Il ladro di baci di LaCla (/viewuser.php?uid=82873)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Welcome to the jungle ***
Capitolo 3: *** Follia ***
Capitolo 4: *** You'll never stop me ***
Capitolo 5: *** Scuse ***
Capitolo 6: *** Beautiful Dangerous ***
Capitolo 7: *** Vampire Kiss ***
Capitolo 8: *** Violence... ***
Capitolo 9: *** Attack! ***
Capitolo 10: *** Oscar come migliore attrice: vinto! ***
Capitolo 11: *** Vendette e rimorsi ***
Capitolo 12: *** stupido cuore! ***
Capitolo 13: *** Alice, me la pagherai! ***
Capitolo 14: *** reality ***
Capitolo 15: *** The End ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Ecco
il prologo, spero di postare presto il primo capitolo, sperando che la
storia vi interessi e vi incuriosisca :)
Mi
ha lasciata, come se non valessi nulla, come se per lui
fossi solo una sciocca pagina della sua vita, una pagina superflua,
inutile,
non indispensabile. Non mi ama più, me l’ha detto
chiaramente, anzi, me l’ha
scritto. Non me ne ha mai parlato, mi ha solo scritto, non una lettera,
non una
mail, nemmeno un messaggio, no.. me l’ha scritto sulla chat
di un social
network, il giorno prima che iniziasse la scuola.
“I
miei sentimenti per
te sono cambiati, non ti amo più!”
Mi
sono fatta vedere forte però, l’ho mandato al
diavolo, ho
chiuso la conversazione, ho spento il computer, la luce, il mondo!
Mi
sono rintanata sotto le coperte, torturandomi le labbra
con i denti, tentando di ricacciare indietro le lacrime che il mio
cervello
diceva di non versare per lui, perché non ne valeva la pena,
non valeva la pena
piangere per una persona così orribile!
Dopo
più di un anno di storia insieme, mi ha abbandonata
così, come un torsolo di mela, ormai non più in
grado di sfamarlo. Ed è proprio
così che mi sento, un torsolo di mela, che nessuno
vorrà più. Chi la vuole una
mela già finita? Già divorata, consumata da
qualcun altro? Nessuno.
Dopo
un anno in cui gli ho donato la mia vita, il mio tempo,
persino i miei amici, tutto! Ho condiviso tutto con lui, e lui mi ha
lasciata
senza pensarci due volte. Perché Jake? Cosa ti ho fatto di
così crudele io? Quando
ti sei trasferito nella mia classe al liceo di Forks ti ho accolto, ti
ho fatto
da cicerone, ti ho fatto conoscere io tutti, ti ho tirato fuori dal tuo
guscio
di diffidenza e sospetto, ho fatto conoscere a tutti il tuo lato
simpatico e
socievole, ma mi rendo conto solo ora che tu in realtà piaci
soltanto quando
fai il pagliaccio!
È
passato un mese da quando piangevo stretta al piumone, un
mese da quando bagnavo i cuscini con le mie lacrime, un mese da quando
Alice
chiamava mio padre per sapere come stavo. Un mese, e poco è
cambiato. Ti ignoro
ogni giorno a scuola, per me tu non esisti più. Hai tentato
di portarmi via gli
amici raccontando che ero stata io a voler mettere la parola fine alla
nostra
storia, raccontando fandonie, ma non ti hanno creduto, sono tornati da
me!
Stanno
con me i miei amici ora, e ti disprezzano! Alice ti
odia, per lei sei solo quello che mi ha fatta soffrire, sei quello che
ha
tentato di portarla via da me, sei quello che ha tentato di portarle
via la sua
migliore amica!
Dopo
un mese che io ed e lei siamo andate avanti, tu sei
solo, isolato da tutti, solo come meriti di stare! Mi hai cercata
ancora, mi
hai implorato di riprenderti, di accettarti come amico,
perché era un peccato
mandare tutto all’aria. Ma non sono più la tua
Bells, sono Bella adesso, e tu
non fai più parte della mia vita!
Io
ed Alice siamo state perse senza di te, eravamo una cosa
sola noi tre prima, prima che tutto cambiasse nel peggiore dei modi.
Ora però
sento che c’è aria nuova nei paraggi,
c’è qualcosa di nuovo per noi in agguato,
qualcosa di bello, di fresco, di solare; qualcosa che ci
riporterà il sorriso e
la spensieratezza di un tempo!
È
a causa di questa sensazione che sono 40 minuti che fisso
l’armadio senza sapere cosa mettere, succederà
qualcosa stasera, il fatto che
io non abbia la più pallida idea di cosa stia per accadere
è un altro discorso,
ed è solo un dettaglio. Sono troppo entusiasta
perché qualcosa vada storto
stasera! Sesto senso? Possibile!
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Capitolo 2 *** Welcome to the jungle ***
Eccovi il primo capitolo, spero
sia di vostro gradimento! sono veramente felice che il prologo abbia
interessato così tanti lettori! veramente, sono davvero
contentissima! :)
Questo capitolo ha come colonna sonora, come canzone portante diciamo,
una canzone che io adoro, e che ha anche dato il titolo al primo
capitolo!
ora smetto di ciarlare e vi lascio alla lettura!
..
..
Capitolo
1. Welcome to
the jungle - Guns n' roses
...
...
Fisso
l’armadio intensamente, quasi sperando che appaia
magicamente dal groviglio di vestiti, quello che voglio! Che illusa che
sono! Con
il mio disordine non mi stupirei se un giorno il mio guardaroba mi
fagocitasse!
In un angolo però, spunta un triangolino di tessuto grigio
scuro, lo afferro e
lo estraggo dal mucchio colorato di maglie, pantaloni, maglioncini e
camice, ed
ecco il mio vestito per stasera! È sempre stato il mio
preferito, spallini
stretti, una scollatura bella ma non volgare, un busto leggermente
elaborato ed
una gonna morbida, non troppo corta, perfetto per la serata se abbinato
a delle
scarpe nere di vernice, con un fiocco sulla punta, regalatemi da Alice
l’anno
scorso. Questo vestito piaceva molto a Jacob, spero quasi di
incontrarlo per fargli
vedere che non sono più sua!
Ogni
tanto lo penso ancora, sono ancora arrabbiata con lui
per come mi ha trattata, e nonostante abbia imprigionato in uno
scatolone tutto
quello che gli apparteneva, non posso fare a meno di pensarlo a volte,
dopotutto ero innamorata davvero di lui.
Infilo
rapida il vestito e le scarpe, so che mi faranno
soffrire da matti, ma non posso certo presentarmi in infradito al
compleanno di
Kate! Kate è la sorella minore di Alice, ed oggi compie 17
anni! La prima parte
di serata la passerò con loro in pizzeria, poi verso le
undici mi verrà a
prendere Seth, un mio compagno di classe, per portarmi non so dove a
sentire un
gruppo che suona non so cosa! Perché ho accettato?
Perché sentivo che dovevo
accettare, ho sentito una stretta allo stomaco quando stavo per
rifiutare, ed
ho capito che dovevo dire di si!
Seth
non ha secondi fini, per lui sono una cara amica, e lo
stesso vale per me, anche per questo sono serena al pensiero di uscire
con lui!
E poi i suoi gusti musicali sono sempre stati ottimi, non dovrebbe
portarmi a
sentire cose strane in teoria! O almeno così
spero…
Finisco
di prepararmi con un velo di trucco e sparando in
aria i miei capelli corti, già, corti.. altra pazzia dovuta
alla delusione d’amore.
Dicono che quando una donna cambia uomo, o comunque volta pagina, debba
cambiare taglio di capelli, io ieri sono andata dalla parrucchiera
dicendo
soltanto “tagliali e vorrei dei riflessi viola!”
Penso
che se a mio padre non è venuto un infarto quando sono
tornata a casa, è vaccinato per 40anni! Il viola non si vede
quasi per niente,
solo sotto la luce il castano scuro lascia intravedere qualche
sfumatura, il
taglio è molto più corto di quanto mi aspettassi,
ma mi piace molto, sembro più
grande con i capelli così.
Guardo
l’orologio e sobbalzo, sono in ritardo,
maledettamente in ritardo! Infilo di corsa la giacchetta nera ed esco
di casa
urlando un saluto a mio papà, che salta sul divano
spaventato dal rombo dei
miei tacchi in corsa e dal mio urlo. Pover’uomo, da quando
vivo con lui le sue
coronarie hanno subito gravi danni, ne sono certa!
Non
sono propriamente una ragazza tranquilla, mi piace il
casino, il rumore, la frenesia! Quando sono sola in casa lo stereo
è sempre al
massimo, facendo tremare la casa al ritmo di batteria, chitarra e
basso! Adoro la
musica rock, la adoro davvero, è l’unica che
riesce a darmi la carica giusta ad
ogni ora della giornata!
Volando
giù dai gradini senza alzare gli occhi, per evitare
di uccidermi, vado a sbattere contro Alice che, come me, non guardava
dove
andava, concentrata sui suoi piedi, che calzavano vertiginosi tacchi.
Lei però
aveva optato per un paio di pantaloni scuri ed una camicetta bianca,
elegante
ma con stile, come solo Alice sa essere!
L’impatto
ci ha fatte barcollare parecchio, ma una volta
ritrovato l’equilibrio è impossibile non ridere
della situazione. Ci avviamo
verso l’auto, dove Eleazar, il fratello maggiore di Alice, ci
aspetta al volante.
«Buona
sera signorine, sempre in ritardo e maldestre vero?»
ci saluta sorridendo, rido di rimando e gli faccio una linguaccia. Mi
conosce
da quando ho 7 anni, ormai è anche mio fratello
praticamente! Partiamo e
durante il viaggio mimo diversi tentativi di suicidio con Alice, visto
che i
gusti musicali di suo fratello sono discutibili!
Quando
arriviamo alla pizzeria scendiamo dall’auto alla
velocità della luce, tentando di allontanarci da quella
sottospecie di nenia
alla quale ci ha costrette quel pazzo! Come diavolo si fa ad ascoltare
roba
simile? Come l’ha chiamata? Musica francese? Qualcosa in
francese si… qualcosa
di terribilmente francese e terribilmente mieloso e oscenamente
rivoltante! Scende
anche Eleazar dall’auto, leggermente offeso dal nostro
comportamento, dicendoci
che i nostri timpani sono seriamente danneggiati se non apprezziamo
quella
musica.
«I
miei timpani hanno tentato il suicidio quarantacinque
volte da quando hai acceso la radio, erano sanissimi prima che tu li
maltrattassi con quella cosa che tu ti ostini a chiamare musica! Quando
ti
deciderai ad ascoltare cose umane?» ribatte prontamente
Alice, quella ragazza
ha sempre la risposta pronta, non c’è che dire!
Entrando
in pizzeria troviamo Kate e tutti gli altri
invitati, ne conoscerò al massimo due o tre, ma non mi
preoccupo di presentarmi
con tutti, non sono propriamente persone interessanti.
C’è Mike Newton, il
fidanzato di Kate, e questo dovrebbe bastare per capire il basso
livello
intellettuale che aleggiava nel nostro tavolo. Mi siedo rapida accanto
ad Alice
ed Eleazar, così da poter intrattenere una conversazione
umana senza dover per
forza parlare con Jessica e Lauren, sedute dall’altra parte
del tavolo.
Una
volta ordinato, dopo i commenti miei e di Alice sul
cameriere, veramente molto carino, che ci serviva, Jessica salta in
piedi tutta
esaltata, tra le mani una birra piccola della quale avrà
bevuto solo un sorso,
forse. Nonostante il contenuto alcolico pari a zero che le circola in
corpo,
finge di essere ubriaca persa per attirare le attenzioni, sanno tutti
che è
innamorata di Mike da una vita! Non capisco perché Kate
l’abbia invitata
sinceramente!
Quando
inizia il suo discorso, ci sta fissando tutta la
pizzeria. Che vergogna! È imbarazzante stare allo stesso
tavolo, mi verrebbe
voglia di alzarmi ed urlare “io non la conosco
quella!” ma sono troppo timida
per farlo, e poi purtroppo la conosco.
«Ciao
ragazzi! Sono Jessica! Vi ho portato queste!»
comincia, estraendo dalla borsa delle coroncine con sopra delle fatine,
non
possono essere i diademi delle Winx penso, ma aimè,
sopravvalutavo il QI di
Jessica!
«I
ragazzi le devono indossare! Per festeggiare Kate! Sarà
bellissimo
vedervi con le coroncine! » e ridendo si siede. È
patetica, patetica davvero!
Però
devo ringraziarla, vedere Eleazar con la coroncina di
Stella è un’esperienza unica! Mi si chiude lo
stomaco tanto rido, e non riesco
nemmeno a finire la pizza. Lui è alquanto contrariato dalla
Stanley, la
sopporta quanto me ed Alice, ma non si oppone più di tanto
alla coroncina,
sapendo che se l’avesse rifiutata, l’attenzione
dell’intero locale sarebbe
stata su di lui, visto che Jessica avrebbe fatto una tragedia greca sul
suo
rifiuto!
La
serata è piacevole, e non mi accorgo che il tempo passa
in fretta con loro. Quando una mano calda mi afferra la mano con cui
stavo
gesticolando animatamente mi prende quasi un colpo, temevo di aver
urtato un
cameriere!
Invece
il sorriso luminoso di Seth mi riporta alla realtà,
guardo l’orologio stupita e mi accorgo che sono in ritardo di
quindici minuti
sulla tabella di marcia! Lascio i soldi ad Alice per pagare, saluto
tutta la
tavolata allontanandomi con Seth che mi tiene a braccetto per evitare
che i
tacchi mi uccidano.
Salgo
in auto in trepidante attesa, sto per incontrare
qualcuno che mi cambierà la vita, o comunque ci siamo quasi!
Sento che nel
locale dove mi sta portando c’è qualcuno che devo
conoscere, è scritto che io
conosca quel qualcuno!
Venti
minuti dopo, le mie orecchie martoriate dalla musica
di Eleazar si sono ormai rilassate con lo stereo di Seth, che manda
solo gruppi
selezionati minuziosamente da lui! Seth suona la chitarra in un gruppo,
quindi
molte volte per imparare bene una canzone la riascolta centinaia di
volte, e in
questi venti minuti ho ascoltato ben quattro volte la fantastica
Welcome to the
jungle, dei Guns ‘n’ roses. Magnifica canzone! E
magnifico anche il cantante
direi!
Sta
per partire per la quinta volta quando Seth parcheggia e
spegne l’auto, siamo arrivati!
Il
locale sembra più che altro un grosso magazzino adibito a
pub, le auto sono ovunque, segno che è molto rinomato, e
anche il portico
esterno è gremito di gente.
«Non
preoccuparti Bella, un mio amico ci sta tenendo il
tavolo!» mi
tranquillizza Seth notando i
miei occhi sgranati davanti a quella folla. Quando entro resto stupita
dall’interno
del locale. Tavoli e panche di legno, un bancone di pietra scura, luci
molto
soffuse, musica di sottofondo non troppo alta, barman indaffarati con
calici di
birra enormi e mini-cocktail colorati, il tutto nel caos più
totale. Le pareti
sono rivestite di cartelloni pubblicitari di gruppi, cantanti,
musicisti di
ogni genere, ed anche il soffitto è un collage di
striscioni, cartelli e
fotografie. Non è chic, ne tantomeno alla moda, ma
è bello!
Non
saprei mai descrivere esattamente la sensazione, ma
quell’ambiente così spartano mi faceva sentire a
casa, a mio agio. Il rock era
il re di quel luogo, il sovrano indiscusso, lo si notava da chi
frequentava il
locale, dalla musica che gli altoparlanti diffondevano senza sosta,
persino la
birra urlava “Rock n Roll!”. Sono pazza? Probabile!
Mi
lascio guidare da Seth in quel trambusto, fino ad un micro
tavolino dove un ragazzo biondo sta sorseggiando una bevanda scura.
È proprio
verso di lui che ci dirigiamo io e Seth, o meglio, è verso
di lui che Seth mi
trascina! Io infatti sono ipnotizzata dall’atmosfera del
luogo, e non faccio
altro che guardarmi intorno col naso all’aria strisciando i
piedi per non
inciampare.
Quando
arriviamo al tavolo il ragazzo alza gli occhi dal
bicchiere e mi abbaglia con un sorriso mozzafiato. Biondo, snello, con
i
capelli leggermente ricci che gli cadono sulle spalle. La cosa che mi
colpisce
di più però sono i suoi occhi, azzurri come il
cielo dopo un temporale, senza
polvere o smog, solo l’azzurro limpido e pulito
dell’aria.
«Oh
Seth, finalmente! Temevo non arrivassi in tempo per l’inizio
del concerto!» dice, salutando Seth con il gesto che lui usa
con me quando dico
qualcosa di divertente a discapito di qualche altro amico, è
un battere il
cinque seguito da un battere il pugno, non so se mi spiego!
È strano, simpatico
e divertente, perché i ragazzi puntano a farsi del male con
il pugno durante il
saluto, mentre quando Seth lo fa con me mi sfiora appena, terrorizzato
dall’idea
di potermi fare male.
Il
ragazzo si volta verso di me, e mi sorride nuovamente,
porgendomi la mano.
«Perdona
la maleducazione, io sono Jasper Hale! Tu sei..?»
«Bella,
Bella Swan!» mi affretto a rispondere stringendo la
mano di Jasper.
«Enchanté!»
risponde lui, io non riesco
a trattenere una
smorfia di disgusto sentendo ancora parole in quella lingua che aveva
tormentato il mio viaggio verso la pizzeria!
La
mia espressine non sfugge ai due ragazzi, che mi guardano
perplessi! Jasper ritira la mano, quasi offeso, e mi sento in dovere di
sorridere e spiegare la situazione, sicura che capiranno immediatamente
la mia
smorfia.
«Scusa,
non fraintendere! Ma da casa mia fino alla pizzeria,
il fratello di una mia amica non ha fatto altro che farmi ascoltare
“musica”
francese, e non sono riuscita a trattenere il disgusto quando hai usato
la
stessa lingua! Mi ci sono voluti venti minuti buoni di Guns
‘n’ roses per
depurarmi le orecchie, ti prego capiscimi!» gli dico
sorridendo, dopo aver
mimato con le mani le virgolette attorno alla parola
“musica”. Ottengo il
risultato di farlo ridere a crepapelle con Seth,
e anche la sua stima a quanto pare!
«Poverina,
siediti dai, che tra un attimo le tue orecchie
non ricorderanno più nemmeno un suono di quella
robaccia!» dice Jasper
scostando una sedia. Mi piace questo ragazzo, è molto
simpatico, affabile,
carino, e sembra molto dolce. È lui che dovevo incontrare?
L’agitazione che avevo
è sparita quando ho incrociato i suoi occhi, è
lui che mi porterà sulla mia
nuova strada? Non
lo so, ultimamente
seguo solo l’istinto, il mio cervello elabora solo ipotesi
insensate sul mio
futuro a seconda di cosa mi capita.
Sento
un leggero aumento di trambusto alle mie spalle, e
contorcendomi sulla sedia riesco ad intravedere un palco, che prima non
avevo
notato, sul quale un uomo enorme con indosso una maglietta nera con
scritto a
caratteri cubitali “STAFF” sta collegando fili e
altri aggeggi strani, che non
conosco. Amo la musica, ma oltre al flauto dolce non ho mai suonato, ed
anche
con quel maledetto aggeggio avevo le mie difficoltà! Non
conosco l’attrezzatura,
ma a quanto apre Jasper e Seth si, iniziano infatti a parlare a raffica
si
amplificatori, di voltaggi, di spinotti, di corde, di roba che non
riesco
nemmeno a pronunciare. Si interrompono solo quando notano la mia
espressione
totalmente persa ed inebetita. Jasper sorride e portando nervosamente
una mano
dietro la testa si scusa per la loro foga da musicisti. Così
anche Jasper suona
èh? Intressante…
«Suoni
anche tu?» gli chiedo curiosa, mentre sorseggio la
mia Coca Cola. Nessuno di noi sta bevendo alcolici, per
solidarietà verso Seth
che per stasera è il guidatore. Non mi costa tanta fatica,
ormai è un mese che
ho la patente, quindi anche io non bevo mai, e nemmeno prima ero il
tipo di
ragazza che esce e si scola mezza bottiglia di superalcolico,
già una birra
media durante il pasto per me è troppo, la lascio sempre
indietro. Nemmeno
Jasper è un’amante dell’alcol, secondo
il suo parere, che coincide con il mio, per divertirsi non serve essere
ubriachi,
come non essere d’accordo?
«Si
e no, me la cavo con la chitarra, ma io non sono
propriamente un musicista, diciamo che io sono la voce del
gruppo!» mi risponde
lui; è un cantante? Fantastico!
«Davvero?
Dai, fammi
sentire qualcosa! » imploro,
unendo le
mani in segno di preghiera e facendo gli occhioni da Bambi! Lui ride,
si mette
ad ascoltare la canzone che sta passando in quel momento e non appena
inizia la
nuova strofa sovrappone la sua voce a quella del cantante,
ipnotizzandomi!
Ha
una voce fantastica! Un timbro particolarissimo,
graffiante ma allo stesso tempo dolce, e poi la canzone, sicuramente lo
aiuta
ai miei occhi, essendo una delle mie preferite!
...
And maybe,
I'll find out
A way to make it back someday
To watch you, to guide you, through the darkest of your days
If a great wave shall fall and fall upon us all
Then I hope there's someone out there
Who can bring me back to you
.....
If I could,
then I would,
I'll go wherever you will go
Way up high or down low, I'll go wherever you will go
Run away
with my heart
Run away with my hope
Run away with my love
...
I know now, just quite how,
My life and love may still go on
In your heart, in your mind, I'll stay with you for all of time
...
If I could,
then I would,
I'll go wherever you will go
Way up high or down low, I'll go wherever you will go!
..
Quando
le note della canzone si
perdono, e la sua voce si spegne, sbatto le palpebre più
volte, per tentare di
riprendermi dall’ipnosi! Già, perché la
voce di Jasper è ipnotica, talmente
bella e melodiosa che risulta impossibile non restarne ammaliati.
«Wow»
riesco a dire, «Hai una voce
spettacolare! », non riesco a trattenere lo stupore che
impregna le mie parole
e sicuramente anche la mia espressione la dice lunga!
Jasper
riporta la mano dietro la
nuca, un gesto che a quanto pare fa quando è nervoso o
imbarazzato. Stavolta punto
sull’imbarazzato visto che nonostante la poca luce riesco a
scorgere un leggero
rossore sulle sue guance.
«Beh,
grazie Bella!» mi dice, schiarendosi
poi la voce.
Seth
gli batte una mano sulla spalla,
e ridendo fa un cenno verso il palco, dicendomi:
«Bella,
ora però non metterti ad
urlare e non tentare di saltare addosso a quel cantante, non sono gli
originali
ma fidati, sono davvero bravi!».
Mi
giro curiosa, e non riesco a non
sgranare gli occhi quando sul palco vedo un chitarrista con un cappello
a cilindro
nero in testa, lunghi riccioli scuri che cadono sulle sue spalle come
una
cascata, di fianco a lui un ragazzo dai capelli biondi, lunghi e lisci,
con una
bandana colorata con il motivo della bandiera americana ed un paio di
pantaloni
di pelle neri. Ci metto qualche secondo a capire bene dove sono, chi
sono io, e
chi sono loro, e quando connetto mi volto strabiliata verso Seth, che
mi guarda
con un sorriso sornione.
«La
cover band ufficiale dei Guns?
mi hai portato a vedere la cover band dei Guns? Ma io ti
adoro!» gli dico
saltando dalla mia sedia alla sua. Mi afferra
al volo ridendo ed abbracciandomi, di sottofondo i musicisti che
accordano gli
strumenti e la risata di Jasper.
Questa
serata si preannuncia
veramente fantastica!
Quando
mi riposiziono sulla mia
sedia il gruppo inizia a suonare, stordendomi con le note fantastiche
delle
canzoni che ho sempre amato! November rain, Sweet
child o’ mine, Paradise city! Mi lascio
trasportare da quelle melodie fantastiche e dai fenomenali assoli del
chitarrista, finché il cantante non annuncia il gran finale.
Non ho tenuto
conto delle canzoni che hanno fatto, quindi non ho la più
pallida idea di quale
possa essere la canzone conclusiva, ma a quanto pare Jasper e Seth la
intuiscono,
perché senza avvisarmi mi prendono in braccio e mi portano
vicino al palco. Afferro
saldamente le spalle dei due ragazzi, terrorizzata
dall’altezza alla quale mi
trovo. Già mi sento troppo alta con i tacchi, figuriamoci
issata da due ragazzi
di minimo un metro e ottanta di statura! Sono abituata al mio metro e
sessanta,
il mondo è diverso a quell’altezza sapete?
È tutto più grande! Sorrido dei miei
pensieri idioti, mentre tento di scendere.
«Hey,
animali! Mettetemi giù! Subito!»
strepito invano, ottenendo solo una presa più stretta e una
risata. Molto simpatici,
davvero!
«Dai
Bella!» mi dice Seth, «Goditi l’ultima
canzone da qui! Appena iniziano vedrai che ci ringrazierai!»
si certo, come no!
Voglio solo scendere di qui io!
Parte
la chitarra, e quasi mi escono
gli occhi dalle orbite! Non posso non averci pensato prima,
è lei! La canzone
perfetta!
Come
preannunciato da Seth il nervosismo
e l’indisposizione verso i miei due amici passa subito,
lasciando spazio alla
gratitudine! Iniziamo tutti e tre a cantare a squarcia gola, senza
sosta! Sento
la felicità farsi strada dentro il mio cuore, sono di nuovo
felice! Cosa mi
resta di pensare se non…
WELCOME
TO THE JUNGLE!
..
..
..
eccomi qui! la canzone che canta
Jasper è Wherever
you will go - The Calling!
e QUI
se volete c'è l'abito di Bella con le sue scarpe!
fatemi sapere ;) al prossimo
capitolo! (spero, se non vi ha fatto così schifo questo :) )
|
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Capitolo 3 *** Follia ***
Scusarmi
per il ritardo è troppo poco, vi imploro di perdonarmi...
non
accamerò vane scuse, vi dirò solo che
è stato
veramente un periodaccio per me e per la mia famiglai, non sono
successe troppe in troppo poco tempo, e aggiungendo lo stress post
esami ecc, non ho trovato tempo e voglia di scrivere. è un
capitolo relativamente corto, ma ho preferito farlo così
piuttosto che tenerlo in fermo altri giorni, per poi magari allungarlo
con cose futili e di poco conto. spero che non abbiate abbandonato
ancora la storia e che perdonerete il mio terribile ritardo. ora vi
lascio alla lettura.
Baci
Quando la canzone finisce e la band saluta il pubblico in delirio
ritorno con i piedi per terra, per gentile concessione dei miei
accompagnatori. Nonostante un certo senso di vertigini, scortata da
Jasper e Seth, mi dirigo verso il tavolo. Sono esausta e non riesco a
trattenere uno sbadiglio, senza considerare il terribile dolore ai
piedi. Che sia maledetta in eterno la mia vanità!
Nonostante le
imprecazioni mentali
rivolte alle mie calzature però, sono certa che alla
prossima
occasione, non resisterò, tornando a costringere i miei
poveri
piedi a subire il lacerante supplizio del tacco alto.
«Meglio
andare, prima che
decidano tutti in massa di partire, eviteremo il traffico! E poi sono
distrutto, non vedo l’ora di tornarmene a casa!»
esclama
Seth stiracchiandosi.
Io e Jasper annuiamo e
ci alziamo
in contemporanea dalle sedie, iniziando a zigzagare tra le persone che
affollavano il locale, alla ricerca dell’uscita.
Fortunatamente
la mole di Seth riesce ad evitarmi numerosi scontri, mentre Jasper
dietro di me tenta di direzionarmi verso l’uscita tenendomi
le
mani sui fianchi. Mi sento quasi un volante o un timone! Ridacchio tra
me e me all’immagine di me stessa vestita da
imbarcazione,
con Jasper come capitano, e continuo ad arrancare dietro a
Seth.
«Che
c’è da ridere?» mi chiede Jasper, non
gli sfugge niente èh?
«Oh, nulla!
Mi sentivo
leggermente manovrata, e mi sono immaginata vestita da
barca!»
gli dico, senza preoccuparmi che lui pensi che io sia una pazza!
Probabilmente lo pensa di già, tanto vale restare fedele
alla
parte, no? E poi sono pienamente consapevole che il mio cervello non
funziona propriamente come quello degli altri, a volte mi trovo a fare
di quei ragionamenti, o a pensare cose fuori dal normale. Sono
veramente pazza? Probabilmente , anzi, sicuramente, si.
Jasper ride, e prende
ad
enfatizzare le svolte gridandomi all’orecchio
“Virare!!!” oppure “tutto a
babordo!” e robe
simili. Mi fa ridere quel ragazzo, è simpatico, molto!
Quando finalmente
riusciamo ad
uscire siamo ancora più stanchi! Ma quanta diavolo di gente
c’era in quel buco? Mai vista una cosa simile! Mi sembra di
aver
percorso chilometri e chilometri, quando dal nostro tavolo
all’uscita ci saranno stati al massimo cento metri.
Ci avviamo al
parcheggio, saliamo
in auto e via verso casa mia! Abito dall’altra parte della
città rispetto a Jasper e Seth, e un po’ mi
dispiace farli
viaggiare così tanto, ma Seth mi rassicura a riguardo,
dicendo
che non gli pesa guidare. Ma la benzina comunque è un costo!
Sabato prossimo andrò io a trovarlo, così almeno
non
sarà costretto a fare ore di auto per me!
«Sabato vi
vengo a trovare!
Così risparmi benzina!» dico sorridendo mentre
l’auto divora l’asfalto. Seth mi risponde con un
sorriso,
mentre Jasper, spuntando tra i nostri sedili, sembra più
entusiasta.
«Davvero?
Perfetto,
così per una sera questo poveraccio potrà
lasciare
l’auto in garage! Dove si va sabato?»
Vederlo spuntare
così mi fa
venire in mente un fungo. Vi prego, non chiedetemene il motivo, so solo
che stanotte la mia mente è impazzita, e crea associazioni
tra
persone ed oggetti veramente preoccupanti. Mi chiedo se davvero sono da
ricoverare o se sono ancora un caso non grave. Probabilmente i pazzi
sono solo quelli che non hanno il buon senso di tenere per se i propri
pensieri, e finiscono per rivelarli alle persone sbagliate. Non nego
l’esistenza delle malattie mentali, nella nostra epoca
sarebbe
una posizione maledettamente stupida da mantenere, ma sono fermamente
convinta che la pazzia sia presente in ogni persona, in ogni essere
vivente deve esserci una scintilla di pura follia.
Cosa sarebbe la vita,
l’esistenza umana senza la follia? Ogni azione irruenta,
istintiva, in un certo senso folle, rallegra la vita, rende
l’attimo in cui la compiamo speciale, unico, memorabile,
degno di
nota! Nei meandri della nostra memoria, non sono conservati forse con
più cura e rilievo gli attimi di follia? L’attimo
in cui
davanti a tutti ti sei tolto le scarpe ed hai corso nel prato,
l’attimo in cui hai urlato a squarcia gola in una piazza,
solo
perché sentivi quell’irrefrenabile peso alla gola,
l’attimo in cui hai baciato per primo, l’attimo in
cui hai
alzato lo sguardo ed affrontato la sfida, l’attimo in cui
compi
qualcosa di proibito. Sono questi i momenti che ricordiamo meglio, non
i momenti banali, legati ed imprigionati dalle ferree regole civili e
morali che ci vengono imposte fin dalla nascita, se non prima.
La follia libera
l’uomo dalla
vergogna e dal ritegno, dalla paura e dal tentennamento. Ho imparato
con il tempo che le uniche cose che meriteranno la mia vergogna
dovranno essere cattive, crudeli e orribili, perché non
c’è nessun vantaggio nella vergogna, se non quello
di
privarsi di un potenziale piacere, e di un altro fantastico ricordo di
pazzia da conservare.
Nella vita bisogna
essere pronti a
tutto, bisogna godersi la breve vita che ci danno, e la vergogna
è solo un antipatica catena che ci imprigiona, quindi
perché non liberarsene?
Ignorando i discorsi
per progettare
il prossimo sabato sera tra Jasper e Seth tiro giù il
finestrino
e lasciando che la gelida aria di febbraio mi sferzi il volto mi sporgo
all’esterno, le braccia in aria a opporsi alla forza del
vento,
guidatore e retro passeggero nel panico e un ululato la lanciare al
vento. Grido, senza motivo, senza ritegno, senza pensieri. Urlo al
vento, fregandomene di tutto, ignorando le risate che provengono
dall’interno dell’auto, ignorando cosa potrebbero
pensare i
passanti o chiunque altro mi veda in questo momento, fottendomene
persino dei miei pensieri e delle mie preoccupazioni. Il gelo mi
raffredda il corpo e la mente si calma. Con questo urlo mi sto
liberando di un peso, sto’ sfogando la rabbia, la
frustrazione,
il nervosismo, la delusione, tutto rigettato dal mio corpo in un grido.
Smetto quando iniziamo ad avvicinarsi le case, il vento polare mi fa
tremare e battere i denti e la gola mi duole.
Quando rientro dal
finestrino e mi
risiedo rilassata e tranquilla sul sedile, rialzando il vetro, solo
Seth capisce il mio sorriso leggermente accennato. Lui sa cosa ho
passato, mi conosce da una vita ormai, è il fratello che non
ho
mai avuto in pratica. Jasper mi guarda leggermente perplesso, ma non fa
commenti sarcastici, non mi accusa di essere una povera scema, mi
guarda e basta. Quando volto il viso e ricambio lo sguardo un sorriso
disarmante gli illumina il viso. Mi fa l’occhiolino.
«Era ora che
rientrassi, ora ti do il cambio io! Aaaaaahhh!!»
Dice mentre gira
veloce la manovella del finestrino posteriore e getta la testa di
fuori, urlando.
Non ridere sarebbe una
violenza
imposta al mio corpo. Io e Seth ridiamo a crepapelle mentre Jasper
ulula, strepita, grida e starnazza fuori dal finestrino.
Manca poco ormai a
casa mia, Jasper è rientrato ed ora sembriamo tutti
più rilassati, più leggeri.
«Sei un
pazzo! E sei anche in
ottima compagnia stasera!» dico a Jasper quando smette di
tremare
per il freddo. Sorride di nuovo e mi risponde a tono.
«Si, ma io
sono recuperabile,
tu ormai si persa!» non ci penso due volte, e tirando la leva
sgancio il sedile lanciandomi all’indietro, contro le sue
ginocchia.
Grida e risate
riempiono nuovamente
l’abitacolo, confermando le nostre ipotesi riguardo le nostre
difficoltà psicologiche. La società respinge i
matti, li
teme, teme il mondo che hanno nel cuore, hanno timore che le loro
solide mura di ipocrisia e dogmi siano intaccate e fatte crollare dalle
parole folli dei matti. Li chiamano scemi, pazzi, folli, malati, ma
cosa ne sappiamo dei loro pensieri? Gli unici che si interessano ad
essi sono medici che li vogliono studiare, chi ci dice che i pazzi in
grado di camuffare la loro pazzia non sono i cosiddetti
“normali”? Forse tutti coloro che si reputano
normali sono
solo delle maschere, spero di capire presto se io ne posseggo una, e
spero di toglierla in fretta. Le maschere portate troppo a lungo
finiscono per diventare un tutt’uno con la pelle, ed
è
impossibile toglierle senza strappare anche quella. Tutti noi
indossiamo delle maschere per compiacere i genitori, per apparire
simpatici agli amici, per mostrarci attenti e diligenti con gli
insegnanti, ma quale di queste personalità è
vera, quale
è finzione? Dove inizia la maschera e dove inizia invece la
vera
persona? Quante maschere ho conosciuto? Quante persone invece? Chi lo
sa…
L’auto di
Seth si infila nel mio vialetto, sono arrivata.
Mi duole separarmi da
Seth, e anche
da Jasper. È un ragazzo unico, con quel pizzico di follia
che lo
rende interessante. Quando scendo dall’auto sono leggera, e
arrivo alle scale quasi saltellando. Jasper e Seth non si muovono dal
vialetto finché la chiave non è nella toppa e la
porta di
apre. Seth è veramente iperprotettivo nei miei confronti, e
io
non posso dire che la cosa mi dia così fastidio,
è bello
sapere che qualcuno si preoccupa per te!
Quando chiudo la porta
alle mie
spalle sorrido ancora al pensiero della serata, e mi scopro contenta,
felice, e per la prima volta dopo tanto tempo spensierata. Volo in
camera mia a piedi scalzi per non svegliare mio padre, e indosso rapida
il pigiama. La stanchezza si accanisce su di me tutto d’un
tratto, e l’abbraccio del piumone e del guanciale
è
paradisiaco.
Mi addormento con
l’Ipod
nelle orecchie, con una canzone che la riproduzione casuale ha scelto
per me, una canzone che conosco benissimo, scritta e cantata da un uomo
di cui sono innamorata perdutamente fin da bambina. A volte
però, sono convinta fermamente che il mio aggeggino musicale
mi
conosca fin troppo bene, e sia costantemente informato sui miei stati
d’animo e su cosa penso e faccio, altrimenti non saprei
spiegarmi
le sue scelte, talvolta tutto fuorché casuali.
La canzone a cui mi riferisco
è Un Matto -
Fabrizio De Andrè
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Capitolo 4 *** You'll never stop me ***
Stavolta,
strano ma vero, non sono in esagerato ritardo, no? ho fatto di peggio
dai! xD
spero che il capitolo vi piaccia e non vedo l'ora di sentire i vostri
pareri!
ringrazio infinitamente chi recensisce la mia storia, chi la legge, chi
l'ha inserita tra le preferite, seguite, ricordate. Grazie davvero,
è fantastico per me vedere che siete così tandi
^_^
bacione e buona lettura.
Il
risveglio volontario della domenica mattina è fantastico. Le
uniche creature determinate a rovinarti il sonno sono i pennuti che per
loro decisione si svegliano all’alba, cinguettando allegri e
felici, annunciando il sorgere di una nuova giornata, scartavetrando le
scatole a chi vuole dormire. Sono irascibile appena svegliata,
nonostante siano le undici e trenta mi sento infastidita da quei
fischiettii e cip cip vari. Mi rotolo nel letto, aggrovigliandomi il
lenzuolo alle gambe e mettendo la testa sotto il cuscino, ma quando il
torpore notturno ha ormai lasciato il tuo corpo, ne la forza di
volontà più tenace, ne l’imposizione
forzata,
rendono possibile il ritorno al sonno. Inoltre, una volta notato un
rumore fastidioso, ignorarlo risulta impossibile. La gente adora gli
uccellini maledizione, perché io invece vorrei solo
un’ora
di dannatissimo silenzio? Le serenate dei volatili canterini sembrano
rimbombarmi nella testa, nonostante la finestra e le ante chiuse.
Assurdo cosa possa fare il nostro cervello una volta che ha deciso che
deve essere irritato da qualcosa.
Purtroppo
è un mio
grosso difetto, una volta notata la briciola fuori posto, non
posso ignorarla. Ricorderò per sempre la figuraccia fatta
con il
mio insegnante di disegno l’anno passato, che mi è
costata
un voto in meno a fine anno, ne sono certa. Quell’uomo aveva
dei
baffi fenomenali, folti, voluminosi, lunghi, sembravano quei baffotti
che i nobili dei primi del novecento sfoggiavano con soddisfazione.
Fortunatamente il mio insegnante aveva rinunciato alle basette, ma i
baffi restavano. Comunque quei cosi erano fantastici da vedere, ma
erano anche un nido di briciole e altre sostanze che non sono riuscita
e non voglio identificare. Ma come si può pretendere con
un’impalcatura di pelo simile posizionata sulla bocca, che
nulla
rimanga impigliato? Almeno avrebbe dovuto spazzolarseli con un
fazzoletto, oppure evitare di ingurgitare biscotti l’ora
prima di
avere lezione con la classe della sottoscritta. Quel giorno, Baffi
D’oro decise di interrogarmi. Avevo studiato, ma la mia
attenzione, il mio ribrezzo, e per ultimo, ma non meno importante, il
mio cervello, erano totalmente concentrati sull’ecosistema
presente sul suo labbro superiore. Quando si accorse dove guardavo, e a
cosa era dovuta la mia espressione mi cacciò al posto,
paonazzo,
e si rassettò i baffi. Ero imbarazzata da morire, continuavo
a
ripetermi “non li guardare, non guardare, no! Non lo
fare”
ma il mio cervello era autonomo, la mia coscienza era solo un
soprammobile nel mio cranio. Passai l’ora successiva a
chiedermi
da quanto tempo risiedessero li determinati organismi ed oggetti non
identificati. Sembrava una scena del cartone Le follie
dell’imperatore, “e quello? Da quanto tempo
è
li?”. Una cosa rivoltante. Mi alzai svogliatamente dal letto,
dirigendomi verso la porta all’inizio, poi
l’ennesimo
cinguettio mi fece cambiare idea. Marciai decisa verso la finestra,
aprendola di scatto e sbattendo le ante contro il muro. Pace, quiete,
silenzio. Soddisfatta di aver zittito gli uccellini per qualche minuto,
scesi in cucina per prepararmi la colazione, o meglio, vista
l’ora, il pranzo. Non sapevo se andare sul dolce o sul
salato,
direi niente latte e biscotti perché è troppo
tardi,
niente carne o simili perché troppo presto. Aprendo il frigo
trovai una pizza surgelata, e optai per quella. Adoro la pizza,
è perfetta in ogni occasione, ad ogni ora, sempre! Forse un
giorno mi sposerò con una pizza… potrebbe essere
la
scelta più giusta della mia vita!
Mentre
il ronzio del
microonde e il profumo della pizza riempivano la cucina, mi versai un
bicchierone di latte freddo, e lo appoggiai sul bancone della cucina.
Apparecchiare era uno spreco, mio padre era andato a pesca ed era
partito prestissimo, non sarebbe tornato fino a stasera, quindi
perché disturbarmi a fare le cose in grande stile?
Piatto,
bicchiere e
posate, con una micro tovaglietta da colazione e un tovagliolino di
carta. Facile, veloce e poco impegnativo. Quando il forno
trillò, avvisandomi che la mia pizza era pronta, la misi nel
piatto, e la lasciai freddare un minuto, per non scottarmi.
Gli
uccellini avevano
ricominciato a cinguettare, ma ormai avevo passato la fase iniziale del
mio risveglio, caratterizzata da indisposizione ad ogni suono, cosa,
persona o animale che si trovava sul tragitto mattutino della
sottoscritta.
Quando
finii di
sparecchiare filai in bagno per farmi una doccia. Quando mi vidi allo
specchio sobbalzai, ero andata a dormire senza togliermi il trucco, ed
ora sembravo uno stramaledetto panda.
Mi
misi d’impegno
con dischetti di cotone e crema per pulirmi la faccia impiastricciata,
e una volta raggiunto un risultato decente mi infilai nel vano doccia,
a crogiolarmi sotto il getto bollente. Adoravo quella doccia
perché potevo regolare l’intensità e la
forma del
fiotto d’acqua. Usavo sempre l’effetto pioggia, mi
rilassava molto, forse perché rifletteva il meteo di Forks?
Probabile.
Vestita
in tenuta da
casa, ovvero pantaloni della tuta logori e maxi maglietta, il tutto
armonizzato con calzini e felpa. Sexy no? No, decisamente no!
Uscendo
dal bagno notai
che dalla mia camera proveniva uno strano rumore, come un fruscio.
Entrai e notai che proveniva dalla borsa, il mio povero cellulare
vibrava da chissà quanto tempo!
Lo
afferrai e lo estrassi
dalla borsa appena lo localizzai. Sembra assurdo quanto possa essere
vasta una borsa. Cosa ci metto? Portafoglio e cellulare, massimo un
rossetto, e mai una volta che trovo quello che cerco al primo colpo.
Forse le borse delle ragazze sono come l’armadio di Narnia,
contengono un mondo a se stante! Ok, dovevo smetterla di fantasticare e
soprattutto dovevo rispondere ad Alice.
«Pronto!»
ansimai appena premetti il tasto, dopo la lotta estenuante con la
fodera della borsa.
«Ma
buongiorno
signorina! Per curiosità, rispondi a due domande, dove cazzo
avevi il cellulare? E quanto cavolo hai dormito? Sono ore che ti
chiamo!» ridacchiai e risposi alla mia migliore amica, che
sicuramente voleva conoscere i dettagli della serata.
«Buongiorno!
Mi
sono svegliata un’oretta e mezza fa circa, ho già
mangiato
e fatto la doccia, il mio cellulare invece è reduce da un
viaggio nei meandri nascosti della misteriosa borsetta. Sai bene quanto
adora quei viaggi! Come potrei negarglieli?» Alice
scoppiò
a ridere, dandomi dell’idiota, come meritavo.
«Allora,
raccontami
tutto di ieri sera! Incontrato qualche ragazzo interessante? Divertita?
E la tua sensazione? Si è rivelata giusta? Oppure Seth si
è dichiarato?»
«Alice!»
gridai dopo l’ultima domanda. Lei era convinta fermamente che
Seth avesse una cotta per me, cosa che mi risultava impossibile da
credere, visto che sapevo bene quanto fosse innamorato di Mina, una
ragazza della riserva. Ma come spesso capitava, Alice non voleva sentir
ragioni!
«Si
Si, va bene ok, hai ragione tu! Comunque rispondi alle altre domande!
Immediatamente!».
Ignorai
il fatto che con
il suo solito tono da “ti do ragione solo per farti
contenta” aveva ulteriormente sottolineato la sua opinione, e
iniziai a farle un resoconto dettagliato della serata. Quando le parlai
di Jasper iniziò a lanciare brevi e acuti strilli. A volte
mi
chiedevo se fosse realmente umana. Comunque finito il racconto si era
convinta del mio imminente matrimonio.
«Ti
ha già
ricontattata? Hai controllato sul PC?» era inarrestabile,
uragano
Alice non lo fermava nessuno! Quando le dissi che nemmeno avevo acceso
il computer sembrava avessi attentato alla Casa Bianca. Mi fu ordinato
con fermezza di accendere immediatamente il mio portatile e di
controllare. E da brava obbedii, onde evitare l’ira di quella
pazza.
Effettivamente
Jasper mi aveva già contattata, ne fui molto felice, ma a
quanto pare Alice ancora di più.
Passammo
la successiva
ora al telefono per il resoconto della sua serata, poi riattaccammo
visto che nessuna delle due aveva ancora finito i compiti.
Il
pomeriggio passò lento tra studio di letteratura inglese e
matematica, ma almeno passò.
Verso
sera preparai la
cena, accolsi mio papà e lo consolai per la pesca
malriuscita.
Aveva portato a casa due pesci, che erano grandi al massimo quanto una
mano. In pratica buoni a poco. Però l’avevo
rassicurato,
dicendogli che mi sarei inventata qualcosa per cucinarli.
Quando
andai a letto,
rifugiandomi nel groviglio di coperte che giaceva intatto da quella
mattina, iniziai a pensare, e non è mai un fatto positivo
per la
sottoscritta. Pensai a Jasper, ma non come un ragazzo da batticuore, lo
pensai come un Seth. Un amico fidato, ma nulla di più. Alice
mi
avrebbe uccisa, questo è sicuro.
Mi
addormentai quasi subito, e altrettanto velocemente arrivò
il tanto odiato lunedì mattina.
Mi
trascinai fuori dal
letto con lentezza vergognosa, finché non notai
l’orario.
7:30, dovevo essere a scuola per le 8:00 e mi ci volevano minimo dieci
minuti di auto! Maledizione! Mi si sbarrarono gli occhi, e mentre
correvo a perdifiato in bagno pensai a quante cavolo di volte dovevo
aver spento la sveglia senza rendermene conto.
Strano
ma vero, riuscii a
prepararmi in tempo. Indossai i primi jeans che trovai
nell’armadio, con la prima maglietta e la prima felpa. Nel
complesso sembravo quasi abbinata. Mi fiondai giù dalle
scale
con lo zaino in spalle, afferrai il giubbino e due fette di pane
tostato, che Charlie mi lasciava sempre sul tavolo i giorni scolastici.
Salii in auto sgranocchiando le due fette insieme e sbriciolando
ovunque. Partendo a rotta di collo e guidando al limite del possibile
riuscii a raggiungere la scuola in perfetto orario.
Scendendo
dall’abitacolo mi pulii dalla colazione finita sui vestiti e
presi lo zaino.
Nel
parcheggio c’era Jacob.
Mi
aspettai di sentire un tuffo al cuore, una qualsiasi reazione, invece
non sentii nulla.
Lo
vidi solo, a tentare
di entrare in una conversazione con vecchi compagni di classe,e non
provai nulla. Ero guarita? Forse, almeno a distanza, si.
Felice
della nuova scoperta marciai verso l’entrata, dove Alice mi
placcò.
«Isabella
Swan!» nome intero? Cosa diavolo avevo combinato? E
perché urlava?
«Si,
Alice, il mio
nome lo conosco. Che succede? Hai fatto voltare mezzo
parcheggio!» ero imbarazzata, detestavo avere troppa
attenzione
addosso.
«Che
succede
èh? Non mi importa del parcheggio, sei nei guai signorina1
mi
avevi detto che era un ragazzo carino e simpatico, ma non mi avevi
detto che era un figo da paura! Ho visto le sue foto attraverso il suo
profilo, ti sei resa conto di avere tra le mani un dio? Uno
stramaledetto adone? Un angelo? Un celestiale angelo sceso sulla terra,
ecco cos’è! E tu non me l’avevi
detto!» no,
non potevo crederci, non stava succedendo davvero. In pochi secondi
accaddero molte cose.
Io
arrossii e mi arrabbiai leggermente per la teatralità di
Alice.
Jacob,
che aveva
sicuramente sentito, se ne andò, sbattendo la portiera della
sua
auto e fiondandosi all’interno dell’edificio.
Alice
lo seguì con
lo sguardo, con un’espressione che esprimeva tutto il suo
stupore
e la sua strafottenza nei suoi confronti. E in fine, Jasper
arrivò con la sua auto nel parcheggio.
Perfetto
no?
«O
ma finiscila
ora! Eccolo, vieni che te lo presento il tuo angelo caduto!»
detto ciò afferrai il braccio di Alice e mi girai verso
Jasper,
che si stava avvicinando a noi sorridente.
Effettivamente
Alice
aveva ragione, era veramente un bellissimo ragazzo, ma non era il mio
tipo. Troppo romantico, troppo perfetto, troppo per me. Ma forse per
Alice…
Feci
le presentazioni, e intanto studiavo le loro reazioni attentamente. Si,
sarebbero stati maledettamente carini insieme.
Quando
suonò la
campanella ci dirigemmo verso le nostre classi. Jasper faceva parte del
corso avanzato, per questo non ci eravamo mai incrociati in nessuna
lezione. Io ed Alice avevamo optato per la semplicità,
eravamo
brave e studiose entrambe, ma avevamo preferito più tempo
libero
al voto finale. Alla fine non è quello a cambiarti la vita.
La
prima lezione era
Trigonometria, ed io e la mia pazza eravamo vicine di banco,
nell’ultima fila. Perfetta per ignorare
l’insegnante.
Io
iniziai ad analizzare cosa era accaduto nel parcheggio, mentre Alice,
stranamente silenziosa, pensava ad altro.
Jacob
sembrava infuriato,
ma per cosa? Avevo notato l’occhiata furente che mi aveva
riservato, e certamente aveva sentito i commenti di Alice sulla mia
nuova conoscenza. Che fosse geloso? Impossibile, mi aveva mollata, che
senso aveva l’essere geloso? O forse non era geloso di me
come
persona, bensì della mia condizione, io avevo mantenuto
quasi
tutti i vecchi amici, ed inoltre ne avevo trovati anche di nuovi, uno
tra i quali era stato etichettato come angelo della bellezza da Alice,
in pubblico. Probabilmente si era sentito umiliato, sfigato,
mortificato.
Perfetto,
e io come mi
sentivo? Mi sentivo una stronza, perché stavo maledettamente
bene! Stava male lui? Benissimo, non sarebbe mai stato male abbastanza
per come mi aveva trattata!
Ero
ancora arrabbiata con lui? Si.
Potevo
gioire della dolce vendetta non voluta che avevo fatto? Si.
Mi
dovevo sentire in colpa per questo? Assolutamente no!
Se
ripenso a come aveva trattato Alice, mi viene solo ancora
più rabbia.
Era
geloso, ben gli sta! Così capisce quello che ha perso!
Il
resto della giornata
passò così, lento, monotono, pensieroso. Avevo
avuto una
lezione con Jacob, e la malvagia Alice, avendo notato la sua reazione
nel parcheggio, aveva badato bene di farsi sentire da lui mentre con
una ragazza commentava i miei fantastici gusti, testualmente,
“finalmente ha aperto gli occhi ed ha trovato un ragazzo
fantastico! Ma hai visto quanto è fantasticamente
marmoreo?” chiamarla piccolo folletto impudente è
un
eufemismo. Forse dovevo passare a piccolo demonio, o qualcosa di
simile, era più azzeccato.
Jacob
si rose il fegato per il resto dell’ora, e io? Io
sghignazzavo con Alice alle sue spalle?
Meschino?
Forse un
pochino, ma dopo tutto, la donna è vendetta, e nulla
è
più terrificante di una donna ferita, l’inferno
impallidisce a confronto.
Durante
la pausa pranzo
sedemmo con Jasper, e così anche il giorno dopo, e il giorno
dopo ancora, fino a venerdì, quando un altro fulmine a ciel
sereno avrebbe colpito la mia vita.
Tornando
a casa accesi la
radio, e misi il volume al massimo sorridendo e cantando a squarcia
gola al mondo di stare zitto, perché nessuno mi avrebbe mai
fermata!
Adoravo
quella canzone, quella radio, quella musica. Erano perfette in
quell’istante.
“So shut up, shut up,
shut up
Don't wanna hear it
Get out, get out, get out
Get out of my way
Step up, step up, step up
You'll never stop me
Nothing you say today
Is gonna bring me down”
La canzone a cui mi riferisco e
che vi consiglio vivamente, visto che è energetica al
massimo, è Shut
up - Simple Plan
spero vi sia piaciuto, ;)
bacio
|
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Capitolo 5 *** Scuse ***
Ciao a tutti, o almeno a quei pochi che hanno ancora la mia
storia in memoria... Dire che sono mortificata per l'interruzione della
storia è riduttivo, ma purtroppo ho le mie motivazioni, e
sono più che buone.. l'ispirazione e balle varie sulla crisi
da pagina bianca non le invento, sapevo cosa scrivere, fin troppo bene,
solo non ne avevo la forza... non sono sicura di averlo già
detto, ma questa storia è in parte autobiografica, tratta un
po la mia vita rivisitata in chiave Twilight, ma è la mia
vita, i caratteri che racconto sono quelli delle persone a me
più care, amici, parenti, me stessa...
voi vi chiederete "e cosa ci interessa ora? cosa c'entra con il
ritardo?" a scriverlo qui, come una dichiarazione pubblica non ce la
faccio, mancherei di rispetto, credo, e mi vedrei come la vittima della
situazione, anche se forse un po' lo sono...
Avviso che i capitoli che seguono, saranno diversi dai precedenti sotto
molti aspetti, e saranno particolarmente pesanti emotivamente da
reggere, e soprattutto vorrei chiedervi un favore... a tutti i Fedeli,
a tutti coloro che credono in Dio fermamente, vi chiedo di
nonprendervela per certe frasi, per certe affermazioni o pensieri, (
non preoccupatevi non ho intenzione di bestemmiare nei capitoli, chi
crede ne è infastidito e chi non crede insulta una cosa per
lui inesistente, quindi reputo la bestemmia un atto inutile e
improduttivo).
però vi chiedo davvero di non offendervi, capirete leggendo
perchè quel poco di fede, o meglio, speranza, che avevo si
è spenta definitivamente...
Grazie a tutti coloro che vorrano continuare, grazie anche a chi qui
decide di smettere di leggere, in ongi caso mi avete rallegrata con i
vostri apprezzamenti...
Tanti saluti, aggiornerò al più presto, tre
giorni al massimo...
grazie ancora
|
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Capitolo 6 *** Beautiful Dangerous ***
Ecco il
capitolo, spero vi piaccia, per ora è ancora abbastanza
tranquillo, ma tra un paio di capitoli al massimo la storia si fa un
attimo più pesante, perdonate ancora il ritardo, so
dalettrice quanto sia fastidioso, quinid non starò a
giustificarmi troppo... la canzone di questo capitolo è
Beautiful Dangerous di Slash & Fergie... buona lettura...
Cap 4 – Beautiful
Dangerous
I giorni passavano svelte con la nuova routine, che sembrava
un’abitudine lunga anni, non di nemmeno una settimana. Alice
e Jasper avevano fatto amicizia, stavano bene insieme, infatti sia Seth
che la sottoscritta tifavano per la loro unione, solo Alice tifava la
storia Jasper/Bella.
Era un venerdì come gli altri, lungo, monotono e
troppo vicino al finesettimana per far si che le mie sinapsi neuronali
funzionassero, scolasticamente parlando.
La svolta, il cambiamento, il pizzico di peperoncino di quel
venerdì fu aggiunto durante la pausa pranzo, quando al
nostro solito tavolo si aggiunse un amico di Jasper, sempre del suo
corso.
Era un ragazzo alto, dalla corporatura simile a quella di
Jasper, con un groviglio di capelli color rame, con mille riflessi.
Solo i capelli meritavano un dieci e lode, ma quando si
voltò e vidi i suoi occhi, valutai un’altra scala
di misura, tendente all’infinito. Due pozzi verdi come
smeraldi, tanto intensi che sembrava brillassero. Due gemme fantastiche
incastonate in un anello di perfette ciglia bronzee, su un viso
perfetto. La mascella decisa e le labbra piene davano al volto del
ragazzo un aspetto fenomenale, sembrava uno di quei modelli bellissimi
delle pubblicità dei profumi, uno schianto insomma!
Mi sedetti accanto ad Alice e Jasper e il modello
hollywoodiano mi sorrise. Risposi al sorriso e presi la mano che mi
aveva teso sopra il tavolo.
«Piacere di conoscerti, sono Edward
Cullen», strinsi anche io la sua mano, e con voce leggermente
tentennante risposi. Quagli occhi ti bevevano l’anima a
piccoli sorsi, più li fissavi, più ti sentivi
prosciugata, svuotata. La cosa peggiore era il non riuscire comunque a
staccare lo sguardo.
Grazie al cielo un calcio di Alice mi aiutò a
riprendere il controllo delle mie deboli membra.
«B-Bella, Bella Swan!»
Fortunatamente il mio attimo di smarrimento fu ignorato
dalla tavolata, e il pranzo continuò senza intoppi. Edward
suonava il basso nel gruppo di Seth, ed era anche bravo a quanto
dicevano i suoi due compari. Più volte durante il pasto
incrociai il suo sguardo, e subito dopo abbassavo il mio, intimorita
dall’essere stata scoperta ad ammirare di nascosto la sua
bellezza.
Quando l’estenuante giornata scolastica giunse al
termine mi recai svelta alla mia macchina, dove purtroppo
però c’era già Alice ad attendermi, con
uno sguardo attento, indagatore, e dannatamente preoccupante.
Dovevo portarla a casa dopo scuola, questo lo sapevo, ma
speravo di raggiungere l’auto prima di lei per poter stare
sola qualche minuto. Speranza vana.
Salii in auto dopo un saluto molto vago, e partii verso il
suo quartiere.
«Ma…» ecco, iniziava ad
alludere. Solo lei sapeva farlo così, non aveva detto
niente, solo un innocentissimo “ma”, ma i puntini
di sospensione non detti, quello strascicamento della lettera A, quegli
occhietti che mi perforavano le tempie. Alludeva, come solo lei sapeva
fare.
«Ma che cosa Alice?» le domandai,
sfoderando il mio miglior tono da finta tonta, sperando che abboccasse,
ma sapendo che non l’avrebbe fatto.
«Non provarvi nemmeno con me signorina, ho visto
sai come lo guardavi! Non pensi a come potrebbe sentirsi Jasper
vedendoti così?» non riuscii a trattenere i miei
occhi dal rivoltarsi tre volte nelle orbite, ma cosa le passava per il
cervello?
«Mamma mia, sei proprio cocciuta! Tra me e Jasper
non c’è mai stato, non c’è e
mai ci sarà niente all’infuori
dell’amicizia! È a te che piace lui, e a lui piaci
solo tu! appena te ne renderai conto ti dirò “te
l’avevo detto” per una settimana intera!»
dissi sbuffando, e riuscii a farla imbronciare silenziosamente sul
sedile.
Il viaggio proseguì tranquillo e senza altri
discorsone strani fortunatamente. Depositai Alice di fronte a casa e
tornai alla mia. L’indomani sera saremmo usciti tutti insieme
nei quartieri dei ragazzi, avremmo conosciuto i loro amici e si
prospettava una serata molto divertente. Era stato anche ipotizzato un
pigiama party a casa di Alice dopo la baldoria a zonzo con i ragazzi.
Ovviamente i genitori di Alice avevano acconsentito, a patto che la
porta della taverna rimanesse apribile, quindi non chiusa a chiave, e
che tutti i genitori le telefonassero consapevoli del fatto che i figli
erano da lei. Cosa facile da organizzare, la madre di Alice la
conoscevano tutti! Restavano solo i genitori delle nuove conoscenze da
avvisare, ma era una cosa facile e veloce.
Il mio problema di base era come al solito
l’abbigliamento da utilizzare! Faceva ancora molto freddo a
Forks, ma nei locali la temperatura si alzava parecchio, quindi avrei
dovuto optare per una base estiva con un bel cappotto invernale molto
pesante. Presi un post-it e lo appesi sulla porta dopo avervi scritto
la lista delle cose da mettere nella borsa che dovevo portare
l’indomani pomeriggio ad Alice, con l’occorrente
per la notte. Dopo di che ne presi un altro e andai ad incollarlo sullo
specchio del bagno, su quello c’era scritto di portarle la
mia borsa. Brutta cosa la memoria labile, ero capace di non ricordarmi
di dover fare una cosa anche dopo che mi era stata ripetuta mille
volte. Maggie, la compagna di mio padre, tenta sempre di dirmi in tempo
per l’ennesima volta cosa devo fare, ma non sempre
è puntuale. Non vive ancora con mio padre, hanno preferito
rimandare la cosa quando mi sono trasferita qui, per non forzarmi. Ma
lei mi piaceva, ed era sicuramente molto più materna ed
affidabile di quella pazza di mia madre, che non fraintendete, mi
voleva veramente bene, ma aveva un senso di responsabilità
scadente, quasi nullo in effetti..
Finiti i post-it mi misi a preparare la borsa con le cose
che potevo metterci sin da ora. Misi dentro il mio pigiama
improvvisato, costituito da un paio di morbidissimi pantaloni grigi di
cotone, ed una mia vecchia maglietta con il disegno di Bambi che
sorrideva tutto contento. Era il massimo di pigiama che avevo, oltre a
quello di seta che non avevo intenzione di indossare se non in caso di
ricovero ospedaliero, che speravo di evitare. Misi nella borsa il
ricambio di intimo ed un paio di adorabili calzette che mi aveva
regalato Alice, che tenevano caldo pur non risultando imbarazzanti da
mostrare, erano grigio chiaro anche quelle, con un bellissimo ricamo.
Misi nel borsone anche la trapunta gigante che portavo sempre nei
pigiama party, talmente calda e spessa da essere usata comodamente
anche come materassino a volte!
Mettersi a fare i compiti sarebbe stata la cosa
più saggia da fare, ma l’idea di studiare mi
nauseava, quindi decisi di dedicarmi alla lettura, immergendomi in un
mondo di vampiri supersexy che lottano contro cattivissimi non morti.
Era una nuova saga che avevo trovato per caso in biblioteca, e mi aveva
subito appassionata! Ogni pagina veniva divorata dal mio sguardo, dalla
mia mente vorace di informazioni sul personaggio, sul futuro della
storia, di dettagli e piccolezze del paesaggio. Erano quei libri che
dopo cinque minuti che li leggi alzi gli occhi e sono passate quattro
ore minimo, e sei già a metà volume!
Infatti così accadde. Spensi la luce
all’una di notte, sperando che l’indomani non
riservasse sorprese strane, e sprofondando nel mondo dei sogni.
Mi trovavo a Oz probabilmente, era tutto verde, case,
alberi, persino le persone, tutto verde smeraldo, brillante e quasi
trasparente. Poi un turbine mi risucchia all’indietro,
staccandomi a forza da quella città fantastica, fino a
quando non la vedo dall’alto, nella sua forma circolare e
perfetta, con un pozzo nero e profondo proprio al centro della piazza.
Il vortice mi trascina al di la degli alti cancelli di ruggine che
proteggono la città, scaraventando il mio sguardo su
marmoree vallate. Poi il paesaggio muta, inizia a ridefinirsi nella mia
mente, e mi ritrovo a fissare il viso perfetto di Edward, mentre mi
sorride. La sveglia mi salvò all’istante da quel
sogno strano, strappandomi così violentemente
dall’immagine da renderla un vago ricordo, uno di quei sogni
che dopo il risveglio non ricordi, una semplice sensazione di dover
ricordare qualcosa, di dover afferrare quell’immagine
effimera che ti scivola fra le dita.
Vestirsi di fretta era inutile, era sabato, così
decisi di crogiolarmi nelle coperte fino all’ora di pranzo.
Oggi veniva Maggie a preparare il pranzo a papà, quindi non
avevo nessun obbligo culinario. Mi rimisi a dormicchiare, senza pensare
a nulla in particolare, tentando solo di ricordarmi cosa stavo
sognando…
Dopo il pranzo in compagnia andai veloce a mettere in borsa
quel poco che restava, e mi fiondai da Alice. Avevamo deciso di stare
direttamente li tutta sera, in modo da non avere problemi di trasporto
vario. Lasciai giù il borsone in taverna ed iniziai ad
aiutarla a sistemare la stanza. Intanto che lei modificava
l’arredamento spostando divani, sedie e tavoli per fare
più spazio, io tentavo di collegare la Wii al televisore.
Finite poi le pulizie e l’assemblaggio del megamaterasso
eravamo esauste. Il megamaterasso consisteva nell’aver unito
la bellezza di tre letti matrimoniali e quattro singoli in un unico
enorme materasso, in modo da poterlo usare come divano prima e come
letto poi. Fortuna che la casa di Alice era enorme!
Sudaticce ed affamate filammo in cucina, mangiammo un
boccone al volo della torta alle pesche di Esme ed iniziammo la
preparazione alternata. Intanto che io mi facevo la doccia, lei
sceglieva cosa mettersi, quando io uscivo iniziamo a vestirmi e lei
faceva la doccia. Solo la fase trucco era quasi in contemporanea, e
solamente perché io restavo sotto la doccia molto
più di Alice. Nonostante fosse stato chiamato pigiama party,
la prima parte era considerato comunque uscita, quindi dovevamo
vestirci. Misi un paio di Jeans con una canottiera nera che scendeva
morbida sui fianchi, con un copri spalle rosso, abbinato alle
fantastiche ballerine di vernice. Alice invece optò per i
Blu, sfoggiando una maglietta a maniche lunghe blu notte, molto
elaborata con pizzi vari sulla schiena, un paio di leggins neri e le
ballerine blu. Come al solito era semplicemente perfetta.
Finimmo alle nove in punto di prepararci, e alle nove e
cinque arrivò Seth con i ragazzi. C’erano Jasper,
Edward ed altre due persone. Un ragazzo della riserva ed un enorme
ragazzone con i riccioli scuri e le fossette, sembrava un orso quasi
tanto era grande. Poco dopo arrivarono anche Rose, la sorella di
Jasper, fidanzata di Emmett, così si chiamava il bestione,
ed Angela Weber, una nostra compagna del corso di inglese, che era tra
l’altro la fidanzata di Paul, il ragazzo Quileute.
Quante coincidenze si scoprivano in una sola serata no?
Rose ed Angela erano fantastiche, mi ero perdutamente
innamorata delle onde dorate dei capelli della sorella di Jasper,
mentre Angela era veramente dolcissima.
Il Twister movimentò subito la serata, scacciando
via le piccole incertezze dei nuovi conoscenti e gli imbarazzi del
primo incontro. Sfide di contorsionismo si susseguivano tra risate ed
acclamazioni, persi miseramente sia quella con Alice che quella con
Rose e Seth, ma quando dovetti sfidare Edward mi ritrovai il cuore in
gola. Maledetti bigliettini, ero quasi del tutto certa che
c’era lo zampino di Alice in quell’estrazione, ma
talvolta il caso, il destino, insomma, la sfortuna, si accaniscono su
di me anche senza l’intercedere altrui.
Rimisi le ballerine a lato della stanza per non scivolare,
sistemai nuovamente i pantaloni e la canottiera, in modo da evitare che
mi vedessero mutandine o altro. Fortuna che in previsione avevo messo i
Jeans e la canottiera era praticamente lunga come un vestitino, cosa
che mi assicurava una buona copertura. Edward era in camicia e jeans,
una visione. Ci posizionammo ed iniziammo la sfida. Le prime mosse
furono facili, ma poi le cose iniziarono a complicarsi.
Tra braccia e gambe incrociate il mio cervello non capiva
più nulla, il profumo di Edward mi invadeva le narici,
inebriandomi. La nostra sfida fu la più lunga in assoluto,
ne sono certa. Finì a causa mia e dei suoi occhi, un
incontro fatale. Mentre tentavo di restare in equilibrio con un ponte
perfetto, frutto di anni di danza quando ero piccola e non avevo ancora
capito che non ero in grado di esercitare sport o arti che
necessitassero un minimo di coordinazione, la sua mano destra dovette
raggiungere il verde, costringendolo a passare sopra di me. Essendo lui
molto alto, non gli fu molto difficile sovrastarmi, ma quando al
contatto tra i nostri corpi fu aggiunto l’incontro di sguardi
non ci furono muscoli in grado di tenerci su entrambi, io capitolai sul
tappeto di schiena, con Edward che perdendo a sua volta
l’equilibrio mi finì addosso. Finimmo in pareggio
insomma, ma il rossore sul mio viso segnava una netta sconfitta della
mia dignità. Mi sedetti a guardare le altre sfide, ridendo
con gli altri, ma tenendomi a debita distanza dal terreno di gioco,
usando la scusa di essermi fatta male alla schiena con
l’ultima caduta.
La bellezza è pericolosa, l’ho sempre
detto io che chi è troppo bello fa schiantare gli altri che
si voltano a guardarlo, e chissà quante povere anime aveva
sulla coscienza Edward Cullen.
Quando alle due di notte, dopo svariati twister e
altrettante partite alla Wii decidemmo che era ora del pigiama,
lasciammo i ragazzi di sotto, mentre noi salimmo nel bagno patronale.
Misi svelta il pigiama, mi struccai in modo da non diventare un panda
l’indomani mattina e aspettai le altre. Alice in rosa era
fantastica, sembrava una bambolina di porcellana. Angela come me aveva
optato per una tuta XL ed una vecchia maglietta, mentre Rose era in
perfetto stile Victoria’s Secrets, con una canottiera con
inserti in pizzo e pantaloni di raso azzurri e neri. Era veramente
bellissima.
Quando fummo pronte scendemmo, trovandoci davanti
l’allegra combriccola che stava ancora abbuffandosi di
patatine sul letto. Fortunatamente riuscimmo a spazzare via le
briciole, e all’alba delle 4, dopo canzoni sussurrate a luce
spenta e strimpelli di chitarra, dopo barzellette idiote e risate,
finalmente Morfeo decise di passare da noi. Ci mettemmo nel lettone,
tentando di starci tutti. Rose ed Emmett erano in esterno destro,
affiancati da Angela e Paul; io puntai dritta verso Seth, in modo da
lasciare ad Alice l’unica scelta possibile, dormire accanto a
Jasper. Mi misi accanto a Seth, il quale dava le spalle ad Angela, e
diedi la buonanotte.
Quando sentii un peso dall’altro lato del
materasso pensai immediatamente ad Alice e Jasper, quei due erano fatti
per stare insieme, nessuno poteva negarlo!
Ma quel profumo di miele non era quello di Alice, e
tantomeno quello di Jasper.
Grazie
ancora a chi è rimasto aleggere la mia ff, fatemi sapere che
ne pensate, baci e alla prossima, che conto sia molto presto, spero...
comunque mai più un'attesa così lunga, lo giuro!
baci
|
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Capitolo 7 *** Vampire Kiss ***
Ciao, rieccomi. scusate il
ritardo nuovamente, sono rimasta senza internet per due settimane, ma
vi comunico che ho già 3 capitoli pronti, quindi
aggiornarà alla svelta :) grazie a chi ancora mi segue e
sopporta i miei sregolati aggiornamenti, la metodica non è
il mio forte ;) fatemi sapere che ne pensate, baci
la canzone del capitolo è:
Vampire
Kiss - Simplyd4rk
Il mio corpo si irrigidì all’istante, percependo
quella presenta al mio fianco. Strinsi gli occhi, tentai di regolare il
respiro contando i secondi, in modo da far passare il tempo, per far
finire in fretta quella nottata. Non so quanto tempo passò,
Seth si era addormentato, lo si capiva dal sommesso ronzio che emetteva
quando respirava. Sicuramente anche Edward si era addormentato,
c’era un silenzio impenetrabile nel buio della taverna,
dormivano tutti di certo. Mi rilassai un pochino con quel pensiero,
iniziando poi a mettermi in una posizione più comoda, pur
continuando a dare le spalle ad Edward. Appena riappoggiai la testa sul
cuscino, dopo essermi raggomitolata su me stessa per tenermi stretta la
coperta, sentii un lieve movimento, che fece aumentare il profumo dolce
che proveniva dal posto accanto al mio. Mi irrigidii nuovamente,
l’avevo svegliato? O era solo un riflesso del sonno? Magari
si era solo rigirato, capita spesso, no?
Continuando a stringere gli occhi non rilassai nemmeno per
un secondo i muscoli, ancor meno quando una mano leggera
iniziò a sfiorarmi la spalla nuda. Se possibile irrigidii
ulteriormente le membra e strizzai così tanto gli occhi da
farmi male.
«So che sei sveglia Bella…
Rilassati…».
Il suo sussurro mi giunse con un caldo fiato
sull’orecchio e sul collo, facendomi rabbrividire e
sregolando le mie pulsazioni. Non mi rilassai, finsi di non aver
sentito, finsi di dormire ancora, resistendo all’impulso di
muovermi. Non mi sarei mossa, nemmeno per sogno. Quando mi muovevo ero
impacciata, maldestra e pericolosa, non avevo intenzione di apparire
così anche a lui, nello stesso letto, nel bel mezzo della
notte! Cazzo! Che situazione orrenda!
Tentai di sincronizzare il mio respiro a quello addormentato
di Seth, ma l’unico respiro che sentivo era quello di Edward
sulla mia guancia, mentre strofinata sulla mia pelle il naso, come se
volesse annusarmi. L’iperventilazione era impossibile ormai
da evitare, ero al buio, in un letto, con Edward… un ragazzo
che non conoscevo nemmeno da una settimana! Ma che situazione assurda
era? E poi, cosa diavolo stava facendo lui? Non sapeva nemmeno chi ero
a momenti, e si avvicinava a me come se fossi la sua… come
se fossi la sua ragazza da sempre…
Quando le dita fresche di Edward iniziarono a sfiorare il
mio braccio, in un dolce e leggero su e giù il mio cervello
rischiò un collasso sensoriale, ma fortunatamente mantenni
la lucidità, quel tanto che bastava per girarmi verso di lui
per fronteggiarlo.
«Si può sapere cosa diavolo stai
tentando di fare? Dormono tutti! Vuoi svegliarli?» sussurrai,
tentando di mantenere la voce il più bassa e ferma
possibile, cosa non facile, fidatevi!
Provate voi a sussurrare, sibilando e mantenendo il
controllo, non era una cosa da poco!
Di tutta risposta nella penombra vidi balenare il sorriso
del magnifico ragazzo che avevo accanto. È già,
volenti o dolenti la bellezza mozzafiato di Edward era un dato di
fatto… negarla sarebbe stato idiota, era bello e
affascinante, molto simpatico, ma di lui non sapevo altro, nulla, nada
de nada, niente, nothing. Era un completo estraneo per me, e
quell’estraneo continuava ad abbracciarmi, accarezzandomi
dolcemente la schiena e sussurrandomi a pochi, troppo pochi, centimetri
dalla bocca.
Lo sentii sorridere con un sospiro, stringendosi ancora di
più a me.
«Assolutamente no, altrimenti non potrei fare
questo…» disse, prima di avvicinarsi lentamente
alle mie labbra. Fortunatamente un briciolo di razionalità
mi era rimasta, e posi tra le nostre bocche la mia mano, non ero quel
tipo di ragazza, non mi sarei lasciata abbindolare da due begli occhi e
da un fisico sexy, mai e poi mai. Si, lo so, “mai dire
mai”, ma mannaggia a me, me lo prometto, lo giuro a me
stessa, non avrei ceduto quella notte, nemmeno alle sue mani che mi
carezzavano i fianchi.
Mi scostai da lui, premendo sul suo petto con le mie mani,
scuotendo la testa e ripetendo molteplici “no”
sottovoce. Mi voltai, dandogli le spalle, ma a quanto pare era un
ragazzo tenace, visto che si avvicinò nuovamente al mio
orecchio.
«Di cosa hai paura, una volta soltanto non ti
ucciderà, fammi assaggiare solo un secondo le tue labbra, ti
prego, solo una volta…» la sua mano si protese e
mi cinse il mento, girando leggermente la mia testa verso di lui, non
pensavo l’avrebbe fatto subito, così non ebbi la
prontezza di evitare l’incontro tra le nostre bocche. Fu un
secondo, mi scostai immediatamente e mi rintanai sotto la coperta, in
pochi secondi decisi cosa fare, ovvero calciare Seth per farlo
svegliare. Una ginocchiata ben assestata al fianco lo fece sussultare,
facendo tornare Edward magicamente al suo posto.
L’indomani avrei raccontato tutto a Seth e ad
Alice, senza dubbio. Ma cosa mi era preso? Roba da prenderlo a calci
nelle zone dove i dolci raggi solari non battono già al
primo approccio, cose da schiaffi cavolo, perché non
l’avevo allontanato con più decisione? Ok, era un
ragazzo bellissimo, simpatico, sexy e tutto il resto, ma io non ero il
tipo di ragazza da sbaciucchiare uno pseudo sconosciuto!
Inutile dire che non chiusi occhio per tutto il resto della
notte, che passai incollata a Seth con la scusa che avevo freddo.
Salutai con gioia, forse per la prima volta in vita mia,
l’arrivo dell’alba. Quando ci svegliammo pian piano
tutti, andammo di sopra a fare colazione, dopo di che io ed Alice
restammo a pulire, mentre Seth riportava a casa i ragazzi. Ma poi
sarebbe tornato, sia per aiutarci a rimettere in sesto la casa, sia
perché l’avevo implorato. Misi i vestiti con i
quali ero arrivata li il giorno prima, sistemando nella borsa pigiama e
vestiti da sera. Con i miei cari jeans almeno ero più comoda
per pulire e rassettare. Circa mezzora dopo arrivò Seth, che
fece i lavori più pesanti, spostò i letti, i
materassi, i mobili ecc ecc. io nel frattempo avevo la testa lontana,
pensavo a come dire ai miei migliori amici cos’era
successo… Edward mi ha baciata? Mi sono lasciata baciare da
Edward? Io ed Edward ci siamo baciati? Maledetta me! Maledetto lui!
Sbuffando mi gettai sul divano appena sistemato abbracciando
un cuscino. Il mio volto imbronciato esprimeva al meglio il mio stato
d’animo. Fossi stata in un cartone animato avrei girato con
la nuvoletta nera sopra la testa. Il mio tetro umore non
sfuggì ai miei migliori amici ovviamente, che
però non capivano cosa fosse andato storto nel mio risveglio
per farmi avere un aspetto così…
incazzoso…
«Bella, tutto bene? Che ti prende?» mi
domandò Alice, che fino a tre secondi prima invece era stata
raggiante. A quanto pare Jasper le piaceva veramente molto.
«Si, tutto… No, non va bene niente!
Cazzo!» ringhiai affondando la testa nel cuscino per il
nervosismo che mi stava divorando. Non esisteva che mi capitasse una
cosa simile, non a me! Ero arrabbiata con Edward fuori misura, ma
ancora di più lo ero con me stessa… come avevo
potuto lasciarglielo fare? Perché non avevo svegliato prima
Seth? Cosa cavolo mi era saltato in mente di abbassare la guardia con
quella sottospecie di polipo al mio fianco? Fanculo… a tutti
e a me soprattutto!
«Hey piccola, che ti succede? Hai dormito male? O
è qualcos’altro?» tsk, dormito male, ci
farei la firma per avere alle spalle una notte di cattivo sonno. Non
avevo minimamente chiuso occhio, avevo passato la notte in allerta a
pensare ed a rizzare le orecchie al minimo rumore che potesse
significare un avvicinamento di qualsiasi tipo di Edward. Che
nottataccia…
«Io..umpf, baciato… cazzo, uffa,
Edward… mannaggia…» Boffonchiai
soffocando la voce nel cuscino. A quanto pare Seth ed Alice stavano
tentando di mettere insieme quel poco che avevo detto, ma con scarsi
risultati…
«Ma secondo te ti sentiamo? Tira su la faccia da
quel cuscino e non borbottare, che è successo?»
Ok, dovevo farmi forza e dirlo ai miei migliori amici no?
Loro dovevano saperlo, e poi mi avrebbero saputa consigliare
al meglio su come comportarmi con lui. Feci un profondo respiro e feci
riemergere il mio viso dal cuscino. Respirai ancora un paio di volte,
avevo il terrore che mi giudicassero male, che mi prendessero per una
sgualdrina, per una facile…. Ero terrorizzata
all’idea di perdere la stima dei miei amici… ma
dovevo essere sincera con loro, fino in fondo, nel bene e nel male,
sempre, era questo il valore più grande
dell’amicizia, la sincerità. Senza
sincerità dove si poteva costruire una solida base,
l’amicizia era effimera ed inconsistente. Moltissime volte
chiamiamo amici tutte le persone con le quali usciamo la sera, tutte le
persone che ci vogliono bene, e mediamente sono anche tanti, ma a
quanti di loro apriamo veramente il cuore? A quanti mostriamo la nostra
vera essenza, la nostra anima, il nostro modo di fare è
diverso da ciò che veramente siamo? Quanti ci conoscono per
davvero? O almeno conoscono una parte sostanziosa del nostro carattere?
Veramente molto pochi. Seth ed Alice erano gli unici a conoscermi come
le loro tasche, così come io leggevo Alice come un libro
aperto e scritto a caratteri cubitali. Con Seth facevo ancora un
pochino di fatica, era un libro aperto, ma in latino. Capivi qualche
parola, magari il senso generale del pensiero, ma ti sfuggiva sempre
qualche variante, qualche postilla, era una concezione molto labile del
suo essere. Lui però era sempre disposto a fornirti un
ottimo dizionario. Mi feci forza e dissi cosa era successo tutto
d’un fiato, rapidissima e strizzando gli occhi per non vedere
nei loro occhi il disprezzo che volevo ricevere, perché lo
meritavo… ero stata un’idiota, una scema, e
meritavo di perdere almeno un briciolo della loro stima.
«IoedEdwardcisiamobaciatistanotte!»
Attesi qualche secondo, poi visto che non accadeva nulla
inizia a sbirciare da sotto le palpebre cosa era accaduto.
Assolutamente nulla. Alice era immobile seduta al mio fianco con lo
sguardo vitreo e perso chissà dove. A Seth era caduta la
mascella invece, e mi guardava allibito.
«Ok..» disse Alice riprendendosi dallo
stato di semitrance in cui sembrava fosse caduta. «Ok, Seth
raccogli la bocca o ti si sloga la mascella, Bella… voglio
ogni minimo dettaglio, non tralasciare nulla.» Alice era
calcolata mentre parlava, non era la sua curiosità
ingestibile a parlare, voleva sapere i dettagli per formulare un capo
d’accusa in piena regola, verso Edward. Il suo tono era
supplichevole, come se mi stesse chiedendo moltissimo, aveva capito che
non ero affatto felice di quello che era successo. Nel frattempo Seth
aveva richiuso la bocca e si stava stropicciando la faccia con una
mano… era stupito oltre ogni dire… ma non
incrociò mai il mio sguardo, così lo abbassai.
Lui era deluso da me, lo sentivo…
«C’è poco da dire, ci ha
provato, ho detto no mille volte, alla mille e uno non ho risposto. Chi
tace acconsente a quanto apre. Quindi mi ha baciata. Tre secondi, non
di più, poi l’ho scansato e ho dato un calcio a
Seth perché svegliandolo sapevo che Edward si sarebbe
allontanato…». La mia follettina annuiva e
corrugava le sopracciglia, alternando un’espressione che
diceva “Aah, ho capito” ad un’altra che
invece diceva “brutto pezzo di merda”. Raccontai
tutto, prendendomi le colpe che avevo, e dando ad Edward quelle che
invece aveva lui, mentre i ascoltavano entrambi i miei amici erano
attenti, nessuno espresse giudizi, mi lasciarono finire di sfogarmi,
poi Seth mi abbracciò, ed Alice iniziò la sua
arringa.
«Allora, vediamo se ho capito bene; questo qui
entra in casa mia, ci prova per tutta sera con la mia migliore amica,
si sdraia accanto a lei per dormire, allunga le sue luride manacce e
tenta un approccio, non si ferma davanti al suo rifiuto, insiste,
insiste ancora, la coglie di sorpresa nel momento di distrazione,
più che giustificato perché Edward è
veramente un gran bel ragazzo mi permetto di dire, e la bacia. Non
contento quando lei lo stacca nuovamente non si da per vinto e
costringe lei a prendere a calci il mio migliore amico, per farlo
svegliare, in modo tale da allontanare il suddetto sciupa femmine e le
sue manine, che prossimamente verranno private dalla sottoscritta delle
falangi una per una… ho reso abbastanza l’idea
oppure ho scordato qualcosa…. Seth?». Io ero
allucinata da quella ragazza. Doveva fare l’avvocato,
sicuramente, sapeva rigirare la frittata come le faceva comodo, e
qualunque cosa dicesse era oro colato per i suoi ascoltatori.
«Oh si, sei stata chiarissima, ma hai scordato la
parte in cui il migliore amico preso a calci non si limita a tenerlo
fermo mentre tu gli stacchi le falangi, ma si attiva per eliminare il
pericolo di approcci indesiderati alla radice dello stimolo. Meglio
prevenire che curare no? Se lo privassimo del suo apparato generatore
di stimoli ad allungare le manine, risolveremmo alla radice il
problema. » Ok, ora iniziavano a farmi paura
però… mi ero persa il passaggio nel quale mi
scagionavano da tutte le colpe? Mi ero lasciata baciare io alla fin
fine, non avevo urlato, non l’avevo preso a schiaffi, non
l’avevo allontanato con decisione, e lui sentendo la mia
indecisione aveva colto l’attimo, la colpa era anche mia!
«Hem ragazzi… la colpa è
anche mia… se fossi stata più decisa nello
scostarmi e nel dirgli di no probabilmente si sarebbe
fermato… non è che mi ha immobilizzata e mi ha
costretta a baciarlo… alla fine sono stata anche io a fare
la mia parte…. Avrei potuto scostarmi, solo che non
l’ho fatto… non so perché…
ma non l’ho fatto. La colpa è anche
mia…»
Mi pentii di aver aperto bocca quando incrociai lo sguardo
di Seth, che mi fece immediatamente capire cosa si intendesse con
l’espressione “sguardo di fuoco”.
Sembrava letteralmente che nelle sue iridi castane lingue di fuoco
danzassero sotto la superficie… era furente.
Sapevo che di li a poco avrei subito il lavaggio del
cervello dai miei migliori amici, che non mi avevano giudicata, ma
anzi, avevano immediatamente lapidato di colpe ed insulti Edward. La
cosa mi faceva sentire meglio? Un pochino forse si, ma dentro di me
sarebbe per sempre rimasta la consapevolezza di averlo baciato, per
quei pochi secondi, anche io l’avevo baciato, ed il ricordo
delle sue labbra sulle mie sarebbe rimasto per sempre indelebile nella
mia testa. Colpe o non colpe.
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Capitolo 8 *** Violence... ***
Ormai chiedere scusa per il
ritardo è poco, perdonatemi e spero che il capitolo vi
piaccia, baci
canzone del capitolo:
Back
in Black - AC/DC
Quando finirono le varie ramanzine finalmente potei tornare a casa, la
mia fantastica casetta silenziosa! Papà e Sue erano usciti
per un’escursione vicino al fiume, in pratica quella povera
donna era stata trascinata a pesca da mio padre. Avere la casa vuota mi
permise di farmi una doccia rilassante e di tenere il muso per tutto il
tempo di cui ne avevo bisogno. L’acqua bollente e il dolce
profumo dello shampoo alle fragole distesero un pochino i miei nervi, e
mi permisero di pensare con un pizzico di razionalità. Il
problema che mi assillava non era direttamente Edward, ma il motivo del
mio continuo pensare a lui! Cioè, parliamone… ok
che ero restata sconvolta, era poco che mi ero lasciata con Jacob alla
fine… e lui… era stato il mio primo ragazzo, il
mio primo amore, mai prima di lui avevo baciato qualcuno, tantomeno per
una storia di una notte… ma d’altronde, che potevo
farci? Edward era una calamita maledizione! Non avevo mai visto un
ragazzo tanto bello e tanto sensuale, sexy, si era sexy cavoli! Avevo
baciato il ragazzo più bello dell’intero liceo di
Forks probabilmente… anzi, eliminiamo il probabilmente e
sostituiamolo con “sicuramente”.
Sbuffando mi rigirai con il
volto premuto sul cuscino, e chiusi gli occhi, si pensa meglio ad occhi
chiusi? Forse; io mi addormentai e basta, dopo la nottata
insonne avevo assolutamente bisogno di qualche ora di fase Rem. E
grazie al cielo non sognai nulla, furono fantastiche ore di vuoto
totale, di blackout celebrale. Una goduria, il sonno migliore che
potesse capitarmi dopo tutte le paranoie che mi ero costruita nelle
ultime ventiquattrore.
Mi svegliò il trillo
acuto della sveglia, erano le sette e trentanove… di
lunedì…
Strizzai gli occhi
più volte, tentando di mettere a fuoco l’orario,
sperando in fondo che i numeri cambiassero e non sancissero il mio
ennesimo ritardo.
Saltai giù dal letto
e mi fiondai in bagno. Mi ero addormentata con i capelli bagnati,
quindi ora avevo uno stramaledetto porcospino in testa! Mi
pettinai per sciogliere i nodi, ma i ciuffi ribelli non volevano
restare al loro posto. Rinunciai e tornai in camera, dove indossai in
fretta un paio di jeans e una felpa nera. Presi dal fondo
dell’armadio una berretta mai usata e me la calcai in testa.
Sperando che con l’umidità mattutina i miei
capelli prendessero la piega giusta. Mi fiondai giù dalle
scale con la sacca in spalle, e afferrando il pan tostato al volo corsi
in auto. Come succedeva quasi sempre, mangiai mentre guidavo verso la
scuola, pregando che la campanella aspettasse me per suonare, e
riuscendo a varcare la porta dell’edificio in perfetto
orario. Come ci riuscivo? Non ne ho la più pallida idea!
Avevo ipotizzato un tunnel temporale lungo il tragitto, un
teletrasporto dell’auto, una mia ipotetica
super-velocità nei movimenti ( l’avevo esclusa
ancora prima delle altre). La mia conclusione finale era stata mio
padre che aveva messo la sveglia con dieci minuti di ritardo, in modo
da farmi arrivare in orario. Quell’uomo quando voleva sapeva
essere diabolico, anche se efficientissimo.
Quando arrivai al mio armadietto
tolsi la berretta, contemplandomi allo specchietto che avevo incollato
sullo sportello. I capelli erano fantastici! Non mi sarebbero usciti
così nemmeno se avessi fatto la piega dal parrucchiere!
Avevano il classico aspetto spettinato ma ordinato, erano veramente
strepitosi!
Sorridendo, soddisfatta della
riuscita dell’esperimento con la berretta, misi i libri a
posto, e mi diressi verso l’aula. Prima lezione biologia,
noiosa oltre ogni dire, ma con Alice non c’era da
preoccuparsi, avremmo chiacchierato tutto il tempo!
Quando la raggiunsi
sospirò di sollievo.
«Mettere la sveglia
prima no è? Ti diverte troppo tanto correre come una pazza
di buon’ora!» mi disse appena mi sedetti accanto a
lei. Di tutta risposta le regalai una magnifica linguaccia.
L’insegnante
entrò subito dopo, e ci annunciò un
fantastico… compito a sorpresa! Mostro malefico e sadico che
non era altro… fortunatamente erano cose abbastanza
semplici, almeno alla C speravo di arrivarci… forse
addirittura una C+…
Terminata la prima ora infernale
del orribile lunedì mattina, ci dirigemmo nuovamente agli
armadietti. Avevamo quindici minuti prima della prossima lezione,
quindi potevamo fare con calma. Quando però raggiunsi il mio
armadietto qualcosa mi impediva di aprirlo.
Jacob era appoggiato con una
spalla proprio sul mio sportello, ma la cosa non mi fece male, mi fece
solo incazzare! Buon segno no? L’avevo finalmente rimosso dal
mio cuore! Colpa anche di Edward? Beh, sorse un pochino, ma solo un
pochino!
«Si da il caso che
qualcuno dovrebbe mettere via i libri. Spostati da li!» dissi
avvicinandomi e dandogli una spallata. Sembrò sorpreso della
mia reazione, che si aspettava? “mio caro amore perduto
sposta per cortesia la tua possente spalla dal mio misero armadietto,
se non ti è di troppo disturbo…” ma per
favore…
«Hem,
scusa… senti, io… volevo
parlarti…» farfugliò mentre
indietreggiava. Scoccai un’occhiata ad Alice, la quale mi
fece capire di non saperne nulla. Come biasimarla? Anche lei non
parlava più con quell’idiota da quando era finita
la nostra storia e l’aveva trattata come una pezza da piedi.
Misi via i libri, presi quelli
nuovi e chiusi l’armadietto con un tonfo, girandomi poi a
fronteggiarlo.
«Parla, che
vuoi?» stupì perfino me stessa la
glacialità con cui pronunciai quelle parole, ed a quanto
pare anche Jacob ci rimase male, ancora più di prima. Mi
spostai in modo da avere Alice alle spalle di Jacob, così
avrei potuto vedere le sue facce. Era un’amica fedele, e mi
conosceva meglio di me stessa, quindi tenevo molto da conto i suoi
pareri.
Quando Jacob si riscosse
iniziò a borbottare frasi insensate, non capii una parola,
ma poi sembrò riprendersi e d io cominciai a capire alcune
parole…
«Si, ecco…
io, volevo chiederti… si insomma, se ti va… se
puoi… una di queste sere…»
Non riuscì a
continuare… fu interrotto dalla cosa più strana
che mi era mai capitata.
«Hey, ciao
Bella…» furono queste le parole pronunciate dalla
voce di quel ragazzo con il grado di erotismo fuori dai livelli
standard, prima che le sue braccia mi cingessero i fianchi e
le sue labbra salutarono la mia pelle con un bacio soffiato sul collo.
L’espressione di Alice
rispecchiava quasi totalmente la mia credo… mai come in quel
momento avevo desiderato un fotografo che mi immortalasse, per poter
rivedere la mia faccia in quel momento esatto.
Dire che mi pietrificai
è riduttivo, divenni letteralmente una statua di marmo con
l’espressione più perplessa dell’intero
universo conosciuto e non! Ma cosa aveva nel cranio quel ragazzo???
Segatura e criceti atrofici??? Ma cosa gli saltava in mente? Nel
corridoio della scuola? E mentre parlavo con il mio ex ragazzo??
Ma… cos’avevo fatto di male io? Nonostante fossi
immobile avevo una chiara percezione delle sue mani sul mio ventre e
del suo mento, dolcemente appoggiato alla spalla. Dove aveva posato il
suo corpo, sembrava che il mio rispondesse al suo richiamo
surriscaldandosi. Dove mi aveva baciata mi era venuta la pelle
d’oca.
Mi riscossi il più in
fretta possibile e sgusciai fuori dal suo abbraccio, anche se con una
punta di riluttanza, che soffocai con la rabbia, che a sua volta fu
soffocata dalla diplomazia e dalla maschera che misi immediatamente,
costruita con sorrisi e calma. Anche Alice si ricompose, raccogliendo
la mascella dal pavimento e spostandosi verso il muro.
«Ciao Edward, che ci
fai qui?» che domanda cretina, ci viene a scuola!
«Stavo andando a
lezione e sono passato a farti un saluto.» disse sereno, con
un sorriso ricco di promesse stampato in faccia. Maledetti ormoni. La
scena che seguì la vidi solo dall’esterno, nel
senso che non potei fare nulla per evitarla, sembrava di vedere un film
in TV. Vedi, capisci, prevedi cosa accadrà, ma non puoi far
nulla per modificare il finale.
Edward girò la testa
verso Jacob, facendo guizzare i muscoli del collo. Il mio ex ragazzo
intanto aveva le braccia tese come corde di violino, e i pugni serrati,
con le nocche quasi bianche dalla forza con cui li stringeva.
L’atmosfera si caricò di rabbia e sfida, di odio e
violenza. Jacob non aspettava altro che un pretesto per scatenarsi
contro Edward, e quest’ultimo non vedeva l’ora di
procurargliene uno, anche più che valido a giudicare dalla
sua espressione.
Iniziai ad avere paura quando
Edward si girò completamente verso Jacob, e facevo bene.
«E tu che vuoi? Hai
problemi con me forse?» sbeffeggiò Edward,
squadrando Jake senza riguardo. Sembrava stesse prendendo le misure per
calcolare ad occhio chissà cosa. Alice mi venne vicina e mi
trascinò più vicina agli armadietti, fuori dalla
portata dei ragazzi, che erano ufficialmente sul punto di darsele.
«Oh no, sei tu che
avrai problemi, gravi anche! Ti mando dritto al reparto di ortopedia se
non tieni le tue luride mani lontane dalla mia ragazza, amico!
» ringhiò Jake.
Ma aspetta un
secondo… precedetti Edward nel rispondere, visto che
sembrava sorpreso dalla rivelazione, probabilmente all’oscuro
del fatto che fosse una rivelazione anche per me. Una rivelazione che
mi rese felice, ma non perché volevo ritornare con lui,
solamente perché ora avevo il coltello dalla parte del
manico, e non avrei avuto rimorsi nell’usarlo, affondandolo
completamente nel cuore di colui che aveva fatto sanguinare
così tanto il mio.
«Come prego? Non ho
sentito bene forse… mi è parso di udire che tu ti
riferissi a me come “la tua ragazza”»
dissi mimando le virgolette con le mani, e avanzando di un passo verso
di lui.
«Forse te ne sei
dimenticato, ma non sono più la tua ragazza… mi
hai mollata… sulla chat di un social network tra
l’altro… l’avevi dimenticato? e ora
vieni qui a fare il possessivo con me? A rivendicare il tuo possesso su
di me? Beh, hai sbagliato tutto! Non sono più tua, mi hai
ferita, sono guarita, fine della storia. Non c’è
più posto per uno come te nella mia vita! E ora
vattene.» ringhio ogni singola parola riempiendola con la
rabbia che mi ha logorato in questi mesi, sfogando il rancore, il
dolore, la frustrazione, tutte scivolate all’interno di
quelle parole di veleno che mi stavano uscendo dai denti, sputate fuori
come spine.
Jake rimase immobile, allibito
dalle mie parole e furente di rabbia. In un secondo mi
piombò addosso, a meno di un centimetro da me, furibondo.
Non riuscì a dire nulla però, perché
Edward lo afferrò e lo spinse con forza contro gli
armadietti. Il fracasso che fecero fu assordante, la paura
più grande che avevo era che si ferissero seriamente,
mettendo a rischio anche la loro carriera scolastica. Fortunatamente la
sala insegnanti era molto lontana, e nessuno accorse a vedere cosa
stava accadendo, se non qualche studente curioso.
«Adesso ascoltami bene
schifoso bastardo!» sibilò Edward
all’orecchio della furia che aveva attaccato al muro,
«se ti avvicini ancora una volta a lei in questo modo,
pensando di metterle le mani addosso, o anche solo spaventandola con
una qualsiasi reazione, non mi limiterò a mandarti in
ortopedia, finisci dritto in sala operatoria! E se avrò
fortuna potrò anche contattare mio padre in modo che ti
lasci crepare sotto i ferri! Andrò in galera ma almeno mi
sarò tolto la soddisfazione di cancellare dalla faccia della
terra un individuo pezzente come te.» con un ultimo strattone
si allontanò da Jacob, lasciandolo confuso ed incazzato
contro la fila di armadietti. Pochi secondi dopo se ne andò
con un’uscita ad effetto, sfondando l’armadietto di
qualche povero sfortunato con un pugno. Borioso e spaccone che non era
altro.
«Tutto bene
ragazze?» chiese Edward avvicinandosi a noi. Era stato
veramente gentile ad intervenire, non era obbligato…
«Si, si stiamo bene,
» dissi guardando Alice, anche lei un po’ scossa ma
illesa, «solo uno spavento… non dovevi
disturbarti… hai rischiato di farti male, o di finire nei
guai…» bofonchiai così il mio
ringraziamento, completando il quadro della mia patetica risposta
arrossendo.
«Ma piantala, mio
padre è un chirurgo affermato, è una delle
persone più in vista di tutta Forks, ed inoltre è
molto amico del preside, non mi sarebbe successo nulla a livello
scolastico! Per il fisico invece quello è solo uno spaccone,
non ha tecnica, solo muscoli e niente materia grigia. Mi stupisce che
tu stessi con uno così…» i suoi occhi
verdi mi entrarono nella testa, fermandomi il respiro e facendomi
scordare il mio nome. Fortunatamente mi ripresi alla svelta, e
scrollando le spalle abbozzai un “si sbaglia nella
vita…”.
Si era fatto tardi, e dovevamo
andare a lezione. Edward si offrì di accompagnarci fino in
classe, onde evitare che magari facessimo altri spiacevoli incontri.
Quando la nostra aula era ormai
in vista Edward mi chiamò un secondo in disparte. Nonostante
tenesse d’occhio Alice comunque, mi fece una proposta che mi
lasciò perplessa, soprattutto su me stessa e sulla mia
rabbia e sete di vendetta.
«Senti, ti ho detto
prima dell’amicizia tra mio padre e il preside… se
tu vuoi… insomma, potrei tranquillamente accennargli
all’episodio di oggi e far espellere quello
là… così saresti certa che non ti
importunerà più… ovviamente
è una tua scelta, solo se lo vorrai io ne
parlerò, altrimenti sarò muto come un pesce.
Decidi tu.» rimasi veramente allibita. Jacob. Espulso. Era
l’apice della vendetta, l’apoteosi della ripicca.
Gli avrei rovinato veramente l’anno accademico. Una misura
disciplinare così lascia il segno, e quest’anno
avevamo gli esami…
Mi vergognai immediatamente di
aver considerato quell’ipotesi. Mi ero già
sfogata, non avevo bisogno di punirlo ulteriormente, avrebbe convissuto
lui con il rimorso, non io, io avevo voltato pagina, ero andata avanti.
Non valeva la pena di esagerare, in fondo non credevo fosse pericoloso,
era irascibile, ma non era il tipo che avrebbe alzato le mani su due
ragazze, di quello ero sicurissima.
«Ti ringrazio, ma
preferisco di no… vedi, non sarebbe da me. Ero molto
arrabbiata con lui per come mi aveva trattata, ma ora è
finita, gli ho detto quello che avevo da dirgli, e sono seriamente
convinta che l’umiliazione subita poco fa gli basti e avanzi
come lezione. Quest’anno ci sono gli esami Edward, e una cosa
del genere non può comprometterne l’esito, per
nessuno…»
Edward sorrise, e sistemandomi
un ciuffo dietro l’orecchio mi sussurrò che ero
troppo buona.
Mi lasciò davanti
alla porta dell’aula, dicendomi che ci saremmo rivisti
più tardi.
Ero a dir poco perplessa da come
si erano svolte le cose quella mattina. Era solamente la seconda ora di
lezione e già era successo il finimondo, cosa mi avrebbero
riservato le ore seguenti? Spero nulla di simile, perché di
rabbia e aggressività ne avevo avuto abbastanza per
l’intera settimana!
Quando mi accasciai sulla sedia
Alice non disse nulla, mise solo una mano sulla mia, per farmi sapere
che c’era per me, qualunque cosa fosse accaduta, di qualsiasi
cosa avessi mai avuto bisogno, Alice ci sarebbe sempre stata per me,
sempre.
Spero veramente vi sia piaciuto e
spero di aggiornare molto più alla svelta. fatemi sapre cosa
ve ne pare, e colgo l'occasione di ringraziare chi mi lascia sempre un
commento ^_^ è bellissimo per me leggerli ^_^
baci
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Capitolo 9 *** Attack! ***
Ciao a tutti! ecco il nuovo
capitolo, l'avevo pronto da qualche giorno però non ho avuto
un secondo per postarlo! ma volevo darvelo prima di natale
quindi eccomi qui! ^_^
Colgo l'occasione per
ringraziare tutti quelli che seguono questa storia, o che l'hanno
inserita tra le preferite o le seguite, grazie davvero!
un grazie ancora
più grande ovviamente va a coloro che mi regalano il loro
tempo scrivendomi i loro pareri! grazieee!! è veramente
bellissimo per chi scrive leggere le vostre impressioni e come vivete
voi la storia. Ma ora la smetto di straparlare qui, buona lettura!
canzone del capitolo:
Attack!
- System Of A Down
Cap 7 - Attack!
La mattinata scolastica era iniziata veramente malissimo, quindi non
volevo assolutamente illudermi, con pronostici idilliaci sulla sua
continuazione. Speravo solo che la situazione non degenerasse e che
arrivasse presto l’ultima ora.
Mi accontentai persino dell’arrivo
dell’ora di pranzo. E per essere felici di entrare in una
mensa maleodorante a mangiare cibo schifoso che, fidatevi, non era per
nulla allettante, voleva dire che ero proprio disperata. Se poi pensavo
ad un possibile incontro casuale tra Edward e Jacob mi veniva la
nausea. Ma ero comunque disposta a sopportare tutto, se faceva in modo
che il tempo scorresse più veloce, e sicuramente stare in
compagnia dei miei amici avrebbe accelerato leggermente la lancetta.
Quando io ed Alice varcammo la soglia, fummo
investite dal solito lezzo di olio fritto, rifritto e fritto ancora una
volta, misto a broccoli e altri odori non meglio identificati. Che
schifo la mensa scolastica! Prendemmo un vassoio ed iniziammo ad
ispezionare i vari contenitori di metallo, che racchiudevano il nostro
pseudo pranzo. La regola era “prendi solo quello che
riconosci” quindi niente puree varie, salse ecc. Persino gli
hamburger era meglio evitarli. Alla fine il nostro vassoio era colmo di
carote tritate, insalata mista, mais, qualche fetta di pollo e acqua.
Non era andata poi così male, i guai arrivavano quando il
pollo finiva e dovevi accontentarti della pasta. E fidatevi, la
pastasciutta della mensa era l’esperienza più
raccapricciante che può capitare. Un miscuglio colloso di
pasta stracotta e sugo non meglio identificato che ti vengono sbattuti
nel piatto. La cosa peggiore è che nel piatto continuano a
mantenere la forma del mestolo. Orrendo. La descrizione della
consistenza e del sapore ve la risparmio, il solo ricordo mi fa venire
il vomito. Indescrivibile e raccapricciante.
Ci dirigemmo svelte verso il nostro tavolo, dove
Seth, Edward, Jasper, Rose ed Emmett ci aspettavano, con lo stesso
contenuto nel vassoio, Emmett escluso. Lui era un cassonetto dei
rifiuti ambulante! Ingurgitava di tutto, l’importante era che
fosse dichiarato commestibile! E talvolta non era un requisito
propriamente fondamentale!
Salutammo e ci sedemmo, io accanto ad Edward, ed
Alice accanto a Jasper. Tra i due si era creato un certo feeling, e nei
giorni seguenti avrei indagato sulla faccenda. Oggi era una giornata
troppo negativa per toccare l’argomento, avrebbe potuto
persino portare sfiga!
«Hey, come va? Hai più
avuto problemi?» mi chiese Edward appena mi fui sistemata.
«No no, tutto ok, va benissimo ora!
Sono un po’ lente le ore, ma per il resto tutto ok! E
tu?»
«Non mi lamento, anche se ti avviso,
mi è dispiaciuto non fracassagli il naso, e se si
riavvicina, non metterti in mezzo. Te lo chiedo per favore, fallo per
me, ma soprattutto per te stessa! Rischieresti di farti male con
un’idiota del genere coinvolto!». Il suo sguardo
era penetrante, intenso, come se volesse entrarmi nell’anima
ed incidere quelle parole nella mia mente. Mi ritrovai ad annuire come
un’ebete, promettendo di non interferire, ed implorando il
caso di non mettermi nella condizione di doverli separare.
Ovviamente il caso, il destino, il fato, o come
cavolo volete chiamarlo, mi fu avverso. Infatti pochi attimi prima che
ci alzassimo per tornare in classe, arrivò Jacob, avvolto da
un’aurea di rabbia allo stato puro. Se ne accorsero tutti
nella mensa, e non trovò ostacoli nella sua avanzata verso
il nostro tavolo. Si avvicinava come una furia, accecato dalla rabbia e
dalla sete di vendetta. Con finta nonchalance urtò
violentemente la spalla di Edward, che ancora seduto faticò
leggermente ad ammortizzare il colpo. Feci per alzarmi, ma la mano di
Edward piombò sul mio braccio, velocissima ma con
estrema delicatezza, ed il suo sguardo, assieme al
“no” che sibilarono le sue labbra, mi fecero stare
seduta ed obbediente. Aveva il fuoco negli occhi, in quei due pozzi di
smeraldo ardeva il fuoco nero della rabbia. Si alzò ed
andò a testa alta verso Jacob, che con spacconeria teneva le
braccia incrociate al petto.
«Stai più attento quando
cammini, rischi di urtare la persona sbagliata!»
ringhiò Edward.
Sul viso di Jacob si dipinse un ghigno
strafottente, che avrebbe fatto incazzare anche un monaco buddista. Ed
Edward non era un monaco buddista, anzi. Sembrava di rivivere nella
realtà quelle scene dei cartoni animati, dove tutto attorno
ai due sfidanti diventa scuro e l’elettricità
invade l’aria circostante. Era una scena surreale. Mi agitai
ancora di più quando vidi i ragazzini di prima correre
fuori, molto probabilmente ad avvisare gli insegnanti. Non volevo che
Edward finisse nei casini per colpa di un’idiota arrogante.
Non mi accorsi nemmeno del braccio che si
muoveva, fatto sta che lo fece, e fu quello di Jacob a scagliare il
primo affondo verso la faccia di Edward, che però fu rapido
a schivare. Fu altrettanto rapido ahimè ad alimentare la
rabbia di Jake, stuzzicandolo con l’arma più
potente di sempre, la parola.
«Tutto qui? Grande, grosso, e idiota
sapevo che lo eri, speravo almeno in doti tipo: agilità,
rapidità, forza… ti ho sopravvalutato parecchio,
sai? Invece sei solo un inutile omuncolo, un rifiuto sociale, che
ricerca nella violenza uno sfogo alla sua misera e frustrante
esistenza, fatta di mediocrità! Cosa vuoi ancora da me?
Un’altra umiliazione? O forse… rivuoi la tua ex
ragazza? Sottolineo e ribadisco, EX?!».
Ecco fatto, alea iacta est, il dado è
tratto, e si salvi chi può! Stava per scatenarsi un
putiferio! Conoscevo abbastanza Jacob da capire quando stava per
esplodere, ed ora era veramente troppo vicino al punto di non ritorno!
Il suo respiro diventò più
profondo, più rabbioso. Ed anche il suo sorrisetto si
tramutò immediatamente in un ghigno terrificante. Mi voltai
verso Emmett e Seth, ma non c’erano. Erano già
posizionati in modo da scongiurare la catastrofe grazie al cielo.
Emmett era dietro Edward, gli altri due avevano preso Jake alle spalle.
Speravo veramente che non dovessero intervenire, ma erano utopie.
Infatti pochi secondi dopo Jacob si avventò verso Edward con
il pugno destro alzato; se l’avesse colpito gli avrebbe rotto
non solo il naso!
Ma Edward mi stupì ancora, schivando
il pugno scostandosi di lato, ed afferrando il braccio di Jake lo fece
ribaltare sfruttando la forza della sua carica. In pochi secondi Jacob
si ritrovò con la faccia a terra e le braccia
bloccate dietro la schiena.
Edward si chinò verso
l’orecchio di Jacob, evidentemente non ancora contento della
vittoria, per farlo infuriare ulteriormente.
«Ed eccoti di nuovo a fare la figura
del fesso. È un ruolo che ti si addice sai? Ti avevo
avvisato di non avvicinarti mai più, ma tu non hai
ascoltato, non hai colto l’occasione per evitarti
l’ennesima figuraccia, non hai resistito alla tentazione di
fare il gradasso. E cosa ci hai guadagnato? Una probabile lussazione
alla spalla ed una pugnalata mortale al tuo orgoglio. Contento
ora?»
Jacob non ebbe il tempo di ribattere, visto che
un’altra voce tuonò nella mensa, ormai quasi
deserta. Era la voce del preside, ed era alquanto alterata.
«Black, Cullen, Swan, Brandon , Hale e
Clearwater, nel mio ufficio, adesso!!!».
I guai si facevano seri. Le convocazioni di
gruppo erano sempre le peggiori, rischiavano di andarci di mezzo tutti
quanti a causa di quell’idiota.
Ci trascinammo verso l’ufficio, dove
entrammo uno alla volta, prima Edward, poi Jacob ed a seguire la
sottoscritta. Quando entrai mi ritrovai a sprofondare in una sedia
orrenda e scomodissima, davanti al preside della Forks High School, che
prima di allora reputavo una creatura mitologica, visto che non
l’avevo mai incontrato. Era un ometto grassoccio,
praticamente pelato e con degli occhialetti rotondi che lo rendevano
fin troppo simile ad uno strano gnomo gotico. Aveva le guance
arrossate, e la sua pelle aveva quella lucidità tipica delle
pelli sudaticce. Nonostante l’aspetto però i suoi
occhietti neri erano di una profondità disarmante, ed in
quel preciso istante erano anche abbastanza arrabbiati. Con la fronte
corrucciata e il viso alterato iniziò bruscamente il nostro
colloquio.
«Allora signorina Swan, mi vuole
spiegare di grazia cosa diavolo è accaduto in mensa? La
avviso che propendo per l’espulsione di entrambi i ragazzi
coinvolti direttamente, mentre per voi altri una punizione salata,
quindi veda di convincermi a cambiare idea in meno di cinque minuti, e
se non pensa di farcela si alzi immediatamente e non mi faccia perdere
tempo!».
La rabbia mi avvolse. Come si permetteva
quell’idiota di trascinarci tutti con lui nel fango? No, mai
glie l’avrei permesso, mai e poi mai! Cosa
c’entravamo poi noi altri con la rissa? Va bene, io
c’entravo, ma gli altri no cazzo! Anche questo strano hobbit
incravattato ci si metteva oggi?
L’ira mi fece trovare il coraggio di
parlare con risolutezza, soffocando quel briciolo di ragione che mi
ricordava che avevo davanti l’essere, seppur strano che
fosse, che teneva nelle sue mani la mia carriera scolastica!
«Ok, la farò breve. Jacob
Black è l’unico colpevole. È un
ragazzino immaturo e viziato. Abbiamo avuto una storia, mi ha
scaricata, ed ora che mi sono rifatta una vita predente le mie
attenzioni, ed importuna di continuo me e chi mi sta accanto.
Stamattina, se non fosse intervenuto Edward, probabilmente mi avrebbe
fatto del male, e sarebbe stata coinvolta anche Alice Brandon, solo
perché stavo chiacchierando con Cullen in corridoio. E poco
fa, a mensa, è entrato già furibondo, ha
volontariamente dato una spallata ad Edward, per provocarlo, ed
è stato anche il primo, e l’unico, a tentare di
colpirlo a pugni in faccia! Edward si è limitato a schivare
i colpi, ed alla fine lo ha immobilizzato, visto che non ragionava
più. Jasper, Emmett e Seth erano pronti ad intervenire se la
situazione si fosse aggravata, e non nel senso che si sarebbero uniti
alla rissa, li avrebbero divisi!
Io e le altre ragazze eravamo spaventate,
l’unico tentativo che ho fatto per impedire tutto
ciò è stato bloccato sul nascere da Edward, che
temeva per la mia incolumità, punto e basta. Non
c’è altro, non ci sono colpe per gli altri
ragazzi, o per Edward. » mi accasciai sulla sedia, avevo
veramente parlato così al preside? E avevo veramente detto
al preside i miei problemi di cuore? Ma scherziamo?
Sfumata la rabbia la mia razionalità
si riattivò, facendo tornare il mio tono di voce e le mie
parole su una frequenza più adatta per parlare con il
preside.
«Mi scusi, non volevo essere
impertinente o sgarbata, o maleducata, o altre cose che non
sono… solo che… mi scusi, ma sono così
arrabbiata! Forse dovrebbe espellere solo me, estirperebbe il problema
alla radice…» non osavo alzare gli occhi dalle mie
dita, che si intrecciavano nervosamente tra di loro, inscenando una
strana danza nevrotica. Non volevo essere espulsa, ma forse
così Edward e Jacob non avrebbero più litigato,
non ne avrebbero avuto motivo, no?
«Oh, per favore signorina Swan! Non ho
la minima intenzione di espellerla! Lei è una studentessa
modello, stesso discorso vale per la signorina Brandon e gli altri la
fuori. Anche il signor Cullen è un ottimo studente. Discorso
che ahimè non vale per Black… è
veramente stato lui ad iniziare? Non me lo sta dicendo per una sorta di
vendetta? Sa, a volte una delusione d’amore si porta dietro
una rabbia che non fa ragionare al momento, è veramente
sicura?» disse il preside. Mi aveva veramente capita? Non era
arrabbiato con me? Oddio, magnifico!
«Si signore, sono sicura, lo chieda
pure a chiunque era nella mensa, è stato Black ad iniziare,
Edward non ha risposto agli attacchi, si è limitato a
difendersi, nulla di più.»
«Perfetto, allora lei ed i suoi amici
potete andare, compreso il signor Cullen. A Black ci penso io.
Mandamelo dentro prima di andartene, non darà più
problemi. Giustificherò il suo linguaggio poco consono per
stavolta, tenendo conto del fatto che la trovo molto scossa
dall’accaduto, e che in ogni caso ha ritenuto opportuno
scusarsi. Spero di non rivederla in questo ufficio mai più.
Le concedo una visita rapida per ritirare eventuali documenti da
presentare per l’ammissione al college. Buona
giornata.» mi rispose lui, liquidandomi con un gesto
frettoloso della mano. Annuii ed uscii rapidamente
dall’ufficio. Seduti nella sala d’attesa
c’erano tutti i ragazzi, esclusi i due litiganti, che si
trovavano in piedi, appoggiati al muro con la schiena.
Ovviamente l’uno dalla parte opposta dell’altro.
Quando mi videro uscire alzarono tutti gli occhi
verso di me, quasi a voler capire a chi toccava, se ero ancora intera,
se sapevo qualcosa sulla loro sorte. Un provvedimento disciplinare
all’ultimo anno, con gli esami alle porte, non era certamente
uno scherzo, quindi erano tutti preoccupatissimi.
«Jacob, il preside vuole vederti.
» dissi voltando leggermente il capo verso di lui. Quando
vidi che non aveva intenzione di rispondermi mi girai verso gli altri,
e dissi loro che potevamo andarcene. Alice e gli altri tirarono un
sospiro di sollievo ed alzandosi iniziarono ad avviarsi verso
l’uscita. Edward invece non si mosse. Lo guardai, ma non
accennava ad alzare lo sguardo.
«Edward, anche tu devi venire
via.» gli ribadii avvicinandomi leggermente. Quando
alzò lo sguardo su di me aveva praticamente un punto di
domanda stampato in fronte. Probabilmente era già pronto
psicologicamente all’espulsione e alla conseguente reazione
dei suoi genitori. Sicuramente si era già visto appioppato
il cinquanta percento della colpa dal preside, e non si aspettava una
conclusione così rosea per se stesso. Jacob la pensava allo
stesso modo a quanto pare, visto che dietro di me diede un pugno al
muro, talmente forte, da far tremare una misera assicella di legno, che
reggeva con difficoltà una povera piantina rinsecchita. Con
quell’ultimo gesto immaturo si diresse verso
l’ufficio, sbuffando e, se possibile, ancora più
arrabbiato di prima. Quando la porta si chiuse alle sue spalle mi
rilassai, e tornai a fissare Edward.
«Davvero ti ha detto che posso andare?
Non mi espellerà per aver fatto a pugni nella
mensa?» mi chiese raddrizzandosi e staccandosi lentamente dal
muro, quasi come se temesse di non reggersi bene sulle proprie gambe.
Era stato così buono e disponibile con me, alla fine era
finito nei guai solo per proteggermi, non certo perché
l’avesse voluto di sua spontanea volontà!
«Si, gli ho spiegato la situazione.
Tutta la situazione. E gli ho detto che tu non hai mai risposto agli
attacchi di Jacob, ma ti limitavi a schivare; che l’unica
volta nella quale l’hai toccato è stato quando hai
temuto per la mia incolumità, e per quella di Alice. Ho
detto solo la verità, ed il preside ha ritenuto che potevo
andare, e dire anche a te che eri libero di andartene. Non mi ha detto
altro, quindi non penso ci saranno provvedimenti di alcun tipo. Puoi
stare tranquillo… e comunque, grazie per quello che hai
fatto, anche se non eri obbligato… grazie
davvero…».
Edward allora sospirò sollevato e di
slancio mi abbracciò. Il profumo di miele e
l’odore della pelle del suo giubbino mi invasero le narici.
Appena inspirai nuovamente quella fragranza il mio cervello
tornò al bacio che mi aveva rubato, facendo perdere un
battito al mio cuore.
«Non sei tu che devi ringraziarmi,
sono io che dovrei dirti mille grazie! Se tu non mi avessi difeso
davanti al preside, sarei stato espulso di sicuro. Invece tu sei andata
a raccontargli i tuoi fatti privati, in modo da non far ricadere la
colpa su di me. Non è una cosa facile da fare, e non tutti
l’avrebbero fatta per uno come me, soprattutto per quello che
ti ho fatto quella sera. Per questo sono io a ringraziarti. Ma non
prendere questi ringraziamenti come mio scuse in merito a quel bacio,
se potessi tornare indietro, lo rifarei, e anche meglio se devo essere
sincero…»
Quando mi staccai ero certa di essere arrossita
vistosamente, quindi tenni la testa bassa. Le sue parole sussurrate
vicino al mio orecchio mi avevano fatto venire la pelle
d’oca, in più il mio battito cardiaco era
accelerato di parecchio.
«Ok, ora qui abbiamo finito. Torno a
casa, ci vediamo!» dissi velocemente, prima di
dileguarmi rapida come un fulmine nel corridoio. Non mi fermai nemmeno
a parlare con Alice e gli altri. Mi fiondai verso la mia auto e partii
verso casa.
Maledetto Edward Cullen, la sua galanteria, il
suo profumo, la sua voce e il suo essere dannatamente irresistibile!
È ma adesso basta farmi prendere di sorpresa, sarei passata
al contrattacco. E quale arma migliore potevo usare, se non il suo
migliore amico, non che mio migliore amico?
Avrei fatto una gran bella telefonata con Seth
quella sera, proprio una gran bella chiacchierata virtuale, giusto per
scoprire qualche tallone d’Achille da punzecchiare.
Che la guerra abbia inizio!
Ecco, altro capitolo finito
^_^
spero di leggere ancora tanti commenti, mi sono utilissimi per capire
se la mia storia arriva come voglio io, se le cose si capiscono, se
devo migliorare, sistemare, ritoccare ecc qualsiasi cosa! e poi grazie
alle recensioni riesco a capire se sono riuscita a tenere il filo del
discorso! xD alla fine io avendo già l'intera storia in
testa ho sempre il terrore di incasinarmi e di non spiegarmi bene!!!
^_^ speriamo non capiti!
un bacione, Buon Natale,
e se non aggiorno prima Buon
Anno a tutti!!!!
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Capitolo 10 *** Oscar come migliore attrice: vinto! ***
Entrai
in casa nera di rabbia, scaraventando la porta d’ingresso
prima contro la parete e poi ributtandola negli stipiti. Furente mi
diressi verso le scale, ignorando Sue, uscita dalla cucina,
probabilmente spaventata dal rumore. Mio padre aveva fatto un salto
carpiato sul divano invece.
«Bells ma sei impazzita per caso?» mi
urlò Charlie mentre ero a metà scala. Non
risposi, mi limitai a riservare lo stesso trattamento violento alla
porta di camera mia.
Gettai lo zaino a terra e mi lanciai sul letto. Abbracciando il cuscino
e digrignando i denti iniziai a pensare a come far pagare ad
Edward il suo atteggiamento strafottente!
Dire al preside che era anche colpa sua? No, non mi avrebbe creduto
ormai.
Dovevo essere superiore ed ignorarlo? Oh no, non stavolta! Avevo
già tentato quell’approccio e non era servito a
farlo desistere dall’importunarmi.
Come si fa ad importunare una persona così? Edward non era
imbarazzato da niente e da nessuno, non avevo armi contro di
lui… non ancora…
Rotolai giù dal letto ed afferrai lo zaino. Trovai il mio
cellulare e digitai il numero di Seth. Lui mi avrebbe sicuramente
aiutata.
«Ciao Bella! Grazie per averci scagionato con il preside
oggi, se mia mamma avesse scopert- »
«Non serve che mi ringrazi, ho solo detto la
verità!» dissi interrompendolo
«Mi serve il tuo aiuto, mi serve sapere come farla pagare ad
Edward per come mi tratta! Non sono un fottutissimo oggetto! E non sono
la sua puttana alla quale può dire e fare quello che gli
pare, e non mi riferisco al bacio, parlo del suo comportamento
incoerente in generale! Maledizione prima aizza Jacob, poi mi difende,
poi mi bacia, poi mi ignora, poi mi punzecchia con battute allusive e
maliziose, io così non vado avanti! Devi dirmi il suo punto
debole Seth, dove posso colpire per farlo smettere?»
Un lungo silenzio seguì la valanga di parole, interrotto
solo dal mio respiro, e dal fischio di Seth.
«Ma che ti ha fatto di nuovo? Sei incazzata come una vipera,
non ti ho mai vista così agguerrita! In ogni caso, sto
salendo ora in auto, vengo da te e ne parliamo ok? »
«Non correre. E non pensare nemmeno per un secondo di
riuscire a farmi ragionare!» riattaccai e mi rotolai sul
materasso.
Seth non avrebbe parlato facilmente, Edward era un suo carissimo amico
alla fine, dovevo tirare fuori le unghie. A cosa non poteva resistere
il mio migliore amico? Alle fanciulle in difficoltà, bene,
sarei diventata una fanciulla in difficoltà, seduta stante!
Quando pochi attimi più tardi la macchina di Seth si
posizionò sul vialetto, urlai a Sue di farlo salire,
attuando così il mio diabolico piano per fargli cantare non
solo l’ira del pelide Achille, ma il tallone! Ok, stavo
divagando, e non me lo potevo permettere. Concentrazione Bella,
concentrazione!
Quando la mole immensa del mio amico entrò nella piccola
stanza, il mio piano era già avviato, e stava già
riuscendo. Mi ero letteralmente scartavetrata gli occhi guardando il
finale di Titanic, così li avevo arrossati per bene,
inscenando quindi una disperazione profonda.
«Bella che hai?» mi chiese preoccupato. Mi sentivo
in colpa? Si da morire. Avrei smesso? No, finché il punto
debole di Edward non fosse entrato nella mia sfera di conoscenza.
«Seth non ce la faccio a farmi trattare così, ti
prego… Voglio che smetta, e voglio essere in grado di farlo
smettere da sola! Ti prego…» implorai fingendo di
singhiozzare sul cuscino. Ero una pessima attrice, ma Seth era un
pessimo osservatore. Alice mi avrebbe già smascherata.
«Ok, ok, ma non piangere.. Edward è innamorato
perso da un anno ormai di Tanya, la biondona del corso di moda e
design… E vuole farla ingelosire, trattando le altre ragazze
come lei tratta lui… sono consapevole che sia meschino da
parte sua, ma cerca di capire, alla fine lui non è
cattiv-» non gli lasciai finire la frase, saltai in piedi,
mandando all’aria la mia interpretazione da Oscar, con un
sorrisone e saltellando per la stanza. Abbracciai forte Seth,
ringraziandolo di cuore per tutto.
Il poveretto era pietrificato, probabilmente ancora sconvolto dal fato
di essersi fatto fregare così.
«Brutta strega! Non azzardarti a dire o fare strane cose con
Edward, mi ammazza se scopre che ti ho detto qualcosa!» mi
gridò contro, leggermente alterato. Ma non mi importava al
momento, sapevo che mi avrebbe perdonata, voleva troppo bene alla sua
sorellina per tenerle il broncio a lungo.
Quella sera, iniziai a progettare la disfatta di Edward Cullen, che
sarebbe iniziata l’indomani!
Si, lo so, avevo detto che era
incompiuta, ma io per principio detesto chi lascia le storie a
metà.. mi sono sentita in colpa da morire, e mi sono detta:
"ok, l'ispirazione non c'è, però la trama l'avevo
già imbastita, perchè non sforzarsi almeno di
finirla, in modo da non lasciare il finale sospeso?" e così
eccomi qui... la finirò! ed in fretta anche! ^_^ ho
già preparato alcuni capitoli, che posterò ogni
giorno. Sono più brevi di quelli che partorivo prima, ma
vi assicuro che non ho tagliato niente, la storia è
esattamente quella originale. saranno certamente meno belli, e mi
dispiace, però avrete un finale, lo giuro!
scusatemi per l'attesa, per l'interruzione e per la maleducazione che
vi ho dimostrato con il mio egoismo da autrice frustrata!
spero vi faccia piacere questa mia decisione, ciao ciao!
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Capitolo 11 *** Vendette e rimorsi ***
Secondo
aggiornamento, sto aggiornando velocemente, quindi potreste esservi
persi il capitolo precedente! (meglio avvisare in vano che farvi
spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)
I corridoi della scuola erano gremiti di gente, ed io camminavo al
centro, a testa alta, sicura di me stessa e del mio piano. Non vedevo
l’ora che quel brutto gradasso zoticone mi si parasse
davanti, così da poter sfoderare finalmente la mia arma
segreta. Dietro di me trotterellava Seth, ancora imbronciato, ma meno
offeso della sera prima. Alla fine aveva convenuto con me, che Edward
aveva passato il limite, e meritava una lezioncina.
Neanche a farlo apposta, mentre Edward appariva
all’orizzonte, la fantomatica Barbie Tanya usciva dal bagno
delle ragazze. Che bella coincidenza, no?
Edward colse la palla al balzo, correndo verso di me con un sorriso
smagliante, pronto ad abbracciarmi. Fui più svelta,
scansandomi e rischiando di assistere ad un dolce abbraccio tra Seth e
lo zoticone, che però non demordeva.
«luna storta oggi Bellina?» mi disse cingendomi le
spalle.
«No, affatto, era una giornata magnifica prima che la tua
faccia entrasse nel mio campo visivo.» risposi acida,
ottenendo almeno di stupirlo. Non era proprio abituato quel cafone a
sentire la parola “NO” da una donna? Beh, gli
conveniva abituarsi!
Liberai le spalle dalla sua presa, e mi diressi al mio armadietto, dove
lui si appoggiò, impedendomi di aprirlo. Quando mi votai
irritata verso di lui, il suo volto era troppo vicino per essere un
avvicinamento casuale. Quel brutto maiale credeva veramente di potermi
cogliere ancora di sorpresa? Ignorai gli occhi e le labbra,
spintonandolo via con entrambe le mani, e senza arrossire. Dieci punti
per Bella!
Il mio gesto a quanto apre lo sconvolse, considerando
l’espressione da tonno che gli si dipinse in volto. Povero
Eddino cretino, non hai idea di cosa ti aspetta.
Avevo deciso di non usare la carta Tanya se non in caso di stretta
necessità. Ero arrabbiatissima, ma non era comunque nel mio
carattere vendicarmi così brutalmente, rivangando i
sentimenti delle persone. Ma stava a lui decidere, se non avesse
cambiato atteggiamento, nulla mi avrebbe frenato dall’usare
quella carta, che mi assicurava la vittoria.
«Hey, come siamo scontrose, non mi sembrava che la mia
vicinanza ti disturbasse tanto quella notte…» mi
sussurrò lascivo. Ricordate cosa avevo appena detto?
Perfetto, ora la carta andava usata.
Ok importunarmi, ok abbracci e vicinanze respingibili con un cenno del
braccio, ma le allusioni non le accettavo.
«Invece di ronzare intorno a me, perché non vai ad
infastidire quel fiorellino biondo laggiù? Sicuramente
è più adatta alle tue esigenze come ragazza, ha
la tua stessa fama!» risposi pacata, pietrificandolo.
Presi i libri, chiusi l’armadietto e me ne andai. Il tutto
senza che lui muovesse un solo muscolo. Il potere della conoscenza era
fenomenale. Inoltre non avevo nemmeno dovuto rivelare che era stato
Seth a rivelarmelo, visto che avevo semplicemente alluso ad una
somiglianza caratteriale. Ed infatti sia Edward che Tanya a scuola,
avevano la stessa fama. Lei era quella facile, lui quello che andava
con tutte. Erano perfetti per stare insieme no?
E allora perché mi rimanevo così male? Forse
perché alla fine io ero stata, in parte, una di quelle
“tutte”? o per altro?
No, sicuramente era solo il mio orgoglio ferito, che con la vendetta
stava riacquistando forza e vigore. Nessuno poteva trattare
così la sottoscritta, e non ottenere la minima conseguenza.
Entrai in aula, e passai serenamente tutta la giornata. Persino a mensa
Eddino non si fece vivo. Pace, santa, meritata, ambita e sudata pace!
Finalmente mia! O almeno, così credevo…
Passarono i giorni, e di Edward nemmeno l’ombra. Non
l’avevo più visto a scuola, nemmeno a mensa, e
nemmeno nel parcheggio. Era sparito dalla circolazione, ed io non avevo
la minima intenzione di chiedere informazioni a riguardo ai miei amici.
Alice e Jasper ormai erano inseparabili, non si erano ancora dichiarati
ufficialmente, ma la loro unione ormai era nota a tutti.
Non avevo mai visto il mio folletto così felice ed arzillo!
Aveva veramente trovato l’amore? Speravo proprio di si,
Jasper era un ragazzo d’oro, ed oltre che bellissimo era
anche molto dolce e romantico. In più aveva una dote
fondamentale per poter stare con Alice, la pazienza!
Quel povero ragazzo sopportava di tutto, senza lamentarsi troppo, dallo
shopping alle feste, agli addobbi, al cambio look che la mia piccola
trottola gli aveva imposto. E nonostante tutto lui continuava a
guardarla come se fosse la cosa più bella e preziosa di
tutta la terra, come se fosse la sua stella guida, come se tutto
gravitasse attorno alla felicità della sua dolce fatina.
Erano veramente fantastici insieme, perennemente in sintonia, non li
avevo mai visti litigare, forse proprio perché Jasper
viziava Alice, accontentandola in tutto? Probabile, ma in ogni caso se
a lui andava bene così, erano tutti felici.
Seth aveva smesso di tenermi il broncio, anche se talvolta mi lanciava
velenose frecciatine riguardo al tradimento, all’amicizia ed
alla meschinità che si celava dietro al mentire agli amici.
Insomma, niente allusioni alla mia interpretazione drammatica sul mio
letto, assolutamente no.
La cosa che più mi dava sui nervi, era che tra la sparizione
dello zoticone e quelle battutacce, avevo iniziato a sentirmi veramente
in colpa per aver trattato male Edward. Che sia maledetto il mio
stupidissimo carattere, ma mi sentivo male per aver toccato un tasto
tanto dolente, per aver fatto star male una persona. Ok, lui aveva
iniziato con me, ma mi aveva fatta arrabbiare, mai soffrire…
la mia unica sofferenza causata da lui, era in verità
generata dal mio cervello e dal mio orgoglio, che mi avevano imposto la
vendetta e la rabbia verso quel ragazzo. Mi ero comportata male, e ne
ero pienamente consapevole, ma cosa potevo fare adesso? Niente.
Scusarmi era fuori discussione, chiedere di lui a Seth idem. Mi avrebbe
tormentata facendomi sentire anche peggio. Ma possibile che per una
volta che mi vendicavo io di un torto subito dovevo pure sentirmi in
colpa? Maledizione!
Mi alzai dal tavolo, e sistemai il vassoio con il cibo intatto sul
bancone della mensa. Non avevo fame in quei giorni, e la cosa non era
minimamente collegata all’assenza di Edward!
O forse si?
No, non lo era.
Maledizione, sembravo una persona con problemi di
personalità multipla!
Ok, appena avrei visto Edward gli avrei parlato, gli avrei esposto i
miei argomenti e le mie ragioni, confidando che il suo piccolo neurone
inattivo capisse la mia posizione, e catalogasse come
“scuse” il mio tentativo di ridurre i miei sensi di
colpa. Ok, era un ragionamento contorto, ma poteva funzionare no?
Non vidi Edward per altri due giorni, ma poi finalmente intercettai la
sua figura nel parcheggio, alla fine delle lezioni.
«Edward!» lo chiamai, correndogli incontro. Era una
violenza per il mio ego, ma la mia coscienza non mi avrebbe dato tregua
se non avessi chiarito la situazione.
«Cosa vuoi da me? Ti ho lasciata in pace, non era questo
quello che volevi ragazzina?» mi rispose, sibilando
l’ultima parola.
Era veramente arrabbiato con me, non avrebbe ascoltato una parola di
quello che avevo da dirgli, avrei solo peggiorato la situazione. Ma
ormai ero davanti a lui, non potevo semplicemente chiedergli
“hey, ciao, come va?” mi avrebbe mandata al
diavolo.
Ma perché quegli occhi verdi non mi facevano pensare? Ogni
volta che incrociavo quei due smeraldi era impossibile per me
articolare frasi di senso compiuto!
«Volevo parlarti…» dissi, andando il
più vicino alla verità possibile, pur non
dicendola tutta. Non era mentire, era omettere, e la cosa è
ben diversa!
«Bene, hai una bocca ed una lingua. Sai parlare, e guarda che
caso! Io ho perfino due orecchie ben udenti, quindi posso addirittura
sentirti. Non vedo altri impedimenti. Parla.» da quando era
diventato così acido? Ah già, probabilmente da
quando la sottoscritta gli aveva sbattuto in faccia la
verità sul suo conto, smontando la facciata da duro che si
era creato con tanta fatica con una semplice allusione alla sua
innamorata. Ok, mi sentivo decisamente in colpa.
«Ok, ecco.. volevo… mi dispiace per come ti ho
trattato l’altro giorno. Anche se avevo tutte le ragioni,
sono passata dalla parte del torto dicendoti quelle cose.»
non erano esattamente scuse… era più una
ritrattazione delle parole dette. Ed avevo anche sottolineato la mia
posizione, ero nel giusto ad essere arrabbiata con lui per il suo
atteggiamento. E questo non poteva contestarlo.
Fu la sua reazione però, la cosa che più mi
sorprese.
ecco, questo mi è
uscito più lunghetto, come vedete gli aggiornamenti sono
rapidi, perchè ormai ho scritto tutti i capitoli, quindi non
vedo il motivo di tenerli nel pc a far niente! ciao ciao!! ^_^
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Capitolo 12 *** stupido cuore! ***
terzo
aggiornamento, sto aggiornando velocemente, quindi potreste esservi
persi i capitoli precedenti! (meglio avvisare in vano che farvi
spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)
Dopo le mie pseudo scuse, il viso di Edward abbandonò il
cipiglio di superiorità ed incazzatura, che aveva assunto
nel vedermi, lasciando spazio alla sorpresa. Non si aspettava quel mio
intervento, si aspettava altri insulti, altre invettive,
altre offese, non che io mi sentissi in colpa per le parole
dette.
Sentii le guance arrossarsi, era imbarazzante stare lì
così, in oltre ormai il parcheggio era vuoto, dovevo tornare
a casa!
«Ora devo andare, ci si vede… Ciao!»
dissi, indietreggiando e salutandolo con la mano. Era le seconda volta
di seguito che me ne andavo lasciandolo pietrificato. Non era un buon
segno!
Arrivata alla macchina aprii la portiera e mi fiondai
nell’abitacolo, l’umidità
dell’ambiente che mi circondava era fastidiosa, sembrava
entrarti nelle ossa e inumidirti persino le articolazioni. Come avesse
fatto mio padre a viverci per tanti anni, sarebbe sempre rimasto un
mistero. Ma forse non conoscendo il mondo esterno, anche una scatola
buia può apparire accogliente ed accettabile, è
quando prendi una persona abituata al sole, al mare, al caldo ed alla
brezza leggera, e la scaraventi in uno schifo di posto, dove il verde
ed il fango regnavano sovrani ed il sole compariva tre volte
l’anno a far tanto, che ottenevi un esaurimento nervoso.
Sbuffai, e partii alla volta di casa, facendo come sempre attenzione
alla strada umida, pure quella.
Il cuore era più leggero senza i sensi di colpa, ma aveva
iniziato a farmi strani scherzi. Pensavo ad Edward, ai suoi occhi, a
quella notte a casa di Alice… ed erano ricordi
piacevoli. Ricordi piacevoli, persino la sua scenetta
teatrale fuori dall’ufficio del preside era catalogata dal
mio stupido cuore come “ricordo piacevole”.
Ma sicuramente era una questione di sensi di colpa, che non erano
ancora svaniti del tutto. Non poteva esserci altra motivazione.
Le giornate passavano, sempre tetre, uggiose e banali. Amici, scuola,
casa e ancora scuola. La classica vita monotona da studentessa.
Edward era tornato a frequentare il nostro tavolo a mensa, e
l’argomento Tanya non era più stato sfiorato. Dal
canto mio, avevo ancora quei problemini al cuore, ed iniziavo ad
infastidirmi. Quello stupido musco letto vitale, iniziava a battere
all’impazzata ogni volta che per sbaglio Edward mi toccava.
Che fosse il suo gomito a mensa, o la sua mano quando ci salutavamo o
qualsiasi altra parte del suo corpo in qualsiasi situazione casuale, il
mio cuore accelerava a dismisura, perdendo ogni tanto qualche battito.
Ma la cosa che mi irritava di più, era che questo fatto mi
causava non poco imbarazzo, imbarazzo che veniva scambiato da Alice
come “dolce sintomo di innamoramento”, e quindi,
sempre secondo alice, la autorizzava a trapanarmi le orecchie con
continui consigli e suggerimenti su come dichiararmi ad Edward. A nulla
valevano le mie proteste e le mie negazioni, ormai era convinta.
E sinceramente lo ero anche io, solo non avevo la minima intenzione di
ammetterlo con me stessa. Il mio stupidissimo cuore poteva fare tutti i
salti mortali che voleva, ma a comandarmi sarebbe stato sempre e solo
il mio amato cervello.
Mi ero innamorata di Edward Cullen?
No. Era solo una stupida cotta passeggera, dovuta al fatto che fosse un
bel ragazzo, molto affascinante e carico di carisma. Ma non avrebbe mai
potuto funzionare, avevamo interessi opposti, personalità
opposte, gusti opposti, modi di fare opposti, famiglie opposte, persino
i nostri gusti alimentari e scolastici erano opposti!
E guai a chi si azzarderà a dire “gli opposti si
attraggono”, perché non è
così!
questo invece è
insulso, chiedo venia, ma non c'è stato niente da fare!
ciao a tutti quelli che ancora mi sopportano!
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Capitolo 13 *** Alice, me la pagherai! ***
hu
quarto
aggiornamento, sto aggiornando velocemente, quindi potreste esservi
persi i capitoli precedente! (meglio avvisare in vano che farvi
spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)
Il mio orgoglio e la mia cocciutaggine mi aiutavano, e non poco, ad
ignorare i sentimenti che effettivamente stavano nascendo per Edward.
Non potevo permettermi una cotta per lui, non dopo quello che era
successo. Eravamo solamente amici, semplicissimi amici!
Bastavano Alice e Jasper come coppia nella compagnia, non ne serviva
un’altra. Stavo bene così.
E poi Edward mi lasciava stare, è vero, ma non aveva certo
smesso di correre dietro a tutte le gonnelle della scuola! E al 90%
delle volte riusciva a concludere qualcosa con la ragazza che puntava.
Saranno gli occhi, sarà il sorriso, sarà il
fascino, ma nessuna, o quasi, gli diceva di no.
Certo, aveva preso i suoi bei ceffoni, molti dei quali, anzi, tutti,
meritati, ma alcune di quelle che l’avevano preso a schiaffi,
erano solo arrabbiate per non aver avuto una seconda chance con lui,
non per il fatto che le avesse usate e gettate come cartastraccia.
Certo che molte ragazze avevano l’anima profonda come una
pozzanghera e il cervello grande come un chicco di riso.
Camminavo nei corridoi affollati, urtando in continuazione contro
spalle e zaini altrui, persa nei miei pensieri, quando incontrai
l’essere che causava tutto quel trambusto nella mia testa e
nel mio cuore.
Edward avanzava verso di me, con grandi falcate sicure e decise,
colpendo con il suo sorriso tutte le fanciulle che si trovavano sulla
sua strada. More, bionde, rosse, castane, persino quelle
dalle tinte più strane gli riservavano uno sguardo
ammiccante.
Roteai gli occhi in alto, sbuffando. Mi infastidiva da morire quel suo
atteggiamento. Continuava a ricordarmi che io non ero nessuna in
particolare, ero solamente una delle tante, tantissime ragazze che
correvano dietro al più bello della scuola.
Quando mi raggiunse invertì la direzione, camminando al mio
fianco.
«Buongiorno Bellina, svegliata con la luna storta
come al solito?» mi schernì, procurandosi
un’occhiataccia.
«Se è sempre storta significa che ormai si
è stabilizzata, quindi è dritta secondo il mio
nuovo criterio di misurazione.» risposi pacata.
Santo cielo, risultavo acida persino a me stessa, e non ero nemmeno
vicina al ciclo! Cosa potevo diventare? Un mostro fatto di acidi! Di
questo passo, la trasformazione era ormai alle porte.
«Ook, ti accompagno in classe, posso?» mi chiese.
Ormai lo faceva tutti i giorni, da un mese a questa parte.
Probabilmente il far credere alle altre ragazze, di essere affezionato
ad una in particolare, scatenava un processo di invidia che gli
procurava molti più successi.
In sostanza ero semplicemente una routine che doveva svolgere per avere
più ragazze nel suo harem. La cosa mi disturbava
abbastanza, ma non potevo rifiutare quei pochi minuti che rubavo, in
sua compagnia.
«Ho parlato con alice la settimana scorsa… quella
ragazza è un uragano!» mi disse, dopo qualche
secondo di silenzio.
Quell’affermazione mi stupì, alla fine vedeva la
fatina ogni giorno a mensa, e si parlavano tranquillamente. Cosa aveva
di speciale quell’avvenimento per essermi comunicato?
«Ok… e allora?» chiesi curiosa,
mantenendo comunque un vago accenno di acidità involontario.
Stavo veramente diventando una mostruosa creatura velenosa? A quanto
pareva, si.
«Beh, ora siamo arrivati Miss veleno, ne parliamo a fine
lezione, ti può andar bene? Magari andiamo a berci un
caffè alla tavola calda qui fuori…»
esclamò Edward, quando effettivamente eravamo ormai di
fronte all’aula di storia.
«Ok, non c’è problema, a dopo
allora!» dissi entrando in aula, mentre lui si allontanava.
Fortuna volle che Alice fosse già sistemata al suo
posticino, accanto al quale c’era un fantastico banco vuoto,
che era il mio.
Mi sedetti, ignorai spudoratamente l’insegnante appena
entrato e sibilai all’orecchio della mia compagna:
«Che cosa hai detto ad Edward?».
Lei mi guardò con occhioni innocenti, prova lampante che era
più che colpevole, ed alzando le mani in segno di resa mi
assicurò di non aver detto niente di niente ad Edward.
Le credevo? No, decisamente no!
«Non mentirmi, ti conosco da anni, non me la dai a bere! Non
sono né Jasper, né tantomeno Seth, quindi dacci
un taglio con la commedia e sputa il rospo!»
Non so se fu il mio tono di voce o la mia espressione ad indurla a
parlare, fatto sta che lo fece, e la odiai profondamente per quello che
mi disse.
La signorina impicciona infatti aveva avuto la brillante idea di andare
a spifferare ad Edward che la povera Isabella era innamorata di lui, ma
si vergognava a dirglielo, perché lo vedeva andare con tante
ragazze, e non si sentiva all’altezza eccetera
eccetera.
Gli aveva riferito tutte cose vere, ma il fatto saliente della mia
incazzatura, era che quelle cose non andavano dette ad Edward!
La guardai sconvolta. Mi sentivo tradita, presa in giro ed umiliata. La
mia migliore amica di sempre, come aveva potuto farmi questo?
Non saprò mai cosa vide nei miei occhi, ma posso dire con
certezza di aver visto la paura nelle sue iridi. Mi alzai dal banco,
presi la mia cartella ed uscii.
Al diavolo la professoressa di storia, tanto avevo i voti altissimi, mi
sarei scusata in seguito.
Ora l’unico mio problema era uscire da quella stanza, e
mettere tra me e quella che credevo essere la mia migliore amica,
più metri possibile.
Mi avviai al mio armadietto, tirai fuori le chiavi ed il resto delle
mie cose e mi avviai al parcheggio.
Non me ne importava nulla delle lezioni, avrei finto un qualche
malanno, oppure un’emergenza di qualche tipo. Non mi
importava, volevo solo andare via.
Codarda? Fifona? Si, lo ero. Stavo scappando dal tradimento, stavo
scappando dall’incontro appena organizzato, stavo scappando
da una conversazione che non volevo avesse luogo, stavo scappando dalla
mia migliore amica, che aveva sbriciolato la fiducia che riponevo in
lei in pochi secodni, stavo scappando da Edward, e dallo sguardo
pietoso che mi avrebbe riservato dopo le lezioni.
Non avrei potuto sopportarlo, preferivo vivere il mio amore
nell’ombra, e sperare, confidare in un miracolo, in una
svolta, in un colpo di scena, piuttosto che avere la certezza che tra
me e quel ragazzo bellissimo dagli occhi color speranza, mai e poi mai
sarebbe accaduto qualcosa di romantico.
Arrivata alla macchina entrai nell’abitacolo, dove
l’odore di menta piperita del deodorante riempiva
l’aria.
Misi in moto ed uscii di fretta dal parcheggio, diretta a casa, al
sicuro, tra le quattro mura che ormai avevo eletto a fortezza. Mi sarei
rintanata nel letto morbido, sotto le coperte, e sarei rimasta
lì fino all’indomani. Forse anche di
più. Avrei perso la cognizione del tempo, ma non mi
importava nulla.
Il rumore della ghiaia del vialetto mi riscosse dai pensieri.
Maledizione, avevo guidato d’abitudine, senza prestare la
minima attenzione alla strada. Pessima mossa, pericolosissima e stupida
mossa.
Come da programma entrai in casa, chiusi a chiave la porta e mi coricai
in camera.
Non avevo programmato di piangere, eppure lo feci.
Prima Jacob, ora anche Alice.
Perché tutti quelli a cui tenevo mi facevano del male? Ed
io, stupida, ero sempre pronta a perdonare, a passare sopra alle cose,
a superare con maturità i problemi. Ma cosa ci guadagnavo?
Altri colpi, altre bastonate, altre delusioni.
Perché l’aveva fatto? Perché Alice
aveva detto quelle cose ad Edward? Cosa le avevo fatto per meritarmi un
trattamento simile?
Perché?
Ecco l’unica domanda che mi ronzava fastidiosamente nella
testa, e che nonostante i miei sforzi non trovava risposta, poteva solo
sfogarsi nel pianto e tramutarsi in rabbia. E quando le lacrime
finirono, avevo ancora troppi perché nella testa, troppi
quesiti non espulsi dalle lacrime, troppe domande pronte a convertirsi
in rabbia e delusione. Davvero troppe, per poter far prevalere la
ragione.
Alice, questa volta non ti perdonerò.
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Capitolo 14 *** reality ***
hu
quinto
aggiornamento rapido, sto aggiornando velocemente, quindi potreste
esservi
persi i capitoli precedente! (meglio avvisare in vano che farvi
spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)
Non ero andata a scuola, non avevo risposto a nessuna delle mille
telefonate ricevute, avevo ignorato i missaggi di Edward, Alice e
persino di Seth. Non volevo sentire nessuno. Non li avevo nemmeno
letti, solo mi ero limitata ad aprire e richiudere il cellulare, per
evitare che continuasse ad avvisarmi di quella sgradevole presenza non
letta.
La mia vita si era ridotta a tre gesti: stare sdraiata, mangiare e
farmi la doccia. Non facevo altro. Ed ero pienamente consapevole di
quanto fosse deleterio come comportamento, non facendo nulla infatti,
la mia mente rivangava gli eventi appena avvenuti, ricordandomi il
bruciore del tradimento, l’umiliazione di essermi innamorata
di un ragazzo al quale non frega un bel niente di me, il male di
essermi anche sentita in colpa! Se non avessi chiesto scusa quella
volta, forse ora non sarei qui a crogiolarmi nei miei dispiaceri.
Charlie era preoccupato, aveva mandato avanti più volte Sue
per parlarmi. Ma aveva ottenuto solo scene mute e vaghi cenni del capo.
Nessuno dei due capiva cosa mi fosse capitato, avevo solo espressamente
vietato loro di passarmi telefonate o visite. Dovevano semplicemente
dire che non c’ero, e gentilmente lo stavano facendo. Una
volta avevo sentito suonare il campanello, ed Alice che gridava con mio
padre. Voleva che la lasciasse entrare. Mi ero alzata dal letto, mi ero
avvicinata al legno lucido della porta, appoggiandovi il capo. Ma non
avevo abbassato la maniglia, nonostante la mia mano vi fosse posata.
Avevo solo atteso che Alice si arrendesse. Che se ne andasse, facendo
stridere le gomme sull’asfalto nella partenza.
Avevo ignorato i sassolini che Seth mi lanciava alla finestra, ogni
sera da una settimana.
Avrei dovuto ritornare a scuola l’indomani, non potevo
continuare a fare assenze. Charlie era permissivo, ma non fino al punto
da farmi mandare all’aria la scuola.
Avevo telefonato a scuola, chiedendo una variazione delle lezioni.
Grazie al cielo era possibile farlo, in modo da non incontrare mai
Alice ed Edward. Fortunatamente conoscevo i loro orari, ed incastrai i
miei in modo da essere irraggiungibile.
L’unica cosa che non avevo potuto evitare era stata
trigonometria, che andava a coincidere con l’orario di Seth.
Ma non sarebbe stato un grosso problema.
Avevo mandato Sue a fare scorta di panini ed affettati. Mai
più sarei entrata nella mensa scolastica. Chissà
con quante si era vantato di avermi fatta innamorare. Non avrei mai
potuto reggere quagli sguardi carichi di pietà e sdegno.
Mi facevo schifo da sola, non serviva accentuare questo malessere
sopportando anche il riso della gente.
Il campanello suonò, ma in casa non c’era nessuno,
quindi potevo limitarmi ad ignorarlo. Se fosse stato qualcuno di
importante, sarebbe ripassato oppure avrebbe lasciato un messaggio. La
lavagnetta posta accanto al campanello era fatta apposta.
Il campanello suonò nuovamente, accompagnato da forti tonfi
sul legno. Qualcuno bussava rabbiosamente. Seth forse? Oppure Alice
arrabbiata? Ma cosa aveva da arrabbiarsi? Ero io quella che doveva
essere furente con lei. Invece non lo ero.
Ero delusa, amareggiata, ferita, ma non riuscivo a provare rabbia.
I rumori cessarono, facendo tornare la casa nel silenzio totale.
Chiusi gli occhi, sdraiandomi a pancia in su sul materasso.
Come avrei affrontato la scuola? Ce l’avrei davvero fatta? E
se avessi incontrato qualcuno nei corridoi? O nel parcheggio? Forse
potevo provare a fare percorsi diversi dai soliti, per limitarne le
possibilità…
Mi sentivo una sciocca, non era giusto che fossi io a dovermi
nascondere! Io non avevo fatto nulla di sbagliato alla fine,
perché toccava a me comportarmi come una fuggiasca?
Aprii gli occhi, fissando un punto non definito del soffitto, e
d’un tratto la luce della stanza diminuì. Mi
voltai verso il lampadario, ma non l’avevo mai acceso, era
pomeriggio inoltrato, era la luce diurna ad inondare la stanza. Mi
voltai verso la finestra, e per poco non gridai. Una figura nera mi
guardava, tenendo le mani a coppa vicino al vetro per vedere meglio.
Era Seth, solo lui poteva occupare l’intera visuale.
Corsi ad aprire, ok che volevo ignorare tutti, ma farli morire fuori
dalla mia finestra era un comportamento esagerato, e se fosse scivolato?
Quel pazzo entrò, permettendomi di vedere la scala a pioli
che si era portato, per potersi arrampicare.
«Allora, mi spieghi cosa cavolo ti passa per la testa? Dove
hai il cellulare? Cosa fai a casa da una settimana? Sei forse
impazzita?» mi gridò contro il mio amico, andando
avanti ed indietro nella mia stanza, come una fiera in gabbia. Quando
vide il telefonino sul comodino lo afferrò senza tanti
complimenti ed iniziò a scorrere i messaggi non letti.
«Non ti sei nemmeno disturbata di leggerli?? Alice era
preoccupatissima, non sapev-»
«Non me ne frega niente di Alice!» ringhiai
rabbiosa.
Come osava quella preoccuparsi per me? Dopo quello che aveva fatto?
Come osava?
Seth indietreggiò, stupito dalla mia reazione, ma non meno
determinato di prima.
«Ora ragazzina siediti e ascoltami bene! Non so cosa sia
passato per la tua testa bacata in questi giorni, ma sicuramente non
è la verità! Ti sei fatta un film mentale idiota,
prima ancora che potessimo spiegarti come stavano veramente le cose!
Quindi ora SIEDITI, ed ascoltami!»
esclamò furente, spintonandomi verso il letto e facendomi
sedere a forza. Ero pietrificata, mai avevo visto tanta rabbia sul suo
viso. Ma perché ce l’aveva con me? Era lui che non
sapeva le cose! Era lui che ignorava i fatti! Feci per dirglielo,
aprendo la bocca, ma il suo sguardo mi bloccò le parole in
gola.
«Zitta! Sei stata zitta per una settimana, puoi startene in
silenzio ancora per un po’! ora mi ascolti! Alice non ha
spifferato tutto ad Edward per sport! E se tu fossi stata seduta su
quella cazzo di sedia per cinque secondi di più, le avresti
dato il tempo di spiegare! Edward le aveva chiesto come poteva fare per
conquistarti, perché non glie ne frega niente di tutte le
ragazzine che gli corrono dietro, lui vuole te! Per questo voleva
parlarti nel parcheggio! Sei l'unica che gli ha tenuto testa,
l’unica che l’ha preso a ceffoni senza poi
pentirsene, l’unica che non è tornata da lui
strisciando ed implorando di essere amata, l’unica che non
gli corre dietro come un fedele cagnolino! Lui vuole una ragazza al suo
fianco, non una pecora che lo segue!! Quando gli hai sbattuto in faccia
la verità su Tanya, non so come, tu l’hai fatto
ragionare, gli hai fatto capire che lui si comportava esattamente come
lei, e che stava facendo soffrire al tre persone! Gli hai fatto capire
con una sola frase quanto la sua vita fosse stata vuota fino a quel
momento! Perché credi che facesse il tuo stesso corridoio,
tutte le mattine, anche se aveva lezione dall’altro lato
della scuola? Solo per vederti! Ma tu non notavi niente, eri chiusa nel
tuo guscio rinnegando la verità, auto-convincendoti che di
lui non te ne fregava niente, e convincendo anche lui alla fine, che
ormai ti aveva persa, che con quel bacio rubato ti aveva allontanata
per sempre, che con il suo comportamento da cafone ormai non aveva
più speranze! E con questa tua stupida bravata da depressa
della malora, hai solo fatto star male Alice, che si è
sentita una stronza per non averti spiegato subito come stavano le
cose, hai fatto stare in pensiero me da morire, per non parlare
dell’inferno che avranno passato Charlie e Sue a vederti
così!!! Non voglio nemmeno stare a sottolineare come si
è sentito Edward! Maledizione piuttosto che parlargli sei
sparita dal mondo, come pensi che si senta??? Devi lasciare parlare le
persone! Non puoi carpire la tua verità da poche parole,
devi far finire i discorsi!!!! Ed ora mia cara, piantala di frignare,
non me ne frega niente di vedere le tue lacrime ora, sono troppo
incazzato! Scendi ed apri la porta che Alice è sul portico
ad aspettarti! Quando mi calmerò ti chiederò
scusa per questo tono brusco, ma fino ad allora muovi il culo e sistema
quello che hai combinato con la tua cocciutaggine e il tuo essere
precipitosa nei giudizi. Muoviti!» mi gridò, mi
ringhiò, mi sbraitò contro.
Le lacrime scendevano silenziose dai miei occhi. Ero stata una cretina,
un’idiota di prima categoria!
Avevo odiato la mia migliore amica, incolpandola di un crimine
orribile, che nona aveva fatto! Avevo fatto soffrire le persone a cui
tenevo di più, avevo persino mandato all’aria una
possibile storia d’amore con Edward probabilmente, ed ora
anche il mio migliore amico era furente con me.
Ascoltai quello che mi aveva detto, mi alzai tremante dal divano, aprii
la porta della camera e scesi verso l’ingresso. Avrei
affrontato Alice, ma come? Implorare il suo perdono in lacrime sarebbe
bastato? Pregai che fosse sufficiente, perché oltre alle mie
lacrime non avevo nulla da offrirle.
eccomi qui! grazie a tutti!!
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Capitolo 15 *** The End ***
hu
sesto
ed ultimo aggiornamento rapido, sto aggiornando velocemente, quindi
potreste esservi
persi i capitoli precedente! (meglio avvisare in vano che farvi
spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)
Uscii sul portico, con lo sguardo appannato dalle lacrime, cercando la
minuta Alice. La vidi, seduta sul piccolo dondolo di legno,
rannicchiata in un angolo, con gli occhi arrossati dal pianto. Non
servirono parole, non servirono sproloqui di scuse e nemmeno grandi
gesti. Bastò uno sguardo ed un singhiozzo simultaneo, e fu
tutto chiaro, tutto espresso.
Le scuse, il dispiacere, i dolore, il tradimento, la fiducia mancata,
la fiducia ridata, la rabbia, lo sconforto, l’amicizia, il
perdono. Tutto in pochi secondi, tutto senza parlare, tutto senza dirsi
nulla, solo guardandosi da lontano. Quando la mia migliore amica si
alzò non potei trattenere le mie gambe dal correrle
incontro, ed alle mie braccia di cingerla forte, come a suggellare con
un abbraccio quel perdono che entrambe desideravamo.
A volte un’incomprensione può far finire il
rapporto più bello del mondo, se non viene chiarita in tempo
e se le due parti in causa non sono pienamente interessate a risolvere
la faccenda. Fortunatamente entrambe avevamo avuto dalla nostra parte
Seth, che mi aveva aperto gli occhi e la mente, ad orizzonti che per
testardaggine ed ottusità non avevo nemmeno considerato
possibili. Ma quante volte la realtà ci sorprende con i
fatti più strani?
Nulla è impossibile, ed ora l’avevo finalmente
capito.
Mi sentivo una sciocca ad aver dubitato di Alice, ma i fatti mi avevano
raccontato una storia diversa, una storia falsa e meschina, una storia
che mi aveva fatto gettare fango sull’amicizia secolare che
mi legava a quello scricciolo che piangeva tra le mie braccia.
«M-mi dispiace tanto Bella, non volevo farti intendere
ch-»
«Non ti azzardare a dire altro! Sono stata stupida io a non
lasciarti finire, mi dispiace tantissimo Alice!»
Piangevamo insieme, ci scusavamo insieme, eravamo cresciute insieme, e
saremmo anche invecchiate insieme, perché la nostra amicizia
sarebbe continuata in eterno.
Quando i singhiozzi si furono calmati, e le lacrime cessarono di
solcare i nostri visi, sciogliemmo l’abbraccio e tutto era
passato.
Era stato uno sfogo che ci aveva portate indietro nel tempo, in
quell’aula maledetta. E ci aveva fatto modificare la storia.
Non avevamo mai litigato, non avevamo mai discusso, non
l’avevo mai ignorata per giorni e giorni credendola una
traditrice, per la nostra amicizia questo, non era mai accaduto.
«C’è anche un’altra persona
con la quale devi chiarire le cose Bella.» disse la voce di
Seth alle mie spalle.
Girandomi notai che era appoggiato allo stipite della porta
d’ingresso, e sorrideva. Con un cenno del capo
indicò il vialetto, dove appoggiato al cofano della sua
auto, Edward mi aspettava.
Essendo stata io a mettermi in quel casino, era il minimo che facessi i
primi passi, che mi avvicinassi alla conclusione, all’epilogo
di questa faccenda, di questo enorme equivoco. Le parole si Seth mi
rimbombavano nella testa, rimbalzando le une sulle altre, formando un
groviglio insensato di vocaboli.
Quando fui a meno di un passo da Edward, lui si alzò, e
senza che io dicessi nulla mi accolse tra le sue braccia.
La sua pelle profumava di miele, dolce miele, denso e corposo. Mi beai
in quell’aroma, dimenticando per un secondo tutta la tensione
e tutte le sciocchezze che avevo combinato. Ero stata veramente
avventata, e ne avevo pagato tutte le conseguenze. Ma il silenzio era
una strada che non meritavo, non meritavo di potermi scusare solo con
la mia patetica presenza scenica.
«Perdonami. Per tutto.» riuscii a dire, con il viso
imprigionato accanto al suo petto. Sentii il suo petto scuotersi per
una risata, e poi le sue mani si posarono sul mio viso, scostandolo dal
suo corpo caldo.
«Che sciocca che sei, ti avevo già perdonata
ancora prima che uscissi da quella porta! È stata anche
colpa mia in parte. Lo ammetto apertamente, mi sono comportato da
cafone con te all’inizio, e dopo anche, continuando a
lasciare intendere le mie grandi avventure sessuali con tutte le
ragazze della scuola. Ma non era vero, da quando sei venuta da me
quella volta, al parcheggio, non c’è stata
nessun’altra ragazza. Nei miei pensieri c’eri
già tu da parecchio tempo, ma non volevo ammetterlo a me
stesso, chi eri tu per fermarmi? Per farmi sentire in colpa per come
trattavo le ragazze e per come trattavo me stesso? Eppure i tuoi occhi
color cioccolato mi hanno rapito, mi hanno aperto la strada. Sono stato
un cretino con te,e non mi scuserò mai abbastanza
per come ti ho trattata. Ti chiedo solo… di rispondere ad
una semplice domanda… vuoi stare con me? » la voce
era dolce, melensa, un melodico sussurro. Meritavo veramente quelle
parole? Meritavo il lusso di poter rispondere a quella domanda?
Meritavo di poter avere un ragazzo come lui al mio fianco?
No, non meritavo niente di quello che avevo!
Non meritavo un amico come Seth, pronto ad abbracciarmi nel momento del
bisogno, e a scuotermi quando mi serviva un calcio nel sedere.
Non meritavo un’amica come Alice, pronta ad intervenire per
sbloccare i miei sentimenti, pronta a mettersi in gioco in prima
persona per il mio bene, pronta perdonarmi quando facevo una
stronzata come quella che avevo appena fatto.
Non meritavo di poter avere al mio fianco Edward, che era semplicemente
perfetto.
Non lo meritavo, eppure avevo questa opportunità, e la colsi.
«Si…» dissi semplicemente, accompagnando
con un sorriso quella sillaba tanto semplice da dire, ma che mai ci
soffermiamo a pensare quanto sia importante. “si”
è la parola più semplice del mondo, ma anche la
più pericolosa e con più conseguenze possibili.
Eppure è l’unica che riuscivo a dire in quel
momento. Sì.
Il mio sorriso si rifletté sul viso di Edward, disegnando un
suo simile tra quei lineamenti perfetti.
Non vidi le sue labbra avvicinarsi, le sentii solamente una volta unite
alle mie.
Morbide e dolci, sembrava di baciare dolci ciliege, non labbra.
E lì, stretta nell’abbraccio del ragazzo che
amavo, con le sue labbra sulle mie, ed i miei migliori amici che
imbarazzati tentavano di non fare i guardoni, io ero finalmente felice.
La mia vita non era una favola, e nemmeno un film. Non sempre la vita
ti concede seconde possibilità, non sempre, anzi quasi mai,
c’è l’eroe di turno a salvarti, non
sempre puoi rimediare agli errori fatti. Ma quella volta, nella mia
vita, riuscii a rimediare, riuscii ad avere una seconda chance, riuscii
ad avere i miei tre eroi.
Quel giorno, nell’umida, verde e tetra città di
Forks, di fronte alla casa dello sceriffo, avevo trovato il mio sole,
in una città perennemente rannuvolata.
Amicizia e amore, avevo tutto, e nessuno mi avrebbe più
divisa da loro. Nessuno mi avrebbe portata via dalla mia folletta, dal
mio fratellone e dal mio ladro
di baci.
THE END
e finalmente ecco la tanto sudata
fine. è già, ho ritrovato una scintilla
di ispirazione e sono riuscita a fomentarla!
ringrazio tutti i lettori, i recensori, tutti quanti!
grazie a chi mi ha incoraggiato fino alla fine, grazie anche a chi mi
ha odiato per la mia scostanza ma ha continuato comunque a seguire
questa storia! grazie a tutti!!
ciao ciaoo
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