Cuore da partigiana

di ChimicalLove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La fuga ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Aprì gli occhi verdognoli piano. Non si ricordava dov'era. Che cosa aveva fatto per essere rinchiusa in quella stanza buia, senza pavimentazione. 
Si alza. Le doleva tutto il corpo. Ogni singolo muscolo doleva se si muoveva.
Si guarda meglio attorno. La poca luce che c'era era data da una piccola finestra con le sbarre.
Riprova ad alzarsi, e questa volta ci riesce. Si avvicina alla finestra, guardando fuori. La poca luce che filtrava da essa,  Risveglia lei e i suoi ricordi.
Si ricordava ora perchè era lì. Si ricordava di essere stata catturata perchè era una partigiana.
Una delle tante donne che combattevano. Sospira, guardando la porta, chiusa.
Sapeva che ormai aveva poche ore di vita. Magari aveva ancora qualche giorno. 
Sente dei passi e delle voci che parlavano velocemente in tedesco. 
La porta si apre, e un uomo, con la divisa nazista, alto e biondo la guarda. Gli lascia una pagnotta e una bicchiere d'acqua. 
Solo allora si accorge di avere fame. La pancia emetteva degli strani brontolii, che si andavano a sommare ai suoi pensieri.
La pagnotta rotola a terra, tra la polvere. 
La prende e l'addenta. Sembrava una selvaggia. I capelli sporchi, luridi Sembravano confermare quell'idea.
Sente il tedesco avvicinarsi e vede anche la punta degli stivali lucidi sotto di se. 
Con voce cupa e con un accento strano. Infondo aprlava perchè voleva qualcosa*
 
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Le prese il viso tra le mani, alzandolo
 
<< Me dispiace che tu domani essere morta>>
 
Non era mai riuscita a stare zitta a osservare qualcuno che si prendeva gioco di lei. 
Così parlò, con la sua voce alta e limpida
 
<< Brutto tedesco! Vai a fare le moine ad un tuo superiore!>>
 
Sputò a terra, anche se sapeva che non era buona cosa per una donna. Ma che le importava, tanto tra poco sarebbe morta. Stupidi tedeschi. Avevano rovinato la sua vita.
Lo schiaffo del tedesco arrivò dritto e preciso sulla sua guancia destra.
 
<< Hure /Puttana/ ! >>
 
Il dolore della manata sul viso viene quasi nascosto dalla ferita all'orgoglio. Quel tedesco avrebbe avuto quello che meritava all'inferno. Anche se sapeva fin troppo bene che quello che stavano vivendo ora era un inferno per tutti, tranne forse per quegli uomini con gli occhi azzuri che seguivano ideali stupidi, di superiorità.
Lo guarda sbattere la porta. Sembrava abbastanza arrabbiato, ma che le importava. Finalmente poteva sfogare tutta la sua rabbia in quelle poche ore di vita che le rimanevano. 
Strinse la pagnotta tra le mani, poggiandosi al muro.
La morse. Sapeva proprio di muffa, ma aveva fame, e anche un pezzo di pane rinsecchito e ammuffito le bastava. 
Finì velocemente il pane, per poi prendere un sasso, cominciando a scrivere sul muro. Ogni lettera era una faticcacia, ma alla fine riesce a scrivere Maria Evelina Bianchi  17 Gennaio 1994 sul muro.
Voleva che il suo nome fosse ricordato, e magari, delle persone che sarebbero entrate lì tra anni, avrebbero visto il suo nome con sotto quella data e avrebbero ricordato gli orrori di quella guerra, ricordando le storie dei nonni, se fossero stati liberi, o magari pensando alla propria orribile vita, se ancora erano prigionieri di quella pazzia
 
 
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Rieccomi con una nuova storia. 
Quello che leggete è solo il prologo, ma spero che continuerete a seguirla in tanti.
Il prossimo capitolo sarà molto più lungo, almeno spero.
Non mi dispiacerebbe vedere anche qualche vostro commento, se non vi dispiace.
 
Baci e biscotti al cioccolato

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Capitolo 2
*** La fuga ***


Evelina era sempre stata una ragazza carina. Occhi verdi, capelli neri raccolti spesso con un traccia. Un sorriso sempre disegnato sul viso e le guance piane.
Le curve erano al posto giusto, morbide, ma che si notavano poco sotto i vestiti tipici dell'epoca.
I genitori erano sicure di trovarle un buon partito, essendo anche di una famiglia benestante, erano sicuri di non aver problemi.
Ma la ragazza aveva una pecca. Era, per così dire una rossa, una cumunista. E quegli erano gli anni dei fascisti. Molti, per dire così, neri avevano chiesto la sua mano, ma lei sprezzante gli aveva rifiutati.
E poi era successa una cosa sconvolgente per il suo mondo. Mussolini era salito al potere.
Non vedeva la cosa di buon occhio.
I primi anni vedeva sparire i suoi amici, per poi sapere che erano stati uccisi, o che si erano convertiti alle giacche nere.
Si stava sconvolgendo il suo mondo. Tutto stava andando a rotoli. Niente era più giusto. Tutto era sbagliato!
Ma lei continuava a non sposarsi, a rimanere sola.
Poi, un giorno erano state applicate anche in Italia le leggi di norimberga. Aveva visto altri amici suoi, essere discriminati. Non poteva più parlare con loro, non poteva più camminare con loro, ridere e scherzare. Non ne capiva il motivo.
Poi la deportazione. Aveva cominciato a nascondere i suoi amici ebrei, andando contro le leggi imposte. Era diventata piano piano una partigiana, una ribelle. 
La resistenza era nata anche in Italia, mentre quel matto di Mussolini uccideva migliaia di soldati ai fronti.
Era una carneficina. Molto spesso si ritrovava sola nella propria camera, a piangere lacrime amare per tutto quello che stava succedendo. 
Anche la sua famiglia era caduta in disgrazia, e come cibo avevano, molto spesso, solo una minestra annacquata con un poco di pane secco.
Non sapeva cosa pensava Mussolini delle condizioni del popolo, sapeva solo che andava via via peggiorando, di giorno in giorno, anche se ormai quei giorni scorrevano uno dietro l'altro. Sembravano non finire mai.
Ma un giorno a casa sua arrivò una lettera. Era per il fratello maggiore di lei, Antonio. L'avevano chiamato al fronte, e per lei era impossibile che stesse succedendo qualcosa di simile. Era impossibile.
 
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La notte in cui arrivò la lettera ad Antonio, lei era sveglia. Il suo cuscino bagnato di lacrime. Aveva paura per il fratello.
Strinse il cuscino, continuando a bagnarlo con le lacrime.
Ad un tratto sentì qualcuno che le si avvicinava. Si alzò seduta sul letto, guardando il buio
 
<< Sei sveglia Evelina?>>
 
Era la voce di Antonio
 
<< Si, che cosa c'è? >>
 
Sentì il fratello avvicinarsi, e si ritrovò stretta tra le braccia di lui. Non capiva il motivo, ma ricambiò l'abbraccio. Era triste quello che stava succedendo
 
<< Io sto per scappare. Mi unirò alla resistenza, ai partigiani>>
 
A sentire quelle parole, la ragazza spalancò gli occhi, e con voce decisa, che non ammetteva repliche
 
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<< No>>
<>
 
Si era già alzata, e si stava cambiando. Le bastavano poche cose, ma c'era da dire che di vestiti ne erano rimasti pochi. Con la borsa, si avvicinò al fratello.
Sapeva benissimo anche lui che era eglio farla venire con lui, vedendo che comunque l'avrebbe seguito. Almeno così non avrebbe rischiato la vita.
 
<< Allora andiamo >>
 
I due fratelli, scesero le scale, uscendo per le strade solitamente rumorose di Roma, ma che adesso erano così silenziose. 
Cominciarono a camminare, stretti l'uno all'altra, come due fidanzati.
Le strade erano così deserte, ma quando stavano per uscire dalla città, sentirono dei passi avvicinarsi. Il fratello le prese il volto, unendo le sue labbra a quelle di lei.
Sentì le guancie andarle a fuoco, ma non si staccò. Non voleva che succedesse qualcosa al fratello.
Quando i passi si allontanarono, lui si staccò.
 
<< Scusa>>
<< Lo so che era per il mio bene>>
 
E così ripresero a camminare, uscendo dalla città, camminando sotto il cielo stellato.
Solo la mattina, arrivarono al punto in cui un amico del fratello aveva detto che c'erano dei partigiani. E infatti fu così. 
Ora, i due fatelli Bianchi erano due partigiani.

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