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Lista capitoli: Capitolo 1: *** - Premessa *** Capitolo 2: *** - Il regno di Breza *** Capitolo 3: *** - Il Piccolo Fiore (parte prima) *** Capitolo 4: *** - Il Piccolo Fiore (parte seconda) - Il re Gunner *** Capitolo 5: *** La Fortezza Inespugnabile *** Capitolo 6: *** La Fortezza Inespugnabile - Robin *** Capitolo 7: *** La Fortezza Inespugnabile - La gabbia nel cielo *** Capitolo 8: *** Il mare Occidentale ***
La
bellezza di questa terra era incomparabile. Niente avrebbe mai potuto essere
paragonato ai colori meravigliosi che rivestivano i prati in primavera, o ai
tronchi degli alberi splendenti e dorati dell’autunno, o alla purezza della
neve che ricopriva ogni cosa d’inverno, né al luccichio del mare cristallino
dalle acque così calde durante l’estate. Questo e altro era il regno di Breza,
il luogo più incantevole del mondo conosciuto e agognata meta di chiunque fosse
in cerca di pace e serenità. ma non era sempre stato così.
Un
secolo addietro esistevano gli Stregoni, esseri dotati di poteri magici
spaventosi, capaci di sterminare interi eserciti e smuovere perfino le montagne
con la forza della mente. Si diceva che discendessero dagli antichi Demoni
Devastatori che furono sconfitti nella Grande Battaglia avvenuta quando gli
Uomini cominciavano a muovere i primi passi sulla Terra. I poteri dei Demoni,
una volta sconfitti, vennero affidati alle Libellule, Custodi della magia,
piccoli insetti fatati dal volto umano, che li usarono per portare equilibrio e
serenità nel Mondo. I più anziani e saggi ricordavano ancora questa storia,
sostenendo che gli Stregoni erano riusciti a catturare le Libellule
riappropriandosi dei poteri appartenuti ai loro antenati e che dunque
spettavano loro di diritto. Ciò che era certo è che gli Stregoni erano assetati
di sangue e potere, erano senza scrupoli, intelligenti e terribilmente malvagi.
Ne esistevano undici. Non lasciatevi ingannare dal numero, perché quando si
aveva a che fare con uno Stregone nemmeno un esercito di diecimila Uomini
avrebbe avuto qualche possibilità di vittoria. Interi popoli vennero
assoggettati o, peggio ancora, sterminati.
L’unico
vantaggio degli Uomini era la rivalità eterna che esisteva tra i loro grandi nemici.
Gli Stregoni infatti erano in continua lotta fra di loro e oltre alla guerra
contro gli Uomini, si sviluppò una battaglia fratricida senza precedenti. Ogni
volta che uno Stregone uccideva un suo simile si impossessava di tutti i suoi
poteri, diventando sempre più terribile.
Alla
fine, ne era erano rimasti solo due: Rugh, vecchio furbo e astuto, il più
spietato degli undici, e Willem, il più giovane fra gli Stregoni, ambizioso e
intelligente. Lo scontro fu apocalittico: le aquile smisero di volare, le
nuvole scomparvero dal cielo, perfino le acque degli oceani si fermarono. Rugh
ne uscì vittorioso, seppure con immensa fatica.
Ne
era così rimasto uno solo. Un solo essere contro l’umanità intera. L’ultima
alleanza di Uomini riuniti da tutti i regni e contee partì da Breza. Lo
Stregone li aspettava senza timore alcuno, deridendoli per la loro stoltezza.
Aveva i poteri di tutti e undici, era una creatura superiore a qualsiasi altra,
nulla vi era che non fosse in grado di fare. Gli Uomini erano consapevoli di
ciò, ma non fu certo la prima, né l’ultima volta che gli Uomini combatterono
fino alla fine per la libertà, i valori e la giustizia in cui credono, anche
quando non sembra esserci più speranza.
Ma
Rugh non aveva previsto una cosa. A capo dell’esercito, in mezzo ai generali e
ai comandanti imponenti, c’era una ragazza. Giovane, dai lineamenti dolci, con
un misto di paura e coraggio nei grandi occhi viola: Lyl, Guerriera di Shidal,
deteneva la Spada di Alman, reliquia della Grande Battaglia nella quale furono
sconfitti i Demoni Devastatori. Non è dato sapere (non ancora, almeno) come Lyl
fosse in possesso di tale oggetto, fatto sta che Rugh tremò di fronte ad esso.
Per la prima volta provò paura e non riuscì a difendersi da quella piccola
donna. La spada si conficcò nel petto dello Stregone, il cui corpo svanì nel
nulla. Dietro di lui lasciò solo una serie di polvere dalle sfumature diverse,
che balenò nell’aria davanti agli occhi increduli dei Guerrieri, compresa Lyl.
Subito dopo arrivarono le Libellule, che assorbirono quei minuscoli granelli
colorati, fonte della magia che aveva creato tante guerre e sofferenze, e
ripartirono verso gli angoli più remoti della Terra. Avrebbero usato ancora una
volta quei poteri per donare serenità e equilibrio al mondo, desideroso ora più
che mai di pace e armonia.
Il regno sorgeva
su una grande isola circondata dai due oceani del Mondo, il mare Orientale e
quello Occidentale. Era a detta di molti il luogo più bello fra le terre
conosciute, diviso in piccoli villaggi molto ospitali e caratteristici,
piacevoli da visitare. I Breziani vivevano nella più completa pace da almeno un
secolo, ovvero dall’epoca degli Stregoni e dell’eroina Lyl, sereni e felici
delle loro esistenze tranquille. Si dedicavano ai raccolti, all’allevamento,
alla pesca, al commercio e a varie attività lontane da ogni genere di pericoli.
L’esercito dei Guerrieri di Shidal naturalmente esisteva ancora, ma il grosso
del lavoro da svolgere per i Guerrieri era presenziarealle varie festività e cerimonie tradizionali
del regno. Era tutto molto diverso dal secolo scorso, ma i Breziani non
chiedevano altro che continuare a condurre le loro vite in questo modo, un po’
monotono forse, ma in pace. Era stato insegnato loro ad apprezzare ogni attimo
di questa calma, in memoria del passato burrascoso che i loro antenati avevano
dovuto patire.
I guai però
arrivano ovunque e questo bellissimo regno non fa di certo eccezione.
Una mattina
accadde qualcosa di insolito al castello: venne dato l’allarme con il Sacro
Corno.
I Breziani, che
si stavano svegliando in quel momento dato che era l’alba, si spaventarono non
poco. Il Sacro Corno era il segnale di un pericolo incombente o di una
emergenza e nessuno di loro l’aveva mai udito prima, nemmeno i più anziani. Un
po’ incerti sul da farsi, pian piano tutti si recarono al villaggio Neis, il
villaggio centrale, al piccolo castello dove il re dava annunci al popolo di
tanto in tanto. Si trattava di un edificio molto antico, di mattoni marroni
consumati dal tempo, che affacciava direttamente nella grande piazza. Era stato
utilizzato in passato come rifugio per i precedenti sovrani in caso di
attacchi, ora la sua funzione era al massimo ospitare il re per informare i
Breziani dell’arrivo di qualche festa. Il castello vero e proprio si trovava
più lontano, alle pendici dei Monti Dermili.
Quando la piazza
si riempì erano già passate diverse ore dal suono del Sacro Corno.
Il re Taddeus I
si trovava sul balcone che dava sul popolo. Aveva una folta barba marrone, era
abbastanza panciuto e indossava una pelliccia rossa che doveva far crepare dal
caldo. Naturalmente prima dovette salire sul gradino che aveva fatto posizionare apposta, data la sua statura limitata. Una volta
su, per poco non gli cadde la pesante corona, che
sicuramente avrebbe ucciso qualcuno se non l’avesse afferrata in tempo, anche
se in modo strambo, facendola rimbalzare ora in una mano ora in un’altra. Nel
silenzio, tossì per schiarirsi la voce e poi gridò: « Popolo! La principessa è
stata rapita! »
Un brusio di
preoccupazione sconvolse la folla, non avrebbero mai
potuto immaginare una simile disgrazia. La principessa Semi era la giovane più
bella del regno, dolce come un fiore, gentile, aggraziata, un esempio per tutte
le bambine e le adolescenti. Bionda, minuta e delicata, la principessa aveva
solo vent’anni.
Cogliendo
qualche commento dal gran parlare, il re disse, con lo stesso tono
melodrammatico che aveva usato in precedenza: « Non sappiamo chi sia stato. Il malfattore
si è intrufolato nel castello stanotte eludendo la sorveglianza delle guardie. E non ha lasciato tracce. »
Tacque, per dar
modo alla massa di scambiarsi altre esclamazioni di paura e apprensione. Poi disse
quello che esattamente il popolo non avrebbe mai voluto sentire: « Chiunque la
ritroverà verrà ben ricompensato. Chi
si offre per l’impresa? »
Silenzio.
Il brusio cessò di colpo, così
com’era cominciato. L’unico suono che si udì in quel momento fu il fruscio
d’ali di uno strano uccello variopinto che volava su quella scena imbarazzante.
Il re sbuffò impercettibilmente,
facendo vibrare i grandi baffi. Senza troppe speranze nella voce aggiunse: « I
volontari possono presentarsi al castello oggi prima del calare del sole, mi
raccomando, non accalcatevi… » , e se ne andò, inciampando dapprima nello
sgabello e poi nel lungo strascico del mantello, sorretto immediatamente da due
guardie reali.
* * *
Lontano dal villaggio Neis, al
limitare del bosco Querciasecca e in prossimità della Zona Arida che precedeva
le Miniere Perdute, una ragazza si stava preparando a partire. Aveva folti
capelli rossi che cadevano in ciocche disordinate sulla schiena esile. Era
minuta, non molto alta, dimostrava ancor meno dei suoi diciassette anni. Poteva
sembrare una giovane comune, non fosse stato per i suoi occhi: grandi, intensi,
di un insolito colore rosso. Brillavano di una luce intensa e viva che faceva
pensare alla lava più calda o a un fuoco scoppiettante, c’era un mondo intero
dentro quegli occhi. In questo momento erano coperti da un velo di tristezza,
ma ardevano comunque di determinazione e coraggio. Coraggio per affrontare il
suo destino.
Sua madre era morta un mese prima,
lasciando un vuoto incolmabile. Dyna non aveva mai conosciuto nessuno a parte
lei, nemmeno suo padre, che era morto prima che lei nascesse. Aveva sempre
vissuto in quella casetta dimenticata dal regno, avendo contatti solo con
qualche animaletto selvatico. Non era mai stata in nessuno dei villaggi di
Breza, nemmeno ai mercati o a qualche fiera popolare. Si può immaginare quindi
il suo dolore e la profonda solitudine che l’aveva colpita dopo aver perso una
madre che era anche l’unica persona che conosceva. Si era sentita sperduta
all’inizio, non aveva mangiato per giorni, incapace di smettere di piangere.
Poi quando le lacrime finirono si ricordò del suo destino: essere una Guerriera
di Shidal, come sua madre. Era l’unica cosa che sapeva -che aveva sempre
saputo- della sua vita.
Seppellì sua madre da sola,
graffiandosi le piccole mani, stringendo i denti per non cedere alla
disperazione, e giurò sulla sua tomba che non l’avrebbe delusa. Sentiva chiara
dentro di sé la voglia crescente di avventura, uno spirito combattivo che non
le dava pace e che non le permetteva più di vivere in quella casa abbandonata
da tutti.
Così un giorno prese la vecchia
divisa da Guerriera di sua madre. Indossò i calzoncini bianchi, che le stavano
un po’ larghi, e la maglietta rossa, semplice, senza maniche. Poi infilò gli
stivali, bianchi anch’essi. Infine il mantello, ancora candido come se fosse
nuovo. Dyna lo appuntò al collo con il fermaglio a forma di fiore, simbolo del
regno di Breza e si guardò allo specchio. Era pronta. Il suo destino si sarebbe
compiuto. Sua madre sarebbe stata fiera di lei guardandola dall’alto, ma Dyna
sapeva in fondo al cuore che non lo stava facendo solo in sua memoria. Lo stava
facendo perché era il suo desiderio,
perché era nata per essere una Guerriera di Shidal.
Prese la sacca in cui aveva riposto
le poche cose necessarie per il breve viaggio e stava per uscire di casa,
quando si ricordò di una cosa. Tornò al baule e iniziò a rovistare fra le varie
cianfrusaglie, finché non estrasse uno strano paio di occhiali. Erano molto
grandi, rivestiti di gomma e spessi parecchi centimetri. Erano anche dotati di
un laccetto in modo da poterli legare dietro la nuca: un oggetto piuttosto
bizzarro. Dyna non li aveva mai usati, ma sapeva che erano appartenuti a suo
padre. Li ripose nella sacca. Così avrebbe avuto vicino entrambi i suoi
genitori. Poi fece un sospiro profondo e finalmente uscì.
Si lasciò la sua casa alle spalle,
insieme alla sua vita, e non si guardò indietro nemmeno una volta.
* * *
Il sole era ormai quasi tramontato
del tutto e il re sedeva sul suo trono con la faccia appoggiata pigramente sul
palmo dello mano. Non si era presentato nessuno. D’altronde lo aveva previsto.
Troppi anni in pace, la gente non era più preparata all’avventura, né ne aveva
voglia.
« Dovrò chiamare l’esercito » decise,
sollevando il capo.
Il consigliere,
un nano tutto vestito di nero fino al cappuccio, con le guance rosse e gli
occhi perennemente spalancati in un’espressione timorosa, si azzardò ad
esprimere la sua opinione. Che poi era il compito di un
consigliere. « M-mi perdoni, Sua A-a-altezza… ma contro chi dovrà scontrarsi l’esercito…? Noi n-non conosciamo il
nostronemico… »
Il sovrano lo
guardò con disprezzo e sbraitò facendo vibrare i fitti baffoni: « Behhh e
secondo te per quale motivo li chiamo, per andare a fare una gita, forse?
Devono appunto scoprire chi è stato quel maledetto che ha rapito la mia amata
figliola…! »
Dopo un minuto
di silenzio, il consigliere di nuovo parlò: « M-ma… Sua Maestà… se bisogna
mettersi sulle tracce di qualcuno… sarebbe più saggio non mettersi troppo in
vista… per il bene della principessa… e un intero esercito non passa certo
inosservato… oh! »
« Chiudi il becco, stolto
impiccione! Non capisci nulla di strategie » sbottò il re, riassumendo la sua
posizione di attesa, con il gomito sul bracciolo dorato del trono.
Nonostante il
caratteraccio del vecchio reggente, il consigliere trovava quella decisione
tanto sballata, che non ce la faceva a stare zitto, anche se aveva paura di una
sua ulteriore reazione. « M-ma… mio sovrano…
l’esercito non ha mai combattuto…
non è pronto per una missione così delicata… finiranno per peggiorare la
situazione… »
Stavolta il re
perse completamente la pazienza. « Adesso basta, piccolo ficcanaso! Sei forse
un Veggente, per caso? No, quindi non ti mettere a prevedere il futuro! Ora,
prima che ti licenzi, vai a convocare l’esercito, anzi, portami qui il
generale. E muoviti! Che fai ancora qui? Vai! »
Il consigliere corse verso
l’ingresso principale, per quanto i suoi minuscoli piedi gli
consentissero di correre, ma mentre alzò la mano per girare la maniglia, il
grande portone di quercia gli finì sul naso pronunciato, mandandolo a gambe
all’aria.
« Sire! Sire! Aspettatemi, voglio
partire anch’io! »
Un giovane dai capelli neri,
leggermente lunghi e spettinati, entrò come un ciclone, calpestando
inavvertitamente il nano.
Il re non si mosse dalla sua
posizione, ma il suo sguardo era divenuto perplesso e teneva la bocca aperta,
confuso di fronte a quella scena anomala. Intanto il ragazzo era arrivato
davanti al trono e sembrava più preoccupato che mai. “ Oh no… non ditemi che
sono già andati via. La prego, Mio Signore, mi lasci partire lo stesso, li
raggiungerò sulla strada. »
« Ma di cosa
stai parlando?... Chi sei tu? » chiese il re,
scrutandolo come se fosse una strana creatura di terre lontane.
« Oh, mi perdoni… ». Il
ragazzo si inginocchiò, lasciando che il mantello
fluisse in aria. « Sono Oliver Galir, Guerriero Semplice di Shidal. » Detto questo
il mantello gli cadde sulla testa, coprendolo tutto.
Il re si grattò la fronte, sentiva
che stava arrivando un gran mal di testa.
« Signore, io voglio partire con gli
altri a cercare la principessa, lo so che sono arrivato tardi, ma la prego di
lasciarmi andare ugualmente » disse Oliver, una volta liberatosi del manto.
« Figliolo, non
capisco perché ti scaldi tanto… puoi partire a cercare la principessa »
concesse il re.
Oliver si rialzò
di scatto. « Ah! Davvero?! Bene, allora vado subito… dove si sono diretti,
perché io avrei un’idea di chi… »
« Figliolo, ho
paura che dovrai partire da solo, perché vedi, sei il primo che si fa vedere
oggi. E anche l’ultimo, ho ragione di pensare. »
L’entusiasmo
negli occhi del cavaliere si spense. « C-come l’ultimo?
Non capisco… nessuno ha risposto alla chiamata? »
« Nessuno »
ripeté stancamente il sovrano, addossando stavolta tutto il corpo allo
schienale della poltrona. Dopo un po’ aggiunse: « Se sei un Guerriero, allora
torna con i tuoi compagni, perché stavo per mandarvi a chiamare. Partirete
stanotte. »
Oliver si sfregò
la testa, deluso. Stava per seguire il suggerimento del re, quando gli venne in
mente qualcosa. “ Mio Signore, aspetti un attimo. Questo non è un compito
adatto all’esercito… Dobbiamo prima scoprire il colpevole e se l’intera armata
si mette sulle sue tracce lo saprà anche una formica delle Cime Innevate… E se
il nemico decidesse di andare ancora più lontano di
dov’è, impaurito? O peggio ancora, preso dal panico,
potrebbe decidere di uccidere la principessa… Senza contare che l’esercito non
è per niente preparato ad affrontare una simile impresa. Sono pochi quelli che
si addestrano a dovere per ogni circostanza. Ma io
sono uno di quelli! »
Il monarca registrava lentamente le
parole del giovane. Andare più lontano… uccidere la principessa… uccidere…
« Oh, per tutti i Trippiti, hai
ragione! Consigliere! Non si permetta di andare a chiamare il generale,
altrimenti la licenzio in tronco! »
Il nano,
riavutosi dalla botta, borbottò: « Ma Mio Signore, perché non avete dato
ascolto a me, prima… ho detto le stesse cos… »
« Silenzio una buona volta! E ora
dimmi, mio giovane amico… cosa credi che sia più opportuno fare? »
« Beh, io credo che potrei partire
da solo, ma un aiuto mi farebbe comodo »rifletté Oliver.
Il sovrano rise e gli assicurò che
gli avrebbe affiancato sicuramente qualcuno.
« Bene, allora io ho già un piano
»disse Oliver, riacquistando
l’entusiasmo di prima. « Credo che il colpevole sia il Mostro del Piccolo
Fiore. Insomma, lo so che forse è una leggenda, però non sarà del tutto priva
di fondamento visto che la gente da lì è scappata davvero qualche anno fa, non
crede? Io credo che la principessa sia più vicina di quanto pensiamo. »
« Vuoi dire che potrebbe trovarsi al
Piccolo Fiore? »domandò il sovrano,
sfiorandosi il mento irsuto. « Beh, sì… Ma perché questo ipotetico mostro non
si è mai fatto vedere in questi anni… Bah, la gente
qui ha perso completamente la ragione e i mostri non sono da meno… Soprattutto quelli inesistenti. Però visto che è
l’unica pista che abbiamo… Ma sarai capace di
arrivare lassù? La strada è impervia. Dovrai passare per la foresta di Querciasecca,
non sarà facile. »
« Maestà! »esclamò Oliver, ergendosi in tutta la sua
altezza « Io sono un Guerriero di Shidal! »
« Sì, anche gli altri lo sono e non
sono capaci nemmeno di allacciarsi le scarpe. La povera Shidal morirebbe di
vergogna se fosse ancora viva » borbottò il re. « Va bene, ora devo solo
trovare qualcuno che ti accompagni, magari uno con un po’ più di esperienza.
Quanti anni hai, ragazzo? »
« Ventiquattro, Signore. »
« Ventiquattro…
Sei solo un ragazzino. Va bene, ma sta’ sicuro che lo troverò un pelandrone
disposto a partire, ah! Se lo troverò! »
In quel momento il portone di
ingresso si aprì per la seconda volta, ma per fortuna il consigliere si trovava
fuori portata. Entrò una ragazzina di circa quindici anni, con un’enorme chioma
rossa che incorniciava il piccolo volto. Si avviò con passo spedito in
direzione del trono, senza salutare nessuno, poi disse scandendo bene le
parole: « Maestà, sono qui per diventare una Guerriera di Shidal. »
« Benedetta figliola! »esclamò il re, che non aveva mai passato un
giorno peggiore di quello « Dovresti essere a casa con tua madre a bere il
latte e poi correre a letto a quest’ora! »
« Mia madre è morta e il latte non
mi è mai piaciuto, Sire! Io sono qui per diventare cavaliere » ribatté la giovane.
Il sovrano si portò una mano alla
testa e si afflosciò di nuovo sulla poltrona. « Santa pazienza, ma coma ha
fatto a entrare? »
Oliver alzò le spalle e il
consigliere si guardò disperatamente intorno, convinto che la colpa andasse
ancora una volta a lui.
« Non mi meraviglia che stanotte la
principessa sia stata rapita! Se questa ragazzina è riuscita a eludere la
sorveglianza, figuriamoci un malvivente esperto! » brontolò il re.
« La principessa è stata rapita?
»domandò la ragazza.
« Lo sanno tutti » disse Oliver.
Dyna gli rivolse uno sguardo
omicida, poi si presentò: « Maestà, io mi chiamo Dyna e sono qui per diventare
cavaliere. »
« Sì, questo l’abbiamo capito »
mormorò il sovrano.
« Perciò andrò a cercare la
principessa, e poi vi riporterò sia vostra figlia che la testa di chi l’ha
rapita »affermò Dyna.
Oliver deglutì, il re invece non
sembrò particolarmente colpito e disse: « Ascolta, benedetta bambina, ho già
trovato chi porterà a termine la missione, vale a dire questo giovanotto qui, Gliver Olir. »
« Ehm… Oliver Galir, Signore… »
« Sì, e io che ho detto? Ora troverò
un altro Guerriero disposto ad accompagnarlo e partiranno solo loro due, tu
torna qui fra una decina d’anni. »
Dyna strinse i pugni, offesa a
morte. « Ma… posso accompagnarlo io! Se ne nessuno vuole andarci, andrò io con
lui! So maneggiare la spada, so andare a cavallo, ma la cavo benissimo in ogni
situazione, darò un prezioso aiuto e… »
« Figliola »la interruppe il re « Io temo per le sorti di
mia figlia e sarei disposto a fare tutto per riaverla qui con me. Ma se c’è una
cosa che non farò, sarà mettere a repentaglio la vita di una bambina smaniosa
di crescere e farsi male. Ora torna a casa, Pyna. »
« Mi chiamo Dyna »borbottò la giovane, amareggiata. Uscì dalla
stanza senza più proferire parola.
« Oh, Santa pazienza, che giornata
»esclamò il re.
Non fu impresa facile trovare un
cavaliere abbastanza giovane e capace disposto a partecipare all’impresa. Anzi,
in verità non si trovò. Il re fu costretto a minacciare di portarlo nelle
Miniere Perdute, solo così il povero Josh Norton
acconsentì ad accompagnare Oliver.
« Forza, non perdete altro tempo,
ormai è l’alba, sareste dovuti partire stanotte, se solo tu, maledetto codardo,
non mi avessi fatto perdere tempo! » strepitò il sovrano, mentre i due
Guerrieri montavano a cavallo.
Josh aveva trent’anni, era un bel
giovane dai capelli castani, e come tutti gli abitanti di Breza dell’epoca era
irrimediabilmente pigro e un’avventura come quella che si stava preparando ad
affrontare era proprio il genere di cosa che meno lo rendeva felice.
Finalmente partirono, lasciandosi il
sicuro castello alle spalle, e si avviarono verso il villaggio. Certo, anche
quello era un luogo sicuro, ma ciò che preoccupava Josh
era la foresta di Querciasecca. Aveva sentito dire che nessuno vi entrava da
anni, perché era un posto tetro e irto di rischi. Potevano abitarci animali
feroci, o potevano esserci piante velenose. Il Guerriero rabbrividì. E la sua
paura aumentò al pensiero del famigerato mostro, ammesso che esistesse davvero.
Chissà com’era fatto un mostro? Suo padre gli aveva raccontato qualche storia
che a sua volta gli aveva narrato suo nonno, e così via fino a
ripercorrere le più antiche generazioni. Qualche suo antenato aveva sicuramente
affrontato dei mostri, ma quelli erano altri tempi… Tempi
bui e pericolosi. Ringraziava il Fato tutti i giorni per averlo fatto nascere
in quel periodo di pace, e ora si trovava in quella assurda situazione. Si
voltò verso il suo compagno di viaggio, che conosceva solo di vista. « Allora… Anche
tu sei stato costretto dal re a imbarcarti in questa avventura? »
Oliver sobbalzò, perché era
soprappensiero. Gli capitava spesse volte di perdersi a meditare e sognare ad
occhi aperti. « Eh? Come? Ah, no, io mi sono offerto volontario. »
« Volontario? Però…
O sei estremamente coraggioso o estremamente stupido » commentò Josh. « Che cosa ti ha spinto, scusa? Non potevi stare per
i fatti tuoi, senza problemi? In fondo a te cosa importa? »
« Come sarebbe? » esclamò Oliver « E’
la principessa del nostro regno, certo che mi importa! Noi siamo i Guerrieri, è
nostro dovere salvarla! »
Per tutta risposta, Josh scrollò le spalle. « Se lo dici tu. »
Il viaggio proseguì in silenzio, ma
abbastanza velocemente, tanto che alla sera erano già giunti alla Foresta. Si
accamparono prima di addentrarsi all’interno, rimanendo nella zona più esterna
e mangiarono qualcosa. Poi decisero di fare dei turni di guardia perché non
conoscevano la foresta e non volevano correre rischi inutili. Il primo a
vegliare fu Josh. Oliver, stanco per la cavalcata, si
addormentò quasi subito.
Non erano nel fitto del bosco, ma
già gli alberi oscuravano la maggior parte del cielo senza stelle. Non si
vedeva neanche la luna quella sera. Josh si appoggiò
al tronco di un faggio, con le mani dietro la nuca e una foglia tra le labbra,
sperando che le due ore passassero in fretta, così avrebbe potuto fare un bel
sonno ristoratore. Mentre pensava a quest’ idea confortante, non si accorse che
qualcuno, dai cespugli selvatici, stava avvicinandosi. E come avrebbe potuto?
Chiunque fosse era più silenzioso di un serpente su un pavimento di vetro.
Ormai era vicinissimo, prese un bastone e colpì con forza la fronte di Oliver.
Solo allora Josh si accorse della sua presenza,
afferrò velocemente la torcia per vedere che fosse, ma non fece in tempo a
urlare: « Chi è là? » che la figura nera gli fu addosso, gli mollò un calcio
negli stinchi e poi un pugno sul viso. Infine usò di nuovo il bastone e Josh prese a russare rumorosamente.
Capitolo 3 *** - Il Piccolo Fiore (parte prima) ***
Il Piccolo Fiore.
Quando
Oliver aprì gli occhi la prima cosa che gli venne in mente fu un gran mal di
testa, così si portò una mano alla tempia per cercare di riuscire a mettere
almeno a fuoco qualcosa. Il sole filtrava attraverso i fitti rami degli alberi
più alti che avesse mai visto e le chiome formavano quasi una specie di tetto
con le loro foglie. Si accorse di essere chino sulla groppa del suo cavallo,
doveva aver dormito per ore, visto che sembravano nel pieno della Foresta.
Lentamente si alzò, ricordando vagamente la sera prima, ma quando vide la
persona che cavalcava di fronte a lui, rammentò improvvisamente tutto. Ma non
era finita: perché la persona avanti gli dava le spalle, ma si capiva benissimo
che era una donna. Oliver indugiò. Non poteva aggredire una femmina, andava
contro ogni suo principio, però era stata sicuramente lei a colpirlo facendogli
perdere i sensi quella notte. Un dubbio gli attraversò il cervello. Ma dove
diamine era finito Josh? Finalmente se ne era ricordato… Decise di parlare con quella donna in modo
civile, stando però in guardia. In fondo era una fanciulla e prima era riuscita
a metterlo a tappeto solo perché era già addormentato. Cautamente si avvicinò
al suo cavallo, rendendosi conto di quanto fosse assurda quella situazione.
«Ehm… M-mi perdoni, Milady, ma lei,
cioè, lei è… cosa? Sei tu! »
Dyna si
voltò verso di lui e sfoderò un sorriso smagliante. « Eccomi qua! Ti ricordi di
me allora! Mi chiamo Dyna, nel caso te ne fossi dimenticato. E tu sei Oliver… Oh, il cognome non mi entra in testa, scusami... »
« Galir »
disse Oliver con un filo di voce. Probabilmente stava ancora sognando, sì, era
l’unica spiegazione. Si era addormentato ad occhi aperti, come al solito.
Dyna si
accorse della sua esitazione, così cercò di riportarlo alla realtà,
spiegandogli cosa avesse combinato la notte scorsa. « Ecco, vedi, non so se te
lo ricordi, ma stanotte vi ho… aggredito, diciamo
così. Te e il tuo amico. Poi ti ho caricato sul cavallo (e ce ne è voluto un
po’, a dire il vero) e sono ripartita. Sei diretto al Piccolo Fiore, vero? »
Oliver si
sforzava di trovare un senso logico a tutta quella confusione, poi chiese, dato
che forse era la cosa più importante: «Josh… che fine ha fatto? »
« Oh, non
preoccuparti per lui » lo rassicurò la ragazza « Ho messo anche lui sul suo
cavallo. Sono sicuramente tornati a casa sani e salvi. »
Per niente
sollevato, Oliver stava cominciando a arrabbiarsi. « Ma tu, posso sapere che ci
fai qui? Non dovevi tornare a casa e tornare tra una decina d’anni? »
« Io voglio
diventare una Guerriera di Shidal » affermò Dyna. « E lo voglio adesso, non
posso aspettare dieci anni. »
« Torniamo
indietro » disse Oliver, sicuro come lo era poche volte.
Dyna fermò
il cavallo, che emise un lungo nitrito. « Cosa? Perché? »
« Perché non
ho tempo di badare a te! » sbottò Oliver « Non posso fare da balia a una
ragazzina alle prime armi, che sogna di compiere grandi imprese per diventare
un’eroina. Io devo salvare Semi ,lo capisci, non sto andando a divertirmi! »
« Anch’io
voglio salvare la principessa! » ribatté Dyna, con gli occhi in fiamme. « Se
proprio la vogliamo dire tutta, stanotte potevo ammazzare due Guerrieri da
sola, nessuno poteva impedirmelo, sai? »
Oliver
arrossì lievemente. Beh, Josh non era sicuramente un
cavaliere eccelso, però non tutte le ragazzine piccole come quella erano in
grado di mettere fuori combattimento un Guerriero. « Va bene, sarai stata
fortunata, ma adesso torniamo indietro, non vorrei avere il cadavere di una
quindicenne sulla coscienza. »
« Guarda che
io ho diciassette anni! E non torno indietro! » Detto questo, Dyna scrollò il
cavallo e partì come un fulmine seguendo l’intricato sentiero che gli alberi
gentilmente offrivano.
« Oh! Ehi!
Torna qui! Ragazzina! » Oliver non poté fare altro che mettersi
all’inseguimento. Non c’è che dire, cavalcava proprio bene, non aveva mentito.
In breve però la raggiunse e riuscì a sbarrarle la strada. Il cavallo impennò
pericolosamente, e Dyna venne disarcionata, cadendo sul terreno umido. Il
cavaliere scese subito per controllare se fosse ferita, allarmato. « Ragazzina,
stai bene? »
Dyna non
rispose, cercando di pulire alla meglio il mantello rovinato. « Forza, vieni »
disse Oliver, una volta accertate le sue condizioni. Le tese la mano. Dyna
esitò un attimo, poi la afferrò saldamente… e tirò
anche lui a terra, affondando i denti nel polso. Oliver gridò per il dolore e inginocchiato
tentava di farle lasciare la presa. Alla fine ci riuscì e la ragazza subito
scattò per rimontare a cavallo, ma il Guerriero la prese per la caviglia,
costringendola di nuovo a terra. I due si guardavano in cagnesco. Oliver non
sapeva cos’era a trattenerlo, ma avrebbe tanto voluto riempire quella faccia
insolente di schiaffi, e sicuramente avrebbe imparato la lezione. Dal canto
suo, Dyna si pentì di non aver spedito a casa anche lui, come aveva fatto con
l’altro, anzi, si pentì di non averlo fatto fuori del tutto quando ne aveva
avuto l’occasione. Essendo adulto, Oliver sentiva di avere un certo peso in
quella stramba circostanza, così assunse il tono più autoritario che gli riuscì
e un’aria severa. « Allora. Adesso torniamo al villaggio, ti porto a casa e ti
chiudi dentro fin quando non avrai l’età per decidere da sola della tua vita.
Quando quel momento arriverà, potrai fare tutto ciò che ti pare e piace. Ma ora
no, non davanti a me, se ti capitasse qualcosa la responsabilità sarebbe mia, e
non voglio che succeda niente di male, a nessuno. Chiaro? Perciò muoviti, mi
hai fatto perdere già troppo tempo. »
Tuttavia
Dyna rimase dov’era. « Bel discorso. Possiamo proseguire? »
Oliver ruggì
di rabbia, con le mani nei capelli.
« Oh, non
strapparteli, ti stanno bene. Non saresti così carino calvo, sai? » lo schernì
avvicinandosi a lui. « Stammi a sentire tu adesso: mancano un paio di
chilometri al massimo per la fine della Foresta. Gli alberi si stanno facendo
più radi, come vedi, quindi siamo quasi al Piccolo Fiore. Lì potremmo fare
scorta di cibo, visto che in questo bosco niente è commestibile e metterci
sulle tracce di questo mostro, ammesso che esista, certo. Ti prometto che se il
pericolo sarà troppo alto, allora mi farò da parte. Sarò buonissima, te lo
giuro! »
Che occhi… Occhi così non ne aveva mai visti. Non sembravano
neanche umani. Oliver sapeva bene che ormai aveva vinto lei. Come poteva dire
di no a una bambina così dolce, sì, quando voleva sapeva esserlo. Dimenticando
completamente che l’aveva colpito con un bastone, che aveva tramortito Josh, che l’aveva costretto a rincorrerla per il bosco, che
l’aveva morso… « E va bene. Ma se non mi ubbidisci
saranno guai! » disse alla fine.
Dyna sorrise
raggiante e gli gettò le braccia al collo, al settimo cielo.
« Su,
andiamo! Che stiamo aspettando? » esclamò felice. Si rimise in sella al
destriero e si avviò avanti.
* * *
Dyna aveva
ragione, il bosco stava per finire, ormai mancava veramente poco. A quanto
pareva, la Foresta Querciasecca non era esattamente il luogo adatto per
costruirci la casa, però non era abitato da nessuna bestia feroce. Dopo un bel po’
di silenzio, Oliver disse: « Quel mantello a chi l’hai rubato? »
« Prego? »
« Quello è
un mantello da Guerriero, proprio identico al mio. A chi l’hai preso? » chiese
il cavaliere.
Dyna si
indignò a quella accusa e rispose in modo sprezzante: « Io non ho mai rubato in
vita mia! Questo era di mia madre! »
« Oh… » fece
Oliver. Niente da fare, in quanto a gentilezza era stato delicato quanto un
cinghiale. Per togliersi dall’imbarazzo continuò a parlare. « Quindi anche lei era
una Guerriera… Per questo vuoi diventarlo? »
« No. Voglio
diventarlo e basta. Per me. E poi voglio diventare la migliore per lei. Perché
lei era la migliore » disse Dyna.
Oliver
rimase un attimo zitto, colpito dalla serietà con cui quella ragazza che era
poco più di una bambina aveva pronunciato quelle parole. In esse si leggeva un
dolore per la perdita della madre, avvenuta forse troppo presto, che lei
cercava di soffocare con rabbia, vivendo quanto più poteva. « Beh, ti posso
assicurare che tramortire un uomo addormentato non è un gesto da Guerriero, sai?
» disse, ma nella sua voce c’era un tono divertito, voleva prenderla in giro.
Dyna abbassò il capo, e non riuscì a trattenere un sorriso.
« Guarda, ci
siamo » la avvertì Oliver.
La Foresta
si era infatti ormai diramata del tutto e di fronte ai due giovani si stagliava
ora il Piccolo Fiore, troppo piccolo per essere una montagna, ma anche un po’
troppo grande per essere una semplice collina. La struttura centrale era
circondata da un sentiero verde, che sembrava creato artificialmente, ma il
difficile era salirci, dato che la liscia parete di roccia non forniva nessun
genere di appiglio. Tutto intorno, una immensa distesa di prati fioriti, su più
livelli di roccia, a volte intervallati da ponticelli in legno dall’aria
sicura. Sparsi sporadicamente qua e là alcuni abeti piccoli e qualche
animaletto selvatico innocuo. « Però… non è niente
male questo posto! » commentò Dyna, respirando a pieni polmoni l’aria satura e
pulita, dopo quella rarefatta del bosco.
« Fino a
pochi anni fa era abitata dai Breziani, sai? In effetti, fa ancora parte della
regno » osservò Oliver scendendo da cavallo.
Anche Dyna
scese e chiese, interessata: « E come mai ora non c’è nessuno? »
« Beh, per
il mostro » spiegò Oliver « Anni fa le persone fuggirono da qui e si
rifugiarono al villaggio, sostenendo che un mostro si era insediato sul colle.
Veramente solo un vecchio diceva di averlo visto, ma tutti ebbero paura e non
tornarono mai più. E naturalmente nessuno si preoccupò di andare a verificare
di persona. »
Dyna scosse
il capo, rassegnata. « Certo che la gente di qui è veramente senza speranza.
Beh, diamoci da fare, a quanto pare il mostro dovrebbe vivere sulla cima della
montagna, vero? »
Oliver
annuì, soprappensiero, poi registrò le parole appena ascoltate. « Ehi, ti
ricordi della promessa, vero, ragazzina? »
Dyna finse
di non capire. « Cosa? Quale? »
« Non fare
la finta tonta! Hai detto che una volta che il gioco si fosse fatto troppo
pericoloso, ti saresti fatta da parte » le ricordò il cavaliere.
« Davvero?
Ho detto questo? Non ne ho memoria. » Si allontanò quel tanto che bastava per
darle un certo margine di vantaggio,poi si girò e gli fece una linguaccia.
« Aspetta
che ti prendo, poi facciamo i conti! » Oliver partì all’inseguimento, ma per
quante avesse le gambe più lunghe faticò parecchio per raggiungerla. Si
divertirono da pazzi a rincorrersi per i prati, nascondersi dietro i massi o
sugli alberi, fino a quando Oliver la prese e rotolarono sull’erba, ridendo a
crepapelle, come due bambini. In quella atmosfera di rilasso, Oliver non aveva
dimenticato la sua missione, però non riuscì a fare a meno di pensare qual era
il vero motivo che l’aveva spinto a partire con tanto desiderio. Non perché si
sentisse legato al popolo, per attaccamento alla patria, perché era suo dovere
di Guerriero salvare la principessa indifesa. No, anche se non fosse stato un
Guerriero sarebbe andato comunque. Osservò una nuvola dalla forma strana
passare sopra di lui, che gli ricordò il viso più dolce e tenero che avesse mai
visto in vita sua. « Come vorrei che il suo primo sorriso fosse per me… »
Dyna si alzò
sui gomiti, scrutandolo attentamente. Era così assorto che probabilmente aveva
dimenticato di non essere solo. Certo che era un ragazzo proprio strano. « Di
che stai parlando? »
Oliver
sussultò, scendendo dalle nuvole. « Di… di nessuno! »
Si alzò in fretta e disse: « Forza, ci siamo riposati anche troppo. E’ ora di
mettersi a lavoro. »
Lasciarono i
cavalli legati vicino a un laghetto e proseguirono a piedi. Il Piccolo Fiore
non era lontano e vi arrivarono in breve tempo. Come purtroppo avevano già
intuito, la roccia era liscia e priva di rientranze o sporgenze, quindi era praticamente
impossibile salirci. « Ma se lui ci è salito vuol dire che un modo c’è! » disse
Dyna, che cominciava a perdere la pazienza.
« Magari ha
le ali, che ne sai com’è fatto? » mormorò Oliver, ispezionando a fondo la
montagna, scervellandosi su come arrampicarsi. Quando era arrivato ormai alla
triste conclusione che si dovesse per forza saper volare per salire in cima,
sentì un rumore di catene proveniente da dietro la montagna. I due ragazzi si
scambiarono uno sguardo ansioso. Ma allora qualcuno era rimasto al Piccolo
Fiore...
« Andiamo a
vedere » propose Dyna e Oliver assentì, prima di prenderle il braccio e dire in
un tono che non ammetteva repliche:
« Vado
avanti io. »
Dyna si fece
da parte con aria seccata per essere trattata perennemente come una bambina
incapace e lo seguì.
Camminando
lungo il fianco della montagna, anzi per essere più precisi, strisciando lungo
il fianco della montagna, ad un certo punto furono investiti da un odore fetido
e pestilenziale come non ne avevano mai sentiti prima. Tutti e due si
otturarono le narici con le dita, assumendo un’espressione disgustata, ma
andarono avanti lo stesso. Oliver si fermò dopo pochi passi, tendendo il
braccio per fermare anche Dyna, e si sporsero quel tanto che bastava per vedere
chi sferragliava a quel modo.
« Ma quello
è un Orco » disse Dyna a voce bassa.
L’essere che
brandiva la catena era alto almeno due metri e aveva la pelle di un arancione
sbiadito, con macchie marroni sparse ovunque. I capelli neri cadevano sulla
testa coprendo parte del viso e avevano l’aria di non aver mai visto un goccio
d’acqua pulita. Le braccia erano pelose e probabilmente lo era anche il resto
del corpo, ma non si vedeva perché coperto da un abito lercio e strappato in
più punti. Aveva i piedi lunghissimi, tanto che faceva fatica a camminare e una
grossa pancia gli pendeva sul davanti, floscia e rotonda.
« Allora è
lui il mostro che terrorizzava il villaggio » disse Oliver, sempre coprendosi
il naso. Il puzzo di quella creatura era insopportabile.
« Ma non
doveva stare sul colle? » chiese Dyna.
Oliver non
rispose, stava valutando un modo per attaccarlo. Era molto grosso e aveva una
pesante catena in mano, ma lui aveva la sua spada. Avrebbe potuto attaccarlo da
dietro, anche se non era una bella azione, ma in fondo non era quello il
momento di pensare alle regole di un leale duello, doveva solo pensare a
salvare la principessa. Sì, lo avrebbe attaccato da dietro. « Va bene… » disse
senza distogliere gli occhi dal mostro « Ora Dyna, apri bene le orecchie: io vado a sistemare quel coso
puzzolente, mentre tu te ne stai buona buona qui
senza dare fastidio, anzi forse è meglio se torni indietro, non vorrei che tu
vedessi una scena del gene… Dyna mi ascolti?... Dy… Ma dove sei? » Oliver si guardò intorno, poi si girò di
nuovo in direzione dell’Orco e scoprì con orrore che la ragazza si stava
dirigendo da sola senza farsi vedere nei pressi della creatura. In quel momento
stava risalendo una piccola collina di roccia, dalla parte opposta, in modo che
il mostro non la scoprisse. Oliver emise un grido soffocato, mentre imprecava
con frasi sconnesse e senza senso, poi si tappò la bocca con il pugno,
mordendosi la mano tremante. Cercò di chiamarla, ma era troppo lontana perché
la sentisse, dovette per forza gridare, anche se fu un urlo strozzato: « Dyna…! » Subito dopo si appiattì contro la parete di
roccia, mentre l’orco girava lentamente il pesante testone in direzione del
suono che aveva udito. Per fortuna decise di non approfondire la questione,
così Oliver prese a sbracciarsi come un forsennato boccheggiando il nome di
Dyna, ma senza emettere una sillaba. Finalmente la ragazza si girò e gli fece
segno di tacere, con l’ indice premuto sulle labbra. « Cosa…?! » fece Oliver,
con una crisi di nervi sempre più vicina. « Devo stare anche zitto..!? Sto
sudando sette camice per colpa della sua testa vuota e devo anche stare zit…!! » Si morse di nuovo la mano, maledicendo se stesso
per aver permesso a una bambina di accompagnarlo in quella missione rischiosa,
già la vedeva morta stecchita schiacciata da quel gigante arancione….
L’avrebbe avuta per sempre sulla coscienza… Ma… che
aveva in mente? « Ma quella è completamente pazza! » esclamò Oliver, senza più
preoccuparsi di tenere la voce bassa.
Dyna si era
lanciata dalla collinetta sul mostro, e si era attaccata a lui, impedendogli di
muovere le braccia. O almeno quella era la sua intenzione. Aveva pensato di
bloccargli gli arti con le gambe e colpirlo alla testa con quel bastone che era
la sua unica arma, ma non aveva calcolato che le sue gambe erano troppo esili
per trattenere le braccia possenti dell’Orco, così dopo un vertiginoso
barcollare il mostro la scaraventò al suolo.
« Ooooooohhhhhhhhh! » gridò, con una voce gutturale e atona.
Brandì la catena per usarla contro di lei, ma giusto in tempo arrivò Oliver,
che la afferrò con decisione arrotolandosela sul braccio. Con uno strattone,
trascinò la creatura a terra, con un tonfo che fece alzare un gran polverone.
Senza perdere tempo, Oliver estrasse la spada e la puntò sulla gola del mostro.
Anzi, per meglio dire sul doppio mento, visto che quell’essere era talmente
grasso che il collo era quasi invisibile.
« Liberala
subito! Hai capito, sudicio bestione? » ordinò il Guerriero a denti stretti. « Libera
la principessa! »
L’Orco
annuì, spaventato a morte, con le mani in segno di resa. Oliver lo fece alzare,
e lo seguì, sempre puntandogli la spada contro la schiena. Passandogli accanto
lanciò un’occhiataccia a Dyna, che ancora era inginocchiata sul terreno.
Nella
collinetta che Dyna aveva scalato un attimo prima era scavata una vera e
propria gabbia. Un grande cancello di ferro chiudeva l’entrata a una piccola e
buia caverna. L’Orco fece capire a Oliver di voler prendere la chiave con i
suoi gesti goffi e selvaggi e infatti prese da una tasca dei pantaloni marroni
una piccola chiave d’argento, che sembrava addirittura minuscola nelle sue manone. Con uno scatto la serratura si aprì e il cancello si
spalancò. « Principessa Semi! State bene? » gridò Oliver, con il cuore che
pulsava come un tamburo. Si addentrò nella caverna cautamente, ma dopo
qualche minuto di silenzio ne uscì correndo a ritroso, pallido come un
Fantasma. L’Orco cominciò a fare strani versi (« Ghu,
Uh, gnu, MuuMuu »), ma Oliver pensò che volesse
chiedere cosa fosse accaduto. « Ma che diavolo c’è la dentro? » esclamò il
cavaliere per tutta risposta.
Dyna si
avvicinò lentamente alla grotta, come se aspettasse il permesso di Oliver per
entrare. Lui si alzò, ancora scosso e la accompagnò dentro. C’era una strana
luce nell’ombra, una specie di riflesso argentato. Dyna però non ebbe paura
neanche per un attimo, e toccò la sagoma luminosa (« No, non lo fare... » bisbigliò
Oliver febbrilmente) come se l’attirasse in qualche modo e sentì un calore
accogliente e confortante, un tepore che le diede uno strano senso di sollievo.
Accarezzò la misteriosa creatura per quello che doveva essere il suo
collo e poi il muso, sembrava un cavallo. Ad un certo punto forse l’animale
aveva percepito la natura amichevole di Dyna, perché il pallido riflesso si
tramutò in luce abbagliante, tanto da inondare l’intera caverna. Per un attimo
i due giovani non videro nulla, ma quando il bagliore si attenuò, rimasero a
bocca aperta. Davanti ai loro occhi colmi di meraviglia, si trovava un Besil.
» L’ho diviso in due perché era lungo! Fatemi sapere un po’
che ve ne pare (:
Capitolo 4 *** - Il Piccolo Fiore (parte seconda) - Il re Gunner ***
Il Piccolo Fiore (seconda parte) – Il re Gunner
Il mitico
cavallo alato, dal candore puro e immacolato, ricambiava i loro sguardi con i
suoi occhi rossi. Era un animale maestoso, ma in quel momento giaceva in terra
e sembrava stanco e affannato.
« E’ ferito!
» gridò Dyna, riavutasi dallo stupore. Oliver invece non dava ancora segni di
essere cosciente e non si muoveva da dov’era. La ragazza si inginocchiò accanto
al cavallo e lo guardò implorante, come se volesse sapere cosa fare per
salvarlo. Il Besil tuttavia non disse niente,
respirava a fatica e da uno dei suoi occhi scese una lacrima d’argento,
stranamente solida. Anche Dyna sentì l’impulso di piangere, ma si riscosse. «
Vado a cercare qualcosa per salvarti! » affermò decisa e uscì dalla prigione,
senza una meta precisa. Cosa poteva fare? Al Piccolo Fiore non c’era nessuno,
figuriamoci se avrebbe trovato un medico. Girovagò disperatamente, arrivando
fino al fiume. Il fragore della cascata era forte, ma lei non lo sentiva,
preoccupata e ansiosa per la sorte del Besil ferito.
Doveva salvarlo, sentiva che doveva farlo, ma come? Abbassò la testa, seduta
sull’erba, pensando intensamente a una soluzione, lottando contro lo sconforto
totale, quando all’improvviso, sentì un grido. Proveniva dalla cascata.
Qualcosa, o meglio, qualcuno, visto che aveva urlato, era precipitato nel
fiume. Dyna corse nella sua direzione, afferrò un rametto abbastanza robusto e
lo tese verso lo strano individuo. Questi riuscì a risalire, e si stese
sull’erba, bagnato fradicio e ansimante. Strano era la parola adatta per
definirlo. Sembrava a prima vista una tartaruga, per il guscio verde e rugoso
che aveva sulla schiena, ma aveva il becco simile a quello di un pellicano. La
piccola testa di piume bianche era sorretta da un esile collo che affondava nel
guscio e aveva due occhi molto grandi. Intorno alle pupille nere come la pece,
un vago colorito roseo. Alle mani aveva guanti gialli e i piedi erano palmati.
Anche il resto del corpo sembrava quello di un uccello. Dyna lo osservò
attentamente, molto perplessa, poi chiese, un po’ incerta: « Tutto bene? »
Lo strano
essere tossì per sputare qualche goccia d’acqua, poi rispose: « Sì, credo di
sì. » Aveva una voce nasale e bassa. « Ma dove sono? »
« Come
sarebbe? » disse Dyna « Sei al Piccolo Fiore, nel regno di Breza. Non lo
sapevi? »
La
tartaruga-uccello si mise in piedi, d’un tratto completamente allarmata. «
Regno di Breza?! Ma com’è possibile? Si trova a miglia di distanza da casa mia!
»
« Da dove
vieni tu? Chi sei? » domandò Dyna, confusa quanto lui.
Il bizzarro
animale era a quanto pareva molto educato, perché anche in quella situazione
assurda, non dimenticò di fare un inchino alla fanciulla che aveva di fronte,
prima di presentarsi. « Sono KimenuOrtoga, medico di Silfia. »
Dyna non
gli fece aggiungere altro. « Sei un medico? Presto vieni con me! »
Gli afferrò
il braccio e prese a correre in direzione della caverna dell’Orco. « Signorina,
si fermi, ma cosa succede? » sbraitava Kimenu.« Si fermi! »
Con uno
strattone finalmente costrinse Dyna a frenare la sua corsa, facendola quasi
cadere. « Mi dica cosa succede? »
« C’è… un…
cavallo ferito… » rispose la ragazza, con la fronte
imperlata di sudore freddo. In quel breve istante aveva pensato che non sarebbe
stata creduta, raccontando del Besil.
Il medico
assunse un’espressione seria e chiese solo: « Dove? »
Dyna indicò
la collinetta che si stagliava all’orizzonte contro i raggi del sole. « Dietro
quell’altura… »
Più veloce
di un fulmine, Kimenu fece uno scatto incredibile e
si mise a correre a una velocità pazzesca, lasciando dietro di sé un gran
polverone. Dyna non riusciva a credere ai suoi occhi. E dire che l’aveva
scambiato per una tartaruga! Si mise all’inseguimento, ma non riuscì a
raggiungerlo, se non quando lui era già arrivato alla grotta e mirava il
cavallo alato in estasi. « Un Besil… » mormorava
strabiliato. Ma durò pochi secondi. Subito si mise all’opera, tirò fuori dal
guscio una valigetta marrone e ne estrasse un paio di occhialetti a mezzaluna,
cominciando a ispezionare il corpo dell’animale.
Dyna,
accanto a Oliver, osservava in ansia la scena, mentre il cavaliere ormai non si
raccapezzava più. Un Orco, un Besil e una tartaruga-dottore… Se non era un sogno quello…
Alla fine, Kimenu alzò il capo per dichiarare la diagnosi. « Ha un’ala
ferita. Ho bisogno assoluto di Mitrecas. » Poi, visto
che nessuno faceva nulla, aggiunse: « E’ un fiore molto comune, a forma di
elica. E’ celeste e viola, con le foglie spinose, andate a cercarlo! »
I due
giovani si divisero per i prati in cerca di questo fiore, quando Dyna lo trovò
finalmente giù per un pendio, in mezzo a sassi e pietre. « Forse è comune dalle
sue parti, siamo fortunati ad averne uno qui » si disse, cogliendolo.
« Uno solo?
» esclamò il medico.
Dyna scosse
la testa. « Da queste parti mi sa che è piuttosto raro » e glielo pose. « Non
ce la farai? »
« Non ho mai
perso nessun paziente » affermò la tartaruga, intento a pulire i petali e
selezionarli con cura, secondo un metodo ben preciso. Dyna si inginocchiò
vicino al cavallo alato, carezzandogli il muso dolcemente. A lui sembrava
facesse piacere e si acquietò un poco. Ma il dolore doveva essere veramente
forte, perché per un attimo, Dyna credette che non
sarebbe sopravvissuto. Dopo circa un’ora, finalmente Kimenu
si asciugò la fronte e dichiarò di avere finito. « Ora deve riposare. »
Oliver si
avvicinò a Dyna, mettendole una mano sulla spalla. « Dai, esci un po’. »
Ma la
ragazza gli fece cenno di voler restare ancora. Così il Guerriero uscì,
lasciandola sola con il Besil addormentato.
Passarono
almeno un paio d’ore, prima del risveglio. Anche Dyna si era assopita nel
frattempo e fu ridestata dal tocco soffice e liscio dell’animale. « Ti sei
ripreso » disse la ragazza sorridendo, sfiorandolo a sua volta.
Quando
uscirono tutti quanti si erano addormentati. Oliver contro un alberello, l’Orco
per terra a pancia in su, con un rivolo di saliva sulla faccia e la tartaruga
si era rannicchiata nel suo guscio. « Ragazzi, siamo qui. »
Oliver emise
degli strani versi, poi si alzò sfoderando la spada, ancora mezzo insonnolito.
A poco a poco, la testa di Kimenu fece capolino dall’
involucro verde, mentre l’Orco non dava alcun segno e rimase lì dov’era a
ronfare. Il Besil mosse qualche passo in avanti,
osservando gli ultimi raggi del sole, che di lì a poco sarebbe tramontato. « Volevo
ringraziare ognuno di voi per avermi aiutato. E soprattutto te, piccola amica
mia. »
« Mi… mi
chiamo Dyna » disse lei, arrossendo un pochino.
Il Besil tornò a guardare il sole. « Il mio nome è Sembion e
sono un Besil dei Cieli Bianchi. » Fece un passo
verso di loro, ma sia Oliver che Dyna istintivamente indietreggiarono.
Quell’animale incuteva una certa soggezione.
« Non
abbiate paura » disse Sembion, con la sua voce profonda.
Dyna mollò
una gomitata a Oliver. « Ahhu!... Ma… Oh… Ehm, io
sono Oliver Galir, un Guerriero di Shidal…Beh… Molto piacere… cioè… »
« Io sono KimenuOrtoga, medico » si
presentò anche la tartaruga. « Mi permetta di porle una domanda. Io sono
laureato, oltre che in medicina e altre materie attinenti, in studio delle
creature fantastiche. Ora ho la prova inconfutabile che i Pagasi esistono, ma a
quanto mi risulta, lei possiede una grande forza e un’incredibile capacità di
resistenza. Perché non si è ribellato? »
Sembion ci
mise un po’ per rispondere. « Sì, noi Besil abbiamo
poteri straordinari, ma non adoperiamo mai la violenza, anche se siamo in fin
di vita. L’Orco mi ha torturato per molti anni con quella catena, per questo a
lungo andare neanche con i miei poteri sono riuscito a evitare che il dolore
prendesse il sopravvento. Ma non serbo rancore nei confronti dell’Orco, perché
lui non ha colpa. Non è intelligente, obbediva ciecamente a qualcuno più in
alto di lui. Era lui che gli ordinava di trattarmi male. »
All’improvviso
si sentì un singhiozzo. L’Orco si era svegliato e piangeva. Era molto buffo
così. Aveva le sopracciglia folte e unite e gli occhi grigi e molto piccoli,
che gli davano un’aria ancora più ottusa. Oliver lo fissò per un attimo
perplesso, poi gli venne in mente una cosa. « Ehi, hai detto qualcuno più in
alto di lui? Ma allora non era lui il mostro del Piccolo Fiore. Deve esserci
davvero qualcuno in cima al monte ed è probabile che sia lui ad aver rapito
Semi. »
L’Orco a
questo punto si fece avanti saltellando come uno scimmione, agitando le braccia
su e giù. Oliver si ritraeva per il cattivo odore, ma lui si avvicinava sempre
più.
« Vuole
dirti qualcosa » suggerì Dyna.
« Ah sì, anch’io
vorrei dirgli qualcosa. Per esempio di andare a lavarsi…
No, non mi toccare! » L’Orco gli prese la testa e la girò verso la montagna. «
Eh? Ho capito, vuoi dirmi che il mostro si trova lassù, ma questo lo sapevo
già. Solo che non so come arrivarci. »
« Io posso
volare lassù » disse Sembion.
« Ma è vero!
I Besil volano, se no a che servono le ali! Oh, ma
perché non ci ho pensato subito! » esclamò Oliver, dandosi una botta in
testa. Dyna già si stava preparando ad andare, quando Kimenu
fece crollare tutto il loro entusiasmo.
« Sembion
non può volare. Almeno per le prossime due settimane. Ho usato una pomata
speciale fatta con i petali di Mitrecas che permette
di rimarginare completamente la ferita senza dolore, ma gli impedisce di
muovere le ali, finché non avrà fatto effetto. »
Oliver
divenne di nuovo pallido. Dyna guardò il cavallo, che a sua volta era
profondamente amareggiato. « Ma forse non è tutto perduto. Andiamo vicino al
colle » disse Kimenu.
Non del
tutto convinti e con ben poche speranze, tutta la comitiva si accostò al fianco
della montagna. La tartaruga esaminò la roccia liscia e priva di appigli
mormorando: « Sì… Sì. E’ proprio l’ideale. »
« Scusi, ma
potrebbe dire anche a noi, sempre se non le dispiace? » disse Oliver, irritato.
Il medico
tuttavia non parlò, ma tirò fuori dal guscio altri due gusci verdi, leggermente
più piccoli del suo. « Questi vi permetteranno di salire fino in cima, senza
pericoli. » Li pose ai due ragazzi e gli ordinò di salirci in piedi. Oliver non
sembrava particolarmente ansioso di usare quello strano aggeggio, ma lo fece,
seguito a ruota da Dyna. I due per un attimo stavano per perdere l’equilibrio,
e ondeggiarono un po’, ma non caddero. « Il Guscio vi permette di scalare le
pareti verticali senza pericolo di precipitare. Questa roccia liscia è proprio
l’ideale visto che è praticamente impossibile sbattere contro qualcosa e
perdere il controllo del mezzo. Non abbiate paura, non cadrete mai, ve lo
assicuro. »
« Questo è
pazzo » bisbigliava Oliver « Questo è completamente pazzo e io non ho altra
scelta che fidarmi di lui se voglio trovare Semi, ho paura, sento che sto per morire… »
« Oliver, ti
senti bene? » chiese Dyna, avvicinandosi un po’ a lui.
« Sì, sto
bene » mentì Oliver, poi di colpo cambiò tono di voce. « Tu scendi da là,
subito! »
Dyna non
ubbidì, ma nemmeno rispose come faceva di solito.
« Non voglio
che venga anche tu, chiaro? Prima stavi per rimetterci la pelle, te ne sei resa
conto oppure no? Non farmi mai più uno scherzo simile, mi sono spiegato? »
La ragazza
teneva lo sguardo a terra, incapace di controbattere. Aveva ragione lui,
avrebbe potuto morire per la sua incoscienza ed era stato solo per merito del
Guerriero che questo non era accaduto. « Mi dispiace, Oliver…
Scusami… »
A questo
punto, il cavaliere chiuse la bocca, spiazzato da quella reazione. Si era
aspettato strepiti e lamenti e invece si era addirittura scusata. « Sì… Non c’è
bisogno di… » borbottò, cercando di mantenere la sua
aria severa. « Comunque, non voglio assolutamente che tu rischi di nuovo la
vita. Non so a cosa andiamo incontro, quindi scendi da quel coso. »
Stranamente,
Dyna ubbidì. Un attimo dopo, però alzò lo sguardo implorante verso Oliver. Il
Guerriero avrebbe potuto vincere contro un Orco, contro un mostro, anche contro
un Drago forse, ma contro quegli occhi così dolci, tristi e mesti, avrebbe dato
tutto ciò che possedeva per vederla sorridere di nuovo e far sì che quegli
occhi brillassero ancora di limpida allegria. “Piccola strega” pensò
Oliver. Distolse a fatica lo sguardo, stavolta non poteva lasciarsi
abbindolare, ne andava della sua giovane vita,e si accorse di tenere al bene di
quella ragazzina più di quanto realmente immaginasse. « Finiscila, ragazzina,
quando dico no è no! »
« Ugh, muk, ngu!
»
L’Orco di
nuovo aveva ripreso a parlare nel suo linguaggio incomprensibile. « Oh, ma che
vuole questo da me? » esclamò il Guerriero.
« Ti sta
dando dei consigli » spiegò Kimenu « Sono laureato in
Orcologia e conosco centoventidue lingue (compresi i
dialetti), quindi praticamente tutte le lingue del Mondo. Sta dicendo che il
punto debole del mostro sono gli occhi. E’ li che devi colpire. »
« Che cosa?
Ma è fantastico! Sei grande, grazie, scimmione! » disse Oliver.
« Man-bay » grugnì l’Orco.
« Deve
essere il suo nome » chiarì Kimenu.
« Beh,
allora grazie, Man-bay! » ripeté Oliver, che aveva
decisamente cambiato opinione sulla fetida creatura. « Allora io vado. Ehm,
come si fa a partire..? »
Kimenu alzò le spalle e rispose
semplicemente: « Si governa con il pensiero, non ci sono meccanismi. »
Oliver non
fu particolarmente felice di quest’ultima notizia, visto che lui si distraeva
in continuazione, temeva che ne avrebbe perso il controllo. « Va bene » mormorò
e cominciò a concentrarsi. All’improvviso però, si sentì afferrare da dietro e
per poco non caddero entrambi, lui e Dyna. Oliver non fece in tempo ad
arrabbiarsi e inveire che il guscio era partito diretto contro la parete
rocciosa. Il Guerriero chiuse gli occhi, gridando come un matto, ma quando li
riaprì era ancora vivo e stavano schizzando in verticale sul Piccolo Fiore. Per
poco non guardò giù, ma si fermò perché gli venne un capogiro.
« Tutto
bene, Oliver? » gridò Dyna, dietro di lui. Si era aggrappata alle sue spalle ed
era in punta di piedi, dato che il guscio era troppo piccolo per due persone.
Oliver stava per rispondere con una parola poco gentile, che non si sarebbe mai
sognato di dire a una ragazza, quando si rese conto che era lei a guidare il
trabiccolo. Chissà perché questo lo fece sentire ancora peggio.
« Aiuto, ti
prego fermati, non mi sento per niente sicuro, forse è meglio che…Aaaaaahhhhh! »
La parete
rocciosa era terminata e il guscio era volato via in aria,ma i piedi dei due
ragazzi non si staccarono, erano come incollati. Come per miracolo, atterrarono
sull’erba, sulla terra sicura e stabile. Anche Dyna aveva avuto un po’ di
paura, ma riaprì gli occhi, staccandosi da Oliver. Il Guerriero non aspettò un
altro secondo per scendere da quel mezzo assassino e provò un piacere immenso
quando la suola dei suoi stivali toccò il terreno leggermente umido. Si
inginocchiò con una mano contro la roccia e una sul cuore, cerando di non
vomitare, ma aveva gli occhi fuori dalle orbite e il suo cuore sarebbe esploso
di lì a poco, con ogni probabilità. « Oliver… »
Il cavaliere
si alzò, ancora pallido, si fermò davanti a lei, sovrastandola di tutta la
testa e per poco, ci mancò veramente poco, che non le mollasse un ceffone.
Fermò la mano a metà strada, stringendo il pugno con forza. Fece un profondo
respiro, poi la guardò. Aveva la faccia colpevole, di chi aspetta il sicuro e
meritato castigo per una marachella combinata, e spera solo di cavarsela con
uno schiaffo invece di due. Ma Oliver non era il tipo da colpire una donna, e
se questa era una bambina non l’avrebbe fatto davvero mai. Però il suo sguardo
serio fu peggio di una sberla, Dyna si sentì mortificata e arrossì come un
peperone. Si stava comportando esattamente come aveva detto lui: era un peso,
provocava solo guai, forse avrebbe fatto meglio a tornare a casa. Questo pensò
in quel momento, ma la frase di Oliver la lasciò a dir poco stupefatta. «
Grazie. Non sarei mai stato capace di far muovere quel coso, né di arrivare
quassù tutto intero. Se non fosse stato per te, non saremmo qui adesso. »
Dyna aprì e
chiuse la bocca più volte, senza articolare alcun suono. Oliver aveva preso il
sentiero, ma si fermò per aspettarla. Così ripose il guscio nello zaino e lo
seguì, verso la cima del monte. Era così strano Oliver. Strano, ma simpatico.
Strano, ma… “grande”.
Oliver si
voltò indietro e disse, tendendo l’orecchio: « Non senti un rumore? »
Dyna si mise
in ascolto. Sì, era una specie di rombo, ma diventava sempre più forte. Si
stava avvicinando…
« Oliver! »
Una
gigantesca sfera di colore nero stava rotolando giù per lo stretto sentiero,
rombando e rimbalzando. « Oliver!!! » ripeté Dyna, in preda al panico. Oliver
però non era meno spaventato di lei. Si sentiva tirare il mantello dalla
ragazzina terrorizzata, la sfera era sempre più vicina, aveva ormai svoltato e
si trovava proprio di fronte a loro. La strada era troppo stretta, non potevano
buttarsi da nessuna parte: da una parte c’era la roccia, dall’altra il vuoto. C’era
un’unica cosa da fare.
« Scappa...
Scappa scappascappascappaaaaaaaaaaa!
» urlò Oliver trascinando con sé Dyna. Stavano tornando indietro, non aveva
idea di come avrebbero fatto una volta che il sentiero fosse giunto al termine.
Di certo non avrebbero avuto il tempo di prendere il guscio e scendere
giù per il fianco della montagna indisturbati. Ma in quel momento Oliver aveva
una sola scelta, quella di continuare a correre. E correvano come matti, il
sentiero era in discesa e ormai le gambe andavano da sole, sembrava che
avessero le ali ai piedi, ma la sfera si avvicinava inesorabile, guadagnava
terreno su di loro. Dyna non si arrischiava a guardare indietro, aveva una
paura terribile. Se solo ci fosse stato un luogo dove ripararsi, una… « Oliver!
» Tirò l’amico per il mantello, non sapeva neanche lei come aveva fatto a
fermarsi, né come aveva avuto il coraggio di fermarsi, ma riuscirono a
rifugiarsi in una apertura scavata nella roccia. Appena vi entrarono, la
gigantesca sfera passò davanti a loro con un boato assordante. Per
qualche minuto i due ragazzi non dissero niente, pallidi e ancora sotto
choc, poi Oliver bisbigliò: « L-l’abbiamo scampata
per un pelo… »
Dyna assentì
con il capo. « Quando siamo passati prima non l’avevo vista questa rientranza.
»
« Neanche io
» disse Oliver « Beh, ciò che conta è che ci ha salvato la vita. Grazie, buco
nella montagna, ti siamo debitori! »
Dyna
ridacchiò insieme a lui per un po’, scaricando la tensione e la paura di poco
prima. Ma ora c’era un altro problema da risolvere.
« Oliver,
come facciamo se ne vengono altre? »
Il cavaliere
si sporse fuori, sembrava tutto tranquillo, ma non se la sentiva di risalire
per lo stretto sentiero, era troppo rischioso. Dyna si avvicinò a lui. « Oliver,
e se usassimo di nuovo il guscio? » propose, già conoscendo la risposta.
« Potremmo
anche usarlo, ma il problema è che non c’è spazio per evitare quel coso, la
strada è troppo stretta, cadremmo di sotto. »
« Dimentichi
che il guscio funziona anche in verticale » gli ricordò Dyna « Andiamo Oliver.
E’ la nostra unica speranza, fidati di me, ormai ho imparato a guidarlo, non ci
sono problemi! »
Il Guerriero
si mordicchiò il labbro inferiore, in preda a un conflitto interno. Alla fine
decise. « E va bene… Oh, accidenti, quel coso è tremendo per chi come me soffre
di vertigini, lo sai? »
« Soffri di
vertigini? » Dyna stava per ridere, ma dissimulò in colpo di tosse, dato che
Oliver già la guardava male. « Ok, facciamo in fretta » disse Dyna. Tirò fuori
il guscio e ci salì sopra, stavolta ben ferma sui piedi. Oliver salì dietro di
lei, già cominciava a sudare freddo. « Si parte. »
Dyna partì
piano, il vento le soffiava leggermente in faccia, scompigliandole un poco i
capelli, che finivano in faccia a Oliver. Svoltarono la prima curva del sentiero
che saliva come un imbuto, circondando il colle a spirale, e proprio quando
Oliver stava pensando che viaggiare sul quell’aggeggio sul terreno stabile e
sicuro non era poi così male, ecco che udirono di nuovo il rombo in lontananza.
« Ci siamo » disse Dyna, cercando di non far tremare la voce. Oliver sentiva il
rumore farsi sempre più vicino, fino a quando la vide. La sfera correva verso
di loro… e loro le correvano incontro. Dyna aveva accelerato, ormai la cascata
di capelli rossi gli finiva davanti alla faccia impedendogli la visuale. Ma
forse fu meglio così. Un attimo prima di schiantarsi contro la sfera, Dyna
aveva sterzato a destra, evitandola per un soffio. Purtroppo però, aveva virato
con troppa forza, perché si erano allontanati dalla montagna e adesso volteggiavano
nell’aria, ma sarebbe durato poco, perché il guscio non era fatto per volare.
« Che succede…? » chiese Oliver, che oltre ad avere i capelli di
Dyna sulla faccia, teneva gli occhi serrati.
« Ehm… forse
c’è un piccolo problema… »
Oliver si
decise a guardare e quello che vide fu il cielo rosso tramonto davanti a lui.
Ma quando volse lo sguardo giù, allora temette di morire prima ancora che
precipitassero. Un urlo strozzato gli uscì dalla gola e echeggiò per
tutto il Piccolo Fiore. Dyna intanto stringeva i denti e tentava un’ultima
virata. Il guscio però non rispondeva, evidentemente nell’aria non funzionava.
Ma non si arrese e si concentrò con tutte le sue forze sulla montagna. Stavano
cominciando a scendere, quando Dyna gridò con quanto fiato aveva in corpo: « Saliiiiii! »
Incredibilmente,
il guscio si sollevò di nuovo e girò a sinistra per andare a posarsi sul
sentiero, tutto questo a una velocità supersonica. I due ragazzi non se ne
resero neanche conto. Dyna non credette ai suoi occhi
quando si accorse di quanto era successo. Oliver invece stava con la testa
china e stava aspettando la fine. Dyna lo chiamò per tranquillizzarlo. « Si-siamo vivi? » balbettò Oliver, ma mentre si stava
riprendendo ecco che il guscio ripartì come un missile. « Dyna! Che diavolo
fai!? »
« Credo di
aver perso il controllo! » gridò Dyna, terrea in volto. Un’altra sfera si stava
avvicinando a tutta velocità, il rombo era assordante. « Fa qualcosa per l’amor
del Cielo ragazzina! » urlò Oliver. Ad un certo punto, il guscio si librò di
nuovo nell’aria, sorvolando la sfera di almeno due metri; se Dyna e Oliver
avessero avuto gli occhi aperti avrebbero potuto vedere la cima pianeggiante
del colle e qualcos’altro anche… ma tutto quello che
loro videro fu il buio, fino a quando il guscio atterrò, per fermarsi del
tutto. I due giovani caddero, sporcandosi nel terreno polveroso.
« Oliver,
stai bene? » chiese Dyna, strisciando vicino a lui. Il cavaliere non si mosse.
« Oliver! »
« E’ la giornata
più brutta della mia vita » si lamentò Oliver,con la testa ancora sul terreno.
Dyna rise e lo aiutò a rialzarsi. « Un altro volo come quello e non
sopravvivrò, sei avvisata. »
« Credo che
non ne faremo più » lo rassicurò la ragazza « Adesso abbiamo altro a cui
pensare. »
Si scrollarono
di dosso tutta la polvere che potevano, tra gli starnuti di Oliver (« Sono
allergico alla polvere! ») e continuarono a piedi il resto del sentiero,
visto che era rimasto davvero poco da percorrere. Finalmente giunsero sulla
cima del colle. Era uno spiazzo abbastanza ampio, i ciuffi d’erba frusciavano,
mossi dal vento. Nel punto più lontano, qualcosa, o qualcuno, dava loro le spalle.
I due ragazzi si guardarono un momento, indecisi su cosa fare, anche perché non
avevano la minima idea di che cosa fosse quell’essere. Restarono così per
alcuni minuti, senza che nessuno facesse alcuna mossa, poi Oliver si decise a
prendere la parola. « Ehi! Tu! Girati! »
Niente.
Silenzio.
« Sto
parlando con te! Ehi! » Oliver si bloccò, dato che quella strana creatura si
stava girando, proprio come lui aveva ordinato. Era rotondo, assomigliava
moltissimo alle sfere che prima avevano dovuto affrontare sul sentiero, nero
come la pece, con la differenza che era munito di arti. Le braccia, sottili e
blu, sbucavano dai lati della sfera. Anche le gambe erano troppo snelle e corte
per reggere il peso del corpo. Quando si voltò completamente, si poterono
notare anche gli occhi, grandi e senza pupille, grigio perla, dall’espressione
minacciosa. Sulla testa, se testa si poteva chiamare, portava una corona, molto
simile a quella del sovrano di Breza. Ci mancò davvero poco che Oliver e Dyna
non scoppiassero a ridere. Quello era il mostro che aveva terrorizzato il
popolo del Piccolo Fiore? Certo che definirlo buffo era un eufemismo…
« Ma… chi sei? » domandò Oliver, abbandonando ogni proposito di ingaggiare una
lotta furiosa.
« Io? » disse il mostro con una voce
metallica. « Io fono Gunner,
il re delle palle di cannone. »
I due ragazzi
si scambiarono un ulteriore sguardo, per accertarsi di non stare sognando. Questa
volta fu Dyna a parlare. « Sei stato tu a lanciarci quelle sfere prima? »
« Natuvalmente »
rispose lui « Io ho il poteve fu di loro, poffofavleappavive dal nulla e guidavle nella divezione che pvefevifco; efattamentecofì. »
« Ma che
diamine ha detto? » disse Oliver, ma proprio in quel momento un’altra sfera,
ancora più grande delle precedenti, apparì nel cielo
rosso tramonto e precipitò nella loro direzione con la velocità di un
proiettile. Appena in tempo, Oliver si scaraventò su Dyna, e rotolarono quasi
fino alla fine del prato, rischiando di finire giù, ma evitarono di essere
spiaccicati.
« Che vifleffi! Bvavo! » esclamò Gunner,
falsamente compiaciuto. « Vediamo fefeialtvettanto
in gamba adeffo! »
Questa volta
tre palle di cannone si materializzarono in aria. Oliver e Dyna rimasero
dov’erano e si scansarono all’ultimo secondo per far sì che cadessero di sotto,
ma non accadde così. Le sfere virarono lungo il bordo del colle e si diressero
ancora verso i due ragazzi, proprio come se fossero telecomandate.
« Oh, accidenti… » mormorò Oliver, mentre riprendeva a correre,
seguito dall’amica. Le sfere non gli davano tregua e si muovevano a destra e a
sinistra avvicinandosi lentamente al bersaglio.
« Non si
possono fermare, Oliver » disse Dyna, appena un passo dietro al cavaliere. « E’
lui che le controlla. »
A quelle
parole la mente di Oliver si illuminò. « Dyna, prendi la spada. E cerca di
resistere più che puoi. » Detto questo lasciò la spada alla ragazza e si gettò
in mezzo alle sfere rotolanti, che all’improvviso aumentarono la velocità e
presero a giragli vorticosamente intorno. Oliver era al centro, aspettando il
momento giusto. Forse aveva fatto una stupidaggine, ma era l’unica cosa da
fare.
Dyna
raccolse la spada, ma a stento ce la faceva a reggerla per quanto era pesante.
Quando vide le sfere saltare in aria, pronte a buttarsi sull’amico, strinse le
mani intorno all’elsa, pensando a qualcosa, qualsiasi cosa potesse fare per
aiutarlo. Ma non ebbe alcuna idea brillante, come invece sicuramente Oliver ne
avrebbe avute per salvare la vita a lei. Ma le preghiere di Dyna servirono
davvero a qualcosa, perché per un attimo, un istante, le sfere si fermarono.
Probabilmente Gunner si era distratto a guardare la
ragazzina dai capelli rossi con una spada in mano, forse per attaccare anche
lei con un’altra sfera. Ma quel breve istante fu sufficiente a Oliver per
scattare in direzione del mostro. Gunner vedendolo
arrivare così di corsa, si spaventò e non riuscì a difendersi. Le sfere caddero
al suolo, prive di controllo, fortunatamente lontano da Dyna. Il Guerriero
preparò il pugno mentre correva e colpì con forza il mostro al fianco, o almeno
nella zona dove si trovava il braccio sinistro. Ma la superficie liscia e
fredda del mostro era anche incredibilmente dura, tanto che per Oliver fu come
colpire con tutta la forza un muro di cemento armato. Rimase immobile per
alcuni secondi, con il pugno ancora poggiato sul corpo del mostro, mentre la
faccia gli diventava rossa e cominciava a sudare freddo, tentando di
contenersi, ma avrebbe tanto voluto urlare a squarciagola per il dolore. Ritirò
la mano che già cominciava inesorabilmente a gonfiarsi a vista d’occhio,
mormorando un « Ahia ahiaahia
» sommesso. Gunner rise di gusto a quella scena.
« Ah! Ah! Ah! Piccolo uomo! Cofacvedevi di fave contvo di me? Ah! Ah! Ah! Io fono imbattibile! » Le
sfere ricominciarono a muoversi e rotolare sull’erba e le loro ombre agli
ultimissimi raggi di sole si riflettano su Dyna, sola con una spada che non
riusciva nemmeno a tenere in mano. « Guavdaadeffo, piccolo uomo! Guavda come
schiaccio la tua amichetta! »
Dyna si
lanciò sul terreno di lato, brandendo sempre la spada. Se l’avesse lasciata,
sarebbe stata indubbiamente calpestata ed era l’unica arma che avevano. Di
nuovo corse nella direzione opposta, seguita dalle palle di cannone. Era veloce
e agile Dyna, ma non avrebbe resistito ancora a lungo. Oliver la vide schivare
tutte e tre le sfere con un abile gioco di gambe, ma la spada era pesante per
lei, doveva fare qualcosa. Strinse i denti, e fece l’unica cosa che gli venne
in mente di fare in quel momento. Si mise a fare il solletico sotto il braccio
di Gunner. All’inizio, il mostro lo guardò
sconcertato, ma subito dopo cominciò a ridacchiare. Poi rise forte, fino a
diventare sguaiato. Allora Oliver continuò, sfregandolo anche sotto la bocca.
Alla fine il mostro cadde a terra, con un tonfo, senza smettere di ridere. Le
sfere si erano finalmente fermate. « Dyna! » gridò Oliver « Gli occhi! » Il
ragazzo si posizionò alle spalle di Gunner e continuò
a fargli il solletico dietro la schiena. Dyna corse verso di loro, sollevò la
spada, ondeggiando un po’ per mantenerla, e la conficcò con forza nell’occhio
destro del mostro, provocando così un forte bagliore. Gunner
cadde a terra del tutto, proprio sul povero Oliver, che gemette. Dyna lo aiutò
a uscire, mentre lui continuava a brontolare: « E’ la giornata più brutta della
mia vita, lo giuro, la più brutta in assoluto! »
Gunner emise un debole guaito. L’occhio
destro era completamente sparito. Al suo posto spiccava una croce indistinta
rosso sangue. « Allora » disse Oliver, con il tono di chi vuole concludere al
più presto. « Dacci la principessa e non ti verrà fatto più alcun male.
Altrimenti proverai ancora dolore… E non provare a usare ancora i tuoi poteri
perché dubito che ci riusciresti nelle tue condizioni. »
Gunner sollevò lentamente un braccio e nel
palmo della sua mano a poco a poco si materializzò una piccola fatina. O almeno
era quello che sembrava. Era circondata da una specie di polverina stellata e
luccicante, di vari colori chiari e brillanti. Quando fu ben visibile si
notarono le ali trasparenti e il corpicino esile e verde. Sembrava una
libellula, ma il volto era quello di una fanciulla, sebbene in miniatura e
molto pallido. Aprì i grandi occhi, verdi anch’essi, sembravano due pietre
preziose, due enormi smeraldi.
« Incredibile
» disse Oliver con un filo di voce. Era la seconda volta nello stesso giorno
che gli capitava di incontrare una creatura fantastica e straordinaria come Besil e Fate.
La luce
della libellula si rifletteva negli occhi fiammeggianti di Dyna. Non seppe
descrivere la sensazione che provò vedendola, ma fu un’emozione forte, intensa,
nuova e conosciuta allo stesso tempo.
La libellula
la fissò intensamente, nel suo sguardo c’era una traccia di paura, anzi,
terrore puro. Fece per volare via, ma Dyna disse: « No, non andare, ti prego… »
La fatina si
fermò e la fissò intensamente. Non sapeva perché, ma a Dyna venne voglia di
piangere. « Tu... sei… » la libellula lasciò la frase incompleta e si avvicinò
a Dyna.
« Ma chi
sei, tu? » chiese Oliver, sempre con lo stesso tono estatico.
« Io sono Misty, una delle Libellule Custodi. E vi ringrazio per
avermi liberato » disse la piccola Libellula con una vocina sottile e angelica,
il suono più dolce mai sentito su questa Terra.
« Liberato?
» ripeté Dyna. « Il re Gunner ti teneva prigioniera?
»
La Libellula
scosse mestamente il capo e l’ espressione di paura ritornò sul suo viso. « No,
lui doveva solo custodirmi. Per conto di qualcun altro. Ma ora sono libera,
grazie a voi. Vi prego, liberate anche le mie compagne dall’incantesimo, vi
supplico. Lo farete? »
« Sì, lo
faremo » rispose Dyna prontamente. Non aveva mai sentito parlare di queste
Libellule Custodi, non sapeva niente sul loro conto, non sapeva chi le aveva
catturate, dove fossero, quante fossero, come le avrebbe trovate, né sapeva
perché si sentiva così vicina a loro e così in ansia per la loro sorte, ma non
poté fare a meno di confermare quanto aveva appena detto con una promessa. « Te
lo prometto…Misty. Farò di
tutto per liberarvi. Tutte quante. »
La fatina le
scoccò un piccolo bacio sulla guancia e disse: « Con questo sarà più facile per
te » e volò via, lasciandosi alle spalle una scia luminosa che dopo un po’
scomparve. Oliver era assolutamente interdetto. Non riusciva a capacitarsi che
quanto aveva visto poco prima, o meglio, quanto aveva visto durante quella
assurda giornata, fosse reale. Scosse la testa, era meglio non pensarci, o si
rischiava di restarci matti. « Dyna, ti senti bene? »
« Sì » rispose
lei distrattamente. Aveva ancora lo sguardo perso nel punto in cui la libellula
era sparita. « Sì, sto bene » ripeté poi, come se si fosse svegliata
all’improvviso.
« Dyna. »
« Che c’è? »
« Sei stata
brava » disse Oliver, in un tono calmo e dolce.
Dyna arrossì
fino alla punta delle orecchie. « Ma che dici… quando?
»
« Prima, con
il mostro » disse il cavaliere « E anche ad usare il guscio sul sentiero. Sei stata
brava davvero, ragazzina. » Si avvicinò e le scompigliò affettuosamente i
capelli. « Ora però occupiamoci di questo furfante! » esclamò alzando la voce.
« Allora, hai liberato una fatina che non ho capito cosa ha detto a proposito
delle libellule, ma io ti avevo chiesto della principessa se non mi sbaglio! »
Gunner stava ancora supino, e l’occhio
buono la diceva lunga sulla paura che aveva in quel momento. « Io non fo niente di neffunapvincipeffa… te lo giuvo…
non fo di chi ftaipavlando…
io avevo il compito di cuftodive la Libellula…foloquefto… lo giuvo… »
Oliver si
arrese: non stava mentendo. « Beh, a quanto pare abbiamo fatto un buco
nell’acqua » ammise deluso, riponendo la spada nel fodero.
« Però
pensa! Abbiamo incontrato un Besil, una
tartaruga-uccello che fa il medico e un Orco, abbiamo sconfitto il Re delle
palle di cannone e salvato una delle Libellule Custodi... anche se non ho ancora
capito bene che cosa siano » disse Dyna.
« Sì, non
sai bene cosa siano però hai promesso di salvarle tutte » le fece notare
Oliver. « Comunque… sì, hai ragione. Non è stato un
viaggio a vuoto. Ora scendiamo che si sta facendo buio. Tu vieni con noi! » ringhiò rivolgendosi a Gunner.
Stavolta fu
cosa ben facile riscendere il sentiero, senza intoppi, né sfere rotolanti.
Arrivati alla fine però sorse un problema. « Oliver, non possiamo portare anche
lo sgorbio sul guscio. Non ci andiamo tutti quanti, come facciamo? » domandò
Dyna, ma il cavaliere non era particolarmente preoccupato da questo punto di
vista. Diede una leggera spinta al mostro e questo rotolò giù per il pendio,
fra urla e lamenti.
« Vedi, si
risolve subito » disse Oliver e Dyna scoppiò a ridere. Insieme ridiscesero a
bordo del guscio lentamente, come voleva Oliver, e atterrarono accanto a Gunner, che gemeva a terra, coperto di lividi e
ammaccature. Poco dopo Kimenu, Sembion e Man-bay vennero loro incontro. L’Orco strepitò qualcosa nel
suo lessico incomprensibile, ma sembrava stupito e felice allo stesso tempo. Kimenu si complimentò stringendo la mano a entrambi,
soprattutto per come avevano guidato il guscio, senza mai abbandonare il suo
tono professionale, che lo rendeva ancora più buffo. Anche Sembion lodò i due
giovani, in particolare Dyna. Legarono Gunner
con la catena di Man-bay per essere sicuri, ma
ridotto com’era non sarebbe andato lontano. L’Orco li invitò a cena, o almeno
questo tradusse Kimenu, ma una volta a tavola nessuno
aveva più molta voglia di mangiare, visto che la maggior parte delle portate
era ammuffita e nauseante e passarono la sera a guardare l’Orco mangiare con
gusto e molto voracemente. Per sua sfortuna, Oliver era seduto proprio accanto
a lui, e dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non dare di
stomaco. Decisero di ripartire il mattino dopo, perché avevano bisogno di
riposarsi e anche perché era preferibile viaggiare di giorno nella foresta di Querciasecca.
Ma nessuno volle dormire a casa di Man-bay a causa
del cattivo odore e alla fine si appisolarono fuori, sull’erba. Per fortuna non
era una notte fredda. Dyna si appoggiò al Besil, Kimenu si ritirò nel suo guscio e Oliver si stese vicino a
un grosso masso, ma Man-Bay insisteva per stare vicino a lui, così il giorno
dopo se lo ritrovò proprio di faccia e diede un urlo che li fece svegliare
tutti. Tutta la comitiva si mise in viaggio verso il castello di Breza, dato
che nessuno aveva niente da fare al Piccolo Fiore, così il viaggio sembrò
durare meno del previsto, fra il brontolare di Oliver e i tentativi di Man-bay di camminare appiccicato a lui. Finalmente furono
in vista del villaggio, il castello si stagliava contro il sole luminoso in
tutta la sua bellezza. « Ahh! Finalmente ci siamo!
Non vedo l’ora di farmi un bel pisolino! » esclamò Oliver, stiracchiandosi per
bene, ma senza lasciare mai la catena con cui trascinava Gunner.
« Niente
male il castello di Breza, davvero niente male » commentò Kimenu.
Dyna si
avviò avanti. « Ti rendi conto, Oliver? Siamo degli eroi, abbiamo sconfitto il
terribile mostro che ha terrorizzato gli abitanti del Piccolo Fiore! Siamo
grandi!... Chissà come reagirà il re? »
~Gunner è ispirato a uno dei personaggi
di un vecchio “Super Mario” a cui giocavo da piccola :D
~Spero che vi sia piaciuto! Fatemelo
sapere :) Baci e alla prossima! :3
Se Dyna si
era aspettata un cordiale benvenuto, un’entrata trionfale nel palazzo reale,
magari accolti dalla banda delle grandi occasioni, con suoni di tromba e tutto
il resto e che il re li avrebbe eletti eroi del Paese ricoprendoli di gloria e
onori… Beh, si sbagliava di grosso.
Quella mattina il consigliere si era nascosto sulla
grande veranda del castello, per rifugiarsi dalle continue lamentele del
sovrano, il quale addossava ogni colpa su di lui, anche le più insensate. Da
lontano però vide arrivare una bizzarra comitiva. Davanti c’era una bambina che
spiccava per il colore acceso dei suoi capelli e aveva un’aria vagamente
familiare. Tirava due cavalli. Accanto a lei invece c’era un terzo cavallo, ma
era tutto bianco e rifletteva la luce del sole per quanto era luminoso. Poi
c’era una specie di uccello dalle dimensioni umane, che camminava su due zampe.
Una uomo orrendo dalla pelle
arancione, altissimo. Un altro uomo invece trascinava un essere dalla forma
sferica e dal colore nero, ma era animato, perché camminava con le sue gambe.
Poi il suo sguardo ritornò sul ragazzo. Ma sì, era lui, era proprio Oliver
Galir, il Guerriero partito a cercare la principessa. Corse dentro per
informare il re. « Maestà! Maestà! »
Il re stava camminando per il grande corridoio
con i pugni serrati e le sopracciglia aggrottate. Si fermò di colpo. « Ah, sei
qui! Nano della malora! Dove ti era nascosto, eh? Lo sai che è reato non
correre quando il re ti chiama?! » e lo prese per il bavero.
« S-sì, lo s-so, s-sire… ma vede… il Guerriero sta
tornando esattamente in questo momento. L’ho visto. »
Nel gesto di chinarsi sempre più vicino alla faccia
del terrorizzato consigliere, la corona scivolò dalla testa del re, e gli
oscurò la vista. « Ne sei sicuro? Era lui? » disse, senza preoccuparsi di
sistemare il diadema. Lasciò andare il nano, che cadde con un tonfo e gli fece
una linguaccia, mentre il vecchio correva in direzione del portone. Per la
foga, Taddeus si dimenticò degli scalini, così percorse la lunghissima rampa di
scale rimbalzando come una palla e finì seduto per terra, girando un paio di
volte su se stesso, con la corona che gli era ormai arrivata al collo e
sembrava adesso un collare di pietre preziose. I sudditi che si trovarono lì in
quel momento ebbero il loro daffare per trattenere le risate, ma il sovrano non
li degnò di uno sguardo e si precipitò al portone, scansando malamente una
guardia in armatura. Come spalancò la porta, vide ciò che il consigliere aveva
già mirato dall’alto della veranda. Dyna gli venne incontro radiosa. «Maestà!
Ha visto, siamo riusciti nell’impresa! » ed entrò dentro seguita da Sembion,
che fece un cenno di saluto con il capo.
Il re annuì, notando a uno a uno gli strani individui
che stavano entrando nel suo palazzo. « I miei omaggi, Sua Maestà Taddeus I di
Breza » disse Kimenu, inchinandosi il tanto che gli permetteva il suo guscio.
Ma il vecchio reggente si spaventò alla vista di quello strano animale dal
becco pronunciato, e si appiattì contro la porta di legno scuro, mentre questi
gli passava davanti.
Subito dopo l’Orco si fece annunciare come sempre
prima dall’odore che emanava, e lo salutò abbassandosi tanto da stare faccia a
faccia con lui: « Mbe! Goilàààà. » Ci mancò davvero poco che il re non
svenisse, per il fetore e per la paura. Alla fine arrivò Oliver, del tutto
tranquillo, come se niente di strano fosse accaduto e nessun essere fuori
dall’ordinario avesse appena varcato le soglie del castello. Stava per
infuriarsi con lui, quando si accorse della creatura mostruosa, con le mani legate
da una robusta catena d’acciaio, di cui Oliver deteneva l’altra estremità.
« Buongiorno a lei, mio Sovrano! » lo salutò il
cavaliere allegramente.
« Ma che… Ma che… » balbettò il vecchio.
« Oh, si riferisce a lui? E’ nientemeno che il mostro
del Piccolo Fiore, Sire: Gunner, il re delle palle di cannone! E noi l’abbiamo
steso! No, non si disturbi con i ringraziamenti, Mio Signore, non ce n’è alcun
bisogno… Gradirei però un bel bagno caldo, una cena sontuosa e un letto comodo,
se non chiedo troppo, sa, il viaggio è stato… »
« Dov’è mia figlia? »
Le parole del re furono come una doccia gelata per il
giovane Guerriero. Nell’euforia aveva dimenticato il vero motivo per cui gli
era stata affidata quella missione. E soprattutto, per un’inspiegabile motivo,
aveva dimenticato che la fanciulla da salvare era proprio la figlia dell’uomo
basso, grassottello e barbuto che aveva di fronte. « Mia figlia » ripeté il re,
sorridendo nervosamente.
« Ehm… » E Oliver non fu in grado di emettere più
alcun suono.
* * *
Poco più tardi, tutto il gruppetto venuto dal Piccolo
Fiore, meno Oliver, stava in attesa dietro alla grande porta di quercia che
dava nella sala del trono e tutti insieme sussultarono quando un urlo disumano
esplose con la potenza di una bomba.
Il malcapitato Oliver era intento a fissarsi gli
stivali, con le braccia dietro la schiena e il volto sudato. Il re si era
alzato in piedi sul trono e gridava come un ossesso, sputando saliva da tutte
le parti. « Come sarebbe a dire che la principessa non era lì!? Io ti..! » Si
gettò su Oliver che, spaventato, andò a ripararsi dietro una delle grandi
colonne.
« Ma-maestà… Io non avevo assicurato con certezza che
l’avremmo trovata subito! Era solo un’ipotesi quella del Piccolo Fiore... »
mormorò Oliver, sporgendo la testa fuori dal pilastro. Il sovrano brandiva il
suo scettro e aveva tutta l’aria di volerglielo suonare in testa. « N-no,
Maestà, non lo faccia…! » Il cavaliere si spostò appena in tempo e scappò via,
verso la finestra, coprendosi stupidamente il corpo con la tenda di seta rosso
porpora. « P-pensi che abbiamo trovato un Besil! Un vero Besil qui a Breza, ma
ci pensa? Attirerà i turisti! » Ma il re si era di nuovo avventato su di lui e
adesso tutti e due si stavano arrotolando nel telo. Per fortuna di Oliver il re
non poteva muovere le mani. « E… Abbiamo messo un orco al tappeto… Un orco di due
metri, non è roba di tutti i giorni, sa? » Il vecchio ringhiò e si liberò le
braccia, pronto a scagliare il bastone, ma Oliver fu più veloce e fuggì via di
nuovo. « Abbiamo catturato il mostro del Piccolo Fiore, adesso i cittadini
saranno liberi di andarci, non è una cosa buona? »
« Adesso ti farò assaggiare un’altra cosa ancora più
buona, vuoi? Il mio scettro! » sbraitò il re, mentre usciva dalla tenda
goffamente. Oliver evitò il bastone per un pelo, abbassando la testa, e si
acquattò dietro il trono reale.
« No, la prego, Mio Signore, non faccia così… » si
lamentava, quasi con le lacrime agli occhi. Il vecchio salì sulla poltrona, lo
guardò dall’alto con lo sguardo omicida e sollevò lo scettro in alto. Oliver
stava già pronto a scattare e ce l’avrebbe fatta se in quel momento non si
fosse aperto il portone. Si distrasse per un istante che gli fu fatale, perché
il bastone arrivò preciso sul cranio con una forza inaudita e Oliver scivolò
per terra, non più certo di chi fosse, né su che pianeta si trovasse.
Dyna intanto correva per la sala del trono, come già
aveva fatto la prima volta che vi era entrata, solo che stavolta aveva un’aria
molto preoccupata. « Mio Signore, la prego, non se la prenda con Oliver, non è
stata colpa sua. Cioè, non solo, perché c’ero anch’io e sono pronta a prendermi
le mie responsabilità, io… Ma che è successo? » chiese poi, vedendo Oliver sul
pavimento, con la mano in testa e un sorriso ebete stampato in faccia.
Il re la squadrò attentamente e la riconobbe. « Ah! Tu
sei la ragazzina dell’altro giorno! Si può sapere che ci fai di nuovo qui? E
poi, che c’entri tu con questa storia?! »
« Beh, ecco, vede, Mio Sovrano… Io sono partita con
Oliver e l’ho aiutato a… »
« Come sarebbe? » la interruppe il re « Io avevo
mandato un altro Guerriero. Un certo Bosh. »
« Veramente era Josh » lo corresse Dyna « Sì, il fatto
è che… Ma non è ancora tornato? »
Il vecchio la fissò perplesso, sicuramente non stava
capendo nulla di quanto era accaduto. L’unica cosa che gli venne da dire fu: «
Olir! »
Oliver si rialzò, svegliandosi all’improvviso, anche
se non del tutto, e mormorò: « G-Galir, sire… »
« Spiegami cosa diamine è successo. E che sia un
racconto esauriente, altrimenti te la farò saltare quella testa di vetro che ti
ritrovi! »
Oliver non se lo fece ripetere due volte e cominciò a
narrare i fatti esattamente come si svolsero da quando lui e Josh erano partiti
per il Piccolo Fiore. Il re temette di svenire quando seppe che due Guerrieri
di Shidal erano stati messi a terra da una ragazzina di quindici anni. Poi,
giunto alla fine del racconto, il cavaliere venne interrotto dagli strepiti del
re e omise senza volerlo il particolare della Libellula, anche se comunque non
lo riteneva così importante. Dopo aver sfogato la sua rabbia, il vecchio
reggente si calmò e sembrò più stanco che mai. « Manderò un messaggio alla
Fortezza, perché vengano a prendere il mostro che avete catturato. Ora, se non
vi dispiace, preferirei restare solo. » Parlò in modo calmo, così lontano dal
suo abituale tono aggressivo e impaziente, che i due ragazzi uscirono in
silenzio, senza dire neanche una parola.
* * *
Alla sera erano ormai arrivati al porto del Nord, per
accompagnare Kimenu. La tartaruga avrebbe preso la nave che l’avrebbe riportato
a Silfia, la sua terra d’origine. Per la verità, non si era reso conto di
essere partito, sosteneva di avere un vuoto di memoria.
« Però è stata una fortuna, visto che hai salvato
Sembion » disse Dyna, rivolgendogli un largo sorriso.
Kimenu annuì e colse l’occasione per raccomandare di
nuovo al Besil di stare a riposo per almeno due settimane. « Riposo assoluto »
scandì chiaramente « Niente passeggiate per la campagna o cavalcate all’aria
aperta. Stattene buono al calduccio! »
Sembion asserì con il capo. « Non mi permetterei mai di
contraddire il medico più abile del Mondo, amico mio. »
Kimenu si rivolse poi a Oliver e Dyna. « Allora
arrivederci, amici miei. Forse era destino che ci incontrassimo, ma è stata
un’esperienza piacevole, ve lo assicuro. »
« Lo è stata anche per noi » disse Oliver.
Dyna prese il guscio dallo zaino e glielo porse. Quel
famoso guscio con cui avevano potuto scalare la montagna e salvarsi dalle palle
di cannone di Gunner. Sì, era stato un prezioso alleato. « Questo è tuo. »
Kimenu però non lo prese. « Tenetelo voi. Come ricordo
di quest’avventura. Senza contare che potrebbe esservi utile. » Lo respinse con
la sua innata gentilezza, facendo l’occhiolino a Dyna. « Non ho mai visto
nessuno imparare tanto in fretta. E’ stata la migliore corsa che abbia mai
visto in vita mia. »
La ragazza arrossì, assumendo un colore simile a
quello dei capelli, in quel momento sembrava che stesse per prendere fuoco.
« Allora si parte! » esclamò la tartaruga.
L’orco stava per seguirlo sulla nave, ma Oliver lo
trattenne.
« Buono, Man-bay. Non da quella parte. »
« No, veramente lui viene con me » disse Kimenu, già a
metà del ponte di imbarco. « Ho pensato che potrei insegnargli a parlare, a
ragionare, a sviluppare il suo cervello. So con certezza che gli orchi hanno un
cervello, anche se molto piccolo. Perciò ho pensato di portarlo a casa mia.
Sempre che a voi non dispiaccia. »
« No, no » disse Oliver « A patto che gli insegni
anche a lavarsi. »
L’orco abbracciò il cavaliere in una morsa micidiale,
che quasi gli spezzò le costole. Poi strinse le mani a Dyna, ma più
gentilmente. Mentre saliva sul ponte, gli venne da piangere e li salutò dalla
nave. « Urtilingaaaa… Hhhhhooliverrrrr. »
Oliver sorrise agitando la mano. « A presto, vecchio
mio! Fai il bravo! »
La nave ormai stava lasciando gli ormeggi. Kimenu
sventolava un fazzoletto a pallini rossi. « Credo che un giorno ci rivedremo! »
gridò.
« Anch’io! » rispose Dyna, e non sapeva spiegarsi
perché, ma lo sentiva con certezza.
La fortezza inespugnabile.
Nei due giorni seguenti, Oliver e Dyna appresero che
Josh, il Guerriero disperso, era stato visto aggirarsi per il villaggio con il
suo cavallo. Con ogni probabilità non avrebbe mai fatto ritorno al castello,
per paura che il re gli avesse affidato un’altra missione rischiosa. « E
questo sarebbe un Guerriero di Shidal? » borbottò Oliver, ma sapeva benissimo
che Josh era solo uno dei tanti. Non c’era rimasto un solo cavaliere veramente
pronto a difendere il castello, il villaggio, salvare le persone in difficoltà.
Nessun Guerriero aveva intrapreso questa strada pensando all’amore per la
patria e il desiderio di diventare un eroe, ma esclusivamente perché era un
posto di rilievo che permetteva una vita benestante, senza rompersi la schiena
nei campi o nei boschi a spaccare la legna. In fondo non si parlava di guerre
da un secolo. E lo stesso Oliver doveva ammettere che neanche lui aveva dentro
di sé questo amore per il suo popolo e la sua terra. Non era divenuto cavaliere
per questo, e quando ci pensava se ne vergognava.
Dyna aveva passato le giornate quasi sempre da
Sembion. Gli era stata affidata un’intera stanza tutta per lui al castello, ma
soffriva di solitudine. Avrebbe tanto voluto tornare a volare insieme ai suoi
simili, ma la compagnia di Dyna era più che gradevole.
Proprio mentre usciva dalla stanza del Besil, due
giorni dopo la partenza di Kimenu Ortoga e Man-bay, Dyna si accorse che era
successo qualcosa al palazzo. Le guardie parlottavano concitatamente fra loro e
tutti sembravano molto preoccupati. Senza perdere tempo andò a cercare Oliver.
Lo trovò in uno dei grandi corridoi del castello, diretto alla sala del trono.
« Oliver! Finalmente! »
« Ehi, ragazzina! Non ho molto tempo, devo vedere il
re » disse Oliver, e anche se aveva fretta, non mancò di essere gentile e
sorridente come lo era sempre con lei.
« E’ successo qualcosa? Hanno notizie della
principessa? » chiese Dyna, facendosi seria.
Oliver non rispose subito. « Può darsi. Il fatto è che
due giorni fa è stato mandato un piccione viaggiatore con un messaggio per gli
addetti alla Fortezza. Diceva che avremmo mandato una nave con il criminale
Gunner, che doveva essere imprigionato, in attesa della sua sentenza. Non
abbiamo ricevuto notizie, e questo è già molto strano, ma stamattina… Il
piccione è tornato. »
« Con quale messaggio? »
« Nessun messaggio » rispose Oliver lentamente, come
se fosse incerto se raccontare o no questa cosa a Dyna. Poi si decise. « Beh...
In effetti era lui il messaggio. Era morto. L’ha portato fin qui un volatile marrone,
che siamo riusciti solo a intravedere. »
Dyna impallidì di colpo. « Morto? Morto come? »
« Schiacciato, si direbbe. Anzi, stritolato da qualc… Forse
è meglio non approfondire la questione » disse alla fine e per una volta, Dyna
non fu infastidita dal fatto di essere trattata come una bambina fragile e
indifesa. Tuttavia, seguì Oliver nella sala del trono. Il re era accerchiato da
varie persone, guardie, individui con una tonaca chiara indosso e il
consigliere. Come vide Oliver si alzò in piedi e ordinò a tutti di uscire
all’istante, cosa che il nano fece con molto piacere. Sembrò non notare nemmeno
che ci fosse anche Dyna.
« Olir, voglio che tu vada alla Fortezza e scopra che
diamine sta succedendo laggiù! » disse il re, senza preamboli.
« Sì, Signore » rispose Oliver di riflesso, poi capì
quanto gli era stato comandato. « Eh? Adesso? »
« Beh, quando vuoi, quando sei pronto, magari prenditi
una settimana di vacanza e poi parti. »
« Ah, va bene, grazie, ma credo che un paio di giorni
saranno sufficienti » disse ingenuamente Oliver e Dyna non fece in tempo a
spiegargli che era stata solo una battuta sarcastica, che il re gli urlò in
faccia, o almeno alzò la testa verso il suo viso facendogli volare tutti i
capelli all’indietro. « Adeeeeeesso, stupido fanfarone! »
Oliver annuì mestamente e accettò l’incarico. « Va
bene, Maestà. Partirò fra un’ora… Il tempo di arrivare lì! » aggiunse, vedendo
lo sguardo del re. Se fosse stato per il vecchio, sarebbe dovuto già essere
alla Fortezza, come se ci si potesse arrivare in un secondo, magicamente.
« Io vengo con te » annunciò Dyna, con la sua voce
sottile, ma limpida. Oliver non rispose, e guardò istintivamente il re, mentre
il piede si muoveva in una contrazione nervosa.
Il vecchio la guardò come se la vedesse per la prima
volta, poi esclamò: « Ancora tu, ma com’è possibile? Ascolta, benedetta
figliola, ti ho dato il permesso di restare al castello, dato che sei sola, ma
per diventare una Guerriera è ancora presto, mettitelo bene in testa! Spero di
essere stato chiaro stavolta, Tyna! »
« Mi chiamo Dyna » disse la ragazza a denti stretti. «
Io ho dato il mio contributo per catturare Gunner, perciò ho tutto il diritto
di assicurarmi che vada in prigione, non trova? » Ma il re guardava altrove,
perciò si girò implorante verso Oliver.
Lui ricambiò lo sguardo, serio e pensieroso. Dopo un
po’ disse, senza staccare gli occhi da lei: « Mio Signore, chiedo il permesso di portare
con me Dyna. »
Il re sussultò, completamente allibito. « Olir, sei
forse impazzito? Questa è una bambina! E se troverai qualcosa di pericoloso
alla Fortezza? Eh? »
« E’ per questo che la porto con me » ribatté Oliver e
questo rese Dyna la ragazza più felice del mondo.
* * *
Circa un’ora più tardi, Dyna e Oliver stavano salpando
dal ponte dell’Ovest, diretti alla Fortezza Inespugnabile di Breza. Si trovava
su un’isola poco distante. Era una costruzione interamente di pietra, tutta
grigia, massiccia e imponente. Oliver l’aveva vista molte volte. In cima c’era
una torre di dimensioni enormi, altissima, con una scala a chiocciola interna
che permetteva l’accesso al punto più alto della costruzione; da lì si poteva
mirare un panorama fantastico, vedere persino il castello e le case più alte
del villaggio. Ai piedi della roccaforte c’era un piccolo laghetto, circondato
sempre dal pavimento di pietra, e davanti ad ogni cosa una fila di cannoni neri
dall’aria molto antica. Oliver si voltò verso Gunner. « Non tentare scherzi, mi
raccomando, ne va della tua salute. »
Il mostro per tutta risposta rise. « Ah! Ah! Ah! Potvei beniffimo cavicave uno di
quei bei cannoni e affondave la nave! Anzi, pevche’ usave i cannoni? Potvei fav
appavive una sfeva pvopvio in questo momento! Ah! Ah! Ah! »
Ma le espressioni poco convinte di Oliver e Dyna gli
gelarono il sorriso sulle labbra. « Che patetico » mormorò Dyna.
« Secondo te non abbiamo capito che non sei più in
grado di usare i tuoi poteri dopo quello che è successo? » disse Oliver. « Si
vede che ne hai prese così tante che ancora non ti sei ripreso e credo proprio
che non ti riprenderai mai più. » Detto questo il cavaliere si sdraiò per terra
con la testa appoggiata su un groviglio di corda spessa e si assopì.
« Gvvvv… Un
giovno me la paghevete, piccoli essevi umani! »
Il viaggio fu molto breve, quasi immediatamente Dyna
scorse la roccaforte e in poco tempo ci arrivarono. Ma da subito Oliver notò i
primi segni di qualcosa di storto. Un fatto inspiegabile si parava davanti ai
suoi occhi: la torre della Fortezza non c’era più. « Ehi, ma non c’è nessuno
qui? Oliver, ma che cos’hai? » disse Dyna.
« La… la torre… è… scomparsa » mormorò Oliver con gli
occhi fissi in alto.
Guardandosi intorno, Oliver notò che non c’era nemmeno
un’anima in giro. Eppure quel posto era sempre pieno zeppo di guardie e
soldati. Dove diamine erano finiti tutti? « Va bene, facciamo così. Leghiamo la
palla di lardo a qualcosa e diamo un’occhiata in giro. » Presero la corda che
avevano sulla barca e lo avvolsero vicino a un salice, in modo che non si
potesse muovere. Poi, insieme si addentrarono nella Fortezza Inespugnabile.
All’interno delle mura il silenzio era quasi assordante. Non c’era praticamente
nessuno. « Ma dove sono tutti quanti? » bisbigliò Oliver. Non sapeva perché
parlava a bassa voce, forse a causa di quell’innaturale silenzio.
« Guarda! » disse Dyna. Poco lontano da loro vi era un
giardinetto. Anzi, per meglio dire era una piccola aiuola, molto ben curata e
colorata. All’improvviso una melodia arcana si diffuse nell’aria. Era una
musica molto dolce, lenta, assomigliava al suono di un’arpa e sembrava proprio
una ninna nanna. Attratti irresistibilmente da questa melodia, Dyna e Oliver
raggiunsero il giardinetto, scavalcando la bassa recinzione che arrivava fino
alle loro ginocchia. Si addentrarono fra tulipani e viole, gigli profumati e
rose appena sbocciate fino a raggiungere il punto più lontano. Qui videro la
“cosa” che produceva il suono. Era un bellissimo fiore molto grande, più grande
delle testa di un uomo. Aveva una forma circolare ed era di colore rosso vivo,
con macchioline gialle e una striscia viola orizzontale. Si posava su un letto
di foglie grandi e verdi, non sapevano come facesse a suonare, ma era lei
sicuramente. Il fiore li lasciò avvicinare ancora, incantandoli con la dolce
musica, poi quando furono abbastanza vicini e assopiti nel suo sortilegio,
dalle foglie si sollevarono fili verdastri lunghi e affusolati come serpenti.
Si avvinghiarono a Dyna, che era più vicina e le legarono le gambe insieme.
Ancora sotto l’effetto dell’incantesimo, la ragazza non disse neanche un
parola, ma come il taglio viola del fiore si aprì, rivelando una bocca immensa
che avrebbe potuto divorarla in un paio di bocconi, riprese conoscenza e
lanciò un urlo da rompere i timpani. Perfino la spaventosa pianta carnivora
sussultò, ma fu questione di un attimo. Sfoderò i suoi dentini piccoli e aguzzi
e sporchi di sangue, pronta per divorarla. Ma l’urlo di Dyna aveva svegliato
anche Oliver che, una volta tagliati quei fili fastidiosi con la sua
spada, si era avventato sul fiore e l’aveva pugnalato più volte all’interno
della bocca, tanto che la lama aveva raggiunto la gola… cioè lo stelo. « Ma che
diavolo era? » domandò Oliver asciugandosi la fronte di sudore. La pianta si
stava dissolvendo velocemente in un liquido denso e scuro, che faceva bollicine
che scoppiavano di continuo. Era uno spettacolo disgustoso vedere le foglie e i
fili non più verdi agitarsi in quella melma e poi sciogliersi per sempre.
« Era una Purpurea Spinosa » spiegò Dyna. « Mia madre
me ne aveva parlato una volta, ma dovrebbero essere estinte. »
« Beh, questa c’è ancora. Ma se lo sapevi, perché non
me lo hai detto? »
Dyna gli lanciò uno sguardo impaziente. « Quando la
musica è cominciata non avevamo ancora notato il fiore, e contro quella melodia
non si può fare niente. Per fortuna eravamo in due, perché ti svegli solo
quando stai per entrare nella sua bocca. »
Tutti e due fecero una smorfia di disgusto, Oliver
ripose la spada e ripresero il cammino.
« Un bell’inizio, non c’è che dire… Niente male
davvero » commentò Oliver sarcastico. « Di sicuro è stata quella… “mangiona” a
uccidere tutti qui! Prima li ha attirati con quella sciocca ninna nanna e poi
li ha divorati! Maledetta… »
« Sta’ zitto, Oliver! »
« Eh? Ehi, ragazzina, un po’ di rispetto per chi è più
vecchio di te… »
« Stai zitto! » esclamò Dyna con un gesto nervoso
della mano. Tesero l’orecchio e in lontananza sentirono dei tonfi. Era come se
qualcosa di molto pesante fosse precipitato dall’alto, ma i tonfi erano
continui.
« Andiamo a
vedere » disse Oliver. Affrettarono il passo nella direzione da cui proveniva
il rumore. La porta della fortezza non c’era più perciò dovettero scavalcare il
muro di pietra e poi salire delle scale. I tonfi si facevano più vicini.
Stavano percorrendo il muro di cinta, sotto i loro occhi si stendeva il lago,
che era più che altro una pozza d’acqua poco profonda. Oliver cominciava già ad
avere le prime avvisaglie delle vertigini quando finalmente arrivarono al piano
superiore della roccaforte e posarono i piedi sul pavimento sicuro. « Uhh… Meno
male… Ancora un po’ e sarei caduto di sotto… »
« O-Oliver… Che diavolo è quello? »
« Cosa? » Oliver si girò e all’inizio non vide nulla.
Poi, da un livello inferiore a cui si accedeva tramite dei gradini, vide
sbucare un gigantesco macigno di colore celeste. Stette in aria giusto pochi
secondi e poi ricadde a terra con il tonfo ormai familiare. I due ragazzi si
guardarono allibiti.
« Forse… Direi che potremmo continuare il nostro giro
dall’altro lato della fortezza… Visto che… » biascicò Oliver e Dyna assentì.
« Sì… Dopotutto pare che quella cosa sia impegnata a
fare altro… Quindi… »
Girarono i tacchi per andarsene a tutta fretta e più
in silenzio possibile, quando sentirono un altro suono, attutito dai rimbombi:
un urlo. Immediatamente si fermarono. « Accidenti, c’è qualcuno! » disse Dyna «
Oliver... » Il Guerriero non disse nulla, ma si incamminò velocemente verso il
macigno, che si intravedeva solo quando saltava in alto. Dyna lo seguì. Scesero
i gradini senza far rumore, anche se difficilmente qualcuno li avrebbe sentiti
con quel baccano.
« Aiutoooooooooo! »
Di nuovo il grido terrorizzato. Ma stavolta potevano
vedere da dove veniva. Qualcuno era rinchiuso in una cella, con le mani strette
sulle sbarre di ferro e vedeva la fine avvicinarsi a saltelli. Il macigno
sarebbe balzato sulla cella, schiacciando tutto sotto il suo peso. Non c’era
via di scampo.
« Dyna… Devi andare ad aprire quella cella. Io nel
frattempo cerco di distrarlo in qualche modo… » disse Oliver.
Dyna acconsentì e si nascose dietro un muro in
rovina un po’ più lontano. Subito dopo Oliver urlò a pieni polmoni. «
Oooooooooooohhhhhhh! »
Il masso gigante si bloccò di colpo con un ultimo
tonfo. Poi ruotò su se stesso per guardare Oliver. Guardare? Ma le pietre
non hanno gli occhi, pensò Oliver. Ma le pietre non saltellano neanche
però… La pietra fece un giro completo di 360 gradi e a quel punto Oliver li
vide: occhi incavati e neri come il vuoto, senza pupille, ma pieni di
malvagità. A quel punto il grido gli si strozzò in gola. Un istante dopo la
pietra aveva ripreso a saltare, stavolta però nella direzione di Oliver. Era
molto più veloce adesso, sembrava maggiormente eccitata e sollevava polvere in
quantità ogni volta che ripiombava al suolo. Oliver rimase fermo come un
baccalà, poi finalmente cominciò a correre senza una meta precisa, ma
allontanando il mostro dalla cella.
Dyna intanto uscì dal nascondiglio e si avvicinò
furtivamente alla prigione. Il ragazzo era alle prese con la serratura, ma non
avendo alcuno strumento naturalmente gli era impossibile aprirla.
All’improvviso perse la pazienza e diede un calcio sulle sbarre, ma subito dopo
si accucciò per terra con il piede dolorante fra le mani e le lacrime agli
occhi. Alzò la testa per vedere se stesse tornando il masso, ma vide invece una
ragazza. Dyna lo fissava a sua volta, dopo aver assistito a quella scena
imbarazzante, ma poi disse: « Ehm… Ciao… Io devo liberarti… Non sai per caso
dov’è la chiave? »
Il ragazzo non si mosse dalla sua posizione,
chiedendosi da dove mai fosse spuntata una ragazzina in un posto come quello e
perché mai volesse liberarlo. Poi si alzò di scatto, e indicò un punto
freneticamente, non era proprio il momento per mettersi a fare congetture. «
Lì… Il soldato l’ha fatta cadere laggiù prima di essere… schiacciato. »
Dyna notò con orrore che in quel punto Oliver cercava
di intrattenere il macigno, correndo come un pazzo a destra e a sinistra. «
Maledizione… Torno subito » mormorò, poi si avvicinò a Oliver camminando
carponi dietro i cumuli di pietre sparsi ovunque. La vide immediatamente. Una
piccola chiave di ferro tutta arrugginita e il cavaliere ci era appena passato
vicino senza notarla. Cercò di chiamarlo quanto più silenziosamente
possibile: « Oliver… Oliver…! »
Il Guerriero si girò verso di lei senza fermarsi.
« Oliver, la chiave… Lanciami la chiave » disse Dyna,
indicando freneticamente il pavimento. Finalmente Oliver la vide, ma il
gigantesco macigno stava venendo verso di lui ed era sulla traiettoria giusta
per appiattire la chiave sotto la sua mole. « …Oliver… »
Oliver in seguito si chiese molte volte dove avesse
trovato il coraggio per fare una cosa così avventata e pericolosa, ma si mise a
correre incontro alla pietra. Il masso parve animarsi ancora di più e se avesse
avuto la bocca di certo avrebbe riso, così spiccò un balzo di almeno quattro metri.
Cadendo, sarebbe sicuramente atterrata sulla chiave, ma Oliver la prese. Per un
attimo rimase lì fermo, con l’ombra enorme del macigno sopra di lui, poi scattò
in avanti. Il tonfo stavolta somigliò allo scoppio di una bomba, tanto che
Oliver venne catapultato fino al nascondiglio di Dyna. Gli tese la chiave,
tutto sporco di terra e polvere e disse soltanto: « Fai in fretta! »
Dyna annuì e corse via. Per la foga però si dimenticò
di acquattarsi dietro le rovine, così il macigno notò anche lei e ancora una
volta decise di cambiare bersaglio. Dyna accortasi di avere il masso blu alle
costole, accelerò l’andatura e cominciò a urlare, presa dal panico. Oliver
tentò inutilmente di richiamare l’attenzione, ma invano. Arrivò a mettersi
davanti al masso, ma ormai gli occhi maligni erano puntati su Dyna. « Dyna,
muoviti! » urlò Oliver, a sua volta nel panico più totale.
« Ehi! » chiamò il ragazzo dalla cella. Dyna era
così spaventata che aveva addirittura dimenticato dove andare. Quasi inciampò
frenando la sua corsa e cominciò ad armeggiare vicino alla serratura. Ma il
macigno si faceva sempre più vicino e le mani le tremavano vistosamente. «
Dammi qua! » disse il ragazzo. Fece passare un braccio fuori attraverso le
sbarre e trovò la serratura. La chiave era molto arrugginita e il mostro era
quasi arrivato. Avrebbe distrutto tutto: la prigione, il ragazzo, Dyna. Oliver
già la vedeva sotto le macerie. « Dynaaaaa! » Cominciò a correre anche lui in
quella direzione senza sapere bene cosa fare, quando finalmente la chiave girò,
il ragazzo uscì e si buttò a terra allontanandosi dalla prigione trascinando
Dyna con sé.
Un istante dopo, il macigno spiccò l’ultimo salto e
demolì completamente la prigione. Pezzi di ferro e mattoni volarono da tutte le
parti. Oliver si gettò dietro un muretto mezzo abbattuto, coprendosi il capo
con le mani. Dyna e l’altro ragazzo stavano distesi a faccia in giù poco
lontano. Quando il rumore cessò, Dyna alzò lentamente la testa tossendo. Aveva
il volto tutto sporco e presentava non pochi graffi. « Ehi, sta giù, ci farai
scoprire! » disse in un sussurro ansioso il ragazzo.
Ma Dyna non vedeva più Oliver e questo la gettò nel
panico ancora peggio di prima, quando stava per essere schiacciata. « Oliver! »
« Zitta, per l’amor del cielo! » imprecò il ragazzo,
ancora steso a terra, con il dito sulla bocca.
Dyna uscì allo scoperto per cercare l’amico,
rendendosi conto vagamente che la pietra l’aveva intercettata di nuovo. Ma non
le importava, doveva solo ritrovare Oliver. Continuò a chiamarlo, quando finalmente
sbucò da dietro un muretto la sua testa. I capelli gli erano diventati grigi
per tutta la polvere che ci era finita sopra. Anche lui si alzò in piedi
offrendo un altro bersaglio al macigno. « Oliver, andiamo via! » disse Dyna
raggiungendolo. Lui la cinse con un braccio trattenendola.
« Aspetta. Mi è venuta un’idea. » Corsero insieme
verso le macerie della prigione. Ora davanti a loro c’era solo un precipizio.
« Oliver… Che fai…? » chiese Dyna, temendo di
conoscere già la risposta. Il cavaliere non rispose e aspettò che il masso
gigante si avvicinasse. Era sempre più veloce. « Oliver… » ripeté Dyna, pallida
per la paura, ma Oliver, sebbene stesse sudando sette camicie, rimase fermo
dov’era. Ormai il macigno era sopra di loro, spiccò l’ultimo salto. Dyna serrò
gli occhi e si sentì trascinare da Oliver in avanti: stavano passando sotto il
masso, mentre questo era sospeso in aria. Alla fine, quando si fermarono,
sollevò le palpebre e vide il macigno cadere a precipizio giù per il burrone.
Rise, anche se fu un riso dettato dalla paura e si accorse di stare abbracciata
a Oliver un po’ troppo stretta, ma non le importava. Si sentiva al sicuro
insieme a lui. Dopo qualche minuto, Oliver la allontanò dolcemente,
accarezzandole la testa. Sorrideva anche lui.
Capitolo 6 *** La Fortezza Inespugnabile - Robin ***
A spezzare quella bella atmosfera, un rumore poco
lontano. Il ragazzo si stava alzando scrollandosi di dosso la polvere e poi
andò verso di loro. Era poco più alto di Dyna, magro magro,
con i capelli neri corti, tutti arruffati sulla testa. La prima cosa che Dyna
notò furono le enormi orecchie a sventola, che non riusciva a nascondere sotto
i capelli. Aveva gli occhi grandi, marrone chiaro, molto vispi e indossava dei
calzoni logori che gli arrivavano poco più sopra dei polpacci e una maglietta
stinta troppo grande per lui. Infine un gilè giallo semplice e sandali
piuttosto rovinati. Tuttavia, a dispetto dell’aria malconcia, sfoggiava un
sorriso largo, che sembrava arrivare da un orecchio all’altro. « Ehi! » li
salutò allegramente con la mano fin quando non arrivò vicino a loro. « Salute,
amici! E grazie per l’aiuto. Senza di voi adesso sarei poco più di una sogliola,
grazie mille! » Fece un inchino, sotto gli occhi attoniti dei due giovani. «
Ragazza, sei stata molto gentile a prendere la chiave, anche se, diciamocelo:
ti è venuta un po’ di tremarella… Un po’! Diamine, ragazza! Sembrava che ti
stesse per volare via quella mano! Ma a chi non sarebbe venuta, vedendomi!?
Modestamente faccio girare la testa a tutte, non per vantarmi! » Si esibì in un
goffo baciamano e Dyna fece un mezzo sorriso divertito.
« Ehi, ma dico… » disse Oliver, quindi il ragazzo si
ritrasse e salutò anche lui.
« Oh! Salve, signore, immagino che lei sia il padre!
Ah, se lo lasci dire, lei è veramente grande, ha avuto fegato, altroché! »
« Ma io non sono il padre! » esclamò Oliver, ma il
ragazzo non lo sentì.
« Non ho mai visto nessuno sfidare la sorte in quel
modo! Veramente grande, bravo! Eh, del resto cosa non farebbe un padre per la
propria figlia! »
« Ho detto che non sono il padre! » ripeté Oliver
alzando la voce, tanto che il ragazzo trasalì.
« Oh. Beh, sa com’è. È anziano, pensavo che… »
« Io non sono anziano! Ho ventiquattro anni! » disse
Oliver, altero.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi. « Ventiquattro!
Ragazzo mio, dovresti fare qualcosa per quei capelli, a quest’età già tutti
grigi… Va bene che l’uomo brizzolato fa colpo, ma qui si esagera. »
« Non ho i capelli grigi! Sono solo coperti di
polvere, dannazione! » sbraitò Oliver, mentre Dyna se la rideva di gusto. Il
cavaliere si passò le mani sulla testa, scompigliandosi i capelli e
scrollandosi un po’ di polvere. Guardava il ragazzo con molta attenzione, alla
fine disse: « Mi sembra di conoscerti. Chi sei? Ci siamo già visti per caso? »
Il ragazzo allora si inchinò di nuovo. « Perdonatemi,
gentili amici! Io sono Robert Wilson, ma tutti mi chiamano Roby. O Robby se
volete, ma la maggior parte della gente mi conosce anche come Lingualesta. O
Manoveloce. O Prediescappa. O anche… Ma voi chiamatemi semplicemente Robin! »
Dopo un attimo di smarrimento, Oliver chiese: « E… Che
ci facevi in prigione… Robert? » Si stava avvicinando sempre di più senza
staccargli gli occhi di dosso.
« Oh… Io in realtà mi ero chiuso lì dentro per
sfuggire a quel mostro, ma la chiave mi è caduta fuori, così… »
« Aspetta » lo interruppe Dyna « Tu avevi detto che un
soldato l’aveva fatta cadere mentre stava scappando. »
« Sì, infatti. Praticamente… » ma in quel momento si
accorse del mantello che portava Oliver, l’inconfondibile mantello dei Guerrieri.
« Ehm... sì. Io… Devo proprio scappare adesso! Èstato un vero piacere! » E fece per fuggire
via, ma Oliver era troppo vicino, perciò gli mise un braccio intorno al collo e
lo bloccò, sollevandolo di qualche centimetro da terra.
« Buono, ragazzino! Ti ho riconosciuto. Fra i
Guerrieri ti chiamiamo Robin il Topo, sai? » disse Oliver.
« Interessante! Perché sono agile e veloce? »
« Perché sei piccolo come un ratto. »
« Ahahaha… Che divertente… Non sapevo che i Guerrieri
avessero il senso dell’umorismo così sviluppato » commentò Robin, cercando
inutilmente di allentare la presa.
« Sei il figlio di Wilson la Volpe, il ladro che
nessuno mai riuscì a prendere. Hai sbagliato a seguire le orme paterne,
ragazzino, si vede che non sei in gamba come il defunto paparino, che ne dici?
»
Robin rimase in silenzio, per una volta nella sua vita
non aveva la risposta pronta. « Sai, Dyna, questo è il ladruncolo più giovane
di tutti i tempi. »
« Ah! Non è vero! Conosco un bambino di appena cinque
anni che ogni giorno ruba le mele alla bottega di Halman e… Ahia! »
Oliver lo strattonò un attimo per farlo stare zitto e
poi continuò: « Ha solo diciotto anni ma gli diamo la caccia da almeno sei
anni. Poi finalmente ti abbiamo preso, vero, Topolino? »
Robin fece una smorfia.
« Ed eri in prigione solo perché non hai ancora
raggiunto la maggiore età. Fra due anni verrai giustiziato, come ti meriti per
aver rubato agli onesti cittadini! » Gli diede un altro strattone.
« Ahi! » si lamentò Robin « Guarda che la gente mi
voleva bene, giù al villaggio! Cioè… Non proprio bene, ma sicuramente nessuno
laggiù vuole che io sia impiccato! »
« Peccato che non decidano loro la tua sorte. »
Dyna si avvicinò al cavaliere. « Oliver, ma adesso non
puoi rimetterlo di nuovo in prigione. »
« Benedetta ragazza! » esclamò Robin « Sei un angelo!
Grazie, grazie! Diglielo, sono solo un povero straccione… E sono ancora
giovane, non posso morire adesso! E tu sei carina, lo sai? »
Oliver lo strinse così forte che Robin divenne tutto
rosso.
« No, io intendevo dire che la prigione non c’è più. E
a quanto pare era l’ultima rimasta » disse Dyna.
Oliver guardò le rovine e poi guardò Robin, severo.
« Hai visto… Sono fortunato » disse lui con una vocina
piccola piccola, mentre quasi soffocava per la presa
del Guerriero. Alla fine Oliver si decise ad allentare la morsa. Robin subito
tentò di scappare, ma ancora una volta, Oliver lo trattenne con un solo
braccio. « Su, lasciami andare » piagnucolò Robin « Che ti ho fatto? Puoi dire
che non hai trovato nessuno vivo. Io mi dileguerò senza lasciare traccia,
nessuno saprà mai che mi hai visto. Ti prego…! »
« E chiudi quella bocca! » sbraitò Oliver.
Il ragazzo sbuffò. Poi decise di cambiare argomento,
magari per farlo distrarre. « Come mai siete venuti solo voi due? » Ma Oliver
non rispondeva. Stava pensando a un modo per mettere il ladruncolo in un luogo
sicuro, ma dove non si potesse muovere. Allora Robin si rivolse a Dyna. « Ehi…
Com’è che siete venuti solo voi due? Tanto più che tu sembri così piccola, sei
già una Guerriera? »
« Mi chiamo Dyna e non sono ancora una Guerriera. Non
effettivamente almeno. Ma lo diventerò presto. »
« Ah, quindi siamo destinati a essere nemici… Oh,
perché questo triste fato per due innamorati come noi?! »
Oliver storse la bocca, ma Dyna rise. « Siamo venuti
per controllare la situazione alla Fortezza visto che non arrivavano notizie.
Tu non sai che cos’è successo? »
« Oh, ma certo che lo so. Ero qui quando è successo »
rispose Robin.
« Cosa? Cosa è successo? » disse Oliver, ma il ladro
lo guardava con occhi furbetti.
« Na-na-na. Tu lasciami andare e io ti dico tutto. »
Il Guerriero abbassò la testa verso di lui e scandì: «
Te lo puoi scordare, piccola carogna. »
« Ma Oliver, potremmo scoprire chi c’è dietro » disse
Dyna.
« Tua sorella è molto più saggia di te, caro il mio
intrepido Guerriero! »
« Non è mia sorella! » esclamò Oliver.
Robin allora apparve piuttosto confuso. « E ma allora
perché sei così protettivo… Ohhh! Non dirmi che è la tua fidanzata! Ma sei
troppo vecchio per lei! »
A questo punto Oliver gli mollò un pugno sul naso, non
molto forte, ma abbastanza per insegnargli a parlare solo se interrogato. «
Adesso dimmi tutto quello che sai! » ordinò il Guerriero. Robin però scosse la
testa, con il naso in mano.
« Nossignore, se non molli la presa io non parlo! »
« Magari stessi zitto una volta per sempre! »
« D’accordo, allora arrangiatevi! »
Ancora una volta, Dyna dovette intervenire. « Oliver,
andiamo. Non può scappare da nessuna parte. »
« Oliver, andiamo! » ripeté Robin, imitando la voce di
Dyna.
Il Guerriero si decise così a lasciare libero il
ladro, non prima di avergli sussurrato all’orecchio: « Se provi qualche scherzo
ti ammazzo, te lo giuro! »
Il tono fu talmente minaccioso e serio, che Robin
deglutì impaurito. « Oh… Ok... »
Oliver lo spinse contro il muro e si posizionò proprio
di fronte a lui accarezzando l’elsa della spada. Questo movimento piacque poco
a Robin, che si appiattì ancora di più contro la parete e affermò: « No, no…
Devi stare più lontano se no non dico nien… » ma prima che potesse finire la
frase, Oliver gli puntò la lama alla gola. Robin alzò le mani in segno di resa,
mentre scivolava a terra con gli occhi terrorizzati puntati sulla spada.
« Se non parli adesso ti assicuro che non potrai farlo
mai più » lo minacciò Oliver. A questo punto Robin si arrese.
« Ehm… D’accordo… Non c’è bisogno di arrivare alla
violenza… Stavo giusto per cominciare a raccontare… Ecco… » Si schiarì la voce,
ancora fissando la spada e cominciò: « Dunque… Da dove comincio… Ehm… Allora,
vediamo… Ehm… Qualche giorno fa ero in prigione… Eh certo, io sono sempre in
prigione! Non mi posso muovere di lì, faccio quello tutto il giorno… Ehm… Vado
avanti » disse poi notando lo sguardo impaziente di Oliver. « Sì… Che stavo
dicendo…? Ah, sì, dunque. Ero in prigione, no? Quando all’improvviso si sente
qualcosa, una… Una voce. Cioè no, non era proprio una voce… Era qui, però
era lontana… Era una specie di… Come si chiama… Un… Un… Un’eco! Già, già… Un
eco… »
« Balbetti parecchio per uno che si fa chiamare
Lingualesta » lo schernì Oliver.
« Beh, sai com’è. Di solito quando parlo non ho una
lama puntata alla gola… E questo mi rende un tantino nervoso, non so tu… »
rispose Robin.
Oliver non disse niente e questo era un brutto segno,
perciò Dyna gli si avvicinò con cautela e mormorò: « Oliver, magari la
allontani solo un pochino. » Il Guerriero ritirò la spada ma non la ripose nel
fodero.
« Grazie, angelo » disse Robin a Dyna, ma subito dopo
tossì, cercando di non guardare il cavaliere. « Sì, proseguo… Allora. Dicevo…
Un’eco. Ma non ho idea di cosa dicesse perché non avevo mai sentito una sola di
quelle parole, solo che all’improvviso… La torre della Fortezza si sgretola
sotto gli occhi di tutti. Cioè, per farvi capire… La torre si solleva nell’aria
e si scompone. Tutte le pietre si disperdono nel cielo e poi si riuniscono per
formare però una specie di… di muro gigantesco! Sì, un muro! E ritorna sul
tetto. O almeno questo è quello che ho visto, da quaggiù non è che godevo di un
bel panorama. Comunque, le guardie salgono sul tetto, ma ne ho viste parecchie
ricadere giù, come se lanciate via da qualcosa. Gli altri non sono più
ritornati. Credo proprio che siano morti. Gli altri soldati allora si sono
impauriti e volevano battersela, ma inspiegabilmente, le barche erano tutte
sparite. Non ce ne era rimasta neppure una. Raggiungere il villaggio a nuoto è
un’impresa impossibile a causa della corrente e dei mulinelli, così non avevano
scelta che restare qui. Naturalmente nessuno pensava di avvicinarsi al tetto, e
la cosa lassù, qualunque cosa sia, non sembrava intenzionata a venire giù.
Forse pensava che non ci fosse nessuno. I soldati non ci pensarono nemmeno ad
aprire le celle, neanche in quella situazione d’emergenza. »
« Ci credo » intervenne Oliver « C’era già tutto quel
caos, figuriamoci se avessero aperto le celle. »
Robin annuì con un sorriso falso. « Tutti uguali voi
Guerrieri. Comunque, dopo due giorni così, i soldati decisero di usare il rum
per fare segnali di fumo e far arrivare qualcuno dal villaggio, ma a quanto
pare nessuno l’ha notato. Purtroppo con tutto quel fumo, la cosa lassù si è
accorta di noi e ed apparso nel cielo quel macigno enorme che ha schiacciato
tutto… E avrebbe schiacciato anche me se non fosse stato per voi! »
« Che fortuna » borbottò Oliver « Quindi tu mi stai
dicendo che dovremmo andare sul tetto e abbattere questo… Muro gigantesco che
poi sarebbe la torre? »
Robin annuì vigorosamente.
« Oh, certo… E’ così ovvio… » mormorò Oliver
fingendosi interessato, ma in un secondo riprese la spada e la puntò per
la seconda volta alla gola del ladro, che diede un urlo isterico.
« Ahhhhhhh! Ma che ti prende?! Ti ho raccontato come
sono andate le cose, che cosa vuoi adesso?! »
« Eppure ti avevo avvisato che se avessi tentato
qualche scherzo te la saresti vista brutta! » ringhiò Oliver.
« Mamamamama io nonnon ho tentato ne-ne-nessuno
scherzo… Ti ho detto la verità! Te lo giuro! »
Il Guerriero spinse la punta della spada contro il
collo del ragazzo, in modo che questi urlasse ancora più forte. « Oliver,
lascialo stare, poverino… » disse Dyna.
« Dyna, questo piccolo furfante sta cercando di
prenderci in giro! Ma avresti dovuto inventare qualcos’altro! Il Muro gigante,
figuriamoci se credo a una storia del genere! »
« Perché scusa? » disse Dyna « Non sarebbe la prima
volta che ci troviamo di fronte a qualcosa di straordinario. Guarda Gunner. Ti
sembra una persona normale? A me sembra proprio una palla di cannone con arti e
faccia… Allora spiegami per quale motivo non potrebbe esistere un Muro gigante
animato! »
« Dyna, andiamo! » sbraitò Oliver, ma la ragazza
pareva decisa.
« E poi non credi che avrebbe inventato una
storia meno improbabile se non fosse la verità? Non mi sembra che abbia
problemi a raccontare bugie. »
Alla fine il cavaliere si diede per vinto. Rinfoderò
la spada e dichiarò: « E sia. Andremo a verificare di persona. Se avrai detto
la verità ti prometto che non ti consegnerò alle guardie reali. Ma se scopro
che era una balla colossale, come penso che sia, beh… Neanche in quel caso ti
consegnerò alle guardie reali. Ti ucciderò con le mie mani! »
Robin rise nervosamente aggiustandosi il collo della
maglietta. « D’accordo… Allora vai, ti aspetterò qui, non mi muoverò di un
passo! »
« No no, mio caro. » Oliver lo prese per il bavero e
ordinò: « Tu vieni con noi. »
« Cosa? No, non ci siamo capiti bene. Io non vengo là
sopra. »
« E invece ci vieni, te lo assicuro » disse il
Guerriero « E se per caso ti venisse in mente di svignartela… Ti informo che
per far partire la nostra barca ci vogliono almeno due persone, quindi… Ma che
dico? A te non verrà di certo in mente di scappare? Vero? Tu farai il bravo e
non darai fastidio, vero? »
« Certo, certo…Farò il bravo… »
« Molto bene. Andiamo! »
Si misero
così in marcia tra i commenti di Robin: « In fin dei conti avevo proprio voglia
di sgranchirmi in po’ le gambe… Proprio voglia di fare quattro passi… La
Fortezza è immensa, è l’ideale per fare un po’ di moto. »
« Robert… »
« D’accordo,
resto zitto. »
Ma il
silenzio di Robin non durò a lungo. Appena ebbero risalito i gradini chiese: «
Ehi, Oliver, lo sai dov’è che i soldati tengono gli effetti personali dei
prigionieri? »
Oliver fece
un attimo mente locale e poi rispose: « Laggiù. In quello stanzino. O almeno
quello che una volta era uno stanzino. »
Il luogo
indicato da Oliver era infatti quello che restava di una stanza, ma la parete
frontale era praticamente distrutta. Tuttavia all’interno c’erano ancora dei
cassetti in piedi, anche se ridotti piuttosto male. Robin corse ad aprirli
tutti. « Ehi! Ma che fai? Vuoi rubare le cose delle persone che sono morte qui?
Sei proprio un bel… »
« Evviva! »
esclamò Robin, ripescando una vecchia fionda in legno grezzo da un cassettone. «
E cisono anche i miei proiettili! Che
fortuna! » Si assicurò la fionda sulla tasca posteriore dei pantaloni, che poi
era anche l’unica, e ritornò dagli altri. « Guarda che questa è mia! » precisò,
vedendo l’espressione severa di Oliver.
Si rimisero
in marcia. I due ragazzi camminavano dietro a Oliver. « Ehi, ragazza, sei
proprio sicura di voler diventare una Guerriera? » domandò Robin, malizioso.
« Certo, è
il mio obiettivo » rispose Dyna. Quel ragazzo le era stranamente simpatico.
Robin però agitò la mano in segno di scarsa considerazione.
« Secondo me
dovresti diventare una ladra invece! Pensa, sarebbe fantastico! A me piace da
morire! Puoi fare tutto quello che ti pare, quando ti pare, noi ladri non abbiamo
padroni, siamo completamente liberi, siamo… »
« Siete la
feccia del Mondo » finì Oliver, senza voltarsi « Lascia in pace Dyna, lo dico
per il tuo bene. »
« Ok,
afferrato, capo… Ma è sempre così gentile? » bisbigliò Robin, in modo che
Oliver non lo sentisse.
« No,
all’inizio è unpo’ burbero, ma poi ti
accorgerai che una bellissima persona » lo rassicurò Dyna.
« Sì, in
fondo è simpatico… » ammise Robin con un sorriso. Alzò le spalle ed esclamò: «
Ah! Se c’è un protettore dei ladri, che mi aiuti in questo momento! Mi sto
andando a ficcare direttamente nella bocca del lupo cattivo! »
« Ma non
avevi parlato di un Muro di pietra? » lo derise Oliver.
« Sì, sì…
ridi pure tu. Tanto voi cavalieri avete la beneamata dea Shidal che vi protegge
da lassù! Non hai niente da temere. »
Passarono davanti
a un cumulo di rottami, pezzi di legno bruciati e ricoperti di cenere. « Qui è
dove hanno fatto il falò » osservò Robin.
Oliver annuì
pensieroso. « Già. E’ sorprendente che una simile quantità di legno unita al
rum non abbia generato un fuoco abbastanza grande da poterlo scorgere al
villaggio, non trovi, Robert? »
« Sì,
infatti… Ehi, stai ancora sospettando che ti abbia mentito? Il rogo l’hanno
fatto davvero, come puoi vedere. E se voi al villaggio non avete visto niente
non è colpa mia » disse Robin sulla difensiva. Oliver lo fissava torvo, ma Dyna
li spinse tutti e due a proseguire.
Salirono
altre scale. La Fortezza era veramente immensa e purtroppo ovunque volgessero
lo sguardo c’erano cadaveri. Avevano tutti la stessa espressione di terrore sul
volto esanime. Nemmeno Robin se la sentiva di parlare di fronte a quello
scenario. All’improvviso, Oliver si fermò tendendo il braccio per fermare anche
i ragazzi dietro di lui. « Che succede? » chiese Dyna.
« La
Purpurea Spinosa » mormorò Oliver.
« Di nuovo?
Non è possibile! »
« Che cos’è
la Purpurea Spinosa? » domandò Robin, che cercava di sbirciare da sotto il
braccio teso di Oliver, ma era impedito dal mantello.
« E’ un
fiore » rispose Oliver.
« Ah… E
perché ne avete paura? »
« La
Purpurea è una pianta carnivora » spiegò Dyna « Si nutre di esseri umani. »
Robin
deglutì. « Oh, santa pace… Ma noi abbiamo Oliver! Dai, fratello, uccidila con
la tua bella spada affilata! »
Oliver si
voltò verso di lui. « Primo: non chiamarmi fratello. Secondo: quel fiorellino
se ci vede inizia a cantare ed è impossibile sottrarsi al suo incantesimo. »
Robin
sembrava confuso allora Dyna chiarì: « Ti fa avvicinare a lei e ti risvegli
solo quando stai per entrare nella sua bocca. »
« Uff… e
pensare che i fiori mi erano sempre piaciuti » disse Robin, nascondendosi
involontariamente dietro a Oliver.
« Non
possiamo passare di là, è troppo pericoloso » affermò il cavaliere. « Ma forse
possiamo prendere un’altra strada. » Si avviò per la via opposta a quella della
Purpurea, seguito a ruota dagli altri. Dyna si accorse che era una stradina
circolare e che sotto di loro c’era il laghetto. « Ecco , dovrebbe essere da
queste parti » disse Oliver, e azionò una piccola leva. Ci fu un rumore che
fece sobbalzare Robin e subito dopo arrivò un’asse di legno che metteva in
collegamento la strada dove si trovavano loro al resto della fortezza
dall’altra parte. La trave era fissata a un’asta che finiva su uno scoglio in
mezzo al laghetto, ma era piuttosto sottile e dall’aria tutt’altro che rassicurante.
« Mi spieghi
perché hanno costruito questa… cosa… Invece che una vera strada!? » chiese
Robin, allibito.
« Beh, la
vera strada è quella, dov’è la Purpurea. Questo è un percorso di allenamento, i
soldati lo usano per esercitarsi » rispose Oliver.
Robin
sbuffò. « E poi non mi venite a chiedere perché sono unladro… Ma si può essere così idioti? Va bene…
Vai tu per primo Oliver. »
« Ah, sì? E
perché? »
« Per
controllare se è sicura. O vuoi mettere in pericolo la vita di due bambini come
noi? » disse Robin con un ghigno. Il Guerriero decise di non dar retta
all’istinto di far andare il ladruncolo, così si cimentò nell’impresa.
« Va bene,
vado prima io. » Con passo insicuro cominciò la traversata, ma le vertigini
presto si fecero sentire. Barcollò pericolosamente, mentre gocce di sudore gli
imperlavano la fronte. « Nonguardaregiùnonguardaregiùnonguarda… »
« Oh no,
Oliver! » gemette Dyna.
« Vai,
Oliver! Puoi farcela, sei grande, vai, ancora qualche passo! » gridava Robin a
pieni polmoni. Dyna gli mise le mani sulla bocca per impedirgli di parlare
ancora.
« Oliver
soffre di vertigini, se fai così lo distrai e lo farai cadere! »
« Soffre di
vertigini? » ripeté Robin « Santa pace, Oliver! Avevi parlato di una strada più
sicura! Va bene, lo dobbiamo incoraggiare! » Prese fiato e ricominciò a urlare:
« Oliver! Facci vedere il tuo coraggio, forza! Non fare il rammollito, avanti!
Ci riuscirebbe anche un bambino, Oliv… »
« Piccolo
bastardo, quando ti metto le mani addosso ti faccio pentire di essere nato »
ringhiò Oliver, mentre terminava il percorso carponi, stremato. Aveva rischiato
di cadere un’infinità di volte e aveva dovuto continuare ad occhi chiusi per
non guardare di sotto. « Forza, venite… Sbrigatevi… » disse con la voce roca.
« Vai prima
tu » disse Dyna.
« Oh, non mi
sognerei mai di andare prima di una fanciulla bella come te » esclamò Robin con
un inchino.
« Sì, ma
vedi, la Purpurea comincia a svegliarsi e non vorrei che… »
Robin diede
uno sguardo alla pianta che si muoveva lentamente. Ad un certo punto schioccò i
denti e questo bastò al giovane ladro.
« Sì…
Dopotutto credo che andrò prima io… »
Dopo
l’iniziale incertezza, Robin si sentì a proprio agio sull’asse. Era molto
agile, ma finì con esagerare e Oliver rischiò di nuovo l’infarto. « Guarda qua,
Oliver! Con una gamba sola! »
« Nooo…
idiota! Finiscila di fare il pagliaccio, muoviti, per carità! » lo supplicava
Oliver.
« Oh, non
preoccuparti, sono subito da te! Per chiudere in bellezza eseguirò un salto
perfetto, esattamente così! » Fece per saltare, ma incespicò con i piedi,
cadendo dalla trave. Per fortuna era vicinissimo a Oliver, che poté afferrarlo
appena in tempo. Una volta in salvo, lo colpì dietro la nuca con violenza. «
Ahia! » piagnucolò Robin, con le lacrime agli occhi.
«
Incosciente che non sei altro, ti potevi rompere l’osso del collo, lo sai? » lo
rimproverò il Guerriero. Robin singhiozzò di nuovo, borbottando tra sé che per
poco non glielo aveva rotto lui l’osso del collo con quello scapaccione.
« Dyna,
tocca a te. Mi raccomando, fai attenzione! » disse Oliver, ma si accorse che
Dyna non c’era più sull’altro lato della Fortezza. « Dyna! Dyna, dove sei
finita? Oh, no! È stata presa da quella pianta schifosa! Oh, Dyna, perché non
ti ho fatto passare per prima? Che io sia maledetto! Dyna! Perché... »
« Scusa,
Oliver… »
« Che vuoi?
»
« Era
davvero una scena commovente, ma guarda che Dyna è qui » disse Robin. Poco più
lontano la ragazza lo guardava perplessa. Oliver si alzò di scatto per
raggiungerla.
« Dyna! Non
farlo mai più! Sono stato chiaro!? » urlò, tutto rosso in faccia.
« Ma fare
che cosa? Sono passata mentre stavate discutendo, ci ho messo un attimo così
non mi hai vista, tutto qui » disse lei.
« Mi sono
spaventato a morte! » poi si girò verso Robin, che si era appena rialzato e
gridò: « E’ tutta colpa tua, maledetto impiccione! »
Robin si
grattò il mento, un po’ dubbioso, ma pensò che fosse meglio non contraddirlo,
perciò rimase zitto.
Proseguirono
senza particolari ostacoli per parecchi piani. Ormai erano ad un livello molto
alto rispetto al mare, e Oliver cercava disperatamente di non pensarci.
All’improvviso però, ci fu un rombo e la terra cominciò a tremare. Robin urlò:
« Aiuto! Il terremoto! » E si acquattò sul pavimento di pietra con le mani
sulla testa. Dyna e Oliver riuscirono a stento a tenersi in piedi.
Finalmente
la scossa cessò. « Ho paura che qualcosa lassù ci abbia notato » disse Oliver
con gli occhi al cielo.
« Ah, mi
credi adesso, eh?! » esclamò Robin, rialzandosi con cautela.
Oliver lo
ignorò e si mise a ispezionare la parete di pietra nella speranza di trovare
una porta, ma tutti i varchi erano stati chiusi: l’unico modo per salire sopra
era scalare il muro. Erano presenti numerosi appigli, non doveva essere
complicato. Tuttavia si rivolse ai due ragazzi: « Bisogna cercare una corda
robusta, qualcosa che ci permetta di salire in cima. Qui intorno dovremmo
trovarne, se ci dividiamo. Voi dirigetevi da quella parte, io cercherò da
quest’altra. Ci vediamo fra poco. »
Dyna annuì e
fece come le era stato detto. Insieme a Robin si allontanò dalla torre. Oliver
finse di proseguire dietro l’angolo, ma rimase nascosto finché non furono
abbastanza lontani, dopodiché cominciò a scalare la ripida parete di pietra.
Riuscì a raggiungere la sommità in un tempo relativamente breve, ma una volta
in cima, non c’era niente ad attenderlo. Davanti ai suoi occhi avrebbe dovuto
innalzarsi la grande torre vedetta, invece non c’era, come aveva già notato da
quando era arrivato all’isola, ma non c’era nemmeno l’ombra di un nemico, umano
o di pietra. Ciononostante sentiva qualcosa di strano nell’aria, strano e
minaccioso… All’improvviso la terra si mosse di nuovo, ma stavolta la scossa fu
molto più incisiva. Oliver cadde sul pavimento, ma questo si sgretolò sotto di
lui. Le pietre si alzarono nell’aria, volteggiarono in cielo sopra i suoi occhi
spaventati e infine si disposero insieme. Attaccandosi formarono un muro di
dimensioni gigantesche, che piombò su quel che era rimasto del pavimento
sbattendo i grandi piedi. Sì, come Oliver osservò erano proprio dei piedi di
pietra che reggevano il colosso. Inoltre possedeva degli occhi enormi, con
piccole pupille celesti cerchiate di rosso, e una bocca larga con denti gialli
che ringhiava minacciosamente. All’improvviso il gigantesco muro si mosse e poi
si mise a correre a una velocità pazzesca, facendo tremare tutto. Oliver si
rialzò e si gettò su un lato appena in tempo per evitarlo. Il mostro frenò la
sua corsa,lo guardò e si preparò a
ridurlo in mille pezzi.
Intanto Dyna
e Robin non avevano trovato nulla che potesse servire in nessun modo a scalare
la parete di pietra, così cercavano di tornare da Oliver, interrotti dai
terremoti continui. Ad un certo punto, mentre erano entrambi a terra con le
mani sulla testa, a Dyna parve di udire una voce nel rombo della scossa, un
grido provenire da lontano. « Oliver? »
Si alzò, con
il dubbio crescente che la divorava. « Dov’è Oliver? » disse, affrettando il
passo. Robin la seguì preoccupato.
« Dyna, ma
che ti prende? »
« Oliver è
lassù! » esclamò la ragazza « Ci ha allontanati con una scusa per salire da
solo! Perché non l’ho capito subito!? »
Robin alzò
lo sguardo verso l’alto, e anche a lui sembrò di sentire una voce. « Che cosa
fai? » chiese, vedendo la ragazza che tentava di arrampicarsi.
« Devo
salire! Se ce l’ha fatta Oliver, ce la posso fare anch’io! »
Cominciò la
scalata, ma per quanto fosse agile, scivolava giù tutte le volte, provocandosi
numerosi graffi sulle braccia. Dopo essere caduta per la terza volta, batté il
pugno contro la roccia, disperata.
« Dyna, non
fare così » tentò di consolarla Robin « Non devi arrabbiarti con te stessa
perché non riesci a salire quassù. Oliver è un Guerriero, è stato addestrato a
questo genere di cose, quindi è naturale che lui ci sia riuscito. »
Ma Dyna non
gli prestava ascolto. Lo guardò con gli occhi spalancati, facendolo quasi
intimorire. « Il guscio! Certo, come ho fatto a non pensarci! »
Si sfilò lo
zaino dalle spalle e estrasse il guscio verde di tartaruga. Robin lo guardò con
un certo interesse. « Caspita, che roba è? »
« Non lo
toccare » disse Dyna « E’ molto prezioso. »
« E’
prezioso, dici? »
La ragazza
salì sul mezzo e si diresse dritta verso il muro di pietra. « Dyna, ma sei
impazzita?! »
Sfidando
tutte le leggi di gravità, il guscio seguì la parete verticale e Dyna non
staccò i piedi, ma non durò molto. Siccome la roccia non era né liscia né priva
di appigli, il guscio interruppe la sua corsa e Dyna ruzzolò sul pavimento.
Robin corse a soccorrerla. « Tu devi essere tutta suonata, ragazza, ma guarda
che giochi pericolosi che fai… »
« Come
faccio allora, maledizione? » imprecò Dyna.
« Non devi
fare niente. Oliver è salito da solo perché non vuole farci… Ehm... farti
correre rischi, perciò rimarremo qui. »
« Ma io devo
aiutarlo, non capisci? » esclamò la ragazza, al culmine dello sconforto. « Se
solo ci fosse un modo per arrivare lassù… »
In quel
momento si udì un fischio in lontananza. I due ragazzi si guardarono perplessi,
poi si diressero sull’orlo del precipizio da dove proveniva il suono. Erano
davvero in alto, potevano scorgere le onde del mare che si infrangevano sugli
scogli, ma non riuscivano a percepirne il fragore. Il fischio aumentava, eppure
non c’era molto vento. « Che cosa… » Ma Robin non finì la frase, perché una
folata gigantesca venuta dal basso li travolse come pezzi di carta,
sollevandoli in aria. Il grido di paura si perse nel vento, mentre i due
ragazzi volavano fin sopra il tetto. Atterrarono bruscamente sul terreno
polveroso, sotto gli occhi attoniti di Oliver, che aveva l’affanno per quanto
aveva corso e solo per poco non si scontrarono.
« Che
diavolo ci fate qui voi? » chiese con voce stridula.
Dyna si alzò
sulle ginocchia, poi si rese conto di quanto successo. « Ma allora ce l’abbiamo
fatta! Grande! »
Anche Robin
si era alzato. « Sì, per essere grande è grande. »
« Robin! Ma
non dicevi di non voler venire? » disse Dyna.
« Infatti mi
riferivo a quello. » Indicò con l’indice tremante un punto alle spalle di Dyna,
che si voltò prima di emettere un grido penetrante. Il mostro ringhiò ancora
più forte dopo aver visto altre due persone da uccidere e in un attimo prese a
correre verso di loro, prima piano, con tonfi pesanti, poi sempre più veloce,
sempre più veloce…
« Muovetevi!
» urlò Oliver. Strillando come pazzi, i tre riuscirono a spostarsi dalla
traiettoria del muro di pietra, che frenò bruscamente e si preparò a
schiacciarli di nuovo.
« No...
No... » si lamentava Robin « Perché mi trovo qui… Perché mi trovo qui… »
« Perché ti
abbiamo salvato la pelle » disse Oliver cercando disperatamente di farsi venire
un’idea.
« Ah, gran
bel modo di salvare una persona! Mi hai messo in pericolo di vita non so quante
volte da quando mi hai salvato! Aiuto, vi prego… Non voglio morire così
giovane… Prometto che farò il bravo, non dirò più parolacce, se esco da questa
storia non darò più fastidio a nessuno… »
« Perché non
cominci da ora? » sbraitò Oliver, afferrandolo e portandolo via in fretta.
Robin guardò il mostro di pietra con gli occhi sgranati e il volto sempre più
pallido. Era veramente spaventoso, enorme, non avevano alcuna speranza contro
di lui, loro che erano così piccoli. Poi Oliver si mise alle sue spalle, non si
stava scervellando su come uccidere il mostro, stava solo cercando un modo per
scendere tutti e tre senza essere visti, ma ora che c’erano anche i due
ragazzi, non sapeva proprio che pesci prendere. All’improvviso, nonostante il
terrore che si era impadronito di lui, Robin notò qualcosa.
« Ehi,
guardate la-la schiena. »
Il
gigantesco muro stava per girarsi, ma poterono lo stesso vedere le crepe che
aveva sul dorso. C’era un piccolo buco, circondato da fenditure. « Potremmo
attaccarlo lì… Forse è vulnerabile » pensò Oliver ad alta voce.
« Ma è
troppo alto, come ci arriviamo? » domandò Dyna, mentre il mostro li fissava
minaccioso. Si stava infuriando ancora di più perché non riusciva a colpirli.
Oliver
rifletté rapidamente, senza rendersi conto di tenere ancora Robin per il
braccio. « Va bene… State a sentire il mio piano. »
Il mostro si
caricò per bene e cominciò a correre, sbattendo i pesanti piedi di pietra,
sollevando la polvere al proprio passaggio, digrignando i denti e sbarrando gli
spaventosi occhi. « Che cosa?! Ma tu sei completamente pazzo, vuoi farci morire
tutti! » strepitò Robin, una volta ascoltato il piano di Oliver.
« E’ l’unico
modo che abbiamo, non c’è altra scelta. Dyna, sei pronta? »
Dyna annuì
coraggiosamente anche se era diventata bianca come un cencio. « Bene, perfetto
» borbottò Robin, con gli occhi al cielo « Spero solo che all’altro mondo si
mangi bene… »
Il mostro
era sempre più vicino, ma i ragazzi non si mossero da dove erano. « Mi
raccomando, Robin, fai quello che facciamo noi » disse Oliver, mantenendo la
voce ferma.
Robin alzò
le spalle, irritato. « Vuoi dire farsi ammazzare? Non sarà difficile. »
Il mostro
era ormai su di loro, incredibilmente sembrava essere diventato ancora più
grande, il rombo della sua corsa era assordante. Fece per lanciarsi su di loro
con tutta la sua tremenda mole, ma vincendo il panico, Oliver gridò: « Adesso!
» Prese le mani dei due amici e passò sotto le gambe del mostro, veloce come un
razzo. Nello stesso istante, per vedere i suoi nemici, il muro gigantesco incespicò
e cadde a faccia in giù. Il tonfo fu talmente potente che la terra tremò per
diversi minuti. Si alzò un polverone immenso che investì i tre ragazzi in pieno
e temettero di soffocare. Finalmente, quando tutto si fu calmato poterono
rialzarsi, ancora tutti interi. « Stai bene? » chiese Oliver a Dyna, mentre la
aiutava a rimettersi in piedi.
« Oh, non ti
preoccupare per me, me la cavo benissimo da solo » disse Robin, ironico, mentre
stremato più dalla paura che dalla fatica, si rialzava, malfermo sulle gambe.
Senza
perdere minuti preziosi, Oliver si diresse verso il mostro. Avrebbe potuto
rialzarsi da un momento all’altro, bisognava fare in fretta. Si arrampicò sul
corpo del mostro steso a terra e camminò sulla pietra fino al punto dove
c’erano le crepe. Un muggito lo avvertì che stava per risvegliarsi. Estrasse la
spada e si mise in posizione, con le braccia tese sopra la testa. Un attimo
dopo sferrò il colpo, con tutta la forza che aveva, o meglio tutta quella che
gli era rimasta, e ci fu un clangore rintronante. Oliver tremò per l’urto, poi
guardò la spada e con orrore si accorse che si era spezzata di netto. « Ah… La
mia… spa… » gemette, fissando la lama troncata. Il pezzo staccato giaceva sul
dorso del mostro.
« Oliver, ha
funzionato? » chiese Dyna.
Il ragazzo
non rispose, ma all’improvviso la terra tremò per l’ennesima volta. Il mostro
si stava rialzando. Oliver barcollò, poi scivolò fino a raggiungere gli altri.
« Ma che è successo?! » strillò Dyna, vedendo la spada rotta.
« Non ha
funzionato… »
Il mostro
era di nuovo in piedi, proprio accanto a loro, non ce l’avrebbero mai fatta a
fuggire. « Dyna » disse Oliver, ma non sapeva assolutamente cosa fare. Il muro
gigantesco ringhiò forte e stava per gettarsi su di loro, quando si fermò tutto
d’un tratto.
« Che
succede? » disse Dyna « Ma dov’è finito Robin? »
Il mostro si
voltò dall’altra parte e fu allora che lo videro: il ladro tendeva la sua
fionda e contemporaneamente i proiettili in un sacchetto tutto rattoppato. Li
salutò con la mano, trionfante, ma subito dopo urlò e scappò via, per sfuggire
alla spaventosa creatura. Di nuovo passò sotto di lui, e prima che il mostro si
girasse ancora, tese di nuovo la fionda e lo colpì esattamente nel buco pieno
di crepe. « Sì! »
Il muro
gigantesco oscillò, ma non cadde. « Robin, insisti! » Robin non se lo fece
ripetere due volte. Velocemente prese altri due proiettili e li lanciò insieme
con abile maestria. Di nuovo un centro perfetto. Stavolta il mostro cadde al
tappeto, sollevando di nuovo la polvere, ma gli altri erano già preparati.
Robin salì sul dorso del mostro come aveva fatto prima Oliver e raggiunse la
zona fracassata.
« Vediamo se
resisti anche a questo! » Estrasse un proiettile diverso. Era ugualmente
piccolo e di forma sferica, ma a differenza degli altri era completamente
rosso. « Allontanatevi! »
Oliver non
aveva idea di cosa stesse per fare, ma trascinò Dyna a distanza di sicurezza.
Robin tese la corda della fionda allo spasimo, concentratissimo, e poi la
lasciò andare.
Uno scoppio,
seguito immediatamente da un’esplosione di fumo nero, che coprì tutto in pochi
istanti. « Dobbiamo fare qualcosa! » esclamò Dyna, ma Oliver la trattenne. Non
si vedeva assolutamente niente e si rischiava di soffocare là in mezzo.
Come il fumo
sifu un po’ diradato i due ragazzi
corsero a vedere cosa era successo. Piccoli fuochi scoppiettavano ovunque e
pietre piccole come ciottoli erano sparse dappertutto. Il corpo del mostro
presentava molte parti mancanti e giaceva in terra, fumante. Poco più lontano,
Robin era steso a faccia in giù e non si muoveva. « Oh no! » esalò Dyna. Oliver
si inginocchiò accanto a lui e lo girò. Aveva il viso tutto nero e gli occhi
chiusi.
« Robin…
Robin! Su, su, ragazzino, sveglia… Forza… » lo incitava Oliver febbrilmente. Dyna
osservava la scena ansiosa, mentre il Guerriero gli scrollava leggermente la
testa. « Dai, Robin, non mi puoi fare questo, coraggio… Oh, ti prego… Se ti
svegli… Se ti svegli ti prometto che non andrai mai più in prigione, te lo
giuro! Farò di tutto per salvarti, ma tu devi svegliarti, Robin, per favore… »
« Prometti
che mi difenderai da eventuali condanne future? »
« Sì, sì, te
lo prometto, ma ti prego, sveglia… Cosa? »
Robin aprì
un occhio e fece un ghigno furbo. Poi si alzò in piedi, anche se faticosamente.
Si dovette tenere la spalla con una smorfia di dolore.
« Tu… tu
stai bene!? » esclamò Oliver.
« Sì, sto
bene… Ma non volevo perdermi la scena drammatica di poco fa. È stato troppo
divertente! »
« Razza di…
» Oliver si lanciò su Robin, che a sua volta si nascose dietro a Dyna.
« Ehi! Ehi!
Avevi promesso che mi avresti difeso! Non mi puoi picchiare adesso! » strepitò.
« Aspetta
che ti abbia fra le mani, piccola canaglia e ti faccio pentire di… » Ma Robin
non seppe mai di cosa doveva pentirsi perché il corpo del mostro proprio in
quell’istante si rialzò. I tre ragazzi impallidirono.
Capitolo 7 *** La Fortezza Inespugnabile - La gabbia nel cielo ***
« Ehi… Io ho
finito i proiettili esplosivi… » li avvertì Robin senza staccare gli occhi da
quello spettacolo terrificante. Proprio quando sembrava ormai finita, ecco che
il muro gigante si sollevò in aria e come per magia, si scompose in tante
pietre distinte. Dyna guardava la scena con il collo all’insù, i massi
vorticarono per qualche secondo nel cielo, poi si ricongiunsero e si misero una
attaccata all’altra, in un ordine preciso. Alla fine ritornarono a terra,
esattamente al centro dello spiazzo: la torre era tornata al suo posto. « Santa
pace » mormorò Robin senza fiato.
« Ma allora
era davvero la torre vedetta! » esclamò il cavaliere.
Robin annuì,
ancora estasiato, ma poi ritornò in sé. « Ah! Adesso credi al mio stupido
racconto? Eh? Eh? Eh? » Oliver non gli diede retta per evitare di dargli
ragione, ed esaminò la porta.
« Bene, è
aperta, adesso possiamo scendere! »
« Sì! Ottima
idea! Non vedo l’ora di andarmene da questo posto! » concordò il ladro.
« Dyna, tu
non vieni? » chiese Oliver. Dyna stava immobile, di spalle, a fissare un punto
nel cielo. Oliver gli si avvicinò. « Dyna, ti senti bene? »
La ragazza
indicò il punto. « Guarda laggiù, Oliver. »
Il Guerriero
fece come aveva detto, ma non vide altro che il cielo azzurro e sconfinato,
senza l’ombra di una nuvola. « Non c’è niente laggiù. »
Ma Dyna non
lo ascoltò. Aprì la porta e invece di scendere cominciò a salire la scala a
chiocciola. « No, non da quella parte! Dobbiamo andarcene da questo posto
infernale! » urlò Robin, e la seguì insieme a Oliver. Una volta in cima, per
poco il cavaliere non svenne. Non si era mai trovato più in alto, anche il
Piccolo Fiore probabilmente era meno elevato. Robin lo prese appena in tempo,
con una certa difficoltà, ma gli impedì di cadere. « Dyna, andiamo via, ho l’impressione
che il ragazzone qui non si senta molto a suo agio qua sopra! »
« Guarda,
Robin! » disse Dyna per tutta risposta. « Guarda laggiù! »
Robin si
avvicinò, anche se con una certa riluttanza, al basso parapetto di mattoni. Non
soffriva di vertigini, ma a quell’altezza si sarebbe spaventato chiunque.
All’inizio non vide niente, poi sgranò gli occhi, strabiliato. « Oh, santa
pace! Ma quella… E’ una gabbia sospesa nel cielo! »
« Devo
andarci » affermò Dyna.
« Sicuro, io
ti aspetto qui… Cosa? Cosacosacosa?! Ma sei impazzita all’improvviso!? » gridò
Robin. Oliver, che fino a quel momento era rimasto seduto per terra appoggiato
al muretto, lottando contro i conati di vomito, si voltò verso di loro.
« Dyna, che
diamine ti prende… Su, andiamo via… »
Ma Dyna non
fece caso a ciò che dissero i suoi amici e dopo essersi guardata intorno, notò
una lunga trave di legno addossata al muro vicino alla porta. La prese facendo
molta attenzione, perché era talmente alta che avrebbe facilmente potuto
sbilanciarsi. Robin nel frattempo aveva continuato a sbraitare senza sosta sul
fatto di andarsene alpiù presto. « Che
poi, dico io, ma i guai non vi bastano mai a voi due? Già ci siamo salvati per
miracolo, ci mettiamo anche a cimentarci nelle imprese impossibili. Senza contare
che… Ehi, ma dove hai preso quell’asse? Non c’era prima! »
Dyna arrivò
al parapetto e fece scivolare la trave nel tentativo di farla arrivare alla
gabbia in cielo. « Dyna, non ce la farai, è troppo corta, non ci arriva fin
laggiù » disse Robin, nel tono in cui si parla a un malato di mente. La ragazza
non gli diede peso e continuò nella sua opera con la massima attenzione.
Oliver
intanto era diventato verde e ansimò: « Fermala… Io non riesco a alzarmi… »
Robin gli si
avvicinò e bisbigliò con fare da sapientone: « Non ti preoccupare, tanto la
trave è troppo corta, non ce la farà mai. »
« Ce l’ho
fatta. Io vado » li avvertì Dyna. Oliver spalancò gli occhi, diventando ancora
più verde e tentò di alzarsi aggrappandosi al davanzale, ma così facendo guardò
giù e vomitò sul pavimento. Robin fece un verso di disgusto, poi si catapultò
sulla ragazza per impedirle di andare.
« Ma dico,
sei davvero impazzita? Vuoi camminare su quest’asse traballante a quest’altezza
per raggiungere una gabbia vuota? Ma a che scopo? »
« Non è
vuota! » Dyna si liberò della presa e si arrampicò sul parapetto. Poi cominciò
la sua traversata.
« Dyna… Per
l’amor del cielo, torna indietro! » ansimò Oliver, avvicinandosi carponi.
Afferrò Robin e lo trascinò a terra. « Perché non l’hai fermata, stupido! Se le
succede qualcosa darò la colpa a te, hai capito! »
Dyna
camminava lentamente, ritta sulla trave, con il batticuore. All’improvviso una
folata di vento più forte per poco non la fece cadere di sotto. Per un attimo
perse l’ equilibrio, ma si rialzò subito. Qualcosa la attirava in una maniera
incredibile, doveva raggiungere immediatamente la gabbia. « Do-dov’è? » chiese
Oliver, che non ce la faceva a guardare.
« E’ quasi
arrivata » rispose Robin, anche lui molto teso. Dyna infatti era quasi giunta
al termine del suo percorso, ma proprio quando sembrava fatta, la trave
cedette. Si spezzò a metà ed entrambe le parti precipitarono nel vuoto. «
Dynaaaaaaaaaaaa! Nooooo! »
« Che sta
succedendo? » disse Oliver, girandosi per guardare. « No… Dynaaaaa! »
Dyna era
riuscita ad aggrapparsi alla gabbia e adesso penzolava giù, poteva cadere da un
momento all’altro. Oliver si arrampicòsul davanzale, ignorando le vertigini. « Devo fare qualcosa! » Ma Robin
lo trattenne.
« Certo,
come volare fin lì e riportarla in salvo, vero? Non sapevo fossi un uccello,
Oliver, quando lo sei diventato?! »
« Non posso
lasciarla lì! »
« Non puoi
fare niente! »
Dyna si
sforzava di non guardare in basso, strizzò gli occhi. Era tutta sudata, la fine
era vicina, per quanto ancora avrebbe potuto resistere? Vi prego… Mamma… Papà… Aiutatemi…!
E
all’improvviso la vide: tra le sbarre della gabbia, una piccola statuetta di
pietra. Era leiche l’aveva chiamata,
aveva bisogno del suo aiuto, non poteva morire adesso!
« Guarda,
Oliver! » esclamò Robin, tirando l’amico per il mantello. Il Guerriero scese la
gamba dal parapetto e cominciò a gridare: « Vai, Dyna, ce la puoi fare! Io sono
lì con te!! »
« Sì!
Anch’io! » Ma Oliver lo guardò storto, perciò Robin si corresse: « Lui è lì con
te! »
Con una
forza che non sapeva neanche di avere, Dyna si tirò su e, pian piano, riuscì a
salire sulla gabbia. Non c’era un tetto, così vi entrò dentro. Era molto
piccola, tanto che ci stava a stento, seduta, con le gambe piegate ai due lati
della statuetta. Prese un profondo respiro e poi la toccò leggermente. Non
successe niente. Allora la prese in mano e una strana sensazione la attraversò.
Esattamente come quando aveva incontrato la Libellula Custode. Se avesse potuto
guardarsi in uno specchio, avrebbe potuto vedere che sulla guancia le brillava
una specie di macchia dorata, come l’impronta di un bacio: il bacio che le
aveva dato Misty. Spinta da uno strano impulso, anche lei si portò la statua
vicino alle labbra e la sfiorò dolcemente. Nello stesso istante si sprigionò
una luce immensa, un rosa lieve ma intenso e accecante. Anche Oliver e Robin lo
videro dalla torre. Quando la luce si affievolì, Dyna si ritrovò tra le mani la
piccola fatina. « Misty…? »
« No, io
sono Clover. Anch’io sono una Libellula Custode. » Dyna la osservò estasiata,
la differenza con l’altra libellula era solo il colore della pelle e degli
occhi, poi erano del tutto identiche, anche nella voce soave e melodiosa. « Tu
ci stai salvando? »
Dyna annuì
con la testa, incapace di proferire parola, allora la fatina continuò: « Sei
molto buona. Posso fare qualcosa per te? » La ragazza la fissò imbambolata, poi
parve risvegliarsi e balbettò: « Io… Non so come tornare dai miei amici. »
La Libellula
non perse tempo, si librò in aria e le toccò un dito con le sue mani minuscole.
Ma quel lieve contatto servì per sollevare anche Dyna, che prese il volo
insieme alla Libellula, lasciandosi dietro una scia di scintillante polvere
rosa. Oliver e Robin osservavano la scena a bocca aperta e non dissero una sola
parola neanche quando Dyna atterrò sana e salva sul pavimento di pietra accanto
a loro. « Tu sei l’eroina che ci sta liberando, vero? »
Dyna non
seppe cosa dire, ma a quanto pareva, la fatina conosceva già la risposta. «
Allora ti prego, dirigiti al Mare Occidentale. Lì troverai una delle nostre
sorelle, ti prego, salvala! »
La ragazza
era abbastanza confusa, ma dentro di sé sapeva che era la cosa giusta da fare.
« Sì. Lo farò. Te lo prometto. »
« Grazie,
Amica mia. E addio. » Detto questo la Libellula si allontanò nel cielo, diretta
verso chissà quale meta. I ragazzi rimasero a fissarla per un po’, poi Oliver
vomitò di nuovo e finalmente scesero per la scala a chiocciola, allontanandosi
da quel posto orribile e sperando di non tornarci mai più.
« Qui sì che
mi sento meglio! » esclamò Oliver, stiracchiandosi per bene. « E’ ora di
tornare a casa, ragazzi, forza! Voglio dormire per un mese! »
« Oliver,
no! » disse Dyna, allarmata « Hai dimenticato? Dobbiamo andare nel Mare
Occidentale! »
Il Guerriero
assunse un’espressione dubbiosa. « Dobbiamo? Noi? Se non sbaglio è la seconda
volta che fai promesse che non puoi mantenere, Dyna, dovresti pensarci meglio
prima di affermare certe cose. »
« Che vuoi
dire? »
« Che io non
c’entro » spiegò Oliver « Non ho nessuna intenzione di andare nel Mare
Occidentale, né tanto meno adesso. Devo tornare subito al castello, io sono un
cavaliere, ho degli obblighi. Senza contare che il re attende mie notizie, non
posso farlo aspettare. »
Dyna era
completamente sconcertata. « Stai insinuando che mi lascerai andare da sola?! »
« No, sto
dicendo che non ci andrà nessuno nel Mare Occidentale, sono stato chiaro?
Perché non abbiamo tempo e perché è un posto pericoloso! » la corresse Oliver,
sempre mantenendo una certa calma. Dyna invece si stava arrabbiando moltissimo.
« Sei solo
un idiota! E un grandissimo egoista! »
« Ah, bene,
io sarei un egoista!? »
Nel
frattempo, Robin stava valutando in pace qual era la cosa migliore da fare, non
prestando attenzione ai due amici che discutevano animatamente. Per lui andare
al castello non era certo una buona idea: lo conoscevano tutti e ci avrebbe
messo poco a tornare in prigione. Invece aveva sentito parlare molto del Mare
Occidentale, anche se non ci era mai stato. Suo padre gli aveva raccontato che
esisteva un magnifico tesoro lasciato dai pirati, ma nessuno era mai riuscito a
impossessarsene, pareva che morissero prima di vederlo. Ma Robin era un ladro e
quando si parlava di tesori non ragionava in modo lucido. Con un sorriso
soddisfatto si avvicinò ai due ragazzi che erano vicini a menarsi, così si mise
in mezzo a loro. « Calma, ragazzi miei, calma! Non c’è alcun motivo di agitarsi
tanto! Abbiamo la fortuna di essere in tre, perciò procederemo alla votazione.
»
« Che
votazione?! » chiese Oliver in modo non molto gentile.
Robin gli
fece un ghigno e rispose: « Semplice, chi di noi vuole andare al Mare
Occidentale alzi la mano. »
Dyna e Robin
sollevarono il braccio, guardando Oliver. « La maggioranza vince! » esclamò
Dyna.
Il Guerriero
boccheggiò per qualche secondo, poi riprese in mano la situazione. « La
maggioranza vince un corno! Qui sono io che prendo le decisioni, chiaro?! E io
dico che si torna al castello, all’istante! Avete capito!? »
« Un bravo
capo dovrebbe essere democratico » sentenziò Robin a mezza voce. Dyna teneva il
broncio, ma pareva rassegnata all’idea di seguire Oliver, mentre il ladro non
ne voleva sapere. Il cavaliere intanto si stava dirigendo alla barca. « Ehi,
Oliver… Oliver! » disse Robin seguendolo. « Secondo te il re sarà contento
quando tornerai? »
« Che vuoi
dire? » domandò Oliver, senza fermarsi.
« Niente,
solo che Dyna prima mi ha raccontato che la principessa è stata rapita. E
scommetto che il re non sarà poi così entusiasta visto che non l’hai ritrovata,
nonostante tutto il lavoro che hai fatto qui, no? »
Conoscendo
il re, anche Oliver era della stessa opinione. Finché non gli avrebbe riportato
sua figlia non sarebbe mai stato contento. « Dove vuoi arrivare, Robin? »
« Beh, da
nessuna parte, vorrei solo farti notare che la proposta della fanciulla non è
così sballata » disse Robin con fare persuasivo. « Io so che nel Mare
Occidentale c’è un fantastico tesoro. Pensa se lo riportassi al re… »
« Non
cambierebbe niente. E poi io so solo che in quel mare c’è una creatura
mostruosa che si ciba di carne umana, perciò non mi sembra il caso di andarci »
concluse Oliver, ma questo sembrò dare a Robin l’idea risolutiva.
« E che ti
dice che non sia stata lei a rapire la principessa? »
Oliver si
fermò con una gamba a mezz’aria. Robin poco più dietro si grattava la testa con
fare indifferente, guardandosi le scarpe. « Tu… tu credi veramente che… »
balbettò Oliver.
« E’ solo
una supposizione. Non conosco poi tutti i mostri che esistono al mondo, ma da
queste parti ce ne sono pochi, perciò… Vedi tu » detto questo Robin si
incamminò per la costa, poi aggiunse: « E comunque non credo che farà grande
differenza se torniamo ora o fra qualche giorno: il re si arrabbierà lo stesso,
quindi… »
Il Guerriero
non rispose. Forse Robin poteva avere ragione, forse il mostro del Mare
Occidentale aveva davvero a che fare con il rapimento di Semi. Si immaginò
ritornare dal re con la principessa tra le braccia e un fantastico tesoro. Il
re lo ringraziava e lo nominava Capo dei Guerrieri di Shidal e la principessa…
lo guardava con quei suoi splendidi occhi azzurri… Gli sorrideva… Quel suo
sorriso dolce e luminoso... E poi, finalmente…
«
Oliveeeeer! »
Oliver
sobbalzò e si rese conto che stava quasi per baciare il tronco di un albero. «
Che… Che succede? » Si mise a correre in direzione dell’urlo, ma a metà strada
si scontrò con Robin, che sembrava terrorizzato. « Che è successo, Robin, parla!
»
Ma il
ragazzo era sconvolto e parlava a gesti. Anche Dyna accorse. « Oh, credo di
aver capito » disse dopo qualche minuto, tranquillamente. Fece cenno ai due
ragazzi di seguirla lungo il litorale. Oliver dovette trascinare il povero
Robin, che non ne voleva sapere di tornare lì, infatti quando arrivarono, si
mise di nuovo a gridare come un pazzo, cercando di scappare, ma Oliver lo
tratteneva senza difficoltà. « Ah. Non devi preoccuparti, Robert. E’ solo
Gunner. »
Questo non
servì a tranquillizzarlo più di tanto e solo dopo che Dyna gli ebbe mostrato
che era innocuo, colpendo il re con un remo sulla testa, allora parve calmarsi.
« Me la paghevete un giovno, stupidi
umani!! »
Robin, per
sfogarsi, cominciò a colpirlo ripetutamente, mentre Oliver si avvicinò a Dyna.
« Mi dispiace per quello che è successo prima. Insomma, non volevo fare il
rompiscatole, è solo che… »
« Oliver, io
devo salvare le Libellule. Non lo so perché, ma lo devo fare, lo sento. Ma
capisco che tu non puoi accompagnarmi, tu devi pensare alla principessa. Perciò
andrò da sola. Se Robin vuole accompagnarmi andremo… »
« Che cosa?
» la interruppe Oliver « Pensi che io ti lasci andare da sola con quel
birbante? No, non se ne parla nemmeno, verrò io con te. »
« Qualcuno
mi ha chiamato? » chiese Robin distraendosi un attimo dalla sua attività.
Dyna però
non lo sentì, era troppo felice. « Dici sul serio? »
« Certo che
dico sul serio, figurati se vi lascio da soli! » disse Oliver deciso. « Forza,
non perdiamo più tempo. Facciamo scorta di cibo e poi partiamo subito. »
« Allora
dove andiamo, capo? » domandò Robin.
« E’ ovvio,
no? Rotta per il Mare Occidentale, naturalmente » disse Oliver con un gran
sorriso.
L’entusiasmo che aveva pervaso i nostri eroi al
momento della partenza era durato ben poco. In breve erano sorti dei problemi
perché “qualcuno” aveva dimenticato di legare Gunner.
« Ma dico, si può essere più beoti di te? No, io non
credo proprio, non ho mai visto un essere tanto cretino e inutile! Ma perché
sei qui con noi? Eh? Perché? Ma stavolta non la passi liscia, stavolta vedrai…
»
Robin corse rapidamente fuori dalla portata di Oliver
e si arrampicò sull’albero maestro con l’agilità di una scimmia. « Scendi,
piccolo disgraziato, che ti do una bella lezione! » ringhiò Oliver, livido in
volto. Dyna teneva ancora in mano la corda. L’avevano usata per qualche minuto
sulla barca alla partenza, mentre Gunner era tenuto sotto la stretta
sorveglianza di Robin, ma poi il ladro aveva dimenticato di legarlo di nuovo e
aveva riportato la corda sull’imbarcazione, nel caso servisse. « Dai, Oliver,
calmati. Tanto Gunner non può fare comunque niente nelle sue condizioni » lo
blandì la ragazza.
« Oh, certo che no, ma non è questo il punto! » gridò
Oliver esasperato e prese a scalare l’albero maestro. Robin a quel punto si
allarmò ancora di più.
« No! Oliver, soffri di vertigini, non puoi venire fin
quassù! No, Oliver, no! »
Ma il cavaliere arrabbiato com’era aveva dimenticato
anche le sue vertigini, e lo raggiunse in poco tempo. Tutti e due stavano
aggrappati al palo e Oliver tentava di afferrarlo per le orecchie, la parte più
facile da prendere. Alla fine Robin si arrese e accettò di scendere a terra e
subire la sua punizione. E se sperava di impietosire Oliver si sbagliò di
grosso, perché come ebbe rimesso piede a terra, gli arrivò un pesante
scapaccione fra capo e collo che lo fece cedere a faccia in giù.Oliver parve soddisfatto, Dyna andò ad
accertarsi che fosse ancora vivo.
Il viaggio proseguì con simili episodi che impedivano
ai nostri amici di annoiarsi. Dal canto suo, Robin se le andava a cercare.
Durante il terzo giorno di navigazione, approfittando del fatto che Oliver
fosse al timone, andò a corteggiare Dyna nella stiva. Ma il cavaliere apparve
sulla porta più minaccioso che mai e finì che Robin si ritrovò con una guancia
bella rossa e tutta gonfia. « Oliver, perché sei sempre così cattivo con me? »
piagnucolò il ladro.
« Se tu facessi il bravo bambino, io sarei più gentile
con te » rispose Oliver con un finto sorriso.
Robin fece una smorfia. « Bella riconoscenza, dopo che
ti ho salvato la vita… »
« Smettila di rinfacciare questa cosa! » sbraitò
Oliver rimettendosi al timone « Un eroe non dovrebbe vantarsi delle sue
imprese! »
« Ma io non sono un eroe » disse Robin « Tu lo sei. »
Oliver fece una faccia disgustata per il livello di
ruffianeria che aveva raggiunto il ladro, ma dopo un po’ disse: « E comunque
avresti potuto tirarli fuori prima, quei proiettili esplosivi! »
« Che vuoi farci, l’eroe si fa sempre attendere prima
di sferrare l’attacco decisivo, fa più scena! »
« Già, però potevi muoverti prima che la mia spada si
spezzasse! » esclamò Oliver « Adesso non abbiamo neanche un’ar... »
Seguì un momento di silenzio, Robin si accorse che
Oliver lo guardava con gli occhi sbarrati. « Che… che c’è? »
« Non abbiamo un’arma » ripeté Oliver « Non abbiamo
un’arma, mi dici tu come diamine facciamo a difenderci dal mostro del Mare
Occidentale?! »
Robin sfiorò la sua fionda emettendo uno strano verso.
« Questo sì che è un bel problema… Ma ti inventerai qualcosa, in fondo sei un
Guerriero! Un grande Guerriero! »
« Robert, se non la smetti all’istante di adularmi
potrei anche decidere di rimandarti in prigione. »
« Non puoi, hai promesso » gli ricordò il ladro.
« Mi vuoi mettere alla prova? »
« Ragazzi, ci siamo! » disse la voce di Dyna dall’alto
della vedetta. I due si sporsero sul bordo della nave e mirarono la costa
grigia e arida poco lontana da loro. Quello che era conosciuto come Lingua di
Terra, altro non era che un lembo inospitale e naturalmente disabitato. Era
quasi interamente formato da montagne, alte e brulle, come quelle del deserto,
sebbene fosse circondata interamente dal mare. « Evviva, siamo arrivati! »
esclamò Dyna una volta scesa dall’albero, saltellando per la barca.
« Ma che avrà da essere tanto felice, questo posto fa
letteralmente schifo! » commentò Robin e Oliver annuì mestamente. Attraccarono
la nave e scesero subito ad esplorare la zona, ma da esplorare c’era ben poco.
« Va bene, mi dite dove dovrebbe essere questo tesoro
dei pirati? Io non vedo un accidente qui intorno, a parte sabbia e pietre » disse Oliver, guardandosi intorno.
« Ehi, io ho sempre saputo che al mare faceva caldo.
Qui invece sembra di essere sui ghiacci! » brontolò Robin, ignorandolo.
« Beh, se è un tesoro dei pirati, allora deve stare
sul veliero » suggerì Dyna, anche se non sembrava particolarmente interessata.
Del veliero però neanche l’ombra. Oliver sbuffò,
cominciando a rimpiangere di essere venuto in quel posto sperduto. Dyna invece esplorava
con la massima attenzione ogni angolo della costa, nella speranza di trovare un
segno della Libellula Custode. Robin, come al solito, dava fastidio a tutti. «
Mamma mia, che freddo… Dyna, vediamo se il tuo mantello basta per due… »
« Robert! » urlò Oliver.
« Va bene, allora mi dai il tuo, prode cavaliere? »
disse Robin, attaccandosi al braccio dell’amico e strofinando la testa contro
la sua spalla. Oliver fece il gesto di mollargli un pugno, e lui si ritrasse
subito, coprendosi il capo con le mani.
« Maledizione, non vedo l’ombra di niente qui! »
strepitò Oliver.
Nonostante la situazione non proprio bella e il
malumore del Guerriero, Robin non riusciva assolutamente a restare serio: «
Come non vedi niente, mio audace combattente? Ci sono chilometri di sabbia,
massi e pietre, un’immensa distesa d’acqua salata davanti a noi! Oh, mio
spericolato Guerriero, vieni a salvarmi dal mio destino, sono una povera
fanciulla indifesa! » Dicendo queste sciocchezze, Robin svolazzava sotto il
naso di Oliver, girandogli intorno di continuo, finché ad un certo punto Oliver
prese la pazienza e gli urlò in faccia, facendolo tremare di paura. « Dai,
Oliver, rilassati! » esclamò il ladro, riavutasi dallo spavento « Guarda Dyna
com’è felice di essere qua, chissà cosa spera di trovare… Ma tu hai capito che
cosa sono quelle fatine luminose? Io no, non le ho mai viste prima. Ma saranno
brave persone secondo te? »
« Robert, perché non vai a farti un giro lì, dove c’è
quella pietra a forma di lapide? Può darsi che se sei fortunato trovi già
pronta la fossa per te! » disse Oliver.
Robin mugolò annoiato e si diresse proprio nel punto
indicatogli. Era davvero una pietra a forma di lapide, forse ci avevano
seppellito qualcuno in quel posto. Si inginocchiò per vedere se ci fosse qualche
scritta e il cuore gli balzò in petto quando si accorse che c’era sul serio
un’iscrizione. Era incisa nella pietra e sembrava molto antica.
Se il tesoro vuoi trovare
Negli abissi ti dovrai tuffare
Ma bada bene: è custodito,
se lo vuoi dovrai essere ardito
e il guardiano dovrai incontrare
prima di poter nel veliero entrare.
Robin non credeva ai propri occhi, era esattamente ciò
che stavano cercando! Corse da Oliver tutto entusiasta. « Oliver! Oliver! L’ho
trovato! L’ho trovato! Ah! Adesso non puoi più dire che sono inutile! »
« Cosa? Cosa hai trovato? » chiese Oliver accigliato.
« Il tesoro! »
« Hai trovato il tesoro? » esclamò Oliver « E dov’è? »
« In fondo al mare! » spiegò Robin con semplicità.
« In fondo al mare? » ripeté Oliver.
« Sì, i pirati hanno lasciato un messaggio che dice
che è in fondo al mare! Dai, vieni a vedere! »
Così Oliver andò a verificare di persona. Dopo aver
letto la dicitura il suo umore cambiò radicalmente. « Ma certo, è così ovvio!
Il veliero dei pirati deve essersi per forza inabissato, è naturale! Sei un
piccolo genietto, Robin! » disse, scompigliandogli i capelli. Il ladro sorrise
pieno d’orgoglio.
« Ora non ci resta che tuffarci » disse Oliver « Però
vorrei che Dyna non venisse, insomma, il mare è pericoloso, e poi c’è questo
guardiano, chissà chi è… Perciò diremo che qualcuno dovrà restare sopra per…
per cosa? »
« Per fare la guardia » suggerì Robin.
« Sì, per fare la guardia! Mi piace come ragioni, Robin!
» approvò Oliver, al colmo della felicità per aver scoperto di non aver fatto
un viaggio inutile. Chiamò Dyna a gran voce, dato che la ragazza si era
allontanata parecchio, ma era rimasta bene in vista ben sapendo che altrimenti
Oliver avrebbe avuto una crisi di panico, temendo chissà quali tragedie. « Dyna!
Noi ci dobbiamo tuffare, abbiamo scoperto che il tesoro si trova in fondo al
mare, ma forse… Dei del cielo, adesso la senti… Tu dovresti… »
« Ti dispiace se resto qui, Oliver? Vorrei cercare la
Libellula se non hai niente in contrario! » urlò la ragazza di rimando.
Oliver e Robin si scambiarono uno sguardo sorpreso, ma
compiaciuto. « D’accordo, se insisti va bene, ci arrangeremo! »
« Se vuoi che venga con te, vengo! La cercheròdopo! »
« No, no! » si affrettò a dire Oliver « Fai con
comodo! Solo, non ti cacciare nei guai! »
Oliver e Robin fecero il giro della costa scegliendo
quale fosse il punto migliore per buttarsi. « Sei tranquillo a lasciarla da
sola? » domandò Robin, incuriosito. Era raro che Oliver lasciasse Dyna priva di
protezione.
« Ma sì, figurati, qui non c’è nemmeno l’ombra di una
formica, non c’è alcun pericolo » rispose Oliver spavaldo, ma un attimo dopo
c’era una nota preoccupata nella sua voce: « E comunque… Questa sarà solo la
prima immersione, diamo un’occhiata e se è troppo pericoloso torniamo a
prenderla e ce ne andiamo. »
Robin annuì. Raggiunsero una piccola altura. Oliver si
tolse il mantello e gli stivali, Robin le scarpe e il gilè. « Quanto resisti
sotto? » si informò Oliver.
« Non ne ho idea. Tu? »
« Te lo farò sapere. Andiamo! »
E così i due ragazzi su tuffarono nelle acque
stranamente calde del Mare Occidentale, proprio nel momento in cui Dyna
precipitava in una fossa nel terreno di almeno tre metri, con un urlo tremendo.
Oliver e Robin risalirono subito in superficie. Il
Guerriero sembrava turbato. « Hai sentito qualcosa? »
« Sì » rispose Robin « Ho sentito che l’acqua è calda,
a dispetto del gelo che fa qui. »
« No, io dicevo… Lascia perdere. Forza, cominciamo
l’esplorazione. » Così dicendo Oliver si immerse, seguito a ruota da Robin.
Il mare non era poi eccessivamente profondo e c’erano
un’infinità di strane creature, soprattutto delle conchiglie giganti. Anzi, a
guardarle bene sembravano proprio delle ostriche. Naturalmente Robin non
resistette alla tentazione di guardare se dentro ci fossero delle perle e si
avvicinò. Oliver scosse la testa severo, ma Robin faceva segno alla conchiglia
con entusiasmo, così tese la mano per toccarla. Questa si aprì quasi
all’istante e nelle pupille di Robin si riflesse la luce bianca e abbagliante
della perla gigante all’interno, poggiata su un trono di alghe rosa. Il ladro
non attese oltre e allungò la mano avida per prenderla, ma nello stesso istante
il guscio dell’ostrica si richiuse di scatto e fu veramente fortunato a
sottrarsi, altrimenti si sarebbe ritrovato con un bel moncherino. Oliver lo
aveva raggiunto, gli fece uno sguardo da “te l’avevo detto” e continuarono
l’immersione. Ormai erano sotto da diversi minuti, Robin tornò in superficie
prima di soffocare, Oliver lo seguì poco dopo.
« Bel colpo, capo! Sembrava che tu avessi le branchie!
» esclamò Robin. Con i capelli bagnati le orecchie a sventola erano ancora più
visibili.
« Ho visto qualcosa » disse Oliver « Laggiù è più
profondo, credo che ci siamo. »
Nuotarono per un po’e poi si immersero nuovamente. Oliver aveva ragione, l’acqua si faceva
sempre più profonda. Robin lanciò un’occhiataccia a un’ostrica particolarmente
invitante e proseguì verso il fondo, dietro al Guerriero. Proprio quando stava
pensando di risalire, Oliver gli fece cenno di guardare qualcosa. Davanti ai
loro occhi, nella semioscurità degli abissi, si stagliava il relitto di quello
che era stato sicuramente l’antico veliero dei pirati. Sembrava più che altro
lo spettro di una nave, scura, con i resti delle vele che ondeggiavano e un
aspetto sinistro. Robin puntò l’indice verso l’alto, per far capire a Oliver
che aveva bisogno di aria prima di andare a scrutare all’interno della nave,
così i due stavano per risalire, quando qualcosa vibrò nell’acqua alle loro
spalle. Si voltarono di scatto, ma non videro niente, a parte i pesci che
sguazzavano tranquilli. Fecero di nuovo per risalire, ma di nuovo sentirono
qualcosa alle loro spalle. L’acqua si agitò di nuovo, era come se qualcosa di
molto grosso la stesse attraversando molto velocemente. Oliver cominciavaa temere che il fantomatico guardiano gli
stesse tendendo una bella trappola. Robin invece era molto più preoccupato per
i suoi polmoni, che di lì a poco si sarebbero completamente riempiti d’acqua
salata. Guardò Oliver impaziente e questi gli fece cenno di proseguire, anche
lui non avrebbe resistito ancora per molto. Ma come cominciarono a risalire, un’ombra
si pose davanti a loro. Robin per lo spavento aprì la bocca per cacciare un
urlo, ma inghiottì solo un bel po’ d’acqua. Anche Oliver era rimasto
paralizzato dal terrore, non aveva mai visto un’ anguilla grossa come quella
prima di allora. Era di colore viola cupo, con la testa a forma di un brutto
triangolo, gli occhietti neri e lucidi. Spalancò la bocca, simile in tutto e
per tutto a quella di un serpente, con i denti piccoli e aguzzi e la lingua
viscida, lunga e sottile. Robin e Oliver arretrarono, rendendosi conto che
avrebbero invece dovuto andare avanti, per non annegare, ma il mostro sbarrava
loro la strada. Come se gli avesse letto nel pensiero, l’anguilla scattò nella
loro direzione con le fauci dilatate. I due ragazzi nuotarono con la forza
della disperazione più veloce che potevano, ma non avrebbero mai potuto
vincere. Non avevano nessuna arma, e anche se l’avessero avuta, sarebbero
affogati prima di fare qualunque cosa. In quel momento però il pericolo più
imminente rimaneva il mostro, perciò Oliver e Robin si intrufolarono in un buco
nella nave affondata, troppo stretto per l’orrenda creatura. C’era un buio
pesto lì dentro, Oliver agitò lentamente le braccia per cercare Robin, ma non
toccò nulla. Sentiva che le forze lo stavano abbandonando, l’acqua entrava
dentro di lui, non riusciva più a respirare. Chiuse gli occhi pensando
unicamente alla piccola Dyna, a come avrebbe fatto senza di lui…