Now I know that I can't make you stay.

di fraya7x
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Tamponamento ***
Capitolo 3: *** Sogno ***
Capitolo 4: *** Cani ***
Capitolo 5: *** Abisso ***
Capitolo 6: *** Canta ***
Capitolo 7: *** Spaventapasseri ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il mondo è strano.
Le persone che lo abitano sono strane.
Anche le persone che potresti considerare più normali sono strane.
E molto spesso sono lontane anni luce da te per quanto tu possa considerarle le più vicine che hai.
Molto spesso le persone non sono quello che tu pensi esse siano.
Le persone sono sempre diverse da quello che pensi.
A volte sono diverse, ma non troppo.
A volte appartengono ad un altro mondo.
No. Niente alieni. Solo persone di un altro mondo.
 

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Capitolo 2
*** Tamponamento ***


-Terra chiama Ivy, terra chiama Ivy-.
-Che c’è?- si girò scocciata verso il sedile del guidatore.
-Ti ho chiesto com’è andata a scuola cara-, la madre la guardò con aria interrogativa ripetendo la domanda.
-Uno schifo-
Vero.
-Come procede la preparazione agli esami?-
-Bene.-
Falso.
Era marzo, il diploma si avvicinava e lei era indietro col programma. E non di poco.
-La mamma di Debby mi ha detto che fra due settimane c’è il ballo di fine anno-.
-Non mi interessano queste cose e lo sai benissimo-.
Guardava fuori dal finestrino, assorta nei suoi pensieri. Colby se n’era andato. Italia, Milano. Erano tanti kilometri e un oceano quelli che ora li dividevano. E in più...
Un gran fracasso la distolse dai suoi pensieri.
-Aaaaah- Sua madre stava urlando. Si erano improvvisamente fermate ad un paio di isolati da casa.
-Che succede?-
-Ma in che mondo vivi? Ci hanno appena tamponato-
-Ci mancava anche questa. Fai quello che devi fare in fretta. Porca puttana, se tu ti decidessi a lasciarmi usare il vecchio pick-up-.
Sua madre le tirò uno schiaffo: -Modera le parole signorina. E visto che hai tanta fretta vai a casa a piedi-
Sua madre scese dalla macchina, e la figlia fece altrettanto
Si incamminò verso casa. Senza voltarsi indietro. Sentì sua madre discutere con quello che sembrava un ragazzo non tanto più grande della sua età. Parlava in modo frettoloso, sembrava impacciato e si mangiava le parole. Non sembrava nemmeno avere l’accento locale. Si fermò di colpo. Che ci fa uno straniero qui? Non ci sono mai turisti in questo posto. Si voltò lentamente senza riuscire a resistere alla curiosità. A Fallon, quel paesino sconosciuto del Nevada, non arrivava mai nessuno di interessante, la vita era monotona e la gente che vi abitava faceva piuttosto schifo, fatta eccezione per i suoi due migliori amici: Deborah, una fighissima biondina dagli occhi azzurri e Ace, un fighissimo nerd piuttosto impacciato. L’unica dei tre a non essere strafiga e a non avere niente di straordinario era Ivy. Capelli rosso scuro, occhi neri, smagrita e senza curve di alcun tipo, un neo sopra il labbro da una parte e un piercing sotto dall’altra, un nome insignificante e un carattere impossibile.
Tornando a noi.
Osservò con aria incuriosita il tipo sceso dal furgone. Aveva i capelli neri, non troppo corti, sistemati dietro l’orecchio e occhi piuttosto chiari, visti da lontano sembravano marroni. Era basso, non più del metro e settanta probabilmente, e magrolino. Portava un paio di jeans stretti, abbinati a delle converse nere e una t-shirt nera. Le maniche corte della maglietta sgualcita lasciavano intravedere numerosi tatuaggi. Ebbe un tuffo al cuore: il tipo che aveva tamponato la sua macchina e che adesso discuteva animatamente con sua madre, le ricordava tremendamente, fottutamente, maledettamente Colby. Tirò fuori dalla tasca il suo i-phone e compose il numero di Debby in fretta e furia, sbagliando più volte a digitare i tasti.
-Ehy ciccia-
-C’è uno straniero in città, avrà 18 anni, massimo 19-
-E’ figo?-
-Sei una stronza superficiale. Comunque sì è figo, ha appena tamponato la mia macchina e assomiglia dannatamente a Colby-
-Tu non dovresti essere alle prove?-
Scostò il telefono dall’orecchio per controllare l’ora.
-Merda!-
-Dimmi di ‘sto tipo sono curiosa-
-Devo andare alle prove, stasera vengo da te-.
Corse fino a casa e arrivaò sudata fradicia. Benché fosse marzo, il clima del Nevada era torrido e trovandosi in un paesino sperduto in mezzo al deserto il clima era ancora più torrido. Per non parlare del clima estivo.
Si cambiò ficcandosi una canottiera blu e un paio di shorts. Si mise la chitarra su una spalla e si diresse  a grandi falcate verso la casa del suo cantante. Aprìla porta del garage ed entrò.
-Un’ora di ritardo e un telefono a te così sconosciuto-
-Non rompere Josh. Ci hanno tamponate-
-Tua madre è sempre stata negata a guidare-
-Proviamo-.
La band era composta da sole tre persone chitarrista, cantante e batterista. Josh era un grassone petulante con una voce da paura, mentre Fred era un ragazzo muto, un grande batterista e un gran bel pezzo di ragazzo; non avevano un nome e suonavano cover di band tipo Green Day.
Provarono il resto del pomeriggio, fino a tarda serata. Bevendo birra, fumando e scazzando.
Quando Ivy iniziò a non reggere più la stanchezza chiuse la chitarra nel fodero e si avviò verso l’uscita.
Squillò il telefono.
-Non dovevi venire da me?-
-Merda è vero. Abbiamo finito ora, passo da casa un attimo e arrivo, resto a dormire-
-Okaaay baby, a fra poco-
Riattaccò.
-Ciao ragazzi-.
-Ciao Iv, ci sentiamo per le prossime prove-.
Tornò a casa velocemente, salì le scale a due a due entrò nella sua camera spoglia e ficcò la roba che le serviva in una borsa. Poi bussò alla porta dello studio di sua mamma.
-Posso?-
-Certo tesoro, entra-
-Com’è finita oggi la storia del tamponamento?-
-E’ finita che mi pagherà i danni-
-Non l’avrei mai detto. Ma chi era quel ragazzo? Non l’ho mai visto da queste parti-
-Si chiama Frank Iero, si è trasferito qui da poco con i suoi compagni di una band. Studieranno qui; fra le altre cose penso che verrà a scuola tua-
-E dunque fa parte di una band? Ma cosa ci stanno a fare qui dei ragazzi della mia età? Che si sono trasferiti a fare in questo posto?-
-Ah, questo proprio non lo so. Però potresti chiederglielo, mi ha lasciato il suo numero-
-Ma chi se ne frega, sopravvivo anche senza saperlo. E comunque se è vero che verranno a studiare alla Churchill, le voci gireranno in fretta-
-Bene, vado a dormire da Debby, ciao mà-
Si avviò  verso la porta. Aveva ormai varcato la soglia quando sua madre parlò.
-Assomigliava a Colby-
Quelle tre parole, dette così freddamente, la trapassarono come un coltello da parte a parte, senza lasciarle possibilità di respirare. Restò ferma, impietrita, con la borsa in mano, la bocca asciutta dalla quale non usciva alcun suono.
Sentiva fitte allo stomaco e le girava la testa.
Riuscì a parlare solo dopo alcuni interminabili attimi, riuscendo a dire solo due parole: -Lo so-.
Scese le scale velocemente, e uscì nel buio della notte.
Colby era stato l’unico ragazzo di cui Ivy si fosse mai innamorata.
 
 
Nota dell’autrice
In questa storia i My Chemical sono stati visti come ragazzi di 18-19 anni, ancora ben lontani dal loro successo. Non sarà esattamente una storia..normale. Insomma via chi vivrà vedrà gente, non voglio parlare e rischiare di spoiler are qualcosa. Sinceramente parlando ho già idee ben precise su questa storia, ma fino adesso questo è tutto quello che ho scritto (prologo compreso). Grazie a chi legge e a chi eventualmente lascia una recensione. Byee (:

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Capitolo 3
*** Sogno ***


2. Sogno.
Dopo aver raccontato a Debby dello straniero, quella si attaccò al telefono, dicendo di “dover fare alcuni giri di telefonate”. Restò al telefono per una buona mezz’ora; una volta riattaccata definitivamente la cornetta del telefono fisso, guardò l’amica con aria sconsolata scuotendo la testa: -Niente di niente; non c’è nessuno che sappia niente di nuovi arrivati in città. Ed è veramente strano; nemmeno Chris, il figlio dello sceriffo ne sa niente. Davvero io non riesco a farmene una ragione-.
Questa era la sua migliore amica: convinta in tutto quello che faceva, perfetta in tutto quello che faceva, impeccabile in ogni cosa, sempre e comunque. L’esatto contrario di Ivy. Come avevano fatto a trovarsi nessuno lo sa, ma si erano trovate ed erano inseparabili.
Alla fine, fra una cosa e l’altra, erano quasi le undici e nessuna delle due aveva sonno.
Stavano sdraiate sul letto ad una piazza e mezzo a guardare il soffitto e a parlare del più e del meno.
Ad un certo punto Ivy esordì: -Vorrei che fosse stato un brutto sogno e che quel ragazzo non fosse mai esistito-
-Questo perché ti ricorda Colby?-
-Sì-
-E temi che dover vedere tutti i giorni un tizio uguale a lui pur non essendo lui potrebbe causare problemi al tuo equilibrio psichico?-
-Non è uguale, gli assomiglia. Gli assomiglia dannatamente, però. Comunque sì, potrebbe-
-Te lo sei sognato forse-
-Non so-
-Domani colmeremo la nostra curiosità-
-Io non sono curiosa-
-No?!-
-No, io mi chiedo solo cosa ci facciano qui degli stranieri. Lo sai che non mi interesso ai ragazzi-
-A parte Colby-
-Sì vabbè, a parte Colby. Sai che lui era un caso del tutto straordinario-
-Lo so. E te lo sai che ti sei comportata da stronza vero?-
-Io l’ho fatto per il suo bene..-
-…rovinandoti la vita-
-Basta dormiamo-.
Ivy si alzò e spense le luci
-Non voglio più pensare a niente: a Colby, agli stranieri e agli esami-
-Gli esami…- Sospirò Debby nel buio.
Ci furono un paio di secondi di silenzio, finchè entrambe non sbottarono un: -Cazzo!- come se si fossero sincronizzate.
Poi si addormentarono.
 
-Ivy fermati. Smetti di correre-
Non posso fermarmi, non posso fermarmi, non posso fermarmi.
Quella voce mi perseguita.
Ordina di fermarmi, ma io non posso, non posso smettere di correre.
Vorrei farlo, ma non posso.
Il fatto è che conosco quella voce.
Ed è bellissima.
C’è qualcuno laggiù.
Colby!
No.
Frank Iero.
Sta dicendo qualcosa:
-Keep Running-
 
Spalancò gli occhi nel buio, aveva il fiatone. C’era qualcuno accanto a lei. Debby!
Si tranquillizzò. Era stato solo un sogno; l’aveva spaventata, era spaventata. Ma non riusciva a ricordarsi niente di quel sogno. Erano le quattro del mattino, si girò su un fianco, cercando di riprendere sonno, ma non ci riuscì.
Il tempo sembrava non passare mai. Alle 5 sentì il padre e la madre di Debby che si alzavano per andare al forno.
Una volta usciti, Ivy si alzò e andò in cucina. Si preparò una tazza di caffè e si mise davanti alla televisione a fare zapping. Capitò su MTV. C’era un programma in cui venivano cercate a giro per il mondo band esordienti di ragazzini giovani. Più o meno dove noi non finiremo mai. Le sette e mezzo, per quanto sembrassero lontane, arrivarono. Sentì la sveglia nella stanza accanto dove l’amica dormiva e la sentì lamentarsi assonnata.
Ivy la vide comparire sulla soglia della porta del salotto come un fantasma.
-Sembri un fantasma-
-Fottiti tesoro-
Ivy scoppiò a ridere.
-Perché sei già sveglia? Di solito sei te quella che ci mette di più a svegliarsi-
-Sono sveglia dalle quattro, ho fatto un brutto sogno e non sono più riuscita ad addormentarmi-
-Non credevo che una superdonna come te potesse fare brutti sogni-
-Non ne faccio mai, infatti-
-Mmmmh-.
Mentre  Debby si preparava colazione, Ivy andò a lavarsi e a vestirsi.
Si ficcò i jeans, la maglia degli Iron Maiden e le sue fedeli Victoria blu; si spazzolò i capelli lisci e lunghi fin sotto le scapole.
Ciondolò fino al bagno. Si guardò allo specchio con timore. Timore fondato: le occhiaie le arrivavano fino ai piedi. Si lavò energicamente il viso per cercare inutilmente di spazzare via quei segni di una notte devastante. Poi tornò dall’amica.
Dopo essersi trastullate un po’ sul divano, perché in anticipo uscirono e si avviarono in macchina verso la scuola. Il Land Rover di Debby non passava mai inosservato e, quando a scuola lo vedevano arrivare nel parcheggio, una massa di ragazzi sbavanti e di ragazzine petulanti che cercavano di ingraziarsi la più figa della scuola si accalcavano intorno a lei. Lei non era interessata alla popolarità, anzi, le faceva proprio schifo. Forse era per questo che Ivy era la sua migliore amica: perché la teneva lontana da quella massa di gente che la infastidiva da matti.
Quando furono nei pressi dell’ingresso della scuola, e una buona parte del loro seguito si era dissolto in seguito ad un paio di occhiatacce lanciate dalla bionda, Ace si fece loro incontro raggiante.
-Giorno ragazze-
-Mmmmh-
-Buongiorno Ace-
-Siamo attive stamani Ivy?-
-Stai zitto Ace, ho dormito poco-
-Stamattina la ragazza morde-
-Che paura-
-Se non la fate finita arriva un cazzotto ad entrambi-.
Tacquero immediatamente. Per quanto fragile e innocua Ivy potesse sembrare, non lo era affatto.
-Ti interessa degli stranieri?-
Debby precedette la sua risposta: -Assolutamente!-
-Allora.. Mi sono un po’ informato in giro i ragazzi sono quattro e vengono dal New Jersey. Due di loro sono fratelli, uno di loro ha vent’anni, l’altro ventitré; e a quanto ho capito gli altri due hanno diciannove e ventitré anni. Gli unici due che frequenteranno la Churchill saranno il fratello minore, ripetente, e l’altro di diciannove anni. Sono componenti di una band a quanto pare, si chiamano My Chemical Romance. Questo è tutto quel che sono riuscita a sapere, sul motivo del loro trasferimento in questo posto, nessuno sa niente-.
-Fico-
-L’unica cosa che volevo sapere, non me l’hai saputa dire, sei inutile-
-Grazie cara, anche io ti voglio bene-
Si apprestarono ad entrare in classe, per l’ora di biologia, trascinandosi sfaticati.
Appena raggiunta la soglia e gettato uno sguardo verso l’interno dell’aula, Ivy si bloccò sconvolta e si apprestò a fare retromarcia. Si avviò verso il cortile a passo di carica, con l’amica che la seguiva trotterellando, con aria disperata.
-Fermati Ivy!-
-Non ho intenzione di stare in classe con quello, non ce la faccio!-
-E invece sì, cosa vuoi che sia-
-Lascia stare, tanto anche se te lo spiegassi non capiresti-
-Vieni in classe e non rompere-
-Ci penso, okay?-
Sentì una morsa possente immobilizzarla.
-Mollami Ace-
-Ti ci porto con la forza in classe, se non ci vieni da sola, devi affrontare la tua paura-
-Ma che paura e paura! Non ho solo voglia di vedere un tipo che mi ricorda così dannatamente Colby, col solo risultato di soffrire. Però se mi molli ti giuro che vengo in classe-
-Sai da quant’è che non mi fido più dei tuoi giuramenti?-
-Fanculo bastardo-
Con una mossa scattante si abbassò liberandosi dalle braccia che la tenevano ferma e si mise a correre. Corse quanto più lontana poté, e finì per sedersi su una panchina in disparte, in fondo al cortile, a leggere un manga, con la musica nelle orecchie.
Quando suonò la campanella, si avviò verso l’aula per la lezione successiva, facendo gli scongiuri.
-Ehi scusa-
Quella voce non le sembrava nuova, l’aveva già sentita.
Cazzo. Certo che l’ho sentita. Sta parlando con me?
-Scusa dico a te-
Scappa finchè sei in tempo.
Fece un respiro profondo e si voltò.
-Sì?-
Questo fu tutto quello che riuscì a far uscire dalla sua bocca.
Perché non sono scappata? Qualcuno me lo può ricordare?
-Stamattina quando ti ho vista sulla porta della classe ti ho riconosciuta. Ieri ho tamponato la tua macchina; perché sei scappata quando mi hai visto? Ti ho fatto qualcosa di male?-
Quegli occhi… Non riusciva a rispondere, quegli occhi la stavano fissando. L’avevano incatenata, non riusciva a scappare. E lui non distoglieva lo sguardo.
Che sfacciato del cazzo.
-Stai bene?-
Scosse la testa, facendo una discreta figura di merda.
-Sì scusa. Comunque no tranquillo non mi hai fatto niente, non sei tu il problema-
Stava sentendo le ginocchia cedere.
-E’ Mikey?-
-Chi?-
-Il mio amico, che è arrivato in città con me e che era accanto a me di posto?-
-Ahh! No no. Lascia stare, sono io che ho un problema con il mondo.
-Se lo dici tu. Comunque piacere, io sono Frank-
Quando le tese la mano senti un colpo trafiggerle lo stomaco senza alcuna pietà. Tese una mano tremante.
-Lo s..ehm, piacere Ivy. Comunque scusa devo andare a lezione, ci vediamo-
Si voltò e quasi si mise a correre. Quasi. Le sue gambe non avrebbero retto; si avviò a passo svelto.
-Ehi aspetta! Sabato sera facciamo un concerto al pub Fellon, vieni? Puoi portare chi vuoi-
-Cercherò di esserci, grazie dell’invito-
Cercherò di esserci?
Dopodiché si mise davvero a correre.
 
Note dell’autrice
Ciao gente.. Innanzi tutto chiedo scusa a tutti se non avete trovato la storia romantica che vi aspettavate. Ci sarà un po’ di romanticismo ma più avanti. Insomma fra “genere” ho messo sia romantico che supernaturale, dovrò pur rispettare tutti e due. Ebbene nel prossimo capitolo ne vedremo delle belle. Grazie a chi mi segue (:

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Capitolo 4
*** Cani ***


Premessa: vi avevo promesso grandi cose per questo capitolo, ma mi dispiace deludervi: se ci avessi messo anche la serata del concerto ssarebbe venuto troppo lungo e non avevo voglia di annoiarvi, buona lettura. C.


Muoio.
Primo pensiero, entrando nell’aula di spagnolo e trovando al suo interno Frank.
Mi perseguita. Non posso.
Ivy si fece  forza, aveva già saltato troppe lezioni di spagnolo, e non era in condizione di saltarne altre. L’unico piccolo (gigantesco) problema era che a frequentare quel corso era da sola, quindi non c’era nessuno dei suoi amici a rincuorarla.
Si sedette al primo banco, così da stare il più lontano possibile dal tizio, che era all’ultimo.
Fece due respiri profondi.
Quell’ora sembrava non finire più. I minuti passavano lenti e incessanti e Ivy sentiva uno sguardo penetrante che le scrutava le spalle, ma non aveva alcuna forza psichica per girarsi e accertarsi del suo sospetto. Quando, vedendo l’orologio attaccato sopra la lavagna, si accorse che mancavano 5 minuti alla fine dell’ora, raccolse le sue cose e sgattaiolò fuori, farfugliando e giustificandosi di dover andare in bagno. Tutto ciò solo per evitare Frank Iero.
L’ora di pranzo per fortuna arrivò in fretta senza ulteriori complicazioni. Dopo aver verificato che a mensa non ci fossero pericoli sgattaiolò verso il tavolo dove i suoi amici la stavano aspettando.
La videro arrivare di soppiatto, come un gatto e la guardarono malissimo.
-Stai bene?-
-Mi ha chiesto se sabato sera andiamo al concerto che fanno al pub Fellon-
-Chi?-
-Frank Iero-
-O cazzo. Ti ha parlato?-
-Sì-
-Fa piacere-
-A me un po’ meno. Sono scappata come una cogliona-
-Non ci posso credere-
-Sei un’idiota-
-Fottetevi-
Si mise a sedere guardandosi intorno agitata.
-Se lo vedete mi avvisate per favore?-
-Ma scusa che te ne frega se lui ti vede?-
-Mi frega che ho appena fatto una discreta figura di merda-
-Secondo me ti interessa-
-Secondo me devi andare a fare in culo-
-Ok, mi avvio-
Dopodichè restarono in silenzio.
-Scusate se vi interrompo-
Okay è stato bello conoscervi, ci di vede in paradiso.
-Dicci-
-Ho già detto a Ivy del concerto ma volevo lasciarvi il volantino, spero di vedervi sabato sera. Vogliamo un po’ farci conoscere qui in giro-
-Ma perché vi siete trasferiti qui?-
Debby merita un premio nobel per la sfacciataggine.
-Ehm, questioni di famiglia varie. Bene ci vediamo. Ciao ragazzi, ciao Ivy-.
I loro sguardi si intrecciarono fugacemente
“Ciao Ivy”? Questa confidenza da dove viene?
-E’ veramente bello-
-Mmmmh-
-Comunque gente io vado, ci vediamo a luscita-
-Mmmmh-
-Ciao Debby-
-Grazie tesoro per tutto il calore e l’amore che mi offri-
-Ciao-
La bionda si allontanò facendosi strada fra la massa di gente.
Ace la guardava come incantato.
-Vorrei sapere cosa aspetti a rivelarle i tuoi sentimenti. Vuoi finire come me?-
-Non è facile-
-Lo so, fidati-
-Te parli, ma poi a fatti sei peggio di me-
-Ooooh, sta zitto Ace. Ci vediamo all’uscita-
Si alzò e si allontanò.
Mentre camminava per il corridoio incrociò Mikey l’amico di Frank. Lui le incollò lo sguardo addosso. Era uno sguardo inquisitore; uno sguardo che Ivy non capiva. Si affrettò ad entrare in aula. E si ritrovò inaspettatamente ad aspettare il sabato con ansia.
 
****
‘Cause the hardest part of this is leaving you.
Avevo davanti a me due porte.
Sapevo che dovevo sceglierne una.
In una avrei trovato lui, nell’altra Frank Iero.
Sapevo qual’era la porta giusta.
Avevo paura di scegliere.
Avevo paura di scegliere.
 
Si tirò su di scatto dal letto, sbarrando gli occhi. Un altro sogno tremendo che non si ricordava, se non quella frase. Qualcosa non andava nel suo cervello.
Si girò verso la sveglia sul comodino: sabato, ore dieci e trenta.
Quindi era arrivato il grande giorno.
Nei giorni seguenti all’incontro Ivy aveva cercato di evitare Frank con successo,e si era sorbita un altro paio di occhiate inquietanti da parte dell’amico.
Erano quasi le due quando si decise ad alzarsi dal letto, annoiata. Si fece un paio di ricerche sul computer. Alla voce “My Chemical Romance” non c’era assolutamente niente di collegabile ad una band.
Scendendo le scale e le arrivò un profumo di cibo.
Oltrepassata la soglia della cucina, si ritrovò tre persone che discutevano animatamente: sua madre, Debby e Ace.
-Ma voi ce l’avete una casa?-
-Sì-
-Sì, ma tua madre ci ha invitati a pranzo-
-Siete i benvenuti-
-Ivy sei una scorbutica. Potresti accogliere un po’ meglio gli ospiti-
-Oh, mi sono appena svegliata-
-E sono le due passate; non hai fame?-
-Troppa-
Si avventò su uno dei muffin posti sul vassoio sul tavolo di marmo della cucina e iniziò a divorarlo a grandi morsi.
-Allora che ti metti stasera?-
-Deciderò all’ultimo minuto, perché?-
-Non dovresti farti bella per Frank?-
-Spero tu non stia dicendo sul serio-
-Ivy per una volta potresti anche preoccuparti un po’ del tuo aspetto-
-Ah ah, ok mamma-
-Dunque che facciamo oggi pomeriggio prima del concerto?-
-Mmmmh, portiamo Billie a spasso?-
Il bastardino nero e marrone appena si sentì chiamare in causa sfrecciò in cucina facendo le feste alla padrona.
-Tutto il pomeriggio?-
-Ci fermiamo al parco a studiare?-
-Ci sto-
Quando Ivy fu pronta per uscire si misero gli zaini in spalla e uscirono con il cagnolino al guinzaglio che scodinzolava tutto felice.
Mentre camminavano in silenzio per strada si fece incontro loro una figura che portava al guinzaglio cinque cani: Frank Iero.
-No, ma allora è uno stalker-
-Dai tranquilla fai un respiro profondo-
-Respiro profondo un cazzo-
-Ciao ragazzi. Ci rincontriamo-
-Ciao Frank-
-Io non mi sono ancora presentato a voi due, piacere sono Frank-
-Debby, il piacere è nostro-
-Ace-
-E chi è questo bel cagnolino?-
-E’ il mio cane, Billie-
-Come Billie Joe?-
-Sì come Billie Joe-
-Questi invece sono alcuni dei miei tesori Peppers, Mama, Houdini, Bela e Texas. Ne ho altri quattro, ma devo portarli fuori un po’ alla volta sennò non ce la faccio a tenerli tutti-
Sentii Ace farfugliare qualcosa tipo “E’ malato”.
Ridacchiai sotto i denti.
-Bene noi dobbiamo andare a studiare, ci vediamo-
-Venite stasera?-
-Sì ci saremo-
-Bene, ci conto-.
Dopo aver rivolto ad Ivy uno sguardo talmente intenso e penetrante da farle male, si allontanò trascinato dai suoi cinque cagnolini.
-E’ bello. Hai visto come ti guarda?-
-Ma fammi il piacere, non mi conosce nemmeno-
-Non mi metto nemmeno a discutere con te-
-Fai bene-
Il resto del pomeriggio trascorse nel più assoluto cazzeggio aspettando la sera .
Verso le otto si divisero dandosi appuntamento per mezz’ora dopo davanti al pub.
Cosa stranissima, durante il viaggio di ritorno verso casa, Ivy non smise di pensare un secondo a cosa mettersi quella sera.

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Capitolo 5
*** Abisso ***


Alla fine si mise un paio di jeans neri strappati, una t-shirt nera attillata, semplice davanti e scollata dietro e le converse nere. Niente di particolarmente strano, alla fine. Si raccolse i capelli così da lasciare in bella vista la nuca e il suo tatuaggio: un ragno, un semplice ragno. Trucco pesante: eyeliner sia sopra che sotto, mascara, e fondotinta chiaro, come se la sua pelle non fosse già abbastanza chiara. Tempo di pettinarsi i capelli e sentì un colpo di clacson provenire dal vialetto. Si ficcò la giacca di pelle, afferrò la tracolla di Jack Skeleton e uscì.
-Sera-
-Sera cara-
-Sei emozionata?-
-Dovrei?-
-Non lo so. Io lo sarei: insomma, in fondo lo sai anche te che lo desideri. Non lo desideri come desideravi Colby, diciamo che lo desideri… fisicamente, ecco. Non riesci ad ammetterlo, ma lo sai nel tuo subconscio. Si vede da come lo guardi e da come prendi fuoco ogni volta che lo vedi-
-Ma falla finita-
-Appunto, non vuoi ammetterlo-
-Ovvio-.
Il resto del viaggio proseguì in silenzio.
Arrivate al parcheggio di fronte al pub e scese, Ivy guardò l’amica: pantaloni di pelle, tacchi vertiginosi e cannottiera blu elettrico, con uno scollo che lasciava in mostra il suo petto prosperoso. Bella come sempre.
Entrate nel pub si sorpresero di trovarci dentro più gente di quella che si aspettavano: quello di solito era il ritrovo dei ragazzi che stavano lì per cenare e passare una serata insieme. Ma mai come quella volta aveva visto un tale concentramento di gente in quella che era una sala non esageratamente grande. Fra la folla trovarono il tavolo a cui Ace si era seduto. Essendo suo zio padrone del locale, la posizione del tavolo era parecchio favorevole, si vedeva bene il piccolo palchetto su cui adesso erano posizionati una batteria e due microfoni.
Il concerto sarebbe iniziato nel giro di mezz’ora. Senza un preciso motivo lo stomaco di Ivy entrò in agitazione. O forse un motivo c’era ed era vero che lei non voleva ammetterlo.
-Cosa vi porto ragazzi?-
-Per me un hot-dog e patatine-
-Io un hamburger bello farcito, a te la scelta-
-Io prendo un’insalata, grazie-
Il cameriere si allontanò, riponendo il taccuino degli appunti nella tasca del grembiule.
-A giudicare dal rumore che faceva il tuo stomaco sembrava che tu avessi una fame da lupi e invece hai ordinato una misera insalata-
Non rispose. Mangiarono in silenzio, dopodiché Ace parlò: -Allora agitata?-
-Non inizierai anche te, eh?!-
-Non…-
Un rif di chitarra interruppe, per fortuna, quella conversazione che, come al solito sarebbe finita nel degenero. Alzarono la testa e il caos che fino ad ora riempiva il locale, cessò. Una folta testa riccioluta era piegata su una Les Paul. In una parte più buia del palco molo arrangiato si vedeva un’altra figura, un’altra chitarra. Una voce iniziò a cantare: -Remember me, remember me, remember me, remember me-
Un ragazzo con i capelli rosso fuoco fece la sua entrata sul palco, seguito da Mikey che aveva un basso appeso al collo. La figura che fino a quel momento era rimasta nell’ombra, fece un passo avanti, rendendo possibile in quel modo la visione di Frank Iero. I suoi occhi verdi brillavano nella luce soffusa presente nella stanza; si muovevano veloci sul pubblico.
Where, where will you stand 
When all the lights go out 
Across these city streets?

Stava cercando qualcuno. Ivy non riusciva a staccargli gli occhi di dosso; era una trappola mortale. Aveva un qualcosa in più rispetto a Colby, non riusciva a capire cosa e ciò la stava insultando.
Where were you when 
All of the embers fell? 
I still remember them 
Covered in ash 
Covered in glass 
Covered in all my friends 
I still think of the bombs they built.

Gli occhi del ragazzo infine si fermarono, trovando probabilmente quello che cercavano. Se possibile, si illuminarono ancora di più, diventando qualcosa che assomigliava più ad un paio di fanali che ad un paio d’occhi. Erano… lucidi. Dalla gioia e dall’emozione. Le note della canzone proseguivano; quello era il sound migliore che Ivy avesse mai sentito.
If there's a place that I could be 
Then I'd be another memory 
Can I be the only hope for you? 
Because you're the only hope for me.
Quegli occhi adesso non distoglievano lo sguardo, nemmeno per guardare la chitarra. Quegli occhi stavano fissando Ivy. Quando se ne rese conto per la ragazza fu come se tanti pugnali le perforassero la schiena; quei due fanali, ad un tratto si fecero neri. E non era la luce che si divertiva a fare giochi con quelle iridi verde smeraldo: i suoi occhi erano diventati neri. Neri come un abisso.
And if we can't find where we belong 
We'll have to make it on our own 
Face all the pain and take it on 
Because the only hope for me is you alone.

Abisso impenetrabile. Il respiro di Ivy si fermò: in quel momento nella sala non c’era nessun altro all’infuori di loro due e di quegli occhi neri, che le stavano perforando l’anima, come a volerla tirare fuori dal suo corpo. Stava sorridendo.
How would you be 
Many years after the disasters 
That we've seen 
What if we learned 
Of all the people burning 
In purifying flame

Voleva togliergli gli occhi di dosso, non riusciva più a resistere a quello sguardo. Sembrava una droga; doveva distogliere lo sguardo, altrimenti sarebbe passata da idiota. E quel sorriso; quel sorriso era qualcosa di diverso da un sorriso… umano. Divino, non trovava altri aggettivi che potessero descriverlo. Ecco cosa aveva in più rispetto a Colby: qualcosa di soprannaturale, di non umano.
I'll say it's okay 
I know you can tell 
And though you can see me smile 
I still think of the guns they sell 

Quella canzone; era qualcosa che si avvicinava alla perfezione. Cercò di abbassare lo sguardo senza successo e questa cosa sembrò divertire Frank ancora di più. Adesso la ragazza era vicina ad incazzarsi: si stava prendendo gioco di lei.
If there's a place that I could be 
Then I'd be another memory 
Can I be the only hope for you? 

Aveva capito l’ascendente che aveva su di lei, e ne stava approfittando per allietarsi un po’ la serata. Ivy si sentì gonfiare: era un sorriso arrogante. Probabilmente il ragazzo si accorse della reazione iraconda della ragazza e subito il suo sorriso diventò dolce e apprensivo. Non si rese conto che questo avrebbe solo peggiorato le cose.
Because you're the only hope for me 
And if we can't find where we belong 
We'll have to make it on our own 

La canzone terminò.  A Ivy era salita la voglia di salire sul palco, di prendere quella chitarra e di fracassargliela sulla testa. Il “concerto” durò altre cinque canzoni; fra una e l’altra nessuno dei ragazzi parlò.
Solo in fondo, il rosso ringraziò: -Grazie per aver partecipato. Vogliamo solo farci conoscere in questa città. Per noi è un buon inizio e il fatto che abbiate partecipato così numerosi non può far altro che rallegrarci. Bene adesso è l’ora di presentarci: alla chitarra principale abbiamo Ray Toro, al basso Mikey Way, alla chitarra ritmica Frank Iero, e alla voce io, Gerard Way. Ulteriore ringraziamento va a Michael Pedicone, che abbiamo incontrato qui e che si è messo a disposizione per darci una mano con la batteria. E’ arrivato il momento di darvi la buona notte Fallon. A presto!-
Dopodiché, prima che chiunque avesse tempo di muoversi Ivy si fece spazio fra la folla, sgomitando in qua e in là, per uscire e scappare via quanto prima le fosse stato possibile da quell’inferno. Quando finalmente fu all’aria, riuscì finalmente a respirare, e a far riprendere al suo cuore un’andatura nella norma. Una volta ripreso il controllo di sé stessa si avviò verso la macchina di Debby a grandi falcate, decisa ad aspettarla lì, così da non rischiare incontri indesiderati.
Non aveva fatto che un paio di passi, che qualcuno le bloccò un polso.
-Ehi-
-Sì?-
-Ti volevo solo salutare e ringrazi arti per essere venuta-
-Non ce n’è bisogno, mi sono divertita. Siete stati molto bravi-
Si voltò a guardarlo negli occhi, che, come per magia erano di nuovo verdi e brillanti.
-Pensi che non abbia capito vero l’effetto che ti faccio. Te lo leggo negli occhi-
-Come ti permetti? Hai una bella faccia tosta-
Cercò di divincolarsi dalla presa del ragazzo, che, per tutta risposta, si fece ancora più stretta.
-Vuoi lasciarmi?-
-No. Finchè non mi avrai risposto-
-Ma non mi hai fatto nessuna domanda!-
-Sei attratta da me vero?-
-Non ti conosco nemmeno-
-Ivy..-
Sentire la sua voce, pronunciare il suo nome, fece sì che le sue gambe iniziassero a tremarle, mettendo a rischio la sua figura da dura.
-Senti Ivy, ti conosco molto meglio di quanto tu possa pensare e mi attrai, sia fisicamente che no-
-Come fai a pensare di conoscermi, se abbiamo parlato due volte?-
-Dovrei dirti troppe cose…-
-Sei uno stalker?-
-Ma no..-
Sorrise, e lasciò andare un po’ la stretta.
-Vorrei poterti dire di più, ma non posso; per favore non scappare, non voglio farti male. Voglio solo chiederti di darmi una possibilità. So di avere bisogno di te-
-Io non so che…-
Non le diede il tempo di finire la frase, le prese una mano, la avvicinò a sé e la baciò; lo fece con una passione quasi…paurosa. Quando trovò la forza, Ivy si divincolò, da quel bacio magnetico.
-Ma…-
Dopodichè lui iniziò ad allontanarsi a retromarcia, lentamente, senza lasciarle la mano. In una frazione di secondo, la lascio, si girò e si avviò verso l’entrata del locale, che ora si stava affollando di gente che si apprestava ad uscire, lasciandola lì in mezzo, come una scema, con le gambe molli, gli occhi lucidi, la bocca spalancata e un foglietto in mano.
 


Nota dell’autrice.
Chiedo umilmente perdono se mi sono dilungata così tanto è solo che ci tenevo tanto a descrivere bene questo capitolo. Insomma questo bacio inaspettato turberà tantissimo la nostra Ivy, fin quando si convincerà che sia i suoi amici che Frank hanno ragione. Insomma, il prossimo capitolo sarà un viaggio dentro il cervello della nostra protagonista, che la porterà ad avere una visione un po’ meno distorta della vita rispetto a quella che ha avuto finora. Poi per i prossimi capitoli prevedo di distribuire una buona quantità di…sorprese e di dare un paio di spiegazioni. Di nuovo, grazie a chi mi segue e a TheGhostOfYou, che ha scritto la prima recensione. Adios, Killjoy.

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Capitolo 6
*** Canta ***


Non si potè salvare dal terzo grado della sua migliore amica, una volta salite in macchina.
In realtà avrebbe voluto tenersi tutto per sé, ma con quella ragazza, non c’era possibilità di scampo.
Quando ebbe finito il racconto, che alla fine non era nemmeno troppo lungo, sentì un “Wow” provenire dal sedile accanto al suo.
-Non lo so, non so chi sia, non so cosa devo pensare, né cosa devo fare-
-Lascia che le cose vadano come devono andare-
-D’accordo-
Dopodiché restarono in silenzio per il resto del viaggio, una fischiettando su quello che passava alla radio, l’altra immersa nei pensieri guardando fuori dal finestrino.
Arrivate a casa di Ivy, ricevette un bacio sulla guancia dall’amica, che la invitò a non esagerare con le paranoie.
Sicura che sarebbe stato impossibile, scese dalla macchina e si apprestò ad entrare in casa. Non era tardi: mezzanotte e mezzo appena passata. Mentre si faceva una rilassante doccia si mise a pensare.
Che avessero ragione? Che i suoi due amici e Frank avessero ragione?
Era attratta da lui.
Dall’età di sei anni, aveva iniziato ad avere dei problemi nei confronti della vita, a guardarla come se fosse qualcosa di… cattivo, che le era capitato di vivere solo a causa della cattiva sorte. Aveva smesso di amare chiunque, fuorchè sua madre e i suoi due amici.
Il rancore verso il mondo le aveva attanagliato a lungo lo stomaco, fin quando, dopo la partenza di Colby, si era trasformato in vero e proprio odio.
E per dirla tutta, il suo cervello non faceva altro che mostrarle le immagini di quei due uomini che già dall’età di sei anni, avevano fatto sì che crescesse con tutto quell’odio verso l’umanità in tera.
Spesso sua madre aveva pensato che la sua potesse essere un qualche tipo di misantropia. Una malattia.
Ma poi in realtà sapeva benissimo che non lo era.
Spesso la ragazza si era chiesta se fosse davvero il caso di fare di tutta l’erba un fascio e di dare all’intero mondo colpe che non aveva.
E quella sera, sotto la doccia, cullata dallo scrosciare dell’acqua, e dal pensiero di Frank, si rese conto che il mondo, al contrario di quello che aveva pensato fino ad adesso, aveva ancora molto da offrirle.
Si fece cupa. La sua immagine che fino a quel momento lì era stata quella di una ragazza cattiva con il mondo a causa del dolore che quest’ultimo aveva provocato lei, sarebbe potuta cambiare per colpa di un ragazzo arrivato in città dal nulla, col quale aveva scambiato sì e no due parole e che l’aveva baciata in mezzo ad un parcheggio.
A quel pensiero un brivido le percorse la schiena.
Le piaceva. Eccome se le piaceva; o meglio, la attirava.
Di Colby se n’era innamorata, è vero, ma Frank Iero aveva un qualcosa di più. Le piaceva in modo diverso, anche se ancora non riusciva a dare una spiegazione a quel “diverso”.
Con una nuova convinzione addosso, si affrettò ad uscire dalla doccia.
Prese il telefono e digitò in fretta e furia un messaggio.
 
Era seduto sul davanzale della cucina a fumarsi una sigaretta, mentre Mikey e Ray giocavano alla Play Station e Gerard era tutto concentrato su un foglio da disegno sul tavolo.
Sentì il suo telefono vibrare all’interno della tasca.
Sullo schermo brillava un nuovo messaggio da un numero sconosciuto:
Sei sveglio?                                                              
Anche se non c’era firma in quel messaggio, sapeva benissimo chi era. Sorrise come un ebete. Era sveglio, non poteva fare altrimenti. Si affrettò a rispondere.
La risposta dall’altra parte arrivò quasi immediata.
Hai voglia di vederci?
Che domande. Si diedero appuntamento per venti minuti dopo al ponte che congiungeva la parte est e quella ovest della città, separate da qualcosa che assomigliava vagamente di fiume.
Frank uscì salutando gli altri, ma non ricevette risposta, se non da parte di Gerard. Gli altri due erano incazzati per la sua mattata di voler scendere in quel posto.
Sorrise compiaciuto e uscì nella notte.
 
Quando lo vide scendere dal furgoncino, non potè far altro che sorridere.
-Sapevo che sarebbe successo-
Il ragazzo sorrise in modo affettuoso.
Il sorriso era diverso da quello che le aveva mostrato nel locale. I suoi occhi erano di nuovo neri per qualche strano motivo, ma conservavano delle striature verdastri che richiamavano al colore verde smeraldo che a Ivy piaceva da impazzire.
-I tuoi occhi…-
-I miei occhi cosa?-
Erano di nuovo verdi, forse era stata solo la sua immaginazione.
-No niente, scusa-
-Allora, perché mi hai chiesto di vederci?-
-Ho pensato a quello che mi hai detto. Sì insomma al fatto che io sia attrat…-
Non ebbe tempo di finire la frase che il ragazzo le si avvicinò, poggiandole un dito sulle labbra per farla tacere. La guardò intensamente, con quei due grandi occhi verdi. Ivy sentì i battiti del suo cuore aumentare e le sue gambe diventare improvvisamente molli. Solo quel piccolo contatto l’aveva fatta andare in tilt.
-Chi sei Frank Iero?-
-Potrei chiedermi la stessa cosa di te. Ivy Carter-
-Sono la cosa peggiore che possa capitare a qualsiasi uomo-
-Non a me-
-Come fai a dirlo?-
-Lo so, fidati-
Non capiva ancora come faceva a provare ciò che provava per un ragazzo che non conosceva, praticamente per nulla. Per un attimo tutte le convinzioni della ragazza, che si trovavano in bilico su un filo sospeso nel vuoto, vacillarono pericolosamente, rischiando di cadere nel nulla, scomparendo per sempre. Quando però quei due fanali verdi cercarono lo sguardo della ragazza con fare interrogativo, tutti i pensieri svanirono; in quel momento fu come se lo conoscesse… da sempre!
Non riuscì più a resistere a quegli occhi che la guardavano così, colmò la breve distanza che li divideva e lo baciò. Fu tenero e non troppo lungo.
Quando tornarono a guardarsi negli occhi, lui si mise a ridere.
-Perché stai ridendo?-
Quello non doveva farlo. Si stava alterando.
-Ti prego scusa, è solo che non vederti con la tua espressione da dura, quella con la quale ti ho conosciuta, mi sembra così strano-
Si prese uno schiaffo in pieno sulla guancia.
-Con quel broncio sei ancora più bella-
Ivy caricò di nuovo il braccio, ma questa volta il ragazzo si abbassò in tempo. Il broncio della ragazza aumentò ulteriormente, incrociò le braccia e si girò, avviandosi verso la macchina. Aveva già fatto cinque o sei metri quando due braccia tatuate la abbracciarono da dietro. Cercò di divincolarsi a quella presa così stretta senza troppo successo. Il ragazzo la girò, e lei cocciuta, abbassò la testa per non guardarlo negli occhi. Lui le prese il mento e le alzò la testa con una mano, scostandole un ciuffo di capelli rossi dagli occhi con l’altra.
-La vogliamo finire di fare l’acida signorina Carter?-
Ivy era pronta a tirargli un altro ceffone, ma l’intenzione finì di lì a poco, perché il ragazzo le stampò un dolce bacio sulle labbra.
-Ah ah-
-Ma te sai solo ridere?-
-Ti giuro, sei favolosa quando mi guardi ed iniziano a tremarti le ginocchia-
-Fanculo, Frank Iero-
-Devi tornare a casa?-
-No sono libera-
-Ti andrebbe di venire da noi? Ti faccio conoscere gli altri-
-Presentazioni ufficiali? Siamo già a questi livelli?-
-Tranquilla Gerard è un tipo alla mano, ti accoglierà a braccia aperte. Però non garantisco sugli altri due, non sono troppo entusiasti di essere qui-
-Potrebbero uccidermi, farmi a pezzi e giocare con me come fossi un puzzle?-
-Potrebbero, ma non glielo permetterò-
-Allora andiamo, sono abituata ad essere guardata con disprezzo-
Andarono con la macchina di Frank. In macchina c’era un loro CD che avevano registrato tempo addietro prima di arrivare a Fellon.
-Dove abitavate prima di arrivare qui?-
-A Los Angeles-
Sing it out, boy they’re gonna sell what tomorrow means
Sing it out girl, with all the kill what tomorrow brings
You’ve got to
make a choice,
if the music drowns you out.
And raise your voice,
every single time they try and shut your mouth.

Sing it for the boys, sing it for the girls
every time you that you lose it sing it for the world

 -Oh-

Note dell'autrice
Sono stata un po' cortina con questo capitolo scusate. Vi garantisco che nel prossimo capitolo vi farete delle grasse grosse risate, vi indignerete e vi scalderete. Sì perchè vi aspetta il buffo incontro di Gee e Ivy, la riluttanza (non ancora giustificata) di Mikey e Ray e la scena hot inaspettata. Alla prossima Killjoys, C. 

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Capitolo 7
*** Spaventapasseri ***


Entrarono nel lussuoso vialetto contornato da cipressi, che conduceva ad un lussuoso parcheggio, dal quale si entrava in un lussuoso atrio di un lussuosissimo palazzo vittoriano situato nella periferia della cittadina.
Cacchio per essere quattro ragazzi così giovani, non se la passano male.
Presero l’ascensore per raggiungere l’ultimo piano del palazzo. Il loro appartamento consisteva in praticamente tutto il sottotetto. Era enorme. Probabilmente avrebbero potuto viverci anche più di quattro persone senza troppi problemi. Quando suonarono al campanello, aprì il ragazzo dai capelli rosso fuoco, il cantante, regalando loro un sorriso ad ottanta denti.
-Benvenuta! Tu devi essere Ivy, Frankie non ha fatto altro che parlarci di te, benvenuta-
-Ehi testina, la vuoi fare finita di chiamarmi Frankie e di sputtanarmi? Te ne sarei grato-
-Lo sai che più ti arrabbi e più io mi diverto-
Per tutta risposta, il rosso si beccò un pugno nella bocca dello stomaco. Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso; iniziarono a rotolarsi per terra dandosele di santa ragione. La ragazza li guardava allibita.
-Ehi, ehm. Fatela finita-
Niente.
-Ok, basta. Fatela finita!-
Dopo quell’urlo acuto, i due si fermarono così com’erano. Frank teneva Gerard per i capelli e questo a sua volta era in procinto di tirare un calcio nelle parti basse all’amico.
-Ehi quelle mi servono-
Si ricomposero in fretta, tossicchiando imbarazzati.
-Scusa hai ragione, facciamo sempre così. Diciamo che è il nostro modo per dimostrarci affetto, non volevamo spaventarti-
-Siete pazzi. Questo è una gabbia di matti; vi siete fatti male?-
Alla domanda della ragazza i due si guardarono e scoppiarono a ridere.
-E ora che c’è da ridere?-
Si stava incacchiando. Di nuovo.
-Nulla, scusa-
Ci fu un silenzio imbarazzante.
-Che cazzo è questo casino?
Un ragazzo secco e molto alto, con i capelli biondo cenere entrò nella stanza, con un’aria parecchio incazzata.
-Vi state di nuovo ammazzando di b...-
Quando vide la ragazza si fece rigido e smise di parlare.
-Ah e quindi è lei la causa di tutto. Finalmente la conosco. Piacere Eve, e grazie tante-
-Ehi io mi chiamo..-
-Zitta Ivy. Mikey falla finita subito, torna di là con Ray-
Una testa riccioluta fece capolino da dietro una porta.
-Chi è che mi vu…oh-
Vide la ragazza che se ne stava lì ferma immobile, la bocca spalancata, le guance arrossate dall’imbarazzo.
Silenzio, sempre più carico di tensione. Stava per succedere qualcosa di brutto, l’aria era elettrica.
-Vieni Mikey andiamocene di qui-
Attraversò la stanza raggiungendo la porta di ingresso e uscì senza aggiungere altro.
Mikey lo seguì dopo aver rivolto un’ultima occhiata alla ragazza. Era lo stesso tipo di occhiata che le rivolgeva a scuola per i corridoi, ma questa volta in più c’era un odio profondo. Ivy rabbrividì. Quello sguardo le ricordava vagamente quello di..
Un borbottare fitto interruppe i suoi pensieri.
-..comportarsi così. Non possono!-
-Lo sai come sono fatti-
-No, non lo so. Perché non si sono mai comportati così-
-Lo sai quanto è costato loro-
-Potevano non venire, nessuno li ha costretti-
-Te come ti saresti sentito nell’abbandonare la tua squadra?-
-Io…-
Si interruppero quando si ricordarono che ad assistere alla scena c’era la ragazza. Gerard le rivolse un gran sorriso.
-Non ci fare caso, sono stupidi poverini. Io ti trovo molto simpatica. Se non ti da fastidio essere guardata un po’ male puoi venire qui quando vuoi, sarai sempre la benvenuta. Io raggiungo i ragazzi così vi lascio un po’ di privacy-
A quelle parole il volto di Ivy prese fuoco. Iniziò a balbettare.
-Oh no, ma..Tranquillo; insomma non dai noia. Non devi andartene-
-Stai tranquilla cara, ho voglia di andare a bermi qualcosa-
-O-ok-okay-
Dopodichè, le rivolse un altro luminoso sorriso e uscì.
-Finalmente si è eclissato-
-Guarda che ti ho sentito-
Una voce urlò da dietro la porta.
-Era il mio obbiettivo!-
Ivy si mise a ridere.
-Sei ancora più bella quando ridi, vieni ti faccio vedere la casa-
La prese per mano e se la trascinò dietro fra una stanza e l’altra.
La casa era ancora più grande di quello che sembrava. Dal salotto si poteva accedere a quattro camere, ognuna collegata ad un bagno gigantesco, e allo studio. Lo studio era… era una stanza di proporzioni non giganti, di più: c’erano quattro scrivanie coperte di fogli di ogni genere, libri sparsi dovunque, foto dei ragazzi attaccate alle pareti e un muro con decine di chitarre e bassi attaccati. Ivy si fermò estasiata a guardarlo.
-Ti piace?-
-O cazzo se mi piace. Sono tutte tue? Le chitarre, intendo-
-A sinistra sono quelle di Ray, le mie sono quelle sulla destra e i bassi sono di Mikey-
-Wow-
-Suoni?-
-Da quando ero piccola, ho una band, più o meno. Cioè assomiglia ad una band diciamo-
-Vuoi suonare?-
-Sarebbe fantastico se suonassi tu-
-Ma tu mi hai già sentito suonare, io no-
-Non saprei cosa farti sentire-
-Qualsiasi cosa-
-No dai, mi vergogno-
-Non fare tante storie-
-No, per la prossima volta mi studierò una delle vostre canzoni e ti farò sentire quella-
-Con piacere. “La prossima volta…”, hai intenzione di tornare quindi!-
-Oh io..ecco…-
Per tutta risposta il ragazzo le si avvicinò e la baciò teneramente.
-Vieni ti faccio sentire dove suoniamo e poi ti porto in un posto a sorpresa-
La sala prove era una stanza che era qualcosa tipo la metà dello studio, con le pareti imbottite in modo e maniera da isolare il suono. Dentro c’erano svariate casse della Marshall e una batteria.
Ebbe poco tempo per osservarla, perché il ragazzo la trascino subito fuori. Era euforico.
-Per di qua-
Da un angolo dello studio partiva una piccola scala a chiocciola in legno.
-Dove sono i tuoi cani?-
-Giù in giardino-
Sorrise.
Pure il giardino.
Quando arrivarono in cima alla scala, passarono per una finestrella.
Ivy sentì l’aria fresca avvolgerla.
Sul tetto si apriva una terrazza piuttosto grande, piena di piante di ogni genere e con svariate sdraio che avevano un aria assai comoda.
Quando guardò oltre la ringhiera che segnava la fine del terrazzo, vide qual’era il vero spettacolo: la città silenziosa e quasi del tutto buia alle 2 del mattino, al di là della quale si estendeva il deserto. Le stelle sovrastavano quello spettacolo, la luna si stagliava tonda nel cielo e illuminava quel magnifico panorama.
Ivy aveva la bocca aperta, non riusciva ad esprimere a parole quello che stava ammirando. Anche perché le parole per farlo, non esistevano.
Il ragazzo la guardò, lì impalata, con la bocca aperta e gli occhi lucidi.
La abbracciò da dietro.
-Bello vero?-
-Io, sono senza parole davvero…-
-Non servono le parole, tranquilla-
Si allontanò verso una tettoia, sotto la quale si trovava uno stereo e l’accese.
Poi tornò da lei, la abbracciò di nuovo e le baciò il collo.
-Sei bellissima-
Lei si girò e lo baciò. Uno di quei baci, dov’era la passione a parlare. E a dire tutte quelle cose, che le parole non avrebbero mai potuto esprimere.
Iniziò a giocare con i bordi della maglietta del ragazzo e gliela sfilò.
Lui le mise una mano sotto la maglietta, e iniziò ad accarezzarle dolcemente la schiena.
I brividi adesso non erano dovuti all’umidità della sera che avvolgeva la cittadina.
La prese delicatamente e la sdraiò a terra, continuando a baciarla.
Esitò sul bordo dei jeans a vita bassa della ragazza, ma lei sorridendo maliziosamente gli fece capire che non gliel’avrebbe impedito. Glieli sfilò, facendola rimanere col solo intimo.
La ragazza lo imitò.
Dopo averle sfilato il reggiseno e dopo averla carezzata dolcemente, la guardò con quei due occhioni verdi.
-Era tanto che ti aspettavo-
-Adesso sono qui. Sono tua-
-Grazie-
Lo stereo continuava a suonare dolci note che stavano accompagnando la loro piccola grande follia.
Move your body when the sunlight dies
Everybody are you runnin’ from the scarecrow
Everybody hide

Make a wish when your childhood dies
Hear the knock, knock, knock when she cries
All alone tonight.

No, quella notte non sarebbe stata sola.
Quella notte aveva lui. E lui aveva lei.
Quella notte non sarebbero stati soli.
Quella notte si sarebbero appartenuti.
 
 
Note dell’autrice
Ave killjoys. Spero vi sia piaciuto questo capitolo quanto è piaciuto a me scriverlo. Non volevo che la scena “hot” diventasse tanto volgare. Quindi non ho troppo descritto e ho inserito S/C/A/R/E/C/R/O/W che secondo me è una canzone dolcissima. Insomma via.  Sul prossimo capitolo non ho anticipazioni di alcun genere, perché il mio cervellino distorto non ha ancora partorito nessuna idea. Alla prossima MCRmy.
C.

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