Never be the same again

di DarknessIBecame
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I° capitolo ***
Capitolo 2: *** II° capitolo ***
Capitolo 3: *** III° capitolo ***
Capitolo 4: *** IV° capitolo ***



Capitolo 1
*** I° capitolo ***


Never be the same

I° capitolo

Non era così male, passare un po’ di tempo con Rachel, alla fin fine. Anche se avevo rifiutato il suo invito al ballo, avevo apprezzato il suo regalo. Non avevo idea di come lo sapesse, ma quello era addirittura il mio gusto preferito di burro cacao. Certo, avrebbe potuto risparmiarsi i vari appostamenti fuori dal motel insieme a Finn, ma da un certo punto di vista la capivo. Passare del tempo con la persona che ami è sempre tempo ben speso. E ragionandoci su, credo che non sia stato un bel momento per lei. Sotto quella scorza da isterica, maniaca del controllo, c’era una persona attenta e sensibile. Doveva aver sofferto comunque, anche quando aveva visto Quinn lasciare la mia stanza. Perché non voleva che Finn stesse male. Poi il mio segreto era venuto fuori, ed i ponti con il glee club erano stati tagliati. Almeno, fin quando non erano arrivati quei due a bussare alla mia porta. Se i vestiti di Finn avevano portato nella mia mente un po’ di tranquillità, visto che non ero più costretto ad indossare gli strani capi di Kurt, la chitarra…la chitarra aveva curato il mio cuore. Non sapevo vivere senza averla tra le mani, strimpellavo motivetti insensati a qualsiasi ora del giorno e della notte. Quello che disse Rachel, però, mi colpì più di ogni altra cosa, più di mille gesti d’affetto.

-Abbiamo bisogno di te, Sam. E tu hai bisogno della musica.- non avevo mai pianto, ma quella volta lo feci. Anche se volevo farmi vedere forte dai miei fratellini, anche se mi vergognavo enormemente di farmi vedere dal quarterback in quelle condizioni. Non so come, ma lei, ancora una volta, capì quello che stavo passando.
-Finn, che ne dici di portare i fratellini di Sam a prendere una crepes? Sono certa che un po’ di nutella dentro non gli dispiacerà.- aveva sorriso candidamente verso il ragazzo, mentre già Stacy ed Stevie* cominciavano a saltare sul letto, felici.
-Ma…tu rimani qui?- lui, titubante, aveva preso i piccoli per mano, mentre già lo tiravano verso la porta.
-Si, io…aiuto Sam a mettere apposto, così i suoi troveranno la stanza in perfetto ordine, al ritorno.- aveva annuito un paio di volte, ricambiando lo sguardo smarrito di Finn con un’occhiata convincente. Mi sentivo a disagio. Non eravamo abbastanza in confidenza, e non avrei saputo di cosa parlare. E se avesse voluto invitarmi ancora al Prom? Non volevo essere indelicato come la volta precedente. Anzi, bugiardo, come la volta precedente. Perché infondo, ogni tanto mi ritrovavo a pensare a lei come ad una possibile conquista. Ero curioso di scoprire di cosa sapessero quelle labbra, più perché erano grandi quanto le mie, solo decisamente femminili, che per qualche strana attrazione fisica. Quella scattava quando cantava, o quando portava una gonna troppo corta. Come in tutti i sani maschi del glee e non, ne ero sicuro. Tutta roba normale, insomma. Ero pur sempre un adolescente, senza ragazza…e poi, nessuno avrebbe potuto resistere a Rachel Berry quando si esibiva. L’avevo capito dalla sua prima esibizione. Non fosse stato per la voce meravigliosa, per il modo in cui incatenava lo sguardo di un’intera platea col suo, caldo, sarebbe stato per come si muoveva. Come poteva, una ragazza così mingherlina, così austera, salire su un palco e diventare tutto ciò che voleva? Sensuale, solare, malinconica…mi riscossi da quei pensieri confusi quando sentii sbattere la porta. Finn ci aveva lasciati da soli, ed io non avevo il coraggio di guardarla. Ora mi vergognavo anche di avere lei di fronte, mentre continuavo a piangere. Mi ritrovai a stringere forte la custodia della chitarra, sbirciando l’orlo di quel giacchetto giallo canarino. Era buffo. Poi lei si mosse ed io mi immobilizzai. Non avevo voglia di parlare, non avevo voglia di pensare alla mia situazione. Ma tutto quello che Rachel fece, fu darmi un delicato bacio sulla nuca ed accarezzarmi i capelli lunghi, passando oltre. Prese il telecomando della televisione e la sintonizzò su un canale di musica rock. Tolse il giacchetto, lo piegò con cura e lo mise sullo schienale di una sedia piena di scatole impilate. Poi cominciò a canticchiare sottovoce una canzone dei Placebo e si mise davvero a rassettare la camera. Ero sinceramente stupito, e combattuto. Si aspettava che cominciassi a parlare io? Dovevo alzarmi a darle una mano?
-Esci anche tu se vuoi, Sam. Qui ci penso io.- sembrava avermi letto nel pensiero, e la cosa cominciava a preoccuparmi. Mi infastidiva il fatto che non conoscessi assolutamente niente di lei, seppure da quasi un anno passassimo praticamente tutti i giorni insieme, al glee. Non mi ero mai reputato un ragazzo superficiale, ma probabilmente con lei lo ero stato. Non riuscendo più a sopportare la sua presenza tranquilla nella stanza, e quella voce spettacolare che sembrava lì solo per farmi sapere quanto stupido fossi, me ne andai a fare una passeggiata. Presi un po’ d’aria, mi fermai all’area giochi situata dietro al motel e mi sedetti su una panchina, tirando fuori la chitarra e passandomi la cinghia intorno alla spalla. Vidi Finn tenere quelle due pesti dei miei fratelli letteralmente sotto le sue grandi braccia, mentre muovevano scompostamente le gambe per aria e tenevano due belle crepes salde tra le mani. Sorrisi istintivamente, rilassandomi. Mi venne in mente la perfetta canzone da cantare al glee, il giorno dopo. Avrei avuto bisogno anche degli altri, ma dopo quel pomeriggio, potevo star sicuro che non mi avrebbero rifiutato una mano. Dopo altri 15 minuti di risate leggere, mentre accompagnavo i miei fratellini in una canzone dei cartoni animati con la chitarra, tornammo alla nostra stanza. Quando vi entrammo, Rachel non c’era. Aveva lasciato dietro di sé un ordine quasi maniacale, sistemando gli oggetti in maniera così strategica da dare a quella minuscola stanzetta un’aria più respirabile. Si camminava anche meglio, lì dentro. Notai un foglietto sul cuscino del letto, ma non ne feci parola. Ringraziai e salutai Finn, che già si stava preoccupando di capire dove fosse la Berry, e lo osservai raggiungere la macchina. Lei era seduta al posto del passeggero, il capo chino e le spalle scosse da qualche singhiozzo. Appena sentì aprirsi lo sportello, si affrettò a ricomporsi. Aveva un’aria serena. Mi stavo perdendo qualcosa? Le sue reazioni mi lasciavano perplesso. Feci spallucce e mi chiusi la porta alle spalle. Stacy era già arrivata ad afferrare quella che sembrava una lettera, quindi la presi di forza e me la feci sedere sulle gambe, togliendogli di mano il foglio e tenendolo lontano dalla sua vista.

“Non cercare di strafare. So che è un brutto momento, quindi non vergognarti di chiedere aiuto. Non a noi. Non a me. Voglio rimediare a questa brutta settimana. Fammi provare.”

Dopo la firma, trovai una piccola stellina dorata. Avevo sentito parlare delle sue strambe manie, tra cui questa, ma credevo fossero leggende metropolitane. Invece quella stellina c’era, eccome. Non riuscii a trattenermi e risi di gusto, tenendomi la pancia con le mani e spaventando gli altri due piccoli Evans. Mi guardarono come se fossi uscito di testa, scrollarono entrambi le spalle e si rimisero a guardare Mickey Mouse.

Ed ecco che mi ero imbarcato nella più strana delle avventure. Di mattina andavo a scuola, di pomeriggio partecipavo alle lezioni del glee, due ore a consegnare pizze per un locale conosciuto di Lima. Le volte che il datore di lavoro non provvedeva alla mia cena, ero praticamente costretto a cenare con lei. Passava ogni sera alle 20, a volte accompagnata dai genitori, a volte da sola. Aveva deciso che, almeno un paio di sere alla settimana avrei dovuto studiare da lei. Mi lasciava da solo nello studiolo e se ne andava a fare altro, in giro per la casa. Aveva persino convinto i miei genitori, ammonendoli.
-Sam non può studiare, se deve badare ai suoi fratellini. Quindi verrà qui Mercedes, una nostra compagna. So che si troveranno magnificamente con lei, è un angelo ed adora i bambini. Forse potrebbe portarsi dietro anche Britt, ma devono ricordarsi di sistemare, poi.- l’avevano vista così sicura che non avevano potuto rifiutare. Era semplicemente un uragano. Ma per quanto potesse essere indisponente, non era mai una presenza ingombrante, non con me, almeno. Quando la sentivo provare in camera sua, provavo il desiderio di raggiungerla, ringraziarla. Avevo accettato di portare lei e Mercedes al ballo, erano state così dolci e disponibili che mi ero davvero sentito onorato a quella proposta. Forse sarebbe stato un po’ strano, ma alla fine, tutto il glee era strano e si accettava semplicemente per quel che era. Quindi non potevo stare semplicemente a sentirla, mentre provava quella maledetta canzone strappalacrime, indirizzata a Finn. Jar of hearts. Perfetta, come tutte quelle che aveva scelto da quando la conoscevo. Aveva una vasta conoscenza musicale, non dovevo stupirmi più di tanto. Fu solo quando sentii qualcosa infrangersi sul pavimento sopra la mia testa che decisi di uscire dalla stanza ed affrettarmi a raggiungerla in camera sua. E se si fosse fatta male? A grandi falcate salii velocemente i gradini e spalancai la porta. Era seduta sul letto, a gambe incrociate e si dondolava avanti e indietro, le braccia strette attorno al piccolo petto. Era talmente piccola che sarebbe potuta tranquillamente sembrare una bambina, con quel vestitino stampato ed i calzettoni bianchi che le arrivavano al ginocchio.
-Rach, tutto apposto?- sussurrai, senza trovare il coraggio di entrare in quella camera talmente tanto rosa da farmi venire, per un momento, l’idea che un unicorno potesse spuntare dal bagno. Ci sarebbe stato bene. Lei puntò lo sguardo su di me, carico di domande inespresse. Non ero bravo in queste cose, probabilmente proprio come Finn. Tutto quello che feci fu sedermi accanto a lei ed attirarla con una mano verso di me. Lei si rannicchiò sul mio petto e rimase in silenzio, mentre si calmava. Posai il mento sul suo capo ed inspirai a fondo. Rachel Berry era davvero, davvero, davvero una donna che creava problemi. E ti ci trascinava dentro, perché una volta conosciuta, non potevi fare a meno di lei.

*Modificato da Aaron a Stevie, su gentile suggerimento di IrishMarti, per mia pura ignoranza. :) Quindi grazie a lei, signorina!

 

 

Oooooh, ecco qua. Avverto. Primo di quattro capitoli Samchel, uno sfogo personale che non poteva mancare tra le mie FF. In questo sito ci sono un paio di persone che lo sanno bene. XD Gli altri capitoli sono già pronti, ma li posterò uno per settimana, così da darvi sempre qualcosa da leggere. Che dire…qui ci si rivede Sabato! Spero apprezziate lo sforzo, che vi piaccia e di non aver fatto troppi erroracci di ortografia e battitura.

BascioCascio
Vevve

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Capitolo 2
*** II° capitolo ***


II capitolo

II° capitolo

Era una bella sensazione, avere qualcuno accanto. Qualche volta c’era Noah, che si offriva di consolarmi, ma spesso aveva secondi fini. Sapevo che era un bravo ragazzo, e mi piaceva, ma quando Rachel Berry ha bisogno di una spalla su cui piangere, deve essere ascoltata, coccolata…neanche Kurt o Mercedes riuscivano a darmi una mano, in quei momenti. Quindi vedere Sam, insicuro, sulla mia porta, fu un’esperienza strana. Sebbene già da una settimana o due ci vedessimo spesso, avevo lasciato che lui si adeguasse ai nuovi ritmi, cercando comunque di indirizzarlo nel migliore dei modi. Ok, forse a volte mi facevo prendere un po’ la mano, ma lo facevo per il suo bene. Era troppo tenero, per non sentire il bisogno di aiutarlo. Quelle guance piene, gli occhioni azzurri nascosti da quel ciuffo ribelle, le labbra enormi che assumevano sempre quel broncio adorabile, se qualcuno lo prendeva in giro. Perché come me, Sam sembrava fatto apposta per attirare gli scherzi altrui. Soprattutto quelli delle sue ex. Santana mi faceva letteralmente ribollire di rabbia. Trouthy mouth? Insomma, quella ragazza non aveva rispetto. Da quando l’avevo visto piangere, quel giorno al motel, avevo capito che volevo proteggerlo. Istinto materno? Forse. Non mi interessava. E lui mi fece entrare nella sua vita. Per quale motivo, non riuscivo a capirlo, ma adesso avevo carta bianca. E dovevo essere accorta. Era in una situazione difficile, emotivamente sotto pressione. Solitamente avrei sguazzato nel suo dramma, esageratamente melodrammatica, avrei cercato di farlo parlare, per poi vantarmi del mio quasi perfetto ruolo da psicologa del gruppo, ma…quella volta non lo feci. Ero abbastanza sensibile da capire che aveva bisogno dei suoi spazi, e glieli diedi, per quanto il mio desiderio di avere pieno controllo di quanto mi accade intorno fosse deciso a tornare in superficie. Avere un carattere forte, e sfaccettato come il mio, non sempre risulta una buona cosa. Significa che ogni sfaccettatura ha bisogno di vincere sulle altre. Per questo faticavo a trovare il giusto equilibrio.
Lo guardai intensamente, quasi sfidandolo ad avvicinarsi. Ero in piena crisi isterica, avevo appena rotto la mia tazza preferita, quella con sopra Tweety e Silvestro, perché alla millesima prova per la canzone da cantare al Prom, ancora non riuscivo a sentirla perfetta. Senza piangere, sobbalzavo per i singhiozzi atoni che scuotevano il mio corpo. Una crisi di pianto silenziosa, una delle peggiori. Mi avrebbe lasciato un bel mal di testa. Il biondino, dopo un’iniziale ritrosia, si avvicinò comunque, ed io sentii il letto piegarsi un po’ sotto il suo peso. Mi afferrò delicatamente per le spalle e mi diede asilo sul suo petto. Da quando i ruoli erano cambiati? Non avrebbe dovuto essere lui quello da consolare? Respirai più e più volte a fondo, a volte emettendo anche buffi versetti. Lo sentivo sorridere sui miei capelli, ed improvvisamente sentii che anche le mie labbra si piegavano all’insù. Senza aver detto una sola parola. Senza piagnistei, lamentele, scenate, cinque minuti e tutto stava tornando alla normalità. Ancora in silenzio mi staccai, senza guardarlo e mi distesi sul letto, a pancia in su. Lo tirai per la manica della maglia e lo feci stendere di fianco a me. Sempre senza guardarlo. Sentivo i suoi occhi sul mio volto, cercare qualcosa che evidentemente non trovarono. Quindi, di buon grado, mi seguì ed appoggiò la testa sul mio stesso cuscino.
-Non dovresti pensare ancora a lui, sai? Quella canzone è tutta una farsa, Rach.- quasi sobbalzai al sentire la sua voce. Forse perché mi aveva colpita nel vivo. Ero stata scoperta.
- Devi allontanarlo dalla tua mente. Alìm.- a questo punto non potei fare altro che voltarmi e guardarlo con un sopracciglio inarcato.
-Alìm?- sospirai, praticamente ad un centimetro dal suo naso, visto che anche lui era voltato verso di me. Seguendo un impulso automatico scostai il solito ciuffo ribelle dalla fronte. Non sapevo come facesse a vederci, se aveva sempre i capelli penzoloni davanti agli occhi. Il suo volto si illuminò in un sorriso dolcissimo.
-Ti ho distratta.- buttò fuori, sembrava piuttosto soddisfatto. Io invece rimanevo perplessa, tanto che ripetei di nuovo la stessa parola, cercando di dargli la medesima intonazione che avevo sentito da lui. Sam annuì, avvicinandosi col corpo. Mi passò un braccio sotto la vita, ed io, istintivamente, alzai il bacino per facilitarlo. Sembravamo due amici di vecchia data, e questo mi faceva sentire bene. Per questo lo assecondavo. Mi voltai su un fianco, posando un braccio sul suo petto e cercando di guardarlo, anche se riuscivo a vedere solo il suo mento, mentre lui fissava le stelline fosforescenti che da piccina avevo preteso di attaccare al soffitto della camera.
-E’ Na’vi. Vuol dire “molto lontano”. Penso proprio che tu debba lasciare che Finn si faccia gli affari suoi. Devi pensare che è lui a perderci.- lo disse con un tono quasi sconsolato. Che si ripetesse le stesse cose, quando pensava a Quinn? Eravamo sulla stessa barca. Smisi di guardarlo, posando il capo sul suo costato ed allungando il braccio, lasciato morbido, cercando con disinvoltura di abbracciarlo. Non era solo.
-Parlami del Na’vi. E’ preso da Avatar, vero? Come fai a ricordarti le parole?- cercai di intavolare un discorso che lo tenesse, e mi tenesse, lontano dal pensiero della coppia che tanto ci irritava sapere unita. Ascoltare la sua voce pacata era piacevole, e vedere quanta passione aveva per quella strana lingua inventata mi fece sorridere.
-Sai che il Na’vi ha sette vocali? Sette! James Cameron e Paul Frommer sono degli autentici geni! Sono riusciti a creare addirittura un vocabolario di mille parole!- sentivo che anche lui si stava rilassando, e capivo perfettamente cosa provava. Potersi esprimere con tranquillità, senza essere giudicati, era qualcosa di veramente liberatorio. Annuii convinta, strusciando la guancia sul suo petto, così che potesse capirlo anche se non mi guardava. Cominciò a giocare con una ciocca di capelli, perdendosi a spiegarmi varie espressioni colloquiali di questo popolo inventato. Poi passò alle imitazioni e mi ritrovai a ridere come una sciocca, alzandomi sui gomiti per poterlo osservare meglio.
-Sei buffo, Sam. Ma in senso buono.- mi affrettai ad aggiungere, sperando di non averlo offeso. Forse era troppo tardi. Quel volto da angioletto si rabbuiò, e gli occhi si serrarono stretti, così come le labbra. Mi misi in ginocchio, poggiando il sedere sui talloni e gesticolando in fretta.
-Mi dispiace, non volevo! Insomma, per me buffo ha una connotazione positiva! L’importanza di una risata nella vita è riconosciuta da tutti e tu mi stai facendo ridere, ma…- mi bloccai, quando lo vidi mettersi seduto e riaprire gli occhi. Mi prese le mani, ancora bloccate in aria, e mi sorrise amaro.
-Ti andrebbe di baciarmi Rach? Non pensare male. Sei davvero molto bella, e simpatica. Ma non voglio che ci veda niente di romantico. E’ solo che…vorrei finalmente baciare qualcuno che non si fa beffe di me…- accompagnò le mie mani, nelle sue, sul mio grembo, mentre mi osservava attentamente. Ero spiazzata dalle sue parole. Non provavo niente per lui, non mi sembrava, almeno, quindi che ci sarebbe stato di male, in un semplice, piccolo bacio? La mia mente era libera di fantasticare quanto voleva, ma sapeva che non avevo ancora dimenticato Finn. Mi affrettai a richiudere la bocca, quando sentii che la mascella cominciava a farmi male per la prolungata posizione presa.
-Sei sicuro? Voglio dire, sono lusingata, ma forse dovresti aspettare la giusta ragazza…- strinsi le mani tra le sue, premendo i pollici sul loro dorso. Lui scosse il capo, ed i capelli ricaddero sulla fronte.
-Se devo fidarmi del mio istinto, tutte le fidanzate che avrò saranno sempre bellissime ragazze, troppo prese dalla loro immagine. Mi vedono tutte come il belloccio e stupido di turno, quindi si sbrigano tutte a tapparmi la bocca, così che possa fare da fidanzato trofeo al loro fianco. Questa…questa mi sembra l’occasione migliore. Ma se non vuoi…- non seppi resistere oltre, le sue parole mi portavano alla mente tanta malinconia che seppi cosa fare. Sciolsi l’intreccio delle nostre dita per portarle ai lati del suo viso. Gli sorrisi timida, sperando che capisse, che non vedesse altro che amicizia, in quel nostro gesto. Lo attirai verso di me sempre fissandolo negli occhi. Mantenere il contatto visivo era importante. Gli posai le labbra sulla guancia, vicina alla bocca, senza essere troppo invadente. Poi gli baciai la punta del naso, gli occhi, l’altra guancia. Come altro potevo baciarlo? Non osavo pensare a qualcosa di diverso. Lo sentii mugugnare qualcosa, mentre girava il volto e posava la sua bocca sulla mia. Era morbidissima e fresca. Sapeva del burro cacao che gli avevo regalato, vaniglia. Istintivamente il mio sorriso si aprì di più sulle sue labbra, e per qualche impensabile motive lui approfondì il bacio, quasi con foga. All’inizio cercai di non rispondere, ma le sue mani ormai erano sulla mia schiena, tra i miei capelli, ed era qualcosa di così diverso dai baci ricevuti fino a quel momento…Sam era tenero anche quando cercava di risultare brusco. Per questo mi lasciai andare. Volevo aspettare che fosse lui a rompere il contatto, così piacevole. Continuavo ad accarezzargli il volto, anche ad occhi chiusi, e spostai i capelli che mi solleticavano il naso. Il ragazzo ci sapeva fare con i baci. Io ne sapevo qualcosa, in tutta la vita avevo fatto solo e sempre quello. Si staccò finalmente da me, tenendo gli occhi fermamente chiusi, e per qualche attimo pensai che magari voleva trattenere l’immagine di Quinn, o Santana nella sua mente. Io avevo fatto lo stesso con Noah, tanto tempo prima, no? Magari mi fece un po’ male, ma non lo diedi a vedere. Quella era una gentilezza che volevo fargli. Mi distesi nuovamente sul letto, ma questa volta mi voltai su un fianco per dargli le spalle. Avvicinai le gambe al busto e le cinsi con le braccia, poi con disinvoltura parlai di nuovo.
-Di sotto, accanto alla tv, c’è un dvd che potrebbe piacerti. Prendilo e portalo qui, se non hai voglia di studiare. Possiamo vederlo. O puoi vederlo di sotto, io rimango qui ancora un po’.- ecco, adesso gli avevo dato anche la scusa per allontanarsi, magari si sentiva in imbarazzo. Sentii il letto riprendere la solita forma, quando lui si alzò, e lo sentii scendere velocemente le scale. Cominciai a canticchiare, mentre i minuti passavano, cercando di tenere la mente occupata e ben lontana da quel bacio. Non avevo pensato a Finn, in quel momento. Avevo chiuso gli occhi e mi ero lasciata trascinare, e ne ero stata anche contenta. Infondo eravamo due ragazzi liberi, feriti ed in cerca di un sostegno. Potevamo anche trovarci bene insieme, no? Non mi accorsi praticamente di niente. Lui si sedette nuovamente accanto a me, mi si sdraiò di fianco e premette play sul telecomando. Dalla tv partì un suono familiare, ed io sbattei velocemente le ciglia, fissando lo schermo confusa e poi voltandomi di poco verso lui. Il suo bel viso era rivolto allo schermo, serio serio. Senza dire niente, mi voltai di nuovo. Mi concentrai sul film, Avatar ovviamente, perché era la prima volta che lo vedevo e dovevo ammettere che non era poi così male. Aveva dei colori vividi, ed una storia particolare di fondo. Stavo per voltarmi a dirglielo, quando lo sentii voltarsi ed abbracciarmi da dietro. Posò la testa sulla mia spalla e rimase così, a seguire la storia. Sorrisi. Ancora una volta aveva trovato il modo di farmi stare zitta.

Ok, invece di pubblicarlo sabato prossimo (il giorno del mio compleanno, se proprio volete saperlo, ho deciso di pubblicarlo prima. Questa storiella è già pronta, perché non approfittarne? Ringrazio chi ha commentato e letto il precedente capitolo, non pensavo neanche di arrivare a tanto. Mi immaginavo già la FF che cadeva nel dimenticatoio. XD Troppo melodrammatica? Lo so, ma questo è un capitolo POV Rachel. Capitemi.
Mi scuso per eventuali orrori di ortografia o battitura.

BascioCascio
Vevve

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Capitolo 3
*** III° capitolo ***


III° capitolo

III° capitolo

Corsi di sotto, approfittando di quella scappatoia che Rachel mi aveva lasciato, consapevolmente o meno. Mi toccai le labbra, ancora calde e leggermente arrossate dal bacio. Quel gusto non me lo sarei scordato facilmente. Non sapeva semplicemente di qualcosa di preciso. Aveva una particolare fragranza fruttata, che mi faceva venir voglia di leccarmi le labbra o tornare di sopra e provare a vedere se il sapore sarebbe stato lo stesso, baciandola una seconda volta. Era normale aver paura di una ragazza? Beh, io ero letteralmente terrorizzato da quello scricciolo di Rachel Berry. Baciarla era stata un’esperienza devastante. Perché aveva spazzato via tutte le certezze che mi ero creato in quegli anni. Avevo sempre baciato belle ragazze, alte, formose, sensuali, estremamente sensuali. Tutto quel che ne avevo ricavato erano emozioni forti, si, ma prettamente superficiali. Mi smuovevano le parti basse, nient’altro. Quinn, forse…riusciva a farmi battere il cuore. Ma sopra al resto, sentivo sempre montare dentro tanta eccitazione, che cancellava qualsiasi altro pensiero. Pensavo che fosse l’amore che provavo per lei, che tutta quell’attrazione dovesse essere il risultato di chimica e sentimenti. E probabilmente lo era. Allora cos’avevo sentito, baciando Rachel? Soltanto calore. Un groviglio di possessività, gioia, ma soprattutto calore che s’irradiava nelle membra. Le famose farfalle nello stomaco. Quel maledetto sorriso, così semplice e delicato che si era aperto sulle sue labbra, al tocco delle mie, aveva completamente azzerato le mie facoltà mentali. Avevo baciato bocche atteggiate in espressioni che volevano essere attraenti, magari imbronciate, soddisfatte…ma mai un sorriso tanto ingenuo, puro. Sembrava davvero felice di baciare me. ME. Avevo chiuso gli occhi per immaginarmi quel sorriso, e c’ero riuscito perfettamente. Era come quello che le era apparso in volto alla fine del discorso per le regionali. Aveva le lacrime agli occhi, ma la sua espressione emanava candidamente tutta la felicità che si possa immaginare. E lei aveva rivolto quella stessa felicità a me, attraverso quell’unico gesto. Come rimanere indifferenti, di fronte ad un fatto del genere? Persino il cuore più duro si sarebbe sciolto, ed il mio non aveva resistito.
Cominciai a gironzolare per la sala, l’indecisione fatta persona. Se fossi tornato di sopra, come avrei dovuto comportarmi? Si aspettava di più da me? Io ero sicuro di volere di più. Quindi andai verso il mobile della televisione, deciso a prendere il primo film che mi fosse capitato sotto mano. Ma non avrei dovuto aspettare che la Berry mi rendesse le cose facili. In bella vista c’era un pacchetto fino, con un bel fiocco rosa. Tipico. Pensavo vi fosse un biglietto, almeno per capire se quello fosse il giusto DVD da prendere, ma tutto quello che trovai fu una scritta glitterata col mio nome sopra. Mi morsi il labbro inferiore e scartai titubante quel piccolo involucro. E dentro c’era il film di Avatar, ovviamente. L’ultimo uscito, con le scene tagliate ed ogni sorta di approfondimento, con il commento di James Cameron ad ogni scena. Mi chiesi se davvero avessi mai conosciuto Rachel, prima di quella settimana. Se davvero qualcuno l’avesse mai conosciuta. E la risposta venne automatica. Si. Perché ogni persona che veniva a contatto con lei, cambiava sempre un pochino, dopo averla abbandonata al suo destino. Solo Kurt e Mercedes sembravano i più legati a lei. Tutti riuscivano ad evolversi, a crescere, grazie anche al suo pedante aiuto, e poi la dimenticavano come se nulla fosse successo. Prendevano la parte migliore di lei e la lasciavano spossata ed inerme, l’unica a dover crescere da sola. Non che lo desse a vedere, comunque. Lei andava avanti per la sua strada, imperterrita. Neanche mi accorsi, durante i vari ragionamenti, di essere tornato in camera sua. La sentii canticchiare, ancora in quella posizione, e mi sembrò così vulnerabile che avrei potuto passare ore in quella camera disgustosamente colorata a farla parlare. Come se lo facesse già poco. Misi il disco nel lettore ed afferrai il telecomando, silenziosamente. Non si era accorta della mia presenza, quindi mi sdraiai di nuovo sul suo letto ed accesi la TV. Fissai lo schermo nero, aspettando l’introduzione al film, ma con la coda dell’occhio la vidi girarsi verso di me e voltarsi di nuovo, incerta. Quando già il protagonista faceva capolino sulla scena, decisi impulsivamente di volerla sentire più vicina. Per questo non persi l’occasione e l’abbracciai da dietro, posando il mento su quella piccola spalla e continuando a seguire il film. Lei non si ritirò al contatto, ma neanche fece altro. Rimase rilassata tra le mie braccia, mentre le scene scorrevano veloci e piacevoli.
Alla prima battuta in lingua Na’vi, la recitai in sincrono con gli attori, poi mi morsi la lingua. Non avevo mai visto quel film con una ragazza, ma se a Quinn infastidiva sentirmi parlare così normalmente, ed a Santana faceva lo stesso effetto, cosa potevo aspettarmi da lei? Un risolino basso, e poi una carezza sul volto. Tutto qua. Mi seniti bene, e riuscii a godermi il resto del film in pace. Alla fine ci scambiammo le varie opinioni, e rimasi stupito da quanto acute potessero essere le sue osservazioni. Si intendeva di cinema, di questo ne ero certo, e poté tranquillamente dirmi quali attori erano più bravi e quali meno. Era rimasta incantata da Sigourney Weaver e dal particolare modo di muoversi del popolo Na’vi. Chiacchierammo per un’altra mezz’ora, prima che il mio telefono squillasse. Di malavoglia mi alzai e risposi a mia madre, che già si preoccupava per il ritardo che portavo. Lei si alzò con me e mi accompagnò fino al piano inferiore, aspettando che recuperassi i libri per aprirmi la porta di casa. Mi porse il film ed io la guardai con aria interrogativa.
- So che lo hai già, e so anche che lo hai visto così tante volte da aver rovinato la copia. Quindi non fare storie e portalo a casa. Sono sicura che S&S (*) saranno contenti di rivederlo con te.- detto questo mi spinse letteralmente fuori dall’uscio e lo richiuse ridacchiando, mentre io osservavo la casa con due occhioni spalancati.

-Ricorda il vestito da tuo papà. Il ballo è tra soli due giorni!- From Rachel.

Mi incamminai a piedi verso la fermata del pullman, scuotendo la testa e non potendo far altro che sorridere.

Quella sera mi sentivo decisamente impacciato. Avevamo deciso di cambiarci a casa di Mercedes, la più vicina al ristorante, e rimasi di sasso quando le vidi scendere dalle scale. Erano entrambe bellissime e mi complimentai con loro. Vederle arrossire ai miei complimenti semplici e diretti mi fece pensare che entrambe non vi erano abituate. Era un’ingiustizia. Mercie mi sistemò i capelli, mentre Rachel mi sistemò quella specie di cravattino da cowboy che adoravo. Respirai a fondo e sentii un lieve profumo di cocco salire dal naso ed arrivarmi dritto al cervello. I suoi capelli. Quei boccoli lucidi e perfettamente acconciati profumavano più di tutto quello che c’era nella stanza. Smisi di respirare, fin quando non si alzò e con un’occhiata d’intesa a Mercedes mi batté una mano sulla spalla.
-Perfetti. Le foto le facciamo a scuola, no? Perché ho dimenticato la digitale a casa.- sospirò e sistemò lo scollo del vestito senza spalline, andando a mettere le scarpe col tacco che ancora non aveva indossato, per comodità. Rimaneva comunque la più bassa tra noi. La Jones si avvicinò al mio orecchio, ridacchiando e mi sussurrò una frase che non avrei dimenticato.
-Fa attenzione a lei. E vedi di non farla star male come quell’altro pesce lesso, o dovrai vedertela con la furia Kurtcedes.- mi lasciò così, a bocca aperta, mentre raggiungeva l’amica ed infilava anche lei le scarpe. Che diamine…? Aveva intuito qualcosa che neanche io sapevo? Feci spallucce e le presi sotto braccio, pronto ad uscire di casa. La cena era stata leggera e divertente, anche dopo aver salutato Quinn e Finn, che ci guardavano una con aria di sufficienza, l’altro quasi con invidia. Fortunatamente Mercedes si sbrigò a liquidarli e noi potemmo finire di mangiare il nostro menù a base di pasta. Una volta arrivati a scuola, le accompagnai a trovare un posto dove sedersi e galantemente mi offrii per andare a recuperare dei drink. Non feci in tempo a tornare al tavolo che Artie e Puck mi trascinarono con loro sul palco, dove ci saremmo esibiti. Riscuotemmo un gradito successo, e mi divertii davvero tanto. Perché da quando ero entrato nel glee club, non potevo far altro che divertirmi ad ogni canzone. Avevo trovato dei veri amici, ed ora ero anche convinto che mi avrebbero sostenuto in ogni occasione. Scesi dal palco accompagnando la carrozzina di Artie per poi lasciarlo vicino al tavolo del punch. Lui e Puck si scambiarono un’occhiata di intesa, ma io non ci feci troppo caso. Vedevo solo Rachel, da sola, che fissava un punto imprecisato alla sua destra. Mi voltai in quella direzione e vidi Mercedes ballare vivacemente con un bel tipo. Cavolo! Quello era il nerd che frequentava con lei le lezioni di chimica! Si era trasformato da secchione con gli occhiali a superfigo con capelli impomatati e sorriso smagliante. Lei sorrideva radiosa, ridacchiando ogni tanto a qualche sua battuta che puntualmente le faceva avvicinandosi al suo orecchio. “Vai, tipo sfigato, vai!” mi ritrovai a pensare, mentre raggiungevo la mia altra accompagnatrice al tavolo.
-E’ libero questo posto?- mormorai, sedendomi disinvolto accanto a lei, ancora intenta a fissare compiaciuta l’amica.
-Hai visto la mia diva? Sono così contenta…ha qualcuno con cui passare la serata, senza avere me e te tra i piedi.- notai che aveva le lacrime agli occhi. Era una ragazza estremamente emotiva, e questo mi piaceva. Le altre spesso, per difendersi dagli inconvenienti della vita, nascondevano ogni sorta di sentimento. Lei invece li lasciava trasparire senza vergogna. Le scostai istintivamente un boccolo dal viso e mi persi a guardare i suoi occhioni da cerbiatta. Quando si alzò, aveva un’aria fin troppo decisa.
- Ora tocca a me. Li stenderò tutti, promesso!- baldanzosa, raggiunse il palco e fece un cenno d’assenso verso Brad e gli altri ragazzi della band. Era arrivato il momento. L’avevo sentita provare così tante volte quella canzone che sapevo le strofe a memoria. Ma comunque riuscì a lasciarmi sbalordito. La forza della sua voce era inarrestabile. Vidi Finn voltarsi più volte verso lei, mentre la biondina appoggiava paciosa il volto sul suo petto, e Rachel non fuggiva il suo sguardo. Nei suoi grandi occhi nocciola c’era un tormento ed un’espressività tale che non seppi neanche come facessero gli altri a sostenerlo. Mi alzai istintivamente, sapendo già quando sarebbe finita la canzone, e mi diressi alla scaletta che portava sul palco. L’aspettai e le tesi la mano, aiutandola a scendere quei pochi gradini.
-Sei stata…magnifica. Sono senza parole, Berry.- ancora una volta la vidi arrossire ai miei complimenti, mentre la trascinavo al centro della pista. Blaine, il nuovo ragazzo di Kurt, nel frattempo, aveva occupato l’enorme vuoto lasciato dalla presenza di Rachel, e stava attaccando con un pezzo movimentato che mi piaceva da matti. Senza neanche chiederle il permesso, la presi per la vita e mi spostai, ballicchiando, un po’ di lato. Dopo neanche un minuto ridevamo come due sciocchi, mentre la facevo piroettare davanti a me, o imitavo un ballo robot così, su due piedi. Sentivo sulla nuca uno sguardo perforante, e sapevo già a chi appartenesse. Non volli farci caso, mi concentrai solo sulle sue risate, e…sul suo vestito. Mentre girava di fronte a me, mi piegai un po’ e sollevai con le mani il primo strato di tulle rosa a ritmo. Sembrava una nuvoletta vaporosa.
-Sicura di non essere fatta di zucchero filato? Zucchero filato tutto rosa.- ridacchiai, riportandomela vicino ed affondando automaticamente il naso sul suo collo. Lei si tirò indietro, stupita, e poi stette al gioco.
-Evans, smettila di annusarmi, sembri un cagnolino. E poi mi fai il solletico con i capelli!- sventolò una manina, mentre io ancora respiravo il suo profumo e saggiavo la consistenza morbida della pelle con il naso, poi scostò quella fastidiosa ciocca. Un gesto che in quei giorni avevo imparato ad apprezzare, e ad aspettare pazientemente, quando non c’era lei. Per quello non mi ero ancora tagliato i capelli. Kurt si era proposto più volte di farmi un taglio diverso, ma avevo rifiutato. Per farla pentire delle ultime parole, le diedi uno scherzoso morso sulla spalla, e la sentii ridere e tremare al tempo stesso. Poi una mano mi spinse via dalle sue braccia, ed io osservai attonito la scena che mi si parava davanti.

 (*) S&S, se non l'aveste capito, sono Stevie e Stacy. Avendo dei nomi così simili, mi piace pensare che possano aver dato un soprannome a questa coppietta. Ora, chi pensa che abbia detto la mia ennesima cavolata alzi la mano. XD

 

Ed eccomi di nuovo qui. Ma quanto può essere morbidoso Sam? Io me lo immagino proprio, a farsi tutti quei filmini mentali, mezz’ora a gironzolare per quel salone senza decidersi su cosa fare. *w* Spero vi piaccia il pre ballo a casa di Mercedes. Ho modificato, per forza di cose (leggi “niente Jesse, maledizione”) anche la cena ed il prom. Ok, non so cos’altro dire, se non che spero vi godiate la lettura e che ringrazio chi si prende la briga di recensire e quelle anime pie che ogni tanto danno un’occhiata alle mie FF.
Chiedo umilmente perdono per eventuali orrori di ortografia o battitura.

BascioCascio
Vevve

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Capitolo 4
*** IV° capitolo ***


IV capitolo

IV° capitolo

Ero realmente emozionata. Io e Mercedes ridevamo tranquille nella sua camera, mentre Sam si cambiava in quella dei signori Jones. Entrai nel vestito infilandolo dai piedi, chiedendo a lei di chiudermi la zip. Il frusciare della stoffa, un misto di tulle, taffetà ed il raso della sottoveste aveva il potere di tranquillizzarmi. Era un po’ come quando da piccina indossavo il tutù per i saggi di danza. Per quello mi ero immediatamente innamorata di quell’abito. Lasciai che la mia Diva mi acconciasse i capelli, e poi ci divertimmo a truccarci a vicenda, incrociando i pennelli e mettendo su strane smorfie da modelle mentre l’una si prendeva cura del viso dell’altra. Finita la preparazione, afferrai la borsetta e ne tirai fuori il profumo che mi aveva regalato Kurt. Come ogni adolescente che si rispetti, avevo imparato tanto dai film, quindi voltai l’elegante boccetta e ne versai un paio di gocce ai lati del collo, proprio sotto l’orecchio ed una nell’incavo tra i seni. Mercedes mi guardò storto, alzando un sopracciglio ed incrociando le braccia sotto al petto prosperoso. Era una favola, avvolta da quel tessuto lucente, color melanzana; gli strass che disegnavano il seno ed il punto vita e lo scialle poco più chiaro davano un tocco delicato e grintoso al tempo stesso. Non capivo come facesse ad abbinare con tanta audacia e gusto i suoi abiti.
-Che c’è?- domandai, in risposta alla sua occhiataccia.
-Berry, c’è qualcosa che mi nascondi? Sei…radiosa.- neanche mi diede il tempo di aprir bocca, che già mi stava abbracciando, attenta a non rovinare il lavoro di un pomeriggio.
-Anche tu lo sei. Questa sera dobbiamo divertirci come non mai! Sarà uno sballo.- ok, non avevo mai usato la parola “sballo” in vita mia, ma ci stava bene. Lei la prese a ridere, e, catturando la mia mano nella sua mi portò fuori dalla stanza. Visto che il nostro accompagnatore era già in casa ed aveva anche visto i nostri vestiti, non ci preoccupammo di scendere scalze. Non c’era bisogno di essere troppo formali. Scendemmo le scale con attenzione, avevamo entrambe una gonna lunga, quindi non volevamo rischiare di inciampare o strappare il tessuto prima che entrassimo nel vivo della situazione. Vidi un lampo biondo avvicinarsi ed istintivamente arrossii, fissandomi le unghie dei piedi, laccate dello stesso pallido rosa che sfoggiavo su quelle delle mani. Sam ci offrì galantemente il braccio, tenendoci ben salde fino alla fine dei gradini.
-Questa sera sarò costretto a fare a botte per il vostro onore, lo so già. Siete semplicemente…wow.- la frase con cui esordì ci mise di buon umore, mentre io e la mia più cara amica ci guardavamo timidamente. Per quanto nessuno fosse avaro con noi, nei complimenti sulle nostre voci, non eravamo abituate, invece, a riceverne di così diretti, soprattutto sul nostro aspetto esteriore. Infondo, credo ci reputassimo le “brutte” del club, perché ci sentivamo così. Continuò così per qualche minuto, smise di parlare soltanto quando ci avvicinammo a lui per sistemargli quei capelli arruffati ed il cravattino in stile “Bruce Springsteen nella copertina dell’album Tunnel Of Love”. Era stato così carino, tutto eccitato, quando mi aveva dato questo piccolo particolare sul suo vestito, il giorno prima.
Il tempo sembrò volare, ricordavo alcuni momenti con precisione, come l’espressione di Mercedes che cercava la mia approvazione quando quel ragazzone le aveva chiesto di ballare, oppure quello in cui, mettendo piede sul palco, ebbi la certezza che avrei dimostrato ancora una volta la perfezione delle mie esibizioni. Perché adesso sentivo davvero mia quella canzone. E dovevo tutto a quel bacio con Sam. Non so cosa lui avesse capito, ma le mie idee non potevano essere più chiare. Se anche solo per un attimo ero riuscita ad accaparrarmi un angolo sicuro tutto per me, tra le sue braccia, allora voleva dire che Finn non poteva più avermi. Avevo sprecato così tanto tempo dietro a lui ed ai suoi cambi di idee…senza capire quanto il mondo potesse offrirmi, lontana da lui. Che continuasse a raccogliere i cuori di altre ragazze. Stavo allontanando il mio, e volevo che fosse per sempre. Non doveva prendersi la briga di tornare indietro per me. E gliel’avrei detto di fronte ad una folla di ragazzi dagli ormoni impazziti. Meglio.
L’ultimo frangente che la mia mente riusciva a ricordare, fu la mano calda di Sam Evans che si univa alla mia, mentre ancora scendevo i gradini che mi separavano dalla pista, ed i suoi occhi ammaliati ed ammalianti fissi su di me.
Poi fu solo un inseguirsi di balli, giravolte, braccia che mi catturavano ed una calda bocca a pochi centimetri dal mio collo. Ero sicuramente diventata rossa come un peperone. Come il vestito di Santana, anzi. Cercavo di arrabattare su quel paio di parole che servivano a farmi sembrare disinvolta, ma il cuore nel petto batteva a mille ed il respiro era corto. Potevo farlo passare come l’effetto del ballo scatenato sulle note della voce di Blaine, ma ero quasi certa che non Sam non ci avrebbe creduto. Ogni tanto mi aveva guardato, durante la serata, con uno sguardo che aveva poco di equivocabile. Se fossimo stati abbastanza fortunati da passare indenni quella serata, magari avremmo anche potuto capire cosa ci stava succedendo. Ma nella mia vita, nessuno ne esce mai indenne, io per prima. Mi sono cucita addosso un ruolo da regina del dramma, ed ogni mio gesto, o gesto di altri, avrebbe sempre rispecchiato questo mio modo di essere. Inconsapevolmente spingevo anche gli altri a partecipare a quella farsa con me. Poco male. Certo, sentirlo strappare dalle mie braccia in quel modo fu una bella sorpresa. Lo guardai un secondo, aveva la bocca spalancata e gli occhi sbarrati. Mi voltai, già con i pugni chiusi sui fianchi, pronta a lottare ed a ribattere per le rime a quel gesto di Finn, quando anche io rimasi allibita.
-Sta lontana da lui, nasona! Come diamine ti viene in mente di approfittare della situazione di Sam per sfruttarlo in questo modo? Mi fai veramente schifo, Berry.- sputò Quinn Fabray, inviperita, di fronte a me. Ero così tanto scioccata che neanche mi accorsi dei tentativi di Finn di calmarla e farla ragionare. Persi completamente il senso del tempo, sentii soltanto Sam urlarle qualcosa addosso, cercando di farsi sentire sopra la musica alta. Gli misi una mano sul petto e feci un passo avanti, sempre con gli occhi fissi sulla ragazza.
-Quinn, per favore. Non litigare con lui. Sta tranquilla, io non avevo…non voglio approfittarmi di lui. Stavamo solo ballando.- scossi il capo, cercando una parvenza di senso nella sfuriata a cui avevo appena assistito.
-Non guardarmi così, Berry, non ci casco. Tu vuoi solo tenere tutti legati attorno al tuo dito, così che non vadano troppo lontano e tu possa rimanere sempre al centro dell’attenzione. Ti ho capita, ma Sam deve sapere chi sei in realtà.- ora potevo chiaramente vedere Finn guardarla perplesso, prima di gettarmi un’occhiata mortificata. Cercava di tirarla via, ma lei continuava a gesticolare, sproloquiando sul fatto che io fossi solo un’approfittatrice, che volevo il suo ragazzo e tutti gli altri del glee in pungo...delle dita grandi e calde si intrecciarono con le mie, e senza neanche vederlo, sapevo che cercava di farmi coraggio. Quella era una cosa tra me e lei.
-Se non riesci ad ammettere che sei soltanto gelosa di me, Quinn, allora lascia stare. Sarò sincera. Non mi interessa più cercare di rubarti Finn. Per quanto io gli abbia voluto bene, mi sembra evidente che lui ha scelto te, non me. Ma io lo so. So che sei infastidita, perché preferiresti vedere Sam da solo per sempre, invece che tra le braccia di un’altra. E se questa “altra” sono io, fa ancora più male. Cerca di accettare la sua decisione, se vorrà scegliere di passare un po’ di tempo con me. Se davvero anche tu gli hai voluto bene, ti chiedo di lasciare che si rifaccia una vita. Stagli vicina come amica, ma non mettere in mezzo l’astio che provi per me. Per favore. Non essere egoista, non con lui.- La canzone volgeva quasi al termine, e sentivo qualche sguardo addosso. Non tutti si erano accorti del nostro diverbio, ma abbastanza perché mi sembrasse di avere un vero e proprio pubblico. Cercavo di farle capire con lo sguardo quanto credessi in ogni parola. Certo, magari avevo tirato fuori un po’ di quell’acredine che si era venuta a creare in due anni di continui diverbi, quasi sempre vinti da lei, ma speravo capisse che non avrei mai fatto del male a Sam. Probabilmente non fu così, perché mi diede uno schiaffo a mano aperta, potente e veloce, tanto da farmi traballare per un attimo sui tacchi.
-Oddio…oddio, mi dispiace. Rach…- mentre ancora mi tenevo una mano sulla guancia, la vidi correre via, in lacrime. Finn rimase imbambolato a fissare l’ultimo punto in cui era stata la sua ragazza, ed io vidi Sam mettere una mano sul suo braccio e fargli un cenno con la testa. Gli indicava di seguirla. Non capivo se gli applausi fossero per la nostra scenetta o per l’esibizione dell’Usignolo. Sentii soltanto un braccio che mi trascinava verso l’esterno, mentre con l’altro mi cingeva la vita, quasi con la paura che potessi cadere da un momento all’altro.
-Ecco. Sta tranquilla, è tutto passato.- mi disse Sam, accarezzandomi la schiena e fissandomi, preoccupato ed ansioso. Dovevo dire qualcosa, altrimenti sarebbe uscito fuori di testa. Mi aveva portato sulle gradinate di ferro che attorniavano il campetto da football, e l’aria della sera, unita al freddo metallo su cui eravamo seduti mi fece rabbrividire. Invece di porgermi la giacca, mi avvicinò a sé e mi strinse forte, posando il mento sul mio capo, come la prima volta che mi aveva consolata. Quella sensazione aveva un che di familiare, quindi cominciai a riprendermi.
-Mi dispiace.- confessai, senza guardarlo. Ero immobile, le braccia ciondoloni lungo i fianchi, e non sapevo come scusarmi con lui.
-Ti…cosa?- mi scostò un poco, guardandomi incredulo. -E perché diamine dovrebbe dispiacerti, sentiamo!-
-Beh…questo doveva essere il miglior ballo a cui avessi partecipato, invece per colpa mia ti sei dovuto subire una sfuriata…e poi avresti potuto seguire Quinn, magari chiarire con lei…invece sei qui con me. Magari lei è ancora innamorata di te, e tu te ne stai fermo e buono, lasciandoti scappare quest’occasione. Attiro solo disgrazie, eh?- affermai, con aria mogia, mentre lui mi riavvicinava a sé. Mi mise un dito sotto al mento, così da potermi guardare in viso e sorrise. Non sembrava arrabbiato con me, anzi…era quasi felice. Vidi che avvicinava il suo volto al mio, quasi incredula, e chiusi gli occhi, godendo il contatto con le sue labbra. Era il nostro secondo bacio, ma sembrava che non facessimo altro da una vita. Quando ci staccammo, cercai di studiare le emozioni sul suo viso, ma riuscivo a scorgere soltanto quella bellissima, enorme bocca che ghignava soddisfatta.
-Hai finito con i discorsi inutili? Cosa vado a fare da Quinn, se posso avere te, qui ed ora?- forse non avrebbe mai espresso i suoi sentimenti meglio di così, ma quelle poche parole mi scaldarono il cuore. Ripresi semplicemente a baciarlo, accarezzandogli il collo, senza accorgermi delle risatine di Kurt e Mercedes alle mie spalle. A quelle avrei pensato dopo.

 

-Mr. Schue?- entrai in classe decisa, portandomi dietro il microfono portafortuna. Erano passati quattro giorni dal ballo, io e Sam avevamo deciso di far tranquillizzare un po’ le acque, prima di rendere pubblica la nostra relazione. Ma non ce la facevo più ad aspettare, avevo visto una Cheerios quella mattina mangiarselo con gli occhi e strusciarsi sul suo armadietto mentre faceva la gatta morta con lui. Ne avevo abbastanza.
-Si, Rachel?-
-Vorrei cantare un pezzo…forse è un po’ vecchiotto, ma ne ho cantati di più vetusti.- risi, vedendolo annuire. Quell’uomo doveva essersi messo l’anima in pace, con me. Nessuno rifiuta un’esibizione a Rachel Berry dopotutto, no? Dopo un cenno d’assenso rivolto alla band, cominciai a cantare.

I can't believe it took me quite so long
To take the forbidden step
Is this something that I might regret

Nothing ventured nothing gained

A lonely heart that can't be tamed
I'm hoping that you feel the same
This is something that I can't forget

I thought that we would just be friends

Things will never be the same again
It's just the beginning it's not the end
Things will never be the same again
It's not a secret anymore
Now we've opened up the door
Starting tonight and from now on
never, never be the same again
Never be the same again

Now I know that we were close before

I'm glad I realized I need you so much more
And I don't care what every one will say
It's about you and me
And we'll never be the same again

Ecco. Praticamente era una dichiarazione, e speravo che non gli desse troppo fastidio. Mi guardava incantato, e quando mi sedetti di fianco a lui, attirò la mia sedia più vicina alla sua, prendendomi le mani nelle sue. Beh, forse non era troppo dispiaciuto.

“Because the girls Sam’s dated make fun of the things he likes, and Rachel has a hard time believing anyone’s passions deserves ridiculing.”

Ecco. Sono arrivata alla fine. Quasi quasi non ci credo neanche! XD Però sono troppo contenta. Ho decisamente sfogato la mia fissa Samchel (non del tutto, ma un pochino…) e sono riuscita a far vedere questa coppia sotto un altro punto di vista anche ad altri gleeks. Cosa può esserci di meglio? Ah, si, scrivete di Samchel anche voi, se mi volete bene! O di Puckleberry…o di St. Berry. Basta poco per farmi felice. Vi ringrazio dal profondo del cuore per aver recensito o soltanto letto questa storia…è stato importante per me!!

BascioCascio
Vevve la BerryPazza

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