna e bum! Ti saltano addosso. >>
<< Quindi se non avessi indossato una mini-gonna non mi avresti seguita. >>
<< No, hai capito male. Non ti avrei lasciata sola comunque, specialmente al buio poi. Siccome non volevi che ti accompagnassi ho mantenuto le distanze. Poi però ha attraversato la strada quel gatto e.. ho frenato bruscamente. Tu ti sei voltata e mi hai visto. >> disse avvicinandosi ancora.
<< Beh, grazie.. >> dissi senza trovare le parole giuste per ringraziarlo.
<< Sul serio, non ti avrei mai lasciata sola, anche se avessi indossato un sacco di iuta. >> disse avvicinandosi a me e guardandomi negli occhi.
<< Grazie, grazie davvero. >> dissi piena di gratitudine.
Lui sorrise.
<< Ora vado sul serio.. in camera da letto. Vuoi seguirmi anche lì? >> dissi scherzando.
Lui ridacchiò e io.. beh, non so bene per quale motivo.. gli stampai un bacio sulla guancia. Poi corsi in casa. Scostai le tende per vederlo ancora una volta. Si toccava la guancia e sorrideva.
Era stata una bellissima serata e lui si era dimostrato così premuroso e dolce.
Tuttavia, non sapevo spiegarmi cosa fosse quell’ombra che avevo visto tornando a casa. 

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XxX_GiuliaLoveless_XxX Amore mio, grazie davvero per le tue splendide recensioni! *-*
Eccoti il nuovo capitolo, spero davvero che ti piaccia! <3


SetFireToTheRain Awwww nanetta, grazie anche a te per le recensioni! **
Spero ti piaccia il capitolo. Finalmente l'ho pubblicato, dopo tutti i miei spoiler insignificanti. ahahahah! <3


Elena Rpattz Oh, ringrazio anche te! **
Ecco il nuovo capitolo, spero ti piaccia!<3

Marika95
 
Eh sì, si trovano sempre negli stessi posti, che coincidenza! **
Spero ti piaccia anche questo! **

Silvia_93
 Grazie anche a te! Ed ecco la pizza! xD

Spero ti piaccia anche questo capitolo.<3

GraceWriters Grazie anche a te per la piccola recensione che Efp mi manda per messaggio visto che è breve. 
Spero ti piaccia il nuovo capitolo!<3

 



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Capitolo 8
*** Gavettoni. ***


Awww, ma che belle recensioni che mi lasciate! Mi fate commuovere, sul serio! :')
Eccovi l'ottavo capitolo, spero che vi piaccia. Ci vediamo in fondo con la risposta alle vostre recensioni! <3
Vi consiglio di leggere prima il capitolo e poi le risposte alle recensioni, visto che potrebbero contenere spoiler : 3

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Finalmente arrivò l’ultimo giorno di scuola. Come sempre, la tradizione dei gavettoni venne onorata. Ma “ultimo giorno di scuola” non significava soltanto gavettoni, professori arrivederci a Settembre, niente verifiche o interrogazioni. Significava anche “mega-festa a casa di quello sfigato di Corsetti”. Ogni occasione era buona per far festa. Se ci fossi andata quell’anno, sarebbe stata la mia prima festa dell’ultimo giorno di scuola a casa di Corsetti. Non avevo nessuna voglia di andarci, avrei preferito nettamente affittare un film e vedermelo comodamente in poltrona. Ovviamente però Sofia avrebbe cercato di convincermi e io alla fine avrei ceduto.
L’ultima ora di lezione passò lentamente e non facevo altro che guardare il cellulare per controllare l’ora, o più discretamente, controllare l’orologio. Sofia mi lanciava occhiatine eloquenti: non avevo ancora raccontato nulla a Sofia dell’appuntamento. O meglio: non le avevo risposto al messaggio e ogni volta che provava a chiedermi qualcosa, io cambiavo argomento. In realtà non avrei dovuto preoccuparmi: non c’era nulla da raccontare se non che.. ero stata davvero bene in sua compagnia. Mi sarebbe davvero piaciuto uscire di nuovo con lui ma.. inutile dire che ero troppo orgogliosa e non avrei mai fatto il primo passo. Mordicchiai la penna con foga, in attesa che quei stramaledetti ultimi 5 minuti passassero presto. Nessuno prestava attenzione alla professoressa di storia che cercava invano di indurci a studiare durante quei tre mesi, altrimenti avremmo dimenticato tutto. Tutti pensavano al mare, alla piscina, ai gelati, alle granite, alle feste, all’andare a dormire tardi e svegliarsi all’ora di pranzo.
Quando finalmente la campanella squillò, tutti urlarono di gioia e si catapultarono fuori dalle aule, in perfetto stile “High school musical”. Cercai di fuggire prima che Sofia mi raggiungesse.
Ma lei sapeva individuarmi anche in una folla di milioni di persone e mi raggiunse in pochissimo tempo.
<< Mi stai evitando? >> chiese sorridendo e incrociando le braccia al petto.
<< Io? No, affatto. Cercavo di correre per evitare i gavettoni. >> mi giustificai.
<< Attenta perché sta per arrivartene uno dritto in.. >>
Non concluse la frase, perché un palloncino pieno d’acqua mi prese in pieno.
<< ..faccia. >>
Guardai in faccia il mio “nemico”.
Avvolto da un paio di jeans ed una t-shirt nera che metteva in risalto i suoi muscoli delle braccia, c’era Luca.
Rimasi a bocca aperta per un po’.
<< Questa è guerra. Sofia, mi passi la tua bottiglietta d’acqua? >> chiesi rivolgendomi verso di lei.
<< Sì ma.. io ho sete. >>
<< Berrai a casa. >> dissi inarcando le sopracciglia e strappandole di mano la bottiglia.
Luca scappò ed io mi lanciai in un lunghissimo inseguimento.
<< Aspetta, devi raccontarmi.. >> urlò Sofia.
Io la zittii con un gesto e la sentii mentre borbottava: << Fantastico, ora non ho neanche la mia arma. >>
Corsi a perdifiato verso Luca il quale rideva a più non posso.
All’improvviso, lo persi di vista. Mi guardai intorno circospetta. Dove poteva essersi nascosto?
Feci qualche passo cercando di individuarlo ma niente.
Poi un altro gavettone mi colpì alle spalle. Mi voltai di scatto.
Come diavolo aveva fatto..?
<< Amo vederti bagnata. >> disse sussurrando.
<< E io odio vederti. >> affermai decisa, con i capelli gocciolanti.
<< Così mi offendi. >> disse fingendosi offeso e si mise le mani tra i capelli.
Velocemente, gli tirai contro tutta l’acqua della bottiglietta di Sofia e sorrisi per la mia vendetta. Lui mi fissò e io ricambiai, senza staccare gli occhi dai suoi.
<< Non si scherza con il fuoco. >> disse incrociando le braccia.
<< Ah sì? Mi dispiace, già fatto. >>
Lui sorrise e in un attimo mi prese in braccio.
Urlai. << Mettimi giù! Che stai facendo? Dove vuoi portarmi? >>
<< E smettila con il terzo grado. >> esclamò lui.
<< Guarda che se hai intenzione di buttarmi in una piscina, resterai molto deluso. Qui non ci sono piscine adibite ai tuoi comodi e alle tue intenzioni, mio caro. >>
<< Hai ragione.. >>
Sorrisi pregustando la mia vittoria.
<< ..sinceramente però.. preferisco fare di meglio. >> disse allungando il passo.
Mi guardai intorno disorientata, cercando di capire dov’era diretto. Davanti a noi c’era la piazza, ancora più giù la fontana centrale, ancora più giù..
La fontana. Rabbrividii. Non vorrà mica..?
<< Un momento. Non avrai intenzione di.. >>
<< Gettarti nella fontana? >> chiese.
Spalancai la bocca in seguito al suo sorriso beffardo.
<< E’ proprio quello che farò. >>
<< Non puoi farlo.. >> dissi supplicando.
<< Non posso? Non temere, non sarai da sola. >>
Guardai verso la fontana. Ci stavamo avvicinando pericolosamente. Tre metri. Due metri. Un metro..
Alzò una gamba ed entrò, tenendomi in braccio. L’acqua era tiepida. Gli spruzzi ci bagnarono completamente. Lui mi lasciò cadere e bevvi un po’ d’acqua. Tossii e lui mi diede lievi pacche sulla schiena. Sotto gli sguardi allibiti delle persone, cominciai a tirargli contro più acqua possibile. Lui ovviamente fece lo stesso. Poi m’inseguì per tutta la circonferenza della fontana e io ridevo, ridevo, ridevo. Credo che quello sia stato uno dei più bei giorni passati insieme a lui.
Ad un tratto gli chiesi: << Come mai ami tanti buttarmi nell’acqua? >>
<< Perché sono un pesce e voglio farti conoscere il regno dei pesci. >> disse serio.
Io scoppiai a ridere. << No, tu sei un idiota. >>
Purtroppo però quel momento terminò con l’arrivo di un vigile.
Ci costrinse ad uscire e ci disse che per quella volta sarebbe stato clemente con noi, visto che sapeva bene cosa voleva dire “felicità da ultimo giorno di scuola”. Tirammo un sospiro di sollievo.
Luca mi riaccompagnò a casa. Eravamo in condizioni pietose.
<< Ci vediamo stasera da Corsetti. >> disse, come se fosse scontato il fatto che avrei partecipato alla festa.
<< Così mi butti nella piscina? >> ironizzai.
<< No, stasera no, te lo prometto. Ma solo se vieni, altrimenti vengo a casa tua mentre dormi, ti prendo e ti butto in mare dallo scoglio più alto. >>
<< Allora vengo. >> dissi sorridendo.
<< Ci sarà da ridere con “Obbligo e verità” >> disse facendo l’occhiolino.
Avevo una paura enorme di quel gioco!
<< A stasera. >>
Sorrisi.
Entrai in casa e trovai mia madre seduta sul divano.
<< Oh santo cielo, cosa ti è successo? >> disse avvicinandosi.
<< Sto bene. >>
<< Non si direbbe. Hai bisogno di una doccia. Com’è andato l’ultimo giorno di scuola? >> chiese.
<< Alla grande. >>
<< Sei di poche parole! Ho preparato un po’ di pasta, quella che ti piace tanto.. >> disse dolcemente.
<< Non ho fame. >>
<< E invece dovresti mangiare qualcosa. Dai, fatti una doccia. Ti aspetto in cucina. >>
Scossi il capo decisa.
<< Per favore Chiara. Dammi un’altra possibilità, ho bisogno di parlare con te. >> disse quasi implorandomi.
<< E va bene. Vado a farmi una doccia, scendo, mangio, vado da Sofia, vado alla festa e poi ritorno. Hai aspettato tanto prima di intraprendere un discorso serio con me, magari non ti pesa aspettare un altro giorno. >>
<< Va bene, aspetterò. Ti voglio bene. >>
<< Sì, certo. >> borbottai.
Mi diressi verso il bagno, feci la doccia e scesi in cucina, come promesso. Mangiammo in silenzio, anche se lei cercava a tutti i costi di iniziare una conversazione.
Corsi a vestirmi e poi andai da Sofia. Volevo dedicarle un po’ di tempo, le avrei concesso di “vestirmi” e le avrei detto ciò che voleva sapere (tenendo conto del mio orgoglio, ovviamente).        

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lilly 67 Già, per renderlo "così" dolce, mi sto ispirando ad un ragazzo.. :')
Sono contenta che la storia ti piaccia! : 3


XxX_GiuliaLoveless_XxX
 Amore mio! :') Ho creato il personaggio di Chiara mettendo "nel pentolone" pochissima autostima, tanto orgoglio e un pizzico d'acidità. Per questo non crede di piacere a Luca! (: Ma si scioglierà con il tempo, vedrai u.u ahahahaha! L'omrba che spaventa la gente xD Spero che questo capitolino ti sia piaciuto, un bacione. <3

SetFireToTheRain
 E va bene, folletto u.u 
ahahahahah! Preparati ad una nuova serie di insulsi spoiler. Ce ne saranno altri. :'D Awww, sono davvero contenta che apprezzi il mio modo di scrivere. Io scrivo per passione, non credo di essere brava però.. ti ringrazio. :') Anche tu con l'ombra. Giulia ha addirittura paura. ahahahha! :') Un bacione! <3

Silvia_93
 Naaah, non devi affatto scusarti cara. ahahhaha! Anche tu con il dubbio dell'ombra.. LOL. Oh, e io sono davvero contenta che ti piaccia. Spero che tu possa apprezzare anche questo nuovissimo capitolo! Un bacione anche a te! <3

Marika95 Dooolce. : 3 Oh sì, vorrei conoscere anch'io qualcuno come lui. ** ahahhaa! Già, non volevo "forzare" troppo la storia, altrimenti si sarebbe svolta al 99% in acqua e al restante 1% sulla terraferma xD Però, in questo ottavo capitolo, Chiara si ritroverà ancora bagnata xD Un'altra lettrice preoccupata per l'ombra. Spiegherò tutto nei prossimi capitoli. Grazie anche a te, un bacione! : 3

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RAGAZZE! Mi scuso. Non capisco perchè alcune risposte alle recensioni sono scritte più grandi delle altre! °-° Perciò, mi scuso una seconda volta ma EFP fa tutto da solo ç__ç

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Capitolo 9
*** Scommesse. ***


Ed eccovi un nuovissimo capitolo! (:
Spero vi piaccia e scusate per il ritardo. Per farmi perdonare, l'ho fatto un po' più lungo! :33
In fondo troverete le risposte alle vostre recensioni! (:
Buona lettura! (:

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<< Finalmente sei qui! >> urlò Sofia trascinandomi dentro casa sua.
Indossava una camicia da notte bianca e delle pantofole rosa.
<< Eh già, eccomi. >>
<< Dovresti raccontarmi un bel po’ di cose tu, eh! >> esclamò gettandosi sul divano.
Seguii il suo esempio: a casa sua mi sentivo sempre a mio agio, era una seconda casa per me.
<< Mia madre mi ha chiesto di parlare. >> affermai stringendo un cuscino.
Sofia si fece subito attenta e mi guardò negli occhi.
<< Ti ha accennato qualcosa? >> chiese cauta inarcando le sopracciglia.
<< Mi ha detto che.. vorrebbe un’altra possibilità. >>
<< E tu? Sei disposta a concedergliela? >> chiese spostando una ciocca di capelli biondi dal viso.
<< Beh.. vorrei ascoltare cos’ha da dirmi.. >>
<< Se posso darti un consiglio: dalle una seconda possibilità. E’ tua madre. >> disse accarezzandomi con dolcezza il volto.
Le sorrisi e annuii.
<< Come mai mi evitavi a scuola? >> chiese poco dopo.
Non sapevo cosa risponderle.
<< A dir la verità non lo facevo di proposito.. era un periodo strano. >> mentii. Dire una bugia alla mia migliore amica era una cosa orribile e ne ero consapevole. Il punto era che non sapevo nemmeno io qual’era il motivo.
<< Capisco. Adesso voglio sapere ogni dettaglio sull’appuntamento! >> disse ridendo.
Io le sorrisi.
<< Siamo stati bene. >>
<< Accidenti che entusiasmo! Mi hai raccontato proprio tutto, eh.. >> esclamò fingendosi offesa.
<< E va bene. Mi è venuto a prendere e mi ha portata in un bellissimo ristorante al centro, ha prenotato una stanza privata solo per noi, abbiamo mangiato, ha pagato, gli ho detto che sarei tornata da sola a casa, l’ho salutato e.. e poi me lo sono ritrovato dietro. Mi ha detto che non mi avrebbe mai lasciata tornare sola a casa, soprattutto perché era buio. >>
Mentre parlavo, non mi accorsi che Sofia aveva gli occhi a cuoricino.
<< Ma è.. fantastico! >> disse con le lacrime agli occhi.
Era sempre stata una romanticona.
<< Rilassati, non è successo niente di che! >> dissi io.
<< Ma come? Ti rendi conto? Ti ha seguita per accertarsi che fossi tornata sana e salva a casa! Ti ha dimostrato di tenere davvero a te! >> urlò.
<< Ehmm.. va bene, va bene. Comunque sapevo benissimo badare a me stessa. >> dissi incrociando le braccia e fingendo indifferenza nei confronti del gesto di Luca. In realtà, mi veniva da piangere solo a pensarci. Non molti avrebbero fatto quello che lui ha fatto per me.
<< Smettila, sei cattiva! >> disse e scoppiammo a ridere.
<< E poi è davvero bello.. >> continuò.
Oh sì, era meraviglioso! Sicuramente arrossii perché Sofia mi guardò stranamente.
<< Ti piace, eh? >>
Alzai la testa di scatto.
<< Io? Ehm, ma che dici? Dovresti saperlo che.. non blaterare cose senza senso.. Dobbiamo prepararci per la festa di stasera! >> gridai alzandomi velocemente dal divano.
<< Va bene, va bene, ma calmati! >>
<< Sono calma. >>
<< Sì vede.. vuoi qualche patatina? >> chiese.
<< Sì, ho un po’ di fame sinceramente. >>
<< Perfetto. Patatine, coca-cola e cioccolata per te. Yogurt magro per me. >> disse dirigendosi verso il frigorifero.
Le lanciai un’occhiataccia. << Yogurt magro? No, tu mangerai quello che mangio io. Smettila di pensare alla dieta: sei perfetta. >>
Lei scoppiò a ridere e annuì.
<< Dov’è tua madre? >>
<< E’ al lavoro! Abbiamo la casa tutta per noi! >> disse abbracciandomi.
Io ricambiai la stretta sorridendo.
<< Mi sei mancata da morire! >>
<< Anche tu, Sofi! >> dissi.
Qualche abbraccio e patatina più in là, ci ritrovammo nella sua stanza per decidere cos’avremmo indossato. Mi sentii un po’ in colpa: avevamo lasciato la stanza in condizioni a dir poco pietose. Scelsi un paio di leggins lucidi e una maglietta argentata con le maniche lunghe fino al gomito e “a pipistrello” ai quali abbinai un paio di scarpe argentate con il tacco non molto alto e vari accessori argentati e neri. Poi Sofia mi portò in bagno per truccarmi.
<< Ti ci vedo bene con Luca, però. >> affermò passandomi un velo di cipria.
La fulminai con lo sguardo e cambiai argomento in tempo record.
<< Tu piuttosto? Hai rivisto Giorgio? >> chiesi.
<< Non penso più a lui, ormai. >> disse con disinvoltura passandomi la piastra.
<< E da quando? >> esclamai spalancando gli occhi.
<< E’ un bastardo e poi se non gli piaccio, non gli piaccio. Invece Matteo sembra molto interessato a me.. >>
<< Beh, in ogni caso, Giorgio non sa cosa si perde! Matteo? Mm.. ho notato! Ha un modo di guardarti.. >>
<< Tenero, vero? >>
<< Esatto. Siete usciti? >>
<< Ancora no, ma domani mi porta al cinema. >> disse Sofia con gli occhi che le brillavano.
<< Sono davvero contenta per te. >>
<< Grazie. Adesso devo trovare qualcosa per me.. >>
Alla fine scelse un vestito fucsia molto aderente. Le arricciai i capelli con la piastra per i boccoli e la truccai.
L’armadio di Sofia era pieno di vestiti: questo perché la madre viaggiava molto e le riportava abiti da ogni angolo del mondo.  
Una volta arrivate davanti alla casa di Corsetti, ci accorgemmo che, ovviamente, era esageratamente addobbata: sembrava uscita da una di quelle feste stratosferiche nei film. Era tutto illuminato, c’erano tavoli per i buffet e – notai – alcuni ragazzi si stavano facendo il bagno nella piscina. Uno di loro era Corsetti. Il gruppo era formato da dodici ragazzi; il resto degli invitati chiacchierava o ballava a ritmo di musica. Altri mangiavano, altri ancora sedevano sul prato e chiacchieravano allegramente. Ci avvicinammo alla piscina e vidi un ragazzo in apnea. Appena riemerse scosse il capo per scostare i capelli disordinati che gli coprivano gli occhi, in puro stile “pubblicità in tv”.  Si passò una mano tra i capelli, si voltò verso di me ed urlò il mio nome.
Dove avrei potuto trovarlo se non dentro l’acqua?
Era difficile distinguere i suoi occhi dal colore dell’acqua cristallina della piscina. Mi sorrise dolcemente e si avvicinò alla scaletta per uscire.
Osservai ancora una volta il suo fisico perfettamente scolpito che si avvicinava a me.
<< Ciao Chiara. >> disse.
<< Ciao. >> risposi.
<< Alla fine sei venuta: avevi paura della mia minaccia, non è così? >>
<< Certo, senz’altro per quello. >> ironizzai.
<< Vado a cambiarmi. Ci vediamo in giro! >> esclamò facendomi l’occhiolino e allontanandosi. Seguii i suoi movimenti con lo sguardo.
Intanto Sofia (mi ero dimenticata di lei in quel momento) sussurrava: << Cotta, cotta, cotta, cotta, cotta, cotta.. >> 
Le diedi un colpetto sulla spalla e lei scoppiò a ridere. Mi avvicinai ai tavoli con le bevande per prendere qualcosa da bere quando qualcuno poggiò la sua mano sulla spalla. Luca?
No, Lorenzo.
<< Ciao! >> disse sorridendo.
Guardai i suoi occhi castani e solo allora mi accorsi di quanto fosse carino. Tuttavia, chi gli aveva concesso tutta quella confidenza? In fondo non avevo mai parlato con lui.
<< Ciao. >> risposi accennando un sorriso.
<< Sei davvero carina. >> disse incrociando le braccia e guardandomi da capo a piedi.
Lo ringraziai con lo sguardo.
<< Sono venuto per offrirti da bere.. >>
<< Sono venuta qui per questo. Grazie per il pensiero. >> tagliai corto voltandomi verso il tavolo.
<< Oh, cercavo solo di essere gentile. Posso versarti qualcosa? >> chiese.
Lo accontentai.
<< Un bicchiere di Coca Cola, grazie. >>
<< Non abituarti, però. Non sono un barista. >> disse sorridendomi e mostrando i suoi denti perfetti.
Poco dopo mi porse il bicchiere e cominciai a sorseggiare la mia bibita fresca.
<< Magari potremmo diventare amici. >> continuò.
<< Già. >>
<< Non sembri molto entusiasta! >> esclamò avvicinandosi al mio viso. Avvicinandosi troppo al mio viso.
Deglutii.
<< Che succede qui? >> chiese Luca avvicinandosi fissando Lorenzo. Indossava una t-shirt bianca e dei pantaloni al ginocchio neri.
<< Niente di che, le ho offerto da bere. >> disse lui di rimando, allontanandosi.
<< Beh, se Chiara è d’accordo, vorrei portarla un po’ in giro. >> disse facendomi l’occhiolino.
Io acconsentii e lo seguii salutando Lorenzo con lo sguardo.
<< Da quanto tempo lo conosci? >> chiesi.
<< Da tutta la vita. >> rispose ridendo. Il suo sorriso non aveva niente a che vedere con quello di Lorenzo. Nonostante fossero entrambi bei ragazzi, Luca era un Dio greco, a confronto.
<< Siete molto amici? >>
<< Perché? Vuoi provarci? >> chiese con un pizzico di gelosia nella voce.
<< Nono, chiedevo solamente. >>
Lui sorrise.
<< Comunque sì, diciamo che è il mio migliore amico. >>
<< Capisco. >>
<< Entriamo? Fra poco inizia il gioco.. >> disse.
Annuii ed entrammo.
La gran parte delle persone era seduta sul pavimento in attesa che Corsetti dettasse le regole. Mi avvicinai a Sofia mentre Luca andò dai suoi amici.
<< Ed eccoci riuniti per uno degli eventi annuali a casa Corsetti! Si gioca a “Obbligo e Verità!”. Le mie cameriere hanno preparato tanti bigliettini quanti siete voi, ciascuno con un nome. Pescherò un bigliettino e, la persona estratta, potrà scegliere un ragazzo o una ragazza al quale porre la fatidica domanda “Obbligo o verità?”. Siccome volevo rendere più entusiasmante il gioco, ho aggiunto un’altra opzione. Rullo di tamburi! L’opzione è “Scommessa”. Se il sorteggiato vorrà fare una scommessa, potrà farlo senza il consenso di nessuno! Per esempio “Scommetto che Giulia non si tufferebbe mai in piscina con il suo vestito nuovo”. La Giulia in questione, potrà decidere se farlo o no. Se decide di farlo, si aggiudicherà il titolo di “coraggiosa”. Altrimenti.. no. Avete capito tutti? >> disse Corsetti.
Tutti dissero di sì. Sinceramente, ero un po’ preoccupata.
Corsetti estrasse uno dei bigliettini preparati dalle cameriere (ovviamente per lui era TANTO piegare dei fogli e scrivere dei nomi).
<< Gianluca Astolfi! >>
Gianluca si alzò e ridacchiò. Fece la domanda ad una sua amica che scelse obbligo.
Andò avanti così per tre o quattro volte, finché Corsetti non chiamò un altro nome.
<< Lorenzo Giudici! >>
Lorenzo si alzò in piedi.
<< Bene, è il mio turno. Sapete.. qui vicino a me, c’è un ragazzo completamente innamorato. >> disse indicando Luca.
Luca sgranò gli occhi e lo fissò. << Che stai dicendo? >>
<< Fammi finire. – lo zittì – Dicevo.. questo ragazzo di nome Luca, è completamente innamorato di quella ragazza laggiù. - urlò indicandomi – Solo che non ha neanche il coraggio di baciarla. >>
Arrossii violentemente. Era ubriaco sicuramente.
<< Perciò.. scommetto che non riuscirebbe mai ad andare lì e a baciarla! >>
<< Wow, interessante.. >> disse Corsetti.
Io rimasi a bocca aperta. Mi voltai verso Sofia e lei sgranò gli occhi.
Luca non lo farebbe mai, Luca è diverso da tutti gli altri, Luca non lo farebbe mai, Luca non..
Mi girai per un secondo e Luca era lì, proprio davanti a me.
Guardò prima i miei occhi, poi la mia bocca..
Prima che potessi dire qualcosa lui di abbassò velocemente verso di me e le sue labbra raggiunsero le mie. Nonostante avessi la voglia di spaccargli la faccia, non riuscivo a staccarmi dalle sue labbra. Eravamo come due calamite. Il bacio si fece più intenso e carico di passione.
Poi raccolsi il mio ultimo briciolo di lucidità e mi scansai bruscamente, ansimando.
Lo guardai negli occhi e poi gli diedi uno schiaffo talmente forte che fu costretto a voltarsi.
Uscii di corsa da quella maledetta casa, correndo, piangendo, inciampando nei miei piedi. Sentii Luca correre dietro di me.
<< Aspetta, no, non andartene! >> urlò.
Ovviamente non lo ascoltai, correvo a più non posso diretta verso casa.
No, lui non è diverso.. lui è come tutti gli altri. 

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XxX_GiuliaLoveless_XxX Ovviamente, un "grazie per tutte le tue meravigliose recensioni" risulterebbe monotono e ripetitivo. Ma ti ringrazio davvero, ti voglio bene. <3

 Silvia_93 Ciaaaao bellissima! (: ahahahah! beh, Luca è davvero un bel ragazzo *-*
Spero ti piaccia anche questo capitolo, un bacio. <3


luna_blu Ti ringrazio :')
Lo dico sempre: non mi reputo affatto brava, ma scrivere è una delle mie più grandi passioni, perciò ci provo. (:

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Scusate ancora per la scrittura delle risposte alle recensioni ma Efp fa tutto da solo a volte e non riesco a metterla uguale per tutti ç_ç

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Capitolo 10
*** Il frullato. ***


Ed ecco finalmente il decimo capitolo! (:
Scusate l'attesa ma ho avuto moooolti impegni scolastici D:
(5 ore a studiare storia non è una cosa così piacevole.)
Spero che il capitolo vi piaccia. <3
Aspetto vostre recensioni e.. ci vediamo in fondo con le risposte alle recensioni <3
Buona lettura! **

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Quando mi svegliai mi resi conto che avevo dormito con i vestiti della sera prima. La prima cosa che feci fu guardarmi allo specchio e il riflesso non era dei migliori: al posto dei capelli avevo un cespuglio, avevo la matita colata sul viso e gli occhi gonfi e rossi per il troppo piangere. Decisi di farmi una doccia: ne avevo davvero bisogno. Lasciai che il calore mi avvolgesse e mi sedetti proprio sotto il getto dell’acqua. Rimasi lì per un’infinità di tempo, finché mia madre, preoccupata, non venne a chiamarmi. Mi alzai di scatto.
<< Chiara? Tutto bene? >> chiese.
<< No mamma, sono morta affogata. >> dissi nervosamente. Volevo rilassarmi per una giornata intera, non potevo?
<< Volevo solo dirti che il pranzo è pronto. Ti ricordi? Dobbiamo parlare. Sofia ti ha cercata parecchie volte mentre dormivi. >> disse sporgendosi dalla porta del bagno. Era già ora di pranzo?
<< Sì, mi ricordo. Fra poco scendo. >> dissi.
<< Ti aspetto. >>
Chiusi l’acqua e presi l’accappatoio avvolgendolo intorno al corpo. Con quel caldo, non avevo nessuna voglia di accendere il phon, così decisi di lasciare asciugare i capelli da soli. Scesi in accappatoio con tutti i capelli gocciolanti. Mia madre aveva apparecchiato e dalla cucina seguiva una puntata di un telefilm.
<< Com’è andata ieri sera? >> chiese guardandomi.
<< Bene. >> mentii.
<< Ti va di parlarne? >> chiese avvicinandosi e spostandomi una ciocca di capelli bagnati dal volto. Uno dei pochi gesti materni che mi aveva riservato.
<< Sinceramente no. Non dovevamo parlare di “seconde possibilità”? >> chiesi allontanandomi e dirigendomi verso il tavolo apparecchiato.
<< Hai ragione. Spengo la tv, così staremo più tranquille. >>
Mi sedetti e cominciai a mangiare gli spaghetti che aveva preparato.
<< Allora. Per prima cosa volevo chiederti scusa. >> disse guardandomi.
La fissai a mia volta, smettendo di mangiare. Mi chiedeva scusa?
Incuriosita, lasciai cadere la forchetta nel piatto.
<< Quando tuo padre se n’è andato.. >> disse e io rabbrividii. Non avevamo mai parlato così apertamente di lui.
<< ..mi si è spezzato il cuore. Non puoi neanche lontanamente immaginare come mi sono sentita. Credevo di aver trovato l’uomo della mia vita, anzi, sapevo di averlo trovato! Mi fidavo di lui, eravamo la coppia perfetta. Quando ho saputo di essere incinta, non vedevo l’ora di dirglielo per condividere con lui la mia felicità. Ma lui non si fece più vedere, scappò. Rinunciò alle sue responsabilità come padre, lasciandomi sola con te. Non sono stata in grado di essere una madre presente per te, non ci sono stata quando ne avevi bisogno. Questo perché mi sono sentita buttata fuori, umiliata.. Così ho deciso di puntare tutto sulla mia carriera, sul mio lavoro.. sacrificando la cosa che mi è più cara al mondo.. te. Me ne sono pentita e ancora me ne pento. >>
I miei occhi si riempirono di lacrime già dalla prima parola.
<< Ti chiedo di perdonarmi e ti chiedo un po’ di comprensione. Vorrei rimediare offrendoti tutto l’aiuto possibile nelle tue scelte future e nei tuoi problemi. Mi sembra il minimo. Non voglio che mia figlia, oltre a non avere una figura paterna, non abbia neanche un riferimento materno. >>
La guardai negli occhi e vidi che anche lei stava piangendo. Una delle cose più brutte al mondo è vedere la propria madre piangere: tutti noi vorremmo che la donna che ci ha messi al mondo fosse sempre allegra e felice.  
Mi alzai e l’abbracciai con tutta la mia energia. Lei, incredula, ricambiò la stretta.
<< Scusami.. >> disse ancora.
Io sorrisi tra le lacrime, contenta di aver recuperato il rapporto madre-figlia che avevo sempre desiderato.
<< Ti voglio bene, piccola mia. >>
<< Per me.. sarà difficile.. ci vorrà del tempo.. >> dissi balbettando.
<< Tutto il tempo che vuoi. >>
Restammo abbracciate per molto tempo. Volevo godermi ogni secondo di quell’abbraccio, volevo assaporarlo perché non sapevo quando ce ne sarebbe stato un altro.
Poi il mio cellulare squillò e io mi precipitai per rispondere.
<< CHIARA! Pretendo delle spiegazioni. >> urlò Sofia dall’altro lato del telefono.
<< Hai vissuto in diretta la scena.. cos’altro vuoi sapere? >> chiesi singhiozzando, ancora emozionata per quello che era avvenuto pochi istanti prima.
<< Un momento.. TU stai piangendo! Racconta! >>
Alzai gli occhi al cielo. Perché doveva urlare in quel modo? Avevo le orecchie perfettamente funzionanti.
<< Ora non posso. >>
<< Come sarebbe a dire? >> chiese rompendomi un timpano.
<< Un’altra volta.. >>
<< Senti. E’ iniziata la festa in città. Ci vediamo alle 18 davanti al nostro bar. >> disse attaccando.
Sbuffai e mia madre mi guardò.
<< Che succede? >>
<< Sofia vuole sapere cos’è successo.. Mi ha chiesto di uscire con lei oggi. >>
Lei annuì.
<< Ti da fastidio se metto un po’ di musica in camera? >> chiesi gentilmente.
<< No, certo che no.. >>
Sorrisi.
Mi diressi verso la mia camera e accessi lo stereo a tutto volume. Mi buttai sul letto ancora con l’accappatoio e i capelli mezzi bagnati, strinsi il cuscino a me e pian piano, cominciai a piangere ancora. Pensavo a ciò che era successo la sera prima, a quel bacio dato per una scommessa, non per vero amore. Pensavo a quando potessi essere stupida da credere che Luca fosse diverso. Pensavo a quanto avevo desiderato un bacio romantico, pieno d’amore. Pensavo alla mia incapacità di agire quando avevo ricambiato il bacio. Pensavo allo schiaffo. E poi pensavo a lui che mi correva dietro, cercando di spiegarmi (spiegare cosa, poi?). Non riuscivo a pensare ad altro: ogni cosa che mi ricordava di lui causava un’irrefrenabile crisi di lacrime. Tra una lacrima e l’altra, mi addormentai.
Quando mi svegliai erano le 18.30. Sofia mi avrebbe sicuramente uccisa.
Mi vestii in fretta e furia: scelsi un paio di jeans stretti, una t-shirt bianca e una camicia a quadri rossi e bianchi lasciata aperta davanti.  Abbinai al completo un paio di converse rosse, mi pettinai e truccai e poi uscii di casa.
Arrivai all’appuntamento con poco più di un’ora di ritardo. Sofia era furibonda.
<< Pensavo che fossi morta pettinandoti. Magari per sbaglio hai inghiottito un dente del pettine e.. >> disse lei con sarcasmo incrociando le braccia al petto.
<< Sono qui, smettila ora. >> dissi sorridendo leggermente.
<< Scuuuusa. Hai parlato con tua madre? >> mi chiese.
<< Ci sediamo? >> domandai indicando un tavolo libero.
Lei annuì.
<< Ho chiarito con lei. Si è scusata e ora siamo in buoni rapporti. >> affermai.
Lei sgranò gli occhi.
<< Questo è avvenuto nell’arco di una giornata? >> chiese allibita.
<< Sì. Se non ti dispiace, vorrei cambiare argomento. La questione madre-figlia è risolta. >> dissi con un tono un po’ troppo brusco.
<< Come siamo nervosi, oggi. Non hai un bell’aspetto. >> affermò indicandomi. Evidentemente il trucco non aveva coperto abbastanza le occhiaie. Del resto, la matita non serviva a coprire la tristezza dei miei occhi. Gli occhi non mentono mai.
<< Ho uno specchio a casa; ho visto. >> dissi mordicchiandomi le unghie.
<< Ieri sera.. >> cominciò lei ma io la zittii.
<< Non ho voglia di parlarne. >>
<< E di cosa vogliamo parlare? Sono la tua migliore amica, dovresti sfogarti con me. >> disse guardandomi negli occhi.
<< Sì hai ragione. Ma sai che per me è difficile. >>
<< E va bene.. allora dirò qualcosa io sperando di farti sorridere. >> disse.
Sofia era un dono dal cielo: cercava sempre di farmi stare bene.
<< Oggi sono andata al cinema con Matteo. >> disse.
Ah giusto! L’aveva invitata al cinema!
<< Com’è andata? >> chiesi.
<< Molto bene! Cioè.. il film era orribile ma lui è stato davvero gentile con me e mi ha chiesto di uscire stasera. >> disse arrossendo. Matteo le piaceva e si vedeva.
<< Hai accettato? >>
<< Beh, sono una, o sto qui con te oppure sto lì con lui. >> disse inarcando le sopracciglia.
<< Hai rinunciato alla tua serata con Matteo per stare con me? >> chiesi.
<< Esatto. Farei di tutto per te, Chiara. Sai che ti voglio bene. >>
Quella era ufficialmente la giornata dei ti voglio bene. Sorrisi.
<< Sono riuscita a farti ridere! Sì! >> disse esultando ed io scoppiai a ridere.
<< Ti voglio bene anche io. >>
<< Lo so! Guarda lì.. ma quella è mia cugina! Vado a salutarla. >> disse alzandosi.
<< Intanto io vado a prendermi un frullato. >> dissi.
Mi avvicinai al bancone.
<< Cosa desidera? >> chiese la ragazza.
<< Un frullato alla fragola con cioccolato e panna, grazie. >> dissi.
<< Ecco a Lei. Sono 2 euro e 50. Ecco lo scontrino. >>
Pagai e mi voltai automaticamente. Avevo dimenticato l’effetto che mi facevano i suoi occhi così azzurri, la sua mascella pronunciata.. Distolsi lo sguardo fingendo di essergli indifferente e mi diressi verso il tavolo con il mio frullato.
<< Chiara, aspetta.. >> disse lui.
<< Sei uno stalker, per caso? >> chiesi con sarcasmo senza voltarmi. Lui ridacchiò. Gli sembrava il momento di ridere?
<< Ragazza gentile, vorrei spiegarti.. >>
<< Non c’è niente da spiegare. >>
<< Per favore, te lo chiedo per favore, vuoi venire a fare due passi con me? Devo parlarti. >> disse implorandomi.
Alzai gli occhi al cielo e accettai. Sofia avrebbe capito. E poi.. non si poteva dire di no a quegli occhi così magnetici.
Usciti dal bar gli chiesi: << Che c’è? >>
<< Volevo scusarmi.. >>
<< Non accetto le tue scuse. >> conclusi.
<< Accidenti, sei più testarda di me! Mi fai parlare? >> disse. Sbuffai e lo lasciai finire.
<< Voglio scusarmi per quello che è successo ieri sera. Non avrei mai dovuto fare una cosa simile. Mi sento un idiota. >> disse gesticolando.
<< Fai bene perché sei un idiota. >> gli dissi con la testa di lato, guardandolo di sottecchi.
Lui aggrottò le sopracciglia. Non sopportava che qualcuno gli rispondesse a tono (su questo aspetto eravamo decisamente molto simili). Così girò la frittata a suo favore.
<< Però ti è piaciuto.. >> disse incrociando le braccia.
Arrossii e guardai altrove. << Cosa? >>
<< Ti è piaciuto baciarmi, eh? >> ridacchiò.
La mia pazienza aveva un limite e lui l’aveva oltrepassato.
<< Scuse accettate? >> ci riprovò.
<< Senti, ti piace la fragola? >> chiesi infine.
<< Cosa? >> domandò lui.
Con un gesto fulmineo gli rovesciai il frullato in faccia e scoppiai a ridere. Lui spalancò la bocca e cercò di togliersi quel liquido appiccicaticcio dal viso. Lo lasciai lì e tornai al tavolo del bar in attesa che Sofia si rifacesse viva, ma lei parlava ancora con sua cugina ed un gruppo di ragazze accanto a lei. Poi uscii di nuovo. Speravo che Luca se ne fosse andato.
<< Era buono il frullato. Fortunatamente ho trovato un bagno dove potermi lavare. >> disse qualcuno alle mie spalle appoggiato alla porta del bar con le braccia incrociate e perfettamente pulito. Come diavolo..?
Lo squadrai.
<< Ancora tu? Non ti sopporto più! >> urlai.
<< Mi offendi. >>
<< Ben ti sta! Devi lasciarmi in pace, okay? >>
Mi allontanai lasciandolo lì ma lui non aveva afferrato il concetto perché continuava a seguirmi, testardo com’era.
<< Qualcuno ti ha menata? >> chiese lui ad un tratto, indicando le mie occhiaie.
<< Non sono affari tuoi. >>
<< Non hai ancora risposto alla mia domanda.. Ti è piaciuto, vero? >>
<< Vuoi un altro frullato in faccia? >>
<< Non si risponde con un’altra domanda, ho la precedenza. >> disse lui ridendo. L’aveva sempre vinta lui, l’ultima parola doveva essere la sua.
Esausta mi fermai, guardai altrove, fissai un punto davanti a me e, arrabbiata chiesi: << Cosa vuoi ancora? >>
Tutto accadde molto velocemente. Lui afferrò il mio braccio e fui costretta a voltarmi.
<< Voglio te. >>
In un secondo le sue labbra raggiunsero le mie. Finalmente il bacio arrivò. Riuscii a sentire un leggero sapore di fragole sulle sue labbra, cosa che non aiutò molto il mio autocontrollo. Avrei voluto allontanarlo e dargli uno schiaffo perché era troppo spavaldo e sicuro di se. Avrei voluto lasciarlo lì e dimostrarmi forte ma.. forte non ero. Non ne avevo il coraggio. Perché il mio cuore batteva all’impazzata quando lui sfiorò per la prima volta i miei fianchi, quando le nostre lingue s’intrecciarono e quando le mie mani finirono nei suoi capelli. Perché tra quelle braccia muscolose mi sentivo al sicuro e, nonostante fosse tremendamente difficile ammetterlo a me stessa, baciarlo era proprio quello che volevo.

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 SetFireToTheRain ahahahahah, volevi uccidermi davvero u.u Ma non l'hai fatto perché mi ami :')
Graaaazie (anche se io non ci credo. <3 )

 XxX_GiuliaLoveless_XxX Amoooore, come sempre, grazie di cuore. Viva l'ombra! (?) LOL (: Ho aggiunto il particolare della fragola al bacio : 3 

 luna_blu Eccoti l'aggiornamento, spero ti piaccia anche questo (: Grazie**
Marika95 Già, non sei la sola che pensa questo di Lorenzo xD Chissà se in seguito riuscirete ad affezzionarvi a lui (ho mooolti dubbi u.u) L'ombra "tornerà" fra qualche capitolo, non vi preoccupate, presto il mistero sarà svelato : 3

- E adesso spiegatemi perché mi cambia scrittura da solo ç_ç Scusate per l'inconveniente, ma, come vi ho detto, cambia la grandezza DA SOLO D:
Un bacio. <3

 

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Capitolo 11
*** Una splendida giornata. ***


Eccovi il nuovo capitolo, guys! :3
Spero vi piaccia. **
Grazie ancora, di tutto. <3
Domani aggiungo le risposte alle vostre recensioni. Un bacio e buona lettura. :33

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Le sue mani erano ancora sui miei fianchi e mi lasciavano lievi carezze, le sue labbra erano ancora incollate alle mie, le mie mani erano ancora intrecciate fra i suoi capelli e i nostri occhi erano ancora chiusi. Una voce molto familiare mi fece sobbalzare.
<< Che sta succedendo qui? >> chiese Sofia a braccia conserte con le sopracciglia aggrottate.
Di scatto mi allontanai da Luca, ansimante per quel bacio così lungo.
Scossi il capo e guardai Sofia.
<< Niente! >> risposi.
Luca mi guardò spalancando gli occhi e Sofia fece altrettanto.
<< Niente? >> chiesero all’unisono fissandomi.
Io abbassai lo sguardo arrossendo, spostai una ciocca di capelli dal volto e incrociai le braccia al petto mordendomi il labbro inferiore.  
<< Figuriamoci cosa sarebbe accaduto se fosse successo qualcosa.. >> disse Sofia.
Luca, intanto, continuava a fissarmi ferito.
<< Non è successo niente, okay? >> gridai allontanandomi.
<< E ora dove vai? >> chiese Luca.
<< Me ne vado a casa. >>
Affrettai il passo sperando che nessuno mi seguisse, si era già fatto buio. Mi odiavo quando mi comportavo così. Perché dovevo essere così orgogliosa da non riuscire neanche ad ammettere l’evidenza? Perché non sapevo aprirmi e mostrare i miei sentimenti? Sapevo che Sofia non avrebbe mai giudicata. Eppure continuavo a fare la stupida ragazzina che non sa neanche lei cosa vuole. Avevo semplicemente paura di delusioni, paura di soffrire.
Qualcuno mi aveva seguita, invece.
<< Sono decisamente offeso. >> disse.
<< Cosa? >>
<< Hai definito “niente” quello che per ogni ragazza avrebbe significato “bacio da Oscar” >>
Sbuffai stanca del suo umorismo. Lui afferrò il mio braccio destro.
<< Qual è il tuo problema? >> disse tornando serio e guardandomi dritto negli occhi.
Fissai quel meraviglioso colore azzurro e mi ci tuffai.
<< Il problema è.. >> le parole vennero a mancare e, mio malgrado, qualche lacrima accarezzò il mio volto. Mi pentii amaramente, sapevo di essere debole, ma non volevo mostrarlo al mondo. Dentro la facciata da dura, si nascondeva la vera Chiara.
Lui posò le sue mani sulle mie guance.
<< Io non so perché tu sei così particolare, così diversa, così.. strana. Ma questo fa parte di te e, anche se ne avessi la possibilità, non cambierei mai il tuo modo di essere, Chiara. >>
<< Ho paura.. >> ammisi.
<< Non devi averne, non fuggire. >> disse lui, continuando a fissarmi e pian piano si avvicinò alla mia bocca. Prima che si avvicinasse ulteriormente, feci io il primo passo. Aveva tremendamente ragione, non dovevo fuggire. E soprattutto non dovevo fuggire dalle cose che mi facevano stare bene. Allontanarmi da lui che aveva continuato ad essere carino con me nonostante il mio carattere era un atto di autolesionismo. Mi alzai sulle punte e raggiunsi le sue labbra. Lessi lo stupore e la meraviglia nel suo sguardo. Ancora una volta, le mie mani finirono nei suoi capelli così morbidi, come se fossero state create a posta per accarezzarli. Fu un bacio molto più dolce rispetto al primo e decisamente perfetto.
Ad un certo punto, sobbalzai. Una band cominciò a suonare e cantare sul palco lì vicino. Luca mi guardò e sorrise.
<< E’ cominciata la festa.. tutte le sere giostre, crepes, pizza e bancarelle. >>
<< Andiamo a fare una passeggiata? >> proposi.
Lui annuì. M’incamminai verso il palco, con lui al mio fianco. Avvicinò la sua mano alla mia. Quel contatto mi provocò una serie di brividi che mi fecero ritrarre la mano di scatto. Arrossii per la figuraccia. Tutte le prime volte sono emozionanti e danno i brividi, con il tempo ci si abitua, ma non si scorderà mai la scintilla provata quella volta.
<< Mi consenti di fare questo.. >> disse stampandomi un dolce bacio sulle labbra.
<< ..ma non mi consenti di fare questo? >> continuò accarezzandomi la mano e intrecciandola alla mia.
<< E’ una questione d’abitudine.. >> dissi io sorridendo.
Ci ritrovammo a camminare tra la folla mano nella mano sotto gli occhi circospetti degli amici di Luca che ogni tanto ci lanciavano occhiatine eloquenti e sorrisetti.
Ogni tanto lui si voltava verso di me e, quando mi accorgevo di avere i suoi occhi addosso, ricambiavo lo sguardo sorridendo dolcemente. A volte uno sguardo vale molto più di una parola.
<< Perché non saliamo sul tagadà? >> chiese Luca ad un certo punto.
Io lo guardai e annuii.
Si diresse verso la cassa e pagò anche per me. Salimmo sulla giostra e lui, con il braccio mi cinse le spalle.
<< Sei mai salita sul tagadà? >> mi chiese.
<< Sì, qualche volta con Sofia.. >>
<< Ti sei alzata mai in piedi? >>
<< Ehm.. no! >> esclamai.
<< Stasera lo farai. >> disse lui deciso.
<< Cosa? >> urlai e gli altri si voltarono a guardarmi, credendo fossi pazza.
<< Fidati, è fantastico. >> disse lui sorridendo.
Ovviamente, non avevo intenzione di dirgli che avevo una paura tremenda di alzarmi mentre il tagadà saltava di qua e di là, perciò avrei trovato una scusa al momento opportuno.
<< Reggiti.. piccina come sei potresti volare fuori da un momento all’altro. >>
La musica cominciò e il tagadà iniziò a girare ad una velocità impressionante. Io mi reggevo alle sbarre protettive con quanta più forza potevo, lui invece era immobile e non si degnava nemmeno di aggrapparsi a qualche appiglio sicuro.
Dopo pochi minuti, arrivò il momento dei coraggiosi: chi voleva, poteva mettersi al centro del tagadà in piedi mentre la giostra si muoveva.
Luca fece per alzarsi ma io lo bloccai.
<< Sai cosa stai facendo, vero? >>
<< Andiamo Chiara, non sto mica partendo per la guerra. Mi piacerebbe davvero che tu venissi con me. >> disse lui.
Io spalancai la bocca insicura. Lui mi tese la mano invitandomi a raggiungerlo.
I suoi occhi m’ispiravano sicurezza, sapevo che non mi avrebbe mai fatto cadere. Così mi alzai d’impulso, leggermente spaventata. Mi posizionai davanti a Luca che mise le sue mani sui miei fianchi.
<< Fidati di me. >> mi sussurrò ad un orecchio.
Annuii con il cuore a mille.
<< Basta guardare un punto fisso ed il gioco è fatto. >> disse lui.
Il tagadà inizio a saltare ed io seguii il suo consiglio. Continuai a fissare un albero in lontananza e sentivo le sue mani contro di me. Il suo tocco era così protettivo..
Poi il tagadà si fermò e noi scendemmo.
<< Ti è piaciuto? >> chiese lui.
<< Tantissimo, non vedo l’ora di rifarlo. >>
<< Sapevo che avresti risposto così.. >>
<< Mi dai della prevedibile? >> chiesi a braccia conserte, sorridendo.
<< Mai detto in vita mia. >>
Scoppiai a ridere.
<< Per curiosità, cos’hai fissato? >> chiese lui.
Approfittai per farlo ingelosire. Adoravo i ragazzi gelosi al punto giusto.
<< Fissavo un ragazzo in lontananza.. era davvero bello. >>
Luca s’irrigidì e io sghignazzai.
<< Fissavo un albero, in realtà. >>
Lui scoppiò a ridere. << Anche io. >>
<< Davvero? >>
Fece cenno di sì con il capo.
Guardai il mio orologio: si era fatto davvero tardi.
<< Ehm.. io dovrei tornare a casa. >> affermai.
<< Di già? >> chiese lui tristemente.
Annuii.
<< Almeno questa volta mi permetterai di accompagnarti? >> chiese accarezzandomi le braccia.
<< Ma certo che sì! >> esclamai.
Sempre mano nella mano, raggiungemmo il suo motorino. Mi passò il casco e mise in moto. In pochi minuti eravamo davanti casa mia. Avrei voluto che quel “viaggio” fosse durato di più, anche solo per il gusto di stringere Luca..
<< Siamo arrivati.. >>
<< Già.. >> conclusi.
<< Buonanotte.. >> disse lui mettendo a posto il mio casco.
<< Volevo chiederti una cosa: pensi davvero che io sia strana? >> domandai.
<< Certamente. Ma è proprio questo che mi ha attratto sin dal primo momento, sull’autobus. >>
Sorrisi.
<< Beh.. allora buonanotte. >> dissi io.
<< Buonanotte a te! >>
Feci per voltarmi ma lui mi bloccò.
<< Stai dimenticando qualcosa.. >>
Dolcemente mi baciò. Ricambiai il bacio, felice.
<< Sogni d’oro. >> sussurrò.
Intrecciai la mia mano alla sua ancora una volta, poi mi voltai ed entrai in casa. Richiusi la porta e mi sdraiai sul divano ridendo.
E tra me e me pensai: Grazie della meravigliosa giornata, Luca.

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