Situazioni.

di shellnosoul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Certe notti. ***
Capitolo 2: *** Tutto da capire. ***
Capitolo 3: *** Tranquillità momentanea. ***
Capitolo 4: *** Chiarimenti. ***
Capitolo 5: *** Un caffè e qualche cd. ***



Capitolo 1
*** Certe notti. ***


Un dato di fatto : Nessuno è in grado di giudicare una persona, se non quella persona stessa.
Perchè solo quel qualcuno conosce le sue esperienze e le sue emozioni, solo lui può dare motivazioni sensate alle sue scelte, anche quando non lo sono. In ogni caso, è un dato di fatto anche che non avrà mai il coraggio e la sincerità di giudicarsi. Passiamo tutti la nostra vita a giudicare qualcuno che non possiamo permetterci di giudicare e ad evitare di criticare la vera persona che possiamo criticare: noi. 
 
 

Credo che sia molto probabile che capirete, quando descrivo la sensazione che si prova quando si è costretti ad ascoltare una canzone che non è affatto di nostro gradimento. Chi ama la musica lo sa, essere costretti a sentire qualcosa che non ti entra dentro è piuttosto irritante. Proprio per questo odiava le discoteche, il chiasso di quei luoghi per lei era quasi paragonabile a quello del suono che può produrre qualcuno che prende due padelle e inizia a sbatterle l'una contro l'altra, senza alcuna ragione.
Non sempre però, raramente capitava che si divertisse : la musica era decente e, in fondo, era con le sue amiche. Insomma, si tratta delle solite eccezioni che confermano le regole.
Potremmo dire che, nel momento in cui inzia questa piccola storia, non stava vivendo una di quelle piacevoli eccezioni.  Tutti sanno che per un buon amico saremmo disposti a sacrificarci; nonostante lui non lo sia per noi e ne siamo anche consapevoli. Le debolezze dei soliti sciocchi che non vogliono vedere la realtà e continuano spudoratamente a mentire a sè stessi. La sua cara amica l'aveva trascinata in 
quella discoteca solo perchè aveva voglia di andare a ballare e, probabilmente, di rimorchiare qualche ragazzo. Sicuramente non lo aveva fatto per divertirsi insieme a lei, preso in considerazione il fatto che da circa mezz'ora ormai stava gentilmente usando come palo un tipo alto e biondo. Ad esser sinceri il ballo intorno a lui era  forse uno dei migliori che Melissa le avesse mai visto fare, aveva davvero superato sè stessa nel tentativo di essere sempre più sfacciata. Pensandoci sorrise  amaramente : odiava vedere l'amica farsi usare, ma visto sotto quel particolare punto di vista era quasi divertente che questa facesse invece di tutto per farlo. Dopo aver osservato per un po' la scenetta con le braccia incrociate pensò di uscire, una boccata d'aria non le avrebbe fatto male e di certo non aveva nulla di meglio da fare. La musica diventava sempre più assordante, un frastuono che niente avrebbe potuto eguagliare. Non arrivò nemmeno all'uscita della discoteca, che si sentì prendere il polso; si voltò di scatto.
"Che vuoi?", gridò Melissa con aria abbastanza scocciata. Non voleva sembrare acida, ma il fatto che la sua amica si fosse ricordata di lei solo in quel momento  avrebbe giustificato qualsiasi sua reazione.
"Dove stai andando?", rispose Emilia scuotendo la testa senza capire la reazione della ragazza.
"Sto uscendo, ciao.", si voltò e avviò verso l'uscita.
Non appena fuori fece un profondo respiro, contenta di essere finalmente fuori da quello che per lei era un passatempo non affatto piacevole.
"Mi abbandoni così?"
Sentì la voce gridare alla sue spalle, così si girò.
"Non c'è bisogno che urli, qui non c'è musica."
"Devi spiegarmi che hai, non puoi andartene e lasciarmi da sola.", rispose la bionda continuando a scuotere la testa.
"Ah, da sola", Melissa sorrise lievemente per poi aggiungere : "Vuoi dire da sola come mi hai lasciata tu per ballare con uno che neanche conosci?"
"Te la sei presa per quello? Dai, siamo qui... Si balla per questo! Vieni!", si avvicinò per prenderle la mano e provare a trascinarla dentro.
"No, non sto parlando di quello e lo sai. Sto parlando di tutte le volte che vuoi venire qui e io come una stupida non ti dico mai di no! Sto parlando di tutte le volte che ti fai usare e non mi prendi in considerazione..."
"Basta. Dobbiamo parlarne proprio adesso?", la bloccò Emilia abbassando lo sguardo dopo aver notato che un gruppo di ragazze e ragazzi le stavano osservando. Melissa la guardò in un modo strano, più che altro si poteva dire che era delusa. Un bambino che scopre che Babbo Natale non esiste? 
Definizione che rende perfettamente l'idea di quale fosse la sua espressione in quel preciso istante.
"Il tuo problema è che ti importa troppo di quello che gli altri pensano di te, è per questo che...", si bloccò per un attimo e abbassò anche lei lo sguardo per decidere se era il caso di dire davvero ciò che pensava.
Alla fine continuò : "è per questo che ti sei sistemata così bene oggi, per fare colpo su qualcuno che dopo stasera non ti darà la minima considerazione. Come sempre. Per fare in modo che l'attenzione ricada su di te. Perchè sei così insicura che basta che un niente ti sfiori, per distruggerti. E io, per quanto bene possa volerti, sono stanca che tu mi metta da parte in queste situazioni perchè non vuoi accettare la verità."
"Basta, fermati.", disse l'altra con gli occhi lucidi e con il viso ancora abbassato. "Ti conosco, so quello che vuoi dire ancora e io non voglio sentirti."
Melissa annuì. "Fantastico, non vuoi sentire la verità."
Emilia rialzò lo sguardo e lo puntò dritto nel suo.
"Con quale coraggio pretendi di sapere la verità?"
L'amica scrollò le spalle. "Non pretendo di sapere una grande verità, ognuno ha la sua verità. Pensavo che la mia ti interessasse in quanto tua amica, ma a quanto pare non è così."
"No, non è così. Vai pure, io torno dentro."
Dette questa parole rientrò in fretta e la lasciò lì fuori da sola.
Melissa la osservò, si sentì gli occhi pizzicare e per giunta cadde senza alcun motivo mentre cercava di fare un semplice passo. Era così impacciata, in più in quel momento era piuttosto scossa. Molto scossa; era come se dentro di sè sentisse il rumore di un'onda che si scontra violentemente con uno scoglio.
Questo la influenzava anche se probabilmente, pur essendo tranquilla, sarebbe caduta lo stesso.
Straordinario come, per quanto una persona possa sembrare così perfetta, è tutto il contrario. In quella sera era piuttosto bella, sistemata alla perfezione si potrebbe dire, ma la natura di una persona non ha molto a che vedere con l'aspetto. Anzi, spesso quando vedi una persona e ti sembra raffinata, elegante, educata...Puoi star certo che sarà anche rozza.
Si rialzò subito e si appoggiò al muro, per poi scivolarci lentamente la schiena e finire seduta per terra.
Non poteva vedersi, ma sicuramente aveva gli occhi lucidi.
Quelle parole erano uscite dalla sua bocca senza che lei volesse, ma non se ne pentiva. Molto probabilmente se non fosse così successo, si sarebbe pentita di non averle dette.
Si mise le mani sulla testa e poi si portò dietro i capelli, non sapeva davvero cosa fare. Iniziò a fissare il vuoto, un punto non ben definito, scuotendo la testa.
Ormai erano entrati tutti a ballare, erano rimasti in pochi lì fuori, quando vide una figura avanzare velocemente verso la discoteca. "Lo so che sono in ritardo, ho avuto da fare, scusami!", era una voce maschile. Una bella voce maschile. 
Le opzioni erano due : o si trattava di qualche pazzo che si intratteneva discutendo da solo (in tal caso poteva iniziare a preoccuparsi), oppure di qualcuno che  stava semplicemente parlando al cellulare. 
Capì che si trattava della seconda opzione, ma non ebbe nè la voglia nè la curiosità sufficiente per alzare lo sguardo ed osservare di chi si trattasse. Fu però, a suo malgrado, costretta a farlo, quando vide che la figura si fermò e si sentì osservata. Alzò lo sguardo, che incrociò quello dell 'altra persona. Era un ragazzo, sui 24 anni forse, occhi scuri e capelli neri. Alto, magro, vestito bene : il classico, insomma.
Iniziò a fissarla senza muoversi per qualche secondo.
 
"Normalmente è maleducazione fissare le persone", il silenzio fu interrotto da lei, che cercava inutilmente di accenare un lievo sorriso.
Lui sussultò e rimase a bocca mezza aperta.
"Sì.. Scusa, è che... Tutto bene?"
"Sì, grazie.", rispose lei tornando a guardare per terra.
Lui annuì e fece per entrare nel locale, ma tornò subito indietro in modo goffo, di fronte a lei.
"Una ragazza che piange, seduta per terra, di fronte ad una discoteca... Non stai bene."
"Che intuito.", rispose lei sorridendo.
"Sì, sono proprio un genio.", disse lui, quasi come se stesse parlando da solo.
Lei lo guardò con aria interrogativa. Si alzò e cercò di pulirsi il vestito dalla polvere.
"Bene, genio... Grazie per esserti interessato, ora puoi andare."
Lui non si mosse e la cosa la stranì.
"Ti ho sentito parlare al telefono, involontariamente... Credo che ti stiano aspettando.", continuò lei in maniera non proprio gentile.
"Sì, stanno aspettando che io entri... Ma se devo dire la verità non ne ho voglia."
"Non pensi che sia un po' egoista da parte tua? Potresti almeno avvisare."
"No, non è da egoista. Non mi hanno nemmeno chiesto se volevo venire, mi hanno praticamente obbligato."
Lei sorrise senza accorgersene e sciovolando nuovamente la schiena sul muro si sedette per terra.
"Mi è capitata la stessa cosa, non è finita bene.", lo disse con aria spenta, continuando a fissare il vuoto.
"Ecco perchè piangevi.", rispose lui. Continuava a guardarla, sembrava così concentrato su di lei che sicuramente si sarebbe seduto al suo fianco e le avrebbe chiesto di più se non fossero stati interrotti.
Lo sguardo di lei era così profondo, strano. Furono interrotti da una ragazza alta, magra, con i capelli neri. Indossava un vestinino rosso cortissimo e dei tacchi decisamente esagerati. Non era bellissima, ma era carina. Si avventò su lui e lo prese per mano, ignorando completamente la presenza di Melissa. 
"Ah, eccoti! Finalmente, andiamo.", detto questo lo trascinò via e lui fece come se niente fosse.
La seguì senza salutare la persona con cui stava precedentemente avendo una conversazione.
La ragazza li vide entrare poi sospirò. Era stato il solo momento gradevole della serata, terminato con un evidente segno di maleducazione.
"Che strano", pensò, "Fa nulla, poco importa.", si alzò e si avviò verso la macchina. Emilia avrebbe sicuramente trovato qualche altro modo per tornare a casa. Magari un passaggio dal "tipo biondo sexy"
 
Erano circa le 3, quando tornò a casa. 
Si chiedeva quando e soprattutto se, sarebbe tornata Emilia. Vivevano insieme da quasi 2 anni ormai, avevano la stessa età ed entrambe avevano deciso di studiare nella stessa università; così, quando avevano circa 18 anni, ecco la brillante idea : "Andiamo a vivere insieme, così non dobbiamo dividere
la casa con sconosciuti." Fu una proposta sua, erano così contente e sembrava perfetto. Mai se ne era pentita come in quel momento. Forse non esattamente pentita, in fondo erano davvero felici quattro anni prima, ma più che altro desiderò di non vederla tornare, almeno stavolta. Non era sempre stata così ai suoi occhi, ma è risaputo che la concezione che abbiamo delle cose cambia con il passare del tempo.  "Forse non è stata lei a cambiare, sono stata io.", pensò Melissa posando la borsetta e le chiave sul tavolino accanto alla porta, andando di corsa a buttarsi sul letto. Affondò la testa sul cuscino, era stanca. Respirò profondamente e chiuse gli occhi, quando sentì il suo cellulare squillare.  Suonò più volte, lei pensò che per nessuno al mondo si sarebbe mai alzata da quel letto. Come al solito, era una contraddizione vivente. Si proponeva fermamente qualcosa, ma poi faceva spesso il contrario. Si alzò, prese la borsetta e cercò il cellulare. Lo prese in mano e lesse : "Due chiamate senza risposta. Un nuovo messaggio."
Una chiamata era di Melissa, delle 2.59; l'altra chiamata di suo padre delle 3.17.
Anche il messaggio, era di suo padre. La stranì il fatto che fosse stato mandato alle 3.23 del mattino, anche se, conoscendolo bene, non era poi così strano.
 
Papà :
"Lo so che te l'ho scritto tante volte, ma davvero ho bisogno di vederti adesso... Non ce la faccio, spero che tu non stia dormendo."
 
"Fantastico, adesso ha anche imparato a mandare messaggi.", mormorò sarcasticamente. Forse potrà sembrare crudele come cosa, ma questo suo pensierio non avrebbe potuto mai eguagliare il male che quell'uomo poteva averle fatto.  Continuò a rifletterci nella sua mente, chiedendosi cosa poteva aver combinato quella volta, quanto davvero fosse pentito e se era il caso di andare da lui. Dopo qualche secondo, instintivamente prese le chiavi della macchina, decisa a precipirtarsi in strada e correre da lui. Non appena mise la mano sulla maniglia della porta si fermò, si irrigidì e sentì i suoi occhi come congelarsi. Sua madre, l'immagine di sua madre le aveva trappasato gli occhi e paralizzata. "No, non questa volta.", pensò. Stavolta non sarebbe andata di nuovo da lui, da lui che aveva distrutto le loro vite perchè non riusciva a  sentirsi completamente appaggato dalla sua. Prese una decisione : quella volta non sarebbe andata da lui e la mattina seguente avrebbe chiamato la madre.
 
Riuscì per poco a sentirsi leggermente sollevata da un peso che le stava spezzando la schiena. Ma ci sono notti in cui il sollievo che troviamo dopo aver risolto il problema, viene spazzato via dal proporsi di altre complicazioni.  Sentì quella stupida canzoncina e vide il display del suo cellulare lampeggiare; voleva ignorarlo, lo voleva davvero, ma non ci riuscì. Il nome sullo schermo era quello di Emilia. Sospirò, e rispose.
"Sì?", si limitò a dire.
"Mel, ti prego. Vienimi a prendere, scusami, ti prego".
Melissa si bloccò, la voce di Emilia era tremante, come se stesse piangendo.
"Arrivo subito."
Adesso sì che prese le chiavi, e uscì in fretta dall'appartamento per raggiungere l'amica. Per fortuna nessun ricordo, senso di colpa o altro la bloccò dal farlo. Dopo 5 minuti arrivò di fronte alla discoteca e trovò l'amica con gli occhi lucidi, appoggiata allo stesso muro sul quale poche ore fa si trovava lei.
Si precipitò di corsa da lei.
"Cosa è successo?"
"Io.. Quel ragazzo...Ha cercato di...", indicò lo stesso tizio con cui aveva ballato quella sera mentre stava quasi per piangere. 
Non ci volle molto per capire cosa era successo e un'ondata di rabbia prese possesso di Melissa che si precipitò dritta verso di lui. Era intento a discutere con un altro ragazzo, alto circa quanto lui e con i capelli neri, voltato di spalle.  Si mise davanti al biondo, ignorando completamente l'altro.
"Cosa hai fatto alla mia amica?", lo disse cercando di rimanere calma.
"Nulla purtroppo, sembrava che ci stava quindi ci ho provato ma non ci stava. Fa niente, non era neanche un granchè.", disse mettendosi a ridere istrericamente.
Inutile dire che questo contribuì ad ingradire la sua rabbia, nonostante dal tono della voce si capisse che il ragazzo fosse completamente ubriaco. Non riuscendo a trattenersi, un ceffone partì dalla ragazza verso di lui. Il rumore fu abbastanza forte.  Anche il viso del ragazzo si incupì e sembro quasi che stesse per rispondere quando qualcuno non si mise in mezzo a loro.
"Ehi, ehi, calma." Era lo stesso ragazzo che aveva incontrato prima di andarsene.
La guardò negli occhi e aggiunse : "Non vedi che è ubriaco?", detto questo la prese per un braccio e cercò di allontarla da lui.
"Non mi interessa se è ubriaco! Come posso calmarmi vedendo questo?", indicò Emilia, ancora appoggiata su quel maledetto muro.
Lui scosse la testa. "Lo so, mi dispiace, ma non è solo colpa di Simone! Lui è un bravo ragazzo, solo che è ubriaco e la tua amica lo provocava."
"Ah, sei suo amico? Mi sembra logico che lo difendi."
"Come tu difendi lei.", disse lui. Iniziavano entrambi ad arrabbiarsi, ma i loro occhi rimanevano incollati.
"Non si può giustificare qualsiasi cosa abbia fatto!"
"No infatti, ha sbagliato. Ma ha sbagliato anche la tua adorata amica, forse non eri presente, ma ha un tantino esagerato! Mi sembra normale che un ragazzo ubriaco vedendosela disponibile provi a fare certe cose!"
"Ah, adesso una ragazza non può neanche ballare che questo viene prese come un invito."
"Per un ragazzo ubriaco come lo era lui, sì. Lei poteva anche controllarsi, non eri presente per poterlo giudicare in questo modo!"
Lei sospirò e chiuse gli occhi per un secondo, era stanca, troppo.
"Capisco che sei arrabbiata, ma non si può fare nulla. Il mio amico se ne pentirà domani mattina, così come lei capirà. In fondo tu non puoi fare nulla a lui, non è successo nulla che non si possa riparare."
"Ma è successo qualcosa che lei non potrà dimenticare, mentre lui non ricorderà nulla domani!"
Lui scosse la testa. "Non lo conosci, fidati, se ne ricorderà. Adesso calmati per favore, si vede che sei stanca e sicuramente io non voglio peggiorare la situazione."
Lei accennò un sorriso ironico e indicò Emilia. "Nemmeno tu conosci lei e non sai quello che sta passando. La mia amica è lì che piange, sconvolta, come posso calmarmi?"
Lui rimase immobile, lei si girò e torno dall'altra; solo in quel momento i loro occhi si staccarono. Quelli di lui però seguirono la sua figura allontanarsi per poi entrare in macchina.
 
 
Pensò che durante il tragitto un pò di musica avrebbe allentato la tensione tra lei e l'amica, così accese la radio.
"Don't worry, be happy", le prime parole che si sentirono e che la infastidirono anche.
Spense velocemente la radio, pentendosi di aver pensato che accenderla fosse una buona idea.
Qualcuno doveva proprio avercela con lei, quella notte.








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Posterò ogni settimana, se qualcuno mi seguirà. Fatemi sapere che ne pensate, Sinceri mi raccomando :D


Capitolo revisionato il 22/09/11, la storia continua :)

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Capitolo 2
*** Tutto da capire. ***


"Non si deve restare attaccati a una persona , fosse pure la più amata : ogni persona è una prigione e pure un nascondiglio." - Nietzesche.
 
 
Subito dopo essersi svegliato uscì in balcone, per osservare il mare. Era calmo, incredibilmente calmo. Nessuno gli avrebbe impedito di scendere giù e andare a fare un bagno; quando, come cosa scontata e previdibile, qualcuno suonò alla porta. Erano circa le 9 del mattino. Andò ad aprire e, senza soprendersi poi tanto, trovò Simone, che entrò velocemente per poi andare a buttarsi sul divano. Tiziano gli sorrise.
"Grazie per questo onore, cosa ti porta nella mia umile dimora?"
"Io questa non la chiamerei umile dimora", disse sottilineando l'aggettivo. "Comunque niente, mi sento uno schifo. So che sono passati due giorni, ma mi sento in colpa, troppo."
L'amico annuì e si andò a sedere accanto a lui. 
"Per la ragazza della discoteca, non è vero?"
Simone abbassò lo sguardo, "Sì, proprio per quello. Ero ubriaco, per lei deve essere stato terribile."
"Ma, anche lei ha le sue colpe..."
"Era solo una ragazza che voleva divertirsi in discoteca, anche se ha esagerato. E io, avevo davvero bevuto troppo."
Tiziano capiva perfettamente l'amico, ma, del resto, non c'era niente che potesse fare ormai e non doveva davvero sentirsi in colpa per tutta la vita, così glielo disse cercando di consolarlo. Sembrò che l'altro capisse alla perfezione, ma poi si alzò si improvvisamente.
 
"La trovo e le chiedo scusa.", disse serio.
"Come la trovi?", rispose Tiziano con gli occhi sgranati.
Come risposta ebbe solo un'aria interrogativa e una scrollata di spalle.  
"Grande idea.", rispose ironicamente.
"Ma mi aiuterai, non è vero?"
"Certo.", ribattè prontamente. "Ma non stasera, il compleanno della mia cara cuginetta mi aspetta."
"Ah già... Mia.", il suo sguardo si perse nel vuoto.
"Non ha mai deciso di festeggiare nulla, doveva avere questo capriccio proprio oggi", disse Tiziano quasi ridendo. Dopo un secondo, guardando l'amico, si ricordò della sua situazione e si pentì di averne parlato. "Scusa, non volevo."
"Fa nulla.", disse Simone abbozzandò un sorriso.
Si maledì mentalmente per aver parlato di sua cugina, probabilmente anche l'amico sarebbe stato invitato a quel compleanno se un anno prima non fosse successo quel che era successo. Lui e Mia sembravano davvero così innamorati, ma improvvisamente la ragazza lo lasciò e partì : una vacanza per schiarirsi le idee, disse lei. Da allora non si erano più visti.
 
 
Erano ormai passati due giorni e non avevano ancora parlato. La mattina dopo quanto successo in discoteca si erano alzate, salutate con un misero "Buongiorno" ed entrambe erano tornate alle loro vite. Emilia era andata sia a pranzare che a cenare dai genitori. Melissa si chiedeva se avrebbe fatto lo stesso anche quel giorno; si era alzata e precipitata in bagno per fare una doccia, quando uscì si accorse che l'amica non era ancora sveglia. Pensò che era il caso di chiarire, di parlarle, di svegliarla e aiutarla a superare quello che sicuramente era stato un momento spiacevole. Si sentiva così sicura della sua scelta, quando suonò il telefono della ragazza, era sua madre. Emilia aveva bisogno di riposare, così decise di rispondere lei. Disse alla signora, che per lei era quasi stata come un secondo punto di riferimento fin da bambina, che la ragazza stava dormendo e, dopo i solito convenevoli e le domande sulla salute, famiglia e studio, una frase la colpì : "Allora Meli, quando si sveglia, puoi dire a mia figlia che se vuole davvero tornare da noi, va bene."
Era come se non riuscisse a sentire nulla dopo quello, la salutò e posò il telefono. Sentì un tonfo al cuore, non pensava che la sua migliore amica sarebbe stata capace di fare una cosa del genere, di tradirla così senza dire nulla. Ma quella frase l'aveva sentita perfettamente e non poteva cambiarla, sentì la voglia di piangere, ma non lo fece. Lei non era debole, non avrebbe pianto per questo e, quel giorno, sarebbe stata lei quella ad ignorare l'altra. Si vestì velocemente e uscì di casa, ma non sapeva dove andare. I suoi genitori non erano come quelli di Emilia.
Si ricordò della sua amica Mia, quel giorno compieva gli anni, 21 per la precisione. L'avrebbe vista alla festa quella sera, ma forse avrebbe potuto passare anche prima per farle gli auguri. La chiamò al cellulare e si misero d 'accordo per vedersi al bar 15 minuti dopo.
Mia era sempre simpatica e dolce con lei, le voleva bene e si vedeva. Melissa si chiedeva sempre cosa la spingesse sempre ad attaccarsi ad Emilia e non a lei, che sicuramente se lo sarebbe meritato di più. L'unica differenza è che loro due si conoscevano da più tempo di quanto lei conoscesse Mia, si erano affezionate fin da piccole e adesso non riusciva più ad odiarla o mettere fine alla loro amicizia.
La ragazza fu puntualissima, si salutarono con un lungo abbraccio che terminò con gli auguri. Parlarono un po' delle ultime novità e poi Mia si congedò dicendo di dover pranzare dai genitori. Una volta da sola Melissa sospirò e guardò il cellulare: due chiamate senza risposta. Probabilmente era così concentrata a parlare con l'amica che non aveva notato il cellulare squillare. Entrambe erano di suo padre : prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo, ma non era il caso adesso. Non sapendo dove andare comprò un panino e passò il pomeriggio sulla spiagga ad ascoltare un pò di musica. Fortunamente non c'era molta gente.
Erano circa le 6 quando ricordò che la festa era alle 7e30, perciò era il caso di preparsi.
Tornata a casa sperò vivamente che Emilia non ci fosse e così fu. Lo aveva sperato per tutto il tragitto verso l'appartamento, eppure non si sentiva soddisfatta  e come una stupida iniziò a chiedersi dove potesse essere, se si fosse davvero trasferita dai genitori. Preferì non pensarci, così iniziò a preparsi. Solitamente non impiegava troppo tempo per sistemarsi, ma non aveva nulla di meglio da fare. 
Sistemò capelli, trucco e si vestì alla perfezione, curando i minimi dettagli.
 
 
Come al solito, arrivò nel locale con un ritardo di 20 minuti : la puntualità non era mai stata il punto forte di quel ragazzo. Era una pizzeria piuttosto piccola, non ci volle molto per individuare il lungo tavolo dove si trovava la cugina. Appena vista, tra tutta quella gente, le andò incontrò e sfoggiò il suo sorriso migliore per farsi perdonare.
Mia lo guardò con aria di rimprovero, ma poi si lasciò abbracciare.
"Auguri cuginetta", sussurò.
"Grazie, mi aspettavo saresti arrivato in ritardo. Vieni che ti presento degli amici.", rispose lei sciogliendo l'abbraccio. Lui la bloccò.
"No, non serve. Non mi va di stringere mani adesso, vivrò anche senza conoscerli." 
Sorridere alla gente era una delle ultime cose a cui pensava, era preoccupato per il suo amico e pensava solo a cosa avrebbe potuto escogitare per aiutarlo. Andò per sedersi, quando tra gli amici di Mia notò un volto familiare. Tornò indietro e si avvicino lentamente alla ragazza.
"Ci avrei ripensato, mi presenti quella lì? Come si chiama?", le disse piano facendo un cenno con la testa. La cugina si stupì sentendo la domanda, ma la cosa che più la lasciò perplessa era il fatto che la ragazza che voleva presentata fosse proprio la sua amica Melissa. Un po' titubante annuì e lo trascinò davanti a lei.
 
 
Adorava Mia, era davvero una grande amica, erano gli amici di lei quelli a darle problemi. Tutti ricchi, proprio come Mia, solo che la differenza tra lei e loro stava nel fatto che la ragazza non faceva caso al fatto di essere nata in una famiglia benestante, e soprattutto non poneva chi non era nelle sue stesse condizioni ad un piano inferiore. La compagnia a quella festa non era il massimo, ma per fare piacere alla ragazza stavo cercando di parlare un po' con tutti. Al momento era un ragazzo quello che le sedeva a fianco, si chiamava Paolo. Alto, moro, anche bello, ma sembrava decisamente superficiale. Aveva come l'impressione che lui si fosse messo a parlare con lei con altri scopi oltre quello di fare amicizia ed effettivamente era così : parlava con un tono di voce strano e continuava a fissarla con uno sguardo da maniaco.
 
"Allora, tu sei, come dire... impegnata?", domandò da un momento all'altro.
Melissa si trovò senza qualcosa da dire, molto raro considerando il fatto che era una tipa che parlava molto, troppo.
"Melissa!". Riconobbe subito la voce e adorò ancora di più l'amica per averla salvata dalla situazione. La sua gioia svanì solo quando, voltandosi, si accorse che dietro la ragazza c'era qualcuno, ma non qualcuno in generale : si trattava dello stesso ragazzo di due sere prima, davanti a quella maledetta discoteca.
"Tu e Paolo vi state divertendo?"
"Da morire.", rispose lei ironicamente, alzandosi ed allontandosi da lui.
Mia sorrise, poi guardò accanto a sè.
"Permettimi di presentarti Tiziano, è mio cugino."
"Piacere", disse lui prontamente porgendole la mano e guardandola negli occhi.
Lei lo fissò per un secondo, sembrava quasi che  volesse prenderla in giro guardandola in quel modo e sorridendo con aria di sfida.
"Piacere mio.", rispose alla fine stringendogliela.
Li interruppe subito Mia, "Bene sono arrivate le pizze, ci conviene prendere posto."
I due si allontarono, fortunatamente per Melissa erano seduti in posti decisamente lontani. Durante la serata non parlarono più, si scambiarono solo qualche occhiata.
La infastidiva davvero tanto il fatto di averlo incontrato nuovamente, le ricordava Emilia. Era lì perchè voleva scappare da lei, dalla persona a cui aveva confidato tutto per anni e da cui adesso era separata per via di un muro. Sembrava un muro indistruttibile; forse le cose non sarebbero più tornate come prima.  Era immersa nei suoi pensieri quando si sentì battere un colpo sulla spalla, si voltò di scatto e i suoi occhi incrociarono quelli del cugino di Mia.
"Ti va di andare a fumare una sigaretta fuori?"
"Ma è uno scherzo?", rispose lei sgranando gli occhi.
"Lo so che abbiamo iniziato male, l'altra sera, però voglio rimediare."
"Con una sigaretta? Non fumo, grazie.", disse rigirandosi notando Paolo intento ad avvicinarsi verso di lei.
A quel punto fermò Tiziano, disse di aver cambiato idea ed uscì insieme a lui.
Lì fuori il silenzio tra di loro era davvero stressante, nessuno dei due sapeva cosa dire, così rimasero senza parlare fin quando lui non si avvicinò.
"Scusami per quella sera, volevo solo difendere il mio amico."
Lei lo fissò, poi accennò un sorriso."Fa nulla, non mi importa più."
"Davvero?", disse lui inarcando il sopracciglio destro. "Sembrava ti importasse invece, comunque ti capisco, come io volevo difendere lui tu volevi difendere la tua amica e diciamo che abbiamo sbagliato entrambi.", sorrise.
Lei abbassò lo sguardo e scosse la testa. Era stata lei a sbagliare, a difenderla così tante volte senza mai capire che non sarebbe stata ripagata. A dire il vero non voleva essere ripagata, lo aveva sempre fatto con la massima sincerità, ma desiderava semplicemente non essere ferita, cosa che invece Emilia aveva fatto quella mattina stessa.
"Tutto bene?", fu la voce di lui ad interrompere i suoi pensieri.
"Sì, scusami. Non ci sono con la testa.", sorrise e lo guardò negli occhi. A suo malgrado, dovette ammettere a se stessa che era un bel ragazzo. I loro occhi sembravano non volersi staccare e così continuarano a parlare.
"Oh ti capisco, neanche io non ci sono mai con la testa. Mi piace stare con altre persone, altri organi."
Era una battuta strana, squallida, ma le venne da ridere. Lui stesse si rese conto di quanto fosse stupida la cosa che aveva appena detto e rise con lei.
Sembrava che tutta l'antipatia provata in precendenza si fosse trasformata in complicità. Dopo qualche battutina sulla serata, sugli ospiti e qualche anedotto divertente si erano già simpatici a vicenda. Dopo circa 15 minuti, Tiziano si ricordò di Simone, del suo senso di colpa e del suo desiderio di chiedere scusa a quella ragazza.
"So che avevamo chiuso l'argomento ma, il ragazzo dell'altra sera, Simone, vorrebbe chiedere scusa alla tua amica, credi sia possibile?"
Lei si bloccò per un secondo e poi rispose : " Non credo che sia ancora una mia amica, quindi io... non posso aiutarti"
Lui si stranì, ma pur sapendo che se ne sarebbe pentito non potè a far a meno di chiederle di più : "Come no? Sembravi disposta a tutto per difenderla, è impossibile."
"A quanto pare non tutti la pensano come te"; Melissa accennò un sorriso e fece spalluce.
Furono interrotti dal suono del cellulare di lei, che rispose immediatamente. "Sì, ok, arrivo, non preoccuparti, ok, ciao.", le uniche cose che disse.
Si scusò rapidamente, lui la osservò andare via, dire qualcosa a Mia per poi uscire di corsa dal locale. 
Restò immobile per qualche secondo: quella ragazza aveva proprio qualcosa di strano.
 
"Ho visto che eri con Melissa, è una brava ragazza, ne ha passate e ne sta passando tante, cerca di non intrometterti nella sua vita, ti prego.", queste furono le parole confuse di Mia poco prima della fine della festa; lui non potè fare a meno di annuire senza sapere cosa dire.
 
Come al solito si trovava a trascurarsi per andare da qualcuno che la stava chiamando, che chiedeva aiuto. Chiedevano tutti aiuto a lei, eppure sopportava. Sopportava che la sua migliore amica la piantasse spesso in asso ma che avesse sempre bisogno di aiuto; sopportava che suo padre le avesse mentito e avesse rovinato la sua vita, ma che continuasse a chiamarla per dirle invano quanto fosse pentito; sopportava che sua madre avesse bisogno di lei, ma che non la ascoltasse mai davvero. In un momento capì di stare sbagliando, non avrebbe più sopportato oltre e avrebbe iniziato da quella notte, mentre stava andando a trovare la donna che l'aveva messa al mondo. Aveva capito che tutte le persone a cui si era legata non aveva fatto altro che imprigionarla nei loro problemi; aveva capito che usava quelle poche persone che non l'avevano ancora incastrata come via di fuga per scappare dagli altri; in un solo momento, aveva capito molte cose.
"Pensa che genio che sono.", disse ironicamente a se stessa. 
 


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@TheDreamerMagic : Grazie :D Fino ad adesso sei stata la sola a seguirmi, ma non mi abbatto, anzi xD Comunque sì, gli errori sono di battitura perchè si sono recentemente rotti alcuni tasti, quindi cerco di fare quello che posso con apostrofi e accenti con i copia e incolla, molto stressante direi^^ 

Un grazie anche per chi ha letto ma non ha recensito e magari ha trovato la storia decente^^
Questo era il secondo capitolo, fatemi sapere che ne pensate :)

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Capitolo 3
*** Tranquillità momentanea. ***


 
Le persone interessanti sono sempre il frutto di situazioni complicate. - A.De Carlo
 
 
Le giornate in quella città iniziavano presto, spesso capitava che le persone venissero accidentalmente svegliate dal suono di tutti quei clacson della gente che andava di fretta a lavoro o dall'agitazione generale per l'inizio di un nuovo dì. Quella mattina, incredibilmente, per lui quella giornata iniziò ancora prima del solito; non riuscì a dormire la notte, tormentato dai suoi pensieri, e si alzò circa verso le 7 del mattino. Come sua abitudine, uscì in balcone per prendere aria. Le giornate diventavano sempre più calde ma nonostante questo nelle prime ore del giorno era possibile sentire sempre un piacevole soffio di vento. Fece un respiro profondo e guardò il mare; stavolta era piuttosto mosso. In un certo senso rappresentava anche il suo stato d'animo, si sentiva turbato per quello  che era accaduto la sera precedente, per le parole di Mia, ma al tempo stesso sorrideva pensando ai minuti passati con quella ragazza, Melissa. "Non ho mai conosciuto qualcuno che si chiamasse Melissa", pensò sempre con il sorriso sul volto. Cercò di ricordare i nomi di chiunque, ma qualcuno che si chiamasse Melissa proprio non c'era, o forse non riusciva a ricordarsi di nessun altro che non fosse lei. Pensando a Mia, si ricordò che quel giorno doveva passare a casa sua per darle il regalo per il suo compleanno; la sera precedente lo aveva accidentalmente scordato. Pensò anche che era una buona occasione per prenderle il cellulare in un momento di distrazione e scriversi "casualmente" il numero di Melissa, sorrise all'idea e si mise a letto più tranquillo rispetto alle ore precendenti. Erano circa le 10 quando si vestì e scese per prendere la macchina. Tutte le sue aspettative e i suoi piani furoni sconvolti da un unico ma significante dettaglio : era senza benzina. 
 
Aveva passato la notte a casa di sua madre, la donna l'aveva chiamata dicendo di aver bisogno di lei. Da quando il padre le aveva lasciate spinto da quelle assurde motivazioni non era più stata la stessa; era sempre stanca e triste, tutta la sua allegria sembrava essersi prosciugata e così lei, dopo aver passato la vita ad amare un uomo che l'aveva ripagata in quel modo. Sentiva che quella situazione aveva raggiunto il limite, per dare un taglio a tutto avrebbe solo dovuto affrontare il padre, ma non ci riusciva. Era stato l'uomo che aveva amato di più, nonostante i litigi, nonostante le parole ingiuste, nonostante avesse scoperto che tradiva la madre, lo aveva sempre adorato. Sembrò come che tutto si spezzasse quando lui ebbe la faccia tosta di dire che quella vita praticamente perfetta lo opprimeva e andò via incolpando loro di tutto. Sentiva come un vuoto dentro da quel momento, non riusciva più a sentire se stessa; a dire il vero era troppo occupata a farsi carico degli altri per riuscire a pensare a come sentirsi. Accostò la macchina per rispondere al cellulare che stava suonando da almeno 3 minuti, lesse il numero sul display : era quello di Emilia. Fece un respiro profondo e rispose : "Sì?"
"Ehi... Mel, dove sei? Non ti vedo a casa da due giorni, stavo iniziando a preoccuparmi.", disse la voce dall'altra parte. Sembrava piuttosto abbattuta.
"Non devi preoccuparti per me, so badare a me stessa.", rispose.  "Meglio di quanto non sappia farlo tu.", aggiunse poi abbassando il tono. 
"Lo so, solo che mi chiedevo dove fossi."
"Capisco, comunque devo chiudere, ciao.", disse riattaccando subito, non sentì neppure la risposta.
"Ciao Mel.", disse invano Emilia sempre con quel tono di voce di chi si sente terribilmente in colpa.
Non appena chiusa la chiamata sbuffò, non sarebbe tornata di nuovo da quell'amica che l'aveva delusa così tante volte. Si passo una mano tra i capelli scuotendo leggermente la testa. 
"Ehi, tu sei Melissa, giusto?", disse una voce, preceduta dal suono di una mano che bussava sul finestrino anteriore. La ragazza si voltò riconoscendo Paolo, il ragazzo appiccicoso della sera precedente. Annuì sorridendo.
"Non è che potresti darmi un passaggio?", aggiunse.
Lei si trattenne dallo sbuffare, era davvero l'ultima cosa che le andava, ma accettò, anche perchè non aveva voglia di tornare da Emilia in quel momento.
"Va bene, entra, dove abiti?"
"Proprio accanto a Mia, sai, siamo diventati amici perchè eravamo vicini.", disse lui sorridendo mentre entrava in macchina ed andava a sedersi nel sedile davanti.
Durante il tragitto lei continuò semplicemente ad annuire o a rispondere a ciò che sentiva con semplici monosillabi, nonostante lui continuasse a sorridere e a parlarle di come lui e Mia si fossero conosciuti, del fatto che entrambi avessero avuto l'opportunità di vivere da soli, parlava della città e cercava sempre argomenti che potessero farle dire qualcosa di più di un semplice "già".
"Siamo arrivati, è questa giusto?", lo interruppe Melissa dopo aver parcheggiato.
"Sì è questa, grazie.", rispose lui continuando a sorriderle. La ragazza cercò di ricambiare il gesto, aspettando con ansia che lui scendesse dalla macchina.
 
"Mi devi un grosso favore.", continuava a ripertergli Simone in auto.
"Dai, devo andarci per forza! E sono senza benzina, rimani di sotto, ci metto poco. Scusa.", disse Tiziano non sopportando più le sue lamentele. 
"Tranquillo, se non ti senti di vedere Mia, non la vedrai.", aggiunse poi.
Arrivarono sotto casa della ragazza, Tiziano uscì velocemente dalla macchina promettendo all'amico che sarebbe tornato in meno di 5 minuti, suonò ed entro in casa. Come promesso, cercò di essere sbrigativo : salutò la cugina, le diede il regalo e chiese astutamente un bicchiere d'acqua per fare in modo che andasse in cucina così che lui potesse rimanere da solo e prendere dal suo cellulare il numero che gli serviva. Tutto andò come previsto, almeno fino a quando non si accorse di essere lui quello senza telefono, avendolo dimenticato chissà dove, e si maledì mentalmente.
Simone era rimasto in macchina, aspettava impaziente continuando a sbattere i piedi al ritmo della musica che cantacchiava nella sua mente. Improvvisamente il suo telefono suonò, un numero sconosciuto lo stava chiamando, rispose. Riconobbe subito la voce del padre turbata e chiese cosa fosse successo, ascoltò con ansia la risposta; "Ok, arrivo subito", disse. Doveva raggiungerlo subito, nonostante l'avesse promesso a Tiziano non poteva stare lì ad aspettarlo nè tantomeno riportarlo a casa. Non riusciva a capire nemmeno lui cosa fosse successo in quel momento, le parole del padre risuonavano nella sua testa, ma non sarebbe riuscito a spiegarlo a Tiziano in quel momento, era troppo agitato. Lo chiamò sul cellulare, che però sentì suonare da qualche parte nella stessa macchina, probabilmente l'aveva dimenticato. Velocemente prese coraggio, uscì dalla macchina ed entrò in casa per cercarlo, fortunatamente non ebbe nemmeno il bisogno di suonare perchè quel genio del suo amico aveva scordato la porta aperta.  
"Tiziano!", iniziò a chiamarlo. Arrivò quasi correndo nella stanza dove si trovavano lui e Mia, aveva perfino il fiatone. 
"Devo andare scusa, trovati un passaggio, poi ti spiego.", disse.
Il ragazzo lesse sul suo volto quella preoccupazione così si limitò ad accennare una risposta affermativa e a chiedere se andasse tutto bene. Simone annuì e subito uscì dalla stanza, diede solo una veloce occhiata a Mia in quell'istante e se ne pentì, non riusciva proprio a reggere lo sguardo della ragazza, era stata troppo per lui.
Tra i due cugini rimase solo il silenzio quando il biondo uscì dalla stanza.
"Credi che gli sia successo qualcosa? Che ci faceva qui?", disse timidamente dopo poco Mia.
Tiziano stava iniziando ad agitarsi dentro, in ansia, chiedendosi cosa potesse essergli accaduto.
"Gli avevo chiesto di accompagnarmi qui, anche se non voleva. Gli è sicuramente successo qualcosa... Ma non credo sia affare tuo.", disse freddo guardandola severamente in volto.
"Non è affar mio, ma mi interessa.", cercò di controbattere lei. A quelle ultime tre parole lui iniziò ad infastidirsi e scosse la testa.
"Non puoi dire così Mia. Ti voglio bene, lo sai, ma non puoi permetterti di dire così dopo che l'hai trattato in quel modo!"
Lei rimase in silenzio, consapevole del fatto che il ragazzo avesse in parte ragione.
"Avevo le mie ragioni, Tiziano.", ribattè lei.
Lui preferì non ascoltare oltre, la salutò velocemente uscendo dalla stanza e scese le scale.
 
'
 
Melissa spense il motore.
"Di nulla, è stato un piacere."
Paolo fece per uscire dalla macchina, ma poi si fermò e la guardò dritta negli occhi.
"Senti.", iniziò a dire, "Lo so che probabilmente non ti ho fatto una buona impressione, ieri. Ma spero che possiamo ricominciare. La verità è che ti ho vista e come uno stupido ho pensato che fossi una tipa facile, ma poi ho parlato con te e ho capito che sei molto di più. Ci provavo perchè pensavo tu fossi bellissima, ma non volevo mancarti di rispetto facendo il tipo appiccicoso che cerca solo una cosa. Tu non mi conosci ed hai ragione a pensare quel che pensi, ma scusami. Penso ancora che tu sia bellissima, ma ho capito che non sei stupida. Di solito sono abituato ad incontrare "oche", perciò scusami."
Melissa sorrise, stavolta sinceramente. Per quanto stupide,ciniche, priva di tatto ed anche buffe potessero sembrare quelle scuse, le fecero piacere.
"Quindi mi stai chiedendo scusa perchè pensavi fossi un oggetto?", rispose lei inarcando un sopracciglio.
"Ehm, detta così non è una cosa grandiosa, ma sì.", disse lui.
"Scuse accettate, ciao Paolo.", gli sorrise. Lui fece lo stesso e la salutò con la mano uscendo dalla macchina e dirigendosi verso casa.
Era rimasta sola adesso e doveva decidere dove andare, l'alternativa di tornare da Emilia davvero non le andava. Per sua fortuna non dovette nemmeno pensare a cosa fare quando vide Tiziano, il ragazzo della sera prima, camminare avanti e indietro sul marciapiede. Prima di scendere dalla macchina osservò bene la sua espressione, non si capiva se fosse ansioso, arrabbiato o semplicemente annoiato.
 
"Ehi, tutto bene?", gridò lei appoggiata sul cruscotto della macchina. Tiziano si accorse della sua presenza e si fermò, sembrò un attimo indeciso su cosa fare poi si avvicinò.
"Sì, tutto apposto.", cercò di sorriderle. 
>, pensò Melissa tra sè e sè.
"Sicuro?"
Lui si fermò a guardarla negli occhi, per una qualche strana ragione sentì che era quasi inutile ripetere di essere tranquillo.
"No, sono solo nervoso.", disse scuotendo la testa.
Lei annuì accenando un piccolo sorriso, poi si guardò intorno.
"Sei a piedi?", chiese. Lui rispose di sì, di conseguenza si sentì quasi obbligata a chiedere se volesse un passaggio.
"Sì, ma non mi va di tornare a casa ora, se devo essere sincero. Che dici se facciamo un giro? Possiamo anche lasciare stare la macchina... Facciamo una passeggiata."
L'idea fu accettata con un sorriso a 32 denti. Anche Melissa aveva voglia di staccare un poco e di camminare, in più notò negli occhi di Tiziano una certa preoccupazione e fargli compagnia sarebbe stata una cosa che magari lo avrebbe aiutato. Forse si stava comportando da egoista, aveva anche accettato per scappare da Emilia, ma lui non sapeva, iniziarono a camminare comunque.
Non parlarono di cose importanti, nè Tiziano le disse cosa lo preoccupava. Sembrò più che continuassero la discussione della sera precedente, parlando di cose stupide e chiedendosi assurdità, per esempio il motivo per cui la maggior parte dei tavoli sono rotondi o quadrati, mai triangolari. 
"Perchè chi si siede agli angoli non si sposa, così saremmo tutti scapoli o zitelle a vita", conclusero alla fine. Senza rendersene conto arrivarono fino alla spiaggia. 
"Credo sia meglio tornare indietro", disse lei sorridendogli.
"Secondo me no, io sto bene qui.", rispose lui ricambiando il sorriso.
Finalmente nei suoi occhi vide un po' di serenità, come se avesse dimenticato cosa lo preoccupava. Effettivamente anche lei durante quel tempo che sembrava essere volato aveva dimenticato i suoi problemi. Questo pensiero la fece involontariamente ridere, mise le mani in tasca e abbassò lo sguardo sperando che lui non lo notasse. Purtroppo per lei, Tiziano teneva gli occhi praticamente incollati nei suoi e non accorgersene fu praticamente impossibile.
"Ehi, che ridi? Che ho? Che ho fatto?", disse lui controllandosi.
"Nulla.", disse lei continuando a ridere e scuotendo la testa.
"No, dai, adesso me lo dici. Dimmelo!", insistette lui, ma non ci fu verso di farla parlare.
Continuarono così fin quando lui non iniziò a farle il solletico e a rincorrerla, arrivarono a correre direttamente sulla spiaggia.
Melissa alla fine cadde a terra e così lui, iniziarono a ridere a prendersi gioco di loro stessi.
"Tiziano, quanti anni hai?", chiese lei mentre erano ancora sdraiati.
"23, tu?"
"22"
Lui sorrise e la guardò.
"Ma perchè?", chiese.
"Sembri un cambino", disse lei nascondendo un sorriso che in realtà era gigantesco.
Tutto fu interrotto dal suono del suo cellulare, che la riportò alla realtà. Era sua madre, la sera prima le aveva promesso che sarebbe andata a cenare da lei ma l'aveva completamente scordato.
"Devo andare.", disse alzandosi e facendo scomparire il sorriso. Lui imitò i suoi movimenti.
"Ma è sempre così con te? Suona il telefono e scappi?"
La ragazza lo guardò dispiaciuta, ma non rispose. 
"Almeno... Dammi il tuo numero di telefono. Anzi, ti do il mio e mi fai un squillo, dai, non puoi deludere un bambino come me.", disse lui cercando di sorriderle nuovamente.
Le dettò il suo numero, lei fece quanto detto e poi scappò via. Come al solito, lui la osservò mentre si allontanava.
Era rimasto solo nella spiaggia, gli tornò in mente il fatto di dover tornare a casa a piedi e tutta la preoccupazione per Simone comprarve nuovamente.









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Siamo arrivati al terzo capitolo, ditemi che ne pensate :D Scusate per eventuali errori, scusate se manca qualche apostrofo ma ho problemi con la tastiera e scrivere così è piuttosto difficile. 

@TheDreamerMagic : Non sai quanto mi consola il fatto che mi capisci per via dei tasti, almeno! :) Sì, inizia a prevedere che ne succederanno delle belle, non sbaglierai,  e grazie :) Non ti dico se le tue supposizione sono giuste o no, lo capirai da sola xD

@_Hoara : Mi fa davvero piacere averti ritrovata anche qui :D Sì ho cambiato storia, ma quella ho deciso di continuarla per me.^^ Ad ogni modo, prova anche a dare supposizioni, magari non sono tanto sbagliate, chissà! La cosa che adoro di più delle tue recensione è la tua riflessione sulla frase iniziale, per me quella è sempre molto importante, non so perchè ma ci tenevo a dirtelo :)
 

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Capitolo 4
*** Chiarimenti. ***


Non esser crudele col cuore degli altri. Non tollerare la gente che è crudele col tuo. - Mary Schmich
 
 
Continuava a camminare avanti e indietro, fuori dalla stanza della madre. Era stata male, il padre lo aveva chiamato preoccupato ed era dentro con lei, ma  preferiva che il figlio non sentisse. Non appena udì la maniglia girarsi si precipitò di fronte alla porta e guardò fisso luomo. Un dottore mai visto prima lo  salutò con un cenno e si incamminò verso l'uscita.
"Sta bene.", disse sospirando e accennando un sorriso. Simone sospirò a sua volta e l'abbracciò.
"Menomale, ma spiegami. Cosa le è successo?"
"La macchina era parcheggiata dall'altro lato della strada, stavamo attraversando e poi non lo so. ", scuoteva la testa e nel frattempo guardava in basso, "improvvisamente è svenuta, ha battuto forte la testa.", continuò quasi farfugliando.
Il ragazzo ascoltava il padre annuendo; a quanto pare aveva semplicemente avuto un mancamento, ma la botta alla testa aveva fatto pensare al fatto che potesse esserci qualcosa di più grave.
"Per fortuna non è stato nulla.", disse il padre. "Ti avrò fatto prendere un colpo, tua madre sta riposando, va a vederla e poi torna a casa a riposarti."
Simone continuava ad annuire senza dire nulla, in fondo non riusciva davvero a pensare cosa dire. Entrò nella stanza della madre, la vide lì, stesa sul letto e in quel momento capì quanto amava quella donna. Lentamente si avvicinò, si chinò e le diede un bacio sulla fronte. Per fortuna era uscito dalla casa dei suoi genitori sereno, liberandosi da quel peso di tutta l'ansia e la preoccupazione che lo stava opprimendo fino ad almeno un'oretta prima. Sospirò e andò verso la macchina. Lì dentro, finalmente solo, ebbe il tempo di riflettere su quante cose erano accadute nel giro di una giornata : la notizia improvvisa data dal padre lo aveva turbato e non poco, ma adesso per fortuna era tutto risolto; ripensava all'incontro forzato che aveva dovuto avere con Mia e al suo sguardo. Per quanto in un anno e più si fosse sforzato di pensare che si trattava ormai di un capitolo chiuso,  non gli riusciva facile in quel momento, fu riportato alla ragione quando pensò al fatto che lei era praticamente scappata e lo aveva lasciato con un semplice sms. Ricordava ogni dettaglio del loro primo incontro, di quando Tiziano li avesse presentati sotto richiesta di lui, ricordava anche le serate passate insieme al cinema, probabilmente nel giro di poco guardarono più di una trentina di film, era il loro hobby preferito. Simone sognava di diventare regista, stava perfino seguendo un corso all'università, ma del suo desiderio non ne aveva mai parlato con nessuno, tranne che con lei. Purtroppo però, per quanto tutto ciò lo facesse sorridere, si ricordò anche di quando, rientrando in casa dopo una furiosa litigata con il padre, suonò il telefono e arrivò un sms :

Mia :
Ho bisogno di partire, non so per quanto starò via. Ho bisogno di staccare, scusami.

 
In quel momento pensò che fosse uno scherzo. Adesso, a distanza di tempo, rideva e aveva allo stesso tempo compassione di se stesso, di come da stupido continuò invano a chiamarla e a scriverle messaggi lunghi come poemi che non ricevettero mai una misera risposta. Scosse la testa, non ci voleva pensare più : era il passato.
Era il passato eppure sembrava ancora così importante, da allora ogni volta che si ricordava di lei ripeteva a se stesso che Mia non teneva a lui quanto lui tenesse a lei. Se era importante, se era tutto vero, se la conosceva bene, un sms sarebbe stata una mossa troppo squallida. Accese la radio, guidando almeno inizialmente verso una meta non ben definita, forse era meglio tornare a casa. 
 
 
Decise di tornare a casa a piedi, non riuscì a trovare altro modo. Melissa era andata via e lui era rimasto da solo. Durante la camminata però cambiò rotta, si dirisse verso casa di Simone, per sapere cosa fosse successo. Il suo cellulare purtroppo era ancora nella macchina dell'amico quindi non ebbe modo di chiamarlo. Per quanto cercasse di stare calmo, era preoccupato. Simone era il suo migliore amico da sempre, era una persona giusta e buona, si meritava davvero qualsiasi cosa. Gli tornò in mente la discussione avuta con la cugina la mattina, cercò di stabilire con se stesso se avesse o meno fatto bene a risponderle ed accusarla in quel modo : "Sì, benissimo.", si rispose. Voleva bene a Mia, ma non aveva mai capito perchè aveva fatto quella scelta e a dire il vero non voleva nemmeno saperlo, quando qualcuno scappa via e non si degna nemmeno di dare spiegazioni a chi dice di amare non merita più considerazione. Da quando partì il loro rapporto tra cugini non subì grandi cambiamenti, ma per i primi mesi Tiziano si tormentava dentro cercando di capire come si potesse fare una cosa del genere a Simone : dopo tempo passato a rifletterci, non arrivò mai a una conclusione, così preferì evitare. Adesso che ci pensava quella era stata davvero la prima volta in cui i due ne avevano parlato, l'argomento non era mai stato toccato ma sembrò come se entrambi sapessero tutti i dettagli e ci avessero litigato sopra tante volte. Non erano affari suoi in fondo, ma erano affari del suo migliore amico e nessuno doveva fargli del male, anche se in questo caso non si parlava di male fisico. "Molto peggiore del male fisico", pensò ricordando lo stato in cui si trovava Simone quando capì che non si trattava di uno scherzo e lei era davvero andata via. Volle allontanare quei pensieri non proprio piacevoli per un attimo, tra poco sarebbe arrivato dall'amico e avrebbe avuto tutto il tempo per agitarsi e ricevere qualsiasi tipo di notizia. Iniziò così a pensare ad una ragazza con i capelli lunghi e mori e un paio di giganteschi occhi marroni; sorrise. Non riusciva a spiegarsi bene cosa e come fosse successo, ma pensava che Melissa fosse simpatica e trascorrere del tempo con lei fosse piacevole.
 
"Mamma, lascia, faccio io.", disse con uno dei sorrisi più dolci che avesse mai potuto fare. Prese i piatti prima della madre e li portò velocemente in cucina. Era stressante e non si sentiva a suo agio stando con lei, non sapeva cosa dire se non le classiche cose riguardanti l'estate o lo studio. Sospirò, pensò di avere finalmente un attimo di pace. Tornò in salotto, la madre era seduta sul divano sempre con il suo classico sguardo nel vuoto. Eppure una volta era una donna così allegra, semplice. 
"Mamma, forse è meglio che io vada a casa. Ci sentiamo domani o presto.", si avvicinò a lei cercando di accennare un sorriso.
"Te ne vai di già?". Aveva alzato gli occhi e la guardava in modo quasi pietoso.
"Sì e anche tu dovresti uscire.", disse lei in tono più duro. Si prese di coraggio, era la prima volta che le parlava così dopo tanto tempo. Sembrava così fragile per affrontare la cosa, ma non poteva rimanere fragile per sempre. La donna chiese cosa volesse dire di preciso.
"Dico che ha vinto lui. Grazie a te ha vinto lui."
"Melissa non parlarmi così, sei sempre mia figlia", contrabattè alzandosi in piedi. Nonostante sembrasse arrabbiata era un buon segno, nei suoi occhi sembrava esserci almeno una piccola parte della luce che c'era un tempo.
"Ti parlo proprio così proprio perchè sono tua figlia. Stai sempre qui ad abbatterti e non ti fa bene, hai lasciato che papà ti distruggesse la vita, e distruggesse anche la mia. Anche se sto in silenzio, anche se non ne parlo, è questa la situazione."
"No, non parlare così, non voleva distruggere la tua di vita, ti vuole bene.", disse la madre assumendo un tono più pacato.
"Mi vuole bene? Se mi voleva bene avrebbe gestito la situazione in un altro modo. Avrebbe parlato con te e tu avresti accettato la situazione invece di rimanere qui ogni sera da sola, ad avere bisogno di me. Mi ritrovo con un padre e una madre che continuano a chiamarmi e a farmi del male."
Sembrava quasi lo sfogo di mesi e mesi, Melissa sentì gli occhi che le pizzicavano.
"Credo.. che sia meglio che io vada.", concluse e velocemente si precipitò fuori dalla casa.
A quel punto tornare da Emilia sarebbe stato quasi piacevole rispetto a quella situazione.
 
"Ehi, ma mi spieghi cosa ti è successo? Sembrava qualcosa di grave, ti prego dimmi che non è così."
Tiziano entrò di fretta nell appartemento di Simone appena lui gli aprì.
"No, tranquillo. Mia madre è svenuta, in mezzo alla strada praticamente, ma tutto bene, non è stato niente per fortuna."
"Ah, menomale. Mi hai fatto preoccupare, non farlo mai più.", disse l'amico quasi accusandolo. Simone rispose con un sorriso.
"Tieni, il tuo cellulare era nella mia macchina."
Il moro lo afferrò e trovò lo squillò di Melissa, così segnò subito il numero. Non parlarono per niente di Mia, passarono la serata a giocare con i videogiochi e ordinarono una pizza, come sempre.
 
 
Lentamente infilò la chiave nella serratura e girò, era troppo stanca per pensare a cosa sarebbe successo. Entrò, posò la borsa e si guardò intorno : nessuno. Sospirò involontariamente, quanto sentì una voce alle sue spalle : "Mel?"
"Emilia", rispose andandosi a sedere sul letto. La ragazza la seguì e fece lo stesso, sedendosi accanto a lei.
"Dobbiamo parlare."
"Come mai sei qui?", rispose lei fingendo la massima indifferenza mentre si toglieva gli orecchini.
"Io qui ci vivo, con te, da più di due anni."
"Ha chiamato tua madre, a quanto pare dovevi trasferirti.", disse secca guardandola negli occhi.
"No, io... Scusa."
"Scusa per cosa? Per avermi trattata come uno straccio dopo le mille volte che ti ho difesa o per aver organizzato il tuo trasferimento senza dirmi niente?"
Melissa lo disse con la massina tranquillità, facendo spallucce. Era troppo stanca per arrabbiarsi anche con lei. Stanca. Le aveva dato tutto quello che potesse, la sua amicizia, il suo affetto, senza mai chiedere nulla in cambio. Si era dimostrata come il più comune tipo di persona: le dai tutto ma non appena fai qualcosa che non coincide con il suo piacere personale si dimentica del resto.
"Per tutto."
"Scusa per tutto..", accennò un sorriso per poi continuare : "Ho già visto questo film, prova a sorprendermi Emilia."
La ragazza sembrò prenderla in parola : si alzò e si mise di fronte a lei, fece un respiro profondo prima di iniziare a parlare.
"Ok, hai ragione le scuse non bastano. Ma tu mi conosci, sono una stupida. Tutte le stupide hanno bisogno di qualcuno dietro che da loro una mano e tu sei quel qualcuno per me, lo sei sempre stata. A mia madre lo avevo detto perchè ero arrabbiata, ma non con te, con me. Non riuscivo a reggere più il tuo sguardo perchè sapevo che tu sai troppe cose di me e di come sono fatta, più di quante ne sappia io. Poi ho capito che tu non mi hai mai giudicata, mi hai sempre sostenuta e aiutata. Non avevo alcun motivo per.."
"Basta.", la bloccò Melissa. "Hai mai pensato anche solo per un secondo che forse anche io avrei avuto bisogno di essere sostenuta?"
"Sì.", rispose l'altra abbassando lo sguardo. "Ma io non sono mai stata capace di farlo."
"Non ci hai provato, è diverso. Non ti interessava.. Ero sempre ad ascoltare le tue storie e darti consigli, ma quando io parlavo tu non ascoltavi."
"E allora fammi provare, non ti tratterò più in nessun modo che possa ferirti, ti ascolterò. Tu sei la mia migliore amica, fammi provare ad essere la tua, ti prego."
Rimasero in silenzio qualche secondo. 
"Ok, ma questa è davvero l'ultima volta. Se capita di nuovo, per me vorrà dire che non sono coincidenze o semplici sbagli, sei davvero tu ad essere così, crudele, e non penso che potrei accettarlo.", disse Melissa guardandola in tono deciso.
Emilia sorrise, era comunque un sì.
Passarono la nottata a parlare, ne avevano bisogno.








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Ok, chiedo umilmente scusa. So bene che questo capitolo non è uno dei migliori, anzi... Però mi serviva come capitolo di "passaggio" per spiegare alcune cose :) Prometto che al più presto pubblicherò il capitolo successivo, sperando sia più carino di questo :) Ringrazio _Hoara eTheDreamerMagic, davvero :) Volevo pubblicare velocemente e mettermi a scrivere, alle recensioni risponderò sicuramente nel prossimo capitolo. 
Al solito, perdonate eventuali errori!

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Capitolo 5
*** Un caffè e qualche cd. ***


"La sofferenza in amore è un vuoto a perdere: nessuno ci può guadagnare, tranne i cantautori che ci fanno le canzoni." - Massimo Troisi

 

Sentì la luce pizzicarle gli occhi. Aveva scordato di chiudere la finestra la sera prima, così quella mattina fu svegliata dai primi raggi del sole. Erano entrati nella stanza e le avevano accarezzato dolcemente il viso, comunque sia, furono sufficienti a svegliarla. Non aveva il sonno pesante, bastava un niente per farla smettere di dormire e riprendere sonno non le era mai venuta una cosa facile. Si mise seduta nel letto, stiracchiò braccia e gambe; si stropicciò gli occhi sbadigliando e si mise in piedi. Era buffa appena sveglia, sembrava perfino incapace di tenersi dritta, più che camminare solitamente barcollava. Erano poco o più le 7 del mattino, ma trovò Emilia sveglia in cucina.

Cosa stai... facendo ? “, disse piuttosto sorpresa sgranando gli occhi. Emilia era lì, alle 7 del mattino e stava preparando il caffè. Sembrava assurdo. Non che ci fosse qualcosa di surreale in una persona che si prepara il caffè la mattina, ma non era da lei; era da lei piuttosto dormire fino a tardi e poi uscire per prendere la colazione al bar, o meglio ancora farsela portare da Melissa stessa.

Ti preparo la colazione.”, rispose tranquillamente la ragazza voltandosi verso di lei e accennando un sorriso. 

Per quanto assonnata Melissa riuscì a capire il significato di quelle quattro parole, scrutò bene l'amica e poi si avvicinò pericolosamente togliendole di mano la tazzina prima che potesse versarci qualsiasi cosa dentro. Le mise una mano alla fronte : “Ma stai bene? Cioè ne sei proprio sicura?”
Emilia rise allontanando la mano della ragazza.
Sì, sto bene, tranquilla. Sto cercando solo di farti il caffè.”
E ti sei alzata alle 7 del mattino per questo? “
Bèh, mmh, “, farfugliò guardando il caffè, “Lo sai che non sono brava in cucina, dovevo fare dei tentativi, questo però è il primo, se vuoi assaggiare...”
Melissa la guardò addolcita, si avvicinò e se lo versò da sola in una tazzina.
Grazie. Apprezzo lo sforzo.”, disse sorridendo pensando a quanto si erano dette la sera prima. Avvicinò la tazzina alla bocca ma poco prima di berla si fermò ad osservare cosa ci fosse dentro.

Ehm, Em...”
? “
Perchè è arancione? “
Emilia si avvicinò velocemente e glielo prese di mano, per vedere meglio. Era davvero arancione, arancione scuro sì, ma era pur sempre un caffè arancione. Guardò Melissa, sembrava davvero morfiticata. “Non volevo avvelenarti, giuro! Era il prima tentativo! Io..”
la ragazza scoppiò a ridere, credendo seriamente alle buone intenzioni dell 
''amica, che in cucina non era davvero mai stata un asso.

"Fa niente, vieni dai, vestiamoci e andiamo al bar. Il tuo caffè è decisamente creativo, ma lì è più buono.”, disse facendo spallucce e continuando a ridere. Dopo qualche secondo la sua risata contagiò anche l' amica. “Ovviamente offrì tu!”, aggiunse poi sorridendo.

 

Si svegliò circa verso le 10 del mattino. Quella precedente era stata una serata tranquilla, davvero. Passare del tempo a giocare con Simone, anche se come dei bambini, gli era servito per liberarsi da un po' di stress. Nella sua mente era convinto che non fosse servito solo a lui, ma ad entrambi. L' amico all' inzio sembrava giustamente turbato, dal piccolo incidente e dall 'incontro con Mia, ma alla fine della giornata sembrava essersi liberato di un pizzico della sua rabbia. “A Tekken 4 mi ha proprio stracciato, ma solo perchè volevo farlo sfogare.”, pensò Tiziano ridendo quasi da solo di se stesso. Dopo essersi alzato, prese il cellulare e non potè fare a meno di andare nella Rubrica e cercare il nome di Melissa. Trovato. Si interrogò per 10 minuti chiedendosi se fosse meglio chiamarla o mandarle un messaggio. Era una tipa a cui piaceva scappare, chiamarla sarebbe stata una cosa troppo diretta, ma forse il solo modo in cui avrebbe potuto convincerla a prendere un caffè con lui. Mandare un messaggio le avrebbe invece permesso di rifiutare l' invinto più facilmente. Alla fine optò per un messaggio, avrebbe avuto poche possibilità ma in fondo non la conosceva bene e non aveva molta confidenza con lei, una chiamata sarebbe stata eccessiva. Al termine delle sue riflessioni scrisse il messaggio :

-Sono Tiziano, spero che tu ti ricorda ancora di me. Ti va un caffè?

Se ne pentì subito dopo aver cliccato il tasto inviò. Avevano trascorso pochi momenti insieme, forse anche un messaggio era troppo, in più quello che aveva scritto era davvero banale. Ma se non lo avesse inviato non avrebbe davvero avuto modo di conoscerla meglio. Si contradisse così per circa 30 minuti, poi lasciò stare e si interrogò sul perchè non arrivò nessuna risposta.





Ritornarono a casa verso le 10, si erano dilungate un po' troppo sulla passeggiata post-caffè. Melissa poggiò chiavie cellulare sul tavolino all 'ingresso e subito dopo si buttò sul divano. Dopo pochi secondi sentì il cellulare suonare, era un messaggio.

"Mel, il cellulare.”, disse Emilia.
La ragazza sbuffò.
"Spegnilo, sto bene, non ho avuto problemi oggi e sinceramente ho paura che anche mia madre oltre a mio padre abbia imparato come si inviano gli sms.”, lo disse quasi ridendo. L' amica la imitò e fece quando detto senza guardare il contenuto del messaggio.


Nessuna risposta, nemmeno dopo 180 minuti. Certo, era ormai ora di pranzo, non del caffè e ovviamente non avrebbe più risposto. Tiziano si chiedeva perchè il suo invito era stato gentilmente ignorato, non aveva avuto neanche la cortesia di rispondere un “No, non se ne parla.” Anche questo gli sarebbe bastato per farsene una ragione. Non la conosceva, ma voleva farlo; era convinto che ci sarebbe riuscito.





Si erano fatte le 4 del pomeriggio, il negozio di musica dietro l' angolo era appena stato aperto e Melissa pensò fosse carino andare a dare un occhiata. Si fece accompagnare da Mia, che come al solito era sempre disponibile. Non era come lei una patita di cd, poster, strumenti, ma le aveva comunque promesso che l 'avrebbe accompagnata, ed eccola lì. Purtroppo quella “assente” era Melissa, completamente presa quei cd. Da 20 minuti ormai ripeteva sempre le stesse azioni : ne prendeva uno, leggeva le track dietro e poi lo riposava. Questa sua piccola routine fu interrotta dall' ingresso nel locale di due ragazzi. Lei alzò viso e vide Tiziano, anche lui si accorse di lei e instintivamente sorrise e fece un segno con la mano. Lei ricambiò. Vide il tizio accanto a lui e senza volere si irritò, era lo stesso ragazzo della sera in discoteca. La cosa che lo colpì fu il fatto che lui uscì immediatamente dal negozio dopo aver incrociato prima lo sguardo di Mia e poi il suo. L'amica dopo averlo visto si bloccò per qualche secondo, poi uscì anche lei.

 

 

Mia, aspetta !”, non fece neanche in tempo a dirlo che non era più dentro al negozio. Non sapeva cosa fare, così decise di seguirla. Fu bloccata però da Tiziano, che si mise davanti alla porta.
"Ehi tu.”, disse lui bloccandole il passaggio.
"Ehi”, rispose lei sorridendo.
Era una ragazzo simpatico, ma non sapeva definirlo bene. Il giorno prima avevano passato del tempo insieme, una passeggiata, niente di più, ma le aveva fatto piacere. Forse, nonostante il pessimo inizio, sarebbe stato un buon amico.

"Non so se hai notato, ma Mia sembrava piuttosto scossa, posso passare?”, disse poi riprendendosi dai suoi pensieri.
"No.”
No?”, chiese lei leggermente sorpresa.
"
Credo che abbiano bisogno di parlare..”, disse vago.
Melissa scrutò il suo viso attentamente, per capire se stesse scherzando o chissà cosa. Lui indicò fuori dalla vetrina e lei vide Mia avvicinarsi al ragazzo biondo. In quel momento iniziò a capire qualcosa. Tornò però a guardarlo con aria interrogativa.
"Ti spiego dopo, fidati. Usciamo dall'uscita di emergenza.”, continuò lui.Lei annuì e lo seguì. Era strano come quel ragazzo riuscisse a trasmetterle fiducia e tranquilità.


 

Lo video uscire dal negozio dopo aver incrociato il suo sguardo, non poteva rimanere lì ferma. Rimase un attimo bloccata e poi lo seguì senza pensarci.
Simone, fermati ti prego”, disse quasi farfugliando una volta fuori.
Il ragazzo si girò e la guardò incuriosito.
“Devi dirmi qualcosa?”
“Sì, io devo dirti qualcosa. Vorrei parlare con te.”
“Forse dovevi pensarci prima, quando io avrei perfino pagato per parlare con te.”, disse lui con un sorriso amaro sul volto.
“Mi dispiace.”, rispose lei.
“Anche a me.”
... però vorrei provare a spiegarti.”, continuò Mia. “Spiegarti perchè sono andata via, perchè sono stata così stupida. Sono scappata perchè avevo paura e perchè..”
“Aspetta, aspetta, senti il bisogno di dirmelo dopo più di un anno?”, disse lui in tono piuttosto acido.
Mia rimase senza parole, ma dopo poco rispose :”No, volevo parlarti da tanto, lo giuro. Non ne avevo il coraggio.”, scosse la testa e sembrò che i suoi occhi diventassero sempre più luidici.
“Cosa vorresti ottenere? Non ci si può sempre nascondere dietro la scusa del coraggio, se vuoi fare una cosa, la fai. Hai aspettato che fosse troppo tardi perchè sapevi che comunque a questo punto niente avrebbe cambiato le cose. Cavolo, come fai ad essere così? Dicevi di amarmi, hai fatto una cazzata, mi hai fatto stare male e non hai avuto nemmeno la forza di parlarmi prima che fosse troppo tardi! Bèh, indovina un po': è troppo tardi. Per essere amici, conoscenti, qualsiasi cosa.”, si fermò un secondo.
“La cosa peggiore è che tra i due il più stupido sono io, che invece di esserti indifferente sono ancora arrabbiato. Ciao Mia.”, sembrava davvero stanco. Dette queste parole andò via e lei rimase lì, da sola. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, decise di tornare a casa. Non avevo voglia di vedere nessuno in quel momento, perfino i passanti le avrebbero dato fastidio. Mandò un sms a Mel:

-Scusami, torno a casa da sola.. Dopo ho bisogno di parlarti, poi ti spiego.


 Devi spiegarmi cosa c'entra Mia con quel tuo amico.”, disse Melissa mentre camminavano.
“Quel mio amico... Si chiama Simone”, precisò lui.
La ragazza si fermò un attimo.
“Aspetta, è quel Simone? Mia mi ha accennato qualcosa.”
“Non so cosa ti abbia detto, ma penso parlasse di lui.”
“Cavolo.”
“Già.”, annuì lui continuando a camminare.
“Credi che abbiamo fatto bene a lasciarli da soli?”
“Ehi, smettila di preoccuparti, secondo me ne avevano bisogno.”
Lei scrollò le spalle.
“Forse hai ragione.”
“Io ho sempre ragione.”, precisò lui ridendo.
“Ehm, sì, ovvio.”, disse lei.
“Non sembravi molto convinta.”, la guardò inarcando un sopracciglio.
“No! Mi sembra naturale che tu sia convinto di avere sempre ragione, è un grande sintomo di modestia da parte tua.”, rispose lei sorridendo.
“Smettila di sfottermi.”, si limitò a dire lui sorridendo.
“Comunque.. perchè non hai risposto al mio messaggio stamattina?”, disse lui dopo qualche secondo di silenzio.
Melissa si ricordò di aver spento il cellulare e si maledì mentalmente.
“Cavolo, scusami, oggi non ho guardato per niente il telefono”, rispose cercando di giustificarsi.
Lui la scrutò e poi tornò a sorridere.
“Fa nulla, vorrà dire che mi devi un caffè, domani mattina?”


 




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Sono tornata qui dopo mesi, non so come scusarmi >_< Non sono più neanche capace di impaginare bene un capitolo, ma ci riprenderò la mano :P Scusatemi ancora, spero che il capitolo sia stato decente tanto quanto quelli prima, fatemi sapere che ne pensate :)

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