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di Atelo_Phobia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coppie Scoppiate ***
Capitolo 2: *** Auditorium ***
Capitolo 3: *** Non Lasciarmi ***
Capitolo 4: *** Tra Le Mura Di Un Castello ***
Capitolo 5: *** Il Giorno Dopo ***
Capitolo 6: *** Pulizie Di Fine Inverno ***



Capitolo 1
*** Coppie Scoppiate ***


Coppie Scoppiate


 

Dopo essere entrati nell’aula, i ragazzi presero posto, aspettando l’arrivo di Will, che ancora non si era fatto vivo. Con immensa gioia, notò Santana, quella fastidiosa pustola della Berry non c’era, ma conoscendola avrebbe potuto scommettere che si fosse fermata in corridoio per fare due chiacchiere con il professor Shue, probabilmente per discutere della prossima canzone che avrebbe cantato. Si sarebbe trascinata fino a scuola a cantare anche se fosse stata investita da un tir, Santana ne era più che sicura, ma per un istante si immaginò alla guida di un camion che erroneamente continuava a passare sopra la carcassa di una finalmente silenziosa Rachel Berry.
Ma proprio sul più bello della sua fantasia, il professor Shuester fece il suo ingresso nell’aula, seguito dalla già ampiamente citata nana nasona.
<< Ma tu non ti eri trasferita a New York? >> le chiese Santana, con ancora un punta di speranza della voce.
L’altra la guardò malissimo. << Ma che stai dicendo? >>
<< Oh, era solo un sogno, allora... >> sembrava molto delusa << Ecco perché stamattina mi sono svegliata così di buon umore... peccato! >>
<< Su, su ragazze... >> le rimproverò Will << Allora, ho una notizia interessante per tutti voi >>
All’improvviso l’aula si fece improvvisamente silenziosa, e persino Puck scostò lo sguardo da Santana, concentrandosi sull’insegnante.
<< Il preside vuole che quest’anno il Glee club si esibisca alla giornata dell’arte di Lima. Ognuno di voi avrà la possibilità di esibirsi durante le pause dello spettacolo annuale, e il ricavato dai biglietti acquistati andrà in beneficenza... Allora, che ne dite? >>
Rachel alzò la mano. << Ma ci esibiremo in coppia o singolarmente?? >> lanciò un’occhiata penetrante a Finn.
<< Canterete dei duetti, perciò direi in coppia, ragazzi >>
Bastarono le due magiche paroline (in realtà anche solo una , l’ ”in” era una preposizione necessaria) e ogni membro del Glee club, a eccezione di Puck e Lauren che si diedero il cinque, anche se il ragazzo lanciò un’impercettibile occhiata nella zona in cui era seduta Santana, cominciò a guardarsi intorno circospetto: Tina, essendo Mike negato nel canto, si voltò disperata cercando di intercettare lo sguardo di Artie, rivolto invece verso Brittany, che poteva giurare d’aver appena visto un folletto che saltellava da una lampada al neon all’altra, perciò fissava il soffitto con estremo interesse.
Artie ancora la osservava, speranzoso, sino a quando non incontrò lo sguardo omicida di Santana, che mormorò in un sussurro perfettamente udibile << Tu avvicinati e io ti strangolo >>, costringendolo ad abbassare lo sguardo. Finn,che sembrava essersi appena svegliato da un piacevole sonnellino, osservava con fin troppa attenzione la sua mano destra, cercando, senza riuscirci minimamente, di ignorare Rachel e Quinn che si lanciavano sguardi infuocati, e sembrava solo questione di tempo prima che cominciassero a sputare fiamme.
Ma Will troncò ogni loro intenzione sul nascere. << Ragazzi, è un po’ che ci penso: la nostra dovrebbe essere una grande famiglia, un luogo dove sentirsi accettati, ma invece di sostenervi l’un l’altro trascorrete la maggior parte del tempo a litigare tra di voi. Sono sicuro che se solo vi conosceste meglio diventereste tutti quanti ottimi amici, perciò, sarò io a scegliere le coppie per i duetti della giornata dell’arte... >>
<< Cosa!? >> sbottò Rachel << ma io devo stare con qualcuno che sia alla mia altezza, come... Finn, per esempio >>
<< Oh, ma fammi il piacere >> fece Quinn << ti prego non fare finta di averlo nominato per caso... non aspetti altro che cantare con lui per portarmelo via... >>
<< Ok, ok, ragazze calma >> le interrupe Will << Ho detto che sarò io a decidere >>
All’improvviso i ragazzi si zittirono, incrociando le dita dietro la schiena.
<< Allora... Mercedes con... Sam >> entrambi sorrisero sotto i baffi << Brittany con... mah, non saprei.. Puck? >> entrambi annuirono << Santana con...Artie, senza alcun dubbio... >>
<< Cosa!? >> esclamarono i due all’unisono << Lei sta scherzando.... Con Due Ruote??? >>
Ma Will la ignorò continuando imperterrito << Tina con Kurt, Lauren con Mike... su ragazzo non fare quella faccia, non sei così male a cantare >> aggiunse notando la sua espressione esattamente a metà tra lo schifato e il sorpreso << E poi... >> continuò facendo scorrere lo sguardo su tutti i ragazzi << Ovviamente Rachel tu sei con Quinn >>
Rachel tentò il tutto per tutto esibendo la sua faccia da cane bastonato, cercando di suscitare pena nei confronti di Will, che rimase però imperterrito, mentre Quinn sembrava sul punto di avere un attacco di cuore.
<< Bene, ora che abbiamo – ho – stabilito le coppie, vi chiedo di scegliere un duetto entro la fine della settimana. Non vedo l’ora di ascoltare i vostri pezzi!! >> aggiunse entusiasta. << Ah, ragazzi... >> continuò osservando le loro facce << non siate tragici... >>

A differenza di quanto aveva sperato Santana lo shock di essere stata accoppiata con Quinn non aveva sconvolto Rachel a sufficienza da riuscire a zittirla per più di cinque minuti, che notò con disappunto, erano appena scaduti.
<< Prof Shue >> disse Rachel << Visto che c’è ancora tempo vorrei cantare una canzone >>.
Fortunatamente, per Rachel, e non certo per Santana, mancavano ancora cinque minuti alla fine della lezione, perciò, la classe si preparò all’ennesima performance della ragazza.

♫I Am Unwritten
Can’t Read My Mind
I’m Undefined
I’m Just Beginning
The Pen’s In My Hand
Ending Unplanned…


<< Santo Cielo >> si stava lamentando Santana nel frattempo << altro che venerdì 17, oggi è la mia giornata sfortunata >> sospirò teatralmente << prima mi mettono in coppia con Due Ruote, e adesso mi tocca sorbirmi l’undicesima piaga d’Egitto che canta, di nuovo >>
<< Non dirlo a me >> fece Quinn << a quanto pare qualcuno là in alto ci odia >>
<< E tenendo conto la sua tutt’altro-che-considerevole altezza, direi che non è Rachel Berry >>
Brittany s’intromise nel discorso: << Dev’essere il folletto che mi ha seguito fino a scuola >>
Quinn la guardò male.
<< Sono sicura di averlo visto sul soffitto prima >>
Quinn stava per risponderle, ma si interruppe notando lo sguardo intenerito che Santana aveva lanciato all’amica.
<< San... >> disse cercando di riportarla alla realtà, distraendola da Brittany << San... >>
<< Che c’è?? >> rispose questa << Stavo solo... >>
<< Osservando il panorama >> concluse Quinn per lei con un cenno rivolto a Brittany.
In quel momento suonò la campanella, e dopo avere rivolto uno sguardo da “fanne parola con qualcuno e ti passo sopra con lo stesso tir con cui ho mentalmente investito la Berry” a Quinn, Santana si avviò fuori dall’aula, il più lontano possibile da quel puffo ebreo.

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Capitolo 2
*** Auditorium ***


Auditorium








 

Rachel la individuò alla ricerca di qualche libro nel suo armadietto, tra Brittany e Santana, e si diresse subito da lei, pronta per illustrarle il piano di lavoro che aveva appena messo a punto.
<< Oh Santo Cielo, Berry >> esclamò Santana con un’espressione che tutto lasciava trasparire eccetto gioia << Ti prego dimmi che hai un pessimo senso dell’orientamento o che sei diventata cieca, tra l’altro solo questo potrebbe giustificare quel maglioncino, e che è soltanto un errore se ti trovi qui, ad una distanza inferiore ai cento metri da me... Perché, credimi, mi risulta già insopportabile non assumere un sarto per cucirti quel forno immenso durante il glee, e credo che non potrei sopportare ulteriormente la tua vista... >>
<< Non sono venuta qui per te, Satana, ma per... >>
<< Guarda che lei si chiama Santana >> la interruppe Brittany << con la “n”>>
Rachel le restituì uno sguardo vacuo.
<< La “n”... >> insistette Brittany convinta << di... Montana... no, quella è la “m”... la “n” di... mah non lo so, però è una vocale importante >>
<< Ok ok lasciamo perdere >> disse Rachel << comunque sia, non sono qui per te e Santana >> Brittany le fece l’occhiolino << ma per parlare con Quinn >>
Santana ridacchiò sotto i baffi. << Oh, be’, divertiti Q. Vorrei rimanere, ma il dovere mi chiama... con un po’ di fortuna, anche tu, come Gargamella, ti sveglierai scoprendo che è stato tutto un sogno e che i puffi non esistono... >> la salutò allontanandosi con Brittany.
<< Come non esistono? >> esclamò Brittany preoccupata...

<< Allora, che vuoi Berry? >> chiese Quinn
<< Penso che ci dovremmo organizzare per le prove... sai, per il duetto di beneficenza... >> rispose Rachel
<< Oh, sì, l’avevo dimenticato... >>
<< Oggi sei libera per... facciamo alle due e mezza? >>
<< Credo di sì, ma da me non possiamo >> disse Quinn evasiva
<< Oh, allora penso che ci dovremo trovare in auditorium, perché i miei vicini hanno giurato sulla testa della loro figlia che se mi sentono un’altra volta cantare mi denunciano per inquinamento acustico >>
<< Ah, davvero? >> la guardò Quinn << allora potrei passare da te... >> continuò sorridendole.
Rachel rimase per un istante interdetta, senza sapere se fosse un insulto del genere che le rivolgeva Santana o se stesse solo scherzando.
<< Che c’è? >> domandò Quinn << era soltanto una battuta. Comunque ci vediamo in auditorium per le due e mezza. E mi raccomando >> aggiunse prima di allontanarsi << acqua in bocca, perché se Santana scopre che non ho sfruttato la possibilità di farti denunciare, credo potrebbe uccidermi a mani nude >>
<< Ok >> mormorò Rachel debolmente osservandola avviarsi a lezione.

*

<< Eccomi >> disse Quinn non appena varcò la soglia dell’auditorium.
Le bastò rivolgere uno sguardo al palco, per scoprire che Rachel e quel suo terribile maglioncino (Santana aveva proprio ragione) erano già arrivati.
<< Ehi >> la salutò appoggiando la borsa ad una sedia e salendo sul palco.
<< Mmmh >> rispose l’altra ignorandola e continuando a leggere con estrema attenzione un pacco di fogli...
<< Rachel? Ci sei? >> Silenzio totale.
Per almeno altri cinque minuti Rachel continuò a fissare come un’ossessa un foglio dopo l’altro canticchiando sottovoce una canzone che a Quinn sembrava di conoscere. Poi, con fare eccessivamente melodrammatico chiuse gli occhi, inspirò, batté le mani << Ma che stai facendo? >> strillò Quinn, riaprì gli occhi, la fissò come un’invasata, e poi si schiarì la voce: << Allora Quinn >> esordì solennemente << prima di iniziare credo di doverti illustrare ciò che ho scoperto riguardo alle altre coppie >>
<< Eh? >>
<< Senti Quinn >> Rachel appariva vagamente minacciosa << tu canti piuttosto bene, te ne devo dare atto, e io... be’, sappiamo tutti che sono impareggiabile >> Ma che ci aveva fatto con la modestia quella ragazza??? L’aveva presa a mazzate??
<< Ma per quanto l’essere in coppia con me generalmente sia una garanzia di vittoria, non dobbiamo assolutamente prendere questa competizione sotto gamba... >>
<< Rachel ma è per beneficenza >> le ricordò Quinn
<< Senti, per una come me ogni occasione può essere quella decisiva, perciò non ho intenzione di rinunciare alla vittoria... Broadway è dietro l’angolo, chiaro? >>
Dietro l’angolo? Ma l’aveva mai vista una cartina geografica?
<< Cristallino >> rispose Quinn vagamente impaurita.
<< Ottimo. Perciò, ho assunto una persona, di cui non ti potrò svelare l’identità... >>
<< Eh? >> la interruppe Quinn. Doveva essersi persa un pezzo del discorso. Doveva.
<< Che chiameremo agente X >> continuò Rachel imperterrita << che nel corso di questi giorni ha osservato con estrema attenzione i membri del glee al fine di scoprire come procede il loro lavoro. E qui >> sollevò il pacco di fogli << ha riportato le informazioni più interessanti... >>
<< Oh Santo Cielo, Santana ha ragione, tu hai un problema serio >>
<< Allora >> annunciò Rachel schiarendosi la voce << Su Mike e Lauren non c’è poi molto da dire; nessuno dei due un cantante provetto, e parlandoci chiaro, non sarebbe comunque abbastanza, non se devono battere me... Comunque lasciamo stare e andiamo avanti... Tina e Kurt sono un mistero... >> Quinn la osservava sconvolta << Kurt mi conosce troppo bene, perciò sospetta di me... >> le spiegò Rachel << ogni informazione sul suo conto va verificata prima, potrebbe essere un tentativo di depistaggio, ma tranquilla, il mio agente X ci sta lavorando. Poi, vediamo un po’ >> rilesse velocemente i fogli << Ah, giusto... Allora, per quanto riguarda Puck e Brittany sono un po’ confusa; mi sembra che stiano prendendo la competizione un po’ troppo alla leggera... >>
<< Sì, Rachel, perchè è per beneficenza >>
ripetè Quinn << per B-E-N-E-F-I-C-E-N-Z-A >>
<< Comunque l’agente X dice che non si sono ancora incontrati al di fuori dell’orario scolastico per lavorare insieme; in compenso pare che la casa di Puck sia parecchio frequentata da numerosi gruppi di ragazze; mentre Brittany passa un sacco di tempo con Santana, ma... >> Quinn ridacchiò sotto i baffi << non mi stupisce, del resto sono amiche.Che c’è? >> chiese poi notando il sorrisetto di Quinn
<< Niente >> disse l’altra evasiva << vai avanti, dai >>
<< Giusto. Allora, riguardo a Santana... non c’è di che preoccuparsi...lei e Artie si sono incontrati una sola volta e non credo sia andata molto bene. L’agente X era appostato fuori casa di Santana e dice che ha sentito un tonfo poco rassicurante provenire dalla stanza dove stavano lavorando. In più il giorno successivo Artie è rimasto a casa da scuola, e quando è tornato esibiva dei lividi enormi. E ha confessato di aver chiesto alla madre di poter cambiare scuola >>
<< Davvero??? Cavoli, non lo sapevo. In effetti deve essere piuttosto bravo questo tuo misterioso agente, no Rachel >> aggiunse notando la sua smorfia << mi rifiuto di chiamarlo X, è semplicemente troppo. Comunque cavoli, come ha fatto a scoprirlo?? >>
<< Oh, veramente questo è merito mio. Artie ne stava parlando con Puck nel bagno dei ragazzi l’altro giorno e sono riuscita a cogliere il succo del discorso >>
Quinn la fissava con gli occhi spalancati. Dal terrore, probabilmente.
<< Ok Berry, sarò sincera. Sì, mi fai paura, e no, non sono armata, a mio rischio e pericolo, ma visto che devo lavorare con te... rendiamolo il meno doloroso possibile e cominciamo >>
<< Va bene >> disse Rachel mettendo da parte tutti i fogli, tranne uno << qua ho scritto una lista di canzoni che credo potrebbero andare bene. Dacci un’occhiata >>
Quinn osservò la liista. Ma la sua attenzione fu immediatamente catturata da una canzone.
<< Questa non possiamo cantarla >> disse seria.
<< Quale? >> chiese Rachel distratta.
<< I Feel Pretty/Unpretty >>
<< Qual è il problema? >>
<< Nessun problema >> rispose secca. << Non la voglio cantare. Non mi piace. >>
<< Ok >> disse Rachel a bassa voce << se non ti va... >>
<< Grazie >> sussurrò Quinn debolmente sospirando di sollievo
<< Ma >> continuò Rachel << la canti benissimo >>
Lo sguardo di Quinn era fisso a terra. L’auditorium era immerso nella quasi totale oscurità, ma forse proprio per questo Rachel riuscì a vedere una piccola goccia macchiare il palco, dopo aver scintillato per un istante sotto l’unica luce che invadeva la stanza.
<< Devo andare >> disse Quinn all'improvviso. la sua voce si era fatta rauca. E tremava, anche. Appena appena.

Rachel annuì e la osservò scendere dal palco e prendere la borsa.
<< Quinn >> urlò << mi servirebbe il tuo numero di cellulare, sai... per le emergenze >>
Lei annuì e le scrisse il numero su un pezzo di carta, poi se ne andò.
Rachel rimase in silenzio per un po’, guardandosi intorno come alla ricerca di qualcosa, seminascosto nell’oscurità, che non riusciva che a sfiorare. Poi afferrò un foglio, e cominciò a leggere.

♫I wish I could tie you up in my shoes
Make you feel unpretty too
I was told I was beautiful
But what does that mean to you
Look into the mirror who’s inside there
The one with the long hair
Same old me again today

My outsides are cool
My insides are blue
Everytime I think I’m through
It’s because of you
I’ve tried different ways
But it’s all the same
At the end of the day
I have myself to blame
I’m just trippin’

You can buy your hair if it won’t grow
You can fix your nose if he says so
You can buy all the make-up that mac can make
But if you can’t look inside you
Find out who am i to
Be in a position to make me feel so damn unpretty

I feel pretty
Oh so pretty
I feel pretty and witty and bright

Never insecure until I met you
Now I’m being stupid
I used to be so cute to me
Just a little bit skinny
Why do I look to all these things
To keep you happy
Maybe get rid of you
And then I’ll get back to me(hey)


Ora capiva.
Era più facile nascondersi dietro ad un naso perfetto, a due occhi capaci solo di vedere, ma terrorizzati dall’idea di guardare. Era più facile continuare a ridere, che piangere, anche se quello sulle sue labbra non era il suo sorriso, e forse non lo era mai stato. Sarebbe riuscito a diventarlo con il tempo? Era più facile rimanere immobile, che iniziare a camminare rischiando di inciampare e cadere. Era più facile chiudere gli occhi, che guardarsi ad uno specchio, senza possibilità di cancellare tutti i difetti.
Ma se solo l’avesse fatto pensò Rachel, si sarebbe accorta che dietro ai suoi occhi, c’era soltanto il bisogno di essere presa per mano e salvata. Forseun giorno si sarebbe ricordata del suono di una risata, che dura nel tempo e non smette mai di risuonare da qualche parte, in fondo al cuore. Si sarebbe accorta che lungo quella strada che temeva di percorrere, l’avrebbe sempre accompagnata qualcuno pronto a tenerla per mano, se ce ne fosse stato bisogno, a mostrale il cammino, a cadere con lei, per poi rialzarsi, di nuovo al suo fianco. Se si fosse guardata allo specchio, pensò Rachel, senza possibilità di cancellare tutti i difetti, avrebbe visto Lucy Quinn Fabray che la osservava. E l’avrebbe amata.

*

Quinn stava guardando un film, quella sera. Niente di eccezionale, la solita commedia che a stento strappa due risate con un happy ending a regola d’arte e intuibile dai primi cinque minuti. La stanza era immersa nell’oscurità, fino a quando il suo cellulare si illuminò.
Leggendo il nome del mittente del messaggio sullo schermo, prese davvero in considerazione l’idea di buttare il cellulare giù dalla finestra.
Di nuovo lei: Rachel Logorroica Berry.

Questa è un’emergenza.
Non avere paura Quinn, Lucy non ne ha più.
Perché è bellissima.


E per la prima volta Quinn sorrise.

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Capitolo 3
*** Non Lasciarmi ***


Non Lasciarmi 








 

Rachel Berry camminava decisa lungo uno dei corridoi della Mc Kinley, indossando una gonna che aveva già provocato tre svenimenti presso le cheerios, e che possedeva un potenziale tale da, ci avrebbe scommesso, poter rischiare di mandare al tappeto una volta per tutte anche Sue Sylvester. Fortunatamente per coloro che non erano ancora incappati in quella deliziosa gonna da ultraottantenne color verde pistacchio, il corridoio in questione era semideserto, a eccezione di qualche povera vittima ormai condannata.
<< Brittany >> disse Rachel salutando l’eventuale vittima numero uno, che contrariamente ad ogni aspettativa, mantenne i nervi saldi.
Brittany si voltò salutandola allegramente. << Bello quel cespuglio... ma sta’ attenta, magari c’è nascosto un folletto >> la mise in guardia indicando la gonna. Ecco perché era uscita illesa da quell’obbrobrio: l’aveva scambiato per un alberello...
Rachel la ignorò << Sai per caso dov’è Quinn? >> le chiese
<< Veramente no, ma forse puoi chiedere a Sa... >>
In quel momento, con la sua aria più bitch comparve Santana, meglio nota come la vittima numero due, – << Parli del diavolo... e altro che corna, eccolo in persona >> disse Rachel non appena la vide – che prese subito per mano Brittany: << Dobby >> disse sorridendo come se le avessero appena fatto una plastica facciale << Guarda che se cerchi Harry hai sbagliato continente. Hogwarts è in Europa; in Inghilterra per la precisione. Molto lontano da qui. Be’, che dire? È stato bello conoscerti. Addio >>
Poi sbiancò all’improvviso, notando la gonna. Fortunatamente Brittany riuscì a sostenerla, e dopo qualche istante la latina si riprese.
<< Molto spiritosa >> disse Rachel infastidita. Accidenti, nessuna reazione degna di nota in Santana, notò con disappunto. Già sperava in un infarto. Restava ferma a quota tre!
<< Grazie, si fa quel che si può >> ribatté l’altra, più acida che mai, a testimonianza della sua completa ripresa << ma in effetti non c’è poi tanta concorrenza in questa scuola, Berry. Dovresti saperne qualcosa >> il suo sorriso si allargò.
<< Senti, mi puoi semplicemente dire dov’è Quinn? >>
<< Non saprei... prova in bagno... ultimamente ci passa un sacco di tempo... chissà a fare cosa >> continuò con malizia
Brittany si strinse nelle spalle << Magari le stesse cose che facciamo noi nello sgabuzzino >> propose ingenuamente.
Al suono di quelle parole Santana arrossì violentemente << Adesso dobbiamo proprio andare >> esclamò prendendo Brittany per mano e trascinandola lontano.
Rachel le fissò per un istante mentre si allontanavano, non del tutto certa di avere afferrato il senso delle parole di Brittany. Ma non aveva importanza, concluse, lei era Rachel Berry, futura stella di Broadway, e non aveva tempo da perdere in ciance. Aveva una carriera da costruire, lei. E tante altre da distruggere.
A questo proposito sospettava che quella gonna potesse ritornarle molto utile.


Bussò alla porta del bagno.
<< Quinn, sei tu? >> chiese.
Nessuna risposta. << Quinn? >> ritentò.
Al diavolo, pensò. E aprì la porta.
<< Quinn >> sussurrò debolmente, vedendo la ragazza seduta per terra, con le braccia che circondavano le gambe raccolte l’aria abbattuta << v-va tutto bene? >> chiese dolcemente
ma conosceva la risposta, perchè il volto di Quinn brillava. E aveva gli occhi rossi. E scintillanti.
<< Sì >> disse con un filo di voce.
<< Alzati, dai. Dev’essere sporco lì >>
<< Non importa. Puoi andare, io sto bene >>
<< Al diavolo. Dai, fammi posto, così mi siedo >> Quinn si scostò appena, e Rachel si sedette accanto a lei << Non posso credere che lo sto facendo... Sporco è un eufemismo... che schifo >>
Quinn sorrise.
Mentre si sedeva, Rachel sfiorò con la mano quella dell’altra, ritraendo la propria immediatamente.
<< Scusa >> disse fissandola intensamente. Ma la bionda abbassò lo sguardo, scoprendosi incapace di reggerlo. Arrossì, per un istante solo, ma Rachel se ne accorse.
<< Dai, dimmi che cosa c’è >>
<< Niente >>
<< Sì, e Britney Spears è gay come una finestra, come no >>
<< Shh, non dirlo ad alta voce, che è il sogno d’infanzia di Santana; e francamente non credo ci abbia mai rinunciato del tutto... Anche se in effetti non mi ha mai convinto... tutta la faccenda del bacio con Madonna... forse Santana ha ancora qualche possibilità di vedere il suo sogno realizzarsi >> disse Quinn sorridendo.
Stavolta fu il turno di Rachel di arrossire << Hai un bellissim... >> stava per dire sorriso, ma qualcosa la trattenne << denti... hai dei bellissimi denti >> Quinn la guardò sorpresa.
<< Senti Rachel >> iniziò poi sentendo la campanella suonare << credo che la pausa sia finita. Andiamo, dai. Non mi va di arrivare tardi >> Si alzò e prese per mano Rachel, aiutandola a tirarsi su.
<< Io ho matematica >> disse poi. Sembrava ancora un po’ triste, osservò Rachel. Poteva imparare a ridere anche quando le faceva male, se voleva, ma a quel sorriso sarebbe sempre mancato qualcosa, perché non si estendeva agli occhi.
<< Letteratura >> annunciò Rachel
<< Be’, allora ci vediamo in giro >> la salutò aprendo al porta
<< Aspetta Quinn >
> la fermò Rachel
<< Dimmi >>
<< Se ne vuoi parlare, qualsiasi cosa sia... insomma, puoi farlo con me se ti va, perché >> inspirò a fondo << lasciando stare i denti, per un attimo, Quinn ha un bellissimo sorriso... >> cominciò a balbettare, si sentiva il viso in fiamme << m-ma a me piace di più quello di Lucy >>
Quinn la guardò intensamente << Non credo che tu l’abbia mai visto >> disse tristemente
<< Forse l’ho solo immaginato >> insistette Rachel << ma ho l’impressione che esista davvero >>
<< Magari una volta. Ora non più. L’ho cercato >>
<< Forse non nel posto giusto >>
<< E quale sarebbe il posto giusto secondo te, sentiamo? >> disse Quinn seccata. La sua voce tremava, di rabbia.
Rachel rimase in silenzio, guardandola.
<< Lasciami in pace Berry. Non sai niente – niente – di me. Non m’importa quello che hai da dire. Tu non mi conosci. Quindi gioca alla psicologa con qualcun altro, e non mi venire a dire come mi devo comportare. Non mi serve il tuo aiuto. >> Rachel vide una lacrima scivolare lungo la guancia << Non mi conosci >> ripeté senza più alcuna decisione.
Rachel le si avvicinò, lentamente. Quinn la osservava, interdetta, senza riuscire a muoversi << Che stai... ? >> ma si bloccò quando Rachel le sorrise. Deglutì faticosamente, mentre il cuore martellava nel petto.
Chiuse gli occhi quando avvertì sulla sua guancia le labbra di Rachel. La sfiorarono, solo un istante, e poi non le sentì più. Le aveva asciugato la lacrima. Solo in quel momento si accorse che la stava tenendo per mano. Forse avrebbe dovuto farlo, ma non riuscì a lasciarla andare.
<< Perché l’hai fatto? >> le chiese riferendosi al bacio.
<< Per lo stesso motivo per cui tu continui a tenermi per mano >>
Quinn arrossì violentemente rendendosi conto solo in quell’istante che le stava ancora stringendo la mano. La lasciò andare subito.
<< E sarebbe? >>
Rachel si strinse nelle spalle. Non ne era sicura. Aveva a che fare con il cuore, che batteva forte, o forse con il calore della mano di Quinn. Con la sua guancia, così morbida, o il suo profumo. O forse soltanto con lei, e quella lacrima, che le scivolava lungo il volto, e che riusciva a brillare più di tutti i sorrisi che lei avrebbe potuto esibire.
Sospirò << Non lo so >> disse con semplicità << Non ti conosco >>
Rimase per qualche attimo ad osservarla, in silenzio, forse cercando le parole giuste, sempre che esistessero, o forse semplicemente fingendo di esserne alla ricerca, per avere una scusa per fissarla ancora, anche solo per un altro istante.
Poi si avviò lungo il corridoio non più semideserto, pronta a mietere altre vittime con la sua gonna, mentre Quinn, immobile, non riusciva a smettere di fissarla.
<< Però conosci lei >> disse piano portando una mano sulla guancia su cui Rachel le aveva asciugato una piccola, invisibile lacrima, con quel bacio.
Sì, conosceva Lucy.
Non avrebbe dovuto lasciare la sua mano, pensò in quell’istante. Non avrebbe voluto.

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Capitolo 4
*** Tra Le Mura Di Un Castello ***


Tra Le Mura Di Un Castello











Rachel tamburellava sul tavolo, lanciando di tanto in tanto un’occhiata furtiva al telefono, nella speranza, fino a quel momento vana, che lo schermo si illuminasse.
Lei e Quinn non avrebbero dovuto incontrarsi quel pomeriggio. O meglio, secondo il programma di Rachel avrebbero dovuto, eccome, ma quando quella mattina era andata a cercarla per comunicarglielo, l’aveva trovata che piangeva nel bagno, e si era dimenticata all’improvviso la ragione per cui era andata da lei.
Sbuffò. Chissà per quale motivo era così triste. Non gliel’aveva voluto dire. Non che a lei importasse, dopotutto loro due erano sempre state, e avrebbero continuato ad essere, o almeno credeva, nemiche giurate, ma se l’avesse saputo forse avrebbe potuto aiutarla. No. No. No. ma che stava dicendo? Aiutare Quinn Fabray? No, doveva esserci stato un errore. Le interessava solo per curiosità. Nient’altro.
Fissò di nuovo il cellulare. Be’, pensò infastidita, Quinn avrebbe anche potuto mandarle un messaggio per chiederle se avessero dovuto incontrarsi, no? E che cavolo... si interessava così poco a loro due... ehm, a-al loro progetto?
“Se non mi scrive entro le due e mezza” si disse la ragazza fissando l’orologio che segnava le quattro e dieci, “giuro che spengo il telefono”
Ma all’orario stabilito, non riuscì che a guardare il cellulare, che ancora non dava segni di vita, con un misto di delusione e rassegnazione. Poi, però, il suo sguardo cambiò, accendendosi di una nuova luce.
<< Io esco >> annunciò più a se stessa che ad altri, essendo sola in casa.

*

Si schiarì la voce, con fare nervoso, respirando profondamente. Per qualche ragione a lei ignota, il cuore le martellava in maniera poco rassicurante nel petto, e si sentiva stranamente a disagio.
“Ok Rach” si disse, Santo Cielo parlava da sola, forse doveva davvero farsi ricoverare “rilassati. Devi solo suonare il campanello, e chiedere se Quinn è in casa.”
Si sistemò ancora una volta i capelli, scostando nervosamente il ciuffo dagli occhi, ma mentre stava per suonare, qualcosa vibrò nella tasca dei suoi jeans (aveva intelligentemente deciso di abbandonarla gonna della mattina). Un messaggio da... poco mancò che ci lasciasse le penne, Quinn Fabray.
Con un sorriso inspiegabilmente ebete e il cuore che batteva ormai ad una velocità allarmante lesse il messaggio.

Perché non vieni al parco? Insomma, se ti va.
Ma, be’, se hai da fare, non fa nulla.


Rachel sorrise di nuovo, mentre un piacevole calore, cominciò a diffondersi all’altezza del cuore.

Il parco era quasi completamente deserto, cosicché Rachel non ebbe nessuna fatica a individuare Quinn, che le stava venendo incontro. Era davvero...si fermò alla ricerca di parole che fossero in grado di descriverla, ma non riuscì a trovarne, e rimase in silenzio osservandola avvicinarsi.
<< Ehi >> la salutò Quinn, visibilmente a disagio << alla fine sei venuta >>
<< Sì, non... non avevo niente da fare perciò... >>
<< Vieni con me? >> le chiese timidamente
Rachel arrossì terribilmente, finendo con l’assomigliare sempre di più ad un pomodoro
<< P-perché no? >> Quinn sorrise guidandola verso un piccolo castello in legno costruito qualche anno prima perché i bambini potessero giocarvi. Vi salì usando le minuscole scalette, e poi si sedette al suo interno, seminascosta dal resto del mondo, mentre Rachel la seguiva.
<< Sei sicura che possiamo stare qui? >> domandò Rachel
<< Oh, sì, non ci viene mai nessuno... >>
Rimasero un po’ in silenzio, apparentemente troppo prese Quinn a fissarsi le unghie, e Rachel ad ammirare il panorama.
Ma fu proprio lei a interrompere in silenzio << Mi dispiace per stamattina >> disse tutto d’un fiato << avevi ragione. Non so niente di te >>
<< Non è vero. Per esempio sai dove mi nascondo quando voglio pensare >>
<< Qui?>>
Quinn annuì << Grazie per stamattina. Quando ti ho visto mi sono sentita subito meglio >
> divenne un po' rossa
<< Mi vuoi dire cosa c’è che non va? >> chiese gentilmente Rachel
<< Io... oh, è una cosa così stupida >> mormorò Quinn in difficoltà << è che... sai, oggi è il compleanno di Beth... >>
<< Oh >> sussurrò Rachel, non sapendo che altro dire.
<<... E lei è partita. L-le avevo preso un regalo, ma Shelby mi ha chiamato stamattina e mi ha detto che se ne andavano in vacanza per un po’ >> si bloccò
<< Mi dispiace Quinn >>
Le nuvole si stavano facendo più scure. Forse avrebbe piovuto.
<< Viene sempre al parco, il pomeriggio. L’ho vista una volta, per caso, e da allora ci vengo sempre. È così che ho scoperto questo posto. nessuno ci gioca mai, ma a me piaceva, perciò... >>
<< Lo so che è una cosa stupida, ma io volevo davvero esserci. Le avevo preso un cagnolino di peluche, perché le piacciono tanto i cani >> guardava lontano e sorrideva tristemente << dentro la medaglietta c’era una nostra foto... perchè non... si dimentichi mai di me >> sospirò e si interruppe.
Rachel avrebbe voluto abbracciarla, ma qualcosa la tratteneva, e riuscì soltanto a stringerle la mano.
<< Sono sicura che le piacerà >> la rassicurò teneramente
Quinn sorrise,ma scosse la testa, mentre lo sguardo era ancora fisso su qualcosa che soltanto lei poteva vedere.
Sì, avrebbe piovuto sicuramente.
<< Vorrei che lei sapesse che può contare su di me. Che la amo, anche se l’ho... un giorno mi odierà, lo so. È l’unica persona a cui io apparterrò sempre, senza un perché. Ma non mi apparterrà mai. Non verrà da me a piangere, quando un ragazzo le spezzerà i cuore, o quando prenderà la sua prima D. Non sarò io quella che implorerà per andare alla sua prima festa. Non so nulla di lei. E sarà sempre così >>
Rachel non sapeva che dire. Nella sua testa avevano preso vita tante frasi diverse, una più penosa dell’altra per cercare di consolarla, ma non erano abbastanza, perciò rimase in silenzio. In quell’istante alzò lo sguardo e la vide in una luce diversa, con gli occhi verdi che scintillavano, e i capelli biondi scossi lievemente dal vento. “ Io ti amo” pensò per un momento. Ma poi il vento smise di soffiare, e quel pensiero scomparve, come trasportato da una brezza inesistente, senza lasciare traccia, lasciando solo un piccolo vuoto dentro di lei. Non l’avrebbe nemmeno mai ricordato.
<< Mi piacerebbe vedere quel cagnolino >>
<< N-non puoi. Io l’ho... buttato. Era un regalo così stupido >>
Di nuovo Rachel ebbe l'impressione che le parole non servissero. Eppure il silenzio la spaventava.
<< Sta piovendo >> disse debolmente indicando il cielo, dal quale avevano appena iniziato a scendere minuscole gocce di pioggia
<< Già >> convenne Quinn guardando anche lei verso l’alto << credo che dobbiamo andare >> qualcosa nel suo tono le diede l’impressione che fosse triste.
<< Se vuoi ti accompagno a casa, sono in macchina >> si offrì Quinn interpretando correttamente l’aria dubbiosa sul volto di Rachel, che annuì.
<< Ok, allora aspettami all’inizio del parco mentre vado a prendere la macchina >> le disse

*

Non parlarono molto durante il viaggio in auto, qualcosa tra di loro sembrava essersi infranto senza fare rumore, lo stesso qualcosa forse grazie al quale Rachel aveva avuto la forza di prendere per mano Quinn e di consolarla, ascoltandola senza che ci fosse bisogno di alcuna parola per farle capire che sarebbe rimasta.
Mentre la mora osservava il paesaggio quasi del tutto immerso nella notte attraverso il finestrino, Quinn accese la radio.

♫ “This Romeo is bleeding
But you can’t see his blood
It’s nothing but some feelings
That this old dog kicked u
p It’s been raining since you left me
Now I’m drowning in the flood
You see I’ve always been a fighter
But without you i give up
Now i can’t sing a love song
Like the way it’s meant to be
Well, i guess I’m not that good anymore
But baby, that’s just me

And I will love you, baby always
And I’ll be there forever and a day always
I’ll be there till the stars don’t shine
Till the heavens burst and
The words don’t rhyme
And I know when I die, you’ll be on my mind
And I’ll love you
Always


Now your pictures that you left behind
Are just memories of a different life
Some that made us laugh, some that made us cry
One that made you have to say goodbye
What I’d give to run my fingers through your hair
To touch your lips, to hold you near
When you say your prayers try to understand
I’ve made mistakes, I’m just a man
When he holds you close, when he pulls you near
When he says the words you’ve been needing to hear
I’ll wish I was him ’cause those words are mine
To say to you till the end of time


Ascoltando le parole di quella canzone, Rachel non riusciva ad evitare di osservarla, soffermandosi sui quei piccoli particolari, che la intenerivano, come quel modo di arricciare il naso, che la faceva sorridere, senza un perché.

If you told me to cry for you
I could
If you told me to die for you
I would
Take a look at my face
There’s no price i won’t pay
To say these words to you
Well, there ain’t no luck In these loaded dice
But baby if you give me just one more try
We can pack up our old dreams
And our old lives
We’ll find a place where the sun still shines

La macchina rallentò fino a fermarsi, in prossimità della casa di Rachel. Nel silenzio che si era creato tra di loro, carico di parole inespresse, da qualche parte echeggiava come la pioggia sui finestrini, quella canzone.
Rachel fissò Quinn intensamente, proprio come se non volesse perdersene nemmeno il più insignificante particolare.
<< Tieni >> disse prima di scendere dall’auto porgendole un pacchetto << pensavo che magari a Beth sarebbe piaciuto. A me sarebbe piaciuto che mia madre mi regalasse un cagnolino >>
Quinn fissò per un istante il regalo che aveva gettato via, e che Rachel aveva ripreso << Quando... ? >
>
<< Mentre aspettavo che andassi a prendere la macchina >> rispose l’altra << Credo che dovrai impacchettarlo di nuovo >> aggiunse poi
<< Io... grazie >> sussurrò Quinn, incapace di trovare altre parole
<< Ora vado >> ma l’altra la trattenne << Cosa...? >>
<< Vieni qui, Berry >> mormorò Quinn avvicinando le sue labbra a quelle dell’altra.
Rachel chiuse gli occhi, stringendo la mano della bionda, come se non sapesse dove altro aggrapparsi. Il profumo di Quinn la invase, facendole girare la testa, mentre i loro corpi aderivano perfettamente. Sentiva il battito del suo cuore dentro il petto. E i suoi sospiri tra le labbra.
Quinn le mise una mano tra i capelli, approfondendo il bacio. Sembrava che necessitasse di lei come se senza non potesse respirare. La strinse mentre il suo corpo premeva su quello di Rachel
<< Quinn... ? >> domandò Rachel allontanandosi senza riuscire a trovare le parole per continuare.
Il respiro accelerato e Quinn, così vicina a lei, il suo sapore sulla labbra, le impedivano di pensare.
In quell’istante Rachel notò lo scintillio nascosto negli occhi di Quinn, ma lei non la guardava più, fissando la notte di fronte a lei
<< La radio copre ogni mia parola, e il buio nasconde il mio volto. Soltanto così so amare, Rachel. Solo nel buio. Solo senza parole >>
Rachel la guardava, senza capire di cosa stesse parlando.
Ma il suo cuore sembrava aver perso un battito, regalandolo a Quinn, perché lei non sapeva ancora amare.
In silenzio Rachel scese dall’auto, senza osservare nemmeno per un attimo la vettura, che già si allontanava nella notte, dandole quasi l’impressione di non essersi mai fermata. Se fosse stato necessario, pensò, il suo cuore avrebbe battuto per entrambe, fino a quando Quinn non avesse imparato come ricostituirne i pezzi in cui il suo si era infranto. Per sempre, forse.

And I will love you, baby always
And I’ll be there forever and a day always
I’ll be there till the stars don’t shine
Till the heavens burst and
The words don’t rhyme
And I know when I die, you’ll be on my mind

Mancavano ancora due versi alla fine della canzone, e quella sera Rachel non riusciva a dormire.

And I’ll love you

Ora ne mancava soltanto uno, pensò. Ma avrebbe capito? Avrebbe risposto? Poi il telefono si illuminò

Always

Rachel sorrise.
Forse era la fine e non c’erano più parole, ma qualche parte, prima di spegnersi, la musica riecheggiava ancora.

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Capitolo 5
*** Il Giorno Dopo ***


Il giorno dopo










 

Distesa nel silenzio della su camera buia, Rachel si accorse, nonostante le coperte che le avvolgevano le spalle, di tremare.
Il respiro, irregolare ed affannoso come se avesse corso, si mescolava al battito accelerato del suo cuore, straziando la melodia lieve della brezza che si infrangeva sui vetri della finestra con sospiri rubati dal ricordo delle labbra di Quinn che si posavano ripetutamente sulle sue. Chiuse gli occhi, nella speranza che il profumo della ragazza si dissolvesse nell'aria, che il verde dei suoi occhi potesse tramutarsi nell'oscurità più nera. Ma il suono della sua voce, più debole del continuo borbottio del vento, e l'ingenuità del suo sorriso danzando sulle note di quei piccoli particolari che Rachel non riusciva a lasciarsi scivolare addosso, ne cullarono la veglia insinuandosi tra i suoi sogni più agrodolci e lontani; e alla fine il suo respiro di regolarizzò, mentre lei chiudeva gli occhi. Sulle labbra, seminascosto dietro un accenno di sorriso, riposava ancora il nome di Quinn, che in un sospiro inascoltato scivolò fuori dalla finestra semiaperta volando verso colei per cui era stato respirato.


*

Il giorno seguente, varcando la soglia del liceo McKinley, Rachel sbadigliò vistosamente.
“ Ehi, Rachel, tutto ok? Sembri a pezzi. ” la salutò Kurt notando l'aria sfinita dell'amica.
“ Eh? ” chiese Rachel riponendo alcuni libri nell'armadietto.
“ Mmm… niente. Lascia stare. ” borbottò scuotendo la testa. “ Ma mi puoi spiegare cosa diavolo stai guardando? ” domandò poi notando il punto alle sue spalle che la mora continuava a fissare, e voltandosi alla ricerca di ciò che aveva attirato la sua attenzione.
Rachel aprì la bocca per rispondere ma le parole le morirono in gola. Ad un tratto ogni preoccupazione su dove potesse aver dimenticato il volume di spagnolo scomparve; il corridoio stesso sembrò all'improvviso svuotarsi del chiacchiericcio di decine e decine di studenti, mentre Quinn Fabray, più bella che mai, varcava la soglia della scuola, mano nella mano con Finn Hudson.
Rachel, fin troppo cosciente del proprio cuore che batteva a velocità raddoppiata nel petto, sollevò il capo, immobilizzandosi quando i suoi occhi scuri sfiorarono con la dolcezza di una carezza quelli chiari di Quinn, che, come timorosa, si sottrasse a quel contatto abbassando lo sguardo e concentrando la sua attenzione sul pavimento.
“ Rachel. ” la chiamò Kurt “ Rachel, ci sei? ”
“ Co-cosa? ” chiese lei riportata improvvisamente alla realtà dall’insistenza di Kurt, che la fissava concentrato. “ Ora è tutto chiaro! ” esclamò ad un tratto sollevando il pugno con esultanza. Rachel gli lanciò una smorfia esattamente a metà tra il sorpreso e l’ebete, costringendolo a ricomporsi. “ Ho capito cosa c’è che ti preoccupa. ” spiegò poi.
“ Davvero? ” domandò lei con appena un accenno di timore nella voce.
“ Be’, non è stato difficile, a dire il vero… ” cominciò il ragazzo “ Ma ho visto come hai guardato Quinn quando è entrata e insomma… ho fatto semplicemente due più due… è palese che… ”
“ No, io… Ma che dici? Non… ” lo interruppe lei.
“ Che tu provi ancora qualcosa per Finn. ” concluse colpito dalla sua reazione. 
Rachel, già pronta a negare di fronte all’affermazione di Kurt, si bloccò improvvisamente, ricordandosi soltanto allora di respirare.
“ Ah. ” commentò involontariamente. “ Cioè… ” si affrettò ad aggiungere, dopo essersi schiarita la voce “ Sì, io… Non te ne volevo parlare, ma… ” continuò abbassando lo sguardo e concentrando la sua attenzione sulle piastrelle del pavimento “ Hai proprio ragione. Sono solo un po’ ehm... gelosa. ”
Kurt le sorrise comprensivo. “ Lo so, lo so. Insomma, è comprensibile, ma sono più che sicuro che i tuoi sentimenti sono ricambiati, nonostante lui stia con Quinn. ”
Rachel deglutì a fatica. “ Già. ” mormorò tristemente. “ Ora scusami, ma devo proprio scappare. ” continuò poi fingendo un topo più allegro. “ A dopo. ” E scuotendo la mano nella sua direzione, si allontanò.
Prese a camminare con malcelata urgenza verso un luogo silenzioso in cui poter dare ascolto ai suoi pensieri, in cui poter rispondere a quell’interrogativo che la perseguitava: Finn o Quinn? Quinn oppure Fi… No. No. Ma che stava dicendo? Lei amava Finn. Lo amava. L’aveva sempre amato. Mentre con Quinn… No. No, non esisteva nemmeno una scelta… C’era stato solo quel bacio… Ma non aveva significato nulla per lei. Nulla… Anche se le sue labbra erano così… No. No. Era solo confusa… era normale che fosse confusa... Insomma, Quinn l’aveva baciata… Perché era stata Quinn a iniziare… Lei non avrebbe mai… lei non era lesbica, o cose così… Non che avesse qualcosa contro i gay; per carità… I suoi papà erano una coppia gay, ma le piacevano i ragazzi, come Finn… Lei amava
“ Quinn. ” mormorò intimorita accorgendosi di essere andata a sbattere contro la ragazza. “ Mi dispiace. ” si affrettò ad aggiungere con voce tremante chinandosi imbarazzata per raccogliere il libro di matematica che le era caduto. “ Io non… ”
“ Sta’ più attenta a dove metti i piedi la prossima volta, Berry. ” la ammonì Quinn interrompendola. Poi senza degnarla di un’occhiata, la superò.
Rachel, interdetta, rimase immobile per qualche istante fissandola allontanarsi, sul volto dipinta una smorfia indecifrabile. Poi abbassò lo sguardo sui libri che reggeva, e ne notò uno che non aveva mai visto: era di Quinn.
La mora non si mosse. L’idea di rivolgerle la parola di nuovo la terrorizzava. Non che il suo modo di trattarla fosse poi tanto cambiato – Rachel ricordava a memoria l’infinità di insulti che Quinn, e Santana, come dimenticarsi di lei, erano soliti rivolgerle – ma nell’ultimo anno doveva ammettere che la situazione era piuttosto migliorata; perciò riteneva che la rabbia mista ad indifferenza di poco prima avesse a che fare con quello che era successo tra di loro il giorno precedente.
Rachel sospirò. Doveva assolutamente chiarire quella storia. Lei non provava niente – niente – per Quinn. Roteò gli occhi. Ehm... Più o meno. No. No. No. Niente. Assolutamente niente.
“ Quinn. ” la chiamò. La ragazza si immobilizzò per una frazione di secondo, ma poi scelse di ignorarla, riprendendo a camminare come se non l’avesse sentita.
Rachel allora accelerò nella sua direzione, tenendo ben saldo il libro dell’altra tra le mani.
“ Che vuoi ancora? ” domandò Quinn infastidita.
“ Io… ” iniziò Rachel titubante.
“ Tu cosa…? ” la interruppe Quinn ad alta voce. Ma si bloccò quando notò l’aria dispiaciuta di Rachel, che tendeva il libro verso di lei. La sua espressione all’improvviso mutò in un misto di dolcezza e tristezza. “ Oh… Io non… Grazie… ”
“ Ti era caduto e… ”
Grazie. ” ripeté convinta.
Rachel rimase in silenzio fissandosi i piedi, imbarazzata. “ No. Non fa niente. ” sussurrò poi alzando lo sguardo su di lei.
I suoi occhi scuri incrociarono quelli verdi di Quinn, in cui erano intrappolate parole celate che la ragazza non riusciva a pronunciare ad alta voce. La bionda la fissò, respirando piano come se temesse che il rumore dei suoi sospiri potesse spaventarla e farla fuggire. Con lentezza estenuante, come se cercasse un motivo che la trattenesse, fece un passo verso la mora, accorciando la distanza che le separava. Si avvicinò ancora a lei, mentre Rachel, il respiro ad un tratto affannoso, la fissava senza riuscire a muoversi.
La mora chiuse gli occhi, avvertendo la mano di Quinn che le sfiorava il volto, mentre il respiro di lei copriva ogni altro suono.
In un istante desiderò che le labbra dolci della ragazza si posassero sulle sue, perché il ricordo della sera prima stava già svanendo. Aveva bisogno di immergere le mani nei suoi capelli chiari. Desiderava essere invasa dal suo profumo che le oscurava i sensi. Voleva sfiorarle le gambe, per avvertirne il calore. Voleva cospargerla di baci sul collo e morderla, lasciandosi guidare dai suoi gemiti di piacere. Voleva… lei.
La esigeva. 
La pretendeva. 
Si lasciò scappare un sospiro intriso di desiderio, colmando le distanze tra di loro, ma ad un tratto qualcosa si infranse.
Rachel, avvertendo che la mano della bionda si ritraeva dal suo volto, aprì gli occhi, e vide Quinn, sconvolta, che indietreggiava.
Io non… ” sussurrò scuotendo la testa “ Non… ”
Rachel la guardava con una strana espressione sul volto.
Non era delusa; né arrabbiata.
Sembrava soltanto ferita.
Quinn distolse lo sguardo da lei, cercando di regolarizzare il battito e controllando il respiro. “ Devo andare. ” borbottò infine. E senza guardarla, si voltò.
“ Quinn. ” implorò Rachel prendendole la mano. Quinn si volse, la colpa impressa a fuoco nel chiaro degli occhi verdi. Il dispiacere che le incatenava il cuore. “ Ti prego. ” sussurrò Rachel con voce tremante, ma l’altra scosse la testa, incapace di parlare.
Con urgenza lasciò andare la mano della mora, lasciando scivolare il braccio lungo un fianco, inerte.
Rachel rimase immobile, senza parlare. La osservava, il volto celato dietro una maschera indecifrabile.
Quinn restò in silenzio, fissandola con un’aria apparentemente indifferente che solo a stento celava tutto il rimorso che provava. Poi, all’improvviso, abbassò lo sguardo.
Fu un istante, ma per una frazione di secondo a Rachel parve che fosse dispiaciuta.
Voltò le spalle alla mora, dirigendosi verso Finn, impegnato nella ricerca del proprio libro di inglese che sembrava andato perduto nel caos del suo armadietto. Lasciando cadere a terra la tracolla, si avvicinò con voluta lentezza al ragazzo, che sollevò sorpreso lo sguardo su di lei, sfiorandogli il petto con un dito e facendolo arretrare fino all’armadietto contro il quale sbatté con un tonfo metallico, avvicinandosi poi a lui con aria provocante e unendo le loro labbra in un bacio umido. Il ragazzo mosse le braccia tentando di cingerla in un abbraccio per attirarla a sé, ma Quinn fu più veloce e si allontanò da Finn. Mentre raccoglieva da terra la tracolla con un movimento tentatore, rivolse a Rachel un’occhiata di sfida, scuotendo la testa.
Poi si avviò verso l’aula di storia, seguita dallo sguardo della mora, e da Finn, che sembrava troppo sconvolto per parlare, e, proprio mentre la campanella suonava, voltò l’angolo, scomparendo alla loro vista.











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Mi scuso per l'immenso ritardo con cui ho aggiornato, ma ho avuto alcuni imprevisti, che a me piace chiamare mancanza di voglia, ispirazione, tempo (vedi la voce principale scuola).
Spero che vi piaccia.

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Capitolo 6
*** Pulizie Di Fine Inverno ***


Pulizie Di Fine Inverno




 





<< …E quindi, insomma, penso proprio che il suo vestito fosse un falso! >> mormorò Kurt sovraeccitato in sussurro perfettamente udibile a Mercedes, che, seduta di fronte a lui, pendeva letteralmente dalle sue labbra.
<< No!? Mi prendi in giro? Non posso crederci! >> esclamò la ragazza scuotendo la testa. << E tu che ne pensi, Rachel? >> aggiunse poi dando una gomitata all’amica per cercare di attirare la sua attenzione << Rachel? Rachel, ci sei? >>
<< Eh? Cos…? >> borbottò la mora, violentemente riportata alla realtà, fissando con aria colpevole Kurt, che la osservava di rimando, piuttosto seccato dal fatto che qualcuno, evidentemente, non fosse sconvolto quanto lui dalla notizia del falso di Hollywood.
<< Mi spieghi che hai oggi? >> domandò addentando un pezzo pericolosamente grande della sua bistecca di soia << E’ tutta la mattina che ti comporti in modo strano >>
<< Ma che dici? No, non è vero… Sono solo un po’… >> balbettò Rachel in difficoltà << D-di che parlavate? >> aggiunse poi in un debole tentativo di attirare l’attenzione di Kurt che, seguito lo sguardo della mora, sembrava aver individuato il motivo della sua disattenzione nel tavolo esattamente di fronte al loro, al quale era seduto Finn accanto alla sua dolce metà: Quinn Fabray.
Scosse la testa, preoccupato, ignaro del fatto di aver preso un granchio grande quanto l’ego smisurato e la massa molare di Lauren Zizes.
<< Rachel >> cominciò improvvisamente serio << Te lo stavo spiegando anche stamattina, prima che fuggissi via in quel modo… Prova ancora qualcosa per te, ma… sta con Quinn, ora. Devi accettarlo >>
<< Sì, io… >> sussurrò Rachel a bassa voce << Lo so. E’ solo che… >> ma s’interruppe, perché proprio in quell’istante, Finn aveva stretto la mano di Quinn. Distolse in fretta lo sguardo dai due, deglutendo a fatica.
Mercedes sospirò, cercando di rincuorare l’amica con dei piccoli colpetti sulla schiena. << Passerà, Rachel. Passerà. >>
Rachel le sorrise incoraggiante, non del tutto certa di sapere che cosa, di preciso, dovesse passare.

*


<< Bene. >> iniziò il professor Shuester fregandosi le mani non appena anche Puck, mano nella mano con la sua dolce metà, varcò l’aula del Glee Club << Ora che ci siamo tutti, vi prego di ascoltarmi, perché vi devo dire una cosa piuttosto impor…>>
<< Sì, lo sappiamo. >> borbottò Santana annoiata << Oggi ci sono le prove generali dei pezzi che dovremo cantare per beneficienza. Che gioia! >> aggiunse poi con una sottilissima punta di sarcasmo rivolgendo lo sguardo ad Artie. << Piuttosto che cantare con Due Ruote, qui presente, mi taglierei le gambe. Non so se capisci l’ironia, compare. >>
<< Sta’ zitta, Satana. >> sibilò lui esibendo un sorriso così falso e forzato da fare invidia alle smorfie di Sue Sylvester.
<< No, Santana, in realtà oggi non ci saranno le prove generali, non per tutti, per lo meno. >>
<< Eh? >> borbottò Sam.
<< A dire il vero sono molto deluso. Avevo deciso di farvi partecipare a questa esibizione a coppie per fare in modo che diventaste un gruppo più unito. Non vi ho chiesto di comprare casa insieme o di sposarvi, soltanto di preparare un duetto. >>
<< Scusi, professor Shue, ma qual è il problema? >> chiese Mike << Penso che tutti abbiamo portato a termine il lavoro. >>
<< Il problema, Mike, è che stamattina uno di voi mi ha pregato di poter cambiare compagno. Ne sai qualcosa, Quinn? >> domandò Will con severità.
<< Io… >> iniziò la ragazza, imbarazzata dalla totalità degli sguardi su di lei << Non so che dire… ho solo chiesto se fosse possibile fare cambio con qualcuno… >>
<< Domanda interessante. >> intervenne nuovamente Santana << Avanzo anche io la stessa richiesta di Quinn! >> stabilì alzando la mano.
<< Santana, smettila! >> la zittì Will. << Spiegati >>
ordinò poi rivolto alla bionda.
<< E’ solo che io e Rachel non… >> in quel momento l’attenzione generale dei membri del Glee Club si spostò sulla mora, l’unica che, a seguito della notizia, era rimasta in assoluto silenzio. Teneva gli occhi fissi a terra, mordendosi il labbro con agitazione, e battendo il piede su un ritmo inesistente come faceva sempre nei momenti di nervosismo.
Per un istante, lo sguardo di Quinn scivolò su di lei, quasi per caso, e provò una strana fitta allo stomaco, esattamente a metà tra sofferenza e la tenerezza, nel guardare Rachel. Senza accorgersene inclinò la testa appena appena di lato, per poterla scrutare meglio, ignara del sorriso leggero che le si era dipinto in volto nell’osservare quel suo modo strano di fissare il pavimento quando si sentiva in difficoltà.
Era così dolce da togliere il fiato, pensò in un soffio di vento. Oh Santo Cielo, ma che diavolo le prendeva?
<< Aspetta… >> ragionò Will << Rachel, ma tu non lo sapevi? >> La mora scosse il capo.
<< Quinn! >>
<< Co-cosa? >> balbettò quest’ultima ritornando improvvisamente alla realtà, sentendosi chiamata in causa.
Will sospirò, scuotendo il capo. << Allora, ragazzi. Non ho intenzione di andare avanti oltre con questa pagliacciata… >> – << Un pagliaccio? No, voglio andare a casa. Mi fanno paura i pagliacci. >> intervenne Brittany a bassa voce, gli occhi all’improvviso grandi per il terrore, e il labbro inferiore tremolante, come se fosse sul punto di piangere – << Perciò il discorso finisce qui. Rachel, tu e Quinn oggi non vi esibirete, e per punizione rimarrete a scuola a ripulire l’auditorium! >>
<< Cosa? Ma professor Shue, c’è appena stata la recita di Natale, ci vorranno secoli per sistemare tutto! >> esclamò Rachel che, riacquistato parte del suo autocontrollo, sembrava molto più che seccata; furibonda.
<< Meglio, almeno non perderete tempo a litigare! >>
<< La prego >> intervenne Quinn << Almeno non oggi. Un giorno qualsiasi va bene, ma non oggi >>
<< Mi dispiace, ragazze, ma l’avete voluto voi. Questa è la mia ultima parola. E ora, cominciamo: Puck, Brittany >> aggiunse poi << Vi va di essere i primi? >>
<< Puckzilla è sempre sull’attenti! >> borbottò Puck strizzando l’occhio a Lauren, mentre Brittany, con la sua solita aria un po’ svagata, si guardava intorno, lo sguardo cupo: << Solo se non ci sono pagliacci >> decretò infine.
<< Forza, Britt >> esclamò Artie cercando di incoraggiare la ragazza << Sei la migliore! >>
<< Sì, BrittBritt. >> lo interruppe Santana, sottolineando con ferocia il soprannome che aveva utilizzato per chiamare l’amica; soprannome che soltanto lei poteva utilizzare << Andrai benissimo! >> Poi si rivolse ad Artie, seccata: << Di’ un po’, da perfetto ruffiano quale sei, pensi di farle una standing ovation, alla fine? >>
Lui la fulminò con lo sguardo, gli occhi ridotti a fessure. << Che c’è? Oh, già… >> sibilò Santana perfidamente portandosi la mano alla bocca fingendosi dispiaciuta << Le tue gambe non funzionano. Continuo a dimenticarmene… A te non capita mai? >>
<< Santana, mi pareva di averti già detto di smetterla >>
<< E a me pareva di averti già detto di andare all’inferno. Eppure, inspiegabilmente, sei ancora qui. E dire che la strada è anche tutta in discesa. Non dovresti nemmeno fare fatica con quella caspita di sedia a rotelle. Prendila come una gita di piacere! >>
<< Voi due! >> intervenne Will << Avete finito? >>
<< Sì, certo, scusi professor Shue >> borbottò Artie.
Santana si zittì, ma arricciò le labbra con pericolosa ferocia. << Io quello lo ammazzo. Giuro che lo ammazzo. >> sussurrò rivolta a Quinn, seduta accanto a lei, e completamente concentrata ad osservare Rachel. << Ehi, ci sei? E piantala di fissare la Berry. Comunque, stavo dicendo che io Due Ruote lo uccido con le mie mani. >>
<< Ah, la gelosia…>> borbottò Quinn << Brutta bestia… >>
<< Che cosa hai detto, scusa? >> chiese Santana allarmata.
<< Io? >> Quinn si finse sorpresa << Niente. >>
<< Ecco, brava… Continua così… >> borbottò Santana a denti stretti.


*


Quinn sbuffò spazientita, osservando l’ora. << Al diavolo >> borbottò << Siamo qui già da un’ora e avremo fatto forse un decimo del lavoro! >> continuò chinandosi a raccogliere parte della scenografia.
Rachel rimase zitta, proseguendo con l’attività. Non aveva detto ancora una parola da quando la punizione era cominciata, nonostante i vari tentativi di Quinn, che aveva cercato in qualche modo di sostenere una conversazione: se dal principio si era limitata a cenni di assenso o dissenso, in seguito aveva cominciato ad ignorarla.
La bionda sbuffò di nuovo, alzando lo sguardo sulla diva e mordendosi il labbro inferiore, non del tutto certa che tentare l’approccio diretto fosse la soluzione migliore.
<< Ehi >> cominciò << Lo capisco se sei arrabbiata con me… Insomma, io... >> cominciò con titubanza.
<< Non sono arrabbiata con te. >> La interruppe Rachel con voce piatta continuando a pulire.
<< Ah. Davvero? >> chiese Quinn stupita.
Rachel scosse il capo. << Penso solo che prima finiamo, prima possiamo tornare a casa. >> disse stringendosi nelle spalle. << Non voglio costringerti alla mia presenza. >> sussurrò. Quinn non lesse sarcasmo nelle sue parole, ma soltanto un tentativo maldestro di celare una ferita ancora aperta.
Alzò gli occhi su di lei, fissandola intensamente. << Non mi stai costringendo ad un bel niente. >> borbottò Quinn tutto d’un fiato. Poi si bloccò, interdetta. << Io… insomma... >> si schiarì la voce improvvisamente roca << A me… piace passare del tempo con te. >> mormorò con semplicità.
Cavolo, questo non avrebbe dovuto dirlo. Cavolo.
<< E allora perché hai chiesto a Shue se potevi fare cambio coppia con qualcuno? >>
<< E’ solo che… che non penso che le nostre voci si… armonizzino bene insieme, ecco tutto >> concluse evasiva.
Attese la risposta di Rachel, che non giunse, perché la ragazza, visibilmente infastidita dalle parole dell’altra, aveva ripreso a lavorare e pareva essersi nuovamente chiusa in un completo silenzio.
Quinn sospirò e, rassegnata, ricominciò a pulire il palco dell’auditorium, senza cercare, questa volta, di rivolgere la parola all’altra.
Per circa mezz’ora l’unico rumore udibile fu un silenzio carico di tensione rotto soltanto dai passi delle due ragazze che percorrevano in continuazione l’auditorium, intervallati dagli sbuffi d’impazienza di Quinn; finché il suo cellulare non squillò. Prima ancora che avesse avuto il tempo di rispondere, Rachel parlò: << Credo che tu debba andare. >> disse senza alzare lo sguardo su di lei.
<< Cos…? >> cominciò Quinn, fissandola << Di che stai parlando? >>
Rachel sorrise, riuscendo a stento a celare quel velo di tristezza che le offuscava lo sguardo: << Di Beth. Va’ da lei. >>
Quinn la guardò, sorpresa. << Scusa, ma tu come fai a sapere che oggi Shelby è in città e mi ha permesso di vederla? >> chiese.
Rachel abbassò lo sguardo, cercando di evitare di incrociare lo sguardo di Quinn. << Non importa. >> mormorò stringendosi nelle spalle mentre si grattava il naso << Comunque, è meglio che ti sbrighi. >>
La sua voce tremava, osservò la bionda con dispiacere, fissandola intensamente, il telefono ancora stretto in mano, indecisa sul da farsi.
<< Senti. >> cominciò cercando il suo sguardo << E’ colpa mia se ci troviamo qui, quindi…>> si morse il labbro << Resto. >> decretò infine.
<< Oh, al diavolo, Quinn, è tua figlia! >> sbottò Rachel ad un tratto alzando lo sguardo su di lei e fissandola dritto negli occhi << Vuoi davvero rimanere a darmi una mano, invece che andare da Beth? Quando la rivedrai di nuovo? Tra un mese? Due? >>
<< Io… >> cominciò l’altra in evidente difficoltà << Non ne ho idea. Credevo solo che fosse mio dovere >>
<< Anche fare il genitore è un dovere, Quinn. >> rispose Rachel. Deglutì e poi proseguì con un tono più dolce << So che hai paura. Ma fallo per lei. Ogni figlio ha bisogno della propria madre. >>
La bionda rimase in silenzio per qualche istante, ascoltando solo la perfetta dissonanza tra i battiti del cuore e il peso di ogni respiro; senza sapere quale fosse la cosa giusta da dire, sempre che esistesse. Poi annuì; Rachel aveva ragione: era cresciuta: troppo per nascondersi dietro le proprie paure.
<< Io… >> sussurrò all’altra, ma si interruppe. Non riusciva a trovare le parole giuste. << Solo… Grazie, Rachel. Grazie. >>
Lei annuì, senza dire una parola, limitandosi ad osservare Quinn raccogliere le proprie cose in pochi istanti, e lasciarsi alle spalle l’auditorium, diretta verso sua figlia.


Quinn camminava veloce, il respiro affannoso e il cuore in gola. Aveva a lungo cercato dentro se stessa il coraggio per affrontare gli occhi innocenti di Beth, ma non aveva trovato altro che paure infantili nascoste dietro alla sua vecchia uniforme da Head Cheerleader e piccole insicurezze che riaffioravano ogni volta che scorgeva il suo riflesso in uno specchio.
Anche fare il genitore è un dovere, Quinn. So che hai paura. Ma fallo per lei. Ogni figlio ha bisogno della propria madre.
Mentre percorreva il corridoio, sorrise; senza una ragione, forse; senza un perché.
Non si accorse che stava continuando a ripetere mentalmente le parole di Rachel, come se vi fosse nascosto quel coraggio grazie al quale stava corredo verso il suo passato; verso il suo futuro, forse; non vi fece caso, ma qualcosa di irraggiungibile, intrappolato nei suoi occhi scuri, sembrava essersi specchiato per un istante in quelli verdi di Quinn, che ne custodivano gelosamente il riflesso.
Va’ da lei.
Va’ da lei, da Beth, aveva sussurrato con semplicità. Era bastata quella manciata di parole per convincerla.
Eppure, non riusciva a spiegarsi come, ma in qualche modo Rachel sapeva; sapeva di Beth. Doveva saperlo.
Quinn ne era sicura, anche se non riusciva a capire come. Eppure, lei sapeva, su questo non c’erano dubbi. Quinn aveva avvertito il peso della verità nel momento stesso in cui lei aveva abbassato lo sguardo, evitando che i loro occhi si incontrassero, anche solo per un istante; anche solo per caso.
Comunque è meglio che ti sbrighi.
Comunque è meglio che ti sbrighi aveva detto. Per un momento Quinn chiuse gli occhi, e la rivide di fronte a sé, ancora con lo sguardo basso, ancora con la voce appena appena tremante.
Comunque è meglio che ti sbrighi, aveva sussurrato grattandosi il naso; ricordò la bionda salendo le scale. Aveva appena svoltato l’angolo quando, ad un tratto, capì.
Accidenti. Pensò immobilizzandosi. Doveva tornare indietro.


Quinn corse verso l’auditorium, ma in prossimità della sala, si fermò per riprendere fiato. Fece per entrare, ma qualcosa all’improvviso la bloccò, e rimase immobile, senza riuscire a smettere di fissare Rachel attraverso la porta socchiusa. La ragazza, in punta di piedi, stava tentando inutilmente di togliere una delle decorazioni d’oro dello sfondo scenografico che erano rimaste attaccate al sipario, ma, come stava appunto costatando sul momento con estrema irritazione, era troppo bassa.
Senza rendersene conto Quinn sorrise ingenuamente di quei suoi tentativi goffi, dimentica per un momento di tutto il resto. Ma nel giro di una manciata di secondi, le parole della mora le tornarono in mente, ricordandole il motivo per cui si trovava lì.
Inspirò profondamente e con un gesto rapido, spalancò la porta. Attirata dal rumore, la mora rivolse lo sguardo su di lei, e si bloccò con la bocca semiaperta.
Mentre la bionda avanzava verso di lei, tuttavia, sembrò riacquistare l’uso della parola: << Quinn, che ci fai qui? >> chiese sorpresa << Non dovresti essere con Beth? >>
Per un momento, soltanto uno, Quinn sorrise, di nuovo, continuando a camminare verso di lei. La fissò intensamente, scuotendo il capo, come incredula.
Poi, mordendosi, il labbro, inspiròprofondamente. << Mi spieghi. >> iniziò minacciosa, scandendo con fatica ogni parola, senza smettere di osservarla con una punta di fugace desiderio << Mi spieghi >> ripeté << Per quale ragione non mi hai ancora preso a schiaffi? >>. Rachel inarcò le sopracciglia con sincera sorpresa, non sapendo cosa risponderle. << Ma che stai dicendo? >> cominciò dubbiosa, ma l’altra la interruppe.
<< Credi che non lo sappia? >> domandò con passione << Credi che non sappia che è tutta colpa mia? >>
<< Quinn, se è ancora per la storia della punizione, ne abbiamo già parlato. Non importa. >> mormorò Rachel con dolcezza, cercando di tranquillizzare la bionda.
Ma Quinn scosse il capo, esasperata. << Non sto parlando di questo. >> disse in un sussurro. << Ma non vedi? >> chiese alla mora << Sono sempre io a sbagliare. E ogni volta arrivi tu e sistemi tutto. Anche se non lo merito. Anche se… >> si bloccò per un istante << Anche se ti faccio del male. >>
Ad un tratto, se ne rese conto solo in quel momento, aveva smesso di avanzare.
Rachel la guardava, folgorata, senza sapere che dire. Sul volto, se soltanto Quinn non avesse provato all’improvviso così tanto timore alla sola idea di incrociare, anche solo per errore, i suoi occhi, era dipinta una strana espressione, esattamente a metà tra il riso ed il pianto. Alla fine, dopo un solo istante, o mille anni e uno ancora, una lacrima scivolò silenziosa lungo la sua guancia, proprio mentre il volto le si apriva in un sorriso. Le si avvicinò silenziosamente, e fece per scostarle i capelli dal viso, ma si bloccò a metà e lasciò ricadere il braccio inerme lungo il fianco.
<< Quinn, tu… >> iniziò titubante << Non potresti mai farmi del male. >> disse con semplicità stringendosi nelle spalle. La bionda alzò lo sguardo su di lei. << Davvero? >> chiese, incredula << Non ti ho ferita poco fa quando me ne sono andata? Non ti ho ferita stamattina? >> domandò bruscamente.
<< No, tu… >> Rachel tentò di rispondere, ma l’altra la interruppe: << Perché sei così buona con me, Rachel? >>
<< Perché ti voglio bene. >> sussurrò la mora. << Te ne ho sempre voluto. >>
All’udire quelle parole, Quinn avvertì qualcosa incrinarsi all’altezza del petto. Aprì la bocca, ma la richiuse subito, senza sapere cosa dire: ad un tratto sembrava tutto così stupido, perchè niente avrebbe potuto suonare dolce quanto le parole dell'altra. << Mi vuoi davvero bene? >> domandò tutto d'un fiato fissandola negli occhi. Rachel annuì.
<< Allora lascia che rimanga io qui a pulire. >>
<< Perché? >> domandò Rachel a bassa voce, senza capire.
<< Perché sei troppo bassa per staccare tutte le decorazioni. >> mormorò sorridendo con dolcezza, accennando all’ornamento d’oro del sipario che la mora aveva tentato invano di togliere << E perché credo che qualcuno ti stia aspettando. >> Si interruppe per un istante. << E’ come hai detto tu, Rachel… >> proseguì << Ogni figlio ha bisogno della propria madre. >>
<< Quinn, io… >> iniziò la mora, dubbiosa.
<< Hai ancora bisogno di Shelby. Va’, da lei. E' venuta qui per te. >>
<< Co-come hai fatto a capire? >> domandò Rachel, dopo un tempo infinito.
Quinn fece spallucce. << E’ una storia molto lunga e poco interessante. >> disse autoschernendosi.
<< Ho un sacco di tempo per ascoltarla. >> bisbigliò l’altra.
<< No, non direi. Lei ti sta ancora aspettando. >>
<< Stava. >> La corresse Rachel abbassando lo sguardo. << Avevamo appuntamento mezz’ora fa, e le ho mandato un messaggio per dirle che non sarei andata, perciò… >> si strinse nelle spalle, mentre la voce le si spegneva.
<< Fortunatamente non sei l’unica che se ne intende di tecnologia. >> scherzò Quinn cercando di fare ridere Rachel. << Perché si da il caso che la sottoscritta abbia inviato un messaggio a Shelby per informarla di un tuo ritardo di quaranta minuti esatti. Il che significa che hai ancora… >> controllò l’orologio << Nove minuti per arrivare puntuale. >>
Sorrise a Rachel.
<< Che vuol dire? >> domandò la mora.
<< Che mi darei una mossa, se fossi in te. >> rispose la bionda.
Il volto di Rachel si aprì nel sorriso più dolce e sincero che Quinn avesse mai visto, e in quell’istante pensò che non le sarebbe servito nient’altro, per essere felice, se non lei.
<< Allora io… >> Rachel inspirò a fondo << Vado. >>
Quinn annuì incoraggiante. << Aspetta >> sussurrò poi afferrandola per il braccio << L’ultima cosa >> Sollevò il mento di Rachel, finché i loro sguardi non si incontrarono. << Asciuga le lacrime. >> Disse a bassa voce senza smettere di fissarla. << Non vorrai che ti veda così. >> sussurrò avvicinandosi lentamente a lei.
<< Non stavo piangendo. >> ribatté debolmente la mora.
Quinn sorrise impercettibilmente. << Chiudi gli occhi. >>
Rachel obbedì e l’altra si chinò su di lei dandole un leggero bacio sulla palpebra.
Ad un tratto tutto intorno a loro era tramutato in un soffice silenzio, rotto solo dai loro flebili respiri. Quinn allontanò il volto da quello della mora, approfittando dei suoi occhi ancora chiusi per ammirarla senza il timore di essere scoperta, ma troppo presto, Rachel, il battito improvvisamente accelerato, pose fine a quel silenzioso incanto, tornando alla realtà.
<< Nessuno mi aveva mai dato un bacio sugli occhi. >> disse dopo aver deglutito, senza sapere perché non riuscisse a volgere lo sguardo verso qualcosa che non fosse Quinn.
<< Ora è come se non avessi mai pianto. >> mormorò la bionda stringendosi nelle spalle con naturalezza. In quel silenzio carico di parole non dette, Rachel si lasciò sfuggire un sospiro profondo, denso di un improvviso e malcelato desiderio, cercando di trattenersi dallo spingere con urgenza Quinn contro il muro e assaggiarne le labbra, premendo il proprio corpo contro il suo. Le mani le tremavano impercettibilmente nel tentativo di non sfiorarla nemmeno nelle sue fantasie. Sarebbe stato così facile, pensò, avvertendo una fastidiosa sensazione allo stomaco crescere e farsi sempre più difficile da ignorare, fingere che si fosse trattato di un errore: lei era così vicina. Eppure quello stesso luccichio degli occhi vitrei della bionda che le impediva di smettere di fissarla, sembrava in qualche modo pregarla di non farsi avanti, come se temesse la propria reazione.
<< Ora >> iniziò Rachel schiarendosi la voce improvvisamente roca << Devo proprio andare. >>
Quinn annuì, e si scostò da lei. << Grazie. >> continuò la mora. << Mi hai fatto il regalo più bello del mondo. >> mormorò ingenuamente.
Il volto della bionda si aprì in un sorriso. << Portami una sua foto >> disse in una muta preghiera << Solo questo ti chiedo. >>
E Rachel, prima di chiudersi la porta alle spalle, le
lanciò un’ultima occhiata, e annuì. << Te lo prometto. >> mormorò. Poi senza aggiungere altro, scomparve.

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