La curiosa storia di Lumacorno e del Gorgosprizzo

di ferao
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° settembre 1935 ***
Capitolo 2: *** Il neo-professor Lumacorno ***



Capitolo 1
*** 1° settembre 1935 ***


Presupposti per questa storia:
  1. Nel 1938 Tom Riddle frequenta il primo anno di scuola. Supponendo che Lumacorno abbia iniziato ad insegnare da prima, diciamo per comodità che nel ’38 ha 30 anni.
  2. Logica conseguenza, è nato nel 1908.
  3. La Camera dei Segreti viene aperta nel 1942; Lumacorno ha 34 anni.
  4. Nel 1971 Lily Evans inizia a frequentare Hogwarts; Lumacorno ha 63 anni.
  5. Harry nasce nel 1980. Conosce Lumacorno nel 1996, prima di iniziare il sesto anno: il professore ha 88 anni.

 
 

Il Gorgosprizzo sta con lui da quando ha 27 anni. Lumacorno ha iniziato la sua carriera di insegnante il giorno stesso del suo compleanno, e, sempre lo stesso giorno, ha incontrato lui. Rupert.
 
 
 
 
 

1° Settembre 1935

 

“Mmm...”
Assolutamente delizioso. Come il sapore di quella giornata.
Perfetta, nettamente perfetta. Di più, straordinaria.
Non aveva ancora mai provato l'effetto di una Felix Felicis, ma, alle ore 11 postmeridiane di quel meraviglioso primo settembre, Horace E.F. Lumacorno si concesse il lusso di pensare che mai, mai, il giorno più fortunato della sua vita avrebbe potuto essere migliore di quello.
Succhiò via dal pollice i rimasugli di ananas candito, vecchio vizio che aveva ereditato dal padre. In realtà – ma questo nemmeno lui stesso lo sapeva – non era tanto il sapore, comunque delizioso, dell'ananas a spingerlo a mangiarlo, ma il fatto che quel gesto lo aveva visto fare mille e mille volte da Ebenezer Lumacorno, che a sua volta lo aveva ripetuto imitando Filotheos Lumacorno, suo padre.
Un vizio trasmesso di padre in figlio, con la semplice forza dell'ammirazione.
Non era però al suo amato padre che Horace pensava in quel momento, e tantomeno a suo nonno.
Pensava a se stesso.
Ventisette anni e una carriera fulminea e sfolgorante: trenta pubblicazioni su “L'almanacco del Fattucchiere”, record destinato a essere battuto solo trentacinque anni più tardi; sei volte vincitore del Cagliostro Award per la miglior pozione realizzata in meno tempo.
E ora, Hogwarts. La sua amata Hogwarts.
Si sentiva in paradiso. Se anche fosse esistito qualcosa al di sopra di Hogwarts, forse non avrebbe provato a raggiungerlo; era quello il suo posto.
Quel giorno compiva ventisette anni. Aveva dinanzi a sé anni meravigliosi, meravigliosi. Sapeva di essere molto versato nell'insegnamento, lo aveva scoperto dopo aver impartito quelle lezioni private alla ricca e snob figlia del ricco e snob capo dell'Ufficio per la cooperazione magica internazionale (utili per la ragazzina e utilissime per lui, che era riuscito a facilitare l'ingresso di certe rare piante dalla Nuova Zelanda). Era certo che non avrebbe avuto problemi con i giovani maghi e streghe della sua amata Hogwarts.
A cena, il preside Dippet e gli altri professori gli avevano fatto grandi onori, nonostante la giovane età. Era molto emozionato per il fatto di sedere in mezzo a loro, ma si era subito messo a proprio agio e non aveva nascosto il piacere che gli davano le lodi e i complimenti.
Aveva passato il miglior compleanno che un ventisettenne possa desiderare.
 
L’unico dolore, per Horace, era che suo padre non avesse vissuto abbastanza per assistere a quel momento; ma il giovane era sicuro che sarebbe stato fiero di lui.
Anzi, gli pareva quasi di sentirlo, il suo vecchio, mentre ripeteva la frase con cui soleva esprimere il proprio orgoglio nei confronti del figlio:
 
Ehi, palla di lardo, perché non ti togli di lì?
 
“ ... No, un momento. Qui c'è qualcosa che non va.”

Sai cos'è che non va? Il tuo sedere flaccido si è signorilmente posato proprio sull'ingresso di casa mia. Ti levi dalle scatole subito o immediatamente?

Horace si guardò attorno, confuso e preoccupato. Saltò via dalla sedia e iniziò a ispezionare la sua nuova stanza.
La stanchezza doveva aver preso decisamente il sopravvento su di lui, se iniziava a sentire delle voci.
Possibile che, mentre era totalmente immerso nelle sue fantasticherie, qualcuno gli avesse fatto uno scherzo?
Uno studente? O magari Silente? Il professore di Trasfigurazione non aveva fatto altro che ridere e scherzare per tutta la sera, magari aveva deciso di giocargli un tiro mancino…
Chiunque fosse stato, non l'avrebbe passata liscia.
“Chiamarmi palla di lardo! Che diavolo, come si permette!”
Guardò dietro alla tenda, sotto il letto, ispezionò ogni centimetro della stanza.
“Inutile, qui non c'è nessuno... dev'essere la stanchezza, sì, è così; mi sono assopito e ho sognato. Meglio andare a letto, domattina devo risplendere!”
Si tolse la veste e indossò il pigiama verde che gli aveva regalato Melita prima di partire. “È verde mela”, gli aveva detto, “così penserai a me...”
Cara ragazza, ma troppo sciocca per lui. Comunque aveva gradito moltissimo il regalo.
Prima di infilarsi al caldo sotto le pesanti coperte, pensò di concedersi un ultimo boccone di ananas. Doveva chiudere la giornata in bellezza, e quello gli parve il modo migliore.
Sedette nuovamente sulla poltrona in legno e velluto che aveva trovato nella stanza, e iniziò a scartare il frutto.

Ancora? Ma di' un po', brutto ebete, lo fai apposta?

-Eh no, diamine! Ora basta! - Afferrò la bacchetta e si alzò in piedi, con la velocità che i suoi novanta chili gli consentivano. - Vieni fuori, avanti!

Eh, la fai facile tu. Mica passi inosservato. Prova una volta ad essere grande come me, e poi potrai iniziare a chiederti come fare a venire fuori.

- Ma che... - Horace si portò una mano alla testa, confuso. - Cosa diavolo...

Rilassati, okay? Sennò la situazione peggiora. Anche se non vedo come potrebbe andare peggio di così, visto che adesso inizierai a chiederti se non sei pazzo e blablabla, finché alla fine non diventi pazzo per davvero. Come il tizio che se n'è andato a giugno.

- Brewier? Perché, era pazzo? - “Ma con chi diavolo parlo? Oddio, sto diventando davvero pazzo...”

Era matto come un cavallo, ma già da prima di conoscermi. Quindi non iniziare ad andare in giro a dire che è colpa mia, eh, perché cavolo, in un modo o nell'altro voi umani date sempre la colpa a noi, e non è mica bello eh!

- Va bene, Ace, calmati - disse Horace ad alta voce. - Respira. Sei nella tua stanza, con le tue cose, i tuoi libri, e stai per andare a dormire. Domattina ti sveglierai e sarà passato tutto. Sarà una bellissima giornata e trascorrerai il secondo giorno dei tuoi ventisette anni a fare ciò che desideravi da una vita...

Ah, oggi è il tuo compleanno? Auguri! Spero che tu non abbia mangiato troppa torta, altrimenti potrei iniziare a preoccuparmi seriamente per l'effetto che il tuo peso smodato potrebbe avere su questi mobili. Sai, sono molto antichi, e ci sono piuttosto affezionato...

- Oh, insomma! Che diavolo è? - gridò il povero Horace, fuori di sé. - Pazzo non sono, ma sento le voci. Quindi o ti fai vedere o mi dici chi sei! - E per sicurezza lanciò un incantesimo per rivelare la presenza di eventuali persone invisibili.

È inutile. Sono invisibile, almeno per te, ma non sono una persona. Quindi il tuo incantesimo è meno che inutile.

- Non sei una... persona? - Rabbrividì. - Non sarai uno... s-s-spettro...

Tzè, tutti uguali i Serpeverde. Fate tanto gli spavaldi e poi, alla parola spettro, vi viene il labbro tremulo come alle fanciulle del Trecento. No, non sono uno spettro, ma un semplice Gorgosprizzo. Mi chiamo Rupert, piacere!

- Gorgo... Eh no, preferivo credere di essere pazzo!

E perché? Mai sentito nominare il Gorgosprizzo?

- Solo nelle leggende. È un esserino invisibile che confonde le idee...

Perfetto, professore! Ora, ragioniamo. Io sono invisibile, e tu hai le idee confuse. Due più due...

- No, senti, io non ho mai creduto a queste storie, quindi adesso o mi dai una prova o...
Non fece in tempo a formulare la minaccia. “Qualcosa” entrò ronzando a velocità pazzesca nel suo orecchio destro e  uscì dal sinistro dopo un secondo. In quel breve lasso di tempo, non ci fu pensiero rimosso o recondito che Horace non si vide comparire davanti agli occhi, in un caleidoscopio terribile e rumoroso.
Grazie al cielo durò poco. In un secondo, la mente di Horace era tornata alla consueta lucidità. Quasi.
C'è da calcolare lo shock subìto.
- Tu... Tu...

Io te l'avevo detto! Ma no, il signor pancia moscia voleva la prova provata...

- Senti... - Si sedette sul bordo del letto, totalmente sconvolto. - Senti... come hai detto che ti chiami...

Rupert.

- Rupert. Sì. Bene, Rupert. Sì. Ok. Sei un Gorgocoso. E quindi?

Quindi nulla. A me basta che questa poltrona sia sempre libera, e ti concedo l'uso di tutti gli altri mobili. In fondo sono quello che vive qui da più tempo, ho quasi 400 anni... quindi diciamo che per usucapione tutta questa roba è mia, okay?

Non ebbe la forza di replicare a quell'assurdità. - Ok...

Eccellente! Quindi, tu usi letto, sedia, comodino, libreria e scrivania, e io la poltrona. Hai fatto un affare! Ora direi che è meglio che tu vada a dormire, ti vedo un po' sbattuto. Notte notte, Ace!

Un ultimo ronzio, come se l'aria attorno alla sua testa d'improvviso vibrasse. Poi, il silenzio totale.
Horace crollò sul letto, stordito e incapace di riflettere.
Non osava chiedersi cosa avrebbe rappresentato quell'assurdo incontro, per i giorni e gli anni a venire.
















Dunque. Questo è il prologo di una piccola long nata in seguito ad una discussione sul forum di HPQuiz. Chiacchierando a proposito dell'imminente torneo di Quidditch, abbiamo iniziato a domandarci quali sarebbero stati i temi che i webmaster/giudici di gara ci avrebbero assegnato per le sfide di fanfiction; una mia amica ha iniziato a suggerire temi assurdi come "L'infanzia di Lumacorno" o i "Pensieri di un Gorgosprizzo". La mente malata della sottoscritta ha unito questi due temi ed è nata, per scherzo, questa fanfiction.
Non è terminata, ho solo una mezza idea di dove voglio farla andare a parare, ma ho scritto questo capitolo e il prossimo con molto gusto e sommo divertimento, e li pubblico per puro piacere personale.
Se poi anche voi doveste iniziare ad appassionarvi alle avventure di Ace e Rupert, beh, ciò non potrà che rendermi contenta, ma posso dire di esserlo già ^^
Grazie di aver letto.
Fera

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Capitolo 2
*** Il neo-professor Lumacorno ***











Il neo-professor Lumacorno si svegliò, il mattino dopo, con la bocca impastata come se avesse bevuto prima di addormentarsi e la testa ronzante.
Altro che brillante... quel giorno avrebbe dimostrato almeno dieci anni di più, e i suoi studenti se ne sarebbero accorti.
Vagamente confuso si alzò dal letto; dopo una serie di soddisfacenti sbadigli Horace decise che una bella lavata con l'acqua fredda sarebbe bastata per tonificare la pelle del viso e dargli un'aria rispettabile.
Non fece in tempo ad avvicinarsi al bagno che una noiosa vocetta – con cui avrebbe, ahimè, dovuto imparare ad avere confidenza – gli ronzò nell'orecchio.
 
Perbacco, Ace, già sveglio? Sono solo le sei!
 
“Oh no! Allora non l'avevo sognato!”
 
Hai fretta di andare a fare colazione, eh? Tranquillo, avrai modo di allargare il tuo girovita anche più tardi, non è necessario che arrivi per primo; anche perché, in questo caso, gli altri professori potrebbero rimanere senza cibo e questo sarebbe davvero un…
 
“Merlino, ma perché parla? È così dannatamente fastidioso! Magari se fingo di ignorarlo se ne andrà…”
 
Ti piacerebbe? E invece no, che non me ne vado! Ed è inutile fingere di ignorarmi, sento i tuoi pensieri come se parlassi a voce alta. Allora, che si fa oggi?
 
Horace sbuffò. Forse era meglio assecondarlo. In fondo, quell’esserino aveva più di quattrocento anni, era normale che avesse voglia di compagnia… e poi scambiare due chiacchiere con qualcuno non fa mai male.
Decise quindi di soprassedere sui riferimenti di Rupert al suo peso e rispose nel modo più gentile che poté.
- Non so te, ma i miei studenti mi aspettano tra due ore; quindi, se permetti, vorrei lavarmi e prepararmi...
 
Oh, ma prego! Non volevo certo disturbarti, anzi. Fai pure con comodo, non ti darò assolutamente fastidio. Mi limiterò a frugare nella tua testa, ti spiace?
 
- Ma che... - Il povero Horace non riuscì a finire la frase: mille pensieri si affollarono nella sua mente.
 
Però! Quante cosine interessanti.. Ops! Questo forse non dovevo vederlo; accidenti però, sei più atletico di quanto pensassi, almeno negli esercizi orizzontali… e che carina questa Melita!
 
- Mel... Un momento! Non puoi farlo, non hai il diritto di...
 
E chi me lo può impedire? Tu? Guarda, Ace, che non è mica colpa mia; sono un Gorgosprizzo, sono stato creato per farmi gli affari degli altri!
 
- Me ne frego se sei un Gorgocoso o altro, certe cose non... E diavolo, non chiamarmi Ace!
 
Perché? Mi piace; hai una faccia un po' da Ace.
 
- Ah sì? Allora non ti dispiacerà certo che io ti chiami Rupy!
 
E perché dovresti farlo? Non ho mica una faccia da Rupy, io!
 
Horace scosse la testa, rassegnato e decisamente confuso. Stava solo perdendo tempo, e doveva ancora sbarbarsi e vestirsi.
Attese in silenzio qualche secondo, ma la fastidiosa vocina sembrava essersi placata; sollevato, andò in bagno e prese il rasoio. Dopo qualche minuto si osservò soddisfatto: i baffetti che iniziava a farsi crescere andavano definendosi, dandogli un’aria decisamente interessante.
Si svestì e gettò incurante il pigiama sulla poltrona.
 
Eh no, diamine! Che ti ho detto ieri sera, Ace?
 
Sobbalzò. Diavolo!
- Ma che vuoi! Ho solo...
 
Senti, si dà il caso che su questa poltrona ci dormo da quattrocento anni, quindi vedi di smettere di usarla come fosse roba tua, chiaro?! Tsk... Questi ragazzini...
 
Ecco cosa avrebbe dovuto fare Horace quel giorno: chiedere al preside Dippet di avere un'altra stanza.
Urgentemente.
 
 
 
Tutto sommato, la primissima lezione della sua vita andò bene.
I ragazzi avevano sentito parlare di lui, ed erano rimasti affascinati: lo aveva potuto dedurre dai loro volti. Dalle matricole a quelli del settimo anno, era riuscito a conquistare tutti. Per fortuna.
A pranzo assaggiò un po' di tutto, affamato. Conversò amabilmente con tutti i professori, in particolare con Silente: era stato il suo insegnante di Trasfigurazione, e il fatto di potergli parlare da pari a pari era quanto mai emozionante.
Così emozionante che Horace si era quasi scordato del suo piccolo amico rumoroso.
Quasi.
 
Però, te la spassi, eh?
 
Rabbrividì, sentendo di nuovo quel lieve ronzio. Eppure, dalla mattina non lo aveva più disturbato.
“Insomma, che cavolo vuoi?”
 
Mah, sai, solo fare conversazione. I miei vecchi coinquilini erano dei tali noiosoni... sempre lì a fissare nel vuoto e a chiedersi se fossero pazzi perché sentivano le voci. Tu almeno non ti fai questi problemi, o sbaglio?
 
“No, non sbagli, ma ti avverto che questa storia durerà poco”.
Mentre comunicava con Rupert il Gorgosprizzo, Lumacorno aveva smesso di mangiare e fissava il suo bicchiere colmo a metà. Si accorse che Silente lo fissava incuriosito, e si affrettò a portare il bicchiere alle labbra e bere.
 
Ehi, lo sai cosa fa un Babbano che entra in un caffè? Splash!
 
Non riuscì a trattenersi: schizzò metà del vino elfico dalle narici, e rischiò di strozzarsi con l'altra metà. Ora non era solo l'insegnante di Trasfigurazione a guardarlo, ma tutta la tavolata dei professori.
- Ehm... - tossì, più per darsi un contegno che per necessità. - Io... scusate, un colpo di tosse.
- Non preoccuparti; tieni. - Silente gli porse un tovagliolo, poi lo guardò sospettoso. - Sembra che qualcosa ti abbia fatto ridere, o sbaglio?
- Ridere? No no, assolutamente, cosa ci sarebbe da ridere? Nessuno mi ha fatto ridere! - Si affrettò a rispondere, confuso. Il professor Silente lo guardò da sotto i suoi occhiali a mezzaluna, ma non disse nulla; tornò a concentrarsi su ciò che aveva nel piatto.
Il povero Horace, invece, si vergognava terribilmente. Aveva fatto una figuraccia, per colpa di quella battuta idiota di quell'idiota di un Gorgocoso. Non vedeva l'ora di parlare col preside Dippet: se quel mostriciattolo iniziava a seguirlo anche fuori dalla sua stanza, allora si trovava in grossi guai.
Chissà che scherzi poteva combinargli, in aula, durante la lezione…
Meglio non pensarci. “Anche perché, se ci penso, lui potrebbe sentirlo…”
Sentire cosa?
 
“Ecco, appunto…”
 
 
 
 
 
Più tardi, quel pomeriggio, un nervosissimo Horace Lumacorno bussò all'ufficio di Dippet.
- Ehm... mi scusi, preside…
- Entra, entra, caro figliolo!
Il preside lo accolse festante; mise da parte le carte che stava esaminando e si alzò per andare incontro al giovane professore. Horace era felicissimo di vedere come quell'anziano mago lo stimava e lo considerava; magari non lo avrebbe preso per pazzo se gli avesse detto...
- Ecco, preside, - esordì Horace, mentre si accomodava di fronte alla scrivania, - io non volevo disturbarla, ci metterò pochissimo...
- Oh, ma non mi disturbi affatto! - Il volto rugoso di Dippet si distese in un largo sorriso. - Dimmi, ragazzo, hai bisogno di qualcosa? Gli studenti ti hanno infastidito, oggi?
Era una persona davvero premurosa; Horace pensò che nessun altro preside avrebbe potuto mai essere migliore di Dippet.
- Oh, no, gli studenti sono meravigliosi... Il fatto è...
- Riguarda il cibo? Oggi ho visto che hai avuto problemi a pranzo...
- No, no, il cibo è ottimo, e io sono una buona forchetta! - Rise, carezzandosi la pancia prominente. - Ma vede...
- Ho capito, ho capito, è Pix il Poltergeist a infastidirti. Abbi pazienza, fa così con tutti ma in fondo non è cattivo!
- No, ma... Insomma, preside...
- Ma se va tutto bene, allora di che hai bisogno?
Horace deglutì. Nel migliore dei casi lo avrebbe preso per matto. Nel peggiore lo avrebbe sbattuto fuori da Hogwarts e preso per matto.
- Ecco... - inspirò e prese coraggio. - … Avrei bisogno di cambiare stanza, preside.
Dippet lo guardò confuso, ma sempre sorridendo. - Cambiare stanza? Come mai? Non ti trovi bene? Eppure è comoda, riscaldata, vicina all'Aula di pozioni, studio interno, vista sul fondale del Lago Nero... un po' umida ma...
- In realtà, preside, il problema non è l'umidità ma... ecco... - inspirò nuovamente. - … La… come dire… compagnia.
A quelle parole, il sorriso scomparve dal viso di Dippet.
Perché? È presto detto.
Quelle erano le stesse, identiche parole che gli aveva detto il professor Brewier il suo primo giorno di lezione, tre anni prima. Lo stesso Brewier era letteralmente impazzito, giusto verso la fine del precedente anno scolastico; Dippet lo aveva fatto congedare e aveva cercato di mettere tutto a tacere, ma il fatto che quella singolare coincidenza si ripetesse proprio in quel momento lo portò a riflettere.
Che ci fosse un collegamento? O una semplice coincidenza?
Guardò Horace con serietà: sul viso di quel povero ragazzo non c'era traccia di follia, ma solo imbarazzo. Dippet decise di chiarire quella storia una volta per tutte. Si schiarì la voce con decisione.
- Dimmi, Lumacorno: cosa intendi esattamente per “compagnia”?
Horace si sentì sollevato: meno male, Dippet non aveva deciso di cacciarlo via subito!
- Oh... Beh... Vede preside, ieri sono entrato in camera e...
- E ci hai trovato qualcuno? Uno spettro forse?
- No, ecco... all'inizio lo pensavo ma... insomma...
“O la va o la spacca”, pensò Horace. Si inumidì le labbra.
- Preside, lei ha mai sentito parlare dei Gorgosprizzi?
Dippet sobbalzò. Allora era vero, il povero Brewier non era pazzo, oppure lo era diventato solo in seguito.
I… Gorgosprizzi! Santo cielo, una cosa del genere… nella sua scuola… Qualcuno doveva aver maledetto la camera degli insegnanti di Pozioni, senza dubbio; una maledizione bella forte, se chi ne veniva colpito si convinceva dell’esistenza di creature immaginarie fino alla pazzia…
... Ma lui che poteva fare? Divulgare quella notizia?
Assolutamente no! Una cosa simile avrebbe portato lo scandalo a Hogwarts; nessun professore si sarebbe sentito al sicuro, figuriamoci gli studenti e i loro genitori. La scuola si sarebbe svuotata, e sarebbe stata ricordata per sempre come “il luogo maledetto”. Doveva assolutamente fare qualcosa.
Nella fattispecie, doveva far sì che quel grassone di Lumacorno tacesse.
- Gorgosprizzi, eh? - sibilò tra i denti. - Quegli esserini invisibili che confondono le idee, giusto?
Horace si rianimò; forse Dippet gli avrebbe veramente dato retta!
- Sì, preside, proprio quelli! - esclamò, e fece per lanciarsi nel resoconto della sera prima. - Ce n'è uno nella mia stanza, si chiama Rupert e...
- Horace Lumacorno!
Il giovane professore fece un salto. Dippet si era alzato in piedi e torreggiava su di lui da dietro la scrivania, rosso in volto.
- Le tue scuse sono patetiche! Hai una stanza che farebbe invidia a chiunque, e vai in giro raccontando storielle di esseri INESISTENTI!
Il povero Horace impallidì. - M-ma preside, i-io... - pigolò.
- Cosa credi che sia Hogwarts, un hotel a cinque stelle? - tuonò Dippet. - “Sono il professor Lumacorno, vorrei la suite imperiale con vista mare...”. Senti, se credi di poter portare sensazione in questa ONORATA e RISPETTABILE scuola, te lo puoi scordare! Ora fuori di qui, e ti proibisco di parlare ancora di questa storia con chicchessia!
- M-ma...
- CON CHICCHESSIA! - urlò Dippet, la voce salita di un'ottava, mentre Horace veniva lanciato fuori dall'ufficio e la porta gli sbatteva sul naso.
- Ahia! - gridò.
 
Forse avrei dovuto avvertirti: Dippet è molto suscettibile, e se pensa che qualcosa potrebbe nuocere al buon nome di Hogwarts preferisce seppellirla e scordarsene. Ti avevo avvertito, non puoi liberarti di me se non sono io a decidere di andarmene!
 
Ecco, ci mancava solo quella stramaledetta vocina!
“Ma perché non mi lasci in pace, santo cielo?!” gridò Horace nella propria testa. “Hai la tua poltrona, e l'avrai per sempre. Ora perché non la pianti di seguirmi?”
 
Perché mi rispondi, ed è piacevole parlare con qualcuno. Sai, i tuoi predecessori alla fine o iniziavano a ignorarmi o trovavano scuse per licenziarsi, tu invece mi rispondi sempre. È figo! Se avessi anche tu quattrocento anni ti renderesti conto che, a un certo punto, hai veramente bisogno di trovare qualcuno che…
 
I suoi predecessori lo ignoravano? Ma come si faceva a ignorarlo?! Horace lo trovava impossibile. Mentre scendeva le scale per tornare nel suo studio, il giovane pensò che probabilmente avrebbe fatto la fine di Brewier: pazzo furioso.
 
... e quindi, insomma, ma mi stai ad ascoltare?
 
“Sì, scusami, ero sovrappensiero...” rispose senza riflettere.
 
Ah! Allora mi ascolti ancora! Questa sì che è una buona notizia! Vedi che faccio bene a parlare con te?
 
Si sbatté una mano sulla fronte. Diavolo!
“Senti, io non so come facessero gli altri a fare finta di non sentirti, perché sei dannatamente fastidioso!”
 
E tu sei un gran maleducato, lo sai Ace? Ma ti pare! Vorrei vedere te, se ti dicessero tutti in faccia quello che pensano! Ronan Cladwell, primo banco, terza fila da sinistra, pensa che quei baffetti ti facciano sembrare un idiota, ma mica te lo viene a dire!
 
Horace sobbalzò. Cladwell? Era uno degli studenti del quarto anno di Corvonero, era stato attento e gentile per tutta la lezione… davvero pensava una cosa simile?
“Ma scusa, tu… come fai a sapere che...”
 
Oh, è facile. Basta entrare da un orecchio e uscire dall'altro senza fare troppo chiasso. Sai, un bzzz e via. Il risultato è che lui perde l'attenzione per due secondi, e io so quello che sta pensando. Ti inviterei a provare, ma tu sei davvero troppo largo per una cosa del genere, faresti più danni che altro e questi ragazzi, per quanto tonti, non si meritano uno sventramento dei padiglioni auricolari…
 
Cladwell pensava che i suoi baffi fossero da idioti. Chissà cosa pensavano gli altri studenti...
“Scusa, Rupert” pensò, mentre lentamente riprendeva a scendere le scale, “ma… insomma, sai davvero leggere nel pensiero?”
 
Mi pare di avertelo già detto. Vuoi che entri in quelle orecchie e ti tolga un po’ di cerume?
 
“Ma che schifo! No, dicevo… tu potresti… potresti leggere nel pensiero degli altri per me?”
 
Uh, lo sapevo! Fino a due minuti fa ero un invisibile rompiboccini, adesso tutto ad un tratto sono il tuo confidente preferito. Eh no, caro, non ci casco! Se vuoi che faccia il lavoro sporco per te devi impegnarti a darmi ascolto tutte le volte che voglio! E comunque, in confidenza, fossi in te non mi soffermerei troppo a considerare quello che pensa Cladwell: è solo un cretino senza talento. L'unica cosa che sa fare è menare sul Bolide come un ossesso, magari ha futuro nel Quidditch...
 
 
Horace Lumacorno, quel giorno, aveva subìto fin troppe emozioni per prestare attenzione all’ultima frase pronunciata da Rupert il Gorgosprizzo. Ci fece caso solo in seguito, appena in tempo.
Da allora iniziò la sua fortuna.



















Ebbene sì, la storia continua ^^
Dal prossimo capitolo chiarirò il senso sibillino del finale di questo... anche se voi, oh miei sagaci, avrete già iniziato ad intuire qualcosa.
Come vi ho già detto, scrivo questa long per divertimento puramente personale, ma se piace anche a voi ne sono lieta.

Alla prossima
Fera

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