Bring me back

di Ombra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo Uno

Erika si lasciò cadere sul letto con aria pensierosa, fece un respiro profondo per poi sollevarsi a sedere aprendo con una mano l'armadio e iniziare a frugarci dentro indecisa su cosa mettersi.

Vinsero le selezioni una maglietta bianca cn la faccia di Topolino sopra, un paio d jeans blu scuri e le adidas bianche e nere che amava tanto.

“Vedi Luci...è che sono stufa ogni volta di aspettarmi le stesse cose...” disse all'amica seduta sulla sedia vicino a lei.

“Ok questo me l'hai detto...ma quindi a che conclusione sei arrivata?”

La ragazza si perse negli occhi stampati sulla maglietta che aveva fra le mani e che sembravano fissarla come se aspettassero anche loro una sua risposta. Erano parecchi giorni ormai che ci pensava e le sembrava di aver analizzato ogni più piccolo particolare, ma nonostante ciò qualcosa ancora la rendeva insicura.

“Non lo so...è che non so se è la cosa giusta...”

“Come ti ho già detto, secondo me l'unica insicurezza che hai è dovuta al fatto che hai paura di fargli male...però capisci che non puoi lasciare che sia tu a star male per non far soffrire qualcun altro...Mi spiace ma per un volta mi sa che ti toccherà fare l'egoista...”

“Penso proprio di si...è che te l'ho detto...non è che di punto in bianco non mi piaccia più...è che sono stufa delle solite emozioni...le solite parole...” sospirò iniziano a levarsi la tuta da casa per prepararsi per uscire.

“Risparmia le motivazioni...quelle non le devi elencare a me...ma a Marco...e ora sbrigati che come al solito sei in ritardo.”

“Ci vediamo appena ho finito? Ti prego...”

“Certo, non c'è neanche bisogno di chiederlo...”, sorrise alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a Erika per abbracciarla, “Appena è tutto risolto fammi uno squillo e in meno di 20minuti sarò in piazzetta.”

La ragazza ringraziò mentalmente l'amica per tutto l'appoggio che le stava dando. Erano migliori amiche più o meno da quando avevano due anni, e il loro rapporto aveva avuto inizio con Erika che, rubato una bambola alla bambina seduta in un angolo a giocare da sola, aveva iniziato a correre e urlare per i giardini inseguita dalla piccola bambina con grandi occhioni azzurri che a stento stava in piedi.

Quasi di corsa Erika si allacciò le scarpe, prese il casco azzurro chiaro e le chiavi che Lucia le aveva preparato sulla scrivania e uscì di casa lasciando all'amica il compito di chiudere a chiavi la porta.

“Tienile...io ho quelle del motorino di scorta...e non ho tempo...devo correre!” urlo rischiando di cadere dalle scale mentre un paio d occhi azzurri la guardavano con dolcezza in cima alla rampa. Pochi minuti dopo un SH azzurro cielo attraversava veloce la via.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo Due


Porto il casco dietro o lo metto nel sottosella?!

La ragazza si accorse di come uno arrivasse a farsi problemi stupidi quando non riusciva a uscire da uno molto più grande.

Va bene lo porto dietro...così mi ricorderò che dovrà essere corta come cosa...

Sospirò e il suo sguardo si fermo sul piccolo adesivo a forma di cuore attaccato sul lato sinistro del casco. Gli occhi le divennero lucidi mentre ancora uno volta tornava a chiedersi quale fosse realmente la cosa giusta.

-*-Stampò un bacio sull'adesivo che aveva in mano prima di prenderle la mano e darglielo.

“Lo so...infondo l'abbiamo preso in quello stupida cartoleria...e solo perchè li regalavano...” sorrise incrociando i suoi occhi verdi con quelli neri e profondi di Erika, “ma ora che ci ho dato un bacio...è un po' come se fosse l'immagine del mio amore per te...”

Sorrise ancora dolcemente e le posò l'adesivo sulla mano, la ragazza si sentì sciogliere a quel tocco caldo.

“Vedi questo è il mio cuoricino...e te lo do...perchè possa sempre vegliare su di te e portarti fortuna...”

“Oh amore...” iniziò, ma non trovò le parole per continuare la frase e così optò per un morbido e dolce bacio sulle labbra, sperando di riuscire a ricambiare la tenerezza che lui aveva appena fatto per lei.-*-

Tornando al presente si accorse che una lacrima era ormai arrivata a metà guancia, la asciugò in fretta con la manica della maglia e si aggiustò controllandosi nello specchietto del motorino cercando di sembrare il più possibile sicura di se.

Guardò l'orologio: 21,37.

Di sicuro sarà già lì...cazzo...

Lo vide seduto su una panchina: il casco in mano, gli occhi fissi su di lei e uno strano sorriso dipinto in volto. Sentì il cuore che cercava di fuggire dal torace per tornare dal SH.Allungò il passo mentre si dirigeva verso la Rinascente. Un lampione si fulminò proprio mentre ci passava sotto facendole venire un colpo.

“Ciao amore!” si alzò dalla panchina e le venne incontro, salutandola con un leggero bacio sulle labbra.

Di nuovo gli occhi le diventarono lucidi, ma ingoio le lacrime con forza. “Ehi...ciao...”

Cercò di abbozzare un sorriso ma, sicura di non esserci riuscita, ringraziò il buio e il lampione fulminato che le nascondevano il viso quanto bastava perchè non si vedesse. Marco però sembrò accorgersene, e il sorriso sulle sue labbra svanì per un attimo, tornando subito dopo ma con qualcosa di leggermente diverso.

“Ascoltami...ti ho già detto per messaggio che posso stare poco...” lui annuì in silenzio, senza distogliere lo sguardo dal quello di Erika, cosa che rendeva alla ragazza tutto più difficile, “però dovevo vederti...ne avevo bisogno...”

Prese una pausa e cercò di respirare quanto più a fondo poteva, ma sembrava non esserci più aria attorno a lei: si sentiva come se qualcuno le avesse infilato in testa una di quelle bolle per i pesci per impedirle di respirare.

“Senti...perchè non ci sediamo?” le venne in aiuto Marco indicando la panchina da cui, qualche minuto prima, si era alzato.

Ecco...ci manca solo la gentilezza ora...dio dio dio...non respiro...qualcuno mi aiuti...sento che da un momento all'altro potrei svenire...

Annuì e con le mani che le tremavano si avvicinò alla panchina, lasciandocisi praticamente cadere sopra. Guardò ancora una volta il casco, ma prima che i suo occhi potessero nuovamente fermarsi sull'adesivo, si morse un labbro e facendosi forza iniziò a parlare.

Quello che le uscì dalle labbra era un discorso che quasi neanche lei aveva mai sentito, le parole scorrevano veloci senza concedersi neanche una pausa, gli occhi le divennero lucidi ancora un paio di volte ma in entrambe riuscì a trattenere le lacrime, ma soprattutto non sollevò mai lo sguardo dal casco per tutta la durata del discorso.

Si fermò riprendendo fiato, si accorse di avere la labbra secche e mentre ci passava la lingua sopra per bagnarle un po' senti il cuore batterle come impazzito nel petto. Cercò di calmarsi un attimo e poi alzò lo sguardo per incrociare quello di Marco, ma quando lo vide desiderò di non aver mai parlato: lui la guardava in silenzio, gli occhi socchiusi coperti da lacrime che sembravano sul punto scendere ma con qualcosa che ancora glielo impediva e un'espressione sul volto che Erika non gli aveva mai visto, era come se il mondo gli fosse crollato addosso ma cercasse di nasconderlo.

Lei avvicinò una mano alla sua, sfiorandola, ma lui subito la ritrasse e la ragazza sentì di non riuscire più a trattenere le lacrime che un secondo dopo le rigavano le guance arrossate.

“Mi spiace...di non essere riuscito ad essere per te...quello che volevo...”

Si alzò dalla panchina e le diede le spalle in procinto di andarsene.

“Magari un giorno ci rivedremo...e a nessuno dei due farà male ricordare...quello che è stato... Sappi comunque che quando ti dicevo ti amo, non mentivo mai...piccola mia...”

Erika abbassò lo sguardo cercando di nascondere i singhiozzi che le scuotevano la schiena mentre quello che era stato il primo amore della sua vita se ne stava andando con le lacrime agli occhi.

Un forte stridio la richiamò alla realtà costringendola a girarsi nella direzione da cui proveniva. Improvvisamente fu come se qualcuno avesse premuto il tasto “rallentatore” nel telecomando dalla sua vita: senti lo stridio dei freni e il rumore delle gomme che raschiavano sull'asfalto, sentì il suo urlo squarciare l'aria attorno a lei, senti l'urlo che usci dalla sua bocca ma con una voce che non riconosceva affatto e vide i quegli occhi verdi cercarla anche in quel momento di terrore puro come se volessero dirle ancora un'ultima cosa.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo Tre


La mano le tremava mentre stringeva il cellulare attaccato all'orecchio.

“Non lo so...” la voce le usciva piano, trattenuta dal nodo che le stringeva la gola, “è in sala operatoria ora...non so nulla...”

“Ti raggiungo fra poco, ok? Passo da casa ad avvertire i tuoi e arrivo... Faccio presto, promesso...”

“Grazie...” con la mano ancora tremante lasciò cadere il telefono nella borsa accanto a lei. Strinse le ginocchia al petto e le lacrime iniziarono a scendere di nuovo, copiose.

È colpa mia... è stata tutta colpa mia...

Sentiva la testa scoppiarle consapevole del fatto che avrebbe potuto non sentire più la sua voce, che non avrebbe più potuto chiedergli scusa.

Rimase lì rannicchiata a dondolarsi piano per un periodo di tempo che le era sembrato davvero interminabile. Ogni volta che sentiva dei passi accanto a lei sollevava lo sguardo aspettandosi quasi di vederlo tornare da lei con le sue stesse gambe.

“ERIKA!”, la voce la riscosse dai suoi pensieri, facendola sobbalzare. Quello che vide le spezzò il cuore un'altra volta: i genitori di Marco.

Boccheggiò per qualche istante non sapendo cosa dire, poi con uno scatto si alzò gettandosi fra le braccia della donna. “Io non volevo! È stata colpa mia!” le parole uscivano a stento fra i singhiozzi e il petto le faceva male per lo sforzo che faceva per respirare.

La donna rimase per qualche secondo interdetta, Erika sentì lo sguardo suo e quello del marito fissi su di lei. Si sentì trafiggere da parte a parte, ma improvvisamente una mano si posò calma sulla sua testa, accarezzandola.

“Non preoccuparti, andrà tutto bene...”

Erika trovò in quella voce rotta dal pianto una forza che non credeva potesse esistere. Ne rimase affascinata e annuì piano sciogliendo la stretta.

Marica sorrideva, vedeva chiaramente che era il sorriso di chi aveva ormai finito le lacrime, ma stava sorridendo, anche se si trovava davanti l'assassina di suo figlio. Accanto a lei il marito aveva a sua stessa impressione e Erika si sentì davvero piccola e stupida, una bambina completamente inesperta di fronte al mondo intero.

“Erika!” ancora la voce la fece sobbalzare, si voltò e questa volta non fu lei e correre incontro a qualcuno perchè Lucia la raggiunse prima che potesse fare un solo passo. “Stai bene tata?!” La strinse forte a se e Erika per un momento si sentì a casa, come se non fosse successo nulla. Ma fu solo un momento e quando vide i suoi genitori dietro la ragazza si sentì sprofondare di nuovo.

Sua madre le venne vicino e le strinse la testa fra le mani, avvicinandosi al tuo volto “Tesoro...” Erika non riusciva a parlare e semplicemente si lasciò abbracciare dalle delicate braccia della donna, e da quelle più rudi e robuste di suo padre.

Lucia la prese per mano e la portò a sedersi accanto a lei, incrociò il suo sguardo e ne rimase dolorosamente colpita: quegli occhi che amava tanto erano solo dei pozzi bui privi di ogni espressione.

“L'ho ucciso...” sussurrò Erika con una strana consapevolezza tanto che l'amica quasi ne ebbe paura.

“Non è vero” mormorò stringendola di nuovo fra le braccia e cullandola piano.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Aprì piano gli occhi: si era addormentata e si sentiva tremendamente in colpa anche per quello. Non aveva neppure sognato il suo volto, era sprofondata in una nube nera in pochi minuti, incapace di resistervi.

“Non sappiamo se e quando si risveglierà...”

Ci mise qualche secondo a capire che non si trattava di lei, ma quando accadde si alzò di scatto ansimando. “Cos'è successo? Come sta?!”

Il chirurgo si volto a guardarla un po' perplessa, sua madre si fece avanti: “è mia figlia... la fidanzata del ragazzo..."

Fidanzata...

L'uomo la guardò ancora per qualche secondo intensamente, poi si decise: “Ha qualche osso rotto...” Erika sospirò pensando che questa fosse la notizia peggiore, “Per quello abbiamo risolto, purtroppo però non sappiamo quando si risveglierà.”

Il cuore della ragazza mancò un battito. “Co-cosa?” la domanda uscì fievole e quasi impercettibile.

Lucia cercò di prenderle la mano me lei la scostò.

“Dov'è...?” provò ancora ma sembrava che ogni parola le morisse in gola. Strinse i pugni tanto che le unghie le graffiarono la carne, prese fiato mentre il cuore le pulsava impazzito in testa. “DOV'è?!"

Il chirurgo la guardò imperterrito “Non puoi vederlo ora.”

Con rabbia Erika si voltò verso il corridoio iniziando a correre. Non sapeva dove fosse ma non le importava, avrebbe guardato dietro ogni singola porta se avesse dovuto, ma lo avrebbe trovato.

Una mano si strinse attorno al suo braccio bloccandola. In pochi istanti si trovò stretta fra le braccia di suo padre.

“Devo trovarlo!” urlò dimenandosi, si sentiva ridicola ma non le importava, “Devo chiedergli scusa! Devo dirgli che mi dispiace!”. L'uomo la strinse più forte a sé, sebbene sempre con dolcezza, comprendendo il suo tormento. Erika si arrese, si sentiva stremata come se avesse corso miglia. Abbassò lo sguardo “Devo dirgli che lo amo...” mormorò tremando.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Ok ragazzi, scusatemi se i capitoli sono tanto corti ma la storia è breve... e così mi sembra che duri giusto un pochino di più :) Poi almeno pubblico abbastanza presto, no?
Grazie per avermi letta comunque, passate anche a leggere qualche altra cosa se vi va... ad un paio tengo parecchio :)
Un bacione e ancora grazie a tutti :)


 

 

Capitolo Cinque


“Amore guarda che puoi stare a casa anche oggi se vuoi... Ti riposi ancora un po'...”

Erika evitò lo sguardo compassionevole della madre e continuò a prepararsi lo zaino.

“Va bene...” mormorò infine la donna sospirando, le si avvicinò dandole un piccolo bacio sulla fronte e poi uscì dalla stanza a sguardo chino.

La ragazza prese le chiavi del motorino e si guardò un'ultima volta allo specchio: sperava di essere pronta.

Suo padre spuntò sull'uscio quasi spaventandola, “Niente motorino per oggi... per favore...”

Erika quasi lo trafisse con lo sguardo ma alla fine lasciò le chiavi sulla scrivania e corse fuori senza proferir parola.

Continuò a correre e raggiunse la fermata, ma non si fermò. Corse ancora superando anche quella dopo finchè alla quarta l'autobus non si fermò proprio accanto a lei costringendola ad arrendersi al destino.

Si mise le cuffiette nelle orecchie appena si lasciò cadere nel primo posto libero trovato, i pensieri iniziarono a vagare ma si interruppero dopo poco per il bip del suo cellulare.

               Tata: Non vieni alla fine?

Erika diede una breve occhiata all'orologio: le 8:20, infondo avrebbe anche potuto arrivare in tempo.

Mise il cellulare in tasca senza rispondere poi tornò a perdersi nella musica, nell'attesa che l'autobus arrivasse al capolinea.



Lo so, è cortissimissimissimo! Ma il prossimo, che conto di postare al massimo fra un paio di giorni, è almeno almeno il doppi :) Scusate ancora... ma almeno la digerite meglio XD

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



Capitolo sei


L'odore del disinfettante iniziò a pizzicarle il naso non appena varcò la porta della sala d'attesa. Con sguardo chino si portò verso il bancone e inizio a tamburellare con le dita sul ripiano in attesa che qualcuno la notasse. Non ci volle molto.

“È qui per una visita?"

“Si, ma non a me...”

L'infermiera la scrutò per qualche secondo alla fine annuì. “Il nome prego.”

“Il mio...o il suo...?”

“Entrambi, il tuo mi serve per sapere chi è entrato e quando.”

“Ok, io sono Erika Raffini...” si morse il labbro inferiore sapendo che non sarebbe stato affatto semplice pronunciare il prossimo nome, “e devo vedere... Marco Novari...”

Sentiva chiaramente la sua voce tremare, ma l'infermiera sembrò non darci troppo peso.

“Ok, secondo piano infondo. Stanza 201.” La scrutò ancora, quasi volesse comprendere il suo stato d'animo nel caso avesse voluto fare qualche pazzia: forse aveva riconosciuto la ragazzina che si era messa a urlare qualche sera prima in mezzo al corridoio.

Sfuggendo allo sguardo indagatore Erika si diresse rapida verso la rampa di scale, le percorse a due a due e quando raggiunse il secondo piano aumentò ancora il passo: aspettava quel momento da giorni, eppure ne era terrorizzata.

201...

Fece un respiro profondo e si fece coraggio. L'odore pungente si fece ancora più forte facendola quasi starnutire, ma si trattenne: non voleva fare rumore.

Una cosa senza senso visto che non può sentirmi...

Si fermò in mezzo alla stanza: il lettino era a circa un metro da lei, circondato da strani macchinari di cui non conosceva neanche il nome. Una marea di tubi uscivano dal suo corpo eppure lui sembrava riposare beato, ignaro di tutto.

Erika vide una sedia nell'angolo e la portò accanto al letto. Passò le mani sulle lenzuola candide e fresche.

“Qui si sta davvero bene sai? Si respira... fuori è impossibile! Ci saranno 40 gradi all'ombra...!” Si sentì tremendamente stupida per una simile affermazione ma alla fine decise di non curarsene più di tanto: lui non era sicuramente stato in grado di coglierla.

Poggiò la testa sul cuscino accanto a lui iniziando ad accarezzargli piano le bende sulla fronte.

“Dovrei essere a scuola sai? Ma non importa...Ho già saltato tre giorni e nessuno mi dirà nulla... Credono che io abbia bisogno di tempo per riprendermi... Io, capisci? Perché mai dovrebbero lasciare che io mi riprenda?” sospirò mentre sfiorava piano le sue palpebre coi polpastrelli, “Forse perchè anche loro pensano che dovrei esserci io tra queste lenzuola... non tu...”

Socchiuse gli occhi trattenendo le lacrime, li riaprì poco dopo sperando di trovare un altro paio che stessero cercando proprio i suoi. Nulla. “Mi mancano i tuoi occhi sai...?” le uscì un sussurro fievole e impercettibile, come quello di qualcuno sull'orlo del pianto.

“Non avrei voluto finisse così, te lo giuro...” la mano corse alla sua stringendola, “Quando ti ho visto, sulla strada, l'unica cosa che ho pensato era che non volevo vivere senza te... che non potevi andartene... che sarebbe stato da egoisti... che avresti dovuto subito tornare indietro e dimostrarmi ancora una volta che mi amavi e che nemmeno tu mi avresti mai lasciato andare...”

Si morse il labbro, con forza, tanto da farsi male. “Invece l'unica egoista ero io... che pretendevo che saresti tornato dopo averti detto quelle cose...” la voce continuava a tremarle, sempre più. “Ma io ti amo, te lo giuro... Lo so dal primo giorno che ti ho visto... ti ricordi? Io ero con la Luci e tu con Matte... e ci siete passati accanto... e tu eri bellissimo... e mai avrei pensato che avresti potuto innamorarti di me...”

Alcune lacrime vinsero le barriere e iniziarono a scendere rendendo le sue parole ancora più salate, brucianti. “Non volevo te ne andassi... avevo solo paura di essere diventata un'abitudine... volevo solo mi dimostrassi il contrario... e tu te ne sei andato!” si maledisse per la rabbia che aveva provato in quel istante, “Non dovevi andartene... No... non doveva finire così...”

Riusciva appena a parlare, la gola le faceva male ogni volta che provava a respirare. Un peso enorme gravava su di lei facendola soffocare.

“Non volevo avere più paura... volevo essere sicura che fossi tu quello vero... l'Amore con la a maiuscola... ricordi? Volevo avere la certezza che non mi avresti lasciato appena ti fossi accorto che ero solo un'abitudine... Avevo paura mi lasciassi quando sarei stata troppo dipendente da te per rialzarmi...” sospirò, “Non che non lo fossi già... Ma ancora di più...”

Strinse la mano più forte avvicinandosela al petto, “Avevo così tremendamente paura di perderti da voler tentare di impedirlo prima che accadesse in modo irrimediabile... Invece ho solo peggiorato le cose... e ora tu non ci sei...”

Chiuse gli occhi cercando di ritrovare il suo profumo tra tutta quella puzza di ospedale che la circondava.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



Capitolo sette


Allo squillo della campanella Erika si fiondò fuori dalla classe in un paio di secondi, Lucia la seguì di corsa e quando la raggiunse la bloccò afferrandola per un braccio.

“Non andarci.” mormorò quasi severa.

La ragazza si voltò di scatto, quasi sorpresa e incredula, “E perchè non dovrei?” le lanciò uno sguardo profondo, quasi tradito.

“Ci sei andata tutti i giorni in questa settimana... tutti i giorni...” sospirò allentando la presa, “Non ti fa affatto bene.” Mentre pronunciava quelle parole, Lucia quasi se ne pentiva poichè il volto dell'amica si faceva sempre più scuro e severo. Ma lei non voleva ferirla, voleva solo evitare che si facesse del male.
Sospirò ancora, sostendendo a fatica il suo sguardo.

“Forse no, ma forse fa bene a lui.” sentenziò rapida Erika, voltandosi verso la parete ocra accanto a lei. Rimasero entrambe in silenzio per alcuni interminabili secondi, ognuna seguendo il proprio flusso di pensieri.

“Non ne sono così certa...” mormorò infine Lucia, con tono tremante ma quasi materno, nella speranza che anche l'amica rinunciasse aggrappandosi a quell'idea.

Erika però la ignorò, cercò nuovamente i suoi occhi, con decisione vi puntò i suoi, scuri e profondi, così diversi da quelli limpidi e cristallini. “Se quando si sveglierà non mi vorrà accanto a lui, me ne andrò...”

 

“Ricordi la prima volta che ho bossato? Eravamo insieme... e i miei mi hanno subito scoperto! Non volevano che ti vedessi per un bel po'... Ma noi abbiamo trovato comunque una soluzione...” Sorrise ripensando ai baci e le carezze di quel giorno, nascosti per paura che qualcuno potesse riconoscerli.

“E quando mi sono portata via una bottiglia di sabbia solo perchè il nostro mesiversario lo avevamo passato al mare?” Sorrise malinconica, accarezzando dolcemente la mano immobile di lui. “Dovremo tornarci in quella spiaggia, prima o poi...” guardò il suo volto illuminato dal sole, si concentrò su ogni piccolo dettaglio: per ognuno c'era un ricordo. “Se lo vorrai, ovvio... Oppure vorrai portarci qualcun'altra...”

Mise il volto sul cuscino avvicinandolo al suo, ne respirò il profumo, così lieve, soffocato dall'odore intenso di ospedale, si fermò a osservare la barba incolta e quell'aria di tranquillità che riusciva a trasmettergli anche se involontariamente.

“Sei un ragazzo fantastico, sai? Forse sono io che sono fatta male ma... sono fatta così, lo sai...” sorrise ancora, più triste, “Sono piena di difetti... ma credevo mi amassi per questo...” deglutì, cercando di sciogliere il nodo che le stringeva la gola.

Passò piano l'indice sul suo volto, disegnandone il profilo, soffermandosi sulla piccola cicatrice sotto il mento, quasi nascosta da qualche ciuffo di barba. “Io ti amavo e odiavo allo stesso tempo, sai? Eri l'unico che riuscisse a farmi incazzare a quel modo... ma eri anche l'unico con cui valesse la pena fare pace...”

 

Si infilò il casco pronta ad uscire, sua madre la fermò sull'uscio. “So che hai saltato scuola ieri...” le disse, piano, non con tono accusatorio, ma quasi rassegnato.

Erika fece uno strano sorriso, stanco. “Ero da Marco...” rispose mentre si chiudeva la porta alle spalle.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo otto

“Ti ho portato una rosa blu oggi... So che erano i miei fiori preferiti e non i tuoi ma... Non avevo davvero idea di quali potessero essere i tuoi...” sospirò appoggiandola sul comodino accanto al cuscino, “Scusami... ricordami che quando ti sveglierai questa è un'altra delle mille cose che dovrò chiederti!”

Sorrise e cercando di trovare ancora un po' di forza prese la sua mano, appoggiò per l'ennesima volta il volto sul cuscino, in quell'angolino che ormai aveva preso la forma della sua guancia, si avvicinò al suo orecchio e cominciò a cantare, piano, in un sussurro, cercando di contrastare il nodo che le serrava la gola. Cantò la loro canzone una, due e altre cento volte ancora.

 

“Signorina mi scusi, qualcuno la sta cercando.”

Erika aprì gli occhi a fatica, risvegliandosi da un sogno confuso e che a malapena riusciva a ricordare. Si voltò lentamente sentendo che il collo le faceva male molto perchè aveva dormito appoggiata al comodino. Sulla porta della stanza Erika scorse l'infermiera che l'aveva chiamata e Lucia. La vide sorridere con dolcezza e si fece forza. Era lì per lei.

“Che ora è?” Mormorò assopita e con la voce impastata.

“Sono le 8, amore... i tuoi ti staranno aspettando...” Le si avvicinò aiutandola ad alzarsi. “Tornerai domani...”

“Ci puoi scommettere...” sussurrò lei sorridendo.

“Prima però è meglio se ti riposi un po' a casa...”

“Anche questo è vero... sono stravolta...” disse fra uno sbadiglio e l'altro.

“Cosa hai fatto questa volta, hai ballato?”

Erika sorrise ancora facendole l'occhiolino, “Solo un pochino...”
Lucia si soffermò per qualche istante sul volto stropicciato e gli occhi gonfi di sonno, sospirò piano sentendo che ce la stava davvero mettendo tutta e che se avesse fallito, chissà quando si sarebbe rialzata.

 

Il cellulare vibrò sul comodino facendola quasi spaventare.

        Tata: Non è stata colpa tua, lo sai?

Maledizione... credevo di averlo spento...

Pregò che nessuno l'avesse sentito e lasciò per pochi istanti la camera.

         Forse no, ma voglio che lui sappia che sono stata egoista... per la paura... e che non è stata colpa SUA...

Mise in cellulare in tasca dopo essersi assicurata di aver mandato il messaggio e di averlo spento.

Si affacciò piano dall'uscio con un sorriso grande, un po' tirato forse, ma sperava che sembrasse il più vero possibile.

“Eccomi, sono tornata! Speravi ti lasciassi in pace, eh?? Invece eccomi qui!”

 

Rimase incantata a guardare le sue labbra, le desiderava da giorni ormai ma sapeva che non avrebbe mai potuto rubargli un bacio. Passò l'indice sulla sua bocca disegnandone il contorno.

“Ti amo...” sussurrò piano prima di mordersi il labbro, “Mi manchi... Torna da me...” Lo accarezzò ancora, con dolcezza. “Ho bisogno di dimostrarti che ne vale ancora la pena...”

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo nove

Come da abitudine Erika si fiondò fuori dall'aula al primo squillo della campanella, Lucia la lasciò correre senza neanche tentare di fermarla. Non che ce ne fosse bisogno, perchè dopo la prima rampa di scale la ragazza si scontrò contro qualcosa, o qualcuno, che la fece ruzzolare a terra.

“Scusami, ti ho fatto male?” le chiese l'oggetto non identificato che aveva appena attentato alla sua vita.

Erika afferrò la mano che si trovò davanti al viso e lasciò che la aiutasse ad alzarsi. “No, tutto a posto...” mormorò un po' insicura massaggiandosi un fianco.

“Certo che anche tu potresti rispettare i limiti di velocità!” disse lui divertito.

Erika lo osservò indispettita. “Senti...” punto i suoi grandi occhi neri in quelli nocciola di lui con aria di rimprovero.

“Luca...” sorrise il ragazzo porgendole la mano. Sembrava si stesse divertento parecchio, un po' troppo secondo Erika.

“Evidentemente se correvo è perchè andavo di fretta sai?” sibilo scostando la mano che il ragazzo le porgeva quasi fosse un'affronto. Non riusciva a capire il perchè ma si sentiva parecchio nervosa quella mattina, in più lo sguardo fisso di lui la metteva a disagio.

“Ah, non lo metto in dubbio!” rise, “Comunque io sono Luca e tu?” tentò una secodna volta, porgendole nuovamente la mano.

Lei lo scrutò stupita diffidente. “Ho capito come ti chiami, grazie!”

Controllando un ultima volta di avere tutte le ossa intere lo salutò con un cenno e ricominciò a correre per le scale.

 

“Mi spiace, ma non sono ammesse visite oggi al paziente.”

Erika guardò l'infermiera come se avesse detto una blasfemia. “Come scusi?”, aveva capito benissimo, fin troppo anche, ma non voleva crederci. Non oggi...

“Mi spiace, ma c'è stato un lieve cambiamento nei parametri e vorremo evitare interferenze dal punto di vista emotivo.”

Trattenne il fiato. “Che tipo di... cambiamento?”

“Non posso dirle nulla per ora, mi spiace...” la donna accenno un piccolo sorriso quasi di compassione. Erika si sarebbe quasi aspettata anche una pacca sulla spalla.

“Si... Ho capito, ho capito...” Sbuffando chinò lo sguardo, afflitta “Quando potrò tornare?”, si sentiva cuore e stomaco in tummulto: aveva bisogno di vederlo, voleva calmarsi lasciandosi cullare dal ritmo del suo respiro.

“Provi domani se vuole, ma non le assicuro nulla.” le sorrise ancora, forse voleva essere gentile ma ad Erika sembrò solo di farle una gran pena.
Si morse il labbro inferiore mentre, con le mani tremanti per il nervoso e la delusione, si voltava e dandole le spalle usciva da dove era entrata solo pochi istanti prima.

Erika si ritrovò di nuovo per terra, ma questa volta in mezzo al corridoio.

“Ma non è possibile!” il ragazzo rise e lei lo riconobbe.

Incrociò il suo sguardo indecisa se ridere anche lei o incazzarsi. Si sentiva parecchio nervosa ma vivaci occhi nocciola sembrarono tranquillizzarla per qualche secondo, il tempo necessario per decidere di desistere dal tirargli un pugno dritto sul naso.

“Questa volta mi sento davvero obbligato ad offrirti un caffè!”

Erika ci pensò su qualche secondo, volse lo sguardo all'orologio sulla parete.

Tanto l'infermiera mi ha detto che non era sicura potessi vederlo neppure oggi... e poi avrei davvero bisogno di qualche distrazione... Magari un po' meno dolorosa!

“Va bene dai...” mormorò infine alzandosi e massaggiandosi entrambi i fianchi.

Lui sorrise “Vieni, c'è un bar qui vicino molto carino... eh...”

“Erika, piacere... Un doloroso piacere!” sorrise cercando di sembrare il più sincera possibile, “E comunque si, mi sa che lo conosco!”

 

“Due caffè macchiati.”

Seduti al tavolino, Luca si voltò verso di lei con un sorriso. “Allora, dove corri ogni giorno dopo scuola?”

Erika abbassò lo sguardo con aria nervosa, indecisa se rispondergli o meno. Immediatamente Luca si rese conto del errore e cercò di rimediare.

“Non ti preoccupare, hai ragione! Non sono fatti miei...”; un po' titubante avvicinò la mano alla sua, Erika la guardò appena, poi ritrasse subito la sua.
Luca sorrise non curante passandosi la mano che poco prima aveva teso verso di lei fra i capelli già parecchio scompigliati.

“I tuoi occhi, sembrano quelli di una persona che è diventata adulta tempo fa... Che ci fai ancora al liceo?”

Erika sollevò lo sguardo, colpita. Non riusciva a capire se quello fosse un complimento o cos'altro, se stesse scherzando o meno. Rimase a fissarlo ancora per qualche istante, dubbiosa.

Lui rise piano, “Ma insomma troverò un modo per farti parlare o no? Sei in grado di colpire la gente, ma forse non con le parole!”

Erika sorride. “Oh! Così va meglio! Hai un bellissimo sorriso!” dice lui, finalmente soddisfatto.

La ragazza arrossisce lievemente ma cerca di non farglielo notare; “Non ti ho mai visto a scuola....”

Luca annuisce, “Ho finito l'anno scorso, ero in succursale quindi probabilmente non ci siamo mai incrociati...” sorrise portando una mano vicino al suo viso, lo sfiorò appena per poi sollevarle il mento, “Un vero peccato direi...”

Erika distose lo sguardo, imbarazzata. “Cosa sei, un specie di Don Giovanni?”

“No!” esclamò ridendo, “Perchè, ti piaccio?”

“Per niente!”

 

“Devo vedere Marco Novari.”

Una stupida consuetudine, ormai sapeva che tutti la conoscevano là dentro, ma in un certo modo era qualcosa che le dava sicurezza: pronunciava il suo nome, sentiva il numero della camera e percorreva tutto il percorso in silenzio, quasi fosse un rituale.

“Mi spiace ma il paziente sta facendo degli esami ora... sarebbe dovuta venire un po' prima.”

Erika si riscosse dai suoi pensieri, colse le ultime parole dell'infermiera soffermandocisi particolarmente. “E non posso aspettarlo?” quasi la supplicò, imprecando contro sè stessa.

“Mi spiace ma ne avrà per un po' e dopo dubito che il dottore concederà delle visite.”

Abbassò lo sguardo sentendosi tremendamente in colpa. “Ma sta bene almeno?”

L'infermiera la guardò interdetta per alcuni secondi. Erika sospirò, “Ho capito... Ho capito, non può dirmi nulla... Arrivederci...” Con sguardo chino le diede le spalle e lasciò la sala trascinando i piedi.

Scusami... domani verrò presto... Te lo prometto...


 

Ok, pensavo di cambiare ambientazione temporale nei prossimi capitoli... Il passato mi fa sentire troppo distaccata io invece vorrei qualcosa che coinvolgesse di più... tipo il presente. Che ne pensate ? :)

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo dieci



“Erika! Ehi, aspetta!”

La ragazza si volta cercando di capire da dove provenga la voce. Una ragazzo le sta venendo in contro salutandola con un grosso sorriso.

“Stavo aspettando proprio te! Che ne dici di un altro caffè?” si passa una mano fra i capelli, scompigliandoseli per l'ennesima volta. Erika lo guarda un po' storto: O lo fa per abitudine, o per attirare l'attenzione sui suoi capelli... O sul suo viso...! Fa una piccola smorfia e accenna un saluto.

“Ah, ciao Luca...” Guarda con la coda dell'occhio il casco che stringe in mano, “Veramente dovrei andare...”, stringe il cinturino del casco con fare nervoso. Non riesce a capire bene il perchè ma LUI la innervosisce, TUTTA la situazione la innervosisce.

“Dai un paio di minuti...” La guarda con aria supplichevole, passandole la mano sotto il mento e costringendola ad incrociare il suo sguardo.

Lei si morde il labbro e volge i suoi occhi altrove, “Davvero Luca...” mormora sentendosi quasi in colpa. Per cosa poi?

“Facciamo un'altra volta?” incrocia le braccia al petto, sempre sorridendo. Sempre tranquillo, sempre sereno. Sempre non-curante.

“Vediamo...” mormora lei giocando col portachiavi.

“Sei brava a farti desiderare...” le sussurra avvicinandosi piano al suo viso.

Lei lo guarda appena, “Non che sia mia intenzione...”

Lui sorride, le prende ancora una volta il mento. “Allora ti riesce benissimo anche se involontariamente...” Si avvicina ancora al suo volto, con dolcezza, e la bacia.

Appena Erika riesce a comprendere cosa stia succedendo e come sia finita attaccata alle sue labbra, si allontana furente. “Sei impazzito?!” urla lasciando cadere il casco a terra. Un paio di passanti si voltano a guararla preoccupati e curiosi.

“Ok forse ho esagerato ma tu mi piaci davvero...” mormora alla fine lui, a sguardo chino, quasi pentito.

Lo scruta attentamente: sembra sinceramente dispiaciuto. Sospira e si infila il casco appena raccolto.

“Mi spiace Luca, io sono innamorata... Ma non di te...” Senza dire altro si allontana svelta verso il motorino.

 

“Mi dispiace signorina ma non c'è.”

Erika spalanca gli occhi confusa. “Ma come non c'è?!”

"Si, è stato dimesso poco fa.”L'infermiera annuisce controllando ancora una volta l'elenco, per sicurezza.

La ragazza arretra lentamente, poco a poco alla rabbia si sostituisce l'euforia. “Ma quindi si è svegliato?!” quasi strilla e l'intera sala d'aspetto punta lo sguardo su i lei, curiosa.

“Si...” Mormora l'infermiera stupita della sua reazione.

Erika inizia a correre fuori dall'ospedale, ma prima che possa salire sul motorino il cellulare le vibra piano in una tasca. Il cuore inizia a batterle come impazzito nel petto, mentre un nodo le serra la gola.

Marco...

Continua a fissare il nome sperando che non sia solo un brutto scherzo della sua immaginazione, alla fine si decide ad aprire il messaggio.

           More: Speravo saresti stata la prima cosa bella che avrei visto una volta uscito da quel posto...

Erika fa un respiro profondo, tremando. Scorre il messaggio continuando a leggere. Il cuore le palpita forte nelle orecchie, assordandola.

           Beh... ti ho visto ma non è stato decisamente come mi immaginavo... Penso che non dimenticherò

           facilmente i vostri volti così vicini.. Non cercarmi.

Sente il suo cuore mancare un battito, e vorrebbe non riprendesse mai più. Si lascia cadere sulla moto iniziando a piangere tra i singhiozzi. Cerca di comporre il numero col cellulare.

“Amore? Cosa succede?”

Fra i singhiozzi che le scuotono la schiena, Erika cerca di formulare una frase di senso compiuto: “Se n'è andato... Mi ha visto... Mi ha baciato... Voglio andare a casa...”

“Non ho capito nulla... Ma dove sei?” chiede preoccupata Lucia.

Fa un respiro profondo facendosi forza, “All'ospedale... Mi vieni a prendere...?”

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo undici


Lucia legge il messaggio sul cellulare per l'ennesima volta. “Ma non è possibile... dici che è passato lì davanti nel momento più sbagliato in assoluto?” mormora incredula.

"è quello che c'è scritto...”Erika stringe ancora più forte il cuscino, “Direi che è stato parecchio chiaro..."

L'amica le si siede accanto accarezzandole piano la schiena “Vedrai che gli passa... prova a spiegargli...”

“Mentre ti aspettavo ho provato a chiamarlo... Era spento... e non l'ha ancora acceso...” Erika sprofonda il volto nel cuscino, trattenendo nuove lacrime.

Lucia sospira abbracciandola dolcemente. Volge lo sguardo attorno fra l'enorme quantità di pupazzi sparsi per la stanza -La mia bambina troppo cresciuta...-
Si sofferma sulla sua scrivania, scorgendovi alcune vecchie cassette inpilate. “E quelle? Ti sai data all'antiquariato?”

“Ho registrato quello che dicevo quando ero con lui... così se avesse voluto avrebbe potuto risentirlo... o se non se ne fosse ricordato...” chiude gli occhi cercando di far rallentare il ritmo incessante del battito del suo cuore.

“E perchè non gliele dai? Mi sembra ovvio che non se ne ricorda!”

“No...non è il caso Ta...” sprofonda ancora di più il volto nel cuscino, vorrebbe urlare ma non ha voce, trattiene i singhiozzi con forza mentre chiude gli occhi e stringe i pugni, cercando di cancellare ogni più piccolo pensiero.

Lucia la guarda pensierosa per alcuni istanti, alla fine le da un piccolo bacio sulla guancia e si alza. “Devo andare a prendere mia sorella ora... Scusami, se ti va torno dopo...” uno strano sorriso le si dipinge sul viso, ma Erika non ci fa caso, la vede appena tra gli occhi gonfi e rossi.

“No...non ti preoccupare... fai come vuoi...” accenna un piccolo sorriso.

“Allora torno... te lo prometto...”

 

“Mi fa piacere tu ti sia ripreso così presto...”

Marco abbassa lo sguardo giocando con l'orlo delle lenzuola, “Devo stare a riposo ancora qualche giorno...", rimane in silenio per qualche secondo, immerso nei suoi pensieri, alla fine si decide a incrociare lo sgurdo profondo della ragazza seduta sulla sponda del letto. Sospira rassegnato, "Ma non credo tu sia qui per questo...”

Lucia sorride appena, scostandosi una ciocca di capelli dal viso, “Hai ragione... Non solo...” mormora incredibilmente seria.

“So quello che ho visto, Lucia...” Marco deglutisce, scacciando il ricordo: sembra che pronunciare quelle semplici parole gli costi una fatica immensa.

“Ne dubito... ma di quello ne parleremo dopo...” cerca lo sguardo del ragazzo un'altra volta, lo guarda decisa e quasi severa. “Ha passato ogni singolo giorno lì, accanto a te, Marco... Ogni singolo giorno appena poteva lei correva da te, si addormentava accanto a te... Aspettava... Aspettava il più piccolo segno che tu tornassi da lei...”

Il ragazzo si morde il labbro, nervoso, “Mi sono svegliato 3 giorni fa... Sono stato sveglio tre giorni e lei non è mai venuta... quindi la tua tesi mi sembra un po' traballante...”

“Non ha potuto... Le han detto che non poteva vederti... che c'era stato un cambiamento nei parametri vitali e che volevano evitare sbalzi emotivi...”

Lui volge lo sguardo altrove, pensieroso e un po' dubbioso. Prima lo lascia, poi si preoccupa per lui e per finire si bacia un'altro? Era un discorso fin troppo irreale.

“Ero convinta che le persone sentissero comunque in certi casi... sapessero cosa succede accanto a loro...” Si sposta a sedersi sul letto accanto a lui iniziando a frugare nella borsa. “Ora so che non è così, ma posso aiutarti a ricordare...”

Lentamente gli posa tra le mani le due cassette.

"è una cosa un po' antiquata...ma ascoltale attentamente...” Dopo un piccolo bacio sulla guancia si alza e si dirige verso la porta della camera, “Non so di preciso cosa ci sia dentro...Ma spero ti aiuti a comprendere...”
Si volta decisa ad andarsene, poi ci ripensa e torna a guardarlo, "Io non sarei mai potuta essere forte quanto lo è stata lei, Marco... MAI."
Lo saluta con un cenno ed un piccolo sorriso.

Marco la segue con lo sguardo finche non la vede sparire nel corridoio, poi quasi senza pensarci corre verso l'armadio alla ricerca di un vecchio stereo. Respira profondamente mentre, seduto per terra, rigira la prima cassetta fra le mani. Riesce a vedere il piccolo nastro arrotolano, nero e lunghissimo, e vorrebbe sapere già di cosa parlerà.

La poggia per terra un paio di volte, fermandosi a guardarla indeciso, per poi riprenderla e continuare a pensare: non ricordava nulla dei giorni passati, né il suo odore, la sua voce o il suo respiro sulla pelle. Ma sapeva che lei c'era stata, lo sentiva sulla pelle. Sentiva il calore intenso delle sue lacrime accanto al cuscino.
Eppure non poteva, non riusciva a dimenticare quell'immagine: riusciva quasi a rentire il rumore del vento che le scompigliava i capelli mentre quel ragazzo, l'altro ragazzo, le si avvicinava e la baciava. Si immaginava le sua labbra con un altro sapore, non più il suo.

Osserva la cassetta ancora una volta, alla fine si decide e la mette nello stereo. Ancora una piccola pausa, per un altro respiro profondo, uno di quelli di quando vuoi prender tempo anche se sai che non cambierà nulla. Uno di quelli di quando hai paura, ma sai che non puoi più aspettare. Poi stringe i pugni. Play.



Scusate il ritardo... spero vi piaccia comunque :)
Eh si ragazzi, eccoci dunque all'ultimo capitolo :) non uccidetemi vi prego... scegliete voi il vostro finale :)
Grazie mille per avermi seguito fin qui :) spero che continuerete ancora :)
Un bacione, vostra Ombra

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