Delirious

di Mirokia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Farce. ***
Capitolo 2: *** Innocence. ***
Capitolo 3: *** Lesson number 1: acceptance. ***
Capitolo 4: *** Lesson number 2: knowledge ***
Capitolo 5: *** Perfect happiness. ***
Capitolo 6: *** Lesson number 3: kindness. ***
Capitolo 7: *** Déjà-vu ***
Capitolo 8: *** Lesson number 4: apologize. ***
Capitolo 9: *** Confessions. ***
Capitolo 10: *** Tower over me. ***
Capitolo 11: *** Open your eyes. ***
Capitolo 12: *** No one. Or maybe... ***
Capitolo 13: *** Pretending Courage. ***
Capitolo 14: *** Two plus two. ***
Capitolo 15: *** Love you. ***
Capitolo 16: *** When a house is not a home. ***
Capitolo 17: *** Have you met Sebastian? ***
Capitolo 18: *** Mad and happy. ***
Capitolo 19: *** Happy Birthday, D. ***
Capitolo 20: *** Something serious. ***



Capitolo 1
*** Farce. ***


DELIRIOUS

 

 

 

1.      –Farce-

 

 

 

 

 

Kurt Hummel aveva preteso quell’enorme specchio più di qualunque altra decorazione in casa. Non poteva mancare una lucidissima superficie riflettente nella sua camera da letto. Era particolarmente vanitoso, lo sapevano tutti, e non esisteva oggetto più adatto dello specchio per un inguaribile Narciso come lui.

Amava specchiarsi. Stava a volte ore a sistemarsi, a guardarsi, ad accarezzarsi il viso, a lisciarsi il collo, a spostarsi le ciocche di capelli dietro le orecchie, a spalmarsi cremine ovunque.

Quello specchio posto proprio di fronte al letto gli piaceva anche perché riusciva a intravedere gli attimi di intimità tra lui e suo marito. Vedere quella schiena sexy che si muoveva su di lui era una delizia per gli occhi. O forse, s’eccitava di più a guardare se stesso che ondeggiava sotto al corpo del suo compagno. Sì, probabilmente era così. Talmente vanitoso, che persino in quei momenti desiderava vedere la propria immagine riflessa.

Ma in quel momento la sua espressione non era compiaciuta come al solito. Si stava specchiando, sì, ma quello nel riflesso sembrava un’altra persona.

-Sei pronto?-

Blaine lo raggiunse e lo guardò nello specchio, facendogli poi i complimenti per il fatto che s’era preparato più in fretta del solito.

-Cosa c’è che non va?- gli chiese ancora tenendolo dalle spalle e spolverandogli il colletto della camicia bianca. –Non ti piaci oggi?-

-Non è quello.- ammise Kurt fissandosi nelle iridi azzurrissime. Poi il suo sguardo cadde inconsapevolmente sulla busta che era stata buttata lì a caso un paio di settimane prima.

Era da appunto due settimane che rileggeva il contenuto di quella busta, ogni santo giorno. Sapeva che si sarebbe sentito male ogni volta che leggeva quel nome in fondo al foglio, ma lo faceva lo stesso, lo leggeva di continuo, e poi si sentiva in colpa, richiudeva la busta e la gettava sulla specchiera, sforzandosi di non pensarci più.

-E cos’è, allora? Dai, Kurt, lo sai che puoi dirmi tutto. E’ da un po’ che ti vedo strano.- lo spronò Blaine dolcemente, e intanto gli carezzava i capelli sulla nuca.

Kurt distolse lo sguardo dalla sua immagine, che adesso gli sembrava del tutto deformata, e scosse la testa distrattamente.

-E’…questo matrimonio. Non credo sia il caso di andarci.- rispose finalmente il ragazzo, gli occhi puntati sulle mani di Blaine che adesso gli cingevano i fianchi.

-Ma ne abbiamo già parlato. E’ stato carino ad invitarci, non possiamo rifiutare.- disse quello poggiando il mento sulla spalla di Kurt.

-Non è stato carino. L’ha fatto apposta.-

-Perché avrebbe dovuto?-

Kurt guardò il ragazzo nel riflesso dello specchio, e si chiese se davvero fosse così ottuso da non capire il disagio che aleggiava nel suo cervello.

-Vuole farmela pagare, in qualche modo.- disse, più a se stesso che al marito. Infatti, quello fece uno sguardo confuso, senza capire. Poi ci rinunciò e slegò le braccia dal bacino di Kurt.

-Non siamo più al liceo, Kurt. Non credo proprio che ce l’abbia ancora con te. Ha solo voluto fare un gesto carino.- gli passò la lacca che troneggiava sulla specchiera. –E ormai abbiamo dato la conferma. Dai, finisci di sistemarti i capelli, io ti aspetto sotto. Ricordati che dobbiamo passare a prendere Finn.- fece uno dei suoi ampi e fin troppo familiari sorrisi, poi lo lasciò solo. Non appena la porta si chiuse, Kurt ne approfittò per prendere per l’ennesima volta la busta in mano e lesse la scritta sul dorso:

 

A Kurt Hummel e Blaine Anderson

 

Quella scrittura non era sua, assolutamente. Non ricordava scrivesse così elegantemente, a meno che non avesse preso lezioni di calligrafia in quegli anni. Poco probabile, non era da lui.

Kurt aprì la busta con le sopracciglia aggrottate e ne tirò fuori il biglietto d’invito di un disgustoso lilla chiaro. Lesse un’altra volta anche quello, come se sperava gli fosse sfuggita qualche parola.

 

 

Questo è un invito ufficiale al matrimonio di David Karofsky e Nancy Damato.

Il matrimonio sarà celebrato il 4 maggio 2016 alle ore 11.00 a.m.

Confidiamo nella vostra presenza.

 

 

Basta. Né una parola di più, né una di meno. Kurt si rigirò il foglietto tra le mani, sperando di trovare un qualche, anche piccolo e ben nascosto, insulto indirizzato a lui. Qualcosa come “femminuccia” o “finocchio” in un angolo dell’invito, ma niente di niente. Era un normalissimo, noiosissimo invito ad un matrimonio. Ma altro che matrimonio! Una bugia bella e buona, ecco cos’era!

-Amore, sei pronto?- gridò Blaine dal piano di sotto. Kurt rivolse di nuovo lo sguardo allo specchio e si accorse di avere l’espressione accigliata e le orecchie bollenti dalla rabbia. Non sapeva nemmeno dire perché provasse una tale ira, ma si sentiva quasi preso in giro. Sì, forse era per quel motivo, perché Dave Karofsky lo stava prendendo per i fondelli.

-Scendo, tesoro.- l’ultima parola gli morì in bocca. Diede ancora un’occhiata all’invito, poi lo stropicciò per bene e lo gettò sul tappeto. Era una persona molto ordinata, lui. Non sopportava chi gettava la roba per terra. E in quel momento, quindi, non riusciva a sopportare se stesso, il suo atteggiamento incoerente, il suo essere così stranamente irrazionale, quando sembrava avere tutto sotto controllo.

Il cellulare gli squillò nella tasca dei pantaloni eleganti.

-Pronto.-

-Oh, allora sei pronto. Rachel, è pronto!- disse la voce all’altro capo, strillando poi qualcosa alla ragazza che si trovava nella stanza accanto.

-Che vuoi, Finn?-

-Ehi. Ti sei alzato con la luna al contrario?-

-Si dice “luna storta”, Finn.- Kurt sospirò rumorosamente, le labbra quasi viola dal nervoso.

-Fa lo stesso. Sono le undici meno un quarto.- fece quello, che ormai era abituato alle correzioni del fratellastro.

-Ma dai? Sono pieno d’orologi in casa, so benissimo che ore sono.-

Niente da fare, non riusciva a non essere acido, neanche col suo adorato fratello acquisito.

-Ma perché mi tratti così male oggi?- il tono di Finn sembrava davvero abbattuto, così Kurt tentò di sistemare le cose.

-Scusami, Finn. Sono stato poco bene stanotte e ho dormito solo un paio d’ore. Quindi sono leggermente nervoso.- era vero che era stato male, probabilmente era stata la pizza al prosciutto della sera prima a farlo rimettere più di una volta. –Tra dieci minuti siamo lì. Rachel è pronta?-

-Lei è pronta da un pezzo.-

-Spero non abbia messo quel discutibile abito verde mela lungo fino ai piedi.-

-No, ha messo il vestito verde mela, quello lungo fino ai piedi.-

Kurt stette in silenzio, adottando uno sguardo di disappunto.

-Scherzavo,  non ti scandalizzare! Ha messo quello rosa e bianco.- si affrettò a dire Finn, visto che s’era accorto che l’altro non aveva intenzione di replicare.

-Ma così sembrerà un confetto.- commentò Kurt, con sempre più disappunto.

-Fa niente. A me piace.-

-L’importante è quello.- Non era vero, l’importante era che piacesse a Kurt Hummel! –Passiamo a prenderti tra dieci minuti.-

-Grazie, salutami Blaine!-

-Lo vedrai tra poco, stordito.- sorrise Kurt, poi salutò il fratello e mise giù, sospirando ancora. Aveva sospirato fin troppo quella mattina. Si guardò un’ultima volta allo specchio, gonfiò leggermente i pettorali che non aveva e si preparò anche spiritualmente.

-Amore, sei pronto?- Blaine ripetè la domanda di pochi minuti prima, e Kurt rotolò gli occhi all’indietro.

-Sì, prontissimo!-

No, non era pronto. Per nulla.

 

 

*

 

 

Non entrava in chiesa dai tempi del liceo, da quando aveva oltrepassato quella soglia tanto per fare un piacere a Mercedes. Era in una sorta di trance da quando era uscito di casa, e neanche si era accorto di essersi separato da Blaine: Mercedes, infatti, l’aveva tirato accanto a sé e gli aveva intimato di restare lì immobile, mentre Santana gli aveva chiuso ogni via d’uscita a destra e si era accomodata con le mani in grembo e il sorrisetto demoniaco.

-La zia Tana non sbaglia mai. E’ un’ottima profeta.- disse quel diavolo che ad ogni buona occasione si infilava uno dei suoi perfetti e costosissimi vestiti rossi che le calzavano fin troppo a pennello.

-…Cosa?- fece Kurt, decisamente distratto. No, distratto non è il termine adatto. Era più che altro concentrato su qualcos’altro, qualcun altro magari, qualcuno che gli dava le spalle in quel momento, e che già si trovava davanti all’altare.

-Niente. E’ solo che avevo predetto questo matrimonio. E tutte le sue conseguenze.- mormorò Santana, che adesso fissava insieme a Kurt l’enorme schiena di Karofsky fasciata da una giacca nera, anche se non troppo elegante.

-Che intendi dire?-

-Niente, Kurt, niente ho detto. A volte penso che avere Finn come fratello non giovi per nulla alla tua salute.- e incrociò le braccia, stufa che la gente avesse smesso di darle retta. E quando Kurt non le rispose, le venne un diavolo per capello. Come se non fosse normale per lei, avere un diavolo per capello.

-Si può sapere perché stai fissando Dave?-

Kurt le diede improvvisamente attenzione, quasi fosse stato colto sul fatto.

-Sembra che tu lo voglia incenerire con lo sguardo.-

-Non hai tutti i torti.- ammise Kurt, i pugni stretti sulle gambe.

Santana alzò gli occhi al cielo ed imprecò sottovoce anche se, forse, non avrebbe dovuto farlo, visto che era in chiesa.

-Che ti ha fatto, questa volta?- chiese pazientemente.

-Che ha fatto a me? Che ha fatto a se stesso, vorrai dire!- esclamò Kurt, che indurì apposta lo sguardo quando Karofsky si voltò verso di lui.

-E va bene, cos’ha fatto a se stesso?- ripetè quella sbuffando leggermente.

Le loro chiacchiere si interruppero per qualche minuto, poiché la sposa era già arrivata. Persino in anticipo. Percorse il tappeto rosso a braccetto col padre, e sorrideva amabilmente. Non sapeva perché, ma Kurt sentiva di volerle spaccare la faccia. Non erano un bene questi suoi istinti omicidi, ma a quanto pare avrebbe imparato a conviverci.

Conosceva Nancy Damato da un po’, praticamente da quando s’era fidanzata con Dave Karofsky. Era di origini italiane, aveva la pelle color caramello e due occhi verdi che spiccavano in mezzo a tutto quel ben di Dio di capelli folti, ricci e neri. Per quell’occasione, aveva pensato bene si passarsi la piastra sui capelli. Ma no, aveva pensato male, si sarebbe solo bruciata le punte, e così addio capelli ricci e selvaggi.

Si ritrovò a fare quei pensieri sui capelli di Nancy quando ormai lei era arrivata davanti all’altare e s’era fatta scoprire il volto dal fidanzato e quasi marito, e tutti s’erano già seduti, mentre lui era rimasto in piedi come uno stoccafisso.

Santana lo tirò giù dalla manica, e quello si indignò perchè gli aveva stropicciato uno dei suoi migliori capi.

-Allora?!- chiese la ragazza per riallacciarsi al discorso che stavano facendo poco prima.

-Ma non lo vedi tu stessa? Si sta per sposare! Con una donna!- fece Kurt a voce talmente alta, che le vecchie dietro di lui gli intimarono di tenere la bocca chiusa con uno “shhh” sommesso.

-Hai occhio, eh? Gli sta solo bene, aveva solo da darmi retta anni fa.- borbottò Santana, badando a tenere la voce bassa.

-Di cosa diavolo parli, Satana?-

-Quel soprannome non è più divertente, e mi sembra ancora più inadeguato usarlo in chiesa.-

-Ti sembra che mi possa importare il fatto che siamo in chiesa?-

Kurt si puntò il dito in faccia e gli fece fare tre giri completi, provocando il nervoso anche alle signore sedute davanti a lui.

-Piantala di fare l’idiota e segui il matrimonio.- lo riprese Santana tentando di non guardarlo.

-Matrimonio?! Buffonata, vorrai dire!-

-Stiamo celebrando un matrimonio, la prego di fare silenzio.-

A questo punto era intervenuto persino il sacerdote, che aveva parlato senza nemmeno distogliere lo sguardo dall’enorme libro che reggeva tra le mani. Anche Dave si voltò di tre quarti e rivolse a Kurt uno sguardo severo e di rimprovero.

-C-h-e  v-u-o-i?!- gli sillabò Kurt riducendo gli occhi a fessura. –V-o-l-t-a-t-i.- aggiunse, e Dave, sorridendo tra sé, scosse la testa e tornò a guardare il sacerdote.

Perché aveva sorriso, adesso? Ma non si rendeva conto della gravità della sua azione?

Forse stava impazzendo, per fare una cosa del genere. Sposarsi con una donna? Come poteva?

Kurt era già abbastanza sconvolto, ma Dave, al contrario, sembrava ben conscio di quello che stava facendo.

-Sta delirando.- disse Kurt, che pensava ad alta voce.

-Quello che sta delirando qua dentro sei tu, razza di Hummel.- ribattè Santana, tranquillissima.

-Sarà l’errore più grande della sua vita.-

-Probabile. Mi divertirò parecchio.- ridacchiò la ragazza. Kurt scattò in piedi senza accorgersene.

-Come fai a divertirti? C’è da piangere, qui!-

-E’ pregato di lasciare la casa del Signore.- intervenne il sacerdote, con tono di voce improvvisamente più alto. Ma Kurt sembrava non volergli dare attenzione.

-Kurt, sta parlando con te!- gli fece notare Mercedes con una gomitata. Quello si riscosse: sembrava non esserci proprio con la testa quella mattina.

-Può accomodarsi fuori.- lo invitò l’uomo, una volta che ebbe la sua attenzione. Kurt si guardò intorno: aveva gli occhi di tutti puntati addosso, compresi quelli di Blaine, che lo guardavano straniti, e quelli di Karofsky, che sembravano solo infastiditi.

Si sentiva infastidito dalla sua presenza? Bene, allora se ne sarebbe andato volentieri.

Si diede un’altra occhiata intorno con aria di superiorità, alzò il mento e abbandonò la panca camminando dal lato di Mercedes –perché sapeva benissimo che Santana gli avrebbe dato nuovamente dell’idiota e l’avrebbe costretto a rimanere-.

Camminò sollevando con cura le scarpe ed uscì fuori alla luce del giorno, col solo rimpianto che non avrebbe potuto far sentire la propria voce quando il sacerdote avrebbe pronunciato le famose parole:Se c'è qualcuno che si oppone a questo matrimonio, parli ora o taccia per sempre.

-Che ti prende, Kurt?-

Una voce familiare lo distrasse e gli fece voltare il capo. Kurt notò con piacere che qualcuno si era degnato di seguirlo.

-Ho fatto una figuraccia, lo so.- rispose quello per poi tornare a guardare la strada con le auto che gli sfrecciavano davanti.

-Non sono venuto per rimproverarti.- disse Blaine magnanimo, per poi posargli le mani sulle spalle, come soleva fare. –Però rimane il fatto che mi sembri nervoso. Parecchio. Vuoi dirmi qual è il problema?-

Kurt si allontanò leggermente dalla sua stretta e incrociò le braccia.

-Lascia perdere, non capiresti.- si lasciò sfuggire.

-Per quale motivo non capirei?- chiese Blaine, che s’era un attimo sentito ferire nell’orgoglio.

-No, tesoro, non mi fraintendere. E’ che non mi capisco nemmeno da solo.- Kurt cercò di recuperare in extremis, e fortunatamente funzionò.

-Ma perché? C’entra qualcosa Karofsky?-

-Non è proprio lui in sé il problema. Mi dà fastidio questa bufala che sta tirando su. Non mi piace chi nega se stesso.- ammise con sguardo duro.

-Ma non hai pensato al fatto che Karofsky sia effettivamente etero? Ci sono un sacco di persone che nel periodo adolescenziale hanno i loro dubbi a livello sessuale, e poi si rendono conto che i loro erano davvero solo dubbi e non certezze.-

Il discorso di Blaine lo fece riflettere, ma non ebbe il potere di fargli cambiare del tutto idea.

Dave Karofsky non era etero. Non voleva crederci. Tutti quegli sguardi che gli lanciava quando andava a trovare Finn non erano affatto sguardi da etero. Occhiate troppo insistenti per essere quelle di una persona non interessata al corpo maschile. Non gli erano sfuggite le volte in cui buttava l’occhio sul suo fondoschiena, o quando gli fissava palesemente le labbra mentre parlava.

Un atteggiamento decisamente fastidioso e poco discreto, ma sicuramente non da etero.

-…E se invece non fosse etero? Finirebbe per stare male per tutto il resto della sua vita!- esclamò Kurt, dopo quella digressione mentale sulle occhiate di Karofsky.

-Okey, ma perché dovrebbe importarti?- chiese Blaine guardandolo di sottecchi.

-Perché sì, mi importa!- disse quelle parole senza nemmeno ragionarci su. Si coprì subito la bocca, sicuro di aver detto qualcosa di insolito, quasi fosse stata una frase non sua. -…No, hai ragione. Non mi importa di lui.- si corresse subito, con tono più pacato.

Blaine lo fissò ancora per un po’, poi gli passò il braccio attorno alle spalle sorridendo.

-Io mi preoccuperei più per la tua salute mentale, che per altro.- rise e gli diede un pugnetto sulla spalla.

-Dici che sto delirando?-

-Dico di sì, caro il mio Kurt Hummel.- gli scoccò un bacio sulla guancia, ignorando la gente che passava e lanciava loro occhiate contrariate. –Ci vuoi andare al ricevimento?-

-…No. Andiamo a casa.- fece Kurt, che aveva tutta l’aria di essere già stanco.

-Beh, ma allora io ne approfitto per lavorare un po’. Altrimenti, i soldi li vediamo col binocolo.- disse Blaine, con quel suo solito, enorme sorriso stampato in volto. E quando gli sorrideva così, Kurt non ce la faceva proprio a contraddirlo.

-Certo. Io ti aspetto a casa.- mormorò il ragazzo con gli occhi azzurri lasciando che l’altro lo baciasse sulla bocca. -…come sempre.-

Blaine non udì le ultime due parole che aveva pronunciato il marito, forse perché dette con un tono di voce troppo basso. Lo avvolse in un tenero abbraccio e gli diede un bacio sulla fronte.

-Ti accompagno a casa?-

-No no, prendi pure tu la macchina. Mi faccio una passeggiata fino a casa.- disse Kurt negando con la testa.

-Sicuro?-

Blaine era davvero troppo premuroso. In futuro avrebbe detto soffocante.

-Certo, tesoro.-

Il più basso dei due sorrise, poi tirò fuori dalla tasca dei pantaloni eleganti qualcosa che porse a Kurt. Quest’ultimo lo guardò con gli occhi che brillavano.

-Sei un amore. Sai sempre ciò di cui ho bisogno.- fece Kurt accettando l’oggetto, che poi era un ipod. Ancora non aveva mai chiesto a Blaine com’è che si portasse sempre dietro l’ipod, alla stregua di un monito portafortuna.

-Ti farà compagnia.- asserì Blaine, poi inclinò la testa di lato. –E’ già impostato su Candles.-

Ah già. Candles era la loro canzone, insieme a Dancing Queen, ovviamente. Stavano parlando proprio di Candles ed Hey Monday quando si diedero il loro primo bacio. E il loro primo ballo l’avevano fatto sulle note della canzone degli Abba. Sorrise e arrossì a quei ricordi, ma lo stesso decise di impostare l’ipod su “riproduzione casuale” mentre si incamminava da solo verso casa. La prima canzone che passò andava bene e, mentre faceva una smorfia a un camionista che gli aveva appena indirizzato un colpo di clacson, si lasciò guidare dalle note, sinceramente un po’ insolite per uno che amava i classici come lui.

 

 

Lie awake in bed at night
And think about your life
Do you want to be different?
Try to let go of the truth
The battles of your youth
'Cause this is just a game

It's a beautiful lie
It's the perfect denial
Such a beautiful lie to believe in
So beautiful, beautiful it makes me

It's time to forget about the past
To wash away what happened last
Hide behind an empty face
Don't ask too much, just say
'Cause this is just a game

It's a beautiful lie
It's the perfect denial
Such a beautiful lie to believe in
So beautiful, beautiful it makes me

Everyone's looking at me
I'm running around in circles, baby
A quiet desperation's building higher
I've got to remember this is just a game

It's a beautiful lie
It's the perfect denial
Such a beautiful lie to believe in
So beautiful, beautiful it makes me

So beautiful, beautiful...



 

§

 

 

 

E’ che non riesco a smettere di scrivere. Scusate. Posso sembrare una sfigata, ma riesco davvero a sfogarmi scrivendo. C’è chi si sfoga col sacco da boxe, chi prendendo a calci tutto quello che si trova davanti, chi piangendo, chi urlando, chi ascoltando la musica, chi boh. Io scrivendo :D

Spero non vi dispiaccia del tutto. XD

Questa è destinata a diventare un’altra long. Ditemi solo se è degna di essere continuata XD.

Angolo delle curiosità: -la canzone è “A beautiful lie” dei 30 Second To Mars, e mi sembrava adatta alla situazione. Insomma, a Kurt che pensa al matrimonio di Dave come a una bugia infame LOL.

-Santana-Satana. Mi sembra che Kurt lo dica nella 2x20 ma, stordita come sono, potrebbe anche non essere vero <3

-La profezia di Zia Tana è naturalmente quella della 2x18. La storiella che racconta a Dave per convincerlo ad aiutarla, insomma **

-Il titolo del capitolo significa “farsa, buffonata”.

-Il mio Finn non lo abbandono. E’ sempre lui <3 Ti amo, Finn.

 

 

Give me a siiiign. <3

 

 

 

 

Mirokia

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Innocence. ***


DELIRIOUS

 

 

 

 

2. -Innocence.-

 

 

 

 

 

 

Quinn Fabray fece tintinnare il ghiaccio nei bicchieri di vetro arancione quando posò il vassoio argentato sul tavolo rotondo. Si accomodò spostandosi delicatamente i capelli dietro la schiena e passò la ciotola di biscotti al cioccolato al ragazzo che aveva di fronte.

-Puoi ripetermi il motivo per il quale sei qui?- fece la Fabray osservando contrariata l’espressione disgustata di Kurt che rifiutava i biscotti.

-Non ne hai integrali?- chiese quello di rimando.

-Posso guardare. Ma intanto dimmi perché sei qui.- insistette la bionda per poi rialzarsi pazientemente e aprire la dispensa.

-Così. Per noia.-

-Ah, grazie tante.- fece Quinn ironica.

-Prego.- ribattè Kurt a bocca piena. Si era deciso ad assaggiare un biscotto, alla fine. Quinn sospirò e tornò a sedersi. Non le era mai andato così a genio l’atteggiamento altezzoso del ragazzo.

-Non ti caccio di casa solo perché sono gentile. E perché piaci a mia madre.- disse a braccia conserte.

-Ehilà, Kurtie!-

Neanche a farlo apposta, la madre di Quinn si affacciò in cucina e salutò allegramente. Kurt abbozzò un sorriso e alzò la mano muovendo appena le dita.

-Dove l’hai lasciato Finnie?- continuò cogli occhetti azzurri che brillavano.

-Credo sia a casa con…Rachel.- e sottolineò quel nome per poi rivolgere un’occhiata pesante a Quinn.

-Oh, con Rachel? E’ un peccato che Finnie non abbia scelto la mia Quinny per…-

-Mamma, per favore.- la interruppe la ragazza, che davvero non sopportava quando la madre si intrometteva nei suoi discorsi.

-Scusa tesoro. Me ne vado subito.- sembrò voler lasciare i ragazzi in pace, ma sbirciò ancora una volta.

-Non volevate i biscotti integrali?-

-Va benissimo così, signora. Grazie.- disse subito Kurt, anticipando una brutta risposta da parte di Quinn.

Finalmente, la donna se ne andò salutando molto carinamente, e Quinn si rivolse di nuovo al ragazzo.

-Ma Blaine?-

-Blaine cosa?-

-Non dovresti essere con lui da qualche parte a coronare il vostro amore, piuttosto che stare qui?-

-Non mi vuoi proprio, eh?- fece Kurt prendendo un sorso di spremuta d’arancia.

-Ti rendi conto che è venuta più volte Rachel a casa mia che tu?-

Non aveva risposto alla domanda. O meglio, aveva risposto con un’altra domanda. Si vede che, in effetti, non lo voleva tra i piedi.

-Questo mi porta a pensare che tra voi due ci sia stato qualcosa…- azzardò Kurt, e sapeva che Quinn avrebbe sbuffato, e magari si sarebbe alzata scocciata. E infatti lo fece, e Hummel si complimentò con se stesso per aver indovinato.

-Ascolta, non potresti andare a fare le tue supposizioni altrove? Va’ da Blaine.-

E sì, adesso lo stava decisamente cacciando.

-Ma lui sta lavorando! Lavora sempre.- fece Kurt malinconico per poi appoggiare il mento sul tavolo e guardare da quella prospettiva il bicchiere arancione. –Sono quattro notti di fila che non ci addormentiamo insieme.- aggiunse.

-Questo dipende dall’ora in cui vai a dormire.- gli fece notare la bionda mentre portava via il vassoio.

-…Alle 22 sono sotto le coperte. Il sonno è un toccasana per la pelle.-

Quinn rotolò gli occhi all’indietro.

-E allora come pretendi di poterti addormentare con lui? Sicuramente, tornerà tardi ogni sera, se mi hai detto che fa…Cos’è che fa?-

-Lavora per una rivista locale. Scrive articoli sulle nuove mode nel campo musicale.-

-Ha, me lo immagino proprio mentre scrive un bell’articolo sulla band punk del momento.- commentò subito la Fabray storcendo il naso perfetto. Kurt finse di non averla sentita e proseguì.

 -E lavora anche a teatro. Sta sempre in giro.-

-E ti lamenti? Porterà non pochi soldi a casa.-

-Ma l’amore e l’affetto non si comprano con i soldi.- fece Kurt coi lacrimoni. Sembrava quasi un cartone animato.

-…Dillo che sei geloso del suo successo a teatro.- gli disse Quinn accennando un sorriso di scherno.

-Se.- borbottò, poi provò a ricomporsi per parlare meglio. –Sì, diciamo di sì. Ero io quello destinato al mondo di Broadway.-

-E invece sei finito a lavorare in profumeria.- lo anticipò la ragazza.

-Ma presto aprirò una boutique tutta mia. Quel mondo pieno di odori e polverine colorate non fa per me.-

-Davvero?-

Kurt la ignorò di nuovo. Anche se sul momento, gli era come comparsa davanti agli occhi l’immagine di Karofsky che, qualche anno prima, diceva a lui e a Blaine una frase del tipo: “Ho saputo che stavate spargendo la vostra polvere fatata dappertutto”. Scacciò quel flashback temporaneo –ultimamente ne aveva parecchi- e riprese a parlare.

-E poi, il mio stile è originale e innovativo. Sarà un successo.-

-Sì, continua a sognare, tesoro.- disse l’altra mentre posava la ciotola ormai vuota nel lavandino. –Torna a lavorare, piuttosto.-

-In effetti dovrei iniziare tra circa…- si guardò l’orologio appeso al collo (perché sì, aveva un orologio come collana. Insieme alle chiavi come girocollo e le forbici come spilla) -…mezz’ora.-

-Bravo, allora inizia ad incamminarti.- concluse Quinn arrivando persino a togliergli la sedia da sotto il sedere. –E cammina a passo svelto, così smaltisci i biscotti.-

-La prossima volta integrali, promettimelo.-

-Non c’è nessuna prossima volta, Kurt. Dai, cammina.-

Il ragazzo si ricompose lisciandosi i capelli. Poi diede un’occhiata altezzosa a Quinn e aprì la porta per uscire.

-Arrivederci, signora Fabray.- disse salutando la madre di Quinn.

-Ciao Kurtie! Saluta tuo fratello!- urlò la donna dal soggiorno, poi Quinn gli chiuse la porta in faccia.

 

*

 

Kurt arrivò al lavoro perfettamente puntuale, forse un po’ stanco perché aveva dovuto prendere i mezzi pubblici. Presto avrebbe costretto Blaine a comprarsi una macchina per sé. Molto presto. Magari gliene avrebbe parlato quella notte stessa –tanto era quasi sicuro che sarebbe arrivato prima lui di suo marito a casa-.

Diede il cambio a una ragazza dai capelli rossi, sua collega da qualche mese, e le augurò cordialmente di passare una bella serata.

Dietro la cassa, accanto a lui, c’era un altro dei commessi, sulla trentina, coi capelli brizzolati e lo sguardo che faceva paura, sicuramente non l’ideale per un gentilissimo commesso pronto ad aiutarti a scegliere il profumo o il trucco adatto alla tua persona. Kurt si era chiesto parecchie volte cosa ci facesse uno come lui in un posto come quello. Lo vedeva molto meglio in un posto come un cimitero, a fare il becchino, o la guardia di notte. Gli vennero i brividi al pensiero.

Aveva da poco iniziato il turno, quando in profumeria entrò una persona a lui dannatamente familiare. Pensò che l’avesse fatto apposta ad entrare proprio in quel momento, proprio quando Kurt aveva dato il cambio alla ragazza coi capelli rossi.

Kurt fece finta di non vederlo tentando di intavolare una conversazione col tizio che stava fermo come uno stoccafisso alla sua sinistra.

-Ehm…Allora…-

Quello si voltò lentamente, il volto pallido e segni neri di occhiaie. Kurt deglutì.

-Come ti è andata la settimana?- provò a chiedere, badando bene a mantenere le distanze.

-Pessimamente.- sillabò l’altro giocherellando distrattamente coi pulsanti sulla cassa.

-Anche questa volta?-

-Già.-

-Tua sorella non s’è ancora ripresa?-

-Morirà di qui a poco.-

-Oh.-

Kurt era sinceramente dispiaciuto per quello stangone così abbattuto e triste, che se ne stava talmente piegato sul bancone, da formare una quasi perfetta U rovesciata con la schiena. Gli sarebbe venuta la gobba molto presto, Kurt ne era sicuro.

-Ehi. Non stare così piegato, tirati un po’ su…- e nel dire quelle parole, Kurt si azzardò a poggiare una mano sul molle braccio del collega. A quel gesto, l’unico cliente nel negozio si schiarì energicamente la voce, quasi a voler attirare l’attenzione di uno dei due. Hummel rivolse uno sguardo solidale al collega brizzolato, poi andò a vedere cos’è che volesse quel cliente così poco rispettoso.

-Cosa desideri?-

-Da quando dai del tu ai clienti?- fece quello, che s’era voltato piuttosto velocemente.

-E tu da quando dai del tu ai commessi?- quella frase contorta sembrò quasi confondere Karofsky. –Cosa desideri?- ripetè Kurt, tutto altezzoso.

-Un profumo per mia moglie.-

A quella richiesta, il più piccolo soffocò una risata. Non era una risata sincera, solo di scherno, e anche piuttosto cattiva.

-Non farmi ridere.- disse, per poi tornare serio tutto d’un colpo.

-Non mi sembrava una barzelletta.- ribattè Dave, anche lui piuttosto serio, fingendo di scandagliare tra gli scaffali per cercare un profumo dalla boccetta carina.

-Com’è andata la luna di miele?- chiese poi Kurt, non realmente interessato all’argomento.

-Bene, molto dolce.-

-Era una battuta? Devo ridere?-

-Per me puoi anche piangere.- rispose Dave secco, per poi tornare a dare attenzione alle boccette.

-Perché ti serve un profumo per tua moglie?- chiese ancora Kurt guardando curioso i suoi movimenti nervosi.

-Ci dev’essere un motivo?-

-Te lo dico io: perché puzza.-

La risposta non era per niente consona, ma Kurt la trovò divertente.

-…Tu stai delirando.- ne dedusse Dave abbandonando la ricerca del profumo. Poi tentò di trovare una via d’uscita per potersene andare colle mani in tasca, ma Kurt lo bloccò quasi sul posto.

-No, sei tu che deliri, mio caro. Avrei capito perfettamente se tu ti fossi tenuto una donna, per altro molto graziosa, niente  da dire al riguardo, come copertura, ma addirittura sposarla?- il suo sguardo era contrariato. Era lo sguardo che adottava ogni qualvolta si ritrovava a parlare –parlare? Macchè, discutere!- con Karofsky.

-Ma a te cosa importa?- fece l’altro con tono antipatico.

-Mi importa, perché tu mi hai  invitato al matrimonio per dimostrarmi una volta per tutte che non sei gay.- disse Kurt snocciolando finalmente la sua teoria. L’uomo dietro la cassa li guardava con discrezione, ma sembrava non aver alcun interesse in quello che stavano dicendo.

-Ti ho invitato perché sei il fratello di un mio caro amico.- disse subito l’altro, contraddicendolo.

-Da quando Finn è tuo amico?-

-Da quando ha imparato ad accettare me e le mie scelte. Cosa che tu ancora non fai, a quanto pare.- sbottò alla fine, e cercò di farsi spazio per potersene finalmente andare e lasciare a bocca asciutta quel ragazzo tanto insistente. Ma cosa voleva ancora dalla sua vita? Non solo gli aveva praticamente distrutto l’adolescenza facendolo vivere come un vegetale che si nasconde dietro alla facciata del bullo cattivo, ma continuava a tormentarlo con le sue teorie assurdi e i suoi trip mentali che avrebbero confuso anche il più in gamba dei filosofi.

Lasciò la profumeria con un diavolo per capello, pensando al fatto che no, non era entrato lì dentro per comprare un profumo a sua moglie.

Mentre camminava verso la sua macchina, tirò fuori dalla giacca una di quelle comode boccette di whisky che gli procurava Azimio quando si sentiva depresso. Lo portò alla bocca, ma l’immagine di Santana che gli diceva “Non sono male come veggente, eh?”  gli apparve nel cervello e lo costrinse a rinunciare a bere.

Basta, doveva smetterla di far avverare di proposito le profezie della Lopez.

-Soffrirai come un cane! Te lo dico io!-

La voce di Kurt gli rimbombava in testa, e nemmeno si ricordava quando gli aveva detto quella frase. Forse qualche settimana prima di sposarsi. Sì, era da un bel po’ di tempo che quella fatina tentava di farlo tornare sulla “retta via”, anche se di retta non c’aveva niente. Forse il retto c’entrava qualcosa…Ah, ma cosa andava a pensare? E poi diceva agli altri di delirare quando lui era il primo.

Si massaggiò le tempie e salì in macchina, per poi rispondere al telefono che squillava già da un po’.

-Dov’è che sei andato?-

Era sua moglie. La sua bellissima, stupenda, dolcissima, fantastica moglie.

-Ho preso una boccata d’aria.- la voce gli tremava appena, e Nancy sembrò cogliere qualcosa.

-Sei con Kurt?-

-…Perché dovrei essere con Kurt?-

-Non so, quando dici che vai a prendere una boccata d’aria, alla fine scopro che ti vedi con lui.- ridacchiò leggermente. Era adorabile la sua ingenuità ed innocenza.

-E va bene, lo ammetto, sono andato a trovare Hummel. Ma adesso sono già in macchina.- ammise Dave con un sorriso.

-Bene, meglio. Ti ho fatto l’hamburger stasera!-

-Servizievole! Molto meglio di un fast food!- esclamò quello.

-Vero?- un’altra piccola risata. –A dopo, tesoro.-

-Ciao.-

E chiusero la chiamata.

Gli hamburger di Nancy…uno dei tanti motivi per sposarla.

Un altro, e forse più importante, era la sua ingenuità. Non le avrebbe mai rimproverato e  allo stesso tempo apprezzato la sua ingenuità.

 

 

 

 

§

 

 

 

 

Eccomi col secondo capitolo ^^

Che dite, vi gusta?

Angolo delle curiosità: -Non ho mai provato a gestire il personaggio di Quinn. Spero dia venuto fuori qualcosa di vagamente IC xD

-…Credo di non aver nient’altro da dire, andate in pace XD

 

 

Grazie a chi commenta! Vorrei dare un grosso bacio a LaTum, che mi rende sempre felicissima. <3

 

 

Mirokia

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Capitolo 3
*** Lesson number 1: acceptance. ***


Delirious

 

 

 

3.-Lesson number 1: acceptance.-

 

 

 

 

 

Dave Karofsky si era da poco trasferito nel piccolo appartamento di Nancy Damato. Erano davvero quattro stanze in croce, ma a loro andava bene così. Certo, il loro amore aveva bisogno di più spazio, ma finchè non mettevano al mondo qualche marmocchio o marmocchia, camera e cucina bastavano ad entrambi.

Ma alcuni scatoloni erano ancora sigillati in un angolo vicino alla porta, perché Dave aveva avuto poca voglia si sistemare le ultime, inutili cianfrusaglie, ed aveva praticamente proibito alla sua novella moglie di frugare nella sua roba. E’ vero che ormai erano sposati e dovevano condividere ogni cosa, ma certi ricordi preferiva tenerli per sé. Se non cancellarli dalla memoria.

Sbuffò e si piegò sopra ad una delle tre scatole. Poi strappò con poca delicatezza lo scotch da imballo, aprì le due ali e diede una veloce occhiata all’interno. Già, cianfrusaglie. Bene, avrebbe buttato tutto nell’immondizia.

-Vado a prendere del pane, che siamo a secco. E al mio ritorno non voglio trovare scatole tra le scatole, d’accordo?- fece Nancy con la giacca sotto il braccio e le chiavi della macchina in mano.

-Va bene. Però evita i giochi di parole.-

-Come sei noioso ultimamente, Davey.- sorrise la donna, e fece ondeggiare i capelli riccissimi.

-E niente nomignoli.- ribattè subito l’altro con una smorfia.

-Ha!- sospirò Nancy. –Sarà terribile la nostra vita coniugale.-

-Lo penso anch’io.-

I due si guardarono e sorrisero come degli ebeti, per poi salutarsi, ‘che si sarebbero visti quella sera. Dave rimase un po’ stupito del fatto che Nancy non gli avesse dato un bacio o un abbraccio o un buffetto prima di andarsene. Magari era semplicemente di fretta, magari non doveva comprare solo il pane e allora aveva poco tempo per svolgere tutte le commissioni.

Karofsky si sedette sul pavimento, dando un’occhiata al calendario: era il 30 settembre, ed era passato un mese esatto dal matrimonio con la sua bella italo-americana. Eppure i giorni, le ore, i minuti, i secondi, sembravano essere contati col contagocce, la clessidra era ancora più lenta a svuotarsi, e Dave ammise che non vedeva l’ora che arrivasse il momento di capovolgerla.

Poi ritenne che tutto quel pensare a clessidre, tempo che scorre, e rimpianti –rimpianti? Aveva detto rimpianti?- fosse da sfigato represso, e si mise a frugare nello scatolone per non stare con le mani in mano.

Trovò un paio di libri in cima, ma non erano nemmeno suoi: lui non amava più di tanto la lettura, e pensò subito che fosse stato il padre Paul ad averglieli ficcati nella scatola, in modo che la sua cultura restasse viva, che non si spegnesse, insomma. Ma Dave schioccò la lingua e decise che alla prima occasione li avrebbe dati via, perché titoli come “Il simposio” e “1982” non ispiravano del tutto la lettura avida.

Scavò ancora in fondo alla scatola e trovò qualche vecchio cd musicale, roba buona, come Bob Dylan e Lenny Kravitz. Li mise da parte carezzandoli per bene.

E poi, l’infarto. E no, dai, era convinto di aver buttato quella robaccia. Prese con enorme disgusto –più per se stesso che per altro- il mangianastri e lo osservò in ogni suo particolare. Guardò ancora una volta nello scatolone e vide le altre cassette, che coprivano tutto il fondo di cartone.

Dave, in un attacco di non sapeva neanche lui cosa, prese scatolone e mangianastri e li portò in camera da letto, per poi stendersi sul letto. Riavvolse il mangianastri –che era un modello vecchio, come quelli che si vedono nei film. Temette per un momento che la cassetta all’interno si fosse rovinata troppo per essere ascoltata- e attese col fiato corto che qualche suono uscisse da quel dannato oggetto.

 

*Ecco, aspetta, lo registro così puoi riascoltartelo con calma a casa.

Ma non mi sembra il caso, Hummel. E che roba è quell’aggeggio?!

Un mangianastri, ma ora sta’ zitto, ‘che sta già registrando.

Sai quanto me ne importa? Ma vorrei sapere cosa-*

 

La cassetta diede qualche problema, ma riprese quasi subito a funzionare.

 

*Corso di addestramento per animali selvaggi, parte prima. La lezione di quest’oggi si chiama “accettazione di se stessi”.

Ma che cosa stai dicendo?

Ascolta, ti avevo detto che ti avrei educato, e il mio, a differenza di te, non era solo un modo di dire. Quando mi prefisso degli obiettivi, mi aspetto di raggiungerli con il miglior risultato possibile.

Ho capito, ma io non ho bisogno di…

Certo che hai bisogno di essere educato, David. E adesso sta’ zitto –nota che è la seconda volta che ti chiedo gentilmente di stare zitto, ma tu continui a fare suoni animaleschi per niente degni di raggiungere i miei fini condotti uditivi.-

Hummel, non voglio che mi vedano parlare con te nell’aula del Glee club!

Come dicevo, lezione numero 1: accettazione di se stessi. La prima e forse più complicata e fondamentale cosa da fare è riuscire a guardarsi allo specchio e dire: “Bene, io sono gay, e allora?”

Non-so-ancora-se-sono-gay! Nota che è la sesta volta che te lo dico senza usare le mani per fartelo capire, eppure tu continui a blaterare cose senza senso. Non farmi arrabbiare…

Lo sto facendo per il tuo bene, David. Ascoltami, e tutto si risolverà, te lo garantisco.

Non c’è nulla da risolvere, Hummel.

Sì che c’è, e tu lo sai bene, ma ti vergogni di ammetterlo. Sto cercando di aiutarti, diamine, apprezza almeno il gesto!*

 

A quella frase detta con tono fin troppo squillante, seguì un attimo di silenzio, e non a causa della cassetta rovinata. Era che il vecchio Dave del liceo non aveva le palle di dire che era vero, apprezzava quel gesto. Apprezzava qualsiasi suo gesto, in realtà.

 

*Ma se dobbiamo discutere, allora fammi stoppare la cass-*

 

E la registrazione si interruppe. Riprese subito dopo, più pacata e tranquilla, priva di rumori molesti di sottofondo.

 

*Sto registrando a casa, perché mi pare impossibile anche solo pensare di poter parlare civilmente con uno come te. Quindi, come dicevo…Lezione numero uno: accettazione di se stessi. La prima cosa che dovrai fare sarà accettare te stesso e qualunque cosa tu sia –gay, etero, bisessuale, bi-curioso, non mi importa-. L’accettazione è il primo passo verso l’addomesticamento del carattere che, vedrai, ne uscirà più temprato e decisamente più docile. Qualcosa che va a vantaggio delle sfortunate vittime del tuo bullismo tra cui figura anche il sottoscritto, ma non solo! Andrà anche e soprattutto a tuo vantaggio. Prova solo a immaginare quanti gattini impauriti incastrati sui rami degli alberi riuscirai a salvare!*

 

“Ma cosa diavolo c’entra tutto questo con l’accettazione di sé?” si ritrovò a pensare Dave con una leggera risata che aveva un retrogusto leggermente amaro. Aveva ascoltato quelle registrazioni innumerevoli volte in passato, e ne era rimasto dolcemente assuefatto. C’era stato anche un periodo in cui il suo cervello, martellato in continuazione dalle parole di Hummel, aveva imparato a memorizzare i suoi monologhi senza un senso logico. Era incredibile come Dave non riuscisse a ricordare le vicende che portarono alla dichiarazione d’indipendenza delle colonie americane e invece ricordasse a memoria ogni parola di Hummel ascoltata attraverso quel mangianastri mezzo scassato. Certo, adesso s’era dimenticato gran parte dei suoi discorsi da pazzo, ma sentire nuovamente quelle parole gli aveva messo addosso una sorta di dejà-vu, e improvvisamente si sentì come catapultato a cinque anni prima, a quando ancora stava dietro a Kurt, a quando ancora era quasi convinto di essere gay, a quando dovevano ancora sparirgli gli ultimi brufoli, a quando passava le giornate ad ascoltare cassette per poi provare ad eseguire gli ordini di quella fatina così insistente. Si ricordò inoltre delle sensazioni, di ciò che provava quando sentiva quella voce vellulata –seppur camuffata in parte dal vecchio mangianastri- entrargli nelle orecchie per poi insinuarglisi nel cervello e dare impulsi ad ogni punto sensibile del corpo. Sì, ricordava perfettamente cosa era solito fare mentre si beava del timbro delicato, quasi ostentato, della  voce di Kurt. E lo stesso fece in quel momento, del tutto preso dai ricordi che gli affollavano la mente: insinuò lentamente una mano nei pantaloni, e neanche se ne accorse quando s’iniziò a toccare con vigore, poi quasi con foga. Era piacevole, dannatamente piacevole. La voce di quel finocchio di Hummel lo stava facendo venire nelle proprie mani in meno di due minuti. E non era affatto una buona cosa. Fortunatamente, in quel momento la cassetta s’arrestò, ormai finita.

Dave tornò con un sussulto alla realtà. Era di nuovo lui, il Dave Karofsky di ventidue anni, non quello del liceo, ma quello sposato, quello sposato con una donna, quello etero.

Dave Karofsky era senza dubbio etero. Già, ormai non c’erano più dubbi.

Poi si guardò la mano destra: era sporca.

“Maledizione.” Mormorò portandosi l’altra mano sulla fronte che scottava.

 

*

 

-Oggi è sabato.-

-Sei molto perspicace ultimamente, Finn.- commentò Kurt con sarcasmo.

-Se oggi è sabato, allora domani non si lavora.- fece il ragazzone con una mano sul mento.

-Complimenti per l’arguzia.-

-Kurt, smettila con queste battute poco carine, dai.- intervenne Mercedes. Finn gli faceva sempre troppa tenerezza.

-Ecco. Non è che se hai il ciclo devi renderci partecipi del tuo nervoso.- aggiunse Santana con le braccia conserte. Kurt le rivolse un sorriso falso, quasi a farle capire che il suo intervento non era stato gradito per niente.

-Andiamo da Breadstix stasera, allora?- fece Finn, che aveva ignorato tutti gli altri.

-Ma non ti stufi ad andare sempre nello stesso posto?- fece Santana spazientita.

-Ma…E’ il nostro luogo di ritrovo dai tempi del liceo!- protestò Finn, e Kurt fu costretto a dargli pacche sulle spalle, quasi a scusarsi di come s’era comportato poco prima.

-Appunto. E’ tempo di cambiare, non credi?- chiese l’altra, tentando di essere comprensiva.

Dopo quella sua frase, incredibilmente, tre cellulari squillarono segnalando l’arrivo di un messaggio. I quattro ragazzi tirarono fuori ognuno il proprio telefonino, ma Kurt si accorse che era l’unico a non aver ricevuto un messaggio.

-Oh, ma guarda che tempismo.- fece Santana dopo aver letto il messaggio.

-Chi è?- chiese Kurt curioso.

-E’ Dave. Dice che il bar che frequenta di solito ha cambiato gestione ed è passato al padre di Azimio. Chiede se vogliamo andare a far loro compagnia stasera.- spiegò la ragazza.

-Anche a me ha scritto la stessa cosa.- disse Mercedes, e pure Finn confermò che il messaggio appena arrivatogli aveva lo stesso testo. Kurt si sentì messo in disparte: perché a lui non aveva inviato quel messaggio? Non voleva vederlo? O magari aveva perso il suo numero? No, Kurt era troppo pessimista per pensare a quest’ultima possibilità. Probabilmente l’aveva fatto apposta a non avvisarlo. Chissà perché, poi. Insomma, fino a qualche settimana prima che Dave si sposasse, lui e Kurt andavano d’accordo. Non è che si amassero alla follia, anzi, litigavano quasi di continuo. Bisticciavano, era il termine giusto. Però almeno qualche volta, un’uscita se la facevano. Tutti insieme, ovviamente. Mai s’era sognato di uscire da solo con Dave. O forse qualche volta era successo, ma non era stato qualcosa di programmato. Era venuto spontaneo, della serie: “Ehi, dove sei?” “Sono al parco di fronte a casa mia che do da mangiare ai piccioni, e tu?” “Anche io sono da quelle parti. Ti raggiungo, così ti aiuto.” Ed avevano finito col restare su una panchina a parlare sino a sera inoltrata. E i piccioni erano quasi morti di fame.

-Kurt, che ne dici?-

La voce di Mercedes lo riscosse dal suo piccolo ritorno al passato.

-…Cosa?-

-Sai che ultimamente ti vedo parecchio distratto? Secondo me c’è qualcosa che non va.- commentò la ragazza di colore, cercando complicità nello sguardo degli altri –anche se trovò solo disorientamento in quello di Finn, e non si stupì più di tanto-.

-No, sta’ tranquilla, non c’è niente che non va.- Kurt si sforzò di sorridere, anche se l’immagine di lui e Karofsky che conversavano amabilmente –ma amabilmente un corno- mentre ignoravano i piccioni affamati, gli aveva messo un po’ di soggezione. E anche un po’ di malinconia, a dirla tutta. Sì, si sentiva malinconico, e non riusciva a dare una spiegazione che risultasse convincente e plausibile a quella sensazione di mancanza nel suo animo. Bah, sarà stata la pizza al prosciutto del giorno prima che lo faceva sentire così poco bene. Chissà com’è che mangiava sempre pizza al prosciutto per poi dover puntualmente pentirsene. Ah già, perché la mangiava sempre Karofsky. No, quello non c’entrava niente. E Blaine preferiva la quattro formaggi. Ne concluse che quei pensieri erano dovuti alla forte fame che scalpitava nello stomaco.

-Allora per te va bene se andiamo in quel locale stasera?- fece Mercedes, e Finn storse il naso, perché stava ancora pensando al Breadstix.

-Io ci verrei volentieri, ma…stasera Blaine ha le prove del prossimo musical.- disse Kurt con rammarico.

-E devi per forza andare a vederlo?- chiese Santana, nuovamente spazientita. Si spazientiva sempre più spesso, la ragazza.

-No, ma devo aspettarlo a casa.-

-Devi?!- chiesero all’unisono le due ragazze, e Finn le imitò poco dopo. –Sei costretto ad aspettarlo?!-

-E’ il compito di ogni marito come si deve. Almeno, io non fingo di essere innamorato della mia dolce metà.- disse quello, alludendo palesemente alla coppia Karofsky-Damato. Per altro suonava piuttosto male in bocca, diamine.

-Ma cosa stai blaterando, di grazia?- fece Santana, che ormai era convinta che Kurt avesse contratto la Finnite.

-E poi, non c’è scusa che tenga. Stasera vieni con noi.- decise Mercedes, e prese il suo amico sottobraccio.

-Ci sarà anche…quello lì?-

-Di chi parli adesso, sentiamo.- sbuffò l’ispanica.

-Di…David.-

-…Io evito di risponderti, guarda, non ce la posso fare con te. Non solo ho passato i migliori anni della mia vita appresso a una ragazza che stupida è dir poco, ma poi mi devo pure sorbire un Finn Hudson basso, con gli occhi azzurri e gay? No, questo è troppo.- concluse Santana per poi mettersi la borsa sulla spalla. –E non so neanche chi me l’ha fatta fare a venire qui.- aggiunse poco prima di uscire sbattendo la porta.

Kurt rimase a guardare il punto in cui poco prima c’era Santana con gli occhi languidi, poi si voltò verso la sua amica di colore.

-…Era un sì?- chiese timoroso.

-Era più un “certo, naturalmente, che domande!, ma sei tonto? E svegliati!”- rispose quella con un sorriso divertito.

-Ah…Grazie tante.-

-Io porto Rachel.- intervenne Finn, che sembrava essere spuntato improvvisamente dal nulla.

-Io faccio che chiedere a Blaine se vuole raggiungerci dopo le prove.-

-Allora vieni!- esclamò Mercedes stritolando il suo povero amico bianco latte. Sembravano un Ringo messi a contatto.

-Certo, tesoro, solo perché ci sei tu. Era da un po’ che non ti vedevo.-

Un altro abbraccio affettuoso, poi i due si separarono.

-Devi proprio portarla Rachel?- chiese Mercedes, come avesse ricevuto in ritardo il messaggio di Finn.

-Se la tiene ben stretta ora che non c’è Jessie St. James nei dintorni.- commentò Kurt a voce piuttosto bassa.

-E’ in tour?-

-Sì, in giro per il mondo. Finn ha saputo approfittare del cuoricino spezzato di Rachel per appropriarsi di lei. Come alle nazionali di qualche anno fa, ricordi?-

-Eccome. Il Finchel impazzava, il Fuinn andava dissolvendosi, il Jesse St. Berry…che fine fece quel pairing?- chiese la ragazza, che accusava un vuoto di memoria.

-E lo chiedi a me? Lo sai che le cose poco importanti tendo a eliminarle dalla memoria.-

Mercedes sorrise e ignorò Finn che si arrabbiava perché quei due non potevano sempre dirgli chi doveva portare o non portare con sé. E Rachel l’avrebbe portata, qualunque fosse stato il loro parere, punto. E a capo.

-Allora, adesso vado anche io. Ci vediamo stasera.-

-Va bene. Io verrò con Santana, ‘che lei sa bene dov’è questo benedetto posto.- disse Kurt, poi salutò con un bacio Mercedes e lasciò che se ne andasse.

-C’è posto anche per me e Rachel in macchina?- fece Finn poco dopo.

-Credo di sì, ma dopo chiamo il Diavolo in rosso per metterci bene d’accordo.-

Il fratellastro fece un segno di assenso, contento che Kurt non gli avesse risposto in malo modo.

-Se vuoi…puoi decidere tu cosa devo mettere.- disse Finn, un po’ impacciato. Gli occhi del fratello si illuminarono.

-Davvero me lo lasceresti fare?-

-Beh… certo…-

-Allora mi metto subito al lavoro.- sorrise il più basso dei due per poi filare in camera di Finn.

-Ma sono ancora le cinque del pomeriggio!-

-Ed è anche tardi.-

Kurt strizzò l’occhio a Finn, poi si chiuse in quella stanza così familiare. Non era stata proprio la smania di scegliere i vestiti per Finn a spingerlo a chiudersi lì dentro. Più che altro era stato il cellulare che s’era messo a vibrare nella tasca dei suoi pantaloni di raso.

Gli era arrivato un messaggio, e voleva leggerlo con calma, visto che sicuramente era da parte di Blaine e Finn era solito allungare gli occhi sul suo iphone.

Aprì il messaggio e il sorriso che aveva sulle labbra gli sparì di colpo.

 

“Spero che ci sia anche tu stasera.

                                               

                                                Dave.”

 

 

§

 

 

 

Here we are with the third chapter :)

Spero che mi sia venuto un pochetto più lungo del precedente!

Angolo delle curiosità: -Nella registrazione, Kurt dice di dover “educare” Dave. La scena rimanda ovviamente alla 2x18: “You need to be educated, David.”

-Ecco, l’idea del mangianastri non so da dove mi sia saltata fuori. E’ arrivata così all’improvviso che non ho potuto non buttarla giù XD Però sappiate che mentre la scrivevo, avevo in mente il mangianastri –o quello che è- che usa il protagonista del film 1408 per commentare ciò che succede nella stanza d’albergo indemoniata. :3

-Il riferimento alle nazionali è collegato alla season finale, 2x22. Non ci sono spoiler, solo mie fantasie. Mi piace il Finchel.

-Il mio Kurt ha preso la Finnite <3 Malattia rara e contagiosa XD E dolcissima, anche <3

-It’s a beautiful night, we’re looking for something dumb to do. Hey baby, I think I wanna marry you <3 Non c’entra niente, la sto solo ascoltando XD

 

 

 

Rinnovo i ringraziamenti a chi continua a fermarsi per lasciarmi un suo parere riguardo alla storia, thanks a lot people!

 

 

 

Mirokia

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Lesson number 2: knowledge ***


Delirious

 

 

 

4. –Lesson number 2: knowledge.-

 

 

 

 

Era da un quarto d’ora buono che Karofsky fissava il display del proprio cellulare, aspettando un qualche segno da parte di qualcuno. Gli era già arrivata una risposta da parte di Santana.

 

“Considerami già davanti al bancone a tracannare alcol.”

 

Diceva il messaggio. Erano già quattro le volte in cui Santana aveva risposto in quel modo. Secondo lui si era salvata il messaggio tra i predefiniti, tra i modelli insomma.

Anche Hudson gli aveva risposto:

 

“Ti sei lasciato prendere la mano con sta cosa del bar eh? Ci vediamo stasera e porto Rachel anche se so già che tu non la vuoi, ma starà buona”

 

Dave ebbe la tentazione di mandargli un messaggio per dirgli che si diceva “lasciarsi prendere le mani”, ma rinunciò da subito, perché sapeva che con Hudson era tutto inutile.

Sapeva che la Jones non avrebbe risposto, ma chi se ne importava, sinceramente. Si vergognò un secondo quando si accorse che l’unico di cui aspettava la risposta era Kurt, e spense il cellulare a causa della voglia che aveva di prendersi a pugni.

Lanciò via il telefonino e afferrò il mangianastri che aveva nascosto sotto il letto –non si spiegava come mai avesse deciso di nasconderlo proprio lì, e soprattutto perché non volesse che Nancy lo trovasse- e sostituì le cassette inserendo quella su cui era segnato il numero 2 col pennarello nero.

La riavvolse e poi la fece partire portandosela all’orecchio.

 

*Hai visto? Ti ho lasciato tutta l’estate per permetterti di capire chi sei, cosa sei e cosa vuoi.

Sapevo già da un po’ cos’è che volevo, Hummel.

Bene, quindi adesso ne parleremo.

Ma dobbiamo per forza renderci così ridicoli?

Io non ne ricavo assolutamente nulla, ma mi è sembrato carino tentare di aiutare una persona che si sta sforzando così tanto per cambiare.

Chi ti dice che io voglia cambiare?

In realtà sei già cambiato. Parecchio. Sembri un altro.*

 

Seguì un periodo di silenzio, rotto dalla leggera tosse imbarazzata del Karofsky del liceo.

 

*Non esagerare, sono solo un po’ abbronzato.

A proposito, come hai passato le vacanze?

Dobbiamo per forza parlarne?

Beh, io ti ho raccontato le mie.

Certo, mi hai fatto una testa così con la telecronaca su Skype. E poi, una vacanza che include anche quel…ragazzo della Dalton, non mi sembra così entusiasmante.

Questo lo dici perché non hai mai fatto l’amore con la persona che ami.*

 

Ancora silenzio, e il rumore di un tessuto che sfregava contro qualcos’altro, poi uno sbuffo, forse.

 

*Ma hai idea di quello che stai dicendo?*

 

Sbottò il Dave del liceo dopo un po’, nella voce una voglia immane di piangere. Karofsky sapeva bene come tremava la sua voce quando stava per scoppiare a piangere. La conosceva bene, anche se teoricamente aveva pianto poche volte, tutte durante il liceo.

 

*Non voglio parlare di te e di quel finocchio che fate sesso e spruzzate polvere fatata dal cazzo!

Perché ti stai agitando, adesso?

Ho i miei motivi.

Sei stato parecchio volgare, dovresti vergognarti.

E tu sei uno stronzo.

Va bene, basta, iniziamo a registrare la lezione numero 2, altrimenti non ci muoviamo più. Devo vedere Blaine dopo, sai com’è.

Chi minchia è Blaine?

Il mio ragazzo?

Perché lo chiedi a me?

Era una domanda ironica.

E tu sei uno stronzo.

Piantala e dammi il registratore.

Io non ce l’ho.

L’avevo posato sulla sedia.*

 

Si sentì di nuovo un rumore di jeans che strisciano, poi l’acustica si fece nettamente migliore, come se prima il microfono fosse coperto da qualcosa.

 

*Ah, scusa, mi ci ero seduto sopra.

Complimenti, speriamo che non sia rotto.

E’ solo acceso, credo.

Quindi sta registrando da quando ti ci sei seduto sopra.

Perspicace.

Zitto, che non sai neanche che vuol dire.

Piantala di trattarmi come un ignorante, o ti arriva la Furia sul naso.

Tu non sei ignorante. Troglodita è la parola esatta.

Non so cosa sia, ma se scopro che è una parolaccia, la Furia ti verrà a cercare!*

 

Dave si mise una mano sulla fronte scuotendo la testa. Era davvero un disco rotto ai tempi del liceo. Ripeteva sempre le solite tre, quattro frasi. Ma perché non s’era suicidato per tempo? Avrebbe liberato il mondo da una tale scocciatura qual’era. Un pappagallo grasso e sudaticcio.

Sentì nel mangianastri Kurt che sospirava rumorosamente e batteva il tacchetto delle sue scarpe –che ricordava fossero nere e lucidissime. Certi particolari non se li scordava- sul pavimento.

 

*Bene, lezione numero due: conoscenza delle cause prime.

Non ho bisogno di ripetizioni di filosofia, grazie.

Adesso che hai capito cosa sei, dovresti…A proposito, cos’è che sei?

Di certo non una checca.

Un gay represso, allora?

Non sono tenuto a dirtelo.

Bene. Allora, dicevo…Adesso che hai capito cosa sei –se davvero l’hai capito-, dovresti ricercare le cause che ti hanno condotto nello stato attuale di gay represso.

Sul serio Kurt, mi sembra di parlare col mio prof di filosofia.

…Non hai nient’altro da aggiungere?

Cos’altro dovrei dire?*

 

E Dave pensò che il fatto che non avesse aggiunto nient’altro, dava a Kurt la conferma che, effettivamente, lui era un gay represso. Ma tanto non era una novità, gliel’aveva fatto notare Santana, e lui stesso se n’era accorto tempo prima. Niente di nuovo, davvero.

 

*Niente…Niente, lascia stare.

Che hai da ridere?

Ti sconvolgerei se ti dicessi che ultimamente mi stai simpatico?

Sono tutti più simpatici se ci chatti su Skype.

Ultimamente intendo negli ultimi dieci minuti.*

 

Dave si ricordò che in quel momento Kurt aveva abbozzato un sorriso, e lui si era voltato imbarazzato.

 

*Va bene, che sarebbero ‘ste “cause prime”?

Semplicemente, renderti conto di cos’è che ti ha fatto cambiare rotta. Sai, di solito nei telefilm americani, un ragazzo “diventa” gay perché i genitori lo mettono sotto pressione, o perché il padre ubriaco lo picchia, o perché i voti a scuola sono pessimi. O perché si accorge che le donne non lo stimolano. E già quello è un motivo più che valido.

Mi sono perso. E comunque, non è nessuno di quei motivi che hai elencato.

Ma qualcosa che ti abbia fatto rendere conto di essere gay deve pur esserci, no?

Non dire più quella parola, o ti prendo davvero a schiaffi! E no, non c’è niente!

Come per esempio, provare un sentimento strano per qualcuno del tuo stesso sesso?

Non urlare così!

Allora?*

 

Niente, Kurt sembrava proprio non volerlo ascoltare. Seguiva il suo filo del discorso senza mai perderlo, anche se questo significava ignorare gli eventuali interventi di Karofsky. Seguì dell’altro silenzio, poi il Dave del liceo disse qualcosa che a malapena si udì attraverso il mangianastri.

 

*E’ come dici tu.

Ne ero sicuro. Hai amato un ragazzo, magari quando ancora frequentavi la scuola secondaria, poi sei venuto e mi hai baciato per urlare tutto il tuo dolore. E per chiedermi aiuto con un gesto disperato.

Bene, hai frainteso tutto. Fai schifo come insegnante, lasciatelo dire.

Aspetta, non ho mica finito!

Non importa, me ne vado a casa.

Fammi stoppare la cassetta, così te la porti a cas-*

 

Basta, la cassetta s’era fermata e il nastro inceppato.

Questa volta, Dave non s’era masturbato mentre ascoltava la voce di Kurt. Molto probabilmente perché la conversazione che aveva appena ascoltato gli aveva portato alla memoria momenti dolorosi della sua vita, a cui quasi non era più riuscito ad assoggettarsi. Sorrise appena al pensiero che era stato sulla soglia del suicidio, all’età di diciotto anni. E adesso si rendeva conto che era stato solo uno stupido ad avere avuto pensieri tanto estremi. La vita era preziosa, andava vissuta, e Nancy gliel’aveva fatto capire, lei era la persona che l’aveva costretto a vivere, che l’aveva convinto del fatto che la vita valeva la pena di essere vissuta. E no, non ebbe il coraggio di ammettere che, invece, aveva continuato a vivere solo per poter parlare ancora con Kurt, anche se ci litigava, per poter guardargli gli occhi, per poter sentire il suo insolito profumo fin troppo dolciastro, per poterlo ancora proteggere dai bulli, per poter stare ancora al suo fianco passando nei corridoi. Spalla contro spalla. Non si rendeva conto di quanto erano vicini, e di quanto adesso, invece, lo sentisse così lontano.

 

*

 

Kurt era entrato solo una volta nel bar che frequentavano Dave e Azimio, ed era stato in occasione del compleanno di quest’ultimo, non ricordava esattamente quando. Il locale si chiamava “Delirious” e sembrava tutto tranne un tranquillo bar di città: aveva l’aria di un night club, a dirla tutta. L’interno era tappezzato di neon rossastri, che rendevano l’atmosfera parecchio indiavolata, mentre i tavolini e le sedie erano neri e lucidi, quasi invisibili ad occhio nudo.

-Dove mi hai portato, Satana?- chiese Kurt una volta dentro, appiccicato come una cozza al povero Finn, che pure si guardava intorno meravigliato.

-Sembra che da quando la gestione è passata nelle mani del paparino di Adams, siano stati attuati parecchi cambiamenti qua dentro.- fece Santana e, chissà perché, in quel posto si sentiva davvero a suo agio. Infatti, aveva l’espressione tutta soddisfatta.

-E’…davvero osceno!- ecco come commentò Rachel, anche lei aggrappata al braccio di Finn, che sembrava essere diventato un fantoccio da strapazzare. –E’ persino peggio del covo di drogati in cui spedii Sunshine Corazon!-

-La solita esagerata, Rachel.- fece Santana, che sembrava conoscere quel posto come le sue tasche. Quante volte c’era andata insieme a Dave?

A proposito di Dave…

-Eccolo.- Santana indicò un punto dietro al bancone in fondo al locale, e il resto della compagnia riconobbe Karofsky che preparava due caffè e intanto ridacchiava con Azimio. Ah sì, di tanto in tanto gli batteva anche il cinque, come erano soliti fare al tempo del liceo. Quei due non sapevano proprio cambiare.

-Ciao, sfigati.- fece Azimio, e diede un altro cinque all’amico.

-Sfigati a chi, enorme noce di cocco?- ribattè subito Santana, che a quanto pare aveva il ciclo ed era nervosa. –Fateci qualche cocktail, visto che c’è poca gente stasera.- aggiunse, e fece segno a Dave di darsi una mossa. Quest’ultimo, intanto, aveva fissato inconsapevolmente lo sguardo su colui che era convinto non sarebbe venuto, ed era così distratto che gli scivolò il bicchiere dalle mani e ci mancò poco che si frantumasse al suolo.

-Ehi, amico, potresti fare più attenzione, invece di stare a fissare Hummel come un bamboccione!- fece Azimio, e Kurt, sentitosi chiamato in causa, dedicò la propria attenzione all’atteggiamento di Dave, che adesso teneva lo sguardo basso e continuava a dire all’amico di piantarla, ‘che non era niente vero e che il bicchiere gli era sfuggito di mano perché c’era poca luce. Che poi, l’unico motivo per il quale si era incantato su Hummel, era perché portava una camicia a righe bianche e azzurre aperta leggermente sul petto. Era una provocazione bella e buona, quella. Ma no, doveva piantarla subito. Nancy. Esiste solo Nancy per te, David. Tu sei etero e ami Nancy. E sarete felici per tutta la vita.

-Ti muovi con quei succhi di frutta?!- Azimio stava perdendo la pazienza: aveva notato che i movimenti di Dave si erano fatti improvvisamente più lenti. Ma perché? C’era una spiegazione valida? E no che non c’era, due erano le cose: o stava delirando, o… A ripensarci, era solo una la cosa: delirava, punto.

-Beh? Che ne pensate della ristrutturazione di questo posto?- chiese poi il ragazzo di colore allargando le braccia.

-E’ osceno!- ripetè Rachel.

-A me mette i brividi.- concordò Finn stringendosi nelle spalle.

-Non è male, ma ci vorrebbe un po’ più di luce.- fece Mercedes, razionale come sempre.

-Mancano le cubiste e un paio di travestiti con addosso piume colorate, e diventa un perfetto locale notturno.- commentò Kurt alzando un sopracciglio.

Azimio sorrise sotto i baffi e diede una gomitata a Dave.

-Vuoi farlo tu il travestito, di grazia?- disse rivolto ad Hummel, e Karofsky subito gli diede una gomitata più potente del normale, che quasi fece piegare in due l’amico di colore.

-Piantala.- disse secco, e Kurt in quel momento vide in lui il Dave Karofsky del liceo, quello che prendeva a botte chiunque gli torcesse un capello o gli rivolgesse una parola poco carina. Sembrava di rivedere il vecchio Spazzabulli all’azione.

-Che fortuna, quest’oggi non avremo l’onore di vedere le due checche assieme!- esclamò ancora Azimio, ignorando la gomitata appena ricevuta da Dave. Tanto per far vedere che non s’era fatto male. Aveva la pellaccia dura, lui.

-Blaine mi raggiungerà non appena avrà finito di lavorare.- disse Kurt col mento tirato all’insù, lo sguardo di Dave sempre più malinconico addosso.

-Non potrai vivere per sempre aspettando il tuo Blaine, mio caro Kurt.- disse Santana dando la schiena al bancone e poggiando i gomiti su di esso. Rachel le diede ragione, per una volta. E dire che lo adorava, Blaine.

-Avete messo il Karaoke?- fece la stessa Santana stupita, dando un’occhiata alla sua sinistra.

-Sì, e abbiamo fatto bene. La gente sembra amarlo.- disse Azimio, tutto orgoglioso.

-Dovreste fare delle audizioni per quel Karaoke! Non potete far cantare chiunque!- esclamò Rachel dopo essersi tappata ferocemente le orecchie.

-Non sono tutti degli usignoli egocentrici come te, Rachel.- intervenne Mercedes.

-Non parlatemi di usignoli.- disse Dave, ma sperò di non essere stato sentito. Troppo tardi, adesso Kurt lo guardava di sottecchi.

-Potrei andare a dare a quel tipo una lezione di canto.- si azzardò Santana.

-Chi, tu? Con quella tua voce stridula?- fece Rachel.

-Attenta a con chi stai parlando, Berry. Tu lo sai da dove vengo, e sai cosa succede a Lima Heights Adjacents? Cosas malas!-

-Potresti farmi il favore di smetterla di parlare in cirillico?-

-E tu smettila di rubarmi la scena!- Santana non parlava con domande, ma con esclamazioni. Si mise a correre per raggiungere per prima il Karaoke, e Rachel le andò dietro quasi inciampando nelle sue stesse, disgustose ballerine marroni. La prima ad arrivare fu l’ispanica, che subito scostò di lato l’idiota stonato come una campana che tentava di azzeccare qualche parola della canzone, e si appropriò del microfono. I tipi che bevevano annoiati ai tavoli urlarono e applaudirono: finalmente qualcuno aveva avuto il fegato di cacciare a calci quel beota che era convinto di aver talento.

-So bene cosa vuoi cantare, Berry.- disse Santana dopo essersi sistemata il microfono davanti alle labbra.

-Che cosa, sentiamo!-

-Barbra, mi sembra ovvio!- rispose il diavolo in rosso, per poi parlare col dj che attendeva, anch’egli piuttosto annoiato. –E farò in modo di scegliere qualcosa fuori dalla tua portata.- aggiunse, per poi attaccare a cantare.

 

 

Blah blah blah blah blah blah blah
Comin out your mouth with your blah blah blah
Zip your lips like a padlock
And meet me in the back with a jack and the jukebox
Don't really care where you live at
Just turn around boy, let me hit that
Don't be a little bitch with your chit chat
Just show me where your dick's at

Music stop
Listen hot stuff
I'm in love
With this song
So just hush
Baby shut up
Heard enough
Stop stop stop talkin that

Blah blah blah
Think you'll be gettin this
Nah nah nah
Not in the back of my
Car car car
If you keep talkin that
Blah blah blah blah blah

 

Intanto Kurt, che adesso dava le spalle al bancone, azzardò qualche passo di danza: quel tipo di musica non era di certo tra le sue preferite, ma dovette ammettere che aveva un certo fascino, e sicuramente il potere di coinvolgere. Mosse distrattamente il fondoschiena a destra e a sinistra, tenendo gli occhi fissi sulle due ragazze che si contendevano il microfono e sorridendo leggermente.

E pure Dave teneva gli occhi fissi su qualcosa, ma certo non erano le due sceme che litigavano per poter cantare una stupida canzone in uno stupido locale. Osservava qualcosa di molto più interessante, qualcosa che adesso stava ondeggiando distrattamente a destra e a sinistra. Si accorse di essersi incantato e distolse in fretta lo sguardo per poi incontrare quello di Santana, che stava ridendo sotto i baffi. Probabilmente si era accorta delle sue occhiate poco decenti al fondoschiena di Kurt. Si maledisse a bassa voce e continuò a versare succhiotti di frutta…ehm, cioè, succhi di frutta.



Boy, wanna be a rockstar
Come put a little love in my glovebox
Wanna dance with no pants on (holla)
Meet me in the back with a jack and the jukebox
Just cut to the chase kid
Cause I know you don't care what my middle name is
I wanna be naked and you're wasted

 

 

Rachel non gliela voleva mica dare vinta, a quella fumatrice di sigari di Santana. Così si fece passare un secondo microfono dal dj ciccione e si mise a cantare sopra la voce dell’ispanica.



Music stop
Listen hot stuff
I'm in love
With this song
So just hush
Baby shut up
Heard enough
Stop stop stop talkin that

Blah blah blah
Think you'll be gettin this
Nah nah nah
Not in the back of my
Car car car
If you keep talkin that
Blah blah blah blah blah

 

 

A quel punto non era abbastanza divertente se non fosse intervenuta una terza persona, e il dj obeso, sogghignando, prese il terzo microfono –perchè sì, ce n’era anche un quarto e un quinto, non finivano più- e cantò la sua parte.


You be delayin you always sayin some shit
You say I'm playin I'm never layin the dick
Sayin blah blah blah, cause I don't care who you are
In this bar it only matters who I issss
Stop stop stop talkin that

 
Blah blah blah
Think you'll be gettin this
Nah nah nah
Not in the back of my
Car car car
If you keep talkin that
Blah blah blah blah blah

-Non muovermi il culo davanti agli occhi in quel modo, ti prego!- esclamò ad un certo punto Azimio rivolto ad Hummel. –Potrei vomitare la cena.-

Dave lo maledisse mentalmente –sì, sapeva maledire solo mentalmente- per aver interrotto qualcosa di così sublime, ma cercò di trattenersi, soprattutto dopo aver visto che Kurt si era voltato verso di loro.

-Sarebbe anche meglio, così dimagrisci un po’, che ne dici?- ribattè il più piccolo con una smorfia.

-Questa è massa muscolare, cara la mia signorina. E tu che cazzo ridi, Dave?-

Kurt si voltò verso Karofsky, che effettivamente si stava trattenendo dal non scoppiare a ridere. Era divertente vedere Kurt che umiliava Azimio, decisamente. Almeno, questo voleva dire che la fatina non s’accaniva solo su Dave, ma che amava prendere in giro anche i suoi amici. Ah, che bella sensazione.

-La sua è massa muscolare, il tuo è grasso.- disse poi Kurt, e indicò Dave.

Momento momento momento. Gli aveva appena fatto un complimento? Ma quello era Kurt Hummel o solo qualcuno che gli somigliava? Già la camicia bianca e azzurra aperta sul petto non era esattamente il suo stile, poi anche quegli sguardi ambigui, e il complimento.

Neanche si accorse di arrossire come un adolescente imbarazzato.

-Quello non è lo stile di Rachel.- osservò Finn, a proposito di stile, e riuscì a interrompere i pensieri malsani di Karofsky. Mercedes e Kurt non poterono che annuire.

-Karofsky, dov’è quello schianto della tua donna?- fece Azimio. E sì, adesso per ripicca lo chiamava per cognome. Chi se ne importa, pensò Dave.

-E’ rimasta a casa. Abbiamo avuto una piccola discussione: non vuole che faccia il buttafuori.- rispose quello, distratto.

-E tu da quand’è che fai il buttafuori?-

Kurt ascoltò senza volerlo, o forse lo voleva, chi lo sa. Faceva comunque attenzione a non perdersi una singola parola.

-Un amico mi ha offerto questo lavoretto, non è che posso stare tutta la vita disoccupato. E Nancy non vuole che vada a cacciarmi in giri strani.-

-Brutta gente, eh?-

-Già, più brutta di te.-

Azimio scosse la testa e diede una pacca all’amico.

-Beh, buona fortuna col tuo nuovo lavoro, allora, se si può chiamare tale. E pensare che al liceo avevi dei voti tanto alti che mi facevi schifo. Ti rifiutavi anche di darmi una mano coi compiti, e facevi il figo.- disse quello schernendolo. –Poi sei andato scemando, e Dio solo sa per quale motivo.-

Dave diede un’occhiata istintiva a Kurt e si accorse che quello lo stava già guardando da un po’. Kurt, lo stesso Kurt che gli aveva fatto passare la voglia di studiare, e che col suo pensiero perenne aveva causato la sua bocciatura. L’aveva quasi fatto apposta, Dave, a farsi bocciare. Giusto per passare un altro anno in compagnia di Kurt. Doveva essere davvero fuori di testa in quel periodo.

-Non sei stata male, devo ammetterlo.-

-E la tua voce stridula era più in forma che mai.-

Santana e Rachel sembravano aver fatto pace mentre tornavano al bancone. Erano strane forte, senza dubbio. E, mentre Rachel si tuffava letteralmente tra le povere braccia di Finn, Santana fece il giro del bancone e si accostò a Dave parlandogli quasi nell’orecchio.

-Non sono male come veggente, eh?- chiese col suo solito sorrisetto.

-Che stai dicendo?- fece l’altro, convinto di aver capito male a causa della forte musica che aveva messo su il dj.

-Io avevo predetto che tu ti saresti sposato con una donna. E che ti saresti ubriacato per fare sesso con lei. E che poi l’avresti tradita con un ragazzo più giovane di te.-

-Per ora l’ho solo sposata, ok?- fece Dave, che ancora non capiva dov’è che volesse andare a parare la ragazza.

-Dillo che avevo ragione.-

-No che non hai ragione. Ti è sfuggito un particolare: io sono innamorato di lei.-

-Ma per favore! Ti prego! Evita le battute da film. Tu sei gay perso.- affermò Santana, sicura ormai al cento per cento di quel fatto.

-Non-sono-gay! Tu e quell’altro finocchio di Hummel mi sembrate un disco rotto.- disse quello asciugando nervosamente un paio di bicchieri.

-Dai, vuoi forse negarlo? Non mi sfugge il tuo sguardo sempre fisso sul bel sederino di Kurt.-

-Ma di che parli? Non l’ho fatto! Controllavo…solo la marca dei suoi jeans.-

Santana rotolò gli occhi all’indietro e diede un pugnetto sul braccio dell’ex finto fidanzato.

-Non ti ho creduto la prima volta, vuoi che ti creda adesso? E poi, preoccuparti per una marca di jeans non ti rende meno gay, è chiaro?- gli puntò un dito lungo ed elegante sul petto, poi quasi si attaccò con la bocca al suo orecchio. –Dovresti dirglielo.-

-Dirgli cosa, Satana?-

-Che il suo fondoschiena ti fa avere dubbi sulla tua già dubbia sessualità.- Santana ignorava ormai quel soprannome poco carino che continuavano ad affibbiarle.

-Mi stai confondendo.-

-Non avevo dubbi!- Santana afferrò il ragazzone dai capelli dietro la nuca e lo portò vicinissimo al suo viso. –Vai a dirgli che gli sbavi dietro.-

Dave si agitò e subito si scostò dalle grinfie di quella strega.

-Cosa?! Ma vai a farti un giro per strada!-

-Diglielo, avanti!-

-Come posso dire qualcosa che non è vero?-

-Lo sai che è vero, piantala di mentire a te stesso, forza.-

-Mi sembri il diavolo tentatore, lasciami stare.-

-Ehi, Kurt! Qui c’è Dave che vorrebbe dirti qualcosa.- fece la ragazza picchiettando sulla spalla di Kurt, che si voltò lentamente, quasi infastidito –era immerso in un’interessante e coinvolgente conversazione con Finn (ma quando mai?)-.

No, adesso Santana l’aveva fatta grossa. Dave le rivolse uno sguardo di fuoco, e improvvisamente si ritrovò faccia a faccia con Hummel, incapace di spiccicare anche mezza parola.

-Che devi dirmi, avanti.-

-Io…- la voce gli si mozzò in gola, e non riusciva a capire perché fosse così agitato. No, non era la camicia semi aperta di Hummel, e nemmeno i suoi occhi acquosi che lo guardavano ansiosi, e neanche le sue labbra che si incurvavano in un’espressione di disappunto a metterlo in soggezione.

-Allora?- lo spronò il più piccolo.

Santana dava pizzicotti incoraggianti al sedere di Dave, ma quello non avrebbe aperto più bocca, era nervoso, parecchio. Forse aveva il ciclo anche lui.

-Tesoro!-

Una voce familiare –e fastidiosa a dir poco- li raggiunse, insieme al suo proprietario.

Blaine l’usignolo era arrivato a salvare Kurt la fatina dalle grinfie di Karofsky l’orco. Eccolo lì, in tutto il suo charme, in tutti i suoi denti, in tutto il suo gel.

Kurt voltò lo sguardo verso di lui, sorrise, e lo abbracciò. Lo baciò. E Dave ci rimase inevitabilmente male. Sarebbe andato via, non aveva più voglia di passare la serata tra cocktail, musica ed Azimio. Voleva solo tornare a casa, fare pace con Nancy, bersi una birra, e magari fare l’amore con lei. Con Nancy, non con la birra.

 

 

§

 

 

Questo capitolo ha fatto un po’ di fatica ad uscire, ma giusto perché pensavo di averlo perso, e invece sono riuscita a recuperarlo, viva me ^^
L’ho fatto più lungo per farmi perdonare per l’attesa (:

Volevo rivolgere un ringraziamento particolare a una persona, da cui ho ricevuto il regalo più bello per il mio compleanno, che è stato giusto l’altro ieri, il 4 giugno. E questa persona è LaTum, che ha scritto una recensione di “Masochism” e “MasochismHereafter” così piena di elogi e complimenti che mi son chiesta: ma Mirokia sono davvero io? Sono sul serio così degna di nota? Grazie mille, sul serio *scende lacrimuccia*.

Angolo delle curiosità: -Quel modo di dire, “lasciarsi prendere la mano/le mani” l’ho presa in prestito dal cartone animato “La strada per Eldorado”, che io personalmente adoro. ADORO.

-La canzone che cantano Rachel e Santana (e il dj XD) è “Blah Blah Blah” di Ke$ha, credo che ormai si fosse capito che amo quella donna e le sue canzoni. E’ presa da testimania, ovviamente.

-Il personaggio di Dave dovrebbe lentamente venire fuori. (: Il prossimo capitolo sarà basato soprattutto su Kurt. Almeno credo, attuo modifiche di continuo XD


Ringrazio anche tutti coloro che hanno commentato e messo la storia tra le seguite –credo siano in 12- e/o preferite. Thanks a lot, folks.

 

 

Mirokia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Perfect happiness. ***


Delirious

 

 

 

 

5. –Perfect happiness.-

 

 

 

 

 

 

Rachel Berry intonò l’ultima nota dell’ennesima canzone di Barbra, poi riaprì gli occhi lentamente e sollevò le dita dai tasti del pianoforte, adottando l’espressione di una che si era appena svegliata da una trance temporanea. Si voltò allora verso il suo pubblico immaginario e fece un ampio sorriso, mentre si beava degli applausi dei ragazzi dietro le quinte. Anche Kurt, seduto in una delle poltroncine in prima fila, batteva entusiasta le mani.

-Come sono stata?- chiese Rachel dopo essersi alzata in piedi. –Grandiosa, o semplicemente fantastica?-

Kurt stava per dire qualcosa con fare eccitato, ma un’altra voce lo precedette.

-Brillante, Rachel. Come sempre.-

Quel tono di voce così familiare proveniva dai posti in fondo alla sala, e Kurt seppe solo rotolare gli occhi all’indietro quando la riconobbe.

-Jesse! Qual buon vento?-

Il tono di Rachel era troppo allegro e non prometteva niente di buono. Di solito, quando Jesse St. James tornava in città e andava a farle visita –magari entrava trionfalmente cantando la stessa canzone che intonava Rachel, come ormai aveva preso l’abitudine di fare-, lei restava a boccheggiare e a chiedersi mentalmente perché diavolo quel ragazzo saltasse fuori nei momenti della sua vita meno opportuni. E invece, adesso sorrideva tutta gaia, quasi si aspettasse quell’arrivo imminente.

-Ho la vaga sensazione che tu abbia idea del perché sono qui.- disse Jesse una volta che raggiunse il palco e aiutò Rachel a saltare giù.

-Non hai tutti i torti, un’idea ce l’ho, ma ogni volta mi dico che penso troppo in grande, e allora decido di scartare quell’idea.- rispose lei, facendo la finta modesta.

-Tu non pensi mai troppo in grande, Rachel.- le disse Jesse, facendo il finto dolce. Lì era tutto palesemente finto, altrochè! Infatti, Kurt fece un risolino, perché negare il fatto che Rachel viaggiasse troppo di immaginazione era come affermare con sicurezza che Finn fosse intelligente. O che Blaine fosse alto. O che Santana non fosse la reincarnazione di Satana.

Blaine guardò suo marito dall’alto del palco –anche se questo non lo rendeva più alto del solito- e capì esattamente quello che gli passava per la testa. Gli fece l’occhiolino, e poi tornò a fare attenzione al discorso fra i due finti piccioncini.

Quelli adesso si stavano scrutando, il sorriso di Rachel che non smetteva di accecare chiunque osasse guardarlo. Anche Jesse stava sorridendo, e intanto tirava fuori dalla giacca un pezzo di carta, per poi spiegarlo per bene davanti agli occhi della ragazza.

-E’…un biglietto aereo?- chiese quella cogli occhi lucidi.

-Per New York.- rispose l’altro col petto in fuori.

-Oh mio Dio!-

-Sì, Rachel. Ti vogliono un’altra volta. Su quel palco.- annunciò alla fine Jessie, e lasciò che l’altra gli gettasse le braccia al collo.

-Il mio cuore potrebbe scoppiare!- esclamò quella con le lacrime agli occhi.

Bene, Rachel sarebbe presto partita a New York per cantare per la terza volta sul palco di Broadway. E Finn? Chi pensava a Finn? Non le importava che sarebbe rimasto nuovamente solo, a fissare con malinconia il cellulare in attesa di un messaggio che di certo non sarebbe arrivato, perché i troppi impegni impediscono a Rachel di scrivere quattro parole in croce ed inviarle? L’ultima volta, il povero Finn era stato visto rannicchiato in un angolo a dondolarsi, come quei matti che ancora non vogliono accettare il fatto di essere appunto matti.

-Ah, Blaine Anderson?- chiamò poi Jesse guardandosi intorno.

-Eccomi, dimmi.-

-Dove sei?-

-Qui sul palco.- fece Blaine agitando la mano.

-Oh, scusa, è che sei talmente basso che ti ho scambiato per il pianoforte. Sei vestito anche di nero, comprendimi.-

Kurt gettò un’occhiata contrariata al bell’imbusto, che sicuramente non era cambiato di una virgola.

-Non fa niente.- ribattè Blaine, bonario come sempre. –Cosa devi dirmi?-

-Vogliono anche te. Io ho cercato di far loro cambiare idea, dato che il tuo talento mi sembra discutibile. Ti ho sentito stonare più o meno cinque volte, e mi stupisce il fatto che la regina del dramma qui presente non te lo abbia fatto notare.- e indicò Kurt, che di nuovo alzò gli occhi al cielo.

-Senti, tieni fuori Kurt dai tuoi discorsi, ok?- lo difese subito l’ex Warbler.

-Certo, mica ho detto che vogliono anche lui.-

-Perché no?- a questo punto, fu Kurt a parlare. Si alzò in piedi e puntò il naso alla francese nella direzione di Jesse St. James.

-Perché no, Kurt.- rispose l’altro, secco. –Avevamo bisogno di una donna e di un uomo. E tu non sembri appartenere a nessuna di queste due categorie.-

Kurt in quel momento era arrabbiato, e s’era sentito anche ferito da quell’affermazione. E, non sapeva neanche lui perché, pensò al fatto che Karofsky, se mai avesse sentito una cosa del genere, si sarebbe messo a ridere e avrebbe dato un cinque a St. James. O più probabilmente l’avrebbe preso a pugni. Gli venne in mente un vago ricordo, quello di Dave all’ultimo anno del liceo che mollava uno schiaffo e un pugno al capitano della squadra di Hockey Scott Cooper perché aveva dato della “checca sfondata” ad Hummel. Cooper era finito in infermeria col labbro spaccato e un livido sullo zigomo, e Dave era stato spedito in presidenza accompagnato da Kurt. E quando Figgins gli aveva chiesto il perché di quel gesto così violento, lui era stato a rimuginare, gli occhi di Kurt incollati addosso. Poi aveva alzato le spalle.

-Gli Spazzabulli sono autorizzati ad usare le maniere forti.- aveva detto senza tirar su lo sguardo.

-A me non sembra di averti mai autorizzato a dare pugni in giro, David.- aveva ribattuto l’altro.

-E’ perché non se lo ricorda.-

E sì, era parecchio probabile che si scordasse di quello che diceva. Non era un uomo tanto sveglio, il preside.

-…N-non importa, David, oggi hai superato davvero il limite. Da questo momento non sarai più uno Spazzabullo, e ritieniti fortunato, perché ho deciso di non sospenderti!- aveva esclamato col suo forte accento indiano. Dave aveva accettato quella decisione di buon grado, senza protestare o alzare la voce. Anzi, era stato proprio zitto, e se n’era andato annuendo mesto.

Sinceramente, non aveva più voglia di stare appresso a Kurt o a qualunque altro sfigato della scuola per evitare che i bulli cattivi gli abbassassero i pantaloni o lo bagnassero con uno Slushie o lo gettassero nei cassonetti o gli ficcassero la testa nel gabinetto. Era decisamente stanco, quasi non vedeva l’ora di concludere il liceo. E magari, dopo si sarebbe cercato anche una bella fidanzata, così, per far vedere a tutti che le voci che giravano non erano vere: Dave Karofsky era etero tanto quanto Rocco Siffredi e compagnia bella. Che conoscesse il nome di una pornostar italiana, quello era un mero caso. Assolutamente.

Va bene, ma perché adesso stava pensando a Karofsky, invece di rispondere per le rime a quel so-tutto-io di Jesse St. James?

Ma quello non aspettò che Kurt ribattesse, e si voltò verso Blaine.

-Allora, che fai? Ci vieni a New York?-

Blaine cercò lo sguardo di Kurt, e stava per negare con la testa, quando il marito lo guardò con rimprovero per poi rivolgersi a Jesse.

-Certo che verrà.- fece Kurt, e Blaine finalmente scese dal palco per andargli incontro.

-Kurt, ma tu…- tentò di dire, ma l’altro lo interruppe.

-Io cosa? Non dirmi che rinunceresti a cantare su quel palco,- quasi si mise a piangere perché voleva essere lui il fortunato. –perché non vuoi lasciarmi da solo? In fondo, si tratta di un paio di giorni…-

-Una settimana. Forse due.- intervenne Jesse, sempre capace di rovinare tutto. Kurt deglutì un paio di volte: si chiese se davvero sarebbe stato bene due settimane senza vedere Blaine. E si sarebbero sentiti anche poco, sempre per lo stesso motivo per il quale Rachel non inviava messaggi a Finn. Non sembrava, ma Blaine non era per niente uno spendaccione. Faceva storie ogni volta che Kurt si comprava un paio di nuove, lucidissime scarpe, e figuriamoci se si sarebbe permesso di chiamare all’estero. No, mai sia, anche se si trattava di suo marito.

-Beh…non cambia nulla!- esclamò Kurt sforzandosi di sorridere, anche se attorno alle iridi azzurre gli si era formato un alone rossastro. Blaine gli andò vicino, gli posò una mano sul collo e l’altra andò a spostargli una ciocca di capelli sulla fronte. Poi allargò le labbra in un sorriso e accostò il proprio naso a quello di Kurt.

-Lo so che non ti sta bene. Te lo leggo negli occhi.-

Kurt sorrise di rimando, e Jesse fece finta di vomitare ricevendo uno schiaffo sul petto da parte di Rachel. In quel momento la somiglianza con Puck era incredibile.

-Anche se non mi stesse bene, tu partirai lo stesso. Ti costringerò.- fece Kurt tentando di tener ferma la voce.

-Ah, per la cronaca, il biglietto te lo paghi da solo.- si intromise Jesse, rivolto a Blaine. Kurt scosse la testa senza perdere il suo sorriso.

-Prendili dal mio portafogli, i soldi.- e fece l’occhiolino a suo marito, che gli mormorò un “grazie” sulle labbra.

-Allora, sicuro che non ti sentirai solo?- chiese dopo essersi allontanato.

-Sicuro al 100%. Organizzerò pigiabiti party ogni sera, e inviterò le vecchie megere del Glee club. Costringerò Santana ad indossare uno dei miei più eleganti pigiabiti, e consiglierò a Brittany quello verde mela.- blaterò Kurt, e lanciò un’occhiata a Rachel, perché a lei il verde mela non stava per niente bene.

-Tu guardi troppe serie TV.-

-Per adesso mi limito ad How I met your mother e a Will & Grace.-

-Io conosco solo A very Potter musical.-

Kurt fece una smorfia: era un peccato che Blaine fosse così ignorante in quanto a serie TV. Lui negli ultimi anni s’era fatto una vera e propria cultura. Non era poi così infruttuoso aspettare il proprio marito che lavorava sino a tardi guardando in streaming le ultime puntate delle serie televisive più divertenti. Qualche risata se la faceva. E così riusciva a non pensare al fatto che odiava stare solo a casa ad aspettare, aspettare, aspettare…E adesso avrebbe aspettato altre due settimane. E si sarebbe accorto che, diamine, non cambiava molto la situazione. Che Blaine fosse a Lima o a New York, lui non lo vedeva mai in qualunque caso. Si maledisse quando pensò che s’era stancato di aspettare. Eppure era così, se lo sentiva nelle viscere, non gli stava più bene quella vita, era come un completo di Dior che gli fasciava le braccia e gli metteva in evidenza i fianchi per lui troppo poco longilinei.

Si morse un labbro e annuì due volte, anche se Blaine non gli aveva fatto alcuna domanda. Erano solo gesti d’intesa, tutto qui.

-Quand’è che si parte?- chiese Blaine, adesso più tranquillo.

-Lunedì prossimo. E vestiti bene, non vorrei dovermi vergognare.- rispose St. James fissando disgustato il maglioncino rosso fragola che indossava il ragazzo. Kurt gli fece il verso, poi tornò tra le braccia del marito.

-Abbiamo una settimana per godere delle gioie della vita…-

-Non morirai mica, Anderson.- si intromise Jesse. Ma che diavolo voleva?

-“Godere” in che senso?- fece Kurt con un sorrisetto malizioso, e intanto teneva le mani di Blaine.

-Nel senso che eviterò di lavorare la sera, così potremo vederci Orgoglio e pregiudizio tutte le volte che vorrai.- gli assicurò l’altro.

-E…nient’altro?-

-C’è…dell’altro?- Blaine sorrise un po’ incerto, e ingenuo soprattutto. Dai, davvero non aveva capito a cosa alludeva Kurt? Non aveva proprio diretto il pensiero a ciò che due persone che s’amano potrebbero fare la notte, sotto alle coperte, in intimità?

Kurt scosse la testa, anche un tantino deluso.

-Beh…Certo, hai forse dimenticato Moulin Rouge?-

-Oh, perdonami.- Blaine sorrise e gli mollò un bacio. –Guarderemo tutto ciò che vorrai.-

 

Ma Blaine quella settimana stette a casa solo due giorni su sette. E Kurt dovette ammettere di esserci rimasto male, davvero molto male. Guardarono solo la prima mezz’ora di Orgoglio e Pregiudizio, e Moulin Rouge non lo toccarono nemmeno. Kurt si era messo per due sere di fila davanti allo specchio enorme davanti al letto intonando Candles e Teenage Dream con addosso la pesante malinconia dei vecchi tempi. Si spalmava cremine e si spruzzava in viso prodotti per la pelle, si tirava i capelli indietro con un cerchietto fatto apposta per il suo cuoio capelluto, e intanto cantava e cantava, finchè i vicini non si facevano sentire bussando ferocemente sul muro della camera. A quel punto si fermava e si chiedeva se fosse felice. Anche se se ne pentiva subito perché, diamine, certo che era felice! Una casa grande, un guardaroba da sballo, un lavoro che forse non rientrava nei suoi sogni, ma era sempre buono e profumato, e veniva pagato bene. E poi, aveva un marito perfetto, che faceva un figurone accanto a lui. Forse non era un genio nell’abbinare i vestiti, ma quella era una lacuna che si poteva riempire con l’esperienza di Kurt nel campo della moda. E poi non guardava le serie tv, ma come poteva, se neanche aveva il tempo di dormire e mangiare? Ed era più basso di lui…Ma anche questo non era grave, anche se l’uomo dei suoi sogni era sempre stato un tipo come Finn. E beato lui, che aveva avuto la possibilità di andare a cantare a New York, quando tutti a parte Jesse St. James continuavano a dire che Kurt fosse ben più talentuoso. E allora perché non era riuscito a sfondare nel mondo dello spettacolo? Rachel c’era riuscita, e lui no. In effetti, si sentiva di aver perso una sfida, una scommessa. Aveva forse perso fascino?

Si guardò un’altra volta allo specchio mentre canticchiava Blackbird, e pensò di essere rimasto uguale, non era cambiato quasi per nulla. Forse era più pallido, ma quello era dovuto al clima sempre nuvoloso di Lima. Forse avrebbe dovuto cambiare città. Ma qualcosa gli diceva che mai si sarebbe spostato da lì, non finchè la città sarebbe stata abitata dalle persone che amava. Suo padre, Carole, Finn. Poi Mercedes, e anche Rachel e Quinn, perché no. Santana, sì, pure lei.

E Dave.

Diede un’occhiata all’orologio di Eva Harrington sopra la sua testa, poi accese il cellulare. E’ vero, s’era già preparato per andare a letto, ma il sonno gli mancava del tutto. Pensava al fatto che Blaine sarebbe partito un paio di giorni dopo, e l’avrebbe lasciato più solo di quanto già non fosse.

-Cedes?-

-Uomo, stavo per chiamarti! C’è Beyoncè sul canale 20!- fece la ragazza di colore con voce sveglia.

-Allora… non saresti disposta a farti un giro con me?- chiese quello guardando nel riflesso la sua espressione triste.

-Adesso? Sono le dieci e mezza, di solito non sei già a letto a quest’ora?-

-Ho troppi pensieri per la testa… Blaine parte dopodomani, io mi sento poco affascinante, e sono scaduti i 72 minuti di Megavideo.- fece quello sconsolato.

-Come come come?-

-Sì, lo so, è terribile, era l’ultima puntata di Will & Grace, e…-

-No, intendevo, Blaine parte? E dove va?- chiese quella curiosa, ma si sentiva che era poco attenta, dato che Beyoncè stava sgambettando in televisione.

-…Ti dà fastidio se vengo a dormire da te?- propose Kurt un po’ incerto.

-Assolutamente, zuccherino. Vieni, così mi racconti ogni cosa. E metti il pigiabito, mi raccomando.-

-Ovviamente. E ne porto uno per te.-

-Spero tu abbia la taglia XXL!- esclamò la ragazza.

-Porto il kit di cucito, così vediamo di apporre opportune modifiche al capo d’abbigliamento.- fece Kurt col suo tono da esperto di moda, già più confortato dalla voce squillante e allegra dell’amica.

-D’accordo, Valentino. Muoviti però, che magari riesci a non perderti l’esibizione del Fame Monster.-

-Gaga? Sono già lì!- fece Kurt entusiasta, e chiuse in fretta la comunicazione.

Mercedes era la sua unica consolazione, l’amava con tutta l’anima.

 

*

 

-Davvero, non voglio che tu passi dei guai.-

-Dobbiamo tornare di nuovo su questo discorso?-

-Non riesco a non pensarci, Dave.-

Nancy aveva appena sciolto i capelli ricci e scuri, e adesso se ne stava a gambe incrociate sul letto, fissando la schiena immensa del marito seduto sul materasso.

-Non voglio essere mantenuto da te o dai tuoi, Nancy.- fece quello prendendo un sorso dalla bottiglia di birra che si era ripromesso di bere. –Purtroppo al liceo sono stato svogliato, e non ho studiato, quindi adesso mi ritrovo a dover accettare dei lavori non proprio così soddisfacenti.- agitò leggermente la bottiglia, ormai quasi vuota. –Non ti ricordi tutti i miei vecchi lavoretti? Ho lavato le macchine, ho fatto quello che prepara i panini al take away…-

-Già, quella volta ingrassasti di ben quattro chili.- lo interruppe Nancy sorridendo.

-Non è colpa mia se mi usavano come cavia per assicurarsi che i panini non fossero avvelenati!- esclamò Dave dopo aver posato la bottiglia vuota ed essersi voltato verso la moglie.

-Non li hai più smaltiti quei quattro chili, mi sa.- gli fece notare quella.

-Non ce n’era più bisogno, ormai.-

-In che senso?-

Dave si morse la lingua. A quanto pare aveva detto qualcosa di troppo insolito. Mica poteva confessare a Nancy che dopo il liceo aveva iniziato ad andare in palestra e ad allenarsi ogni santo giorno per tentare di perdere qualche chilo ed acquistare un po’ di muscoli, e tutto questo per avere qualche chance con Kurt. Ma si ricordò che era stato tutto inutile, perché il suo corpo tendeva a irrobustirsi sempre più, e forse dimagriva un po’, è vero, ma non sarebbe mai riuscito a diventare una silhouette come quel damerino tutto sopracciglia e altezza della Dalton, per quanto si sforzasse. Durante il liceo c’era il football che lo teneva in forma, ma a lui non bastava: infatti, per un mese –o forse anche meno- aveva frequentato anche gli allenamenti di Hockey, e aveva fatto pure una partita. Ma i suoi compagni del football non avevano apprezzato questo cambio improvviso di rotta, lo consideravano una sorta di tradimento, e l’avevano aspettato fuori della scuola, per poi sparargli contro palline di vernice, proprio come era successo a Finn Hudson tempo prima. Poi aveva ricevuto un uovo in testa –fortuna che era sodo- e cinque o sei slushees in faccia e nei pantaloni. Diavolo, avere della granita nelle mutande è una delle cose più sgradevoli di questo misero mondo! E naturalmente, Karofsky se l’era data a gambe levate. Ricevere granita nelle mutande più di una volta alla settimana non era solo umiliante, era disgustoso e…sì, terribile. Insopportabile. Per non parlare di sua madre che si lamentava quando arrivava a casa coi vestiti sporchi di vernice. O quando ci aveva messo una settimana a togliersi dai capelli la puzza di uova. Ricordò che per quella settimana non aveva osato avvicinarsi a Kurt, puzzava, e anche tanto. Non Kurt, eh, Dave puzzava. Kurt era sempre profumato, aveva nei capelli l’odore della vaniglia, sulle guance quello delle fragole, e forse anche sulla bocca, avrebbe dovuto ricordarselo visto che l’aveva baciato. Poi aveva i vestiti sempre ben stirati e perfettamente abbinati, e anche colorati, ma mai troppo –non glielo avrebbe mai perdonato se fosse diventato una Rachel Berry uomo-, che profumavano di buono, di saponetta. Saponetta? Sì, era quello l’odore, il profumo delle saponette da bagno, quelle rotonde e bianche.

-… …Hummel, per un periodo?-

La voce di sua moglie gli arrivò ovattata all’orecchio.

-Cosa? Hummel? No, non è niente vero, qualunque cosa ti abbiano detto, è una bugia!-

Nancy lo guardò stranita, aggrottando le sopracciglia.

-Ma di che stai parlando, scusa?-

-…E tu di che stai parlando?- fece Dave, col sospetto di aver detto un’altra cazzata.

-Ti ho chiesto: non hai anche lavorato nell’officina Hummel per un periodo?-

Dave strabuzzò gli occhi. Forse bere alcol durante la settimana non gli faceva così bene.

-Oh. Sì, è vero, ma è successo prima che io e te ci conoscessimo.-

-Sai, non riesco a immaginarti nelle vesti del meccanico.- sorrise Nancy.

-Infatti ero una frana, Burt Hummel mi cacciò a calci. Già feci fatica a farmi assumere…-

-…perché avevi minacciato di morte suo figlio, lo so.- la donna concluse la sua frase, poi carezzò piano le dita di Dave. –Ma se non sapevi mettere mano alle auto, com’è che volevi a tutti i costi lavorare in officina?- aggiunse. Il marito la guardò con fare stanco, quasi non avesse più la forza di mentirle. Non doveva dirle che aveva pregato Burt perché lo assumesse solo per guadagnarsi la sua fiducia e quella di Kurt, e risultava sempre più difficile inventarsi qualche storiella, dire bugie. Più andava avanti, più si rendeva conto che la sua vita era stata, era e sarebbe stata un’enorme bufala. Una farsa. Una buffonata. Un delirio interiore che andava a delinearsi e a rinforzarsi con l’andare degli anni. Una sorta di perdita di coscienza, ormai impossibile da recuperare.

Dave preferì non rispondere, e distrasse la moglie facendola distendere sulle lenzuola e baciandola sulla bocca.

-Allora?- ma niente, quella continuava imperterrita.

-Ma perché avevo voglia di fare qualche soldo e diventare indipendente, e non sapevo che pesci pigliare, tutto qui.- tagliò corto Dave continuando a baciare il collo della moglie. Quella sospirò, chiuse gli occhi e distese le labbra.

-Dovresti smetterla di bere prima di fare sesso. Non è elegante.- mugugnò poi.

-E quando mai sono stato elegante, io? Al liceo mi chiamavano uomo di Neanderthal, o scimmione, e anche grassone sudaticcio.- gli venne un groppo in gola quando si accorse che stava praticamente citando Kurt Hummel.

-Ho capito, scimmione, ma così sembra che tu ti stia sforzando di fare sesso con me, perché da sobrio non ci riesci.-

Adesso invece, Karofsky sentì rimbombare nel cervello le parole che Santana gli aveva detto anni prima, in quella caffetteria. In realtà non ricordava le parole esatte, era passato tanto tempo, nemmeno si ricordava con cosa aveva fatto colazione quella mattina –la sera prima però aveva mangiato pizza al prosciutto-, però era qualcosa del tipo:

“Adesso zia Tana ti racconterà una storia, la tua storia. Fra qualche anno ti sposerai con una donna, ti ubriacherai per fare sesso con lei, avrete un paio di bambini. Poi magari diventerai sindaco, senatore o altre cariche importanti, e verrai scoperto a copulare nei bagni con un ragazzo molto più giovane di te.”

-Non voglio avere dei bambini.- si lamentò Dave, e solo dopo aver parlato si accorse di averlo fatto ad alta voce.

-…Dave, sei più ubriaco di quanto pensassi.- fece l’altra, forse non più di tanto stupita dalle uscite del marito.

-Non è come pensi, comunque, sono solo un grande fan della birra.- si discolpò l’altro dopo essersi inumidito le labbra troppo secche.

-E certo, finirai con l’andare sul posto di lavoro mezzo ubriaco, poi la musica nella discoteca ti stordirà ulteriormente, altri ragazzini ubriachi fradici ti provocheranno, tu capiterai in una rissa, perché, a dir la verità, sei un tipo violento, davvero uno scimmione, e non sai mica controllarti se magari, non lo so, ti dicono che sei un culattone sfigato, e allora esplodi, io lo so come sei fatto, poi esplodi, e figurati come va a finire se sei sbronzo, o magari…-

-Ehi, basta!- la interruppe l’altro quasi urlando, e le schiacciò il dito sulle labbra. Com’è che stava parlando così a vanvera, adesso? Non è che anche lei aveva preso un sorso o due di birra? Non reggeva molto l’alcol Nancy, Dave lo sapeva bene. –Con gli anni ho imparato a essere più responsabile, ok? Non me la prendo più se mi danno dello sfigato.-

-Devo ricordarti che il mese scorso, durante il viaggio di nozze, hai mollato un ceffone al tizio che ripuliva le piscine perché ti ha dato del finocchio?- fece Nancy, ancora piuttosto agitata.

-Non ho potuto farci niente, aveva la stessa faccia strafottente di Puckerman!- esclamò l’altro.

-A me invece sembra che ti abbia ferito l’insulto.-

-E mi sembra ovvio. Solo io e Azimio possiamo permetterci di dare del frocio alla gente che passa.-

-Che indelicato sei.-

-E tu che stronza sei.-

Quello scambio di battute non soddisfaceva per niente Dave. Prendeva le domande e le affermazioni della moglie come una sorta di analisi interiore, che metteva a dura prova il suo autocontrollo. Poi, proprio in quel momento, le aveva dato della stronza. Era qualcosa che aveva sempre fatto con Hummel, e adesso quasi si sentiva in colpa di aver spostato l’insulto su sua moglie.

Ma non importa, doveva smetterla di pensare, almeno da ubriaco. Doveva vivere la sua vita, così com’era. Accontentarsi. Godere di ciò che aveva a disposizione, godere della casa nuova, godere di Nancy, godere dei suoi baci, del suo desiderio di fare l’amore. Era stato dietro ad Hummel per troppo tempo, aveva fatto sacrifici, si era sforzato di cambiare, almeno un po’, aveva perso l’anno a causa sua, si era negato un futuro al college a causa sua, e in cambio aveva ricevuto solo rifiuti e un’amicizia precaria. Kurt Hummel gli aveva rovinato la vita, e l’unico modo per raddrizzare le cose era tentare di cancellarlo dalla sua esistenza. Beh, certo, se mai lo avesse incontrato o fosse uscito con lui insieme agli altri sfigati del Glee, non gli avrebbe precluso la parola. Avrebbe parlato con lui, tranquillamente. Ma doveva tentare di cancellarlo almeno dai suoi pensieri o, non so, dai suoi ricordi. Avrebbe volentieri voluto inciampare su un marciapiede, sbattere la testa, e avere una specie di amnesia che gli facesse dimenticare gli anni del liceo. Quegli anni infernali, e allo stesso tempo piacevoli. Dimenticare almeno il sapore delle labbra di Kurt, dimenticarne il tocco, dimenticare come il cuore volesse saltargli fuori dal petto, dimenticare le notti passate a piangere come un poppante, perché basta, basta soffrire. Sua madre gli aveva sempre insegnato che la vita è un dono di cui gioire, la vita è gioia e tristezza, e anche se passi un lungo periodo chiuso nella tua malinconia, perché tutto va male, la scuola, la famiglia, la fidanzata, il lavoro, o semplicemente non ti senti in pace con te stesso, prima o poi vedrai spuntare l’arcobaleno, e sarai felice. Non del tutto o in eterno, naturalmente, perché non è bello illudersi. Ma quella gioia temporanea non tarderà ad arrivare, e tu sarai disposto a passare mesi e mesi di malinconia per avere quell’attimo di felicità perfetta.

 

Mentre Dave faceva l’amore con Nancy e sentiva girare terribilmente la testa, chiese mentalmente a sua madre quand’è che sarebbe arrivato il suo momento di felicità perfetta.

 

 

 

§

 

 

 

E fu così che aggiornai in fretta perché avevo il capitolo già scritto a metà ^^’

Avevo fatto solo la parte con Jesse, il resto l’ho scritto stasera. Il capitolo è andato giù liscio (??), spero sia stato scorrevole anche da leggere (:

Angolo delle curiosità: -Purtroppo non ho mai visto Will & Grace per pigrizia, anche se m’hanno detto che è molto bello. How I met your mother è invece qualcosa che adoro. Avrei messo anche The Big Bang theory, ma mi sapeva troppo poco di Kurt, non so XD

-Il pigiabito ovviamente è riferito a una puntata di HIMYM. Barney non porta il pigiama di notte, ma il pigiabito, forse non troppo comodo, ma l’ideale per accogliere delle ragazze lucide d’olio e vogliose che vengono a bussare alla sua porta. Boh, chi vuole capire capisca xD

-Mi incazzo quando finiscono i 72 minuti di Megavideo. E così ho fatto incazzare anche Kurt LOL

-L’orrendo maglioncino rosso fragola che indossa Blaine è lo stesso che porta nella 2x22, quando dice a Kurt “I love you” e l’altro “I love you too” eccetera eccetera (:

-Il personaggio di Jesse mi fa innervosire, non m’è mai piaciuto, e l’antipatia è aumentata dopo la 2x21- Funeral. Però è qualcosa di stupendo farlo parlare in una fan fiction, perché può dire tutte le cattiverie possibili ed essere giustificato dal fatto che, beh, lui è Jesse St. James, può farlo XD

-La pizza al prosciutto comparirà anche nel prossimo capitolo. E’ diventato quasi un simbolo. Lo so, è ridicolo, ma io con quella pizza ho vomitato ben due volte. Ancora peggio se ci sono i funghi sopra. Quindi, per me è diventato il simbolo della nausea ^^

-I tizi che puliscono le piscine, per me sono tanti piccoli Puckerman ^-^

-“Bisogna godere di ciò che si ha”. E’ l’Autarkèia (=autosufficienza) di Orazio, un autore latino che credo molti di voi conoscano. L’inventore del Carpe Diem, per chiarirci XD M’è venuto da scrivere una cosa del genere giusto perché sono stata interrogata…ieri, sì. No, l’altro ieri, scherzo.

-Ehi, in questo capitolo non c’è Finn! *va a fustigarsi* Finn caro, ti darò un po’ di spazio, te lo prometto.

 

Naturalmente, ancora grazie a chi lascia il proprio parere nelle recensioni. Forse questa storia non avrà lo stesso successo di Masochism, ma vorrei lo stesso che venisse letta, perché in queste righe, anche se tento di usare sempre un tono scherzoso, c’è roba reale. Questa fan fiction è nata per essere qualcosa di…diciamo di serio, qualcosa che faccia riflettere. E se scrivo robe del genere, significa che ne so qualcosa, solo questo. Ma basta raccontare i fatti miei, alla fine non mi sembra il caso.

Un abbraccio,

 

 

Mirokia

 

 

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Capitolo 6
*** Lesson number 3: kindness. ***


DELIRIOUS

 

 

 

6. –Lesson number 3: kindness.-

 

 

 

 

 

Blaine Anderson stava trafficando con carte da regalo e nastrini colorati quando Kurt tornò a casa esausto. Era esausto sempre più spesso, ultimamente.

-Ehi.-

-Ehi, fatina.- fece Blaine prendendolo per un fianco e baciandolo sulla guancia.

-Dai, sai che non mi piace quel soprannome.- disse subito l’altro, con profondo disappunto.

-Perché no? E’ così carino, e sembra fatto apposta per te!- esclamò il primo per poi tornare ai suoi pacchetti.

-Può essere, ma non voglio che lo usi.-

-E perché?-

-Non voglio e basta, è tanto difficile da capire?!- ribattè Kurt alzando esageratamente la voce. Forse aveva le mestruazioni.

-Sei tornato nervoso, per caso?- chiese Blaine mollando per un secondo forbici e nastrini e andando verso il marito, che si allontanava pian piano.

-Sì, scusami, sto poco bene ultimamente.-

Naturalmente, Blaine non s’era accorto del malessere di Kurt. E come poteva, d’altronde? A malapena si davano il buongiorno e la buonanotte. E pranzavano insieme sempre più raramente. Molte volte Kurt aveva pensato a un possibile tradimento da parte di Blaine. E a dirla tutta, non era mica da escludere, era qualcosa di perfettamente possibile. Ma Kurt cacciava subito via quei pensieri dalla testa, non avendo il coraggio di gestirli.

-Ma stai male fisicamente?- chiese Blaine. Ma che domanda era?

-Più moralmente. Insomma, non sono abituato a gestire tutta questa pressione. Domani te ne andrai e, anche se sono felicissimo per te, mi sento una sorta di groppo in gola, capisci cosa intendo?-

-Ma mi avevi detto che non sarebbe stato un problema per te stare da solo. Adesso mi fai venire i sensi di colpa…Se vuoi che non parta, posso anche…-

-No, non ci pensare nemmeno!- lo interruppe Kurt portando le mani avanti. –Questo è il tuo momento di gloria, e devi godertelo. Però c’è qualcosa che mi sfugge e che mi rende un po’ irrequieto.-

-E non hai idea di cosa possa essere?- chiese l’altro, e finì di applicare lo scotch al pacchetto regalo.

-No, a dirti la verità. Forse mi preoccupa Finn, che si chiuderà di nuovo in se stesso sapendo Rachel nello stesso albergo con quel marpione di Jesse St. James.- disse Kurt per poi rotolare gli occhi all’indietro al solo pensiero.

-Beh, allora perchè non vi fate compagnia? Vi consolerete a vicenda.- sorrise Blaine, che ancora prendeva sotto gamba l’irrequietudine del marito. Quest’ultimo storse il naso, poi alzò le spalle e si affacciò sul tavolo.

-Che cos’è?- chiese dopo aver notato per l’appunto un pacchetto decorato con fiocchetti e nastrini.

-E’ un regalo per Nancy.-

-Chi, quella che sta con Dave?- chiese Kurt, e storse di nuovo il naso alla francese.

-Non fare il finto tonto, che la conosci da un po’.- fece Blaine alzando una delle due sopracciglia a triangolo isoscele. –E’ il suo compleanno oggi.-

Kurt sbuffò, forse infastidito dal fatto che fosse il suo compleanno –che poi, poverina, che poteva farci lei?-, poi ripetè la domanda.

-Che cos’è?-

-E’ l’ultimo cd degli Acafellas. Ne va matta, a quanto pare.-

-Gusti fini, la ragazza.- commentò Kurt ironico. –Le mie orecchie chiedono pietà quando odono la voce di Ken Tanaka.-

-Dai, addirittura. Sono bravi, non puoi negarlo così spudoratamente. E’ vero, Noah sembra un po’ fuori posto tra i quarantenni, ma fa bella figura lo stesso.- ribattè Blaine sempre sorridendo magnanimo.

-Non innamorarti di Puckerman adesso.- fece l’altro incrociando le braccia.

-Come potrei quando ho un tale angelo a un palmo dal naso?- e, a proposito di naso, sfregò il proprio contro quello di Kurt, provocandogli un risolino. Poi, con nonchalance, gli mollò il regalo tra le mani.

-Che ci devo fare?- chiese Kurt guardando il pacchetto da tutti i lati.

-Dovresti portarlo a Nancy, se non ti dispiace. Io devo scappare, ho la mia penultima prova generale a teatro.- fece l’altro e, senza dare a Kurt il tempo di replicare, prese la giacca e baciò il marito sulla guancia, per poi infilare la porta e sparire nel pomeriggio.

 

*

 

Quando Kurt arrivò davanti a casa Karofsky-Damato, si accorse di sentirsi parecchio strano. Il pacchetto tra le mani tremava insieme alle dita, e in gola aveva un nodo fastidioso e impossibile da sciogliere, nonostante continuasse a deglutire nervosamente. Irrequietudine, ansia. Delirio mentale e fisico. Alzò la mano per bussare alla porta ma, ancora prima di farlo, si accorse che un paio di chiavi erano infilate nella toppa della serratura.

Scosse la testa sorridendo un poco: sicuramente era opera di Karofsky. Talvolta aveva la testa completamente altrove, lui lo conosceva bene. Anche se ultimamente sentiva che forse no, non è che lo conoscesse così bene come pensava.

Si permise di girare silenziosamente la chiave nella toppa: sarebbe stata una sorpresa –e anche uno spavento bello grosso- per Dave ritrovarsi Kurt in casa come un essere sovrannaturale che passa attraverso i muri. Kurt rise ancora e socchiuse la porta per poi chiudersela piano alle spalle.

La prima cosa di cui si accorse fu il cattivo gusto di Nancy in fatto di arredamento. La seconda cosa fu l’odore di bruciato e di qualcosa di dolciastro e indefinito che aleggiava nell’aria. La terza cosa fu una voce vagamente meccanica che proveniva da…sì, proveniva dalla cucina.

Kurt si appiattì contro il muro e sbirciò con discrezione nella stanza, intravedendo le grandi spalle di Karofsky piegate sul piano di marmo della cucina. Accanto a lui c’era un marchingegno che lasciava uscire una voce a lui parecchio familiare, e quando riconobbe nel marchingegno il proprio vecchio mangianastri, fece un singhiozzo e si nascose nuovamente dietro al muro, limitandosi a tendere l’orecchio. Sì, non c’erano dubbi, quella era proprio la sua voce!

 

 

*Rieccoci dopo due lunghissime settimane.

Sì, taglia corto.

Com’è andata la tua ricerca delle cause prime?

E’ stata una lezione inutile quella, lo sai? Sapevo già benissimo qual è la causa di tutta questa merda.

Essere gay non è una merda.

Però te la tirano addosso, la merda.

Per adesso si sono limitati a Slushees e a un paio di uova.*

 

La registrazione si interruppe un secondo, forse il Kurt del liceo l’aveva stoppata e poi rimessa in moto.

 

*Dato che la lezione 2 è stata appresa così brillantemente, passiamo in fretta alla lezione 3: gentilezza.

Eh?

A quanto ho capito da quello che mi hai detto, c’è una persona speciale nel tuo cuore, giusto?

S-sì…

E scommetto che la tratti male, proprio perché è tua indole maltrattare i più deboli e sfogare la tua frustrazione su di loro.

Mi descrivi come uno che non sa controllarsi, che diavolo! Comunque…sì, forse l’ho trattato un po’ da schifo.

Perché parli al passato?

Perché adesso sto cercando di rimediare.

Mi fa piacere! Vedi? Sei passato allo step three da solo, senza che io ti abbia detto di cosa si tratti. La rieducazione funziona. Credo che tu sia il mio miglior alunno.

E unico alunno.

Vero. Se dovessi segnalare su una scala da 1 a 10 quanto sei migliorato dalla nostra prima lezione…

Ehi, ne abbiamo fatte solo due e mezzo!

…ti assegnerei un bell’8. Facciamo 8 e mezzo, visto che sono buono.

Delizioso, guarda.

Un tipico aggettivo da gay! Procediamo bene!

Porco giuda.*

 

-Delizioso.- ripetè il Dave del presente ridacchiando e forse spaccando un uovo. Sì, dal rumore sembrava proprio un uovo.

 

*Non essere così severo con te stesso, non è niente di male.

Invece sì, Hummel, mi stai infinocchiando!

Piano con le parole!

Zitto fatina, mi stai dando fastidio!

Ma è così che parli a quel ragazzo che ti piace?

…E beh!

Cos’è quel “E beh”? Se gli parli così, significa che non sei per nulla gentile!

Scusami se non sono un damerino in giacca, cravatta, mocassini, e gel!

Di che stai parlando?

E’ questo il mio modo di essere gentile.

Insultando la gente?

Sono gentile con te, Hummel.

Già che mi chiami per cognome…

Sono gentile con te, Kurt.

E questo cosa dovrebbe significare?*

 

Tornò di nuovo un periodo di silenzio, rotto soltanto dal respiro decisamente nervoso e pesante di Karofsky.

 

*Ti è venuta la Finnite, a forza di stare con Finn?

Che c’entra Finn, adesso?

Possibile che tu ancora non capisca?

Spiegami cos’è che non capisco!*

 

In sottofondo si sentirono dei piedi battere nervosamente sul pavimento.

 

*E va bene, farò come mi hai detto: cercherò di essere più gentile con te.*

 

Il Kurt  del liceo non aveva replicato, forse aveva spalancato gli occhi, ed era stato zitto a pensare all’ultima affermazione del bullo, mentre quest’ultimo s’era alzato ed era andato via velocemente dalla stanza. Si era portato dietro il registratore, e poi l’aveva spento una volta fuori.

 

Kurt trattenne il respiro quando si accorse di aver origliato tutta la conversazione registrata e di stare per essere per altro scoperto da Karofsky, che si era già allontanato dal piano della cucina. Il soprano decise di provare ad uscire di nuovo dalla porta d’entrata facendo il minimo rumore possibile, per poi suonare il campanello e farsi aprire da Dave, come se fosse arrivato lì proprio in quel momento.

Sgattaiolò stringendo i denti sino alla porta e poi uscì tirando un sospiro di sollievo. Si sistemò i capelli e la giacca firmata –perché, poi, si stava preoccupando di apparire carino e sistemato? Che gliene importava di Karofsky? Eppure, il cuore…il cuore…- e suonò il campanello col dito che tremava. Ripensò di nuovo alla conversazione origliata: se le ricordava quelle frasi che si erano scambiati ai tempi del liceo, ma aver riascoltato ogni parola, ogni sfumatura nella voce di Dave, l’ingenuità e la smania per Blaine nella sua voce, gli aveva provocato una fitta in mezzo al petto, soprattutto quando inspirava, quasi si fosse preso un accidente. E quando Dave gli aprì, era ancora concentrato sul suo accidente per alzare il capo e dargli attenzione.

-K-Kurt?- fece Dave preso alla sprovvista. Kurt alzò finalmente lo sguardo, e si accorse che il ragazzo di fronte a lui era coperto di polvere bianca su viso, braccia e pantaloni, e che indossava un grembiule piuttosto imbarazzante, con su disegnati acini d’uva e la mucca Carolina. Cosa avessero in comune una mucca e l’uva era un completo mistero.

-Ciao…disturbo?- chiese Kurt con lo sguardo che già sorrideva fisso sul grembiule colorato.

-N-no…- ribattè l’altro balbettando. Si pulì nervosamente la polvere bianca dalle guance, poi si guardò anche lui il grembiule e arrossì, ma fece uno sguardo contrariato quando si accorse che anche Kurt stava per mettersi a ridere. Sì, era stata una scelta del tutto azzardata indossare la mucca Carolina. -…ma… se per disturbare intendi stancarmi la vista, beh, allora sì.- aggiunse incrociando le braccia e tentando di fare il duro.

-Sempre più gentile, eh?-

-Faccio del mio meglio.- rispose Dave burbero. -Cosa sei…venuto a fare?-

-Nancy non c’è?- fece Kurt, anche se sapeva benissimo che non c’era, essendo già entrato in casa.

-E’ ancora da GAP. Cercavi lei?- chiese l’altro di rimando, anche un tantino deluso.

-Già. Devo consegnarle questo regalo da parte mia e di Blaine. E’ oggi il suo compleanno giusto?- domandò, e gli mostrò il pacchettino.

-Indovinato, fatina.-

-Non chiamarmi…- iniziò Kurt, ma si bloccò istintivamente, lasciando la frase a metà e rimanendo a bocca aperta e muta come quella di un pesce.

-Cosa?-

-Niente, non importa.-

Dave lo guardò stranito: Kurt era piuttosto mogio ma allo stesso tempo agitato, per i suoi gusti. C’era qualcosa che non andava. Forse era quella tensione che tendeva sempre a crearsi tra di loro. Basta, doveva smorzare i toni, ora o mai più.

-E dov’è il nano? Si nasconde dietro la cassetta delle lettere?- chiese, tentando di risultare scherzoso e irriverente.

-Il “nano”, come ti piace definirlo, aveva altri impegni e non è potuto venire.- ma quello non si scompose, anzi, usò un tono di voce antipatico.

-Ah già, quella roba da checche.-

-Il teatro non è roba da checche.- lo rimproverò Hummel con un dito alzato. Poi picchiettò col piede per terra e si mise una mano sul fianco. -Che aspetti a invitarmi dentro?-

-Chi ti dice che io lo voglia fare?-

Kurt sbuffò, e si decise ad entrare in casa anche senza il permesso del proprietario.

-Ah, spostati, massa di muscoli.- disse, facendogli automaticamente un altro complimento. Che poi, dato che a Kurt piacevano i tipi bassi e magrolini come quell’hobbit pieno di peli in faccia, magari era più un insulto che un complimento. Dave era impegnato a pensarci, e si lasciò così sfuggire il più piccolo, che scappò sino in cucina. A Dave venne in mente, come un’illuminazione, il mangianastri che aveva lasciato sul banco della cucina, e si fiondò –fortunatamente, era ben più veloce di Kurt, che era rimasto piuttosto flaccido- nella stanza sorpassando Hummel e ponendosi in modo da coprire con la sua enorme stazza quasi tutto il piano in marmo della cucina.

 -Che stavi combinando?- chiese Kurt dopo aver visto un uovo rotto con albume e tuorlo riversati sulla cucina e farina sparsa un po’ ovunque.

-Niente.- fece subito l’altro, pensando avesse visto il registratore.

-Cucinavi?-

-No, sotterravo un capretto sgozzato per un rito esoterico. Ma sono domande da fare? Ho farina anche nelle mutande!- esclamò dopo essersi tolto velocemente l’imbarazzante grembiulino.

-E io che ne so che cos’hai nelle mutande, non ho ancora esplorato quel campo.-

-E mai lo esplorerai.-

-E mai vorrò esplorarlo.-

-Sarà meglio per te.-

Terminarono quella serie di battute con una sorta di vergogna. Strano, perché fino a poco tempo prima quelle stesse battute se le scambiavano tranquillamente, e anche con una certa allegria. E’ vero, Kurt non era mai entrato nelle mutande di Dave. Eppure quest’ultimo, per quanti sogni erotici aveva fatto su Kurt, era quasi sicuro del contrario. Com’è complicata la psicosi umana!

 -Tentavo di fare due pasticcini o una torta per quando torna Nancy.- disse allora Karofsky guardando rabbioso lo zucchero a velo che si confondeva con farina e zucchero.

-E’ una sorpresa?- chiese Kurt curioso.

-No, glieli porto sul posto di lavoro.-

-Davvero? Carino da parte tua.-

-No, Hummel, no, era una frase ironica.- gli fece notare Dave, stupito che Kurt fosse ancora così ingenuo.

-Evita di usare l’ironia con me, potresti pentirtene.- ribattè subito l’altro, col suo solito fastidioso tono da prima donna. Poi posò lo sguardo sugli attrezzi da cucina che erano riversati sul piano di marmo e sembravano non essere al loro posto. Decisamente. Perché un forchettone non era affatto utile a preparare un pasticcino. –Ma…Hai idea di come usare uno sbattiuova?- gli chiese sollevando il citato oggetto.

-Ci stavo lavorando su.-

-E un misurino?-

-Quello mi sembra facile da usare.-

Hummel lo guardò con uno sguardo che diceva “E direi!”, poi diede un’occhiata a quei tentativi di preparare pasticcini, che non erano dissimili a tante cacchette di coniglio messe vicine e pressate insieme.

-Devi mettere un po’ di lievito se non vuoi che i pasticcini restino sgonfi e piatti, lo sai, vero?- chiese Kurt, leggermente disgustato al pensiero delle cacche di coniglio.

-Io sono un maschio, Hummel, certe cose le ignoro del tutto.-

-Allora dovresti chiedere aiuto a qualcuno di più esperto, qualcuno che sappia preparare almeno un patè e un fois gras.-

Dave lo guardò confuso, come quando al liceo Kurt gli aveva nominato una certa Eva Harrington e lui non aveva idea di chi diavolo fosse.

-E questo qualcuno saresti tu, ho indovinato?- provò a dire, sorvolando il patè e il fois grasso.

-Ovviamente, scimmione.-

-Zitto, femminuccia.-

Kurt fece una faccia stizzita a quel soprannome.

-Non dirmi che dopo tutta la fatica che ho fatto per migliorarti, sei tornato tutto d’un colpo ai tempi del liceo.- insinuò allora incrociando le braccia.

-Cosa te lo fa pensare?-

-Mi hai appena chiamato femminuccia. E prima fatina.- gli fece notare.

-Che stai dicendo? Ti chiamo sempre fatina.- disse Dave, convinto al cento per cento di aver continuato a dargli quel soprannome per tutto quel tempo.

-Ultimamente invece usi solo il mio cognome, e mi sembra anche poco carino da parte tua.-

E Dave dovette ammettere che, in effetti, era vero, negli ultimi tempi c’era stata una certa freddezza tra loro due. Ma non era mica colpa sua.

-E’ perché ultimamente mi eviti come la peste, non so che dirti.- disse infatti.

-E perché dovrei evitarti?-

-Non ne ho idea, ma da quando ho deciso di sposarmi con Nancy, hai iniziato a fare la checca superba e fastidiosa, e le uniche volte in cui mi hai rivolto la parola è stato quando hai tentato di farmi cambiare idea riguardo il matrimonio e quando mi hai rotto col fatto che “gioco nell’altra squadra” e che devo smetterla di prendermi in giro.- disse, quasi frustrato.

-Ma tu giochi chiaramente nella mia stessa squadra, Dave.- fece Kurt sottolineando la parola “chiaramente”.

-Vedi che ricominci?- sbottò Karofsky allontanandosi dal piano in marmo. -Sembra quasi… che tu voglia a tutti i costi che io ti corra nuovamente dietro.- disse poi, snocciolando finalmente la sua teoria. -E se mai fosse vero, saresti davvero un egoista.-

-In che modo sarei egoista?- Kurt sembrava non volerla piantare con tutte quelle domande.

-In che modo?- ripetè Dave, che adesso era bello caldo per mettersi a litigare. -Ma…Hai idea di quanto tempo ho passato a sperare che tu ti accorgessi di me? Che ti accorgessi che forse non ero elegante e bello (bello è una parola grossa) quanto quel damerino della Dalton, ma che potevo darti ben più amore di quanto poteva dartene lui? E non dirmi che non lo sapevi.-

Le parole di Dave colpirono un attimo Kurt al cuore –anche perché non ricordava di aver mai sentito Karofsky pronunciare la parola “amore”…E non suonava poi così male detta da lui- e lo fecero balbettare quando rispose con un:

-S-sì, lo sapevo…-

-E nonostante io mi sforzassi, lo sai che mi sforzavo, ero davvero un idiota e illuso, soprattutto illuso, tu non avevi occhi che per quella…sottospecie di ragazzo.- ormai era chiaro, Dave era frustrato. Non riusciva neanche a inventarsi nuovi soprannomi per Blaine. E questo era decisamente e profondamente strano. Che una sorta di delirio si stesse impossessando di lui? -Ma adesso è inutile parlarne, lascia perdere, vuoi?- chiese poi alzando le sopracciglia.

-Non eri un idiota, grazie a me sei cambiato!- esclamò Kurt con una mano sul petto.

-No, sono cambiato grazie al mio amore per te!-

Di nuovo quella parola nella sua bocca. I brividi.

–E comunque, come hai detto tu, adesso sono praticamente tornato come prima, perciò il discorso è chiuso. Tu hai sposato quelle sopracciglia a triangolo isoscele, io ho sposato Nancy, fine della storia.- disse per poi tornare a maneggiare con la farina.

-Continui a riferirti a Blaine con perifrasi fantasiose, il che mi porta a pensare a una sorta di risentimento nei suoi confronti che perdura, o sbaglio?- fece Kurt dopo aver lasciato passare qualche minuto di silenzio.

-Se non parlassi in indocinese, mi faresti un grande favore.- ribattè Dave senza voltare lo sguardo.

-Sei tu che sei un troglodita.-

-Sì, hai ragione.-

-Non darmi ragione!-

-Ok, allora non hai ragione.-

-Smettila. Per favore.- Kurt tentò di zittirlo, mentre con una mano si massaggiava la fronte indolenzita.

-Che hai adesso?- chiese Dave, già con un tono di voce diverso.

-Mi fa male la testa.- si lamentò l’altro.

-Si vede che stai urlando troppo.- disse Dave, ma si vedeva che s’era solo sforzato di sembrare antipatico. -…Vuoi una pillola?- chiese poi avvicinandosi al soprano.

-No, ho solo bisogno di distrarmi.- rispose quello. -Forza, ti aiuto a fare una torta, tanto i pasticcini sono belli che andati.-

-Sì, lo penso anch’io.-

-Bene, almeno siamo d’accordo su qualcosa.- sorrise leggermente, poi si armò di ciotole, pentole, cucchiai di legno e piattini, di cui sapeva perfettamente l’ubicazione, come se già sapesse dov’è che le donne nascondono la loro roba. -Direi niente cioccolato, no?-

-E perché mai?!- si agitò Dave.

-Mi sembra ovvio: è pieno di calorie.-

-Perché, esiste forse una torta priva di calorie, di grazia?-

Kurt storse il naso: gli sembrava davvero di avere davanti lo stesso Karofsky del liceo. Gli mancava la felpa dei Titans ed era a posto. Fece un sorriso, quasi contento di aver ritrovato in lui il vecchio Dave.

-Questa domanda retorica mi suggerisce che forse tu ce lo vorresti, il cioccolato.- disse divertito.

-Ti suggerisce bene.-

-Okay, allora adesso ti preparo le basi per la crema al cioccolato, così mentre mescoli, sempre nello stesso verso ovviamente, io preparo il pan di spagna, che immergerò nel liquore in modo che resti bagnato e non venga quindi secco.-

-Sì, capisco.- fece Dave cogli occhi fissi davanti a sé, come un robot.

-Non mi hai seguito per niente, vero?-

-Sì, capisco.- ripetè automaticamente.

-Scimmione!-

-Sì, capisco.-

-Basta! Mettiti ai fornelli!- ordinò Kurt alzando il dito in aria, e Dave ne approfittò per appendergli al collo il grembiule imbarazzante di poco prima.

-Aspetta che ti metto il grembiule di Nancy, così fai la perfetta donna di casa.- disse, quasi per discolparsi, dato che gli stava toccando i fianchi nell’intento di legargli l’indumento dietro la schiena.

-Il grembiule con la mucca Carolina me lo metto, ma solo perché rischio di sporcare il maglioncino di Alexander Mc Queen.-

Dave fece di nuovo la sua famosa faccia confusa –molto simile a quella di Finn, a dir la verità.-

-E’ una marca di birra?-

Kurt negò, ma forse stava solo scuotendo la testa esasperato.

-Allora non mi interessa.- ne concluse Dave.

-Fai troppo il furbo oggi, spero tu ti stia divertendo.-

-Mi divertirei ancora di più se vedessi il tuo maglione di Alexander Mc King sporco di farina e cacao.-

-Alexander Mc Queen.- lo corresse Kurt con una smorfia.

-Come ti pare, signorina.- fece Dave poi e, approfittando del fatto che Kurt stava preparando la crema al cacao, prese una manciata di farina avanzata e gliela spruzzò sui capelli e sul maglioncino blu. Hummel emise un gridolino e mollò il cucchiaio di legno tenendo la bocca deliziosamente aperta. Aperta? Macchè, spalancata!

-L…Lhai…Fatto…Davvero…!- balbettò quello, incapace di parlare per bene. Senza neanche accorgersene, Kurt aveva preso un po’ di cacao e, con negli occhi la voglia di vendetta, l’aveva gettato sulla t-shirt bianca di Karofsky, ma a quello sembrava non importare.

-C’è qualcosa che ti ho detto che avrei fatto e che poi non ho fatto?- chiese Dave e, quando vide che Kurt aveva afferrato un uovo, gli bloccò il braccio e gli chiese se per favore non gli lanciasse le uova, che ne aveva già poche, ma in realtà non voleva sporcarsi troppo, e Kurt l’aveva ben capito.

-Non hai mai fatto coming out!- esclamò Kurt dopo aver mollato il pover’uovo al suo posto.

-Non ti ho mai promesso che l’avrei fatto!-

-Bugiardo…- mormorò Kurt guardandolo di sottecchi.

-Ti dico che non l’ho mai fatto.-

-Tira fuori quel mangianastri, avanti, vediamo chi dei due l’avrà vinta.-

Eh? Cosa? Mangianastri? Quale mangianastri? Oh, quello. Dave si agitò un attimo, ormai convinto di aver fatto un pessimo lavoro nel nascondere quell’oggetto da due soldi.

-Quel…? Cosa…? No!- balbettò per poi negare.

-Perché no? Vuoi forse negare che ascolti la mia voce nel mangianastri ogni qualvolta ti ritrovi solo a casa?-

Ecco la provocazione.

-Mi stavo solo assicurando di cosa si trattasse, visto che non c’è scritto nulla sulla cassetta. Devo fare un po’ di pulizia della vecchia roba.-

Scusa banale, ma di solito funzionava. Almeno, nei film funzionava.

-E tu avresti buttato via le mie cassette?- chiese il più piccolo con un sorrisetto di scherno. La questione era abbastanza seria, ma quel grembiule che Kurt aveva addosso rendeva il tutto piuttosto superficiale e grottesco, e forse buffo. -Perché continui a negare l’evidenza?-

-Di quale evidenza stai parlando?-

-Tu provi ancora qualcosa per me, e per sfuggirmi ti sei lanciato tra le braccia di una donna.- dopo aver detto quelle parole, Kurt si immaginò Karofsky, il grande e grosso Karofsky, che si lanciava a pesce tra le braccia di Nancy. E non era una bella scena.

-Tu…stai delirando.-

-Perché non lo ammetti?-

Dave si stufò e si avvicinò ad Hummel quasi volesse dargli una testata per farlo stare zitto e buono.

-E tu perché non la pianti di sentirti al centro del mondo? Non esisti solo tu nella mia vita, ed è ora che tu la smetta di mettermi sotto pressione. Mi sento sotto accusa, che diavolo!- vide che quel tono stava annodando la lingua ad Hummel, così continuò. -Tu vuoi che io ti dica che mi piaci ancora, vero? Che il mio matrimonio è tutta una farsa, che in realtà non ti ho mai dimenticato, che ho fatto tutto questo solo per tentare di levarti dalla mia testa, perché ero stanco di starti dietro e ricevere solo delusioni. Vuoi sentirti dire questo, giusto?-

Kurt aprì e chiudette gli occhi più volte, credendo non fosse vero il fatto che Dave gli si era fatto così vicino che poteva vedere tutte le sfumature dei suoi strani occhi cangianti.

-V-voglio solo che tu mi dica la verità. Perché in questo modo riusciresti a stare in pace con te stesso.- mormorò Kurt dopo un po’, neanche troppo sicuro di quello che diceva.

-…Tu sei in pace con te stesso, Hummel?-

L’altro non ebbe neanche il tempo di pensare, aveva il viso di Dave troppo vicino, e arrivò a pensare che quello volesse baciarlo all’improvviso, con irruenza e malsana passione, la stessa che traspariva nel primo bacio che gli era stato rubato dallo stesso Karofsky.

-…No.- rispose infine, respirando a fatica. –E chiamami Kurt.-

Dave avvertì la palese agitazione del ragazzo e si allontanò lasciandogli un po’ d’ossigeno.

-No, fatina.- disse secco.

-Va bene anche fatina.- asserì Kurt più timidamente del solito, poi annusò l’aria leggermente puzzolente. –Il cioccolato!-

-Aspetta, giro io.- fece Dave fiondandosi sul pentolino.

-Spero solo non si sia bruciato.- diede un’occhiata al suo apprendista e al liquido scuro. –Ecco, continua a girare, è quasi pronto.-

-Non dovrei metterci qualche spezia?-

-Come preferisci. A me piace poco, ma se vuoi…-

-Allora va bene senza spezie.- lo accontentò subito Dave, anche perché non sapeva dove avrebbe potuto trovare delle spezie. Non sapeva neanche cos’erano, le spezie.

-Che disastro.- piagnucolò Kurt cercando di scrollarsi la farina di dosso. Dave fece un ghigno, poi, dopo aver spento il fornello, raggiunse con la mano le salviette sulla mensola e ne passò una a Kurt.

-Ringrazia che non ti ho lanciato un paio di uova.-

-Ti avrei ucciso in tal caso.-

-Non lo metto in dubbio.- fece Karofsky, e questa volta sorrise un po’ meglio, senza ghigni o risatine sotto i baffi, o altre robe strane.

-Ne ho anche in faccia?-

-Sì, ma sei talmente pallido che la farina si confonde. Non capisco com’è che ti hanno chiamato Hummel.-

-Infatti m’hanno chiamato Kurt.- fece quello con disappunto, anche se trovava il tutto piuttosto divertente. E arrossì sul serio quando Dave gli prese la salvietta dalle mani e gliela passò sulle guance e sulle labbra sporche di farina.

-Guarda che mi tocca fare.- fece Dave dopo aver finito, piuttosto nervoso anche lui.

-G-grazie…-

-Grazie un corno.- disse l’altro tentando senza successo di tenere un certo distacco. –Come sono andato in questa prima lezione di cucina?- chiese poi per smorzare i toni.

-Ma hai solo girato il cioccolato.-

-E va beh.-

-In una scala da 1 a 10, facciamo un…5.-

-Che merda.-

-Stavi per bruciarlo.- sorrise Kurt.

-Tu stavi per bruciarlo, fatina.- precisò Dave. E quella precisazione gli ricordò tanto il “Hai detto a qualcuno il fatto che…mi hai baciato?” “Tu mi hai baciato, Karofsky.” Gli vennero un attimo i brividi e decise di non rispondere. L’atmosfera s’era fatta nuovamente imbarazzante, e le guance di Kurt erano sempre più rosse, a dispetto di ciò che aveva detto poco prima Dave.

-A-allora, io me ne vado. Domani Blaine parte, e vorrei passare più tempo possibile con lui.- disse velocemente.

-Come parte?-

-Con l’aereo.-

Dave scosse la testa.

-No, dico…In che senso parte?-

-Va a New York.-

-Ah.- Dave non disse altro. Non gli chiese nemmeno per quale motivo dovesse andare a New York, anche se sospettava avesse qualcosa a che fare col suo lavoro da checche. Tutto ciò che gli importava era che partiva. Bene, niente nani pieni di peli in faccia tra i piedi. Ma era un bene o un male?

-Bene, ci vediamo…-

-Ehi, ti stai portando via il regalo per Nancy?- chiese Dave quando vide che Kurt s’era ripreso il pacchettino dal tavolo in vetro.

-Oh. Hai ragione, ero venuto per questo, dopotutto.- sorrise imbarazzato e mollò il regalo. Salutò con la mano e scappò via, le guance tanto rosse da sembrare finte, la testa che gli girava e lo stomaco che non si sa cosa stesse facendo: forse faceva a guerra con l’intestino.

Si toccò la fronte e si sentì la febbre. Stava davvero poco bene.

 

*

 

-Mi aspetti qui, vero?- chiese Blaine appena prima di salire sulla navetta che l’avrebbe portato verso l’aereo.

Kurt lo guardò languido, ed ebbe come un senso di dejà-vu –era ormai sempre più frequente-: vide davanti a sé un volto tondo e in lacrime, rosso dal pianto, i capelli corti appiccicati sulla fronte, il basco rosso stropicciato tra le mani, le labbra che tremavano e lo sguardo che fuggiva veloce, i singhiozzi, la lingua annodata che gli impediva di parlare, l’aria che gli usciva forte dal naso, la fronte che si corrugava, la voce che a tratti gli mancava. E poi, le sue sincere scuse.

-Mi dispiace…così…così tanto per… quello che ti ho fatto.- e inclinò la testa di lato. Kurt guardò quella scena per la seconda volta, e gli venne da piangere. Al liceo no, non lo aveva fatto, non aveva versato una lacrima. Sarebbe stato demotivante per il povero Karofsky, che si stava praticamente confessando e che singhiozzava in luogo pubblico. Ma questa volta le lacrime abbandonarono gli occhi, e finirono fin sul mento, velocissime.

-Lo so, lo so.- mormorò Kurt annuendo, e Karofsky sembrò ricomporsi. Tirò su col naso e adottò uno sguardo grato, per poi distoglierlo nuovamente.

-Oh…bene…Grazie…- borbottò imbarazzato. Poi lo guardò di nuovo negli occhi: anche i suoi erano rossi e gonfi. –E ricordati…Mi aspetti qui, ok?-

-Sì.- disse Kurt, adesso più deciso, e le lacrime continuarono a solleticargli il mento. Presto, una mano le pulì via e gli carezzò la guancia.

-Non piangere.-

Un bacio gli raggiunse le labbra, e Kurt si sentì di chiudere gli occhi. La gente attorno a loro aspirò tutto l’ossigeno presente ed emise  gridolini di sorpresa e disapprovazione, a quella vista.

Quando Kurt riaprì gli occhi, colui che si trovò davanti era Blaine. Blaine, nient’altro che Blaine.

-Blaine…-

-Dimmi, tesoro.-

-…Fa’ buon viaggio.- disse alla fine Kurt asciugandosi con un dito gli ultimi residui di lacrime.

-Canterò pensando a te. Ti dedicherò ogni passo che farò su quel palco.- un altro abbraccio, e a Kurt sembrò quasi di sentire l’odore della giacca dei Titans che portava Dave ai tempi del liceo. Ma che gli passava per la testa?

Non si dissero che si amavano. Blaine l’avrebbe anche fatto, ma temeva che quelle due parole avrebbero provocato un pianto ancora più forte nell’altro.

Kurt, invece, non l’avrebbe fatto. Aveva le visioni, stava poco bene, non se la sentiva di fare lo sdolcinato. Salutò suo marito con la mano e poi tornò a casa di fretta e furia, perché voleva dormire, voleva togliersi di dosso quella sensazione di dejà-vu che ormai lo accompagnava da quasi mezz’ora. Un quarto d’ora ieri, mezz’ora oggi, un’ora domani, e dopodomani?

Prima che potesse chiudere gli occhi, gli vibrò il cellulare. Il mittente del messaggio era Dave, e quasi sobbalzò sulle lenzuola.

 

E’ partito?

 

Strinse gli occhi e se li massaggiò con due dita, poi posò il cellulare sul comodino. Aveva deciso di non rispondere: si sentiva male per davvero. Forse era stata la pizza al prosciutto della sera prima. Sprofondò sul cuscino e successivamente tra le braccia di Morfeo. Inutile dire chi fu il protagonista dei suoi sogni, quella notte.

 

 

 

 

§

 

 

 

 

Ok, non ho mai fatto un capitolo così lungo. 5.267 parole. Vov. Ma forse è solo un effetto ottico (??), perché ho messo molto dialogo, e poi c’è la parte della registrazione che occupa sempre un po’ di spazio. Mi dispiace non aver inserito altri personaggi nel capitolo, ma si vede che era la volta del triangolino Blaine-Kurt-Dave <3

Angolo delle curiosità: -Gli Acafellas mi facevano tenerezza, e così li ho riportati sotto le luci dell ribalta XD

-Mucca Carolina rulez <3

-La lotta con uova, farina e cacao l’ho presa in prestito molto gentilmente dalla puntata…oddio, non mi ricordo…forse la 1x09, Wheels. Insomma, quando Puck e Quinn preparano i dolci da vendere per ottenere i soldi per comprare una pedana per la sedia a rotelle di Artie.

-Il patè e il fois gras sono nominati da Kurt nella 2x20, Prom Queen.

-Quando Dave gli dice che è troppo pallido e non capisce perché l’hanno chiamato Hummel, ha un senso, anche se non sembra. Cioè…non sono sicura nemmeno io che abbia un senso XD Ieri sera stavo guardando i contenuti speciali del cofanetto della prima stagione di Glee –me l’hanno regalato al compleanno, evviva!- e mi sono vista il video in cui il regista e il produttore e tutti i responsabili di Glee avevano scelto gli attori. E in realtà, inizialmente, Kurt Hummel non esisteva. Era stato pensato un personaggio indiano, se non erro (non ricordo il nome, però). Quando però Chris è comparso –tipo un’apparizione angelica LOL-, Ryan Murphy ha detto: boh, eliminiamo il tizio indiano e mettiamo Kurt. Kurt Hummel, per le guance rosse. Ora, io ho cercato sul dizionario un qualche collegamento tra la parola “Hummel” e il colore rosso o le guance, ma non ho avuto alcun risultato. Pazienza, LOL.

-“Hai detto a qualcuno il fatto che…mi hai baciato?” “Tu mi hai baciato, Karofsky.” Puntata 2x07, The substitute o 2x08, Furt, non mi ricordo mai, mi confondo.

-Il dejà-vu di Kurt riguarda la puntata 2x20, Prom Queen. Non vorrei aver detto una cazzata, magari è la 2x18, Born this way. Boh, sono una frana con la memoria, perdonatemi.

 

Grazie a coloro che hanno ancora voglia di commentare (: I love you people (:

 

 

 

Mirokia

 

 

p.s. 13 pagine di word, ghgh.

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Capitolo 7
*** Déjà-vu ***


DELIRIOUS

 

 

 

 

7. –Déjà-vu.-

 



 

 

Kurt Hummel era da un quarto d’ora buono seduto sulle sedie leggermente sghembe del vecchio auditorium del McKinley, e intanto tentava di non far caso agli sguardi curiosi che gli rivolgevano i ragazzini seduti tutti intorno a lui. Banca Mediolanum, tutto intorno a te, pensò alzando un sopracciglio.

Cercò con lo sguardo Mercedes e finalmente la trovò accanto alla scala che portava sul palco, che parlocchiava con Will Shuester. Kurt fece un attimo fatica a ricordare com’è che s’era ritrovato in quella situazione, dato che era convinto di avere almeno qualche decimo di febbre da quando era partito Blaine.

Provò a tornare indietro di qualche ora.

Mercedes era andata a trovarlo a casa sua e di Blaine, perché era preoccupata per lui: insomma, la sua voce irritante non si faceva sentire da un giorno intero, e questo era un male, decisamente. La ragazza di colore l’aveva trovato parecchio pallido –“Ehi, Ringo People!”, avrebbe urlato Azimio se li avesse visti così vicini in quel momento- e gli aveva chiesto se davvero tutto questo malessere fosse dovuto alla partenza di Blaine. Kurt aveva risposto che non lo sapeva, ma era certo di una cosa: il passato gli appariva davanti agli occhi sempre più spesso, e gli faceva perdere la cognizione della realtà. Era qualcosa di frustrante. Mercedes gli aveva tenuto presente che non era la prima volta che sentiva qualcosa del genere. Cioè, Kurt aveva avuto anche in passato questi strani episodi di Dejà-vu, quasi non fosse affatto felice della vita che stesse conducendo e avesse avuto una voglia matta di tornare al liceo.

-Ti manca il liceo.- aveva detto Mercedes, come tante altre volte.

-…E a te no?- aveva chiesto Kurt, davvero troppo malinconico.

-Mi manca far parte di un gruppo affiatato come quello del nostro vecchio Glee club.- aveva risposto l’amica, per poi puntualizzare. –Le docce di Slushie e le varie umiliazioni non mi mancano, quello no, ma il Glee club…A proposito.- si era sistemata meglio sul letto dopo aver incrociato le gambe. –Ieri mi ha chiamato Shuester.-

-Will Shuester?!-

-Quanti Shuester conosci? Sveglia!-

-E che voleva?-

-Mi ha chiesto se volessimo andare a dare una bella lezione alle Nuove Direzioni di quest’anno. Dice che sono un po’ mosci. Poca fiducia il loro stessi, sai com’è.- aveva detto Mercedes, poi si affrettò a modificare la frase. –Ah, no, tu non sai com’è, sei troppo sicuro di te.-

Kurt le aveva fatto una smorfia arricciando il naso, poi s’era alzato in piedi traballando. Sì, doveva avere decisamente un po’ di febbre.

-Allora…torniamo al McKinley?- aveva chiesto con la testa che girava.

-Certo. Per soddisfare la tua voglia di liceo. E per farti sfogare un po’, dai.-

-Bene! So già in che performance dovrò esibirmi!-

Mercedes l’aveva guardato con occhi che supplicavano un “Non Single Ladies, ti prego.”, e Kurt aveva scosso la testa sorridendo e dicendo che gli sarebbero servite Brittany e Tina, non ancora facilmente reperibili.

Ecco com’è che adesso si trovava in mezzo a quei marmocchi decisamente strani: un tizio era vestito con uno stile che ricordava quello di Tina, un paio di ragazze aveva addosso la nuova divisa delle Cheerios, ben tre ragazzi avevano la pettinatura alla Zac Efron o, più probabilmente, alla Justin Bieber, un’altra portava l’apparecchio e sembrava la sfigata di turno, mentre l’ultimo lì in fondo aveva il braccio ingessato. Questo era l’Artie di turno. Kurt si aspettava di vedere anche, non so, un paio di asiatici ballerini, o una tizia incinta, o un ebreo con la cresta da moicano…ehi, aspetta, ce n’era davvero uno lì dietro!

Mercedes attirò l’attenzione di Kurt e gli fece segno con una mano di raggiungerlo.

-Posso cantare, adesso?- fece Hummel con già la mano aperta, pronta a ricevere il microfono.

-Canteremo senza microfono, Kurt, come sempre.- fece Mercedes, anche piuttosto divertita. Poi tirò fuori uno spartito e lo mollò all’amico. –Ecco cosa canteremo.- disse poi, tutta soddisfatta.

Kurt controllò di che canzone si trattava, e subito sbuffò scocciato, e anche un po’ arrabbiato.

-No, aspetta, io mi ero preparato As if we never said goodbye, o come riserva A house is not a home!- brontolò.

-Questa mi sembra più adatta all’occasione, e il signor Shuester ci darà una mano.- disse l’altra, e Will concordò con un “Ci puoi scommettere”.

-Ma non la posso cantare questa canzone!-

-Perché no?- fece Mercedes, che già stava trascinando Kurt sul palco. –Le sai le parole.-

-Sì, ma non la so cantare Beyoncè, quello è il tuo repertorio!-

-Potresti cantare qualunque cosa, da’ retta a me.- concluse la ragazza di colore per poi fare un cenno all’orchestra che, non si sa con quali strani strumenti, riprodusse l’esatta melodia della canzone.

-Ascoltate e guardate attentamente!- aveva urlato Shuester ai suoi nuovi ragazzi prima di partire.

 

Uh
(high hat)
uh
(808)
uh
(Kurt)
uh huh ready uh uh
(lets go get 'em)
uh huh c'mon!

I used to run base like juan pierre
now i run the base
high hat in the snare
I used to bag girls like purple bags
now i bag b
(boy you hurtin' that)
Brooklyn bay where they birthed me at
now b everywhere the nerver at
the audacity to have me with them curtains back
me and b, she about to steam, stand back.


Fece la sua bella parte rappata accennando brevi passi di danza che, come al solito, gli riuscivano perfettamente. Kurt se ne stava in un angolo e continuava a sillabare a Mercedes il fatto che non fosse capace di cantare canzoni del genere. Non era il suo genere, punto. Wicked era il suo genere, punto e a capo.

L’amica lo ignorò e gli fece segno di guardarla per bene, per poi atterrare al centro del palco.


Baby
Seem like everywhere I go
I see you
From your eyes, I smile
Its like I breathe you
Helplessly I reminisce
Don't want to
Compare nobody to you

Boy I try to catch myself
but I'm outta control
Your sexiness is so appealing
I can't let it go.

 

Le ragazze con la divisa da Cheerios si misero a cantare, invogliate dall’energia di Mercedes, e non ci volle molto perchè raggiungessero I microfoni posti in fondo al palco e si mettessero a fare il coretto. Kurt intanto ascoltava le parole della canzone e pensava che è vero, Mercedes aveva trovato la canzone che faceva al caso suo. E sì, di nuovo, mentre canticchiava tra sé e sé, si immaginava tra il pubblico un individuo crucciato, con le braccia conserte, l’espressione sofferente rivolta al palco, rivolta a lui, con accanto una ragazza ispanica con addosso una maglia bianca che recava la scritta “Lebanese”.

Cercò di togliersi quell’immagine dalla testa scuotendola: era sicurissimo fosse tutto merito della sua fervida immaginazione.

Know that I can't get over you
'Cause everything I see is you
And I don't want no substitute
Baby I swear it's Dejà Vu

Know that I can't get over you
'Cause everything I see is you
And I don't want no substitute
Baby I swear it's Dejà Vu

Mercedes andò ad afferrare la mano del migliore amico e gli chiese cogli occhi di cantare almeno un pezzo della strofa, e poi magari rifare il ritornello insieme. Kurt si lascò trascinare –quell’ultima visione l’avevano lasciato sconfortato e l’avevano privato delle sue ultime forze- e accennò alcune note, scoprendo che riusciva ad adattare la sua magnifica voce anche alle canzoni impossibili di Beyoncè.


Seeing
things that I know can't be
Am I dreaming
When I saw you walkin' past me
almost called yo' name
got a better glimpse
and then I looked away
it was like i'm losing it.


 Poi tornò a cantare Mercedes, che incoraggiò l’amico a cantare con lei il ritornello.


Boy I try to catch myself
but I'm outta control
Your sexiness is so appealing
I can't let it go

Know that I can't get over you
'Cause everything I see is you
And I don't want no substitute
Baby I swear it's Dejà Vu

Know that I can't get over you
'Cause everything I see is you
And I don't want no substitute
Baby I swear it's Deja Vu

Will Shuester, che ormai sembrava essere stato dimenticato dal mondo, saltò in proscenio per cantarecantare era una parola grossa, visto che parlava e basta- la parte di Jay-Z.


Yes
Hova's flow so unusual
Baby girl you should already know
it's H-O
light up the dro
'cause you gon need help
tryna study my
bounce
flow glow
what's the difference
One you take in vein
while the otha you sniffin'
It's still dough
Po-po try to convict 'em
thats a no-go
my dough keep the scales tippin
like four-fours
like her from the H-
O-U-S-T-O-N
blow wind
So Chicago of him
is he the best ever
that's the argu-a-ment
I don't make the list
Don't be mad at me
I just make the hits
like a factory
I'm just one to one
Nuttin' afta me
No Deja Vu
just me and my...oh!

Baby I can't go anywhere
without thinkin' that you're there
Seems like you're everywhere it's true
Gotta be havin' deja vu
'Cause in my mind I want you here
Get on the next plane
I don't care
Is it because I'm missin' you
that I'm havin' dejà vu

Quando Mercedes canto quest’ultima parte e guardò Kurt, quest’ultimo pensò che l’amica fosse convinta che il suo Déjà-vu fosse dovuto alla mancanza di Blaine, che se n’era andato a New York. Ma anche se fosse così, non dovrebbe essere stato il viso di Blaine a comparirgli davanti agli occhi?

Boy I try to catch myself
but I'm outta control
Your sexiness is so appealing
I can't let it go

Know that I can't get over you
'Cause everything I see is you
And I don't want no substitute
Baby I swear it's Déjà Vu

Know that I can't get over you
'Cause everything I see is you
And I don't want no substitute
Baby I swear it's Déjà vu!

 

Mercedes aveva anche accennato gli stessi passi del video di Beyoncè ma, sfortunatamente, Kurt non se li ricordava. E anche se se li fosse ricordati, non ce l’avrebbe mai fatta a ballare. Già aveva fatto fatica a cantare.

Adesso i ragazzi in platea battevano le mani, alcuni guardavano altrove disinteressati, altri ancora ridevano della voce troppo femminile e da soprano di Kurt. Ma quest’ultimo non aveva neanche la forza di andare a dirgliene quattro, a quegli sbruffoncelli, continuava a vedere le immagini sfocate, e tutto attorno a lui tremava come fosse vittima di un terremoto.

-Kurt, stai bene?- chiese Shuester, che no, non era la copia perfetta di Capitan Ovvio, no, affatto. Dopo aver pensato quell’ultima cattiveria, Kurt rotolò gli occhi all’indietro e cadde sul palco, poi tutto davanti a sé divenne nero.

 

*

 

Finn Hudson fece fatica a bussare alla porta della vecchia camera di Kurt, avendo in equilibrio su una mano un vassoio pieno di carote, sedano, e infusi di tè alla menta. E pure una lattina di cola light.

-…Fratellino? Posso entrare?-

-Come mi hai chiamato?-

-Lo sapevo che avresti risposto così, ho indovinato. Sono troppo intelligente!- fece Finn dopo aver spalancato lentamente la porta col piede.

-Davvero troppo, Finn.- sorrise Kurt che stava piegato sulla scrivania, e gli fece segno di appoggiare il tutto sul tavolino accanto al letto.

-Burt mi aveva raccomandato di prepararti un hamburger o, insomma, qualcosa di grosso per rimetterti in forze.- mormorò il più alto –che, diamine, sembrava crescere ogni giorno di più- dopo essersi seduto ai piedi del letto e aver appoggiato i gomiti sulle gambe. –Però sapevo che ti saresti messo a urlare se l’avrei fatto.-

-L’avessi fatto, Finn.- lo corresse subito Kurt, come suo solito, poi tornò a passarsi la mano sugli occhi, che gli bruciavano da morire.

-Ti senti male?!- si preoccupò subito il fratellastro svettando in piedi e fiondandosi su di lui, che per poco non sveniva sulla scrivania. Dopo essersi fatto più vicino, il gigante notò che Kurt non stava semplicemente tentando di riposare su una superficie più dura e fredda del morbido e caldo materasso –perché avrebbe dovuto farlo poi? Mah-, ma stava facendo robe che non s’addicevano affatto a qualcuno che per poco non sveniva a causa della febbre.

-E basta!- esclamò Finn togliendogli dalle mani forbici, ago per cucire, macchina da cucire e tessuti vari –sì, esatto tutti insieme. Finn ha le mani giganti.-

-Aspetta, devo finire l’orlo!- ribattè Kurt inseguendo con lo sguardo i suoi pantaloni appena sfornati.

-Ma non potresti comportarti come tutti i malati di questo mondo, cioè standotene a letto?- fece Finn appallottolando i pantaloni in una mano e provocando il pianto di Kurt. –E poi, cosa sarebbe un orlo?- aggiunse, ma Kurt non calcolò quell’ultima domanda.

-Non riesco a starmene con le mani in mano. Ho un’idea che mi frulla in testa da un po’ riguardo un paio di pantaloni davvero chic e per nulla pacchiani che si abbinerebbero in modo perfetto al gilet che indosserò sul red carpet.- disse quello, articolando le frasi a fatica. Ansimava tra una parola e l’altra, e intanto i capelli gli si ammosciavano sempre più. Stava davvero a pezzi.

Finn fece una delle sue più confuse espressioni.

-Quale red carpet? Di che parli?-

-Di quando diventerò famoso.-

-E quand’è che diventerai famoso?- sembravano più le domande di un bambino, ma pazienza.

-Quando i miei capi d’abbigliamento faranno il giro del mondo.-

-E come e quando succederà questo?-

-Mai, credo.- ammise finalmente l’altro, con gli occhi che facevano fatica a rimanere aperti. Il ciuffo di capelli sudati gli ricadeva in fronte, e Kurt non aveva neanche la forza di tirarselo indietro, mentre a Finn faceva leggermente impressione toccargli la chioma.

-Ecco, quindi vai a letto adesso.- lo spronò quello, premuroso, dopo avergli passato una carota.

-Aspetta, prima dammi il tuo parere sul colore che devo scegliere per i miei pantaloni.- disse Kurt, e tirò fuori una gamma incredibile di colori da sotto la scrivania. Anzi, non erano propriamente colori: era più che altro una scala di grigi interminabile. –Allora? Quale ti sembra più adatto al rosso del red carpet?-

“Ma che diamine è questo red carpet?!” si ripeteva Finn in testa mentre sbuffava e dava un’occhiata a ciò che gli mostrava il fratellastro.

-A me sembrano tutti grigi.- rispose quello, atono.

-E lo sono, ma con sfumature diverse!-

-A me sembrano tutti uguali.- si corresse Finn, e Kurt si lamentò dicendogli che era uguale identico a suo padre Burt.

-Sei utile come un paio di occhiali per il Signore Oscuro.- borbottò quello cogli occhi azzurri, che a forza di fissare scale di grigi erano diventati grigi anch’essi.

-E tu sei fuori come un balcone, Kurt. Mi sembri impazzito, va’ a dormire!- gli ordinò Finn, che alla fine s’era mangiato la carota di Kurt dal nervoso.

-Delirante è la parola giusta.-

-Dormi!- e lo sospinse con meno delicatezza del solito verso il letto in pizzo porpora. Si assicurò che si coprisse per bene –già faceva freddo senza che uno avesse la febbre, ma poi li aveva notati i brividi sulle braccia incoscientemente scoperte di Kurt- e gli mise una tazza di infuso sul comodino accanto al letto.

-Maniacalmente premuroso.- borbottò Kurt a voce bassissima dopo essersi coperto la bocca con la coperta.

-Adesso che Rachel non c’è, ho bisogno di tenermi occupato con qualcun altro. E tu sei abbastanza rompiscatole da essere paragonato a lei.- fece Finn per poi sorridere impacciato, e Kurt non riuscì neanche  a rispondergli perché stava prendendo sonno. L’ambiente intorno a lui vorticava, era sfocato, il suo fratellastro appariva deformato, e le poche luci nella stanza s’erano affievolite fino a quasi spegnersi. Sembrava sotto gli effetti della droga, davvero. O dei funghi allucinogeni.

-Dormi dormi, bel bambino, dormi dormi…-

Finn iniziò a cantare una ninna nanna che ripeteva sempre le stesse tre parole –era perché non si ricordava le altre-, e Kurt ebbe la tentazione di tappargli la bocca perché era imbarazzante, ma niente, era immobilizzato, gli faceva male ogni fibra del corpo, e il cervello era troppo fiacco per ordinare ai muscoli di muoversi. Che poi, quali muscoli? Era estremamente flaccido, che diamine! Si chiese se davvero quel febbrone da cavallo fosse dovuto alla partenza di Blaine. O al fatto di essere rimasto solo. E quindi al fatto di voler qualcuno che gli facesse compagnia –a parte quello stordito di Finn, e Mercedes, e quel demone di Santana-, di voler qualcun altro al suo fianco. Qualcun altro. Sì, ma chi? Quando gli si focalizzò un’immagine più o meno definita davanti agli occhi che si sovrapponeva a quella deformata di Finn, ebbe quasi terrore dei suoi stessi pensieri, e si coprì tutto il viso colle coperte, tremando un poco.

-Visto? L’hai svegliato!- fece una voce piuttosto grave che arrivò ovattata sino alle orecchie bollenti di Hummel.

-Io l’avrei svegliato? Semmai tu. Che ti sei mangiato, un pugile?- fece un’altra voce, questa volta femminile e dal retrogusto demoniaco.

-Perché?-

-Hai l’alito che stende.-

-Io l’avrei svegliato col mio alito?- chiese di rimando l’altro, che tentò di ignorare quella pessima battuta.

-Ma non vedi che gli stai addosso? Fai prima a sbaciucchiartelo, non credi?-

Kurt si alzò lentamente sui gomiti: non aveva ancora aperto gli occhi, ma quelle voci le avrebbe riconosciute tra mille. Una era quella di Satana –metteva i brividi se ascoltata di prima mattina…aspetta, ma era già sera, altrochè-, e l’altra era, beh, l’altra era di Dave. Dopo aver realizzato quel fatto, Kurt strinse ancora di più gli occhi, convinto a non volere che si aprissero.

-La pianti di urlare? Avrà la testa che gli scoppia.- fece il suddetto Dave, urlando a sua volta. Molto carino da parte sua.

-F-Finn?- mormorò Kurt con le labbra appiccicate, sperando che in un angolo remoto della stanzza ci fosse anche il suo fratellastro.

-Ha pure le traveggole, bene.- borbottò Santana a braccia conserte.

-Potreste gentilmente smetterla di parlare come se non ci fossi?- sbottò poi il più piccolo tentando di mettersi a sedere.

-Tanto sei praticamente morto.-

-Ma…chi siete?- chiese Kurt aprendo finalmente e a fatica prima un occhio e poi l’altro.

-I Broken Heart College.- fece Santana con scherno.

-E Finn dov’è?-

-Già, dov’è quel Finnpaticone?- aggiunse Dave che, notò Kurt, era seduto accanto a lui sul materasso e teneva una mano accanto al suo fianco, e praticamente gli stava addosso. Arrossì convulsamente, e sperò che il tutto fosse dovuto alla febbre alta.

-Non lo so, ma ci ha lasciato via libera per poterti stuprare adesso che sei inerme!- esclamò Santana sfregandosi le mani. Poi vide che la sua battuta non aveva causato nessuna reazione e sbuffò delusa. -E’ andato via mezz’ora fa.-

-E io da quant’è che dormo?-

-Dalla faccia serena e posata che aveva Finn, direi da un bel po’.- commentò la ragazza.

-Due ore come minimo.- concordò Karofsky.

Kurt scivolò di nuovo sulle lenzuola e si riaccoccolò tra le coperte: non aveva per nulla voglia di alzarsi, sinceramente. Neanche se camera sua era infestata da un demone dalla dubbia sessualità e da un angelo dalla dubbia sessualità. Ora aveva solo da decidere chi dei due era l’angelo e chi il Diavolo. Inevitabilmente, la canzone di Katy Perry gli rimbombò in testa –“Could you be the Devil, could you be an angel?”- e pensò che Finn aveva ragione, era proprio fuori come un balcone.

-Perché siete qui?- chiese Kurt dopo aver affondato la nuca nel cuscino.

-Eravamo in giro a raccogliere funghi e abbiamo deciso di portartene un po’.- fece Santana, sempre molto accondiscendente.

-Allora i funghi allucinogeni sono opera vostra!- esclamò l’altro tirando a sé le lenzuola.

-…Devi stare proprio male per non cogliere la mia ironia.- commentò Santana schiaffeggiandosi sulla fronte.

-Mi sento a pezzi.- disse effettivamente Kurt.

-C’entra qualcosa la partenza di quel…- iniziò Dave, ma Santana gli diede un colpetto sulle spalle, quasi volesse dirgli “evita, per favore”, e l’ex bullo si schiarì la voce. -…volevo dire, di… Blaine?-

Kurt guardò con occhi acquosi e lucidi il ragazzo che lo stava esaminando nella penombra, poi alzò leggermente le spalle.

-Non lo so, spero di no, altrimenti dovrò stare due settimane a letto.-

-E questo sarebbe un male?- fece Santana, e Kurt la ringraziò con un sorrisetto di scherno.

-Grazie, Satana.-

-Prego, Porcellana porcellina.-

-Porcellana un corno, sembra stia andando in fiamme.- se ne uscì Dave puntando con un dito le guance rosso sangue della fatina.

-Infatti sto morendo di caldo e sete.-

-Allora vado a prendere dell’acqua.- disse subito Santana, come se non vedesse l’ora di andarsene da quella stanza che puzzava di Chanel 5.

-Ti aiuto.- fece Dave alzandosi dal materasso, ma l’altra lo fulminò con lo sguardo e negò impercettibilmente con la testa.

-ALLORA,- rieptè a voce più alta e dopo essersi schiarita la voce. -vado a prendere dell’acqua!- concluse, e lo costrinse con lo sguardo a rimanere lì, da solo con Hummel. Dave aveva subito afferrato le allusioni della ragazza, e aveva sbuffato e scosso la testa per poi tornare nella posizione in cui era prima, mano sul fianco di Hummel compresa.

Kurt si agitò un momento, ma tentò di rimanere composto, e chiese a Dave la prima cosa che gli venne in mente.

-E’ piaciuto il cd alla tua amica?-

-A mia moglie.- lo corresse Dave.

-No, è solo un’amica, tu sei gay.-
Eccolo che tornava all’attacco. Dave non lo sopportava davvero più.

-Ma anche da malato rompi i maroni?- chiese infatti sollevandosi appena e guardando altrove, quasi ci fosse qualcuno che li stava spiando.

-In particolar modo da malato.- puntualizzò l’altro, che si sentiva come un ubriaco alla sua prima sbronza. -E so per certo di piacerti.- aggiunse.

-Come no. Se davvero fossi gay, in teoria dovrebbero piacermi gli uomini, o sbaglio?-

-…Mi stai dando della donna?- ne dedusse Kurt, per nulla contento.

-Da malato sei anche più perspicace.- notò Dave ridendo sotto i baffi. -E poi, non vorrei farti sentire in imbarazzo, ma…- lasciò la frase in sospeso, poi continuò con tono di voce più bacco.  -Semmai sono io che piaccio a te.-

-Cosa?- fece l’altro, nuovamente agitato, quasi gli avessero scandagliato i pensieri. -Questa è davvero buona. Non sono io quello che si ascolta delle cassette registrate risalenti al liceo per consolarsi e rivivere i vecchi tempi.-

-Però sei quello che parla nel sonno.-

Kurt rimase interdetto. Finn non gli aveva mai detto che parlava nel sonno…ma forse perché anche lui lo faceva…No, Finn deambulava direttamente nel sonno. Questo era imbarazzante, dovette ammetterlo. Guardò altrove con gli occhi lucidissimi e il respiro corto e tentò di mettersi a posto il ciuffo di capelli che gli ricadeva di continuo in fronte.

-Quand’è che lo avrei fatto?- domandò con voce quasi inesistente.

-Poco fa.-

-…Che cosa ho detto?- chiese ancora, sicuro che  se ne sarebbe pentito.

-Niente di particolare.-

-Ah, meno male.- Kurt tirò un sospiro di sollievo, un sollievo che certo non sarebbe durato a lungo. E figuriamoci.

-Hai ripetuto il mio nome almeno cinque volte.-

Un clima di pesante imbarazzo scese nella stanza, e Kurt si sentì improvvisamente claustrofobico. Aveva la faccia di Karofsky praticamente sopra la sua, aveva il corpo impigliato nella gabbia creata dalle sue braccia, aveva l’aria che gli mancava, e la penombra che l’opprimeva.

-Sarà…stato un incubo.- tentò di discolparsi il più piccolo. -O magari te lo stai inventando.-

-Chiedi a Santana.-

-Mi ha sentito anche lei? Mi prenderà in giro sino alla tomba.- si lamentò Kurt, poi cercò di sollevarsi, ma Dave lo spinse in modo insolito verso il cuscino.

-Non alzarti, che è peggio.- gli intimò.

-Ma io ho sete, e quella lì tarda ad arrivare.- fece Kurt riferendosi a Santana, che in effetti sembrava sparita dalla circolazione. Magari un qualche demone con le fattezze da donna l’aveva trascinata in un varco dimensionale attraverso un antico pozzo. Magari.

-Aspetta, vado a chiamarla.- disse Karofsky, poi si alzò e Kurt si sentì improvvisamente abbandonato. Particolarmente frustrante. Dopo neanche un minuto però, lo vide tornare mentre scuoteva la testa e faceva una sorriso, forse nervoso.

-Allora?- chiese Kurt, e Dave gli fece con le mani il segno di qualcuno che se la svigna. -Se n’è andata? Perché?-

-Vuole che io stia solo con te, è fissata quasi quanto te.- rispose l’altro dopo essersi nuovamente seduto sul letto. Sembrava attratto come una calamita da quel materasso. O dalla persona che riposava su di esso.

-Sul fatto che sei gay?-

-E sul fatto che ti muoio dietro.- puntualizzò.

-E’ la prima volta che la pensiamo allo stesso modo, curioso.- disse Kurt riferendosi a Santana.

-No, tu sei curioso con quel naso così rosso che sembra quello delle renne di Babbo Natale.- Karofsky cercò di portare la conversazione sul comico, ma forse il suo piano non riuscì alla perfezione.

-Non è divertente.- disse infatti l’altro, secco.

-E’ sempre divertente prendersi gioco di te, fatina.-

Seguì un periodo di imbarazzante silenzio, rotto soltanto dal respiro fin troppo pesante di Kurt. Si scrutarono entrambi nella penombra, entrambi insicuri su cosa dire, e come dirlo, e di cosa parlare, e quando parlare. Le immagini si fecero per Kurt nuovamente sfocate, e maledisse mentalmente i suoi due amici per i funghi allucinogeni che gli avevano chiaramente somministrato.

-Te l’ho mai detto che hai le sopracciglia perfette?- chiese dopo un po’. Dave deglutì leggermente, poi sorrise nervoso.

-Lo so…Molti mi danno del gay solo per questo fatto.-

-Ma sono naturali?- Kurt allungò un dito sino a percorrere il sopracciglio di Dave in tutta la sua lunghezza. -Sono addirittura più sistemate delle mie.-

-Bene, sono migliore di te in quanto a sopracciglia. Mi conforta.-

-La gente pagherebbe per avere sopracciglia come le tue. Rachel avrebbe avuto Finn ai suoi piedi in meno di una settimana.-

-La pianti con tutti questi complimenti? L’altro giorno coi muscoli, oggi le sopracciglia…-

-Non t’illudere, a me piacciono piccoli e magri.- lo interruppe subito Kurt riferendosi al suo ideale di uomo. Dave l’aveva immaginato, dopo tutto.

-Lo sospettavo.- disse infatti. -Anche le sopracciglia ti piacciono cespugliose e a forma di triangolo isoscele?- e questa era una chiara frecciatina a quell’hobbit del suo fidanzato.

-Quelle no.- rispose Kurt, piuttosto atono. Era vero, lui amava le sopracciglia sistemate e longilinee, e quelle di Dave erano…bellissime. Si rese conto dei suoi pensieri e strinse gli occhi, per poi riaprirli e rendersi conto che la testa gli girava ancora di più adesso.

Dave distolse lo sguardo e si sfregò le mani.

-Va beh, allora la mia visita l’ho fatta, così non mi sento in colpa. Adesso torno verso casa, ‘che dopo ho da lavorare.-

-Buttafuori?- fece Kurt.

-Come lo sai?-

-Ho il dono della veggenza.-

-Oh.-

Altro periodo di silenzio in cui Dave non sembrava aver intenzione di alzarsi da quel maledetto letto, che sembrava andare in fiamme per quanto era caldo.

-Aspetta, prima di andartene potresti darmi un parere sul colore da dare ai miei nuovi pantaloni?- fece Hummel, che si accorse di voler fare qualunque cosa pur di trattenere Dave lì con lui. Delirava, altrochè.

-La scala di grigi? Ho sentito Finn che si lamentava, non vorrei doverlo fare anche io.- tagliò corto l’altro.

-Dai, scimmione.- Dave scosse la testa, e Kurt lo implorò. Che vergogna. -Ti prego, sono disperato.-

-Più che altro sei delirante. Ti sei misurato la febbre?-

-Ho perso il termometro.-

-Come puoi aver perso…?- Finnite, era colpa della Finnite. Niente panico. -Ah, lascia perdere. Fa’ solo sentire se sei caldo.- disse alla fine, e si chinò su Kurt, che tremò quando lo sentì particolarmente vicino, il suo mento che gli sfiorava il naso e le sue labbra sulla fronte. Neanche si rese conto di quando si diede una leggera spinta coi piedi e alzò il viso sino a far combaciare le proprie labbra con quelle di Dave. Erano tanto fresche quelle labbra. Mentre quelle di Kurt andavano in fiamme. Quel contatto fu qualcosa di fuori dal comune. Dave non negò che s’aspettava qualcosa del genere da parte della fatina, forse proprio per quello si era offerto di controllare se avesse ancora la febbre alta. Era tutto calcolato, forse. O forse no. Sta di fatto che quelle labbra non le voleva mollare più, anche se doveva farlo. Dave pensò a Nancy, Kurt pensò a Blaine. Ma entrambi sarebbero rimasti con le labbra appiccicate per un tempo indeterminato.

-Merda.- si lasciò scappare Dave quando riuscì a staccarsi. Kurt lo guardò con occhi languidi e quasi supplichevoli, e l’altro non sarebbe riuscito a resistere a lungo se non se la fosse data a gambe all’istante, col cuore che gli capitombolava nel petto. Mai più visitare gli amici quando sono malati. Mai più.

 

 

§

 

 

Here I am with another, fresh chapter *O*

Faccio i capitol sempre più lunghi, devo darmi una regolata. Questa volta sono…vediamo, aspetta che le conto…13 pagine word. E pensare che fino a un paio di giorni fa mi metteva depressione la pagina vuota…ora è bella e allegra! –Ma quando mai.-

Angolo delle curiosità: -Le pubblicità non mancano nelle mie ff: in questo capitolo ho voluto deliziarvi con la Banca Mediolanum e il Ringo People XD

-Amo come Chris canta “As if we never said goodbye” e “A House is not a home”. Quest’ultima, tipo, mi commuove :’)

-Ho modificato la prima parte della canzone “Dejà-vu” di Beyoncè e Jay-Z, ma ho solo inserito il nome di Kurt ditto da Mercedes, come hanno fatto anche con Artie e la stessa Mercedes nella serie tv (prendete Crazy in love, Proud Mary e 4 minutes).

-La scala di grigi è la stessa che Kurt mostra a suo padre Burt in non so quale puntata della prima stagione :D
-L’idea dei funghi allucinogeni l’ho presa dalla seconda generazione di Skins, passo e chiudo.

-“Che ti sei mangiato, un pugile?” “Perché?” “Hai l’alito che stende.” E’ una delle tante battute dei Pali & Dispari, Zelig (il mio buon vecchio Zelig…)

-I Broken Heart College è il primo duo che m’è venuto in mente, pazienza che è italiano.

-“Dov’è quel Finnpaticone?” Karofsky chiama Finn in questo modo nella 1x20, se non erro, Theatricality. Sì, credo sia quella, perché Finn si stava truccando per l’esibizione dei Kiss e Azimio e Dave sono spuntati dai cubicoli XD

-Kurt che fa i complimenti alle sopracciglia di Dave. Secondo me sarebbe la prima delle tante cose che potrebbero fare in modo che si innamori di lui XD

-Non ho descritto il febbrone di Kurt così a caso. E’ un’esperienza personale. Cioè, non è che bacio a caso la gente mentre ho la febbre, però è esattamente così che mi sento: ubriachezza, stanchezza, funghi allucinogeni, immagini sfocate e distorte, muscoli bloccati, aiuto, vado in fiamme!, eccetera eccetera…Non per nulla l’idea del Kurt febbricitante m’è venuta mentre avevo la febbre (come vedete, si fanno pensieri malsani quando si sta male…).

 

Credo di aver segnato tutte le curiosità, bene, BENISSIMO.

Un grazie ancora a tutti quanti, e un bacio, smuack.

 

 

Mirokia

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Capitolo 8
*** Lesson number 4: apologize. ***


Delirious

 

 

 

 

 

8. -Lesson number 4: apologize.-

 

 

 

 

 

 

Finn Hudson tornò a casa col fiatone, ma contento di essersi finalmente sfogato un po’. La t-shirt rossa era impregnata di sudore, e il viso, rosso anch’esso, sembrava uno di quei pomodori appena lavati e disinfettati. Era un po’ meno lucido, forse. Azimio avrebbe obiettato dicendo che la testa di Hudson aveva la forma di una patata, e non di un pomodoro, ma fortuna che non era lì in quel momento, altrimenti Finn se la sarebbe presa per l’ennesima volta.

Prese il primo asciugamano che trovò –ne aveva abbandonato uno sul divano appena prima di uscire di casa- e si asciugò dappertutto: collo, faccia, capelli, braccia, persino fondoschiena, che sembrava aver stretto una relazione indissolubile con le mutande.

-Finn!- chiamò Kurt dalla camera da letto, ancora piuttosto in coma.

-Cosa!- ribattè l’altro mentre con un sospiro di sollievo si grattava il sedere con l’asciugamano. –Ti senti male? Ti serve qualcosa?-

-No, solo…bentornato!-

-Non siamo marito e moglie, Kurt!- esclamò Finn mentre si asciugava ancora nelle parti basse.

-Non ancora, Finn. Non ancora…- scherzò Kurt, ma il fratellastro lo prese subito sul serio.

-Ricordati che non sono come te, ok?-

-Pensavo avresti usato la scusa del legame familiare!- esclamò l’altro, con la gola che bruciava.

-Sì, sì, è vero, è così, noi siamo fratelli, pensa a Blaine Warbler e lasciami in pace, ok?- fece Finn, ma non poteva sapere che Kurt stava pensando a tutt’altro che a Blaine l’Usignolo.

-Stavo scherzando, placati!- ribattè Kurt per poi tornare nel suo torpore. Sentì improvvisamente un’altra vocina accanto a quella di Finn, ma decise di non farci caso: era impegnato a pensare a ben altro.

Ora, perché l’aveva fatto? Sì, certo che si riferiva al bacio, a cos’altro avrebbe potuto pensare in modo così intenso? Blaine era partito solo da un giorno, e già Kurt si stava dando da fare?

No, ma non era così, doveva essere l’effetto della febbre che gli faceva vedere il tutto in modo distorto. Non era stato un bacio. S’era semplicemente appoggiato a lui in un momento in cui non riusciva a stare con la testa sollevata. E per caso s’era appoggiato proprio sulle sue labbra.

Già, era stato tutto per puro caso.

Voleva smetterla di pensarci, e tentava di distrarsi ascoltando i discorsi di Finn con chiunque fosse entrato in casa.

-Ciao.- diceva una vocina angelica.

-C-che ci fai qui?! Come sei entrata?- balbettava Finn, che forse era stato beccato proprio mentre si asciugava nelle mutande.

-La porta era socchiusa, Finn.- diceva la voce di prima, questa volta con fare saccente. Kurt si disse che quella voce era identica a quella di Quinn, ma allora perché quella donna a dir poco viziata stava a casa loro? Ah, è vero, Rachel era appena partita e Finn si ritrovava solo e malinconico, da consolare insomma.

Kurt stava per alzarsi e andare a cacciare via quell’oca, visto come l’aveva trattato qualche giorno prima quando era andato a farle visita, ma le forze gli mancavano ancora. Si sentiva un po’ meglio, a dir la verità. Sembrava come se il bacio di Karofsky l’avesse guarito, roba da film. No, da fiaba. E non si stupì quando si senti quasi in dovere di ringraziare Dave.

Afferrò con la mano che tremava il cellulare abbandonato sul comodino e strabuzzò gli occhi quando la luce del display quasi lo accecò.

 

“Grazie per essere venuto.”

 

Lo inviò senza pensarci, sapeva che avrebbe cambiato idea se avesse fatto il contrario. Si picchiettò il cellulare sul mento e si ritrovò a sorridere quando lo sentì vibrare annunciando l’arrivo di un messaggio.

 

*

 

Non appena era tornato a casa, Dave s’era chiuso a chiave in camera da letto e s’era buttato a pesce sul materasso. Poi si era allungato e aveva afferrato la statuetta con gli sposi che aveva messo in cima alla sua torta nuziale e se l’era stretta al petto sospirando come un giovane innamorato. Era la stessa statuetta che aveva sottratto anni prima ad Hummel. Non aveva mai voluto disfarsene, così l’aveva usata al suo matrimonio in modo che poi potesse tenerla su una mensola in casa propria, sempre in bella vista. Come se il passato non gli facesse già abbastanza male.

Mollò la statua al suo fianco per poi prendere al volo il mangianastri che aveva nascosto in un cassetto. Sostituì la cassetta numero 3 con quella numero 4 e premette sul tasto play, mentre se ne stava poggiato sul cuscino con un sorriso ebete stampato in faccia. Si rese conto di star sorridendo e pensò di smetterla subito.

 

*Accendi quel registratore.

Già fatto, e non darmi ordini.

E tu piantala di comportarti da cafone, per favore.

Che hai oggi, fatina? Sembri più nervoso del solito. Hai le mestruazioni?

Divertente, Karofsky, davvero.

Neanche mi chiami per nome.

Tu lo fai mai?

Inizierò da adesso, Kurt.

Non ci credo neanche se me lo dici in giapponese.

Aishiteru.

Che…? Parli il giapponese?!

E’ l’unica parola che so, lasciami fare il figo.

Che significa?*

 

Il Dave del liceo tirò su col naso, quasi per prendere tempo, poi si grattò sulla nuca.

 

*Ti amo.*

 

Kurt trattenne il respiro, proprio come se Karofsky gli avesse appena confessato il suo amore. Se ne stava con le nocche bianche e tese seduto sulla sedia, la schiena dritta e rigida, lo sguardo che non riusciva a lasciare quello leggermente imbarazzato del bullo. Dave se lo ricordava bene, fin troppo bene.

 

*O Ti voglio bene. Voglio dire, non mi ricordo, forse vuol dire entrambe le cose, non l’ho mai capito.*

 

Si corresse subito Dave dopo aver distolto finalmente lo sguardo. In realtà, non sapeva dire solo quella parola. Conosceva anche parole come Konnichiwa, Sayonara, Arigatou, Gomenasai, Kohai, Senpai, quelle cagate lì. A volte si divertiva a guardare qualche cartone giapponese su Youtube o Mtv. Ma chissà perché, aveva scelto proprio quella parola, che nemmeno si usava nella lingua parlata giapponese. Ma Kurt poteva saperlo? Certo che no, non stava mica parlando in francese.

 

*E’…davvero l’unica parola che sai?

Eh, già.

Ma dai.

Mh.

Allora tu…mi ami davvero?*

 

Dave ricordò di aver sentito il cuore mancare di un battito, ed era stato parecchio traumatizzante, perché pensava che non sarebbe più tornato a battere.

 

*Che…che diavolo di domande fai, Hummel?
Visto che già hai ricominciato a chiamarmi con il cognome?

E’ che mi confondi!

Secondo me sei già abbastanza confuso di tuo. Insomma, prima continui a ripetere di non essere gay eccetera, e adesso dici che mi ami.

Ehi, ti ho solo detto la traduzione della parola giapponese! Non stare sempre a fraintendere!

E guarda caso non sai nemmeno come si dice “ciao” o “arrivederci” in giapponese?*

 

Colpito e affondato. Sembrava proprio che Kurt si fosse accorto degli strani sentimenti di Dave –non ci voleva poi un genio, a dir la verità-. E più cercava di tirarglieli fuori, più l’altro si metteva sulla difensiva con frasi fantasiose. Forse è una tattica sbagliata, pensò Kurt dicendosi che fosse il caso di smetterla di metterlo sotto pressione. Dave si stava sforzando di cambiare, e lui non poteva mettergli fretta, non ne aveva il diritto. Doveva dare tempo al tempo. Magari in futuro avrebbe avuto il coraggio necessario a dichiararsi come si deve. Kurt desiderava che accadesse il prima possibile…in modo che Dave si sbloccasse, non per altro.

 

*Non ho idea di come si dica ciao o arrivederci, punto e basta!

Va bene, okey, d’accordo, finiamola. Proseguiamo con la lezione 4, che il registratore è acceso da un pezzo e per ora ha registrato cose inutili e del tutto senza senso.*

 

Dave s’era sentito un tantino offeso dopo che Kurt aveva considerato il suo “ti amo” come qualcosa di inutile. Ma d’altra parte era solo una stupida traduzione, l’aveva detto lui stesso!

 

*Spero che in quest’ultima settimana tu ti sia comportato bene con la persona che porti nel cuore.

Lo spero anche io.

Bene, allora passiamo alla lezione numero 4: chiedere scusa.

Scusa per cosa?

Per esserti comportato male con lui.

Ah, okey, allora possiamo saltare alla lezione 5.

Gli hai già chiesto scusa?

Sì, e intanto piangevo. Ero ridicolo, in effetti.

Piangevi?

Sì, gli ho chiesto scusa…davanti all’aula di francese.*

 

E si andava avanti con le allusioni. Kurt era ormai certo che Karofsky stesse cercando di dirgli che era lui la persona che aveva preso possesso del suo cuore, ma aveva deciso di fare finta di niente finchè Dave non si fosse dichiarato in modo chiaro e preciso. E poi beh, anche dopo avrebbe fatto finta di niente, ovviamente.

 

*Bene, sono fiero di te…Allora, lezione numero 5:…

Devo andare agli allenamenti, adesso…

Preferisci indossare quelle orrende ghette piuttosto che fare conversazione –conversazione è una parola grossa- con me?

Beh, dopo un po’ sei pesante.

Come scusa?

Voglio dire…sei come una donna, un po’ pesante.

Mi stai dicendo che sono grasso?!

Ma che stai blaterando? Quale grasso?! Sei pesante, noioso, una femminuccia, non so, te lo dico anche in giapponese? Ecco: Aishiteru.

Ma è la stessa parola di prima!

Lo so, adesso corro, ‘che sennò la Beiste mi mangia per cena.

Aspetta, abbi almeno la premura di fermare la cassetta, che se non s’è finita è un miracolo…

Fatt-*

 

E per la quarta volta, Dave dovette mettere il muso quando si accorse che la registrazione s’era appena conclusa. Ha, grasso. Ma quale grasso? Il corpo di Kurt era qualcosa che rasentava la perfezione, quale grasso? Mentre ci ripensava, neanche si accorse di essersi messo una mano nei pantaloni, per l’ennesima volta. Si era sempre chiesto se fare pensieri erotici su qualcuno che non è la tua donna fosse tradire effettivamente la donna in questione. Lui non ci faceva più di tanto caso, ma se mai fosse stato vero, significava che Nancy era stata cornificata sin dal principio. Non sarebbe più passata attraverso la porta a causa delle corna.

Tentò di non pensare al suo lato perbenista e tornò a sfregarsi l’erezione provando a immaginare uno scenario diverso da quello appena vissuto a casa Hudson-Hummel. Immaginò una scena in cui i due, dopo essersi scambiati quel casto bacio, prendevano a toccarsi sopra e sotto i vestiti, e poi finivano avvinghiati su quel lettino singolo, stretti l’uno nell’altro per paura di cadere. Era un’immagine talmente vivida che sentiva il collo bollente di Kurt sulle sue labbra, il profumo dei suoi capelli nel naso, e il suo respiro accelerato sulla pelle. Riusciva persino a percepire il cuore di Kurt che batteva all’impazzata. Ah, no, quello era il suo, di cuore, che andava a tempo coi movimenti veloci della mano e il respiro corto e accelerato. Con un gesto automatico, frugò velocemente sul comodino gettando a terra i gioielli di Nancy, trovò un fazzoletto e poi venne in esso senza lasciarsi il tempo di prendere fiato.

Rimase con gli occhi chiusi per un tempo indeterminato, poi si vergognò per l’ennesima volta di quello che aveva appena fatto. Ancora non aveva voglia di alzarsi, anche se in teoria doveva sbrigarsi perché avrebbe dovuto lavorare quella sera. L’infame lavoro del buttafuori non lo entusiasmava quasi per niente. E’ vero, non voleva alzarsi, ma il suono del cellulare lo fece sobbalzare e gli fece drizzare la schiena.

Aprì il messaggio che gli era appena arrivato:

 

“Grazie per essere venuto.”

 

Il mittente era Kurt.

Venuto? Venuto in che senso?! Come diavolo faceva quella fatina a sapere che Dave era appena venuto?

Scosse la testa e si disse che no, non poteva essere così, Kurt si riferiva alla visita che gli aveva fatto un’oretta prima. E certo.

 

“Figurati”  inviò semplicemente, con la mano destra che ancora gli tremava. Forse avrebbe dovuto lavarsela, forse.

 

“Grazie anche per il resto.” Diceva il messaggio che arrivò subito dopo. Era ovvio che Kurt si stesse riferendo al bacio, il che gli suggeriva che non era stato tutto frutto della sua immaginazione: Kurt Hummel l’aveva davvero baciato. Di sua spontanea volontà. Dio, aspettava un momento del genere sin dalla nascita, e adesso si sentiva come un bambino che a Natale riceve il suo primo Power Ranger. Sembrava davvero come se avesse ricevuto il primo bacio.

Ma sveglia, Dave, hai 22 anni! Sei sposato, e Nancy arriverà da un momento all’altro! Sei un adulto, è passato da un pezzo il tempo del liceo, e adesso devi sentirti in colpa. Sentiti in colpa!

 

“Non credo sia necessario dirti che non dovrà più ripetersi.” Scrisse, anche se era palese che desiderasse il contrario. Ma no, non doveva neanche pensarci, era sbagliato tutto quello, dannatamente sbagliato.

 

“Non è necessario, infatti.” Rispose Kurt cinque minuti più tardi. Dave volle essere sicuro che il concetto fosse chiaro, così lo ripetè.

 

“Perché non si ripeterà più.”

 

Il cellulare suonò di nuovo, e Dave si decise a mettere il silenzioso, ‘che Lady Gaga che diceva It doesn’t matter if you love him, or capital H-I-M” ad ogni messaggio che arrivava, iniziava a infastidirlo.

 

“Sono febbricitante, a malapena capisco quello che vuoi dirmi. Quando ho la febbre, è come se fossi ubriaco.”

 

“Quindi è probabile che domani non ricorderai più nulla, no?” digitò molto intelligentemente Dave, anche se si sentiva un nodo alla gola, quasi non fosse esattamente quello che voleva scrivere.

 

“Probabile. Lo spero.” Gli arrivò dopo una decina di minuti, quasi Kurt si fosse preso tutto il tempo necessario per pensare a cosa scrivergli.

Dave lesse quel “Lo spero” e si morse le labbra: sul serio sperava di dimenticarsi tutto? Doveva aspettarselo, da Kurt. Magari era davvero successo tutto a causa di quel febbrone da cavallo che s’era impossessato di Kurt come un demone dell’amore, o qualcosa di simile. Ma certo che ne pensava, di cazzate!

 

“Lo spero anche io.” Rispose semplicemente,e ci rimase un po’ male quando l’altro non rispose.

Stava quasi per assopirsi, quando la voce di Lady Gaga gli fece fare un salto di almeno un metro.

Ohh ohh ohh, I’m love with Judas, Judas…

-Cazzo, ma non l’avevo messo sul silenzioso?!- sbottò alzandosi in piedi. –Pronto!- strillò poi.

-Ma che…Dave, che cazzo urli?!- fece una voce femminile dall’altra parte.

-Urlo quanto cazzo voglio!-

Evvai, era la maratona dei cazzi.

-Calmati, che diamine! Se vuoi continuare a farti seghe, ti lascio in pace, basta chiedere!- esclamò quella, e Dave si chiese com’è che tutti sapevano che si era appena fatto appunto una sega.

-Lascia perdere, che devi dirmi?- chiese Dave controllando l’orologio. Si accorse che era in ritardo, così schiacciò sul cellulare il pulsante del vivavoce e lo buttò sul materasso, in modo che riuscisse a cambiarsi la maglietta.

-Tu, piuttosto, non hai niente da rimproverarmi?- fece la vocetta rauca amplificata dal vivavoce.

-Che devo dirti, Satana?-

-Cioè, praticamente non ti sei neanche accorto che mentre eravamo a casa di quello scemo di Finn me la sono svignata! Hai un’alta considerazione di me!- esclamò Santana mentre Dave si vestiva alla Man in Black. Dio, odiava vestirsi alla Man in Black.

-Ah, ti riferisci a quello. Certo che me ne sono accorto.-

-E mi aspettavo che mi urlassi contro, come minimo!-

-Infatti sono incazzato nero.- e lo disse del tutto atono, come se la stesse informando riguardo le condizioni meteorologiche.

-Non mi convinci…- disse Santana, poi stette un attimo in silenzio, come se si fosse improvvisamente ricordata il vero motivo per cui l’aveva chiamato. –Un momento, è successo qualcosa tra te e Kurt?-

A sentire quel nome, Dave lasciò cadere d’istinto la cravatta e si piegò per recuperarla.

-Cosa? Come? Chi? Kurt? Ma che dici? Scherzi? Cosa sarebbe dovuto succedere?- fece tutt’a un tratto nervoso, e l’altra fece un sorriso dall’altra parte del ricevitore.

-Dave…-

-Cosa? Mica penserai che ci siamo baciati, vero? Come ti vengono in mente certe idee? Certo che a volte non c’è proprio limite alla tua fantasia, che…-

-Dave, stai facendo tutto tu!-

-Lo so.- ammise Karofsky che finì quasi con lo strozzarsi con la cravatta nera.

-Vi siete baciati…?-

-Sì.-

Santana scoppiò in una risata terrificante e che amplificata dal vivavoce faceva tremare tutti i soprammobili presenti in camera, compresa la statuetta degli sposi che per poco non rotolava per terra.

-Tu sei etero, amico mio, davvero etero! Quasi quanto me!- e di nuovo tornò a ridere, senza smettere di schernirlo. Dave non riusciva neanche a sovrastare quella risata altisonante per chiederle di piantarla. Afferrò il cellulare, tolse il vivavoce ed aprì la porta ancora chiusa a chiave.

-Sta’ zitta, strega!-

-Io vi ho lasciati soli, e voi boom!, ne avete approfittato subito,  animali che non siete altri! Dovrò fare in modo che tu e quell’antipatica di Nancy vi separiate, così…-

-Non ci pensare nemmeno!- esclamò Dave, e stava praticamente urlando per tentare di tener testa alla parlantina di Santana. Stava diventando più rumorosa di Kurt, o addirittura della Berry. Non sarebbe riuscito a sopportarla a lungo.

E, a proposito di Nancy…

-Cos’hai da urlare?- chiese la moglie appena rientrata a casa dal lavoro.

Dave la vide e andò un attimo nel panico, come se, nel caso Santana avesse ripetuto il fatto che Dave e Kurt s’erano scambiati un bacio, lei potesse sentirlo nonostante fosse ancora ferma all’entrata. Dopotutto, la voce di Santana era abbastanza squillante. Non come quella della Berry, okey, quello glielo doveva.

-N-Non ci pensare nemmeno, mamma!- fece Dave tentando di salvare la situazione.

-Mamma?- ripetè Santana, convinta di aver capito male.

-Questo fine settimana ho da lavorare, non ci pensare a venire a cena da noi. Certo, la prossima settimana andrà bene, credo. Va bene, Nancy?- chiese l’altro per poi rivolgersi alla moglie.

-Sì…credo di sì…- fece quella, un tantino confusa.

-Bene. Allora ciao, mamma, saluta papà, un bacio.-

E, mentre Santana ripeteva convulsamente “mamma e papà?”, Dave chiuse la conversazione trattenendosi dal non sospirare. Nancy gli andò vicino e gli diede un bacio sulla guancia.

-Da quando in qua tua madre ti chiama il cellulare? C’è il telefono fisso a disposizione.-

Okey, adesso che frottola si inventava? Come se la sua vita non fosse già una frottola a sé.

-I miei sono al mare.- rispose Dave, senza neanche pensarci.

-A ottobre?-

-Fanno le pulizie…- stava per dire “di primavera”, ma forse ad ottobre era autunno. In realtà non si ricordava mai con che ordine susseguissero le stagioni.

Nancy si limitò a fare un cenno, poi posò chiavi e giacca sul tavolo di legno scuro. Dave le disse che adesso doveva scappare al lavoro, ‘che Josh lo stava chiamando. Nancy fece una smorfia a quel nome, gli disse di fare attenzione e di non cacciarsi nei guai come al solito, poi lo lasciò finalmente andare e si rifugiò in camera, pronta a farsi una lunga dormita. Pensò a Dave e al fatto che mentre lei se ne stava spaparanzata sul letto, prossima al sonno, lui stava per iniziare a lavorare. Che barba, si disse.

S’era gettata a peso morto sul letto, e neanche si era accorta di aver schiacciato con la schiena due oggetti, uno dei quali le aveva pure fatto un graffio attraverso il golfino.

Prese i due aggeggi e se li rigirò tra le mani: uno era la statuetta con gli sposi che avevano messo sulla torta nuziale, l’altro era un mangianastri.

 

*

 

-Kurt! Ma non avevi la febbre?-

-Zitta, per favore, che ho fatto fatica anche ad allontanarmi dalle grinfie di Finn.- fece Kurt ciondolando in casa dell’amica.

-Come hai fatto ad eludere la premurosaggine di tuo fratello?-

Kurt si voltò stralunato, e sperò che le orecchie non gli funzionassero bene a causa di quei decimi di febbre che ancora persistevano.

-Premurosaggine?- ripetè mentre l’altra chiudeva la porta.

-Scusami, è che il vocabolario di Finn fa tendenza, mi attrae.-

-Perché non ti sposi con Finn, allora?- sbottò Kurt per poi allungarsi tranquillamente sul divano.

-Primo: esco già con Matt. Secondo: Finn è bianco, non potrebbe mai apprezzarmi nella mia interezza. Terzo: sei acido. E’ successo qualcosa?- fece Mercedes per poi spegnere la tv, pensando che disturbasse al migliore amico.

-No, lascia acceso, mi piace True Blood.- le disse l’altro, e Mercedes sospirò.

-Va bene, ma dimmi che è successo.-

-Dave mi ha baciato oggi.-

Mercedes stette per un po’ in silenzio, come se avesse capito male.

-Dave chi?-

-Quanti Dave conosci?-

-Karofsky?-

Kurt nemmeno le rispose, tanto era ovvio.

-Anzi, io l’ho baciato.-

-Ma Dave non era etero?-

Kurt fece una risatina melodiosa, poi tornò improvvisamente serio. Scosse la testa, e fissò lo sguardo sugli attori del telefilm.

-Ma Nancy…- iniziò Mercedes.

-Lo so.- la interruppe subito l’amico.

-E Blaine…-

-Lo so!- esclamò Kurt, poi si passò una mano sulla faccia mormorando fra sé. –Non so che mi succede, Mercedes. Ti prego, non farmi sentire in colpa, sto già abbastanza male di mio.-

L’amica lo vide così crucciato, e pensò che forse avrebbe dovuto stargli più vicino in quei giorni in cui Blaine sarebbe mancato. La compagnia di Finn non bastava, quella di Santana sicuramente peggiorava le cose. Persino Burt e Carole non bastavano più. Kurt aveva bisogno di qualcuno a cui confidare tutte le sue pene, qualcuno di cui fidarsi.

-Ti ricordi quando ti parlavo di quella sensazione di Déjà-vu?- fece Kurt ad un certo punto. Mercedes annuì e lo spronò a continuare.

-Vedo scene risalenti al periodo del liceo, e vedo sempre più spesso un viso, un viso prima aggressivo e frustrato, poi pentito e sofferente, poi pauroso, e alla fine persino dolce.-

-E’ il viso di Dave?- provò a indovinare l’amica di colore. Kurt annuì e si lasciò avvolgere dalle braccia calde di Mercedes, che lo cullarono fino a farlo quasi assopire. L’amica lo guardò con dolcezza, pensando che Kurt aveva sempre un problema da risolvere, soprattutto a livello sentimentale. Era senza speranza, quello scricciolo. Gli posò un bacio sulla fronte, e nel mentre si sentì vibrare il cellulare nei pantaloni.

 

“Kurt ti ha già detto tutto riguardo il bacio, vero?”

 

Il messaggio era di Santana. Mercedes sbuffò e scrisse una risposta veloce.

 

“Lo sai anche tu?”

 

“Bene, mia cara amica per la pelle, abbiamo un piano da mettere in atto. Vediamoci domani, magari a casa mia, che è più confortevole.”

 

Mercedes alzò gli occhi al cielo, poi spense la televisione ed aiutò Kurt a stendersi per bene sul divano. Gli mise sopra una copertina che lui avrebbe sicuramente ritenuto di cattivo gusto, poi mandò un messaggio a Finn per avvisarlo che suo fratello sarebbe rimasto a dormire da lei.

 

 

 

 

§

 

 

 

Ho fatto un capitolo più corto che bello ** Ma forse solo perché non ho messo canzoni, boh. Spero piaccia in qualunque caso <3

Angolo delle curiosità: -Finn all’inizio è sudato e sfinito perché ha appena giocato a palla con Puck XD

-Quinn non so cosa voglia, ma sta sempre a rompere le balle, va.

 -Dave me lo immagino fan di Michael Jackson e di Lady Gaga. Quindi, Judas come suoneria e Born this way per i messaggi. Michael non c’è, va beh XD

-Quelle parole giapponesi che ho scritto sono il mio bagaglio culturale giapponese XD Non so una mazza, in pratica u-u, però all’università mi piacerebbe studiarlo **, se mai sarò ancora convinta di fare lingue… Beh, comunque, per chi non lo sapesse, le parole significano rispettivamente: ciao, arrivederci, grazie, scusa, compagno più grande, compagno più piccolo.

-Il Matt con cui esce Mercedes è il Matt Rutherford della prima stagione di Glee :)

-Premurosaggine. Mi diverto a creare termini nuovi e a dare la colpa a Finn :D

-True Blood è una serie tv che trasmettono su Mtv. Parla di vampiri, come la maggior parte dei film, libri o serie tv degli ultimi tempi. Ho visto solo una puntata, quella di ieri sera, perciò non faccio commenti positivi, né negativi, l’ho solo citato. A me sembrava carino giusto perché sparano parolacce a non finire e gli uomini fanno sogni erotici su altri uomini. Così, tanto per dirne una XD

-“Mia cara amica per la pelle”, ovviamente Santana si riferisce al fatto che sia lei che Mercedes non sono bianche, hanno la pelle più scura. Il senso è letterale, diciamo.

 

 

 

Scusate se non rispondo mai alle recensioni, o solo ad alcune, ma sappiate che mi innamoro di qualunque cosa voi possiate scrivermi. Grazie di essermi fedeli **

 

 

 

 

 

 

Mirokia

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Confessions. ***


Delirious

 

 

 

 

9. –Confessions.-

 

 

 

 

 

Erano già passati tre giorni da quel febbrone terribile, e adesso Kurt si sentiva decisamente meglio. Forse perché aveva appena parlato con Blaine, sì, probabile.

Erano le nove e mezza di sera, e Kurt si stava preparando per andare a letto –guai se superava il coprifuoco quotidiano- applicandosi varie cremine untuose su viso, braccia e mani, quando il cellulare gli squillò e, quando lesse il nome di Blaine, rispose immediatamente, poco importa se riempiva il telefono di cremine.

-Blaine!-

Ciò che sentì dall’altra parte fu un confuso vociare, tra cui riconobbe l’inconfondibile voce di Rachel che diceva “Ricordatevi i riflettori! I riflettori su di me! Non perdetemi di vista!” e lo ripeté finchè qualcuno non le urlò contro “Va bene! Va bene!”. E si sentiva anche una voce molto simile a quella di Blaine in sottofondo.

-Blaine?- ripetè Kurt, e finalmente quello sembrò parlargli direttamente.

-Ehi! Senti che caos?-

-Sento. C’è Rachel accanto a te?-

-Sì, ecco, Rachel, saluta Kurt!- urlò Blaine per poi posizionare poco carinamente il cellulare davanti alla bocca dell’amica.

-Che vuoi, Blaine Warbler?- fece quella, tutta presa dal discorso sui riflettori.

-Saluta Kurt!-

-Ah, sì, ciao dolcezza, io sono a Broadway e tu nel tuo lettuccio a Lima, come ci si sente?- lo schernì Rachel, come al solito, e Kurt si limitò a scuotere la testa perché sapeva che non ne valeva la pena risponderle a tono. Aveva imparato a conoscerla per bene.

-Potresti evitare di fare l’antipatica almeno per una volta?- fece la voce di Blaine, che si mischiò presto ad un’altra piuttosto familiare.

-E tu potresti farmi il piacere di mettere via il cellulare? Stiamo per salire sul palco.- disse con tono secco quello che sembrava essere Jesse.

-Digliene quattro a quell’antipatico.- disse Kurt rivolto a Blaine.

-No, ha ragione, fra poco il sipario si apre e io sto col telefono in mano.- disse quello, e Kurt se lo immaginò mentre faceva la faccia da impacciato. –Poi, sai, non è così antipatico. Jesse, intendo. Voglio dire, nell’albergo in cui stiamo ci hanno dovuto dividere nelle stanze per sesso, e non ho fatto in tempo a dire che sono gay, che mi avevano già assegnato la stessa stanza di St. James.-

-E come la mettiamo col fatto che sei sposato?- chiese Kurt tentando con tutte le sue forze di adottare il tono del marito geloso. Era davvero dura, e non capiva perché. Quasi come se il fatto che Blaine e Jesse St. James stessero in camera insieme non gli importasse. Magari non si stava preoccupando solo perché era sicuro che Jesse fosse etero. Ma alla fine non ne era poi così sicuro…mettersi con Rachel Berry non fa di te esattamente un etero, ma un citrullo, diciamo. E Finn ne era la prova vivente.

-Giusto, Kurt, c’è anche il fatto che…-

-Mettilo via, adesso!- esclamò Jesse calcando l’ultima parola e, ignorando i lamenti di Blaine, spense il cellulare e quindi la chiamata.

Kurt guardò il telefono, poi si concentrò in un punto indeterminato della stanza.

Blaine e Jesse dormivano insieme, e a lui non dava fastidio. Mercedes diceva che il suono della gelosia era come un ronzio fastidioso nell’orecchio destro. Eppure non c’era traccia del suddetto ronzio. E magari quella era un’altra delle tante cavolate che aveva sentito da Finn.

Quando si mise a letto, si accorse che erano già le 22. Fece un po’ di zapping, ma non c’era alcun programma di moda interessante, così si sentì costretto ad assopirsi a quell’ora. Sì, forse non era cambiato niente da quando era partito Blaine. Forse.

 

*

 

Il giorno dopo, Mercedes e Santana si unirono in una sorta di alleanza, e Kurt rabbrividì quando le vide arrivare insieme a braccetto, l’ispanica con un sorriso soddisfatto in volto, l’altra che si trascinava scocciata.

-Non è il caso di fare qualcosa di tanto meschino.- bisbigliò Mercedes all’amica –amica è una parola grossa- mentre si avvicinavano a Kurt che accennava un saluto con la mano.

-Meschino? Mercedes, io e te siamo state scelte per fare la parte di Cupido, e nulla sarà meschino se porterà le nostre frecce a centrare l’obiettivo.- ribattè l’altra tentando di non scomporre il viso e sorridendo all’amico, che le guardava sempre più stranito. Mercedes non capì un tubo del discorso intricato di Santana, così si limitò a stare zitta e a fare la parte dell’accondiscendente.

-Ciao, white boy.- fece la ragazza di colore sforzandosi di sorridere. Santana si accorse che era una pessima attrice.

-Hai portato la carta di credito?- chiese quest’ultima, e Kurt le sventolò davanti un portafogli bianco di Gucci.

-E’ qui dentro.- sorrise trionfante. -…e c’è anche quella di Blaine.-

-Sei un genio del male, ragazzo mio.- disse Santana per poi assestargli una pacca indelicata sulla spalla.

-Detto da te mette quasi i brividi.- ribattè l’altro.

-Diventerai il mio braccio sinistro?- chiese l’ispanica. –Il destro è già Mercedes.-

Kurt le guardò entrambe con lo sguardo confuso che aveva ereditato da Finn, ma evitò di porre domande inutili.

-L’assistente del Diavolo?- domandò facendo una faccia finta terrorizzata. Poi scosse la testa, sorpassò le due ragazze e strillò: –Abiti più chic della città, preparatevi, perché arriva Kurt Hummel a fare piazza pulita!-

 

*

 

-Come riesci a tenere tutte quelle buste in una mano?- chiese Mercedes quando vide Kurt reggere tutti i suoi nuovi acquisti in una sola mano per poter rispondere velocemente a un messaggio di Blaine.

-E’ la forza dell’abitudine, tesoro.- rispose l’altro sculettando.

-Sicuro che non vuoi che ti aiuti? Io non ho comprato niente…-

-E hai fatto male! Quell’abito che hai provato da GAP ti calzava da Dio, avresti dovuto vederla, Santana.- disse per poi rivolgersi all’ispanica, che pure era impegnata a scrivere un messaggio.

-Ma quello giallo?- chiese Mercedes.

-No, beh, con quello sembravi una meringa al limone.- constatò Kurt con una mano sul mento. –Quello violetto intendo.-

-Anche a me piaceva molto, e me lo sarei anche comprato, se tu non fossi fuggito dal negozio come se ti fosse venuto un attacco improvviso di diarrea!- esclamò l’amica puntandogli addosso un dito.

-E perdonami, dovevo comprare il cappottino esposto nel negozio accanto, non stavo più nella pelle.- mentì Kurt. Sì, mentì, perché in realtà era fuggito come un razzo dal negozio solo perché aveva adocchiato dietro al registratore di cassa la mogliettina di Karofsky, quel bel pezzettino di donna italo-americana dai capelli così ricci e lunghi che si impigliavano in qualunque capo d’abbigliamento che avesse i bottoni o la zip. Quando s’era fatta dare il cambio da un’altra commessa ed era andata ad aiutare Santana a cercare qualcosa che facesse al caso suo, Kurt se l’era vista pericolosamente vicina ed era schizzato fuori, come se quella povera donna avesse la peste. Sapeva bene che anche a Santana, non si sa per quale motivo, Nancy non andava a genio. Infatti se la vide arrivare al proprio fianco due minuti dopo.

-C’era quella tipa lì, la poveretta che sta con Dave.- aveva detto Santana con le braccia conserte.

-Sì, ho notato che veniva verso di te. Che voleva?- aveva chiesto Kurt di rimando tentando di sembrare il più neutrale possibile.

-Prima mi ha salutata con entusiasmo, mi ha chiesto come stavo e che Dave non fa che parlarle di me.-

-In positivo o in negativo?- aveva detto Kurt sollevando un sopracciglio.

-E’ quello che le ho chiesto anche io, ma lei ha detto che non importa quello che dice suo marito, perché lei mi ammira in qualunque caso.-

-Ti…ammira?-

-Ammirerà il mio fisichetto longilineo, viste le maniglie dell’amore che si ritrova.- aveva commentato Santana acida e con uno sguardo di superiorità.

-E’ il fisico mediterraneo, quello.- l’aveva interrotta Kurt con un dito alzato.

-Balle, è il fisico di una che sta tutto il giorno dietro a una cassa e quando arriva a casa nemmeno riesce a concludere col marito perché lui ha ancora qualche dubbio sulle sue preferenze sessuali.-

Kurt l’aveva guardata infastidito, poi aveva alzato le spalle. –Magari a David piacciono le persone come lei, un po’ in carne.-

-Allora l’hai fatto apposta ad ingrassare.-

-Come come?- aveva chiesto Kurt con gli occhi sgranati.

-Non ti avevo ancora detto che sei ingrassato? Beh, adesso potresti benissimo piacere a Dave. Ah, no, che sciocca, tu gli piaci da tutta la vita, ma lui non ha il coraggio di scaricare la sua donna per buttarsi a pesce tra le tue braccia. E tu sei uguale a lui.- Santana aveva parlato in modo così poco accurato, che a Kurt quasi girava la testa.

-Mi vuoi spiegare chi ti credi di essere per mettere in giro certe voci? Credi di conoscerci a tal punto?- aveva chiesto, ma sapeva bene che Santana gli avrebbe risposto a tono.

-Vi conosco più di quanto pensiate. Tu sei uguale a Dave e Dave è uguale a me. So perfettamente tutto ciò che gli passa per la testa, sono a conoscenza dei suoi desideri, dei sogni che fa la notte, mi accorgo di quando è nervoso, di quando è in imbarazzo, e anche, anzi soprattutto, di quando sta facendo un pensiero sconcio. E’ la mia esatta fotocopia. Dave non si confida mai con me, perché sarebbe come confessarsi alla propria immagine riflessa in uno specchio. Però, a pensarci, non gli farebbe male parlare un po’ con se stesso.-

Kurt aveva deglutito mentre ascoltava il discorso piuttosto serio di Santana, poi s’era azzardato a chiedere qualcosa che in realtà desiderava domandare da un po’ di tempo.

-E…cosa pensa Dave?-

-Mi stai chiedendo cosa pensa di te?-

-Cosa pensa in generale della vita che conduce.-

Sì, voleva decisamente sapere cos’è che pensava di lui.

Santana gli si era fatta più vicina con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono.

-Sai, non sarebbe divertente se te lo dicessi io. Probabilmente, presto avrai la risposta dal diretto interessato.- aveva detto, poi s’era rimessa dritta e aveva tentato subito di cambiare argomento. –E non è finita: poi, quella Nancy mi ha detto che le fa piacere il fatto che abbia scelto il suo negozio per fare compere. Come se davvero volessi fare compere!-

-Non volevi fare shopping?- aveva chiesto l’altro, un attimo interdetto.

-Certo che no, ti abbiamo accompagnato per farti smettere di pensare a Blaine.- poi gli si era avvicinata all’orecchio in modo che Mercedes, appena arrivata e furiosa perché era stata abbandonata nei camerini,

non potesse sentire. –O per meglio dire, per farti smettere di pensare a Dave.-

-Io non penso a…-

-Non mentire con me, piccolo insetto schifoso.- aveva sibilato Santana con tono spettrale e terrificante, tanto da lasciare Kurt in uno stato quasi catatonico. –Scusa, ma mi sono rotta della gente che non è sincera con se stessa, che diavolo!- e neanche si era accorta di aver quasi bestemmiato se stessa.

 

Kurt si riscosse dai suoi pensieri quando Santana propose a lui e a Mercedes di fermarsi per bere qualcosa, magari un caffè. Annuì, e quando Mercedes propose di andare al “Delirious”, lui e Santana negarono all’unisono, il primo perché voleva evitare di rivedere Dave, nel caso fosse andato a dare una mano ad Azimio, l’altra proprio perché era sicura ci fosse Dave, e non voleva che i due piccioncini si incontrassero. Trascinò i due amici nel primo cafè aperto, li fece sedere ai tavolini e poi chiamò il cameriere.

-Due caffè e una brioche alla crema e al cioccolato per la ragazza di colore.- ordinò per poi indicare Mercedes di fronte a lei.

-Cosa?! Ehi, come ti permetti di ordinare per me?- fece l’altra, piuttosto adirata. Oh no, ora farà una sfuriata sul fatto che Santana può essere bella fuori ma è terribile dentro, mentre lei magari è piuttosto in carne ma è bellissima, non importa quello che dicono, perché le parole non possono abbatterla, pensò Kurt con una mano sulla guancia.

-Non volevi la brioche?- chiese Santana fingendosi disinteressata.

-Non è questo il punto! Voglio anche un cappuccino, così ce la inzuppo.-

Ah, ecco. Così ce la inzuppa. Kurt scosse la testa sorridendo, poi si rilassò un attimo sulla sedia e diede un’occhiata a Santana che stava armeggiando col cellulare da più di mezz’ora e gli dava scarsa attenzione. Lui aveva bisogno di attenzioni.

-Vuoi lasciar perdere quell’aggeggio tecnologico?- fece Kurt, e parlava lui, che aveva un iphone di ultima generazione.

-E tu vuoi lasciar perdere la mia pazienza precaria?- ribattè l’altra senza staccare gli occhi dal display.

-Ti stai scambiando messaggini romantici con Brittany?-incalzò Kurt picchiettandole il braccio col cucchiaino.

-Brittany è bella che andata, hai la testa di coccio per non averlo ancora capito.- disse con tono di sufficienza.

-Allora chi è, un’altra bionda carina, ingenua, disponibile e che magari sia convinta che la radice quadrata di 4 sia arcobaleno?-

-No, è un armadio a quattro ante che pensa che una checca con la passione per il canto e per gli abitini colorati sia adorabile.- borbottò l’altra, e Mercedes la guardò con occhi spalancati, quasi avesse bestemmiato. E in effetti, se mai Kurt l’avesse sentita, avrebbe rovinato tutto quel loro strambo piano. Ma quello, fortunatamente, tese l’orecchio.

-Che hai detto? Mi sono fermato all’armadio.-

-Eh, sì, è una che deve ancora uscire dall’armadio.- Santana si salvò in extremis, e Kurt sospirò con un “Un’altra finta etero?”. Mercedes tentò subito di cambiare discorso spostando l’attenzione sulla magnifica brioche stracolma di crema che gli avevano appena portato, e da quel momento Santana non intervenne più nella conversazione perché troppo impegnata a mandare sms, cosa che metteva addosso a Kurt un nervoso insostenibile.

-Senti, ma cosa sei venuta a fare? A cercare un punto in cui il cellulare possa mandare i messaggi istantanei?- sbottò tutto impettito.

-Mi dispiace interrompere questa entusiasmante chiacchierata tra amiche, ma adesso dovrei proprio andare, ho un impegno.- disse Santana dopo essersi alzata in piedi, ignorando completamente l’uscita dell’amico.

-Sì, ecco, vai dalla ragazza chiusa nell’armadio, per cortesia, che qui dai solo fastidio.-

-Bene, allora io vado.- e cercò lo sguardo di Mercedes per farle l’occhiolino, ma quella era del tutto concentrata sulla crema che strabordava dalla sua brioche. –Io vado!-

-E vai!- la spronò Kurt ormai stufo.

-Me ne sto andando!- ripetè, e finalmente Mercedes le dedicò uno sguardo per poi ricevere quello d’intesa di Santana. –Gay bye! Ehm, volevo dire…Bye bye!- concluse l’ispanica per poi lasciare la scena.

 

*

 

-Il locale è chiuso!- esclamò Azimio quando vide entrare Santana di corsa.

-Ma se è pieno di gente!- ribattè l’altra, e il ragazzo di colore la accompagnò sulla porta per poi farle leggere cosa c’era scritto sopra.

-“Io non posso entrare”- lesse Santana quando intercettò l’immagine di un barboncino coperta da una X rossa. –Mi stai dando della cagna?!-

-Può anche essere, ma leggi sotto.- l’altro gli indicò l’immagine più in basso: una Jennifer Lopez recava tra le mani la scritta “Anche io non posso entrare”. –Ti è chiaro, J-Lo?-

Santana divenne rossa di rabbia, poi spintonò Azimio ed entrò nel locale in cerca dell’uomo che avrebbe presto preso a pugni.

-E’ opera tua quella, vero?- gli urlò dietro non appena lo vide dietro il bancone impegnato a prepararsi un caffè.

-Non è esageratamente divertente?- ridacchiò quello degnandola di uno sguardo.

-Non lo è per nulla, Karofsky.-

-Ehi, piano con gli insulti.-

-Karofsky ti sembra un insulto?-

-Lo è eccome, J-Lo. Adesso siediti e calmati, che ti faccio una camomilla.- disse Dave, e convinse subito l’altra a sprofondare su uno degli sgabelli neri di fronte al bancone. Bevve qualcosa di alcolico, ovviamente. La camomilla non era sul menù delle bevande.

-Ho incontrato la tua mogliettina.- esordì l’ispanica prendendo un sorso.

-Mi fa piacere, le hai tirato un pugno?-

-Mi è venuta la tentazione.-

-Mi sfugge ancora il motivo per il quale la detesti così tanto.- fece Dave dopo averle riempito per la seconda volta il bicchiere con un liquido rossastro. Era tutto rosso in quel locale, possibile?

-Detesto te e di conseguenza detesto lei.- rispose quella sbuffando.

-Come siamo gentili oggi. Lei non fa che chiedere di te.-

-Che bello.- fece Santana, per niente entusiasta. Poi si ricordò del suo piano malefico e, mentre Dave parlava con un cliente che sembrava conoscere –l’aveva chiamato per nome, Josh, o qualcosa del genere-, lei cercò in rubrica il numero di Mercedes e avviò la chiamata. Poi picchiettò sul braccio di Dave –non aveva voglia di perdere tempo-, anche se quello le allontanava la mano come se stesse scacciando una mosca.

-Ehi Dave, sai che oggi Kurt mi ha fatto una strana domanda?-

-Non mi importa di Kurt.- rispose quello frettolosamente, infastidito dal fatto che la ragazza cercasse di interrompere l’amabile conversazione che stava avendo con quel tipo biondiccio.

-Mi ha fatto una domanda su di te, non ti importa neanche questo?-

A quel punto, Dave voltò lo sguardo verso Santana lasciando la frase che stava dicendo a quel Josh a metà.

-E va bene, mi importa, che ti ha chiesto?-

-Chi è Kurt?- chiese l’amichetto di Dave con una nota di gelosia nella voce.

-Nessuno della tua portata, bamboccione.- gli rispose  Santana, parecchio velenosa, poi si portò il cellulare all’orecchio e parlò a voce bassissima. –Cioccolatino gigante, fa’ finta di azionare per sbaglio il vivavoce. Io farò parlare Dave.-

-Adesso?- chiese quella dall’altra parte del ricevitore.

-Esatto, esegui.-

-Mi vuoi dire che ti ha chiesto?- fece Dave, adesso ancora più curioso. Santana fece finta di chiudere la chiamata e posò il cellulare sul bancone lucido per poi sporgersi in avanti.

-Mi ha chiesto…Ehi, bamboccio, potresti piantarla di origliare? Va’ a farti un giro.- disse rivolta al ragazzo di prima. Dave gli disse con lo sguardo di uscire, ‘che l’avrebbe raggiunto di lì a poco, e quello obbedì mesto. Santana, adesso lontana da orecchie indiscrete, rivelò finalmente: -Mi ha chiesto cosa ne pensi di lui.-

-In che senso, scusa?- fece l’altro, adesso agitato dal fatto che Kurt le avesse fatto una domanda del genere.

-Nell’unico senso che esiste. Voleva sapere tutto ciò che ti viene in mente quando dico le due paroline magiche: Kurt Hummel.-

-E tu non gliel’hai detto, vero?-

-Che cosa non avrei dovuto dirgli?-

-Quello che provo.-

-E cos’è che provi?-

Le domande si facevano sempre più incalzanti e, anche se Santana aveva già intuito da tempo cos’è che Dave provava, adesso doveva cercare di tirar fuori le parole direttamente dalla sua bocca.

-Stai cercando di estorcermi le parole?- fece Karofsky, quasi si fosse accorto dell’inghippo. –Sei un diavolo tentatore!-

-Andiamo, cosa ci guadagnerei ad estorcerti delle sciocchezze del genere?- chiese l’altra, sicura di aver colpito nel segno. Infatti l’altro fece un’espressione arrabbiata.

-Sciocchezze? Pensi che siano sciocchezze?-

-Non so neanche di cosa si trattano, perciò le catalogo come sciocchezze.- disse Santana distogliendo lo sguardo da quello di Dave.

-Ehi, non prendermi in giro. E non farmi arrabbiare. Un nodo in gola che mi porto dietro dai tempi del liceo non può essere considerato una sciocchezza.- ribattè Karofsky dopo averle puntato un dito sul naso, come spesso amava fare.

-Un nodo in gola è una sciocchezza.- confermò l’altra.

-Sai a cosa mi riferisco.-

-No, non lo so, sii più chiaro.-

-Il nodo in gola che non mi abbandona da quando mi sono reso conto di essere innamorato di lui!- esclamò Dave, e credette di aver urlato, perché si coprì istintivamente la bocca. Santana sorrise e si assicurò che la chiamata fosse ancora aperta: sì, era così, filava tutto liscio.

-Ci voleva tanto ad ammetterlo? Sei ancora innamorato di lui, allora.- chiese conferma l’ispanica.

-…No. No, no, adesso sto con Nancy, amo lei.- negò subito l’altro scuotendo forte la testa e ignorando i clienti che chiedevano da bere.

-Ma se hai detto di avere ancora quel nodo alla gola.-

-Scherzavo.-

Santana lo guardò con le braccia conserte.

-David, pensi di cavartela così? Perché non vuoi mai dirmi niente?- chiese, tentando di essere più morbida.

-Perché, mi chiedi? Ma credi di essere una persona affidabile?-

-Come la chiami tu una persona che al liceo sapeva della tua omosessualità e della tua smania per Kurt e, nonostante fosse una stronza senza cuore, non ne ha mai fatto parola con nessuno?- fece la ragazza, e quelle parole zittirono l’amico, che guardò altrove, sperando che i clienti lì accanto non avessero origliato ogni cosa. –Lo so che sembrerà strano detto da me, ma io voglio aiutarti, ok?-

-Aiutarmi?- ripetè l’altro, quasi avesse capito male.

-Sì, aiutarti ad essere felice. Io ho perso la mia occasione con Brittany tempo fa, ma tu puoi ancora fare un tentativo. Ti sei impelagato in questa storia del matrimonio etero che non ti soddisfa per niente e no, non dire niente, perché lo so che non ti soddisfa, te lo leggo negli occhi. E’ dura ammetterlo, ma tu sei praticamente l’amico più caro che ho, e se non aiuto te, chi aiuto? La Berry?- fece Santana con tono piuttosto sincero, e Dave sorrise bonario.

-Che c’entra la Berry?-

-Non lo so, sta bene in qualunque frase cattiva.-

L’altro sorrise di nuovo, e Santana pensò che volesse vederlo ridere più spesso, perché aveva un così bel sorriso.

-Oggi mi sembri particolarmente umana.- trovò Dave inclinando la testa di lato. –Se ti dicessi che vorrei essere etero solo per baciarti, mi crederesti?- aggiunse per poi allungare leggermente le labbra.

-Cosa?! Che orrore! Potrei anche denunciarti.-

-Faccio così schifo?-

-Abbastanza.- fece Santana mostrando i denti. Poi tornò seria, quasi si fosse resa conto di qualcosa che prima le era sfuggito. –Aspetta un attimo. Hai detto “Vorrei essere etero”. Questo significa che sei consapevole del fatto di non esserlo.-

-Oh merda, ecco che diventa la Signora in giallo.- sdrammatizzò Karofsky rotolando gli occhi all’indietro.

-L’hai detto, t’ho sentito bene.-

Dave non rispose, ma si limitò a grattarsi la nuca in un gesto imbarazzato. Approfittò di quel momento per servire un paio di ragazze che gli fecero pure l’occhiolino, e lui le ignorò.

-E hai appena ignorato due gnocche colossali che tentavano di abbordarti!- notò Santana indicandolo col dito, che Dave si affrettò ad afferrare e stringere.

-Va bene, ho capito, ma non urlare.- disse Dave con l’indice sulle labbra.

-Tu sei gay, l’hai appena confermato.-

-Zitta!- le intimò l’altro.

-Sei gay, ammettilo una volta per tutte.-

-Io…-

-Sei gay.-

-Lo so!-

-E ti piace Kurt.-

-Shh!-

-Ti piace Kurt.-

-D’accordo, e adesso lasciami stare! Mi sento messo sotto press…-

-Cosa provi per lui?- Santana aveva improvvisamente abbassato la voce, e anche il tono era cambiato. Era più tranquillo e pacato. –Amore?-

Dave la guardò di sottecchi e controllò che nessuno li stesse osservando. Si spostò e  versò un succo di frutta a un ragazzino, poi si voltò verso Santana.

-Sono pazzo di lui. E non riesco più a tenermi dentro questo sentimento.- disse senza guardarla, poi scappò nel magazzino con gli occhi visibilmente lucidi. Santana sorrise nuovamente, questa volta in modo più dolce, e pensò che potesse bastare; così chiuse la chiamata.

 

*

 

 

*I can't fight this feeling any longer
And yet I'm still afraid to let it flow
What started out as friendship, has grown stronger
I only wish I had the strength to let it show
I tell myself that I can't hold out forever
I said there is no reason for my fear
Cause I feel so secure when we're together
You give my life direction
You make everything so clear

And even as I wander
I'm keeping you in sight
You're a candle in the window
On a cold, dark winter's night
And I'm getting closer than I ever thought I might

And I can't fight this feeling anymore
I've forgotten what I started fighting for
It's time to bring this ship into the shore
And throw away the oars, forever

Cause I can't fight this feeling anymore
I've forgotten what I started fighting for
And if I have to crawl upon the floor
Come crushing through your door
Baby, I can't fight this feeling anymore

My life has been such a whirlwind since I saw you
I've been running round in circles in my mind
And it always seems that I'm following you, girl
Cause you take me to the places that alone I'd never find

And even as I wander I'm keeping you in sight
You're a candle in the window on a cold, dark winter's night
And I'm getting closer than I ever thought I might

And I can't fight this feeling anymore
I've forgotten what I started fighting for
It's time to bring this ship into the shore
And throw away the oars, forever

Cause I can't fight this feeling anymore
I've forgotten what I started fighting for
And if I have to crawl upon the floor
Come crushing through your door
Baby, I can't fight this feeling anymore.

I can't fight this feeling any longer
And yet I'm still afraid to let it flow
What started out as friendship, has grown stronger
I only wish I had the strength to let it show
I tell myself that I can't hold out forever
I said there is no reason for my fear
Cause I feel so secure when we're together
You give my life direction
You make everything so clear

And even as I wander
I'm keeping you in sight
You're a candle in the window
On a cold, dark winter's night
And I'm getting closer than I ever thought I might

And I can't fight this feeling anymore
I've forgotten what I started fighting for
It's time to bring this ship into the shore
And throw away the oars, forever

Cause I can't fight this feeling anymore
I've forgotten what I started fighting for
And if I have to crawl upon the floor
Come crushing through your door
Baby, I can't fight this feeling anymore

 

La conosci?

Sì, Finn la canta ogni giorno, è una delle sue canzone preferite. Dice che il signor Shuester l’ha scoperto mentre cantava proprio questa canzone. Ma perché me l’hai fatta sentire?

Che ne so, l’ho ascoltata e ho pensato a te.

Come…hai pensato a me? Ma hai fatto caso al testo della canzone, o voi trogloditi vi concentrate solo sulla melodia?

So benissimo cosa dice la canzone, Hummel, altrimenti non te l’avrei fatta ascoltare, non trovi?

Mi chiami ancora per cognome?

E tu mi dai ancora del troglodita?

Tu sei un troglodita.

E tu sei un finocchio.

E tu mi segui a ruota.

Artie Abrams ti segue a ruota.

Questa è di cattivo gusto.

Tu sei di cattivo gusto.

Cosa? Che vuol dire che sono di cattivo gu------- P-perché mi hai baciato?

Ho detto una cazzata. Hai un buon sapore.

Perché mi hai baciato…di nuovo?

Pensavo che fosse chiaro. Te lo dico anche in giapponese, così forse lo capisci: Aishiteru.

Non parlarmi in giapponese!

Ti amo, Kurt.

E fanculo, ora che te l’ho detto me ne vado, così faccio anche la figura del codardo. E ascoltati la canzone!*

 

La cassetta si interruppe e Nancy la sfilò delicatamente dal mangianastri per poi rimetterla al suo posto, nel cassetto di Dave. Mollò il mangianastri sul letto, poi afferrò la statua con gli sposi e l’accarezzò, per poi mormorare qualcosa. Dopodichè si alzò e  lasciò cadere la statuina nel cestino, dicendo che non sarebbe più servita, non lo voleva come ricordo. Pensò a Dave e sorrise con scherno. Poi pensò a Santana e sorrise di nuovo.

-Grazie.- sussurrò al vuoto, le gambe raccolte al petto, i capelli che le scendevano alla guisa di una cascata sulla schiena.

 

 

 

 

 

§

 

 

 

 

 

 

Eh Nancy, la mia Nancy mi piace. E’ strana e va bene così **

Ok, ero ancora immersa nella storia, passiamo a noi XD

Non era un piano poi tanto malefico quello di Santana e Mercedes, ma io mi immaginavo la faccia di Kurt mentre ascoltava quella semi-confessione indiretta da parte di Dave e mi è sembrata una cosa fica, boh. Anche perché pure a me hanno fatto uno scherzo simile, e non m’è piaciuto. Per niente. E’ stato orribile, mi sono sentita presa in giro.

E a parte la mia parentesi, elenchiamo le curiosità di questo capitolo, anche se saranno ben poche mi sa XD.

Angolo delle curiosità: -Il Blesse St. Anderson mi attira, è qualcosa di insolito. E quei due insieme ce li vedo bene. Molto bene. XD

- “Mettersi con Rachel Berry non fa di te esattamente un etero, ma un citrullo, diciamo.” Sono così fiera di questa frase, è una delle più belle che abbia mai scritto! Fatemi i complimenti, ne ho bisogno ç_____ç XD

-La meringa al limone. Se non sbaglio, Kurt fa provare a Lauren un vestito giallo nella 2x20, Prom Queen, e  le dice che sembra una meringa al limone. Non vorrei sbagliarmi, sbaglio sempre.

- “è bellissima, non importa quello che dicono, perché le parole non possono abbatterla”, I’m beautiful, no matter what they say, words can’t bring me down. –Beautiful, Christina Aguilera, cantata da Mercedes in una delle ultime puntate della prima stagione. (ovviamente, non ricordo quale XD)

-“Si fa aiutare da una ragazza che pensa che la radice di 4 sia arcobaleno”. E’ la frase che dice Kurt quando racconta la sua cotta per Finn :D

-“Gay bye”, lo so, fa schifo, ma non potevo scriverlo in inglese D: “I gotta gay” è molto più d’effetto, decisamente. E Santana lo dice nella 2x18, Born this way.

-“Cioccolatino gigante” è il nome in codice di Mercedes XD Come Sandy che è stato rinominato “Pugnale Rosa” da Sue quando faceva parte della lega del potere, o quello che era, non ricordo il nome o___o

-Artie Abrams ti segue a ruota. Battuta fregata da un’altra fan fiction XD

 

Credo di aver finito, grazie ancora a coloro che si degnano di seguire la mia storia *sventola fazzoletto*

 

 

 

Mirokia

 

 

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Capitolo 10
*** Tower over me. ***


Delirious

 

 

 

10. –Tower over me.-

 

 

 

 

Mercedes Jones non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di Kurt che piangeva silenziosamente mentre ascoltava la conversazione che Santana e Dave conducevano al Delirious. C’era rimasta male quando gli aveva visto stringere forte occhi e labbra e lasciar cadere lacrime copiose sul viso adesso tremendamente rosso e lucido.

Aveva aspettato che la conversazione finisse –non fu poi così lunga come si aspettava-, poi aveva avvicinato il viso di Kurt al suo petto e aveva lasciato che si sfogasse. Aveva pianto tantissimo, il povero Kurt, e una cameriera s’era persino avvicinata chiedendo se avesse bisogno di aiuto. Ma Mercedes aveva sorriso leggermente e aveva detto che no, non era niente di grave. Per lei non era niente di grave. Ma per la quantità di lacrime che stava versando Kurt e per quante volte aveva tirato su col naso, dovette concludere che per il suo amico, invece, era qualcosa di davvero troppo importante.

Si maledisse per aver accettato di partecipare alla messa in atto di quel demonio di Santana, e si disse che in questo modo non avevano per nulla tirato su il morale di Kurt, ma gliel’avevano abbassato ulteriormente, fino a procurargli una crisi di piano. Gliel’avrebbe fatta pagare, questo era certo. Neanche un nuovo paio di scarpe sarebbe riuscito a farlo sentire meglio.

-Kurt…ehi…- lo aveva chiamato dopo averlo fatto sfogare per qualche minuto. Lui si era scostato lentamente rivelando la maglia di Mercedes bagnata in gran parte dalle sue lacrime.

-Scusa.- aveva detto lui riferendosi alla maglia dell’amica.  –Ti accompagnerò a comprarne una nuova.- aveva aggiunto con le labbra che tremavano. Non si azzardava neanche ad alzare gli occhi, quasi la luce del sole potesse farglieli bruciare ancora di più.

-Non mi importa della maglietta.- aveva detto Mercedes prendendogli il viso dalle mani. –Mi importa di te.-

Kurt aveva tirato su col naso e aveva accettato un fazzoletto da parte dell’amica per poi soffiarselo. Quel gesto gli ricordò il ballo del terzo anno del liceo, quando lui era stato eletto reginetta ed era scappato nei corridoi del McKinley per la troppa umiliazione. Era stato seguito da Blaine, che gli aveva allungato un fazzoletto in modo che potesse asciugarsi le lacrime e soffiarsi il naso.

A quel ricordo, Kurt aveva fatto un altro singhiozzo e stretto gli occhi, quasi non volesse far scendere altre lacrime, ma quel provvedimento aveva ottenuto l’effetto contrario. Pensare a Dave e poi a Blaine, poi di nuovo a Blaine e a Dave, gli metteva addosso una voglia di scomparire piuttosto forte.

Dave aveva ragione: lui era egoista. Era sposato con un uomo meraviglioso, eppure desiderava che Dave gli corresse ancora dietro, come faceva ai tempi del liceo. Lo gratificava, forse.  Gli faceva piacere, sì. O magari aveva sempre aspettato il momento adatto per ricambiare i suoi sentimenti? E perché avrebbe dovuto ricambiarli? Karofsky era sempre stato un bullo troglodita troppo spaventato per tirare fuori le palle e dire al mondo che era un fottuto finocchio. Ma perché adesso la stava pensando in quei termini? Anche lui era stato terrorizzato dal giudizio della gente e forse lo era ancora. Non aveva il diritto di incolpare Karofsky per il suo poco coraggio. No, forse aveva imparato ad apprezzarlo per come s’era impegnato a migliorare, per come aveva imparato che tirare uno Slushie addosso a un finocchio non ti farà sentire meno finocchio, anzi. Forse aveva iniziato a piacergli quando era riuscito a raccogliere il coraggio necessario per dichiararsi al ragazzo per cui aveva una cotta. Cioè a lui, a Kurt. Ma no, “piacere” non è il verbo adatto, era fuori discussione che a uno come Kurt potesse piacere uno come Karofsky. Eppure…

Kurt si era detto che probabilmente stava delirando per poter pensare a possibilità del genere. S’era stretto a Mercedes, e quella gli aveva carezzato i capelli. Intanto gli occhi gli si erano asciugati del tutto e già riusciva a sopportare la luce del sole.

-Non permetterò che ti faccia del male, sta’ tranquillo.- gli aveva sussurrato Mercedes in un orecchio. Quello aveva alzato leggermente il capo.

-Che vuoi dire?-

-Dico…è Karofsky. Potremmo aspettarci qualunque cosa da lui.- aveva spiegato l’altra senza smettere di toccare i capelli dell’amico. Quest’ultimo aveva scosso piano la testa.

-Dice che è pazzo di me. Dopo tutti questi anni. Dopo tutti questi matrimoni.- aveva mormorato quello guardando sconsolato la tazzina vuota di caffè. –Dopo tutte queste bugie.-

-Non lascerò che mandi all’aria il tuo matrimonio, questo è certo.- aveva detto la ragazza di colore. A quel punto, Kurt aveva sollevato il capo del tutto sentendo anche la testa girare.

-Allora non hai capito, Mercedes.- aveva mormorato, e l’altra s’era sentita un attimo interdetta.

-Non avrei capito cosa?-

Kurt s’era messo una mano sugli occhi prima di rispondere.

-Anche io sono pazzo.- aveva detto dopo essersi passato una mano tra i capelli.

-Tu non sei pazzo, Kurt, sei solo…-

-Anche io sono pazzo di lui.- aveva concluso con gli occhi che avevano ripreso a bruciare. –Più cerco di convincermi che non è così, e più mi sento travolgere dal delirio.- s’era alzando barcollando appena, poi aveva fatto cenno a Mercedes di aiutarlo a prendere le buste della spesa. –Amo Blaine. Ma sono certo di provare qualcosa di forte anche nei confronti di Dave.-

Mercedes stava per dire qualcosa, ma Kurt l’aveva fermata scuotendo la testa.

-E vorrei che non ne parlassimo più.- aveva aggiunto sorridendo appena, tanto per tranquillizzare l’amica.

E né lei, né Kurt si erano accorti che sul cellulare di Mercedes la comunicazione con Santana era ancora aperta, e che quest’ultima aveva messo il vivavoce, permettendo a Dave di sentire ogni cosa.

Dave era arrossito, poi aveva preso il cappotto ed era tornato a casa di corsa lasciando Azimio a lavorare da solo. Aveva bisogno di pensare, e allo stesso tempo di rendersi conto che finalmente Kurt aveva deciso di ricambiare i suoi sentimenti. Lo aspettava da una vita. Finalmente.

 

*

 

Erano passati solo dieci giorni dalla partenza di Blaine, e già erano successe troppe cose. Kurt sentiva che la sua vita sarebbe cambiata ulteriormente, e tutto ciò che riusciva era starsene a casa a piangere, perché quell’insostenibile confusione gli stava mangiando il cervello, e allo stesso tempo lo stava rendendo più debole fisicamente.

Da quando aveva confessato a Mercedes che, è vero, qualcosa di incredibilmente forte per Dave lo provava, quest’ultimo gli aveva scritto un messaggio, quasi avesse assistito alla loro conversazione.

 

“Fatina, penso dovremmo smetterla.” Diceva il testo. A Kurt balzò il cuore in gola, e gli tremavano le mani mentre rispondeva.

 

“Smetterla di fare cosa?”

 

“Di farci del male.”

La risposta gli arrivò dopo che si fu cambiato per la notte. Erano già le 22.15, doveva andare a letto, e anche in fretta. Ormai era un rituale, quello, e non avrebbe sgarrato per nulla al mondo. Men che meno per Dave.

 

“Di cosa parli?”

 

Il messaggio di risposta tardò ad arrivare, forse perché Dave non era poi così sicuro di cosa scrivere.

 

“Ci vediamo?” scrisse infatti, ignorando la domanda di Kurt. Quest’ultimo sentì il cuore fare dolorose capriole quando lesse quelle parole.

 

“Perché?”

 

“Voglio vederti.” Ancora una volta, il cuore di Kurt sembrò dare di matto. Perchè voleva vederlo? Cos’era tutta quell’intraprendenza? Respirò a fatica e dimenticò di mettersi la cremina anti-occhiaie. Una dimenticanza davvero imperdonabile.

 

“Ma adesso?” mandò Kurt col viso pallido per l’ansia. Anche più pallido del solito.

 

“Ti aspetto tra mezz’ora alla solita panchina. Porta il mangime per i piccioni.”

Quell’ultima frase voleva sembrare una battuta o dovevano davvero dar da mangiare ai piccioni come ai vecchi tempi? Kurt guardò l’orologio con su stampata Eva Harrington e si disse che non poteva rinunciare al suo rituale serale e uscire alle undici di sera, quando già s’era messo in vestaglia.

E invece sì, ci avrebbe rinunciato.

 

*

 

Quando arrivò alla panchina su cui soleva sedersi quando lui e Karofsky sembravano andare ancora d’accordo, trovò Dave, che aspettava lì da circa venti minuti e iniziava ad avere freddo.

-E’ da tanto che aspetti?- chiese Kurt con le mani ficcate nel cappottino grigio. Non avrebbe potuto chiedere altro, era la domanda rituale, quella.

-No.- mentì Dave senza aggiungere altro. Kurt lo guardò e sorrise appena, poi si soffiò nei pugni chiusi e si maledisse per non aver portato i guanti. Erano gli inizi di novembre, ma già ne aveva bisogno, incredibile.

-Fa freddo qui fuori.- si azzardò soffiando ancora nelle mani.

-Sì, parecchio.-

-Andiamo a casa mia a parlare?- propose Kurt stringendosi nelle spalle. Ma l’altro negò subito con la testa, dicendo che non era il caso. Non ancora, almeno.

-Che significa “non ancora”?- chiese Hummel leggermente stizzito, e l’altro gli fece segno di sedersi accanto a lui. Quello obbedì e si posizionò sulla panchina con la schiena rigida e dritta. Dave appoggiò le braccia sulle gambe e si voltò verso Kurt sorridendogli appena, ma non s’accorse delle sue guance adesso erano diventate rosso pomodoro.

-Hai portato il mangime per piccioni?- gli chiese con tono scherzoso.

-A quest’ora non ce ne sono piccioni, dovresti saperlo meglio di me.- rispose l’altro tentando di non guardare Dave negli occhi.

-Perché meglio di te?-

-Perché quando diedi la notizia del mio matrimonio con Blaine, non facevi che startene qui giorno e notte.- snocciolò Kurt con le mani sulle guance. Tutto il resto del corpo era congelato, ma quelle scottavano da morire, e temette che gli stesse tornando la febbre.

-Non è vero che venivo anche di notte.- negò subito Dave voltandosi dall’altra parte.

-Sì che è vero.- lo contraddisse Kurt cantilenando.

-Che facevi, mi spiavi?-

-Già, sono il nuovo Edward.- disse, tutto soddisfatto. Dave fece uno dei suoi sguardi confusi, adottati principalmente quando non aveva idea di chi fosse un personaggio citato da Kurt.

-Edward? E chi è?- chiese infatti, dato che l’altro non si decideva a guardarlo in faccia.

-Non hai mai visto Twilight?- chiese quello scandalizzato e con una mano sul cuore. Karofsky scosse la testa e Kurt alzò le spalle.  –Va beh, non ti sei perso niente, fidati.- 

-Magari potresti farmelo vedere, un giorno.-

Kurt lo guardò un attimo interdetto e ribattè con uno spontaneo: -Cos’è che devo farti vedere?!-

-Questo film…questo Taiwait.- fece l’altro, che forse non aveva colto il doppio senso di Kurt, che diventava ogni giorno più perverso, che diavolo.

-Twilight.-

-E’ la stessa cosa!- sbottò Dave stizzito e dandosi anche uno schiaffo sulla coscia. Perché si schiaffeggiava la coscia?

-E perché vorresti guardarlo con me? E’ una storia d’amore fra un vampiro e un’umana, lo sai, vero?- chiese Kurt con sopracciglio alzato.

-Ho cambiato idea.- borbottò subito l’altro.

-Ne ero certo.-

Dopo quella frase, l’atmosfera si incupì leggermente, Dave che spostava le foglie cadute per terra con un piede, Kurt che ancora tentava di scaldarsi senza successo.

-Sto davvero congelando. Andiamo a casa mia.- disse quindi, coi denti che battevano.

-No…- mormorò l’altro guardando a terra.

-Ma perché no? Ti sto invitando!-

-Non voglio entrare in casa tua.- disse secco, gli occhi spenti e decisamente strani.

-E perché mai?-

-Non mi piace.-

Kurt lo guardò stranito, quasi l’avesse insultato. Cos’è che non gli piaceva di quella casa? Era perfetta in ogni particolare, l’aveva arredata lui stesso, e con cura maniacale!

-Parli dell’arredamento o del colore delle pareti?- chiese tentando di placare l’indignazione che gli montava dentro. Dave si mise una mano sulla bocca e si massaggiò le guance prima di rispondere.

-Non mi piace perché è il covo d’amore tuo e di quel nano senza senso.- sputò fuori tutto d’un colpo, e Kurt rimase interdetto per almeno la quinta volta di seguito. Lo guardò mentre cercava di coprirsi gli occhi e gli sfiorò una mano.

-Mi stai facendo una scenata di gelosia?- chiese accennando un sorriso. Dave rimosse le mani dagli occhi e si accorse che adesso Kurt s’era fatto vicino, e il vapore che gli usciva dalle labbra gli finiva direttamente in viso.

-Cosa? No!- esclamò accorgendosi che, pur volendolo, non riusciva ad allontanarsi dal volto arrossato del più piccolo. Anzi no, è che non lo voleva fare, ecco.

Kurt sorrise di nuovo alla sua risposta, poi il sorriso gli morì sulle labbra e prese a battere i denti.

-Ma…stai tremando…- mormorò Dave, e l’altro gli puntò addosso uno sguardo sarcastico.

-Davvero? Meno male che ci sei tu a farmelo notare.-

-Scusa se ho provato a utilizzare una frase da telenovela.- ribattè l’ex bullo guardandolo storto.

-Non cercare di sembrare romantico, tanto non lo sei. Getta la spugna.- borbottò Kurt, e subito gli comparve davanti agli occhi come un flashback di lui e Finn che litigavano e quest’ultimo, quando gli era stato detto di “gettare la spugna”, era andato in bagno, aveva preso la sua spugna preferita a forma di pallone di football e l’aveva gettata a terra con rabbia, urlando un “Adesso sei contento?!”. E Kurt era rimasto di sasso, come ci si poteva aspettare. Ma Dave non sembrò voler fare lo stesso. Anzi, fece scorrere una mano sulle spalle di Kurt, per poi spingerlo delicatamente verso di sé.

-C-che stai facendo?- chiese quello, agitatissimo.

-Sta’ zitto.- lo intimò l’altro, poi si assicurò che Kurt poggiasse il capo sulla sua spalla e lo avvolse completamente con le braccia. Kurt pensò che non sarebbe più tornato a respirare. Stava trattenendo il respiro da sin troppo tempo, il petto aveva smesso di fare su e giù e la bocca era serrata, quasi avesse paura di lasciar uscire un qualunque suono.  Era troppo occupato a preoccuparsi del suo respiro pressoché inesistente, che non si accorse del fatto che si stava lentamente riscaldando. S’accoccolò istintivamente tra le braccia di quella montagna d’uomo e chiuse gli occhi, abbandonandosi ad un dormiveglia. Quel leggero calduccio gli conciliava il sonno in maniera incredibile. Dave intanto si rese conto di star abbracciando la sua fatina, che era pure consenziente. Desiderò stritolarla a sé più di quanto già non stesse facendo, ma tentò di controllarsi, col respiro corto e il petto che s’alzava e s’abbassava velocemente. Ad un certo punto, Kurt poggiò una mano sul suo petto, quasi volesse fermare quel ritmo frenetico. E infatti, quel tocco calmò Dave, che lasciò cadere il proprio capo su quello di Kurt rilassandosi gradualmente. E si sarebbero addormentati lì fuori al freddo, se non fosse che Hummel tirò su lentamente la testa annusando l’aria intorno a sé.

-Sento odore di pioggia.-

-Io sento solo odore di lacca. E potrei anche sapere da dove proviene.- disse l’altro, che fino a poco prima aveva il naso impigliato ai capelli di Kurt.

-Divertente. Ma io sento seriamente odore di pioggia. Credo che di qui a poco…- neanche finì la frase, che una grossa e pesante goccia di pioggia cadde tra il viso di Kurt e quello di Dave, facendoli separare del tutto.

-Ma porti sfiga o cosa?- sbottò Karofsky dopo che fu colpito anche da una seconda e una terza goccia d’acqua.

-Maledizione!- esclamò Kurt, che rabbrividì all’idea di mandare a puttane la sua impeccabile pettinatura.

-Perché non bestemmi come tutti i comuni mortali? Vieni, andiamo al Delirious.-disse Dave afferrando poco delicatamente il braccio della fatina.

-Ma andiamo a casa mia, che è più vicina…-

-Non ci voglio entrare in casa tua! La puzza di lacca potrebbe darmi alla testa. Adesso andiamo, e non fare storie.- concluse, e non ammise altri tentativi da parte di Kurt di fargli cambiare idea.

 

*

 

Ultimamente gli sfuggivano un po’ troppe cose. Sembrava essere completamente altrove con la testa. E quella sua perdita di coscienza temporanea aumentò la sua intensità quando Dave lo prese per mano sotto la pioggia, l’acqua che più correvano veloce più li bagnava, il freddo che si faceva sempre più pungente. Kurt si stupì che le gocce di pioggia non si fermassero a mezz’aria trasformate in piccole schegge di ghiaccio. I suoi capelli ormai erano una massa deforme e non aveva neanche voglia di metterli al proprio posto, nemmeno quando salì in macchina ed ebbe tutto il tempo di sistemarseli: continuava a tenere la mano di Dave e questo, se gliela mollava per cambiare la marcia o per svoltare, poi gliela riafferrava e gliela stringeva sino a fargli male.

Durante il tragitto non avevano parlato e non lo fecero neanche quando scesero e quando Dave utilizzò il doppione di chiavi che gli aveva dato Azimio per aprire il locale. Karofsky entrò per primo per poi accendere le luci rosse –che non è che facessero tutta questa luce-, mentre Kurt se ne stette per metà sotto alla pioggia, ancora indeciso se seguire Dave oppure scappare di corsa.

-Vuoi entrare, o preferisci compromettere ancora di più la tua…pettinatura? O quello che è.- fece Dave dopo aver aperto la porta.

Kurt normalmente avrebbe fatto una delle sue battutine cattive, della serie: “che ne puoi sapere tu di capelli, se tra qualche anno sarai pelato?”, ma questa volta non aveva poi così voglia di fare lo spiritoso.

Entrò titubante nel bar, le solite luci rosse che a malapena lasciavano intravedere i tavolini e le sedie. Poggiò la giacca grigia su una delle sedie, poi si accomodò su quella accanto soffiandosi ancora nelle mani.

-Non dovrei essere qui.- mormorò, ed evitò di guardare la stazza di Dave che si avvicinava lentamente a lui.

-Lo so. Quest’ora dovresti già essere tra le braccia di Morfeo, e invece sei solo tra le braccia di Dave.- disse l’altro per alleggerire un po’ l’atmosfera, ma riuscì solo ad appesantirla. Dave cercò di riparare dopo essrsi schiarito la voce. –Vai a dormire alle dieci ogni sera, vero? Ma se riesci a trovare un programma di moda interessante, t’addormenti alle dieci e mezza.-

Kurt lo guardò con una faccia da “e tu come fai a saperlo?”, che provocò un sorrisetto sul viso di Karofsky.

-Mi hai parlato così tanto dei fatti tuoi, che ormai so tutto di te.- si giustificò con un’alzata di spalle.

-Anche il mio colore preferito?-

-Il giallo.-

-E il mio animale preferito?-

-Il pinguino.-

-E a quanti anni ho imparato ad andare in bicicletta senza rotelle?-

-A sei anni. Ti insegnò tuo padre.-

Kurt sbuffò col viso rivolto verso il muro e pensò che lui, invece, non sapeva poi così tanto di Karofsky. Ai tempi del liceo parlavano parecchio, ma di solito si insultavano dandosi soprannomi poco carini. E si sentì un vuoto dentro, perché davvero non sapeva quasi nulla di Dave. Come poteva anche solo lontanamente essere possibile? Erano anche diventati una specie di amici dopo il liceo. Eppure niente, non aveva idea di quale fosse il suo colore preferito, o il suo animale preferito, o se avesse mai imparato a usare la bicicletta. Quel che era certo era che era gay, sì. E che era pazzo di Kurt, l’aveva sentito dalle sue stesse labbra. E che non sapeva cucinare, decisamente.

-Non puoi sapere tutto di me.- borbottò allora, scocciato.

-Infatti non so una cosa:- e velocemente, Karofsky si sedette di fronte a lui, riconoscendo a malapena i lineamenti del suo volto. –a che gioco stai giocando?- fece la sua domanda, e Kurt sussultò appena.

-…Di che parli, scusa?- chiese a sua volta, i brividi dovuti al nervoso che si aggiungevano a quelli causati dal freddo. Dave scosse la testa.

-Quanto odio questo tuo nascondere le cose.-

-Da che pulpito!- esclamò subito Kurt. Non poteva non dirlo. –Io odio invece la tua ipocrisia.  Il tuo autolesionismo. Continui a farti del male con questa storia della vita coniugale con una donna, e avere relazioni segrete con uomini ti aiuta solo a peggiorare le cose.- aggiunse parlando spedito, come se qualcuno lo stesse inseguendo.

-Quand’è che avrei avuto queste “relazioni segrete”?- chiese Dave lentamente, quasi stesse parlando con un pazzo delirante.

-Quel Josh ne è un esempio.- rispose  l’altro pensando al nome che aveva sentito durante la conversazione tra Dave e Santana. L’ex bullo si chiese prima di tutto com’è che Kurt faceva a sapere di Josh, poi scosse di nuovo la testa dicendosi che quella era davvero una fatina delirante. –E poi…ci sono io.- continuò, abbassando di poco lo sguardo. Dave lo guardò stranito, eppure il cuore gli partì in quarta, prese a battere, a delirare, senza un vero motivo. Solo quella frase: “E poi ci sono io.” No, lui non doveva esserci, stava rovinando ogni cosa: Kurt Hummel sembrava essere nato col solo scopo di rovinargli la vita.

Cercò di darsi un contegno e si puntò un dito sul petto.

-Io e te abbiamo una relazione?- chiese col tono da finto tonto.

-E come lo chiami il…insomma…il bacio che mi hai dato l’altro giorno?- Kurt sembrava non avere il discorso sotto controllo, il che era parecchio strano per lui.

-TU mi hai baciato, Hummel.- sottolineò Dave, e quella frase gli riportò alla memoria un evento passato, non ricordava esattamente quale. Sapeva soltanto di averlo già vissuto. Poi pensò un attimo a quello che si stavano dicendo: allora Kurt si ricordava tutto. Con quel febbrone da cavallo, non avrebbe dovuto capire un tubo, e invece sembrava ricordare perfettamente il bacio. Quel dannato bacio che era riuscito a scombussolare tutti gli organi interni di Karofsky.

-Io mi ricordo che sei stato tu ad avvicinarti a me.- disse Kurt dopo aver riflettuto qualche secondo.

-Certo, ma per controllare se avevi la febbre ancora alta.- Gli toccò spiegare pazientemente com’erano andate le cose: del fatto che s’era chinato per posare le labbra sulla sua fronte e sentire quanto scottasse, e che Kurt lo aveva anticipato e poi baciato, prendendolo alla sprovvista.

-Tu però non ti sei più scostato.- gli fece notare Hummel, coi denti che ancora battevano per il freddo.

-Ah, adesso stai dando la colpa a me?- ribattè Dave senza aspettarsi una risposta, poi si alzò e andò verso il bancone. –Ti preparo qualcosa di alcolico, così ti scaldi.- aggiunse mentre trafficava coi bicchieri.

-No, grazie, io sono…-

-Lo so che sei astemio. Ti do qualcosa con la frutta e a bassa gradazione, te lo prometto.-

Kurt non replicò. Non poteva farlo, quando Dave si dimostrava così gentile nei suoi confronti.

Seguì un periodo di silenzio, che risultò non essere assoluto, perché nell’aria c’era una piacevole e a malapena udibile musica.

 

 

I am outside
And I've been waiting for the sun
With my wide eyes
I've seen worlds that don't belong
My mouth is dry with words I cannot verbalize
Tell me why we live like this

-La conosco questa canzone.- disse quello col mento sulla mano aperta.

-? E’ un cd di Azimio.-

-Azimio è un fan dei Paramore?- chiese divertito.

-A quanto pare.- rispose l’altro senza voltarsi. Hummel canticchiò le parole della prima strofa per cercare di non pensare al freddo e ai capelli bagnati che gli lasciavano gocce d’acqua sul collo e lo facevano tremare ancor di più. Doveva muoversi, fare qualcosa, qualunque cosa. Così s’alzò barcollando appena, poi si diresse automaticamente verso il bancone dove Dave, di schiena, ancora doveva versare l’alcol nel bicchierino.

 

Keep me safe inside
Your arms like towers
Tower over me

Yeah
Cause we are broken
What must we do to restore
Our innocence
And oh, the promise we adored
Give us life again cause we just wanna be whole

Guidato dalla melodia a tratti dolce a tratti malinconica, Kurt appoggiò la fronte contro l’immensa schiena di Karofsky, che sussultò vistosamente.

-C-che succede?- chiese, del tutto rosso in faccia. Ma magari il rossore era dovuto alle luci del bar.

-Non lo so, so solo che ho freddo e che vorrei  scaldarmi. E preferirei non bere.- borbottò l’altro, e si allontanò appena per permettere a Dave di voltarsi verso di lui.

-E allora come pensi di scaldarti?- chiese quello, i nervi a fior di pelle. La vicinanza di Kurt non era positiva, non lo era per niente. Gli faceva perdere la coscienza, aveva il potere di stordirlo completamente, di fargli fare cose avventate come il bacio negli spogliatoi di tanti anni prima, di farlo cadere in una sorta di delirio psicologico. Psicologico e fisico. Solo fisico. Non lo sapeva nemmeno lui.

 

Lock the doors
Cause I like to capture this voice
it came to me tonight
So everyone will have a choice
And under red lights
I'll show myself it wasn't forged
We're at war
We live like this

Kurt alzò gli occhi: sembrava stesse aspettando qualcosa. Karofsky adottò uno sguardo interrogativo, che quasi infastidì il più piccolo.

-Gradirei un abbraccio.- disse allora quello, dato che Dave non ci arrivava da solo. Quest’ultimo mise le mani sulla difensiva.

–Lo sai che…non posso.-

Kurt lo guardò di traverso. Non posso. Dave non poteva mai. Niente era fattibile per lui.

-Da quando sei così moralmente corretto?- fece Kurt, e battè i denti un’altra volta guardandosi intorno. -Qui dentro si congela. Mi sento un panda al Polo Nord.- aggiunse, i capelli bagnati ancora  appiccicati in fronte. Li avrebbe sopportati per ben poco.

-Un panda?- sogghignò Dave.

-Già. Ti sembra strano?-

-E’ il tuo animale preferito dopo il pinguino.-

Kurt stava per ribattere con qualcosa di antipatico, come “Piantala di fare il sapientone”, ma l’altro gli aveva già avvolto le braccia attorno alle spalle per la seconda volta in una sera e adesso gli spingeva il capo contro il petto. Kurt questa volta era pronta, e chiuse immediatamente gli occhi, cullato dal calore del maglione di Dave e dalle note della canzone dei Paramore. Dave sfregò le proprie mani sulle braccia di Kurt per tentare di scaldarlo al meglio. Poi gli passò le dita tra le ciocche di capelli umidi che gli cadevano scomposti sulla fronte, su cui gli venne spontaneo posare un bacio quasi impercettibile.

 

Keep me safe inside
Your arms like towers
Tower over me

Cause we are broken
What must we do to restore
Our innocence
And oh, the promise we adored
Give us life again cause we just wanna be whole

Ma adesso basta, doveva scostarsi. Erano già fin troppo vicini, e non andava bene. Dovevano separarsi, perché loro non potevano…lui non poteva. Eppure lo voleva, Dio quanto lo voleva.

Lasciò che Kurt allontanasse il capo dal suo petto e lo guardò negli occhi chiari per poi passargli un pollice sulle labbra che il freddo aveva reso violacee.

-Non posso.- disse a denti stretti. Kurt sospirò senza farsi sentire.

-Cos’è che non puoi?- chiese pazientemente. Dave alzò le spalle, le mani che fremevano attorno alle braccia di Hummel.

-Mentire a me stesso, credo.- rispose poi, e non si diede il tempo di ripensarci: avvicinò il volto a quello di Kurt e gli baciò le labbra congelate, lì per lì incapaci di rispondere. Dave pensò che l’ultima volta che aveva toccato quelle labbra, s’era accorto che erano tremendamente bollenti. Adesso invece sembravano fatte di ghiaccio. Kurt boccheggiava in cerca del calore della bocca di Dave e venne accontentato quando questo gli passò la lingua sulle labbra scaldandole e sciogliendole. Finalmente, Kurt riuscì a muoversi leggermente nel bacio, e lasciò che Karofsky gli stringesse il viso con forza, affondando due dita nei capelli e premendo il pollice sull’orecchio.

Quando si staccò per la prima volta, Dave quasi si aspettò di essere allontanato con una spinta, proprio come era successo anni prima, al liceo, in quel maledetto spogliatoio maschile. Ma quando aprì gli occhi, vide che l’espressione della sua fatina non era shockata, spaventata, incredula, schifata, o altri aggettivi estremamente negativi. No, era…estasiata? Forse sì, estasiata, ma anche incredibilmente consapevole. Nel senso che si era accorto di aver fatto qualcosa di sbagliato. Kurt infatti adesso aveva in mente Blaine. La sua immagine idilliaca di perfetto principe azzurro gli si parava davanti, e lui non potè che paragonarla a quella di Dave, un uomo chiuso nell’armadio da troppo tempo, privo di ambizioni e sogni, con un lavoro precario, coi capelli troppo corti e spettinati, con una stazza non indifferente e l’espressione sofferente in volto. E Kurt stava odiando il fatto che nella sua testa, le due immagini stavano facendo a pugni, e quella di Karofsky sembrava stesse avendo la meglio. No, non poteva essere vero. Non voleva crederci, si rifiutava categoricamente.

 

Tower over me
Tower over me

And I'll take the truth at any cost

Cause we are broken
What must we do to restore
Our innocence
And oh, the promise we adored
Give us life again cause we just wanna be whole.

 

-…Basta.- si sforzò di dire posando le mani sul petto immenso di Dave.

-Stai pensando a quel…damerino?- fece quello, anche se l’avrebbe volentieri definito in altro modo.

-Ha un nome.- gli fece notare Kurt.

-Non me lo ricordo mai, scusa.-

-Si chiama Blaine.-

-Non mi interessa come si chiama.- e quest’ultima frase la disse con tono secco, quasi arrabbiato. O forse era più nervoso che altro. L’immagine di Hummel con ancora gocce di pioggia che gli imperlavano il collo, e con le guance rosse non si sa se per il freddo o per l’imbarazzo, lo stava facendo andare fuori di testa. Fuori di melone, avrebbe detto Hudson. Anche se scambiava sempre il melone con l’ananas.

Kurt distolse lo sguardo e lo fissò sulle scarpe nuove ormai rovinate. Poi si allungò per afferrare la giacca che aveva abbandonato sulla sedia.

-Credo che farei meglio ad andare.- disse, per poi dirigersi come un automa verso la porta.

-Dove credi di andare a quest’ora della notte?- lo anticipò l’altro.

-Tranquillo, non mi stuprano.-

-Non è questo il punto. C’è il temporale lì fuori.-

Sì, in effetti il temporale lo spaventava parecchio.

-Beh, non credo accetterò il tuo invito a passare la notte qui dentro.- disse il più piccolo, e indicò il bar con il dito.

-Perché no?- fece Dave, le dita che tamburellavano sul bancone.

-Perché…Ho promesso a Blaine che l’avrei chiamato dopo lo spettacolo. E lui sicuramente vorrà sapere cosa ho fatto oggi, e io non me la sento di mentirgli, è pur sempre mio marito. E non baso la mia relazione sulla menzogna, come fa qualcun altro.- la frecciatina di Kurt voleva essere una doccia fredda per Dave, ma l’altro era così abituato a quelle allusioni, che quasi ci avrebbe sbadigliato su.

-Gli dirai anche del bacio che mi hai dato, allora?- chiese quello sorridendo appena. Già immaginava la risposta di Kurt.

-TU mi hai baciato, Karofsky! E no, questi sono affair tuoi, quindi non lo dirò a nessuno.-

Sì, era stato decisamente prevedibile. Dave si grattò la nuca nervosamente.

-Tu…lo ami davvero questo Blaine?- chiese poi dopo attimi di silenzio. Kurt spalancò gli occhi, chiaramente spiazzato dalla domanda così personale di Dave.

-Che domande! Certo che lo amo, altrimenti non ci starei insieme, non credi?- fece quello incrociando le braccia. –Ripeto: io non sono come te.-

-Anche io amo Nancy.- lo contraddisse subito Dave, perché quelle allusioni iniziavano a infastidirlo. .Però mi chiedo…se sia possibile amare due persone contemporaneamente.-

A quell’affermazione, il cuore di Kurt prese inspiegabilmente a battere, impazzito, scatenato, ne avvertiva l’eco nel cervello.

-E chi sarebbe la seconda persona?- chiese tentando di mantenere un tono distaccato. Dave sapeva che l’altro aveva capito perfettamente chi fosse la seconda persona, così si limitò a scuotere la testa e non rispose alla sua domanda.

-Ti accompagno a casa?- chiese invece.

-…Grazie.- rispose l’altro, senza più tornare sull’argomento. Anzi, forse ci tornò appena prima di lasciare l’auto di Karofsky per salire finalmente a casa.

-Io credo di sì.- fece, e Dave lo guardò interrogativo. –Dico…credo che se ne possano amare due nello stesso momento.- disse, poi aprì lo sportello e cercò di scappare, ma Dave lo trattenne dal polso.

-Voglio salire.- gli disse.

-A casa mia?-

L’altro annuì imbarazzato.

-Avevi detto che casa mia non…-

-Dimentica quello che ho detto,- borbottò guardando altrove. -…fatina.-

 

 

 

 

 

§

 

 

 

 

 

Voglio solo portare un po’ di Kurtofsky in questo triste fandom ç___ç

Ok, questo sarà l’ultimo capitolo che posterò prima delle vacanze. Il 10 parto e non avrò il computer a disposizione, mi dispiace ç-ç Spero comunque che il capitolo sia stato abbastanza cuoricioso <3

Angolo delle curiosità: -Il titolo del capitolo è una frase della canzone “We are broken” dei Paramore che ho inserito nel capitolo <3 Mi sembrava fosse perfetta, non so :D

-In questo capitolo ho messo tante volte la parola “delirio” e  le sue varianti. Contiamole!

-Viva Edward lo stalker!!!

-Il giallo per me è il colore preferito di Kurt :)

-“TU mi hai baciato, Karofsky!”, si sa che scena è :D

 

Basta, credo di aver finito ç-ç

Ci vediamo dopo le vacanze, boyz and girlz.

 

 

Mirokia

 




 

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Capitolo 11
*** Open your eyes. ***


DELIRIOUS

 

11. –Open your eyes.-

 

 

 

 

 

Nancy aveva già idea di dove potesse essere Dave. La sera prima non aveva dovuto lavorare, e il motivo per il quale non era tornato a casa senza neanche avvisarla poteva essere solo uno. Si svegliò piuttosto presto quella mattina, potevano essere le sette e mezza e, quando vide che accanto a lei le lenzuola erano ancora al loro posto, senza nemmeno una grinza, prese il cellulare e si decise a chiamare suo marito. Il telefono squillò a lungo, ma Nancy non s’agitò e attese con pazienza che qualcuno rispondesse. E in effetti, la risposta ci fu, esattamente come se l’aspettava.

-Pronto?-
Era un “pronto” impastato dal sonno, e questo poteva anche essere comprensibile, ma quella non era la voce di suo marito. Era un pronto effeminato, decisamente. Una voce delicata, quasi angelica. Ma anche fastidiosa, a volte.

-Pronto?- ripetè la voce quando s’accorse che la persona dall’altra parte se ne stava zitta. Nancy evitò di emettere qualunque suono, si leccò le labbra e, quando il suo interlocutore stava per ripetere per la terza volta il suo ”pronto” decisamente femminile, interruppe la chiamata e si picchiettò il cellulare sul mento sospirando in maniera sconsolata.

 

*

 

-Ma a che ora siamo tornati a casa stanotte?- chiese Kurt, la testa affondata nel cuscino.

-Mezzanotte e mezza, forse.- rispose l’altro, lo sguardo fisso su un punto impreciso del viso di Kurt.

-E adesso che ore sono?-

-Mi hai preso per un orologio vivente?- sbottò Dave per poi sollevare appena il capo e dare un’occhiata all’orologio di Eva Harriqualcosa appeso al muro sopra la specchiera piena di cremine e profumini e oli per il corpo posti in maniera ordinata l’uno addossato all’altro. –Sono le 6 del mattino.- disse dopo essersi lasciato nuovamente andare sul cuscino.

-E abbiamo fatto sesso per…- si mise a contare sulla punta delle dita come un bambino delle elementari. –…cinque ore e mezza di seguito?!-

-Eh? Che dici? Noi non abbiamo fatto sesso.- fece l’altro, che adesso trovava interessante la spalliera di legno del letto. Kurt lo guardò con un sopracciglio alzato.

-Certo, e Finn non getta la spugna letteralmente.-

Dave si voltò con sguardo stupito.

-Lo fa davvero?-

-Assolutamente.- confermò Kurt col sorriso che s’allargava lentamente.

-Quell’uomo è imbarazzante.- borbottò l’altro tentando di mantenere in piedi quel discorso. –E tu devi far attenzione a non beccarti la Finnite.-

-La…Finnite?- chiese Kurt con la testa piegata di lato e uno sguardo confuso parecchio familiare.

-Niente, troppo tardi.- ne concluse Dave scuotendo la testa, visto che Kurt aveva proprio assunto l’espressione da babbeo di Hudson.

-Ma adesso perché stai cercando a tutti i costi di cambiare discorso?- chiese quello appoggiandosi sui gomiti, le lenzuola che gli coprivano a malapena il fondoschiena. Dave dovette fare uno sforzo immane per non passargli una mano sulla schiena bianchissima ed elegante.

-Non c’è mai stato alcun discorso tra noi, devi finirla.- ribattè quello, di sicuro poco convincente. Infatti, l’altro si avvicinò ulteriormente.

-Devi dirmelo.- insistette, con gli occhi azzurri che quella mattina erano quasi trasparenti.

-Dirti cosa?- fece Dave col solito groppo in gola.

-Che abbiamo fatto l’amore per così tanto tempo…-

-No, in realtà ti sei sognato tutto, è stato solo un incubo, sta’ tranquillo.- disse Dave con un tono che voleva sembrare convincente, e intanto guardava altrove.

-Stai cercando di convincermi che mi sono immaginato tutto?!- sbottò il più piccolo, e Karofsky fece un piccolo colpo di tosse in cui nascose la parola “Finnite”. –Dimmi di no, per  favore…- aggiunse con tono smielato che fece storcere il naso di Dave.

-Va bene, io me ne vado a casa.- decise quello spazientito per poi togliersi le lenzuola di dosso.

-Aspetta, sei completamente nudo!- esclamò Kurt tirandolo dal braccio. Quello se ne accorse e si coprì nuovamente, col viso rosso per l’imbarazzo. –Hai fretta di andartene?- mormorò Kurt dopo che l’altro si fu sistemato più o meno nella stessa posizione di prima.

-Sì, parecchia. Quel che è successo stanotte non dovrà più ripetersi.- borbottò Dave tentando di sembrare serio, ma su Kurt ebbe solo l’effetto contrario.

-Allora vedi che è successo qualcosa?- fece subito con sguardo malizioso per poi avvicinarsi a lui e allungare il collo in modo che potesse appoggiargli la testa sul petto.

-No, cosa? Non è successo niente, ti dico.- blaterò il più grande, e ci rimase di stucco quando Kurt s’allungò per posargli un bacio sulle labbra. Era stato lui a prendere l’iniziativa per tutta la notte, com’è che adesso quella fatina faceva l’intraprendente?

-Hai ancora il coraggio di dire che non è successo niente?- chiese Kurt a fior di labbra.

-Certo. Come te lo devo dire, in turco?-

-In giapponese, magari.-

Dave inghiottì il nodo alla gola –sempre lo stesso che sentiva dai tempi del liceo- sentendosi quasi scendere un peso nello stomaco. Poi si leccò le labbra e si schiarì la voce.

-Ahm. Aishiteru.-

-Davvero?- domandò Kurt con una faccia da ebete.

-Er, sì, credo.-

-Credi?-

Dave fece una faccia scocciata e sbuffò rumorosamente, stufo di doversi imbarazzare per qualunque cosa.

-Watashi mo.- fece all’improvviso Kurt, e l’ex bullo voltò il capo lentamente, quasi avesse sentito una bestemmia. O la voce dell’angelo Gabriele. –Ho fatto i miei compiti a casa.- aggiunse il più piccolo con un occhiolino. Dave lo guardò tra lo stupito e il meravigliato, e forse il confuso, anzi, più probabilmente il confuso. Infatti guardò in basso a sinistra e chiese:

-Cos’è che hai detto?-

-Watashi mo.- ripetè Kurt, ma l’altro strabuzzò ancor di più gli occhi.

-E che vorrebbe dire? E’ un insulto? Mi stai insultando?-

Kurt lo guardò di traverso e si schiaffeggiò la fronte.

-Vuol dire “anche io”, scimmia!- esclamò per poi notare una leggera scintilla accendersi negli occhi di Dave. -Ma non eri tu quello che in teoria sapeva qualcosa di giappon…?- dovette interrompere la domanda, perché con quell’ “anche io” aveva causato a Karofsky un’altra perdita temporanea di coscienza. Si lasciò trasportare dal bacio piuttosto passionale che l’ex bullo gli stava offrendo e cadde con la testa sul proprio cuscino, le braccia enormi di Dave che lo proteggevano e lo chiudevano in una sorta di gabbia. Si beò del suo strano profumo, così diverso dall’odore di lacca che aleggiava attorno alla persona di Blaine, o attorno a lui stesso, o attorno ad ogni mobile presente in casa. Era un profumo diverso, buono, e Kurt per quanto si fosse sforzato, non era riuscito a indovinarne la marca. Infatti, la sera prima gli aveva chiesto se il profumo che indossava fosse il Fahrenheit e quello aveva scosso la testa dicendo che non s’era messo alcun profumo. E allora perché diavolo sapeva così di buono? Kurt sarebbe stato altre cinque ore e mezza col naso affondato nell’incavo del collo di Dave a bearsi del profumo inebriante che emetteva la sua pelle.

-Perché mi stai annusando come un segugio male addestrato?- fece Dave quando notò il comportamento di Kurt.

-Credo di amarti, Dave.- mormorò quello in risposta.

-Credi?-

Kurt fece un sorriso malcelato, poi gli passò improvvisamente per la testa un’immagine: completo impeccabile, capelli riccissimi tirati all’indietro, occhi profondi e color caramello, sorriso smagliante, voce divina… Il suo Blaine lo stava ammonendo, gli stava ricordando che lui un marito ce l’aveva. Gli stava facendo tener presente che quella notte aveva tradito ripetutamente la fiducia del suo principe azzurro con quello che una volta era l’orco cattivo. Già, una volta. Adesso cos’era? Perché nelle favole le principesse non tradiscono i principi col cattivo di turno? Sospirò e si chiese se davvero Dave poteva essere considerato “cattivo” o “orco” o altri aggettivi che gli stavano passando per la testa. E ancora non si capacitava di come poteva pensare a orchi e principi mentre baci particolarmente contagiosi si facevano strada sul suo collo ancora privo di segni. E anche pensare a Blaine gli sembrava improvvisamente inappropriato. Anche perché a quel punto significava tradire Dave col pensiero. Ma come poteva tradire Dave se lui era solo l’amante? E poteva essere definito in quel modo? Sentiva che stava per impazzire, il suo era un delirio di così forte intensità che sembrava minacciare di voler durare in eterno. Vivere a guisa di un pazzo. Pensare che l’idea lo affascinava, gli dava la conferma che effettivamente un po’ pazzo lo era. No, non era Finnite quella. Forse solo per metà, ma non del tutto. Muovendo il capo, tentò di scacciare quei pensieri deliranti e dedicò la propria attenzione all’uomo che più sembrava essere al centro dei suoi pensieri. Gli sorrise quando smise di baciarlo sul collo e si appese con le braccia alle sue spalle, per poi chiedergli gentilmente se potessero fare l’amore un’altra volta.

-Ma non hai ancora sonno, tu? Lo sai che la tua pelle invecchierà e diventerà una ragnatela di rughe penzolanti se non ti fai almeno otto ore di sonno?- lo schernì Dave, che però gli aveva già posizionato le mani sui fianchi.

-Mi importa poco delle rughe.- ribattè l’altro tentando senza successo di tirare a sé quella montagna d’uomo che aveva addosso.

-Guarda che se diventi brutto e deforme, ti abbandono a quel nano tutto gel e niente cervello.-

Kurt ridacchiò e giocherellò coi capelli corti di Dave.

-E ti lascio in balia di quel tonto tutto muscoli e niente cervello.- aggiunse.

-Parli di Finn?- fece Kurt divertito.

-…E chi è Finn?- riflettè un attimo, poi fece la sua sentenza -…Ahh, dici Hudson. Chiama le cose col loro nome, per favore.-

-Come se Finn fosse una cosa.-

-Ci è quasi. Ha la capacità cerebrale di un tagliaerba vecchio modello.-

-Smettila di fare il pagliaccio.- sorrise Kurt passando a carezzargli il collo.

-Come come?- disse Dave tendendo l’orecchio, convinto di non aver capito bene. L’altro rise e si fece perdonare con un altro bacio piuttosto contenuto, e fu contento quando Dave decise finalmente di buttarsi con lui sotto le lenzuola formando una montagna bianca che da lontano sembrava l’Everest in miniatura.

 

S’addormentarono entrambi nel tepore mattutino, e il primo a svegliarsi fu Kurt. Fu un risveglio brusco, dato che un cellulare si mise a squillare e vibrare sul comodino accanto a lui.

Ohh ohh ohh I’m in love with Judas, Judas…

Stonato com’era, riuscì soltanto ad allungare il braccio e a rispondere, di chiunque fosse quel cellulare –che era per altro dello stesso modello del suo…eppure non si ricordava di aver cambiato suoneria: teneva Defying gravity da tempi immemori ormai.-

-Pronto?-

Dall’altra parte sentì solo un respiro leggero e controllato e forse il ticchettio di un orologio, ma era quasi impercettibile.

-Pronto?- ripetè, il tono di voce un po’ più basso, visto che non aveva intenzione di svegliare anche Dave. Ma niente, l’interlocutore se ne stava ancora in silenzio, e Kurt iniziò a pensare a qualche scherzo di cattivo gusto. Comunque, si tenne pronto a parlare per la terza volta, ma la comunicazione s’interruppe e lui dovette boccheggiare emettendo suoni indistinti. Indugiò prima di vedere chi fosse il mittente della chiamata, anche perché aveva già una certa idea di chi potesse essere. Aveva ormai realizzato che il cellulare non era suo, ma di Dave, e si disse che ad averlo chiamato era stata Nancy. Illuminò il display e si accertò riguardo le sue supposizioni. Sbuffò e abbandonò il capo sulla testiera in legno del letto e si chiese se avrebbe dovuto dirlo a Dave; ma lui si sarebbe solo agitato, e poi con che faccia sarebbe andato da sua moglie a dirgli: “No, guarda, Kurt si sentiva solo e mi ha implorato di stare con lui a guardare per cinque ore e mezza di fila Cinderella Story e alle sette di mattina, già che c’ero, mi ha invitato per un caffettino e un cornetto alla crema e no, non ti preoccupare, il cornetto l’ho lasciato perdere, fa ingrassare, sì, lo so. Chi, io e Hummel? Come puoi pensare che io e quella femminuccia abbiamo una sorta di pseudo-relazione? Cioè, è ridicolo, lui è un maschio, io sono un maschio e io sono perfettamente e irrinunciabilmente etero, anche se al liceo l’ho baciato e gli facevo una corte estrema e beh, tutt’ora lo amo pazzamente. E lui ama pazzamente me. E anche Blaine. E io amo senza dubbio pure te. Dici che si possano amare due persone nello stesso tempo? Poco importa, perché io voglio stare con Kurt.” Ok, il suo monologo mentale aveva preso una piega strana che sviava decisamente dall’idea iniziale. Pensò a quello che aveva detto a Dave poco prima che si addormentassero come due bambini: -E’ strano amare due persone nello stesso tempo.-

-Non è poi così strano, anche mamma e papà li amavi in ugual modo no?- aveva risposto lui, dopo aver sbadigliato e chiuso gli occhi.

-Non ho mai conosciuto mia madre…-

-Lo so.- lo aveva interrotto l’altro con le braccia dietro la testa.

-E poi, ti pare lo stesso tipo di amore?!- aveva sbottato poi Kurt stringendo le labbra.

-Va beh, adesso non fare la tragedia greca, tu ami me e basta, ok?- aveva detto Dave, che probabilmente aveva più voglia di dormire che di stare a parlare con uno che amava le soap opera romantiche. Quest’ultimo aveva assunto uno sguardo torvo.

-Chi ti credi di essere per scegliere al posto mio chi devo amare?-

Dave aveva riaperto gli occhi, li aveva puntati verso la fatina e aveva sospirato, per poi parlare una volta per tutte.

-Quando ami due persone nello stesso momento, scegli la seconda, perché se amassi veramente la prima, non ti saresti innamorato della seconda.-

Kurt aveva trattenuto il respiro e spalancato gli occhi per un tempo indefinito, fino a quando con un “Passo e chiudo”, Dave gli aveva dato la schiena e s’era addormentato quasi di colpo, lasciando Hummel a riflettere.

Adesso che ci pensava meglio, quella era una frase fatta bella e buona, una di quelle che becchi su Facebook. S’immaginò Dave che navigava sul social network e si segnava le frasi più romantiche e d’effetto, e gli scappò un sorriso. Decise di non parlargli della chiamata di Nancy e sperò che riuscisse a cavarsela, in qualche modo. Anche se sperava di più che Dave andasse dalla moglie e le dicesse: “Guarda, sono gay, non posso farci niente, sono infognato con un mio ex compagno del liceo, ah, ma lo conosci, è Kurt Hummel, tieni, non dico fesserie, ecco le registrazioni risalenti al liceo, ecco dove mi confesso ed ecco dove Kurt s’invaghisce di me.” E’ vero, anche Hummel aveva avuto i suoi scheletri nell’armadio ai tempi del liceo. Ma in quale cassetta era? Forse la 8 o la 9? Avevano registrato così tante cassette? Non importa, pensò, e tornò ad abbracciare il cuscino, senza sfiorare Dave, perché aveva l’impressione che fosse già sveglio. Tenne il cellulare di Karofsky stretto in una mano sotto il cuscino, e per la terza volta prese sonno, tentando di non pensare che nel giro di due ore avrebbe iniziato il suo turno in profumeria.

 

*

 

 *Ho messo su la cassetta.

Vogliamo finirla con queste cassette? Mi sono stufato di registrare circa quattro cassette fa.

Non lamentarti, sono sicuro che in futuro ti serviranno.

A cosa può servirmi sentire la tua voce stridula che mi fa la paternale?

Non ti faccio la paternale, voglio solo che tu ammetta di essere gay e conviva con questa consapevolezza…

Ma io non sono gay!

Ti ostini ancora a negare?

Ascoltami bene, non lo ripeterò più, è chiaro? Perché non ho voglia di ripetermi con le fatine mezze sorde: io non sono  gay. PUNTO.

E com’è che giusto un paio di cassette fa hai confessato di amarmi?

Ma dobbiamo registrare per forza anche questo punto?

Sì, e adesso rispondi.

Ma quel fatto lì non fa di me un…finocchio. Insomma, guardati!

Che vuoi dire con quel “guardati”?

Sai bene quello che voglio dire.

…Mi hai offeso.

Dai, adesso non fare il traged…tragedio…come si chiama l’attore di tragedie?

Mi hai offeso pesantemente.

Ma per favore, non…

Ti stai rendendo ridicolo e stai rischiando di perdere la mia amicizia.

Io e te siamo amici?

Fino a poco fa l’avrei anche considerato come qualcosa di più.

…Cos’è che hai detto?

Assolutamente niente, e adesso me ne vado. Si dà il caso che Blaine mi stia aspettando sugli spalti del campo di football.

Aspetta un momento, mi spieghi perché stai piangendo?

Tu sogni, non sto affatto piangendo.

Ascolta, qui non siamo in un telefilm, lo vedo che piangi, dimmi perché e smettila di negare.

TU dici a ME di smettere di negare? Sei proprio spassoso, davvero.

Torna dentro, vieni qui.*

 

L’audio peggiorò leggermente, ma si vede che i due interlocutori s’erano allontanati parecchio dal registratore. Hummel era persino uscito dall’aula, perciò la sua voce era flebile, anche se probabilmente stava urlando arrabbiato.

 

*Io faccio quello che voglio e ho deciso di andarmene. E ferma la cassetta.

Non me ne frega niente della cassetta, adesso tu entri e mi dici perché piangi.

Ti dico che non…sto…*

 

La parlantina di Kurt si trasformò istantaneamente in un lamento impercettibile che si rivelò essere un pianto a dirotto.

 

*Non ti voglio più vedere, Karofsky.

Ma perché hai reagito così? Vuoi che ti chieda scusa? Allora scusa!

Non sforzarti, non c’è bisogno.

Scusa, Kurt, perdonami, ma adesso basta fare la femminuccia, torna dentro e ne parliamo.

Parliamo di cosa?

Perché hai detto che consideravi la nostra amicizia come qualcosa di più?

Per te non è nemmeno amicizia, quindi dimentica tutto.

Cose del genere non le dimenticherò neanche tra cent’anni.

Allora spero che rimarrà un bel ricordo per te.

Dove stai andando adesso?

Te l’ho già detto, vado da Blaine. Lui sa trattarmi come si deve.

Aspetta cazzo…Aspetta!*

 

Le voci adesso s’erano ridotte a bisbigli impercettibili, poi la cassetta registrò il silenzio. Se n’erano andati entrambi e avevano lasciato la cassetta a girare per almeno un quarto d’ora. Dopodichè si sentirono dei passi pesanti, poi qualcuno che si buttava su una sedia e iniziava a singhiozzare tentando di fare meno rumore possibile. Nancy la riconobbe come la voce di Dave. Poi la registrazione venne interrotta con un verso di rabbia da parte del bullo.

Nancy tolse la cassetta e si buttò sotto al letto in cerca della decima cassetta, che non trovò. A quanto pare la nona era l’ultima cassetta. Si rigirò il mangianastri tra le mani e intanto staccò coi denti un pezzo di bacon ancora caldo. Sentì il chiavistello girare e il portachiavi di suo marito tintinnare. Non nascose il mangianastri nuovamente sotto il letto, ma se lo mise dietro la schiena, in attesa che Dave entrasse in camera da letto. Quando lo vide fare capolino, notò che il suo viso era pallido e l’espressione guardinga, come se si aspettasse chissà che sfuriata. Ma Nancy gli sorrise appena, s’avvicinò e gli una mano al collo, poi gli diede un bacio sulla guancia e uno sulla bocca, lasciando Dave un attimo interdetto e con le labbra al sapore di bacon.

-Ascolta, io…- iniziò Dave, ma l’altra gli schiacciò un dito sulle labbra e gli intimò di fare silenzio con uno “shh” sommesso.

-Torna da lui, se vuoi.- disse, e dopo fece un sospiro di sollievo, quasi si fosse liberata di un peso che l’opprimeva. Il marito fece uno sguardo confuso, così Nancy si spiegò mostrandogli il mangianastri che aveva nascosto dietro la schiena.

-Avresti dovuto parlarmene. E’ solo questo che mi fa arrabbiare.- continuò la donna. –Ma non mi arrabbio lo stesso, perché il tuo e il mio atteggiamento sono stati molto simili, per tutto questo tempo.-

Karofsky aggrottò le sopracciglia con uno sguardo da “che vuoi dire?” e la moglie lo trascinò verso il settimanale per poi aprire l’ultimo cassetto. Prese una penna abbandonata sul comodino, ne sfilò la mina con l’inchiostro che poi provvide ad infilare in un buco nascosto sotto il cassetto. Spinse leggermente e il doppio fondo del cassetto si sollevò rivelando un piccolo diario a fantasia floreale. Nancy si voltò verso suo marito che se ne stava con una faccia sconvolta e gli sorrise.

-Sono appassionata di cartoni animati giapponesi, lo sai bene.- si discolpò con uno sguardo birichino.

-No, non lo sapevo.- la contraddisse l’altro.

-Dai, non fare lo stupido.- disse lei, poi prese il diario coi fiori e glielo mise in mano. –Leggilo.- gli disse dandogli una pacca sul petto. –Io devo fare una visita a una persona. Ci vediamo più tardi.- gli diede un altro bacio sulla guancia,poi un’altra pacca sulla spalla, prese l’ultimo pezzo di bacon e se ne uscì di casa, lasciando Dave a rigirarsi quel quadernetto tra le mani.

 

*

 

-Sono occupata! Non posso venire ad aprire!-

Ma il campanello squillò un’altra volta e Santana distolse l’attenzione da quello che stava facendo per tirarsi su col busto.

-Chiunque tu sia, levati dalle palle, non è il momento!- urlò ancora. Ma niente, il campanello continuava imperterrito a suonare e Santana iniziava a spazientirsi. Si alzò di scatto e a passo svelto andò ad aprire la porta, e fece pure un grugnito quando si rese conto di chi c’era sulla sua soglia.

-Qual buon vento ti porta qui?- fece l’ispanica, che aveva addosso una vestaglietta rossa coi pizzi. –Problemi con tuo marito?- aggiunse poi con un sorrisetto malefico.

-Forse sì…o forse no.- rispose la ragazza che aveva di fronte, continuando a sorridere sin da quando era partita da casa.

-Dalla tua faccia non si direbbe. E io che speravo l’avessi trovato a letto con qualcun altro.- fece l’altra sbuffando.

-Magari con un bel ragazzo dalla pelle di porcellana e due occhi azzurri come il cielo e la voce angelica e le movenze particolarmente femminili e una passione insana per la moda?-

Santana alzò entrambe le sopracciglia e allargò il suo sorriso.

-Finalmente l’hai scoperto. Era davvero un peccato cercare di tenerli lontani, non credi?-

-Già.-

-E’ sempre un bene eliminare quelle fette di prosciutto che ci foderano gli occhi, ed è un piacere ancora più grande eliminare quelle degli altri.- affermò Santana con le braccia conserte, e non si sapeva se stesse usando una metafora o meno.

-Quindi è stato grazie a te che…?-

-Esatto. Elementare, Watson, io sono e sarò sempre una grandissima stronza.- fece l’ispanica col suo sorriso beffardo.

-Può essere, ma devo ringraziarti.-

Santana adottò uno sguardo del tutto confuso e non fece niente per nasconderlo.

-Ringraziarmi? Mi stai dicendo che sei contenta che tuo marito se la spassi con un uomo?- chiese incredula.

-Ti sto dicendo che adesso toccherà a me togliere quelle fette di prosciutto che ti ritrovi sugli occhi.- ribattè Nancy ravviandosi i capelli ingombranti con una mano. –Posso entrare?-

Dall’interno della casa provenne un urletto infantile che diceva “San, torna da me!”, ma quest’ultima lo ignorava guardando invece di sottecchi l’italo-americana che aveva di fronte.

-E perché mai? Vuoi che ti racconti come ho fatto ad abbindolare quel credulone di tuo marito e quella checca di Hummel?-

-Perché no?- fece Nancy dopo aver annuito. Santana la guardò dall’alto in basso passandosi la lingua sui denti, poi rivolse il capo verso l’interno dell’appartamento.

-Britt, il tempo è scaduto, esci di lì.-

-Ma San, avevamo appena cominciato…- mugolò l’altra dalla camera da letto.

-Non mi importa, prendi la tua roba e vattene via.-

-Esci di nuovo con la bionda?- domandò Nancy, ma fu subito zittita dallo sguardo truce di Santana.

-Muoviti, Britt!- urlò ancora, e dopo alcuni minuti una Brittany coi capelli scompigliati, gli scaldamuscoli al braccio, un cappello peloso che le copriva anche le orecchie e un orsacchiotto sotto l’ascella fece il suo ingresso nell’ingresso e poi fu spinta fuori dall’ispanica.

-Perdonami tesoro, ma ho una questione di lavoro da sistemare. Ti chiamo più tardi, zuccherino.- disse Santana dopo aver spinto Nancy all’interno della casa.

-Più tardi io e Lord Tubbington andiamo a prendere il tè da Lady Peach al di là dell’arcobaleno. Me l’ha presentata Noah.- ribattè la bionda torcendosi una ciocca di capelli sul dito.

-Allora buenos dias, e di’ a quel gattaccio di piantarla di fumare.- concluse Santana per poi chiudere la porta di casa e lasciare Brittany col muso che arrivava a terra. Ma per fortuna aveva con sé il suo orsacchiotto, e in una tasca erano rimaste un paio di caramelle gommose. Rimase seduta lì sulle scale a gustarsi quelle due caramelle alla frutta ed era così intenta a pensare a che gusto sarebbe stato il tè di Lady Peach –forse alla pesca, riflettè- che nemmeno si accorse dei rumori che provenivano dall’interno dell’appartamento. Rumori poco consoni a un incontro di lavoro.

 

 

 

 

 

§

 

 

 

 

 

Ta-daaaan. Sono tornata nella mia città per un paio di giorni e ne ho approfittato per concludere il capitolo che avevo lasciato a metà ed aggiornare ^w^

In questo capitolo ho voluto dare un po’ di spazio anche al mio personaggio originale e credo che ormai si sia capito perché non ha reagito poi così male quando ha saputo di Dave. E’ poco originale, forse. Però non riuscivo a figurarmi una farsa più farsa di questa (rimandando al primo capitolo XD).

Angolo delle curiosità: -Per me Blaine sa di lacca, punto. Il Fahrenheit, quello rosso, è il mio profumo maschile preferito. Starei lì ore ad annusarlo. E poi è il profumo di mio padre, se lo mette da una vita, ormai associo quel profumo a mio papà, e anche a mio fratello talvolta.

-“Finn ha la capacità cerebrale di un tagliaerba vecchio modello”. Volevo dire di un cucchiaino da tè o un cactus, ma una delle due (perdonatemi se non mi ricordo, ma la mia memoria…oh!, la mia memoria fa davvero pena!) la dice Hermione riferendosi a Ron dopo che Harry bacia Cho nel quinto film, ma non ricordo poi così bene…*Va a rivedere il film* sì, credo sia un cucchiaino…

-La scelta di Judas come suoneria mi pare ormai ovvia: I wanna love you, but something’s pulling me away from you, Jesus is my virtue but Judas is the demon I cling to.  Jesus è uno, Judas è l’altro <3

-“Quando ami due persone nello stesso momento, scegli la seconda, perché se amassi veramente la prima, non ti saresti innamorato della seconda.” Sì, l’ho letta su facebook, lo ammetto ç_ç Mea culpa. Mi sembrava perfetta per la mia ff ç_ç

-Il nascondiglio nel doppio fondo del cassetto arriva direttamente da Death note, ed è il luogo dove Light nascondeva il quaderno della morte. *saltella sventolando bandierine colorate*

-Lady Peach è la principessa Peach di Supermario. Infatti ho citato anche Noah, che tanto è fissato con quel videogioco XD

-Lord Tubbington non vuole smettere di fumare D:

-Immaginatevi dei rumori poco consoni a un ambiente lavorativo. Boh, quelli sono i rumori che infestano casa Lopez LOL e si sa di che tipo sono.

 

Adesso me ne vado nuovamente al mare, buon vacanze a tutti e anche a me ^^ :)

 

 

 

 

Mirokia

 

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Capitolo 12
*** No one. Or maybe... ***


Delirious

 

 

 

 

 

 

12. –No one. Or maybe…-

 

 

 

 

 

 

Caro diario…no, adesso basta con le bambinate, non mi pare il caso, cambiamo introduzione…Caro quaderno.

E’ da parecchio che non annoto qualcosa, forse dalla scuola primaria…sì, comunque da parecchio tempo.

 Ieri ho iniziato il liceo, ho scelto il McKinley giusto perché è vicino casa e non avevo voglia di tirar fuori il motorino ogni mattina. La scuola non è male, ma i miei compagni sono un tantino titubanti nel parlare con me. Probabilmente perché sono italiana ed è solo da un paio d’anni che sto qui in Ohio. Ho come la sensazione che anche qui dovrò usare le maniere forti per farmi rispettare. E per guadagnarmi una reputazione degna di questo nome. Sembra che la reputazione qui valga più di qualunque altra cosa, persino più della propria vita. A me sembra una moda del tutto idiota, ma dovrò pur sopravvivere in questa gabbia di matti. Non sono male nel ballo…potrei provare ad entrare nel gruppo delle cheerleaders. Anche se preferirei di gran lunga la lotta libera, ma ho sentito che là dentro c’è una cicciona che non perdona. E io le ossa vorrei non romperle prima dei vent’anni, grazie. Credo m’iscriverò alle audizioni per il cheerleading, sì. Glee club no grazie, son stonata come una campana. Va bene, passo e chiudo, ci risentiamo tra un paio di mesi –la mia voglia di annotare roba ogni giorno è uguale a zero. No, meno uno.-

 

Dave lesse quelle prime paginette color verde pisello col sopracciglio alzato, chiedendosi com’è che non sapeva nulla di quel diario e, soprattutto, com’è che Nancy gliel’avesse voluto far leggere. Incuriosito, girò pagina e vide che il colore della penna era cambiato da blu a rosso.

 

Un paio di mesi dopo, eccomi qua.

Non sono stata presa tra le cheerleaders. La coach mi strillava che lei in quel momento stava espellendo un calcolo biliare, o qualcosa del genere, e che la mia esibizione rendeva la sua impresa più ardua di quanto già non fosse. E va beh, chi se ne frega, ho ben altro da fare piuttosto che sgambettare come un’idiota davanti a una lesbicona frustrata sessualmente. Parlo della Sylvester, ovviamente. A proposito, alle audizioni ho conosciuto qualche ragazza, tutte figlie di mamma a mio parere. Dio, quanto se la tiravano, erano qualcosa di insopportabile. Soprattutto quelle tre, sì, le tre dell’ave Maria, che fanno appunto parte anche del club della castità. Mi ricordo solo di una, che è feticcia come me, diciamo. Lopez mi sembra si chiami, Santana Lopez. E’ ispanica, se non erro, e ha un fisico da urlo. Forse è per questo che la lesbicona con le coliche renali non m’ha preso: sono italiana e pure in carne. E non mi piace Madonna. Già, forse quello non avrei dovuto dirlo, così magari non m’avrebbe tirato dietro una…protesi per il seno? Petto di pollo? Devo ancora informarmi bene sulla natura di quell’oggetto viscido che m’è arrivato in fronte.

Va beh, passo e chiudo, ne riparleremo tra qualche mese, magari anche l’anno prossimo. Mi scoccia scrivere su sto quadernetto, e allora perché lo sto facendo? Sono tonta o cosa? Quasi quanto Finn Hudson? Quel difensore è famoso per la tontaggine, che cosa tenera. Ok, basta, passo e chiudo davvero, guarda, sto chiudendo, ecco fatto, adesso basta, stacco la penna dal foglio, proprio ades

 

E la parola era stata davvero lasciata a metà, come se davvero avesse deciso di staccare la penna dal foglio senza neanche completare la parola. Che tipetto, si disse Dave, e intanto pensava al fatto che Hudson era davvero famoso in tutta la scuola per il suo essere particolarmente stordito. E successivamente avrebbe migliorato la propria reputazione perché sarebbe diventato quarterback e poi fidanzato della capo cheerleader Quinn Fabray.

Fece uno sbadiglio, non tanto perché quelle pagine lo stavano annoiando quanto per il fatto che quella notte non aveva chiuso occhio. Ma proprio per niente. Quando Kurt aveva preso sonno, lui s’era messo a guardarlo mentre dormiva e successivamente, quando quello s’era svegliato, aveva fatto finta di dormire. Gli avrebbe dato dell’Edward se l’avesse beccato a spiarlo mentre dormiva. Ma basta pensare a Kurt, doveva smetterla. Sua moglie aveva ascoltato tutte le sue vecchie cassette e aveva scoperto tutto, tutto quanto. Eppure non aveva fatto una piega. Insomma, se la immaginava stesa sul letto a piangere amaramente mentre lui si scolava bicchieroni di Jack con la faccia di uno che s’è pentito di aver fatto determinate cose. L’aveva preso del tutto alla sprovvista…Sapeva bene che Nancy era un tipo particolare, ma forse non la conosceva poi così bene. E se ne rese davvero conto dopo aver letto le altre pagine, questa volta scritte con una penna verde scuro. Si chiese se lo facesse apposta a cambiare penna ogni volta.

 

E’ già il mio secondo anno al McKinley. L’avevo detto che non avrei scritto più niente e così è stato.

Questo primo anno di liceo m’è servito a crescere, credo di essere un tantino cambiata. O almeno, di aver conosciuto meglio me stessa. Sono dimagrita parecchio, e il merito non è della dieta che ho tentato disperatamente di fare: il merito si chiama Santana Lopez. Sì, la stessa meticcia di cui ho parlato nelle scorse pagine. Lei sembra ossessionata dall’aspetto fisico e credo che mi abbia messo addosso la stessa mania. Voglio dire, non ci ho mai davvero parlato, la vedo solo di continuo per i corridoi, mano per la mano con una tipa bionda, sempre perfetta nella sua uniforme, mentre ingurgita bibitoni preparati dalla lesbicona frustrata o mentre si trucca con quel suo modo deciso di agitare il pennello. Sono dimagrita e mi sono esercitata nel ballo, e sono entrata nelle cheerleaders. L’ambiente non mi piace, mi fa del tutto cagare, ma da quando ci sono dentro, la gente quasi si inchina al mio cospetto quando passo nei corridoi. E non è una sensazione del tutto negativa. Anche se vorrei cavare gli occhi a qualche ragazzo che si permette di allungare lo sguardo e mozzargli le braccia quando cerca di allungare le mani.

E’ strano, ma non ho ancora avuto un ragazzo. Mi hanno fatto parecchie proposte da quando faccio parte delle cheerleaders, ma non ho mai accettato. E’ che non lo voglio un ragazzo, non mi va, non mi piacciono, sanno solo darmi sui nervi. Invece inizio a pensare che una ragazza non mi dispiacerebbe. Voglio dire, sembro essere ormai ossessionata da questa Lopez e manco ci ho mai parlato. Quello che so è che quando la vedo mi imbambolo e finisco per andare a sbattere da qualche parte. Come oggi, ad esempio: sono andata addosso a un ragazzo di Hockey, che è stato anche gentile a non mandarmi direttamente a quel paese. Ma a parte questa mia tendenza lesbo che tento di tener nascosta sin dalla scuola secondaria, non c’è poi così tanto da annotare. Ah, vado malissimo in francese. Avrò bisogno di ripetizioni. C’è un ragazzo che frequenta le lezioni di francese con me che si chiama…Dio, non mi viene il nome, so solo che è più ragazza che ragazzo. Dev’essere una di quelle insopportabili checche mestruate, te ne accorgi già da come si veste e da come si muove e da come si guarda intorno e da come parla…ma come parla?! E’ buffissimo, sul serio…Non si sa se stia parlando o cantando. Magari chiedo qualche ripetizioni a lui…lei…lui…almeno mi faccio un paio di risate XD

Passo e chiudo adesso, mi faccio un’insalata di carote, la Lopez ne mangia un sacco di carote, in mensa. Devono far bene alla pelle. Ok, basta, ciao.

 

Dave accarezzò quell’ultima pagina, poi provò a riportare a mente il suo secondo anno di liceo: quel ragazzo di Hockey con cui s’era scontrata Nancy era proprio lui, se lo ricordava bene. Ed era vero che aveva fatto fatica a non mollare una bestemmia. Però lei era una cheerleader, per altro molto carina e particolare, non avrebbe potuto dirle niente, era un gentiluomo, in fondo. Ma parecchio in fondo, tipo in una parte remotissima del suo fegato. Il resto erano nervi e basta, pronti a sfogarsi sul primo malcapitato che gli passava davanti. Pensò a quella che Nancy chiamava “lesbicona frustrata sessualmente” e i lati della bocca si piegarono leggermente in un sorriso. Poi lesse le ultime parole, quelle in cui descriveva un ragazzo/ragazza particolarmente bravo in francese e con una voce talmente piccola e melodiosa che sembrava cantasse di continuo. E non potè che venirgli in mente Kurt, e sicuramente ci aveva anche azzeccato. Tornò serio e toccò il punto in cui Nancy aveva scritto “lesbo” e si rese conto di quello che proprio non si aspettava. Probabilmente le pagine seguenti sarebbero degenerate in qualcosa di più forte della semplice “tendenza lesbo”, ma proprio non se la sentiva di leggere ancora. Almeno, non in quel momento. Ancora non era riuscito a gestire la propria probabile omosessualità, come poteva gestire quella altrui? Altrui? No, era di sua moglie che si stava parlando!

Ci mise quasi un’ora per riprendersi dalla notizia e dovette mangiare un paio di croissant alla crema –non importava se fanno ingrassare- per consolarsi. Stava per distrarsi guardando un film di fantascienza –magari la Lanterna Verde-, quando il cellulare gli vibrò in tasca. Si chiese con un cipiglio chi potesse essere a quell’ora della mattina e, con la vaga speranza che fosse Kurt, rispose senza pensarci.

-Pronto.-

-…Chi parla?-

Quando udì quella voce vagamente familiare, Dave arricciò il labbro superiore.

-Dovrei chiedertelo io.- disse piuttosto serio.

-Non sei Kurt.- disse l’altra voce.

-Davvero? Da cosa l’hai intuito, dalla voce maschile?- fece Dave ironico, che ancora non aveva del tutto afferrato a chi diavolo appartenesse quella voce.

-Perché hai il suo cellulare?- continuò imperterrito l’interlocutore.

-Che storia è questa? Il telefono è mio.-

-Non credo proprio, questo è il numero di mio marito.-

A quell’affermazione, Dave impallidì, poi aprì e chiuse la mano sinistra iniziando a sudare freddo. Non s’era sbagliato, quella fastidiosa voce era davvero sin troppo familiare. Si maledisse per aver utilizzato quel tono ironico e si limitò a digrignare i denti.

-E, non vorrei sbagliarmi, ma tu mi sembri proprio Karofsky.- continuò Blaine con un tono di voce decisamente duro.

-E…anche se fosse?- fece Dave del tutto titubante.

-Perché hai il telefono di Kurt?-

-E’…venuto a casa mia a prendersi un caffè e se l’è dimenticato qui.- si inventò Dave, la mandibola che gli vibrava per la tensione.

-Kurt detesta il caffè, gli ingiallisce i denti.- disse l’altro, con la risposta pronta.

-Allora il tè…- Dave s’arrampicava ormai palesemente sugli specchi.

-Dai, falla finita, dimmi come stanno le cose.- tagliò corto Blaine.

-Che devo dirti?-

-Anche Kurt è strano da quando sono partito. Dimmi che è successo.- Blaine sembrava rimanere calmo e compassato anche se in sottofondo una voce maschile gli intimava di chiudere il telefono con sonori “la pianti di stare sempre al cellulare? Hai un servizio fotografico da fare, muovi ste gambette corte.”

-Non è successo niente.- negò subito Dave, ed ebbe voglia di sotterrarsi.

-Ieri ho chiamato Kurt e il suo tono di voce mi suggeriva che aveva appena smesso di piangere. Mi vuoi dire o no perché piangeva?- insistette Blaine, con Jesse St. James che per poco non gli strappava il cellulare dall’orecchio.

-Come faccio a sapere cosa faceva se non ero con lui in quel momento?-

-Ma in altri momenti sì, vero?-

Dave rimase un attimo in silenzio, convinto di aver parlato a sproposito, poi disse qualcosa di veritiero.

-Sono andato a trovarlo quando ha avuto la febbre…-

-La febbre?!- lo interruppe subito Blaine. –Ha avuto la febbre? E quando?!-

-Non ti ha detto nulla?- chiese Dave in un sussurro quasi soddisfatto. Blaine non ebbe il coraggio di rispondere e prese a mangiarsi le unghie come mai aveva fatto. Quelle unghie perfette e laccate da Kurt giusto il giorno prima di partire. E che fino a quel giorno, ancora non s’erano rovinate. Stava per dire qualche brutta parola a Karofsky, quando Jesse lo minacciò pesantemente e lui fu costretto a interrompere la chiamata.

-Adesso devo chiudere. Restituisci il cellulare a Kurt il più presto possibile, ho bisogno di parlargli.-

-…D’accordo.- riuscì soltanto a dire l’altro, lasciando che Blaine chiudesse la chiamata in modo brusco. Dave s’imbambolò a guardare un punto fisso nel muro, poi il suo sguardo rotolò sino al cestino sotto la scrivania: vide spuntare qualcosa di familiare. Si avvicinò trascinando a fatica quella che lui considerava massa grassa e si chinò per raccogliere l’oggetto: era la statuetta degli sposi che aveva sottratto a Kurt anni prima. Ecco perché non ne aveva più visto l’ombra –ammise di essersi agitato quando pensava di averla persa-. Si chiese chi è che avesse potuto buttare quella statua nell’immondizia, ma la risposta gli venne spontanea e palese e non se ne stupì.

Guardò il cellulare che aveva ancora in mano e il cuore fece un balzo quando si rese conto che quello era il cellulare di Kurt. Senza indugi, andò a sbirciare nei messaggi –neanche prese in considerazione il fatto che quella era violazione della privacy-, ma s’accorse subito che il tutto era protetto da password. Pensò al fatto che anche lui aveva messo la password ai messaggi e alla rubrica, perciò non poteva biasimarlo. Provò a pensare alla parola composta da quattro lettere che Kurt avrebbe potuto usare come password: era un tipo meticoloso, perciò non avrebbe mai messo dei numeri a caso, col rischio di dimenticarseli. Digitò “glee”, ma a quanto pareva, quella era roba passata. Provò  con “gaga”, ma nulla. Pensò a cos’era davvero importante per Kurt…La famiglia. Provò con “Finn”, ma niente da fare. Allora il nome di suo padre, “Burt”, ma ancora nulla. Blaine l’aveva scartato già da subito, visto che il suo nome ha sei lettere e, per quanto ne sapesse, non aveva alcun soprannome. Ci pensò ancora: cos’è che Kurt ama più di se stesso? …Ehi, ma Kurt ama se stesso più di qualunque altra cosa. Perfetto, la password è “Kurt”.

“Password non corretta”

-Ma va va. Sei un tipo troppo difficile, ragazzo mio.- borbottò l’ex bullo e, quasi per noia, si mise a digitare numeri a caso. –Già che ci sono ci metto pure il mio nome, tanto non è che…-

Neanche finì di parlare a se stesso, che la cartella dei messaggi si aprì e lui si drizzò sul letto con una risatina nervosa. Per poco non si mise a vomitare arcobaleni.

Trattenendo l’emozione temporanea, andò direttamente ad aprire  la cartella dei messaggi personali. I primi erano quelli che gli aveva mandato la sera prima, gli altri erano tutti di Blaine. Ed erano talmente dolci e stomachevoli che Dave ebbe la sensazione di essersi beccato un’improvvisa carie e/o indigestione di dolciumi. O magari quei dolori allo stomaco andavano associati alla brioche alla crema di poco prima. O alla pizza al prosciutto di un paio di giorni prima. Forse. Lesse altri messaggi e uno in particolare attirò la sua attenzione.

 

Sono in un locale che si chiama Supersonic! Oggi è il compleanno di un mio amico che lavora qui e sono passato per fargli gli auguri :) Tra un’oretta sono a casa!

 

Rimase alquanto spiazzato nel leggere il nome del locale in cui lavorava da giusto qualche giorno: non era un posto per damerini, quello. Non ce lo vedeva Blaine che ballava a ritmo minimale tra tipe e tipi mezzi nudi. No di certo. Guardò la data del messaggio e storse il naso quando lesse “3 marzo”. Quella data aveva qualcosa di familiare, ma ancora non ricordava cosa...Per farsi un’idea più chiara lesse il messaggio seguente.

 

Perché me lo chiedi? Sei forse geloso? :) Si chiama Josh, comunque. Te lo presenterei ma è timido XD Adesso vado, a dopo amore.

 

Giusto, Josh. Era Josh che faceva gli anni il 3 di marzo. Allora Josh era amico di quel damerino dei suoi stivali di Blaine Anderson? Possibile? Non era ancora così sfigato, dai. Ma poi, un attimo. Josh era un ragazzo conosciuto da parecchia gente, certo. Ed era così famoso per una sua certa abilità, non trascurabile di sicuro, ma che non porta neanche fama positiva: il sesso. Josh era particolarmente bravo a fare sesso, ed era piacevolissimo da vedere: i capelli biondo paglia che formavano dei riccioli talmente numerosi e perfetti da sembrare una parrucca, due occhi di un verde che ti rapisce, un fisico esile ma decisamente tonico, un sedere da far girare la testa. I clienti ne andavano matti. Ecco. I clienti. Restava da scoprire se davvero Blaine era un amico di Josh o più semplicemente un suo cliente. E se davvero fosse stato un suo cliente, Dave si sarebbe fatto una di quelle risate amare che non finiscono più e te le porti dietro fino alla vecchiaia.

Dave conosceva Josh. S’era trasferito da un anno a quella parte nel suo stesso quartiere, e viveva da solo. Dato che non aveva la patente e si scocciava di prendere i mezzi pubblici, a volte chiedeva cortesemente a Dave se poteva dargli uno strappo sino al luogo in cui lavorava, quel Supersonic appunto. L’aveva anche invitato tante volte ad entrare nel locale, ma dopo che Dave s’era reso conto del lavoro che faceva quel tipo, aveva preferito non mettere piede in quella specie di bordello dicendogli più volte che non erano cose che fanno per lui. Aveva usato anche la scusa di Nancy, ovviamente.

-Sono fidanzato da un annetto, mi dispiace.- diceva, per tentare di scollarselo di dosso.

-Come se questo cambiasse qualcosa. Le persone che vengono ad offrirmi soldi sono quasi tutte fidanzate, la metà sposate. Vedi un po’ tu che fare.- rispondeva Josh torcendosi un dito in uno dei suoi riccioli perfetti.

-Ti ho già detto che non entro, non insistere. E poi non sono gay, fine della questione.-

-Perché vuoi metterlo in chiaro? Non ti ho mica chiesto se sei gay o meno.-

Le parole di Josh riuscivano sempre a tenerlo in una leggera tensione. Sembravano così studiate e sensate e plausibili che lasciavano Dave un attimo interdetto, indeciso su cosa rispondere.

-Senti, cosa vuoi da me?- chiedeva allora Dave, piuttosto innervosito.

-Niente, ci tengo che tu ti diverta un po’, visto che ti vedo sempre col muso lungo.-

-Non ho il muso lungo, son proprio fatto così.- rispondeva Karofsky mettendo appunto il muso.

-Allora sei fatto male.- sorrideva l’altro e apriva lo sportello della macchina lasciando che la musica spacca timpani proveniente dal locale lo investisse violentemente. –Grazie per il passaggio comunque, un giorno mi sdebiterò.-

-Non ce n’è bisogno, fidati.- ribatteva Dave e, col viso contratto a causa della musica forte, metteva in moto per poi sgommare via.

I due erano diventati amici col passare del tempo e della benzina, ma Josh non aveva mai smesso di provarci con Dave. Era l’unico uomo che non aveva ceduto alle sue avances, e stava lentamente iniziando a pensare che fosse veramente etero. O innamorato di qualcun altro, più probabilmente. Una volta, per farlo stare zitto, Dave gliel’aveva pure confessato.

-Sì, amo un’altra persona, d’accordo? E adesso sta’ zitto.-

-Una persona che non è Nancy?-

-…Ma che ti importa? Ti fai gli affari tuoi? Vai a farti sbattere come un tappeto e lasciami vivere.-

Certo, non era poi così gentile con lui, ma certe volte era davvero una piattola. Qualcosa di appiccicoso e insopportabile. Puoi essere bello quanto vuoi, bravo a letto come pochi, abile nel conversare eccetera, ma se sei una palla al piede perdi tutti i punti acquistati in precedenza, e che diamine. Adesso comunque avrebbe dovuto essere più gentile e farsi spiegare qualche cosina. Magari qualcosa che riguardava quel Blaine o come si chiama. Peccato che il suo numero ce l’avesse sulla rubrica del cellulare, e il suo cellulare ce l’aveva Kurt. Forse sarebbe dovuto andare a riprenderselo. Si alzò dal letto sbuffando e si decise per raggiungere la profumeria in cui lavorava Kurt. Non prima però di aver letto un messaggio appena arrivatogli sul cellulare:

 

Allora, avete scopato? Dimmi di sì, cazzo!

 

Era di Santana. Sembrava particolarmente curiosa e impaziente, quella mattina.

 

*

 

Dave non poteva sapere che Kurt, in quel momento, dopo aver parcheggiato appena fuori della profumeria, stava facendo i suoi esatti movimenti: cellulare, sfondo schifoso, messaggi, ops, c’è la password. Si scervellò anche lui per indovinare la password: provò col nome di suo padre, “Paul”, ma niente. Poi qualcosa che c’entrasse con il football, con Nancy, col cibo, tentò persino con “glee” pensando che magari a Dave piaceva il Glee, anche se non voleva darlo a vedere. Digitò anche il nome di Josh, che da quel giorno in cui aveva origliato la telefonata, non se l’era più tolto dalla testa, e quasi tirò un sospiro di sollievo quando scoprì che la password era errata. Poi gli venne un’idea, che non era poi così remota, visto che era stato il suo primo pensiero. Ma non voleva sembrare megalomane, e soprattutto non voleva illudersi sul fatto che magari il suo nome poteva davvero essere la password che Dave aveva scelto. Allora digitò “Kurt” sulla tastiera, e la sua via verso i messaggi di Dave fu libera e spianata. Non si stupì del tutto, aveva sempre saputo che quel bullo introverso del liceo non aveva mai smesso di volergli bene. E anche lui, dopotutto, ultimamente aveva cambiato la password col nome di Dave. Prima aveva “gaga”, ma non è che lo soddisfacesse più di tanto.

Smise di pensare alle password e si fiondò sui messaggi ricevuti. I primi erano i suoi, poi ce n’era qualcuno di Nancy, della serie “Stasera faccio due uova all’occhio di bue, va bene?” oppure “Faccio tardi da GAP, mi hanno chiesto di fare lo straordinario” oppure “Ho visto Santana poco fa, è simpatica =)” e questo già gli parve strano, perché dire che Santana è simpatica è come dire che Finn non va ad assaggiare l’erba del vicino per assicurarsi che sia migliore della propria. Dopodichè andò ancora giù e un nodo intriso di rabbia e gelosia si formò all’altezza della gola: iniziò una serie di messaggi che avevano come mittente un certo “Josh”. Ed erano parecchi, non ce n’erano solo un paio, saranno stati almeno una trentina. O quaranta. E chissà quanti altri erano stati cancellati. Li lesse tutti, e si soffermò su quelli che più gli avevano fatto ritorcere le budella.

 

Tesoro, sappi che sei sempre il benvenuto nel mio locale.

 

Stavi bene oggi in camicia, non sai che pensieri mi son fatto…

 

Grazie per lo strappo, davvero, mi sdebiterò in qualche modo…E io so già quale, ovviamente ;)

 

Davvero, perché non mi dai una possibilità?

 

Grazie per l’ennesima volta, ti pagherò la benzina. Diventi ogni giorno più bello, non so più come dirtelo :)

 

Non è vero che sei grasso, io ti pagherei per averti una sola notte :P Sì, hai capito bene, per una volta sarei io a pagare qualcun altro! :D

 

Quest’ultimo messaggio lo lasciò interdetto e gli fece sorgere la questione “lavoro di Josh”. Che diavolo di lavoro faceva per parlare in quel modo? Era un prostituto uomo o qualcosa del genere? Perché, ne esistevano? E perché Dave si scambiava dei messaggi simili con un prostituto uomo? Se ne andava coi prostituti e poi negava di essere gay e faceva tante storie con lui? Ah no, questa gliel’avrebbe dovuta spiegare. O magari avrebbe chiesto informazioni direttamente a quel Josh lì. Josh…che poi aveva lo stesso nome del famoso amico timido di Blaine che lavorava in uno strano locale in periferia. Non è che magari era lo stesso? Aspetta, ma Blaine amico di prostituti? Ma che diavolo…?
Kurt sentiva il cervello andargli lentamente in fumo e continuava a picchiettare con le dita sul volante, la testa pesante per i troppi pensieri e le domande che s’affollavano. Basta, avrebbe chiamato, tanto ormai che aveva da perdere? Forse solo il lavoro, visto che era già in ritardo di un quarto d’ora.

Cercò in rubrica il nome odioso di Josh e premette il pulsante verde della chiamata. Attese secondi interminabili e stava per mettere giù quando una voce assonnata rispose.

-Pronto, Dave, lo sai che a quest’ora dormo…-

-Sei Josh?-  fece Kurt tentando di trattenersi.

-Sarò chiunque tu voglia, tesoro.- ribattè l’altro, che forse ancora non s’era reso conto della differenza di voce.

-Non sono Dave, è bene che tu lo sappia.- mise in chiaro Kurt a denti stretti.

-Lo dicevo io…Pensavo che Dave si stesse divertendo coi palloncini d’elio.- e rise piano, con una voce che sembrava dolce e pacata. –Sei un amico di Dave?-

-…sì.- Kurt avrebbe detto volentieri “anche qualcosa di più”, ma in quel momento non gli sembrava il caso.

-E…cosa desideri? Hai, non so, bisogno dei miei servigi?-

-I tuoi servigi? Cos’è che fai?-

-In che senso? Vuoi sapere che lavoro faccio?- chiese Josh dopo aver fatto un leggero sbadiglio, la voce ancora impastata dal sonno.

-Esatto.-

-Sei alle tue prime armi?- chiese divertito, ma l’altro serrò la bocca infastidito.

-No.-

Josh rimase spiazzato da quella risposta così secca e ci mise qualche secondo prima di rispondere.

-...Scusa eh, cercavo solo di metterti a tuo agio.-

-Dimmi che lavoro fai.- insistette Kurt, le mani che sudavano. Josh ci pensò un po’ prima di rispondere, ma poi s’accasciò nuovamente sul letto a due piazze e respirò pesantemente.

-Faccio compagnia alle persone in cambio di soldi.- disse quasi scocciato, come se lo avesse ripetuto chissà quante volte.

-Sei un…prostituto?- chiese Kurt impacciato, provocando nell’altro una sincera risata.

-Credo che il nome più corretto sia gigolò, ma mi piace la tua versione.- esclamò nella sua risata melodiosa.

-Non cercare di abbindolarmi.-

-Non ti sto abbindolando, ma si può sapere perché mi hai chiamato? Per di più col cellulare di Dave?- chiese ancora dopo aver smesso di ridere così di gusto.

-Non parlare di lui come se lo conoscessi.- ribattè subito Kurt, nella voce una nota di rabbia.

-Ahi ahi ahi, qui c’è puzza di gelosia.-

-Sei stato a letto con Dave?- chiese Hummel, che aveva deciso di ignorare i discorsi di Josh riguardanti la gelosia. Lui non era geloso. Per niente. Dave non era il suo ragazzo, pfui, figuriamoci, perché avrebbe dovuto essere geloso di qualcuno che se ne andava coi prostituti e che lo faceva sentire a sua volta un prostituto?

-Ehhh.- fu la risposta di Josh, davvero molto vaga.

-Rispondi senza divagare!- lo intimò Kurt, che adesso aveva le labbra quasi viola per il nervoso.

-Purtroppo no, mio piccolo amico.- rispose finalmente l’altro.  -E’ riluttante nei miei confronti, sembra che sia innamorato pazzo di un’altra persona. Non mi guarda neanche per sbaglio, a me.-

Kurt guardò il cellulare con sospetto.

-Dici sul serio o racconti frottole?-

-Te lo giuro, è da mesi che ci provo con lui, ma niente. E’ una roccia, non lo scalfisci in alcun modo. Perciò, se gli stai dietro, ti consiglio di rinunciare, piccolo amico.-

-Non sono piccolo e non sono tuo amico.- borbottò Kurt tra i denti, e l’altro fece un risolino.

-Stare con Dave ti fa male, eh? Rispondi quasi come lui.- disse divertito. –Ma stai con lui? Sei il suo nuovo fidanzato?-

-Ma…è sposato.-

-Oh già, me n’ero scordato. Mi è sempre sembrato troppo gay per essere sposato con una donna, perdonami.- fece il tono da finto dispiaciuto e intanto rideva sotto i baffi. Kurt avrebbe voluto asserire con un “anche io, hai proprio ragione!”, ma non aveva ancora tutta quella confidenza con quel tipo poco raccomandabile. Si schiarì la voce e provò a fare un’altra domanda.

-Ma lavori al Supersonic?-

-Sì, certo, lavoro lì da ormai tre anni.- rispose quello controllandosi le unghie.

-Quanti anni hai?-

-Ventuno.-

-Quando fai gli anni?- insistette Kurt, e l’altro sbottò dopo essersi messo a sedere sul materasso.

-Ma è un interrogatorio? Non ho ucciso nessuno, lo giuro.-

-Quand’è che fai gli anni?- Kurt non demordeva, il che iniziava a preoccupare il povero Josh.

-Il 3 marzo. Ma a che ti serve saper…?-

Kurt non lo fece neanche finire di parlare che intervenne con un’altra domanda.

-Conosci Blaine Anderson?-

-Blaine…Blaine…Ne conosco due, credo. Descrivimelo.-

Probabilmente, gli unici due Blaine del mondo avevano fatto conoscenza con lui. Dove lo trovi un altro che si chiama Blaine?

-Capelli ricci e neri tirati indietro col gel, sopracciglia pronunciate, occhi nocciola…-

-Basso?- intervenne Josh quando gli venne un colpo di genio.

-Abbastanza.-

-Sì, lo conosco.- asserì annuendo.

-E’ un tuo amico?- chiese Kurt, il cuore in gola.

-Un mio cliente, direi. Mi frequenta da un anno e passa.-

Qualcosa dentro Kurt si spezzò. Era il suo cuore, probabilmente. Perché non riusciva a reggere il peso di una scoperta tanto shockante. Restò lì fermo con lo sguardo vuoto, la chiamata ancora aperta, le labbra che gli tremavano, l’occhio sinistro che già lasciava cadere una lacrima mentre l’altro s’era appena riempito.

-Ehi, sei ancora là? Non mi hai ancora detto come ti chiami. Yuuhu, c’è nessuno? Dai, vieni a trovarmi, ti faccio lo scont…- la voce di Josh fu coperta dal suono del clacson, poiché Kurt aveva appena lasciato andare il capo e s’era appoggiato sul volante attivando il clacson. Ma sembrava non gliene importasse nulla. Se ne stava lì, con le lacrime che bagnavano qualunque cosa, incapace di muoversi, incapace di pensare a qualunque cosa, con gli anni di matrimonio che gli passavano davanti agli occhi sfocati e deformati, come se avesse assunto una potente droga. E’ l’effetto del delirio interiore, si diceva, e mormorava che non ce la faceva più, che probabilmente di lì a poco sarebbe davvero diventato pazzo e nessuno l’avrebbe salvato. Nessuno, nessuno…o forse…

-Kurt! Che diavolo fai?!-

Kurt alzò il capo mettendo fine al suono fastidioso del clacson e guardò con occhi gonfi fuori dal finestrino. Dave gli chiedeva con gli occhi cos’è che non andava e gli faceva segno di scendere dalla macchina.

Nessuno poteva salvarlo, nessuno. O forse…

 

 

 

 

 

§

 

 

 

 

 

Spazio dell’autriceeee, ngooooh!

Buongiorno, anzi, buonanotte, al momento è notte e io volevo aggiornare, ma lascerò questo compito alla mia connessione lentissima quasi inesistente, quindi se avete letto il capitolo è stato grazie alla gentile concessione della connessione lenta <3 Se non lo avete letto significa che lassù qualcuno mi odia. Stanotte non sto bene, devo essermi fumata qualcosa, a i u t o.

O molto più probabilmente sono di buon umore, infatti vi ho allungato il capitolo *si sente soddisfatta*

Finalmente la mia storiella sta prendendo la piega che volevo. Josh è un altro mio personaggio originale e gli ho dato finalmente un po’ di spazio. Il nome Josh non l’ho preso da nessuna parte, semplicemente mi piace come suona, LOL e straLOL.

Va bene, diamo sfogo alle curiosità, sempre lolleggiando con allegria.

Angolo delle curiosità: -Di norma non cambio mai il carattere e il colore quando scrivo –se devo dire la verità, mi sa di bambinominchia-, ma in questo caso ci tenevo a dare l’idea. Dato che anch’io di tanto in tanto (una volta ogni 6 mesi tipo XD) annoto qualcosa su un diario, tanto per non dimenticare (la mia povera memoria!) e cambio penna ogni volta, ho riportato questa mia abitudine tra le abitudini di Nancy. Sì, mi piace ripetermi.

-Tutti i personaggi o gli oggetti o i comportamenti citati nel diario di Nancy sono a noi molto familiari. A partire dalla Sylvester fino ad arrivare alle protesi di pollo. Buone. La grassona del club di lotta libera dovrebbe essere Lauren, se l’ho insultata perdonatemi ç-ç

-I continui riferimenti ad Edward Cullen sono del tutto casuali. Per altro mi viene più spontaneo, visto che qui al mare ho un amico che gli somiglia particolarmente XD

- “Se la immaginava stesa sul letto a piangere amaramente mentre lui si scolava bicchieroni di Jack con la faccia di uno che s’è pentito di aver fatto determinate cose.” Quando ho scritto questa frase pensavo alla canzone “For the first time” degli Script. “She’s all lied in the bed with the broken heart, well I’m drinking Jack all alone in my local bar, and we don’t know how, how we got into this mad  situation.” (non so neanche se l’ho scritta in un inglese corretto, va beh). Ce la volevo mettere nella storia, ci tenevo tanto, ma poi non ho trovato il buco giusto in cui infilarla :(

-La Lanterna Verde. Lo sto aspettando con ansia ansiosa, sì :D

-La scena delle password è la mia preferita, mi sono divertita a scriverla :) io pure mi scervello per indovinare le password degli altri. E poi scusate…non sarebbe adorabile un Dave che vomita arcobaleni? Io dico di sì.

-L’aspetto fisico di Josh non è farina del mio sacco. Un paio di volte ho visto passare davanti a me, in spiaggia, un ragazzo uguale a Josh ed è stata come l’apparizione di un angelo. Credo che sia piccolo, voglio dire, era piuttosto esile, avrà avuto una quindicina di anni. Ma Dio se era bello, praticamente perfetto. I capelli talmente folti e ricci e biondi che gli coprivano gli occhi XD Infatti il colore degli occhi l’ho inventato, che ne so se magari ce li ha viola o rossi o indaco. Il verde brillante però è il mio colore preferito ;)

-“Vai a farti sbattere come un tappeto!” Battuta rubata da Skins, prima generazione, puntata 2x01. Ed è anche una frase che amo usare nella vita di tutti i giorni <3

-L’erba del vicino è sempre migliore, ma Finn deve assicurarsene.

 

 E con questa perla chiudo qui l’angolo della curiosità :)

Alla prossima puntata, mi raccomando, seguitemi seguitemi e commentate commentate COMMENTATE. Gianluca, dai cazzo!

 

 

 

 

 

Mirokia

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Pretending Courage. ***


Delirious

 

 

 

13. -Pretending Courage-

 

 

 

 

 

Santana Lopez respirò un po’ più forte nel sonno e il suo naso fece un rumore così forte che la svegliò di soprassalto. Guardò davanti a sé e vide una cascata di capelli neri e ricci che le bloccavano la visuale. Si massaggiò la fronte e sbuffò.

“Non posso credere di essermi lasciata andare un’altra volta.” Pensò storcendo il naso. “E’ che ho un dannato bisogno di sesso. “ continuò a dire nella sua testa, per auto convincersi. Ormai cercava di andare a letto con chiunque, ultimamente le andavano bene anche i ragazzi. Si sarebbe fatta anche Dave, ecco! Se non fosse che quello era gay perso e lei era una strafiga tutta curve, con un paio di poppe –rifatte, ok- invitanti e un culo che, davvero, te lo sogni. Non faceva fatica a fare nuove conquiste, ma più ne faceva, più ne voleva. Il sesso era una droga, sì. E poi, per quanto Brittany fosse disponibile, si allontanava da lei sul più bello perché sosteneva di aver visto un paio di Nargilli nei capelli di Santana. Quella chiedeva di rimando che cosa diavolo fossero questi Nargilli, ma Brittany strillava spaventata e poi saltava dalla finestra –era una fortuna che Santana abitasse quasi al piano terra-. Era frustrante, davvero. Soprattutto quando ti trovi sull’orlo dell’orgasmo.

Così adesso Santana si malediva per aver fatto entrare in casa sua un’altra persona –che fino a qualche ora prima non poteva sopportare-, e nel contempo rimuginava sul fatto di poterla usare come schiava sessuale. Quella Nancy era sì, bella in carne, forse sarebbe stato doloroso essere sovrastata da lei, ma, Dio, se sapeva scopare. No, non siamo troppo volgari, diciamo che era bravina a fare l’amore. E poi, non esiste persona più sfruttabile di una ragazza innamorata. Quante volte le aveva ripetuto mentre facevano cigolare il letto?

-Dio mio, Santana, ti amo in modo allucinante, t’ho sempre amata dai tempi del liceo, è qualcosa di ossessionante, tu non sai, non hai idea…-

-Sta’ zitta adesso, e toglimi gli slip.- rispondeva l’altra, acida come sempre.

-Sì, trattami male, fa’ come ti pare, io non smetterò di essere pazza di te.-

“Questa donna ha qualche problema mentale” aveva pensato Santana prima di tapparle la bocca con la mano mentre con l’altra si toglieva da sola le mutandine nere di pizzo.

Sì, magari poteva utilizzarla come schiava sessuale. Sperando che non s’appiccicasse a lei come un toporagno con le ventose sul petto.

…Toporagno?

Santana scosse la testa e si voltò dall’altra parte per cercare un pezzo di cuscino ancora fresco, e sobbalzò quando adesso si trovò di fronte una massa scomposta di capelli lisci come spaghetti e biondo chiaro, sicuramente a lei molto, molto familiari.

“Se i miei genitori entrassero in questo momento, mi rinnegherebbero anche se stessi in uno stato comatoso, pronta  a morire.” Pensò con gli occhi al cielo.

Smosse Brittany dal braccio e la fece russare in modo ancora più rumoroso, finchè anche lei non si svegliò piuttosto bruscamente.

-Vuoi dirmi che diavolo ci fai qui?- fece Santana, che col suo tono di voce rasposo fece rigirare nel sonno Nancy.

-Avevo finito le caramelle gommose e sono tornata per prenderne qualcuna.- rispose l’altra, con la voce già piuttosto sveglia.

-E…come sei entrata?- fece l’ispanica che dopo aver alzato il capo di botto, si sentiva girare la testa.

-Dalla finestra. E’ facile arrampicarsi. Poi mi ha aiutato il grifone di Blaine.-

-Il grifone di…eh?- Santana avrebbe volentieri fatto un bagno rinfrescante.

-Blaine cavalca le creature magiche.- continuò Brittany, come se non avesse  proprio preso sonno. Santana si mise a sedere e decise di ignorare l’ultima affermazione della bionda.

-Ma ho fatto sesso anche con te, stanotte?- chiese invece.

-Perché, con chi altro l’hai fatto?- domandò l’altra, ingenua.

-Ma hai almeno dato un’occhiata all’altra parte del letto? C’è una ragazza, vedi?- tentò di spiegare pazientemente.

-E allora? Anche nel mio letto c’è sempre Lord Tubbington.-

-Ma lei non è un animale da compagnia!- esclamò, e la voce fu abbastanza alta da svegliare Nancy, che con un grugnito sollevò lentamente il capo.

-Che succede?- disse con voce rauca, poi adocchiò Brittany e, dopo essersi stropicciata gli occhi, si mise a sedere schiacciandosi i propri vestiti addosso. –Mi dispiace.- disse rivolta a Brittany, per poi infilarsi velocemente la propria maglia e i propri pantaloni, abbandonando il reggiseno sul materasso. Guardando sempre a terra, si strinse nelle spalle, prese il cellulare e andò verso la porta d’ingresso, mentre Santana la guardava andarsene con le braccia conserte.

-Non la fermi?- chiese Brittany, due orsetti gommosi in mezzo al seno.

-No.- negò l’altra ravviandosi i capelli. –Adesso voglio stare un po’ con te. Mi dispiace di averti cacciata, ieri sera.-

-Non importa. Britt c’è sempre per San. E per i suoi Nargilli.-

-Spero ci farai l’abitudine.- le diede corda l’altra. Guardò l’orologio e scoprì incredula che erano già le nove del mattino. Eppure aveva ancora voglia di stare sdraiata su letto, divano, qualunque cosa.

Abbracciò Brittany e le diede un bacio sull’occhio, poi la suoneria del suo cellulare –All the things she said delle T.A.T.U.- la fece camminare strascicando i piedi sul pavimento e continuando a tenere la mano della bionda.

-Pronto?- rispose annoiata.

-Vieni in ospedale, per favore.- la voce che stava dall’altra parte voleva sembrare tranquilla, ma tremava e quindi era piuttosto allarmata.

-Ti è successo qualcosa?- fece Santana, che lasciò la mano di Brittany per prendere il cellulare con tutte e due le mani.

-A me no, ma a Kurt sì.- disse l’altro con voce rotta.

-Cos’è, gli è venuto un infarto quando ha scoperto che ce l’hai piccolo?- scherzò Santana, ma a quanto pareva, quello non era esattamente il momento di scherzare.

-No, quando ha scoperto che Blaine se la faceva con Josh.- ribattè l’altro, secco e per niente divertito.

Santana assunse un’espressione seria. Anche perché era la seconda volta in mezz’ora che si sentiva ripetere un nome a lei quasi sconosciuto.

-Allora, prima di tutto: Blaine è il marito di Kurt, giusto?-

Dave preferì non rispondere, perché proprio non aveva voglia di fare lo spiritoso.

-Mentre Josh è…-

-Sì, quel Josh.-

Santana stette un attimo a pensare, poi disse.

-Beh, ha fatto bene quel Wayne, o come si chiama. Josh è molto più bello di Kurt.-

-Vuoi venire o no?! Kurt non s’è sentito bene e m’è svenuto sul marciapiede!- esclamò Dave, adesso con voce alta.

-Un malore?-

-Sì, e ti ho già detto il motivo. Vieni o no?-

Santana, incredibilmente, iniziò davvero a preoccuparsi e, tentando di tenere sotto controllo la voce, disse “D’accordo” e chiuse la chiamata. Brittany intanto aveva capito che l’ispanica se ne doveva andare da qualche parte con urgenza e le picchiettò sulla spalla facendola voltare e notando il suo sguardo preoccupato.

-San, ti presto il grifone?- chiese premurosa. L’altra scosse la testa e andò in fretta e furia a raccogliere i vestiti per rimetterseli addosso.

-Non devi restituirlo a quell’ingrato di Wayne?- si limitò a chiederle.

-Blaine?- fece Brittany col capo piegato di lato. -No, lui ha l’unicorno. E’ più veloce, dovrebbe già essere arrivato a Lima.-

Santana si fermò un attimo e storse il naso.

-Ma di che cosa stai parlando?-

-Di Blaine l’usignolo.-

Santana alzò gli occhi al cielo e tornò a prendere roba a caso e mettersela addosso. Se Kurt l’avesse vista in quel momento, le avrebbe detto di andarsi a nascondere perché i colori che s’era messa addosso erano come un pugno in un occhio. Già, se l’avesse vista. Peccato che adesso Santana si immaginava il suo amico gaio in coma e vicino alla morte. Era davvero straziante essere pessimisti.

-…Lasciamo perdere tutti questi affari volanti e andiamo. Useremo il motorino, e lasceremo il Grifone fuori a guardare le biciclette.- disse infine Santana per poi prendere le chiavi della moto.

-Va bene!- assentì l’altra, e si lasciò tirare dalla mano.

 

*

 

Quando Santana arrivò in ospedale correndo e trovò Dave, quello la guardò con uno sguardo quasi derisorio.

-Dov’è?- chiese la ragazza mentre stritolava il mignolo di Brittany. Dave guardò davanti a sé e fece un cenno col capo alla camera che aveva di fronte. Santana si avvicinò e s’affacciò nella stanza bianca e blu, che in realtà era più una piccola infermeria che una camera di ospedale, e intercettò la figura di Kurt steso su una brandina che sembrava venire direttamente dall’ambulanza; insomma, era l’unica cosa arancione e bianca lì dentro. Il petto di Kurt s’alzava e abbassava regolarmente, gli occhi erano semiaperti e di tanto in tanto stringeva le labbra.

-Ma…sta dormendo?- chiese l’ispanica con disappunto.

-Così ha detto l’infermiera.- confermò Dave, con la voce molto più compassata di poco prima.

-E dorme con gli occhi aperti?-

-Fa impressione, vero?- fece Karofsky accennando un sorriso.

-Le persone che dormono con gli occhi aperti, sognano ad occhi aperti di giorno e preferiscono non chiudere gli occhi di notte perché hanno paura che i loro sogni si interrompano.- intervenne Brittany, e Dave la guardò malissimo, poi si schiaffeggiò il volto chiedendosi perché al mondo esistevano persone come Finn Hudson e Brittany Pierce. E anche come Kurt Hummel, ultimamente. Ah, Finnite dilagante, avrebbe preso anche lui, se lo sentiva…

-Tesoro, parleremo d’occulto quando saremo tornate a casa, okey?- disse con finta pazienza Santana. –Il che succederà molto presto, visto che un grosso scimmione senza cervello mi ha fatto venire fin qui per vedere Kurt che sonnecchia!- esclamò poi fulminando l’amico con lo sguardo.

-Parli di Dave, vero?- si aggiunse Brittany.

-Brrravissima Britt! Prendi il biscottino!- fece l’ispanica tutta eccitata –ovviamente per finta- per poi tirar fuori dalla borsa dei Ringo e lanciarne uno in aria.

-E’ mio!- esclamò la bionda per poi sporgersi per prendere il biscotto con la bocca e stramazzare al suolo sul sedere. Dave si rifiutò di assistere a quella macabra scena. Sì, per lui era macabra da far schifo.

-Bene, allora  io me ne vado, dai i miei omaggi a Kurt quando si sarà svegliato dal sonno eterno grazie a un tuo bacio.- disse ancora Santana, e aveva già girato i tacchi.

-Aspetta un attimo!- la fermò Dave alzandosi in piedi. –Entra con me.-

-Cioè, tu non sei ancora entrato?-

-Ma scusa, pensa se si svegliasse e vedesse me…-

-Si spaventerebbe, è chiaro!-

-…invece di Blaine.- concluse la frase ignorando l’esclamazione della mora. –Resterebbe…deluso.-

-E cosa cambia se ci sono anche io?- chiese Santana, ma riuscì a rispondersi da sola. –Ah, giusto, che sciocca. Almeno non muore di paura.-

Poi, la ragazza prese per il braccio Dave e lo costrinse ad entrare nella stanza, mentre si scordò del tutto di Brittany, che si mise appiccicata a una delle finestre, quasi stesse aspettando che uno dei suoi unicorni atterrasse e venisse da lei.

I due ragazzi si fecero dare il consenso da un’infermiera piuttosto distratta che girava nei dintorni e poi entrarono nella mini-infermeria. Santana si sedette su una sedia con fare annoiato, mentre Dave si posizionò in piedi accanto al letto –anche perché non c’erano più sedie, ma si sarebbe seduto volentieri sopra l’ispanica-.

Quest’ultima diede un’occhiata a Dave, che aveva lo sguardo raddolcito rivolto verso Kurt.

-Ti sei preso un bello spavento, eh?- chiese accavallando le gambe. Dave fece schiocchiare la lingua e fece di no con la testa, poi allungò un dito a sfiorare il dorso della mano di Kurt, che si mosse leggermente nel sonno.

-Me la sono fatta sotto.- ammise dopo un po’. –L’ho trovato in macchina davanti alla sua profumeria: stava con la faccia schiacciata sul volante e piangeva come una femminuccia.- spiegò borbottando. –L’ho fatto uscire dalla macchina e gli ho chiesto cosa diavolo non andasse per piangere in quel modo. E non è che ha smesso, anzi, i singhiozzi sono aumentati e ha iniziato ad avere l’affanno, poi è riuscito a dire “Blaine...Josh…loro…” e mi è stramazzato al suolo, senza che riuscissi neanche a prenderlo al volo. Infatti se noti…- e le indicò la guancia di Kurt. -…ha dei piccoli graffi qua. Sono dovuti alla caduta.-

-Non lo facevo interessato ai damerini.- commentò Santana dopo tutta quella spiegazione.

-Chi?-

-Sta ceppa.-

-Eh?-

-Parlo di Josh, scemo.-

Dave alzò le spalle.

-Probabilmente era l’hobbit ad essere interessato a lui.- commentò quello, e poi alzò di nuovo le spalle.

-Mi chiedo perché. Kurt non era il suo principe azzurro e balle varie?- chiese Santana ironica, e diede un’occhiata a Brittany che le era appena comparsa accanto dicendo “E’ arrivato”.

-E poi…a letto è micidiale. Quel Bonsai ha davvero poco cervello.- disse Dave, affibbiando un altro nome poco carino ad Anderson. Gli occhi di Santana si illuminarono.

-Allora avete scopato, finalmente!-

-Magari evita di essere così volgare.- la riprese subito l’ex bullo.

-Non fare la femminuccia adesso.-

Un leggero suono di risata trattenuta li distrasse. Si voltarono entrambi verso Kurt e videro che aveva un sorriso accennato in volto, quasi un ghigno, come stesse ridendo alle cavolate che stavano sparando.

-Kurt!- accorse subito Dave. –Come stai? Come ti sen…?-

-Kurt!- un’altra voce fece il nome del soprano e no, non era Santana e no, non era Brittany. Era una voce maschile e calda, molto calda, ma adesso allarmata, che aveva investito Kurt, il quale strizzò sorpreso gli occhi. Occhi che poi aprì lentamente e che misero a fuoco, anche se già sapeva chi si sarebbe trovato di fronte.

-Blaine.- mormorò con la voce impastata. –Che ci fai qui?- era l’unica domanda che gli passò per la testa.

-Sono tornato un giorno prima  perché non riuscivo più a starti lontano.- sorrise Blaine accarezzandogli la fronte leggermente sudata.

Se. Non riusciva a stare lontano dal sesso selvaggio di Josh, altrochè.

-Perché non mi hai avvisato?- fece l’altro, e tentò di alzarsi, ma la testa gli girava ancora a causa della botta di poco prima.

-Volevo farti una sorpresa…Brittany sapeva che sarei venuto, e mi ha chiamato per dirmi che eri in ospedale.- spiegò continuando a carezzare suo marito. Se ancora poteva chiamarsi tale.

Santana lanciò un’occhiataccia a Brittany, che si limitò ad annuire e ad alzare le spalle.

Dave era rimasto lì fermo e adesso si sentiva completamente messo da parte, mentre con disgusto guardava Blaine che continuava a fingere. Fingeva fingeva. E si sentiva uguale a lui. Dopotutto, lui fingeva da una vita. Fingeva da una vita. Guardò Kurt che adesso stava bene, e il suo cuore scoppiò d’amore. Lo amava. Era gay perché lo amava. L’aveva sempre amato ma mai aveva ammesso di essere gay. E per nasconderlo, diciamo per non pensarci, s’era sposato con una bella donna italo-americana, sperando che questo potesse migliorare le cose. E invece no, le aveva solo peggiorate. E lui non aveva mai ammesso niente, né a Nancy, né ai suoi amici, né ai suoi genitori. Cosa avrebbero pensato i suoi genitori? Anni passati a mentire. Loro lo credevano felice insieme a Nancy, si sarebbero aspettati dei nipoti, nipoti che mai sarebbero arrivati. Poi ha deciso così di punto in bianco –ma anche no- di andarsene a letto con la sua cotta del liceo e meno male, meno male! che Nancy aveva dimostrato di essere una persona completamente diversa da quel che si immaginava, meno male, meno male che non aveva sofferto. Non se lo sarebbe perdonato, davvero, lei non c’entrava niente coi suoi problemi esistenziali. E gli tornava il mente il giorno del suo matrimonio, il giorno in cui suo padre gli aveva dato una pacca sulla spalla dicendo “Sono fiero di te” e lui l’aveva ricambiato con un sorriso storto perché no, non doveva, non poteva essere fiero di lui. Si era comportato in modo deplorevole, e neanche sapeva se sarebbe riuscito a migliorare le cose. S’era reso conto tempo prima che le bugie fanno parte del lato negativo della vita, che sono dolorose quanto la verità, eppure continuava a dirle, e non era l’unico. Guardò Blaine che abbracciava Kurt sulla sua brandina, poi Kurt che adesso piangeva silenziosamente e stringeva la camicia di Blaine, e intanto posava lo sguardo sofferente su Dave che era concentrato adesso su Santana e Brittany. L’ispanica voleva punire la bionda per la soffiata riguardo il malore di Kurt e le disse sillabando di andare via, ‘che non voleva più vederla. Brittany fece una smorfia, una di quelle che fai prima di scoppiare a piangere, poi si voltò di spalle e si accinse a lasciare la stanza. Santana fece finta di essere indifferente poggiando la guancia sulla mano e il gomito sulla gamba e sì, si vedeva che stava fingendo anche lei. Solo dopo che Brittany ebbe girato l’angolo, Santana si decise ad alzarsi e a inseguirla, per chiederle scusa, anche se di certo non era da lei. Ma Brittany era l’unica eccezione, era piuttosto importante. Forse anche Dave avrebbe dovuto chiedere scusa a qualcuno. A Nancy, prima di tutto, per aver fatto finta di essere innamorato di lei, per averla sposata, per aver fatto l’amore con lei solo se prima s’era bevuto qualcosa di forte. Poi ai suoi genitori, per essere stato il figlio che non meritavano, no davvero. Poi a Finn Hudson, per averlo umiliato durante il periodo del liceo e anche dopo. No aspetta, Hudson che c’entrava?

Poi a Kurt. Ricordava bene il modo in cui gli aveva chiesto scusa davanti all’aula di francese, tanti anni prima. Forse avrebbe dovuto fare lo stesso? Umiliarsi allo stesso modo? Non lo sapeva, sapeva solo che in quel momento sì, si sentiva allo stesso livello di Blaine, eppure voleva toglierlo di mezzo, prendere in braccio Kurt e portarlo in un posto in cui non avrebbe sofferto. Allora a quel punto sarebbe stato lui a dover togliersi di mezzo. Se ne sarebbe dovuto andare. Anche perché erano rimasti in tre in quella stanzetta e il triangolo no, non l’aveva considerato.

Kurt adesso aveva gli occhi chiusi e gonfi e stringeva Blaine mentre gli bagnava la camicia con lacrime e saliva.

-Tranquillo, adesso staremo sempre insieme. Non me ne andrò più così facilmente.- gli mormorò Blaine, e a Dave venne da vomitare. Si allontanò a piccoli passi senza che, forse, nessuno dei due se ne accorgesse, e fece per imboccare il corridoio.

-No.- disse Kurt semplicemente, la voce che tremava. Blaine smise di stringerlo e lo guardò in faccia con l’espressione di uno che chiedeva “che significa?”

-Non staremo insieme.- disse allora Kurt asciugandosi le lacrime con una manica –di una giacca per altro costosa-. Blaine lo guardò terrorizzato.

-Ma…perché? E’ perché sono stato via più del previsto?-

Ma Kurt non rispose e si limitò a guardare la figura di Dave che ora era ferma sulla soglia.

-Perché ero in camera con Jesse St. James?- chiese ancora Blaine, e il marito adottò uno sguardo torvo.

-Perchè avrebbe dovuto preoccuparmi? Jesse è etero e fa il filo a Rachel, e tu sei sposato.- guardò di nuovo Blaine e i suoi occhi erano spenti e delusi. –Sposato con me.- aggiunse. –E tu non mi tradiresti mai, giusto?-

L’ex usignolo non ci pensò neanche un secondo e, dopo aver afferrato le mani di Kurt, disse:

-Certo che no, come puoi anche lontanamente pensare a una possibilità del genere?-

Dave per poco non entrava a dargli un pugno, mentre Kurt fece un sorrisetto sarcastico, sicuro che Blaine avrebbe risposto in quel modo. Allungò la mano e prese il proprio cellulare che l’infermiera gli aveva posato sul comodino, poi cercò tra i messaggi salvati uno in particolare, per poi mostrare il display al marito.

-Cosa ti ricorda?- fece Kurt, apparentemente tranquillo.

Blaine lesse ad alta voce “Courage”.

-E’ il messaggio che ti mandai quando Karofsky…- ma non finì la frase e diede un’occhiata a Dave, che adesso era quasi del tutto nascosto dal muro.

-Tu dicevi a me di prendere coraggio…- iniziò Kurt stringendo forte il cellulare. -…quando tu non ne hai per dirmi la verità.-

Blaine adottò uno sguardo interrogativo, poi mortificato, quasi avesse capito che, beh, Kurt aveva capito.

-Stamattina ho fatto una chiacchierata con un ragazzo…si chiama Josh, lo conosci?-

Il damerino assunse l’espressione di uno che era stato colto con le mani nel sacco. Finn avrebbe detto che non vedeva alcun sacco, ma questa è una storia a parte. Blaine scosse piano il capo, e Kurt fece una sonora risata, anche piuttosto inquietante.

-Ti ostini a mentire? Nonostante le prove?-

-Quali prove, non hai prove.- fece Blaine, che adesso si metteva sulla difensiva.

-Cosa vuoi, che faccia esaminare il fondoschiena di quello là per vedere se trovo tracce del tuo liquido seminale?!- sbottò Kurt, adesso innervosito. –E comunque, presto ci parlerò di persona, con questo tizio, e vedremo se ho ragione o meno. Se ho torto, sono pronto ad ammettere le mie colpe.- picchiettò con la mano sulla coscia di Blaine per farlo alzare dalla brandina, poi si alzò a sua volta barcollando con l’intenzione di dire all’infermiera che se ne sarebbe andato e di ringraziarla.

-Karofsky, ti vedo da qui, smettila di origliare, perché…- iniziò Blaine rivolgendosi all’ex bullo ancora in piedi dietro la parete, ma Kurt lo interruppe con le guance rosse di rabbia.

-Karofsky può fare quello che vuole!- urlò sconvolgendo l’ex warbler. –Lascialo stare.- concluse per poi uscire dalla stanza.

Parlocchiò con la solita infermiera svampita, poi lanciò un’occhiata a Dave che aveva il dito indice e il pollice sugli occhi, quasi si sentisse in colpa per quello che stavano passando Kurt e l’hobbit. Kurt gli sfiorò il braccio e l’altro tolse la mano dal viso per guardarlo.

-Mi dispiace.- disse Dave in un sussurro. Intanto due bambine nella sala d’attesa li stavano spiando curiose e presto la madre sarebbe arrivata a tappare loro gli occhi.

-Non è vero che  ti dispiace.- ribattè Kurt, e l’altro roteò gli occhi.

-Fammi almeno finire la frase; perché nessuno mi fa mai finire le frasi?- sbottò.

-D’accordo, d’accordo.- fece Kurt sospirando.

-Dicevo…mi dispiace per te.- si corresse Dave, e si imbarazzò mentre diceva quella frase.

-Cosa posso farci?- fece l’altro alzando le spalle. –Colpa tua non è di certo. Non sei mica stato tu ad aver presentato quel diavolo di Josh a mio marito.- poi si interruppe un attimo, quasi gli fosse venuto un dubbio. D’altra parte, Dave e Josh erano amici, si conoscevano bene. Per non parlare che Josh avrebbe volentieri stuprato Dave, ma quello non c’entrava niente in quel momento. -…Giusto? Non sei stato tu, vero?-

-Ma stai dando di matto?- ribattè Karofsky, quasi offeso. –Non parlo con quel tuo amico monociglio da quando mi spinse quel giorno della beneficenza.-

Kurt fece una faccia sorpresa.

-Dai, addirittura?-

-Credo. E se magari mi ha rivolto la parola lui, non me lo ricordo.-

-E’ qualcosa di scarso rilievo, dici?-

-Assolutamente.-

Entrambi sembravano aver riacquistato il sorriso con quelle due battute, mentre Blaine se ne stava ancora seduto ai piedi della brandina a pensare. Pensare a Josh, a Kurt, a Jesse, a Karofsky, anche a Brittany, non si sa perché. Forse per il grifone che le aveva prestato e che ora voleva indietro.

-Adesso vado a lavorare.- disse Kurt quando vide arrivare dal fondo del corridoio Santana che teneva per il mignolo Brittany.

-Sicuro? A me sembri piuttosto debole, sorridi come uno scemo.- disse Dave, sempre a bassa voce.

-Non come una femminuccia?-

-Anche.- confermò l’ex bullo, e lo guardò mentre si allontanava. –Non puoi aspettare un secondo?- lo fermò poi.

-Perché? Devi dirmi qualcos’altro?-

Dave se ne stette pensieroso e fece finta –ormai era un mago a fingere- di essersi scordato cos’è che voleva dirgli.

-Sì, ma mi sono scordato…Non importa.-

Kurt fece un sorrisetto.

-Finnite?-

-Dio, spero di no.- bofonchiò Dave, e lasciò che Kurt tornasse in profumeria, tenendo per sé il fatto che le uniche due parole che voleva dire a Kurt per farlo tranquillizzare, per fargli capire che lui ci sarebbe stato sempre, erano “Ti amo”. Voleva solo dirgli che l’amava, e ancora gli mancava il coraggio.

 

 

 

 

§

 

 

 

 

 

 

Inserisco con nonchalance questa bellissima, stupenda, meravigliosa –certo certo- storia Kurtofsky in mezzo alle plusieurs (vuol dire solo “parecchie” in francese, non è un insulto) storie Klaine =D L’unica mia speranze è che in questo modo riesca a distinguermi! XD

E non è vero che il Kurtofsky fa vomitare, vi prego, non ditemelo ;__;

Angolo delle curiosità: -Boh, i Nargilli li vedo molto vicini a Brittany. Li ho presi da HP, naturalmente.

-Perché ho scelto l’animale “Toporagno”. Facile, la tv era sintonizzata su Italia Uno e c’era Wild, oltrenatura XD

-“Blaine cavalca le creature magiche”. Ciò rimanda a un’intervista fatta a Darren Criss. In breve, lui ha detto che se fosse una diva cavalcherebbe creature magiche, tra cui unicorni e grifoni. Ecco da dove ho preso questa cagata XD

-Anche la suoneria di Santana non è poi messa a caso, vista la natura delle T.A.T.U.

-“Brrravissima Britt! Prendi il biscottino!” “E’ mio!” Battute che provengono dalle Follie dell’imperatore –sì, amo quel film-, quando Kuzco chiede a Kronk chi è che sta sul trono e lui risponde “E’ Izma!”, “Bravissimo Kronk, prendi il biscottino!” eccetera.

-“Chi?” “Sta ceppa”, è solo la risposta che do io quando mi fanno le domande ovvie.

-Il Bonsai è un alberello piccolo, giusto per chi non lo sapesse.

-Quando ripeto le frasi tali e quali non è un errore di battitura o di distrazione, voglio solo intensificare il discorso e dare più peso a quelle parole, non so bene come spiegare.

-Brittany is the only exception **

-Va beh, il triangolo no, non l’avevo considerato, omaggio a Renato Zero.-

-Come può uno essere colto con le mani nel sacco se non c’è alcun sacco?

 

E con questa perla chiudo.

Ah, vorrei ringraziare una persona speciale, una mia fan diciamo, che mi ha contattata e mi ha mandato un disegno ispirato a Delirious. Grazie, Maria Giulia, quel disegno è…perfetto. Io credevo che fosse uno schizzo, e invece mi trovo questo capolavoro e mi vengono le lacrime agli occhi. E poi mi dico “Devo scrivere! Devo farlo per loro!” XD

Beh, grazie comunque anche a tutti gli altri che ancora mi seguono :D Il Kurtofsky s’è ormai spento in questo fandom, e spero di riuscire a tenere accesa almeno una candelina :)

 

 

 

Mirokia

                                                                                    

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Capitolo 14
*** Two plus two. ***


Delirious

 

 

 

14. -Two plus Two.-

 

 

 

 

Kurt Hummel servì un cliente che aveva intenzione di comprare un profumo a cui erano allegati anche dei bagnoschiuma e dei trucchi e sperò vivamente che li dovesse regalare a sua moglie e non dovesse usarli per se stesso.

Era già da un’ora buona che era tornato in profumeria, e non era vero che si sentiva ‘perfettamente in forma’ come aveva detto. D’altra parte, poche ore prima gli era venuto un malore che, sì, era leggero leggero –infatti l’avevano dimesso senza troppi giri di parole-, ma era anche vero che l’aveva fatto stramazzare al suolo per poi tremare convulsamente quasi stesse morendo di freddo. E aveva quasi fatto morire di paura il povero Dave.

Adesso aveva ancora i giramenti di testa, soprattutto se pensava a Blaine. Cercava in tutti i modi di tenerlo fuori dei suoi pensieri, ma proprio non ce la faceva: il viso che gli era sembrato sempre puro e sincero gli compariva davanti agli occhi, mentre cantava Baby it’s cold outside, mentre gli dedicava Somewhere only we know al ritorno al McKinley, mentre gli chiedeva se potessero fare il duetto di Candels, e Kurt era stufo di questi continui dejà-vu. Era come staccarsi completamente dalla realtà, e perdeva la cognizione dello spazio e del tempo, e si sentiva di nuovo svenire. In effetti era svenuto un’altra volta mentre era in magazzino a cercare non si sa cosa. Fu uno dei suoi colleghi a trovarlo raggomitolato accanto a una scala a pioli, e fu un miracolo se non aveva sbattuto contro il ferro della suddetta scala. S’era svegliato grazie a un paio di schiaffi e al collega che continuava a riferirsi a lui come ‘Polly Pocket’, della serie ‘Polly Pocket sta poco bene. Ehi, Polly, svegliati, ci sei?’, poi aveva fatto finta di sentirsi ‘perfettamente in forma’, di nuovo, e se n’era tornato barcollando dietro il bancone, non prima di aver indossato la maglia col logo della sua profumeria. Era una maglietta di stoffa scadente e di un colore che faceva a pugni con i suoi stivaletti, ma in quel momento nemmeno lo sbagliatissimo accostamento di colori riusciva a distrarlo. Se ne stava altamente fregando della maglietta che gli lasciava strisce di prurito dietro al collo a causa dell’etichetta. Altamente fregando! Adesso aveva in mente solo Blaine, il suo tradimento, l’anno e passa passato a dispendere bugie e destra e a manca, il fatto che, Dio, in effetti aveva sempre avuto la sensazione che Blaine gli nascondesse qualcosa di grosso. Anche a lui sembrava troppo strano che suo marito se ne stesse più tempo fuori casa che dentro. E quelle sere in cui tornava sempre tardi. Macchè tardi, tardissimo. Kurt si svegliava, vedeva che l’orologio digitale segnava le 3.30, si girava dall’altra parte e, beh, vedeva che non c’era Blaine, ma poi si metteva a pancia in giù e riprendeva sonno, pensando che quello fosse solo un sogno, un incubo o un’allucinazione, boh. Blaine che tornava alle 4 di mattina era come una Rachel Berry che stava zitta per più di tredici secondi. E quando Finn gli aveva confidato che Rachel non aveva parlato per mezz’ora quando avevano litigato, Kurt aveva iniziato a pensare che forse sì, poteva essere possibile che Blaine alle 3 e 30 di mattina fosse ancora in giro per le strade di Lima. Magari se ne andava anche fuori città, perché in realtà non c’era niente da fare a Lima.

Avrebbe voluto che Blaine fosse come Finn. Spontaneo, sincero, un po’ buffo, incapace di mentire, incapace di sorriderti in modo così convincente da pensare che sia tu quello ad aver torto e non lui. Voleva che fosse come Finn.

Blaine però non era una cattiva persona, quello era certo. Era buono e altruista, e gli aveva dedicato un mucchio di canzoni. E non avrebbe potuto farlo se sotto non ci fosse stato almeno un minimo di sentimento. E allora perché, si chiedeva. Forse non c’era abbastanza sesso tra di loro? Forse davvero Kurt era diventato poco attraente? Forse era troppo poco uomo per uno come lui? Non lo sapeva, però stava a fissarsi nel vetro su cui stavano poggiati i depliant del negozio, chiedendosi se tutto questo fosse dovuto alla sua perdita di fascino. Guardò i propri occhi acquosi e li trovò grigi e spenti, ma forse era dovuto al fatto che, in effetti, quel pezzo di vetro non era propriamente uno specchio. O magari i suoi occhi erano diventati cangianti, un po’ come quelli di Dave.

Dave…

Si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sospirò, mentre uno dei suoi colleghi lo controllava con la coda dell’occhio nel caso dovesse accasciarsi di nuovo sul pavimento.

Cercava anche di non pensare a Dave: gli sembrava egoista da parte sua in quel momento. E nemmeno si ricordava che anche lui, alla fin fine, aveva tradito Blaine con Dave. Cioè, non è che non se lo ricordasse, anche perché era successo solo la notte prima, i ricordi erano stampati in testa e chissà se se ne sarebbero più andati via. No, il fatto è che adesso non sentiva più il senso di colpa. Pensava ‘Ehi, anche io l’ho tradito andandomene con Dave’ e poi si diceva ‘Ma chi se ne importa? Ha iniziato lui.’, quasi fosse uno stupido gioco fra bambini.

E’ vero, cercava di non pensare a Dave, eppure in quel momento avrebbe solo voluto che proprio lui arrivasse in profumeria buttando giù la porta, come una specie di Superman o qualunque altro supereroe, lo prendesse in braccio come fanno i principi con le principesse, e lo portasse via in volo, lontano da Lima e da tutti i problemi legati a quella città. Va beh, proprio in volo no, magari nella sua macchina mezza scassata.

Dopo aver scosso con energia la testa, tanto che il mondo davanti a lui girò per un paio di minuti, guardò alla sua destra e vide che il suo collega, il gigante striminzito e adatto al lavoro di becchino, aveva di poco alzato la schiena e s’era dimenticato di fare lo scontrino, la testa completamente altrove.

-Mark, tua sorella…?- fece Kurt tentando come ogni giorno di instaurare una conversazione.

-Una settimana di vita.- rispose l’altro in un soffio e con gli occhi completamente asciutti. Come potevano essere tanto asciutti, degli occhi?

-Oh…Mi dispiace da morire.- mormorò Kurt, sinceramente dispiaciuto, col labbro inferiore che gli tremava. Lo stangone accanto a lui lo degnò di uno sguardo, allargò un attimo gli occhi e poi tornò a dare attenzione ai pulsanti del registratore di cassa borbottando qualcosa.

-Grazie…Hummel.- disse, e pronunciò per la prima volta il suo cognome. Probabilmente il nome neanche se lo ricordava. –Credevo… che i gay non potessero… provare sentimenti.- aggiunse sempre parlando a tratti. Kurt storse la bocca, ma non lo rimproverò. Aveva sempre pensato che quell’uomo fosse davvero troppo poco istruito per capire certe cose, e comunque era afflitto da tremende tragedie familiari, non poteva biasimarlo o, peggio di peggio, dirgliene quattro. Provò a sorridere, ma smise di guardarlo.

-Beh, spero di averti fatto cambiare idea, perlomeno.- si limitò a dire benevolo, e l’altro annuì impercettibilmente. Una cliente gli chiese un’informazione, ma quello, poverino, era troppo occupato a pensare alla sorella, così si preoccupò Kurt di rispondere alle domande della ragazza. In realtà, Kurt stava parlando coi clienti soprattutto per tenersi impegnato, per non dover stare sempre a fissare la soglia della porta della profumeria, dove una sua vecchia conoscenza s’era appostata con le braccia conserte e lo sguardo guardingo. Poi arrivò un momento in cui Kurt non ce la fece più e si assentò un attimo dagli scaffali dei profumi –fortuna che era appena arrivata Rory, la sua cara collega coi capelli rossi- e si mise di fronte all’amica con le braccia incrociate.

-Si può sapere perché mi stalkeri?- chiese quando si accorse che la ragazza faceva finta di non vederlo e continuava a guardarsi intorno.

-Di che parli?- fece quella, e tentò di non guardarlo.

-Cedez, guardami in faccia.- disse Kurt prendendo tra le mani il viso di colore dell’amica e voltandolo verso di sé. –Perché mi stai spiando? E cosa c’entri tu in questa storia?-

L’altra allontanò le mani dell’amico con fare leggermente infastidito, poi sbuffò, pronta ormai a lasciarsi scappare qualcosa.

-Senti, dolcezza, non ho idea del perché devo stare qui a controllarti. Mi ci hanno costretto.- disse infatti tornando a guardarsi intorno.

-Chi ti ha costretto?- chiese Kurt, anche se già aveva un’idea. E non si stupì quando indovinò.

-Santana. Chi altro?-

-Come ha fatto a convincerti?-

Mercedes sbuffò di nuovo, come ogni volta che veniva sottoposta a insistenti interrogatori camuffati da domande amichevoli e miti.

-Mi ha minacciata.- disse poi, e abbassò il tono di voce, quasi si aspettasse che Santana le spuntasse dietro. O che Kurt prendesse le sembianze dell’ispanica. Sì, coi capelli scuri legati in una coda di cavallo, gli occhi neri e penetranti, la pelle beige, il fisichetto da ragazzina e le tette rifatte. Mercedes ebbe una delle sue allucinazioni, e si immaginò Kurt dotato di un paio di poppe di dimensioni per niente indifferenti e per poco non vomitò lì. -Ha detto che sarebbe andata a dire a Matt che mi scambio messaggini romantici con Azimio Adams.-

Kurt fece una faccia da pesce lesso, ignorando il fatto che il povero Mark, là dentro, era in difficoltà col registratore di cassa che aveva smesso improvvisamente di funzionare e adesso chiedeva aiuto con lo sguardo ad Hummel, a Rory, o a qualunque altro essere vivente. Però non si permetteva di parlare, quello no. Probabilmente la sua gola gli si era prosciugata a tal punto da non poter lasciare uscire più alcun suono.

-Ed è vero?- fece allora Kurt, che pensò di essersi immaginato lo sguardo insistente di Mark addosso.

-Vagamente, ma se Matt lo sa, dà di matto.-

Ah, ecco che si scoprivano gli altarini. Possibile che non esistesse almeno una persona di sua conoscenza che non giocava a tradire i propri compagni barra mariti barra mogli barra fidanzati e, beh sì, barra amici. Forse Finn, forse. Non aveva la forza cerebrale per pensare a un tradimento, in realtà. Anche se, è vero, al liceo aveva uno schianto di fidanzata, e intanto pensava a quanto potesse essere sexy Rachel sotto i vestiti, ma in realtà, pensava, lo era anche sopra ai vestiti, e puntualmente pensava di dover pomiciare con lei, e si arrabbiava se si metteva con tale Jesse St. James, e le cantava Jesse’s girl per farla tornare da lui, e si scordava per un attimo di Quinn. Poi ci ripensava: Quinn era bionda e intelligente, il che è strano –vedi Brittany-, era popolare, bella,  bellissima, aveva una voce dolce come le caramelle alla frutta, tutte le carte erano in regola. E tornava da lei, lasciandosi dietro Rachel. Ma Rachel era davvero troppo attraente ai suoi occhi per passare inosservata, e andava avanti così, facendo la spola tra le due ragazze. Adesso sembrava essersi calmato, o Rachel, o niente. E non riusciva a tradirla neanche col pensiero.

-E perché non è venuta Santana di persona?- domanda alla fine non così indispensabile.

-Perché non gliene fregava niente di te.- disse senza giri di parole l’amica di colore.

-E allora perché…?-

Mercedes, ormai stanca di quelle continue domande che sembravano più che altro un interrogatorio, lasciò la sua posizione e si mise sul marciapiede.

-Senti, Kurt, non giriamoci intorno, è Karofsky che vuole tenerti d’occhio perché sei appena uscito dall’ospedale.- sbottò, e interruppe Kurt prima che potesse chiedere qualunque cosa. -E non chiedermi perché non è venuto lui di persona, perché in realtà, beh, è qui dietro a una macchina e si vergogna di appostarsi come un bodyguard all’entrata di una discoteca.-

Kurt rotolò gli occhi all’indietro e scosse la testa, e il modo in cui lo fece convinse Mercedes che quello era davvero la regina del dramma.

-Ah, pensavo ci fosse abituato.- disse ironico, poi indicò con la testa la macchina più grossa che c’era lì davanti e guardò Mercedes. Quella annuì velocemente, lasciando che Kurt camminasse a grande falcate e a braccia conserte verso quel mostro di auto e sbirciasse nello spazio tra una macchina e l’altra.

-Fai davvero pena come stalker.- mormorò Kurt, e solo in quel momento Dave si accorse della sua presenza. Altrimenti se ne sarebbe stato accucciato lì dietro col respiro corto e le punte dei piedi che gli facevano male. Qualcuno l’avrebbe scambiato per un orango tango scappato dallo zoo intento a fare i suoi bisogni.

-Jones, sei davvero un’incapace!- sbottò Dave rivolto a Mercedes, che se la sarebbe già squagliata se non fosse che Kurt la tratteneva da un braccio.

-E’ con me che devi parlare, lascia stare Mercedes.- disse subito Kurt togliendo l’amica di colore dalla visuale di Karofsky. Il che era tutto dire.

-Non ho niente da dirti, fatina.- ribattè l’altro, e voltò il capo dalla parte opposta, ostinandosi però a rimanere accovacciato e fregandosene del fatto che sembrava un bambino troppo cresciuto che giocava a nascondino.

-Potresti alzarti in piedi, di grazia?- chiese Kurt, e Dave avrebbe tanto voluto dirgli di non provare a usare quell’accezione con una montagna come lui, ma le parole gli morirono in bocca quando la aprì per parlare, e allora si mise in piedi spolverandosi giacca e pantaloni e, naturalmente, facendo finta di niente.

-Se avessi voluto una guardia del corpo, avrei pagato qualcuno, non credi?- fece Kurt una volta che ebbe il volto di Karofsky molto vicino al suo. Mercedes, adesso che aveva il braccio libero, era letteralmente scomparsa –Kurt temette che avesse usato il Mantello dell’Invisibilità per scappare senza essere vista…Aspetta, ma il suddetto mantello esisteva? Lo diceva che stava perdendo la cognizione della realtà- e al suo posto, una Santana particolarmente cazzuta si stava avvicinando a loro. Ma che diamine…? Si davano il cambio, per caso?

-Non ti sto bene io, come guardia del corpo?- disse Dave, e un po’ si imbarazzò. Kurt alzò gli occhi al cielo: si era ripromesso di non pensare a Dave, e adesso se lo ritrovava di nuovo davanti. Forse avrebbe dovuto starsene un po’ da solo. Ma ripensandoci no, non avrebbe voluto rimanere solo.

-Per essere grande e grosso lo sei.- disse accennando un sorriso. –Però dovrai vestirti…-

-Alla Man in Black?!- fece l’ex bullo, già terrorizzato all’idea.

-Ho paura di sì.-

-Allora te lo puoi sognare, Hummel.- sbottò Dave incrociando le braccia e facendo un’espressione che voleva sembrare imbronciata.

-Kurt.- lo corresse subito l’altro, e sperò che l’avesse fatto apposta. Un’ombra gli passò sul viso, e adesso si sentiva ancora più depresso.

-Sì, Kurt, come preferisci.- borbottò Dave, e notò che Hummel s’era rabbuiato, anche più di prima, e cercò di rimediare. –Senti, Kurt, io…-

-Non siete ancora marito e moglie, piantatela di litigare, per cortesia.- fece la voce estremamente sensuale, ma per Kurt estremamente fastidiosa, di Santana, una volta che fu arrivata davanti a loro.

-Vi siete date il cambio?- chiese Kurt, adesso piuttosto acido, visto che stavano venendo tutti a rompergli l’anima proprio adesso che voleva stare solo. –Non so, deve arrivare qualcun altro?- aggiunse con i palmi delle mani aperte. Santana guardò al di là della spalla di Kurt e fece una faccia leggermente preoccupata –il che non era da lei-.

-A ore diciotto.- si limitò a dire. Karofsky fu il primo a voltarsi. Diede uno sguardo, poi sospirò e si guardò le scarpe, quasi ne avesse già abbastanza di quella personcina lì che si avvicinava a loro di gran carriera. Kurt lo riconobbe, negò con la testa e fece per rientrare in profumeria.

-Kurt!- lo chiamò quello quando fu quasi arrivato ad afferrargli il braccio. –Perché non vuoi darmi l’occasione di spiegarti le cose come stanno?- aggiunse, e alla fine non riuscì a prendergli il braccio, perché quello s’era scostato di scatto. Kurt non rispose e rimase girato verso il suo negozio, dove Rory gli indirizzava uno sguardo interrogativo.

-Non voglio mentirti, Kurt, vorrei solo che parlassimo, che riuscissimo a dirci tutto.- disse ancora Blaine, e Santana fece finta di mettersi due dita in gola per vomitare. Le scene da soap opera erano decisamente l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Dave diede un’occhiata a Santana e volle sghignazzare, almeno un po’, ma il suo sguardo tornò alla coppia che tentava di comunicare, e si sentì nuovamente fuori posto.

-Dovevi pensarci un po’ prima, non ti pare?- fece Kurt, più acido del solito, mentre guardava Blaine da sopra la spalla.

Blaine stette un attimo a bocca aperta senza sapere cosa dire, poi guardò nell’angolo a destra e cercò di parlare.

-Avevo…paura, Kurt.- disse guardando timidamente –mah- suo marito. Santana borbottò un ‘Ditemi che è solo un incubo, vi prego.’ e intanto si spostava con una mano la massa di capelli che aveva in testa. Di lì a poco se ne sarebbe andata, decise con un cipiglio.

-Courage, Blaine, courage.- rispose Kurt con tono totalmente ironico, e rise per finta, quasi a voler fargli capire che si stava palesemente prendendo gioco di lui.

-Guardami, Kurt, sto dicendo sul serio. Ti avrei perso, se ti avessi confessato le mie debolezze.- disse Blaine, e sembrava davvero patetico.

-Ma…quali debolezze? Stai parlando come se io fossi uno sconosciuto, come se non avessimo mai avuto un rapporto più o meno serio. Debolezze... A quanto pare sei davvero uno sconosciuto.- disse Kurt, e si voltò di nuovo verso la profumeria, incapace di guardare in faccia Blaine. –Senti, in questo modo stai solo complicando la situazione. Non voglio vederti, d’accordo?- e lo disse con tono pacato, ma si sentiva che faceva di tutto per fare in modo che la voce non tremasse.

-Non puoi non volermi vedere più!- esclamò Blaine e si buttò verso Kurt, come se quest’ultimo stesse scappando e lui volesse catturarlo.

-Cosa devo fare secondo te?- ribattè Kurt girandosi completamente verso il marito e guardando con la coda dell’occhio Dave che sarebbe sparito volentieri: se ne stava lì con una mano sul mento, ancora incapace di intervenire, ma anche incapace di girare i tacchi ed andarsene come se tutto quel casino non lo riguardasse. Lo riguardava, certo che lo riguardava. C’era anche il suo zampino lì, da qualche parte. –Accoglierti in casa a braccia aperte e dirti: ‘Bravo, Blaine, ben fatto. Hai davvero del Coraggio per potermi tradire. Sei così coerente, non ti smentisci mai. Vuoi un po’ di riso soffiato?’- non sapeva cosa c’entrasse il riso soffiato, ma era l’unico cibo dietetico che gli era passato per la testa.

Blaine aggrottò le sopracciglia, quasi avesse colto nelle parole di Kurt un allusione che mai per l’amor del cielo avrebbe voluto sentire.

-Aspetta…non puoi cacciarmi di casa.- disse, piuttosto serio, e con quegli occhi che non promettevano niente di buono.

-In teoria posso. Mi hai tradito. Dovrò contattare un avvocato.- disse Kurt, le labbra strette e secche, le ginocchia che gli tremavano e minacciavano di non reggerlo più. Anche Blaine strinse le labbra e allungò il passo fino ad afferrare il gomito di Kurt.

-No. Non puoi.- disse secco, quasi arrabbiato. –Guardami, Kurt! Non hai il diritto di lasciarmi fuori casa, io…-

-Non toccarmi, per favore.- disse Kurt con voce flebile, incapace di parlare più forte.

-Come puoi dirmi di non toccarti? Sono tuo marito, fino a poco fa mi abbracciavi, e…-

-Adesso basta.-

A parlare non era stato né Kurt, né Blaine, e infatti Santana smise di massaggiarsi gli occhi esasperata, e alzò lo sguardo curiosa, come quando stai guardando un film già visto e particolarmente noioso e, nel turning point, ti svegli e presti attenzione allo schermo, sperando che questa svolta renda il resto del film leggermente più stimolante.

Blaine si voltò lentamente verso la sua sinistra e finalmente si accorse di Dave, come se prima non l’avesse proprio visto. Quasi fosse stata solo una sua svista, Blaine si voltò nuovamente verso la schiena di Kurt, la sua mano che stringeva forte sul gomito del marito facendolo gemere silenziosamente.

-Basta, ho detto.- ripetè Dave con voce ferma. E si sentì tanto paladino della giustizia. A Santana scappò da ridere, guardò il suo amico e si segnò un’enorme S sul petto che, ragionò Dave, stava a significare ovviamente ‘Superman’. La ignorò e diede attenzione a Blaine, che adesso era sicuro al cento per cento che Karofsky aveva cercato di fermarlo.

-Mi chiedo per quale motivo in ogni luogo che implica la presenza di Kurt ci sia anche tu, Karofsky.- disse Blaine. Kurt sapeva che Blaine non era cattivo: poteva essere infedele, superficiale, egocentrico, ma non cattivo. E sapeva che quella non era cattiveria, anche se poteva sembrare tale. Non lo era. Voleva solo che qualcuno gli desse una spiegazione, gli dicesse perché Karofsky era sempre in mezzo, perché era entrato nella vita sua e di Kurt quando davvero non c’entrava niente.

-Lasciagli il braccio, per favore.- rispose Dave, in modo di certo non consono alla domanda. E anche quel ‘per favore’ non era consono alla sua persona. Si vedeva lontano un miglio che si sforzava di essere gentile. Blaine allentò la presa, ma non la mollò, tanto per fare un dispetto all’ex bullo.

-Ma tu che c’entri in questa conversazione? Anzi, perché sei qui, prima di tutto?- chiese ancora il damerino, e di lì a poco, forse, avrebbe anche lasciato il gomito di Kurt. Giusto perché si stava stancando di stare lì col braccio dritto.

Dave allargò le narici e ingoiò la saliva, quasi ciò che stava per dire non potesse aiutare a migliorare la situazione.

-Chiamo al telefono di Kurt, e rispondi tu. Vengo a sapere da te che Kurt ha avuto la febbre e che tu, giustamente, sei andato a fargli compagnia. Corro da Kurt in ospedale e trovo te seduto al suo capezzale, poi vengo qui per chiarire con mio marito, e ci sei tu…-

Blaine interruppe il suo discorsetto del tutto ironico e fissò gli occhi in quelli di Dave, che sembravano avergli appena comunicato qualcosa di importante. Perse improvvisamente il suo sorrisetto, che per la prima volta non era uno dei suoi sorrisi ampi, sinceri e rassicuranti, e allargò gli occhi, quasi fosse riuscito a fare finalmente due più due. Dopo aver mollato la presa sul braccio di Kurt, guardò quest’ultimo in cerca di spiegazioni e lo vide mentre abbassava il capo, incapace di aggiungere altro.

Gli occhi di Blaine divennero lucidi e increduli, e Santana mormorò un ‘Ohi ohi’ a voce fin troppo alta.

Poi fu un attimo. Nessuno si accorse dello scatto che fece Blaine, e quando era già troppo tardi per fermarlo, lo videro quasi appeso al collo di Dave mentre con le mani gli stringeva la giugulare e con le ginocchia gli assestava dei colpi veloci e potenti –non male per un damerino canterino- sull’addome e anche più in basso.

Dave, del tutto impreparato, strinse i denti quando Blaine gli tirò un calcio preciso nello stomaco, e gli mancò il respiro per un tempo indeterminato, almeno finchè non riuscì a piantare le mani sulla schiena di Blaine tirandolo via dalla giacchetta. Kurt si prese le braccia e se le strinse mentre guardava quella scena, e di nuovo un flashback gli si parò davanti: c’era lui che stava facendo un giro turistico della scuola a Blaine, che, dopo aver visto Brittany e Artie scambiare qualche battuta con Kurt, diceva a quest’ultimo che si vedeva quanto gli mancavano i suoi vecchi compagni del McKinley. Poi arrivava Karofsky, che diceva di aver interrotto il suo allenamento coi pesi perché aveva sentito che due fatine spargevano polvere fatata per tutta la scuola. E anche in quel momento. Kurt non ricordava i discorsi esatti, ma poi aveva assistito a Blaine che metteva le mani addosso a Dave, cercava di spingerlo, e quest’ultimo, indignato, si faceva avanti per conciarlo per le feste. Kurt era del tutto impotente, e il litigio sarebbe andato avanti, se non fosse intervenuta Santana.

-Ehi, basta, ragazzi! Piantatela, fermi!-

Kurt tornò improvvisamente al presente e guardò il tutto davanti a sé come se stesse svenendo per l’ennesima volta. Tutto era sfocato, abbastanza confuso, forse qualcuno gli aveva somministrato altri funghi allucinogeni mentre dormiva, magari era stata Santana, o magari era tutto effetto del delirio che gli era salito fin sopra ai capelli. Vedeva Santana vestita di rosso e di nero che tentava di fermare quei due che avevano tutta l’intenzione di azzuffarsi, e meno male che anche questa volta c’era lei. Perché in qualche modo riuscì a fermarli, anche se non da sola, perché Rory era accorsa da dentro ad aiutarla, e Santana l’aveva anche guardata con ammirazione, quasi se la stesse mangiando con gli occhi. Kurt sperò che Rory non fosse lesbica o bisex, o sarebbe caduta presto anche lei nella rete di Santana. Ma adesso perché pensava a Rory e a Santana a letto insieme? Delirio, sì, delirio. O Finnite. E se il delirio fosse effetto della finnite? E se la finnite e il delirio fossero la stessa cosa?

Dave e Blaine s’erano appena staccati e Santana s’era messa in mezzo dividendoli con le braccia distese. Kurt continuava a guardare il tutto come fosse una vecchia pellicola, il viso morto –non smorto, bensì morto-, cadaverico. Guardava Dave mentre teneva una mano davanti allo stomaco e un occhio chiuso, poi Blaine che stava lì ad ansimare, carico di rabbia repressa. Rabbia che poi si sfogò in un paio di lacrime che gli scesero sul viso facendolo piangere come un bambino.

Probabilmente Blaine amava ancora davvero tanto Kurt, ma il fatto che lui potesse tradirlo, mentre Kurt non era autorizzato a farlo, lo rendeva piuttosto egoista, e possessivo, soprattutto. Ma Kurt non provò niente per le lacrime di Blaine, si sentì solo in colpa per quello che stava combinando. Battè i denti quasi stesse morendo di freddo, e gli occhi languidi si fermarono nuovamente su Dave, che alzò lo sguardo verso di lui, ma non disse niente. Era stranamente zitto, Dave, dopo quella piccola azzuffata.

Kurt si sentiva moribondo, forse aveva di nuovo la febbre. Sentì dietro di sé Mark che commentava amaramente la situazione.

-Questi froci…che si contendono altri froci…il mondo è pieno di froci…-

Poi aveva sentito anche la voce del suo collega che diceva ‘Che è successo a Polly Pocket?’, dopodiché vide Blaine che si copriva il volto bagnato, evidentemente imbarazzato, e si allontanava dal marciapiede scomparendo dietro a una macchina. Fu l’ultima cosa che vide, poi si afflosciò, praticamente si sedette, all’entrata della profumeria, e svenne, quasi avesse avuto un colpo di sonno.

Ah, sì, forse sentì la vocina –si fa per dire- di Santana che si lamentava dicendo:’Questo è peggio di Dante.’

 

 

 

§

 

 

 

 

Salve salvino, so che questo capitolo non vi ha soddisfatto, ma fatemi il piacere di farvelo piacere (??) perché ho sudato un po’ per scriverlo LOL.

 

Angolo delle curiosità: -Allora, il malore di Kurt che ho descritto all’inizio (il fatto che tremava per terra eccetera) e il fatto che l’hanno dimesso subito senza fargli troppe analisi, non me li sono poi inventati. Cioè, a me fortunatamente non è mai venuto un malore, anche leggero, ma ho assistito agli spasmi di un ragazzo che era con me in spiaggia. L’abbiamo coperto con gli asciugamani, poi è arrivata l’ambulanza, l’hanno fatto stendere sul lettino all’interno, gli hanno messo la mascherina per respirare e lui, dopo essersi pure addormentato perché aveva sonno, LOL, s’è ripreso e l’hanno portato a casa. Aveva avuto un malore improvviso, e ancora non si sa la causa *chiama Raz Degan per mandare il povero ragazzo a Mistero, nel caso si sia trattato di qualche attacco alieno*

-Ho citato alcune canzoni che Blaine ha cantato con Kurt o che ha dedicato a Kurt.

-“Nuovo soprannome per Kurt: Polly Pocket xD” Grazie a Steph, che  mi ha suggerito questo nome tanto tenero <3

-Non so perché, ma in questo capitolo mi sono fissata con Superman. L’ho citato due o tre volte °°.

-La parte in cui spiego che Kurt vorrebbe che Dave buttasse giù la porta per poi prenderlo in braccio e portarlo via con sé, beh, in realtà è una cosa già vista. Se non vista, almeno sentita. “I want you walk through and burst in the door and take me away.” Katy Perry – Thinking of you. Ebbene sì, sono  anche una grande fan della Perry, passo e chiudo ç-ç

-Viva il Merzimio <3

-Mercedes ha un’allucinazione e si immagina Kurt con le poppe. Il tutto rimanda all’allucinazione che ebbe quando andò da Breadstix con Blaine e Kurt. Sì, la scenetta della borsetta rosa che cade dalla bocca di Kurt. ‘E’ così gay!’

-Il delirio interiore di Kurt gli suggerisce che Mercedes possa essere scappata col Mantello dell’Invisibilità. Sì, sta male, deve andare a farsi vedere. Ma da uno bravo, bravissimo.

-Le piccole spintonate che si danno Dave e Blaine al tempo del liceo provengono dalla 2x17, ‘Night of neglect’. I dialoghi non sono proprio quelli, ma figuriamoci se li trascrivevo uguali v-v

-‘Questo è peggio di Dante.’ Insomma, la Divina Commedia non mi dispiace, ma dai, che barba, che uomo è quel Dante, che ogni volta che deve passare da un cerchio all’altro piange e poi sviene? Sì, okey, è che l’Alighieri non aveva voglia di scrivere il modo in cui passava da un certo all’altro, okey, got it.

E dopo questa rivelazione vi auguro buon inizio scuola –per chi come me va ancora a scuola- e buon proseguimento di vita a tutti gli altri.

 

 

 

Mirokia

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Capitolo 15
*** Love you. ***


DELIRIOUS

 

 

 

 

15. -Love you-

 

 

 

 

 

Dave non s’era accorto subito che Kurt s’era addormentato sullo scalino davanti alla propria profumeria perché impegnato a maledire Blaine per avergli inferto ginocchiate tanto dolorose all’altezza dell’addome. E quando finalmente si rese conto che Kurt era ben spalmato per terra e non sembrava aver intenzione di alzarsi, si precipitò verso di lui e iniziò a urlare ordini a destra e a manca.

-Chiamate un’ambulanza, per Dio!- esclamò, e intanto pensava che quell’esclamazione non faceva proprio al caso suo. Santana non gli diede retta nemmeno un po’, impegnata com’era a parlocchiare con Rory dai capelli rossi, mentre gli altri curiosi che s’erano avvicinati se ne stavano immobili, incapaci di muovere un muscolo.

-Volete chiamare una fottuta ambulanza o no?!- sbraitò Dave, ancora più infuriato. Intanto, uno dei colleghi di Kurt-non il gigante smilzo con la faccia da becchino, l’altro- s’era accovacciato su Hummel e aveva iniziato a schiaffeggiarlo con un ritmo sempre più veloce, parlandogli nell’orecchio.

-Polly svegliati. Che fai, dormi? Forza, apri i tuoi occhietti azzurri…-

-Ehi ehi ehi, momento momento momento.- disse Dave picchiettando tanto violentemente sulla spalla di quello, da provocargli una smorfia di dolore. –Non toccarlo.- aggiunse a denti stretti, e l’altro lo guardò, un po’ impaurito dallo sguardo assassino di Dave.

Che poi, che soprannome del diavolo era ‘Polly’? E com’è che si permetteva di chiamarlo in maniera tanto confidenziale? Doveva chiarirlo una volta per tutte che Kurt era suo?

No, okey, aspetta. Suo in che senso? Solo perché Kurt e Blaine avevano litigato, adesso poteva considerarsi…il fidanzato di Kurt? No, era ridicolo, i suoi pensieri correvano ancora a Nancy. E poi era semplicemente ingiusto che Dave si augurasse che quei due si lasciassero. Non era ancora così stronzo. In realtà gli importava solo che Kurt riuscisse a riacquistare quel tantino di serenità che gli serviva per non svenire ogni qualvolta subisse un calo di pressione. Il resto non importava più di tanto. Non importavano i desideri di Dave, le sue aspettative, la piega che avrebbe preso la sua vita. Se Kurt avesse voluto prendersi una pausa da tutto e da tutti e starsene un po’ per conto proprio, lui non l’avrebbe biasimato, anzi, ne sarebbe stato ben felice. Almeno si sarebbe calmato un po’. Il modo in cui aveva le sopracciglia aggrottate mentre se ne stava con occhi chiusi, respiro corto e corpo abbandonato, non gli piaceva affatto. Non si ricordava bene neanche l’ultima volta in cui gli aveva rivolto un bel sorriso, uno di quelli grandi e spensierati, e anche scacciapensieri, perché quando Dave ne vedeva uno, non riusciva a pensare ad altro se non a Kurt, al suo sorriso, e alla voglia di stritolarlo. Certo, poi ammazzava dentro di sé tutte queste voglie perché le giudicava sbagliate. Forse le giudica ancora sbagliate. Anzi, sicuramente.

-Sei il suo ragazzo?- chiese quel tizio dopo aver fissato Dave insistentemente. Quello arrossì di colpo.

-Eh? Ma che…? Non sono il suo fottuto ragazzo!- e lo disse quasi fossero in trecento capitanati da Leonida ad assalirlo e a bramare il suo sangue.

-Scusa, chiedevo…- mormorò l’altro in risposta, ora più cauto. Ma Dave s’infastidì ancora di più e lo spostò col braccio.

-Levati di mezzo, per favore, lascialo respirare…- provò a dire, ma un mugugno molto simile a quello che si emette la mattina appena svegli, lo fece bloccare.

-Che cos’è questo baccano?- era Kurt che aveva appena aperto un occhio.

- Stavi dormendo? Ma cosa fai, svieni oppure ti addormenti?- chiese, anche piuttosto serio. Una signora che era appena uscita dalla latteria e stava componendo il 118, si fermò e indicò il cellulare.

-Devo chiamare ancora l’ambulanza?- chiese, stralunata.

-Fosse stato per voi, sarebbe già morto.- disse Dave con disappunto. Poi si alzò e allungò una mano a Kurt intimandogli di alzarsi. –Vieni, ti porto a casa.-

-Ma Blaine…-

-A casa tua. Casa Hummel-Hudson, come vuoi che la chiami?- il suo tono era ancora piuttosto serio ma sembrava essersi sbollito quasi del tutto. Così dicendo, Dave si piegò per poi metter una mano dietro la schiena di Kurt e una sotto le sue gambe raggomitolate. Kurt si rese conto che aveva intenzione di prenderlo in braccio e le sue guance si colorirono di rosa. Ma non gli aveva appena detto di mettersi in piedi?

-Lascia stare, faccio da solo…- borbottò Kurt mentre tentava di far forza sulle braccia.

-Fai da solo un corno.- e non aggiunse altro, come se non ammettesse altri tentativi da parte di  Kurt di opporsi.  Riuscì a sollevare Kurt senza poi tanto sforzo, anche se avvertiva che il soprano se ne stava col corpo abbandonato e abbastanza inerme. La poca gente che si era raggruppata attorno a loro ghignò, sorrise, si preoccupò quando vide una scena del genere. Il collega di Kurt fece una faccia perplessa, mentre Mark, all’interno, mormorava fra sé: “Tutti froci, tutti froci, non se ne salva uno, tutti froci…

-E basta!- gli urlò Rory quando rientrò in profumeria e lo vide così acciaccato, gli occhi pieni di qualcosa di simile al risentimento.

Santana guardò Dave e fece uno dei suoi sorrisetti-faccia-da-schiaffi.

-La tipica D.I.D., eh?- disse con le braccia conserte. Dave la guardò senza capire, e l’altra si spiegò allargando le mani. –Donzella In Difficoltà. Sei l’Ercole del momento, tesoro?-

Dave rotolò gli occhi all’indietro e si allontanò dalla gente per raggiungere la sua macchina.

-Dave…- cercò di dire Kurt, ora completamente rosso in viso e sul collo. Beh, almeno aveva preso colore.

-Riesci a stare zitto per dieci minuti?- ribattè Karofsky, già nervoso per conto suo. Si sistemò il soprano tra le braccia e camminò anche abbastanza spedito fino a raggiungere la macchina. La gente li fissava mentre passavano, e Dave, di tanto in tanto, si girava verso qualcuno e chiedeva sgarbatamente ‘Che stai guardando? Vuoi una foto?’ facendo vergognare ancora di più Kurt, che nel mentre aveva abbandonato la testa sul petto di Dave.

Quest’ultimo gettò Kurt come un sacco di spazzatura in macchina, poi mise in moto. Destinazione: casa Hudson.

 

*

 

Durante il tragitto, Kurt si lamentò dicendo che c’era qualcosa sotto il suo sedere che gli dava fastidio. Tastò il sedile e trovò una specie di quaderno, forse un diario, anche se avrebbe detto un quaderno visto che era piuttosto sottile. E sulla copertina c’erano dei fiori colorati.

-Non è proprio il gadget adatto a una persona che si professa etero.- disse mostrando il diario a Dave, che lo guardò con la coda dell’occhio.

-Non dovresti essere moribondo, tu?- fece Dave sbuffando, e allungando un braccio nella direzione di Kurt. –E dammi quel diario.-

-Perché? Non posso leggerlo?- chiese Kurt, adesso improvvisamente curioso. Nah, in realtà era stato curioso sin da quando s’era sentito un fastidio sotto il sedere.

-Non sono affari tuoi.- e quasi andò a sbandare mentre cercava di togliere dalle mani di Hummel quella roba a fiori.

-Cosa mi nascondi?-

-Niente, Hummel, niente, ma non sono comunque affari tuoi. E ora posa quel diario, se non vuoi che mi fermi e che ti prenda a pugni.- minacciò Dave, poi frenò davanti al semaforo rosso.

-Davvero, sono lieto che in te sia rimasto il Karofsky del liceo.- disse Kurt: un discorso campato in aria, come se stesse continuando o ribadendo un concetto che s’era snocciolato in testa. Dave scosse la testa.

-Quindi saresti lieto se ti tirassi la Furia sul muso? Che ne dici?- chiese sarcastico.

-Non sei mai stato capace di alzarmi un dito, rassegnati.- ribattè Kurt con un lato della bocca sollevato e guardando davanti a sé. Dave rise ironico e guardò altrove, poi mise una mano sopra quella di Kurt –al che, Kurt si drizzò come una corda tesa, completamente rosso in volto-, anche se non voleva essere un gesto romantico. Infatti gli prese il dito indice nel pugno e lo sollevò all’altezza del viso di Kurt.

-Adesso te l’ho alzato.- disse semplicemente, e Kurt lo guardò sconvolto e a bocca aperta.

-Lo sai che anche Finn l’ha fatto una volta, vero?- disse, e Dave deglutì, con la parola ‘Finnite’ che gli vorticava nel cervello. –Spero tu stia scherzando.-

-Ha, mi sembra ovvio.- ribattè Dave leggermente rosa in volto, mentre Kurt sfilava l’indice dalla mano di Dave e poi gliela prendeva per posarla sopra la propria gamba. Quando scattò il verde –sembrò un’eternità- Dave non ebbe il coraggio di togliere la mano dalla posizione in cui si trovava: insomma, aveva la gamba di Kurt sotto e una sua mano sopra, che gli trasmetteva un calore forse eccessivo. E dire che fino a poco prima era freddo come il ghiaccio per aver perso i sensi, calo di pressione. A volte, Dave si chiedeva se Kurt fosse o meno un alieno. In fondo, aveva sempre pensato che avesse anche degli occhi troppo azzurri e trasparenti, quasi extraterrestri.

Kurt carezzò con le dita il dorso della mano di Dave, mentre questo, d’istinto, fece pressione con le dita sulla coscia del soprano. Fosse era troppo nervoso.

A quel punto, la macchina dietro di lui lo stonò a forza di suonare il clacson, e Dave si ricordò che, diamine, era scattato il verde. Sollevò a malincuore la mano dalla gamba di Kurt e la portò sulla marcia, lo sguardo fisso sulla strada, troppo imbarazzato per guardare accanto a lui. Così non si accorse di Kurt che apriva il diario che gli era stato ordinato di posare.

-Carissimissimo diario, sono tipo a pezzi. Sono riuscita a resistere un anno intero nelle Cheerios giusto per Santana Lopez, ma non ce la faccio proprio più. La lesbica senza utero e ghiandole lacrimali –ce l’ha confessato lo scorso trimestre- ci fa bere della roba imbevibile, un misto di zozzerie proteiche e quant’altro. E credo di non riuscire più a resistere alla roba strafritta che danno in mensa. Giusto ieri, la Sylvester ha ordinato che venissero eliminate tutte le crocchette dalla circolazione, e una certa Mercedes Jones s’è messa a strillare che voleva le crocchette con un cartellone sopra la testa. Credo sia amica di quell’uomo/donna che frequenta le lezioni di francese con me. E comunque, presto riprenderò a mangiare, sono stanca di essere anoressica. Mi chiedo se a Santana piacciano tonde o magre. Per essere lesbica lo è: ho un gay radar che non fallisce mai. Quell’Hummel della mia classe, per esempio. E’ bastato uno sguardo fugace. ‘E’ gay.’, mi sono detta, poi ha aperto la bocca e tutto è stato confermato. Quell’altra tizia bionda, poi, che se ne va in giro mano per mano con Santana, mi mette una rabbia addosso che non ci vedo. E’ stupida, Dio, stupida. Non può combinarci niente con lei. E poi, quell’altro… Sì, mi va tutto male ultimamente. Quell’altro, dicevo, David. Gli sono andata a sbattere contro così tante volte –e ci credo, è una montagna d’uomo- che abbiamo finito per rivolgerci più spesso la parola e per diventare pseudo-amici. Poi io sono nelle Cheerios, e lui è nella squadra di football, è normale che ci scambiamo anche un paio di sguardi. Solo che boh, sembra che il mio gay radar si sia messo a suonare anche con lui. Anche perché giurerei di averlo visto ieri mentre passava dalla mensa e faceva un occhiolino ad Hummel. Spero che questa volta mi stia sbagliando, perché mi sembra una persona a posto, si rivolge in maniera stranamente gentile nei miei confronti…Gentile?!- sbottò Kurt dopo aver letto un paio di pagine e badando bene a tener stretto e fermo il polso di Dave quando cercò di togliergli il diario dalle mani.

-Sta’ zitto.- si limitò a dire quello svoltando a destra.

-e…mi piace. Voglio dire, non mi piace in quel senso, però se fossi etero, me lo farei volentieri. A quanto ho capito, non è poi così popolare, e neanche bello a dirla tutta, e poi è enorme…non nel senso cattivo, è che è gigante, e ci sono già io che non sono così magra. Però non so cosa c’è in lui, eppure me lo farei. Anche se ultimamente mi ha trattata male, forse è nervoso. Forse è perché si sta avvicinando il ballo scolastico e non sa con chi andare. E va beh, potrei anche chiederglielo io, giusto come copertura. Ancora non capisco da cosa devo coprirmi…so solo che non voglio che i miei genitori sappiano di questa storia e, soprattutto, non voglio mettere Santana in mezzo. …Wow, ho scritto un sacco di roba stavolta. Ci credo, non scrivevo da mesi. E direi che adesso basta, Sayonara.-

Kurt disse l’ultima parola quasi sussurrata, poi sospirò e scosse la testa violentemente, quasi non credesse a ciò che aveva appena letto.

-Anche lei parla il giapponese?- chiese timidamente.

-Hai finito di farti i cazzi degli altri?- chiese a sua volta Dave, e in qualche modo sentì di aver detto qualcosa di facilmente fraintendibile e sconcio.

Kurt alzò leggermente il diario adesso chiuso.

-Suppongo che questo diario sia di…Nancy, giusto?- non potè nascondere il fatto di aver quasi dimenticato il nome della moglie di Karofsky. D’altra parte, Dave non ricordava mai quello di Blaine.

-E grazie al cazzo.- rispose Dave tentando di essere freddo.

-Non sapevo che anche Nancy fosse…-

-Ora lo sai.- tagliò cortò Dave e, dopo essersi fermato al semaforo, si mise una mano sugli occhi per poi massaggiarseli. Kurt lasciò andare il capo sul sedile.

-Nancy…- borbottò. –Sai, all’inizio pensavo che ti fossi messo con questa Nancy solo perché il suo nome ti ricordava ‘Fancy’.-

Dave lo guardò male.

-Un pochetto megalomane, eh?- fece, poi digrignò i denti.

-Perché sei così nervoso?-

Dave scosse la testa sorridendo e ripartì non appena scattò il verde, forse anche prima.

-E’ un pensiero idiota.-

-Ne prendo atto.- disse Kurt, e stette con gli occhi fissi sul suo nuovo autista. Quello sorrise di nuovo nervosamente, poi guardò nello specchietto e si preparò a parcheggiare. Mentre faceva retromarcia, parlò.

-Potresti anche tirare a indovinare, no? ‘Non è poi così popolare, e neanche bello a dirla tutta, e poi è enorme’. Non è esattamente il tipo di complimenti che vorresti sentirti dire da una persona che ha avuto un’importanza fondamentale nella tua vita.- disse, poi si voltò verso Kurt, che lo fissava. –E non guardarmi così solo perché ho voluto utilizzare qualche termine più sofisticato.-

-Già, ha avuto un’importanza fondamentale nella tua vita perché ti ha aiutato a nasconderti.- snocciolò Kurt quando finalmente furono fermi e parcheggiati sotto casa Hummel-Hudson. Dave non rispose, ma aprì la portiera, poi fece il giro e andò ad aprire quella di Kurt. –Mi hai sentito?- insistette quello mentre scendeva. S’accorse che Dave non aveva più intenzione di aiutarlo a camminare: forse si era accorto che non era poi così moribondo.

-Anche se mi sforzassi di ignorarti, non ci riuscirei. Hai la voce stridula, e mi trapana le orecchie.- disse Karofsky dopo aver chiuso la macchina con un ‘bip’ ed essere arrivato davanti alla porta. –E non c’entra niente quello che hai detto tu. Sono solo stanco della gente che dice che sono grasso, o che ho pochi capelli, o che sono brutto.- e mentre parlava, si sentiva un quindicenne.

-Perché, te lo dicono spesso?- chiese Kurt, e fu per davvero una domanda innocente. Dave lo guardò con le sopracciglia alzate, convinto che stesse scherzando, poi si girò verso la porta e suonò il campanello.

-Non sei il mio tipo. Non mi piacciono i ragazzi grassi e sudaticci che saranno pelati a trent’anni’- canzonò, tentando di utilizzare una voce abbastanza stridula. Il fatto che si ricordasse quel dialogo ancora a memoria, non era nulla di buono. Kurt, che sinceramente aveva una confusione non trascurabile in testa, si mise pure a pensare, ma non potè ribattere con nulla, perché Finn Hudson aveva già aperto la porta.

-Hey, fratello adottivo!- disse con un sorriso radioso. Poi si voltò verso Dave, e il suo sorriso si ridusse ad un nervoso stringersi di labbra. –Karofsky.- salutò, e non si capacitava di com’è che quei due assieme erano venuti a bussare alla sua porta. Davvero, non ci capiva un tubo.

 

*

 

-Ragazzo!- la voce altisonante di Burt Hummel entrò nella camera semibuia di Kurt, dove Finn e Dave se ne stavano seduti a parlare di football e hockey, poi di nuovo football, poi Xbox, poi anche Blaine. Kurt non aveva più voglia di sentir risuonare nelle sue orecchie quel nome, e si voltò verso il muro abbracciando il cuscino, sperando di riuscire a prendere sonno, anche se gli occhi continuavano a riempirglisi di lacrime.

-Ragazzo mio!- ripetè Burt sedendosi sul letto e picchiettando sulla spalla del figlio. –Finn mi ha chiamato e mi ha messo al corrente dell’accaduto. Cos’è successo?-

Ma non aveva appena detto di averlo messo al corrente dell’accaduto? Ma che succedeva in quella famiglia? Finnite dilagante?

-Sto bene, papà.- disse pazientemente Kurt, anche se era ovvio che non era così. Si mise a sedere e poi si alzò, per mostrargli che non aveva niente di rotto e che era in gran forma. Certo. Era davvero il giorno più bello della sua vita.

-Finn mi ha detto che ti sei sentito male.- disse Burt. Kurt lanciò una feroce occhiata a Dave, che sicuramente aveva spifferato qualcosa a Finn. Dave, a sua volta, fissò Finn con sguardo minaccioso.

-Sì, beh, mi è girata un po’ la testa, niente di più.- disse Kurt, e si risparmiò la storia dell’ospedale e delle tre e passa volte in cui era svenuto. –E’ che ho litigato con Blaine.-

-Cosa è successo con Blaine?- chiese subito Burt, preoccupato e premuroso e chi più ne ha più ne metta. Prese le mani del figlio tra le proprie e gli chiese con lo sguardo se, per favore, potesse raccontargli tutto. Ma non gli avrebbe detto niente, no. Non in quel momento, almeno. Burt Hummel era capace di tutto pur di non far soffrire suo figlio. Se avesse saputo che Blaine l’aveva tradito con un ragazzo di strada, e per un anno intero, sarebbe andato personalmente a cercare l’ex Usignolo per spezzargli qualche osso. Ossa del collo, ossa delle gambe, ossa dello sterno, il cranio, soprattutto il cranio, e osso sacro.

-…Non ho voglia di parlarne, papà, scusami.- fece Kurt dopo essersi seduto accanto al padre, che annuì piano e gli si avvicinò all’orecchio.

-Puoi stare qui quanto vuoi, ragazzo, mi faresti solo piacere.- gli bisbigliò, facendolo finalmente sorridere. -…E lui che ci fa qui?- chiese poi, lanciando un’occhiata a Karofsky, che adesso borbottava parole minacciose tutte rivolte al povero Finn. Kurt alzò le spalle e guardò Dave mentre discuteva con Finn, e sorrise debolmente quando quello si stufò di sentirsi insultare e se ne andò, lasciando Dave finalmente libero di spostare la sua attenzione su Burt e Kurt.

-Non vuoi dirmelo?- insistette Burt, e il figlio lo guardò con gli occhi lucidi. Moriva dalla voglia di dirgli la verità, di confessargli tutto: il tradimento di Blaine, le sue bugie, le bugie di Kurt, la notte passata con Dave,  poi Nancy, sì, voleva parlargli anche di lei. E poi dirgli che non aveva il coraggio, quel coraggio che avrebbe dovuto far parte di lui sin da quando aveva incontrato Blaine alla Dalton, di lasciare il suo Usignolo. Ne aveva tutti i motivi, ma il cellulare nella sua tasca continuava a vibrare e si stava riempiendo di messaggi. Tutti di Blaine. E lui stava lì, con gli occhi che bruciavano, ad ignorare.

Non aveva il coraggio di spezzare quel legame che c’era sempre stato tra di loro. Avrebbe dovuto farlo, lo doveva al suo orgoglio, l’orgoglio che aveva sempre difeso, ma che, almeno per Blaine, era riuscito a mettere da parte.

Mentre rifletteva e scuoteva la testa, il padre lo abbracciò e gli sussurrò che non l’avrebbe mai lasciato solo.

Ecco cos’era.

Non voleva rimanere solo. Eppure aveva passato più di due settimane senza Blaine, a casa, da solo. Ma no, non era vero, c’erano stati Finn, Mercedes, e poi quel demone di Santana, e Rachel e il suo essere insopportabile. Si ostinava a non pensare a Dave, ma era inevitabile che era stato quello con cui aveva passato la maggior parte del tempo e quello che, involontariamente, gli aveva tenuto compagnia più di tutti. Dave aveva in qualche modo sostituito Blaine, l’aveva fatto sentire bene allo stesso modo, era stato forse anche più presente. Non credeva di poterlo pensare, ma in quel momento, quando i suoi occhi incontrarono quelli di Dave seduto sulla sedia della scrivania, sentì qualcosa nel petto sprofondare, e si convinse che fosse il delirio che s’era impossessato di lui da tempo, ormai. In realtà, tentava di convincersi. Perché già sapeva qual era la tanto agognata verità. Era stato egoista, è vero: aveva voluto a tutti i costi che Dave accettasse la sua omosessualità perché ci teneva che vivesse felice. Sì, forse era quello il motivo iniziale. Ma poi aveva iniziato inconsciamente a volere che Dave lo guardasse di nuovo come una volta, con quello sguardo di riverenza che poi s’abbassava imbarazzato, a volere che arrossisse ancora quando si rivolgevano la parola o iniziavano a scherzare, o che lo chiamasse ‘Fatina’, perché lo sentiva come un segno d’affetto. Si era detto che tutto era dovuto alla mancanza di un amico gay. Aveva parecchie amiche donne, e Mercedes era perfetta. E credeva di aver bisogno, forse, di un amico maschio, uno a cui raccontare le proprie pene senza magari essere preso in giro. Dopodichè s’era accorto che no, Dave non poteva essere suo amico. Non erano mai stati amici, Dave stesso non aveva mai considerato Kurt come suo amico. Se li ricordava bene quei discorsi nell’aula del glee club, e si ricordava di quando disse anche che l’avrebbe considerato come qualcosa di più se non l’avesse offeso in quel modo. Dave gli aveva detto che era poco mascolino, o qualcosa del genere. Adesso che ci pensava, non era un insulto poi così grave: in effetti, lui non aveva un solo capello mascolino. Avrebbe dovuto pensarci, a quel tempo. O forse ci aveva pensato, non ricordava bene. Però sapeva per certo che, man mano che passavano i giorni, aveva voluto David Karofsky a fargli compagnia sempre più spesso, aveva voluto sentire la sua voce, sentirlo sghignazzare, vederlo aggrottare le sopracciglia quando gli venivano fatti dei complimenti, vederlo stringere le labbra quando si innervosiva e avrebbe voluto urlare bestemmie e parole grosse, ma lo faceva occasionalmente, giusto perché era in compagnia di Kurt.

Kurt non aveva mai davvero pensato a come catalogare quel tipo di sentimento. Non era qualcosa di normale, e sinceramente lo stava portando al delirio vero e proprio. Al liceo non ci capiva molto, e aveva quasi lasciato perdere, dopo il matrimonio con Blaine non ci aveva pensato più, e adesso tutto sembrava chiaro come il sole. Il sentimento era ben delineato, e si sentì un folle quando nella sua testolina comparve, nitida e scintillante, la parola ‘Amore’. Non ci aveva creduto fino a quel momento. E adesso sapeva per certo di amare David Karofsky. Quel sentimento era da catalogare sotto la parola ‘Amore’.

Lo amava davvero, e mentre ci pensò arrossì, e Dave gli fece una smorfia, quasi a volerlo avvisare che presto se ne sarebbe dovuto andare.

-…Puoi lasciarci soli, per favore?- disse Kurt rivolto a suo padre, che immagazzinò quelle parole nel proprio cervello e le associò a un evento del passato, un evento che si collocava nell’ufficio del preside della William McKinley High School, anni addietro. Rivide se stesso seduto su una sedia sgangherata, mentre alzava la voce a Paul Karofsky, che tentava pazientemente di spiegargli che no, suo figlio –seduto accanto a lui con la testa bassa che annuiva ad ogni parola del padre- non era mai stato un ragazzo violento, che aveva sempre rispettato le regole, che era sempre stata una persona come si deve. E che se in passato aveva trattato male Kurt, adesso non aveva più intenzione di farlo, anzi, avrebbe voluto creare un gruppo di persone volte a proteggere le vittime di bullismo. Burt se lo ricordava di quanto era stato scettico. Ma avrebbe fatto di tutto per vedere suo figlio felice, e suo figlio moriva dalla voglia di tornare in quella scuola.

Adesso Kurt desiderava che uscisse dalla camera, perché a distanza di anni, voleva nuovamente parlare faccia a faccia con quel Karofsky. E voleva farlo senza la presenza del padre. Il che voleva dire che era successo qualcosa di abbastanza grosso da essere paragonato al bullismo che Kurt subiva al liceo.

Burt guardò suo figlio, e il suo sguardo lo rasserenò in parte. Si alzò poggiandosi con le mani alle ginocchia, poi uscì e prima di chiudere la porta, diede un’ultima occhiata a Kurt.

-Mi ricorda qualcosa.- disse Dave non appena si fu assicurato che i passi di Burt non fossero più udibili.

-Già. Ma questa volta non ti chiederò a che gioco stai giocando, e tu non mi dirai che c’è Santana dietro tutto questo.- fece Kurt, e tirò al petto le gambe.

-Non è detto. Potrebbe benissimo essere stata lei a causare questi casini.-

Dave provò a sorridere, e Kurt ricambiò per poi tornare a guardarsi i piedi coperti da calzini gialli.

-Cosa dovrei fare con…- e non riuscì neanche a pronunciare il nome. - Blaine…secondo te?-

-Perché lo chiedi a me?- domandò Dave, e si sentì improvvisamente in imbarazzo. Fino a poco prima scherzavano come se nulla fosse accaduto, mentre adesso l’atmosfera era pesante, palpabile. Si sentiva, altrochè. –Io sono l’ultima persona che può dirti cosa fare.- e si grattò la nuca.

-Beh, cosa ti aspetteresti?-

-Non lo so…suppongo che tu andrai avanti ancora per un po’ a frignare e svenire come una femminuccia, e poi…-

-Poi?-

-Cosa vuoi che ti dica?- sbottò Dave, una mano sulla fronte. –Non ho idea di quali sono le tue intenzioni. E anche tu sembri parecchio indeciso, visto che nemmeno ti degni di chiudere le chiamate, ma ti limiti a ignorarle.- aggiunse per poi indicare col capo la tasca di Kurt che continuava a vibrare. Kurt prese il cellulare e vide sullo scherno ’13 chiamate perse’, e cinque messaggi.

-Non voglio parlarci, per adesso.- disse Kurt, e spense finalmente il cellulare. Si sentì fiero di se stesso, perché aveva finalmente preso una pseudo-decisione.

-E non parlarci.- disse Dave alzando le spalle. –Fai quello che ti va.- e provò a fare il menefreghista, ma il suo sguardo luminoso tornò su Kurt, che si mise a fissare incantato quegli occhi adesso verde chiaro.

-Adesso mi va di fare una cosa.- disse allora Kurt sfregando le mani sulle ginocchia.

-E fallo, basta che non sia ‘ballare Single Ladies’- disse Dave ironico.

-In effetti, mi aiuterebbe a scaricare lo stress…-

-No, ti prego. Non lo fare.-

Kurt rise, e sentì il cuore battergli davvero troppo forte. E non era normale. Avrebbe dovuto farsi vedere da un dottore, che ne so, uno psichiatra forse. Sarebbe stato più adatto, probabilmente. Si alzò dal letto e andò verso Dave, che d’istinto s’allontanò con la sedia munita di rotelle. Ma Kurt non se ne accorse, era troppo concentrato sugli occhi acquosi di Dave.

Quando gli fu praticamente addosso, Kurt si sedette sulle sue gambe e lo abbracciò. Poi cercò le sue labbra e gli diede un bacio piuttosto lungo, e carico di quel sentimento che Kurt aveva catalogato sotto la parola ‘Amore’. Dopo essersi staccato, Dave fece fatica ad aprire gli occhi e svegliarsi dall’estasi.

-Non…credo sia opportuno.- disse dopo aver dato un’occhiata alla porta.

-Non lo è, infatti. Mio padre è troppo preoccupato.- disse Kurt, poi confessò i suoi timori. –Se venisse a sapere di quello che ha fatto Blaine…sarebbe capace di farlo fuori. Sai com’è fatto, no?-

-Sì, non mi ha mai trattato troppo bene.-

-E se sapesse…insomma…di me e te…- Kurt faceva fatica a parlare, e adesso stava arrossendo, perché Dave gli stringeva la mano, stranamente più romantico del solito.

-Dici che penserebbe che sia stato io a portarti sulla cattiva strada?- chiese quello sforzandosi di sorridere. Perché in effetti non c’era niente da ridere.

-Senza dubbio. Non importa quanto io lo preghi di cambiar idea: lui resterà convinto del fatto che tu non sia esattamente il tipo di persona che dovrei frequentare.- spiegò Kurt per poi poggiare il proprio capo contro quello di Dave e respirargli sul viso. L’altro gli avvolse le braccia attorno alla vita e gli annusò il collo. Poi scosse la testa rassegnato.

-Lo sapevo.- disse amaramente. Kurt gli chiese spiegazioni col suo silenzio. –Dico, lo sapevo che non avrebbe funzionato. Io sono stato un grandissimo stronzo, e un inutile cazzone ai tempi del liceo, e questa mia incapacità di stare zitto e buono non m’ha mai fatto guadagnare la fiducia tua e di tuo padre.- si grattò il naso con l’indice. –E poi, c’è una marea di altre cose per cui non potrebbe mai funzionare. Io sono sposato, tu anche, ma io sono messo peggio di te. Tu almeno sei gay dichiarato, tutto il mondo sa che sei gay, hai un padre che si butterebbe sotto a un treno per te, un fratello talmente tonto che non potrebbe mai darti problemi, neanche se lo volesse, degli amici che sono sempre pronti a tutto pur di farti felice, eccetera, e tante altre belle cose, tanti arcobaleni. Pensa a me e alla mia situazione: sto con una donna, e nessuno, a parte tu, lei, e Santana malsana, sa che sono…voglio dire, non so nemmeno se lo sono, vuoi sapere la verità?-

Kurt annuì piano, e sentiva che non l’avrebbe mai fatto smettere di parlare, per nulla al mondo. Adesso la sua voce gli sembrava così grave e calda e piacevole. Non si stava perdendo una parola. E non voleva nemmeno chiudere gli occhi ad ascoltare, perché voleva vedere ogni movimento del suo viso mentre articolava le parole. Non voleva perdersi niente.

-Io ho continuato a dirti per tutto questo tempo che non sono gay, ok? Non era per prenderti per il culo, cioè, sì, mi piace prenderti per il culo…cioè, non in quel senso…cioè, hai capito!-

-Se dici un’altra volta ‘cioè’, sarò costretto a pensare che sei persino più gay di me.- sorrise Kurt e avvicinò il suo naso a quello di Karofsky, che allontanò il capo.

-Basta smancerie.- disse secco. –Allora, dicevo, io so di non essere gay. Voglio dire, ‘gay’ significa che sei attratto dagli uomini.-

-Di nuovo con questa storia? Mi stai dicendo che sembro una donna?- chiese Kurt leggermente irritato.

-No, aspetta, vedi che non mi fai finire di parlare?- esclamò Karofsky col tono di voce più alto, per poi abbassarlo di nuovo. –Non credo di essere gay, perché…m’è piaciuto davvero un solo ragazzo nella mia vita scema, e non voglio fare di tutta l’erba un fascio. Voglio dire, boh, mi sono innamorato di questo ragazzo, e allora? Mica significa che devono piacermi tutti i ragazzi. Me n’è piaciuto uno, va bene, in futuro potrebbero piacermi solo donne.-

-E quel ragazzo ero io, giusto?- chiese Kurt con l’emozione nella voce e le dita che stringevano sulla maglia di Dave.

-…E’ una domanda scaturita dalla tua ingenuità, o vuoi davvero farmi arrabbiare?- borbottò Dave, le guance perfettamente rosse.

-Mi amavi davvero?- domandò allora l’altro poggiando la testa sulla spalla di Dave. Quest’ultimo sentì le orecchie bruciare, a quel tono così suadente eppure innocente.

-La pianti di mettermi in imbarazzo?- fece con un cipiglio, e Kurt gli rise nell’orecchio, e finalmente si sentiva meglio. Sembrava che quando era in compagnia di Dave, tutte le altre preoccupazioni andassero a rifugiarsi nei cassetti del suo cervello e non volessero più uscire. Almeno finchè Dave era lì con lui.

Kurt poggiò le labbra sul collo teso di Dave e ci lasciò un bacio. Il modo in cui Dave tremava per l’imbarazzo e per le sensazioni legate a quei baci innocenti, lo fece sorridere, e gli ricordò cos’è che voleva dirgli. Forse avrebbe dovuto dirglielo tempo prima, ma non se n’era accorto, non poteva essere biasimato. Non l’aveva mai capito, e si chiese se davvero fosse stata colpa della Finnite o se fosse proprio lui quello troppo fissato coi musical romantici e strappalacrime, da non accorgersi che quella burbera relazione che s’era instaurata tra lui e Dave poteva essere facilmente fraintendibile con l’amore. No, era amore. Lo era di certo.

Si avvicinò con la bocca all’orecchio di Dave, gli disse ‘Ti amo.’ Ma non era un ‘ti amo’ sussurrato come quello delle telenovele, o gridato al mondo come quello delle pellicole drammatiche. Era un ‘ti amo’ normale, detto a mezza voce, diretto e convinto.

A Dave uscirono quasi gli occhi fuori dalle orbite per quella confessione così improvvisa e sincera. Mise una mano sui capelli di Kurt e, muovendo la spalla, gli fece alzare il capo, e prese a baciarlo, perché non sapeva in che altro modo rispondere.

Dal bacio casto, si passò quasi immediatamente al bacio irruento e affamato, quasi fosse un mezzo per trasmettere a Kurt tutte le parole sdolcinate che Dave aveva in mente di dirgli.

E’ vero, tra di loro non sarebbe mai funzionato. Ma adesso non ci volevano pensare, e stavano avvinghiati l’uno all’altro, la sedia che sbatteva contro la scrivania, le gambe di Kurt che si avvolgevano sui fianchi di Dave. E intanto entrambe le loro mani erano stette sul collo dell’altro. Era un bacio strano: Kurt l’avrebbe definito delirante. Sembrava esserci disperazione in quel contatto di bocche e lingue, quasi pazzia.

In quel momento, Finn bussò ed entrò nella stanza prima che potesse ottenere risposta, ma loro non si fermarono, almeno finchè Finn non fece un gridolino stupito e strozzato e scandalizzato e chi più ne ha più ne metta.

-Che…che stavate facendo?- chiese Finn con gli occhi spalancati e le mani tese in avanti. Kurt scese dalle gambe di Dave e si sistemò i capelli dietro l’orecchio, mentre l’altro si coprì gli occhi e si guardò i piedi.

-Non dirlo a papà, per favore. Non ancora.- disse Kurt, e tentò di tranquillizzare Finn con lo sguardo. Quello stava ancora con gli occhi spalancati, e le mani gli tremavano, e anche la voce, come se avesse assistito a un delitto e adesso doveva essere fatto fuori. –Dovevi…dirmi qualcosa?- tentò Kurt. Il fratellastro annuì e allungò il proprio cellulare verso Kurt, badando bene che non gli sfiorasse le mani, nemmeno un’unghia.

-Ho ricevuto un messaggio da Blaine.- disse semplicemente, poi consegnò il telefono a Kurt, e si voltò, camminando come un robot fino al soggiorno.

Kurt si picchiettò il cellulare arretrato di Finn sul mento.

-Non so se leggerlo o meno.- ammise. Dave alzò le spalle.

-Deve essere disperato per aver mandato un messaggio anche ad Hudson, che non c’entra niente.-

Kurt annuì, poi lesse il messaggio. Diceva: ‘Se non accetti di parlarmi, mi butterò dalla finestra. Chiamami, parlami, ti prego.

Un brivido corse su per la schiena del soprano, che sentì pizzicargli nuovamente gli occhi. –E’ forse impazzito?- disse col suo tono drammatico, poi fece leggere il messaggio a Dave, che socchiuse gli occhi, rassegnato.

-Devi andare da lui.- disse pacatamente, poi alterò il tono di voce. –Dai, va’! O si butterà di sotto, e non vorremmo mica che faccia questa fine.- aggiunse, ironico. Kurt lo guardò di sottecchi.

-Adesso non me la sento…Non mi va e basta! E potrò fare quello che voglio, una volta tanto!- esclamò, e stette un attimo zitto, quasi avesse interrotto la frase sul più bello. –Andrò a parlargli domani, comunque.-

-E tornerai con lui, immagino.- borbottò Dave, con l’intenzione di non farsi sentire, e infatti Kurt chiese un ‘Come?’ e lui aveva detto un ‘Lascia perdere’, per poi sforzarsi di non sembrare disperato.

 

 

 

 

§

 

 

 

Spero sia abbastanza lungo. Ci ho lavorato un po’, ed eccolo bello fresco per voi ^^

 

Angolo delle curiosità: -Il ‘momento momento momento’ è sempre preso da Peter Griffin XD

-‘ Non si ricordava bene neanche l’ultima volta in cui gli aveva rivolto un bel sorriso’, ‘can’t remember when I last saw you laughing’, True colours, Cindy Lauper.

-‘La tipica D.I.D., Donzella In Difficoltà’, presa da Hercules XD Amo quel cartone animato.

-Gli occhi di Kurt sono extraterrestri, e ho messo quell’aggettivo semplicemente perché stavo ascoltando E.T. di Katy Perry.

-Ho citato la scena in cui Karofsky e suo padre parlano con Kurt e suo padre per convincere Kurt a tornare al McKinley.

-‘ hai un padre che si butterebbe sotto a un treno per te’, stavo pensando alla canzone Grenade di Bruno Mars, che fa ‘I’ll jump in front of a train for you’.
- ‘Non voleva perdersi niente’, ‘I don’t wanna close my eyes, I don’t wanna fall asleep ‘cause I’d miss you babe, and I don’t wanna miss a thing’ LOL

-‘Devi andare da lui.’ Stessa frase che dice la Besta a Belle quando deve lasciarla andare, cioè quando lei vede attraverso lo specchio magico che suo padre sta morendo sulla neve. Cose random XD

Boh, credo di aver finito. Grazie a tutti coloro che mi sono ancora fedeli, mi migliorate un’intera settimana, grazie *____*

 

 

Mirokia

 

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Capitolo 16
*** When a house is not a home. ***


DELIRIOUS

 

 

 

 

 

16. -When your house is not a home.-

 

 

 

 

 

Blaine Anderson aveva mandato il suo ultimo, disperato messaggio a Finn, poi aveva riposto il cellulare in tasca con il livello della suoneria al massimo, in modo che potesse subito accorgersi di qualcuno che lo chiamava. E quel qualcuno sperava fosse Kurt. Sperava davvero che Kurt si sarebbe presentato a casa, se non proprio in quel momento, magari anche il giorno dopo. Non aveva mai voluto così tanto parlare con una persona.

Si sedette sul bordo del letto e si diede dello stupido. Si tirò i capelli fino a farsi male e poi si diede un pugno in fronte. Chiunque l’avesse visto, avrebbe pensato che stesse delirando. E forse sì, stava diventando pazzo anche lui. Se ne rese conto soprattutto quando alzò la testa dalle mani, e sentì il collo dare segni di cedimento, come se fosse stato in quella posizione da disperato per ore. E infatti s’era fatta già sera, e lui non se n’era accorto. E oltretutto, non aveva ricevuto nuove chiamate. Ma un messaggio sì, e si agitò un po’ quando andò per aprirlo. Il mittente era Finn, e il messaggio recitava:

mi dispiace

senza punti, né virgole, e non si era neanche degnato di mettere la lettera maiuscola all’inizio. Gli dispiaceva per cosa, poi? Aveva già capito tutto? No, quello era poco probabile: si parlava di Finn, dopotutto. Qualcuno, piuttosto, doveva avergli spiegato per bene la situazione.

Scivolò dal letto con gli occhi pesanti, e pensò che forse si era addormentato sul palmo della mano. Poco credibile, ma forse l’aveva fatto davvero. Si guardò intorno e vide lo specchio gigantesco che Kurt aveva preteso non appena s’erano trasferiti in quella casa, poi il suo sguardo andò alla sedia preferita di Kurt, quella davanti alla specchiera. Ma che senso aveva guardarla con fare malinconico? Era solo una sedia, e non aveva alcun senso se non c’era nessuno seduto su di essa.

A chair is still a chair, even when there’s no one sitting there.

Quella canzone si fece spazio tra I suoi pensieri, ma decise subito di togliersela dalla testa scuotendola forte.

Si fece coraggio e si guardò allo specchio tentando di non provare ribrezzo per stesso. Si scompigliò i capelli: era un gesto piuttosto inconsueto da parte sua. Amava sempre tenerli sistemati, tirati indietro con gel e pettine, perfettamente simmetrici. E invece adesso li aveva disfatti, e i ricci duri di gel gli solleticavano il collo e le orecchie, quindi non gli importava più granchè dei capelli. Non gli importava più di rendersi presentabile.

Avrebbe anche pianto se non si sentisse una tale merda da non permettersi neanche le lacrime, perché lui era in torto, e sono le vittime che piangono. Kurt avrebbe dovuto piangere. E probabilmente l’aveva già fatto, chissà per quanto tempo.

Poi però si ricordò che anche lui, alla fine, era una vittima. Era stato sicuramente lui a sbagliare per primo, ma a quanto aveva capito…Kurt e Karofsky. Tra loro c’era qualcosa. E non si capacitava di come potesse essere possibile. Quel…gorilla inguardabile di Karofsky era riuscito ad attirare in qualche strano e sconosciuto modo l’attenzione di Kurt. Che con Karofsky non c’entrava niente. Kurt e Karofsky non potevano stare insieme. Era impensabile. Non avevano nulla in comune, e Blaine non riusciva neanche a immaginare in che modo potessero andare d’accordo.

Blaine non era una persona cattiva: il suo era un animo buono, e non aveva mai augurato il male a nessuno. Ma non s’era mai sentito a proprio agio in presenza di Karofsky. Sarà stata la sua adolescenza problematica passata in compagnia di bulli omofobi, sarà stato il comportamento aggressivo che adottava Karofsky ogni volta che gli rivolgeva la parola, saranno stati quegli sguardi inopportuni che l’ex bullo rivolgeva a suo marito, ma non era mai riuscito ad accettarlo del tutto.
Non aveva mai visto di buon grado la strana amicizia che s’era venuta a creare tra lui e Kurt, per questo era così di buon umore quando quel gorilla aveva finalmente deciso di nascondersi per tutta la vita sposando una donna. E s’era deciso ad andare al matrimonio per assicurarsi che sì, Karofsky avrebbe accettato di stare per tutta la vita al fianco di una donna, e lui avrebbe tirato un sospiro di sollievo.
Come se avesse potuto aspettarsi che Karofsky sarebbe uscito del tutto dalla loro vita.
Non aveva niente contro di lui, ci teneva a precisarlo: solo che preferiva che non fosse nei paraggi, tutto qui. Abbastanza comprensibile, dopotutto.

Uscì dalla camera e si voltò a guardarla: dentro non c’era altro che malinconia, una pesante e oscura malinconia che non si sarebbe volatilizzata come una nube di fumo quando apri una finestra. Avrebbe stanziato lì, e Blaine non se la sentiva di dormire in quella stanza, e in quel letto, trovandolo per la prima volta vuoto.

A room is still a room, even when there’s nothing there but gloom.

Decise velocemente di andare a dormire altrove.

Si mise la giacca lunga e scura, e uscì nel freddo di quella sera. Non aveva esattamente idea di che campanello suonare per chiedere ospitalità, ma le sue gambe lo guidarono davanti ad una porta di un legno scuro e pregiato, decorato elegantemente, e con davanti un tappeto con su scritto ‘Welcome if I like you, Get outta my face if you’re a loser”. Era nuovo, quel tappeto. Non se lo ricordava.

Si soffiò nelle mani e bussò alla porta, aspettando pazientemente che qualcuno venisse ad aprirgli.
Finalmente la porta si aprì a metà, e comparve un Jesse St. James perplesso, con la mano poggiata allo stipite e i piedi incrociati.

-Levati di torno.- borbottò per poi accingersi a richiudere la porta.

-Aspetta, per favore.- fece Blaine trattenendo la porta con la mano guantata.

-Ma hai letto il tappeto? Fuori dai piedi se sei uno sfigato.-

-Ho bisogno di un posto dove stare.- ribattè Blaine parlandogli sopra. Jesse storse il naso.

-Hai preso casa mia per un ospizio?- chiese quello, acido come pochi. Blaine lo guardò con gli occhi grandi e lucidi e color caramello, e si soffiò di nuovo nelle mani, senza rispondere. Jesse gli guardò disgustato i ricci che gli cadevano disordinati sulla fronte, e la barba che stava crescendo e gli colorava il mento di una patina grigia.

-Ho capito, me ne vado.- asserì allora l’ex Usignolo per poi girare i tacchi. Jesse alzò gli occhi al cielo, e si chiede perché dovesse sempre fare la parte del lupo cattivo. Qualcosa come la misericordia si fece spazio tra le sue viscere.

-Entra, mister ‘Tutti gli assoli sono miei’. Basta che non mi invadi la casa col tuo odore di mediocrità.- fece Jesse per poi lasciare la porta socchiusa e rientrare in casa grattandosi la nuca.

Blaine tornò indietro a piccoli passi e aprì la porta, lo spazio necessario per far passare il suo fisico esile, anche se incappottato.

-Fa’ come se fossi a casa mia.- disse Jesse mentre toglieva degli spartiti da sopra il divano e li metteva sul tavolo.
Blaine lo guardò: aveva addosso una felpa larga e pesante, i pantaloni della tuta, e i capelli un po’ arruffati: probabilmente s’era preparato per andare a dormire.
L’ex usignolo non si sentiva in colpa a stare in quella casa solo con Jesse St. James. E’ vero, c’era stato un periodo della sua vita –lungo circa due settimane- in cui aveva provato qualcosa di forte per lui, ma probabilmente era stata solo curiosità sessuale: Blaine sapeva di averne avuta parecchia. E poi Jesse era etero e sempre in cerca di belle e talentuose donne, e non ci sarebbe mai stato un posto nel suo letto per lui. Non che ci volesse davvero andare a letto: era sposato, anche se da poco, con Kurt, ed era lui che amava più di chiunque altro, e non l’avrebbe mai tradito, mai e poi mai.
Le ultime parole famose, si disse mentre assumeva un’espressione triste e si metteva una mano sul volto, col timore di scoppiare a piangere.

-Che diavolo hai, ragazzina?- chiese Jesse col suo solito tono di voce acido, quando s’accorse che Blaine avrebbe pianto di lì a poco. Quest’ultimo alzò lo sguardo e tirò su col naso, per poi ficcarsi le mani in tasca.

-Niente.- rispose ovviamente, gli occhi rossi e gonfi.

-Guarda che te lo puoi togliere il cappotto, qui fa caldo. Più o meno.- disse l’altro per alleggerire un attimo l’atmosfera, e allungò il braccio aspettando il cappotto e i guanti e la sciarpa di Blaine. Quello annuì e si svestì con una lentezza snervante.

-Mi vuoi dire che hai? E suppongo sia lo stesso motivo per il quale sei venuto a rompere le scatole e a…-

-Kurt e io ci stiamo lasciando.- disse Blaine semplicemente, e diede il proprio vestiario all’altro, mentre continuava a tenere gli occhi sul tappeto. Jesse rimase un attimo spiazzato dal tono usato dall’ex usignolo, poi alzò le spalle e appese cappotto e tutto all’appendiabiti.

-Sì, mi sembra un motivo piuttosto valido per lasciarti dormire qui, per questa notte. Ti ho liberato anche il divano.- disse, e fece segno a Blaine di seguirlo in soggiorno. Gli indicò il divano bianco, e gli intimò di sedersi, ‘che non doveva per forza starsene tutto il tempo in piedi. –Lì ci sono alcuni dvd originali di musical, famosi e non. Se non riesci a dormire, sei libero di guardarne qualcuno, ma attento a non rovinare le copertine, guai a te.- lo minacciò poi, e gli lanciò un piumone appallottolato recuperato dalla poltrona su cui era seduto poco prima.

-Grazie.- borbottò Blaine, e si sedette sul divano, su cui trovò una scatola di un dvd aperta, “La cage aux folles”, e si chiese com’è che Jesse St. James amava guardare musical gay. Si voltò verso di lui, e quello alzò lo spalle.

-Lo so che vuoi chiedermi com’è che guardavo proprio quel musical. Beh, semplice: era l’unico che non avevo ancora visto. E mi fa piuttosto schifo, per altro.- spiegò Jesse, e Blaine annuì: si aspettava una risposta del genere. –Com’è che non mi rispondi a tono o con una delle tue battute sceme?- aggiunse Jesse andando poi velocemente a sedersi accanto al ragazzo.

-Te l’ho già detto perché.- disse l’altro, piatto.

-Ah, già. Perché tu e la regina del dramma avete deciso di farla finita?-

Blaine alzò lentamente mignolo e indice sopra la testa.

-Corna?- fece Jesse. –Ti ha fatto le corna?-

Blaine fece con la mano il simbolo di “quasi, così e così”. Jesse si mise la mano sul mento.

-Gli hai fatto le corna?-

L’ex usignolo sbuffò e sentì nuovamente gli occhi pizzicare.

-Vi siete fatti le corna?-

-E basta!- esclamò Blaine per poi accucciarsi sul divano e nascondere la testa nel piumone. –Sì, va bene?! Abbiamo sbagliato entrambi. Ora lasciami in pace.-

-Guarda che sei in casa mia, steso sul mio divano, quindi ti conviene rispondermi in modo garbato.-

Jesse non si arrabbiò sul serio, ma si piegò su Blaine e gli diede un pugnetto sulla guancia coperta dal piumone. Gli disse di tirarsi su, di piantarla di fare il bambino e di raccontargli tutto. E non importa se non aveva voglia, adesso gliene avrebbe parlato.

-Perché ci tieni tanto a saperlo?- fece Blaine mangiandosi un’unghia.

-Ma ti sei visto? Hai trattenuto le lacrime per così tanto tempo che hai gli occhi a palla. Fai cagare. Già facevi cagare prima, adesso sembri un alieno.- spiegò St. James e intanto tentava di togliergli la coperta di dosso. –Non me ne vado finchè non ti sfoghi e non piagnucoli come una donnicciola vecchio stampo.-

-Non voglio piagnucolare.- farfugliò Blaine che, privato delle coperte, adesso si copriva il volto con le mani in modo patetico, e singhiozzava, e adesso aveva gli occhi e le guance ispide umide.

-Lo stai già facendo.- osservò l’altro, e a quel punto Blaine scoppiò a piangere. Si vede che aspettava solo qualcuno a cui mostrare la propria vulnerabilità e sulle spalle del quale piangere a dirotto. No, beh, non gli pianse sulle spalle, anche perché Jesse s’allontanava schifato, ma si sfogò sulla propria mano ancora premuta sugli occhi, mentre l’altro stava in silenzio e guardava altrove. Aspettò per bene che quello si sfogasse, che tirasse su col naso almeno una decina di volte, che chiedesse se per favore poteva dargli un fazzoletto. Infatti aveva il pacchetto di fazzoletti già pronto in mano e glielo passò ancor prima che quello finisse la domanda.

-Stai meglio?- chiese dopo che Blaine si fu asciugato del tutto gli occhi.

-No.- fece l’altro con la voce tremante.

-E che cazzo, basta, hai piagnucolato per un quarto d’ora! Adesso ti metto su il Rocky Horror così ti distrai un po’, e mi fai finalmente dormire.- decise Jesse per poi alzarsi, accovacciarsi sul lettore dvd e cambiare musical. Blaine tirò su col naso un’altra volta, poi interpellò St. James.

-Che…che devo fare, secondo te?-

Jesse sospirò e mise in funzione il dvd.

-Ci parli, se ci riesci. Se sei andato con un altro quando stavate insieme, significa che non l’amavi a sufficienza. E non ci sono scuse, o vie di mezzo.- disse con tono più duro quando vide che Blaine voleva interromperlo. –Hai scopato con un altro? E ami alla follia quel fashion victim di Kurt Hummel? Mi spiace per te, ma le due cose non possono essere conciliate. Puoi anche dirmi che con lui il sesso non era appagante e quindi l’hai cercato altrove, ma quando sei davvero preso da una persona, o il sesso ti pare piacevole comunque, o te ne freghi  del sesso e pensi a quanto invece ti piace stare seduto davanti a lui a sentirlo parlare. Questo è tutto, caro Blaine.- concluse Jesse portandosi il ciuffo di capelli ribelli all’indietro e mettendo play al dvd. L’altro restò impalato fissando lo schermo della televisione e, quando Jesse gli passò accanto, gli tirò la manica della felpa.

-Che succede se non ne vuole più sapere niente di me?- chiese con una nota lamentosa nella voce. L’altro alzò le spalle.

-Prima di tutto, non sono la tua Fata Madrina. Secondo…cerca di sopravvivere. Per quanto sia una checca mestruata, Kurt non è così cattivo da cacciarti a pedate non appena ti vede oltrepassare la soglia di casa. Ti darà un bel po’ di tempo. E magari lui andrà a dormire altrove, o chiederà a te di passare la notte da qualche altra parte, ma per il resto ti terrà con sé ancora un po’. Se invece mi sbaglio e sotto quel viso d’angelo si nasconde un animo freddo e crudele, potrai sempre soggiornare qui per qualche giorno.- si interruppe e intercettò lo sguardo da cane bastonato di Blaine. –SOLO per qualche giorno. E se provi a cercare conforto in me mentre sono inerme sotto le coperte, farò in modo che tu non possa vedere neanche col binocolo una carriera nel mondo della musica.- concluse tentando di sembrare duro, ma Blaine sillabò un grazie con le labbra e si lasciò andare ad un sorriso.

-Guardi con me il Rocky Horror?- fece questo dopo essersi seduto sul divano e aver lasciato che ogni parola di Jesse si impiantasse nel suo cervello e che gli valesse come lezione.

-No. Vado a dormire. Goditelo.- rispose l’altro muovendo la mano, per poi ritirarsi ciabattando in camera da letto.

 

*

 

Kurt gli aveva detto che aveva bisogno di tempo. Stava male, doveva riprendersi. Erano successe troppe cose in un solo dannato giorno, e doveva stare solo, almeno per un paio di notti. Solo, solissimo. Ciò voleva dire anche senza Finn tra le palle che gli russava nell’orecchio.

Solo.

E che poteva dirgli Dave? Bene, sta’ solo, hai ragione, fatti una camomilla, dormi, prenditi tutto il tempo che vuoi. Non ho fretta.
Dave non aveva fretta. Per nulla. No, forse aveva solo fretta di togliersi da quell’impiccio e iniziare a respirare in modo un po’ più regolare. Sempre se non chiedeva troppo.

Voleva evitare di deprimersi, ma la chiamata di Nancy non lo aiutò più di tanto.

“Stanotte resto a dormire da mia madre. Non ho niente contro di te, Davey, ma ho bisogno di stare un po’ sola. Non ti fa incazzare, vero?”

No, perché dovrebbe. Tutti volevano stare soli, tutti lo schivavano. Ma non poteva fargliene una colpa: aveva ragione, anche Hummel aveva ragione, ed era lui che si sentiva uno schifo in qualunque situazione.

Bah, scriviamo un messaggio simil-romantico-simpatico-irriverente prima di andare a dormire.

Sembra che questa notte nessuno dormirà in compagnia. Notte, faccia da schiaffi.

Neanche riuscì a mollare il cellulare sul letto, che gli arrivò la risposta, molto carina e gentile.

Notte Troll.

Se lo immaginava già nel suo lettuccio, con accanto un vassoio stracolmo di tè di diversi tipi, una crema verde in faccia completa di cetrioli sugli occhi, e con in mano una scala di grigi che in quel momento non serviva a niente, ma che se la teneva in grembo così, per decorazione.

Dave non aveva voglia di dormire. Anche se aveva un bel po’ di sonno arretrato. Si mise in pantaloni della tuta e maglietta interna, ma ci pensò un po’ prima di coricarsi. Magari si sarebbe guardato un po’ di tv, possibilmente non film sconci, che anche al solo ricordo di Kurt che lo baciava seduto su di lui e in quella posizione gli faceva drizzare l’amico in mezzo alle gambe.

“Basta pensare a Kurt, basta! Vuole stare solo, e lo lascerò solo, niente pressioni, basta, vado a dormire.”

E proprio quando era sul punto di spegnere la luce, gli suonò il campanello. E Dave s’era stufato dei venditori porta a porta di estintori. Trascinò i piedi per terra quando andò ad aprire.
Ma chi si trovò davanti non era un venditore di estintori.

-C-che fai qui?- chiese il più alto mentre l’altro, senza neanche guardarlo, entrò spingendolo di lato. Aveva in mano un beauty case gigante e una borsa a tracolla da donna sulla spalla.

Dave lo seguì immediatamente per vedere che diavolo avesse intenzione di fare, così convinto com’era. Entrò nel suo bagno, posò il beauty case sul lavandino, lo aprì e iniziò a svuotarlo.

-Ehi ehi ehi, che diavolo fai?- fece Dave allarmato. Kurt aveva lo sguardo deciso –e anche da pazzo- mentre trasferiva tutte le sue cremine negli armadietti di Karofsky, accanto alla sua roba da maschio. -No, aspetta, non vorrai…No, non mettere quella robaccia con la mia schiuma da barba!-

Ma niente, quello continuava col suo operato. Poi estrasse un tubo enorme dal beauty case che doveva essere deodorante o qualcosa di simile, scappò in camera da letto e si mise a spruzzare alla cieca.

-Kurt, porco di quel…piantala, è nauseabondo!- continuava ad esclamare Dave. Kurt si fermò un momento, lo guardò, poi mollò il deodorante e si buttò sul letto a due piazze già sfatto e si rifugiò sotto le coperte lasciando scoperti solo gli occhi, la fronte e i capelli.

-…Bene. Dopo tutto ‘sto casino, che hai intenzione di fare, specie di parassita?- domandò Dave con le braccia incrociate e un diavolo per capello. L’altro si mosse un poco nel letto.

-Dormire.- mugugnò.

-E mi sa che hai sbagliato letto.-

-Mi faresti dormire sul divano?- chiese Kurt, con voce più forte e chiara.

-Ma non dovevi dormire in camera di Finn? O ha paura che tu lo stupri?- chiese Dave a sua volta, glissando la domanda.

-Mi sa che l’unico ad aver paura di essere stuprato, sei tu.-

-Ah questa è buona.- ribattè Karofsky scuotendo la testa. Slegò le mani dal petto e gli andò davanti, facendogli ombra. -Senti, femminuccia, non ho voglia di stare dietro ai tuoi capricci da bambina viziata.- partì in quarta, e l’altro socchiuse gli occhi per guardarlo.  -Prima mi dici che hai bisogno di una pausa anche da me e lo capisco, e adesso fai come se non fosse successo nulla e sistemi le tue belle cremine da checca nei miei armadietti?!-

-Zitto, dai.- disse l’altro semplicemente girandosi dall’altra parte.

-E poi non ti voglio qui. Domani Nancy sarà già tornata, e…-

-Nancy…- mormorò Kurt atono, quasi avesse visto un fantasma. Si alzò dal letto barcollando e raggiunse a passo svelto la sua borsa e il suo foulard per poi rimetterselo al collo, pronto ad andarsene.

Dave fece un suono lamentoso rotolando gli occhi all’indietro, e fermò Kurt dalle spalle.

-Dove credi di andartene a quest’ora, fatina? Potrebbero violentarti per strada.-

Kurt fece una smorfia, si liberò della stretta dell’ex bullo e poi si buttò nuovamente a letto, questa volta senza coprirsi e col foulard ancora appeso al collo.

-Sei venuto solo per dormire in compagnia?- chiese ancora Dave.

-Che altro vuoi fare a quest’ora? Una maratona di musical? Sono stanco e deperito, sono svenuto tre volte solo oggi… ho bisogno di riposare, o la mia pelle diventerà una ragnatela di rughe e avrò la borsa della spesa sotto agli occhi.- disse Kurt adottando un tono canzonatorio all’inizio e piagnucoloso alla fine. Dave incrociò di nuovo le braccia e sospirò.

-Ti faccio rimanere a tre condizioni: primo, togli le cremine dai miei dannati armadietti; secondo, lasciami aprire la finestra perché la puzza di deodorante mi sta asfissiando; terzo, dormi sul divano.-

-Non puoi farmi dormire sul divano!-

-Allora se dormi nel mio letto non dovrai piagnucolare come una femminuccia se tenterò di farti qualcosa mentre dormi e sei inerme!- ribattè Dave tutto d’un fiato, parlando a raffica. Kurt lo guardò con una faccia da ‘ma sei frustrato sessualmente?’, e poi affondò la testa nel cuscino.

-Hummel!-

-Karofsky!-

-Vai sul divano!-

-Cioè, tu mi stai dicendo che se accetto di farmi fare maialate da te, posso dormire nel lettone?-

Dave ci pensò prima di rispondere, ma non ci volle molto.

-Più o meno.- disse piano. Kurt si mise a pancia in su e sorrise leggermente.

-Com’è che non fai più il troll? La tua lotta interiore si è placata?- lo prese in giro muovendo i piedi coperti da calzini azzurri. Dave sospirò, tolse le mani dai pantaloni della tuta e si avvicinò al letto fino a salirci sopra e a raggiungere Kurt per poi sovrastarlo e fargli ombra.

-Dimmi la verità: perché sei venuto? Avevi detto che…- iniziò il più grande, ma si interruppe quando Kurt si appese al suo collo.

-Non è colpa mia se non riesco a starti lontano.- disse con un sorriso sulle labbra.

-Ma sei incoerente.-

-E io ti amo.-

-La…smetti di dire quelle due odiose parole?!- sbottò Dave, e aggrottò le sopracciglia in un modo che Kurt ritenne adorabile. Questo sollevò capo e collo e anche metà schiena per raggiungere le labbra di Dave e posargli un bacio su un angolo della bocca.

-Perché avremmo dovuto dormire soli stanotte?- chiese sorridendo. Aveva ancora gli occhi rossi, probabilmente aveva smesso di piangere da poco.

-Ma perché…- tentò di rispondere Dave.

-Era una domanda retorica, non dovevi dare una risposta!- esclamò Kurt, e tirò a sé quello che amava definire ‘scimmione’ e lo abbracciò. –Ti ho detto una bugia…Non volevo rimanere solo…E’ l’ultima cosa che voglio in questo momento.-

Dave inspirò il profumo piacevole del collo di Kurt, e prese a baciarlo piano, mordicchiandogli la parte tra collo e spalla.

-Non dovevi venire…- bisbigliò quasi sofferente. –Adesso voglio che facciamo l’amore, e so che poi mi sentirò in colpa.-

Kurt lo guardò dolcemente e gli carezzò i capelli dietro la nuca.

-Dovremmo smetterla di sentirci in colpa per ogni cosa.- disse, ma Dave era contrario e guardava altrove.

-Fatina…Kurt. Io e te non possiamo stare insieme, è impossi…-

Ma Kurt mise l’indice sulla bocca di Dave prima che questo potesse continuare.

-Proviamoci. Vediamo come va. Se poi finisce male, ti dirò che avevi ragione e ti sentirai soddisfatto.-
Lo tirò a sé e si fece baciare ancora sul collo, poi sul naso, e sulla bocca, poi sugli occhi e sulla fronte.

-Baciami. Ne ho bisogno.- mormorò Kurt, e Dave gli tappò la bocca baciandolo quasi disperatamente. No. Quasi avesse paura che Kurt gli sfuggisse dalle braccia in qualunque momento. No. Quasi avesse il timore che Kurt scoppiasse a piangere per non si sa quale altro motivo. Non voleva più vederlo piangere. Non che fosse brutto, non lo era mai in realtà, ma gli occhi rossi non gli donavano. Il rosso non sta bene con l’azzurro, Kurt lo ribadiva di continuo.
Il soprano strinse gli occhi e respirò forte quando Dave andò veloce a baciargli il petto bianco. Gli occhi gli bruciavano: aveva pianto per davvero troppo tempo. Si era preso un paio di aspirine, e forse, forse stava meglio. Ma non sapeva bene se era merito delle aspirine, o di quelle piacevoli labbra che adesso percorrevano il torace liberato dalla camicia e scendevano sul basso ventre.
-Baciami, Dave.-

-Ti sto bacia…-

Kurt non lo fece finire di parlare: lo riportò sulla propria bocca e ci pianse quasi sopra. In un solo giorno aveva perso un marito e s’era accorto di essere profondamente innamorato di un’altra persona. E non una persona qualunque. Il suo ex bullo, diventato poi il suo protettore, e poi un suo amico, e poi un suo confidente, e poi una sua particolare simpatia, e poi piacevole sensazione sotto la pelle, e poi quell’amore che ti brucia le membra e ti mangia dall’interno e non ti lascia più respirare, ragionare, e ti porta in un delirio senza fine e senza controllo.

Eppure anche Kurt era ben cosciente di non poter stare con Dave. La loro relazione si sarebbe retta su pilastri troppo fragili, su fondamenta cedevoli. E già se iniziavano con quella convinzione, non sarebbero mai andati da nessuna parte. Ma il fatto che si amavano non contava niente?
Adesso Kurt voleva  divorziare, e non aveva i soldi.
Dave non aveva ancora intenzione di lasciare Nancy, perché come l’avrebbe spiegato ai suoi, che di lui di fatto non sapevano ancora nulla?
Blaine voleva provare a trovare un accordo con Kurt, e non sapeva se si sarebbe arreso con lui.
E Nancy era pazza di Santana, che era pazza di Brittany e la usava come schiava sessuale. E Santana non la voleva, perché aveva le maniglie dell’amore. E anche lei preferiva stare ancora con Dave, forse, perché i suoi genitori erano ignari di tutto.
Finn invece…Finn non c’entrava niente. Ma almeno lui adesso sapeva di Dave e Kurt. E non ci avrebbe messo molto per confidare tutto a Burt. Il che non rappresentava niente di positivo, e Kurt temeva già la sua reazione, e Dave ancora di più, e Blaine avrebbe dovuto temerla più di tutti.
Kurt ci pensava, e i pensieri gli si annebbiavano quando Dave gli passava la lingua sul petto, poi tornava a pensarci, e di nuovo entrava nel delirio quando Dave strusciava la propria bocca sul suo membro, e piagnucolava, un po’ per il piacere, un po’ per il dolore.

-Voglio stare con te, David.- mugolava, quasi stesse per mettersi a piangere, ancora una volta.

-Smettila di fare la femminuccia, ti prego. Siamo insieme adesso, non pensare a niente.- ribattè l’altro e lo baciò sulla bocca aperta in una risposta. Gli passò il dito sugli occhi delicatamente. –Basta, va bene? Tutto sto casino s’aggiusta, e non te lo dico solo perché è una frase melensa da telefilm. Ohi!- lo schiaffeggiò un paio di volte per farlo riprendere. –Tu sei con me adesso, giusto?-
Kurt annuì mesto.
-E io ti detesto quando piangi, quindi smettila.-
Il soprano lo guardò senza cambiare espressione.
-Non sei ancora convinto? Ti amo, va bene? Va meglio?-

Kurt sorrise con le lacrime agli occhi. Ma quando diavolo si svuotava?
-Baciami, Dave.-

-E piantala con ‘ste frasi da musical.-

Non parlarono più. I gemiti, i mugolii, i sospiri non contavano. Cioè sì, contavano, erano ciò che di più bello avessero sentito in quell’ultimo mese, ma era una specie di linguaggio a parte. Un linguaggio che solo loro avrebbero capito e apprezzato.

Kurt non aveva mai fatto del sesso tanto disperato e desiderato.
Dave non s’era mai sentito così appagato come in quel momento.
Stavano male, eppure bene: in realtà non erano mai stati meglio.

*

Kurt rimase sveglio e aspettò che Dave prendesse sonno.
Sentì il suo respiro farsi più pesante, e gli baciò la spalla nuda prima di fissare il soffitto scuro.
Pensò che se ne sarebbe dovuto andare. Dopotutto, quella non era casa sua. Era entrato con l’intenzione di ‘marcare il territorio’ ponendo le sue cremine negli armadietti di Dave e spruzzando il proprio deodorante in camera sua.
Ma non era giusto. Non era giusto occupare il posto di Nancy.
Eppure non ci mise molto a cambiare idea.
Non sarebbe tornato a casa quella notte. Non ci riusciva. Era come se…quella casa non fosse più casa sua. Non riusciva a considerarla tale se non c’era qualcuno da amare, da abbracciare forte e a cui dare il bacio della buonanotte.

A house is not a home when there’s no one there to hold you tight and no one there you can kiss goodnight.

Si rilassò sul materasso e si allungò per posare un bacio sul collo scoperto di Dave.

-Buonanotte.- disse in un soffio, e si addormentò con la fronte contro la schiena bollente di Dave.

Quella era casa sua.

 

 

 

§

 

 

 

Rieccomi, buoooh.

Spero che voi mi abbiate aspettata a sufficienza.

O magari non ve ne frega niente di me, che è molto più probabile.

Ringrazio di cuore Giulia, perché buona parte del dialogo sulle cremine me l’ha suggerita lei <3 E ringraziate anche lei, che ha minacciato di mettere una bomba sotto casa (lo so che è una bomba con sopra la faccia di Shia LaBeouf, me lo sento!) se non avessi aggiornato.

E quindi boh, un capitolo un po’ disperato per voi <3

Angolo delle curiosità: -Il tappeto davanti casa di Jesse recita: “Benvenuto se mi piaci, levati di torno se sei uno sfigato.”

-“La cage aux folles” è un gay musical, ho letto la trama su wiki, passo e chiudo.

-Devo l’idea della “Fata Madrina” a Veronica. Grazie <3

-“Perché avremmo dovuto dormire da soli stanotte?” La frase che volevo mettere all’inizio era “Non c’è una ragione per la quale dobbiamo stare soli stanotte”, giusto perché stavo ascoltando The Edge of Glory di Lady Gaga, ma poi ho deciso di cambiarla.

-E basta, A house is not a home è la canzone del capitolo.

 

Spero non vi siate dimenticati della storia, e che quindi questo non sia stato un capitolo confusionario (?) Un bacio a chi vorrà leggere <3

 

Mirokia

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Capitolo 17
*** Have you met Sebastian? ***


DELIRIOUS

 

 

17. -Have you met Sebastian?-

 

 

Dave era certo che non potesse esistere nulla di più bello e dolce di un risveglio a stretto contatto con la persona che ami.
Si ritrovò a sospirare infatti quando tentò di aprire gli occhi e fece un attimo fatica perché le ciglia si impigliavano ai capelli scompigliati del ragazzo che gli sonnecchiava tra le braccia.
Gli vennero gli occhi lucidi, e non solo perché s’era appena svegliato e tentava di trattenere uno sbadiglio rumoroso per non destare l’altro che dormiva così serenamente, ma anche perché, che diavolo, s’era svegliato col viso di Kurt a pochi centimetri dal suo, e con quel suo odore nauseabondo di vaniglia nelle narici, quell’odore di cui era diventato dipendente.
Fare l’amore con Kurt quella notte era stato come perdere per la prima volta la verginità. Era stato così passionale e intenso che la testa gli girava al solo pensiero.
La luce del sole filtrava dalle serrande abbassate a metà e illuminava a sprazzi le lenzuola fino a raggiungere le spalle di Kurt e a creargli strisce opache di luce sulla pelle.
Sembrava un film, una favola, insomma, qualcosa di surreale.

Dopo aver fissato per un tempo indeterminato l’espressione sin troppo serena sul volto di Kurt, Dave decise di alzarsi almeno sui gomiti per poterlo osservare meglio, per poter tornare a dare un’occhiata a quella schiena così bianca e sinuosa, a quel solco che scendeva dal collo sino al fondoschiena, dove partiva un altro solco più profondo e caldo.

Ma non riuscì neanche a sollevarsi sugli avambracci che, dando un’occhiata al di sopra della spalla di Kurt, Dave si accorse di un’ombra stipata sulla sedia nell’angolo della camera da letto. Un’ombra che fino alla sera prima non c’era.
Prese ad agitarsi, quasi si stesse accorgendo di ritrovarsi in uno scenario simile a quello dei più squallidi film horror, e lo fece ancora di più quando l’ombra si mosse e venne sotto la luce che filtrava dalle serrande.
Dave serrò le labbra e spalancò gli occhi quando riconobbe in quell’ombra la persona di Blaine Anderson, che lo guardava sofferente e si passava una mano sulla fronte, poi posava lo sguardo sulla schiena di Kurt e subito lo distoglieva, quasi gli facesse troppo male quello che stava vedendo.
Dave negò con la testa e si mise una mano davanti alla bocca, poi lo spavento di quella visione lo fece sussultare.

-Oh, porca puttana!- urlò, e solo adesso si accorse di essersi svegliato per davvero in quel momento. Il suo era stato un dormiveglia particolarmente realistico. E tutti i tentativi fatti per tentare di non svegliare Kurt, almeno nel dormiveglia, andarono a puttane quando sollevò la schiena di scatto e urlò la sua parolaccia con voce bassa e roca.

-Ma che cos…?-

-No, basta, te ne devi andare.- disse subito Dave senza neanche lasciare a Kurt il tempo di concludere la sua domanda.

-Ma stai bene? Hai per caso fatto un incu…?-

-Per favore, Kurt.- fece Dave fermo, e bloccò il polso dell’altro quando questo cercò di accarezzargli la guancia. –Dovresti parlarci, dirgli qualcosa!- esclamò poi portando le gambe al petto.

-Ma a chi?- chiese Kurt stordito dal sonno.

-Al tuo amico con la foresta pluviale sugli occhi, a chi sennò?- sbottò l’altro infastidito.

-E perché ti sei svegliato con questo pensiero opprimente?- chiese Kurt piuttosto ironico, visto il sorrisetto che aveva sul volto.

-Non è che mi ci sono svegliato, è che il tuo maritino mi è apparso in sogno…-

-E ti ha dato i numeri da giocare sulla schedina?-

-Sì…no!- fece Dave scuotendo la testa confuso e tentando di ignorare il tono divertito dell’altro.. –Senti, la cosa mi ha turbato e basta, ok?-

Kurt alzò le sopracciglia sorpreso, e anche piuttosto divertito. Era stranamente di buon umore, nonostante Dave l’avesse svegliato con un grido soffocato. Forse solo il fatto di essersi svegliato nello stesso letto con lui lo rendeva di ottimo umore.

-Una sciocchezza del genere che turba il grande e grosso Dave Karofsky?- chiese infatti.

-Devi per forza mettere l’accento sul fatto che io sia grosso?- fece l’altro con una smorfia e insistendo sul termine ‘grosso’. Kurt alzò le spalle e si leccò le labbra.

-Se ti consola, non c’è una parte di te che non sia grossa. Se capisci cosa intendo.- mormorò poi, più lentamente.

Dave spalancò gli occhi a quelle parole e quasi si strozzò con la propria saliva. Avvampò e tentò di guardare altrove, magari non l’angolo della stanza in cui giaceva la sedia, piena di pantaloni e polo gettate lì a caso. Forse erano tutti quei vestiti ad avergli dato l’illusione di una persona seduta e crucciata.

-N-non stare lì a parlare come un uomo vissuto. Prendi la tua roba e va’ a casa.- balbettò mordendosi nervosamente l’interno della guancia.

-Mi stai cacciando via per davvero?- fece Kurt dopo essersi alzato su un gomito e aver appoggiato il capo sulla mano.

-Non sarò tranquillo finchè non avrai chiarito con quel comesichiamanonmiricordomai.-

-Blaine.-

-Sì, lui. Mi hai promesso che ci avresti parlato al più presto. Oggi, per la precisione.-

Kurt annuì per poi guardare le lenzuola. Aveva ragione, gliel’aveva promesso, e se l’era promesso anche a se stesso, visto che Blaine aveva minacciato anche piuttosto seriamente di uccidersi se Kurt non si fosse fatto almeno sentire. E per quanto Kurt potesse avercela con Blaine, teneva ancora molto alla sua incolumità, e l’ultima cosa che desiderava era che a suo marito accadesse qualcosa di brutto a causa del suo orgoglio e  della sua testardaggine. Magari, parlandoci, avrebbe anche trovato un modo per alleggerire quel risentimento che gli pesava sullo stomaco. Magari, parlandone, avrebbe trovato il modo di perdonarlo, e di ricominciare tutto d’accapo.
A vite separate.

-Ci vado a una condizione.- disse allora con lo sguardo da furbo. E Dave quello sguardo aveva imparato a interpretarlo nella giusta maniera.

-So già qual è la tua condizione, ma non mi pare il caso. Vorrei ricordarti che abbiamo passato tutta la notte a…- Dave si interruppe e mandò giù il groppo in gola quando s’accorse che Kurt si stava lentamente spogliando delle lenzuola davanti ai suoi occhi. –Per favore, Kurt…- mormorò quasi implorante.

-Per favore, Dave…- ripetè quello riducendo la voce a un sussurro.

-Vai a parlare con quello lì, poi riprendiamo il discorso.- ribattè Dave con lo sguardo che fuggiva sulle pareti della stanza ma poi tornava prepotente sulla pelle sempre più nuda di Kurt.

-Ma io voglio affrontarlo adesso, il discorso.- fece quello di rimando, e intanto portò le lenzuola sino al basso ventre, e scoprì quella striscia sottile di peli chiari che, Cristo, a Dave faceva impazzire.

-Kurt…no no no…- ripetè convulsamente il più grande scuotendo la testa, ma tenendo gli occhi appiccicati a quella visione paradisiaca.

-Sì sì sì.- fece l’altro di rimando.

-Kurt, poi io perdo il controllo.- lo avvisò Dave con le mani sulla difensiva.

-Ti faccio davvero quest’effetto?- chiese Kurt, la mano che copriva ancora per poco l’intimità. –Delirio?-

Dopo quella parole, Kurt fece scivolare le lenzuola sulle gambe e rimase del tutto nudo davanti agli occhi già vorticanti di Dave.

-D-dovresti…andare a parlare…con Blaine…- ed era così fuori di melone da ricordarsi persino il nome dell’Usignolo.

-E mi neghi anche un bacio? Uno solo.- disse Kurt con la faccia da cane bastonato.

E cosa sarà mai stato un bacio? Uno solo, ne aveva chiesto solo uno, non c’era niente di male. E poi quelle labbra lo invitavano, e anche quel collo, e anche quelle spalle, e anche le braccia, poi giù sul petto, e poi l’addome, e poi il basso ventre, e poi l’inguine, e poi...E poi.

Kurt sorrise quando ottenne finalmente attenzione da parte di Dave, che non resistette più a lungo e si buttò su Kurt iniziando a trafficare con le mani sul corpo efebico, delicato ma da uomo adulto, sulle braccia su cui si delineavano i muscoli, sulla striscia di soffici peli sotto l’ombelico, sul fianco carnoso, sull’inguine che andava a fuoco.

-Hai resistito davvero poco, questa volta.- commentò Kurt quando si ritrovò la bocca di Dave a pochi centimetri dalla sua. Bocca che schivò in tutti i modi, quasi Dave avesse l’alito cattivo.

-Cosa…cosa c’è?- chiese Dave già eccitato aggrappandosi alla spalla di Kurt.

-Dovrei…andare a parlare con Blaine.- disse quello con sguardo furbo.

-D-dopo.- ribattè l’altro frustrato, e cercò nuovamente le labbra dell’altro, che si scostò divertito.

-No, ho deciso che ci vado ora.- fece Kurt con tono da bambino capriccioso, poi riuscì a divincolarsi dalla presa salda di Dave e svettò in piedi mentre la luce proveniente da fuori lo investì in pieno facendolo somigliare a qualcosa di molto vicino a un angelo.

-N-no, aspetta, non puoi lasciarmi in queste condi…-

E mentre Dave si lamentava rotolandosi sul letto, Kurt ebbe il tempo di rivestirsi in un batter d’occhio. Si chiuse nel bagno dello stesso Dave, si lavò i denti, si applicò le cremine sulla faccia, ficcò una barrettina energetica nella borsa nel caso gli venisse fame strada facendo, e fece per imboccare la porta saltellando.
Dave vide che se ne stava davvero andando, e si maledisse per avergli consigliato, anzi obbligato, sin dall’inizio di andare a parlare con il bonsai.

-Chiamami!- gli urlò dietro coi lacrimoni prima di assistere alla sua dipartita, completa di sculettata.

 

*

 

Blaine aveva provato a chiamare nuovamente al cellulare di Kurt quella mattina, ma per tutte le cinque volte era partita una voce femminile che gli informava che il cliente non era raggiungibile e che probabilmente aveva il cellulare spento.
Si convinse che doveva essere così mentre sedeva al tavolo di Jesse St. James e mangiava controvoglia una fetta biscottata con la marmellata di albicocche.

-Sono andato a scovarti la marmellata di albicocche nei meandri della credenza, perciò adesso te la mangi.- gli disse quando lo vide masticare a forza, poi si versò il caffè in una tazzina, si sedette di fronte a Blaine e sorseggiò piano dopo aver soffiato.
Blaine sbuffò e si ingurgitò la fetta biscottata per poi masticare e ingoiare a fatica, e a Jessie stava venendo la nausea con quel rumore insopportabile proveniente dalla bocca dell’ex usignolo.

-Secondo te…dovrei dirgli tutta la verità?- chiese Blaine dopo aver mandato giù il tutto con mezzo bicchiere  di latte.

-…E che ne so. Quale verità, poi? Io tutto quello che so di te è che andavi a scuola in un nido d’uccello, che ti sei sposato con la regina del dramma, e che sei un cantante piuttosto mediocre e dalla bassa fama, per non parlare della bassa statura, che non aiuta certo a…-

-Sai che una volta son venuto dietro anche a te?- se ne uscì Blaine mentre fissava con sguardo vacuo il bicchiere vuoto di latte. Dopo qualche secondo di silenzio, che servì a Jesse per metabolizzare la domanda retorica, questo esclamò:

-Lo dicevo che facevo bene a tenermi d’occhio il fondoschiena!-

Blaine sbuffò e guardò altrove, poi cercò di ritrovare il contatto visivo col bicchiere di latte.

-Senti, non è una…confessione, è solo per farti capire che nonostante fossi sposato con Kurt, io mi…guardavo intorno.- disse poi, ed ebbe il coraggio di alzare lo sguardo e di fissarlo su qualcosa che non fosse quel dannato bicchiere di vetro.

-E giustamente hai pensato di mettere gli occhi su di me.- fece l’altro ironico. Blaine lo guardò di sottecchi.

-Non solo su di te, Jesse, non fare il galletto.-

Jesse si zittì stranamente, quasi non gli avessero mai indirizzato un nomignolo con accezione negativa, aprì la bocca per replicare ma se ne stette in silenzio a rigirarsi tra le mani la tazzina.

-Avevo messo gli occhi persino su un tipo che lavorava con Kurt e che è molto più grande di me. Un’altra volta su un ragazzo che lavorava part time al Lima Bean, e stavolta era molto più piccolo di me, avrà avuto 17 anni.- spiegò Blaine con gli occhi sul tavolo e muovendo la mano in aria.

-Insomma, ti prendevi cotte fulminanti a caso.- tagliò corto l’altro.

-Non erano cotte, erano quasi…istinti.-

-Perché parli come se fossi un animale?- fece Jesse alzando un sopracciglio perplesso.

-Forse perché è quello che sono. Mi faccio schifo.-

St. James fece un cenno di dissenso e si alzò strisciando la sedia per terra per poi buttare a caso la tazzina nel lavandino: sembrava spazientito. Cioè, era spazientito. Sentiva che presto avrebbe preso quel tizio e l’avrebbe accartocciato nell’immondizia, tanto ci stava.

-Senti, Anderson, io non ho voglia di passare la giornata a sentirti piangerti addosso.- disse infatti, e fu anche troppo gentile.

-Hai presente Sebastian Smythe?- chiese di rimando l’altro, come se non l’avesse sentito.

-Chi?- fece Jesse con una smorfia infastidita, poi mise le mani sui fianchi. -Ascolta, vai a parlarci e falla finita. Adesso ti alzi, molli quel dannato bicchiere perché è mio, ti metti su una vestaglia, perché non esiste che giri per casa mia a petto nudo, imbocchi la porta e hop!, te ne vai. Via, sciò, aria!- disse con tono di voce nettamente più alto facendogli con la mano il gesto di andarsene via.
Blaine aggrottò le sopracciglia, poi si alzò indignato e andò a cercare il suo maglioncino. Se lo infilò, poi si mise velocemente le scarpe, e si imbacuccò nuovamente anche se fuori probabilmente splendeva un sole anche abbastanza caldo.

-Grazie per…l’ospitalità.- disse Blaine senza un minimo di sentimento nella voce mentre si dirigeva verso l’ingresso.

-Ma grazie al cavolo, e a quando mai ti ho ospitato!- esclamò l’altro per niente simpatico, e quando Blaine finalmente se ne andò, tirò su un ‘OH!’ sollevato e contento.

 

*

 

Quando Kurt prese la macchina e la fermò davanti a casa propria, gli comparvero fastidiosi brividi sulla spina dorsale. Talmente fastidiosi, che si mise a strofinare con le dita alcuni punti della schiena, nella speranza di alleviarli un minimo.
Spense il motore e scese dalla macchina sgranchendosi un piede: guardò il portone e quasi sperò che Blaine non fosse in casa e che quindi boh, lui non è a casa, che ci posso fare, non è che lo posso cercare per tutta Lima. Non ci parlerò e basta.

Ma quando s’avvicinò alla porta, sentì dei soffici passi avvicinarsi alla sua sinistra, e quando si voltò vide un Blaine col collo del cappotto tirato fin sul naso e lo sguardo appiccicato a terra.
Gli venne un colpo al cuore e gli si strinse lo stomaco quando lo riconobbe, e le budella gli si annodarono quando quello sollevò lo sguardo e quasi andò addosso a Kurt, perché era troppo distratto.
Si guardarono entrambi per qualche secondo, anche se Blaine si vergognava a tal punto da non riuscire a reggere lo sguardo piuttosto duro che stava adottando Kurt.

-Da dove vieni?- chiese Kurt dopo essersi reso conto che Blaine stava tornando a casa da chissà dove. Blaine alzò le spalle, e iniziò a dir la verità sin da subito: tanto a che sarebbe servito ormai mentire ulteriormente?

-Non me la sentivo di dormire senza di te e ho chiesto a Jesse St. James di ospitarmi per la notte.-

Kurt annuì alzando il naso alla francese e guardando alla sua destra.

-Mi sembra strano che ti abbia ospitato.- commentò, conoscendo il difficile carattere dell’ex leader dei Vocal Adrenaline.

-Ci è voluto un po’.-

Dopo quella frase, Blaine stette a guardare a terra, e Kurt continuò a far vagare lo sguardo sulla gente che gli passava davanti e stava con le braccia conserte a battere nervosamente un piede per terra.

-Entriamo?- chiese quando non riuscì più a sopportare il silenzio. Blaine fece un segno di assenso e lasciò che Kurt aprisse la porta per poi seguirlo all’interno dell’abitazione.

 

*

 

Nancy era appena uscita di nuovo.
Era tornata a casa, e aveva salutato Dave con un ‘Che cavolo è ‘sto odore di profumo per ascelle?’ perché, diavolo, quell’odore nauseante era arrivato sino in cucina e il profumo di caffè non era riuscito a coprirlo del tutto.
Aveva trovato Dave a guardare la tv seduto sul divano, con una maglia e un paio di mutande addosso. Gli aveva sorriso, si era seduto accanto a lui e l’aveva abbracciato, mentre quello aveva ricambiato l’abbraccio un attimo perplesso.

-E’ stato qui, stanotte?- aveva chiesto Nancy dopo essersi sciolta dall’abbraccio riferendosi a Kurt.

-Sì, ma non l’ho invitato io, si è autoinvitato e non sono riuscito a mandarlo via.- aveva detto subito l’altro, e non era una giustificazione, era andata proprio così.

-No ma non te ne sto dando una colpa, tranquillo.- aveva sorriso lei, e Dave si era chiesto com’è che potesse essere così di buon umore con tutto quello che era successo e che stava succedendo. –Stavo pensando di dire a mia madre come stanno le cose.- aveva detto dopo un po’, e Dave aveva spalancato gli occhi.

-Anche di…me?- aveva chiesto titubante.

-Naa, non credo che andrò a sputtanarti. Tanto, comunque, a mia madre non sei mai piaciuto. E mio padre non lo vedo da un sacco di tempo, non credo che mi preoccuperò di dargli un colpo di telefono.- aveva detto l’altra guardando a sua volta la tv, mentre Dave faceva una faccia stranita.

-Non sono…mai piaciuto a tua madre?-

Nancy aveva scosso la testa divertita, perché questa cosa non l’aveva mai detta al suo dolce David. S’era allungata e gli aveva stampato un bacio sulla guancia ridacchiandogli poi sul collo, a cui poi aveva appeso le braccia.

-Assicurami solo una cosa, tesoro. Le cose cambieranno, e ok, l’abbiamo capito tutti. Ma assicurami…- aveva poi nascosto il viso nell’incavo tra collo e spalle di Dave. –che io e te non staremo lontani. Io non vivrei senza di te, non so se mi capisci. Potrei non amarti in quel senso, ma cazzo…- aveva detto mentre lo abbracciava con affetto. -…il tuo profumo mi piace troppo. E voglio sentirlo ogni volta che mi sento sola.- l’aveva guardato e poi sorriso. –Ti lascio la casa libera a patto che tu mi accolga tra le braccia ogni volta che mi sento depressa, ok? Così almeno evito di ingozzarmi di gelato.-

Dave aveva scosso la testa ridendo: Nancy faceva tanto la dura e indipendente e talvolta menefreghista, ma come la conosceva lui, non la conosceva nessuno. Dentro era fragile, e fin troppe volte aveva bisogno di un sostegno morale e soprattutto di qualcuno che le dimostrasse affetto. Forse soprattutto per quello non si era mai sognata di mollare Dave, perché quello in qualche modo le trasmetteva calore, la abbracciava, le faceva tener presente che lui, per qualunque cosa, sarebbe sempre stato lì a supportarla, e a darle una mano, e a farla sentire più o meno importante.

-Scema, questa casa è anche tua.- aveva detto Dave mentre le accarezzava i capelli.

-Non più, se deciderò di lasciar pagare tutte le spese a te.- aveva risposto l’altra con una smorfia, e Dave aveva dovuto ammettere che in effetti non aveva tutti i torti.

Poi niente, erano rimasti un po’ insieme a guardare la tv, abbracciati, senza dire altro. Poi Nancy si era alzata stiracchiandosi e aveva detto che ‘Esco un po’’, senza dare a Dave le coordinate esatte di dove sarebbe andata.

E fu circa dieci minuti dopo che Dave sentì squillare il cellulare. Per trovarlo ci mise un’eternità, poi rispose senza neanche controllare chi fosse.

-Hola, mister muscolo!- una voce squillante lo fece riprendere dagli ultimi postumi del sonno. La riconobbe, e si stampò una mano dritta in fronte.

-Che diavolo, sei tu.- disse deluso e infastidito.

-Ti sento deluso. Aspettavi la chiamata di qualcuno?- fece quello dall’altra parte, e Dave annuì.

-A dirtela tutta, sì. Che vuoi, fa’ in fretta.- disse con tutta la buona volontà che aveva in corpo.

-Mi serve un passaggio in centro, ho trovato un nuovo lavoro!- esclamò l’altro fin troppo felicemente.

-Finalmente ti sei reso conto che non è poi così gratificante lavorare in un bordello.-

-No no, ma lì ci lavoro ancora. Però ho trovato qualcosa da fare anche di giorno: vendo volantini.- e lo raccontava come se fosse l’occupazione più divertente e gratificante al mondo.

-Oh, è tutto molto tenero, ma al momento sono impegnato.- fece Dave, che in quel momento proprio non aveva voglia di vedere nessuno che non fosse Kurt. O Nancy.

-Guarda che ti vedo che sei in mutande davanti alla tv.-

Dave si voltò di scatto verso la finestra, e lì fuori accovacciato come uno stalker c’era Josh col cellulare all’orecchio che ridacchiava con una mano sulla bocca. Che cazzo aveva fatto ai capelli? Dove erano finiti i riccioli biondi che gli coprivano metà faccia? S’era tagliato i capelli a spazzola, proprio come ce li aveva all’inizio. Bah, chi lo capisce.

-E ti fanno anche un bel culo, quelle mutande.- aggiunse quello, e Dave imprecò a bassa voce mordendosi un dito per non urlare.

-Fanculo, ti accompagno solo perché sennò ti ho sulla coscienza.- borbottò per poi avviarsi in camera e prendere un paio di pantaloni a caso.

-E non mi fai entrare?-

-No, ti lascio morire di freddo finchè non finisco. Ti sta bene, cazzo!- esclamò Dave, poi chiuse la comunicazione sapendo che Josh lì fuori si stava lamentando facendo smorfie inappropriate con la bocca.
Dave si vestì alla bell’e meglio e prese le chiavi della macchina.

-Un giorno dovrai ripagarmi di tutta la benzina.- disse burbero quando uscì senza nemmeno guardarlo e si diresse in macchina, sicuro che quello lo stesse seguendo.

-Ti ho già detto che se vuoi ti ripago…- disse il ragazzo biondo mentre apriva la portiera della macchina. Dave si mise al volante e inserì la chiave sbuffando.

-Con i soldi, Sebastian. Con i soldi.- disse quello con voce ferma, e mise la retromarcia per uscire dal parcheggio.

-Adesso perché m’hai chiamato in quel modo?- fece l’altro accigliandosi dopo aver udito quel nome che ormai aveva posto nel dimenticatoio.

-Forse perché è il tuo nome?- chiese Dave retoricamente immettendosi nella carreggiata e guidando veloce verso il centro.

-Mi chiami così solo quando sei incazzato.-

-Oh, pensavo che ancora non l’avessi capito che lo sono.- esclamò Dave, che ogni volta, per fargli capire che non era dell’umore adatto, lo chiamava col suo vero nome. Che alla fine non è mica da persone furbe cambiarsi il nome solo perché è anche il nome di tuo nonno e tu ce l’hai a morte con tuo nonno e non puoi sopportare di farti chiamare col suo stesso nome. E’ da ragazzini, punto. E Dave l’aveva sempre pensato, per questo di tanto in tanto si divertiva a chiamarlo Sebastian. -Mi hai rovinato la mattinata.- aggiunse.

-E ci credo, hai addosso un odore di sesso che non finisce più.- ribattè l’altro tranquillamente guardando fuori dal finestrino.

-…E’ odore di caffè.-

-Sì, va beh dolcezza, farò finta che sia odore di caffè.- disse sbrigativo Josh con un movimento della mano. –Che poi, beato te. Io è da un paio di giorni che non inzuppo il biscotto. Ma mi dicono che ieri è tornato Blaine, e…-

-Blaine!- Dave disse improvvisamente quel nome e quasi inchiodò al semaforo. –Non hai capito che devi lasciar perdere quel damerino? Hai appena rovinato un matrimonio, sai?- aggiunse voltandosi verso Sebastian e tenendo una mano sul volante.

-Mi dispiace, ma io che ci posso fare? E’ stato lui ad averlo rovinato per primo quando ha accettato le mie avances. E già ai tempi del liceo non gli ero indifferente. E poi ci sono abituato, non è il primo matrimonio che va in frantumi a causa mia.- disse, e poi si sporse per mostrare a Dave una cicatrice ovale sulla fronte. –Una bestia di donna m’ha tirato un pugno mentre indossava un anello, tempo fa.- disse, poi si ricompose e tornò a guardare fuori dal finestrino. Dave avrebbe voluto dirgliene di tutti i colori, ma si disse che non era il caso. Adesso anche Josh s’era innervosito, molto probabilmente perché gli aveva ricordato che si chiamava Sebastian, e sapeva che quell’atteggiamento lo infastidiva molto.
Rimasero in silenzio, anzi, con la radio accesa, finchè non arrivò una chiamata al cellulare di Dave. Se ne fregò del divieto di parlare al cellulare mentre si guida, e rispose tenendo il telefono tra orecchio e spalla.

-Pronto.-

-Dave, sono io.- era la voce di Kurt. Ah, dolce sollievo.

-Amore…cioè, volevo dire, Kurt, er, Fatina…oh Cristo…- s’accorse che si stava solo incartando con la sua stessa saliva. Come doveva chiamarlo, adesso che si frequentavano? Forse Fatina continuava ad andare bene…ah, che dilemma.
Kurt ridacchiò dall’altro lato.

-Ho parlato con Blaine.- disse quello, tutto fiero.

-E dove sei adesso?-

-Sto passando dal centro…-

Dave si mise a ridere quando vide poco più avanti una figura che camminava spedita ed elegante nel suo cappottino grigio e stivali lucidi neri.

-Scemo, sono dietro di te. Salta su.-

A dire, la coincidenza. Kurt abbassò il cellulare e chiuse la comunicazione quando riconobbe la macchina di Dave che si stava accostando al marciapiede. Sorrise, poi il sorriso gli morì in bocca quando notò il ragazzo che sedeva nel sedile del passeggero.

-Scendi, va.- disse Dave a Josh con una leggera gomitata.

-Oh, ma guarda chi c’è, il maritino tradito che si consola col migliore amico.- commentò il biondo con una risatina. Aprì la portiera, scese e si trovò davanti Kurt. Allungò la mano e sfoggiò quel sorriso capace di rubare il cuore di chiunque, uomo o donna che fosse.

-Piacere, Josh.-

E Kurt pensava di aver sentito male quando riconobbe in quel Josh il Sebastian che aveva conosciuto anni prima al Lima Bean.

 

 

§

 

 

 

Credevate di esservi liberati di me? Ebbene, siete solo degli illusi! *saltella*

E’ un capitolo lungo, mi sono fatta perdonare per il ritardo :)

Sapete cosa? Non ho voglia di scrivere le curiosità…e poi non ce ne sono…a parte, oh mammamia, Josh in realtà è Sebastian!

Non so quando finirà questa storia, ma spero di arrivare almeno fino al capitolo 20. E’ bello terminare con un numero così pieno XD Vedremo…spero comunque che sia garbato, questo nuovo capitolo :)

Un bacio a chi ancora mi legge <3

 

 

Mirokia

 

 

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Capitolo 18
*** Mad and happy. ***


Delirious

 

 

 

 

18. -Mad and happy-

 

 

 

 

 

 

La faccia strafottente era sempre quella.
Kurt si meravigliò di quanto poco potessero cambiare le persone in quattro, cinque anni.
Puntò lo sguardo sulla mano tesa di Sebastian, poi sul sorrisetto che gli si era formato su quel viso d’angelo. Ponderò se accettare o meno di stringergli la mano, e quando aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, magari fare domande a raffica sul suo rapporto con Blaine, o insultarlo, riempirlo di ingiurie, oppure aspettare che fosse lui a parlare per primo, Dave lo prese dal braccio e gli intimò di entrare in macchina.

-Tu sei arrivato, giusto? Siamo in pieno centro.- disse quello rivolto adesso a Sebastian.

-Sì, ma lascia che faccia due chiacchiere con…-

-Non chiacchieri con nessuno, tu. Dai, cammina, levati dalle balle.- fece Dave molto carinamente facendo cenno a Sebastian di allontanarsi, ‘che già non sopportava più la vista della sua faccia da furbo. Kurt intanto era scivolato nel posto del passeggero e se ne stava con le mani in grembo che sudavano, mentre teneva lo sguardo fisso sulla strada ed evitava di ascoltare la voce di Sebastian, perché in uno scatto d’ira sarebbe anche potuto scendere dalla macchina e rifilargli un pugno. Che si sa, lui tirava pugni che sembravano carezze, ma era il gesto che contava.

-Aspetta un attimo!- lo bloccò Sebastian prima di andare per la propria strada. –Avrai l’onore di ricevere il primo volantino della giornata dal sottoscritto.- disse per poi estrarre un foglio di carta colorata dalla borsa a tracolla che si portava appresso e mollarlo a Dave con fare professionale.

-Oh, che fortuna. Ora smamma, ‘che mi stanchi la vista.- non nel mondo in cui gliela stancava Kurt, ma insomma, quel modo di dire se l’era tenuto dal tempo del liceo. E con Sebastian non era neanche tanto un modo di dire. Accettò di malavoglia il volantino, poi fece un cenno distratto di saluto e andò a sedersi davanti al volante.
Buttò il volantino sul cruscotto e innestò la marcia lasciandosi dietro il biondo, che se ne andò alzando le spalle.

-Non volevo che lo incontrassi.- fece Dave con le mani arpionate al volante non appena si immise in carreggiata.

-Perché mai?- chiese l’altro con gli occhi fuori dal finestrino, e fece quella domanda giusto perché quel tipo l’aveva già incontrato più di una volta anni addietro.

-Ma perché è un poco di buono, ha una cattiva influenza sulle persone.- ribattè Dave, e quando andò a cambiare marcia sfiorò inavvertitamente la mano di Kurt, e un brivido gli percorse le membra.

-Dici che è per quello allora se Blaine…?-

-Ah, ecco, dimmi com’è andata la chiacchierata col nostro amico impomatato.- lo interruppe Dave, sinceramente curioso delle parole che s’erano detti i due.
E si aspettò che Kurt si mettesse a parlare parlare parlare come soleva fare regalandogli quel fastidioso mal di testa che gli pulsava sulle sopracciglia, ma quello si limitò a poche parole sbrigative, forse davvero troppo stufo di parlare di Blaine, che fosse in bene o in male.
Gli raccontò di come fossero entrati in casa e avessero preparato il the per poi berlo insieme a qualche biscotto mentre trovavano il coraggio di parlarsi. Di come Kurt gli avesse detto di raccontargli com’erano andate le cose e da quanto tempo si frequentava con Josh e come era iniziato il tutto. E Blaine si era chiuso un po’ a riccio, aveva balbettato all’inizio, ma poi si era detto che sarebbe stato meglio dirgli tutta la verità, partendo dal principio. Aveva raccontato di un bacio, al tempo del liceo.  Sebastian l’aveva baciato, non ricordava bene in che frangente, e Blaine non ne era rimasto dispiaciuto. Ma non aveva detto niente a Kurt, e aveva fatto di tutto per non incrociare l’Usignolo biondo, per resistere alle sue avances esplicite, almeno finchè Kurt era disposto a fare l’amore con lui. Dopodichè i suoi ormoni avevano prevalso, e si era lasciato andare a Sebastian per una notte, in cui non avevano neanche fatto sesso, ma si erano strusciati l’uno sopra l’altro trovando quell’intimità che Blaine non era riuscito a raggiungere neanche con Kurt, nonostante con lui fosse andato sino in fondo. Ma era stata una notte di quelle che fuggono in fretta, a fine anno scolastico. E allora Blaine aveva tirato quasi un sospiro di sollievo, perché dopo la fine dell’anno se ne sarebbe andato in vacanza con Kurt e con lui avrebbe recuperato quel rapporto fatto di tenerezza e complicità, e perché no, anche di quell’intimità che a loro mancava. Così le cose si erano stabilizzate, Blaine non aveva più avuto notizie di Sebastian, e averle sarebbe solo stata la sua rovina. E quasi per paura che quel tipo si ripresentasse così all’improvviso tentando di sabotare la storia d’amore della sua vita, aveva chiesto a Kurt di sposarlo, in modo da mettersi l’anima in pace. Kurt aveva storto la bocca a quell’ultima frase e scosso la testa deluso. E poi il resto era risaputo: Blaine aveva incrociato Sebastian per caso, e quello l’aveva invitato nel locale in cui lavorava. Blaine non aveva saputo dire di no, e in meno di una settimana in cui erano riusciti a vedersi più o meno tutte le sere, si era ritrovato nel minuscolo appartamento di Sebastian a darci dentro come probabilmente non mai. E Sebastian s’era giustificato coi suoi colleghi spacciando Blaine per uno dei suoi clienti abituali, mentre probabilmente se ne stava lentamente innamorando. E Blaine lo stesso, aveva tentato in tutti i modi di sentire quell’attrazione verso Sebastian come un impulso sessuale che non riusciva a sfogare, ma quando tornava a casa la notte e aveva un sorriso sulle labbra che andava da un orecchio all’altro, e stava sempre a controllare il cellulare nel caso gli arrivasse un sms, un suo sms, gli aveva fatto capire che invece c’era qualcosa di più sotto, e probabilmente c’era sempre stato.

-Allora gli ho chiesto, una volta per tutte: ‘Lo ami, sì o no?’- disse Kurt, e il suo racconto si avviava velocemente  alla conclusione. –E lui ha guardato fuori dalla finestra senza rispondere, ma sai come si dice, ‘Chi tace acconsente’. Gliela leggevo negli occhi la risposta.  Allora mi sono alzato sospirando e gli ho detto che abbiamo sbagliato entrambi dall’inizio, perché eravamo destinati a stare con persone diverse. E abbiamo passato questi ultimi anni nell’agonia semplicemente perché non avevamo il coraggio di rompere quella relazione così perfetta agli occhi di tutti, ma che mai e poi mai avrebbe funzionato. E adesso siamo in questa situazione.- fece Kurt, e si nascose il volto tra le mani. –Perché gli esseri umani devono complicarsi la vita?- chiese poi, la voce camuffata dalle mani sul volto.

Dave alzò le spalle e guardò nello specchio retrovisore.
-Credo che sia un loro talento naturale.- disse poi e sfiorò di proposito la mano di Kurt per rassicurarlo. –A me e Nancy è successa la stessa roba. Ma non sto a raccontarti, potrebbe indurti sonnolenza.- fece con un leggero sorriso.

-Non penso. Mi piace sentirti parlare.- ammise l’altro arrossendo come una ragazzina.

-Te lo racconterò quando sarai di umore migliore.- promise Dave, e quando frenò di botto al semaforo che era appena diventato rosso, il volantino sul cruscotto volò sulle gambe di Kurt che, a un cenno di Dave, gli passò il foglio colorato. Dave lo lesse, e sorrise compiaciuto quando notò che si trattava della pubblicità del nuovo Luna Park che era stato aperto in città.

-Credo di aver trovato un modo per farti distrarre.- disse Dave annuendo, quasi per congratularsi con se stesso.

 

*

 

Dave sistemò la macchina nel parcheggio col pensiero ancora fisso su quell’idiota di Blaine e su come avesse potuto anche solo pensare di voler andare a letto con altra gente quando aveva accanto un pezzo di…un così bel ragazzo, insomma.
E mentre ci pensava, Dave si accorse di essersi incantato sulle cosce di Kurt coperte da pantaloni così stretti da sembrare una seconda pelle, e tentò almeno di spostare lo sguardo sul suo viso, se proprio non riusciva a distoglierlo.

-Che c’è?- fece allora Kurt, e Dave si rese conto di aver spento il motore e si essere rimasto lì a fissare l’altro, anche per un bel po’ di tempo. Quasi come, che ne so, ancora facesse fatica a credere di avercelo in macchina senza che ci litigasse. E non rispose alla domanda di Kurt, ipnotizzato del tutto dai riflessi delle luci colorate negli occhi chiari dell’altro, che ripetè:

-Che c’è?- senza ancora ricevere risposta. Allora provò ad allungarsi e a lasciare un bacio sul lato della bocca di Dave, che sembrò a tratti risvegliarsi, a tratti rincoglionirsi ancora di più, forse a causa di quelle iniziative sempre più frequenti di Kurt. Che in realtà mettevano rabbia, perché così Dave non sapeva mai che aspettarsi, e poi rimaneva lì con la faccia da pesce lesso, e Kurt rideva a quell’espressione da scemo, e poi Dave voleva sotterrarsi come minimo.

-Dammi…un pizzicotto.- riuscì a dire Dave cercando di mettere da parte l’emozione del momento.

-No, non stai sognando.- disse Kurt con un piccolo sorriso, avvicinandosi poi per un altro bacio.

-No, allora, aspetta un attimo.- fece Dave allontanandolo dalle spalle. –Queste scene così, ‘sti baci sdolcinati, le tue gambe sexy, sono tutte cose che ho già visto in sogno. Perciò dammi ‘sto pizzicotto, e toglimi ‘sto dubbio. E non guardarmi così.- aggiunse quando Kurt lo guardò divertito. Quello sbuffò, poi si arrese e gli pizzicò il braccio.

-E quello ti sembra un pizzicotto?- fece l’altro contrariato, che si era sentito appena sfiorare. –Va  beh, tanto sono sveglio. Andiamo.- disse poi velocemente. Scese dalla macchina e aspettò che Kurt lo raggiungesse per poi avvicinarsi all’entrata luminosa del Luna Park.
Il frastuono che fino a pochi minuti prima era ovattato li investì in pieno: tra ragazzine urlanti sulle montagne russe, bimbi che si rincorrevano per fregarsi lo zucchero filato di mano, gente che urlava di avvicinarsi al proprio stand,  musica da discoteca, una per ogni giostra, che si mescolava al centro e non diventava altro che un insieme confuso di rumori, Dave adottò un’espressione infastidita e si maledisse per aver anche solo accettato il volantino di Josh. O Sebastian. O come diavolo aveva intenzione di farsi chiamare.

-Non portarmi dai pagliacci, però, ‘che ho il terrore.- avvisò subito Kurt aggrappandosi istintivamente al braccio di Dave quando ne vide uno in lontananza che reggeva una massa indefinita di palloncini. Il più grande sussultò a quel contatto. E certo, ancora non se n’era mai andato in giro a così stretto contatto con un ragazzo. Era decisamente normale e comprensibile che in mezzo a tutta quella gente si sentisse un tantino a disagio, soprattutto lui che fino a poco tempo prima si professava etero e innamorato follemente della propria donna.
Kurt non poteva biasimarlo. Ma Dio. Giurò di poter avvertire le proprie dita sotto ai guanti fremere per la voglia di afferrare la mano di Dave e affrontare la gente a testa alta.
E’ solo che ok, per lui non c’erano problemi, ma Dave, Dave era ancora così titubante e insicuro, e si guardava intorno, e il pomo d’Adamo si muoveva mentre deglutiva nervoso, e allora ‘Scusa’, disse Kurt mollandogli il braccio e fingendo di non averci fatto troppo caso, di non averci dato peso. Posò lo sguardo sugli stand illuminati e sulle luminarie che gli pendevano sul capo, fingendosi interessato ma senza riuscire a parlare, perché lui in fondo ci teneva, ci teneva che Dave la piantasse di fare il cazzone e accettasse il fatto che, diavolo, se anche non dovesse o non volesse essere gay, Kurt gli piaceva, almeno un po’. Anzi, gli aveva detto di amarlo, anche se solo due volte, ma erano state parole dette con quella sincerità che ti spiazza e che ti fa solo venire voglia di piangere e di chiederti se esiste al mondo un uomo più felice di te. Ed era dilaniato tra ‘meglio lasciargli il tempo di abituarsi al pensiero che adesso, come minimo, siamo amanti, e che gli amanti sono soliti passeggiare romanticamente abbracciati’ e ‘Deve prendermi la mano, ho bisogno del suo contatto, sto impazzendo, sto delirando’, e si chiese se fosse normale impazzire per una cavolata del genere. Un delirio interiore che non faceva che crescere e renderlo irrequieto, e bruciargli piano i neuroni a cui era sempre meno affezionato.
E gli sembrò di essersi crogiolato nei propri pensieri per almeno dieci minuti quando sentì la voce di Dave al di sopra degli schiamazzi dei bambini.

-Togli il guanto.- aveva detto. Kurt lo guardò strabuzzando gli occhi, e Dave respirò nel colletto alzato del suo cappotto. –Se devo prenderti per mano, voglio almeno sentirla, la mano, e non quel coso peloso che ti ostini a chiamare guanto.- si spiegò allora Dave guardando davanti a sé. Gli occhi di Kurt si illuminarono.

-Ma non devi sentirti costretto a…- iniziò quello, ma l’altro gli afferrò prontamente il polso.

–Non fare il dramma e togli ‘sto coso.- borbottò per poi sfilargli il guanto e ficcarselo in tasca. E ancor prima che la mano riuscisse a prendere freddo, Dave la avvolse con la propria e ci intrecciò le dita, rosso in volto, forse per il freddo, forse per altro.
Fu istantaneo: un paio di famiglie subito fissarono gli occhi sulle loro mani intrecciate, poi distolsero lo sguardo e fecero finta di niente, ma restava il fatto che avevano fissato, e anche insistentemente.

-Non ti curar di loro, ma guarda e passa.- mormorò piano Kurt aggrappandosi con l’altra mano al braccio di Dave, che rispose con un ‘questa l’ho già sentita, ma non voglio sapere dove’ con tono piuttosto leggero, che alleggerì pure Kurt. –Hai…paura di incontrare qualcuno che conosci?- fece quello dopo un po’ che giravano per gli stand. Dave ci mise un po’ a rispondere.

-Solo i miei. Non voglio che lo sappiano in questo modo.- ammise stringendo leggermente la presa, e sorridendo piano al pensiero che, nel caso avesse incontrato i suoi, probabilmente non sarebbe riuscito a mollare la mano calda e vellutata di Kurt. Cos’era? Grasso d’oca? –E va bene che anche a loro Nancy non è mai andata a genio, ma la preferirebbero a un uomo. O a una femminuccia.- aggiunse voltandosi a guardare dolcemente Kurt. Dolcemente?
Kurt distolse lo sguardo arrossendo.

-Vedi che succede a voler fare coming out troppo tardi? Il mio è sempre stato un consiglio, e…- disse riportando alla memoria tutte le volte in cui aveva cercato di tirar fuori il vero essere di Dave. Quest’ultimo sussultò appena.

-Ma se ti ho detto millanta volte che non so se sono gay!- esclamò quello appiattendo la voce nel pronunciare l’ultima parola. –Io amo te e basta, mi sei piaciuto solo tu, ok?- prese a guardarsi intorno come se stesse svelando un segreto che dovesse rimanere tra loro due e basta. -Non ho mai voluto stare con nessun altro, e lo so che è da sfigati innamorarsi di una sola persona in tutta la vita, ma che vuoi farci, biasimami, prendimi per il culo…-

-No, beh, quello lo fai tu.- lo interruppe Kurt con un sorriso malcelato, probabilmente per il calore che gli si espanse nel corpo nell’udire quelle parole così sincere, o per l’indecenza della frase appena pronunciata.

-Oh mio Dio, Kurt… hai fatto una battuta spaventosa.- borbottò l’altro, del tutto in imbarazzo.

-Scusa.- disse subito Kurt, tra il divertito e l’imbarazzato, guardando davanti a sé.

-E hai rovinato il mio discorso serio.-

-Lo so, è che…quando inizi a dire che sei innamorato di me da non so quanto tempo, mi parte il cervello e inizio a delirare.- fece Kurt con la voce che tremava per il freddo, o per l’emozione. Poi mosse un braccio in aria, per sdrammatizzare. –Potremmo farci un film. Già me lo vedo: ‘Il delirio Kurtofsky’- disse immaginandosi un’insegna luminosa in aria.

-Kurto che? Sembra una malattia, diamine. O una marca di patatine.- borbottò l’altro storcendo la bocca.

-Una malattia…oh, accidenti! Credo di avere la Karofskyite!- ribattè Kurt schiaffeggiandosi sulla fronte, quasi si fosse ricordato solo in quel momento di aver contratto una pericolosa malattia.
David fece una faccia strana, per come suonava male quella parola.

-No, mio caro, tu hai la Finnite, che è mooolto peggio. Anche peggio della Blainite.-

Quando Dave pronunciò il nome di Blaine, anche se camuffato in un'altra parola, Kurt non riuscì a replicare, e aprì la bocca senza lasciar uscire alcun suono. Tornò serio e guardò due bambine che mangiavano insieme lo zucchero filato, poi lasciò la mano di Dave e mise la propria in tasca soffiandosi nel collo del cappotto. Diede un calcio a una lattina di coca cola, poi fissò lo sguardo sui pupazzi esposti su una bancarella. Il tutto senza dare conto a Dave, che pure non parlava, sicuro di aver toccato un tasto dolente.

-Sai cosa?- fece Kurt dopo un po’, e Dave aspettò che continuasse. –Mi sento un poco di buono. Non ho fatto in tempo a chiudere con Blaine che mi ritrovo a divertirmi con te. Mi sento ipocrita, ecco.- fece una paura, giusto per formulare la frase che avrebbe pronunciato poco dopo. -L’ho lasciato andare come se non me ne importasse niente, e finchè non l’hai nominato, non mi è neanche passato per la testa. Il fatto che non riesca più a pensare a Blaine mi spaventa…Mi fa sentire egoista.- concluse puntando gli occhi trasparenti su un punto impreciso di una giostra, ricevendo il riflesso colorato delle luci.

-Io te l’avevo detto.- disse Dave senza aggiungere altro.

-Che cosa?-

-Che non puoi amare due persone contemporaneamente.- rispose l’altro velocemente, e alzò le spalle senza guardare Kurt. -Se ti accorgi di esserti innamorato di un’altra persona, significa che quella che credevi di amare, semplicemente…boh, non la ami più.-

-E credi che la storia di Sebastian e di tutto il resto mi abbia convinto del fatto che non lo amo più?- fece Kurt, e riuscì a pronunciare anche il nome di Sebastian in modo neutro, ignorando quella punta di acidità che soleva accompagnare al nome.

-Forse. Magari eri in dubbio da un po’, e non te ne sei mai accorto.- disse Dave, che un po’ si sentiva a disagio a fare da psicologo al suo ragaz-, cioè, a Kurt. Visto che lui era decisamente l’ultimo che poteva permettersi di far ragionare la gente. E’ solo che Kurt non era ‘la gente’, e Dave si rendeva conto che in realtà tutto ciò che stava tentando di fare era di convincere Kurt a chiudere con Blaine e a gettarsi tra le sue braccia. Era egoista, crudele e da infami, ma non riusciva a fare altrimenti, adesso che aveva avuto un assaggio di Kurt, che aveva sentito il suo sapore, adesso che sapeva di non poterne fare a meno, di volerne sempre di più.

-In dubbio. Come quando dovevo aspettare che tornasse dal lavoro, e mi addormentavo sempre da solo.- iniziò Kurt stringendo le labbra e andando a scavare nei ricordi non così lontani. -Pensa che mi intrufolavo persino in casa di Quinn per trovare un po’ di compagnia. E passavo i finesettimana a casa mia, con mio padre, Carole e Finn, e a parte mio fratello, sono sicuro che gli altri capivano che c’era qualcosa che non andava. Ma non osavano chiedere, e per questo gli sono grato. O quelle rare volte in cui siamo riusciti a cenare insieme, anche nei ristoranti per famiglie, e parlavamo senza dirci niente. Lui mi raccontava di come era andata al lavoro, io pure, ma si vedeva che…non avevamo niente da dirci.- e insistette su quell’ultima frase, allargando le braccia, come se fosse qualcosa difficile da credere. -E mi ritrovavo inevitabilmente da solo. Mi ci ero pure abituato, a stare solo, e forse per questo non riuscivo più a parlare a Blaine, se tornava a casa e mi trovava ancora sveglio. A volte però la solitudine diventava ingestibile, e di giorno in giorno maturavo l’idea di non poter stare lì fermo ad aspettare Blaine per sempre. Non che questo volesse dire andare in giro a cercare un uomo che potesse essere più presente, o farmi sentire particolarmente importante, o prendersi cura di me, o almeno ricordarsi della mia esistenza. O forse sì.- alzò lo sguardo in direzione di Dave, e trovò i suoi occhi che lo seguivano nel discorso, attenti come non mai. –E poi c’eri tu. E tu sembravi vivere in un altro mondo. Quando entravo nel tuo mondo, sentivo quasi che nulla avesse più importanza della quantità del mangime per piccioni che usavamo gettare a quei volatili che in realtà mi hanno sempre fatto schifo, se ti interessa.- gli disse poi velocemente per tenere viva la sua attenzione e per alleggerire il discorso.

-Oh, lo so. Fanno schifo anche a me.- parlò finalmente l’altro, appoggiando l’affermazione di Kurt.

-Ma ormai era diventata un’abitudine, era quasi un pretesto per vederci.-

-Mi hai rubato le parole di bocca.- fece Dave, perché in effetti era esattamente le parole che avrebbe detto di lì a poco. Si chiese anche per qualche istante se Kurt non fosse capace di leggergli nel pensiero.

-E quando stavamo io e te a parlare su quella panchina, o a camminare nel parco, o a fare insieme la fila al supermercato, il tempo scorreva che era una meraviglia. Guardavo l’orologio, le quattro di pomeriggio. Ci davo un’altra occhiata poco dopo, le nove di sera.- disse Kurt ricordando con piacere quei momenti.

-Non è che chiacchieravamo poi così amabilmente, però.- gli fece notare Dave di sottecchi.

-Non facevamo che litigare. Ma non importa. Un po’ m’è sempre piaciuto il tuo lato burbero e litigioso, mi ha affascinato con il passare del tempo.-

-Hai imparato ad arrenderti, più che altro.-

-Mmh, probabile.-

-Come io mi sono arreso al fatto che rimarrai sempre una femminuccia rompiballe che si mette in tiro per andare a fare la spesa.- fece Dave, e in quel momento ebbe l’istinto di tirare a sé Kurt dal cappotto e avvolgerlo in un abbraccio particolarmente caldo, che fece arrossire il più piccolo e ridacchiare come fosse un bambino. –E ora, credo che il tempo sia scaduto. La seduta psichiatrica è conclusa. Sì, signor Hummel, probabilmente lei è pazzo, delira.- disse poi assumendo un tono professionale che fece ridacchiare nuovamente l’altro.

-E mi dicono che tu non sia da meno.- fece Kurt dopo aver agganciato le braccia al collo dell’altro e avergli stampato un bacio sulla guancia.

-Pazzi e felici.- mormorò Dave, e sperò che l’altro non l’avesse sentito, giusto perché quelle frasi non erano da lui, troppo sdolcinate, già. E Kurt le aveva sentite, quelle parole, ma non costrinse Dave a ripeterle. Non voleva che s’arrabbiasse, non voleva che quell’attimo venisse rovinato da parole superflue. Si accoccolò col capo affondato nel collo di Dave, che guardava la gente, ma in realtà non vedeva nulla, come se lì ci fossero solo un ammasso confuso di luci, tanta musica spacca timpani, il vento freddo che si insinuava sotto i loro cappotti, e poi loro due, lì accanto alla ruota panoramica, che se ne stavano abbracciati lasciando che del vapore bianco abbandonasse le loro bocche. Bocche che di lì a poco si unirono in un bacio a labbra gelide, che un po’ si scaldarono a quel contatto.
Poi Kurt si scostò leggermente e guardò la maestosa ruota panoramica accanto a loro. Fece l’occhiolino a Dave.

-Ci facciamo un giro? E’ l’unica giostra su cui non rimetto la cena.-

Dave lo guardò finto scettico.

-E io che contavo sulle montagne russe.- poi però non riuscì a rimanere serio a lungo, e annuì. –E facciamo questo giro. Andiamo a fare i biglietti.- disse, e lo prese nuovamente per mano.

Lì sulla ruota panoramica, Kurt e Dave non stettero a godersi il panorama. Ma godevano ognuno del sapore dell’altro mentre si lasciavano andare a un bacio irruente e caotico, che fosse stato per loro non avrebbe mai avuto fine. Si toccavano impazienti sopra gli spessi strati di vestiti, e emettevano mugolii frustrati quando si rendevano conto che lassù, con quel freddo, in una cabina di una ruota panoramica, non avrebbero potuto fare altro che tastarsi sopra i vestiti e pregustare il momento in cui sarebbero stati su un letto comodo, a stretto contatto e privi di ogni protezione.

-Stanotte voglio fare l’amore.- mormorò Dave mentre ansimava piano sul collo di Kurt.

-Torno a casa con te allora stasera.- fece l’altro di rimando, e intanto premeva il capo di Dave contro il proprio collo e sospirava beandosi della sensazione delle labbra fredde sulla pelle calda.

-E anche domani sera.- disse il più grande, e Kurt aprì gli occhi confuso. –E pure dopodomani sera.-

Kurt si staccò e cercò lo sguardo di Dave per comprendere cos’è che aveva in mente. Quello fece l’occhio languido e prese le mani di Kurt tra le proprie, sfregandole piano. Lo guardò per secondi interminabili con un sorriso da fesso, e il più piccolo ricambiò lo sguardo per poi sussurrare un ‘Devi dirmi qualcosa?’
L’altro annuì ridendo.

-Vuoi venire a stare da me?- buttò giù poi, troppo rosso in volto. –Voglio dire, a casa mia. Vuoi…portare tutta la tua roba a casa mia?-

Le labbra di Kurt si allargarono in un largo e meraviglioso sorriso, e gli occhi presero a brillargli, come ogni qualvolta si commuoveva. E lo faceva spesso.

-Posso portare anche i miei prodotti per la pelle?- chiese poi mordendosi il labbro inferiore.

-Le cremine? Sì…Basta che le tieni lontane dal mio dopobarba.- rispose l’altro, che si sentiva anche troppo buono.

-E i miei DVD musicali?-

-Sì, basta che non li mischi ai miei di Schwarzenegger, Stallone e Bruce Willis.-

-E i miei capi intimi?-

Dave alzò le sopracciglia interessato.

-Le mutandine? Quelle puoi anche mollarle sul letto o spargerle per casa. O appendermele al naso.- concluse, e Kurt ridacchiò per poi andare a baciargli il naso e la bocca.

-E’ una proposta che non posso rifiutare.- disse, e quella frase era piuttosto familiare.

E il fatto che il giorno dopo avrebbero iniziato a convivere, rese Kurt ancora più motivato a fare l’amore, con passione e coinvolgimento.
E sembrava davvero che tutto si stesse sistemando, che ogni pezzo del puzzle stesse tornando al proprio posto, che ciò che il destino aveva scritto stesse seguendo il proprio corso.
Forse era davvero arrivato il momento di stare insieme, di concedersi un po’ di quella serenità che gli era stata sempre negata, si essere felici, almeno per un po’.
Pazzi e felici.

 

 

§

 

Buh, no, non ho ancora deciso di ritirarmi dalla scena XD
La storia durerà fino al capitolo 20, quasi sicuramente :) Spero non dispiaccia la piega che sta prendendo :)

 

Angolo delle curiosità: -Sì, il fatto di Sebastian che bacia Blaine e quello ricambia s’appoggia sullo spoiler che, no, sarebbe troppo bello per essere vero, ohmiodio.
-‘Potrebbe indurti sonnolenza’, leggere attentamente il foglietto illustrativo, non somministrare ai bambini al di sotto dei dodici anni.
-Credo che i pagliacci coi palloncini siano inquietanti =.=
-‘Non ti curar di loro, ma guarda e passa’, citazione che proviene dalla Commedia di Dante, primo cerchio dell’inferno, gli ignavi. Ed è pronunciata da Virgilio. #feelslikeanerdbutshesnot.
-Ammettetelo che anche a voi il nome ‘Kurtofsky’ sembrava una marca di patatine, su!
-Quando Kurt parla di lui e Blaine che si dicono cose e poi fa ‘Si vedeva che…non avevamo niente da dirci.’, l’ho immaginato mentre usa lo stesso tono di voce di Blaine nella 2x06 quando raccontava a Kurt della sua vita nella vecchia scuola, di quando andava a parlare col consiglio scolastico, ma si vedeva che ‘Non gliene importava niente’. Stesso tono di voce, immaginatelo °°
-“E’ una proposta che non posso rifiutare” ricorda The Godfather, il Padrino.

 

 

 

 

Mirokia

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Capitolo 19
*** Happy Birthday, D. ***


DELIRIOUS

 

 

 

 

19. –Happy Birthday, D.-

 

 

 

 

 

But a room is not a house
and a house is not a home
when the two of us are far apart
and one of us has a broken heart

Già due settimane.
Erano già passati quattordici lunghissimi giorni, e Blaine sentiva ancora il cuore far male, e si chiedeva se Kurt sentisse lo stesso, se Kurt adesso volesse ancora saperne di lui, si chiedeva come stava, se almeno lui un po’ felice lo era.
Si era maledetto un’infinità di volte, in quei quattordici giorni, e poi altrettante volte per tutta la durata della sua doppia vita. E si era anche odiato, oh altrochè, si era dato dell’incapace e del buono a nulla, del codardo e del debole.
Aveva pianto lacrime amare in quei quattordici giorni, ma non solo. Sperò che Kurt pensasse alla possibilità che quella faccenda fosse stata una continua lotta anche per lui. Sperò che Kurt capisse quanto avesse sofferto anche lui. Che sì, poteva essere stato egoista fino al midollo, e poteva essersi lasciato andare più di una volta, ma le lotte interiori, Dio, quelle lotte senza capo né coda, quelle che lo spingevano a tirarsi i capelli fino a strapparli, quelle che lo tenevano fuori fino a tardi perché gli si gonfiavano gli occhi dal pianto, quelle che gli mettevano in testa domande come ‘Ma vale la pena vivere in questo modo?’
Quando s’era innamorato dell’uomo con cui faceva sesso occasionalmente, quasi per uno sfizio, dannato sfizio, dannato desiderio carnale, Dio, perché ci hai dato il desiderio carnale?! Quando sapeva di essersene innamorato, e mai e poi mai l’avrebbe ammesso a qualcuno, men che meno a se stesso. Si diceva che no, il suo posto non era quello, non ci doveva stare tra le braccia di Josh, o meglio Sebastian, doveva mollarlo, e tornare dritto accanto a Kurt, coi sensi di colpa che gli mangiavano il cervello come i tarli con il legno.
Non la voleva una vita così. Aveva sognato grandi cose per lui e Kurt.
Perché non aveva perseguito quel desiderio?
Perchè?

Now and then I call your name
and suddenly your face appears
but it’s just a crazy game
and when it ends, it ends in tears

Ed era già da due settimane, forse un po’ meno, che Kurt se n’era andato, e che Blaine talvolta si ritrovava a sussurrare il suo nome e a ritrovarselo davanti, per poi scoppiare in pianti e singulti che non facevano che aumentargli la costante emicrania degli ultimi giorni.
Kurt aveva stipato tutta la sua roba –ed era parecchia- in valigie e scatoloni, tutto in una notte, mentre Blaine lo guardava seduto sul letto, in silenzio, incapace di emettere un suono che non fosse il respiro pesante e il rumore umido della lingua che passava sulle labbra secche.
-Non posso più stare qui, capisci? So che mi capisci…- gli aveva detto Kurt mentre chiudeva le valigie e prendeva lo scotch da imballo per chiudere gli scatoloni. -Non voglio che tu lo consideri come un abbandono da parte mia. Non lo sarà mai. Io voglio che tu sappia…che non rinuncerò a te. Alla tua presenza nella mia vita. Ma per il momento sarebbe impossibile per me continuare a stare qui a portare avanti questa farsa. Sono sinceramente stufo delle farse, capisci? So che mi capisci, Blaine…- gli aveva detto ancora, e Blaine si era sentito come un bambino che ascolta parlare il genitore e che non può far altro che dargli ragione.
E Kurt aveva ragione. Sapeva che la ragione era sua.
E che lui era stato il primo a sbagliare, ad aver rovinato tutto.
Salì le scale che conducevano alla porta di casa sua e di Kurt –e non avrebbe smesso di pensare come alla loro casa- con le chiavi che penzolavano dalla mano, e l’improvvisa voglia di sentire nuovamente Kurt vicino, di sentirlo ridere quando infilava la chiave nella toppa e non riusciva a girarla perché un po’ arrugginita, e di quando si davano del pappamolle a vicenda.
Sperò di trovarlo ancora lì a ridere, sperava di trovarlo in casa ad accoglierlo con un bacio, ed era consapevole che nulla di tutto ciò sarebbe potuto accadere. Perché siamo egoisti e vogliamo sempre quello che perdiamo, perché ci accorgiamo del valore delle persone quando ormai ci sono sfuggite dalle mani, perché tradiamo, perché ci lasciamo sopraffare così facilmente.
Perché la sua vita continuava a svoltare in strade ripide e impervie.
Perché?

So darling, have a heart
don’t let one mistake keep us apart
well, I’m not meant to live alone
turn this house into a home
when I climb the stairs and turn the key
oh, please be there, still in love with me.

-Hai mal di stomaco?-
Sebastian. Ma certo.
 -Vuoi continuare a lamentarti per molto?- la voce di Sebastian entrò in casa di Blaine, e quando quello si voltò lo vide mentre chiudeva la porta dietro di sé, con la sua faccia da strafottente.
-Lasciami in pace.- mormorò Blaine dopo aver smesso di cantare con un colpo di tosse. Si ritrovava spesso a canticchiare tra sé e sé, e a dirla tutta un po’ si vergognava se qualcuno entrava nella stanza nel momento in cui faceva il suo acuto e sgambettava qua e là per la stanza. Ma quello non era proprio il momento di vergognarsi, non certo per l’improvvisazione di una canzone.
-Cos’è, tesoro? Ti sei improvvisamente accorto che non puoi vivere da solo?- Sebastian inclinò il capo di lato e si infilò le mani in tasca, aprì il piede sinistro e di nuovo fece uno dei suoi sorrisi che, Dio, Blaine avrebbe voluto allungarsi, prendere quel diavolo di scotch da imballo abbandonato sul tavolo, e tappargli quella boccaccia, farlo smettere di ridere, di parlare, di sghignazzare, di respirare. -Eppure credevo che ti fossi preparato a un’eventualità del genere.- aggiunse, e inclinò lentamente il capo dall’altro lato, divertito dalla faccia da zombie dell’ex Usignolo.
-Potresti…potresti uscire?- fece quello parlando a scatti, con lo sguardo già più duro e che prevedeva una reazione poco carina da parte sua. Come quello sguardo che adottava ogni volta che prendeva a pugni il sacco da boxe.
-Lacrime di coccodrillo.- disse il biondo, le braccia ora conserte e lo sguardo da furbo.
-Vattene!- urlò Blaine a voce roca, e già la si vedeva, quella scintilla di rabbia così rara nei suoi occhi scuri.
-Blaine.- disse Sebastian adesso piuttosto seriamente, e si avvicinò all’altro, senza mai toccarlo, perché la sentiva la tensione nell’aria, era dannatamente tangibile.  –Sto solo cercando di farti capire che è inutile piangere sul latte versato.- continuò poi, le braccia ancora conserte.
-Non mi incanterai con una frase fatta.- ribattè l’altro, che ancora non aveva alzato lo sguardo in quello del biondo.
-Può essere una frase fatta, ma è così che stanno le cose.- fece quello, sicuro di sé come solo Sebastian Smythe poteva esserlo, e aspettò una risposta, che sembrava non arrivare. Blaine se ne stava semplicemente lì, con gli occhi rivolti al pavimento, i pugni che si serravano, le nocche diventare bianche e i denti digrignare piano. -Non sei fatto per vivere da solo?- disse poi riprendendo la canzone che l’ex Warbler stava cantando. -Benissimo, avevo proprio bisogno di una casa nuova.- aggiunse allora, stavolta con leggerezza, quasi per vedere fino a che livello potesse arrivare la rabbia di Blaine.
-Che hai intenzione di fare?- chiese quello infatti a denti stretti.
-Pensavo fosse chiaro.- replicò Sebastian, e accennò uno dei suoi sorrisi, mentre Blaine, che aveva ben capito che quello aveva intenzione di trasferirsi a casa sua, alzava lo sguardo al soffitto e metteva i mani sui fianchi tentando di reprimere le urla che lottavano per liberarsi nell’aria.
-Tu…tu non ti sposterai a casa mia. Io non li faccio entrare i tuoi clienti, qua dentro.- disse allora, e finalmente guardò Sebastian.
-Non devi preoccuparti di quello, mi sono rotto.-
-Rotto di cosa?-
-Di fare il ‘prostituto’, come dice il tuo maritino faccia da checca.- disse Sebastian adesso piuttosto serio, e Blaine tornò a digrignare i denti.
-Piantala di chiamarlo così.- disse, in uno slancio improvviso di protezione verso suo marito, ora che lo sentiva particolarmente lontano.
-Andiamo, che mentre ce ne stavamo a letto ti divertiva il fatto che lo chiamassi checca.-
-Beh, non è più divertente.-
-Cazzo, Blaine, ma rilassati. Cristo, c’è gente che muore di fame e tu mi piagnucoli per una checca che è scappata col tipo che proprio non puoi vedere? Ma cosa aspetti, che vengano entrambi qui a farti le loro scuse quando il primo a cercare compagnia sotto le lenzuola sei stato proprio tu, Blaine Warbler?- gli sputò in faccia Sebastian, che pure iniziava a perdere la pazienza. Le persone che si piangevano addosso per azioni compiute consapevolmente gli facevano pena, lo infastidivano. -La colpa è tua, ammettilo a te stesso, fattene una ragione, e sappi che adesso il tuo Kurt riceve le attenzioni che si merita.- continuò, perché sapeva che per quanto Dave fosse burbero, era inconfutabilmente pazzo di quella fatina, e probabilmente avrebbe fatto qualunque cosa per renderlo felice.  -Tu hai fallito, come marito e come uomo. E adesso che te lo sei sentito dire da qualcun altro, piantala di frignare.- e sull’ultima parola, un rumore come un ‘ciaff!’ ma molto più rumoroso riempì la stanza. Sebastian adesso se ne stava col capo rivolto a destra, la guancia arrossata dallo schiaffo di Blaine, mentre guardava in aria innervosito.
Calò per poco il silenzio, lì nel salotto, Blaine col respiro frequente e veloce e il labbro inferiore che tremava e le sopracciglia aggrottate, Sebastian che si leccava le labbra, senza reagire e senza neanche muoversi più di tanto.
-Scusa.- disse Blaine in un soffio quando ritirò la mano. Era stato uno dei suoi colpi più potenti, e Sebastian non aveva emesso un gemito di dolore. Se n’era stato zitto e si era morso l’interno della guancia con disappunto. –Scusa.- ripetè, ora lo sguardo mortificato e la mano che si apriva e chiudeva, perché il colpo aveva fatto male anche a lui. –Scusa.- ed era già la terza volta. Aveva già il volto contratto in una smorfia che lasciava intendere che di lì a poco avrebbe ripreso a piangere, e si mise l’indice e il pollice sulla radice del naso, li da dove partiva il mal di testa, e si sentiva quasi impazzire. Era stato disperato, poi triste, poi arrabbiato e furioso, poi pentito, tutto in pochi minuti, e adesso era nuovamente affranto, e guardava Sebastian sperando che almeno lui capisse quello che stava passando, che nonostante fosse stata la causa di tutti i suoi problemi, potesse anche essere la soluzione. Se potesse aiutarlo, se potesse alleviare quel delirio di passioni incontrollate.
Blaine si avvicinò al ragazzo e gli passò una mano sulla guancia arrossata nella speranza di alleviare il dolore, poi incrociò il suo sguardo, lo trovò pronto, lo trovò comprensivo, e la bocca di Sebastian era già socchiusa quando Blaine si aggrappò al suo collo spingendolo contro il muro e iniziò a baciarlo sulle labbra con un misto di rabbia, disperazione e speranza. Speranza che quell’errore, quella macchia che era stata Sebastian sin dai tempi del liceo non lo abbandonasse proprio adesso, o che non lo abbandonasse mai.
Il biondo gli baciò più volte le labbra umide tenendo gli occhi aperti a metà, poi gli posò un bacio sulla fronte spaziosa.
-Adesso ricominciamo, eh?- mormorò mentre faceva scorrere il naso tra i riccioli scuri di Blaine. Spostò il capo sul suo collo e lo riempì di leggeri e veloci baci fino a raggiungere il lobo dell’orecchio destro. –Tu ed io. Ce ne fottiamo degli altri e andiamo avanti a testa alta.- disse ancora, e circondò i fianchi di Blaine con le sue braccia lunghe per poi farli aderire ai propri, e stringerlo in un abbraccio stretto e soffocante.
Blaine rispose con un bacio caotico, intrecciando le dita nei capelli dell’altro e facendo coincidere nasi e fronti.
-Sei un bastardo.- disse dopo un po’, mentre una lacrima e basta scendeva lungo il mento. –La colpa non è mia, sei tu la causa di tutto. Mi fai impazzire, io deliro come un malato quando sto insieme a te. E questo  vuol dire che…-
-Sarai innamorato di me?- lo anticipò Sebastian con un sorriso furbo mentre rimanevano con le fronti a contatto. -Io lo sono da un po’, pensavo di avertelo già detto.-
-E io non ti crederò mai e poi mai, lo sai questo?-
Il biondo alzò le spalle.
-Poco mi importa. Io sto con la coscienza a posto, perché so che mi piaci e che non è una frottola.- disse con leggerezza, perché non era mica la prima volta che glielo diceva. Gliel’aveva ripetuto fino alla nausea, e Blaine ogni volta si metteva le mani nei capelli, mormorava un ‘non posso, non posso!’ caotico, e la maggior parte delle volte se ne andava di corsa, per paura di gettarsi nuovamente tra le braccia di Sebastian, senza alcun senso di colpa. Ma quella volta guardò in basso verso le proprie scarpe, poi di nuovo nelle iridi verdi di Sebastian e si sciolse in un sorriso a labbra distese.       
-E tutti quei messaggi in cui ci provavi con Karofsky, e anche con Adam e Simon…?- chiese, riportando alla mente tutti quei messaggi espliciti che l’avevano fatto bruciare nelle fiamme della gelosia.
-Mi piace corteggiare, tutto qua. E mi piace vederti geloso.- disse l’altro con naturalezza, e Blaine immaginava che avrebbe risposto in questo modo.
-Ma se vuoi stare seriamente con me, dovrai…-
-Seriamente? E chi l’ha detto?- lo interruppe subito Sebastian per poi fargli l’occhiolino. Si staccò da lui dopo avergli stretto per un po’ la mano. -Vado a prendere la mia roba. Tanto ne ho poca. E da stanotte dormiamo insieme fino al mattino.- aggiunse, e sembrava abbastanza contento quando lasciò un bacio frettoloso sulle labbra di Blaine e poi se ne andò svelto verso la porta.
E dopo che Sebastian uscì di casa, Kurt chiamò Blaine al cellulare, e quello rispose dopo solo il primo squillo, ansioso com’era di sentirlo.
Kurt fu cordiale, ma non parlava col tono che si usa quando ci si rivolge a uno sconosciuto. Era tranquillo, Blaine quasi lo vedeva mentre sorrideva con dolcezza.
Gli chiese se andava tutto bene, gli disse che voleva sentirlo, e Blaine accennò un sorriso lieto mentre si sedeva piano sul divano e ammetteva a Kurt che gli mancava, ma che non aveva più intenzione di piangersi addosso. Kurt gli disse che gli mancava anche lui, e che probabilmente tentare di ricominciare era la cosa migliore da fare. Si permisero di fare un paio di battute, di sorridere, poi di ridere un po’, e si diedero appuntamento per la sera dopo: sarebbero andati a mangiare qualcosa fuori. Solo loro due, per parlare ancora un po’. Blaine chiese se poteva portare Sebastian. Kurt disse, allora io porto Dave. Concordarono entrambi, e anche se faceva strano, Blaine lo trovava giusto, e mise giù, e il cuore più leggero non gli fece versare lacrime per il resto della giornata, e anche di quella successiva.

*

-Ripetetemi il motivo per il quale siete qui?- fece Finn, che intanto aveva cacciato la lingua di fuori e muoveva il joystick alla sua estrema destra andando a dare una gomitata nello stomaco di quello che aveva di fianco.
-Cristo, Hudson, fa attenzione con quei due chilometri di braccia!- esclamò l’altro che, quasi a fargli dispetto, anzi no, proprio per fargli dispetto, si allungò su di lui col joystick e di conseguenza fece andare a scontrare la propria autovettura contro quella di Finn.
-Lasciami in pace Carl!- sbottò quello, per poi tirare nuovamente fuori la lingua e appiccicare ulteriormente lo sguardo allo schermo.
-Ma non c’è nulla di più divertente da fare qui dentro?- si lamentò Sebastian seduto su un bracciolo del divano, le gambe volutamente penzoloni.
-Vuoi una soda?- chiese Finn, che manco sapeva chi fosse quel tizio. Cioè, aveva la vaga idea di chi potesse essere, o almeno l’aveva già visto di sicuro, magari anni prima. Ma quello si era presentato come Josh, e lui non ricordava nessun Josh, per cui aveva lasciato perdere.
-Una bella coscia soda mi andrebbe.- rispose quello voltandosi sorridente verso Finn, che non cambiò affatto espressione.
-E io dovrei stare in casa il sabato sera con due gay?- si lamentò ma senza cambiare tono di voce, e aveva ormai accettato il fatto che pure Karofsky –che diavolo, lo credeva del tutto etero, era così grosso e maschio e amava il football e cazzo, stava giocando con lui a GTA: San Andreas!- fosse dell’altra sponda, dal momento che a quanto pareva s’era caricato Kurt in casa.
-Due gay e una pertica.- fece Sebastian di sottecchi.
-Due coglioni e una pertica.- corresse Dave inclinando la testa.
-Cioè…un cazzo!- esclamò Sebastian quandò si fu figurato in testa il disegnino. A quella frase, Finn fece una faccia infastidita, e Dave approfittò della distrazione per andargli addosso con la vettura e farlo finire fuori strada.
-Ehi, ma che diav-…Ma non avete dei fidanzati a cui rompere le palle?!- sbottò Finn, che se l’era presa per essere stato superato.
-In teoria dovevamo fare una felice uscita a quattro stasera,- iniziò Dave, e cacciò anche lui fuori la lingua perché Finn era tornato alla riscossa. –Ma mi sarei sentito a disagio, e mi sono rifiutato.- concluse e imprecò perché Hudson l’aveva sorpassato.
-Io in realtà sarei stato volentieri a rompere le palle, ma questo energumeno- fece Sebastian, e indicò Dave. –mi ha portato via con la forza e mi ha mollato qui davanti a te che, perdonami, ma non ho idea di chi tu sia.- disse poi rivolto a Finn.
-Solo una cosa devi sapere di me: sono etero e felicemente fidanzato.- disse quello lanciando un’occhiata velocissima all’estraneo in casa sua.
-Se quello si chiama essere fidanzato o essere preso in ostaggio…- borbottò Dave con un sorrisetto sulle labbra pensando alla Berry.
-Guarda che quello messo peggio sei tu. Ancora non conosci il Kurt isterico.- lo mise in guardia l’altro, che premeva un po’ a caso i pulsanti sul joystick, ma riusciva comunque ad avere la meglio. –A proposito di Kurt…- disse poi anticipando qualunque roba stesse per dire Dave. –Ieri stavo ripulendo camera sua…-
-Perché, tu fai le pulizie in casa?!- fece Dave shockato.
-Mi costringe mia madre, almeno una volta al mese.- ribattè subito l’altro annoiato. –E comunque, ho trovato una roba che magari si è dimenticato l’ultima volta che è stato qui. Non so, magari gli serve.-
-E allora?-
-E allora riportagliela, per cortesia!- esclamò Finn. –Sta sul tavolo.- aggiunse poi, e da quel momento si zittì, preso dal videogioco. Dave chiamò con un fischio Sebastian, e quando questo gli fu accanto, gli rifilò il joystick dicendogli di continuare la gara, ‘che lui non aveva più voglia. Sebastian, suo malgrado, provò a capirci qualcosa di quell’oggetto infernale che aveva tra le mani, mentre l’amico gli dava una pacca sulla spalla e si dirigeva verso il tavolo.
Una volta lì, trovò al centro una cassetta, simile alle altre nove che aveva conservato dal tempo del liceo. Su di essa svettava un’etichetta sbiadita con su scritto: ’10. Happy Birthday, D.’, ed era chiaro come il sole che quella cassetta fosse indirizzata a lui. Il cuore gli prese a battere come non so cosa, e si sentiva quasi come un ragazzino che ha guardato un cartone animato per tutta la durata della sua infanzia ma non ha mai avuto la possibilità di vedere l’ultima puntata, e adesso ce l’ha lì, a portata di mano.
Prese la cassetta con le dita che tremavano quasi, e già si immaginava il momento in cui l’avrebbe ascoltata, nel suo vecchio mangianastri.
‘Happy Birthday’, diceva. Forse avrebbe dovuto aspettare sino al suo compleanno, sarebbe stato più d’effetto. E mancavano tipo due mesi al giorno della verità.
Decise di aspettare, e di non dire a Kurt di aver trovato la cassetta. Ringraziò mentalmente quella pertica di Finn, e lasciò scivolare la cassetta nella tasca della felpa.




§

 

 

 

Penultimo capitolo *-*
Ma sono triste. La storia mi piace, mi spiacerebbe finirla e metterla così da parte XD
E spero che qualcuno se ne ricorderà *-* Spero abbia lasciato un segno, anche piccolo :)

Angolo delle curiosità: -Ho ripreso la canzone ‘A house is not a home’ perché credo sia perfetta per la mia storia ** O almeno per quel momento in particolare :)
-Quando Sebastian chiede a Blaine se ha mal di stomaco, è la stessa domanda che mi fa mia madre quando mi sorprende a cantare a squarciagola. Perché in effetti sembra che mi stia lamentando.
-Carl è il personaggio principale di GTA: San Andreas.



Bueno, alla prossima, con l’ultimo capitolo *-*



Mirokia

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Something serious. ***


DELIRIOUS

 

 

 

 

 

20. -Something serious.-

 

 

 

 

 

 

Kurt Hummel tiene gli occhi fissi sulla strada, ma forse è anche un po’ distratto.
Si ferma al semaforo e poi si allunga per guardare il cielo: è già tutto buio lì fuori, ma il cielo non è sereno per niente. I nuvoloni si vedono, di quel grigio scuro minaccioso che ti fa passare la voglia di uscire di casa.
Ma magari non pioverà, anche se già l’odore di pioggia si avverte, soprattutto adesso che Kurt ha tirato giù leggermente il finestrino.
Il semaforo sembra durare a lungo, che stress.
Kurt picchietta le dita sul volante, poi si allunga e apre il cruscotto. Ne tira fuori una busta spiegazzata –non da lui di certo, non è il tipo che tratta a pesci in faccia gli inviti altrui- e legge per l’ennesima volta il retro.

 

A Kurt Hummel e Blaine Anderson

 

-La storia si ripete, come si suol dire.- dice Kurt ad alta voce, e gli sembra quasi di essere Silente quando dice alla McGranitt che la Camera dei Segreti è stata aperta di nuovo.
Apre la busta e ne legge il contenuto: ad invitare lui e Blaine al proprio matrimonio sono stati Will Shuester ed Emma Pillsbury, che finalmente, Dio ce l’hanno fatta, hanno deciso di unirsi in matrimonio. E magari riusciranno a consumare.
Kurt non è andato alla cerimonia, ‘che era fuori città a presentare un profumo, ma almeno al ricevimento voleva esserci. Solo che gli è sembrato un po’ una roba da matti fare il ricevimento nell’aula prove del McKinley.
Sì, c’è proprio scritto così.
Per i ragazzi del glee club, il ricevimento sarà il venti febbraio, nella sala prove del McKinley. Non mancate.
Non mancate. Così, come se avesse scritto una roba normale. Cioè, ok che volevano fare qualcosa di speciale solo per i ragazzi che anni fa sono stati per loro come una famiglia, ma a questo punto sarebbe stato meglio affittare una sala a parte –e un minimo elegante-, magari in centro città, o portare tutti a cena, anche da Breadstix, basta che pagavano loro e sceglievano roba buona da mangiare –e un menu a parte per Kurt, magari, visto che mangia poco e niente-.
Invece no. Al McKinley. Perché al McKinley? Ha fatto tanto per uscire indenne da lì, e adesso deve tornarci?
Il semaforo è scattato e Kurt inserisce la marcia, poi parte, e già vede la scuola in lontananza. Tutta illuminata a giorno, quasi ci fossero i fantasmi.
Fa una faccia perplessa mentre lascia la macchina lì nei parcheggi. Si guarda un’ultima volta nello specchietto retrovisore –Dio, quei capelli così corti e fissati col gel gli stanno divinamente-, poi si liscia il gilet elegante, chiude la macchina e si dirige verso l’entrata della scuola, che sembra così diversa di notte, in effetti. Fa quasi impressione.
Nella mano stringe una busta con un pensierino per congratularsi delle nozze, nell’altra non stringe nulla. Vorrebbe stringere una mano, magari. Invece si ritrova a sgranchirsi le dita e sentire il freddo che gli si insinua tra le dita.
Tenta di tenere alta la testa e lo sguardo fiero come suo solito ed entra nel corridoio principale della scuola.
Un vociare indistinto lo colpisce sin da subito, come anche i ricordi che gli esplodono in testa, come quei tanti déjà vu avuti tempo fa. Solo che adesso quel corridoio è reale. Gli armadietti sono reali e adesso Kurt li sta toccando mentre cammina. Fa passare le dita affusolate sul metallo colorato e si guarda intorno come se il liceo fosse sempre stato solo un sogno e a tratti chiude gli occhi, perché quasi vede la granita fredda volargli davanti agli occhi. Nota che tutte le aule sono aperte e spalancate, bagni compresi, e le luci sono accese a festa dappertutto. Inoltre, nota Kurt, per terra sembrano esserci dei petali, ma molti sembrano stropicciati e pestati.
Alza le spalle e procede a rilento fino a raggiungere l’aula da cui provengono le voci, e quando fa capolino sente i propri occhi farsi lucidi. Sta per piangere, ne è certo. Ci sono proprio tutti, da Sam ad Artie, da Sugar a Rory, da Puck a Quinn. La prima a voltarsi verso di lui è Santana, stranamente radiosa. Kurt pensava che queste cose la scocciassero, e invece quella se ne sta con un sorriso da un orecchio all’altro, e…perché indossa la divisa da cheerleader? Non sembra essere cambiata molto, di corporatura, visto che la divisa le calza a pennello. Brittany la raggiunge e quasi le salta addosso quando la abbraccia così, senza un motivo. Adesso Kurt capisce perché Santana è così radiosa. Oh, e anche Brittany indossa la divisa delle Cheerios.
Finn è seduto al suo posto dietro alla batteria, e di tanto in tanto colpisce il piatto, provocando le espressioni infastidite di Rachel che sembra voler sistemare al meglio la tavolata che si estende in diagonale nella stanza. Ci sta accendendo delle candele e sta coprendo con dei tovaglioli i cestini col pane.
Kurt entra piano nella stanza puntando gli occhi stupito sulla tavolata piena di leccornie che di sicuro non potrà mangiare, visto che quel tacchino gli andrà sul fianco, quelle patate sulla coscia, e quel dolce direttamente sul sedere.
Pian piano iniziano a notarlo tutti. Tina e Mike non lo vedono da un po’, e  giurano di aver fatto fatica a riconoscerlo, con quei capelli così corti e quei lineamenti da uomo adulto. Tina dice di aver abbandonato l’abbigliamento gotico da un po’, ma per quell’occasione ha messo il suo cappellino nero con piume viola e la rete che le cade davanti agli occhi, e poi la gonna larga e viola e gli stivali neri alti per ricordare i vecchi tempi in cui si vestiva quasi fosse a una sfilata di carnevale. S’è lasciata da tempo con Mike, ma continuano a vedersi almeno una volta alla settimana, non sembra esserci astio tra i due.
Mercedes è laggiù seduta sulle sedie che guarda leccandosi le labbra le leccornie sul tavolo. Poi alza lo sguardo su Kurt, e gli fa l’occhiolino, e lui risponde alzando la mano.
Quinn è seduta al pianoforte e accenna qualche nota, ma non calcola neanche per sbaglio Kurt, visto che questo soleva cercare ospitalità a casa sua solo se Blaine si intratteneva a lavoro e lo mollava a casa da solo.
Sam si avvicina, è uno dei primi in realtà, e lo abbraccia allargando quella bocca enorme in un sorriso caldo e rassicurante, che Kurt ricambia arrossendo istintivamente.
Rory e Sugar girano per la stanza tenendosi per mano e Puck li imita atteggiandosi a femminuccia, ma quelli lo ignorano e Noah decide di andare a importunare Artie, che sembrava essere di malumore e se ne stava in un angolo con le braccia conserte. Ah, Puck sembra non avere più la cresta, ha lasciato crescere i capelli e adesso in realtà sono molto simili a quelli di Kurt. Solo che quelli di Kurt sono più chiari e più curati, certo.
Adesso Hummel cerca qualcun altro, lì sulle sedie, o dietro gli strumenti, o piegato sul tavolo, ma quel qualcuno non sembra spuntare fuori, e il soprano non sa se esserne sollevato o meno.
Ma ecco che Will e Emma tornano in aula dopo essere stati chissà dove, e si stringono le mani. Sono vestiti normalmente, proprio come Kurt se li ricorda. L’unico elegante sembra essere Hummel, lì dentro.

-Scusate, ragazzi. Un altro dispetto di Sue.- dice Will appena entrato con una mano dietro alla testa, quasi a discolparsi.

-Non si è ancora stufata di fare dispetti?- chiede Mercedes da laggiù. –Che ha combinato stavolta?-

-Sembra che se la sia presa per il fatto che Figgins ci abbia lasciato la scuola per fare una festa privata e non l’abbia lasciata a lei per un incontro notturno delle Cheerios, che non sembrava avere nulla di conveniente.- spiega Shuester sfregandosi le mani. –E allora ha acceso le luci di tutta la scuola, ha lasciato aperte tutte le aule e ha versato granita ovunque.-

-Una bravata delle sue, in poche parole.- dice in parole spicce la Pillsbury facendo ondeggiare la chioma lunghissima.

-Ci manca da chiudere la palestra. E tutta quell’ala lì, insomma. E il piano di sopra.- aggiunge Shuester, e sorride ai suoi ragazzi.

-Beh, dopo la cena ci pensiamo noi a dare una mano.- dice Rachel con le mani sui fianchi. Will dice un ‘grazie’ sincero, poi si volta a nota Kurt, e sorride contento.

-Kurt, temevo che non saresti venuto!- dice per poi andare ad abbracciarlo forte. –E dov’è il tuo accompagnatore?-

Nella stanza cala un silenzio imbarazzante, perché tutti sembrano essere a conoscenza dell’accaduto. Soprattutto Finn, che si ferma con le bacchette in aria e guarda Kurt in attesa di una sua risposta. Ma lui si scioglie in un sorriso arrendevole, e dice:

-Non stiamo più insieme da un po’.-

Anche Sugar e Rory si fermano ad ascoltarlo, e Will abbassa lo sguardo imbarazzato, e tenta di recuperare.

-Oh, beh. E adesso con chi stai, rubacuori?- chiede con una pacca sulla spalla, sperando di non peggiorare le cose. L’altro lancia uno sguardo a Finn, che sembra essere altrove con la testa –e figuriamoci-, poi a Santana, che invece nega impercettibilmente col capo.

-Con nessuno.- dice quindi Kurt alzando le spalle. –Scapolo. In cerca.- conclude poi, e se possibile Will si sente ancora più in imbarazzo.

-Bene, ma iniziamo a mangiare!- esclama la Pillsbury per salvare la situazione. Tutti accolgono con entusiasmo la sua proposta e si avvicinano al tavolo, pronti ad accomodarsi.

 

*

 

Kurt ha avvisato all’inizio che non avrebbe mangiato molto. S’è messo a stecchetto per l’arrivo dell’estate, e quando Rachel ha esclamato ‘Ma è solo febbraio!’, lui ha fatto ‘Appunto. E sono anche in ritardo’.
E in realtà s’annoiaun po’ a guardare tutti mangiare mentre lui ha già finito la sua insalatina.
Ma poi, ecco che il cellulare gli vibra in tasca.
Lo tira fuori e legge il messaggio con discrezione, per non sembrare maleducato.

Esci un po’

Dice il testo. Kurt sorride e digita velocemente una risposta.

Non sarai mica qui fuori…

Subito, il cellulare vibra segnalando l’arrivo di una risposta.

Sì invece muoviti

Kurt alza gli occhi e si assicura che gli altri non abbiano uno sguardo infastidito a causa della sua maleducazione, poi abbassa di nuovo il capo.

Sono a cena con i ragazzi…

Risponde, sempre con quel sorriso strano sulle labbra.

Non me ne frega niente, esci

Finn nota il suo sorriso e lo guarda preoccupato, ma Kurt gli lancia uno sguardo rassicurante, come a dire che  va tutto bene.

Ma noi due non avevamo litigato?

Non mi ricordo ora esci che ti do un bacio e poi vado via

Dice il testo, e Kurt sente fremere le mani. Sente proprio i brividi che gli si concentrano sulla punta delle dita. In effetti gli andrebbe, un bel bacio.

Sei davanti all’entrata principale?

Scrive. Tanto ormai si sta già arrendendo.

No dal lato del campo da football. Vieni e lascia il cell alle tue amichette

Kurt alza le spalle e, guardando Mercedes alla sua destra, fa un colpo di tosse e attira la sua attenzione. Le chiede se per piacere può tenergli il cellulare senza sbirciare messaggi e immagini, poi fa per alzarsi.

-Dove vai?- chiede quella, giustamente.

-Scusa, cause di forza maggiore.- risponde Kurt, e le fa l’occhiolino. Brittany sente le sue parole e si allunga verso di lui.

-Devi fare la cacca?-

-Esatto, Britt.- dice lui a bassa voce, poi si tira su , si scusa, e dichiara di dover andare in bagno. Shuester subito dice che non c’è problema, e quando Kurt esce, Mercedes si volta verso Santana, che alza le sopracciglia, come se se lo immaginasse, e Finn chiede muovendo la bocca se Kurt sta correndo da Karofsky. Mercedes non capisce il labiale, e torna a parlare con Sam intascandosi l’iphone di Kurt.

 

*

 

Kurt si stringe nella giacca una volta uscito all’esterno. Cammina sotto la parte coperta e solo adesso s’accorge del rumore fastidioso che proviene da  lì fuori.  E’ così buio, almeno il campo di football è spento: sarebbe stato esagerato come capriccio, anche fosse della Sylvester. Ma Kurt lo vede lo stesso che piove fitto fitto, e si stringe nelle spalle perché, Dio, odia la pioggia. Come quella volta in cui era seduto con Dave sulla panchina e si erano accoccolati l’uno sull’altro e una goccia di pioggia aveva provveduto a separarli e a farli rifugiare nel Delirious. Certo, se non avesse piovuto, probabilmente non si sarebbero baciati, e non avrebbero…
Scuote la testa sorridendo come una ragazzina a quei pensieri, poi si avvicina allo spazio aperto in cerca di quell’altro idiota. Si sporge leggermente, facendo attenzione a non bagnarsi, ma non lo trova, non lo vede da nessuna parte. E proprio quando sta per chiamarlo a voce sostenuta per vedere se spunta da qualche parte, si sente spingere in avanti, e non fa in tempo a puntellare i piedi, che finisce dritto sotto la pioggia e tira su un urlo degno delle più capaci attrici di film horror.
Strilla ancora una volta, come se non fosse abbastanza e, incapace di proferire parola, cerca subito di scappare all’asciutto, ma un cappotto nero ed enorme lo avvolge e lo sospinge nuovamente, ridacchiando divertito.

-Cazzo, Dave, cazzo, DAVE!- grida Kurt quasi fosse aggredito da un qualche uomo nero.

-Come sei volgare, fatina.- dice l’altro, se possibile ancora più divertito, mentre si assicura di tenere fermo sotto la pioggia Kurt, che pur di non bagnarsi ulteriormente si rifugia con la testa nel cappotto di Dave.

-Giuro che se non mi porti subito dentro non ti faccio cena per un mese!- urla l’altro, la voce camuffata dal cappotto schiacciato sulla sua faccia. -Cazzo!- aggiunge, e quando esclama parolacce, è davvero furioso.

-Questo è per avermi bucato quel pallone di football a cui tenevo tanto.- dice Dave, e lui è già del tutto fradicio.

-E tu non avresti dovuto macchiarmi la camicia nuova di raso col tuo stupido ketchup!- esclama l’altro, che batte coi pugni sul petto di Dave e si lamenta come una femminuccia.

-Dio, Kurt, ma ti pare che l’ho fatto apposta?- sbotta l’altro, che pure si sta innervosendo. Stanno tornando a discutere, okay, se l’aspettava.

-Sì, perché io ho monopolizzato la tv e ho voluto guardare una sfilata di moda maschile piuttosto che lasciarti vedere la partita!-

-E quello perché l’hai fatto? Solo perché ho sbagliato a impostare la lavatrice e ti ho tinto i calzini bianchi di rosa! E non sarebbe un colore che stona con te, visto che sei…-

-Non dirlo.- lo interrompe Kurt stringendo le mani sul cappotto di Dave e tirando su il capo, arrendendosi ormai alla pioggia che gli ha mandato a puttane la bella pettinatura corta e piena di gel.

-Un fin…- inizia Dave, e l’altro aumenta la pressione delle dita, ora sulle braccio del più grande.

-Non dirlo, o ti tiro una ginocchiata nelle palle!-

-Occhio!-

-Vaffanculo!- esclama Kurt, e si divincola da Dave facendo qualche passo indietro.

-No, occhio alla pozzanghera!- lo avverte Dave quando lo vede indietreggiare verso una pozza d’acqua. Lo prende al volo e lo tiene sollevato, mentre l’acqua continua a inzupparli e a renderli pesanti, pesantissimi. Persino Kurt pesa come un macigno. –Quanto pesi.- dice Dave, adesso con un tono di voce normale, quasi dolce, quasi suadente.
Kurt ricambia lo sguardo e pure lui abbassa la voce.

-Hai solo da mettermi giù.- dice, in un sussurro, e per poco il rumore della pioggia non copre la sua voce.

-E se non volessi?- chiede l’altro, e fa gli occhi languidi senza neanche accorgersene.

-Poi dovrò punirti…-

-Vuoi bucarmi un’altra palla?-

-Non ti piace che sia io a prendermi cura delle tue palle?-

Kurt sorride leggermente, e nonostante la pioggia lo stia colpendo forte sulle spalle, sembra essersi già rilassato. Dave lo tiene ancora in braccio, e lo posa piano sul terreno quando sente le labbra di Kurt incollarsi alle sue. Come se non fossero già abbastanza bagnati, anche quel bacio si fa bagnato, e più irruente e più voglioso, e già solo con quel contatto e l’abbraccio stretto stretto e particolarmente umido, sembrano essersi perdonati a vicenda.

-Spiegami perché non riesco ad essere arrabbiato con te.- sussurra Kurt mentre si lascia baciare il collo.

-Per lo stesso motivo per il quale io non riesco ad esserlo con te.- risponde l’altro, e lo dice così velocemente che Kurt riesce a capire la frase solo a metà. E in realtà starebbe lì volentieri, ormai s’è abituato all’acqua, e a dirla tutta finchè è lì tra le braccia di Dave non ha voglia di lamentarsi. Ma ci pensa quest’ultimo a tirarlo su e a metterselo in spalla, nonostante sia pesante almeno il doppio. E Kurt non ha neanche la forza di reagire, si lascia sollevare mentre quello si dirige –sembra- verso lo spogliatoio maschile. Che ovviamente è aperto. Kurt non sa se ringraziare o meno le bricconate della Sylvester, Dave probabilmente le farebbe una statua in marmo.
Una volta dentro, Dave molla Kurt lì, davanti al proprio armadietto, o almeno, quello che apparteneva a lui anni fa. E l’altro non gli lascia neanche il tempo di prendere fiato e gli si butta addosso schiacciando le mani sulle sue guance.

-Sai, ho detto agli altri che sono single.- dice tra un bacio e l’altro.

-Hai fatto bene. Non ce li voglio i tuoi amici canterini sotto casa a farmi il quarto grado.- ribatte l’altro, che sembra schiavo della libidine che si sta appropriando di Kurt, che sorride alla sua frase e fa scorrere le proprie labbra sul collo dell’altro. Poi fa scivolare velocemente le mani in basso, ed ecco che già armeggia con la cintura di pelle di Dave, bagnata e scivolosa. Ma quello sembra essere restio, avere qualche problema.

-Che c’è?- chiede Kurt al suo orecchio, già sospirando pesantemente. Quello non risponde e tiene le mani su quelle di Kurt. -Qual è il tuo problema?-

-Come?- fa Dave col naso affondato nei capelli fradici ma profumati di Kurt.

-Cos’è che ti fa tanta paura?-

Quella domanda gli pare famigliare, e Dave si scosta un secondo sorridendo beffardo.

-A parte la scuola piena di sfigati canterini che potrebbero entrare qui e vederci l’uccello?- chiede retoricamente, per adattarla alla domanda che fece anni fa, al suo primo vero scontro con Kurt Hummel.

-Vorrà dire che molesteremo e convertiremo anche loro.- dice l’altro tranquillo, e il suo tono è così differente da quello che di tanto in tanto fa eco nel cervello di Dave, magari quando sogna di perdere Kurt. Uno dei peggiori incubi. No, il peggiore. -Senti un po’, Salamone, guarda che non sei il mio tipo.- aggiunge Kurt, e Dave sorride avvicinandosi ulteriormente.

-Davvero?-

-Sì. Non mi piacciono i ragazzi che sbagliano ad impostare la lavatrice e spruzzano ketchup ovunque.-

-Non provocarmi, fatina.- dice Dave a denti stretti, ma crede di poter scoppiare a ridere.

-Mi vuoi baciare? Avanti.- lo invita Kurt, e l’altro poggia una mano sull’armadietto.

-Non provocarmi!-

-Baciami, tanto non cambierà nulla. I tuoi baci, per quando pacati e romantici possano essere, non cambieranno né la mia voglia di strapparti i vestiti di dosso, né quella di finire stampato contro gli armadietti con te che ti muovi sopra di me.-

-Non farti più…Aspetta, di cos’è che hai voglia?- chiede Dave cambiando del tutto tono quando si rende conto di cos’è che la fatina ha richiesto implicitamente.

-Dici che è meglio in doccia?- domanda Kurt, ora timidamente.

-Vuoi farlo qui?-

Kurt arrossisce improvvisamente e in modo convulso e stringe una mano davanti alla bocca.

-Non te l’ho mai detto, ma…è stata sempre un po’…la mia fantasia. Cioè, no, più che altro a volte ci facevo dei sogni, e…-

-Lo so, lo so.- lo interrompe Dave, e poi si mette a baciarlo, per fare in modo che quello non chieda altro, per chiudergli la bocca. Dio, impazzisce per quella bocca. E Dave sa che è stato sempre un suo ‘sogno’ quello di fare certe cose nello spogliatoio maschile. Lo sa perché ha ascoltato la cassetta che Kurt registrò per il suo compleanno. E non sa se ammetterà mai a Kurt di averla trovata e ascoltata. La terrà per sé, la custodirà come un piccolo segreto, la chiuderà nell’armadio al posto suo. ‘Che ormai lui s’è stufato di stare chiuso là dentro, vuole respirare un po’ d’aria fresca, vuole uscire da quella porta e passeggiare per strada, tra la gente, stringendo Kurt dalle spalle. Ovviamente, dopo che avrà smesso di piovere. E magari dopo che si saranno asciugati. Anzi, magari sarebbe stato meglio infilarsi in macchina e tornare a casa e lavarsi lì e avvolgersi nello stesso asciugamano e poi fare l’amore per ore finchè non sentiranno il bisogno di un’altra doccia ripulente e rilassante. E poi, forse, dormiranno. Sempre se Kurt non vorrà farsi una tisana e costringere anche Dave a bere, ‘che tutte quelle erbe fanno bene.
E Dave sa come comportarsi, perché quella registrazione la ricorda a memoria. Mette una mano sulla sua guancia e lo bacia in quel modo dolce che fa venire il diabete, e poi piccoli baci accennati sul collo, che riempiono Kurt di brividi e colorano di rosso le punte delle sue orecchie. Kurt sa di star vivendo un déjà vu, e non sa neanche perché.
Invece Dave quasi sente l’eco della sua vocetta da adolescente nella testa:

*Okay, sarà acceso quest’affare? Oramai è vecchio, non so neanche più se sta registrando o meno…
Bene, okay, sono abbastanza tranquillo, perchè la voce non mi trema, voglio dire, mi sarò preparato queste due parole da almeno una settimana. Cioè, da quando ho scoperto da Noah Puckerman che domani è il tuo compleanno.
Non abbiamo parlato molto nell’ultimo periodo. In realtà non ci siamo neanche rivolti la parola, e do la colpa al mio orgoglio. E’ colpa sua se non ti ho fermato per i corridoi anche solo per dirti ‘Ciao, come va? Ti va di andare a prendere un caffè, così mi racconti come te la cavi con la tua strada verso il coming out?’, che sarebbe stato anche piuttosto scortese da parte mia, visto che non ho mai avuto intenzione di forzarti a fare qualcosa che non volevi fare. E’ che non ti ho nemmeno degnato di uno sguardo.
Cioè, sì, in realtà ti ho guardato più volte, ma lascia che ti spieghi, dopo quella lite furiosa –sì, per me era furiosa, visto che non mi sono mai sentito tanto male- non ho fatto altro che…e va bene, lo dico, tanto so per certo che non ti consegnerò mai questa cassetta. Con che faccia posso venire  da te a mettertela in mano quando non ti saluto da mesi? Perciò, okay, non so perché adesso mi trema la voce nonostante abbia appena detto che non ti darò questa cassetta, ma…insomma, sì, da quella volta che mi hai confessato…che mi hai parlato in giapponese, insomma, quella parola impronunciabile, ecco, io mi sono sentito…diverso.
Non lo so, forse mi sono sentito amato, ma amato seriamente. Quell’amore che si vede nei film e nei musical e nelle soap opere. Quell’amore forte e irrazionale. Quello che ti fa dare un po’ di matto… e adesso l’ho capito perché reagivi così. Era perché certe sensazioni, certi sentimenti, ti fanno un po’ barcollare, delirare, come quando hai la febbre. Una febbre perenne. Tu guardi quella persona, poi scopri che lei ti sta già guardando, abbassi lo sguardo e arrossisci e anche quella arrossisce e, Dio, è tutto così perfetto nella mia testa.
E vorrei dirti anche che mi sento la febbre da un po’. E la gente che mi conosce dice che deliro, c’è chi non mi riconosce più.
Vorrei parlarti ancora, ma non trovo né la forza, né il coraggio. Il coraggio m’è sempre mancato Dave, sai? E mi piace chiamarti Dave. Nei miei sogni ti chiamo sempre così, non è spiacevole.
Perché devi sapere che a volte faccio un sogno particolarmente vivido, e ci siamo…beh, ci siamo io e te abbracciati sotto la pioggia, di notte. E ci insultiamo. Stiamo lì abbracciati e ci insultiamo “di brutto”, per usare il vocabolario di voi trogloditi. Ma poi ci baciamo e sembriamo non essere più arrabbiati. Tutto è sparito in una nuvola di fumo. Poi ci sei tu che mi prendi in braccio e mi porti nello spogliatoio maschile, il famoso spogliatoio della nostra prima litigata furiosa, o preferirei definirlo ‘del nostro primo bacio’, ed è lì che tu sei dolce fino allo svenimento, baciandomi piano e accarezzandomi guancia e collo. E io vado in fiamme.
E mi sono anche parecchio vergognato a raccontare ‘sta cosa a un marchingegno antiquato e mal funzionante, ma tanto non ho da preoccuparmi, perché questa cosa non te la do. L’ho registrata con l’intenzione di dartela come augurio di buon compleanno, ma sono andato completamente fuori tema, e questo discorso noioso e da checche mestruate non era previsto. Perciò, credo ti farò gli auguri su facebook come tutti gli altri tuoi 448 amici e lascerò perdere l’idea poco romantica della cassetta.
E so che non avrò il coraggio di dirti tutte queste romanticherie in faccia. Non mi sembra il caso, no, forse è un periodo di passaggio, forse mi sto lasciando trascinare dalla tua confessione, o dal tuo senso dell’umorismo, o dai tuoi occhi verdi, o da quel sorriso che raramente…
basta, faccio che spegnere questa roba. Sto seriamente delirando.
Spero di parlarti presto, non avercela con me.
Ah, e…buon compleanno, Dave.*

E mentre Kurt tentava di spegnere quella roba antiquata che ancora non aveva imparato ad usare, si sentiva la musica di un cd in sottofondo, e poche parole della canzone furono registrate.

*I look away but you remain
your eyes starin back at me
My heart starts to skip a beat
I pray that you’ll never know
I’ve fallen and you look in my eyes

You make me delirious
that’s when I start to fall
something serious
When you look in my eyes
you make me delirious
that’s when I start to fall
something serious.*




§


 

 

Ultimo capitolo a voi.
Ci ho messo un po’ a terminare questa storia, ma fondamentalmente perchè mi mancava il tempo, e poi perchè preferivo scrivere quando arrivava quell’onda incontrollabile di ispirazione che ti fa scrivere un capitol tutto d’un colpo, piuttosto che costriingermi a sedermi davanti al computer e a scrivere forzatamente.
Quindi, okay, le ultime formalità:

Angolo delle curiosità: -Ho voluto riprendere il tema iniziale del matrimonio, quasi a voler chiudere per bene in cerchio. Ho infatti usato la stessa scrittura per l’invito,per mettere in risalto il fatto che la storia si stesse ripetendo o che, piuttosto, tutto è iniziato da lì, da un matrimonio del tutto campato in aria.
-Il matrimonio è di Will ed Emma, e giuro che volevo fossero loro a sposarsi ancora prima che vedessi  la 3x10 “Yes/No”. Quindi, va beh, nel telefilm sembra che i due si sposeranno molto presto, mentre nella mia storia ci hanno messo giusto qualche anno a convincersi XD
-Kurt si immagina Silente che, dopo che Colin è stato pietrificato, dice alla McGranitt che Hogwarts non è più un luogo sicuro e che la camera dei Segreti è stata aperta di nuovo, principalmente perché è quello che ho immaginato io mentre scrivevo XD
-Volevo che ci fosse anche lo zampino di Sue. Insomma, ho fatto comparire tutti e non accenno a lei? Nella puntata sembrava piuttosto felice e lieta (?) della proposta di matrimonio, ma io credo che la vecchia Sue avrebbe fatto di tutto per ostacolare la felicità di quei due XD Soprattutto se loro ottengono lo spazio scolastico e lei no XD
-Quando Kurt cerca qualcuno in aula, quel qualcuno è Blaine. Ha detto che sarebbe venuto, al ricevimento, ma si vede che ha avuto un imprevisto.
-Non vi dico da dove in teoria ho preso l’idea dei ‘dispetti’ che si fanno Dave e Kurt, solo perché mi vergogno XD
-Potrà essere un clichè la cosa di baci e abbracci sotto la pioggia, ma non ci avevo scritto ancora nulla. E l’idea è tremendamente romantica e bagnata. Soprattutto bagnata.
-Nello spogliatoio ho ripreso la conversazione tra Dave e Kurt avvenuta nella 2x06, ma penso si sia capito (:
-Considero la cassetta un po’ come il pezzo mancante del puzzle. Insomma, se Dave avesse ascoltato la cassetta tempo prima, a quest’ora si sarebbe risparmiato tutto l’ambaradan del fidanzamento etero, del matrimonio e delle farse varie. Probabilmente avrebbe abbandonato l’armadio da parecchio, ormai.
-L’ultima canzone è “Delirious” di Vistoso Bosses.
-Ammetto che mi attirava terribilmente l’idea di far finire male questa storia. Non tragicamente, ma quasi. Però poi ho desistito, sono più per i lieti fine. E poi non è giusto che dopo tutta questa sofferenza (lacerati dentro, delirio fisico e morale, eccetera eccetera) dovessero passarne di peggio. Perciò ho preferito così. Per la gioia di gente che mi minacciava di non farmela passare liscia se l’avessi fatta finire male.

 

E con questo, beh, spero vi siate divertiti (?)
Alla prossima :D





Mirokia

 

 

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