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di _Giuls17_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Quando l'amore appare all'improvviso ***
Capitolo 3: *** Lo sconosciuto si è fatto avanti ***
Capitolo 4: *** Profumo di felicità ***
Capitolo 5: *** Il presente fa ancora male ***
Capitolo 6: *** Palestra e qualcosa di più ***
Capitolo 7: *** Primo appuntamento ***
Capitolo 8: *** Primo bacio ***
Capitolo 9: *** Ecco cos'è successo ***
Capitolo 10: *** Il giorno in cui tutto finì ***
Capitolo 11: *** Ultimatum dal corpo ***
Capitolo 12: *** Lui ***
Capitolo 13: *** Bar ***
Capitolo 14: *** Un addio non è mai per sempre ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
 
Mi ritroverai lo so, ma non saró piú la ragazzina che hai amato una volta.
Saró una donna e mi vedrai con occhi diversi, perchè rimpiangerai quello che eravamo, rimpiangerai quello che ti ho dato e che non hai saputo apprezzare.
Rimpiangerai me, il tuo grande amore, la tua piú grande delusione.
Perchè sono scappata dalla prigione del tuo cuore, che non mi lasciava abbastanza luce da poter vivere.
Eppure saró indelebile, il mio nome risplenderà sulla tua pelle come un marchio a sangue, che non potrai non vedere, che non potrà non fare male.
E ti ricorderà per sempre me, lasciandoti un vuoto dentro, un vuoto che nessuno potrà mai colmare e che diventerà sempre piú grande, man mano che gli anni passeranno e che tu ti scorderai di me.
Perchè entrambi sappiamo che solo io potró colmare quel tuo vuoto.
Ma non tocca a me dirlo, tocca a te capirlo e forse un giorno mi ritroverai.
Mi troverai là dove finisco i sogni e ogni realtà è dimenticata, là ancora mi amerai come hai fatto la prima volta, senza bugie, senza imbrogli.
E fino a quel momento metto da parte ogni emozione, perchè tanto non  avrebbero senso senza di te.
 

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Capitolo 2
*** Quando l'amore appare all'improvviso ***


Capitolo 1: Quando l'amore appare all'improvviso.
 
 
 
Tre anni prima.
 
 
Avevo sempre amato la scuola, mi era sempre piaciuto studiare, imparare cose nuove e conoscere persone nuove, passare il tempo con i compagni, andare alle gite, ma nell'ultimo periodo non riuscivo neanche ad aprire un libro.
Il motivo?
Mia madre e le sue manie di farmi cambiare scuola in continuazione, solo perchè non erano giuste!
Che cosa stupida
Posteggiai il motorino nella nuova scuola, non poteva decidere all'improvviso di cambiare e solo per un suo dispetto, ma a lei non era mai interessato molto della mia opinione.
Guardai la scuola dall'alto verso il basso, era grande, era alta, non era una scuola adatta a me, era la solita scuola dove ci andavano le persone che si credevanoimportanti, chi pretendeva di avere il mondo ai propri piedi.
Ma io non ero così,  ero una ragazza semplice, che non chiedeva niente di piú di quello che aveva, ma neanche questo aveva importanza per mia madre, così cominciai a salire gli odiosi scalini della nuova scuola, con il cuore che batteva forte sperai di non incontrare nessuno fino alla presidenza.
E per la prima volta il mio sogno si avveró, la strada per la presidenza fu abbastanza semplice da percorrere grazie all'aiuto del portiere e dopo pochi minuti mi ritrovai davanti alla preside.
Una donna possente con molti anni sulle spalle, ma con un tono autoritario e pieno di saggezza.
-Luce, giusto?- mi chiese vedendo il mio fascicolo.
-Si esatto.- dissi annuendo.
-Bene, andiamo che ti presento la tua classe, il terzo no?.- chiese alzandosi.
-Si.- dissi seguendola.
-Ora stanno facendo educazione fisica col quinto, oggi non è venuta una professoressa e abbiamo unito le classi.- disse conducendomi giú per alcune scale.
-Questo è il bar della scuola.- disse indicando un chiosco vicino al cortile.
-E questo è il campo interno.- disse uscendo fuori.
La seguii in silenzio, la voglia di parlare con quella donna non era poi molta, era meglio stare zitti.
-Professore buongiorno.- disse salutando un'uomo con i capelli quasi bianchi e un fisico da urlo!
Mi diedi un pizzicotto, non potevo pensare quelle cose!
-Lei è la nuova ragazza ecco il fascicolo, la presenti lei agli altri.- detto questo mi sorrise e mi lasció in balia del professore e della classe.
-Luce? Che bel nome, io sono il professore di educazione fisica.- disse porgendomi la mano.
-Piacere.- dissi stringendogliela.
-Vieni.- e mi portó vicino ai ragazzi che giocavano.
-Scusate ragazzi!- urló il professore ai ragazzi.
Questi smisero di giocare e lo guardarono o meglio mi guardarono.
-Lei è una nuova studentessa, verrà in terzo ma la presento a entrambe le classi essendo entrambe presenti, lei è Luce.- disse guardandomi.
Sentí una ragazza ridere dopo aver sentito il mio nome, invece i ragazzi non facevano altro che guardarmi, che odiosi, pensai.
-Ciao.- dissi piano.
Odiavo essere presentata alla classe e odiavo ancora di più essere presentata a due classi contemporaneamente e iniziai a provare un istinto omicida nei confronti di mia madre.
Il matriticido è ancora un reato?
I ragazzi per tutta risposta mi sorrisero e ripresero a giocare a calcio e le ragazze continuarono a parlare, così potei rilassarmi e andai a sedermi su una panchina che stava al sole.
Da lì potei osservare bene sia i maschi sia le femmine, e già a prima vista rimasi alquanto scioccata.
Le ragazze si muovevano come se stessero partecipando in quel momento a qualche sfilata di moda ed erono vestite pronte per far concorrenza alla regina d'Inghilterra.
Perfetto, non solo sono obbligata a cambiare scuola ma finisco anche con le oche, che non sanno articolare neanche un discorso.
Povera me!
In una scuola per snobbini, rispose saggiamente il mio cervello.
Decisi di distogliere il pensiero dalla reggazze e osservai I ragazzi giocare a calcio, alcuni erano molto bravi, ma riflettei sul fatto che gli snobbini dovevano pur sapere qualcosa bene, non potevano basare tutto il loro essese sull’aspetto fisico.
 
-Che sono stronza.- dissi a bassa voce.
Non riuscii a descriverne manco uno, erono tutti abbastanza carini, certo altro requisito importante, pensai ma qualcuno in particolare aveva attirato la mia attenzione.
Un ragazzo che poteva essere un pó piú alto di me con i capelli castani tendenti al biondo, qualcosa in lui mi fece battere il cuore a mille e arrossii tutta in un colpo.
Così distolsi subito lo sguardo e presi il libro dallo zaino: Romeo e Giulietta, William Shakespeare.
Ripresi a leggerlo da dove avevo interrotto la sera precedente, amavo i libri di Shakespeare, mi facevano sentire come una bambina col suo primo giocattolo, felice.
Solo che la mia pace interior venne interrotta pochi minuti dopo.
-Romeo e Giulietta? Com'è?- mi sentii chiedere.
Non alzai subito lo sguardo, ma risposi direttamente.
 -Dipende se ti piacciano i classici inglesi.- dissi guardando il mio interlocutore.
E in poco tempo mi bloccai del tutto, capelli che tendevano al biondo, poco piú alto, era il ragazzo di prima!
Oh cavolo, di solito non sono così fortunate!
-Non lo so, non leggo molto.- disse sedendosi accanto a me.
Cercai di controllare il battito cardiaco, ma mi risultò abbastanza difficile.
Il ragazzo mi prese il libro dalle mani e inizió a guardarlo.
-Come ti chiami?- chiesi senza rendermene conto.
-Tu credi nell'amore?- mi rispose invece.
Ci pensai un attimo:
-Si perchè.-
-Sei mai stata innamorata?- chiese senza troppi preamboli.
-No.- dissi sincera, altro elemento che non riuscii a capire, come potevo esserlo con un'estraneo e non con mia madre?
I misteri della vita.
-Neanche io lo sono mai stato, ah il mio nome è Diego.- disse sorridendomi.
-Piacere Luce.- dissi sorridendo.
-Luce, sei la ragazza di prima?- chiese indicando l'entrata del cortile.
-Sì, la nuova.- dissi in sintesi.
-È un peccato che tu non sia nella mia classe.- disse alzandosi.
-Perchè sei del quinto?- sussurrai per nascondere la delusione.
-Già, ah e poi ho capito perchè ti hanno chiamato Luce.-
Lo guardai senza capire.
-Perchè risplendi di luce propria.-
Senza aggiungere altro mi sorrise e riprese la sua partita di calcio.

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Capitolo 3
*** Lo sconosciuto si è fatto avanti ***


Capitolo 2: Lo sconosciuto si è fatto avanti.

Dopo quell'inaspettata conversazione ripresi a leggere il libro, ma senza molto successo, la mia mente non smetteva di pensare a quelle parole che ancora vedevo fluttuare nell'aria.
Chi era quel ragazzo, per chiedermi cosi a bruciapelo quelle cose?
E perché io gli avevo risposto?! 
Non riuscii a trovare una risposta, tanto la mia mente era confusa, non solo a causa di quel ragazzo ma anche del cambio di scuola.
-Ragazzi salite!- ci urlò il professore.
Mi alzai dopo averlo sentito e mi incamminai verso la porta che riconduceva al cortile, notai l'espressione seccata delle ragazze che teoricamente sarebbe state mie compagne di classe, capii subito che la scuola non era adatta a certa gente, ma questa scuola invece si rendeva adatta alle esigenze di tutti, a quanto pareva.
Diedi una fugace occhiata ai ragazzi, ma il mio aitante conversatore non era nei paraggi e mi fu difficile ammetterlo, ma ci rimasi male.
Senza rendermene conto seguii i ragazzi verso le classi, essendo che non avevo idea di dove fossero e cosi mi ritrovai a salire le scale per poi arrivare in un lungo corridoio, le cui pareti erano state pitturate di un beige abbastanza scadente.
Nonostante la sua reputazione la scuola aveva delle necessità che non erano state tenute in considerazione.
Il lungo corridoio mi mise un pó in difficoltà, non ero mai stata in scuole cosi grandi e certo non era un bene per me, dato che non sapevo dove andare.
Ma lentamente mi ripresi da quella sensazione di dispiacere e seguii le ragazze verso la classe, terzo liceo.
Entrai silenziosamente e controllai tutti i banchi, erano quasi tutti occupati tranne qualcuno nelle ultime file, cosi senza dire o chiedere mi posizionai all'ultimo banco della fila centrale.
Sospirai, il peggio teoricamente doveva essere passato, pensai sistemando i libri e quaderni sotto il banco.
Nel frattempo vidi entrare una professoressa molto, ma molto anziana, infatti ne rimasi scioccata.
Può fare concorrenza alla nonna!


La vidi entrare lentamente e sedersi alla cattedra, prese con calma il registro e iniziò a controllare i nomi, e mi resi conto guardandomi intorno che tutti i ragazzi si erano seduti e che non spiccicavano nemmeno una parola.
E la cosa mi cominciò a sembrare molto strana.
-Abbiamo una nuova alunna.- disse guardando verso di me.
In quel momento mi resi conto perché non parlavano, la donna metteva abbastanza paura addosso.
-S... Si.- dissi balbettando.
-Bene, lei è Luce?- chiese non capendo il mio nome.
-Si, esatto.- dissi prendendo un po’ di coraggio, da una parte nascosta del mio essere.
-Luce eh, bene oggi allora testeremo la preparazione dell'intera classe.-
E non so perchè ma mi sentii colpevole di quella affermazione.

Dopo due ore di stressante interrogazione, in cui principalmente io, venni messa alla prova a causa del trasferimento, suonò la tanto agognata ricreazione.
Tutti uscimmo dall'aula alla velocità della luce, per scendere le scale che portavano al cortile in cui ero stata quella mattina.
Quando rientrai là, vidi molte più persone della mattina, e constatai che quella era una scuola che andava di moda.
M vengono in mente un paio di motivo per la sua fama, ma meglio evitare.
Riuscii a contare un numero sempre maggiore di studenti, rendendomi conto che la scuola non andava di modo solo per la  sua facile promozione ma anche perché gli insegnanti sapevano metterti a tuo agio, tranne per l’anziana signoria, e perché veniva incontro alle esigenze di tutti, come nel mio caso.
 
Con aria assente il cortile, e mi strinsi nelle spalle, avrei passato molto tempo sola, nonostante riuscissi sempre a dare un’opinione diversa di me, ero timida, tremendamente introversa e incapace nel creare nuove amcizie.
-Ottimo.- dissi sedendomi su una panchina libera -Andrà bene lo stesso.- 
-Ciao!- sentii dirmi e ritrovai accanto a me, Diego.
-Ciao.- dissi sorpresa, non lo avevo visto.
-Ho sentito della pesante interrogazione.- disse imitando la faccia di noi ragazzi.
-Si è esatto e bè la colpa è pressoché mia.- dissi cercando di riderci su.
-No dai, quella prof è fatta cosi.- disse ridendo.
-Se lo dici tu, ma a me non sembra.-
-Come ti stai trovando?- chiese guardandomi.
-Penso bene, ma sai è un po’ difficile essendo che l'unica persona con cui ho parlato sei stato tu.- dissi ricambiando lo sguardo.
-E poi sempre su una panchina.- disse mettendo il braccio lungo la panchina.
-Beh, è un po’ strano, ma ci può stare.- dissi sorridendo.
-Sai Luce, non ti conosco bene, ma posso dirti che da queste poche parole mi sembri diversa, da tutte quelle.- disse indicando la massa di persone che ci circondava.
-Che intendi?- chiesi non capendo dove voleva andare a parare.
-Che tu leggi Shakespeare, che vai bene a scuola, si ho sentito che sei andata bene e riesci a intrattenere una discussione senza parlare di unghie e vestiti.- disse sconcertato.
-Posso anche parlare di unghie e vestiti, sono pur sempre una donna.- dissi ridendo.
-Lo so, ma il fatto è che non ci pensi tanto e che mi lascia perplesso, sei diversa.- disse sicuro della sua tesi.
-Bè grazie, non so veramente cosa risponderti, ma posso dirti che tu non passi di certo inosservato.- dissi.


Cosa?! Ma perché non mi tappo quella bocca maledetta.
-Sono lusingato.- 
-Non esserlo.- dissi ridendo.
-Senti se vuoi dopo la prossima ora, abbiamo di nuovo un modulo assieme, se vuoi ti faccio vedere la scuola.- disse sincero.
-Certo mi piacerebbe.-
-Allora a dopo, Luce.- disse alzandosi.
-A dopo Diego.- dissi salutandolo con la mano.


Devo imparare a stare zitta o perderò anche l’unica persona con cui sono riuscita a stringere amicizia!

E mi corressi nell'affermazione di prima, nonostante fosse una scuola di snobbini le persone gentili esistevano, ed erano anche belle!
Sentii la campana suonare e lentamente mi alzai per tornare in classe e non feci altro che guardare l'orologio, fino al suono della successiva campana, con il cuore che aveva deciso di non smettere di battere forte nemmeno per un momento.
 

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Capitolo 4
*** Profumo di felicità ***


Capitolo 3: Profumo di felicità.
 
 
Quando sentii suonare la campanella mi parve di sentire un miracolo, e bè anche nel vero senso della parola, perchè avevo passato l'ora successiva alla ricreazione, a sentire la spiegazione di chimica, da parte di una professoressa che in primo luogo: non mi piaceva affatto nel suo modo di porsi con noi ragazzi e in secondo luogo: ogni collegamento che faceva era riferito solo e semplicemente alla religione.
 
Tutto ciò mi fece pensare che la tizia non era degna di essere chiamata professoressa e che avrebbe fatto prima ad andarsene in un bel convento, là avrebbe trovato la sua vera vocazione.
Finita la lezione entrammo con gli altri miei compagni in quinto, il professore era passato nell'ora precedente per dirci che saremo dovuti andare lì, nell'orario di supplenza.
Così entrammo, ma del professore non vi era alcuna traccia e la cosa mi lasciò abbastanza perplessa.
-Luce!- sentì chiamarmi e vidi Diego venire verso di me.
E da lontano potei notare lo sguardo contrariato, che le ochette mi stavano lanciando.
Gelosia portami via, vero ochette?
-Ciao Diego.- dissi sorridendo.
-Tutto bene con quella di chimica?- chiese mettendosi davanti a me, appoggiandosi al banco.
-Inso… Ma aspetta come fai a sapere che avevo chimica?- chiesi sorpresa, spalancando gli occhi.
-Sai Luce, basta guardare l'orario.- disse indicando il muro.
-Beh, scusa hai ragione, comunque penso bene.- dissi non sapendo come descrivere l'ora passato.
-Vi ha parlato delle sue credenze?- unì le mani in segno di preghiera e scoppiò a ridere.
-Si.- sussurrai trattenendo una risata con la mano.
-Allora capisco, perchè non sai com'è andata, quella donna è fissata di brutto!-
-Già, farebbe bene ad andarsene.- dissi abbassando lo sguardo.
-Lo pensiamo tutti. Comunque iniziamo il giro?- disse.
-Ma il prof?- chiesi senza capire.
-Tranquilla, non verrà.- disse incamminandosi vero la porta e io con lui.
 
Cominciammo a camminare per il lungo corridoio, senza che c'è ne rendessimo conto, ci trovammo molto vicini, le spalle si sfioravano piano e stranamente quella vicinanza mi procurò una strana sensazione, come di disagio o meglio di tensione, come se non dovessi sbagliare nemmeno un movimento.
Come se volessi essere perfetta ai suoi occhi.
-Questo edificio è molto vecchio, è stato costruito da dei vecchi preti che abitavano la zona intorno alla metà del 900, ma nonostante il tempo ha mantenuto un aspetto importante. A questo piano.- disse indicando il corridoio.
-Ci sta il liceo, cioè noi, al piano più in alto le medie e proprio al piano terra le elementari.- disse imboccando delle scali a salire.
-Dove stiamo andando?- chiesi seguendolo, attenta alla spiegazione.
-Ti faccio vedere un pò la scuola.- disse sorridendomi.
Ricambiai il sorriso, quel ragazzo riusciva a trasmettermi un forte senso di sicurezza, qualcosa che non avevo mai provato in tutta la mia vita.
-Come hai visto prima, la scuola ha un bar personale e dei campetti, non solo interni ma anche esterni.- disse affacciandosi a una finestra.
Mi accostai anche io e vidi una classe della scuola giocare a calcio, in un campo in erba.
-Erba sintetica.- disse vedendo il mio sguardo vacuo.
-Okay.- dissi guardandolo.
-Vieni ora, ti faccio vedere una cosa bella.- disse prendendomi per mano e correndo verso delle scale.
-Dove andiamo adesso?- chiesi ridendo.
-Sssh.- disse avvicinandosi pericolosamente al mio viso -E' un segreto.- e mi trascinò su per una rampa di scale che mi parve infinita.
Ma quasi dopo dieci minuti, vidi davanti a noi una porta un pò malandata.
Lo guardai un pò spaventata, non avevo voglia di farmi mettere in punizione il primo giorno, più che altro quello sarebbe stato un motivo per farmi cambiare di nuovo scuola, e per ora non ne avevo le intenzioni.
-Tranquilla.- disse aprendo la porta.
E quello che vidi mi lasciò senza parole. Mi aveva portato sul tetto della scuola e dalla nostra posizione riuscì a scorgere quasi tutta la città e anche il mare, il tanto agognato mare, che tutti noi ragazzi aspettavamo nelle giornate invernali.
-Ma è bellissimo.- dissi avvicinandomi al muretto.
-Già, si scordano sempre di chiudere la porta.- disse seguendomi.
-Fanno bene.- dissi con lo sguardo perso nell'immenso.
-Ti piace?- chiese curioso.
-Si, ci starebbe una bella foto.- dissi delusa.
-Cosa?- chiese lui senza capire, ma senza smettere di sorridermi.
-Mi piace la fotografia, è ho una bella macchina a casa, peccato che non l'abbia portata oggi, sennò a quest'ora avrei scattato una foto.-
-Facciamo una cosa.- disse facendosi serio.
-Cosa?- mi voltai per osservarlo e col sole del mattino rimase quasi accecata da quella visione.
-Tu promettimi che quando la porterai mi farai una foto e io ti prometto che ti riporterò qua.- disse indicando tutto e niente.
-Ma non è un vero patto.- gli feci notare.
-Lo so, ma facciamolo.- continuò deciso.
-Va bene, tanto no ho niente da perdere, ma decido io, dove e quando farti la foto!-
-Va bene accetto!.- disse porgendomi la mano e io gliela strinsi subito dopo.
-Sei molto furba sai.- disse incamminandosi verso la porta.
-Se per questo anche tu lo sei.- dissi chiudendo la porta alle nostre spalle.
-Se aggiungi la furbizia alla lista dei tuoi pregi, questi aumentano sempre di più!- disse ridendo.
-Scemo!-
-Sono serio vedi.-
-E io anche.- dissi mettendo il broncio.
Non seppi neanche io cosa mi spinse a metterlo, ma capii di aver fatto la cosa giusta, infatti lui si fermò subito e mi presi il viso con la mano.
-Lo sai che sei molto più carina quando metti il broncio?- mi disse in un sussurro.
-E tu lo sai che non puoi fare cosi?- gli dissi a bassa voce, sperando che il mio cuore smettesse di battere.
-Si lo so, ma non ci posso fare niente se mi hai colpito, Luce.- disse serio.
-Come ho fatto a colpirti?- chiesi non capendo, scuotendo poco la testa.
-Semplice.- disse lui avvicinandosi al mio orecchio -Con la tua semplicità.-
-Tu scherzi?-
Si allontanò, lasciando cadere la sua mano e una strana sensazione mi percosse alla base dello stomaco per poi salire al cuore, ne ebbi un attimo paura, ma poi tutto passò velocemente.
-No.-
-Ma anche tu sei diverso.-
Ci incamminammo nuovamente uno accanto all’altro come vecchi amici che non si devono da tempo.
-E in cosa?-
-Sei il più grande pallone gonfiato che abbia mai incontrato.- dissi iniziando a correre.
-Oh Luce ti sei messa contro la persona sbagliata.- disse correndo anche lui.
Risi per la gioia e per la situazione, forse mia madre nonostante tutto aveva fatto bene a farmi cambiare cosi tante scuole, perché sennò non avrei mai conosciuto lui e forse la mia vita senza lui, sarebbe rimasta sempre la stessa.
Adesso invece sta entrando un pò di luce nella mia vita, non era mai successo.
-Dove vai?- chiese prendendomi per farmi cadere a terra, con lui che finì sopra di me.
-Scappo.- dissi ansimando per la corsa.
-Non puoi.- disse inspirando pesantemente, anche lui cercava aria.
-Si invece.-
-Carina, è la mia scuola ti troverei dovunque.- disse orgoglioso.
-Allora provaci, chiudi gli occhi e vedi se riesci a trovarmi, ti giuro che dopo aver scelto un posto non mi muoverò.- dissi con sguardo innocente.
-Mmm, va bene ci sto, tano ti trovo!- si alzò, dandomi la mano per aiutarmi e chiuse subito gli occhi.
E senza che me ne resi conto gli diedi un leggero bacio in guancia per poi scappare via. -Trovami Diego!! urlai con tutta me stessa.
E mentre scendevo frettolosamente le scale potei sentire la sua risata.
Pura come un angelo.
 

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Capitolo 5
*** Il presente fa ancora male ***


Capitolo 4: Il presente fa ancora male.
 
 
Chiusi gli occhi di scatto e mi lasciai scappare una lacrima, non succedeva da tempo ormai.
Non avevo più pianto, o almeno non ne avevo più avuto motivo per farlo.
Asciugai subito la lacrima. Chiusi gli occhi cercando di ricordare, di riassaporare I profumi e cercando di imprimere nella mente I suoni.
Quel giorno io e Diego abbiamo posto le basi del nostro futuro, un future radioso.
 
Riaprii gli occhi, ma che senso aveva avuto provare quelle cose? Che senso aveva avuto conoscerlo, amarlo se poi non potevamo avere il nostro lieto fine?
Che senso aveva ricordare qualcosa che non si poteva avere?
 
Sono domande a cui non riesco mai a rispondere anche se solo per persone masochiste come me possono vivere nel passato, quelle persone che non credeno nel futuro o nel presente.
Mi ero ripromessa che avrei messo da parte tutte le emozioni perchè senza di lui non avrebbero avuto senso, ma allora perché continuo a ricordare? Perché non faccio altro che ricordare quel dolore atroce, che mi lacera il petto e mi lascia senza aria?
Sarebbe stato meglio morire.
Ripenso ai giorni pieni di via, alla luce che era entrata e che forse non sarebbe mai uscita, sono quei ricordi, I più belli che mi fanno stare male, lasciandomi l’amaro in bocca della delusione e del rimpianto, mentre quelli brutti non fanno così male.
Sono quelli più dolci che consumano lentamente l’animo.
E a me succedeva ogni giorno.
Ogni giorno cerco di risollevarmi, di prendere quello che rimane della mia vita e scelgo di andare avanti, di lasciarlo andare e di dire addio a noi, ma ogni volta che provo anche solo a eliminare la sua faccia dalla mente il mio cuore crolla, andando in pezzi.
Gli avevo dato cosi tanto che, mi ero totalmente appoggiata a lui, quando la nostra storia era finita non mi aveva lasciato niente, e chi poteva semplicemente pensare che uno come lui, in realtà fosse qualcun'altro, fosse diverso?
Nessuno, soprattutto io.
E sono rimasta fregata, fregata da quell'amore che mi aveva cosi tanto preso.
-Luce?- la dottoressa mi richiama dalla mia trance, la guardai, ma sapevo che nel mio sguardo non c'era vita, avevo gli occhi spenti.
-A che cosa stavi pensando?- chiese prendendo il suo blocchetto dalla scrivania.
-Che sono stata una stupida.- dissi piano.
-Pensi ancora a lui?-
-Io penso sempre a lui.- mi alzai velocemente, la poltrona stava diventando troppo piccola per i miei pensieri che invece erano troppo grandi.
-Stai dimagrendo ancora.- disse guardandomi attentamente.
-Non sono io che comando il mio corpo.- la guardai dritta negli occhi, ma nel mio sguardo non c'è niente di bello.
-Lasci stare il mio corpo.- sussurrai per non farmi sentire.
-Luce, lo sai che vieni qua da quasi un anno e ancora non sono riuscita a farti andare avanti?. Lo sai che mi sento un fallimento?!- urlò più a se stessa che contro di me.
-Io...- non riuscii a dire altro.
 
Poiché mi sembrò di non essere nemmeno nel mio corpo, ma di vedere la scena da fuori, come un ospita della propria vita.
La dottoressa aveva ripreso a urlare, scossi la testa, era colpa mia se quella donna si sentiva un fallimento nel lavoro che le aveva sempre dato così tante soddisfazioni, colpa mia se a ogni seduta perdeva un pezzo della sua forza.
Ed io?
Rimango ferma, impassibile a quelle urla che per me non significano niente, vedo solo le lacrime che mi solcano il viso ma sono che esse hanno origini più radicate, sarebbe stato bello tornare a stare bene, tornare a vivere dopo un anno di depressione, di dolore.
Mi guardo attentamente, sporgendomi più del dovuto: sono più magra e i miei occhi portano i segni delle notti che trascorro senza dormire, sono rossi, di un rosso fuoco, dovuto al pianto.
La mia testa se ne sta andando, come il mio corpo.
Tutto a un tratto mi sento di nuovo in quella stanza, mi sento di nuovo nel mio corpo, mi sento io e mi sento davvero male.
-Senta.- dissi piano, lei smise di urlare e si fece attenta.
-Mi dispiace, è colpa mia, sono io il problema non lei, ho sempre pensato di avere un cuore forte, ma mi sono ritrovata con un cuore di zucchero, troppo dolce e mai troppo forte.
Mi sono ritrovata ad affrontare troppe cose da sola e anche troppi abbandoni, penso di soffrire anche di qualche malattia mentale dato che non riesco proprio a dimenticare quel ragazzo!- sbottai seccata dalla mia stessa affermazione.
-E so di essere un peso per lei, ma non mi cacci, ho veramente bisogno di questa seduta.- dissi guardandola dritto negli occhi.
-Luce, tu non soffri di qualche malattia, solo che non riesci a superare la tua solitudine.- disse sedendosi sulla sedia, riacquistando la sua calma e professionalità.
-La solitudine è un mostro.- dissi sedendomi sulla poltrona.
-Ma può essere curato.-
-E come?- chiesi piano.
-Trovando un'altra persona.- mi disse riprendendo il quaderno e segnando anche quella frase.
-No, non esiste nessuno come Diego.- dissi decisa e sapevo che era cosi.
Io appartenevo solo a lui, e lo avrei aspettato, anche se avessi dovuto aspettare tutta la vita, non sarei mai stata di qualcun'altro.
Senza rendermene conto, richiusi gli occhi e mi concentrai sul ricordo che avevo lasciato in sospeso.
-Raccontami di lui.-
 

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Capitolo 6
*** Palestra e qualcosa di più ***


Capitolo 5: Palestra e qualcosa di più.
 
 
 
Scappai ridendo come una pazza, dubitavo fortemente che mi potesse trovare in una scuola cosi grande, ma la speranza era l'ultima a morire.
Corsi in cortile ed entrai velocemente in palestra e solo dopo essermi chiusa la porta alle spalle ripresi a respirare normalmente.
Mi guardai in torno e vidi un sacco di premi e medaglie, mi avvicinai ancora di più e vidi Diego in quasi tutte le fotografie, era il numero uno in tennis, calcio e basket.
Era un vero atleta.
Le foto però non rendono giustizia al suo viso, sarebbe venuto meglio con una luce più naturale che col flash.
Dovrebbe vederne una delle mie, non vedo l’ora di poterla fare.
Diego mi piaceva, sembrava un bravo ragazzo, senza strane idee e con la testa sulle spalle.
Sospirai, dovevo smetterla di pensarlo in quel modo, era inutile dannatamente inutile, non si sarebbe mai interessato a me.
Scossi la testa leggermente abbattuta, non ero il suo tipo di ragazza, anche se non avevo idea di quale fosse il suo tipo, in ricreazione aveva elogiato I miei pregi e forse conoscendoci meglio gli sarei piaciuta, davvero.
-Uffa.- dissi ad alta volve e mi buttai su un materassino, lui andava in quinto e io in terzo, non si sarebbe mai innamorato di una bambina.
-Sapevo che eri qui.- disse una voce entrando in palestra.
Mi alzai di scatto e trovai i suoi bellissimi occhi.
-Come hai fatto?- chiesi sconcertata.
-Non ci voleva poi molto.- disse sedendosi accanto a me, -Sapevo che saresti venuta qua.-
-Bè forse sono prevedibile.- dissi sorridendo.
-Forse.-
-Ho visto che hai vinto tanti premi.- mi voltai e con lo sguardo indicai gli scaffali.
-Si, mi piace molto praticare lo sport.- disse anche lui osservandoli.
-Si nota, anche se le foto sono scadenti.- osservai cauta.
-Mi dispiace ma non abbiamo un fotografo bravo qua a scuola.-
-Da oggi si.- sorrisi e lo guardai.
-Davvero?.- chiese incredulo.
-Certo se devo far parte di questa scuola, voglio che le foto siano fatte bene sennò ci rimetto la faccia.- dissi un pò indignata e poi risi.
-Va bene.-
-Mi piace questa scuola, non sembra male.-
-Anche se ci sono un sacco di oche e sportivi come me.- disse punzecchiandomi.
-Anche se ci siete entrambi, è diversa da tutte le altre, mi da la sensazione di essere reale.- dissi sincera.
-Solo perché siamo diversi dalle altre scuole.-
-Già forse è per questo.- dissi sdraiandomi sul tappeto, -Cos'è?.- chiesi sentendo un rumore lontano.
-Deve essere la campanella.- disse alzandosi, -E' finita la scuola.- e mi porse la mano per aiutarmi ad alzare.
-Davvero, di già?- chiesi accettandola.
-Si.-
-E' volata questa giornata.- e uscimmo dal cortile per dirigerci a prendere gli zaini.
-Tu dove abiti?- mi chiese di punto in bianco.
-Da queste parti, vicino al bar che c'è qua vicino.-
-Ho capito.- disse pensieroso.
-E tu?-
-Un pò lontano, ma non è questo il fatto.-
-E qual è?.- chiesi non capendo.
-Che ora ci rivedremo domani, e non mi va molto.- disse abbassando lo sguardo.
Lo guardai attentamente senza rispondere, il battito del mio cuore era leggermente aumentato preso dalla botta.
-Ti va di fare qualcosa oggi pomeriggio?-
-Si.- dissi piano.
-Beh io devo fare degli allenamenti per il calcio, se vuoi ci vediamo dopo, al bar magari.- disse guardandomi.
-Dove li devi fare questi allenamenti?- chiesi curiosa.
-Qua vicino, al centro sportivo.-
-Facciamo cosi, ti aiuto a farli io e poi andiamo al bar.-
-Davvero?- chiese prendendo il suo zaino.
-Certo a che ora?.- chiesi sorridendo.
-Alle quattro.-
-Va bene, magari ci vediamo all'entrata.- dissi scendendo le scale per l'ingresso della scuola.
-Va bene, certo.-
-Okay perfetto.- dissi guardando dritto davanti a me.
-L'avevo detto che eri diversa.-
-Si lo avevi detto e concordo con te.-
-Hai il motorino?- chiese vedendomi andare verso il parcheggio di questi.
-Si e tu?.-
-Macchinetta!- rispose sorridendo.
-Non l’avrei mai detto.- dissi prendendole in giro, e lui mi aiutò mettendomi il casco.
-Certo Luce e non mancare!- disse cambiando direzione.
-Non mancherò!- urlai per farmi sentire.
 
***
 
-Tesoro com'è andata?- chiese mia madre non appena misi piede in casa.
-Bè direi bene.- dissi posando il casco sul mobile.
-Bene?- chiese sconcertata.
-Si mamma, mi è piaciuta.- dissi sorridendo.
-Beh allora direi che va bene, domani andrò lo stesso a parlare con il preside.-
-E' una lei.-
-Fa lo stesso, vieni a tavola.-
Controllai un attimo il cellulare, erano solo le due e mezza.
-Mamma io oggi pomeriggio esco.- dissi sparecchiando.
-Dove vai?.-
-Oh beh in palestra.- dissi somministrando bene le parole.
-Ti vuoi iscrivere?- chiese curiosa.
-Forse, vado a provare.- dissi senza guardarla, non potevo far saltare la copertura.
-Mi fa piacere vedere che vuoi fare attività, fa bene.- disse lasciandomi sola.
Grazie al cielo crede a tutto quello che le dico, parlare adesso di Diego sarebbe stato controproducente e io e lui non stiamo assieme, meglio non allarmarla del tutto.
Dopo essermi data una rinfrescata in bagno controllai l'orologio, erano le tre e un quarto, finii di sistemarmi i capelli e diedi una ripassata al trucco, poi corsi in camera e decisi di indossare qualcosa di sportivo ma che allo stesso tempo avrebbe messo in risalto le mie forme.
Optai per una tuta stretta e una maglietta a maniche corte, essendo ottobre non c'era poi cosi tanto bisogno di mettere cose più pesanti.
Presi la prima borsa e corsi a prendere il casco.
-Ciao mamma!- urlai prima di uscire.
-Ciao Luce.- urlò dalla sua camera.
Scesi velocemente le scale e mi ritrovai in strada dopo poco tempo, tolsi la catena dal motorino e mi diressi verso il centro sportivo.
Arrivai dopo un quarto d'ora, posai il motorino al parcheggio e lo bloccai con la catena e lo trovai davanti all'entrata.
Anche lui era arrivato prima e appena mi avvicinai verso l’entrata lo vidi sorridere.
-Ciao.- dissi piano.
-Ciao.- sussurrò lui, mi strinse una mano e sorrise.
Gli diedi un bacio veloce in guancia e abbassai lo sguardo per l'imbarazzo, lui invece mi alzò la testa e riprese a guardarmi.
-Sono felice che sei venuta veramente.-
-Anche io.- e mi resi conto che le nostre mani erano ancora unite.
Arrossi violentemente, -Sei bellissima.- disse al mio orecchio.
-Dai… Non esagerare.- dissi imbarazzata, -Avrai visto ragazze più belle di me.-
-Forse, ma tu sei la più bella.-
Arrossii ancora e mi resi conto che in quel momento fra me e lui si era creato qualcosa, qualcosa di davvero bello perchè non era mai successo che qualcuno diventasse importante cosi, di punto in bianco.
Ma lui è entrato nella mia vita e ha scombussolato tutto.

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Capitolo 7
*** Primo appuntamento ***


Capitolo 6: Primo appuntamento.
 
 
-Entriamo?- mi chiese indicando la porta.
-Certo.- dissi cercando di riprendere il controllo sul mio corpo, cosa molto improbabile.
Soprattutto, perché era vestito in un modo che mi fece tremare per il piacere, pantaloni corti per far risaltare i polpacci e maglietta a maniche corte, abbastanza aderente al suo corpo ben scolpito.
Mi sarebbe piaciuto stare tra le sue braccia, sentire il calore del suo corpo e il suo respiro sul collo, lo guardai maliziosa, era davvero bello lui e io no, non sarei mai stata alla sua altezza.
Che cosa mi stai facendo? Nessuno era mai riuscito a farmi sentire in questo modo, inadeguata o forse solo poco bella, neanche la ragazza più bella della mia ex scuola era riuscita a scalfire la mia corazza, mentre tu, mi basta vedere I tuoi occhi per perdermi.
Non avevo mai visto un ragazzo che oltre ad essere bello riuscisse a farmi battere il cuore in quel modo che mi trasmettesse, sicurezza, lealtà, passione, ma forse proprio a causa di questa sua diversità il mio cervello si era incasinato troppo.
-Da questa parte.- disse indicando una porta.
Annuii e poi decisi di allontanare dalla mente ogni pensiero su di lui, non era il momento di scoraggiarsi perché ora lui era lì, accanto a me e non avrei potuto chiedere di meglio.
-Puoi posare la borsa qua.- disse indicandola.
-Va bene.-  la posai accanto al suo borsone.
-Se ti annoi tranquilla, comunque devo iniziare con i pesi e poi fare altri esercizi.- disse come se vorrebbe essere altrove.
-Nessun problema.- dissi sorridendo.
-E dopo... Potremmo andare al bar? Che ne pensi.- chiese timidamente.
-Molto volentieri!-
Non lo avevo visto cosi in difficoltà, quella voce timida non era sua, ma forse non era poi cosi diverso da un qualunque ragazzo.
-Perfetto.- disse lui e mi sorrise mentre i suoi occhi si erano incatenati con i miei, e sentii una strana sensazione, come di calore.
-Allora inizio.- disse indicando una delle prime macchine.
-Si.- dissi seguendolo.
Per i primi minuti nessuno parlò, Diego era abbastanza concentrato a sollevare i pesi e io abbastanza concentrata a guardarlo.
Anche perché era davvero un bello spettacolo.
-Parlami di te.- disse all'improvviso.
Mi ci volle un attimo per registrare la domanda, -Di me?- chiesi.
-Si, di te. Qualunque cosa.- disse iniziando una nuova serie.
-Beh non so, sono figlia unica e mi piace molto il viola e il color acqua marina, poi adoro leggere e fare foto.- dissi pensandoci un attimo.
-Io invece ho un fratello più piccolo e mi piace fare sport.- disse ridendo.
-Come se non si nota, genio.- dissi ridendo con lui.
-Già sono prevedibile, ah si mi piace il blu.- disse guardandomi.
-Blu? Non lo avrei mai detto.-
-Prevedibile?-
-Quasi.- scherzai.
Ridere con lui mi parve la cosa più naturale di questo mondo, come se era destino che io e lui ci incontrassimo un giorno o l'altro.
E il tempo passo cosi, scherzammo e ridemmo per tutta l'ora, infastidendo molti della palestra, ma non c'è ne preoccupammo più di tanto.
Era da molto che non passavo del tempo sola con qualcuno, era da molto che non sapevo cosa voleva dire conoscere gente nuova, ma conoscerla per davvero, senza fermarsi al ciao.
Guardai Diego, non avevo mai conosciuto qualcuno come lui, era diverso e da un lato gliene fui grata.
-Allora.- disse asciugandosi un pò di sudore.
-Andiamo al bar?- chiesi prendendogli il borsone.
-Si, esatto.-
Mi fece strada per uscire dalla palestra e in poco tempo ci ritrovammo nel caldo pomeriggio di Ottobre, stranamente la stagione invernale tardava a venire.
-Allora ci vediamo al bar, io sono venuta in motorino.- dissi indicandolo dalla porta.
-Facciamo una cosa, vieni in macchina con me e poi ti riporto qua a prenderlo.-
-Non voglio farti fare aventi e indietro.- dissi piano.
-Ma te lo sto chiedendo io, tranquilla.- e mi indicò il parcheggio delle macchine.
-Va bene.-
 
Poggiò delicatamente la sua mano sulla mia schiena e mi condusse verso la sua macchina, a quel tocco cosi sincero, cosi tenero il mio cuore perse un battito.
Non mi ero mai sentita cosi, anche perché non ero mai stata con qualcuno, ma stare con lui era la cosa più naturale di questo mondo, stare con lui mi stava facendo sentire bene.
In un modo che non conoscevo e che mi spaventava da un lato, non sapevo se stavo facendo la scelta giusta o no.
Ma non appena mi sorrise capii che non c'era niente di più giusto di lui.
-E' quella.- disse indicando la macchina con il dito.
-E' bella.- dissi guardandola attentamente.
-Si, non è male.- rise.
Se ridi così mi uccidi!
 
Salimmo in macchina e in poco tempo arrivammo al bar che stava a metà tra casa mia e la palestra.
-Cosa vuoi?- chiese andando verso la cassa.
-Un cappuccino.- disse senza guardarlo, -No aspetta!.- dissi non appena ebbi realizzato dov'era.
-Tranquilla.- disse tenendo lo scontrino in una mano.
-Non dovevi pagare anche per me.- dissi seria.
-Lo volevo fare ,Luce.- disse dolcemente e ci andammo a sedere a un tavolo in attesa delle nostre ordinazioni.
-Stavo pensando una cosa.- disse facendosi serio.
-Cosa?- chiesi avvicinandomi a lui.
-Questo...- disse indicando il tavolo per dare più enfasi alle sue parole.
-Si...- dissi incoraggiandolo.
-E' un appuntamento?- chiese guardandomi dritto negli occhi.
Arrossii violentemente e distolsi lo sguardo.
-Io... Io beh non so.- dissi balbettando.
-Secondo me lo è, o per lo meno a me va bene se lo è.- disse guardandomi.
-A te va bene?-
-Si, a te?- chiese curioso.
-S… Si.- sussurrai.
Sentì la sua mano sulla mia e, la strinse forte.
-Ne sono felice.-
-Anche io.- dissi trovando il coraggio di guardarlo e mi resi conto di essere davvero fortunata ad averlo davanti, perché non tutte potevano uscire con persone come lui e sapere che lui voleva uscire con me, più che come amico, mi fece capire che nonostante i trip mentali, lui mi aveva notata, mi aveva notato veramente e voleva uscire con me.
Il mio cuore riprese a battere forte, non ero mai uscita con un ragazzo ma mi sentii fortuna nel constatare che la mia prima uscita fosse stata con un ragazzo davvero speciale.
-Ecco a voi.- disse la cameriera porgendoci le ordinazioni e interrompendo i miei pensieri.
Le sorrisi e poi tornai a concentrarmi su di lui, il mio angelo custode.
 
-Siamo arrivati.- disse mentre parcheggiava vicino al mio motorino.
-Si e sono stata davvero bene.- dissi sorridendogli.
-Anche io.- prese la mia mano e se l'avvicinò alla bocca e la baciò lentamente.
-Diego…- dissi arrossendo.
-Scusa ma non ti resisto. Da quanto ti ho vista non riesco a smettere di pensarti.-
-Scommetto che lo dici a tutte le ragazze.- dissi abbassando lo sguardo.
-Luce, non sono quel tipo di ragazzo.- disse avvicinandosi a me.
-Davvero?-
-Si e non ti ho chiesto di vederci solo per fare colpo, io voglio davvero uscire con te, come voglio davvero vederti domani a scuola perchè tu sei una persona fantastica.-
Sorrisi,
 -Anche tu sei diverso ed è per questo che non vedo l'ora che sia domani.-
-Bene, allora ci vediamo domani, Luce.-
-Si a domani Diego.- mi avvicinai e gli diedi un bacio in guancia il secondo in una giornata.
Sentii il cuore battere forte e arrossì, poi scesi dalla macchina e lo salutai con la mano.
Lui ricambiò ma aspettò che fossi salita sul motorino per partire.
Pensavo che la galanteria fosse morta da tempo e invece!
 
Facemmo assieme un pezzo di strada, esattamente fino al bar poi, io presi per destra e lui continuò ad andare dritto, ma riuscii a sentire il suo sguardo su di me anche dopo, forse perchè mi stavo prendendo una cotta per quel ragazzo fantastico.
-Sono a casa!- urlai non appena entrai a casa.
Ma nessuno mi rispose, cosi controllai la casa e notai che sia mamma che papà erono usciti.
Da un lato pensai che fosse veramente una gran cosa, posai il casco all'ingresso e presi lo zaino e uscii i quaderni con i compiti da fare.
Mi sistemai in cucina ma, invece di iniziare a fare i compiti di italiano mi ritrovai a scrivere il suo nome sul foglio: Diego.
Era davvero un bel nome a pensarci bene, non tutti portavano nomi cosi belli, soprattutto se erano abbinati a persone cosi belle.
E lui lo era e voleva uscire con me, qualcosa stava nascendo fra noi, ma cosa? Amore? No era troppo presto per quello e anche se non lo avevo mai provato sapevo che non poteva nascere in quel modo, oppure si? Scossi la testa e la buttai sul tavolo.
Non capivo il motivo di cosi tanta confusione, ma sapevo che centrava Diego, in un modo o nell'altro.
Corsi in camera e presi la macchina fotografica dal mio comodino, controllai che fosse carica e la posai sul letto, domani avrei fatto un paio di foto e non solo a lui.
Sorrisi e mi buttai anche io sul letto e senza rendermene conto caddi in un sonno senza sogni, non sognai neanche Diego.
 
 

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Capitolo 8
*** Primo bacio ***


Capitolo 7: Primo bacio.
 
 
 
Mi svegliai direttamente l'indomani mattina e ancora più stanca del giorno precedente, lo trovai davvero strano perchè di solito la notte riuscivo a recuperare tutto quello che perdevo durante la giornata trascorsa, invece stavolta no.
Mi alzai nonostante il mio corpo mi chiedesse di tornare a letto.
Mi preparai per andare a scuola, ancora più lentamente del solito, non incontrai nè mamma né papà, forse perché erano già usciti.
-Beati loro.- dissi prendendo un jeans e una maglietta, ma stavolta con una felpa, l'aria fredda si stava iniziando a sentire e per ultimo ma non meno importante presi la macchina fotografia e mi diressi verso scuola.
Camminai molto lentamente ma arrivai in tempo per sentire la campana suonare e mi affrettai verso la classe, ma notai che tutti i miei compagni erano ancora fuori a girare per il corridoio.
Tirai un sospiro di sollievo e rallentai in passo, meglio non essere in ritardo il secondo giorno di scuola, poteva rovinare l'immagine che si voleva dare di sé.
-Luce!- sentii chiamarmi e aguzzai la vista in cerca di lui, perchè sapevo che era lui.
-Ciao Diego.- dissi andandogli in contro.
-Come mai così tardi?- chiese visibilmente preoccupato.
-Oh beh ero molto stanca questa mattina e ho fatto un po’ più con calma.-
-Capisco, ma ora tutto bene?- chiese accarezzandomi la guancia con la mano.
-Meglio.- dissi arrossendo come un peperone, -Senti ho portato la macchina fotografica.- e guardai un punto indistinto lontano dai suoi occhi che mi stavano facendo battere il cuore a mille.
-Perfetto! Oggi abbiamo un'ora di supplenza assieme, e potrai fare tutte le foto che vorrai.- sorrise.
-Bene.-
-In classe razza di fannulloni!- tuonò la Preside che era appena apparsa dal corridoio.
Io e lui ci scambiammo un sorriso complice e poi entrammo nelle rispettive classi, e per la centesima volta fui felice di essermi trasferita in questa scuola.
Mi sedetti al posto di ieri e posai la macchina sotto il banco, meglio prevenire che curare mi dicevo sempre e in una classe che non era la mia quel motto era davvero azzeccato.
-Bene ragazzi, oggi iniziamo con la definizione di seno e coseno.- disse una prof entrando in classe.
Tutti la guardarono bene, era come se la temessero da un lato e capii che era la prof di matematica, e da un lato era comprensibile che incutesse timore, loro erano i prof più temuti a causa della materia, da cui dipendeva l'esito se essere promossi o meno.
-Ma che sbadata abbiamo una nuova ragazza, giusto?- chiese indicando il mio nome sul registro.
Annuii e mi presentai alla prof.
-Bene bene mi fa piacere, dove sei arrivata col programma?.- chiese mentre prendeva già il gesso.
-Beh nella vecchia scuola avevamo già finito la presentazione del coseno e seno.- mi morsi la lingua un minuto dopo, ero stata troppo sbadata.
-Davvero? Quindi potresti tenere tu la lezione?-
-Potrei.- sussurrai.
-Bene accomodati.- mi porse il gesto, mi alzai e lo presi.
Guardai un attimo la prof, era una donna sulla quarantina, scusa di pelle, ma forse a causa del troppo sole, ma come faceva a essere abbronzata a ottobre?
Luce non te ne frega niente dell’abbronzatura adesso, concentrate!
Inspirai a fondo e guardai la lavagna pronta a iniziare la lezione!
 
 
Uscii di corsa dalla classe dopo aver ricevuto i complimenti non solo della prof ma anche di alcuni ragazzi a cui piaceva molto la matematica.
Avevo sorriso come mamma mi aveva insegnato a fare e poi ero scappata, odiavo restare troppo alla lavagna e purtroppo ci ero dovuta stare per due ore.
Mi mancava l'aria e il mio cuore non smetteva di battere forte.
Sentii qualcuno chiamarmi ma non mi voltai e corsi verso il bagno, aprii la fontanella e mi buttai un pò d'acqua in faccia, ero sbiancata, ma l’acqua stava facendo il suo miracolo ridandomi colore.
Sentii una mano sulla mia schiena e trovai Diego a pochi passi da me, era preoccupato lo si vedeva dalla faccia e dai gesti.
-Sto bene.- dissi buttandomi ancora dell'acqua.
-Cos'è successo?- chiuse la fontanella e mi prese dei fazzoletti.
-Niente ho solo spiegato la lezione di matematica.-
-Ed è stato così terribile?-
-No, ma non mi piace stare troppo tempo alla lavagna, mi mette ansia.- dissi tremando leggermente.
-Ma stai bene?- chiese toccandomi la fronte con la mano e a quel contatto non potei che farmi scappare un brivido di piacere.
Lui era così bello e avere tutte quelle attenzioni solo per me, mi fece sentre davvero fortunata.
-Meglio.- dissi e mi buttai tra le sue braccia, una cosa che non avrei mai fato con uno sconosciuto ma con lui tutto era diverso, lui era Diego e c’era sempre stato.
Mi carezzò la schiena con le sue mani e io chiusi gli occhi, quel tocco era così gentile e così vivo che mi fece sorridere dalla gioia.
Non mi ero mai sentita così in tutta la mia vita.
-Andiamo.- sussurrò al mio orecchio.
Lo ascoltai e mi staccai da lui, solo che lui mi cinse la spalla con il braccio sinistro per non far sparire del tutto quel contatto e ci avviamo verso la classe.
Entrammo nella mia classe e dopo avergli indicato il mio banco e preso la macchina fotografica, ci incamminammo verso il campo da calcio esterno in erba sintetica, vedendo già buona parte dei ragazzi andare.
Lui si preparò assieme agli altri compagni e io mi sedetti nella panchina, solo che stavolta al posto del libro avevo una macchina per fare foto professionali.
Sorrisi e mi voltai verso una persona che nel frattempo si era avvicinata a me.
-Tu devi essere Luce.- disse una ragazza sedendosi accanto a me.
La trovai molto invadente e mi strinsi alla mia macchina.
-Sì.- risposi semplicemente.
-Io sono una compagna di classe di Diego, e ho notato che ve la intendete molto.- ammiccò ma io non risposi.
-A lui piacciano molto le nuove arrivate e tu capiti proprio nel momento giusto, l'ultima ragazza non l'ha più filato e sei diventato il suo nuovo giocattolino.- scandì bene quelle parole e io la guardai male oppure fui abbastanza sorpresa, non riuscii a decifrare bene il mio sguardo.
Ma lei si era già alzata ed era andata dalle sue amiche, scossi la testa con la speranza di aver scacciato quelle parole, ma le ritrovai ogni volta che lo guardavo.
Il mio cuore si era come graffiato, a causa di quella ragazza, sapevo di non dovergli credere ma un piccolo lato diceva che forse era vero, che forse ero solo la nuova per lui e niente più.
Durante l'ora successiva scattai un paio di foto, di belle foto ma prima che la partita fosse finita scappai via di corsa, con le lacrime agli occhi.
 
 
Non seppi dire come ritrovai la strada ma fatto sta che risalii nel tetto dell'edificio e mi ritrovai a scattere foto al panorama, la vista era stupenda, si poteva vedere tutta la città.
Neanche da casa mia si vedeva tutto quello spettacolo.
Asciugai una lacrima solitaria e scattai un'altra foto.
Sentii la porta aprirsi e mi voltai, terrorizzata che qualcuno mi avesse seguito o scoperto.
Ma ci trovai solo un Diego affaticato per la corsa, mi voltai lentamente, non avendo le forze per dire qualcosa.
 
-Luce parlami, perchè prima sei scappata.- si avvicinò a me, lo riuscii a percepire.
-Se credi di poterti prendere gioco di me, ti sbagli.- dissi fredda.
-Prendermi gioco, ma non so nemmeno a cosa ti riferisci.-
-Mi ha detto che a te piacciano molto le nuove.- lo guardai intensamente e lo trovai sorpreso e arrabbiato.
-E' stata Arianna vero? La mia compagna di classe! Luce ti prego non credergli io non sono quel genere di ragazzo.- urlò per la disperazione.
-Mi ha detto anche che sei rimasto scottato dall'ultima.-
-Luce si parla di due anni fa, puoi chiedere a tutti i miei amici non esco con una ragazza da due anni, Arianna lo fa solo per farti ingelosire e per mettermi in cattiva luce.-
A quelle parole il mio cuore lacerato dal dolore si aggiustò, lo sentii battere nuovamente e solo perchè lui aveva smentito, ma dovevo credergli?
-Credimi ti prego.- prese le mie mani tra le sue e mi avvicinò a lui, mi ritrovai a pochi centimetri dal suo bellissimo viso e il mio respiro si fece più pesante.
-Io....- non seppi cosa dire.
-Dì di sì, Luce sto bene con te e non avrei motivo per mentirti, e poi come potrei farti solo soffrire! Sei un fiore delicato e io ti voglio proteggere.- disse accarezzandomi la guancia.
Chiusi gli occhi a quel contatto e ripresi a piangere, -Scusa se non ti ho creduto.-
-Non importa, basta che mi prometti che da ora in poi lo farai.-
-Te lo prometto.-
Non ebbi nemmeno il tempo di riaprire gli occhi che mi trovai la sua bocca contro la mia, mi stava baciando.
Sentii qualcosa dentro di me scoppiare di gioia e incrociai le mie mani intorno al suo collo e le sue mani aderirono perfettamente alla mia vita e mi sentii come se lo avessi aspettato per tutta la vita.
Come se non avessi aspettato altro che lui per tutta la vita, quel primo bacio aveva il sapore aspro delle lacrime ed era accompagnato dal ritmo dei nostri cuori.
Mi strinsi forte a lui e mi feci trascinare dall'amore che ci stava legando, per sempre.
 

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Capitolo 9
*** Ecco cos'è successo ***


Capitolo 8: Ecco cos'è successo.
 
 
 
Sono passati già due anni, due anni da quando ho visto per l'ultima volta il suo viso, due anni da quando mi ha battuto il cuore, due anni da quando ho sorriso per l'ultima volta.
Due maledetti anni che mi hanno tolto la vita.
Perché negarlo, nonostante tutto, sono come un guscio vuoto che non ha speranze per un futuro e neanche per un presente, ha paura del proprio passato e trema davanti a un ricordo.
Cosa sono i ricordi? Me lo sono sempre chiesta durante le sedute con la Dottoressa, lei mi chiede di ricordare, di informarla del mio dolore, ma come fa a definirli ricordi e non incubi?
Io li definirei incubi, perché io piango e sto male quando penso a lui.
Eravamo giusti e ancora oggi ne sono convinta ma ci siamo trovati al momento sbagliato, anche se il nostro primo incontro mi illumina ancora il cuore.
Come il nostro bacio sulla terrazza, indelebile.
-Cos'è un emozione, Luce?- mi chiese la Dottoressa.
-Scusi?- alzai la testa per vederla, quando inizio a pensare non c'è più niente che mi può fermare.
-Cos'è un emozione?- chiese nuovamente.
-E' quando il cuore batte e ti fa capire qualcosa.- dissi toccandomelo.
-Tu l'hai più provata, un'emozione? Una qualsiasi?-
Crede si essere arrivata alla fine con le mie sedute, ma non è cosi, scossi la testa, -Non so neanche quello che dico, è passato cosi tanto tempo dall'ultima volta.-
-Non hai più provato niente, neanche una gioia?. chiese esasperata per la situazione.
-No.- risposi semplicemente.
Scosse la testa e non rispose, era sempre più avvilita lo vedovo ogni giorno, non vuole più ascoltarmi, crede di aver fallito con me, ma la realtà è che io mi sento un fallimento, io stessa lo sono, tutte le mie amiche sono sempre andate avanti dopo che un ragazzo le ha lasciate o viceversa, perché io non riesco neanche a scordare il suo volto? O il giorno in cui si è seduto accanto a me nell'ora di Educazione Fisica?
Perché non posso andare avanti?
Perché lui è indelebile, mi risponde una voce dentro di me, forse il mio cuore.
 
Ma ancora una volta lui ha ragione, è indelebile, Diego resterà nella mi vita per sempre, lui il suo profumo, la sua risata, i suoi occhi, il suo sorriso, ancora oggi mi fanno stare male e mi strappano l'aria dai polmoni.
Mi fanno piangere fino a quando non ho più lacrime da versare.
Allungai una mano verso la borsa e ne estrassi un pacco di pillole, antidepressivi, l'unica cosa che riesce a farmi sopportare la realtà, senza decidere di finirla di nuovo.
Scossi la testa, avevo già provato il suicido, avevo rubato la pistola da casa mia e avevo deciso di spararmi, il mondo non valeva la pena di essere vissuto senza lui, ma i miei genitori mi avevano beccato e mandata dalla Dottoressa, per questo sono qua invece di studiare per gli esami di stato.
Ho ancora diciotto anni, eppure mi sembra di essermi fermata a sedici, all'anno in cui tutto è iniziato.
-Luce?-
-Sì?.- risposi automaticamente.
-A cosa stai pensando?- mi chiese gentilmente.
La guardai ancora una volta, e mi chiesi perchè aiutava le persone come me, quelle che non avevano futuro e che non avevano un passato, perchè perdeva ore della sua vita con dei malati di mente che non volevano vivere?
Perchè alla fine anche io sono arrivata a quella conclusioni: ho problemi mentali, forse non troppo gravi, ma dopo che ho preso in mano quella pistola ho capito di stare male dentro.
-Al perché sono qui.- risposi dopo un pò.
-Sei qui perché io ti possa guarire.- sorrise.
-Non posso essere guarita.- scossi la testa, nessuno accettava quella triste verità.
-Invece puoi.-
-Si ricorda quel giorno in cui ho provato a uccidermi?- sibilai.
-Sì.-
-Voglio farlo ancora, non voglio più restare qua.- lentamente mi girai verso la finestra, era inverno ed era passato da poco il mio compleanno, che già non ricordavo più.
-Luce lo dici per l'abbandono o per la malattia che ti toglie tutte le energie?-
-Per tutte e due.- risposi senza guardarla.
-Credi che Diego ti abbia lasciato anche per questo?. chiese piano.
 
Non lo aveva mai detto ma sapevo che prima o poi sarebbe arrivato quel giorno.
-Penso che sia stata una scusa per Diego.-
-Cosa ti dice il medico quando vai là?- prese il quaderno e cominciò a scriverci qualcosa.
-Dice che vado bene, l'insulina che prendo è costante e il Diabete è sotto controllo.-
Mi era venuto due anni fa, quando già stavamo assieme da quasi un anno e, mi ero sentita male durante un nostro appuntamento, mi aveva portato in ospedale di corsa, e dopo che avevano annunciato la notizia, il suo sguardo era già cambiato come se sapesse già tutto senza l'aiuto del medico.
Le cose erano cambiate da quel momento, come se ci fosse stato una frattura da quel giorno nel nostro rapporto, asciugai una lacrima, infatti lui mi aveva lasciato, qualche mese prima di Natale e del nostro anniversario e da quel momento era iniziato tutto.
Le mie sedute e le visite dal Dottore, il quarto e poi il quinto anno, giorni senza senso che neanche ricordo, come se la mia vita si fosse fermata quel giorno che ho avuto il primo attacco.
-Credi di riuscire a superare gli esami?-
-In caso c'è l'anno dopo.- dissi senza molto entusiasmo.
-Non pensi di farcela?- chiese avvicinandosi a me.
-No, passo troppo tempo fuori casa e non tocco mai libri.-
-Non ti manca la vita che faceva prima di lui?-
-Mi manca lui.- le risposi sinceramente.
-Più dell'acqua e dell'aria?- chiese per testare fino a che punto dipendevo da lui.
-Darei la mia vita per riaverlo qua.- dissi con le lacrime agli occhi.
Rimanemmo in silenzio per un attimo, la situazione peggiorava seduta dopo seduta e la verità era che non me ne importava più di tanto, sapevo già di essere un caso disperato che avrebbero fatto bene a rinchiudermi per sempre, che della mia vita non mi importava più niente ormai, perché il mio cuore se l'era preso lui quel giorno e che lo avrei aspettato anche fino agli ottantott’anni.
Perché quando si trova l'anima gemella, non la si lascia più, neanche quando è lui a farlo.
-Non so più cosa fare.- disse sedendosi scompostamente sulla sedia.
-Neanche io.- risposi e mi alzai lentamente, presi la borsa e uscii dal suo studio.
Domani ci sarei tornata, come il giorno successivo e quello ancora dopo, ma per oggi era finito, era finito un altro giorno senza neanche averlo vissuto.
Luce era finita, ormai da tempo.

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Capitolo 10
*** Il giorno in cui tutto finì ***


Capitolo 9: Il giorno in cui tutto finì.
 
 
-Luce perchè non riesci ad ascoltarmi?- urlò sempre più forte.
Non risposi e mi asciugai le lacrime che interrotte scendevano ormai da ore, stavano affrontando la centesima discussione, la centesima volta in cui il mio cuore sarebbe andato a pezzi.
-Luce forza reagisci!- disse prendendomi per le braccia e scuotendomi forte.
-Diego ti prego.- biascicai senza guardarlo negli occhi.
-Sei cosi da quando te l'ho detto, non fai altro che piangere, io non capisco.- disse mettendosi le mani in testa.
Eravamo soli a casa sua, a litigare come dei pazzi per il nostro futuro, mi sarebbe piaciuto fare l'amore con lui ancora, e ancora, lo avevamo fatto dopo i sei mesi ed era stato la cosa più della mia vita, lo avevamo fatto proprio qui.
Mi aveva stretto forte a se, i suoi baci casti erano diventati passionali e bruciavano come le fiamme dell'inferno, come qualcosa di proibito, aveva urlato il mio nome e lo avevo sentito dentro me, due anime un solo corpo.
Ma non era più cosi, ora eravamo sempre in quella camera, seduti su quel letto che ci aveva visto assieme mille e una volta, che aveva sentito i nostri ti amo più profondi.
Ma non è rimasto niente.
 
Alzai lo sguardo e lo guardai, era arrabbiato lo sapevo bene ma non era colpa mia, almeno non tutta.
Mi aveva visto stare male davanti ai suoi occhi, mi aveva portato in ospedale, ma invece di apparire preoccupato era risultato arrabbiato, offeso come se non lo avessi mai dovuto fare.
E poi era arrivato il colpo finale, la partenza.
Aveva deciso di voler partire, di viaggiare un anno per poi studiare e mettersi in pace con se stesso, avrebbe fatto il medico mi aveva detto un giorno e io che ancora non sapevo neanche come sarebbe stato il quarto liceo.
Non aveva capito l'importanza che aveva nella mia vita e quella era l'unica cosa mi stava uccidendo, perchè lui era diventato essenziale per vivere.
Da quel giorno non avevo smesso di piangere, mi stavo ritrovando solo senza neanche volerlo e la cosa mi stava uccidendo da dentro.
-Luce, amore ti prego.- disse supplichevole.
-Non chiamarmi amore.- sussurrai, -Non dopo questo.- dissi pensando alla sua decisione.
-Perchè non capisci che per me è importante?!- sbottò all'improvviso.
-Tu mi lasceresti per viaggiare!- dissi urlando.
Dovevo trovare il coraggio di reagire o mi avrebbe mangiata viva, non ero mai stata carne da macello e non sarei iniziata a esserlo da ora, era ancora Luce.
-Ma non ti voglio lasciare.- disse come se fosse la cosa più ovvia.
-Ah certo però puoi scoparti quelle che trovi nei vari posti.- dissi incrociando le braccia al petto e guardandolo, -Non avevi mai parlato di un anno sabatico prima dell'altro giorno, prima che mi venisse diagnosticato il diabete!- urlai.
-Luce non fare cosi- disse come se finalmente avesse capito l'importanza delle sue parole.
-Che cosa? Tu te ne vuoi andare e mi vuoi lasciare sola per un tuo desiderio egocentrico, non capisci che qui c'è qualcuno che ha bisogno di te!-
-Nessuno ha bisogno di me.- bisbigliò.
Aveva decretato da solo la nostra fine, purtroppo anche le cose più belle finiscono pensai tristemente, la cosa che faceva male era che ci avevo creduto veramente, gli avevo dato il mio cuore perchè lo tenesse al sicuro ma, le persone si imparano a conoscere solo dopo e non mi ero resa conto che era un uomo cosi diverso.
Annuii con la testa, presi la borsa e uscii di casa, era finito tutto pensai amaramente, in nemmeno un anno della nostra vita, era iniziato tutto all'improvviso come un temporale inaspettato, ci eravamo consumati, ci eravamo amati alla follia e ora che era finita la pioggia non era restato più niente.
Asciugai una lacrima solitaria e presi le chiavi del motorino, era tutto finito ripensai tristemente, ma una parte di me non lo voleva, voleva tornare da Diego stringerlo forte e urlargli che ci sarebbe sempre stata ma, non era lui ad avere bisogno di me in quel momento, ero io, io stavo male e lo avrei solo voluto al mio fianco, per riuscire a superare la malattia e la tristezza, ma mi aveva privato anche di quello.
Misi in moto e mi avviai verso casa, il dottore mi aveva consigliato di non guidare soprattutto nei primi mesi in cui il diabete si manifestava, mi sarei potuta sentire male in qualsiasi momento ma ultimamente non avevo prestato attenzione a ciò che i dottori mi dicevano, e la colpa era di quel maledetto ragazzo che mi aveva mandato in confusione il cuore e il cervello.
Arrivai a casa dopo quasi un'ora, ero stata costretta a procedere lentamente a causa delle lacrime che avevano iniziato a uscire sempre più numerose.
Salii le scale e aprii la porta ma dei miei non c'era alcuna traccia, scossi la testa e corsi in camera mia buttandomi sul letto, vidi la foto di me e Diego incorniciata come se fosse d'oro, l'avevamo fatta ai nostri quattro mesi, mi aveva portato fuori a cena e poi in Luna Park per passarci il tempo, la presi e la buttai contro la parete, il vetro andò in frantumi ma non la carta che stava ancora a terra, intatta.
Crollai dopo un paio di minuti, le lacrime mi tolsero tutte le energie, impossibile per rimanere sveglia e mi abbandonai a un sonno disperato.
 
-Luce devi andare a scuola.- disse una voce dolce al mio orecchio.
Qualcosa mi fece pensare a Diego, qualcosa di banale e futile, come se fosse stato un sogno, aprii gli occhi e trovai mia madre sorridente.
Era un incubo pensai amaramente, un incubo che mi avrebbe perseguitato per sempre.
-Arrivo.- dissi semplicemente.
Mi alzai e andai in bagno a cambiarmi, la mia voglia di andare a scuola era sotto lo zero dopo la discussione di ieri con Diego e rivederlo avrebbe fatto male e riaperto le ferite che stavamo provando a chiudere.
Mi preparai e controllai il livello del diabete, nella norma pensai sollevata presi le chiavi e il casco e uscii di casa, arrivai stranamente in anticipo a scuola e trovai solo un paio di compagni di classe di Diego, mi salutarono calorosamente.
Ricambiai dolcemente, col tempo ero diventata amica loro anche perchè noi uscivamo sempre con loro il sabato sera ed era diventato facile considerarli amici e col tempo avevo anche amato quella scuola, era strano mi aveva fatto conoscere qualcuno di davvero importante.
-Luce…?- chiese Carl il suo migliore amico.
-Ehi ciao. - dissi cercando di essere normale ma dentro non riuscivo a contenermi, lui sapeva qualcosa su Diego ne ero sicura.
-Com'è andata ieri?-
-Male.- dissi senza pensarci troppo, -Lo hai visto per caso?- chiesi guardandomi in giro.
-Luce non c'è.- disse rassegnato.
-Vabbè vuol dire che deve arrivare.- dissi tranquilla ma qualcosa nel tono della sua voce mi aveva fatto capire che il mondo mi stava per cadere a dosso.
-E' andato a prendere i biglietti, parte dopo che ha dato l'esame.- disse mettendomi una mano sulla spalla, -Mi dispiace.- sussurrò.
Non risposi, avevo mille parole da dire a Carl e a Diego, parole pesanti e brutte ma qualcosa me lo impedii, il mio cuore si era appena spezzato, lo sentivo stava andando in pezzi e tutto a causa di Diego, lo toccai, faceva male.
Un respiro strozzato mi uscii dalla bocca, caddi a terra e cominciai a piangere, era veramente finita la nostra storia, mi portai le gambe al petto e le strinsi forte.
Non sono niente per lui, valgo meno del suo sogno e adesso sono polvere al vento, facile da buttare via.
-Sto morendo.- sussurrai.
Sentii che anche l'ultimo pezzo del mio cuore era andato perduto, non aveva più senso vivere se l'unica ragione che ti portava a svegliarti la mattina era andata via, per sempre.
-Ti amo.- dissi tra un singhiozzo e l'altro.
Non sentii neanche la campana suonare, perchè qualcosa in me era andato perduto, la mia voglia di vivere e il cielo venne squarciato da un lampo che mi ricordò tanto il suo ingresso nella mia vita, prepotente e breve.
 
 
"Mi ritroverai lo so, ma non sarò piú la ragazzina che hai amato una volta.
Sarò una donna, e mi vedrai con occhi diversi, perchè rimpiangerai quello che eravamo, rimpiangerai quello che ti ho dato e che non hai saputo apprezzare.
Rimpiangerai me, il tuo grande amore, la tua piú grande delusione.
Perché sono scappata dalla prigione del tuo cuore, che non mi lasciava abbastanza luce da poter vivere.
Eppure sarò indelebile, il mio nome risplenderà sulla tua pelle come un marchio a sangue, che non potrai non vedere, che non potrà non fare male.
E ti ricorderà per sempre me, lasciandoti un vuoto dentro, un vuoto che nessuno potrà mai colmare e che diventerà sempre piú grande, man mano che gli anni passano e che tu ti scorderai di me.
Perchè entrambi sappiamo che solo io potrò colmare quel tuo vuoto.
Ma non tocca a me dirlo, tocca a te capirlo e forse un giorno mi ritroverai.
Mi troverai là dove finisco i sogni e ogni realtà è dimenticata, là ancora mi amerai come hai fatto la prima volta, senza bugie, senza imbrogli.
E fino a quel momento metto da parte ogni emozione, perchè tanto non avrebbero senso senza di te."
 
 

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Capitolo 11
*** Ultimatum dal corpo ***


Capitolo 10: Ultimatum dal corpo.
 
 
Quel giorno sotto la pioggia aveva segnato la mia fine, era difficile ammetterlo soprattutto a me stessa ma era la verità, Diego mi aveva distrutto e non solo fisicamente ma anche emotivamente.
E da quel giorno il mio mondo era andato a rotoli, la malattia si era fatta sempre più frequente giorno dopo giorno e la solitudine era altrettanto presente, dal suo addio tutto era cambiato.
La colpa è solo la mia, se io non lo avessi fatto entrare nella mia vita non sarei ridotta così, se non lo avessi fatto entrare starei bene, ma gli ho permesso di prendersi il mio cuore, di prendersi me, senza lasciarmi niente.
 
E ancora oggi, dopo due anni dalla sua partenza mi sento come se fossi solo un guscio, vuoto sia dentro che fuori, un guscio che non ha futuro che si è bloccato nel passato senza possibilità di redimersi dei propri sbagli.
Ma ero stata io a non darmi un'altra occasione, non mi ero rialzata e non avevo combattuto, ero rimasta ferma e immobile a subire il crollo della mia vita.
Ecco perché avevo provato a uccidermi tempo fa, perchè non aveva senso andare avanti senza la propria ragione di vita, ecco perchè stavo diventando anoressica, ecco perchè la malattia mi aveva preso, per punirmi, era questa l'unica spiegazione che la notte mi davo.
Non ero mai stata superstiziosa ma la vita mi aveva insegnato che per quanto uno possa essere felice non è mai per sempre, soprattutto perchè la vita chiede qualcosa in cambio, sempre e comunque, a me aveva dato la felicità ma si stava prendendo il mio corpo.
Neanche in queste cose esiste l’equilibrio, la felicità per il mio corpo?
Non è un prezzo equo.
-Luce?- sentii chiamarmi da lontano.
Alzai lo sguardo dal cuscino e guardai mia madre senza vederla veramente, sembrava invecchiata cent'anni da quando ero stata male, anche a lei la mia malattia stava portando via la vita.
 
Non puoi stare male anche tu.
 
-Bambina mia?- chiese avvicinandosi.
Aveva smesso di chiamarmi cosi da tempo e sentii il mio cuore scaldarsi per quell piccolo gesto.
-Dimmi.- dissi freddamente.
-Come va?-
Non va bene come domanda e lo dovresti sapere.
-Male.- risposi semplicemente.
-Luce devi andare avanti.- si sedette accanto a me e mi accarezzò i capelli lunghi.
-Non ne ho motivo.-
-Fallo per me, per tuo padre anche lui sta male.- disse facendomi pesare ancora di più tutta la situazione.
-Mamma non lo capisci che per me è finita!? Cosa sperate, che mi rialzi faccia una colazione abbondante e che dia gli esami come se niente fosse? Vi sbagliate.- dissi spuntando quella verità che faceva male a me più che a lei.
-Tesoro...- sussurrò con le lacrime agli occhi.
-Basta..- chiesi disperata.
Non ne potevo più di quei discorsi, non ne potevo più di quella vita, quanto sarebbe stato facile farla finita per sempre, senza ripensamenti ma solo col dolore nel cuore.
-Devi andare dalla dottoressa.- disse alzandosi e uscendo dalla mia stanza.
Era finita un'altra discussione, avevo in franto nuovamente i sogni di mia madre e le sue speranze, l'avevo delusa solo come una figlia poteva fare ma, stranamente il mio cuore era ancora vuoto, lo toccai.
Ero fredda e il battito era molto lento, delle lacrime mi uscirono dagli occhi per la consapevolezza che era vero tutto: io stavo morendo.
E sarebbe stato diverso dalla prima volta che mi ero puntata la pistola, stavolta la decisione era del mio corpo, mi stava dando una scadenza che era definitiva.
 

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Capitolo 12
*** Lui ***


Capitolo 11: Lui.
 
 
 
Uscii di casa in un ritardo scandaloso ma non me ne curai più di tanto, appena misi piede fuori dal portone mi resi conto che stava diluviando.
 
Mi fermai un attiamo a guardare le scale, se fossi tornata indietro non sarei riuscita ad arrivare in tempo alla seduta, avrei perso una possibilità preziosa di ripensare a Diego senza voler morire e avrei fatto infelice mia mamma ma, se fossi andata senza una giusta protezione sarei dovuta rimanere a letto a causa della febbre.
 
Chiusi gli occhi un attimo e inspirai a fondo.
 
Fanculo, vado.
 
Presi le chiavi dalla tasca e misi in moto, partii un attimo dopo e mi immersi nel pomeriggio piovoso della città che odiavo quanto me stessa, il sole era ormai calato da tempo, l'inverno non voleva lasciare la città e lo stava dimostrando con quelle piogge continue.
 
Ma da un lato era meglio la nebbia del sole, almeno non si vedeva la strada presa e non si doveva aver paura di sbagliare, il rintocco dell'orologio mi riportò al presente, alzai lo sguardo e lo guardai, le sette e un quarto ero in ritardo di mezz'ora e la dottoressa non me l'avrebbe fatta passare liscia.
 
Accelerai e cosi mi ritrovai poco distante dal suo studio, posteggiai al solito posto e mi fermai a mettere la catena al motorino, la pioggia non aveva smesso di scendere e mi parve anche più impetuosa di qualche minuto fa ma, stranamente mi piacque, mi fece sentire rilassata.
 
-Ciao bellezza.-
 
Mi girai di colpo e il mio cuore iniziò a battere forte per la paura, un tizio si era avvicinato a me, la sua faccia era rossa a causa della birra che teneva in mano e i suoi occhi non facevano altro che guardarmi, mi stava ispezionando.
 
Inghiottii il groppo in gola e indietreggiai, fino a toccare con la schiena la ringhiera che stava sul marciapiede.
 
-Dove te ne vai?- disse avanzo a zig zag verso di me.
 
La paura aumentò, mi voltai per cercare una soluzione ma non ne vidi nessuna, scavalcare la ringhiera mi era impossibile, mi avrebbe raggiunta e non avevo neanche tutta quella forza.
 
Mi maledissi mille e una volta, se non avessi avuto il diabete sarei riuscita a scappare ma non era più possibile essere quella di una volta e mi resi conto che forse Diego non aveva fatto male a lasciarmi, ero un peso morto.
Lo vidi avanzare e si toccò le parti basse, e un brivido di paura mi fece pietrificare sul posto, mi voleva fare del male ormai era scontato.
 
Chiusi gli occhi per la paura, non avevo per niente voglia di vedere quel momento, sarebbe stato molto meglio non ricordare le scene che si sarebbero verificate da un momento all'altro.
Ma il tocco dello sconosciuto tardò ad arrivare e sentii invece un rumore strano, come di pelle contro pelle, con colpo violento, aprii gli occhi e vidi un ragazzo alzarsi da terra, aveva preso a pugni l'ubriaco che stava per molestarmi.
 
Il mio cuore si rilassò solo per un attimo, perché dopo che il ragazzo si fu alzato riprese a battere forte, i capelli anche se bagnati a causa della pioggia erano di quel castano dorato che solo lui aveva, il fisico muscolo era il suo.
 
Il mio cuore perse un battito e mi aggrappai alla ringhiera per non cadere, non poteva essere.
 
Si voltò lentamente e i suoi occhi incontrarono i miei di nuovo, come una volte fu un miscuglio di emozioni e sentimenti, anche senza parole riuscii a percepire il suo essere.
 
-Non potevo permettere che ti facesse del male.- sussurrò senza smettere di guardarmi, ma con tutta la pioggia riuscii a sentirlo benissimo.
 
-Grazie.- dissi incredula, avevo parlato senza pensarci nemmeno un minuto.
 
-Luce..- disse facendo un passo verso me, sentii il mio mondo crollarmi a dosso ancora peggio di quel giorno a scuola, anzi mi resi conto che stava piovendo come in quel momento.
 
-Diego.- dissi prima che il fiato mi mancasse, sentivo il ritmo del mio cuore in testa, mi stava facendo impazzire.
 
Lasciai la sbarra per tenere la testa ma scivolai a causa dell'acqua, sentii le sue mani stringermi intorno prima di cadere e fu come bruciarsi, anche col freddo le sue mani risultavano calde come l'inferno.
 
Avevo scordato da tempo quella sensazione.
 
Alzai lo sguardo e lo trovai a pochi centimetri dal suo, i suoi occhi non erano cambiati di una virgola, erano anzi molto più belli.
 
-Attenta.- disse con quella voce sensuale che in due anni non aveva mai abbandonato un mio sogno, -Dove stai andando con questa pioggia?- chiese aiutandomi ad alzare.
 
-Da...- tentennai, -Da una dottoressa.- dissi abbassando lo sguardo aspettando una sua reazione.
 
-Ti... Ti va di prenderci qualcosa al bar, se ovviamente puoi.- disse imbarazzato.
 
Lo guardai senza capire, ma alla fine annuii.
 
-Bene, vieni è dietro l'angolo.- disse facendomi strada.
 
Lo seguii in silenzio, mi porse il braccio e lo strinsi con la mia mano, non lo facevamo da davvero tanto e alla fine ci ritrovammo a camminare sotto la pioggia uno accanto all'altro, come due anni prima quando stavamo assieme, e stranamente mi parve la cosa più giusta che potesse succederci.
 
Perché tolto l'odio per l'abbandono, rimaneva ancora l'amore che mi legava a lui.
 

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Capitolo 13
*** Bar ***


Capitolo 12: Bar.
 
 
Camminammo in silenzio uno accanto all'altro, ma in quel silenzio non trovai nessun imbarazzato, anzi c'era molto di più.
Entrambi ci stavamo esaminando senza proferire parola, sentivo il suo sguardo sul mio, stava vedendo come ero diventata e cominciai ad immaginarmi le peggiori cose anche perché il mio corpo stava decantando da solo la sua cattiva salute.
Io dal canto mio, ero rimasta senza parole, Diego si era fatto ancora più bello di prima, era diventato leggermente più alto, i muscoli erano più tonificati e il petto era diventato possente.
Lo avevo visto crescere ma mi ero persa una parte importante della sua vita e non me lo sarei mai perdonato.
Dopo aver girato l'angolo ci trovammo a pochi metri dal bar, semplice con qualche tenda fuori per far riparare i passanti durante i giorni di pioggia e qualche tavolino, entrammo silenziosamente.
-Un tavolo per due.- disse Diego al cameriere più vicino.
Mi tolsi il cappotto scolato e mi resi solo in quel momento conto di tremare dal freddo, lo rimisi sopra le spalle ma il tentativo di riscaldarmi fu del tutto inutile.
-Se è possibile anche vicino a qualche stufa.- disse sempre allo stesso ragazzo dopo avermi visto tremare.
Gli sorrisi per ringraziarlo e ci accomodammo a un tavolo che si trovava in una sala riservata del bar, mi fece sedere accanto alla stufa e in poco tempo sentii il mio corpo riscaldarsi.
Era una bellissima sensazione e mi ricordai quei momenti passati al bar quando stavamo assieme, ci andavamo spesso o per rilassarci o per allontanarci dagli altri e ricordai anche che quelle erano sempre le più belle giornate che passavo con lui.
-Ecco il menù.- disse una voce che era apparsa all'improvviso e notai che era sempre lo stesso cameriere, gli sorrisi e presi il menù dalle sue mani.
Diego fece lo stesso e iniziammo a sfogliarlo simultaneamente, mi resi conto che io e lui non avevamo più parlato e cominciai a sentirmi nervosa.
-Cosa prendi?- chiese guardandomi negli occhi.
-Beh penso una cioccolata calda per ora, c'è freddo.- dissi un pò ridendo.
Sorrise anche a lui e disse: -Io penso che prenderò un caffè.-
-Perfetto.- e diedi l'ordine al cameriere che sparì in un attimo.
-Allora.- disse sistemandomi meglio sulla sedia, anche lui si era tolto il cappoto e notai che indossava una felpa pesante e subito mi venne il desiderio di stringermi a lui.
Ma lo soppressi, noi non stavamo più assieme.
-Come stai?- chiesi per rompere il ghiaccio.
-Io? Bene direi va tutto bene, e tu?- ma subito dopo lo vidi rabbuiarsi, aveva capito che non poteva andare, -Scusami.- disse un minuto dopo.
-Non ti devi scusare.- dissi muovendomi sulla sedia,
-A me va discretamente, mi vedo ogni due giorni con un dottore che mi contralla il diabete e tutti i giorni con una dottoressa che mi controlla la testa invece.- risi un pò della mia ultima battuta ma mi zittii subito dopo.
-Mi dispiace.- disse commosso.
-Non devi, alla fine nessuno ti aveva detto che lasciandomi mi avresti fatto diventare pazza, non è colpa tua, ma mia.- dissi sorridendo.
-Come fai a sorridere?!- chiese scandalizzato dal mio atteggiamento.
Sospirai pesantemente, non era la prima persona che mi diceva queste cose ma avrei risposto come avevo sempre fatto, purtroppo io mi ero resa conto della mia situazione ma non tutti lo avevano fatto.
-Senti Diego, io ti ringrazio per il fatto che mi hai salvato da quel mascalzone, ma non venire qua a farmi la predica, tu poi che centri più degli altri dovresti accettare la mia situazione.- dissi dura.
-Non posso Luce, credevo che tu stessi bene!- sbottò esasperato.
-Bene? Bene! Forse tu non hai idea di come mi hai lasciato, io non vivo da due anni, non so se rendo!- dissi alzando il tono di voce, ma lo abbassai poichè non avevo per niente voglia di fare pubblicità.
-Io credevo che tu stessi bene.- abbassò lo sguardo mortificato.
-Diego tu mi hai lasciato perché avevo il diabete, mi hai ucciso quel giorno.- dissi asciugandomi le lacrime che avevano preso a scendere.
-Non piangere.- disse dolcemente.
-Oh non fa niente, sono abituata.- dissi ironizzando un pò.
-Va davvero così male?- chiese stringendomi la mano.
-Sì credimi, vado da una psicologa perché mia madre crede che sia uscita fuori di senno, non frequento un giorno di scuola da un bel pò di tempo e il mio diabete non va bene.- dissi stringendo la sua mano in automatico.
-Credi che sarebbe andata meglio se io fossi rimasto?-
-Ecco la cioccolata e il caffè.- disse il cameriere porgendocele.
-Grazie.- sussurrammo.
-Comunque sì.- risposi guardandolo dritto negli occhi, -Perché mi hai lasciato?- chiesi debolmente.
-Io… Io non ero preparato per tutto questo, stavo finendo la scuola, dovevo andare all'università e tu, tu ti sei ammalata e io non ho capito più niente.-
-E mi hai lasciato.- conclusi per lui.
-Sì esatto, mi sono sentito davvero uno schifo.-
-Io lo sono tutt'ora.- ironizzai, -Scommetto però che la tua nuova fidanzata sia felice, guarda come sei ora, nessuno avrebbe detto che eri un altro prima.-
-Fidanzata?- disse sorpreso.
Annuii mentre sorseggiavo la cioccolata calda, -Sì, sei cambiato e di solito si fa solo per una donna.-
-Io per te non sono cambiato.- disse serio.
-Io non ero una donna.- conclusi tristemente.
Lui rimase in silenzio e mi resi conto che forse l'idea di andare al bar con lui non era stata geniale, che forse avevo sbagliato e mi ero lasciata prendere dal momento, cosa mi aveva spinto ad accettare il suo invito?
Beh la risposta arrivò subito, lo amavo e non lo vedevo da troppo tempo, mi appoggiai alla sedia, sarebbe stata una lunga giornata.

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Capitolo 14
*** Un addio non è mai per sempre ***


Capitolo 13: Un addio non è mai per sempre.
 
 
-Luce?- mi chiamò gentilmente, io mi voltai verso di lui.
E ancora una volta rimasi sconvolta dal suo cambiamento, il ragazzo che conoscevo era sparito, era stato sostituito da un uomo che non conoscevo più.
-Dimmi.- risposi senza molta convinzione.
-Tu stai con qualcuno?- chiese lentamente.
Crede veramente che con tutto lo schifo che mi passa per il cervello trovi il tempo per stare qualcuno?!
-No Diego, a quest'ora non sarei venuta a prendere un caffè con te, a quest'ora non sarei andata da uno psicologo e via dicendo, sono sola da quando mi hai lasciato.- risposi duramente.
Lui non parlò per un bel pò e neanche io lo feci, riuscivo quasi a vedere il movimento delle rotelle che stavano dentro la sua testa, voleva dire qualcosa di importante ne ero sicura solo che non trovava il coraggio di farlo.
-Se devi dirmi qualcosa fallo e basta, perchè mi sa che è il momento di andare a casa.-
Lo vidi diventare ancora più pensieroso e mi chiese solo altri due minuti.
-Senti Luce io sono stato un vero stronzo con te e me ne sono reso conto troppo tardi, ero spaventato e non sapevo cosa fare e quindi sono andato via.-
-Scappato.- dissi interrompendolo.
-Sì, scappato ma tu non sai come mi sono sentito fino a oggi: incompleto, vuoto. Non ero più me stesso perchè avevo lasciato la parte più importante di me qua, a farti compagnia e beh per tutto questo tempo mi sono dato la colpa della tua malattia, se fossi stato più presente forse oggi non saremo qui, in questo caffè a cercare di aggiustare la nostra storia.
Luce quando ti ho vista in preda al panico sotto la pioggia, non ho più visto la ragazza che eri un tempo, ho visto una donna, una vera donna e mi sono sentito perso di fronte a te, perchè io non ci sono stato nei momenti importanti della tua vita e perciò ti sto chiedendo un'altra occasione, potrai mai darmela?- disse prendendomi la mano e stringendola con la sua.
Stranamente le sue parole cambiarono il mio stato d'animo, rispecchiavano quelle che avevo detto sotto la pioggia il giorno del suo addio e mi fecero sentire bene, perchè forse non tutto era stato cosi sbagliato, forse abbattersi per poi tornare non era stato un gesto insulso, aveva visto la donna che c'era in me, aveva sentito la mia mancanza.
Guardai distrattamente le nostre mani, unite come una volta, ero rimasta nei suoi pensieri come lui nei miei.
Nella mia mente non avevo mai sperato nel suo ritorno, non avevo neanche osato chiedere una scena come questa, perchè mi ero sempre detta che era troppo, che la vita non mi avrebbe mai dato una seconda occasione.
Eppure...
-Sì.- dissi sorridendo.
-Sì cosa?- chiese turbato.
-Sì ti darò un'altra occasione Diego.-
-Dici sul serio?.- chiese stringendo ancora di più la mia mano.
-Dico sul serio.- mi asciugai una lacrima con la mano libera e sorrisi come mai in tutta la mia vita, finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto e stranamente non mi sorprese il fatto che centrava Diego.
Si sedette nel posto accanto a me e mi abbracciò come solo lui sapeva fare, io ricambiai quell'abbraccio che mi era mancato per tutto questo tempo e ripresi a piangere ancora più forte.
Lo guardai dritto negli occhi e lui capendo che cosa voleva il mio cuore mi baciò.
Sentii il tempo rallentare, il mio cuore invece aveva deciso di uscirmi dal petto per quanto andava veloce, non riuscivo ancora a crederci.
Diego stava baciando me e solo me, un sogno.
-Non è un sogno.- disse al mio orecchio e solo in quel momento mi resi conto di averlo detto ad alta voce.
Risi per il mio imbarazzo e ripresi a baciarlo.
Solo in quel momento il mondo mi parve di nuovo fatto di colori, di nuovo luminoso, di nuovo abitabile e questo solo grazie a lui.
A lui che due anni fa aveva illuminato la mia vita e ora era tornato per lo stesso motivo, lui il mio più grande amore.
Uscimmo dal locale stretti l'uno all'altro e mi dissi che tutto il dolore che avevo subito in questi anni era calcolato, che il destino aveva sempre avuto per me un progetto, una strada da seguire e che solo ora si stava avverando.
-Mi aiuterai a stare bene?- chiesi guardandolo negli occhi.
-Certamente Luce.- disse sincero come solo lui sapeva fare.
Gli sorrisi e finalmente sentii il mio cuore sereno, come mai lo era stato.
Alla fine avevo trovato Diego in una scuola in cui non volevo stare e che odiavo ancora oggi, mi ero fidata di lui come mai in tutta la mia vita avevo fatto ed ero rimasta bruciata da quel contatto ma oltre il dolore c'era l'amore, perchè solo lui aveva trovato la forza di amarmi.
 

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