Shadow Lady e le luci della ribalta

di Rik Bisini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Desiderio di successo ***
Capitolo 3: *** Incidenti in scena ***
Capitolo 4: *** Una maschera si scioglie ***
Capitolo 5: *** Una ragazza di talento ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Shadow Lady e le luci della ribalta
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Prologo

Il vento fischiava poderoso in un altopiano scosceso, in cui gli stretti sentieri salivano e scendevano tra crepacci e guglie. Sembrava quietarsi oltre una certa altezza, dove si innalzava un pinnacolo di roccia. Il pinnacolo era di forma quasi cilindrica ed alla sua sommità si aprivano delle finestre quasi perfettamente rettangolari da cui proveniva una fioca luce.
Una creatura era illuminata in quella luce, un essere di poco più di un metro, di forma umana ma del color della pece. Era magrissimo, aveva un paio di corna affusolate sulla testa ed una lunga coda terminante con un pungiglione. Il suo viso era lungo ed i suoi occhi grandi. Non indossava vestiti, né aveva pelliccia, ma il suo corpo sembrava avere la consistenza della corazza di un insetto.
Fissava interessato fuori dalla finestra: si distingueva in lontananza una figura che stentava ad avanzare controvento. Era una ragazza bellissima, bionda, dagli occhi vispi elegantemente truccati, con una elaborata acconciatura a punte che resisteva inspiegabilmente alle raffiche di vento. Vestiva un abito cortissimo con uno spacco sull'abbondante seno.
L'essere sorrise nel vederla coprirsi gli occhi e cercare di orientarsi nel vento. "È Shadow Lady." commentò a bassa voce.

Si udì un rumore provenire dal basso. L'essere si allontanò dalla finestra. La ragazza dagli occhi vispi apparve salendo i gradini di una scala; il suo vestito si era trasformato: ora indossava un cortissimo vestito rosa guarnito con strisce di stoffa del medesimo colore, piegate ed arricciate in modo da ricordare la forma di un fiore. Aveva un bizzarro copricapo la cui forma ricordava un pistillo circondato dagli stami. Portava lunghe calze verdi e stivaletti del medesimo colore e lunghi guanti viola che arrivavano fino alle pieghe del vestito.
"Benvenuta, Shadow Lady" disse l'essere "io sono Makuberu, chiamato il Signore del Tempo. Ti attendevo con ansia."
Una voce replicò dalle spalle di Shadow Lady.
"Con questo vento, abbiamo rischiato di non arrivare affatto."
La voce apparteneva ad un essere minuto, con ali da pipistrello e piccole corna, aggrappato ed avvolto dalle pieghe dell'abito della ragazza.
"Buongiorno, Demo" lo salutò Makuberu serenamente.
"Non penso che il vento sia colpa sua, Demo." osservò Shadow Lady.
"In effetti non lo è" intervenne Makuberu "ma è opera mia. Con esso trasferisco energie magiche fredde ai demoni del fuoco e calde verso i demoni dei ghiacci. È necessario evitare che le energie della stessa natura si accumulino nello stesso luogo o i demoni non potrebero più viverci. È il mio lavoro da molti millenni." Fece una pausa.
"Ma veniamo a te, giovane Messaggero" disse rivolto a Shadow Lady "tu sei qui per le pietre del diavolo. Coraggio, mostramele."
Shadow Lady stese un braccio. Sul guanto poco sotto il polso c'era una pietra dall'aspetto del quarzo. Si illuminò generando un breve fascio di luce di forma conica, dentro il quale apparve un contenitore dall'aspetto quasi cilindrico con due manici. Shadow Lady lo afferrò con l'altra mano e la luce della pietra si estinse. Lo strinse di fronte a sé e fissò Makuberu.
"Qui i diavoli non possono attingere alla cupidigia umana." disse il Signore del Tempo "Prendile senza timore."
Shadow Lady scoperchiò il contenitore e ne trasse una pietra liscia e lucida.
"Unite in una sola" commentò Makuberu "come sarà all'avvento del Diavolo della Distruzione."
Tese il braccio e prese la pietra dalla mano della ragazza.
"Torneranno come erano in pochi mesi, me ne occuperò personalmente."
"Vuoi dire che io non devo fare altro?" chiese la ragazza con sorpresa e sospetto.
Makuberu sorrise "Torna tra gli uomini, Shadow Lady. E' tempo che il Messaggero del Sovrano del Fuoco intervenga perché tra di essi non si diffonda la cupidigia ed essa non arrechi danno al mondo dei demoni."
Alzò con un ampio gesto un braccio e nella parete di fronte alla creatura si aprì un varco. Da esso si accedeva ad un vicolo deserto, stretto, sporco e buio.
"Arrivederci, Shadow Lady" disse Makuberu invitando con un gesto la ragazza ad attraversare il passaggio "informerò il Sovrano del Fuoco che è stato per mio desiderio che hai fatto ritorno nella tua città. Immagino che sia quello che anche tu desideri."
Shadow Lady annuì. "In effetti manco ormai da un mese e, senza offesa, ci sono abitudini per la pulizia personale che voi demoni non usate e che a me riescono difficili da queste parti..."
"Dunque, va." la esortò Makuberu.
Shadow Lady attraverò il varco e Demo la seguì pochi istanti dopo. Quando il piccolo demone vi fu entrato, il varco svanì come un'immagine riflessa nell'acqua che viene agitata.
"Ella riuscirà" sussurrò il Signore del Tempo come parlando a se stesso "perché io l'ho eletta a compiere ciò che deve essere fatto."

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Capitolo 2
*** Desiderio di successo ***


Shadow Lady e le luci della ribalta
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Desiderio di successo

Da una nube nera, in una notte buia, una falce di luna si mostrò improvvisamente e la sua luce pallida illuminò i tetti della città e si riflesse nelle pozzanghere create dalla pioggia.
Su un tetto, Shadow Lady si nascondeva alla luce della Luna.
"È stato facile" disse "troppo facile."
"Dovresti essere contenta, credo" replicò Demo, nascosto assieme a lei.
Shadow Lady spostò fino a pochi centimetri dal suo naso un piccolo oggetto metallico con un microfono ed un auricolare, evidentemente fatto per essere indossato all'orecchio da un cantante o un idol durante la sua esibizione.
"Bean ci ha detto di prendere il microfono dicendo che proviene dal mondo dei demoni" ricordò Demo "e questo oggetto sembra effettivamente dotato di natura magica. Forse non è stato aconra attivato dalla cupidigia umana e per questo è stato facile prenderlo."
La luna fu inghiottita dall'oscurità. Shadow Lady tornò a saltare tra i tetti, Demo la seguì svolazzando.
"Sai che stasera c'è l'inaugurazione della mostra delle sculture post-alternativiste al museo e che il sindaco non ci ha invitato? Scrivo un preavviso per Dory?"
Shadow Lady scosse la testa "Mi dispiace per lui e per gli altri VIP, ma questa sera voglio solo portare il microfono a casa. Chiederò a Vaar di dire a Bean di venire a prenderlo domani. Appena lo avrò consegnato ed il mio incarico sarà finito, potremo anche divertirci."
"Demo" continuò dopo un altra serie di salti e di corse sui tetti "tu non hai preso il microfono, sbaglio? Ero certa di averlo in mano."
"Cosa è successo, Aimi?" chiese il demone.
"È svanito, scomparso nel nulla." Si voltò indietro. "Prima dell'ultimo salto era nella mia mano ed ora... non so dove sia."
La luna uscì di nuovo dalle nubi. Illuminò i tetti, le pozzanghere, il piccolo corpo di Demo e l'espressione perplessa di Shadow Lady, ma nulla che somigliasse al microfono.

Un vecchio dall'incolta barba bianca camminava su un marciapiede ai margini del quali si trovavano rifuiti abbandonati e puzzolenti liquami. Vestiva un soprabito rattoppato e camminava claudicando appoggiandosi ad un bastone, verso la debole luce di un lampione.
In direzione opposta sullo stesso marciapiede camminavano cinque giovani, tra cui una donna. Vestivano abiti di pelle, ornati di numerose borchie. Il più alto ed il più grosso guidava il gruppo, con incedere traballante, effetto certo di un'abbondante assunzione di alcool o di qualche allucinogeno.
Sotto al lampione, cercando di tenersi in equilibrio dopo un passo, deviò alla sua sinistra scontrandosi con il vecchio. I due finirono a terra.
La ragazza ed uno dei ragazzi risero rumorosamente. Gli altri due aiutarono il loro più grosso amico a rialzarsi. Il vecchio si mise in ginocchio e, lentamente, aiutandosi il bastone, tornò in piedi.
"Vecchio" esordì il massiccio giovane "ancora non hai imparato a camminare?"
"Se avessi le tue gambe giovani," replicò l'interpellato, "non dovrei preoccuparmi di come camminano gli altri."
"Insolente." disse l'altro e sferrò un calcio al suo bastone.
Il vecchio non cadde. Anzi fece un passo verso l'uomo e lo colpì con un pugno al mento. L'altro finì rovinosamente a terra. Uno dei suoi compari si lanciò verso il vecchio, ma impattò solo con il piede che questi aveva sollevato per assestargli un poderoso calcio allo stomaco.
Mentre il giovane si chinava dolorante su se stesso, il vecchio fece disinvoltamente un passo di lato. Nel frattempo un altro del gruppo era arrivato alle sue spalle ed agitava una pesante catena, mentre la ragazza di fronte a lui aveva estratto un coltello. Il vecchio si spostò velocemente e camminando all'indietro verso il ragazzo con la catena e gli afferrò il polso. Con l'altro braccio scansò la ragazza che aveva tentato di affondare il coltello su di lui.
Poi, con un rumore di ossa spezzate, il ragazzo volò al di sopra del veccho e finì faccia a terra sul marciapiede. La ragazza si voltò trovando una mano che la afferrava alla gola togliendole il fiato. Lo sguardo della giovane roteò forse a cercare il quinto componente del gruppo, sparito nell'ombra, prima che essa perdesse i sensi.
Il vecchio si spostò alla piena luce del lampione e prese un accendino ed una sigaretta dalla tasca del suo soprabito. Nessuno dei suoi aggressori era conscio. La fiammella si levò piuttosto alta, mentre il vecchio aspirava.
Poi dalla parte superiore della fiammella si staccò una minuscola luce sferica che si confuse subito in quella più grande del lampione.
"Setna, non è stata una mossa saggia." disse una voce proveniente dalla luce.
Il vecchio sbuffò un cerchio di fumo.
"Non puoi pretendere che io non reagisca se questa marmaglia umana mi provoca, Vaar." Fu la risposta del vecchio.
Il cerchio di fumo divenne una nuvola che delineò la creatura nascosta alla luce del lampione. Un minuscolo essere avvolto in un globo di luce, la cui coda era lunga quanto il resto del corpo e gli occhi color della brace ardente.
"Non è il caso" insisté Vaar "di dare pretesti alla polizia demonica per segnalare la nostra attività, però."
"Polizia?" chiese Setna "Tu sei assolutamente certo che qualcuno sia intenzionato a seguirci fin qui, ma potresti anche sbagliare."
"Su di questo" disse un cupo sussurro "invece non ci sono dubbi. Ma ho fatto in modo che chi vi seguiva perdesse le vostre tracce."
Setna diresse lo sguardo verso la pozza di liquami al bordo del marciapiede.
"Chi sei?" domandò sospettosa.
"Sei Velm non è vero?" chiese speranzoso Vaar.
"Se vuoi siete il demone Vaar e Setna, Domatrice del Fuoco, io sono Velm, del Buio e della Cenere."
Uno strato di fiammelle coprì completamente il corpo del vecchio che sembrò consumarsi. Poi, però, apparve una creatura dal viso di una graziosa giovane umana, con orecchie a punta innaturalmente lunghe, su di cui piccole fiammelle rose disegnavano un vestito aderente.
"Di te rimarrà soltanto la cenere" lo minacciò Setna, "se mi ricordi ancora il titolo che ho perduto."
"Velm, ascolta," la interruppe Vaar, frapponendosi tra la demonessa ed il punto da cui proveniva la voce "sai perché ti cercavamo?"
"Non lo so, infatti," replicò Velm "e il motivo per cui vi parlo è che mi interessa saperlo. Ma non credo che il vostro inseguitore sia troppo distante e credo che tutti preferiamo una chiacchierata fuori la portata delle orecchie dei nostri tenebrosi amici."
"Dove, allora?" chiese Vaar.
"Domani notte verso l'una. C'è un locale che si chiama 'Unforgivable Madness'. Ci troviamo lì. Per ora addio."
Vaar annuì e Setna alzò un sopracciglio sollevando le spalle.
Pochi istanti dopo un vecchio tornò a claudicare allontanandosi dal punto ove ancora giacevano i quattro inconsapevoli ed inermi giovani.

Un giovane sui trentacinque dal fisico atletico, i cui capelli erano acconciati in modo che un ciuffo cadesse quasi sopra un occhio era avvolto in un ampio soprabito. Il palazzo di fronte a cui si trovava aveva l'insegna "Commissariato di Gray City". Il giovane mosse un passo verso l'ingresso, quando udì una voce.
"L'agente Bright Honda, vero?"
L'uomo si voltò ed osservo attentamente la persona che aveva parlato. Era di corporatura robusta, più alta dell'altro, teneva il volto coperto da una sciarpa ed un berretto ed indossava un pesante cappotto scuro. L'unica parte del corpo che si intravedeva erano due gelidi occhi verdi.
"Chi vuole saperlo?" chiese il giovane.
"Qualcuno che ha un'informazione importante riguardo a Shadow Lady." La voce era bassa e roca, presumibilmente contraffatta.
"Di che genere?" continuò il giovane con il medesimo tono indifferente.
"Del genere che può essere utile solo a Bright Honda."
"Sono io." confermò il giovane "Vuole seguirmi nel mio ufficio?"
L'altro non rispose. Con un rapido gesto lanciò qualcosa verso l'agente. Bright la afferrò al volo, senza distogliere gli occhi dal suo interlocutore.
"Con quelle, Shadow Lady non potrà fuggire." disse il personaggio del cappotto scuro. Si voltò e si allontanò a lenti passi.
Bright osservò per pochi secondi l'oggetto che aveva afferrato: un paio di manette che non avevano in apparenza nulla di diverso da quelle in dotazione alla polizia.
Poi chiamò. "Aspetta!"
Ma il personaggio dal pesante cappotto proseguì svoltando un angolo come se non avesse udito. Bright fece pochi passi verso di lui. Si affacciò oltre l'angolo, ma non riuscì a distinguere il suo misterioso informatore tra la folla dei pendolari. Strinse le spalle e infilò le manette nella tasca del soprabito.

Una sottile fastidiosa pioggia cadeva nel freddo del mattino.
Una ragazza bionda che evidenziava i meravigliosi tratti del suo viso con un'ombra di trucco attraversò la strada trafficata allo scattare del verde, riparandosi sotto ad un piccolo ombrello. Dietro a lei, con il capo ed il corpo coperti da un impermeabile grigio, veniva un bambino dai grandi occhi scuri.
Giunsero in un'ampia piazza in cui un monumento in marmo ricordava la nascita di una diva della televisione, in cui la figura di una donna su un piedistallo si ergeva in un costume d'epoca porgendo la mano come a farsela baciare. Un turista particolarmente coraggioso, cercava di riprendere il momumento nonostante il fastidio della pioggia.
"Qualche tempo fa ti ho detto che non capivo perché volevi lavorare, ti ricordi?" chiese il bambino.
La ragazza aggrottò le ciglia.
"Sai, penso di aver capito, adesso." continuò il bambino "il motivo per cui usi il nome di Karin Ooki, oltre a quello di Shadow Lady e di Aimi."
"Ah!" commentò Karin "Hai capito che non voglio farmi scoprire ed evitare alla gente di avere problemi con la polizia dei demoni."
"Ho capito che non ti è sufficiente togliere il trucco ed il costume di Shadow Lady per vivere come un essere umano, ma di affrontare i problemi che gli umani affrontano nel quotidiano. Percepisci il fatto che tu potresti pagarti l'affitto senza dover lavorare per la gran parte della giornata come una conseguenza di avere accettato il ruolo di Messaggero del Sovrano del Fuoco."
Karin sgranò gli occhi.
"Accidenti, che acume! E come ci sei arrivato?"
"Ho pensato a quello che succede a me quando ho questo aspetto, l'aspetto di Demota, invece di quello del mio alter ego Demo. In fondo non è facile essere un umano."
Karin sorrise a Demota.
"Però sei l'unica cosa che posso chiamare famiglia." gli disse.
"Anche io. E tra i demoni avere una famiglia è persino più difficile che tra gli umani. Per questo mi sembra di sforzarmi sempre di meno ad assomigliare ad uno di voi."
"Ed io" concordò Karin, "non ho più paura di trovarmi di fronte ad uno di voi. Per quanto terribile sia il suo potere."
"D'altra parte" concluse Demota, "io ho cominciato a rendermi conto che avere il potere di un demone non è un vantaggio, se costa ad un uomo doversi estraneare dagli altri umani."
"Al ladro!" fu lo strillo della voce stridula di un'anziana che invocava aiuto. Era finita in terra e guardava smarrita in direzione di un uomo che correva tra il traffico e che le aveva sottratto una borsa.
Un passante si avvicinò cercando di sorreggere la vittima che, invece di alzarsi, continuava ad invocare aiuto disperata.
"A volte non ci si rende nemmeno conto di quanto è facile far male con le nostre azioni." commentò Karin.
"Tu non sarai mai così, Karin." la rassicurò Demota.

Un giovane molto alto e piuttosto magro entrò in una ampia sala nella quale erano addossate alle pareti strumentazioni per la registrazione video ed audio di vario genere. Portava un paio di occhiali a specchio e aveva un orecchino sul lobo sinistro. I suoi capelli scuri erano tagliati a spazzola.
Il ragazzo aveva in bocca una sigaretta accesa, che prese fra le dita appena varcata la soglia. Un cartello imponeva il divieto di fumo e la sigaretta fu schiacciata con decisione in un portacenere posizionato accanto alla porta.
Nel portacenere un frammento incandescente continuava a bruciare, il ragazzo alzò le spalle e decise di ignorarlo.
Ad un lato della stanza alcuni pannelli delimitavano piccoli spazi dedicati ai ritocchi del trucco precedenti l'entrata in scena. Sul soffitto erano disposte alcune file di riflettori.
Una ragazza, che evidentemente lo stava aspettando, gli fece cenno. Era una ragazza dai lunghi capelli neri, lisci come la seta. Aveva gli occhi neri e la pelle candida.
Portava una tutina aderente di color miele, spessa in alcune parti e sottile in altri, in modo da lasciar vedere in trasparenza le gambe, le braccia, la schiena, la pancia e una generosa porzione del suo seno. Sorrise al ragazzo ed i suoi occhi si allungarono sottolineando l'espressione del suo volto.
Stava parlando con un uomo corpulendo che si esprimenva con ampi gesti. Annuiva distrattamente, facendo di tanto in tanto un gesto di intesa al nuovo venuto.
Cinque minuti dopo si diresse con passi sicuri, nonostante un altissimo paio di tacchi, in direzione del suo visitatore. Gli mise le mani sul petto e guardò in su. Nonostante i tacchi, il ragazzo la superava di tutta la testa.
"È bello vederti Sutsumu. Come sta la mamma?"
Il ragazzo si accigliò.
"Tua madre sta decisamente bene. Soprattutto ha smesso di dare in escandescenze ogni volta che sente il tuo nome. Questa fuga verso il successo è stato un colpo per lei."
"Lo so" replicò la ragazza "ma a sentir lei avrei dovuto aspettare secoli. Alla fine non sarei stata più interessante per nessuno. Invece adesso sono quella che sono."
Sutsumu sorrise.
"Keiko Okuma" annunciò, "la giovanissima idol che sconvolge i sogni di ogni uomo di Gray City."
"Non prendermi in giro." protestò Keiko "Quanto rimani qui? Ho ancora una settimana di concerti. Ti prego, sono tesissima. Ieri sera non riuscivo a trovare il mio microfono fortunato. L'ho cercato mezz'ora e alla fine era davanti ai miei occhi. Ti ricordi quando suonavi per me e a nessuno importava di sentire la mia voce? Ho bisogno di ritrovare quella tranquillità per i giorni più duri."
"Soltanto per i concerti che farai a Gray City. Non fare i capricci come al solito."
Keiko mostro la lingua. "Ho quindici anni" disse, "l'età dei capricci l'ho passata da un bel pezzo. Forse sei tu ad avere problemi di memoria con l'aumentare dell'età."
Nel portacenere il frammento incandescente si spense.

L'agente Bright sedeva al tavolo di un affollato caffè, masticando svogliatamente un panino e sorseggiando di tanto in tanto la bibita che aveva di fronte. Sorrise quando una ragazza bruna entro nel locale ed agitò una mano per salutarlo.
Si insinuò tra i frequentatori del luogo, del tutto indifferente alle occhiate ammirate che le venivano lanciate da destra e da sinistra. Era molto bella. I tratti del suo viso erano dolci, il suo naso piccolo e dritto, la pelle del volto candida. Aveva i capelli neri, pettinati con un ciuffo in avanti in un taglio simile a quello di Bright. Il suo fisico atletico tradiva un intenso allenamento, che non aveva però alterato la gradevolezza delle sue forme. Sedette di fronte al poliziotto, che l'aveva guardata avvicinarsi con un sorriso divertito.
"Buongiorno, Lime." Le disse. "Come mai sei venuta a trovarmi?"
La ragazza finse una smorfia di disappunto.
"Io" e sottolineò la parola allungando ogni vocale, "ho pensato che dal momento che ero in città potevo avere la cortesia di chiederti se mi volevi vedere."
Bright prese un sorso della sua bibita.
"Ti ho già spiegato che durante la mia visita a Greentown del mese scorso" disse, "ho impegato l'intera giornata in un indagine tra quintali di scartoffie e ore di attesa agli sportelli."
"Ma non mi hai detto quale indagine ti ha portato a Greentown."
Bright sgranò gli occhi.
"Non ti ho detto niente? Pensavo che lo avresti capito. Ho parlato con l'Untore riguardo a Shadow Lady."
"Nessuna novità, immagino, riguardo ad... Aimi."
Bright sentì un formicolio dietro al collo mentre Lime pronunciava il nome della reale identità della nota e sensuale ladra.
"Poche." ammise Bright "E purtroppo piuttosto inquietanti."
Gli avventori al tavolo accanto a quello di Bright si alzarono e si diressero verso l'uscita del locale. Lime prese uno sgabello e sedette accanto a quello di Bright.
"Quando sentii parlare di Shadow Lady per la prima volta" ricordò Bright, "immaginavo una fenomenale atleta ed una audace avventuriera che sfruttava le sue capacità unicamente per il proprio diletto, senza uno scopo preciso. Non sono certo del motivo per cui voglia apparire in pubblico a questo modo."
Addentò il panino e masticò brevemente prima di riprendere.
"Quando apparve quel mostro, cinque mesi fa, lei lo affrontò e lo sconfisse. Il suo potere, fino ad allora usato senza criterio, fu indispensabile per salvare la città. Dopo un mese di assenza, Shadow Lady è tornata. Oltre alle scorribande per cui è nota ci sono state almeno tre occasioni in cui ha affrontati rivali con un potere in qualche modo simile al suo. Qualcosa che viene da una tecnologia a noi ignota... o da qualche forma di quella che possiamo chiamare magia."
Bright enumerò sulle dita i casi.
"Ha catturato una ladra che teneva in scacco la polizia con la sua velocità sovrumana, ha affrontato l'Untore a Greentown e, il mese scorso, ha avuto a che fare con strane apparizioni per la città di personaggi televisivi che molti ancora credono frutto di allucinazioni collettive."
Lime tamburellò con le dita sul tavolo.
"Ho assistito di persona ai primi due casi e ho constatato due interessanti analogie tra Hisashi Kondo, l'Untore, e Aya Yamaoka, la ladra. Ambedue possedevano un oggetto esotico che ha quasi certamente un legame con questi straordinari poteri. Shadow Lady stessa, come sappiamo, possiede qualcosa di simile."
"Il suo ombretto." sussurrò Lime.
Bright annuì.
"Inoltre nessuno dei due riesce a parlare di questo oggetto e di questi poteri. Yamahoka ha avuto una specie di attacco d'asma. Kondo accusa sintomi di una malattia sconosciuta. Per farla breve, chi usa quel potere ne viene consumato."
Fece una smorfia.
"Ho chiesto ad Shadow Lady le ragioni del suo comportamento e non me le ha mai volute rivelare."
Lime tacque a lungo. Bright diede un bel morso al panino e masticò con calma. Avvicinò il bicchiere alla labbra e diede un bel sorso.
"Pensavo che Aimi non parlasse per proteggerci." disse Lime con voce tremante.
"Forse è anche così," osservò Bright, "ma io non voglio che sia lei a subire questo destino. A rivaleggiare per qualcosa che forse non esiste, come per divertire una divinità annoiata. Per questo devo far svanire Shadow Lady. E liberare Aimi."
Lime si scosse. "Capisco quello che dici e so quanto tu tieni a lei. Però..."
"Però?"
"Non stai ragionando solo su indizi? Voglio dire, se il suo caso fosse diverso? Tieni presente che Aimi non commette crimini come l'Untore. L'unica prova che hai che lei sia vittima di Shadow Lady è il fatto che non parla dell'origine del suo potere. Anche io non andrei in giro a rivelare dettagli sulla mia seconda identità... nemmeno alle persone che amo."
Arrossì per un istante.
Bright sospirò.
"Sarebbe facile crederci, ma per proteggerla devo pensare di doverla difendere dal pericolo peggiore."
"Cosa accadrà se tu riuscirai?" domandò Lime. "Se Shadow Lady svanisse per sempre? Chi affronterà il prossimo mostro? Aimi ha accettato il ruolo di Shadow Lady e questa scelta spetta solo a lei."
"E se non potesse tornare indietro da questa scelta?" replicò Bright.
"E se lei ne fosse stata consapevole, quando l'ha fatta?" ribatté Lime.
Bright scosse la testa, ma invece di rispondere tornò a mordere il suo panino, ormai quasi terminato. Lime diede un'occhiata all'orologio sulla parete. Si sollevò dallo sgabello.
"Mi ha fatto piacere rivederti, Bribrì. Pensa a quello che ti ho detto."
"Sei certa di avere ragione, Lime?"
"Magari la prossima volta che vedo Aimi lo chiedo a lei," sorrise, "tra donne ci si capisce sempre meglio."

Una curiosa creatura dai grandi occhi e le orecchie a punta, elegantemente vestita con giacca e cappello a cilindro, sedeva in una poltrona di un salotto. Le tende erano tirate e la stanza illuminata dalla luce elettrica.
Una giovane deliziosamente formosa, dai lunghi capelli biondi intrecciati dietro la schiena e grandi dolcissimi occhi chiari era seduta comodamente su un divano di fronte all'essere. Accanto a lei, sprofondato fino a metà della schiena sul sedile, stava Demota.
"Gradirei da parte tua, Shadow Lady," iniziò la creatura, "che cercassi di incontrarmi dopo il tramonto. Non mi è facile introdurmi nel mondo degli uomini alla luce del sole."
"Vedrò di ricordarmelo Bean." lo rassicurò la ragazza. "Ovviamente se io avessi le informazioni che mi occorrono prima di tentare di recuperare un oggetto, non dovrei chiamarti affatto."
Bean si irrigidì.
"Forse i tuoi servitori non sanno eseguire i tuoi comandiadeguatamente, sappi che quello che chiedi non rientra nei compiti della polizia."
"Forse però ti conviene assecondarmi." insisté la ragazza.
"Bean ha ragione Aimi." la contraddisse Demota. "Sono certo che Vaar saprebbe come aiutarci."
Guardò il demone di fronte a lui.
"D'altra parte non mi sembra che le domande che vi sta facendo Aimi siano un insostenibile aggravio del tuo lavoro." proseguì.
"La tua amica" disse Bean con un sorriso maligno "è sempre un'umana e la sua ignoranza sulla natura dei demoni è palese. Sia nelle vesti di Shadow Lady che in quelle del Messaggero del Sovrano del Fuoco." Il suo sguardo si fece più duro.
"Dal momento però che perfino Makuberu, il Signore del Tempo, l'ha riconosciuta come Messaggero, non sarò io a porre in dubbio la sua autorità."
"Mi fa piacere che tu dica queste parole Bean." disse Aimi stancamente "Risponderai alle mie domande?"
"Cosa ti occorre sapere?"
"Ho preso l'oggetto di cui mi hai parlato ed improvvisamente è sparito. Vaar ha controllato questa mattina. È nuovamente in possesso di Keiko Okuma."
"Ovvio" disse Bean con un'alzata di sopracciglia "la cupidigia umana, fonte del potere di quell'oggetto, probabilmente ha generato un legame tra il microfono ed il suo possessore. Questo legame può diventare sufficientemente forte da generare un effetto di richiamo. Non funziona così anche il tuo ombretto?"
"Certo che no!" esclamò Demota "è nato per essere usato dai demoni e solo dopo l'ho affidato ad Aimi. Funziona per effetto della mia magia, anche se è attivato da un essere umano."
"Buon per lei." commentò Bean.
"Cosa significa?" chiese Aimi con sospetto. "Cosa succede a chi usa questi oggetti?"
Bean sghignazzò.
"Non crederai per caso che i demoni creino qualcosa a beneficio degli uomini? L'uso dell'oggetto è correlato ad un contratto di qualche tipo. Presumo che il propietario sia vincolato a non parlarne, per cominciare... poi probabilmente il perdurare del legame ne indebolisce la forza, lo priva della volontà di vivere o lo trasforma in uno schiavo. Non saprei."
Aimi era impallidita.
"Perché non me lo avete detto? Come si spezza il legame."
"Guarda che stiamo facendo solo ipotesi, Aimi." le spiegò Demota. "Sono almeno tremila anni che i demoni non affidano oggetti magici agli uomini. E se questi sono stati rubati, come le Pietre del Diavolo, non hanno un propritario legittimo e potrebbe non esistere alcun vincolo."
"Come possiamo saperlo?" chiese Aimi "E spezzare il legame?"
"Senza uccidere il proprietario?" domandò Bean con curiosità "Penso che dovrebbe semplicemente rinunciare all'oggetto di sua volontà. Ma il tuo incarico è semplicemente recuperare l'oggetto e consegnarlo alla polizia."
"Perché a voi" disse Aimi calcando le parole con rabbia "non interessa della sorte degli uomini che li hanno usati. Io invece voglio che siano liberati dal legame, se posso riuscire a farlo."
"Finché vorrai provare a farlo," promise Demota, "io ti aiuterò."

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Capitolo 3
*** Incidenti in scena ***


Shadow Lady e le luci della ribalta
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Incidenti in scena

Bright era seduto sulla sua sedia, sfogliando attentamente un fascicolo, apparentemente indifferente alle persone che si chiamavano da una scrivania all'altra.
Due donne sui quarantacinque, con un commento sulla pericolosità dei tempi moderni e un breve resoconto sullo stato di salute dei figli, infilarono la porta della stanza.
Era già buio e l'ufficio si stava lentamente svuotando. Non per questo l'abituale confusione diminuiva, anzi le ultime pratiche venivano affrettate mentre l'orario di lavoro giungeva al termine. Un corpulento poliziotto con una camicia a scacchi e pochi capelli grigi sulla testa si avvicinò verso la scrivania di Bright.
"Vuoi vedere ora il filmato, Bright?" chiese. "Vorrei inserire un commento sulla possibile identità dello scippatore, per avviare la pratica."
Bright sospirò.
"Hai detto che compare appena pochi secondi e di schiena, credi che si possa riconoscere?"
"Onestamente no." rispose l'altro "Ma se non ci riesce l'agente più abile che abbiamo, Dory accetterà il rapporto senza storie."
Bright si alzò con un mezzo sorriso.
"Da quando sarei il miglior agente del gruppo?" chiese con ironia. "Ti metti a fare i complimenti?"
L'uomo scosse la testa con una smorfia.
"Solo l'ispettore Dory non lo riconosce apertamente, se per questo. Fai degli errori, come tutti, ma sei anche quello che ha idee quando nessun altro sa che cosa fare."
"D'accordo, ti sei guadagnato il mio aiuto. Dove hai il filmato?"
"Ci sono alcune foto prese dal filmato qui" disse porgendogli una busta grigia, "prese dalla telecamera."
Bright prese la busta, la aprì e cominciò a scorrere le foto. Si fermò alla terzultima.
"Mi faresti avere la parte di filmato da cui viene questa?"
"Certamente, ma..." osservò l'uomo, "è una di quelle in cui lo scippatore è più lontano."
"Sì." confermò Bright "Ma c'è dell'altro."

Luci colorate e lampeggianti si rivelavano un ostacolo più che un aiuto per distinguere le persone presenti in quella maleodorante e squallida discoteca. Sul lato della porta, dove si trovava il bar, c'era anche una permanente nuvola di fumo puzzolente, creata dalla combustione del tabacco e di svariate altre imprecisabili erbe.
In quella luce e attraverso la colte di fumo era comunque facile distinguere una ragazza di circa venticinque anni, dalla carnagione olivastra ed una elaborata acconciatura rasta. Il suo seno voluminoso oscillava perfettamente a ritmo con la musica ed il suo bacino si dimenava incessantemente in una microscopica gonna che sembrava sul punto di cedere ad ogni passo. Chi avesse potuto guardarla negli occhi, avrebbe visto due iridi color cenere.
Alcuni uomini, prestanti e con un aspetto decisamente gradevole, le ballavano intorno quasi per caso, nella speranza di un eventuale cenno di interesse. Verso l'una la ragazza squadrò a lungo un uomo molto alto, privo di capelli, con un elaborato intreccio di figure geometriche tatuato su una spalla, vestito con un paio di pantaloni neri aderenti e una camicia a maniche corte sbottonata sul petto nudo.
"Bevi qualcosa?" chiese alla ragazza sottolineando le parole con un gesto.
Lei annuì e mimò anche l'atto di fumare.
Si allontanarono dalla pista per raggiungere il bar. La ragazza prese due sigarette e ne porse una al suo accompagnatore, lui l'accese subito ed attese che lei ponesse la sua tra le labbra per avvicinare la fiamma. Tirarono un paio di boccate dicendo qualche frase di circostanza. Poi la donna si avvicinò un portacenere e vi appoggiò la sigaretta.
L'uomo la guardava con uno strano sguardo spento, dicendo frasi a cui lei non replicava. La sua attenzione era fissata sulla punta della sua sigaretta, dove era apparsa ua figura di pochi millimetri con le fattezze Vaar.
Nel portacenere, una minuscola creatura grigia era apparsa di fronte al demone. Era una creatura simile all'ombra di un uomo, ma con due curiose escrescenze tonde sopra ad punto dove si sarebbero trovate le orecchie ed un cerchio che passava attraverso di esse, ornandogli il capo come una grigia aureola.
"Un buon posto per incontrarsi." commentò Vaar. "I nostri amici della polizia qui non potrebbero passare facilmente inosservati."
"Appartenere alla famiglia del Disfacimento, almeno in parte, ha i suoi vantaggi." ammise Velm.
Nonostante il frastuono i demoni riuscivano a comprendere l'uno le parole dell'altro.
"Certo non posso vantare la nobiltà di natali della tua accompagnatrice" continuò la creatura di cenere, "ma per me vivere tra gli uomini senza essere notato è banale."
La ragazza sbuffò.
"Ti confondi bene tra la feccia, è naturale."
"Penso che tu sia venuta proprio per chiedere l'aiuto di questa feccia" ribatté Velm, "o mi sbaglio?"
"Setna, il tuo atteggiamento non è utile ai desideri di Aimi."
La ragazza, diresse lo sguardo verso il suo accompagnatore. Gli occhi dell'uomo erano fissi nel vuoto. Scoppiò a ridere.
"Il Messaggero non sa neppure che noi siamo qui." sbottò, parlando come se l'altro le avesse detto qualcosa di divertente, ma rivolgendosi in realtà ai due demoni. "Che cosa vuoi che disapprovi?"
"Il Principe Demo è a conoscenza del nostro operato e devo ricordarti che lui gode della massima fiducia del Messaggero. E di quel legame paticolare che gli uomini chiamano affetto e tengono in conto quanto noi l'onore. Non sarò io a fare le spese di questo tuo atteggiamento, sei avvisata."
Setna tacque.

La musica rimbombava cupa nello spoglio corridoio dove Shadow Lady e Demo si muovevano con circospezione. Non c'era luce ed era impossibile sentire il minimo rumore, ma la ladra e il demone erano comunque decisi a non farsi vedere nemmeno per uno sfortunato caso.
"Non c'è proprio nessuno, Aimi." disse Demo.
Shadow Lady annuì.
"Molto bene. Non voglio che la polizia della città sappia che cosa faremo."
"Non potremo farlo oggi?" chiese Demo "Un bel po' di disastri mentre è in corso il concerto?"
Shadow Lady lo guardò torva.
"Troppo pericoloso. Non per noi, ma per la gente che è accalcata qui. No, preferisco preparare qualche scherzo a questa Keiko finché non incominci a pensare che è meglio cambiare mestiere. Hai detto che Vaar ha già individuato come funzionano le apparecchiature e qual'è il suo camerino, giusto?"
"Esattamente." Confermò Demo.
"Non mi hai spiegato esattamente perché non gli avrebbe fatto piacere venire" disse Shadow Lady, "di solito è fin troppo partecipe delle mie imprese in qualità di Messaggero."
"Aveva un raduno di fuoco" spiegò il demone, "è un'occasione piuttosto rara."
"Che cos'è un raduno di fuoco?" chiese Shadow Lady.
"Una specie di competizione basata sulla magia del fuoco" continuò l'altro "tanto più i demoni adoperano il loro potere usando la magia tanto più accrescono la loro forza. Al contrario se non adoperano il loro potere, questo viene meno progressivamente, quello che succede agli uomini con lo scarso esercizio fisico o la vecchiaia."
"Interessante." commentò Shadow Lady "Perché non me lo hai mai detto? Quindi se non usi il tuo potere ti indebolisci."
Demo sorrise.
"Dimentichi che il mio potere ti trasforma in Shadow Lady, come ho detto a Bean. Finché ti trasformi in Shadow Lady, le mie capacità magiche permangono e si affinano. Per questo non ho bisogno di nessun raduno." Erano arrivati alla fine del corridoio. Demo indico la svolta a sinistra e Shadow Lady camminò furtivamente in quella direzione.
"Quindi ai demoni conviene costruire oggetti come l'ombretto?" proseguì.
"Non è così." rispose Demo "L'oggetto deve essere usato da un altro demone, essendo proibito dalla legge consegnarli agli esseri umani. Un demone che a sua volta ha necessità di utilizzare il proprio potere prima di quello di un altro. Inoltre solo i demoni di maggiore anzianità o capacità è in grado di creare questi artefatti."
"Dimenticavo." Convenne Shadow Lady, ridendo. "Sto parlando con un principe."
giunsero di fronte ad una porta che Demo indicò.
"Il camerino di Keiko." disse.
"Bene." replicò Shadow Lady. "So tutto quello che serve. Possiamo andare a nasconderci da qualche parte ed assistere all'ultimo concerto di Keiko Okuma."

Il silenzio dei tre attorno al bar, aleggiò per diversi secondi assieme al fumo maleodorante che i tre demoni ignoravano. L'uomo che aveva invitato Setna credendola l'attraente e vistosa donna di cui aveva assunto l'apparenza, apriva e chiudeva la bocca proclamando frasi senza senso del tutto ignaro di quello che succedeva attorno a lui.
"Questa dovevo vederla" commentò Velm rompendo finalmente il silenzio, "una Domatrice che tace per l'ammonimento di un demone Misto."
"Setna tace per rispetto del Sovrano del Fuoco, Velm." precisò Vaar "Per rispetto del suo Messaggero e di coloro che lo aiutano nella sua missione. Non pensare che, se avesse motivo di nuocerti, io la biasimerei. Ad ogni modo dici il vero, tu puoi aiutarci, se vuoi."
"Un rifiuto mi renderebbe vostro nemico, però." disse Velm.
"Quello che voglio chiederti non trasforma un amico in un nemico."
"Cos'è, dunque, questa cosa, Vaar?"
"Qualcuno costruisce artefatti, Velm," disse Vaar, "strumenti potenti, in grado di rivelare molto di quello che appartiene al nostro mondo e che gli uomini non devono conoscere. Oggetti che sono entrati in possesso in più di un caso di umani di questa città. Dobbiamo scoprire chi può farlo e come."
"Un problema della polizia, a mio giudizio."
"Un problema di noi tutti, per come la vedo io. L'avvento del Diavolo della Distruzione è stato molto vicino solo pochi mesi fa, ricordi?"
"Perfettamente. Ricordo anche per colpa di chi."
"Hai qualcosa da dirci?" intervenne Setna. "Perché, se non la hai, la tua vita è finita."
"Cercatele da sola le tracce della creazione, Domatrice." replicò Velm. "Mi dispiace solo che non potrò vederti brancolare nel buio."
"Dunque è come supponevo." disse pacato Vaar. "I Misti che vivono in questa città hanno trovato qualcosa."
"Qualcosa è stato trovato..." ammise Velm, "ma ci è imposto di non parlarne."
"Forse posso persuaderti..." suggerì minacciosa Setna.
"Chi è che ti impone il silenzio, Velm, puoi dirci almeno questo?" domandò Vaar.
"Noi demoni viviamo qui dalla fondazione di Gray City, all'insaputa degli umani. Ci aggreghiamo come se avessimo una famiglia anche se siamo Misti che vengono dal Disfacimento e dall'Oscurità. Abbiamo dei capi il cui potere è nettamente inferiore a quelli dei Principi, ma a cui attribuiamo l'onore che Setna mostra al Sovrano del Fuoco."
Setna, sempre guardando il suo ignaro accompagnatore, sbuffò ed alzò le spalle.
"A Kalalii e Tolikei" continuò Velm "noi ci rivolgiamo per arbitrare le nostre dispute, proteggere i luoghi in cui viviamo e per operare sugli umani in modo da rimanere nascosti."
"I loro nomi sono noti." disse Vaar "La polizia li ricerca per danni alle proprietà degli umani e cancellazioni abusive della loro memoria. Rischiano millenni di imprigionamento."
"Loro possono darvi le risposte che cercate." spiegò Velm "Io posso portarvi da loro, accertato che essi vogliano ricevervi, ma non posso correre il rischio che la polizia giunga a loro tramite voi."
"Capisco." disse Vaar, "Quando avremo rispolto il problema dell'interferenza della polizia torneremo a cercarti."
Il piccolo demone annuì e si sciolse in un mucchietto cenere. Vaar divenne una fiammella che si estinse in pochi istanti.
L'uomo interruppe la sua ennesima frase senza senso, rimanendo con la bocca spalancata e ciodolando vistosamente. Mentre Setna usciva dal locale, un altro avventore lo accompagnò a sedersi in un angolo.

Sutsumu camminava al lato di Keiko, appena fuori dal suo camerino. Il corridoio era ancora deserto.
"Meglio fare presto con questa prova, devi dormire qualche altra ora." la esortò Sutsumu.
"Non ho sonno." replicò Keiko sbadigliando, "Cioé sono abituata ad averlo."
"Se non dormi abbastanza, crollerai prima della fine della turnee e addio ai contratti per il prossimo anno."
"D'accordo manager." Scherzò lei.
"Se fossi il tuo manager, non saresti qui, piccola." le disse Sutsumu.
"Parli come mia madre!" protestò Keiko.
"Non ti ho detto che dovevi rimanere a casa, ma hai bisogno di maggiore aiuto e dell'esperienza necessaria a far spostare le prove secondo le tue esigenze, non per i comodi del regista."
"È un bene che sia molto preciso e che voglia le cose perfette in anticipo." osservò Keiko.
"Il concerto di ieri sera era splendido e tu sei stata impareggiabile. Ma lui doveva a tutti costi provare altri arrangiamenti per le prossime serate, come se non avessi già il tutto esaurito. Non è esagerato, secondo te?"
Keiko mise su un broncio che spezzò per un istante la perfezione del suo viso.
"Per te sono rimasta la bambina che vive nella casa accanto non è vero?"
Sutsumu distolse in fretta lo sguardo della tutina color miele che la ragazza indossava per andare in scena.
"No, non del tutto." rispose.
Un sordo rumore si produsse affianco a Keiko. I due guardarono verso quella direzione. Proprio in quell'istante l'abito di Keiko scivolò via dal suo corpo, adagiandosi a terra. Keiko rimase vestita solo di un paio di microscopici slip. Per pochi lunghi istanti, Sutsumu vide il seno candido e sodo della ragazza, la sua pelle vellutata, il ventre piatto, la perfetta rodondità del sedere.
Keiko diede le spalle a Sutsumu. Era arrossita e si teneva le mani sul petto per coprirsi e per sondare i battiti del suo cuore. Sutsumu si strinse per un secondo il naso, inghiottì tre volte e si chinò per porgere a Keiko l'abito caduto.
La ragazza lo afferrò e fece per voltarsi di nuovo verso Sutsumu, coprendosi sommariamente, quando il vestito si scucì nuovamente, mostrando di nuovo i capezzoli della ragazza. Keiko si coprì con le mani e fuggì correndo in camerino.
Sutsumu attese che svoltasse l'angolo prima di stringersi con forza il naso.

Un negozio di alimenti per animali aveva le serrande abbassate per metà. Un vecchio magro con un cappello di lana si chinò per uscirne e si concesse un'ampia boccata d'aria. L'incerta luce del mattino illuminava la strada, ma più in alto nel cielo si distinguevano minacciose nubi scure.
Il vecchio rivolse un sincero sorriso sdentato a Bright Honda. Il ragazzo restituì il sorriso con professionale freddezza.
"Aveva bisogno di me, agente?" chiese.
"Lavora da lei questa ragazza a quanto mi dicono, giusto?"
Bright mostrò una fotografia al vecchio. Ritraeva una piazza con pochi passanti, uno dei quali correva in lontananza, ed in primo piano un bambino con il capo coperto da un cappuccio e una bella ragazza con i capelli biondi lisci e il viso leggermente truccato.
"Sì, è lei. Si chiama Karin Ooki." confermò l'uomo. "Ha avuto dei problemi? Mi ha detto che oggi non sarebbe venuta al lavoro."
"Devo solo chiederle notizie su un crimine di cui potrebbe essere testimone, uno scippo avvenuto ieri mattina poco distante da qui. Può fornirmi l'indirizzo?"
Il vecchio sorrise di nuovo.
"Certamente, agente."

Davanti alla porta del camerino di Keiko, Sutsumu prese fiato.
Dietro un angolo poco distante, Shadow Lady vestiva un costume con un copricapo dalla forma di orecchie di felino, una lunga spaccatura che si apriva dalla parte inferiore del seno ed arrivava a mostrare tutta la pancia, un lunga coda ed artigli da gatta.
Sugli artigli erano rimasti impigliati alcuni piccoli brandelli di tessuto.
"Non mi sembra andata molto bene." osservò Demo nascosto appena sopra la ladra. "Secondo me, il più imbarazzato è lui."
"Ho solo iniziato." gli annunciò Shadow Lady.
"Keiko?" chiese Sutsumu attraverso la porta.
"Tutto a posto Sutsumu" lo rassicurò lei "stasera era previsto che avessi un altro costume. Per la prova posso anche mettere qualcosa di più semplice."
"Incredibile come sia successo. Mai visto la stoffa cedere a quel modo."
"Non mi importa, c'eri solo tu a guardare e quindi non ci sono problemi."
Pochi minuti dopo Keiko era sul palcoscenico indossando un paio di jeans ed una maglietta.
Nessuno seppe spiegarsi l'origine del getto d'acqua che le cadde addosso. Il regista, i truccatori, i due assistenti alla regia, i tecnici del suono, gli addetti al trasporto degli oggetti di scena, una segretaria, due elettricisti, sei figuranti e un aspirante attore che aveva sbagliato set videro la maglietta divenire del colore dell'aria e tutto quello che essa copriva.

Le luci della città si erano già accese per le strade e nelle case. La fredda giornata stava volgendo al termine. Per le strade ogni respiro produceva una piccola nuvola e la poca pioggia che era caduta nel pomeriggio stava lentamente ghiacciando.
Avvolto nel pesante soprabito, Bright aspettava, appena visibile nell'ombra contro il muro a cui si era appoggiato. Dubitava che la sua preda si aspettasse che lui fosse tanto vicino a lei, ma non per questo si concedeva dell'ottimismo.
Eppure Karin apparve, accompagnata da un bambino con una curiosa acconciatura che ricordava un paio di corna, carica di un paio di borse della spesa e del tutto impreparata ad una cattura. Bright le si fece incontro con rapidi passi. Sorpresa, Karin girò il volto per trovarsi a venti centimetri da quello dell'agente. Per la sorpresa, Demota arretrò di diversi passi.
"Karin Ooki" disse Bright, "sei in arresto con l'accusa di furto, resistenza alla forza pubblica, schiamazzi e intralcio alle indagini della polizia, reati compiuti sotto l'identità di Shadow Lady." Le labbra di Karin tremarono.
"Come mi hai trovato?"
"Pura fortuna." le prese un polso. La ragazza non si ribellò e lasciò che lui la ammanettasse.
"Perché? Cosa vuoi ottenere arrestandomi?"
Demota fissava la scena apparentemente inebetito. Una piccola luce che Bright non notò era apparsa dietro di lui.
Bright frugò tra le sporte e trovò la borsa della ragazza. Ne prese l'astuccio di un ombretto.
"Voglio fermare Shadow Lady." dichiarò Bright mostrandole l'astuccio.
"Perché?" ripeté Karin con voce strozzata.
"Perché mi sta portando via la donna che amo." rispose Bright con tono deciso.
"Non ti capisco. Credevo che ti fidassi."
"Di Aimi mi fido." spiegò, "Ma non di te."
"Io sono Aimi, Bright."
Bright agitò l'astuccio. La luminosità appena visibile alle spalle di Demota si era spenta.
"E questo, da dove proviene?"
Karin scosse la testa e la chinò.
"Troppe domande, troppe domande." guardò il viso di Bright, due lacrime le scendevano per le guance. "Non dovevo innamorarmi di un poliziotto, specie di uno così cocciuto, ma ti amo. Non ti basta?"
Bright restò impetrito per diversi secondi. Poi mosse una mano verso una tasca del soprabito. Ne prese una piccola trasmittente e diede sottovoce alcuni brevi ordini.
"Forse, se lo avessi detto tre mesi fa, ti avrei creduto."
La testa di Karin crollò verso terra. Demota era svanito.

Keiko Okuma avanzò lentamente per un lussuoso corridoio. Sutsumu le era accanto, guardandola con apprensione. Una cameriera bassa e decisamente sovrappeso spingeva un carrello fuori da una stanza dietro di loro.
"Va tutto bene, davvero." disse la cantante incrociando il suo sguardo. Si sforzò di sorridere. "Non deve essere il mio giorno fortunato, certamente."
"Ah," cercò di scherzare lui, "quando lo hai capito?"
Keiko strinse le spalle.
"Quando sono arrivati i topi sul set, credo, ed il regista ha cominciato ad urlare." Stavolta il suo sorriso era spontaneo.
"Vuoi dire che l'interruzione per il leone fuggito dallo zoo e finito sul set, dopo aver attraversato indisturbato almeno tredici chilometri di città, era un buon segno?" chiese Sutsumu.
"No, decisamente no." osservò Keiko. "Ma non mi ha disturbato quanto i fuochi d'artificio esplosi nella stanza dei costumi."
"Beh," continuò Sutsumu "almeno in quel caso non ci sono stati molti danni. Quanti monitor si sono fusi quando c'è stato il sovraccarico?"
"Solo quelli accesi. Ma li possono sostituire in meno di un'ora, assieme al differenziale guasto."
"Ci è voluto molto di più a far fuggire le vespe dal camerino."
"Ancora non mi spiego come non abbia notato prima quell'alveare."
Calò un improvviso silenzio.
"Il grasso sul sedile della macchina non poteva essere lì per caso." osservò Keiko, cupa.
Sutsumu non replicò e trattenne il fiato.
"E come è possibile che fossero sparite tutte le scale nel raggio di chilometri."
"Non pensarci adesso," le suggerì Sutsumu, "hai un paio di ore per riposare prima del concerto."
Keiko fisso il ragazzo, il viso deformato dalla disperazione.
"Sutsumu qualcuno ce l'ha con me. Non so chi è. Non so perché. Non so che cosa vuole. Nessuno lo ha visto. Sembra che non esista. Non si riesce a fermarlo."
"Il concerto, Keiko." Sutsumu la guardò deciso, ma la sua voce era dolce "Devi pensare a questo adesso. Il sabotatore lo affronteremo insieme, dopo."
Erano arrivati davanti ad una stanza con il numero 704. Keiko trovò nella sua borsetta una chiave magnetica e fece scattare la serratura. Accese la luce e vide subito la fotografia sul muro del disimpegno.
Era una sua immagine a dimensioni naturali, era sdraiata a pancia sotto su di un letto, completamente nuda, e teneva la lingua tra le labbra in un'espressione molto sensuale, guardando fissa verso l'obiettivo.
Keiko avanzò pochi passi. Sutsumu le tenne dietro con le gambe tremanti. La ragazza si voltò verso la camera da letto. Altre sue foto giganti nelle quali appariva senza l'ombra di un vestito, in pose al limte della decenza, erano appese a tutte le pareti.
"Scusami solo un secondo." Sutsumu si diresse verso il bagno portando una mano al viso.
Keiko non riuscì più a trattenere i singhiozzi.
Il carrello era giunto davanti alla porta della camera 704, la cameriera fece un malvagio sorriso.

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Capitolo 4
*** Una maschera si scioglie ***


Shadow Lady e le luci della ribalta
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Una maschera si scioglie

Il trucco si era sciolto con le lacrime ed assieme ad esso era caduta per sempre anche la fragile maschera di Karin. Aimi Komori aveva ancora le manette ai polsi e lasciava che due agenti in uniforme la facessero salire su una vettura, sotto lo sguardo determinato di Bright.
Aimi cercò ancora una volta gli occhi dell'agente e gli sembrò di intravedere in essi un briciolo di compassione o pietà, ma anche la volontà di perseverare nel suo operato.
Dal momento in cui Bright sparì dalla sua vista, Aimi colse passivamente lo svolgersi del suo viaggio in macchina. Sapeva che era diretta verso il Commissariato per un interrogatorio e che le sarebbe stato impossibile trovare una giustificazione plausibile all'aver utilizzato la falsa identità di Karin senza confessare quella di Shadow Lady.
"Se dicessi la verità" pensò, "metterei solo in pericolo tutti quanti. Oh, stupido di un Bright. Se è questo che vuole magari è quello che si merita. Un bel combattimento per la sopravvivenza contro un esercito di demoni."
Il cuore le mancò un battito.
"No" si disse, "lui non sopravviverebbe ed io nemmeno. Che devo fare? Vorrei che qualcosa mi guidasse."
Una piccola luce apparve davanti agli occhi di Aimi e l'esserino all'interno di essa alzò un pollice facendo un segno di approvazione. Aimi sbatté le palpebre. Il motore fece un rumore a decisamente inquietante.

Bright attraversò la strada, dirigendosi verso la luce di un lampione.
"Il bambino è sparito." pensò. "Sul momento non volevo distogliere lo sguardo da Aimi, mi sembrava essenziale che non avesse occasione di fuggire. Eppure anche il bambino deve avere un ruolo importante in questa storia."
Raggiuse il cono di luce e si incamminò lungo il marciapiede.
"Lime non ha tutti i torti." osservò. "Non ho la solita attenzione alle indagini, nel momento stesso in cui ho preso l'ombretto, avrei dovuto bloccare anche quel bambino."
Improvvisamente Bright tornò sui suoi passi, attraversò la strada nel medesimo punto e si diresse guardando in terra verso la casa di colei che si faceva chiamare Karin.
Svolazzando immobile nel punto in cui l'agente aveva attraversato la strada, il piccolo demone simile ad un pipistrello teneva stretto in una mano l'ombretto di Shadow Lady.

Un macchina perfettamente identica si affiancò all'auto della polizia ormai ferma da diversi minuti. Il finestrino si abbassò rivelando il volto di Bright Honda.
"Che accidenti succede?" chiese con voce autoritaria.
"Motore in panne, signore." spiegò il più anziano dei due.
"Beh" commentò l'agente, "la ragazza non più restare qui in attesa. Deve essere sentita come testimone."
"Testimone?" chiese il più giovane. "Credevo fosse in arresto?"
Bright sorrise.
"Doveva sembrare così per le esigenze dell'indagine, grazie per la collaborazione. Posso accompagnarla io, adesso."
I due agenti lo guardarono perplessi, mentre scendeva dalla vettura ed apriva lo sportello dell'auto ferma.
"Devo lasciarti le manette" disse Bright in un udibile sussurro facendo l'occhiolino ad Aimi, "non siamo ancora abbastanza vicini al commissariato."
La ragazza si alzò con fatica cercando di apparire disinvolta e si lasciò aiutare dal più giovane degli agenti a salire sulla macchina di Bright. Le manette che aveva ai polsi le sembrarono muoversi, come se avessero la necessità di tornare in tasca al soprabito da cui erano state prese.
Sedette sul sedile acconto al conducente ed attese che l'agente mettesse in moto. I due colleghi rimasero accanto all'auto in panne in attesa della vettura che attendevano per ritornare in centrale.
Aimi teneva le mani legate in grembo. Pochi isolati più in là, Bright fu avvolto da una sottile colte di fiammelle rosa e il suo corpo si trasformò in quello di Setna.
Una sfera luminosa di dimensioni non molto superiori ad una palla da tennis apparve sul sedile posteriore.
"Divertenti questi veicoli" disse Setna con un sorriso, "non ne avevo ancora guidato uno."
"Spero che Aimi perdoni i suoi servitori per la loro lentezza e per avere lasciato che l'umano Bright la catturasse." disse Vaar
Ad Aimi sfuggì un sorriso.
"Vaar ti ringrazio per l'aiuto, invece. E mille grazie anche a te, Setna."
Sospirò.
"Ho dato troppa fiducia a Bright e non ho preso le precauzioni necessarie a sfuggirgli. Aveva ragione Demo, stavo cercando di fare in modo che la mia vita somigliasse il più possibile a quella di un essere umano."
"Se è questo che desidera Aimi," disse Vaar solenne, "noi faremo senza dubbio che avvenga."
"Vorrei solo sapere come tutto questo potrebbe finire." sussurrò.
Setna guardò di sottecchi Vaar. Il piccolo demone si agitava in una pioggia di scintille, sintomo inequivocabile del suo nervosismo.
"La mia padrona," disse Setna seria, "può essere certa che i suoi servitori operano in modo che questo avvenga il prima possibile."
"Sarebbe bello," osservò Aimi, "ma meglio non illuderci troppo. Bright non è stupido ed ora capirà anche che hai il potere di assumere qualsiasi sembianza. Un problema in più, ma ne parleremo dopo."
Aimi tacque. Per le dimensioni che avevano, le manette che aveva ai polsi le sembravano un peso enorme.

Bright Honda era nuovamente seduto alla sua scrivania, all'apparenza imperturbabile di fronte al suo interlocutore.
Sutsumu aveva l'aria rassegnata e lo sguardo spento.
"Una interminabile sequenza di sabotaggi realizzati da una mano invisibile," cominciò Bright, "il cui intento è quello di far cedere i nervi a Keiko Okuma, nota idol attualmente impegnata in una serie di concerti in questa città."
Sollevò gli occhi verso Sutsumu.
"Questa è la sua accusa, giusto?" chiese.
"Esattamente." disse Sutsumu scuotendosi dal suo vago torpore.
"Esclude la possibilità che la signorina Okuma sia ricattata ed invece trova che un maniaco o un rivale potrebbero avere la responsabilità dell'avvenuto." continuò.
"L'ultimo episodio, come ho spiegato al suo collega," Sutsumu tradì una certa impazienza con un fremito della voce, "non può essere opera di qualcuno interessato ai soldi. Se un tipo di quel genere avesse foto compromettenti di Keiko, che una rivista potrebbe pagare a peso d'oro, le venderebbe piuttosto di farne delle gigantografie in una camera di albergo."
"Lei però è certo che quella non sia Keiko Okuma." osservò Bright. "Forse una rivista si sarebbe accorta dell'inganno."
Sutsumu scosse la testa.
"Capisco che sembri contraddittorio. Io sono certo che non sono foto di Keiko perché ho visto la sua reazione e perché la conosco da anni. Ma se le avessi viste pubblicate su di una rivista avrei avuto parecchi dubbi... e non sono poche le riviste che pubblicano immagini anche meno attendibili sulle personalità pubbliche."
Bright batté con forza il pugno sulla scrivania. Sutsumu scattò all'indietro.
I due uomini si guardarono. L'agente aveva una nuova luce di comprensione negli occhi, l'altro era confuso e sospettoso.
"Shadow Lady." disse Bright.
"Esiste davvero?" chiese Sutsumu.
"Puoi giurarci che esiste!" esclamò Bright.
"E che cosa c'entra?"
"Ultimamente lei..." spiegò Bright "o qualcuno molto vicino a lei, ha cominciato a rubare la forma alle persone."
Sutsumu soffocò una breve risata.
"Incredibile, vero?" chiese Bright "Pensa a quanti possono credere alla tua storia, quindi."
Sutsumu aggrottò le sopracciglia.
"Lei non è per caso uno che si occupa di..." cercò una frase adeguata, "testimonianze poco credibili e casi di paranoia?"
"Mi ci imbatto a volte" confermò Bright, "ma nella maggior parte dei casi faccio il solito lavoro di ogni agente investigativo. Comunque, so che dici la verità."
"Insomma mi crede..." insisté Sutsumu, "non vuole solo verificare che non ho inventato tutto."
"Ti credo eccome!" concluse Bright "Non più di due ore fa qualcuno ha impersonato me stesso così bene che si è fatto consegnare un auto della polizia ed ha convinto due agenti a rilasciare la persona che avevo arrestato. Abbiamo ritrovato la macchina in periferia, ovviamente vuota."

Le luci del palcoscenico si sovrapponevano accecanti e il suono amplificato degli strumenti e della voce di Keiko Okuma giungeva ben oltre le mura del grande teatro dove si esibiva. Per le strade, nelle case, sui tetti.
Shadow Lady era accovacciata sul tetto di una palazzina a diversi isolati di distanza. Di tanto in tanto si massaggiava i polsi. Accanto a lei svolazzava pigramente Demo, anche egli indistinguibile nel nero di una notte nuvolosa. Il suo sguardo si incupì quando colse il gesto della ragazza.
"Ti fa ancora male, Aimi?" chiese.
"No," lo rassicurò lei, "non fisicamente. Mi fa male il pensiero di chi mi ha fatto indossare quelle manette. Ma questo è il secondo problema da risolvere. Keiko sembra in ottima forma, nonostante la sua giornata sia stata a dir poco devastante."
Un piccolo puntino luminoso apparve dall'ombra e si allargò fino a raggiungere la forma e le fattezzedi Vaar. Alcune vivaci scintille sfuggivano dalla luminosità del demone.
"Aimi non sarà contenta del suo servitore, questa volta." disse Vaar "Setna mi disse che la ragazza era affranta, nel momento in cui l'ho convocata per impersonare l'umano Bright. Tuttavia la sua volontà di servirsi dell'artefatto demoniaco per raggiungere i suoi scopi è ancora salda."
"Credo di ammirare sinceramente il suo coraggio di proseguire nonostante i tranelli che le ho teso." confessò Shadow Lady. "Anche se la cupidigia è un sentimento umano che non dovrebbe avere nulla di ammirevole."
"Forse non si tratta di cupidigia." osservò Demo.
"Che dici?" chiese Shadow Lady.
"Hai detto che il suo atteggiamento è ammirevole e diverso da quello di chi agisce per pura cupidigia." continuò, "Potrebbe esserci un altro tipo di potere, diverso, che la sostiene per andare avanti. Qualcosa di cui, nonostante le umiliazioni e le difficoltà, non siamo riusciti a privarla. Una forza grazie alla quale continua a cantare."
Shadow Lady si corrucciò.
"Nessuno di voi due ha idea di che cosa possa essere, ammesso che esista?"
Seguì un lungo silenzio.
"Aimi perdoni il suo servitore, ma se si tratta di una cosa di cui né il Principe Demo, né Setna, né io ci siamo resi conto, è molto facile che sia qualcosa di esclusivamente umano, come quel legame che chiamate affetto."
"Vaar sei un genio!" esclamò Shadow Lady, "Ed io nemmeno me ne sono accorta! Sutsumu!"
"Il ragazzo che era con lei?" domandò perplesso Demo.
"Ne è innamorata. Forse senza nemmeno accorgersene, per questo può compiere azioni di cui lei stessa non avrebbe pensato di avere le capacità."
"Come nel tuo caso, nell'ultima notte di Shadow Lady." concordò Demo, ricordando i fatti di alcuni mesi prima. "Che possiamo fare?"
Shadow Lady si fece triste.
"Non posso farcela, privare qualcuno della persona che la ama e la sostiene è un'azione troppo malvagia per me. Io so quello che si prova. Si può rinunciare a tutto per impedire che questo legame venga spezzato."
Demo si avvicinò a Shadow Lady ed appoggiò una piccola mano sulla sua spalla, confortandola con carezze e dolci colpettini. Vaar invece parlò come se, invece di uno sfogo, avesse ascoltato una descrizione fenomenologica.
"Anche ad usare un artefatto demoniaco?"

Un antico pianoforte a coda era al centro della sala. Un ragazzo dietro il bar asciugava con uno straccio bicchieri immacolati. Pochi tavolini di legno pregiato e alcune soffici poltroncine erano disposti ad una distanza sufficiente da permettere una certa discrezione ai loro occupanti. Un paio di coppie si guardavano teneramente sui tavolini ai due lati. Al più vicino al pianoforte sedevano Bright, Sutsumu e Keiko.
La ragazza aveva i capelli in disordine e gli occhi un po' stanchi.
"Perché ha voluto parlare direttamente con lei, agente?" chiese Sutsumu "Keiko ha avuto una giornata pesante ieri, conclusa con un faticoso spettacolo. Non poteva aspettare, almeno?"
Bright scosse la testa ed accennò a rispondere, ma Keiko lo predecette.
"Sutsumu è meglio così." disse. "Non so per quale motivo Shadow Lady potrebbe avermi preso di mira, ma hai visto tu fino a che punto mi ero ridotta ieri." Si interruppe.
"Devo ancora ringraziarti" continuò, "senza il tuo sostegno non sarei nemmeno riuscita ad arrivare al teatro, mi hai dato la scossa di cui avevo bisogno."
Si rivolse a Bright.
"Comunque voglio fare quello che posso perché questa persecuzione finisca al più presto. Lei pensa sinceramente che io possa sapere qualcosa che abbia una utilità rilevante per le indagini?"
Bright trattenne un sorriso.
"Io credo che potrebbe essere determinante, ma non voglio stancarla troppo, quindi vengo subito al punto. Risulta attualmente che Shadow Lady è interessata ad oggetti particolari, di una foggia insolita, spesso esotici. Lei ne possiede?"
Keiko fece una risatina sciocca.
"Queste sono cose che non mi sono mai interessate. E poi con il lavoro che faccio, immagini quante cose posso portarmi appresso."
Una riga comparve sulla fronte di Bright. Si infilò le mani nelle tasche come a cercare lì dentro la domanda successiva. Un lampo gli apparve negli occhi dell'agente.
"Poche cose, quindi ricorderà come ha avuto ognuna di esse?"
Keiko annuì e riprese.
"Le ho acquistate quasi tutte tramite il mio agente. Una raccolta di fotografie di scena mi è stata regalata da un fan, ho un vecchio portaoggetti appartenuto a mia nonna... poi non mi separo mai dal mio microfono portafortuna che..." tossì.
Bright sembrò attraversato da una scossa di corrente elettrica.
"Come?" chiese
"Dicevo..." un altro colpo di tosse la interruppe, "io..." altri due colpi.
"Basta così" la interruppe Bright, "è sufficiente. Un oggetto che non è facile trovare in commercio, questo è l'importante."
"Vuole vederlo?" chiese Keiko. "È..." un nuovo colpo di tosse.
"Keiko, stai bene?" si interessò Sutsumu.
"Deve essere la stanchezza." sentenziò Bright. "Non credo di avere bisogno di altro, le consiglio di andare a riposare."
"Continuerà ad indagare per scoprire se è Shadow Lady a perseguitarmi?" domandò Keiko.
"Certamente no." replicò Bright. "Ho raccolto tutti gli elementi di cui avevo bisogno. Sono certo di avere a che fare con Shadow Lady."

La stanza era piccola, ma pulita. Gli arredi e i mobili non sembravano di pregio, ma erano in ottime condizioni. Peraltro, nonostante le finestre chiuse e senza abbandonarla, l'essenzialità del mobilio era sufficiente a rivelare che si trattava della stanza di un modesto hotel.
Aimi sedeva sul letto in attesa con le mani sul grembo. Una fiammata in aria diede l'impressione che qualcosa di invisibile stesse prendendo fuoco, pochi istanti prima che la figura di Vaar fosse chiaramente visibile nella stanza.
Demota entrò dalla porticina accanto, che dava nel bagno. Aimi gli sorrise.
"Avrò fatto di nuovo arrabbiare Bean, dicendogli di venire di giorno." disse con una smorfia. "C'è una cosa di cui dobbiamo parlare," spiegò Demota, "e deve esserci anche Bean. Dovremmo discutere del modo in cui prepararci a sfuggire a Bright."
Il cuore di Aimi fece un salto.
"Non voglio che Bean sappia nulla di Bright. Possono cancellargli la memoria, possono..." la sua voce divenne un sussurro ed il suo viso si colorì appena, "impedirgli di ricordarsi di me."
"Il problema è che la polizia è molto vicina a noi e di conseguenza anche a lui."
Lo sguardo di Aimi passò velocemente da Demota a Vaar e viceversa.
"Cosa succede?" chiese "c'è qualcosa che non mi avete detto?"
Vaar sprizzò una cascatella di scintille. Demota si schiarì la voce.
"In effetti, sì, Aimi." Ammise Demota. "Il punto è che Vaar ha scoperto proprio di recente che siamo sorvegliati."
Aimi spalancò la bocca, ma Demota continuò bloccandola.
"Non io o te, Bean non osa mettere i suoi agenti accanto al Messaggero del Sovrano del Fuoco. Nemmeno Vaar credo sia sotto il controllo della polizia. Ma sono certo che Setna e gli altri demoni al tuo servizio lo siano."
"Perché mai?" domandò Aimi.
"A questa domanda dovrà rispondere Bean."
Dall'ombra di un armadio prese forma la figura del demone appena nominato.
"Cosa succede, Shadow Lady?" chiese il nuovo arrivato. "Mi hai chiamato per parlarmi anche oggi e nuovamente di giorno. Non hai la mimina intenzione di cooperare con la polizia? Atteggiamento inaudito per il Messaggero del Sovrano del Fuoco."
Si avvicinò alla ragazza stringendo nel maggior modo possibile i suoi occhi a palla.
"E di che si discuteva tra voi, se la cosa mi riguarda? Ho impegni importanti e non vorrei che la mia presenza fosse di troppo."
"La padrona Aimi" intervenne Vaar, "mostra la sua benevolenza nei tuoi confronti, esentandoti dal rivolgerti a lei con la deferenza dovuta al Messaggero del mio Sovrano."
"Deferenza verso un'umana?" schernì ironico Bean.
"Certamente, demone Bean." replicò Vaar, "La natura umana di Aimi è stata considerata anche dal Sovrano del Fuoco che ha conferito ad Aimi i compiti del Messaggero e dal Signore del Tempo che come tale l'ha accolta."
Bean incassò con un amaro sorriso.
"Shadow Lady" disse rivolto ad Aimi "il tuo servo ha chiarito perfettamente la situazione. Posso comunque chiederti con il dovuto rispetto di non abusare del mio tempo?"
"Vengo subito al punto, Bean" rispose la ragazza "sono venuta a conoscenza del fatto che i miei servitori sono talora controllati dalla polizia e mi domando il perché ciò avvenga."
"In talune occasioni" spiegò Bean "quando la loro presenza tra gli uomini non è prossima a quella del Messaggero, riteniamo nostro dovere sorvegliarli, come altri criminali ed in osservanza alla legge dei demoni. L'omissione di custodia delle Pietre del Diavolo non è un reato che possa essere cancellato."
"Non sono liberi ora?" chiese Aimi.
"La loro pena è semplicemente sospesa. Torneranno alla loro prigionia quando il loro compito sarà finito."
Nelle orecchie di Aimi giunse una lontana eco del pianto di Setna, rinchiusa in un sotterraneo nel paese dei demoni.
"È orribile." commentò.
"È la nostra legge, Shadow Lady." la contraddisse Bean "La loro colpa è grave ed ha quasi causato la distruzione totale anche per gli stessi uomini."
"Ad ogni modo" intervenne Demota, "ora non sono prigionieri. Non devono essere seguiti. La presenza della polizia potrebbe rivelarsi non opportuna."
"Per chi cospira contro l'Antica Legge, certamente."
"Bean" tuonò Aimi improvvisamente decisa, "io rispondo di loro, credo. Per questo sono liberi, mi sbaglio? Sono miei assieme al mio incarico di Messaggero."
"Questi sono gli accordi." ammise Bean.
"Quello che fanno è solo affar mio. Delle loro azioni e dei loro intenti io sola la giudice, ti basta?"
Bean sgranò gli occhi. Il suo volto si irrigidì e le sue labbra si strinsero.
"Sia." esclamò. "Ma stai attenta a coloro su cui riversi fiducia, Messaggero. Potrebbero portare alla tua rovina."
Bean tornò nell'ombra e svanì. Aimi si rilassò e crollò sul letto.
"Tutto bene Aimi?"
"Aimi si sente bene?"
Furono le contemporanee richieste di Demota e Vaar.
"Non avevo scelta." commentò, "Non voglio che scoprano Bright mentre mi segue."
"Il suo servo" disse Vaar, "a cui sta a cuore che Aimi sia onorata da ogni demone ed ogni umano, crede che la fiducia in Setna sia ben riposta. Ed anche gli altri servitori del Messaggero non faranno alcunché di disonorevole per Aimi."
"Ti ringrazio Vaar" replicò Aimi, "e terrò conto delle tue parole e del tuo consiglio. Mi hai dimostrato più volte quello che dici. Ma mi domando quante volte ancora dovrò allontanare da me Bright. Mi costa fatica farlo per la sua tenacia ed anche perché è l'esatto contario di quello che il mio cuore vorrebbe."
Si scosse, sollevandosi a sedere.
"Ora ho altro a cui pensare. Shadow Lady ha bisogno di un nuovo alleato. Deve convincere Sutsumu a passare dalla sua parte."
"Dubito che Sutsumu sarà mai disposto ad agire contro Keiko." puntualizzò Demota.
"Io spero che raggiungeremo il nostro obiettivo agendo in suo favore."

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Capitolo 5
*** Una ragazza di talento ***


Shadow Lady e le luci della ribalta
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Una ragazza di talento

L'ampia stanza in cui avvenivano le prove era di nuovo piena di persone e le solite attrezzature venivano disposte lungo le pareti e portate ove occorreva da esperti tecnici ed assistenti. Keiko aveva indossato un abito aderente lilla che sulla destra le copriva una gamba ed un braccio, mentre a sinistra lasciava entrambe nude. All'orecchio portava un piccolo microfono. Bright sorrise avvicinandosi.
"Agente Bright, benvenuto." esordì Keiko, "Vuole assistere alle prove?"
"Credo che mi tratterrò a lungo." rispose Bright, "Purtroppo però non posso dare alla sua esibizione l'attenzione che vorrei. Quella persona che sa potrebbe arrivare da un momento all'altro. Sono uno dei pochi a crederlo, ma non agisce sempre alla luce dei riflettori e sfoggiando la sua abilità di sfuggire alla polizia."
"Non so come" disse Keiko, "ma lei riesce a trasmettere l'impressione di conoscere approfonditamente Shadow Lady. Vuole essere lei a catturarla?"
"É per questo che sono arrivato a Gray City ed è questo che ho intenzione di fare, perciò può essere certa che non perderò d'occhio il suo microfono." il suo sguardo si soffermò sul piccolo oggetto che Keiko sfoggiava davanti al volto.
"Perché Shadow Lady dovrebbe volerlo?" domandò.
"Non posso saperlo con certezza," ammise Bright, "lei non pensa che alcune delle sue qualità siano dovute a quell'oggetto?"
Keiko fece un "Oh!" di meraviglia.
"É proprio così!" esclamò, "Per questo dico che è il mio portafortuna. Non è un aiuto per cantare, in realtà. Ma ho la sensazione di comunicare meglio con il pubblico."
Bright aggrottò le ciglia.
"Le spiego," continuò Keiko "per un'artista è importante essere al centro dell'attenzione di tutta la platea, quindi riuscire a muoversi, sorridere e spostarsi in modo che in ogni singola canzone ogni spettatore possa cogliere l'interpretazione che viene data. All'inizio era molto difficile e non accontentavo mai il regista, poi ad un tratto tutto è sembrato più semplice."
"Da quando ha quel microfono." indovinò Bright.
"E non c'è una spiegazione logica" aggiunse Keiko "per questo bisogna credere che sia un portafortuna. Per quanto un artista sia bravo, l'apprezzamento del pubblico determina il successo."

La camera non era particolarmente ampia, ma decisamente elegante. Non mancavano le rifiniture alle finestre e i mobili apparivano di un legno pregiato. Un parquet con semplicissimo disegno pavimentava l'ambiente e un paio di specchi dall'elegante cornice completavano l'arredo.
Sutsumi uscì dal bagno, fregandosi le mani pulite e si accinse a girare la maniglia della porta per uscire quando si fermò come paralizzato. Alzò gli occhi per incontrare la figura di una donna eccentricamente vestita ed ancora più eccentricamente pettinata.
"Shadow Lady." la riconobbe.
"Esattamente" disse lei annuendo, "e tu sei Sutsumu, se non sbaglio."
"Allora sei veramente tu ad aver orchestrato tutto quello che è successo ieri." replicò Sutsumu guardandola con aria disgustata.
Shadow Lady alzò le spalle ed abbassò gli occhi.
"In effetti sì." confessò. "Ma devo dire che mi dispiace averlo fatto. La tua cara Keiko ha affrontato tutto con una determinazione ammirevole."
Gli occhi della ragazza puntarono decisi verso il volto di Sutsumu.
"Grazie al tuo sostegno, ovviamente." aggiunse. Si sollevò e con pochi silenziosi passi portò il suo viso a pochi centimetri da quello di Sutsumu. "Immagino che ti sia grata per quello che hai fatto per lei."
Un lieve rossore, dovuto in parte alla improvvisa vicinenza di Shadow Lady ed in parte alle sue parole, tinteggiò il volto di Sutsumu.
"Che vuoi dire non questo?" domandò Sutsumu irrigidendosi, "Dove vuoi arrivare?"
"Ti dispiace che Keiko abbia avuto l'occasione per accorgersi di quanto tu sia importante per lei?" domandò di rimando la ladra.
"Mi dispiace che tu abbia umiliato Keiko in questo modo!" esclamò Sutsumu "Ecco cosa mi dispiace. Vuoi aggiungerti a quello che sfruttano il suo talento per accrescere la loro notorietà? O vorresti il suo posto nell'attenzione di tutti?"
Shadow Lady attese un istante come ponderando la risposta.
"Né l'uno, né l'altro." rispose, "Ho altre questioni di cui occuparmi. Tu invece, perché sei qui?"
"É la mia stanza, questa." disse Sutsumu sprezzante, calcando con la voce sull'aggettivo possessivo.
Shadow Lady fece un sorriso adorabile. "Questo lo so." spiegò, "Ma perché sei a Gray City? Mi risulta che hai chiesto dieci giorni di ferie per seguire i concerti di Keiko. É bello che tu sia così affezionato ad una vecchia amica."
Questa volta il colorito di Sutsumu si portò con maggior decisione veso lo scarlatto.
"Non mi pare che tutto questo ti riguardi." disse brusco.
"Okay," Shadow Lady accompagnò la parola con un occhiolino. Diede le spalle ad Sutsumu e fece alcuni lenti passi verso la finestra. Poi si voltò nuovamente verso il ragazzo. "Volevo sapere se ti interessava un aiuto per dichiararti a Keiko."
Sutsumu inghiottì e scosse la testa, come se fosse sul punto di negare di aver mai avuto quell'intenzione, poi scorse lo sguardo sereno e ammiccante della ladra e sospirò.
"Come posso fidarmi?"
Shadow Lady fece un sorriso divertito. "Voglio solo proporti di cogliere un'occasione per restare solo con lei. Che motivo avrei per ingannarti? E che rischi correresti, comunque?"
"Cosa vorresti fare?" chiese Sutsumu.
"Sono una ladra" osservò Shadow Lady, "le ruberò un po' di tempo."
Sutsumu abbossò la testa per diversi secondi, guardando a lungo il parquet, come se vi fossero incisi simboli esoterici.
"Anche tu sei innamorata, vero?" chiese Sutsumu.
Questa volta fu Shadow Lady, inaspettatamente, a mostrare un'ombra di imbarazzo.
"Perché vuoi saperlo?"
"Una persona innamorata" spiegò Sutsumu, "capisce che a volte si vuole dire qualcosa ad un'altra persona ed allo stesso tempo non si vuole dirla per non arrecare dolore."
Shadow Lady strinse le labbra. "Posso capire quello che dici, Sutsumu."
"E potresti farmi parlare con Keiko senza che lei mi riconosca?" chiese Sutsumu.
Shadow Lady si concesse un ampio sorriso.

Il sorriso di Keiko sembrava sul punto di cedere nel momento in cui ascolatava le parole del suo corpulendo interlocutore. Tradendo di tanto in tanto la sua impazienza con sguardi diretti ai lati del suo interlocutore, ascoltava senza parlare. La porta della stanza dove si trovavano, il camerino di Keiko, era aperta. Attraverso di essa era possibile vedere se qualcuno si stesse avvicinando lungo il corridoio.
"Ricordati che la luce del riflettore ti può accecare, se cammini verso la sinistra del palco".
"A metà dell'esecuzione della sesta canzone, ricorda che avrai due figuranti proprio dietro le tue spalle."
"Mangia poco e bevi molto, come al solito, prima dello spettacolo."
"Non dimenticare che dopo questo concerto avremo la cena. Ti ho lasciato l'indirizzo per l'autista su un biglietto."
"La costumista ti aspetta tre quarti d'ora prima dell'inizio. Non sarà a tua disposizione prima e quindi non c'è da perdere neppure un minuto."
Un piccolo demone con le ali da pipistrello sorrideva nell'ombra di una tenda, stringendo tra le sue mani un biglietto.
"Hotel Royal." sussurrò "Bene, ho quello che ci serve".

Un anziano metronotte camminava per la strada ormai tenebrosa. I lampioni che ne avrebbero dovuto illuminarne un lato erano spenti e l'immondizia ai lati della strada completava l'idea di abbandono che il luogo trasmetteva. Il metronotte camminava senza agitare la torcia, ma illuminando solo la strada davanti a sé, come se avesse premura di finire il turno piuttosto che controllare approfonditamente la zona.
Si scosse quando una piccola ombra grigia appena più chiara della notte apparve alla sua sinistra. Deviò verso di essa, senza accelerare né rallentare la sua andatura, dirigendosi verso una palizzata di lamiera. La luce della torcia indirizzata verso di essa non illuminò nulla ed anzi sembrò inghiottita da una parete di uniforme oscurità.
Il metronotte raggiunse quella parete e si fuse con essa. Al di là della palizzata, una fioca luce giallastra illuminava una cavità semisferica. Il metronotte spense la torcia e il suo corpo si coprì di fiammelle rosa. Setna vide due figure umane avvolte in pesanti mantelli avvicinarsi lentamente ed inginocchiarsi di fronte a lei.
Dietro di lei apparve un minuscolo omino di cenere, il demone Velm. Alla sua destra, nel punto esatto in cui si trovava la torcia, si accese un piccolo globo che si accrebbe di dimensioni fino a contenere Vaar.
"La tua presenza ci onora Setna," disse una voce femminile, "Domatrice del Fuoco. Io sono Kalalii."
"Io non sono più una Domatrice." replicò Setna "Non ricordatemi il disonore che ho subito quando ho perso il titolo."
"Non per tua colpa questo avvenne" disse l'altro presente con voce maschile "nessuno meglio di noi ne è al corrente. Io sono Tolikei."
"Alzatevi." comandò Setna.
La metà destra del viso di Kalalii era segnata dalle numerose rughe di una donna molto in avanti con gli anni. La sinistra era semplimente nera, e quasi del tutto indistinguibile con la stoffa del mantello, come se ne facesse parte. Le sue braccia erano interamente coperte dalla veste, le sue gambe si intravedevano esili e tremarono mentre la demone si alzava.
Anche Tolikei aveva la parte sinistra del volto scura come il mantello, mentre la destra aveva apparenza umana. Aveva pochi capelli grigi e l'occhio fissava il vuoto come se avesse perso la vista. Il suo braccio sinistro sembrava troppo piccolo per il mantello e la gamba destra più corta dell'altra.
"Cosa sapete?" chiese Setna.
Kalalii calò la testa. "Noi sappiamo molte cose" rispose "ma non tutte le riveleremo. Un potere ci minaccia e, sebbene l'onore e il nostro stesso interesse ci spingano a parlare, altro ci consiglia la prudenza."
"Tuttavia" continuò Tolikei "possiamo confermare quello che Sua Eccellenza ha già inteso e compreso. L'intelligenza Sua, del Suo consigliere e del Messaggero che Ella rappresenta, le potranno suggerire risposte che finora non ha dato e di cui noi sapremo confermare l'esattezza."
Fece un gesto e Velm sparì nell'ombra. Setna guardò torva i due demoni.
"Non è un grande aiuto." sentenziò "Potrei trovare molto irritante tutto questo."
"Ciò non cambierebbe comunque la nostra situazione e la nostra determinazione." replicò Kalalii.
"Quello che ci impone prudenza, come Sua Eccellenza ha sicuramente indovinato, è un potere più grande del Suo." osservò Tolikei.
"E chi potrebbe vantare un potere più grande di quello di un Domatore del Fuoco." li sfidò Setna.
"Sua Eccellenza deve riconoscere" disse Kalalii "che, seppure il suo potere sia formidabile, non è certo l'unico potere della magia dei demoni."
"Forse potrà trovare un potere più grande in un Portatore dei Ghiacci." suggerì Tolikei. Un improvviso silenzio calò nella cavità.

L'insegna recava la scritta "Motel on Roads." L'autista scesa dalla vettura ed aprì lo sportello a Keiko.
"Ma il posto non può essere questo!" obiettò la ragazza con uno sguardo di disapprovazione verso l'edificio, che avrebbe avuto bisogno di un paio di abbondanti mani di vernice.
"Effettivamente, signorina Okuma" osservò l'autista "Ha scarsa somiglianza con luoghi dedicati a cene di gala, eppure l'indirizzo ed il nome corrispondono a quelli del biglietto."
Keiko si morse le labbra. "Deve esserci un particolare significato per questo posto." suggerì "Magari c'è vissuto un musicista locale all'inizio della carriera ed ha un valore storico per cui non si vuole neppure rimodernarlo. Inutile fare congetture. Aspettami mentre vado a vedere."
Keiko si avvicinò all'ingresso e notò un cartello che recava il suo nome e indicava un numero di stanza. Nell'ingresso non c'era nessuno ed anche i corridoi erano deserti.
Keiko suonò il campanello ed attese il portiere seduta su una poltrona polverosa e malandata.

Bright scese dall'auto nel parcheggio del motel ed aggrottò le ciglia.
"Il posto indicatomi da Keiko è questo." pensò "Ma è decisamente insolito per una cena di gala. Per di più è in periferia. E non c'è l'ombra della macchina di un invitato. Un errore? O forse qualcosa di diverso?"
Non dovette attendere di ricevere una risposta, perché si accorse che il suo polso era ammanettato allo sportello dell'auto. Accanto allo sportello dell'altro sedile anteriore, Shadow Lady faceva tintinnare un paio di chiavi, prese dal cruscotto.
"Ti ho visto arrivare." annunciò a Bright "Questa volta ti ho preso io di sorpresa. Credo che dovrai rimanere qui per un po'. Ho bisogno di Keiko per una ventina di minuti."
"Non puoi rubarle il microfono e basta?" chiese Bright.
Shadow Lady trasformò una smorfia di stupore in un sorriso. "Sei sempre più avanti di quello che penso, Bright." gli disse "Ma sei sempre uno sciocco ed un testardo. Ovviamente non è così semplice o lo avrei già fatto."
"Cosa devi fare allora?" domandò il giovane.
Shadow Lady inclinò amabilmente il capo.
"Dopotutto credo che non te lo dirò." disse "Non ho la tua fiducia e non vedo perché tu debba avere la mia."
"Se stata tu la prima a chiedere di non fare domande." osservò Bright.
"Avevo le mie ragioni" disse lei, tristemente "ti ho detto anche altro se ricordi."
"Che eri felice dei miei sentimenti, ma che qualcosa ti impediva di ricambiarli." ricordò Bright
"Lo sono tuttora." insisté "Tu non mi credi?"
"Tu non hai fiducia in me, ne devo avere io in te?" replicò Bright
"Ti chiedo di aspettare venti minuti prima di toglierti le manette ed inseguirmi. Se mi dici che lo farai, ti crederò. Ti basta?"
"Come potrei toglierle?" domandò Bright.
"Sono quelle che mi hai messo tu." spiegò Shadow Lady.
Bright si irrigidì.
"Credo..." aggrottò le ciglia "Che siano un paio che ho avuto da un tale che non me ne ha dato le chiavi."
Shadow Lady rise.
"Il brillante ed implacabile Bright che inciampa in un banale errore." Guardò Bright con condiscendenza. "Allora tra venti minuti tornerò qui da te e ti libererò."

"Un Portatore dei Ghiacci!" esclamò Vaar prendendo la parola "Certo avrebbe l'abilità di creare gli artefatti che sono comparsi in questi mesi e la capacità di sopraffare facilmente quelli che custodivano le Pietre del Diavolo, ad eccezione di Goug. Ma la polizia ha individuato e fatto giustiziare a suo tempo il colpevole."
"Se la polizia demoniaca fosse infallibile" disse Tolikei con un sorriso, "noi non saremmo qui a parlarci."
"Qualcuno dei responsabili potrebbe essere sfuggito" aggiunse Kalalii, "per circostanze fortunate o perché ritenuto estraneo al fatto."
"La prigionia a cui Sua Eccellenza è stata sottoposta è ingiusta." disse Tolikei chinandosi di nuovo verso Setna "Che queste circostanze non La spingano ad annullarSi per sempre. Io sono suo alleato e sostenitore e La onoro per quelli che sono i suoi reali meriti."
Setna parlò con la voce velata di un'insolita tristezza.
"Non ci è concesso porre fine alla nostra esistenza durante la prigionia eterna. Alcuni di noi hanno scelto di annullarsi ora, mentre servono il Messaggero. Goug ed io abbiamo fatto una scelta diversa, di questo puoi stare certo. Credo nel Sovrano del Fuoco e che il nostro disonore avvenga nel suo risentimento, come ha dimostrato scegliendoci come servitori del suo Messaggero. Per quanto il potere di un Misto non possa mutare le mie sorti, apprezzo enormemente la tua devozione e mai più considererò di nessun valore l'esistenza di voi Misti."
"Ringrazio Sua Eccellenza per il favore concessomi." disse Tolikei alzandosi "Noi viviamo tra gli uomini non per spregio degli altri demoni, ma perché il nostro potere non è sufficiente a farci sopravvivere nel paese dei Demoni, né tanto tremendo da causare inesorabilmente danni agli umani. Pochi sono i Misti che hanno la protezione di un Sovrano."
Il suo sguardo si posò su Vaar.
"Puoi dirci altro Tolikei?" chiese quest'ultimo "Dove vengono creati gli oggetti? E quando?"
"Sua Eccellenza Setna" rispose l'interrogato "sa che per infondere il potere agli artefatti è massimamente utile agire durante la luna nuova."
"Dalla luna che seguì di pochi giorni lo scampato avvento del Diavolo della Distruzione," aggiunse Kalalii "ogni nuova luna un artefatto è stato prodotto. Ogni volta in un luogo diverso. Non ci è possibile prevedere dove avverrà il prossimo."
"E il Portatore dei Ghiacci chi è? Come è possibile che nel mondo dei demoni non sia notata la sua assenza?" domandò con foga Vaar.
"Non diremo nulla" disse cupa Kalalii "di quello che sappiamo o potremmo sapere di costui. Non diremo un nome, né lo scriveremo."
"E se in qualche luogo questo nome fosse scritto" concluse Tolikei, "faremo in modo che sia cancellato."

Keiko sbuffò suonando il campanello.
La reception era ancora deserta, come se ogni dipendente del motel fosse fuggito al suo arrivo.Un orologio sulla parete segnava lo scorrere dei minuti.
Keiko oltrepassò l'atrio e cominciò a cercare per il corridoio la stanza indicata dal cartello. Trovò alla quarta porta a sinistra nel corridoio la porta con il corrispondente numero e la aprì. Nella stanza non c'erano mobili, ma una piccola pedana con un microfono e un paio di grossi riflettori puntati verso di essa. Appena la ragazza aprì la porta una musica si diffuse nell'ambiente. Keiko si portò una mano alla guancia affondandovi le unghie, poi, temendo di segnarsi la pelle, abbassò velocemente il braccio.
Incuriosità, si incamminò verso il piedistallo, canticchiando le parole della canzone.
"Ma che cos'è questa?" chiese come se qualcuno potesse ascoltarla "La stanza dove è nato il karaoke?"
Giunta al piedistallo i riflettori si accesero. Keiko prese di scatto il microfono e modulò la voce seguendo la melodia. Riprese la canzone esattamente nel tono che aveva la musica e la seguì fino al suo termine, ondeggiando su quell'insolito palcoscenico in una pregevole quanto improvvisata interpretazione.
Dal nulla si udì il suono di un paio di mani che applaudivano.
"C'è qualcuno alla fine!" esclamò Keiko "Dove sono gli altri?"
"Non ci sono altri." disse una voce dal timbro metallico, all'apparenza riprodotta elettronicamente "Ho sostituito il biglietto per l'autista."
"Sei Shadow Lady, vero?" domandò Keiko furiosa "Un altro dei tuoi dispetti! Almeno adesso mi dirai perché ce l'hai con me."
"Non sono Shadow Lady." replicò la voce "E non ho nulla a che fare con quello che ti è accaduto ieri, anzi vorrei che non fosse successo. Avevo bisogno di mostrarti una cosa, per questo ti ho voluta qui."
"E che cosa dovrei vedere di così importante?" Keiko ruotò il volto da ambo i lati, verso l'alto e il basso, cercando chi era in quella stanza.
"L'hai già vista." spiegò la voce "Hai cantato perché ne avevi voglia, come quando hai cominciato."
"Io ho sempre voglia di cantare." aggiunse Keiko.
"Ma hai sempre qualcuno che ti ascolta" puntualizzò la voce, "e che pensa a come si possa raggiungere il successo tramite il tuo talento."
"Non è quello che desiderano tutti gli artisti?" chiese la ragazza.
"Si." ammise la voce "Ma ricorda. Il talento è necessario al successo e non il contrario. Alcuni lo hanno dimenticato. Alcuni pensano che sia indispensabile piacere e non essere bravi. E si trovano circondati e contemporaneamente soli."
"Che significa?" domandò Keiko "Fai gli indovinelli?"
"Un'artista a volte è circondato da persone che amano la gente di successo" rispose la voce, "perché essi stessi desiderano essere al centro dell'attenzione, assieme a chi ammirano. Ed è solo perché, senza il successo, nessuna di esse rimane."
"Io ho dei veri amici." osservò Keiko.
"Tienili cari." le consiglio la voce "Non dargli mai a pensare di preferire il successo a loro. Chiama tua madre, che aspetta che tu le telefoni. Il successo prima o poi svanisce, i sentimenti qualche volta sono eterni."
Keiko si mordicchiò il labbro inferiore e rimisa a posto il microfono.
"Chi sei?" domandò in un sussurro. Ma la voce non parlò più.

Tolikei avanzò per la stradina che Setna aveva percorso nel senso inverso poco prima, la demonessa lo seguiva con l'aspetto del metronotte e Vaar era invisibilie nel fascio di luce proiettato dalla torcia. Raggiunsero una zona in cui alcune insegne di spogli negozi e fatiscenti palestre erano accese ai lati della strada. Su una di esse una lampadina si spense.
Un gruppo di donne dall'apparenza equivoca passò affianco al gruppo. Nè gli uni nè gli altri degnarono di uno sguardo i membri dell'altro gruppo. Setna, Tolikei e Vaar raggiunsero l'incrocio con una strada più ampia, dall'aria più ordinata e frequentata, in cui un'automobile passò a velocità sostenuta. Anche lì tuttavia un'altra porzione di insegna si spense.
"Eccellenza" disse Tolikei, "qualora voglia tornare sarà sufficiente che si rechi in questo punto e Kalalii ad io sapremo della Sua venuta e le accorderemo quanto prima un colloquio. Sappia comunque che l'abbiamo aiutata per tutto quello che ci è stato possibile."
"L'aiuto che ci avete dato non sarà dimenticato." replicò ambigua Setna.
Tolikei si scostò dal finto metronotte e svanì in un'ombra.
Vaar apparve per un istante oltre la luce della torcia.
"Lu-jel." sussurrò.

Shadow Lady giocherellava con il piccolo microfono di Keiko, fissandolo incuriosita. Era sul tetto di un alto palazzo, che terminava in una mansarda. La notte era nera di nubi.
"Dici che non sparirà di nuovo?" chiese Demo, quasi invisibile accanto a lei.
"Credo di no." rispose la ladra "Non credo che Keiko abbia ancora il desiderio dell'approvazione delle persone per cui canta. Gli basta l'approvazione delle persone che ama."
Abbassò l'oggetto ed il suo sguardo si perse lontano.
"Quella che vorrei avere io." aggiunse.
"Cosa ti ha detto Bright quando lo hai liberato?" domandò il demone.
"Nulla. Non ha potuto scegliere se avere fiducia in me. Non so se avrò occasione di dargli una nuova possibilità."
"É intelligente Aimi" osservò Demo, "lo sai e lo so anche io. Avremo di nuovo a che fare con lui."
Shadow Lady sorrise. "Hai ragione. Non mi resta che aspettare quel momento, desiderandolo e temendolo allo stesso tempo".
Una pallido raggio di luna si fece strada verso il tetto, ma la sua luce non trovo che tegole.

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