la piccola principessa

di Eastre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


Sara osservava con lo sguardo verde socchiuso, la vita fuori dalla sua finestra. Il pallido sole autunnale illuminava timidamente la fredda e grigia via, qualcuno passeggiava, le auto scorrevano veloci, gli alberi erano mossi dal vento tagliente e nel fra tempo lo stomaco di Sara si contorceva per l’ansia, era come se al posto del suo stomaco ci fosse un acquario improvvisamente svuotato d’acqua pieno di migliaia di pesci che si dimenavano boccheggianti muovendo le loro viscide pinnette. Ecco Sara si sentiva così tutte le mattine prima di andare a scuola.

<< tesoro. Oggi è il tuo compleanno >> sussurrò la dolce voce della mamma mentre sentiva due calde mani posarsi sulle sue spalle << potresti invitare qualche amichetto a mangiare la torta qui…che ne dici? Ci divertiremo tanto…giocheremo a Monopoli, a carte...>>

<< no grazie >> si sforzò di sorridere. Come poteva sapere sua madre che la sua bambina non aveva neanche un “amichetto”. Sara non era mai stata una “giusta”, non era come sua sorella Agnese, magra, bella, che studiava psicologia…no, lei era solo Sara, la brutta e grassa Sara del primo anno. Quella che tutti feriscono e trattano male, quella che arriva sempre tardi perché non vuole aspettare nel cortile della scuola con gli altri ragazzi…

<< tesoro, perché non vai un po’ prima oggi? >> provò sua madre con un sorriso di incoraggiamento << sai, la tua insegnante mi ha detto che arrivi sempre tardi, hai ottimi voti ma se continui così ti dovrà mandare dalla preside >> il suo tono era diventato improvvisamente duro e severo.

Ho mamma se sapessi perché arrivo sempre tardi 

<< certo mamma >> sussurrò mentre le lacrime le riempivano gli occhi verdi.

 

<< guarda chi si vede >> urlò Bellini << la più brutta del mondo >> tutti i ragazzi scoppiarono in risate sguaiate che dilaniarono ancora il cuore della piccola Sara.

Abbassò lo sguardo sui libri che stringeva al petto fingendo che quelle parole non le avessero fatto male. Lo sapeva di non essere bella, con quel viso occhialuto e brufoloso, quei capelli scuri perennemente scompigliati e dall’aspetto sciatto e schifoso anche quando erano perfettamente puliti e quel fisico grasso e sgraziato. Ma nella scuola c’erano altre ragazze molto simili a lei che non erano prese in giro e maltrattate, anzi, a volte erano loro stesse ad unirsi alle risate dei ragazzi che la perseguitavano. Si sedette nell’angolo dello scalino della scuola incurante del marmo freddo su cui era appoggiata.

<< hey Mongolfiera, che libri hai in mano >> chiese beffardo Gallezzi avvicinandosi a lei con un ghigno che non lasciava presagire nulla di buono. Mongolfiera. Ormai la chiamavano tutti così, e forse non le era andata neanche tanto male.

<< fa vedere un po’ >> grugnì il ragazzo prendendo un libro a caso. E quel libro era proprio il suo preferito. Qualche volta, quando si sentiva tanto triste, correva in bagno e si rifugiava in un angolino, protetta dalla porta in acciaio piena di scritte stupide, stringeva le ginocchia al petto e si asciugava le lacrime iniziando a leggere uno dei suoi libri e fantasticare di perdersi in quei mondi fantastici che tanto amava

<< il piccolo principe  >> lesse Gallezzi per poi scoppiare in una risata di scherno << hey ragazzi>> urlò rivolto al suo gruppo di amici << guardate questo bel libro >>

<< ridammelo >> supplicò Sara alzandosi.

<< il piccolo principe! >> Bellini e Cerchi scoppiarono in una risata sguaiata.

Gallezzi lanciò il libro al grasso Francesco che iniziò a scorrere le prime righe con una falsa espressione di apprezzamento << ma guarda che interessante! >> commentò sarcastico lanciando il libro a Bellini che strappò la copertina con un ghigno disgustoso e si giustificò dicendo con una vocina da femminuccia “ho scusami piccola principessina ma anche noi altre principessine vogliamo il tuo bel libro”

Sara iniziò a singhiozzare << ridatemelo per favole, è il mio libro preferito >>

Bellini scoppiò a ridere e lanciò il libro a Francesco che non riuscì ad afferrarlo ed il prezioso volume cadde in una pozzanghera d’acqua putrida rovinandosi completamente tra le risate di tutti i gruppetti nel cortile. Sara raccolse il libro gocciolante tra i singhiozzi

<< che c’è principessina adesso piangi? >> la schernì Gallezzi. La campanella suonò lasciando sola Sara tra i suoi singhiozzi e la pazza voglia di non entrare in classe me di fuggire lontano, senza una meta, ma non ci sarebbe riuscita, perché Sara non ne aveva il coraggio, non aveva il coraggio per fare niente che non fosse piangere in quel momento.

 

<< Mandini, adesso mi scriva “sono una somara” in latino, prego…>> la bionda si morse il labbro tracciando solo una flebile linea con il gessetto. La professoressa sogghignò soddisfatta

<< bene >> sibilò vittoriosa << vedo che quest’anno sta facendo di tutto per essere bocciato  >>

<< no, prof…io lo so scrivere, mi dia tempo >> biascicò nervosamente la ragazza tracciando una A affilata sulla nera pietra della lavagna. In quel momento la campanella suonò annunciando la ricreazione e facendo sospirare di sollievo l’allieva e sbuffare la professoressa. La magra donna si alzò bruscamente dalla cattedra uscendo con un nervoso “come si suol dire, salvata dalla campanella signorina Mandini”.

Sara guardava la superficie verdognola del suo banco ancora con le lacrime agli occhi. Non voleva piangere, non davanti a tutta la classe, forse sarebbe potuta scappare in bagno, ma aveva paura di incontrare delle ragazze, come l’altra volta, che l’avevano costretta a bagnarsi i capelli nella tazza del water mentre ridevano e ridevano senza sosta. Allora cosa poteva fare? Le lacrime le creavano un groppo in gola che minacciava di non farla respirare.

<< hey Ugly Sara, che c’è? Vuoi metterti a frignare? >>  alzò appena lo sguardo arrossato per incontrare quello di Silvia Mandini e delle sue amiche strette in vestitini striminziti che la guardavano ridacchiando

<< no >> tirò su col naso asciugandosi le lacrime. Probabilmente era uno di quei momenti in cui Silvia sussurrava qualcosa nell’orecchio di clone-biondo-1 o clone–biondo–2 e ridacchiava o la prendeva in giro per gli occhiali, le sopracciglia folte o il nasone a patata che non sprizzava certo finezza ed eleganza come il bel viso di Silvia dai contorni delicati.

<< sai >> sussurrò con fare malizioso << c’è un certo Mario >> ammiccò uno sguardo al bel ragazzo a pochi passi da lei << che vorrebbe chiederti una cosa >>

Di colpo Sara si sentì avampare. Mario! Proprio lui! Il ragazzo per cui aveva una cotta fin dal primo momento che aveva incontrato i suoi occhi blu! Il ragazzo che non rideva quando la prendevano in giro…lui! Voleva . chiedergli . una . cosa!

Il ragazzo si fece avanti e la invitò con un cenno elegante ad alzarsi. Poi sorrise con fare seducente. Sara spalancò involontariamente la bocca. Mario si avvicinò di più a lei, era ad un palmo dal suo viso.

<< Ma..Mario >> balbettò deglutendo

<< shh >> sussurrò lui. Poi la baciò. Un bacio stampo veloce. Il suo primo bacio. E lo sapeva bene adesso, quello era il più bel giorno della sua vita, il regalo di compleanno migliore del mondo…almeno così credeva.

<< Carlo adesso devi baciare il maiale di tua nonna >> urlò staccandosi << ho vinto la scommessa!>> esultò pulendosi le labbra con una smorfia schifata << blea che schifo >> borbottò fra se. Tutta la classe scoppiò a ridere e Sara rimase congelata mentre le prime lacrime d’angoscia le colavano lungo le guance.

<< ho guardatela come piange >> la canzonò qualcuno mentre le risa si affollavano nella sua testa martellanti e pungenti come aghi. Solo quattro ragazzi non ridevano. Quei quattro ragazzi erano Alice, Marco, Rachele ed Alex. Erano sempre stati fuori da tutto il resto della classe. Non perché fossero poco belli o poco interessanti, anzi, erano dei ragazzi molto belli ed anche interessanti. Ma perché erano loro a non voler mischiarsi a tutti gli altri, Alice e Marco erano fidanzati,Rachele e Alex anche, più che stupidi quindicenni si comportavano come adulti maturi, certo, non è che non si divertissero, andassero in discoteca il sabato sera, bevessero ed impazzissero come tutti gli altri, ma non erano stupidi come tutti gli altri , solo allora Sara sembrò notarli.

<< che ti aspettavi? >> urlava clone-biondo-1 tra le risate << che Mario potesse veramente interessarsi ad una come te? Sei la più brutta della scuola i ragazzi ti sputerebbero in faccia, tanto più orribile di così non può diventare >> di nuovo tutti scoppiarono a ridere mentre il cuore di Sara si spezzava in due

che ti aspettavi?

 

 

Che Mario potesse veramente interessarsi ad una come te?

Sara affondò la faccia nei cuscini rosa e scoppiò a piangere.

Sei la più brutta della scuola

Singhiozzi, singhiozzi disperati, il respiro strozzato e la voglia di soffocarsi con quel cuscino.

i ragazzi ti sputerebbero in faccia

le lacrime non cessavano.

tanto più orribile di così non può diventare

le lacrime non cessavano. Non cessavano.

Sei brutta. Grassa. Nessuno ti vorrà mai. Mi fai pena.

Le lacrime non cessavano, non cessavano, non cessavano.

 Risate. Risate. Risate. Terribili e cattive risate

Le lacrime non cessavano, non cessavano, non cessano MAI.  

Sara in quel momento ricordò tutti i momenti più umilianti di quegli ultimi mesi nella nuova scuola.

Quella volta che Tamara aveva letto il suo diario davanti a tutti, la sua cotta per Mario, la sua paura del buio…

Quella volta che le avevano messo la colla sulla sedia e Silvia aveva detto con falso tono di rimprovero “ragazzi! Perché ridete! Non si prendono in giro le persone così grasse che non riescono neanche ad alzarsi dalla sedia”

Quella volta in cui tutta la classe si era riunita in cerchio intorno a lei ed aveva intonato in coro “brutta, grassa, mongolfiera, mongolfiera, brutta, grassa, mongolfiera, mongolfiera…” il suo cuore si era spezzato ancora, la terribile sensazione che tu sarai per sempre presa in giro perché sei solo una brutta e sciatta grassona che tutti trattano male.

Quella volta in cui, per cercare di farsi amici qualcuno aveva preparato con attenzione ed amore dei biscotti al cioccolato da offrire in classe e non erano neanche stati assaggiati, li avevano buttati a terra e calpestati senza ritegno sputandoci sopra e gridando “ma che schifo è questo?” “blea, come pretendi che mangiamo questa merda?”

E quella volta in cui due ragazze l’avevano picchiata in bagno dopo averle “involontariamente” strappato la sciarpa fatta a mano dalla nonna per il suo compleanno definendola una “Merda fatta da una vecchia lurida e schifosa”.

E ricordava quella voglia di correre a casa ed abbracciare il suo adorato orsacchiotto di peluche e stringerlo forte forte e piangere fino ad esaurire le lacrime.

Il campanello suonò. Sara si alzò di peso strofinandosi gli occhi arrossati dalle lacrime ed aprì la porta senza neanche chiedere chi era.

Si ritrovò davanti Silvia e le sue amiche/cloni con una faccia dispiaciuta e supplichevole.

<< Saruccia ci dispiace tanto >> iniziò Silvia

<< non volevamo prenderti in giro così >> continuò clone1

<< ci fai entrare? >> chiese supplicante clone2.

Sara esitò, poteva essere un piano per umiliarla ancora? Decise di fidarsi. Forse le cose sarebbero andate meglio, forse si sarebbe fatta delle amiche, si sarebbe divertita.

Ma si! finalmente le cose vanno per il verso giusto.

 

O almeno così credeva.



angolo autrice

ciao a tutti. vi ringrazio di cuore se siete arrivati fin qui. Ho deciso di scrivere questa storia per dare voce ai tanti ragazzi, perchè sono veramente tanti, vittime di bullismo che non parlano. Come Sara che non ha la forza di difendersi nella nuova scuola  e che, con l'aiuto di qualcuno, riuscirà a reagire.
Eastre . 





                                                 


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Capitolo 2
*** II ***



dedico questo capitolo
alle mie amate lettrici
siete fantastiche ragaz-
ze! davvero.


<< grazie Sara >> sorrise Silvia mettendosi la giacca rosa confetto

<< grazie >> squittirono in coro i due cloni, che poi tanto cloni non erano, Sara aveva imparato a conoscerli: Anna e Maria, non erano così male a parte il fatto che ripetevano qualunque cosa dicesse Silvia.

La bionda osservò un ultima volta la mensola dove erano allineati i peluche e si lasciò scappare un furtivo sorriso. Posò la piccola borsa a tracollo e salutò con la mano Sara prima di uscire chiudendo delicatamente la porta.

In quel momento una sensazione di serenità invase l’animo della ragazzina, aveva voglia di accendere la radio a tutto volume o correre per i centri commerciali e comprare tutti i vestiti che potevano andarle bene, ancora non riusciva a crederci! Si stava integrando finalmente! Dopo due mesi passati tra persecuzioni e prese in giro lei. SI. ERA. FATTA. DELLE. AMICHE!

Ed amiche del calibro di Silvia!

Non gli era neanche passato per la testa tutte le cose brutte che le aveva fatto quella ragazza, l’aveva perdonata e basta senza pensarci un secondo, succedeva sempre così del resto. Qualche volta gli era capitato di parlare “civilmente” con qualche compagno ed in quel momento una sensazione di felicità la invadeva e la dolce idea che le cose sarebbero andate meglio…ed invece quel compagno gli si rivoltava contro nel peggiore momento facendo rifondare l’angoscia nel suo stomaco.

Si buttò con le braccia spalancate sul letto che cigolò per il suo peso, ma per una volta non ci fece caso, e sorrise guadando il soffitto rosato spruzzato da qualche nuvoletta bianca.

Un nuovo inizio!

Guardò fuori dalla finestra, era sera, le stelle si potevano vedere scintillanti e radiose come la collana di una bella donna, quante volte Sara aveva sognato di volare via e diventare una bellissima stella?

Le stelle non si odiano a vicenda, le stelle sono tutte belle, sono tutte uguali nel grande cielo della notte

Si disse affacciandosi alla finestra ed assaporando la fresca aria autunnale. Era felice si, aveva voglia di saltare per tutta la stanza, nello stomaco mille emozioni si contorcevano fra loro, era come se nel suo intestino ci fosse un groppo dorato che può sbloccarsi solo urlando un “sono felice finalmente!”

Sorrise ancora girandosi ed osservando la sua camera nascosta nella penombra, la casetta delle bambole sul comodino era piaciuta alle ragazze, si erano divertite giocando a Monopoli, a carte e con i suoi amatissimi peluche…quella giornata non poteva andare meglio di così.

 

Quella mattina l’ansia dell’entrata in aula gli era scivolata via con un semplice e profondo respiro. Quella mattina la paura dei compagni era sparita, adesso poteva entrare e sapere che c’erano tre ragazze pronte a difenderla. Posò la mano sulla maniglia, non le importava neanche della figura fatta il giorno prima con Mario, finalmente aveva delle amiche! Finalmente era felice!  Finalmente….

Ridacchiavano, TUTTI. QUANTI. RIDEVANO. DI. LEI.

Vedeva Tamara indicarla e squittire qualcosa nell’orecchio di Amalia e Diego e Francesco ridacchiare mentre si sedeva sul banco affianco al loro. Ma non erano solo quei ragazzi a ridere, era tutta la classe a ridacchiare sotto i baffi. Alzò lo sguardo verde e già pieno di stupide e cocenti lacrime e cercò Silvia ed i suoi clon…Maria ed Anna. Ma quando le vide il suo cuore ebbe un tuffo, senti le lacrime colargli lungo le guance come lame calde.

RIDEVANO

Quelle che credeva delle amiche stavano ridendo di lei.

Silvia aveva la mano sul petto ed il busto all’indietro e rideva sguaiata mentre dalle labbra dei due cloni uscivano risatine che tentavano in vano di trattenere nascondendole con il libro di storia e tutte quante guardavano lei.

Si sentì sola, abbandonata a se stessa e con la voglia di correre a casa sua e chiudersi dentro per il resto della vita senza farsi più vedere da nessuno.

Si alzò asciugandosi le lacrime, non sapeva perché ridevano…forse aveva qualcosa sulla faccia? o ridevano dei suoi vestiti un po’ infantili? Cosa?! Cosa?! COSA?!

Cosa c’è che non va in me?!

Tirò su col naso. Non sentiva altro che risate ovattate, come separate da un muro fragile ed il suo respiro irregolare farsi sempre più raro a causa dei singhiozzi che le bloccavano i polmoni. Corse in bagno fra i cori di risate più alti e la voce di Bellini che gracchiava beffardo << dove vai principessina? A nascondere la tua brutta faccia? >>

Corse per i corridoi, due ragazze si fermarono ad osservarla e scoppiarono a ridere.

Cos’ho che non va?!

Corse, sempre più veloce, sentiva solo i respiri affannati ed il rumore incessante e doloroso delle risate dei suoi compagni, Si chiuse in bagno in uno scatto, aveva ancora il fiatone e le lacrime agli occhi senza il coraggio di girarsi per vedere se qualche altra ragazza rideva di gusto alla sua vista. Già si immaginava con gli occhi gonfi ed orribili, i capelli ancora più luridi, il corpo grasso e sudato

Che schifo! Mi faccio schifo!

Si accovacciò nell’angolo affianco alla porta ed iniziò a singhiozzare portando le ginocchia al petto e nascondendo il viso fra le mani.

Ti prego, fa che non ci sia nessuno…

Supplicò con tutte le sue forze, sperando che se c’era un Dio almeno, dopo tante sfortune, le esaudisse un piccolo desiderio.

Ed invece no. Sentì de passi su dei tacchi simili a rulli di tamburi un po’ incerti.

NO! NO! NO! Non guardarmi! Esci ti prego!

Aspettò qualche secondo. Cosa le avrebbe fatto? L’avrebbe presa per i capelli e con un ghigno compiaciuto le avrebbe gettato a faccia sotto al lavandino, l’avrebbe costretta ad aprire la bocca e poi una sua amica avrebbe aperto il lavandino facendo entrare l’acqua a fiumi nella sua bocca spalancata? Era già successo e ricordava benissimo le risate di quelle tre mentre urlavano “bevi maiale!”.

Ignorami! Ignorami! Ignorami!

Supplicò tra se. Ma la ragazza non se ne andava, sentiva una presenza a pochi passi da lei, quella era in piedi davanti a lei .

Deglutì e con uno sforzo inumano alzò lo sguardo gonfio pensando che tanto peggio di così non poteva andare. Si aspettò di incontrare un malefico ghigno e due occhi cattivi.

Ed invece incontrò due occhi tristi e contrariati ed una smorfia esitante dipinta sul bellissimo volto di una ragazza che le era vagamente familiare.

La ragazza rimase li rimettendosi a posto una ciocca rossa scappata alla mollettina che teneva poco sopra all’orecchio.

Sembrava voler dire qualcosa, alzò la mano come per posarla sulla sua spalla ma non lo fece, la ritrasse come se avesse appena ricordato una cosa importante e se ne andò facendo rimbombare nell’aria l’eco dei suoi tacchi a spillo insieme ai singhiozzi si Sara.

 

<< stupidi dementi! >> gracchiò Silvia tra se si Silvia avviandosi a parso nervoso verso il bagno, glielo aveva detto almeno venti volte di non ridacchiare..bha! non si ci poteva fidare di nessuno in quella classe di sgualdrine e cretinetti deficienti.

Aprì la porta del bagno con un sospiro e – come da programma – Sara era intenta a piagnucolare in un angolo

<< tesoro >> iniziò sedendosi affianco a lei. Non la degnò di uno sguardo, continuò a singhiozzare.

Ma chi me lo sta facendo fare?!

<< ascolta >> iniziò sforzandosi di ottenere un tono mieloso, e – come da programma – posò una mano sulla spalla grassa e viscida della ragazzina, un brivido la percorse e la familiare espressione schifata le si dipinse sul volto, deglutì cercando di farla scomparire

<< Saruccia non so tu cosa abbia capito ma noi non ridevamo certo di te! Come ti viene in mente!>>

La sfigata alzò lo sguardo (schifosamente gonfio ed arrossato…BLEA!) e per un attimo su quegli occhi si dipinse la speranza.

Dentro di se Silvia ghignò, fuori di se Silvia sorrise rassicurante.

<< ma certo che no! Io e te siamo amiche come puoi pensare che noi tutti ridevamo di te? >>

<< da…davvero? >> balbettò con un sorriso ancora più speranzoso.

<< ma certo! >> esclamò Silvia dandole un buffetto sulla guancia (schifosamente umida ed arrossata…BLEA! )

<< anzi! >> iniziò tirandosi su e porgendo la mano all’ “amica” (schifosamente sudaticcia e molle…BLEA!)

<< anzi, sai una bella cosa? Sta sera ci sarà una festa a casa mia, compra un bel vestito, pettinati, lavati, truccati ed alle nove fatti trovare a casa, sai qual è giusto? Quella grande verso via delle Mimose, non puoi sbagliare, numero 18. e ricordati, li per le 21.30, in punto >>

 

Sara si guardò alla specchio, non le era mai piaciuto guardarsi allo specchio, vedere quelle cosce grasse, quella pancia sovrabbondante, la faccia grassa…eppure quella sera si sentiva bene. Le sembrava quasi di vedersi più bella stretta in quel vestito da sera nero che sembrava affinare il suo fisico sgraziato, anche il leggero trucco le sembrava perfetto per l’occasione. Tutta la tristezza e l’angoscia di quella mattina a scuola erano sparite, adesso pensava solo a come si sarebbe divertita alla festa di Silvia…la musica, i balli il cibo…si! era veramente felice!

 

La musica si sentiva anche dalla via buia, usciva ovattata e sfacciata credendosi più forte del muro che la teneva rinchiusa.

L’aria sapeva di sudore, di fumo e di alcol. Sara si sentiva fuori posto, come sempre, lei che non aveva mai fumato una sigaretta, lei che era andata solo ai tranquilli compleanni delle sue amichette quando era piccola, lei che trovava il sapore della birra per niente buono. Già, in mezzo a quella massa di ragazzi urlanti ed ubriachi che saltavano al ritmo di quella che non poteva essere definita musica, non si trovava per niente bene, se ne stava in disparte in un angoletto a sorseggiare coca-cola con l’ansia di qualcuno che le chiedesse di bere una birra o le offrisse una sigaretta…cosa avrebbe fatto? Avrebbe detto di si per far capire che anche lei era una “giusta”? avrebbe detto di no facendo, per l’ennesima volta, comprendere che lei era una sfigata? Cosa? Cosa?! COSA?

<< hey Saruccia >> la ragazza sentì improvvisamente tutto il sangue defluirle dal corpo, in quel momento doveva assomigliare ad un cadavere, con gli occhi sgranati e la bocca tremante mentre alzava lo sguardo timoroso e stringeva convulsamente la borsetta di stoffa scura

<< Ma..Mario >> balbettò dopo una lunga pausa. Il ragazzo sorrise mettendo in mostra i denti sbiancati dal dentista generosamente pagato da papà. Si sedette affianco a lei e sospirò << Sai Sara, mi dispiace per quello che ho fatto, io non volevo dire quelle cose, volevo solo far ridere Carlo e sai una cosa…ti trovo molto carina >>

<< Da…Davvero >> un sorriso dolce si dipinse sulle sue labbra e le gote le si arrossirono dandole un aria felice e gioiosa.

Anche Mario sorrise e con un gesto della mano la invitò ad alzarsi. Poi comparvero Silvia ed i due clo...le due amiche Maria ed Anna. Quella serata non poteva andare meglio di così! Adesso era veramente felice…

<< no >> rise Mario

<< no cosa? >> chiese perplessa lei guardando interrogativa Silvia. In risposta la ragazza le lanciò un sorriso cattivo e corse verso il palco sorpassando la folla di ragazzi che ballavano e spintonando qualcuno mentre lei la osservava sempre più perplessa.

Sara si guardò spaesata intorno. La musica era improvvisamente cessata e tutti i ragazzi guardavano la slanciata figura di Silvia che svettava sul palchetto e prendeva con grazia il microfono dalle mani di un ragazzetto brufoloso

<< vi state divertendo? >> chiese con enfasi. Un coro affermativo ed ubriaco si diffuse nell’aria facendo dipingere sul bel volto della ragazza un sorriso affermativo.

<< bene, allora dovete sapere una cosa >> lanciò un rapido sguardo in direzione di Sara che fu colta da quella strana sensazione alla bocca dello stomaco come se tanti piccoli sassolini lo stessero facendo scoppiare.

<< ho stretto amicizia con una ragazza, si chiama Sara >> iniziò prendendo in mano il telecomando ed azionando il maxischermo alle sue spalle

<< non sei affatto carina >> sussurrò crudele e spietato Mario nel suo orecchio. Le immagini iniziarono a scorrere sul grande monitor fra le risate di tutti. C’era la sua camera rosa, con tutti i peluche e la casetta delle bambole. Cha stupida! Sara non aveva pensato che la sua amata cameretta potesse essere motivo di presa in giro!

E poi il colpo di grazia. Sul grande schermo passò un immagine di lei ritoccata al computer con un vestito da sera disegnato in malo modo col colore rosso ed una corona gialla ed a grandi lettere cubitali sopra la sua testa albeggiava la scritta “LA PIU’ BRUTTA DELLA SCUOLA” .

Gli occhi le si riempirono di lacrime.

<< davvero credevi che io potessi diventare amica di una come te? >> rise sguaiatamente Silvia sovrastando i risolini di tutti i presenti << ho ricorso a tutte le mie forze per non suicidarmi mentre mi facevi vedere la tua collezione di “merdosi Peluche” >> poi sul suo volto si dipinse un ghigno di soddisfazione come se da quella distanza potesse vedere le lacrime calde e spietate di quella “perdente” cadergli lungo le guance.

I suoi amatissimi cuccioli di stoffa definiti “merdosi peluche”.

La sua amata cameretta derisa da tutti.

Ma non era ancora finita, mentre le immagini continuavano a passare incessanti e taglienti. Silvia estrasse dalla borsetta un orsetto dal manto di stoffa bianca con un sorriso dipinto sulle labbra e due grandi occhi dolci

<< no >> supplicò tra i singhiozzi. Quello che Silvia stringeva fra le unghie tinte di rosso era il suo amato orsetto che le aveva regalato la nonna quando era piccola, l’ultimo ricordo che aveva di lei, Silvia non poteva…

STRAP

<< ops! >> esclamò Silvia portando le mani alla bocca fingendosi dispiaciuta dopo aver rotto il braccio all’orsetto

<< ops! >> disse di nuovo strappandogli crudelmente la testa

<< ops! >> ed alla fine anche la gamba mentre un ghigno divertito le si dipingeva sulle labbra rosso fuoco.

Le lacrime non cessano Mai ...

Per un secondo, nella mente della piccola Sara, scomparvero le risate della folla, gli strappi che Silvia infliggeva al suo amato orsetto e Mario che rideva a squarciagola al suo fianco, rimase solo l’immagine senza suono di Silvia che gettava come se fosse spazzatura il suo orsetto nella porta aperta del bagno a pochi passi dal palchetto.

 

Sara si chinò tra i singhiozzi raccogliendo la poltiglia grigiastra abbandonata sulle gelide mattonelle del bagno che era diventata il suo orsacchiotto. Lo strinse forte al petto singhiozzando sempre di più.

Si girò per uscire e correre a casa, ma quando alzò lo sguardo incontrò due occhi blu che la squadravano incolore. La ragazza dai capelli rossi era sul ciglio della porta e la osservava pensierosa. Che volesse umiliarla ancora? Che volesse prenderla in giro?

Scappò via superandola asciugandosi le lacrime di dolore e continuando a correre tra le risate dei ragazzi che la indicavano sghignazzando, corse in mezzo alla strada, lontana da quel mondo che non era suo.

 

Rovesciò la casetta delle bambole con un singhiozzo, buttò a terra il divanetto rosa confetto tra le lacrime, lanciò sul pavimento gelido i suoi peluche allineati ordinatamente sulla mensola  e si lasciò andare sul letto soffocando i singhiozzi nel cuscino

<< perché?! >> urlò alzando lo sguardo ed incontrando quello che della luna, dolce e materna che regnava sulle stelle << luna perché devo soffrire tanto? Perché quei ragazzi senza cuore non smettono di umiliarmi?! Ti prego luna, ti prego aiutami…>>

Si addormentò piangendo tra i singhiozzi ignara del fatto che il suo desiderio stava per essere esaudito.


angolo autrice.
questo capitolo finisce con una frase di speranza, si perchè da questo momento in poi Sara tirerà fuori la grinta con l'aiuto di qualcuno e forse alcune di voi avranno capito di chi. Ringrazio ancora tanto chi ha recensito, non è da tutti lasciare un segno del proprio passaggio, e voi siete semplicemente UNICHE.

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