Toilet Aig Scul (Toilet High School)

di GonnaAScacchi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Abbandonate ogni speranza, oh voi che entrate. - ***
Capitolo 2: *** Bella, la sfigata ***
Capitolo 3: *** Rosalie, la cheerleader ***



Capitolo 1
*** - Abbandonate ogni speranza, oh voi che entrate. - ***


Buongiorno da Cloe! Questo account è tenuto da due persone: me e la mia amica Cassandra.
Spero che vi divertirete a leggere le nostre storie imbecilli, come questa che avete avuto la malaugurata idea di aprire!
Toilet Aig Scull è nata la scorsa estate, dai nostri film mentali sul lungometraggio che ha fatto diventare zombie senza cervello milioni di ragazzine.
Anche noi, le autrici, abbiamo avuto più di una volta a che fare con questo libro ormai film... MA non staremo qui a parlare del ragazzo perfetto dai capelli caramello e della dolce umana con gli occhi da pesce lesso! Noi siamo qui a battere le mani sulla tastiera per raccontare la realtà dei fatti, quello che la Meyer ha tentato di tenere nascosto a noi e ai suoi stessi personaggi.

 

Edward Cullen, il perfettino

 

 

Mi sveglio alle 06:03:38 del mattino. Alzo il busto di novanta  gradi formando un angolo retto; questa posizione è anche chiamate "stare seduti". Quindi pongo i miei arti inferiori giù dal letto con un movimento semicircolare e metto le mie pantofole, poste una a 3,16 cm dall'altra.

Mi alzo e faccio quindici passi e mezzo per arrivare in bagno. Di solito la mattina faccio prima la doccia, poi mi lavo i denti e infine mi vesto.

Ma oggi mi va di fare il ribelle! Quindi lavo i miei trentadue denti, iniziando dai molari. Dopo aver svolto accuratamente la pulizia dei denti, entro dentro la cabina doccia. Uso sempre il bagnoschiuma "Neutro Roberts per pelli sensibili".

Come d'abitudine, insapono prima i piedi ( stando attento a passare il sapone in mezzo alle dite), poi le gambe, le cosce, le parti in cui non batte il sole, il busto, le braccia, le dite e infine le spalle.

Per proteggere dall'acqua i miei magnifici capelli uso la cuffietta che mi regalò mia madre per il mio undicesimo compleanno (che poi per me doveva essere il novantottesimo).

Quindi, con diciassette passi, vado di fronte al mio armadio e tra i miei abiti, posti simmetricamente sul piano delle mensole, scelgo una camicia a maniche corte ecrù, una cravatta rossa e dei pantaloni bigi a vita alta. Le calze sono color "bianco splendente" e le mie scarpe lucide e rosso-nere.

Con quarantasei passi  arrivo in cucina e piegando il braccio e facendolo ruotare a destra e a sinistra, faccio un segno di saluto.

Sedendomi sul mio sgabello di legno di noce, trovo la mia personale tazza cerulea posta a 7,3 cm lontana da me.

Questo non va bene, di solito è a sette centimetri!

Grazie all’aiuto della mia precisione, la metto alla giusta distanza.

Dentro la mia tazza ci sono i piselli che sono solito mangiare ogni mattina.

Con un cucchiaio d’acciaio di dieci centimetri mi appropinquo a prendere tre piselli per boccone, ma non di più, se no potrei strozzarmi e morire.

Dopo la mia lauta colazione, con sessantatre passi, vado in salotto per prendere la mia cartella posta sul divano, a sette millimetri da quella di Jasper.

Quindi mi piego di ottanta gradi e l’afferro. Facendo trecentotre passi mi dirigo verso il garage, aprendo la porta e scendendo quindici scalini.

Ecco la mia panda color magenta, il mio gioiellino! Apro la portiera e mi accomodo al posto del guidatore.

Alla velocità di cinquanta chilometri orari arrivo a scuola e la posteggio simmetricamente nel posto prestabilito.

Poi scendo e mi guardo in giro. Io sono un ragazzo speciale. Infatti sin da quando sono nato come "vampiro" ho avuto una certa deficienza a leggere nel pensiero degli altri, cosa molto comune a tutti, tranne che a me.

Comunque, sono il primo ad arrivare a scuola e vedo un camper, affatto simmetrico, parcheggiato a tre millimetri fuori dallo spazio previsto. Questo non posso accettarlo.

Mi avvicino e lo sposto in maniera precisa, procurando all'automezzo un'ammaccatura profonda tredici centimetri. Cose che capitano. Da questo trabiccolo esce un indiano ignudo che impreca cose su di me, su mia madre e su mia nonna.

Io lo guardo. Tra tre minuti inizia l'ora prima delle lezioni, sarà meglio farmi trovare seduto al mio banco con i libri posti in maniera geometricamente corretta.

Guardo ancora "l'indios" che continua a imprecare e mi allontano contando i miei passi. Devo sapere quanti ne faccio, non posso farne a meno.

Dopo otto minuti e quarantaquattro secondi entro nell'aula e pongo il mio corpo sulla sedia del terzo banco a destra vicino alla finestra.

Aspetto i miei compagni, che poco a poco arrivano.

Ma eccola, a fine lezione di chimica. E' arrivata fradicia, con il fiatone. Indossa un gilet di pelle retrò, una camicia blu con otto bottoni e dei jeans Levis anni Ottanta sporchi di qualcosa. Le scarpe sono infangate. La guardo a distanza di due metri e quaranta. Lei gira la testa di trentasei gradi e mi fissa.

E' bella come un  giglio tigrato sui monti del Kamchatka.

Ma dietro di lei spunta mio padre, il mio incubo, e quindi con la velocità di ottanta chilometri orari esco fuori dall' uscita di sicurezza posta in fonda all'aula a destra. Ho deciso, la amo almeno all'ottanta percento del mio essere.

Presto la mia fuga viene fermata dal mio inseguitore (mio padre) che mi porta a lezione.

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Capitolo 2
*** Bella, la sfigata ***


Bella, la sfigata




Oh, no. È mattina… questo significa che dovrò alzarmi e mi fratturerò certamente qualcosa. Evviva.

Mi chiamo Isabella Swan, Bella per gli amici (sorvoliamo il fatto che non mi capita spesso di dover usare questa parola al plurale) e mi sono recentemente trasferita a Forchette con mia madre Renée.
Forchette è una cittadina sfigata, come me, infatti piove sempre e, quando non piove, grandina. E se non grandina c’è comunque un tempo schifoso. Evviva.
Io e mia madre siamo venute qui perché a Phoenix mi hanno cacciato via da tre licei in due mesi e mezzo. Perché? Perché sono una sfigata, in tutti i sensi. Vi faccio un esempio: nel mio ultimo liceo, la Scimmiotting High School, ho inavvertitamente spinto il preside, che è scivolato su una buccia di banana e si è rotto un braccio. Può capitare, direte voi, non possono certo espellerti per questo!
E invece sì, perché l’incidente si è ripetuto altre tre volte, fino a quando il preside non ha più avuto un solo arto sano; ma la cosa più scioccante è un’altra: è scivolato sempre sulla stessa buccia di banana.
Per colpa mia, s’intende. Perché io sono sfigata.
Ma torniamo a noi: mia madre, una volta arrivate qui, mi ha scaricato a casa di mio padre (sono separati) e si è stabilita in una casetta in cima al picco di una montagna nelle vicinanze di Forchette. Qualcosa mi dice che voglia stare lontana da me. Mia madre è professoressa di letteratura, mentre mio padre è il preside della Toilet High School, il liceo di Forchette, pertanto si spera che almeno lui non mi cacci via.
Do un’occhiata alla sveglia: le 06:03. È il mio primo giorno di scuola e sento che arriverò in ritardo… Mi alzo cautamente dal letto, ma un piede rimane attorcigliato alle lenzuola e quindi cado di pancia sul pavimento. La mia testa sbatte contro lo spigolo del comodino, che si abbatte sulla lampada, che si scontra con la maniglia della porta, che si apre e mi sbatte in faccia, dato che intanto mi ero districata dalle coperte per fermare quella partita a domino. Porto le mani al naso dolorante, ma così facendo non vedo la buccia di banana (che diavolo ci fa una buccia di banana sul pavimento?! Oh, be’…), scivolo su di essa e cado sulla scrivania, dando una manata al computer che vola giù dalla finestra.
Buongiorno, mondo.
Fisso intensamente la finestra, quasi  sperando che il vetro si ripari e il mio computer torni da me, ma niente di tutto ciò accade. Accade invece che, mentre mi dirigo verso il bagno, mi taglia la strada un’iguana (eh?!... No comment) e faccio un salto da ginnasta per lo spavento. Ovviamente il salto mi è quasi fatale, perché volo giù dalle scale, facendomi mezza rampa a mezz’aria e mezza sulla schiena. Non mi lamento, e spero che Charlie (papà) non si sia accorto di nulla. Faccio le scale a gattoni, così da evitare eventuali cadute, ma probabilmente ieri sera qualcuno ha dato la cera, perché le scale sono scivolose; dunque scivolo e sbatto il mio povero naso contro uno scalino. Riesco finalmente a strisciare verso il bagno e apro la porta a testate, perché ho paura di alzarmi in piedi e girare la maniglia. Dopo essermi procurata un’emicrania degna della pubblicità del “Moment” riesco ad entrare in bagno. Mi alzo in piedi, ma inciampo su un coniglio di passaggio (oggi casa mia è uno zoo…), il quale fugge via terrorizzato, mentre io finisco dentro la vasca da bagno, dando una testata al rubinetto che si apre magicamente. Butto via il pigiama, ormai fradicio, fuori dalla vasca e inizio a lavarmi, tentando di fermare il sangue che esce dal mio povero naso, il martire della mattinata. Ovviamente non c’è acqua calda. Evviva.
Esco dalla vasca, controllando attentamente che sul pavimento non ci sia nulla che possa farmi inciampare e/o scivolare. Sembra tutto in ordine. Tiro un sospiro di sollievo, ma in quel preciso istante la tenda della vasca da bagno si stacca e precipita sulla mia testa, coprendomi totalmente la visuale e impedendomi così di vedere la finestra verso la quale mi dirigo ignara, nel tentativo di districarmi dalla tenda. Ringrazio Charlie per aver comprato una casa a due piani.
Mi faccio male, molto male, ma evito di urlare, attirerei tutto il vicinato. Ovviamente fa freddo, un freddo cane, l’erba è umida e soffia un vento gelido.
Mi avvolgo nella tenda plastificata, sperando che nessuno mi veda, ma il mio desiderio non può avverarsi, perché io sono sfigata. Infatti ecco arrivare la banda del paese, seguita da un fotografo che decide graziosamente di scattarmi un paio di istantanee.
Rimango per un po’ a fissare il vuoto e a riflettere sul senso della mia vita, quando un carillon mi colpisce in testa, riportandomi alla realtà.
Mi trascino fino alla porta di casa e suono il campanello. Dopo pochi minuti, Charlie apre e, prima che possa proferire parola, gli infilo il carillon in bocca e mi dirigo verso la mia stanza mugugnando: << Non chiedere >>.
Mi vesto con quello che trovo buttato su una sedia (aprire l’armadio potrebbe farmi perdere un’altra mezz’ora), ovvero con una camicia blu, i miei jeans preferiti e un gilet in pelle che mi ha regalato il mio amico Jacob Black (amico di famiglia, più che altro) e il mio occhio cade per caso sul quadrante della sveglia: le 07:20! Porca miseria!
Afferro le chiavi del pick up e la mia borsa, corro, pardon, cado giù per le scale, mi fiondo fuori dalla porta, con i lamenti dello stomaco che mi fanno da colonna sonora (non ho avuto il tempo di fare colazione!) e mi infilo dentro il veicolo, che, per la mia felicità, non parte.
Sto per chiedere un passaggio a Charlie, quando mi accorgo che la sua macchina non è più in garage. Evviva.
Decido di raggiungere la scuola a piedi, ma inizia a piovere (quando mai…). Non mi sforzo di correre, tanto sarebbe inutile e, mentre vengo schizzata di fango dalle auto, inciampo sulle più disparate forme di vita e vengo colpita da rami in caduta libera, penso che la mia vita fa un poco schifo. 
Arrivo a scuola alle otto. Riesco a trovare l’aula, entrando solo due volte in quella sbagliata, e, non appena apro la porta, lo vedo: è bello, bellissimo. I suoi capelli color caramello brillano di luce propria, la sua pelle d’alabastro contrasta con la cravatta color del sangue. È l’immagine della perfezione ed io della sfiga cosmica. Sento che tra di noi può funzionare. I suoi occhi dorati si posano su di me, ricambiando il mio sguardo colmo di passione, ma poi mi accorgo che non è l’unico a fissarmi: l’intera classe mi guarda stralunata. Ma perché?! Ah, già: sono completamente fradicia e sporca di fango. Evviva.
Eppure, la cosa non mi interessa più di tanto. Io e il mio Adone ci contempliamo per quella che sembra un’eternità, ma ad un tratto la sua espressione da statua greca si tramuta in una smorfia di terrore e, con un fluido movimento da ballerino, si alza e scappa dall’uscita di sicurezza. Sento provenire dal mio cuore un sinistro “crack” e poi mi accorgo che dietro di me c’è il professore che mi squadra con aria leggermente sconcertata.
Evviva. 

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Capitolo 3
*** Rosalie, la cheerleader ***


Prima di iniziare questo capitolo vorremmo rispondere alle vostre recensioni! :)

Essebi: Grazie per averci corrette all'inizio , siamo nuove e non conosciamo bene EPF! Se non ci fossi stata tu avremmo iniziato con il piede sbagliato la nostra FanFiction. Grazie per i complimenti e spero che , con le nostre parole, possiamo riuscire a farti ridere ancora!

Vera1982: Ti ringraziamo per i tuoi commenti così simpatici e solari! :) Quando li abbiamo letti io e la mia socia ci siamo sentite più incoraggiate a continuare a scrivere! Ti prego continua a dirci le tue impressioni...

 

 

Rosalie, la cheerleader

 

 

Salve, mi presento... O forse dovreste presentarvi voi... Come perchè? Perchè io sono una magnifica e luminosa Regina, al contrario di voi.

Il mio nome è molto femminile, ed è Rosalie. Ma potete chiamarmi anche sua Altezza la Regina Splendente della T.H.S. (Toilet High School n.d.a).

Ovviamente, se siete miei pari potete chiamarmi Rosalie o Rose, ma nessuno può permetterselo perchè nessuno è sul mio stesso piano...

C'è solo una persona in questo universo che si avvicina alla mia magnificenza e questa è... Emmettuccio! <3

Emmett è il mio ragazzo, il capitano della squadra di football e un bel macho. Insomma, noi siamo la coppia stereotipata americana... Ma chi se ne frega! Non c'è persona che ama gli stereotipi più della sottoscritta!

Perchè è ovvio che se sei in un liceo americano ci sono diverse etnie che vanno temute o sottomesse: se hai gli occhiali sei un nerd, e io di solito i nerd li faccio buttare nella spazzatura, se ami l'arte sei un alternativo e io non sopporto le loro stranezze, se ti vesti di nero e hai idoli pagani sei un metallaro (e da quelli meglio tenersi alla larga SEMPRE), se sei depresso sei emo e puoi essere schiacciato, se sei eccessivamente colorato e inguardabile nel vestire sei truzzo e se sei bella/o entri nelle cheerleaders / squadra di football e sei il più popolare della scuola.

Non si salva nessuno dalle CATEGORIE.

Poi se ti credi una/o tipa/o “normale” e non ti rivedi in tutto questo... E' molto meglio per te integrarti in una delle CATEGORIE oppure puoi scappare da questa scuola.

Ma io sono una regina magnanima e prometto che nell'essere buttata/o fuori e picchiata/o a sangue non ti saranno toccati i capelli.

PERCHE' SOTTO IL MIO REGIME E' SEVERAMENTE VIETATO SFIORARE I CAPELLI ALLE PERSONE.

Come dite? Ho un problema con l'atto del toccare i capelli? IO?!?

Sì. Lo ammetto. Divento un demonio se mi vengono sfiorati.

Comunque, perchè ho iniziato a scrivere tutto questo...? Ah, sì!

Devo raccontare com’è iniziata PER LA SOTTOSCRITTA la giornata.

Bene. Inizia a letto, come un originale immortale. Perchè sono Rosalie la vampira e da quando sono "nata" Carlisle (mio padre) ci ha costretti a un regime di vita "umano" e, placando i nostri istinti e facendoci ricordare le origini, recitiamo la parte dei finti umani.

Come vi dicevo, mentre ero avvolta nelle mie belle lenzuola di seta porpora, sentii un braccio cingermi la vita. Sorridendo mi girai verso il mio compagno, Emmett.

Dormiva disteso poco elegantemente sul nostro letto, occupando il 90 % dello spazio. Anche durante la notte avevo avvertito qualche fastidio dovuto ai suoi continui calci, ma come potrei mai svegliare il mio unico amore?

Stavo osservando il suo volto buffo mentre masticava il cuscino e lasciava una piccola scia di bava ( praticamente c'era più bava in quel cuscino che in una tana di lumache n.d.a.) quando, poggiando il mio delicato e roseo piedino per terra, esso sprofondò in un cesto pieno di costolette di maiale in salsa piccante.

Ora, secondo voi, di chi poteva essere la colpa?!?

Al diavolo il mio amore profondo per lui! Al diavolo i suoi muscoli scolpiti!

Lo presi per il collo e lo scaraventai sul pavimento in noce, ma la cosa peggiore fu quando lui delicatamente alzò la sua testa ( senza alcun graffio) e disse "Buongiorno, Rosalie cara!".

"Anche se gli uomini divengono immortali rimangono sempre degli IDIOTI!" gli sbraitai in faccia, uscendo più veloce di un siluro dalla stanza.

Mi infilai subito in bagno e guardai la mia faccia allo specchio: la contrazione dovuta alla furia del momento dava al mio viso un’aria orribile.

Una vampira non ha bisogno di trattamenti per il viso o il corpo, in quanto ha una pelle perfetta e un corpo invidiabile... Ma pensate a una vampira che segue regolarmente dei trattamenti di bellezza... 

L'avete fatto? Bene, adesso sapete le mie ragioni. Mentre idratavo la mia pelle con un impacco di menta , entrò Emmett con una faccia da cucciolo bastonato. Senza dire una parola, mise sul lavabo delle margherite gialle in fila e mi guardò con gli occhioni supplicanti.

Ooow!

Gli gettai le braccia al collo, ma  lui prontamente ingurgitò la maschera che mi ero appena spalmata sulla faccia.

A molti sarebbero saltati i nervi, ma è il mio Emmett. Un po’ sciocchino...

Continuai i miei trattamenti per viso, corpo e capelli e, alla fine delle mie "quattro ore di bellezza intensiva mattutina", potei decidere i vestiti.

Per quel giorno decisi un vestiario molto sobrio: Collana Tiffany, Vestito cavalli in pelle marrone, Jimmy Choo rosse, borsa Hermès e infine un Lipstick Dior.

Scesi le scale con grazia e trovai tutto il resto della gentaglia che costituisce la mia famiglia seduta a fare colazione.

Io ovviamente resto qui perchè Emmettuccio si sente bene con loro e perchè posso sfruttare i loro soldi.

Feci colazione con un sedano: odio mangiare, non ne ho bisogno perchè sono una vampira e poi odio sporcarmi le mani.

Quel giorno scordai la mia borsa Hermès nella mia camera e una volta trovata... Bhè... successe che... [CENSURA]

... Salii sulla mia spider rossa e Emmett si infilò nella mia auto dopo essersi accertato di avere tutto il cibo occorrente.

Per il resto, a scuola trovai tutto come sempre, almeno per la prima ora di lezione.

Tutti a dirmi "Sua maestà di qua" e "Sua maestà di là" e intanto lo stormo delle mie schiavette era sempre di scorta.

Ma fu solo alla fine della prima ora che vidi l'essere più ripugnante, puzzolente, viscido e sfigato della mia vita.

Al solo pensiero mi viene ancora la pelle d'oca ed è un male, considerato che non fa per niente bene alla pelle.

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