E' troppo.

di Nykyo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E' troppo ***
Capitolo 2: *** L'armatura di ghiaccio. ***
Capitolo 3: *** Risveglio. ***



Capitolo 1
*** E' troppo ***


“E’ TROPPO…”

 

 

Severus Piton si svegliò di soprassalto, il cuore che gli martellava furiosamente nel petto, tanto che, per qualche istante, quel pulsare incessante gli riempì le tempie dandogli un senso di vertigine.

In un attimo fu completamente sveglio e dolorosamente cosciente. Si mise a sedere e si guardò intorno, tutto era buio e silenzioso.

“Lumos” - pensò Severus, senza formulare l’incantesimo ad alta voce, ed alzando la bacchetta che, anche durante il sonno, aveva tenuta ben salda nella mano destra. La camera fu rischiarata all’improvviso dal fiotto di luce che partiva dalla punta della stessa.

Severus storse la bocca disgustato alla vista di quel che ora si rivelava ai suoi occhi in tutto il suo squallore.

Un ambiente sporco e maleodorante, una stanza cadente, pochi sporchi brandelli di tappezzeria strappati in più punti, ma ancora tenacemente aggrappati alle pareti, come in una sorta di agonia, si arricciavano verso l’esterno come mani protese. Il pavimento dalle assi marce aveva ceduto in più punti.

Severus non poteva ancora credere di essersi dovuto rifugiare proprio in quel luogo che, più di una volta, anche nel recente passato, era stato teatro di avvenimenti tanto umilianti per lui. Si senti fremere dal disgusto, ma sapeva di non poter fare lo schizzinoso al riguardo, non nella situazione in cui al momento si trovava. Sperava solo di non dover rimanere lì troppo a lungo.

Volgendo la bacchetta verso l’angolo più scuro della stanza, alla sua sinistra, Severus cercò con gli occhi la figura familiare di Malfoy e lo vide agitarsi sul vecchio letto semisfondato, che se ne stava, desolantemente cascante, addossato alla parete. Draco dormiva ancora, sebbene il suo sonno fosse tutt’altro che sereno. Severus lo vide rigirarsi ed il suo volto appuntito, ancora imberbe, sembrava stravolto, come se qualcosa di peggiore di un semplice incubo lo tormentasse, ma non se ne preoccupò, gli sarebbe, piuttosto, parso strano vederlo del tutto tranquillo.

Spense la piccola luce ed abbassò la bacchetta, ascoltando, attento a cogliere il minimo rumore sospetto, ma nella stanza regnava il silenzio, rotto ogni tanto da normali scricchiolii e schiocchi che testimoniavano quanto l’edificio fosse vecchio e malconcio.

In realtà, Piton non aveva davvero un gran timore che qualcuno potesse andare a cercarli proprio lì, almeno non che lo facesse qualcuno di quelli che ora, di certo, erano sulle sue tracce per via di ciò che era successo a Hogwarts.

I Mangiamorte, invece, sapevano bene che quello era il suo attuale nascondiglio. Naturalmente lo sapeva anche Lui; anzi Lord Voldemort in persona aveva approvato la scelta di quel rifugio, promettendogli protezione e pregandolo di attendere fino a che non gli avesse ordinato di raggiungerlo altrove.

Nessuno dei membri dell’Ordine della Fenice, però, avrebbe mai immaginato che lui, Severus Piton, potesse avere l’ardire di scegliersi come “tana” proprio quella casa in cui, tanti anni prima, aveva rischiato di essere sbranato da Remus Lupin in una notte di luna piena. Severus si sentiva ancora bruciare di collera al solo pensiero di quel giorno e, peggio ancora, di ciò che era successo con il giovane Potter, pochi anni prima, nella stanza accanto.

Ma la casa era un posto sicuro, per ora – pensò - in fondo, Silente stesso gli aveva consigliato di usarla, se fosse stato necessario sparire.

“A nessuno verrebbe mai in mente di cercarti là Severus, a maggior ragione dopo che è stato il covo di Sirius Black, penserebbero che è troppo scontato come rifugio e poi in molti sanno quanto odi la Stamberga Strillante e quanto poco propenso tu sia a mettervi piede. Quindi, ricordati di queste mie parole in caso di bisogno”.

Silente aveva ragione – si disse Piton – lasciandosi di nuovo cadere su quel che restava di un vecchio materasso mangiato dai topi e dall’umidità.

Silente…

Al pensiero del vecchio mago Severus sentì una fitta al petto, dolorosa e acuta, come se una mano gelida si fosse insinuata nella sua carne, tra le costole, per stringerli il cuore in una morsa atroce. Come in un incantesimo senza perdono. Per un istante, l’angoscia fu talmente intensa che gli parve di non riuscire a respirare e, nonostante il suo orgoglio, fece fatica a dominarsi. Fu ben felice, in quel momento, dell’oscurità e che Malfoy fosse ancora immerso nel sonno e non potesse vederlo in viso.

Provò a calmarsi e, pian piano, fu di nuovo padrone di sè, ma il pensiero di Silente ed il ricordo di quel che era accaduto appena due notti prima si rifiutava ostinatamente di abbandonarlo. Non riusciva ancora a credere di averlo fatto davvero e, nello stesso tempo, ne era del tutto consapevole, come se il suo animo fosse scisso in due distinte entità, entrambe altrettanto angosciate.

Piton, frugò nella memoria alla disperata ricerca di un ricordo diverso, di qualsiasi ricordo, anche non necessariamente lieto, che non avesse a che fare con quegli avvenimenti orribili che lo tormentavano da un tempo che gli sembrava già eterno, sebbene fossero passate solo quarantotto brevi ore. Due giorni soltanto, ma un secolo per il suo cuore.

L’unico altro ricordo che gli si presentò, però, era ugualmente legato a ciò che anelava con tutta l’anima a dimenticare, e, pur non volendolo, Severus chiuse gli occhi e precipitò in quell’angolo della sua memoria esattamente come se avesse immerso la testa nel pensatoio che si trovava sulla mensola nell’ufficio del Preside a Hogwarts.

Rivide se stesso e l’alto mago canuto, insieme, nel parco della scuola, al limitare della foresta, in una notte in cui avrebbe davvero voluto essere altrove.

 

“E’ troppo” - aveva esclamato, nel sentire ciò per cui Silente l’aveva convocato quella sera – “Voi mi state chiedendo troppo, io…io non posso..” – si era interrotto la voce strozzata, tentando di riprendersi dallo stupore, cercando di mantenere la calma, lui che era così restio a scomporsi, a lasciar trapelare le proprie emozioni – “E’ troppo…” – era stato tutto quel che, ancora una volta, gli era riuscito di cavarsi di bocca.

Non è affatto troppo, Severus. E’ giusto. E’ quel che va fatto, lo sai anche tu, ed è quel che farai, perché reputo che tu non sia uno sciocco e nemmeno un ingrato” – aveva ribattuto Silente, con calma e persino con gentilezza, mentre Piton si domandava come quell’uomo dalla lunga barba grigia e dagli occhi miti, ma svegli, dietro gli occhiali a mezzaluna riuscisse a rimanere così tranquillo nel pronunciare simili parole.

“No, non sono un ingrato Signore e so…” – Piton aveva deglutito, buttando giù per la gola anche il suo orgoglio – “…cosa voi avete fatto per me, riaccogliendomi qui alla scuola, onorandomi nel farmi professore e persino Capocasa e…tacendo a tutti quel…beh…ciò che voi ed io soli sappiamo sul mio passato”.

“Quel che anche tutti gli altri dovrebbero sapere già da tempo, Severus” – lo aveva interrotto il Preside – “Quel che avrebbe fatto sì che tu ricevessi maggior rispetto, e la stima e fiducia che meriti, da parte di tutti, persino di Harry…”.

“Mai! Per nessun motivo al mondo voglio che Potter sappia. Proprio lui, lui più di chiunque altro, deve rimanere all’oscuro” – aveva sbottato Piton colmo di rabbia e raccapriccio all’idea che il figlio di James, il figlioccio di Sirius per giunta, venisse a conoscenza del vero motivo per cui da anni Silente si fidava ciecamente di lui, quel segreto che avrebbe rivelato la parte più vulnerabile del suo essere.

“Potter lo racconterebbe a tutti, lui…degno figlio di suo padre…ed anche se non lo rivelasse, non voglio che lui sappia” – aveva detto, pronunciando la parola Potter con tutto il disprezzo e l’antipatia che gli riuscisse di esprimere col solo tono della voce.

“Severus!” – lo aveva ammonito il vecchio – “Non dovresti parlare così di Harry. Io personalmente credo che se lui sapesse il vostro rapporto sarebbe molto diverso. E sono sicuro che lo terrebbe per sé. Ma non saprà nulla comunque, non da me in ogni caso” – e il suo tono si era raddolcito nel pronunciare l’ultima frase.

Severus Piton aveva annuito – “So che non gliene parlerete, vi sono debitore anche per questo, per quanto a volte, il mio carattere, mi renda difficile dimostrarvelo sino in fondo. Ma…” – e la sua voce aveva assunto una sfumatura angosciata, mentre tornava al fulcro di quella discussione notturna – “…proprio perché vi sono grato non posso fare ciò che pretendete di ordinarmi. Non a voi, ve ne prego e sapete quanto poco io ami pregare chiunque”.

Silente, però, per tutta risposta, si era eretto ancor di più, stirando la schiena e le spalle, sino a raggiungere il massimo della statura consentitagli dalla natura e dalla non più verde età.

“Severus!”- lo aveva ancora ammonito, fissandolo dritto negli occhi mentre gli si ergeva davanti, più imponente di quanto ci si sarebbe potuti aspettare da un vecchio.

Piton, si era infervorato ancora, aveva quasi urlato, dominandosi a stento solo perché nessun altro oltre al Preside sentisse le sue parole – “Ma volete rendervi conto di ciò che mi state chiedendo di fare? Come potete rimanere così calmo e chiedermi…ordinarmi di…uccidervi, assassinarvi?”- l’ultima parola gli era scivolata fuori dalla gola quasi in un sibilo strozzato, simile al richiamo di un grosso serpente.

Silente aveva scosso il capo, senza che la sua calma diminuisse di un briciolo – “Non ti sto chiedendo di assassinarmi, Severus, ti sto domandando di togliermi la vita e solo se ciò fosse assolutamente necessario, per il bene di molte persone, forse anche di più di quante tu ora immagini”.

“E’ non è la stessa cosa?”- Piton si sentiva irritato, come se Silente si stesse burlando di lui – “Che differenza fa l’usare un termine o l’altro? Mi state comunque domandando di darvi la morte. Di uccidere l’unica persona che…” – gli si era incrinata la voce, ma, questa volta, non per l’orgoglio.

“No, non è per niente la stessa cosa nella sostanza. Anche i termini hanno la loro valenza, un assassino è una creatura vile ed abbietta che agisce solo per crudeltà e per il proprio tornaconto. Tu, Severus, non sei né vile, né abietto, e non lo sarai mai, nemmeno nel caso in cui dovessi uccidermi” – aveva ribattuto Silente con fermezza, mentre Piton cercava di ritrovare la sua proverbiale freddezza.

“In ogni caso”- aveva poi aggiunto – “Non è ancora detto che tu debba farlo. Forse si troverà un altro mezzo e non sarai costretto a compiere questo passo, che, mi lusinga constatarlo, ti è così difficile accettare di intraprendere. Ad ogni modo, ho bisogno della massima tranquillità adesso, per portare a termine alcune cose della più grande importanza. Perciò, Severus, concedimi questa sicurezza, promettimi che se qualcosa dovesse andare storto, farai quanto ti ho chiesto, ad ogni costo”.

“No! Non vi prometterò mai una cosa del genere”- Piton ora stava ricambiando lo sguardo del Preside con grande fermezza, il volto ancora più pallido dell’usuale e gli occhi ardenti come ghiaccio in fiamme - “MAI!”.

“Lo farai invece, Severus” – replicò ancora Silente, per nulla intimorito da quello sguardo, e col tono di chi sa di aver già ottenuto ciò che desidera - “Me lo prometterai, stanotte. Non un giuramento magico, solo una normale promessa da uomo a uomo, sul tuo onore, che è molto più immacolato di quel che comunemente si pensi…”- il Preside aveva persino sorriso divertito nel pronunciare la frase - “Hai già fatto abbastanza voti infrangibili ultimamente, e dubito che farne un altro avrebbe qualche utilità concreta in questo caso. Ti conosco meglio di chiunque altro Severus, perciò so che, se a tenerti legato alla promessa che ti sto domandando di farmi ci fosse soltanto la tua sopravvivenza, ti sarebbe fin troppo facile scegliere di infrangere il nostro patto. L’ultima cosa che desidero, Severus, e vederti scegliere con leggerezza tra la tua vita e la mia. Sarebbe un errore imperdonabile. No, Severus, no, so troppo bene che il tuo onore ti sta più a cuore della tua stessa vita. Dunque, è a questo che mi appellerò: al tuo onore, alla gratitudine che provi nei miei confronti, sebbene mi spiaccia di fartela pesare, ed, in fine, alla tua saggezza. Non sei uno stupido e sai bene quanto me che rischiamo di pagare un prezzo troppo alto solo per salvare la mia vita di vecchio. Inoltre, non desidero proprio che tutto il tuo prezioso lavoro in qualità di spia dell’Ordine sia vanificato da un impeto di sentimentaliastico altruismo del tutto fuori luogo. Il sentimentalismo ti si addice poco Severus, mi aspetto di molto meglio da te. Quindi, ora desidero…”.

Piton lo aveva bruscamente interrotto, di nuovo faticando a dominarsi – “Ho fatto quel giuramento a Narcissa, solo perché…”.

“So fin troppo bene perché hai fatto quel giuramento”- Silente gli aveva tolto la possibilità di continuare – “Io ti ho chiesto di farlo. I motivi li conosciamo bene entrambi, è inutile discuterne ancora!”.

Ma non posso acconsentire ad uccidervi solo per salvare…solo perché Potter…” – aveva tentato allora Piton, sempre più afflitto ed ora anche profondamente disgustato all’idea di doversi spingere sino a tal punto per colpa di quel mocciosetto occhialuto che lo disprezzava tanto.

“Sai che preferisco che tu non parli così di Harry, Severus” – il Preside per un istante era parso adirato, poi il suo volto si era rasserenato, mentre continuava - “In fondo, tu sai meglio di chiunque altro quanto sia fondamentale che Harry sopravviva e porti a compimento il suo destino. Sai che lui potrebbe riuscire dove tutti finora hanno fallito ed esistono poche altre persone al mondo a cui la caduta del tuo vecchio Padrone stia a cuore quanto a te. Per questo hai sempre forzato la tua natura proteggendo Harry, egregiamente devo dire, sino ad ora. Non credo te lo perdoneresti se dopo tanta fatica Voldemort dovesse trionfare. Cosa accadrebbe se Lui vincesse? Come ti sentiresti?

si tratta solo dell’incolumità di Harry Potter, ne siamo consapevoli entrambi. Te lo ripeto ancora, molte altre vite sono in gioco, non ultima quella di Malfoy. Draco è sempre stato il tuo pupillo, Severus, vuoi davvero lasciarlo morire così giovane? O che commetta un errore irreparabile? Io non avrei pace se questo accadesse e nemmeno tu. Draco è ancora giovane ed immaturo, non gliene voglio per aver accettato quell’incarico da Voldemort. Del resto, sta solo tentando di proteggere i suoi cari e, anche se ha scelto il modo sbagliato, questo dimostra che può maturare. E’ ancora così giovane, mentre io sono vecchio ormai, e la sua anima è ancora più pura di quanto lui stesso non creda . Voglio che sia preservato Severus, anche per questo motivo desidero che tu mi giuri, sul tuo onore, che non consentirai a Malfoy di portare a termine il suo piano, a costo di uccidermi tu stesso”.

Piton ormai non poteva più tenere a freno la propria angoscia. Nell’intimo sapeva bene che il vecchio Silente aveva ragione, ma non riusciva ad arrendersi all’idea di acconsentire alla sua accorata richiesta.

“Non posso” – aveva ripetuto febbrilmente, quasi con rabbia - “Non chiedetemelo. Deve esserci un'altra via”.

Silente appariva ottimista ed il suo tono aveva un che d’incoraggiante e consolatorio mentre rispondeva - “Non ho mai affermato che non possa esistere un'altra via, non sono così poco attaccato alla mia esistenza da non tentare di trovare un’altra soluzione se solo ciò sarà possibile. Sono un essere umano, non meno fragile di chiunque altro, in fondo. Se un’altra strada esiste la cercheremo e percorreremo insieme, ma, nel caso in cui non vi fosse altro modo per risolvere ogni cosa, mi sentirei assai più sollevato se tu, sin d’ora, mi facessi questa promessa” – la sua voce aveva tradito un attimo di malinconia – “E poi” – aveva aggiunto – “Se proprio non ci fosse alternativa alcuna, Severus, preferirei che fossi tu a togliermi la vita, piuttosto che Draco o un Mangiamorte. Tu che sei stato un mio brillante allievo, che hai consolato il mio cuore di Preside tornando sulla giusta via dopo esserti momentaneamente smarrito, che sei diventato un ottimo professore ed un collaboratore fidato, tu, Severus, che dopo tanti anni non posso che considerare, in fin dei conti, un amico”.

Le ultime parole avevano fatto salire il sangue alle guance di Severus Piton, tanto da dargli la sensazione che il suo viso avesse preso fuoco. Nessuno o quasi aveva mai pronunciato quelle parole nei suoi confronti. Nessuno si era sentito di pronunciarle, o, in ogni caso, lui non aveva mai consentito a nessuno di avvicinarglisi tanto da potersi permettere di pronunciarle. La corazza di gelo che si era creato per proteggersi lo aveva, sinora, impedito persino a quelli che tra i suoi colleghi lo conoscevano da più tempo, come, ad esempio, la Professoressa McGranit, la quale lo stimava, ma non poteva certo dirsi una sua amica.

Solo Silente lo conosceva così profondamente da aver concepito per lui l’affetto che si tributa ad un amico, ed ora aveva anche dimostrato di essere l’unico abbastanza sfrontato da infischiarsene della sua gelida scorza e azzardarsi a chiamarlo apertamente così.

Piton era talmente imbarazzato ed impegnato a nascondere il proprio turbamento che il Preside aveva potuto continuare il discorso, senza ulteriori interruzioni – “Se proprio devo morire a conclusione di questa vicenda, non voglio che ciò accada per mano di uno dei miei studenti. Sarebbe un orribile fine ed un terribile fallimento, anzi sarebbe il fallimento completo della mia intera esistenza che è sempre stata tutta consacrata a queste mura” – Silente aveva indicato Hogwarts con un cenno della mano - “ed ai giovani maghi e streghe che si formano al loro interno. Non ho fallito con te, Severus, sebbene per un certo tempo avessi temuto il contrario, e non voglio fallire con Malfoy. Non deve diventare un assassino, mai! potrei sopportare che mi uccidesse un Mangiamorte. Tu vuoi che io me ne vada ucciso da un odioso trionfante nemico che se ne vanterebbe per il resto dei suoi giorni? Non mi concederesti Severus, ciò che anche tu aneleresti al mio posto? Una fine decorosa e rapida per mano di un amico pietoso, nella tranquilla speranza che la mia morte serva alla causa più grande per cui io abbia mai lottato? Davvero mi porti così poco affetto, si proprio affetto, Severus, che preferiresti lasciarmi morire, magari lentamente, col dolore che mi priva di ogni dignità, per mano di un servitore di Voldemort?”.

Queste ultime quattro domande erano state per Piton come la lama fredda di un pugnale puntata su quel cuore che troppe volte avrebbe preferito non avere affatto, ma che pur tuttavia gli albergava caldo nel petto, nonostante il gelo esteriore.

Non trovando più una sola obiezione possibile, non avendo più forza per lottare contro il disarmante calore umano di Silente, aveva rialzato il capo, che era rimasto chino sin da quando il vecchio aveva pronunciato la parola amico. Il Preside l’aveva guardato negli occhi e Severus gli aveva letto nello sguardo la consapevolezza del proprio imminente cedimento, ma, incredibilmente non ne era rimasto offeso o umiliato. In fondo, Piton in quel momento aveva compreso che il motivo per cui non avrebbe rifiutato più a lungo a Silente il giuramento richiesto stava appunto nel fatto che, mai, nemmeno quando era solo uno studentello, il vecchio lo aveva intenzionalmente umiliato, come gli altri invece erano soliti fare. Albus Silente non gli aveva mai negato la cosa per lui più importante tra tutte, persino più importante della stima e delle lodi altrui: la dignità.

Infine il Preside gli aveva sorriso, incoraggiante – “Allora Severus, me lo prometti?”.

 

“E’ troppo, Signore. Ma ve lo prometto, sul mio onore”.

 

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Capitolo 2
*** L'armatura di ghiaccio. ***


L’armatura di ghiaccio

 

 

 

“E’ troppo, Signore. Ma ve lo prometto, sul mio onore”.

 

Quest’ultima frase risuonò nella mente di Piton, ancora ed ancora, mentre il ricordo si faceva, via via, meno nitido, ma non meno doloroso.

Il pulsare sordo del suo cuore si era calmato, ma ora la testa gli doleva e sentiva la bocca secca, come se non bevesse da giorni.

Si sedette di nuovo e, trovata tastoni la brocca sbeccata posata poco distante dal suo giaciglio, bevve avidamente, senza nemmeno cercare il bicchiere poggiato poco più in là. Poi si bagnò le mani e se le passò sul viso ripetendosi che doveva mantenere la calma.

Doveva riflettere sulla situazione presente per essere pronto ad affrontarla fino in fondo. Non poteva semplicemente lasciarsi andare ai ricordi, se continuava così non ce l’avrebbe mai fatta - si disse.

Prima o poi, continuando a tormentarsi, sarebbe crollato.  Se si fosse trattato soltanto di lui non avrebbe avuto importanza. Però c’era Draco e Lord Voldemort era ancora vivo, libero di portare a termine i suoi piani.

Per quel che lo riguardava, Severus odiava rivivere il ricordo di quella notte nel parco e vi erano altre memorie, ancora peggiori, che avrebbe voluto cancellare per sempre, ma, in fondo, non riusciva neanche ad essere così clemente con se stesso da consentirsi di dimenticare.

Ricordare era un modo per punirsi e lui desiderava farlo, anche se sapeva di aver solo compiuto ciò che Silente gli aveva ordinato. D’altro canto, che senso avrebbe avuto cancellare quegli attimi dalla memoria, se l’omicidio del vecchio non si sarebbe mai cancellato dalla sua anima ?

Però, ora, non poteva concedersi nessuno dei due lussi, né quello di dimenticare, né quello di scontare la sua pena ricordando. Non aveva il diritto di farlo, o la morte di Silente sarebbe stata inutile e l’avergli tolto la vita avrebbe significato solamente distruggere invano anche la propria.

Piton lo sapeva: uccidendo Silente aveva ucciso una parte di sé ed aveva posto sulla propria testa una condanna a morte quasi certa. Ognuno dei membri dell’Ordine ora l’avrebbe ucciso, potendo, senza pensarci due volte e, se non manteneva la mente lucida, avrebbe finito col commettere qualche passo falso. Allora anche i Mangiamorte sarebbero stati un pericolo. Se Lord Voldemort avesse scoperto il suo gioco, il meglio che Severus potesse aspettarsi era che l’Avada Kedavra finale non tardasse troppo ad arrivare.

Piton provò a concentrarsi soltanto su ciò che aveva intorno. Ancora una volta tese l’orecchio, attento a percepire qualunque rumore che potesse indicare un pericolo, ma la stanza era ancora tranquilla.

Si strinse nel mantello, le gambe ripiegate a toccare il petto, il mento poggiato sulle ginocchia, chiuse di nuovo gli occhi. Avrebbe preferito il pericolo imminente al turbinio della sua mente, poteva affrontare un nemico, ma non riusciva a dominare se stesso, cosa che lo rendeva insicuro, perché non vi era abituato.

Piton aveva imparato presto a controllare le proprie emozioni schermandole alla vista degli altri.

Non era stato sempre così, ovviamente; non nella sua infanzia almeno.

Severus era stato un bambino fragile, anche fisicamente. Non c’era nulla che non andasse nella sua salute, ma era cresciuto sentendosi diverso dai suoi coetanei.

Era sempre stato troppo magro e pallido, inoltre, i giochi che tanto appassionavano gli altri bambini non lo avevano mai interessato più di tanto. Preferiva perdersi nei libri o curiosare tra gli oggetti magici di famiglia, piuttosto che correre dietro ad un pallone, discutere di Quidditch, o impegnarsi in molti altri giochi che trovava troppo rumorosi e stancanti.

Il fatto di essere figlio unico gli aveva reso più difficile farsi degli amici della sua età e, comunque, sentiva di non piacere molto agli altri bambini che lo prendevano in giro per il suo aspetto, per il suo naso, per il solo fatto che lui era “strambo”.

Questo lo aveva reso insicuro, ma gli aveva anche fatto scoprire l’amore per la lettura e l’interesse per la conoscenza. I suoi desideri più grandi, a quell’età erano imparare il più possibile ed essere accettato e ben voluto dagli altri.

Poi, ad undici anni, era giunto il momento di entrare a Hogwarts, la scuola che, secondo sua madre, avrebbe potuto schiudergli le porte della sapienza più di qualunque altro luogo.

Severus sorrise al pensiero di quanto era stato impaziente di varcare i cancelli della scuola e di quanto ingenuo fosse stato, allora, nelle sue aspettative.

Mentre l’espresso lo portava a quella che per sette anni sarebbe stata la sua nuova casa, aveva pensato che finalmente sarebbe diventato “uno come tutti gli altri”. Si sarebbe fatto degli amici, sarebbe stato apprezzato ed ammirato, perché lì non avrebbe dovuto far altro che quel che meglio gli riusciva: studiare.

Dal momento che tutti i giovani che lo attorniavano sul treno andavano ad Hogwarts proprio per imparare, si era sentito alla pari con loro ed aveva supposto che per loro lo studio fosse importante quanto lo era per lui. Certamente, se così era, aveva finalmente qualcosa in comune con i suoi coetanei ed, anzi, per la prima volta, era in grado di essere più bravo di loro. Persino il fatto di indossare un uniforme l’aveva fatto sentire piacevolmente parte di un gruppo.

Piton si era dovuto accorgere molto presto che il suo era stato un ragionamento sbagliato. Il suo aspetto continuava a suscitare battute e scherno, perché gli adolescenti, non meno crudelmente dei bambini, sono istintivamente portati a deridere chi appare loro per qualsiasi motivo “diverso”. Quanto al suo amore per lo studio, neanche quello era servito a renderlo popolare o, comunque, ben accetto ai suoi compagni. Anzi era vero il contrario. La maggior parte degli altri studenti lo consideravano un, noioso, insopportabile, secchione e scambiavano la sua timidezza per alterigia, o eccessiva serietà, mentre, quelli che tenevano particolarmente al rendimento scolastico lo detestavano per il solo fatto che otteneva, senza troppi sforzi, risultati migliori dei loro.

Era venuto un momento in cui, alcuni studenti, i più vivaci e popolari della scuola, avevano finito col rendergli la vita impossibile, con i loro dispetti e le prese in giro quotidiane. James Potter e Sirius Black, più di chiunque altro, erano riusciti a renderlo definitivamente la macchietta della scuola.

Severus, all’inizio, aveva provato a reagire tirando fuori tutta la sua rabbia, ma non era servito a nulla, così aveva imparato a reprimerla e a farsi pungente più che aggressivo. Aveva smesso di cercare l’approvazione e la stima degli altri, perché, farlo in quelle condizioni, lo faceva sentire ancor più umiliato. Così, si era trincerato dietro al personaggio che per tanto tempo non aveva voluto essere e che gli altri gli avevano imposto.

In lui era sorto un senso di superiorità, fondato sulle proprie capacità intellettuali e sui successi scolastici, che gli permetteva di sentirsi migliore di chi lo tormentava e di non perdere ogni fiducia in se stesso.

Severus Piton era diventato, realmente, freddo, serio e distaccato come tutti gli imputavano di essere e quella sua corazza lo aveva protetto a lungo.

Indossarla, inoltre, gli aveva fatto trovare, per la prima volta, qualche estimatore tra i Serpeverde, che di solito si ricordavano di lui soltanto quando faceva guadagnare punti alla Casa. Persone come Lucius Malfoy avevano scambiato il suo modo di difendersi per il comportamento di chi, come loro, si sentiva superiore a tutti per nascita ed educazione, l’avevano ritenuto simile a loro, per indole ed ideali e, di conseguenza, si erano avvicinati a lui.

Il pensiero di quegli anni gli lasciava sempre l’amaro in bocca. Se vi rifletteva a fondo, comprendeva che, se, ad un certo punto, era entrato a far parte degli adepti di Voldemort, era anche per il ruolo che si era imposto allora, per non perdere le poche amicizie che si era faticosamente creato, per il desiderio di rivalsa verso chi lo aveva allontanato o deriso. Perché, anche se nessuno dei suoi compagni degli anni di Hogwarts ne era mai stato consapevole, Severus doveva ammetterlo: tutta quella freddezza, tutta la sua imperturbabilità, non lo avevano comunque protetto del tutto. Molto più spesso di quanto non amasse ammettere era stato ferito ugualmente dal comportamento altrui. Solo dopo molto tempo, aveva imparato a stimarsi abbastanza da non tenere più in conto il giudizio degli altri, a meno che tale giudizio non fosse pienamente giustificato.

Ad ogni modo, era sopravvissuto a quei dispiaceri, quasi infantili, mentre ora, accoccolato su se stesso nell’oscurità della Stamberga Strillante, Severus si accorse che la sua armatura di gelo non poteva proteggerlo nemmeno un po’ dal dolore per la morte di Silente. Nulla poteva difenderlo dalla rabbia, dalla disperazione, dal lancinante rimorso che provava adesso. Anzi, quell’armatura - ora lo comprendeva - si era infranta definitivamente nel momento in cui il corpo del vecchio era volato giù dal parapetto della Torre di Astronomia. Piton poteva soltanto rimetterne insieme i pezzi e fingere che non si fosse incrinata. Doveva farlo per portare a termine il compito che Silente gli aveva assegnato, ma sapeva che non ne avrebbe tratto alcun conforto.

Due giorni prima, in quella orribile notte, Severus Piton era rimasto nudo, privo di ogni difesa, soprattutto contro se stesso.

 

 

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Capitolo 3
*** Risveglio. ***


Risveglio

 

 

 

 

Un grido strozzato distolse Piton dai propri pensieri.

Era stato Malfoy ad urlare ed, ora, gli occhi sbarrati fissi sull’oscurità che lo sovrastava, il ragazzo lottava contro l’irrazionale sensazione lasciatagli dall’incubo che lo aveva appena abbandonato. Per un lungo, terrificante, istante Draco sentì ancora il sapore della terra bruna riempirgli la bocca e le narici, mentre veniva seppellito vivo, per ordine di Voldemort.

Poi comprese, con enorme sollievo, che quell’orribile punizione per il suo fallimento era stata davvero solo un sogno. Ciò nonostante, non gli riuscì di muovere nemmeno un dito, come se il mantello, che nel sonno agitato gli si era aggrovigliato al corpo, volesse caparbiamente trattenerlo avvinto al letto. Poi una mano fredda, ma gentile gli strinse il polso ed il respiro di Draco si fece più calmo e regolare.

Il solo pensiero di non mostrarsi debole agli occhi del suo compagno era bastato a tranquillizzare un po’ il ragazzo.

Severus non parlò, semplicemente continuò a tenere la mano stretta attorno al polso di Draco, finché non sentì che quest’ultimo era di nuovo in grado di dominarsi.

Nel sentirlo urlare, Piton si era alzato e lo aveva raggiunto quanto più rapidamente gli era stato possibile senza illuminare la stanza. Del resto, ormai, quelle quattro mura gli erano abbastanza familiari perché fosse in grado di muoversi al buio.

“E’ passato ora, Malfoy?” – domandò, qualche istante dopo avergli lasciato il polso.

Draco tardò a rispondergli, poi l’angoscia fu più forte del suo orgoglio.

“Io…si, è passato, era solo un incubo” – Malfoy si riscosse e si mise a sedere sul letto – “Ma era così realistico…venivo…torturato e poi seppellito ancora vivo”.

Piton non rispose, stava osservando la finestra. Nonostante fosse sbarrata da grosse assi, i primi rosati raggi di luce, avvisaglia dell’alba, incominciavano ad insinuarsi nella stanza.

Severus si diresse verso l’angolo opposto della camera, si chinò a raccogliere la brocca e riempì il bicchiere. Avrebbe potuto usare la magia per richiamare gli oggetti, ma gli serviva un po’ di tempo per trovare le parole giuste da rivolgere a Draco. Il mago non era abituato a consolare i dolori altrui e, forse, nemmeno i propri.

Tornato da Malfoy gli porse da bere e distolse lo sguardo dalle mani del ragazzo. Tremavano al punto da fargli pensare che il bicchiere sarebbe finito in frantumi sul pavimento. Evidentemente Draco non si era ancora calmato del tutto.

Sotto lo sguardo distratto del mago, la piccola chiazza di luce che filtrava dalla finestra si andava allargando, come se volesse, pezzo per pezzo, divorare l’oscurità che la circondava e sostituirsi ad essa. Severus pensò che, da due notti a quella parte, nella sua anima stava accadendo l’esatto contrario.

“Calmati ora, era solo un sogno. Non vedo perché Lui dovrebbe punirti”.

“Perché ho fallito” – esclamò Draco d’un fiato.

“Se avesse voluto punirti per questo l’avrebbe già fatto ormai” – gli rispose asciutto Piton. “Lui” – aggiunse – “Ha tenuto conto della tua giovane età e inesperienza, per questa volta”.

Malfoy, però, non sembrava convinto - “Non sono riuscito. Non sono stato abbastanza uomo” – ribattè stingendo a pugno le mani che teneva poggiate sulle ginocchia – “Non so cosa mi è preso. Ero pronto… poi il vecchio… quello stupido, stupido vecchio… ”.

Draco aveva pronunciato l’ultima frase con rabbia mista a vergogna, ma non riuscì a completarla. Sul suo volto si dipinse un’espressione di muta sorpresa. Piton l’aveva schiaffeggiato con forza, i pallidi lineamenti mutati in una maschera feroce.

Il ragazzo, quasi ricadde indietro sul letto, spaventato più di quanto non lo fosse stato dall’incubo.

A Malfoy, in tanti anni di scuola, era già capitato di vedere il suo professore in collera, ma l’ira di Severus Piton, sino ad allora, era stata qualcosa di non meno freddo di ogni sua altra reazione.

Quando l’insegnante di pozioni si adirava, di solito, si aveva l’impressione di una enorme forza trattenuta sotto la superficie dei suoi occhi nerissimi ed era anche questo che ammutoliva il malcapitato oggetto della sua ira.

Ora, però, era come se quella forza fosse stata liberata.

Il professor Piton – pensò Draco, sbigottito – non sembrava più lui. Anche se aveva lasciato ricadere la mano, nell’istante stesso in cui aveva colpito la guancia di Malfoy, Severus era ancora in preda alla collera. Il giovane Serpeverde si accorse che, il nuovo modo in cui Piton esternava la sua ira, gli faceva molta più paura di quello cui era abituato. E non c’era forse persino odio in quelle iridi scure?

Si, era odio. Piton avrebbe potuto confermarglielo. Per un istante, nel sentire insultare Silente, nell’ascoltare Draco lamentarsi di non essere riuscito ad ucciderlo, l’odio era montato in lui contro il ragazzo. Un biasimo così feroce che, sorprendendo anzi tutto se stesso, Severus l’aveva colpito ed avrebbe voluto continuare a farlo.

“E’ tua la colpa sciocco ragazzetto immaturo” – aveva gridato una voce dentro di lui – “Tua, perché si è sacrificato per te. Io mi sono sacrificato per te. Siamo morti per te entrambi… ”.

Ma la reazione di Draco, la paura che aveva letto nei suoi occhi grigi, aveva riportato Severus alla ragione. No, non era lui il colpevole, era solo un adolescente imberbe, appena più che un bambino che giocava un gioco le cui regole erano troppo difficili anche per gli adulti. A suo modo, anzi, Malfoy era stato coraggioso, anche se non se ne rendeva ancora conto. Aveva avuto il coraggio di non uccidere.

Piton sapeva che, in ogni caso, non sarebbe cambiato nulla se avesse colpevolizzato Draco. Farlo non avrebbe reso lui più innocente. Odiare Malfoy non gli sarebbe bastato per assolversi.

Lasciar cadere quelle parole del ragazzo senza dire niente, solo con quel gesto crudele ed immotivato, che bruciava ancora sulla pelle di Draco, sarebbe stato altrettanto sbagliato.

“Non avrei dovuto colpirti” – disse Piton, i cui occhi erano tornati ad essere due neri laghi privi di qualsiasi increspatura – “Ma non ritengo giusto quello che hai detto” – aggiunse, prima che Draco potesse ribattere.

Il ragazzo, incredulo, lo fissava con aria interrogativa.

“Albus Silente non era un vecchio sciocco e non è certo uccidendo qualcuno che si dimostra di essere un uomo” – disse Severus, scandendo bene le parole – “L’omicidio non è mai una cosa di cui vantarsi. E’ una macchia che non si cancella e tu non hai nemmeno l’idea di che pericolo hai scampato tirandoti indietro”.

“Ma voi lo avete ucciso… ”- balbettò Draco che non riusciva a comprendere il senso delle parole uscite dalle labbra sottili del suo professore.

Severus non abbassò lo sguardo ed anzi sorrise. Un sorriso lieve ed amaro come il fiele.

“L’ho fatto è vero”- replicò poi seccamente – “Ma mi hai forse sentito vantarmene? Se vuoi saperlo, non è stata nemmeno la prima volta in cui ho ucciso qualcuno, ma non sono sicuramente più uomo per questo”.

“Eppure voi e mio padre… ” – tentò di accennare Malfoy, ma Severus lo interruppe di nuovo – “Io e tuo padre… già, io e tuo padre, quando avevamo più o meno la tua età… ” – si interruppe per un istante, poi decise che non avrebbe taciuto nulla di quel che pensava, non quella notte.

“Che sciocchi ragazzi innamorati di una chimera eravamo, io e Lucius” – proseguì Piton, con l’amarezza nella voce, ma senza alcuna esitazione.

“Stupide falene nate da poco più di un giorno che danzavano infatuate attorno alla fiamma e la fiamma ci ha bruciato alla fine, com’era ovvio. Ciascuno di noi due, pur se in modo diverso, è ancora incapace di volare liberamente a causa di quelle bruciature” – disse, stringendosi nel mantello, come a cercare nella nera stoffa il calore che, un tempo, aveva cercato in quella fiamma non meno oscura.

Malfoy ebbe un moto di rabbia nel sentirlo parlare così di suo padre. Si alzò in piedi, i pugni ancora serrati, il mento aguzzo che fremeva proteso in avanti nello sforzo di tenere il capo ben alto.

Severus, però, non lo lasciò aprir bocca nemmeno stavolta. Ora che aveva compreso cosa voleva dirgli, intendeva proseguire senza interruzioni.

“Ascoltami bene, Draco, perché non amo ripetermi” – iniziò – “Quel che ho detto di tuo padre, l’ho detto a ragion veduta. Guarda dove l’hanno condotto i suoi folli ideali e le sue ambizioni. Azkaban ti sembra una buona meta cui aspirare? Guarda dove quella chimera ha condotto me… ”.

“Volete vantarvi di esser stato migliore di mio padre?” – sibilò Draco, furioso – “Non permetto a nessuno, nemmeno a voi, di parlare così di lui!”.

“Vantarmi?” - domandò Piton, in un tono che, però, non aveva nulla di interrogativo e poi rise, attizzando ancor di più l’ira di Malfoy.

Il ragazzo si trattenne a stento dal colpirlo a sua volta, il suo tono aveva perso definitivamente ogni compostezza, quando rispose – “Sì vantarvi. Del fatto che, mentre mio padre è in prigione, voi siete il discepolo preferito di… ” – ma la rabbia non fu sufficiente a dargli il coraggio di pronunciare quel nome – “Del Padrone” – concluse.

“Io non ho padroni” – gli replicò deciso Piton – “Nessun padrone! Appartengo unicamente a me stesso”.

Questa volta fu Draco a ridere, sebbene vi fosse una nota isterica nella sua risata.

“Nessun padrone?” – esclamò – “Ma eseguite i suoi ordini. Avete ucciso Silente per Lui. Questo non significa avere un padrone?” – domandò, poi vide l’espressione fredda e risoluta del viso di Piton e, all’improvviso, ciò che aveva detto gli parve privo di senso.

“Nessun padrone” – ribadì lentamente Severus, poi il suo volto si velò di una tristezza che Draco non riconosceva – “Ma ho obbedito ad un ordine è vero. Un ordine terribile, il primo a cui, da molto tempo, abbia sentito il desiderio irrefrenabile di ribellarmi. Non è stato Voldemort a darmelo, però. E’ stato Silente. Per questo l’ho ucciso”.

“Per ribellarvi al suo comando?” – chiese Malfoy, ancor più confuso.

Severus scosse lentamente il capo, continuando a tenere gli occhi puntati su quelli del ragazzo. Infine rispose – “Per eseguirlo”.

Il giovane Malfoy ascoltò quelle parole senza comprenderle. Non riusciva a capire. Cosa intendeva dire il professor Piton? Che senso aveva quella risposta?

“Mi state dicendo” – domandò alla fine – “Che Silente vi ha ordinato di ucciderlo e voi avete obbedito? Finitela di prendermi in giro, non sono più un bambino” – concluse, di nuovo indignato.

Severus tacque per un lungo istante. Aveva deciso di raccontare ogni cosa a Draco, era certo che persino Silente avrebbe voluto che il ragazzo aprisse gli occhi, che conoscesse la verità. Inoltre, era stanco di mentire. Draco era affidato a lui ora, e la cosa migliore da fare era instaurarci un vero rapporto, se davvero voleva proteggerlo. Ma cosa sarebbe accaduto, se Voldemort avesse letto quella verità nella mente del suo giovane allievo? Severus non poteva permettere che la breccia aperta nel cuore di Draco dalle parole di Silente si richiudesse, lasciando il posto alla folle lealtà a Voldemort che aveva portato suo padre Lucius ad Azkaban.

Draco gli aveva raccontato, quella prima notte, delle parole di Silente, di come il vecchio era riuscito a fargli abbassare ogni difesa e con esse la bacchetta. Piton sapeva che ciò era stato possibile solo perché Albus aveva avuto ragione: l’anima del ragazzo era ancora pura. Draco aveva saputo cogliere l’orrore di ciò che gli era stato ordinato di fare. Ma se ora avesse continuato a credere che lui, Severus, era il più leale seguace dell’Oscuro Signore e che Silente non era stato altro che una vittima sacrificale, cosa sarebbe stato di lui? Piton, però, era ben conscio del prezzo che la sua sincerità avrebbe potuto comportare. Il suo tradimento che tanto bene era in grado di celare tra le pieghe della propria mente avrebbe potuto apparire così nitido e leggibile in quella di Draco. E Silente sarebbe morto invano. Sedici anni di ferreo autocontrollo sarebbero stati gettati al vento.

Severus ne era consapevole, ma comprese che non avrebbe taciuto. La verità su quella notte premeva nella sua gola come per sommergerlo se non avesse accettato di lasciarla uscire. E Malfoy lo fissava sbigottito, in attesa della sua risposta.

Piton decise. Avrebbe lottato per tenere Draco il più possibile lontano da Voldemort, da quelle due fiamme rosse indagatrici. Avrebbe dato al ragazzo lezioni di occlumanzia, mettendoci ancora più impegno di quanto non avesse fatto con Potter. In fondo, Draco aveva dimostrato di avere una certa propensione a chiudere la propria mente. Nemmeno lui, che dopo Voldemort era forse il miglior legilimens in circolazione, era riuscito a sondare totalmente i pensieri del ragazzo durante l’anno appena trascorso. Infine, avrebbe sperato che la volontà del giovane Malfoy fosse abbastanza forte.

“Sì, ti sto dicendo esattamente questo” – esclamò, finalmente, Piton, cercando ancora una volta lo sguardo di Draco – “Albus aveva già deciso da tempo ed io glielo avevo promesso”.

“Deciso cosa?” – chiese Draco che non voleva credergli – “Di suicidarsi nella maniera più assurda e spettacolare? Andiamo, Professore, credete che io sia così sciocco da bermi una bugia così inverosimile? Cos’avete davvero in mente?”.

Piton scosse appena il capo, prima di rispondere – “Non ho niente in mente che non ti abbia appena detto. Per una volta, non c’è nulla sotto. Nessun fine nascosto, solo la verità” – poi si allontanò un poco dal ragazzo senza, però, staccare gli occhi dai suoi.

“Silente non si è certo suicidato. Si è sacrificato, invece. Ha dato anche la vita per tutto ciò in cui aveva sempre creduto” – aggiunse, con voce che tradiva emozione e stanchezza.

Draco ora non sapeva cosa ribattere. Aveva colto la sincerità nelle parole di Piton, ma seguitava a non capacitarsene.

Severus approfittò del silenzio di Malfoy per continuare – “Silente non poteva permettere che fossi tu ad ucciderlo. Non avrebbe mai accettato che un suo studente diventasse il suo assassino. Ha dedicato tutta la sua vita ad Hogwarts; non temeva la morte, ma non avrebbe mai lasciato che tu ti macchiassi del suo o di altro sangue innocente. Perciò mi ha chiesto di impedirtelo, a costo di fare ciò che ho fatto”.

“Ma quando voi siete arrivato io avevo abbassato la bacchetta” – ribattè Draco in tono stridulo – “Io non lo avrei comunque ucciso. Quindi, perché voi l’avete fatto? Che senso aveva, dopo che mi ero lasciato battere a quel modo? Silente aveva vinto. E vi ha supplicato… ” – e, per un momento, senza comprendere ancora bene il perché, sentì le lacrime premere per scivolare giù dai suoi occhi. A stento si trattenne. Odiava il pensiero che Silente fosse morto per lui, odiava quel senso di colpa che, lentamente, gli stava invadendo il petto.

Piton smise di fissarlo e chinò il capo. Quella era una domanda di cui conosceva l’esatta risposta, eppure non aveva potuto fare a meno di porsela lui stesso. Se lo era domandato nell’istante in cui, lassù alla Torre di Astronomia, Amycus gli aveva fatto notare che Draco non avrebbe portato a termine l’incarico di Voldemort.

Allora, perché lui avrebbe dovuto farlo? Non riusciva a farlo, non voleva farlo. Era troppo, persino per lui. Se non avesse ucciso Silente sarebbe stato lui a morire, ma non gli importava. Non sarebbe stato peggio di tante altre cose affrontate in passato. Non avrebbe fatto più male che uccidere un amico. Silente stesso lo ripeteva spesso: “La morte non è la cosa peggiore”. Severus Piton, quella notte, sarebbe morto senza rimpianti. Per la prima volta in così tanti anni, nessun rimpianto, solo la gioia di poter scambiare la sua dolorosa, vuota, vita con quella Silente. E, finalmente, il suo debito verso il vecchio sarebbe stato interamente ripagato.

Ma non era quello il saldo che Albus voleva. Il mago aveva letto quel dilemma negli occhi neri di Severus con gran facilità ed il suo sguardo aveva risposto con una supplica altrettanto muta, rafforzata da appena due parole.

“Severus… ” – aveva detto piano Silente e poi ancora - “Severus… per favore… ”.

Piton poteva ancora sentire quel sussurro trasformarsi in un assordante eco nelle proprie orecchie, riusciva ancora a vedere nel fondo di quelle iridi chiare.

Un sospiro basso e fremente uscì dalle esili labbra del professore, mentre ricordava.

Come era riuscito a farlo? Come aveva potuto farlo? Quanto si era odiato in quel momento. Avrebbe mai smesso di odiare se stesso per aver obbedito?

Severus ancora non lo sapeva, sapeva solo che, in quell’attimo infinito, tutti gli altri sulla torre erano scomparsi. Solo lui e Silente erano rimasti, a combattere, a perorare selvaggiamente la propria causa con il solo sguardo. Infine, proprio come aveva detto Draco, il vecchio Preside aveva vinto e, con il cuore gonfio d’odio e di affetto Severus aveva pronunciato l’Avada Kedavra.

Aveva lanciato l’incantesimo con una tale disperazione. Era stato come se avesse rivolto la maledizione contro di sé, anzi che contro il vecchio. Con così tanta forza da far volare il corpo ormai inerme del mago giù dal parapetto.

Scacciando questa visione, Piton si sforzò di volgere di nuovo il viso verso Malfoy, cercando le parole giuste per continuare il suo discorso.

“Lui mi ha supplicato di ucciderlo, Draco” – disse rialzando il capo, il volto mortalmente pallido e gli occhi lucidi come Malfoy non li aveva mai visti.

“Solo io ho potuto capire la sua supplica” – proseguì Severus – “Perché gli avevo promesso che l’avrei ucciso al posto tuo se non ci fosse stata altra possibilità. E non c’è stata. No. Nessuna scelta per me.”

Draco ora era come ipnotizzato dalle sue parole e tornò a sedersi sul letto, l’ansia di comprendere scolpita sul volto.

Piton cercò di tornare alla sua usuale freddezza, senza riuscirvi del tutto, e proseguì – “Sapevo quale compito Lui ti aveva assegnato ed avevo messo in guardia Silente. Ma lui non ha mai mostrato paura, ha detto di avere già un piano e mi ha domandato di assecondare l’Oscuro Signore in tutto e non tradirmi per nessun motivo. Poi tua madre mi ha pregato di aiutarti, di compiere la missione al tuo posto… ”.

“Mia madre” – lo interruppe Malfoy, riflettendo su quelle ultime parole – “Lei che è così orgogliosa e vi… ”.

“E mi ha sempre disprezzato non meno degli altri” – finì di dire Piton al posto del ragazzo – “Ma una madre non può permettersi certi tipi di orgoglio. Narcissa mi ha chiesto aiuto, Draco, ed io ero disposto a darglielo. Non solo perché non avesse dubbi su di me, ma anche per te, ragazzo. Di errori in gioventù ne avevamo fatti già abbastanza io e tuo padre. Però tua madre ha voluto legarmi con un giuramento inscindibile”.

“E voi l’avete fatto. Lo so, ne avevamo già parlato” – esclamò Draco che credeva di iniziare finalmente a capire ogni cosa – “Avete giurato di uccidere Silente al mio posto o morire. E’ per questo allora, non perché il vecchio ve l’ha ordinato. Smette di mentirmi. Basta!”.

Severus rise, ancora una volta una risatina amara e priva di gioia – “Se avessi saputo che il vero piano di Albus consisteva semplicemente nel lasciarsi uccidere non avrei mai fatto quel giuramento a tua madre, nemmeno se ci fossimo trovati al cospetto dell’Oscuro in persona” – disse e Draco sentì ancora una volta la sincerità nelle sue parole.

“Silente” – prosegui Severus – “Non voleva che io morissi a causa del giuramento, ci sono ancora cose in cui posso essere utile all’Ordine, cose che devo compiere prima che tutto sia concluso e poi ci sei tu, Draco. Ad Albus non bastava che tu non lo uccidessi, desiderava che tu fossi affidato a me, in modo tale che l’Oscuro Signore non avesse dubbi sulla tua fedeltà, ma anche che tu non dovessi perdere te stesso. Io sono qui per proteggerti ora, da Lui e da qualunque colpa di cui potresti macchiarti in futuro”.

Malfoy si rialzò ancora una volta in piedi sconvolto – “E’ questo allora?” – chiese senza attendere risposta – “Silente è morto per salvare me e voi?”

“Sì” – disse semplicemente Piton. Ma c’era ancora qualcosa a cui il ragazzo stentava a credere e così lo affrontò ancora – “Quindi voi siete sempre stato una spia del vecchio? Anche con mio padre fingevate? Era tutto finto, tutto menzogna, siete un traditore”.

Anche stavolta Severus rispose con tutta tranquillità – “Sì!” e quella sillaba fu liberatoria quanto non avrebbe mai creduto. Fu come se il suo cuore la ripetesse, ancora ed ancora, tanto forte che pensò che Draco l’avrebbe udito.

“Sì, sì, sì! Io non sono un Mangiamorte, non sono un servo di Voldemort”.

“Con che coraggio mi dite questo?” – scattò sconvolto Malfoy – “Perché mi state rivelando il vostro tradimento?” – quasi urlò – “Io posso denunciarvi… mio padre… lui è in prigione e voi ve ne state qui a dirmi che siete un membro dell’Ordine della Fenice… da sempre… ”.

“Non credo che mi denuncerai, Draco” – lo interruppe Severus tranquillamente, senza smettere di fissarlo – “Anzi, sono sicuro che non lo farai” – ribadì, con un gesto noncurante della mano.

“Smettetela!”- ruggì Malfoy, mentre il sangue gli affluiva vistosamente al viso – “Credete che non ne abbia il coraggio? E’ questo vero? E’ questo?” – sibilò, avvicinandosi minaccioso al professore.

Piton non si smosse minimamente – “Credo che tu non voglia davvero farlo” – rispose con sicurezza.

“Smettetela subito!” – ripeté Draco, sempre più esasperato – “Cosa sapete voi di me? Come potete dirmi cosa voglio e cosa non voglio? Voi siete un traditore, avete tradito anche mio padre. Non potete cavarvela così, non ve lo permetterò!”.

“Allora denunciami. Forza!” – lo incalzò Severus – “Credi che abbia paura di quel che Lui potrebbe farmi”.

Draco si sentì morire, non aveva mai provato tanta vergogna in vita sua, tranne forse quella notte con Silente. Leggeva fin troppo bene negli occhi neri di Piton la verità di quelle parole. Severus Piton non aveva paura di Voldemort, né del dolore che avrebbe potuto infliggergli, né della morte atroce che gli sarebbe stata riservata se il suo tradimento fosse stato scoperto. Tanto meno aveva timore di un ragazzino come lui.

Ma Draco, invece, aveva paura. Odiava ammetterlo, però non poteva negarlo. E se fosse stato nei panni di Piton ne avrebbe avuta ancora di più. La sua mente si ritraeva al pensiero di quale atroce vendetta Lord Voldemort avrebbe riservato all’uomo che aveva davanti, se solo avesse conosciuto il suo segreto. Perchè lui tremava spaurito a quel pensiero, mentre Piton non dimostrava il minimo timore? Quale coraggio estremo o inenarrabile inferno passato facevano sì che il mago fosse indifferente al pensiero di un così grande pericolo? Com’era possibile, poi, che la sua minaccia venisse liquidata a quel modo?

“Non mi sfidate” – riuscì infine a dire – “Non tentatemi, voi credete di sapere chi sono, ma non sono più un vostro allievo, non potete farmi tacere con la minaccia di una punizione o di un brutto voto. Non sono più un bambino, sono un Mangiamorte ora” – sibilò, tentando di apparire gonfio di orgoglio.

Severus si mosse silenzioso e rapido come un gatto, cogliendo Draco di sorpresa. Il ragazzo pensò per un momento che il mago l’avrebbe schiaffeggiato di nuovo, o che, addirittura, avrebbe cercato di ottenere il suo silenzio uccidendolo con le sue mani. Incapace di reagire Malfoy serrò gli occhi e si ritrasse, ma non abbastanza prontamente.

Piton, però, non lo colpì, si limitò ad afferrargli con forza un polso; lo stesso che poco prima aveva stretto delicatamente per calmarlo.

Sollevando e storcendo il braccio di Draco sino a portarglielo davanti al viso, Severus alzò a sua volta il proprio con cui lo teneva, di modo che gli avambracci di entrambi fossero allineati. Poi, con un gesto rabbioso della mano libera, aprì il polsino della veste e tirò verso il basso la camicia, con tanta forza da lacerare la stoffa.

“Guarda ora, idiota” – gridò furioso – “Apri gli occhi o te li farò aprire a forza con la magia. Guarda!”.

Terrorizzato, Draco obbedì e si ritrovò a fissare la carne rosea e intonsa del proprio polso, ma anche quella del polso di Severus, sul pallore della quale il Marchio Nero spiccava indelebile. Il grosso teschio dalla lingua di serpente ghignava scuro a pochi centimetri dal naso del giovane Malfoy e la sua sola vista rendeva palpabile l’assenza di quello stesso marchio dal suo polso. Mentre guardava, senza riuscire a distogliere il viso, il ragazzo ebbe la sensazione che anche sul suo braccio vi fosse un marchio, di segno opposto a quello sul braccio di Piton, invisibile, ma inciso a fuoco nella sua carne. Il simbolo di un’assenza.

“Lo vedi?” – chiese Severus imperioso, ma già più calmo – “Osservalo bene Draco. Guardalo ed osa ripetermi che sei un Mangiamorte. Su, dillo ancora!”. Ma Malfoy non osò dire proprio nulla.

Severus gli lasciò andare il polso e tornato glaciale rimise a posto la camicia. “Reparo” – pensò e la stoffa tornò intatta, così che poté tranquillamente riallacciare i piccoli bottoni neri del polsino.

“Tu non mi denuncerai ragazzo” – aggiunse, di nuovo freddo, ma con un filo di dolcezza appena percettibile nella voce arrochita – “Non vuoi farlo più di quanto non volessi uccidere Albus. Non sai nemmeno cos’è, davvero, un Mangiamorte” – Severus pronunciò questa frase con un’alzata di spalle – “So che ti senti lacerato ora. Vorresti proteggere tua madre e dimostrare a tuo padre che sei come lui, ma in realtà non vuoi essere come Lucius fino al punto di servire il Signore Oscuro e di uccidere a sangue freddo”.

Malfoy annuì prima ancora di rendersene conto e ogni sua difesa cedette di colpo.

“Sono solo un vigliacco” – disse e non riuscì più ad impedirsi di piangere. Sconvolto e umiliato volse il capo verso il muro, non riuscendo più a sopportare quell’estenuante faccia a faccia.

Piton non tentò nemmeno di farlo voltare di nuovo verso di sé. La debolezza di Draco in quel momento ai suoi occhi meritava rispetto. Invece parlò piano, stavolta con gentilezza niente affatto velata.

“Non sei un codardo, Draco. Stai solo scoprendo il prezzo che si paga nel diventare adulto. Tu sei quel che sei, ragazzo, non sarai mai uguale a tuo padre e non sei tenuto ad esserlo. Non è vigliaccheria il vedere gli sbagli di chi amiamo e non volerli ripetere. Tutto al contrario, ci vuole coraggio. E’ giusto che tu ami tuo padre, ma dubito che continueresti davvero ad amarlo ripercorrendo i suoi errori”.

“Ho forse scelta?” – lo interruppe Malfoy tirando su col naso, ma con voce ferma.

Severus intuì che si trattava di una domanda retorica, cui Draco dava per scontata una risposta. La risposta sbagliata. Finalmente il Professore di Pozioni aveva compreso davvero quale fosse il primo incarico che Silente gli aveva lasciato e questo gli fece provare una sensazione di grande forza e serenità. Era ancora troppo presto per perdonarsi del tutto per la morte del vecchio, non era ancora giunto il momento in cui il dolore sarebbe divenuto meno lancinante, ma aveva di nuovo uno scopo ora. Uno scopo abbastanza nobile per cui valesse la pena vivere. Lui poteva rispondere correttamente alla domanda del suo allievo e poteva farlo anche per se stesso.

Incredulo per la facilità con cui stava compiendo quel gesto per lui così inusuale, Severus Piton abbracciò lentamente Draco Malfoy e lo sentì irrigidirsi, ma non smise di stringerlo piano mentre con voce calma iniziava a parlare.

“Tutti hanno una seconda scelta nella vita, ora lo capisco. Tutti hanno una seconda opportunità se davvero lo desiderano. Non capisci ancora che è proprio questo che Silente ha voluto insegnarti quell’ultima notte? Tu puoi scegliere, ed anche io posso farlo. Naturalmente ciò non si significa che non ci voglia coraggio per farlo, o che nulla e nessuno potrà ostacolarti. O che non sbaglierai mai. Ma si può lottare Draco, si deve lottare, per difendere le proprie scelte. Solo questo ti renderà un vero uomo”.

Ora Severus poteva sentire il tremito delle spalle di Malfoy contro il suo petto, ma non era altro che il pianto non ancora smorzato. Non c’era più imbarazzo o diffidenza nel ragazzo, solo una sorta di grato abbandono.

“Io ti guiderò se lo vuoi” – riprese Severus – “Ti terrò lontano da Lui il più possibile, ti insegnerò a fargli credere ciò che tu vuoi che creda, ti mostrerò come essere più forte. Sarai preservato Draco, sarai preservato, proprio come voleva Silente, proprio come vuoi tu”.

 

 

FINE

 

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