Il medaglione (Titolo provvisorio)

di Funga and Klusy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** 1. Biblioteche e compagne di stanza ***
Capitolo 3: *** 2. Festa ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***




Prefazione.

Ero arrivata, finalmente avevo raggiunto il mio obiettivo, ma come l’avevo fatto?

  Avevo corrotto, sedotto, deluso. Avevo attraversato mezzo mondo e preso in giro quella che avrei potuto definire la mia migliore amica. Per cosa, poi? Per riavere la mia umanità. Ma ne è valsa la pena? 

Infondo quello che avevo fatto non era peggio che succhiare un po’ di sangue per vivere?






Piccole spiegazioni pre-fic:

- Alice e Renesmee sono entrambe umane, per ora.
- Damon invece,  è un vampiro. 

- Il mondo in cui vivono è molto più simile a quello di The Vimpire Diaries che a quello di Twilight.
- La storia è bilaterale: da una parte Nessie e dall'altra Alice.


Ultima cosa: la storia è a quattro mani, scritta da Daphne & Dj Flory 
Speriamo vi piaccia! :)
E ora... togliamo il disturbo! Buona lettura!! :)



 

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Capitolo 2
*** 1. Biblioteche e compagne di stanza ***


Biblioteche e compagne di stanza.


Nessie.

    Guardai l’insegna dove un penna intrisa d’inchiostro si frangeva su una pergamena. Molto azzeccata per una biblioteca, direi.

    Entrai dentro, era un edificio molto piccolo, ma scaffali enormi riempivano le pareti e ogni spazio libero al centro della stanza.

    La commessa mi sorrise lanciandomi uno sguardo indagatore attraverso i suoi occhiali tondi. Era anziana, sulla sessantina probabilmente, e portava un vestito a fiori abbastanza hippie che le conferiva un’aria molto dolce << Posso aiutarla? >>

    << No, la ringrazio. >> le risposi cordiale, ma lei abbassò gli occhi, sembrava delusa... forse non entrava molta gente lì dentro, chissà perché. Poi guardai meglio gli eleganti scaffali intarsiati in legno e capii. No, lì dentro non entrava molta gente, ovvio, non c’erano i soliti best seller: niente lucchetti attaccati ai pali, niente ragazzine in piena tempesta ormonale, niente drammatiche storie d’amore che si concludevano con il solito “felici e contenti”. Non che avessi qualcosa contro di loro, s’intende, semplicemente non erano il mio genere. I libri che piacevano a me erano molto diversi e lì... beh, avrei vissuto tutta la vita lì dentro se mi fosse stato possibile!!

    Sorrisi al mio pensiero, sarebbe stato molto da me, in perfetto stile René Cullen, poi mi concentrai: ero lì con uno scopo ben preciso e non potevo permettermi di cominciare a scorrazzare fra quei tomi come una ragazzina a Disneyland! Anche perché, in quel posto una reazione del genere sarebbe stata completamente assurda e incomprensibile a chiunque altro. Gli antichissimi tomi che riempivano le mensole avrebbero fatto fuggire chiunque altro, rabbrividire perfino, ma io ero fatta così! Spesso mi sentivo molto Hermione di Harry Potter in realtà, vedevo un libro e tac! Dovevo assolutamente leggerlo. Soprattutto se erano portatori di grandi segreti come quelli!

    Presi in mano il testo con l’aria meno fragile, era pieno di immagini esoteriche e delle strane iscrizioni accompagnavano le più accurate, gli occhi mi brillarono.

    Quando uscii mi sedetti al tavolino di un bar e solo sorseggiando una tazza di cappuccino fumante –a proposito, non ne avevo mai assaggiato uno così buono!- fui in grado di pensare razionalmente.

    Come ci ero finita a Firenze? Avevo davvero seguito quella scritta “Salvatore – Firenze 1870” sul medaglione di mio padre? Va bene, ero approdata nel posto più bello al mondo – che per di più, si trovava in una delle città più affascinanti che avessi mai visitato- ma cosa c’entrava tutto questo con mio padre? Avevo davvero attraversato l’Oceano per visitare una libreria... stentavo a crederci.

    Non aveva senso quello che stavo facendo lo sapevo, ma cercando su internet le parole incise, la biblioteca che avevo appena visitato era l’unico risultato. Mi vergognavo solo a pensarci, cosa speravo di trovare seguendo la scritta incisa su di un medaglione? È vero, non era un medaglione, era Il medaglione, quello che mio padre aveva sempre portato al collo da quando ne avevo memoria e che quando era stato ritrovato reggeva fra le mani.

    Ma come potevo capire chi e perché aveva ucciso mio padre, da una biblioteca? Si, perché mio padre era stato ucciso, assassinato senza pietà in un modo talmente irrazionale, che neppure la scientifica era riuscita ad identificare la data e le modalità del decesso. Era pieno di ferite, ma come se l’era procurate non riuscivamo proprio a comprenderlo… una lacrima scese sul mio volto, ma la ricacciai subito indietro. Non potevo permettermi debolezze, per piangere avevo avuto tre intere settimane, ora era il momento di agire.

    Tornai all’ostello della gioventù dove alloggiavo –con così poco preavviso, era stata l’unica cosa che potevo permettermi- e sorridendo alla mia compagna di stanza mi gettai sul letto a pensare e pian piano scivolai nell’incoscienza...

***

    Mi risvegliai urlando e il perché, sinceramente non lo ricordavo neppure. Avevo fatto un brutto incubo, ma come tutte le altre volte da quando era morto papà, non riuscivo a ricordare cosa popolava i miei sogni. Non che ci tenessi granché, se le immagini dei miei brutti sogni mi sarebbero rimaste impresse nella mente, mi avrebbero rovinato la giornata, ma era frustrante. Risvegliarsi urlando e non sapere neppure perché, mi dava sui nervi, decisamente.

    Per fortuna erano ancora le otto e mezzo di sera e nessuno era ancora andato a dormire, avevo fatto preoccupare la mia compagna di stanza –di cui, fra l’altro, non conoscevo ancora il nome- che ora non la smetteva più di ciarlare. << Ehi? Ehi? Cos’hai? Pensavo qualcuno ti avesse aggredita! Cavolo che spavento! Uff! >>

    <> oddio, sembrava un cartone animato. Avete presente quelli dove all’improvviso le teste diventano giganti e la ragazza urla come una matta? Ecco, uguale! L’unica differenza era che la sua testa era –indovinate un po’?- perfettamente nella norma, o quasi... aveva in testa della roba blu.

    << Ahahahah >> lo so, non è educato ma… << Ahahah >> aveva in mano un cappello da pirata, e sulla parte destra della testa della stagnola e sull’altra i capelli blu!

    << Cosa? Cosa c’è da ridere?! Io mi sono preoccupata e tu… >> era totalmente sconvolta dalla mia reazione e sembrava ancora più buffa, cominciai a lacrimare dalle risate.

    << Ma che hai? Un attacco isterico? Devo chiamare qualcuno, ehi?>>

    << No...>> alla fine trovai la forza di rispondere << ahahah! Ma cos’hai in testa? Sei tutta, tutta… >> non riuscii a terminare la frase che mi venne un attacco di ridarella acuta, ma capitemi, quando comincio a ridere non riesco a smettere più. Comunque, a quel punto anche lei capì.

    << Aaah. Stavo facendo la tinta! >> e a questo punto cominciò a ridere anche lei. Erano giorni che non ridevo così, mi sentivo estremamente più leggera.

    Ridemmo per circa cinque minuti buoni, finché all0improvviso si bloccò e affilò gli occhi fingendosi offesa << Comunque, quando avrai finito di ridere di me, sarei felice di sapere qual è il tuo nome. >> e poi sparì dietro la porta del bagno.

    Rimasi ad osservare la maniglia della porta per almeno trenta secondi finché alla fine, annunciai << Renesmee, mi chiamo Renesmee. >>

    << Piacere Nessie! Io sono Alice. >> mi urlò da dentro il bagno.

    << Nessie? No, io mi chiamo Renesmee...>> dissi confusa.

    << Si, ho capito che ti chiami Renesmee, ma Nessie è molto più carino, non trovi? >> e affacciandosi da dietro la porta mi scoccò un sorriso smagliante. Uno di quei sorrisi che mettono allegria semplicemente a guardarli.

    Oh beh, ero in Italia da solo un giorno e mezzo ed una ragazza di cui non sapevo nulla mi aveva già affibbiato un nomignolo assurdo! In altre occasioni me la sarei sicuramente presa, ma infondo Alice mi era simpatica ed il nomignolo non era poi tanto male... mi sarei vendicata escogitandone uno ancora più assurdo per lei! Intanto che rimuginavo sulla mia piccola ripicca cominciò << Di dove sei? >>

    << Vivo a Seattle, anche se non mi piace granché, troppa umidità. >> e le sorrisi, irradiava felicità quella ragazza, non potevo essere scontrosa con lei.

    Stava aspettando che aggiungessi qualcosa ma non mi veniva in mente nulla, ero ancora insonnolita dal modo in cui mi ero svegliata e non connettevo ancora molto. Le rivolsi la sua stessa domanda.

    << Io sono di New York, ma i miei si sono trasferiti in Inghilterra, ma poi abbiamo litigato. Diciamo che questa è una specie di “fuga” anche se sono sicura che non resisterò più di tanto lontana da casa... sono lontana da tre giorni e li ho già chiamati un sacco di volte... poi, Emmet ed Edward, i miei fratelli, mi mancano tantissimo... soprattutto Edward che ha appena un anno e ha appena cominciato a parlare!

    Comunque ho deciso che voglio vedere un po’ tutta l’Italia prima di tornare da loro... sai, ci sono ancora un sacco di posti che non ho ancora visto e poi stasera vado ad una festa!>> e si sistemò un cappello in stile Jack Sparrow sulla testa. Osservai gli altri suoi accessori: una benda ed una spada di plastica ma abbastanza realistica da incutere un certo terrore.

    << E ci vai vestita così alla festa? >>

    << Ma certo! E’ in maschera! Vienici anche tu, ti presento anche degli amici! >>

    << Mmh... >> non potevo andarci, avevo una missione da compiere.

    Si, ma non hai ancora idea di cosa fare. Domani torni in quella biblioteca e decidi okay? –eccola, la mia vocina, che mi confondeva ogni volta le idee- Taci. Ho molto da fare!

    A quest’ora? Non credo, non vorrai certo andare a dormire!! Dai, infondo una festa non si disdegna mai, no?

    Ma devo andarci con quella? Sembra una matta!

    Senti chi parla! Quella che sente le voci nella sua testa!! E poi è simpatica!

    La voce sei tu! E non credo ti dispiaccia… Se vuoi però, smetto immediatamente di darti ascolto!

    No, non lo fare! E poi, senza di me saresti persa!

    Si, come no… senza di te sarei come un pesce senza pinne.

    Ovviamente si! Comunque alla festa ci vai! Ricordi cosa ti ha detto tua sorella la settimana scorsa?

    Aveva toccato –o avevo, perché infondo, la vocina ero sempre io- il tasto sbagliato. Certo che lo ricordavo, ma a mia sorella non ci volevo pensare.  No, no, no. La sua voce che prima che iniziasse la litigata mi aveva detto “Trova il giusto equilibrio, so che puoi superare la morte di papà. E’ una brutta cosa, manca tanto anche a me, ma non puoi smettere di divertirti Renesmee. Torna in carreggiata. ”

    Mia sorella Baylee aveva ragione, e lo sapevo. Ma neppure lei, ci riusciva però e si teneva tutto dentro. Lei, che era quella emotiva, ora sembrava un’altra persona. Era diventata imperturbabile, come se indossasse una maschera e si fosse rassegnata. Non era da lei.

    Quando le avevo esposto il mio piano per scoprire la verità sulla morte di papà, aveva cercato di fermarmi in tutti modi e mi era sembrato di parlare con un’altra. Ogni parola che utilizzava per rispondermi, sembrava calcolata a dovere, come se mi stesse nascondendo qualcosa. Ne ebbi la conferma quando mi stufai di litigare senza ottenere niente e le annunciai che ci sarei andata da sola, in Italia. Aveva borbottato qualcosa che somigliava ad un “prenderanno anche te” ed io a quel punto ero impazzita, ed ero fuggita via come una stupida!

    Me l’avesse detto ora, le avrei chiesto di cosa stesse parlando, ma mi sentivo tradita, ed io orgogliosa fino all’ultimo da quel giorno ho smesso di risponderle al telefono finché anche lei si è stufata e non mi ha chiamata più.

    Ora avrei tanto voluto che mi chiamasse, anche con una scusa stupida, avrei continuato la mia ricerca ma l’avrei perdonata. Mi mancava troppo, le avrei perdonato di tutto a questo punto.

    Renè, la devi smettere! Ti farai solo male così! Smetti di pensare a tua sorella!

    All’improvviso mi ricordai di Alice, e vidi il suo viso che attendeva ancora una risposta con un sorriso. Non si era neppure accorta della mia pausa. << Va bene! Ci vengo! >> si, avevo proprio bisogno di distrarmi ed una festa mi avrebbe fatto dimenticare Baylee, credo.

    La mia vocina interiore era esultante. Chissà perché, vinceva sempre lei.

    Poi ebbi un’illuminazione << Ma cosa mi metto? >>

    << Per quello non ti devi preoccupare! Mancano ancora due ore all’inizio della festa, andiamo a fare shopping! >> e così vestita da pirata com’era, mi prese per il braccio, mi lanciò un giubbotto e mi trascinò fuori.

***

    Folle, hai incontrato una folle. Tutti tu li vai a cercare i matti, eh Renesmee?

    Vedevo Alice che pescava decine di costumi, finché ne estrasse uno attillatissimo che –ahimè- mi convinse a provare: era da vampira, con una gonna nera così corta da essere invisibile, un top nero trasparente senza spalline che di coprente non aveva praticamente niente, ed un mantello nero da poggiare sulla schiena. No, avrebbe detto quello che voleva, ma non l’avrei indossato alla festa! Mai!

    Evidentemente però, il destino ce l’aveva con me, perché gli unici altri vestiti della mia taglia erano da pecorella (ma chi comprerebbe mai un vestito da pecorella??) e da Winx. Da Winx, vi rendete conto? Beh, forse il vestito da vampira mi faceva sembrare un po’ una sgualdrinella a caccia –cosa decisamente riduttiva per quel vestito- ma per lo meno, non sembravo uscita da una storia a fumetti!

    E poi… con un sorriso fui costretta ad ammetterlo: con quel vestitino facevo la mia porca figura!







Allora?? Piaciuto?? :) Spero di si, perché ci siamo impegnate davvero tanto per scriverlo!! :)
Ah si... ci tenevo ad annunciarvi che Dj Flory dice che lei lo indosserebbe volentieri il vestito da pecorella...
boh, se riuscite a farla ragionare voi è bene, perché io sinceramente, mi sono arresa!! :)
Aspettimo le vostre recensioni, perché non uccideranno voi, ma renderanno felicissime noi!! :)

 

Baci D a p h n e

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Capitolo 3
*** 2. Festa ***


Il medaglione - capitolo 2


Festa.

Nessie.

     “Alice, non mi piace!” brontolai mentre lei mi tirava verso una porta di mogano dalla quale fuori usciva musica e risate. Due ragazze vestite da angeli mi passarono accanto reggendo in mano entrambe un bicchiere.

    “Andiamo Nessie! Sei uno schianto” disse Alice facendomi l’occhiolino. Mio Dio, ma cosa diavolo ci facevo vestita da vampira sexy con quella pazza sfrenata che avevo appena conosciuto? Dovevo essere ammattita anch’io! Feci un passo all’indietro spaventata dall’idea della festa ma Alice aveva già bussato alla porta e con aria frizzante mi aveva afferrata dal braccio per non farmi scappare via. Maledetta!

    Un uomo alto in smoking e dal volto coperto da una elaborata maschera ci invitò ad entrare. Trascinai i miei piedi all’interno della casa cercando di abbandonare le mie paure.

    “Si balla!” esclamò Alice muovendo convulsivamente la testa. Mi guarda attorno, le luci colorate illuminavano quello che sembrava un grande salone dove una cinquantina di corpi mascherati si muovevano a tempo di musica.

    “Vieni a ballare” mi disse Alice che ormai ballava sola al mio fianco agitando le braccia in aria.

    “NO!” risposi tirando in giù la fine del mio vestitino nella speranza che si allungasse magicamente.

    “Oh, andiamo! Non fare la rovina feste!” mi implorò lei. La guardai e di nuovo la voce di mia sorella riecheggiò nella mente:

    “Trova il giusto equilibrio, so che puoi superare la morte di papà. E’ una brutta cosa, manca tanto anche a me, ma non puoi smettere di divertirti Renesmee. Torna in carreggiata. ”

    Cercai di cacciare il dolore che provocavano quelle parole e sospirando mi inserii nella folla danzante insieme ad Alice. Non avevo la benché minima idea di come si ballava. Ero sempre stata una schiappa nella danza. Ricordai la sera del compleanno della mia amica che, nel tentativo di ballare, inciampai strappandole il suo vestito nuovo.

    Scossi il capo cercando di cacciare quell’assurda tragedia. La musica pulsava e copriva tutte le voci le luci si spegnevano e accendevano ad intermittenza. Alice era scatenata, girava su se stessa come un ape impazzita e saltellava gridando a tempo.

    Un po’ l’ammiravo, non pensava alla gente o alle loro critiche, pensava solo a divertirsi. Avrei dovuto fare come lei, senza farmi travolgere dai miei scrupoli stupidi. La musica continuava a pulsare violenta e frenetica nella stanza ed io mi lasciai un po’ andare iniziando a dondolare a tempo.

    C’erano tanti corpi che si mescolavano ed agitavano seguendo la musica. Si muovevano così convulsivamente da ridurre notevolmente la mia capacità di riconoscere volti.

    “Scusi” bisbigliai ad una ragazza a cui avevo pestato un piede e che ora mi guardava con aria irritata.

    “Di niente” mi rispose stizzita.

    Ecco, lo sapevo, dovevo assolutamente smettere di ballare prima di uccidere qualcuno con i miei tacchi insolitamente alti. Fu proprio in quel momento, quando avevo finalmente deciso di andare via da quella festa stupida, che incontrai i suoi occhi.

    Un ragazzo alto dalla chioma bruna mi fissava dietro una maschera nera dai margini argentati. Dietro quella maschera due occhi di un misto tra grigio e azzurro mi scrutavano con attenzione.

    “PERICOLO!” gridò il mio cervello. Infatti aveva qualcosa che non andava. Non fisicamente ovviamente (con un corpo e degli occhi come i suoi, non c’è proprio nulla che non andasse bene!), c’era qualcosa in lui che mi spaventava e urlava pericoloso da ogni poro della sua bella pelle avorio.

    Lo guardai con attenzione senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Si stava avvicinando con fare deciso a me. Mi sentii terrorizzata e attratta allo stesso tempo. Volevo correre lontano da lui eppure desideravo avvicinarlo.

    Mi accorsi che lo stavo fissando e quindi voltai la testa fingendo di ignorarlo e li accadde qualcosa di strano. Quando il mio sguardo dopo neanche due secondi tornò nella direzione dello sconosciuto era completamente sparito. Mi guardai attorno confusa cercando di nuovo i suoi occhi, ma non c’era più. Me l’ero immaginato o era davvero sparito? Ignorai il dubbio che sorgeva in me e decisi di andare a sedermi fuori la pista da ballo.

    “Dove vai?” mi domandò Alice nel vedermi allontanare.

    “Vado a sedermi un po’, i tacchi mi fanno male!” urlai per farmi sentire da lei. Alice annuì senza smettere di ballare come forsennata. Era una semi-verità, i miei tacchi stavano martirizzando i miei piedi, ma il mio vero scopo era individuare il ragazzo che avevo visto prima. Sentivo il bisogno di tenerlo d’occhio.

    Semplicemente, per essere sicura di non essermelo immaginato. Mi sedetti sul divanetto morbido accanto ad una finestra. Di lì la musica era più lieve, anche se ovviamente, continuava ad essere altissima. Mi guardai attorno cercando di individuare lo sconosciuto nella folla che occupava ogni spazio lasciato libero dai mobili antichi, ma di lui neanche l’ombra.

    Decisi di lasciar perdere davvero e di rimanere su quel divanetto finché non sarebbe finito tutto. Avevo tanta voglia di andare via, odiavo le feste così caotiche, ma purtroppo Alice mi aveva accompagnata con la sua Porche e non potevo costringerla a lasciare la festa per riportarmi nella mia stanza.

    Pensierosa, accavallai le gambe e rimasi li a fissare il divertimento da lontano.

    Ero ormai abituata a seguire il mondo come se io non ne facessi parte e a volte mi aveva fatto anche bene. Il mio modo di distaccarmi dal mondo mi aveva evitato di impazzire quando la vita mi era andata in pezzi.

    Presi un bicchierino di vodka alla pesca e presi a sorseggiarlo annoiata. Era giusto distaccarsi così tanto dalla realtà da non viverla più? Dentro me, conoscevo la risposta ma non volevo pensarci. Faceva male, sembrava quasi voler uscire dai miei pensieri e cominciare ad urlarmi in faccia.

    Nonostante il mio pessimo umore, comunque, la serata andava avanti per tutti. Auto-esiliata sul mio divanetto vidi i volti di centinaia di persone passarmi davanti, e i minuti scorrere fino a trasformarsi in ore. Lentamente però, arrivarono le due ed iniziai a preoccuparmi: non vedevo più Alice.

    Iniziai a camminare tra i superstiti dalla stanchezza –più che giustificata, tra l’altro. Cinque ore di balli sfiancherebbero chiunque!- che continuavano imperterriti a ballare, cercando Alice. Non la trovai né tra quei ragazzi, né tra la gente seduta, non era in bagno e neppure in giardino.

    Iniziai ad aver seriamente paura, che se ne fosse andata lasciandomi lì?

    No, era impossibile. E poi c’era quella strana sensazione...

    La stavo cercando nel giardino quando vidi il ragazzo dagli occhi di ghiaccio avviarsi nella mia direzione. Era fuori dal cancelletto che divideva la zona della casa dalle colline buie che ne costituivano il panorama.

    Lo aprì ed entrò ignorandomi, non c’era nulla di strano in quel comportamento, ma mi prese un crampo allo stomaco. Lo strano presentimento di prima prese ad ardere nella mia mente. Alice era tra quelle colline, lo sapevo. Con il cuore in gola seguii il mio istinto e uscii dal cancelletto affrontando le colline ed il buio che le circondava.

    Non c’era luce, ed il buio troneggiava tetro tra gli alberi mossi dal vento che circondavano le colline rendendole labirintiche. Si udivano solo il vento che si agitava fra le fronde ed il gracchiare di qualche corvo fastidioso che rendeva il tutto più inquietante.

    “Alice” gridai con il panico, ma nulla rispose.

    Camminai per altri svariati metri e poi provai a chiamare ancora

    “Alice!” ancora nulla.

    Che le era successo? Panico, troppo panico.

    “Alice, ti prego, esci fuori!” implorai. 

    Questa volta un gemito e altri gridolini di dolore mi risposero. Quasi quasi preferivo il silenzio e il gracchiare dei corvi. Seguii la fonte delle urla ed arrivai ad una radura rettangolare, al centro di essa c’era Alice che, sporca di sangue si contorceva dal dolore.



Angolo autrici, se sono degne di chiamarsi così è ancora mistero xD

Salve :) spero che questi capitoli vi siano piaciuti :) Scusate il ritardo nel postare ma è stato dovuto ad un fastidioso guasto al PC :) Grazie di aver letto :) Baci DjFlory! 

Ragazzi, ho appena cambiato la formattazione, Dj Flory sarà anche bravissima, bellissima, purissima e levissima, ma secondo me, con le formattazioni non ci sa proprio fare :) Scusa Flo :) Baci, D a p h n e

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