Il ladro di baci

di LaCla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Welcome to the jungle ***
Capitolo 3: *** Follia ***
Capitolo 4: *** You'll never stop me ***
Capitolo 5: *** Scuse ***
Capitolo 6: *** Beautiful Dangerous ***
Capitolo 7: *** Vampire Kiss ***
Capitolo 8: *** Violence... ***
Capitolo 9: *** Attack! ***
Capitolo 10: *** Oscar come migliore attrice: vinto! ***
Capitolo 11: *** Vendette e rimorsi ***
Capitolo 12: *** stupido cuore! ***
Capitolo 13: *** Alice, me la pagherai! ***
Capitolo 14: *** reality ***
Capitolo 15: *** The End ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ecco il prologo, spero di postare presto il primo capitolo, sperando che la storia vi interessi e vi incuriosisca :)

Mi ha lasciata, come se non valessi nulla, come se per lui fossi solo una sciocca pagina della sua vita, una pagina superflua, inutile, non indispensabile. Non mi ama più, me l’ha detto chiaramente, anzi, me l’ha scritto. Non me ne ha mai parlato, mi ha solo scritto, non una lettera, non una mail, nemmeno un messaggio, no.. me l’ha scritto sulla chat di un social network, il giorno prima che iniziasse la scuola.

“I miei sentimenti per te sono cambiati, non ti amo più!”

Mi sono fatta vedere forte però, l’ho mandato al diavolo, ho chiuso la conversazione, ho spento il computer, la luce, il mondo!

Mi sono rintanata sotto le coperte, torturandomi le labbra con i denti, tentando di ricacciare indietro le lacrime che il mio cervello diceva di non versare per lui, perché non ne valeva la pena, non valeva la pena piangere per una persona così orribile!

Dopo più di un anno di storia insieme, mi ha abbandonata così, come un torsolo di mela, ormai non più in grado di sfamarlo. Ed è proprio così che mi sento, un torsolo di mela, che nessuno vorrà più. Chi la vuole una mela già finita? Già divorata, consumata da qualcun altro? Nessuno.

Dopo un anno in cui gli ho donato la mia vita, il mio tempo, persino i miei amici, tutto! Ho condiviso tutto con lui, e lui mi ha lasciata senza pensarci due volte. Perché Jake? Cosa ti ho fatto di così crudele io? Quando ti sei trasferito nella mia classe al liceo di Forks ti ho accolto, ti ho fatto da cicerone, ti ho fatto conoscere io tutti, ti ho tirato fuori dal tuo guscio di diffidenza e sospetto, ho fatto conoscere a tutti il tuo lato simpatico e socievole, ma mi rendo conto solo ora che tu in realtà piaci soltanto quando fai il pagliaccio!

È passato un mese da quando piangevo stretta al piumone, un mese da quando bagnavo i cuscini con le mie lacrime, un mese da quando Alice chiamava mio padre per sapere come stavo. Un mese, e poco è cambiato. Ti ignoro ogni giorno a scuola, per me tu non esisti più. Hai tentato di portarmi via gli amici raccontando che ero stata io a voler mettere la parola fine alla nostra storia, raccontando fandonie, ma non ti hanno creduto, sono tornati da me!

Stanno con me i miei amici ora, e ti disprezzano! Alice ti odia, per lei sei solo quello che mi ha fatta soffrire, sei quello che ha tentato di portarla via da me, sei quello che ha tentato di portarle via la sua migliore amica!

Dopo un mese che io ed e lei siamo andate avanti, tu sei solo, isolato da tutti, solo come meriti di stare! Mi hai cercata ancora, mi hai implorato di riprenderti, di accettarti come amico, perché era un peccato mandare tutto all’aria. Ma non sono più la tua Bells, sono Bella adesso, e tu non fai più parte della mia vita!

Io ed Alice siamo state perse senza di te, eravamo una cosa sola noi tre prima, prima che tutto cambiasse nel peggiore dei modi. Ora però sento che c’è aria nuova nei paraggi, c’è qualcosa di nuovo per noi in agguato, qualcosa di bello, di fresco, di solare; qualcosa che ci riporterà il sorriso e la spensieratezza di un tempo!

È a causa di questa sensazione che sono 40 minuti che fisso l’armadio senza sapere cosa mettere, succederà qualcosa stasera, il fatto che io non abbia la più pallida idea di cosa stia per accadere è un altro discorso, ed è solo un dettaglio. Sono troppo entusiasta perché qualcosa vada storto stasera! Sesto senso? Possibile!

 

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Capitolo 2
*** Welcome to the jungle ***


Eccovi il primo capitolo, spero sia di vostro gradimento! sono veramente felice che il prologo abbia interessato così tanti lettori! veramente, sono davvero contentissima! :)
Questo capitolo ha come colonna sonora, come canzone portante diciamo, una canzone che io adoro, e che ha anche dato il titolo al primo capitolo!
ora smetto di ciarlare e vi lascio alla lettura!

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Capitolo 1. Welcome to the jungle - Guns n' roses

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Fisso l’armadio intensamente, quasi sperando che appaia magicamente dal groviglio di vestiti, quello che voglio! Che illusa che sono! Con il mio disordine non mi stupirei se un giorno il mio guardaroba mi fagocitasse! In un angolo però, spunta un triangolino di tessuto grigio scuro, lo afferro e lo estraggo dal mucchio colorato di maglie, pantaloni, maglioncini e camice, ed ecco il mio vestito per stasera! È sempre stato il mio preferito, spallini stretti, una scollatura bella ma non volgare, un busto leggermente elaborato ed una gonna morbida, non troppo corta, perfetto per la serata se abbinato a delle scarpe nere di vernice, con un fiocco sulla punta, regalatemi da Alice l’anno scorso. Questo vestito piaceva molto a Jacob, spero quasi di incontrarlo per fargli vedere che non sono più sua!
Ogni tanto lo penso ancora, sono ancora arrabbiata con lui per come mi ha trattata, e nonostante abbia imprigionato in uno scatolone tutto quello che gli apparteneva, non posso fare a meno di pensarlo a volte, dopotutto ero innamorata davvero di lui.
Infilo rapida il vestito e le scarpe, so che mi faranno soffrire da matti, ma non posso certo presentarmi in infradito al compleanno di Kate! Kate è la sorella minore di Alice, ed oggi compie 17 anni! La prima parte di serata la passerò con loro in pizzeria, poi verso le undici mi verrà a prendere Seth, un mio compagno di classe, per portarmi non so dove a sentire un gruppo che suona non so cosa! Perché ho accettato? Perché sentivo che dovevo accettare, ho sentito una stretta allo stomaco quando stavo per rifiutare, ed ho capito che dovevo dire di si!
Seth non ha secondi fini, per lui sono una cara amica, e lo stesso vale per me, anche per questo sono serena al pensiero di uscire con lui! E poi i suoi gusti musicali sono sempre stati ottimi, non dovrebbe portarmi a sentire cose strane in teoria! O almeno così spero…
Finisco di prepararmi con un velo di trucco e sparando in aria i miei capelli corti, già, corti.. altra pazzia dovuta alla delusione d’amore. Dicono che quando una donna cambia uomo, o comunque volta pagina, debba cambiare taglio di capelli, io ieri sono andata dalla parrucchiera dicendo soltanto “tagliali e vorrei dei riflessi viola!”
Penso che se a mio padre non è venuto un infarto quando sono tornata a casa, è vaccinato per 40anni! Il viola non si vede quasi per niente, solo sotto la luce il castano scuro lascia intravedere qualche sfumatura, il taglio è molto più corto di quanto mi aspettassi, ma mi piace molto, sembro più grande con i capelli così.
Guardo l’orologio e sobbalzo, sono in ritardo, maledettamente in ritardo! Infilo di corsa la giacchetta nera ed esco di casa urlando un saluto a mio papà, che salta sul divano spaventato dal rombo dei miei tacchi in corsa e dal mio urlo. Pover’uomo, da quando vivo con lui le sue coronarie hanno subito gravi danni, ne sono certa!
Non sono propriamente una ragazza tranquilla, mi piace il casino, il rumore, la frenesia! Quando sono sola in casa lo stereo è sempre al massimo, facendo tremare la casa al ritmo di batteria, chitarra e basso! Adoro la musica rock, la adoro davvero, è l’unica che riesce a darmi la carica giusta ad ogni ora della giornata!
Volando giù dai gradini senza alzare gli occhi, per evitare di uccidermi, vado a sbattere contro Alice che, come me, non guardava dove andava, concentrata sui suoi piedi, che calzavano vertiginosi tacchi. Lei però aveva optato per un paio di pantaloni scuri ed una camicetta bianca, elegante ma con stile, come solo Alice sa essere!
L’impatto ci ha fatte barcollare parecchio, ma una volta ritrovato l’equilibrio è impossibile non ridere della situazione. Ci avviamo verso l’auto, dove Eleazar, il fratello maggiore di Alice, ci aspetta al volante.
«Buona sera signorine, sempre in ritardo e maldestre vero?» ci saluta sorridendo, rido di rimando e gli faccio una linguaccia. Mi conosce da quando ho 7 anni, ormai è anche mio fratello praticamente! Partiamo e durante il viaggio mimo diversi tentativi di suicidio con Alice, visto che i gusti musicali di suo fratello sono discutibili!
Quando arriviamo alla pizzeria scendiamo dall’auto alla velocità della luce, tentando di allontanarci da quella sottospecie di nenia alla quale ci ha costrette quel pazzo! Come diavolo si fa ad ascoltare roba simile? Come l’ha chiamata? Musica francese? Qualcosa in francese si… qualcosa di terribilmente francese e terribilmente mieloso e oscenamente rivoltante! Scende anche Eleazar dall’auto, leggermente offeso dal nostro comportamento, dicendoci che i nostri timpani sono seriamente danneggiati se non apprezziamo quella musica.
«I miei timpani hanno tentato il suicidio quarantacinque volte da quando hai acceso la radio, erano sanissimi prima che tu li maltrattassi con quella cosa che tu ti ostini a chiamare musica! Quando ti deciderai ad ascoltare cose umane?» ribatte prontamente Alice, quella ragazza ha sempre la risposta pronta, non c’è che dire!
Entrando in pizzeria troviamo Kate e tutti gli altri invitati, ne conoscerò al massimo due o tre, ma non mi preoccupo di presentarmi con tutti, non sono propriamente persone interessanti. C’è Mike Newton, il fidanzato di Kate, e questo dovrebbe bastare per capire il basso livello intellettuale che aleggiava nel nostro tavolo. Mi siedo rapida accanto ad Alice ed Eleazar, così da poter intrattenere una conversazione umana senza dover per forza parlare con Jessica e Lauren, sedute dall’altra parte del tavolo.
Una volta ordinato, dopo i commenti miei e di Alice sul cameriere, veramente molto carino, che ci serviva, Jessica salta in piedi tutta esaltata, tra le mani una birra piccola della quale avrà bevuto solo un sorso, forse. Nonostante il contenuto alcolico pari a zero che le circola in corpo, finge di essere ubriaca persa per attirare le attenzioni, sanno tutti che è innamorata di Mike da una vita! Non capisco perché Kate l’abbia invitata sinceramente!
Quando inizia il suo discorso, ci sta fissando tutta la pizzeria. Che vergogna! È imbarazzante stare allo stesso tavolo, mi verrebbe voglia di alzarmi ed urlare “io non la conosco quella!” ma sono troppo timida per farlo, e poi purtroppo la conosco.
«Ciao ragazzi! Sono Jessica! Vi ho portato queste!» comincia, estraendo dalla borsa delle coroncine con sopra delle fatine, non possono essere i diademi delle Winx penso, ma aimè, sopravvalutavo il QI di Jessica!
«I ragazzi le devono indossare! Per festeggiare Kate! Sarà bellissimo vedervi con le coroncine! » e ridendo si siede. È patetica, patetica davvero!
Però devo ringraziarla, vedere Eleazar con la coroncina di Stella è un’esperienza unica! Mi si chiude lo stomaco tanto rido, e non riesco nemmeno a finire la pizza. Lui è alquanto contrariato dalla Stanley, la sopporta quanto me ed Alice, ma non si oppone più di tanto alla coroncina, sapendo che se l’avesse rifiutata, l’attenzione dell’intero locale sarebbe stata su di lui, visto che Jessica avrebbe fatto una tragedia greca sul suo rifiuto!
La serata è piacevole, e non mi accorgo che il tempo passa in fretta con loro. Quando una mano calda mi afferra la mano con cui stavo gesticolando animatamente mi prende quasi un colpo, temevo di aver urtato un cameriere!
Invece il sorriso luminoso di Seth mi riporta alla realtà, guardo l’orologio stupita e mi accorgo che sono in ritardo di quindici minuti sulla tabella di marcia! Lascio i soldi ad Alice per pagare, saluto tutta la tavolata allontanandomi con Seth che mi tiene a braccetto per evitare che i tacchi mi uccidano.
Salgo in auto in trepidante attesa, sto per incontrare qualcuno che mi cambierà la vita, o comunque ci siamo quasi! Sento che nel locale dove mi sta portando c’è qualcuno che devo conoscere, è scritto che io conosca quel qualcuno!
Venti minuti dopo, le mie orecchie martoriate dalla musica di Eleazar si sono ormai rilassate con lo stereo di Seth, che manda solo gruppi selezionati minuziosamente da lui! Seth suona la chitarra in un gruppo, quindi molte volte per imparare bene una canzone la riascolta centinaia di volte, e in questi venti minuti ho ascoltato ben quattro volte la fantastica Welcome to the jungle, dei Guns ‘n’ roses. Magnifica canzone! E magnifico anche il cantante direi!
Sta per partire per la quinta volta quando Seth parcheggia e spegne l’auto, siamo arrivati!
Il locale sembra più che altro un grosso magazzino adibito a pub, le auto sono ovunque, segno che è molto rinomato, e anche il portico esterno è gremito di gente.
«Non preoccuparti Bella, un mio amico ci sta tenendo il tavolo!»  mi tranquillizza Seth notando i miei occhi sgranati davanti a quella folla. Quando entro resto stupita dall’interno del locale. Tavoli e panche di legno, un bancone di pietra scura, luci molto soffuse, musica di sottofondo non troppo alta, barman indaffarati con calici di birra enormi e mini-cocktail colorati, il tutto nel caos più totale. Le pareti sono rivestite di cartelloni pubblicitari di gruppi, cantanti, musicisti di ogni genere, ed anche il soffitto è un collage di striscioni, cartelli e fotografie. Non è chic, ne tantomeno alla moda, ma è bello!
Non saprei mai descrivere esattamente la sensazione, ma quell’ambiente così spartano mi faceva sentire a casa, a mio agio. Il rock era il re di quel luogo, il sovrano indiscusso, lo si notava da chi frequentava il locale, dalla musica che gli altoparlanti diffondevano senza sosta, persino la birra urlava “Rock n Roll!”. Sono pazza? Probabile!
Mi lascio guidare da Seth in quel trambusto, fino ad un micro tavolino dove un ragazzo biondo sta sorseggiando una bevanda scura. È proprio verso di lui che ci dirigiamo io e Seth, o meglio, è verso di lui che Seth mi trascina! Io infatti sono ipnotizzata dall’atmosfera del luogo, e non faccio altro che guardarmi intorno col naso all’aria strisciando i piedi per non inciampare.
Quando arriviamo al tavolo il ragazzo alza gli occhi dal bicchiere e mi abbaglia con un sorriso mozzafiato. Biondo, snello, con i capelli leggermente ricci che gli cadono sulle spalle. La cosa che mi colpisce di più però sono i suoi occhi, azzurri come il cielo dopo un temporale, senza polvere o smog, solo l’azzurro limpido e pulito dell’aria.
«Oh Seth, finalmente! Temevo non arrivassi in tempo per l’inizio del concerto!» dice, salutando Seth con il gesto che lui usa con me quando dico qualcosa di divertente a discapito di qualche altro amico, è un battere il cinque seguito da un battere il pugno, non so se mi spiego! È strano, simpatico e divertente, perché i ragazzi puntano a farsi del male con il pugno durante il saluto, mentre quando Seth lo fa con me mi sfiora appena, terrorizzato dall’idea di potermi fare male.
Il ragazzo si volta verso di me, e mi sorride nuovamente, porgendomi la mano.
«Perdona la maleducazione, io sono Jasper Hale! Tu sei..?»
«Bella, Bella Swan!» mi affretto a rispondere stringendo la mano di Jasper.

«Enchanté!»  risponde lui, io non riesco a trattenere una smorfia di disgusto sentendo ancora parole in quella lingua che aveva tormentato il mio viaggio verso la pizzeria!
La mia espressine non sfugge ai due ragazzi, che mi guardano perplessi! Jasper ritira la mano, quasi offeso, e mi sento in dovere di sorridere e spiegare la situazione, sicura che capiranno immediatamente la mia smorfia.
«Scusa, non fraintendere! Ma da casa mia fino alla pizzeria, il fratello di una mia amica non ha fatto altro che farmi ascoltare “musica” francese, e non sono riuscita a trattenere il disgusto quando hai usato la stessa lingua! Mi ci sono voluti venti minuti buoni di Guns ‘n’ roses per depurarmi le orecchie, ti prego capiscimi!» gli dico sorridendo, dopo aver mimato con le mani le virgolette attorno alla parola “musica”. Ottengo il risultato di farlo ridere a crepapelle con Seth,  e anche la sua stima a quanto pare!
«Poverina, siediti dai, che tra un attimo le tue orecchie non ricorderanno più nemmeno un suono di quella robaccia!» dice Jasper scostando una sedia. Mi piace questo ragazzo, è molto simpatico, affabile, carino, e sembra molto dolce. È lui che dovevo incontrare? L’agitazione che avevo è sparita quando ho incrociato i suoi occhi, è lui che mi porterà sulla mia nuova strada?  Non lo so, ultimamente seguo solo l’istinto, il mio cervello elabora solo ipotesi insensate sul mio futuro a seconda di cosa mi capita.
Sento un leggero aumento di trambusto alle mie spalle, e contorcendomi sulla sedia riesco ad intravedere un palco, che prima non avevo notato, sul quale un uomo enorme con indosso una maglietta nera con scritto a caratteri cubitali “STAFF” sta collegando fili e altri aggeggi strani, che non conosco. Amo la musica, ma oltre al flauto dolce non ho mai suonato, ed anche con quel maledetto aggeggio avevo le mie difficoltà! Non conosco l’attrezzatura, ma a quanto apre Jasper e Seth si, iniziano infatti a parlare a raffica si amplificatori, di voltaggi, di spinotti, di corde, di roba che non riesco nemmeno a pronunciare. Si interrompono solo quando notano la mia espressione totalmente persa ed inebetita. Jasper sorride e portando nervosamente una mano dietro la testa si scusa per la loro foga da musicisti. Così anche Jasper suona èh? Intressante…
«Suoni anche tu?» gli chiedo curiosa, mentre sorseggio la mia Coca Cola. Nessuno di noi sta bevendo alcolici, per solidarietà verso Seth che per stasera è il guidatore. Non mi costa tanta fatica, ormai è un mese che ho la patente, quindi anche io non bevo mai, e nemmeno prima ero il tipo di ragazza che esce e si scola mezza bottiglia di superalcolico, già una birra media durante il pasto per me è troppo, la lascio sempre indietro.  Nemmeno Jasper è un’amante dell’alcol, secondo il suo parere, che coincide con il mio, per divertirsi non serve essere ubriachi, come non essere d’accordo?
«Si e no, me la cavo con la chitarra, ma io non sono propriamente un musicista, diciamo che io sono la voce del gruppo!» mi risponde lui; è un cantante? Fantastico!

«Davvero? Dai, fammi sentire qualcosa! »  imploro, unendo le mani in segno di preghiera e facendo gli occhioni da Bambi! Lui ride, si mette ad ascoltare la canzone che sta passando in quel momento e non appena inizia la nuova strofa sovrappone la sua voce a quella del cantante, ipnotizzandomi!
Ha una voce fantastica! Un timbro particolarissimo, graffiante ma allo stesso tempo dolce, e poi la canzone, sicuramente lo aiuta ai miei occhi, essendo una delle mie preferite!

 ...

And maybe, I'll find out
A way to make it back someday
To watch you, to guide you, through the darkest of your days
If a great wave shall fall and fall upon us all
Then I hope there's someone out there
Who can bring me back to you

..... 

If I could, then I would,
I'll go wherever you will go
Way up high or down low, I'll go wherever you will go
 

Run away with my heart
Run away with my hope
Run away with my love
...
I know now, just quite how,
My life and love may still go on
In your heart, in your mind, I'll stay with you for all of time
... 

If I could, then I would,
I'll go wherever you will go
Way up high or down low, I'll go wherever you will go!

.. 

Quando le note della canzone si perdono, e la sua voce si spegne, sbatto le palpebre più volte, per tentare di riprendermi dall’ipnosi! Già, perché la voce di Jasper è ipnotica, talmente bella e melodiosa che risulta impossibile non restarne ammaliati.
«Wow» riesco a dire, «Hai una voce spettacolare! », non riesco a trattenere lo stupore che impregna le mie parole e sicuramente anche la mia espressione la dice lunga!
Jasper riporta la mano dietro la nuca, un gesto che a quanto pare fa quando è nervoso o imbarazzato. Stavolta punto sull’imbarazzato visto che nonostante la poca luce riesco a scorgere un leggero rossore sulle sue guance.
«Beh, grazie Bella!» mi dice, schiarendosi poi la voce.
Seth gli batte una mano sulla spalla, e ridendo fa un cenno verso il palco, dicendomi:
«Bella, ora però non metterti ad urlare e non tentare di saltare addosso a quel cantante, non sono gli originali ma fidati, sono davvero bravi!».
Mi giro curiosa, e non riesco a non sgranare gli occhi quando sul palco vedo un chitarrista con un cappello a cilindro nero in testa, lunghi riccioli scuri che cadono sulle sue spalle come una cascata, di fianco a lui un ragazzo dai capelli biondi, lunghi e lisci, con una bandana colorata con il motivo della bandiera americana ed un paio di pantaloni di pelle neri. Ci metto qualche secondo a capire bene dove sono, chi sono io, e chi sono loro, e quando connetto mi volto strabiliata verso Seth, che mi guarda con un sorriso sornione.
«La cover band ufficiale dei Guns? mi hai portato a vedere la cover band dei Guns? Ma io ti adoro!» gli  dico saltando dalla mia sedia alla sua. Mi afferra al volo ridendo ed abbracciandomi, di sottofondo i musicisti che accordano gli strumenti e la risata di Jasper.
Questa serata si preannuncia veramente fantastica!
Quando mi riposiziono sulla mia sedia il gruppo inizia a suonare, stordendomi con le note fantastiche delle canzoni che ho sempre amato! November rain,  Sweet child o’ mine, Paradise city! Mi lascio trasportare da quelle melodie fantastiche e dai fenomenali assoli del chitarrista, finché il cantante non annuncia il gran finale. Non ho tenuto conto delle canzoni che hanno fatto, quindi non ho la più pallida idea di quale possa essere la canzone conclusiva, ma a quanto pare Jasper e Seth la intuiscono, perché senza avvisarmi mi prendono in braccio e mi portano vicino al palco. Afferro saldamente le spalle dei due ragazzi, terrorizzata dall’altezza alla quale mi trovo. Già mi sento troppo alta con i tacchi, figuriamoci issata da due ragazzi di minimo un metro e ottanta di statura! Sono abituata al mio metro e sessanta, il mondo è diverso a quell’altezza sapete? È tutto più grande! Sorrido dei miei pensieri idioti, mentre tento di scendere.

«Hey, animali! Mettetemi giù! Subito!» strepito invano, ottenendo solo una presa più stretta e una risata. Molto simpatici, davvero!
«Dai Bella!» mi dice Seth, «Goditi l’ultima canzone da qui! Appena iniziano vedrai che ci ringrazierai!» si certo, come no! Voglio solo scendere di qui io!
Parte la chitarra, e quasi mi escono gli occhi dalle orbite! Non posso non averci pensato prima, è lei! La canzone perfetta!
Come preannunciato da Seth il nervosismo e l’indisposizione verso i miei due amici passa subito, lasciando spazio alla gratitudine! Iniziamo tutti e tre a cantare a squarcia gola, senza sosta! Sento la felicità farsi strada dentro il mio cuore, sono di nuovo felice! Cosa mi resta di pensare se non…

WELCOME TO THE JUNGLE!

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eccomi qui! la canzone che canta Jasper è Wherever you will go - The Calling!

QUI se volete c'è l'abito di Bella con le sue scarpe! 

fatemi sapere ;) al prossimo capitolo! (spero, se non vi ha fatto così schifo questo :) )

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Capitolo 3
*** Follia ***


Scusarmi per il ritardo è troppo poco, vi imploro di perdonarmi... non accamerò vane scuse, vi dirò solo che è stato veramente un periodaccio per me e per la mia famiglai, non sono successe troppe in troppo poco tempo, e aggiungendo lo stress post esami ecc, non ho trovato tempo e voglia di scrivere. è un capitolo relativamente corto, ma ho preferito farlo così piuttosto che tenerlo in fermo altri giorni, per poi magari allungarlo con cose futili e di poco conto. spero che non abbiate abbandonato ancora la storia e che perdonerete il mio terribile ritardo. ora vi lascio alla lettura.
Baci




Quando la canzone finisce e la band saluta il pubblico in delirio ritorno con i piedi per terra, per gentile concessione dei miei accompagnatori. Nonostante un certo senso di vertigini, scortata da Jasper e Seth, mi dirigo verso il tavolo. Sono esausta e non riesco a trattenere uno sbadiglio, senza considerare il terribile dolore ai piedi. Che sia maledetta in eterno la mia vanità!

Nonostante le imprecazioni mentali rivolte alle mie calzature però, sono certa che alla prossima occasione, non resisterò, tornando a costringere i miei poveri piedi a subire il lacerante supplizio del tacco alto.
«Meglio andare, prima che decidano tutti in massa di partire, eviteremo il traffico! E poi sono distrutto, non vedo l’ora di tornarmene a casa!» esclama Seth stiracchiandosi.
Io e Jasper annuiamo e ci alziamo in contemporanea dalle sedie, iniziando a zigzagare tra le persone che affollavano il locale, alla ricerca dell’uscita. Fortunatamente la mole di Seth riesce ad evitarmi numerosi scontri, mentre Jasper dietro di me tenta di direzionarmi verso l’uscita tenendomi le mani sui fianchi. Mi sento quasi un volante o un timone! Ridacchio tra me  e me all’immagine di me stessa vestita da imbarcazione, con Jasper come capitano,  e continuo ad arrancare dietro a Seth.
«Che c’è da ridere?» mi chiede Jasper, non gli sfugge niente èh?
«Oh, nulla! Mi sentivo leggermente manovrata, e mi sono immaginata vestita da barca!» gli dico, senza preoccuparmi che lui pensi che io sia una pazza! Probabilmente lo pensa di già, tanto vale restare fedele alla parte, no? E poi sono pienamente consapevole che il mio cervello non funziona propriamente come quello degli altri, a volte mi trovo a fare di quei ragionamenti, o a pensare cose fuori dal normale. Sono veramente pazza? Probabilmente , anzi, sicuramente, si.
Jasper ride, e prende ad enfatizzare le svolte gridandomi all’orecchio “Virare!!!” oppure “tutto a babordo!” e robe simili. Mi fa ridere quel ragazzo, è simpatico, molto!
Quando finalmente riusciamo ad uscire siamo ancora più stanchi! Ma quanta diavolo di gente c’era in quel buco? Mai vista una cosa simile! Mi sembra di aver percorso chilometri e chilometri, quando dal nostro tavolo all’uscita ci saranno stati al massimo cento metri.
Ci avviamo al parcheggio, saliamo in auto e via verso casa mia! Abito dall’altra parte della città rispetto a Jasper e Seth, e un po’ mi dispiace farli viaggiare così tanto, ma Seth mi rassicura a riguardo, dicendo che non gli pesa guidare. Ma la benzina comunque è un costo! Sabato prossimo andrò io a trovarlo, così almeno non sarà costretto a fare ore di auto per me!
«Sabato vi vengo a trovare! Così risparmi benzina!» dico sorridendo mentre l’auto divora l’asfalto. Seth mi risponde con un sorriso, mentre Jasper, spuntando tra i nostri sedili, sembra più entusiasta.
«Davvero? Perfetto, così per una sera questo poveraccio potrà lasciare l’auto in garage! Dove si va sabato?»
Vederlo spuntare così mi fa venire in mente un fungo. Vi prego, non chiedetemene il motivo, so solo che stanotte la mia mente è impazzita, e crea associazioni tra persone ed oggetti veramente preoccupanti. Mi chiedo se davvero sono da ricoverare o se sono ancora un caso non grave. Probabilmente i pazzi sono solo quelli che non hanno il buon senso di tenere per se i propri pensieri, e finiscono per rivelarli alle persone sbagliate. Non nego l’esistenza delle malattie mentali, nella nostra epoca sarebbe una posizione maledettamente stupida da mantenere, ma sono fermamente convinta che la pazzia sia presente in ogni persona, in ogni essere vivente deve esserci una scintilla di pura follia.
Cosa sarebbe la vita, l’esistenza umana senza la follia? Ogni azione irruenta, istintiva, in un certo senso folle, rallegra la vita, rende l’attimo in cui la compiamo speciale, unico, memorabile, degno di nota! Nei meandri della nostra memoria, non sono conservati forse con più cura e rilievo gli attimi di follia? L’attimo in cui davanti a tutti ti sei tolto le scarpe ed hai corso nel prato, l’attimo in cui hai urlato a squarcia gola in una piazza, solo perché sentivi quell’irrefrenabile peso alla gola, l’attimo in cui hai baciato per primo, l’attimo in cui hai alzato lo sguardo ed affrontato la sfida, l’attimo in cui compi qualcosa di proibito. Sono questi i momenti che ricordiamo meglio, non i momenti banali, legati ed imprigionati dalle ferree regole civili e morali che ci vengono imposte fin dalla nascita, se non prima.
La follia libera l’uomo dalla vergogna e dal ritegno, dalla paura e dal tentennamento. Ho imparato con il tempo che le uniche cose che meriteranno la mia vergogna dovranno essere cattive, crudeli e orribili, perché non c’è nessun vantaggio nella vergogna, se non quello di privarsi di un potenziale piacere, e di un altro fantastico ricordo di pazzia da conservare.
Nella vita bisogna essere pronti a tutto, bisogna godersi la breve vita che ci danno, e la vergogna è solo un antipatica catena che ci imprigiona, quindi perché non liberarsene?
Ignorando i discorsi per progettare il prossimo sabato sera tra Jasper e Seth tiro giù il finestrino e lasciando che la gelida aria di febbraio mi sferzi il volto mi sporgo all’esterno, le braccia in aria a opporsi alla forza del vento, guidatore e retro passeggero nel panico e un ululato la lanciare al vento. Grido, senza motivo, senza ritegno, senza pensieri. Urlo al vento, fregandomene di tutto, ignorando le risate che provengono dall’interno dell’auto, ignorando cosa potrebbero pensare i passanti o chiunque altro mi veda in questo momento, fottendomene persino dei miei pensieri e delle mie preoccupazioni. Il gelo mi raffredda il corpo e la mente si calma. Con questo urlo mi sto liberando di un peso, sto’ sfogando la rabbia, la frustrazione, il nervosismo, la delusione, tutto rigettato dal mio corpo in un grido. Smetto quando iniziamo ad avvicinarsi le case, il vento polare mi fa tremare e battere i denti e la gola mi duole.
Quando rientro dal finestrino e mi risiedo rilassata e tranquilla sul sedile, rialzando il vetro, solo Seth capisce il mio sorriso leggermente accennato. Lui sa cosa ho passato, mi conosce da una vita ormai, è il fratello che non ho mai avuto in pratica. Jasper mi guarda leggermente perplesso, ma non fa commenti sarcastici, non mi accusa di essere una povera scema, mi guarda e basta. Quando volto il viso e ricambio lo sguardo un sorriso disarmante gli illumina il viso. Mi fa l’occhiolino.
«Era ora che rientrassi, ora ti do il cambio io! Aaaaaahhh!!»
Dice mentre gira veloce la manovella del finestrino posteriore e getta la testa di fuori, urlando.
Non ridere sarebbe una violenza imposta al mio corpo. Io e Seth ridiamo a crepapelle mentre Jasper ulula, strepita, grida e starnazza fuori dal finestrino.  
Manca poco ormai a casa mia, Jasper è rientrato ed ora sembriamo tutti più rilassati, più leggeri.
«Sei un pazzo! E sei anche in ottima compagnia stasera!» dico a Jasper quando smette di tremare per il freddo. Sorride di nuovo e mi risponde a tono.
«Si, ma io sono recuperabile, tu ormai si persa!» non ci penso due volte, e tirando la leva sgancio il sedile lanciandomi all’indietro, contro le sue ginocchia.
Grida e risate riempiono nuovamente l’abitacolo, confermando le nostre ipotesi riguardo le nostre difficoltà psicologiche. La società respinge i matti, li teme, teme il mondo che hanno nel cuore, hanno timore che le loro solide mura di ipocrisia e dogmi siano intaccate e fatte crollare dalle parole folli dei matti. Li chiamano scemi, pazzi, folli, malati, ma cosa ne sappiamo dei loro pensieri? Gli unici che si interessano ad essi sono medici che li vogliono studiare, chi ci dice che i pazzi in grado di camuffare la loro pazzia non sono i cosiddetti “normali”? Forse tutti coloro che si reputano normali sono solo delle maschere, spero di capire presto se io ne posseggo una, e spero di toglierla in fretta. Le maschere portate troppo a lungo finiscono per diventare un tutt’uno con la pelle, ed è impossibile toglierle senza strappare anche quella. Tutti noi indossiamo delle maschere per compiacere i genitori, per apparire simpatici agli amici, per mostrarci attenti e diligenti con gli insegnanti, ma quale di queste personalità è vera, quale è finzione? Dove inizia la maschera e dove inizia invece la vera persona? Quante maschere ho conosciuto? Quante persone invece? Chi lo sa…
L’auto di Seth si infila nel mio vialetto, sono arrivata.
Mi duole separarmi da Seth, e anche da Jasper. È un ragazzo unico, con quel pizzico di follia che lo rende interessante. Quando scendo dall’auto sono leggera, e arrivo alle scale quasi saltellando. Jasper e Seth non si muovono dal vialetto finché la chiave non è nella toppa e la porta di apre. Seth è veramente iperprotettivo nei miei confronti, e io non posso dire che la cosa mi dia così fastidio, è bello sapere che qualcuno si preoccupa per te!
Quando chiudo la porta alle mie spalle sorrido ancora al pensiero della serata, e mi scopro contenta, felice, e per la prima volta dopo tanto tempo spensierata. Volo in camera mia a piedi scalzi per non svegliare mio padre, e indosso rapida il pigiama. La stanchezza si accanisce su di me tutto d’un tratto, e l’abbraccio del piumone e del guanciale è paradisiaco.
Mi addormento con l’Ipod nelle orecchie, con una canzone che la riproduzione casuale ha scelto per me, una canzone che conosco benissimo, scritta e cantata da un uomo di cui sono innamorata perdutamente fin da bambina. A volte però, sono convinta fermamente che il mio aggeggino musicale mi conosca fin troppo bene, e sia costantemente informato sui miei stati d’animo e su cosa penso e faccio, altrimenti non saprei spiegarmi le sue scelte, talvolta tutto fuorché casuali.




La canzone a cui mi riferisco è Un Matto - Fabrizio De Andrè

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Capitolo 4
*** You'll never stop me ***


Stavolta, strano ma vero, non sono in esagerato ritardo, no? ho fatto di peggio dai! xD
spero che il capitolo vi piaccia e non vedo l'ora di sentire i vostri pareri!
ringrazio infinitamente chi recensisce la mia storia, chi la legge, chi l'ha inserita tra le preferite, seguite, ricordate. Grazie davvero, è fantastico per me vedere che siete così tandi ^_^
bacione e buona lettura.



Il risveglio volontario della domenica mattina è fantastico. Le uniche creature determinate a rovinarti il sonno sono i pennuti che per loro decisione si svegliano all’alba, cinguettando allegri e felici, annunciando il sorgere di una nuova giornata, scartavetrando le scatole a chi vuole dormire. Sono irascibile appena svegliata, nonostante siano le undici e trenta mi sento infastidita da quei fischiettii e cip cip vari. Mi rotolo nel letto, aggrovigliandomi il lenzuolo alle gambe e mettendo la testa sotto il cuscino, ma quando il torpore notturno ha ormai lasciato il tuo corpo, ne la forza di volontà più tenace, ne l’imposizione forzata, rendono possibile il ritorno al sonno. Inoltre, una volta notato un rumore fastidioso, ignorarlo risulta impossibile. La gente adora gli uccellini maledizione, perché io invece vorrei solo un’ora di dannatissimo silenzio? Le serenate dei volatili canterini sembrano rimbombarmi nella testa, nonostante la finestra e le ante chiuse. Assurdo cosa possa fare il nostro cervello una volta che ha deciso che deve essere irritato da qualcosa.
Purtroppo è un mio grosso difetto, una volta notata la briciola fuori posto, non  posso ignorarla. Ricorderò per sempre la figuraccia fatta con il mio insegnante di disegno l’anno passato, che mi è costata un voto in meno a fine anno, ne sono certa. Quell’uomo aveva dei baffi fenomenali, folti, voluminosi, lunghi, sembravano quei baffotti che i nobili dei primi del novecento sfoggiavano con soddisfazione. Fortunatamente il mio insegnante aveva rinunciato alle basette, ma i baffi restavano. Comunque quei cosi erano fantastici da vedere, ma erano anche un nido di briciole e altre sostanze che non sono riuscita e non voglio identificare. Ma come si può pretendere con un’impalcatura di pelo simile posizionata sulla bocca, che nulla rimanga impigliato? Almeno avrebbe dovuto spazzolarseli con un fazzoletto, oppure evitare di ingurgitare biscotti l’ora prima di avere lezione con la classe della sottoscritta. Quel giorno, Baffi D’oro decise di interrogarmi. Avevo studiato, ma la mia attenzione, il mio ribrezzo, e per ultimo, ma non meno importante, il mio cervello, erano totalmente concentrati sull’ecosistema presente sul suo labbro superiore. Quando si accorse dove guardavo, e a cosa era dovuta la mia espressione mi cacciò al posto, paonazzo, e si rassettò i baffi. Ero imbarazzata da morire, continuavo a ripetermi “non li guardare, non guardare, no! Non lo fare” ma il mio cervello era autonomo, la mia coscienza era solo un soprammobile nel mio cranio. Passai l’ora successiva a chiedermi da quanto tempo risiedessero li determinati organismi ed oggetti non identificati. Sembrava una scena del cartone Le follie dell’imperatore, “e quello? Da quanto tempo è li?”. Una cosa rivoltante. Mi alzai svogliatamente dal letto, dirigendomi verso la porta all’inizio, poi l’ennesimo cinguettio mi fece cambiare idea. Marciai decisa verso la finestra, aprendola di scatto e sbattendo le ante contro il muro. Pace, quiete, silenzio. Soddisfatta di aver zittito gli uccellini per qualche minuto, scesi in cucina per prepararmi la colazione, o meglio, vista l’ora, il pranzo. Non sapevo se andare sul dolce o sul salato, direi niente latte e biscotti perché è troppo tardi, niente carne o simili perché troppo presto. Aprendo il frigo trovai una pizza surgelata, e optai per quella. Adoro la pizza, è perfetta in ogni occasione, ad ogni ora, sempre! Forse un giorno mi sposerò con una pizza… potrebbe essere la scelta più giusta della mia vita!
Mentre il ronzio del microonde e il profumo della pizza riempivano la cucina, mi versai un bicchierone di latte freddo, e lo appoggiai sul bancone della cucina. Apparecchiare era uno spreco, mio padre era andato a pesca ed era partito prestissimo, non sarebbe tornato fino a stasera, quindi perché disturbarmi a fare le cose in grande stile?
Piatto, bicchiere e posate, con una micro tovaglietta da colazione e un tovagliolino di carta. Facile, veloce e poco impegnativo. Quando il forno trillò, avvisandomi che la mia pizza era pronta, la misi nel piatto, e la lasciai freddare un minuto, per non scottarmi.
Gli uccellini avevano ricominciato a cinguettare, ma ormai avevo passato la fase iniziale del mio risveglio, caratterizzata da indisposizione ad ogni suono, cosa, persona o animale che si trovava sul tragitto mattutino della sottoscritta.
Quando finii di sparecchiare filai in bagno per farmi una doccia. Quando mi vidi allo specchio sobbalzai, ero andata a dormire senza togliermi il trucco, ed ora sembravo uno stramaledetto panda.
Mi misi d’impegno con dischetti di cotone e crema per pulirmi la faccia impiastricciata, e una volta raggiunto un risultato decente mi infilai nel vano doccia, a crogiolarmi sotto il getto bollente. Adoravo quella doccia perché potevo regolare l’intensità e la forma del fiotto d’acqua. Usavo sempre l’effetto pioggia, mi rilassava molto, forse perché rifletteva il meteo di Forks? Probabile.
Vestita in tenuta da casa, ovvero pantaloni della tuta logori e maxi maglietta, il tutto armonizzato con calzini e felpa. Sexy no? No, decisamente no!
Uscendo dal bagno notai che dalla mia camera proveniva uno strano rumore, come un fruscio. Entrai e notai che proveniva dalla borsa, il mio povero cellulare vibrava da chissà quanto tempo!
Lo afferrai e lo estrassi dalla borsa appena lo localizzai. Sembra assurdo quanto possa essere vasta una borsa. Cosa ci metto? Portafoglio e cellulare, massimo un rossetto, e mai una volta che trovo quello che cerco al primo colpo. Forse le borse delle ragazze sono come l’armadio di Narnia, contengono un mondo a se stante! Ok, dovevo smetterla di fantasticare e soprattutto dovevo rispondere ad Alice.
«Pronto!» ansimai appena premetti il tasto, dopo la lotta estenuante con la fodera della borsa.
«Ma buongiorno signorina! Per curiosità, rispondi a due domande, dove cazzo avevi il cellulare? E quanto cavolo hai dormito? Sono ore che ti chiamo!» ridacchiai e risposi alla mia migliore amica, che sicuramente voleva conoscere i dettagli della serata.
«Buongiorno! Mi sono svegliata un’oretta e mezza fa circa, ho già mangiato e fatto la doccia, il mio cellulare invece è reduce da un viaggio nei meandri nascosti della misteriosa borsetta. Sai bene quanto adora quei viaggi! Come potrei negarglieli?» Alice scoppiò a ridere, dandomi dell’idiota, come meritavo.
«Allora, raccontami tutto di ieri sera! Incontrato qualche ragazzo interessante? Divertita? E la tua sensazione? Si è rivelata giusta? Oppure Seth si è dichiarato?»
«Alice!» gridai dopo l’ultima domanda. Lei era convinta fermamente che Seth avesse una cotta per me, cosa che mi risultava impossibile da credere, visto che sapevo bene quanto fosse innamorato di Mina, una ragazza della riserva. Ma come spesso capitava, Alice non voleva sentir ragioni!
«Si Si, va bene ok, hai ragione tu! Comunque rispondi alle altre domande! Immediatamente!».
Ignorai il fatto che con il suo solito tono da “ti do ragione solo per farti contenta” aveva ulteriormente sottolineato la sua opinione, e iniziai a farle un resoconto dettagliato della serata. Quando le parlai di Jasper iniziò a lanciare brevi e acuti strilli. A volte mi chiedevo se fosse realmente umana. Comunque finito il racconto si era convinta del mio imminente matrimonio.
«Ti ha già ricontattata? Hai controllato sul PC?» era inarrestabile, uragano Alice non lo fermava nessuno! Quando le dissi che nemmeno avevo acceso il computer sembrava avessi attentato alla Casa Bianca. Mi fu ordinato con fermezza di accendere immediatamente il mio portatile e di controllare. E da brava obbedii, onde evitare l’ira di quella pazza.
Effettivamente Jasper mi aveva già contattata, ne fui molto felice, ma a quanto pare Alice ancora di più.
Passammo la successiva ora al telefono per il resoconto della sua serata, poi riattaccammo visto che nessuna delle due aveva ancora finito i compiti.
Il pomeriggio passò lento tra studio di letteratura inglese e matematica, ma almeno passò.
Verso sera preparai la cena, accolsi mio papà e lo consolai per la pesca malriuscita. Aveva portato a casa due pesci, che erano grandi al massimo quanto una mano. In pratica buoni a poco. Però l’avevo rassicurato, dicendogli che mi sarei inventata qualcosa per cucinarli.
Quando andai a letto, rifugiandomi nel groviglio di coperte che giaceva intatto da quella mattina, iniziai a pensare, e non è mai un fatto positivo per la sottoscritta. Pensai a Jasper, ma non come un ragazzo da batticuore, lo pensai come un Seth. Un amico fidato, ma nulla di più. Alice mi avrebbe uccisa, questo è sicuro.
Mi addormentai quasi subito, e altrettanto velocemente arrivò il tanto odiato lunedì mattina.
Mi trascinai fuori dal letto con lentezza vergognosa, finché non notai l’orario. 7:30, dovevo essere a scuola per le 8:00 e mi ci volevano minimo dieci minuti di auto! Maledizione! Mi si sbarrarono gli occhi, e mentre correvo a perdifiato in bagno pensai a quante cavolo di volte dovevo aver spento la sveglia senza rendermene conto.
Strano ma vero, riuscii a prepararmi in tempo. Indossai i primi jeans che trovai nell’armadio, con la prima maglietta e la prima felpa. Nel complesso sembravo quasi abbinata. Mi fiondai giù dalle scale con lo zaino in spalle, afferrai il giubbino e due fette di pane tostato, che Charlie mi lasciava sempre sul tavolo i giorni scolastici. Salii in auto sgranocchiando le due fette insieme e sbriciolando ovunque. Partendo a rotta di collo e guidando al limite del possibile riuscii a raggiungere la scuola in perfetto orario.
Scendendo dall’abitacolo mi pulii dalla colazione finita sui vestiti e presi lo zaino.
Nel parcheggio c’era Jacob.
Mi aspettai di sentire un tuffo al cuore, una qualsiasi reazione, invece non sentii nulla.
Lo vidi solo, a tentare di entrare in una conversazione con vecchi compagni di classe,e non provai nulla. Ero guarita? Forse, almeno a distanza, si.
Felice della nuova scoperta marciai verso l’entrata, dove Alice mi placcò.
«Isabella Swan!» nome intero? Cosa diavolo avevo combinato? E perché urlava?
«Si, Alice, il mio nome lo conosco. Che succede? Hai fatto voltare mezzo parcheggio!» ero imbarazzata, detestavo avere troppa attenzione addosso.
«Che succede èh? Non mi importa del parcheggio, sei nei guai signorina1 mi avevi detto che era un ragazzo carino e simpatico, ma non mi avevi detto che era un figo da paura! Ho visto le sue foto attraverso il suo profilo, ti sei resa conto di avere tra le mani un dio? Uno stramaledetto adone? Un angelo? Un celestiale angelo sceso sulla terra, ecco cos’è! E tu non me l’avevi detto!» no, non potevo crederci, non stava succedendo davvero. In pochi secondi accaddero molte cose.
Io arrossii e mi arrabbiai leggermente per la teatralità di Alice.
Jacob, che aveva sicuramente sentito, se ne andò, sbattendo la portiera della sua auto e fiondandosi all’interno dell’edificio.
Alice lo seguì con lo sguardo, con un’espressione che esprimeva tutto il suo stupore e la sua strafottenza nei suoi confronti. E in fine, Jasper arrivò con la sua auto nel parcheggio.
Perfetto no?
«O ma finiscila ora! Eccolo, vieni che te lo presento il tuo angelo caduto!» detto ciò afferrai il braccio di Alice e mi girai verso Jasper, che si stava avvicinando a noi sorridente.
Effettivamente Alice aveva ragione, era veramente un bellissimo ragazzo, ma non era il mio tipo. Troppo romantico, troppo perfetto, troppo per me. Ma forse per Alice…
Feci le presentazioni, e intanto studiavo le loro reazioni attentamente. Si, sarebbero stati maledettamente carini insieme.
Quando suonò la campanella ci dirigemmo verso le nostre classi. Jasper faceva parte del corso avanzato, per questo non ci eravamo mai incrociati in nessuna lezione. Io ed Alice avevamo optato per la semplicità, eravamo brave e studiose entrambe, ma avevamo preferito più tempo libero al voto finale. Alla fine non è quello a cambiarti la vita.
La prima lezione era Trigonometria, ed io e la mia pazza eravamo vicine di banco, nell’ultima fila. Perfetta per ignorare l’insegnante.
Io iniziai ad analizzare cosa era accaduto nel parcheggio, mentre Alice, stranamente silenziosa, pensava ad altro.
Jacob sembrava infuriato, ma per cosa? Avevo notato l’occhiata furente che mi aveva riservato, e certamente aveva sentito i commenti di Alice sulla mia nuova conoscenza. Che fosse geloso? Impossibile, mi aveva mollata, che senso aveva l’essere geloso? O forse non era geloso di me come persona, bensì della mia condizione, io avevo mantenuto quasi tutti i vecchi amici, ed inoltre ne avevo trovati anche di nuovi, uno tra i quali era stato etichettato come angelo della bellezza da Alice, in pubblico. Probabilmente si era sentito umiliato, sfigato, mortificato.
Perfetto, e io come mi sentivo? Mi sentivo una stronza, perché stavo maledettamente bene! Stava male lui? Benissimo, non sarebbe mai stato male abbastanza per come mi aveva trattata!
Ero ancora arrabbiata con lui? Si.
Potevo gioire della dolce vendetta non voluta che avevo fatto? Si.
Mi dovevo sentire in colpa per questo? Assolutamente no!
Se ripenso a come aveva trattato Alice, mi viene solo ancora più rabbia.
Era geloso, ben gli sta! Così capisce quello che ha perso!
Il resto della giornata passò così, lento, monotono, pensieroso. Avevo avuto una lezione con Jacob, e la malvagia Alice, avendo notato la sua reazione nel parcheggio, aveva badato bene di farsi sentire da lui mentre con una ragazza commentava i miei fantastici gusti, testualmente, “finalmente ha aperto gli occhi ed ha trovato un ragazzo fantastico! Ma hai visto quanto è fantasticamente marmoreo?” chiamarla piccolo folletto impudente è un eufemismo. Forse dovevo passare a piccolo demonio, o qualcosa di simile, era più azzeccato.
Jacob si rose il fegato per il resto dell’ora, e io? Io sghignazzavo con Alice alle sue spalle?
Meschino? Forse un pochino, ma dopo tutto, la donna è vendetta, e nulla è più terrificante di una donna ferita, l’inferno impallidisce a confronto.
Durante la pausa pranzo sedemmo con Jasper, e così anche il giorno dopo, e il giorno dopo ancora, fino a venerdì, quando un altro fulmine a ciel sereno avrebbe colpito la mia vita.
Tornando a casa accesi la radio, e misi il volume al massimo sorridendo e cantando a squarcia gola al mondo di stare zitto, perché nessuno mi avrebbe mai fermata!
Adoravo quella canzone, quella radio, quella musica. Erano perfette in quell’istante.

“So shut up, shut up, shut up
Don't wanna hear it
Get out, get out, get out
Get out of my way
Step up, step up, step up
You'll never stop me
Nothing you say today
Is gonna bring me down”


La canzone a cui mi riferisco e che vi consiglio vivamente, visto che è energetica al massimo,  è Shut up - Simple Plan 
spero vi sia piaciuto, ;) bacio

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Capitolo 5
*** Scuse ***


Ciao a tutti, o almeno a quei pochi che hanno ancora la mia storia in memoria... Dire che sono mortificata per l'interruzione della storia è riduttivo, ma purtroppo ho le mie motivazioni, e sono più che buone.. l'ispirazione e balle varie sulla crisi da pagina bianca non le invento, sapevo cosa scrivere, fin troppo bene, solo non ne avevo la forza... non sono sicura di averlo già detto, ma questa storia è in parte autobiografica, tratta un po la mia vita rivisitata in chiave Twilight, ma è la mia vita, i caratteri che racconto sono quelli delle persone a me più care, amici, parenti, me stessa...
voi vi chiederete "e cosa ci interessa ora? cosa c'entra con il ritardo?" a scriverlo qui, come una dichiarazione pubblica non ce la faccio, mancherei di rispetto, credo, e mi vedrei come la vittima della situazione, anche se forse un po' lo sono...
Avviso che i capitoli che seguono, saranno diversi dai precedenti sotto molti aspetti, e saranno particolarmente pesanti emotivamente da reggere, e soprattutto vorrei chiedervi un favore... a tutti i Fedeli, a tutti coloro che credono in Dio fermamente, vi chiedo di nonprendervela per certe frasi, per certe affermazioni o pensieri, ( non preoccupatevi non ho intenzione di bestemmiare nei capitoli, chi crede ne è infastidito e chi non crede insulta una cosa per lui inesistente, quindi reputo la bestemmia un atto inutile e improduttivo).
però vi chiedo davvero di non offendervi, capirete leggendo perchè quel poco di fede, o meglio, speranza, che avevo si è spenta definitivamente...
Grazie a tutti coloro che vorrano continuare, grazie anche a chi qui decide di smettere di leggere, in ongi caso mi avete rallegrata con i vostri apprezzamenti...
Tanti saluti, aggiornerò al più presto, tre giorni al massimo...
grazie ancora

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Capitolo 6
*** Beautiful Dangerous ***


Ecco il capitolo, spero vi piaccia, per ora è ancora abbastanza tranquillo, ma tra un paio di capitoli al massimo la storia si fa un attimo più pesante, perdonate ancora il ritardo, so dalettrice quanto sia fastidioso, quinid non starò a giustificarmi troppo... la canzone di questo capitolo è Beautiful Dangerous di Slash & Fergie... buona lettura...


Cap 4 – Beautiful Dangerous


I giorni passavano svelte con la nuova routine, che sembrava un’abitudine lunga anni, non di nemmeno una settimana. Alice e Jasper avevano fatto amicizia, stavano bene insieme, infatti sia Seth che la sottoscritta tifavano per la loro unione, solo Alice tifava la storia Jasper/Bella.
Era un venerdì come gli altri, lungo, monotono e troppo vicino al finesettimana per far si che le mie sinapsi neuronali funzionassero, scolasticamente parlando.
La svolta, il cambiamento, il pizzico di peperoncino di quel venerdì fu aggiunto durante la pausa pranzo, quando al nostro solito tavolo si aggiunse un amico di Jasper, sempre del suo corso.
Era un ragazzo alto, dalla corporatura simile a quella di Jasper, con un groviglio di capelli color rame, con mille riflessi. Solo i capelli meritavano un dieci e lode, ma quando si voltò e vidi i suoi occhi, valutai un’altra scala di misura, tendente all’infinito. Due pozzi verdi come smeraldi, tanto intensi che sembrava brillassero. Due gemme fantastiche incastonate in un anello di perfette ciglia bronzee, su un viso perfetto. La mascella decisa e le labbra piene davano al volto del ragazzo un aspetto fenomenale, sembrava uno di quei modelli bellissimi delle pubblicità dei profumi, uno schianto insomma!
Mi sedetti accanto ad Alice e Jasper e il modello hollywoodiano mi sorrise. Risposi al sorriso e presi la mano che mi aveva teso sopra il tavolo.
«Piacere di conoscerti, sono Edward Cullen», strinsi anche io la sua mano, e con voce leggermente tentennante risposi. Quagli occhi ti bevevano l’anima a piccoli sorsi, più li fissavi, più ti sentivi prosciugata, svuotata. La cosa peggiore era il non riuscire comunque a staccare lo sguardo.
Grazie al cielo un calcio di Alice mi aiutò a riprendere il controllo delle mie deboli membra.
«B-Bella, Bella Swan!»
Fortunatamente il mio attimo di smarrimento fu ignorato dalla tavolata, e il pranzo continuò senza intoppi. Edward suonava il basso nel gruppo di Seth, ed era anche bravo a quanto dicevano i suoi due compari. Più volte durante il pasto incrociai il suo sguardo, e subito dopo abbassavo il mio, intimorita dall’essere stata scoperta ad ammirare di nascosto la sua bellezza.
Quando l’estenuante giornata scolastica giunse al termine mi recai svelta alla mia macchina, dove purtroppo però c’era già Alice ad attendermi, con uno sguardo attento, indagatore, e dannatamente preoccupante.
Dovevo portarla a casa dopo scuola, questo lo sapevo, ma speravo di raggiungere l’auto prima di lei per poter stare sola qualche minuto. Speranza vana.
Salii in auto dopo un saluto molto vago, e partii verso il suo quartiere.
«Ma…» ecco, iniziava ad alludere. Solo lei sapeva farlo così, non aveva detto niente, solo un innocentissimo “ma”, ma i puntini di sospensione non detti, quello strascicamento della lettera A, quegli occhietti che mi perforavano le tempie. Alludeva, come solo lei sapeva fare.
«Ma che cosa Alice?» le domandai, sfoderando il mio miglior tono da finta tonta, sperando che abboccasse, ma sapendo che non l’avrebbe fatto.
«Non provarvi nemmeno con me signorina, ho visto sai come lo guardavi! Non pensi a come potrebbe sentirsi Jasper vedendoti così?» non riuscii a trattenere i miei occhi dal rivoltarsi tre volte nelle orbite, ma cosa le passava per il cervello?
«Mamma mia, sei proprio cocciuta! Tra me e Jasper non c’è mai stato, non c’è e mai ci sarà niente all’infuori dell’amicizia! È a te che piace lui, e a lui piaci solo tu! appena te ne renderai conto ti dirò “te l’avevo detto” per una settimana intera!» dissi sbuffando, e riuscii a farla imbronciare silenziosamente sul sedile.
Il viaggio proseguì tranquillo e senza altri discorsone strani fortunatamente. Depositai Alice di fronte a casa e tornai alla mia. L’indomani sera saremmo usciti tutti insieme nei quartieri dei ragazzi, avremmo conosciuto i loro amici e si prospettava una serata molto divertente. Era stato anche ipotizzato un pigiama party a casa di Alice dopo la baldoria a zonzo con i ragazzi. Ovviamente i genitori di Alice avevano acconsentito, a patto che la porta della taverna rimanesse apribile, quindi non chiusa a chiave, e che tutti i genitori le telefonassero consapevoli del fatto che i figli erano da lei. Cosa facile da organizzare, la madre di Alice la conoscevano tutti! Restavano solo i genitori delle nuove conoscenze da avvisare, ma era una cosa facile e veloce.
Il mio problema di base era come al solito l’abbigliamento da utilizzare! Faceva ancora molto freddo a Forks, ma nei locali la temperatura si alzava parecchio, quindi avrei dovuto optare per una base estiva con un bel cappotto invernale molto pesante. Presi un post-it e lo appesi sulla porta dopo avervi scritto la lista delle cose da mettere nella borsa che dovevo portare l’indomani pomeriggio ad Alice, con l’occorrente per la notte. Dopo di che ne presi un altro e andai ad incollarlo sullo specchio del bagno, su quello c’era scritto di portarle la mia borsa. Brutta cosa la memoria labile, ero capace di non ricordarmi di dover fare una cosa anche dopo che mi era stata ripetuta mille volte. Maggie, la compagna di mio padre, tenta sempre di dirmi in tempo per l’ennesima volta cosa devo fare, ma non sempre è puntuale. Non vive ancora con mio padre, hanno preferito rimandare la cosa quando mi sono trasferita qui, per non forzarmi. Ma lei mi piaceva, ed era sicuramente molto più materna ed affidabile di quella pazza di mia madre, che non fraintendete, mi voleva veramente bene, ma aveva un senso di responsabilità scadente, quasi nullo in effetti..
Finiti i post-it mi misi a preparare la borsa con le cose che potevo metterci sin da ora. Misi dentro il mio pigiama improvvisato, costituito da un paio di morbidissimi pantaloni grigi di cotone, ed una mia vecchia maglietta con il disegno di Bambi che sorrideva tutto contento. Era il massimo di pigiama che avevo, oltre a quello di seta che non avevo intenzione di indossare se non in caso di ricovero ospedaliero, che speravo di evitare. Misi nella borsa il ricambio di intimo ed un paio di adorabili calzette che mi aveva regalato Alice, che tenevano caldo pur non risultando imbarazzanti da mostrare, erano grigio chiaro anche quelle, con un bellissimo ricamo. Misi nel borsone anche la trapunta gigante che portavo sempre nei pigiama party, talmente calda e spessa da essere usata comodamente anche come materassino a volte!
Mettersi a fare i compiti sarebbe stata la cosa più saggia da fare, ma l’idea di studiare mi nauseava, quindi decisi di dedicarmi alla lettura, immergendomi in un mondo di vampiri supersexy che lottano contro cattivissimi non morti. Era una nuova saga che avevo trovato per caso in biblioteca, e mi aveva subito appassionata! Ogni pagina veniva divorata dal mio sguardo, dalla mia mente vorace di informazioni sul personaggio, sul futuro della storia, di dettagli e piccolezze del paesaggio. Erano quei libri che dopo cinque minuti che li leggi alzi gli occhi e sono passate quattro ore minimo, e sei già a metà volume!
Infatti così accadde. Spensi la luce all’una di notte, sperando che l’indomani non riservasse sorprese strane, e sprofondando nel mondo dei sogni.
Mi trovavo a Oz probabilmente, era tutto verde, case, alberi, persino le persone, tutto verde smeraldo, brillante e quasi trasparente. Poi un turbine mi risucchia all’indietro, staccandomi a forza da quella città fantastica, fino a quando non la vedo dall’alto, nella sua forma circolare e perfetta, con un pozzo nero e profondo proprio al centro della piazza. Il vortice mi trascina al di la degli alti cancelli di ruggine che proteggono la città, scaraventando il mio sguardo su marmoree vallate. Poi il paesaggio muta, inizia a ridefinirsi nella mia mente, e mi ritrovo a fissare il viso perfetto di Edward, mentre mi sorride. La sveglia mi salvò all’istante da quel sogno strano, strappandomi così violentemente dall’immagine da renderla un vago ricordo, uno di quei sogni che dopo il risveglio non ricordi, una semplice sensazione di dover ricordare qualcosa, di dover afferrare quell’immagine effimera che ti scivola fra le dita.
Vestirsi di fretta era inutile, era sabato, così decisi di crogiolarmi nelle coperte fino all’ora di pranzo. Oggi veniva Maggie a preparare il pranzo a papà, quindi non avevo nessun obbligo culinario. Mi rimisi a dormicchiare, senza pensare a nulla in particolare, tentando solo di ricordarmi cosa stavo sognando…
Dopo il pranzo in compagnia andai veloce a mettere in borsa quel poco che restava, e mi fiondai da Alice. Avevamo deciso di stare direttamente li tutta sera, in modo da non avere problemi di trasporto vario. Lasciai giù il borsone in taverna ed iniziai ad aiutarla a sistemare la stanza. Intanto che lei modificava l’arredamento spostando divani, sedie e tavoli per fare più spazio, io tentavo di collegare la Wii al televisore. Finite poi le pulizie e l’assemblaggio del megamaterasso eravamo esauste. Il megamaterasso consisteva nell’aver unito la bellezza di tre letti matrimoniali e quattro singoli in un unico enorme materasso, in modo da poterlo usare come divano prima e come letto poi. Fortuna che la casa di Alice era enorme!
Sudaticce ed affamate filammo in cucina, mangiammo un boccone al volo della torta alle pesche di Esme ed iniziammo la preparazione alternata. Intanto che io mi facevo la doccia, lei sceglieva cosa mettersi, quando io uscivo iniziamo a vestirmi e lei faceva la doccia. Solo la fase trucco era quasi in contemporanea, e solamente perché io restavo sotto la doccia molto più di Alice. Nonostante fosse stato chiamato pigiama party, la prima parte era considerato comunque uscita, quindi dovevamo vestirci. Misi un paio di Jeans con una canottiera nera che scendeva morbida sui fianchi, con un copri spalle rosso, abbinato alle fantastiche ballerine di vernice. Alice invece optò per i Blu, sfoggiando una maglietta a maniche lunghe blu notte, molto elaborata con pizzi vari sulla schiena, un paio di leggins neri e le ballerine blu. Come al solito era semplicemente perfetta.
Finimmo alle nove in punto di prepararci, e alle nove e cinque arrivò Seth con i ragazzi. C’erano Jasper, Edward ed altre due persone. Un ragazzo della riserva ed un enorme ragazzone con i riccioli scuri e le fossette, sembrava un orso quasi tanto era grande. Poco dopo arrivarono anche Rose, la sorella di Jasper, fidanzata di Emmett, così si chiamava il bestione, ed Angela Weber, una nostra compagna del corso di inglese, che era tra l’altro la fidanzata di Paul, il ragazzo Quileute.
Quante coincidenze si scoprivano in una sola serata no?
Rose ed Angela erano fantastiche, mi ero perdutamente innamorata delle onde dorate dei capelli della sorella di Jasper, mentre Angela era veramente dolcissima.
Il Twister movimentò subito la serata, scacciando via le piccole incertezze dei nuovi conoscenti e gli imbarazzi del primo incontro. Sfide di contorsionismo si susseguivano tra risate ed acclamazioni, persi miseramente sia quella con Alice che quella con Rose e Seth, ma quando dovetti sfidare Edward mi ritrovai il cuore in gola. Maledetti bigliettini, ero quasi del tutto certa che c’era lo zampino di Alice in quell’estrazione, ma talvolta il caso, il destino, insomma, la sfortuna, si accaniscono su di me anche senza l’intercedere altrui.
Rimisi le ballerine a lato della stanza per non scivolare, sistemai nuovamente i pantaloni e la canottiera, in modo da evitare che mi vedessero mutandine o altro. Fortuna che in previsione avevo messo i Jeans e la canottiera era praticamente lunga come un vestitino, cosa che mi assicurava una buona copertura. Edward era in camicia e jeans, una visione. Ci posizionammo ed iniziammo la sfida. Le prime mosse furono facili, ma poi le cose iniziarono a complicarsi.
Tra braccia e gambe incrociate il mio cervello non capiva più nulla, il profumo di Edward mi invadeva le narici, inebriandomi. La nostra sfida fu la più lunga in assoluto, ne sono certa. Finì a causa mia e dei suoi occhi, un incontro fatale. Mentre tentavo di restare in equilibrio con un ponte perfetto, frutto di anni di danza quando ero piccola e non avevo ancora capito che non ero in grado di esercitare sport o arti che necessitassero un minimo di coordinazione, la sua mano destra dovette raggiungere il verde, costringendolo a passare sopra di me. Essendo lui molto alto, non gli fu molto difficile sovrastarmi, ma quando al contatto tra i nostri corpi fu aggiunto l’incontro di sguardi non ci furono muscoli in grado di tenerci su entrambi, io capitolai sul tappeto di schiena, con Edward che perdendo a sua volta l’equilibrio mi finì addosso. Finimmo in pareggio insomma, ma il rossore sul mio viso segnava una netta sconfitta della mia dignità. Mi sedetti a guardare le altre sfide, ridendo con gli altri, ma tenendomi a debita distanza dal terreno di gioco, usando la scusa di essermi fatta male alla schiena con l’ultima caduta.
La bellezza è pericolosa, l’ho sempre detto io che chi è troppo bello fa schiantare gli altri che si voltano a guardarlo, e chissà quante povere anime aveva sulla coscienza Edward Cullen.
Quando alle due di notte, dopo svariati twister e altrettante partite alla Wii decidemmo che era ora del pigiama, lasciammo i ragazzi di sotto, mentre noi salimmo nel bagno patronale. Misi svelta il pigiama, mi struccai in modo da non diventare un panda l’indomani mattina e aspettai le altre. Alice in rosa era fantastica, sembrava una bambolina di porcellana. Angela come me aveva optato per una tuta XL ed una vecchia maglietta, mentre Rose era in perfetto stile Victoria’s Secrets, con una canottiera con inserti in pizzo e pantaloni di raso azzurri e neri. Era veramente bellissima.
Quando fummo pronte scendemmo, trovandoci davanti l’allegra combriccola che stava ancora abbuffandosi di patatine sul letto. Fortunatamente riuscimmo a spazzare via le briciole, e all’alba delle 4, dopo canzoni sussurrate a luce spenta e strimpelli di chitarra, dopo barzellette idiote e risate, finalmente Morfeo decise di passare da noi. Ci mettemmo nel lettone, tentando di starci tutti. Rose ed Emmett erano in esterno destro, affiancati da Angela e Paul; io puntai dritta verso Seth, in modo da lasciare ad Alice l’unica scelta possibile, dormire accanto a Jasper. Mi misi accanto a Seth, il quale dava le spalle ad Angela, e diedi la buonanotte.
Quando sentii un peso dall’altro lato del materasso pensai immediatamente ad Alice e Jasper, quei due erano fatti per stare insieme, nessuno poteva negarlo!
Ma quel profumo di miele non era quello di Alice, e tantomeno quello di Jasper.



Grazie ancora a chi è rimasto aleggere la mia ff, fatemi sapere che ne pensate, baci e alla prossima, che conto sia molto presto, spero... comunque mai più un'attesa così lunga, lo giuro!
baci

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Capitolo 7
*** Vampire Kiss ***


Ciao, rieccomi. scusate il ritardo nuovamente, sono rimasta senza internet per due settimane, ma vi comunico che ho già 3 capitoli pronti, quindi aggiornarà alla svelta :) grazie a chi ancora mi segue e sopporta i miei sregolati aggiornamenti, la metodica non è il mio forte ;) fatemi sapere che ne pensate, baci

la canzone del capitolo è:

Vampire Kiss - Simplyd4rk


Il mio corpo si irrigidì all’istante, percependo quella presenta al mio fianco. Strinsi gli occhi, tentai di regolare il respiro contando i secondi, in modo da far passare il tempo, per far finire in fretta quella nottata. Non so quanto tempo passò, Seth si era addormentato, lo si capiva dal sommesso ronzio che emetteva quando respirava. Sicuramente anche Edward si era addormentato, c’era un silenzio impenetrabile nel buio della taverna, dormivano tutti di certo. Mi rilassai un pochino con quel pensiero, iniziando poi a mettermi in una posizione più comoda, pur continuando a dare le spalle ad Edward. Appena riappoggiai la testa sul cuscino, dopo essermi raggomitolata su me stessa per tenermi stretta la coperta, sentii un lieve movimento, che fece aumentare il profumo dolce che proveniva dal posto accanto al mio. Mi irrigidii nuovamente, l’avevo svegliato? O era solo un riflesso del sonno? Magari si era solo rigirato, capita spesso, no?

Continuando a stringere gli occhi non rilassai nemmeno per un secondo i muscoli, ancor meno quando una mano leggera iniziò a sfiorarmi la spalla nuda. Se possibile irrigidii ulteriormente le membra e strizzai così tanto gli occhi da farmi male.
«So che sei sveglia Bella… Rilassati…».
Il suo sussurro mi giunse con un caldo fiato sull’orecchio e sul collo, facendomi rabbrividire e sregolando le mie pulsazioni. Non mi rilassai, finsi di non aver sentito, finsi di dormire ancora, resistendo all’impulso di muovermi. Non mi sarei mossa, nemmeno per sogno. Quando mi muovevo ero impacciata, maldestra e pericolosa, non avevo intenzione di apparire così anche a lui, nello stesso letto, nel bel mezzo della notte! Cazzo! Che situazione orrenda!
Tentai di sincronizzare il mio respiro a quello addormentato di Seth, ma l’unico respiro che sentivo era quello di Edward sulla mia guancia, mentre strofinata sulla mia pelle il naso, come se volesse annusarmi. L’iperventilazione era impossibile ormai da evitare, ero al buio, in un letto, con Edward… un ragazzo che non conoscevo nemmeno da una settimana! Ma che situazione assurda era? E poi, cosa diavolo stava facendo lui? Non sapeva nemmeno chi ero a momenti, e si avvicinava a me come se fossi la sua… come se fossi la sua ragazza da sempre…
Quando le dita fresche di Edward iniziarono a sfiorare il mio braccio, in un dolce e leggero su e giù il mio cervello rischiò un collasso sensoriale, ma fortunatamente mantenni la lucidità, quel tanto che bastava per girarmi verso di lui per fronteggiarlo.
«Si può sapere cosa diavolo stai tentando di fare? Dormono tutti! Vuoi svegliarli?» sussurrai, tentando di mantenere la voce il più bassa e ferma possibile, cosa non facile, fidatevi!
Provate voi a sussurrare, sibilando e mantenendo il controllo, non era una cosa da poco!
Di tutta risposta nella penombra vidi balenare il sorriso del magnifico ragazzo che avevo accanto. È già, volenti o dolenti la bellezza mozzafiato di Edward era un dato di fatto… negarla sarebbe stato idiota, era bello e affascinante, molto simpatico, ma di lui non sapevo altro, nulla, nada de nada, niente, nothing. Era un completo estraneo per me, e quell’estraneo continuava ad abbracciarmi, accarezzandomi dolcemente la schiena e sussurrandomi a pochi, troppo pochi, centimetri dalla bocca.
Lo sentii sorridere con un sospiro, stringendosi ancora di più a me.
«Assolutamente no, altrimenti non potrei fare questo…» disse, prima di avvicinarsi lentamente alle mie labbra. Fortunatamente un briciolo di razionalità mi era rimasta, e posi tra le nostre bocche la mia mano, non ero quel tipo di ragazza, non mi sarei lasciata abbindolare da due begli occhi e da un fisico sexy, mai e poi mai. Si, lo so, “mai dire mai”, ma mannaggia a me, me lo prometto, lo giuro a me stessa, non avrei ceduto quella notte, nemmeno alle sue mani che mi carezzavano i fianchi.
Mi scostai da lui, premendo sul suo petto con le mie mani, scuotendo la testa e ripetendo molteplici “no” sottovoce. Mi voltai, dandogli le spalle, ma a quanto pare era un ragazzo tenace, visto che si avvicinò nuovamente al mio orecchio.
«Di cosa hai paura, una volta soltanto non ti ucciderà, fammi assaggiare solo un secondo le tue labbra, ti prego, solo una volta…» la sua mano si protese e mi cinse il mento, girando leggermente la mia testa verso di lui, non pensavo l’avrebbe fatto subito, così non ebbi la prontezza di evitare l’incontro tra le nostre bocche. Fu un secondo, mi scostai immediatamente e mi rintanai sotto la coperta, in pochi secondi decisi cosa fare, ovvero calciare Seth per farlo svegliare. Una ginocchiata ben assestata al fianco lo fece sussultare, facendo tornare Edward magicamente al suo posto.
L’indomani avrei raccontato tutto a Seth e ad Alice, senza dubbio. Ma cosa mi era preso? Roba da prenderlo a calci nelle zone dove i dolci raggi solari non battono già al primo approccio, cose da schiaffi cavolo, perché non l’avevo allontanato con più decisione? Ok, era un ragazzo bellissimo, simpatico, sexy e tutto il resto, ma io non ero il tipo di ragazza da sbaciucchiare uno pseudo sconosciuto!
Inutile dire che non chiusi occhio per tutto il resto della notte, che passai incollata a Seth con la scusa che avevo freddo. Salutai con gioia, forse per la prima volta in vita mia, l’arrivo dell’alba. Quando ci svegliammo pian piano tutti, andammo di sopra a fare colazione, dopo di che io ed Alice restammo a pulire, mentre Seth riportava a casa i ragazzi. Ma poi sarebbe tornato, sia per aiutarci a rimettere in sesto la casa, sia perché l’avevo implorato. Misi i vestiti con i quali ero arrivata li il giorno prima, sistemando nella borsa pigiama e vestiti da sera. Con i miei cari jeans almeno ero più comoda per pulire e rassettare. Circa mezzora dopo arrivò Seth, che fece i lavori più pesanti, spostò i letti, i materassi, i mobili ecc ecc. io nel frattempo avevo la testa lontana, pensavo a come dire ai miei migliori amici cos’era successo… Edward mi ha baciata? Mi sono lasciata baciare da Edward? Io ed Edward ci siamo baciati? Maledetta me! Maledetto lui!
Sbuffando mi gettai sul divano appena sistemato abbracciando un cuscino. Il mio volto imbronciato esprimeva al meglio il mio stato d’animo. Fossi stata in un cartone animato avrei girato con la nuvoletta nera sopra la testa. Il mio tetro umore non sfuggì ai miei migliori amici ovviamente, che però non capivano cosa fosse andato storto nel mio risveglio per farmi avere un aspetto così… incazzoso…
«Bella, tutto bene? Che ti prende?» mi domandò Alice, che fino a tre secondi prima invece era stata raggiante. A quanto pare Jasper le piaceva veramente molto.
«Si, tutto… No, non va bene niente! Cazzo!» ringhiai affondando la testa nel cuscino per il nervosismo che mi stava divorando. Non esisteva che mi capitasse una cosa simile, non a me! Ero arrabbiata con Edward fuori misura, ma ancora di più lo ero con me stessa… come avevo potuto lasciarglielo fare? Perché non avevo svegliato prima Seth? Cosa cavolo mi era saltato in mente di abbassare la guardia con quella sottospecie di polipo al mio fianco? Fanculo… a tutti e a me soprattutto!
«Hey piccola, che ti succede? Hai dormito male? O è qualcos’altro?» tsk, dormito male, ci farei la firma per avere alle spalle una notte di cattivo sonno. Non avevo minimamente chiuso occhio, avevo passato la notte in allerta a pensare ed a rizzare le orecchie al minimo rumore che potesse significare un avvicinamento di qualsiasi tipo di Edward. Che nottataccia…
«Io..umpf, baciato… cazzo, uffa, Edward… mannaggia…» Boffonchiai soffocando la voce nel cuscino. A quanto pare Seth ed Alice stavano tentando di mettere insieme quel poco che avevo detto, ma con scarsi risultati…
«Ma secondo te ti sentiamo? Tira su la faccia da quel cuscino e non borbottare, che è successo?»
Ok, dovevo farmi forza e dirlo ai miei migliori amici no? Loro dovevano saperlo,  e poi mi avrebbero saputa consigliare al meglio su come comportarmi con lui. Feci un profondo respiro e feci riemergere il mio viso dal cuscino. Respirai ancora un paio di volte, avevo il terrore che mi giudicassero male, che mi prendessero per una sgualdrina, per una facile…. Ero terrorizzata all’idea di perdere la stima dei miei amici… ma dovevo essere sincera con loro, fino in fondo, nel bene e nel male, sempre, era questo il valore più grande dell’amicizia, la sincerità. Senza sincerità dove si poteva costruire una solida base, l’amicizia era effimera ed inconsistente. Moltissime volte chiamiamo amici tutte le persone con le quali usciamo la sera, tutte le persone che ci vogliono bene, e mediamente sono anche tanti, ma a quanti di loro apriamo veramente il cuore? A quanti mostriamo la nostra vera essenza, la nostra anima, il nostro modo di fare è diverso da ciò che veramente siamo? Quanti ci conoscono per davvero? O almeno conoscono una parte sostanziosa del nostro carattere? Veramente molto pochi. Seth ed Alice erano gli unici a conoscermi come le loro tasche, così come io leggevo Alice come un libro aperto e scritto a caratteri cubitali. Con Seth facevo ancora un pochino di fatica, era un libro aperto, ma in latino. Capivi qualche parola, magari il senso generale del pensiero, ma ti sfuggiva sempre qualche variante, qualche postilla, era una concezione molto labile del suo essere. Lui però era sempre disposto a fornirti un ottimo dizionario. Mi feci forza e dissi cosa era successo tutto d’un fiato, rapidissima e strizzando gli occhi per non vedere nei loro occhi il disprezzo che volevo ricevere, perché lo meritavo… ero stata un’idiota, una scema, e meritavo di perdere almeno un briciolo della loro stima.
«IoedEdwardcisiamobaciatistanotte!»
Attesi qualche secondo, poi visto che non accadeva nulla inizia a sbirciare da sotto le palpebre cosa era accaduto. Assolutamente nulla. Alice era immobile seduta al mio fianco con lo sguardo vitreo e perso chissà dove. A Seth era caduta la mascella invece, e mi guardava allibito.
«Ok..» disse Alice riprendendosi dallo stato di semitrance in cui sembrava fosse caduta. «Ok, Seth raccogli la bocca o ti si sloga la mascella, Bella… voglio ogni minimo dettaglio, non tralasciare nulla.» Alice era calcolata mentre parlava, non era la sua curiosità ingestibile a parlare, voleva sapere i dettagli per formulare un capo d’accusa in piena regola, verso Edward. Il suo tono era supplichevole, come se mi stesse chiedendo moltissimo, aveva capito che non ero affatto felice di quello che era successo. Nel frattempo Seth aveva richiuso la bocca e si stava stropicciando la faccia con una mano… era stupito oltre ogni dire… ma non incrociò mai il mio sguardo, così lo abbassai. Lui era deluso da me, lo sentivo…
«C’è poco da dire, ci ha provato, ho detto no mille volte, alla mille e uno non ho risposto. Chi tace acconsente a quanto apre. Quindi mi ha baciata. Tre secondi, non di più, poi l’ho scansato e ho dato un calcio a Seth perché svegliandolo sapevo che Edward si sarebbe allontanato…». La mia follettina annuiva e corrugava le sopracciglia, alternando un’espressione che diceva “Aah, ho capito” ad un’altra che invece diceva “brutto pezzo di merda”. Raccontai tutto, prendendomi le colpe che avevo, e dando ad Edward quelle che invece aveva lui, mentre i ascoltavano entrambi i miei amici erano attenti, nessuno espresse giudizi, mi lasciarono finire di sfogarmi, poi Seth mi abbracciò, ed Alice iniziò la sua arringa.
«Allora, vediamo se ho capito bene; questo qui entra in casa mia, ci prova per tutta sera con la mia migliore amica, si sdraia accanto a lei per dormire, allunga le sue luride manacce e tenta un approccio, non si ferma davanti al suo rifiuto, insiste, insiste ancora, la coglie di sorpresa nel momento di distrazione, più che giustificato perché Edward è veramente un gran bel ragazzo mi permetto di dire, e la bacia. Non contento quando lei lo stacca nuovamente non si da per vinto e costringe lei a prendere a calci il mio migliore amico, per farlo svegliare, in modo tale da allontanare il suddetto sciupa femmine e le sue manine, che prossimamente verranno private dalla sottoscritta delle falangi una per una… ho reso abbastanza l’idea oppure ho scordato qualcosa…. Seth?». Io ero allucinata da quella ragazza. Doveva fare l’avvocato, sicuramente, sapeva rigirare la frittata come le faceva comodo, e qualunque cosa dicesse era oro colato per i suoi ascoltatori.
«Oh si, sei stata chiarissima, ma hai scordato la parte in cui il migliore amico preso a calci non si limita a tenerlo fermo mentre tu gli stacchi le falangi, ma si attiva per eliminare il pericolo di approcci indesiderati alla radice dello stimolo. Meglio prevenire che curare no? Se lo privassimo del suo apparato generatore di stimoli ad allungare le manine, risolveremmo alla radice il problema. » Ok, ora iniziavano a farmi paura però… mi ero persa il passaggio nel quale mi scagionavano da tutte le colpe? Mi ero lasciata baciare io alla fin fine, non avevo urlato, non l’avevo preso a schiaffi, non l’avevo allontanato con decisione, e lui sentendo la mia indecisione aveva colto l’attimo, la colpa era anche mia!
«Hem ragazzi… la colpa è anche mia… se fossi stata più decisa nello scostarmi e nel dirgli di no probabilmente si sarebbe fermato… non è che mi ha immobilizzata e mi ha costretta a baciarlo… alla fine sono stata anche io a fare la mia parte…. Avrei potuto scostarmi, solo che non l’ho fatto… non so perché… ma non l’ho fatto. La colpa è anche mia…»
Mi pentii di aver aperto bocca quando incrociai lo sguardo di Seth, che mi fece immediatamente capire cosa si intendesse con l’espressione “sguardo di fuoco”. Sembrava letteralmente che nelle sue iridi castane lingue di fuoco danzassero sotto la superficie… era furente.
Sapevo che di li a poco avrei subito il lavaggio del cervello dai miei migliori amici, che non mi avevano giudicata, ma anzi, avevano immediatamente lapidato di colpe ed insulti Edward. La cosa mi faceva sentire meglio? Un pochino forse si, ma dentro di me sarebbe per sempre rimasta la consapevolezza di averlo baciato, per quei pochi secondi, anche io l’avevo baciato, ed il ricordo delle sue labbra sulle mie sarebbe rimasto per sempre indelebile nella mia testa. Colpe o non colpe.

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Capitolo 8
*** Violence... ***


Ormai chiedere scusa per il ritardo è poco, perdonatemi e spero che il capitolo vi piaccia, baci

canzone del capitolo:


Back in Black - AC/DC



Quando finirono le varie ramanzine finalmente potei tornare a casa, la mia fantastica casetta silenziosa! Papà e Sue erano usciti per un’escursione vicino al fiume, in pratica quella povera donna era stata trascinata a pesca da mio padre. Avere la casa vuota mi permise di farmi una doccia rilassante e di tenere il muso per tutto il tempo di cui ne avevo bisogno. L’acqua bollente e il dolce profumo dello shampoo alle fragole distesero un pochino i miei nervi, e mi permisero di pensare con un pizzico di razionalità. Il problema che mi assillava non era direttamente Edward, ma il motivo del mio continuo pensare a lui! Cioè, parliamone… ok che ero restata sconvolta, era poco che mi ero lasciata con Jacob alla fine… e lui… era stato il mio primo ragazzo, il mio primo amore, mai prima di lui avevo baciato qualcuno, tantomeno per una storia di una notte… ma d’altronde, che potevo farci? Edward era una calamita maledizione! Non avevo mai visto un ragazzo tanto bello e tanto sensuale, sexy, si era sexy cavoli! Avevo baciato il ragazzo più bello dell’intero liceo di Forks probabilmente… anzi, eliminiamo il probabilmente e sostituiamolo con “sicuramente”.

Sbuffando mi rigirai con il volto premuto sul cuscino, e chiusi gli occhi, si pensa meglio ad occhi chiusi? Forse;  io mi addormentai e basta, dopo la nottata insonne avevo assolutamente bisogno di qualche ora di fase Rem. E grazie al cielo non sognai nulla, furono fantastiche ore di vuoto totale, di blackout celebrale. Una goduria, il sonno migliore che potesse capitarmi dopo tutte le paranoie che mi ero costruita nelle ultime ventiquattrore.
Mi svegliò il trillo acuto della sveglia, erano le sette e trentanove… di lunedì…
Strizzai gli occhi più volte, tentando di mettere a fuoco l’orario, sperando in fondo che i numeri cambiassero e non sancissero il mio ennesimo ritardo.
Saltai giù dal letto e mi fiondai in bagno. Mi ero addormentata con i capelli bagnati, quindi ora avevo uno stramaledetto porcospino in testa!  Mi pettinai per sciogliere i nodi, ma i ciuffi ribelli non volevano restare al loro posto. Rinunciai e tornai in camera, dove indossai in fretta un paio di jeans e una felpa nera. Presi dal fondo dell’armadio una berretta mai usata e me la calcai in testa. Sperando che con l’umidità mattutina i miei capelli prendessero la piega giusta. Mi fiondai giù dalle scale con la sacca in spalle, e afferrando il pan tostato al volo corsi in auto. Come succedeva quasi sempre, mangiai mentre guidavo verso la scuola, pregando che la campanella aspettasse me per suonare, e riuscendo a varcare la porta dell’edificio in perfetto orario. Come ci riuscivo? Non ne ho la più pallida idea! Avevo ipotizzato un tunnel temporale lungo il tragitto, un teletrasporto dell’auto, una mia ipotetica super-velocità nei movimenti ( l’avevo esclusa ancora prima delle altre). La mia conclusione finale era stata mio padre che aveva messo la sveglia con dieci minuti di ritardo, in modo da farmi arrivare in orario. Quell’uomo quando voleva sapeva essere diabolico, anche se efficientissimo.
Quando arrivai al mio armadietto tolsi la berretta, contemplandomi allo specchietto che avevo incollato sullo sportello. I capelli erano fantastici! Non mi sarebbero usciti così nemmeno se avessi fatto la piega dal parrucchiere! Avevano il classico aspetto spettinato ma ordinato, erano veramente strepitosi!
Sorridendo, soddisfatta della riuscita dell’esperimento con la berretta, misi i libri a posto, e mi diressi verso l’aula. Prima lezione biologia, noiosa oltre ogni dire, ma con Alice non c’era da preoccuparsi, avremmo chiacchierato tutto il tempo!
Quando la raggiunsi sospirò di sollievo.
«Mettere la sveglia prima no è? Ti diverte troppo tanto correre come una pazza di buon’ora!» mi disse appena mi sedetti accanto a lei. Di tutta risposta le regalai una magnifica linguaccia.
L’insegnante entrò subito dopo, e ci annunciò un fantastico… compito a sorpresa! Mostro malefico e sadico che non era altro… fortunatamente erano cose abbastanza semplici, almeno alla C speravo di arrivarci… forse addirittura una C+…
Terminata la prima ora infernale del orribile lunedì mattina, ci dirigemmo nuovamente agli armadietti. Avevamo quindici minuti prima della prossima lezione, quindi potevamo fare con calma. Quando però raggiunsi il mio armadietto qualcosa mi impediva di aprirlo.
Jacob era appoggiato con una spalla proprio sul mio sportello, ma la cosa non mi fece male, mi fece solo incazzare! Buon segno no? L’avevo finalmente rimosso dal mio cuore! Colpa anche di Edward? Beh, sorse un pochino, ma solo un pochino!
«Si da il caso che qualcuno dovrebbe mettere via i libri. Spostati da li!» dissi avvicinandomi e dandogli una spallata. Sembrò sorpreso della mia reazione, che si aspettava? “mio caro amore perduto sposta per cortesia la tua possente spalla dal mio misero armadietto, se non ti è di troppo disturbo…” ma per favore…
«Hem, scusa… senti, io… volevo parlarti…» farfugliò mentre indietreggiava. Scoccai un’occhiata ad Alice, la quale mi fece capire di non saperne nulla. Come biasimarla? Anche lei non parlava più con quell’idiota da quando era finita la nostra storia e l’aveva trattata come una pezza da piedi.
Misi via i libri, presi quelli nuovi e chiusi l’armadietto con un tonfo, girandomi poi a fronteggiarlo.
«Parla, che vuoi?» stupì perfino me stessa la glacialità con cui pronunciai quelle parole, ed a quanto pare anche Jacob ci rimase male, ancora più di prima. Mi spostai in modo da avere Alice alle spalle di Jacob, così avrei potuto vedere le sue facce. Era un’amica fedele, e mi conosceva meglio di me stessa, quindi tenevo molto da conto i suoi pareri.
Quando Jacob si riscosse iniziò a borbottare frasi insensate, non capii una parola, ma poi sembrò riprendersi e d io cominciai a capire alcune parole…
«Si, ecco… io, volevo chiederti… si insomma, se ti va… se puoi… una di queste sere…»
Non riuscì a continuare… fu interrotto dalla cosa più strana che mi era mai capitata.
«Hey, ciao Bella…» furono queste le parole pronunciate dalla voce di quel ragazzo con il grado di erotismo fuori dai livelli standard, prima che le sue braccia mi cingessero i  fianchi e le sue labbra salutarono la mia pelle con un bacio soffiato sul collo.
L’espressione di Alice rispecchiava quasi totalmente la mia credo… mai come in quel momento avevo desiderato un fotografo che mi immortalasse, per poter rivedere la mia faccia in quel momento esatto.
Dire che mi pietrificai è riduttivo, divenni letteralmente una statua di marmo con l’espressione più perplessa dell’intero universo conosciuto e non! Ma cosa aveva nel cranio quel ragazzo??? Segatura e criceti atrofici??? Ma cosa gli saltava in mente? Nel corridoio della scuola? E mentre parlavo con il mio ex ragazzo?? Ma… cos’avevo fatto di male io? Nonostante fossi immobile avevo una chiara percezione delle sue mani sul mio ventre e del suo mento, dolcemente appoggiato alla spalla. Dove aveva posato il suo corpo, sembrava che il mio rispondesse al suo richiamo surriscaldandosi. Dove mi aveva baciata mi era venuta la pelle d’oca.
Mi riscossi il più in fretta possibile e sgusciai fuori dal suo abbraccio, anche se con una punta di riluttanza, che soffocai con la rabbia, che a sua volta fu soffocata dalla diplomazia e dalla maschera che misi immediatamente, costruita con sorrisi e calma. Anche Alice si ricompose, raccogliendo la mascella dal pavimento e spostandosi verso il muro.
«Ciao Edward, che ci fai qui?» che domanda cretina, ci viene a scuola!
«Stavo andando a lezione e sono passato a farti un saluto.» disse sereno, con un sorriso ricco di promesse stampato in faccia. Maledetti ormoni. La scena che seguì la vidi solo dall’esterno, nel senso che non potei fare nulla per evitarla, sembrava di vedere un film in TV. Vedi, capisci, prevedi cosa accadrà, ma non puoi far nulla per modificare il finale.
Edward girò la testa verso Jacob, facendo guizzare i muscoli del collo. Il mio ex ragazzo intanto aveva le braccia tese come corde di violino, e i pugni serrati, con le nocche quasi bianche dalla forza con cui li stringeva. L’atmosfera si caricò di rabbia e sfida, di odio e violenza. Jacob non aspettava altro che un pretesto per scatenarsi contro Edward, e quest’ultimo non vedeva l’ora di procurargliene uno, anche più che valido a giudicare dalla sua espressione.
Iniziai ad avere paura quando Edward si girò completamente verso Jacob, e facevo bene.
«E tu che vuoi? Hai problemi con me forse?» sbeffeggiò Edward, squadrando Jake senza riguardo. Sembrava stesse prendendo le misure per calcolare ad occhio chissà cosa. Alice mi venne vicina e mi trascinò più vicina agli armadietti, fuori dalla portata dei ragazzi, che erano ufficialmente sul punto di darsele.
«Oh no, sei tu che avrai problemi, gravi anche! Ti mando dritto al reparto di ortopedia se non tieni le tue luride mani lontane dalla mia ragazza, amico! » ringhiò Jake.
Ma aspetta un secondo… precedetti Edward nel rispondere, visto che sembrava sorpreso dalla rivelazione, probabilmente all’oscuro del fatto che fosse una rivelazione anche per me. Una rivelazione che mi rese felice, ma non perché volevo ritornare con lui, solamente perché ora avevo il coltello dalla parte del manico, e non avrei avuto rimorsi nell’usarlo, affondandolo completamente nel cuore di colui che aveva fatto sanguinare così tanto il mio.
«Come prego? Non ho sentito bene forse… mi è parso di udire che tu ti riferissi a me come “la tua ragazza”» dissi mimando le virgolette con le mani, e avanzando di un passo verso di lui.
«Forse te ne sei dimenticato, ma non sono più la tua ragazza… mi hai mollata… sulla chat di un social network tra l’altro… l’avevi dimenticato? e ora vieni qui a fare il possessivo con me? A rivendicare il tuo possesso su di me? Beh, hai sbagliato tutto! Non sono più tua, mi hai ferita, sono guarita, fine della storia. Non c’è più posto per uno come te nella mia vita! E ora vattene.» ringhio ogni singola parola riempiendola con la rabbia che mi ha logorato in questi mesi, sfogando il rancore, il dolore, la frustrazione, tutte scivolate all’interno di quelle parole di veleno che mi stavano uscendo dai denti, sputate fuori come spine.
Jake rimase immobile, allibito dalle mie parole e furente di rabbia. In un secondo mi piombò addosso, a meno di un centimetro da me, furibondo. Non riuscì a dire nulla però, perché Edward lo afferrò e lo spinse con forza contro gli armadietti. Il fracasso che fecero fu assordante, la paura più grande che avevo era che si ferissero seriamente, mettendo a rischio anche la loro carriera scolastica. Fortunatamente la sala insegnanti era molto lontana, e nessuno accorse a vedere cosa stava accadendo, se non qualche studente curioso.
«Adesso ascoltami bene schifoso bastardo!» sibilò Edward all’orecchio della furia che aveva attaccato al muro, «se ti avvicini ancora una volta a lei in questo modo, pensando di metterle le mani addosso, o anche solo spaventandola con una qualsiasi reazione, non mi limiterò a mandarti in ortopedia, finisci dritto in sala operatoria! E se avrò fortuna potrò anche contattare mio padre in modo che ti lasci crepare sotto i ferri! Andrò in galera ma almeno mi sarò tolto la soddisfazione di cancellare dalla faccia della terra un individuo pezzente come te.» con un ultimo strattone si allontanò da Jacob, lasciandolo confuso ed incazzato contro la fila di armadietti. Pochi secondi dopo se ne andò con un’uscita ad effetto, sfondando l’armadietto di qualche povero sfortunato con un pugno. Borioso e spaccone che non era altro.
«Tutto bene ragazze?» chiese Edward avvicinandosi a noi. Era stato veramente gentile ad intervenire, non era obbligato…
«Si, si stiamo bene, » dissi guardando Alice, anche lei un po’ scossa ma illesa, «solo uno spavento… non dovevi disturbarti… hai rischiato di farti male, o di finire nei guai…» bofonchiai così il mio ringraziamento, completando il quadro della mia patetica risposta arrossendo.
«Ma piantala, mio padre è un chirurgo affermato, è una delle persone più in vista di tutta Forks, ed inoltre è molto amico del preside, non mi sarebbe successo nulla a livello scolastico! Per il fisico invece quello è solo uno spaccone, non ha tecnica, solo muscoli e niente materia grigia. Mi stupisce che tu stessi con uno così…» i suoi occhi verdi mi entrarono nella testa, fermandomi il respiro e facendomi scordare il mio nome. Fortunatamente mi ripresi alla svelta, e scrollando le spalle abbozzai un “si sbaglia nella vita…”.
Si era fatto tardi, e dovevamo andare a lezione. Edward si offrì di accompagnarci fino in classe, onde evitare che magari facessimo altri spiacevoli incontri.
Quando la nostra aula era ormai in vista Edward mi chiamò un secondo in disparte. Nonostante tenesse d’occhio Alice comunque, mi fece una proposta che mi lasciò perplessa, soprattutto su me stessa e sulla mia rabbia e sete di vendetta.
«Senti, ti ho detto prima dell’amicizia tra mio padre e il preside… se tu vuoi… insomma, potrei tranquillamente accennargli all’episodio di oggi e far espellere quello là… così saresti certa che non ti importunerà più… ovviamente è una tua scelta, solo se lo vorrai io ne parlerò, altrimenti sarò muto come un pesce. Decidi tu.» rimasi veramente allibita. Jacob. Espulso. Era l’apice della vendetta, l’apoteosi della ripicca. Gli avrei rovinato veramente l’anno accademico. Una misura disciplinare così lascia il segno, e quest’anno avevamo gli esami…
Mi vergognai immediatamente di aver considerato quell’ipotesi. Mi ero già sfogata, non avevo bisogno di punirlo ulteriormente, avrebbe convissuto lui con il rimorso, non io, io avevo voltato pagina, ero andata avanti. Non valeva la pena di esagerare, in fondo non credevo fosse pericoloso, era irascibile, ma non era il tipo che avrebbe alzato le mani su due ragazze, di quello ero sicurissima.
«Ti ringrazio, ma preferisco di no… vedi, non sarebbe da me. Ero molto arrabbiata con lui per come mi aveva trattata, ma ora è finita, gli ho detto quello che avevo da dirgli, e sono seriamente convinta che l’umiliazione subita poco fa gli basti e avanzi come lezione. Quest’anno ci sono gli esami Edward, e una cosa del genere non può comprometterne l’esito, per nessuno…»
Edward sorrise, e sistemandomi un ciuffo dietro l’orecchio mi sussurrò che ero troppo buona.
Mi lasciò davanti alla porta dell’aula, dicendomi che ci saremmo rivisti più tardi.
Ero a dir poco perplessa da come si erano svolte le cose quella mattina. Era solamente la seconda ora di lezione e già era successo il finimondo, cosa mi avrebbero riservato le ore seguenti? Spero nulla di simile, perché di rabbia e aggressività ne avevo avuto abbastanza per l’intera settimana!
Quando mi accasciai sulla sedia Alice non disse nulla, mise solo una mano sulla mia, per farmi sapere che c’era per me, qualunque cosa fosse accaduta, di qualsiasi cosa avessi mai avuto bisogno, Alice ci sarebbe sempre stata per me, sempre.


Spero veramente vi sia piaciuto e spero di aggiornare molto più alla svelta. fatemi sapre cosa ve ne pare, e colgo l'occasione di ringraziare chi mi lascia sempre un commento ^_^ è bellissimo per me leggerli ^_^
baci

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Capitolo 9
*** Attack! ***


Ciao a tutti! ecco il nuovo capitolo, l'avevo pronto da qualche giorno però non ho avuto un secondo per postarlo! ma volevo darvelo prima di natale quindi eccomi qui! ^_^
Colgo l'occasione per ringraziare tutti quelli che seguono questa storia, o che l'hanno inserita tra le preferite o le seguite, grazie davvero!

un grazie ancora più grande ovviamente va a coloro che mi regalano il loro tempo scrivendomi i loro pareri! grazieee!! è veramente bellissimo per chi scrive leggere le vostre impressioni e come vivete voi la storia. Ma ora la smetto di straparlare qui, buona lettura!


canzone del capitolo:
Attack! - System Of A Down


Cap 7 - Attack!


La mattinata scolastica era iniziata veramente malissimo, quindi non volevo assolutamente illudermi, con pronostici idilliaci sulla sua continuazione. Speravo solo che la situazione non degenerasse e che arrivasse presto l’ultima ora.
Mi accontentai persino dell’arrivo dell’ora di pranzo. E per essere felici di entrare in una mensa maleodorante a mangiare cibo schifoso che, fidatevi, non era per nulla allettante, voleva dire che ero proprio disperata. Se poi pensavo ad un possibile incontro casuale tra Edward e Jacob mi veniva la nausea. Ma ero comunque disposta a sopportare tutto, se faceva in modo che il tempo scorresse più veloce, e sicuramente stare in compagnia dei miei amici avrebbe accelerato leggermente la lancetta.
Quando io ed Alice varcammo la soglia, fummo investite dal solito lezzo di olio fritto, rifritto e fritto ancora una volta, misto a broccoli e altri odori non meglio identificati. Che schifo la mensa scolastica! Prendemmo un vassoio ed iniziammo ad ispezionare i vari contenitori di metallo, che racchiudevano il nostro pseudo pranzo. La regola era “prendi solo quello che riconosci” quindi niente puree varie, salse ecc. Persino gli hamburger era meglio evitarli. Alla fine il nostro vassoio era colmo di carote tritate, insalata mista, mais, qualche fetta di pollo e acqua. Non era andata poi così male, i guai arrivavano quando il pollo finiva e dovevi accontentarti della pasta. E fidatevi, la pastasciutta della mensa era l’esperienza più raccapricciante che può capitare. Un miscuglio colloso di pasta stracotta e sugo non meglio identificato che ti vengono sbattuti nel piatto. La cosa peggiore è che nel piatto continuano a mantenere la forma del mestolo. Orrendo. La descrizione della consistenza e del sapore ve la risparmio, il solo ricordo mi fa venire il vomito. Indescrivibile e raccapricciante.
Ci dirigemmo svelte verso il nostro tavolo, dove Seth, Edward, Jasper, Rose ed Emmett ci aspettavano, con lo stesso contenuto nel vassoio, Emmett escluso. Lui era un cassonetto dei rifiuti ambulante! Ingurgitava di tutto, l’importante era che fosse dichiarato commestibile! E talvolta non era un requisito propriamente fondamentale!
Salutammo e ci sedemmo, io accanto ad Edward, ed Alice accanto a Jasper. Tra i due si era creato un certo feeling, e nei giorni seguenti avrei indagato sulla faccenda. Oggi era una giornata troppo negativa per toccare l’argomento, avrebbe potuto persino portare sfiga!
«Hey, come va? Hai più avuto problemi?» mi chiese Edward appena mi fui sistemata.
«No no, tutto ok, va benissimo ora! Sono un po’ lente le ore, ma per il resto tutto ok! E tu?»
«Non mi lamento, anche se ti avviso, mi è dispiaciuto non fracassagli il naso, e se si riavvicina, non metterti in mezzo. Te lo chiedo per favore, fallo per me, ma soprattutto per te stessa! Rischieresti di farti male con un’idiota del genere coinvolto!». Il suo sguardo era penetrante, intenso, come se volesse entrarmi nell’anima ed incidere quelle parole nella mia mente. Mi ritrovai ad annuire come un’ebete, promettendo di non interferire, ed implorando il caso di non mettermi nella condizione di doverli separare.
Ovviamente il caso, il destino, il fato, o come cavolo volete chiamarlo, mi fu avverso. Infatti pochi attimi prima che ci alzassimo per tornare in classe, arrivò Jacob, avvolto da un’aurea di rabbia allo stato puro. Se ne accorsero tutti nella mensa, e non trovò ostacoli nella sua avanzata verso il nostro tavolo. Si avvicinava come una furia, accecato dalla rabbia e dalla sete di vendetta. Con finta nonchalance urtò violentemente la spalla di Edward, che ancora seduto faticò leggermente ad ammortizzare il colpo. Feci per alzarmi, ma la mano di Edward  piombò sul mio braccio, velocissima ma con estrema delicatezza, ed il suo sguardo, assieme al “no” che sibilarono le sue labbra, mi fecero stare seduta ed obbediente. Aveva il fuoco negli occhi, in quei due pozzi di smeraldo ardeva il fuoco nero della rabbia. Si alzò ed andò a testa alta verso Jacob, che con spacconeria teneva le braccia incrociate al petto.
«Stai più attento quando cammini, rischi di urtare la persona sbagliata!» ringhiò Edward.
Sul viso di Jacob si dipinse un ghigno strafottente, che avrebbe fatto incazzare anche un monaco buddista. Ed Edward non era un monaco buddista, anzi. Sembrava di rivivere nella realtà quelle scene dei cartoni animati, dove tutto attorno ai due sfidanti diventa scuro e l’elettricità invade l’aria circostante. Era una scena surreale. Mi agitai ancora di più quando vidi i ragazzini di prima correre fuori, molto probabilmente ad avvisare gli insegnanti. Non volevo che Edward finisse nei casini per colpa di un’idiota arrogante.
Non mi accorsi nemmeno del braccio che si muoveva, fatto sta che lo fece, e fu quello di Jacob a scagliare il primo affondo verso la faccia di Edward, che però fu rapido a schivare. Fu altrettanto rapido ahimè ad alimentare la rabbia di Jake, stuzzicandolo con l’arma più potente di sempre, la parola.
«Tutto qui? Grande, grosso, e idiota sapevo che lo eri, speravo almeno in doti tipo: agilità, rapidità, forza… ti ho sopravvalutato parecchio, sai? Invece sei solo un inutile omuncolo, un rifiuto sociale, che ricerca nella violenza uno sfogo alla sua misera e frustrante esistenza, fatta di mediocrità! Cosa vuoi ancora da me? Un’altra umiliazione? O forse… rivuoi la tua ex ragazza? Sottolineo e ribadisco, EX?!».
Ecco fatto, alea iacta est, il dado è tratto, e si salvi chi può! Stava per scatenarsi un putiferio! Conoscevo abbastanza Jacob da capire quando stava per esplodere, ed ora era veramente troppo vicino al punto di non ritorno!  
Il suo respiro diventò più profondo, più rabbioso. Ed anche il suo sorrisetto si tramutò immediatamente in un ghigno terrificante. Mi voltai verso Emmett e Seth, ma non c’erano. Erano già posizionati in modo da scongiurare la catastrofe grazie al cielo. Emmett era dietro Edward, gli altri due avevano preso Jake alle spalle. Speravo veramente che non dovessero intervenire, ma erano utopie. Infatti pochi secondi dopo Jacob si avventò verso Edward con il pugno destro alzato; se l’avesse colpito gli avrebbe rotto non solo il naso!
Ma Edward mi stupì ancora, schivando il pugno scostandosi di lato, ed afferrando il braccio di Jake lo fece ribaltare sfruttando la forza della sua carica. In pochi secondi Jacob si ritrovò con la faccia  a terra e le braccia bloccate dietro la schiena.
Edward si chinò verso l’orecchio di Jacob, evidentemente non ancora contento della vittoria, per farlo infuriare ulteriormente.
«Ed eccoti di nuovo a fare la figura del fesso. È un ruolo che ti si addice sai? Ti avevo avvisato di non avvicinarti mai più, ma tu non hai ascoltato, non hai colto l’occasione per evitarti l’ennesima figuraccia, non hai resistito alla tentazione di fare il gradasso. E cosa ci hai guadagnato? Una probabile lussazione alla spalla ed una pugnalata mortale al tuo orgoglio. Contento ora?»
Jacob non ebbe il tempo di ribattere, visto che un’altra voce tuonò nella mensa, ormai quasi deserta. Era la voce del preside, ed era alquanto alterata.
«Black, Cullen, Swan, Brandon , Hale e Clearwater, nel mio ufficio, adesso!!!».
I guai si facevano seri. Le convocazioni di gruppo erano sempre le peggiori, rischiavano di andarci di mezzo tutti quanti a causa di quell’idiota.
Ci trascinammo verso l’ufficio, dove entrammo uno alla volta, prima Edward, poi Jacob ed a seguire la sottoscritta. Quando entrai mi ritrovai a sprofondare in una sedia orrenda e scomodissima, davanti al preside della Forks High School, che prima di allora reputavo una creatura mitologica, visto che non l’avevo mai incontrato. Era un ometto grassoccio, praticamente pelato e con degli occhialetti rotondi che lo rendevano fin troppo simile ad uno strano gnomo gotico. Aveva le guance arrossate, e la sua pelle aveva quella lucidità tipica delle pelli sudaticce. Nonostante l’aspetto però i suoi occhietti neri erano di una profondità disarmante, ed in quel preciso istante erano anche abbastanza arrabbiati. Con la fronte corrucciata e il viso alterato iniziò bruscamente il nostro colloquio.
«Allora signorina Swan, mi vuole spiegare di grazia cosa diavolo è accaduto in mensa? La avviso che propendo per l’espulsione di entrambi i ragazzi coinvolti direttamente, mentre per voi altri una punizione salata, quindi veda di convincermi a cambiare idea in meno di cinque minuti, e se non pensa di farcela si alzi immediatamente e non mi faccia perdere tempo!».
La rabbia mi avvolse. Come si permetteva quell’idiota di trascinarci tutti con lui nel fango? No, mai glie l’avrei permesso, mai e poi mai! Cosa c’entravamo poi noi altri con la rissa? Va bene, io c’entravo, ma gli altri no cazzo! Anche questo strano hobbit incravattato ci si metteva oggi?
L’ira mi fece trovare il coraggio di parlare con risolutezza, soffocando quel briciolo di ragione che mi ricordava che avevo davanti l’essere, seppur strano che fosse, che teneva nelle sue mani la mia carriera scolastica!
«Ok, la farò breve. Jacob Black è l’unico colpevole. È un ragazzino immaturo e viziato. Abbiamo avuto una storia, mi ha scaricata, ed ora che mi sono rifatta una vita predente le mie attenzioni, ed importuna di continuo me e chi mi sta accanto. Stamattina, se non fosse intervenuto Edward, probabilmente mi avrebbe fatto del male, e sarebbe stata coinvolta anche Alice Brandon, solo perché stavo chiacchierando con Cullen in corridoio. E poco fa, a mensa, è entrato già furibondo, ha volontariamente dato una spallata ad Edward, per provocarlo, ed è stato anche il primo, e l’unico, a tentare di colpirlo a pugni in faccia! Edward si è limitato a schivare i colpi, ed alla fine lo ha immobilizzato, visto che non ragionava più. Jasper, Emmett e Seth erano pronti ad intervenire se la situazione si fosse aggravata, e non nel senso che si sarebbero uniti alla rissa, li avrebbero divisi!
Io e le altre ragazze eravamo spaventate, l’unico tentativo che ho fatto per impedire tutto ciò è stato bloccato sul nascere da Edward, che temeva per la mia incolumità, punto e basta. Non c’è altro, non ci sono colpe per gli altri ragazzi, o per Edward. » mi accasciai sulla sedia, avevo veramente parlato così al preside? E avevo veramente detto al preside i miei problemi di cuore? Ma scherziamo?
Sfumata la rabbia la mia razionalità si riattivò, facendo tornare il mio tono di voce e le mie parole su una frequenza più adatta per parlare con il preside.
«Mi scusi, non volevo essere impertinente o sgarbata, o maleducata, o altre cose che non sono… solo che… mi scusi, ma sono così arrabbiata! Forse dovrebbe espellere solo me, estirperebbe il problema alla radice…» non osavo alzare gli occhi dalle mie dita, che si intrecciavano nervosamente tra di loro, inscenando una strana danza nevrotica. Non volevo essere espulsa, ma forse così Edward e Jacob non avrebbero più litigato, non ne avrebbero avuto motivo, no?
«Oh, per favore signorina Swan! Non ho la minima intenzione di espellerla! Lei è una studentessa modello, stesso discorso vale per la signorina Brandon e gli altri la fuori. Anche il signor Cullen è un ottimo studente. Discorso che ahimè non vale per Black… è veramente stato lui ad iniziare? Non me lo sta dicendo per una sorta di vendetta? Sa, a volte una delusione d’amore si porta dietro una rabbia che non fa ragionare al momento, è veramente sicura?» disse il preside. Mi aveva veramente capita? Non era arrabbiato con me? Oddio, magnifico!
«Si signore, sono sicura, lo chieda pure a chiunque era nella mensa, è stato Black ad iniziare, Edward non ha risposto agli attacchi, si è limitato a difendersi, nulla di più.»
«Perfetto, allora lei ed i suoi amici potete andare, compreso il signor Cullen. A Black ci penso io. Mandamelo dentro prima di andartene, non darà più problemi. Giustificherò il suo linguaggio poco consono per stavolta, tenendo conto del fatto che la trovo molto scossa dall’accaduto, e che in ogni caso ha ritenuto opportuno scusarsi. Spero di non rivederla in questo ufficio mai più. Le concedo una visita rapida per ritirare eventuali documenti da presentare per l’ammissione al college. Buona giornata.» mi rispose lui, liquidandomi con un gesto frettoloso della mano. Annuii ed uscii rapidamente dall’ufficio. Seduti nella sala d’attesa c’erano tutti i ragazzi, esclusi i due litiganti, che si trovavano  in piedi, appoggiati al muro con la schiena. Ovviamente l’uno dalla parte opposta dell’altro.
Quando mi videro uscire alzarono tutti gli occhi verso di me, quasi a voler capire a chi toccava, se ero ancora intera, se sapevo qualcosa sulla loro sorte. Un provvedimento disciplinare all’ultimo anno, con gli esami alle porte, non era certamente uno scherzo, quindi erano tutti preoccupatissimi.
«Jacob, il preside vuole vederti. » dissi voltando leggermente il capo verso di lui. Quando vidi che non aveva intenzione di rispondermi mi girai verso gli altri, e dissi loro che potevamo andarcene. Alice e gli altri tirarono un sospiro di sollievo ed alzandosi iniziarono ad avviarsi verso l’uscita. Edward invece non si mosse. Lo guardai, ma non accennava ad alzare lo sguardo.
«Edward, anche tu devi venire via.» gli ribadii avvicinandomi leggermente. Quando alzò lo sguardo su di me aveva praticamente un punto di domanda stampato in fronte. Probabilmente era già pronto psicologicamente all’espulsione e alla conseguente reazione dei suoi genitori. Sicuramente si era già visto appioppato il cinquanta percento della colpa dal preside, e non si aspettava una conclusione così rosea per se stesso. Jacob la pensava allo stesso modo a quanto pare, visto che dietro di me diede un pugno al muro, talmente forte, da far tremare una misera assicella di legno, che reggeva con difficoltà una povera piantina rinsecchita. Con quell’ultimo gesto immaturo si diresse verso l’ufficio, sbuffando e, se possibile, ancora più arrabbiato di prima. Quando la porta si chiuse alle sue spalle mi rilassai, e tornai a fissare Edward.
«Davvero ti ha detto che posso andare? Non mi espellerà per aver fatto a pugni nella mensa?» mi chiese raddrizzandosi e staccandosi lentamente dal muro, quasi come se temesse di non reggersi bene sulle proprie gambe. Era stato così buono e disponibile con me, alla fine era finito nei guai solo per proteggermi, non certo perché l’avesse voluto di sua spontanea volontà!
«Si, gli ho spiegato la situazione. Tutta la situazione. E gli ho detto che tu non hai mai risposto agli attacchi di Jacob, ma ti limitavi a schivare; che l’unica volta nella quale l’hai toccato è stato quando hai temuto per la mia incolumità, e per quella di Alice. Ho detto solo la verità, ed il preside ha ritenuto che potevo andare, e dire anche a te che eri libero di andartene. Non mi ha detto altro, quindi non penso ci saranno provvedimenti di alcun tipo. Puoi stare tranquillo… e comunque, grazie per quello che hai fatto, anche se non eri obbligato… grazie davvero…».
Edward allora sospirò sollevato e di slancio mi abbracciò. Il profumo di miele e l’odore della pelle del suo giubbino mi invasero le narici. Appena inspirai nuovamente quella fragranza il mio cervello tornò al bacio che mi aveva rubato, facendo perdere un battito al mio cuore.
«Non sei tu che devi ringraziarmi, sono io che dovrei dirti mille grazie! Se tu non mi avessi difeso davanti al preside, sarei stato espulso di sicuro. Invece tu sei andata a raccontargli i tuoi fatti privati, in modo da non far ricadere la colpa su di me. Non è una cosa facile da fare, e non tutti l’avrebbero fatta per uno come me, soprattutto per quello che ti ho fatto quella sera. Per questo sono io a ringraziarti. Ma non prendere questi ringraziamenti come mio scuse in merito a quel bacio, se potessi tornare indietro, lo rifarei, e anche meglio se devo essere sincero…»
Quando mi staccai ero certa di essere arrossita vistosamente, quindi tenni la testa bassa. Le sue parole sussurrate vicino al mio orecchio mi avevano fatto venire la pelle d’oca, in più il mio battito cardiaco era accelerato di parecchio.
«Ok, ora qui abbiamo finito. Torno a casa, ci vediamo!»  dissi velocemente, prima di dileguarmi rapida come un fulmine nel corridoio. Non mi fermai nemmeno a parlare con Alice e gli altri. Mi fiondai verso la mia auto e partii verso casa.
Maledetto Edward Cullen, la sua galanteria, il suo profumo, la sua voce e il suo essere dannatamente irresistibile! È ma adesso basta farmi prendere di sorpresa, sarei passata al contrattacco. E quale arma migliore potevo usare, se non il suo migliore amico, non che mio migliore amico?
Avrei fatto una gran bella telefonata con Seth quella sera, proprio una gran bella chiacchierata virtuale, giusto per scoprire qualche tallone d’Achille da punzecchiare.
Che la guerra abbia inizio!






Ecco, altro capitolo finito ^_^
spero di leggere ancora tanti commenti, mi sono utilissimi per capire se la mia storia arriva come voglio io, se le cose si capiscono, se devo migliorare, sistemare, ritoccare ecc qualsiasi cosa! e poi grazie alle recensioni riesco a capire se sono riuscita a tenere il filo del discorso! xD alla fine io avendo già l'intera storia in testa ho sempre il terrore di incasinarmi e di non spiegarmi bene!!! ^_^ speriamo non capiti!
un bacione, Buon Natale, e se non aggiorno prima Buon Anno a tutti!!!!

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Capitolo 10
*** Oscar come migliore attrice: vinto! ***


Entrai in casa nera di rabbia, scaraventando la porta d’ingresso prima contro la parete e poi ributtandola negli stipiti. Furente mi diressi verso le scale, ignorando Sue, uscita dalla cucina, probabilmente spaventata dal rumore. Mio padre aveva fatto un salto carpiato sul divano invece.
«Bells ma sei impazzita per caso?» mi urlò Charlie mentre ero a metà scala. Non risposi, mi limitai a riservare lo stesso trattamento violento alla porta di camera mia.
Gettai lo zaino a terra e mi lanciai sul letto. Abbracciando il cuscino e digrignando i denti iniziai a pensare a come far pagare ad Edward  il suo atteggiamento strafottente!
Dire al preside che era anche colpa sua? No, non mi avrebbe creduto ormai.
Dovevo essere superiore ed ignorarlo? Oh no, non stavolta! Avevo già tentato quell’approccio e non era servito a farlo desistere dall’importunarmi.
Come si fa ad importunare una persona così? Edward non era imbarazzato da niente e da nessuno, non avevo armi contro di lui… non ancora…
Rotolai giù dal letto ed afferrai lo zaino. Trovai il mio cellulare e digitai il numero di Seth. Lui mi avrebbe sicuramente aiutata.
«Ciao Bella! Grazie per averci scagionato con il preside oggi, se mia mamma avesse scopert- »
«Non serve che mi ringrazi, ho solo detto la verità!»  dissi interrompendolo «Mi serve il tuo aiuto, mi serve sapere come farla pagare ad Edward per come mi tratta! Non sono un fottutissimo oggetto! E non sono la sua puttana alla quale può dire e fare quello che gli pare, e non mi riferisco al bacio, parlo del suo comportamento incoerente in generale! Maledizione prima aizza Jacob, poi mi difende, poi mi bacia, poi mi ignora, poi mi punzecchia con battute allusive e maliziose, io così non vado avanti! Devi dirmi il suo punto debole Seth, dove posso colpire per farlo smettere?»
Un lungo silenzio seguì la valanga di parole, interrotto solo dal mio respiro, e dal fischio di Seth.
«Ma che ti ha fatto di nuovo? Sei incazzata come una vipera, non ti ho mai vista così agguerrita! In ogni caso, sto salendo ora in auto, vengo da te e ne parliamo ok? »
«Non correre. E non pensare nemmeno per un secondo di riuscire a farmi ragionare!» riattaccai e mi rotolai sul materasso.
Seth non avrebbe parlato facilmente, Edward era un suo carissimo amico alla fine, dovevo tirare fuori le unghie. A cosa non poteva resistere il mio migliore amico? Alle fanciulle in difficoltà, bene, sarei diventata una fanciulla in difficoltà, seduta stante!
Quando pochi attimi più tardi la macchina di Seth si posizionò sul vialetto, urlai a Sue di farlo salire, attuando così il mio diabolico piano per fargli cantare non solo l’ira del pelide Achille, ma il tallone! Ok, stavo divagando, e non me lo potevo permettere. Concentrazione Bella, concentrazione!
Quando la mole immensa del mio amico entrò nella piccola stanza, il mio piano era già avviato, e stava già riuscendo. Mi ero letteralmente scartavetrata gli occhi guardando il finale di Titanic, così li avevo arrossati per bene, inscenando quindi una disperazione profonda.
«Bella che hai?» mi chiese preoccupato. Mi sentivo in colpa? Si da morire. Avrei smesso? No, finché il punto debole di Edward non fosse entrato nella mia sfera di conoscenza.
«Seth non ce la faccio a farmi trattare così, ti prego… Voglio che smetta, e voglio essere in grado di farlo smettere da sola! Ti prego…» implorai fingendo di singhiozzare sul cuscino. Ero una pessima attrice, ma Seth era un pessimo osservatore. Alice mi avrebbe già smascherata.
«Ok, ok, ma non piangere.. Edward è innamorato perso da un anno ormai di Tanya, la biondona del corso di moda e design… E vuole farla ingelosire, trattando le altre ragazze come lei tratta lui… sono consapevole che sia meschino da parte sua, ma cerca di capire, alla fine lui non è cattiv-» non gli lasciai finire la frase, saltai in piedi, mandando all’aria la mia interpretazione da Oscar, con un sorrisone e saltellando per la stanza. Abbracciai forte Seth, ringraziandolo di cuore per tutto.
Il poveretto era pietrificato, probabilmente ancora sconvolto dal fato di essersi fatto fregare così.
«Brutta strega! Non azzardarti a dire o fare strane cose con Edward, mi ammazza se scopre che ti ho detto qualcosa!» mi gridò contro, leggermente alterato. Ma non mi importava al momento, sapevo che mi avrebbe perdonata, voleva troppo bene alla sua sorellina per tenerle il broncio a lungo.
Quella sera, iniziai a progettare la disfatta di Edward Cullen, che sarebbe iniziata l’indomani!

Si, lo so, avevo detto che era incompiuta, ma io per principio detesto chi lascia le storie a metà.. mi sono sentita in colpa da morire, e mi sono detta: "ok, l'ispirazione non c'è, però la trama l'avevo già imbastita, perchè non sforzarsi almeno di finirla, in modo da non lasciare il finale sospeso?" e così eccomi qui... la finirò! ed in fretta anche! ^_^ ho già preparato alcuni capitoli, che posterò ogni giorno. Sono più brevi di quelli che partorivo prima, ma vi assicuro che non ho tagliato niente, la storia è esattamente quella originale. saranno certamente meno belli, e mi dispiace, però avrete un finale, lo giuro!
scusatemi per l'attesa, per l'interruzione e per la maleducazione che vi ho dimostrato con il mio egoismo da autrice frustrata!
spero vi faccia piacere questa mia decisione, ciao ciao!

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Capitolo 11
*** Vendette e rimorsi ***


Secondo aggiornamento, sto aggiornando velocemente, quindi potreste esservi persi il capitolo precedente! (meglio avvisare in vano che farvi spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)

I corridoi della scuola erano gremiti di gente, ed io camminavo al centro, a testa alta, sicura di me stessa e del mio piano. Non vedevo l’ora che quel brutto gradasso zoticone mi si parasse davanti, così da poter sfoderare finalmente la mia arma segreta. Dietro di me trotterellava Seth, ancora imbronciato, ma meno offeso della sera prima. Alla fine aveva convenuto con me, che Edward aveva passato il limite, e meritava una lezioncina.
Neanche a farlo apposta, mentre Edward appariva all’orizzonte, la fantomatica Barbie Tanya usciva dal bagno delle ragazze. Che bella coincidenza, no?
Edward colse la palla al balzo, correndo verso di me con un sorriso smagliante, pronto ad abbracciarmi. Fui più svelta, scansandomi e rischiando di assistere ad un dolce abbraccio tra Seth e lo zoticone, che però non demordeva.
«luna storta oggi Bellina?» mi disse cingendomi le spalle.
«No, affatto, era una giornata magnifica prima che la tua faccia entrasse nel mio campo visivo.» risposi acida, ottenendo almeno di stupirlo. Non era proprio abituato quel cafone a sentire la parola “NO” da una donna? Beh, gli conveniva abituarsi!
Liberai le spalle dalla sua presa, e mi diressi al mio armadietto, dove lui si appoggiò, impedendomi di aprirlo. Quando mi votai irritata verso di lui, il suo volto era troppo vicino per essere un avvicinamento casuale. Quel brutto maiale credeva veramente di potermi cogliere ancora di sorpresa? Ignorai gli occhi e le labbra, spintonandolo via con entrambe le mani, e senza arrossire. Dieci punti per Bella!
Il mio gesto a quanto apre lo sconvolse, considerando l’espressione da tonno che gli si dipinse in volto. Povero Eddino cretino, non hai idea di cosa ti aspetta.
Avevo deciso di non usare la carta Tanya se non in caso di stretta necessità. Ero arrabbiatissima, ma non era comunque nel mio carattere vendicarmi così brutalmente, rivangando i sentimenti delle persone. Ma stava a lui decidere, se non avesse cambiato atteggiamento, nulla mi avrebbe frenato dall’usare quella carta, che mi assicurava la vittoria.
«Hey, come siamo scontrose, non mi sembrava che la mia vicinanza ti disturbasse tanto quella notte…» mi sussurrò lascivo. Ricordate cosa avevo appena detto? Perfetto, ora la carta andava usata.
Ok importunarmi, ok abbracci e vicinanze respingibili con un cenno del braccio, ma le allusioni non le accettavo.
«Invece di ronzare intorno a me, perché non vai ad infastidire quel fiorellino biondo laggiù? Sicuramente è più adatta alle tue esigenze come ragazza, ha la tua stessa fama!» risposi pacata, pietrificandolo.
Presi i libri, chiusi l’armadietto e me ne andai. Il tutto senza che lui muovesse un solo muscolo. Il potere della conoscenza era fenomenale. Inoltre non avevo nemmeno dovuto rivelare che era stato Seth a rivelarmelo, visto che avevo semplicemente alluso ad una somiglianza caratteriale. Ed infatti sia Edward che Tanya a scuola, avevano la stessa fama. Lei era quella facile, lui quello che andava con tutte. Erano perfetti per stare insieme no?
E allora perché mi rimanevo così male? Forse perché alla fine io ero stata, in parte, una di quelle “tutte”? o per altro?
No, sicuramente era solo il mio orgoglio ferito, che con la vendetta stava riacquistando forza e vigore. Nessuno poteva trattare così la sottoscritta, e non ottenere la minima conseguenza.
Entrai in aula, e passai serenamente tutta la giornata. Persino a mensa Eddino non si fece vivo. Pace, santa, meritata, ambita e sudata pace! Finalmente mia! O almeno, così credevo…

Passarono i giorni, e di Edward nemmeno l’ombra. Non l’avevo più visto a scuola, nemmeno a mensa, e nemmeno nel parcheggio. Era sparito dalla circolazione, ed io non avevo la minima intenzione di chiedere informazioni a riguardo ai miei amici.
Alice e Jasper ormai erano inseparabili, non si erano ancora dichiarati ufficialmente, ma la loro unione ormai era nota a tutti.
Non avevo mai visto il mio folletto così felice ed arzillo! Aveva veramente trovato l’amore? Speravo proprio di si, Jasper era un ragazzo d’oro, ed oltre che bellissimo era anche molto dolce e romantico. In più aveva una dote fondamentale per poter stare con Alice, la pazienza!
Quel povero ragazzo sopportava di tutto, senza lamentarsi troppo, dallo shopping alle feste, agli addobbi, al cambio look che la mia piccola trottola gli aveva imposto. E nonostante tutto lui continuava a guardarla come se fosse la cosa più bella e preziosa di tutta la terra, come se fosse la sua stella guida, come se tutto gravitasse attorno alla felicità della sua dolce fatina.
Erano veramente fantastici insieme, perennemente in sintonia, non li avevo mai visti litigare, forse proprio perché Jasper viziava Alice, accontentandola in tutto? Probabile, ma in ogni caso se a lui andava bene così, erano tutti felici.
Seth aveva smesso di tenermi il broncio, anche se talvolta mi lanciava velenose frecciatine riguardo al tradimento, all’amicizia ed alla meschinità che si celava dietro al mentire agli amici. Insomma, niente allusioni alla mia interpretazione drammatica sul mio letto, assolutamente no.
La cosa che più mi dava sui nervi, era che tra la sparizione dello zoticone e quelle battutacce, avevo iniziato a sentirmi veramente in colpa per aver trattato male Edward. Che sia maledetto il mio stupidissimo carattere, ma mi sentivo male per aver toccato un tasto tanto dolente, per aver fatto star male una persona. Ok, lui aveva iniziato con me, ma mi aveva fatta arrabbiare, mai soffrire… la mia unica sofferenza causata da lui, era in verità generata dal mio cervello e dal mio orgoglio, che mi avevano imposto la vendetta e la rabbia verso quel ragazzo. Mi ero comportata male, e ne ero pienamente consapevole, ma cosa potevo fare adesso? Niente.
Scusarmi era fuori discussione, chiedere di lui a Seth idem. Mi avrebbe tormentata facendomi sentire anche peggio. Ma possibile che per una volta che mi vendicavo io di un torto subito dovevo pure sentirmi in colpa? Maledizione!
Mi alzai dal tavolo, e sistemai il vassoio con il cibo intatto sul bancone della mensa. Non avevo fame in quei giorni, e la cosa non era minimamente collegata all’assenza di Edward!
O forse si?
No, non lo era.
Maledizione, sembravo una persona con problemi di personalità multipla!
Ok, appena avrei visto Edward gli avrei parlato, gli avrei esposto i miei argomenti e le mie ragioni, confidando che il suo piccolo neurone inattivo capisse la mia posizione, e catalogasse come “scuse” il mio tentativo di ridurre i miei sensi di colpa. Ok, era un ragionamento contorto, ma poteva funzionare no?

Non vidi Edward per altri due giorni, ma poi finalmente intercettai la sua figura nel parcheggio, alla fine delle lezioni.
«Edward!» lo chiamai, correndogli incontro. Era una violenza per il mio ego, ma la mia coscienza non mi avrebbe dato tregua se non avessi chiarito la situazione.
«Cosa vuoi da me? Ti ho lasciata in pace, non era questo quello che volevi ragazzina?» mi rispose, sibilando l’ultima parola.
Era veramente arrabbiato con me, non avrebbe ascoltato una parola di quello che avevo da dirgli, avrei solo peggiorato la situazione. Ma ormai ero davanti a lui, non potevo semplicemente chiedergli “hey, ciao, come va?” mi avrebbe mandata al diavolo.
Ma perché quegli occhi verdi non mi facevano pensare? Ogni volta che incrociavo quei due smeraldi era impossibile per me articolare frasi di senso compiuto!
«Volevo parlarti…» dissi, andando il più vicino alla verità possibile, pur non dicendola tutta. Non era mentire, era omettere, e la cosa è ben diversa!
«Bene, hai una bocca ed una lingua. Sai parlare, e guarda che caso! Io ho perfino due orecchie ben udenti, quindi posso addirittura sentirti. Non vedo altri impedimenti. Parla.» da quando era diventato così acido? Ah già, probabilmente da quando la sottoscritta gli aveva sbattuto in faccia la verità sul suo conto, smontando la facciata da duro che si era creato con tanta fatica con una semplice allusione alla sua innamorata. Ok, mi sentivo decisamente in colpa.
«Ok, ecco.. volevo… mi dispiace per come ti ho trattato l’altro giorno. Anche se avevo tutte le ragioni, sono passata dalla parte del torto dicendoti quelle cose.» non erano esattamente scuse… era più una ritrattazione delle parole dette. Ed avevo anche sottolineato la mia posizione, ero nel giusto ad essere arrabbiata con lui per il suo atteggiamento. E questo non poteva contestarlo.
Fu la sua reazione però, la cosa che più mi sorprese.

ecco, questo mi è uscito più lunghetto, come vedete gli aggiornamenti sono rapidi, perchè ormai ho scritto tutti i capitoli, quindi non vedo il motivo di tenerli nel pc a far niente! ciao ciao!! ^_^

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Capitolo 12
*** stupido cuore! ***


terzo aggiornamento, sto aggiornando velocemente, quindi potreste esservi persi i capitoli precedenti! (meglio avvisare in vano che farvi spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)

Dopo le mie pseudo scuse, il viso di Edward abbandonò il cipiglio di superiorità ed incazzatura, che aveva assunto nel vedermi, lasciando spazio alla sorpresa. Non si aspettava quel mio intervento, si aspettava altri insulti, altre invettive, altre  offese, non che io mi sentissi in colpa per le parole dette.
Sentii le guance arrossarsi, era imbarazzante stare lì così, in oltre ormai il parcheggio era vuoto, dovevo tornare a casa!
«Ora devo andare, ci si vede… Ciao!» dissi, indietreggiando e salutandolo con la mano. Era le seconda volta di seguito che me ne andavo lasciandolo pietrificato. Non era un buon segno!
Arrivata alla macchina aprii la portiera e mi fiondai nell’abitacolo, l’umidità dell’ambiente che mi circondava era fastidiosa, sembrava entrarti nelle ossa e inumidirti persino le articolazioni. Come avesse fatto mio padre a viverci per tanti anni, sarebbe sempre rimasto un mistero. Ma forse non conoscendo il mondo esterno, anche una scatola buia può apparire accogliente ed accettabile, è quando prendi una persona abituata al sole, al mare, al caldo ed alla brezza leggera, e la scaraventi in uno schifo di posto, dove il verde ed il fango regnavano sovrani ed il sole compariva tre volte l’anno a far tanto, che ottenevi un esaurimento nervoso.
Sbuffai, e partii alla volta di casa, facendo come sempre attenzione alla strada umida, pure quella.
Il cuore era più leggero senza i sensi di colpa, ma aveva iniziato a farmi strani scherzi. Pensavo ad Edward, ai suoi occhi, a quella notte a casa di Alice… ed erano  ricordi piacevoli. Ricordi piacevoli,  persino la sua scenetta teatrale fuori dall’ufficio del preside era catalogata dal mio stupido cuore come “ricordo piacevole”.
Ma sicuramente era una questione di sensi di colpa, che non erano ancora svaniti del tutto. Non poteva esserci altra motivazione.

Le giornate passavano, sempre tetre, uggiose e banali. Amici, scuola, casa e ancora scuola. La classica vita monotona da studentessa.
Edward era tornato a frequentare il nostro tavolo a mensa, e l’argomento Tanya non era più stato sfiorato. Dal canto mio, avevo ancora quei problemini al cuore, ed iniziavo ad infastidirmi. Quello stupido musco letto vitale, iniziava a battere all’impazzata ogni volta che per sbaglio Edward mi toccava. Che fosse il suo gomito a mensa, o la sua mano quando ci salutavamo o qualsiasi altra parte del suo corpo in qualsiasi situazione casuale, il mio cuore accelerava a dismisura, perdendo ogni tanto qualche battito.
Ma la cosa che mi irritava di più, era che questo fatto mi causava non poco imbarazzo, imbarazzo che veniva scambiato da Alice come “dolce sintomo di innamoramento”, e quindi, sempre secondo alice, la autorizzava a trapanarmi le orecchie con continui consigli e suggerimenti su come dichiararmi ad Edward. A nulla valevano le mie proteste e le mie negazioni, ormai era convinta.
E sinceramente lo ero anche io, solo non avevo la minima intenzione di ammetterlo con me stessa. Il mio stupidissimo cuore poteva fare tutti i salti mortali che voleva, ma a comandarmi sarebbe stato sempre e solo il mio amato cervello.
Mi ero innamorata di Edward Cullen?
No. Era solo una stupida cotta passeggera, dovuta al fatto che fosse un bel ragazzo, molto affascinante e carico di carisma. Ma non avrebbe mai potuto funzionare, avevamo interessi opposti, personalità opposte, gusti opposti, modi di fare opposti, famiglie opposte, persino i nostri gusti alimentari e scolastici erano opposti!
E guai a chi si azzarderà a dire “gli opposti si attraggono”, perché non è così!

questo invece è insulso, chiedo venia, ma non c'è stato niente da fare!
ciao a tutti quelli che ancora mi sopportano!

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Capitolo 13
*** Alice, me la pagherai! ***


hu
quarto aggiornamento, sto aggiornando velocemente, quindi potreste esservi persi i capitoli precedente! (meglio avvisare in vano che farvi spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)

Il mio orgoglio e la mia cocciutaggine mi aiutavano, e non poco, ad ignorare i sentimenti che effettivamente stavano nascendo per Edward. Non potevo permettermi una cotta per lui, non dopo quello che era successo. Eravamo solamente amici, semplicissimi amici!
Bastavano Alice e Jasper come coppia nella compagnia, non ne serviva un’altra. Stavo bene così.
E poi Edward mi lasciava stare, è vero, ma non aveva certo smesso di correre dietro a tutte le gonnelle della scuola! E al 90% delle volte riusciva a concludere qualcosa con la ragazza che puntava. Saranno gli occhi, sarà il sorriso, sarà il fascino, ma nessuna, o quasi, gli diceva di no.
Certo, aveva preso i suoi bei ceffoni, molti dei quali, anzi, tutti, meritati, ma alcune di quelle che l’avevano preso a schiaffi, erano solo arrabbiate per non aver avuto una seconda chance con lui, non per il fatto che le avesse usate e gettate come cartastraccia.
Certo che molte ragazze avevano l’anima profonda come una pozzanghera e il cervello grande come un chicco di riso.
Camminavo nei corridoi affollati, urtando in continuazione contro spalle e zaini altrui, persa nei miei pensieri, quando incontrai l’essere che causava tutto quel trambusto nella mia testa e nel mio cuore.
Edward avanzava verso di me, con grandi falcate sicure e decise, colpendo con il suo sorriso tutte le fanciulle che si trovavano sulla sua strada. More, bionde, rosse,  castane, persino quelle dalle tinte più strane gli riservavano uno sguardo ammiccante.
Roteai gli occhi in alto, sbuffando. Mi infastidiva da morire quel suo atteggiamento. Continuava a ricordarmi che io non ero nessuna in particolare, ero solamente una delle tante, tantissime ragazze che correvano dietro al più bello della scuola.
Quando mi raggiunse invertì la direzione, camminando al mio fianco.
«Buongiorno Bellina, svegliata con  la luna storta come al solito?» mi schernì, procurandosi un’occhiataccia.
«Se è sempre storta significa che ormai si è stabilizzata, quindi è dritta secondo il mio nuovo criterio di misurazione.» risposi pacata.
Santo cielo, risultavo acida persino a me stessa, e non ero nemmeno vicina al ciclo! Cosa potevo diventare? Un mostro fatto di acidi! Di questo passo, la trasformazione era ormai alle porte.
«Ook, ti accompagno in classe, posso?» mi chiese.
Ormai lo faceva tutti i giorni, da un mese a questa parte. Probabilmente il far credere alle altre ragazze, di essere affezionato ad una in particolare, scatenava un processo di invidia che gli procurava molti più successi.
In sostanza ero semplicemente una routine che doveva svolgere per avere più ragazze nel suo harem.  La cosa mi disturbava abbastanza, ma non potevo rifiutare quei pochi minuti che rubavo, in sua compagnia.
«Ho parlato con alice la settimana scorsa… quella ragazza è un uragano!» mi disse, dopo qualche secondo di silenzio.
Quell’affermazione mi stupì, alla fine vedeva la fatina ogni giorno a mensa, e si parlavano tranquillamente. Cosa aveva di speciale quell’avvenimento per essermi comunicato?
«Ok… e allora?» chiesi curiosa, mantenendo comunque un vago accenno di acidità involontario. Stavo veramente diventando una mostruosa creatura velenosa? A quanto pareva, si.
«Beh, ora siamo arrivati Miss veleno, ne parliamo a fine lezione, ti può andar bene? Magari andiamo a berci un caffè alla tavola calda qui fuori…» esclamò Edward, quando effettivamente eravamo ormai di fronte all’aula di storia.
«Ok,  non c’è problema, a dopo allora!» dissi entrando in aula, mentre lui si allontanava.
Fortuna volle che Alice fosse già sistemata al suo posticino, accanto al quale c’era un fantastico banco vuoto, che era il mio.
Mi sedetti, ignorai spudoratamente l’insegnante appena entrato e sibilai all’orecchio della mia compagna:
«Che cosa hai detto ad Edward?».
Lei mi guardò con occhioni innocenti, prova lampante che era più che colpevole, ed alzando le mani in segno di resa mi assicurò di non aver detto niente di niente ad Edward.
Le credevo? No, decisamente no!
«Non mentirmi, ti conosco da anni, non me la dai a bere! Non sono né Jasper, né tantomeno Seth, quindi dacci un taglio con la commedia e sputa il rospo!»
Non so se fu il mio tono di voce o la mia espressione ad indurla a parlare, fatto sta che lo fece, e la odiai profondamente per quello che mi disse.
La signorina impicciona infatti aveva avuto la brillante idea di andare a spifferare ad Edward che la povera Isabella era innamorata di lui, ma si vergognava a dirglielo, perché lo vedeva andare con tante ragazze,  e non si sentiva all’altezza eccetera eccetera.
Gli aveva riferito tutte cose vere, ma il fatto saliente della mia incazzatura, era che quelle cose non andavano dette ad Edward!
La guardai sconvolta. Mi sentivo tradita, presa in giro ed umiliata. La mia migliore amica di sempre, come aveva potuto farmi questo?
Non saprò mai cosa vide nei miei occhi, ma posso dire con certezza di aver visto la paura nelle sue iridi. Mi alzai dal banco, presi la mia cartella ed uscii.
Al diavolo la professoressa di storia, tanto avevo i voti altissimi, mi sarei scusata in seguito.
Ora l’unico mio problema era uscire da quella stanza, e mettere tra me e quella che credevo essere la mia migliore amica, più metri possibile.
Mi avviai al mio armadietto, tirai fuori le chiavi ed il resto delle mie cose e mi avviai al parcheggio.
Non me ne importava nulla delle lezioni, avrei finto un qualche malanno, oppure un’emergenza di qualche tipo. Non mi importava, volevo solo andare via.
Codarda? Fifona? Si, lo ero. Stavo scappando dal tradimento, stavo scappando dall’incontro appena organizzato, stavo scappando da una conversazione che non volevo avesse luogo, stavo scappando dalla mia migliore amica, che aveva sbriciolato la fiducia che riponevo in lei in pochi secodni, stavo scappando da Edward, e dallo sguardo pietoso che mi avrebbe riservato dopo le lezioni.
Non avrei potuto sopportarlo, preferivo vivere il mio amore nell’ombra, e sperare, confidare in un miracolo, in una svolta, in un colpo di scena, piuttosto che avere la certezza che tra me e quel ragazzo bellissimo dagli occhi color speranza, mai e poi mai sarebbe accaduto qualcosa di romantico.
Arrivata alla macchina entrai nell’abitacolo, dove l’odore di menta piperita del deodorante riempiva l’aria.
Misi in moto ed uscii di fretta dal parcheggio, diretta a casa, al sicuro, tra le quattro mura che ormai avevo eletto a fortezza. Mi sarei rintanata nel letto morbido, sotto le coperte, e sarei rimasta lì fino all’indomani. Forse anche di più. Avrei perso la cognizione del tempo, ma non mi importava nulla.
Il rumore della ghiaia del vialetto mi riscosse dai pensieri. Maledizione, avevo guidato d’abitudine, senza prestare la minima attenzione alla strada. Pessima mossa, pericolosissima e stupida mossa.
Come da programma entrai in casa, chiusi a chiave la porta e mi coricai in camera.
Non avevo programmato di piangere, eppure lo feci.
Prima Jacob, ora anche Alice.
Perché tutti quelli a cui tenevo mi facevano del male? Ed io, stupida, ero sempre pronta a perdonare, a passare sopra alle cose, a superare con maturità i problemi. Ma cosa ci guadagnavo? Altri colpi, altre bastonate, altre delusioni.
Perché l’aveva fatto? Perché Alice aveva detto quelle cose ad Edward? Cosa le avevo fatto per meritarmi un trattamento simile?
Perché?
Ecco l’unica domanda che mi ronzava fastidiosamente nella testa, e che nonostante i miei sforzi non trovava risposta, poteva solo sfogarsi nel pianto e tramutarsi in rabbia. E quando le lacrime finirono, avevo ancora troppi perché nella testa, troppi quesiti non espulsi dalle lacrime, troppe domande pronte a convertirsi in rabbia e delusione. Davvero troppe, per poter far prevalere la ragione.
Alice, questa volta non ti perdonerò.

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Capitolo 14
*** reality ***


hu
quinto aggiornamento rapido, sto aggiornando velocemente, quindi potreste esservi persi i capitoli precedente! (meglio avvisare in vano che farvi spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)

Non ero andata a scuola, non avevo risposto a nessuna delle mille telefonate ricevute, avevo ignorato i missaggi di Edward, Alice e persino di Seth. Non volevo sentire nessuno. Non li avevo nemmeno letti, solo mi ero limitata ad aprire e richiudere il cellulare, per evitare che continuasse ad avvisarmi di quella sgradevole presenza non letta.
La mia vita si era ridotta a tre gesti: stare sdraiata, mangiare e farmi la doccia. Non facevo altro. Ed ero pienamente consapevole di quanto fosse deleterio come comportamento, non facendo nulla infatti, la mia mente rivangava gli eventi appena avvenuti, ricordandomi il bruciore del tradimento, l’umiliazione di essermi innamorata di un ragazzo al quale non frega un bel niente di me, il male di essermi anche sentita in colpa! Se non avessi chiesto scusa quella volta, forse ora non sarei qui a crogiolarmi nei miei dispiaceri. Charlie era preoccupato, aveva mandato avanti più volte Sue per parlarmi. Ma aveva ottenuto solo scene mute e vaghi cenni del capo. Nessuno dei due capiva cosa mi fosse capitato, avevo solo espressamente vietato loro di passarmi telefonate o visite. Dovevano semplicemente dire che non c’ero, e gentilmente lo stavano facendo. Una volta avevo sentito suonare il campanello, ed Alice che gridava con mio padre. Voleva che la lasciasse entrare. Mi ero alzata dal letto, mi ero avvicinata al legno lucido della porta, appoggiandovi il capo. Ma non avevo abbassato la maniglia, nonostante la mia mano vi fosse posata.
Avevo solo atteso che Alice si arrendesse. Che se ne andasse, facendo stridere le gomme sull’asfalto nella partenza.
Avevo ignorato i sassolini che Seth mi lanciava alla finestra, ogni sera da una settimana.
Avrei dovuto ritornare a scuola l’indomani, non potevo continuare a fare assenze. Charlie era permissivo, ma non fino al punto da farmi mandare all’aria la scuola.
Avevo telefonato a scuola, chiedendo una variazione delle lezioni. Grazie al cielo era possibile farlo, in modo da non incontrare mai Alice ed Edward. Fortunatamente conoscevo i loro orari, ed incastrai i miei in modo da essere irraggiungibile.
L’unica cosa che non avevo potuto evitare era stata trigonometria, che andava a coincidere con l’orario di Seth. Ma non sarebbe stato un grosso problema.
Avevo mandato Sue a fare scorta di panini ed affettati. Mai più sarei entrata nella mensa scolastica. Chissà con quante si era vantato di avermi fatta innamorare. Non avrei mai potuto reggere quagli sguardi carichi di pietà e sdegno.
Mi facevo schifo da sola, non serviva accentuare questo malessere sopportando anche il riso della gente.
Il campanello suonò, ma in casa non c’era nessuno, quindi potevo limitarmi ad ignorarlo. Se fosse stato qualcuno di importante, sarebbe ripassato oppure avrebbe lasciato un messaggio. La lavagnetta posta accanto al campanello era fatta apposta.
Il campanello suonò nuovamente, accompagnato da forti tonfi sul legno. Qualcuno bussava rabbiosamente. Seth forse? Oppure Alice arrabbiata? Ma cosa aveva da arrabbiarsi? Ero io quella che doveva essere furente con  lei. Invece non lo ero.
Ero delusa, amareggiata, ferita, ma non riuscivo a provare rabbia.
I rumori cessarono, facendo tornare la casa nel silenzio totale.
Chiusi gli occhi, sdraiandomi a pancia in su sul materasso.
Come avrei affrontato la scuola? Ce l’avrei davvero fatta? E se avessi incontrato qualcuno nei corridoi? O nel parcheggio? Forse potevo provare a fare percorsi diversi dai soliti, per limitarne le possibilità…
Mi sentivo una sciocca, non era giusto che fossi io a dovermi nascondere! Io non avevo fatto nulla di sbagliato alla fine, perché toccava a me comportarmi come una fuggiasca?
Aprii gli occhi, fissando un punto non definito del soffitto, e d’un tratto la luce della stanza diminuì. Mi voltai verso il lampadario, ma non l’avevo mai acceso, era pomeriggio inoltrato, era la luce diurna ad inondare la stanza. Mi voltai verso la finestra, e per poco non gridai. Una figura nera mi guardava, tenendo le mani a coppa vicino al vetro per vedere meglio. Era Seth, solo lui poteva occupare l’intera visuale.
Corsi ad aprire, ok che volevo ignorare tutti, ma farli morire fuori dalla mia finestra era un comportamento esagerato, e se fosse scivolato?
Quel pazzo entrò, permettendomi di vedere la scala a pioli che si era portato, per potersi arrampicare.
«Allora, mi spieghi cosa cavolo ti passa per la testa? Dove hai il cellulare? Cosa fai a casa da una settimana? Sei forse impazzita?» mi gridò contro il mio amico, andando avanti ed indietro nella mia stanza, come una fiera in gabbia. Quando vide il telefonino sul comodino lo afferrò senza tanti complimenti ed iniziò a scorrere i messaggi non letti.
«Non ti sei nemmeno disturbata di leggerli?? Alice era preoccupatissima, non sapev-»
«Non me ne frega niente di Alice!» ringhiai rabbiosa.
Come osava quella preoccuparsi per me? Dopo quello che aveva fatto? Come osava?
Seth indietreggiò, stupito dalla mia reazione, ma non meno determinato di prima.
«Ora ragazzina siediti e ascoltami bene! Non so cosa sia passato per la tua testa bacata in questi giorni, ma sicuramente non è la verità! Ti sei fatta un film mentale idiota, prima ancora che potessimo spiegarti come stavano veramente le cose! Quindi ora SIEDITI, ed ascoltami!»  esclamò furente, spintonandomi verso il letto e facendomi sedere a forza. Ero pietrificata, mai avevo visto tanta rabbia sul suo viso. Ma perché ce l’aveva con me? Era lui che non sapeva le cose! Era lui che ignorava i fatti! Feci per dirglielo, aprendo la bocca, ma il suo sguardo mi bloccò le parole in gola.
«Zitta! Sei stata zitta per una settimana, puoi startene in silenzio ancora per un po’! ora mi ascolti! Alice non ha spifferato tutto ad Edward per sport! E se tu fossi stata seduta su quella cazzo di sedia per cinque secondi di più, le avresti dato il tempo di spiegare! Edward le aveva chiesto come poteva fare per conquistarti, perché non glie ne frega niente di tutte le ragazzine che gli corrono dietro, lui vuole te! Per questo voleva parlarti nel parcheggio! Sei l'unica che gli ha tenuto testa, l’unica che l’ha preso a ceffoni senza poi pentirsene, l’unica che non è tornata da lui strisciando ed implorando di essere amata, l’unica che non gli corre dietro come un fedele cagnolino! Lui vuole una ragazza al suo fianco, non una pecora che lo segue!! Quando gli hai sbattuto in faccia la verità su Tanya, non so come, tu l’hai fatto ragionare, gli hai fatto capire che lui si comportava esattamente come lei, e che stava facendo soffrire al tre persone! Gli hai fatto capire con una sola frase quanto la sua vita fosse stata vuota fino a quel momento! Perché credi che facesse il tuo stesso corridoio, tutte le mattine, anche se aveva lezione dall’altro lato della scuola? Solo per vederti! Ma tu non notavi niente, eri chiusa nel tuo guscio rinnegando la verità, auto-convincendoti che di lui non te ne fregava niente, e convincendo anche lui alla fine, che ormai ti aveva persa, che con quel bacio rubato ti aveva allontanata per sempre, che con il suo comportamento da cafone ormai non aveva più speranze! E con questa tua stupida bravata da depressa della malora, hai solo fatto star male Alice, che si è sentita una stronza per non averti spiegato subito come stavano le cose, hai fatto stare in pensiero me da morire, per non parlare dell’inferno che avranno passato Charlie e Sue a vederti così!!! Non voglio nemmeno stare a sottolineare come si è sentito Edward! Maledizione piuttosto che parlargli sei sparita dal mondo, come pensi che si senta??? Devi lasciare parlare le persone! Non puoi carpire la tua verità da poche parole, devi far finire i discorsi!!!! Ed ora mia cara, piantala di frignare, non me ne frega niente di vedere le tue lacrime ora, sono troppo incazzato! Scendi ed apri la porta che Alice è sul portico ad aspettarti! Quando mi calmerò ti chiederò scusa per questo tono brusco, ma fino ad allora muovi il culo e sistema quello che hai combinato con la tua cocciutaggine e il tuo essere precipitosa nei giudizi. Muoviti!» mi gridò, mi ringhiò, mi sbraitò contro.
Le lacrime scendevano silenziose dai miei occhi. Ero stata una cretina, un’idiota di prima categoria!
Avevo odiato la mia migliore amica, incolpandola di un crimine orribile, che nona aveva fatto! Avevo fatto soffrire le persone a cui tenevo di più, avevo persino mandato all’aria una possibile storia d’amore con Edward probabilmente, ed ora anche il mio migliore amico era furente con me.
Ascoltai quello che mi aveva detto, mi alzai tremante dal divano, aprii la porta della camera e scesi verso l’ingresso. Avrei affrontato Alice, ma come? Implorare il suo perdono in lacrime sarebbe bastato? Pregai che fosse sufficiente, perché oltre alle mie lacrime non avevo nulla da offrirle.

eccomi qui! grazie a tutti!!

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Capitolo 15
*** The End ***


hu
sesto ed ultimo aggiornamento rapido, sto aggiornando velocemente, quindi potreste esservi persi i capitoli precedente! (meglio avvisare in vano che farvi spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)

Uscii sul portico, con lo sguardo appannato dalle lacrime, cercando la minuta Alice. La vidi, seduta sul piccolo dondolo di legno, rannicchiata in un angolo, con gli occhi arrossati dal pianto. Non servirono parole, non servirono sproloqui di scuse e nemmeno grandi gesti. Bastò uno sguardo ed un singhiozzo simultaneo, e fu tutto chiaro, tutto espresso.
Le scuse, il dispiacere, i dolore, il tradimento, la fiducia mancata, la fiducia ridata, la rabbia, lo sconforto, l’amicizia, il perdono. Tutto in pochi secondi, tutto senza parlare, tutto senza dirsi nulla, solo guardandosi da lontano. Quando la mia migliore amica si alzò non potei trattenere le mie gambe dal correrle incontro, ed alle mie braccia di cingerla forte, come a suggellare con un abbraccio quel perdono che entrambe desideravamo.
A volte un’incomprensione può far finire il rapporto più bello del mondo, se non viene chiarita in tempo e se le due parti in causa non sono pienamente interessate a risolvere la faccenda. Fortunatamente entrambe avevamo avuto dalla nostra parte Seth, che mi aveva aperto gli occhi e la mente, ad orizzonti che per testardaggine ed ottusità non avevo nemmeno considerato possibili. Ma quante volte la realtà ci sorprende con i fatti più strani?
Nulla è impossibile, ed ora l’avevo finalmente capito.
Mi sentivo una sciocca ad aver dubitato di Alice, ma i fatti mi avevano raccontato una storia diversa, una storia falsa e meschina, una storia che mi aveva fatto gettare fango sull’amicizia secolare che mi legava a quello scricciolo che piangeva tra le mie braccia.
«M-mi dispiace tanto Bella, non volevo farti intendere ch-»
«Non ti azzardare a dire altro! Sono stata stupida io a non lasciarti finire, mi dispiace tantissimo Alice!»
Piangevamo insieme, ci scusavamo insieme, eravamo cresciute insieme, e saremmo anche invecchiate insieme, perché la nostra amicizia sarebbe continuata in eterno.
Quando i singhiozzi si furono calmati, e le lacrime cessarono di solcare i nostri visi, sciogliemmo l’abbraccio e tutto era passato.
Era stato uno sfogo che ci aveva portate indietro nel tempo, in quell’aula maledetta. E ci aveva fatto modificare la storia. Non avevamo mai litigato, non avevamo mai discusso, non l’avevo mai ignorata per giorni e giorni credendola una traditrice, per la nostra amicizia questo, non era mai accaduto.
«C’è anche un’altra persona con la quale devi chiarire le cose Bella.» disse la voce di Seth alle mie spalle.
Girandomi notai che era appoggiato allo stipite della porta d’ingresso, e sorrideva. Con un cenno del capo indicò il vialetto, dove appoggiato al cofano della sua auto, Edward mi aspettava.
Essendo stata io a mettermi in quel casino, era il minimo che facessi i primi passi, che mi avvicinassi alla conclusione, all’epilogo di questa faccenda, di questo enorme equivoco. Le parole si Seth mi rimbombavano nella testa, rimbalzando le une sulle altre, formando un groviglio insensato di vocaboli.
Quando fui a meno di un passo da Edward, lui si alzò, e senza che io dicessi nulla mi accolse tra le sue braccia.
La sua pelle profumava di miele, dolce miele, denso e corposo. Mi beai in quell’aroma, dimenticando per un secondo tutta la tensione e tutte le sciocchezze che avevo combinato. Ero stata veramente avventata, e ne avevo pagato tutte le conseguenze. Ma il silenzio era una strada che non meritavo, non meritavo di potermi scusare solo con la mia patetica presenza scenica.
«Perdonami. Per tutto.» riuscii a dire, con il viso imprigionato accanto al suo petto. Sentii il suo petto scuotersi per una risata, e poi le sue mani si posarono sul mio viso, scostandolo dal suo corpo caldo.
«Che sciocca che sei, ti avevo già perdonata ancora prima che uscissi da quella porta! È stata anche colpa mia in parte. Lo ammetto apertamente, mi sono comportato da cafone con te all’inizio, e dopo anche, continuando a lasciare intendere le mie grandi avventure sessuali con tutte le ragazze della scuola. Ma non era vero, da quando sei venuta da me quella volta, al parcheggio, non c’è stata nessun’altra ragazza. Nei miei pensieri c’eri già tu da parecchio tempo, ma non volevo ammetterlo a me stesso, chi eri tu per fermarmi? Per farmi sentire in colpa per come trattavo le ragazze e per come trattavo me stesso? Eppure i tuoi occhi color cioccolato mi hanno rapito, mi hanno aperto la strada. Sono stato un cretino con  te,e non mi scuserò mai abbastanza per come ti ho trattata. Ti chiedo solo… di rispondere ad una semplice domanda… vuoi stare con me? » la voce era dolce, melensa, un melodico sussurro. Meritavo veramente quelle parole? Meritavo il lusso di poter rispondere a quella domanda? Meritavo di poter avere un ragazzo come lui al mio fianco?
No, non meritavo niente di quello che avevo!
Non meritavo un amico come Seth, pronto ad abbracciarmi nel momento del bisogno, e a scuotermi quando mi serviva un calcio nel sedere.
Non meritavo un’amica come Alice, pronta ad intervenire per sbloccare i miei sentimenti, pronta a mettersi in gioco in prima persona per il mio bene, pronta  perdonarmi quando facevo una stronzata come quella che avevo appena fatto.
Non meritavo di poter avere al mio fianco Edward, che era semplicemente perfetto.
Non lo meritavo, eppure avevo questa opportunità, e la colsi.
«Si…» dissi semplicemente, accompagnando con un sorriso quella sillaba tanto semplice da dire, ma che mai ci soffermiamo a pensare quanto sia importante. “si” è la parola più semplice del mondo, ma anche la più pericolosa e con più conseguenze possibili. Eppure è l’unica che riuscivo a dire in quel momento. Sì.
Il mio sorriso si rifletté sul viso di Edward, disegnando un suo simile tra quei lineamenti perfetti.
Non vidi le sue labbra avvicinarsi, le sentii solamente una volta unite alle mie.
Morbide e dolci, sembrava di baciare dolci ciliege, non labbra.
E lì, stretta nell’abbraccio del ragazzo che amavo, con le sue labbra sulle mie, ed i miei migliori amici che imbarazzati tentavano di non fare i guardoni, io ero finalmente felice.
La mia vita non era una favola, e nemmeno un film. Non sempre la vita ti concede seconde possibilità, non sempre, anzi quasi mai, c’è l’eroe di turno a salvarti, non sempre puoi rimediare agli errori fatti. Ma quella volta, nella mia vita, riuscii a rimediare, riuscii ad avere una seconda chance, riuscii ad avere i miei tre eroi.
Quel giorno, nell’umida, verde e tetra città di Forks, di fronte alla casa dello sceriffo, avevo trovato il mio sole, in una città perennemente rannuvolata.
Amicizia e amore, avevo tutto, e nessuno mi avrebbe più divisa da loro. Nessuno mi avrebbe portata via dalla mia folletta, dal mio fratellone e dal mio ladro di baci.

THE END

e finalmente ecco la tanto sudata fine. è già,  ho ritrovato una scintilla di ispirazione e sono riuscita a fomentarla!
ringrazio tutti i lettori, i recensori, tutti quanti!
grazie a chi mi ha incoraggiato fino alla fine, grazie anche a chi mi ha odiato per la mia scostanza ma ha continuato comunque a seguire questa storia! grazie a tutti!!
ciao ciaoo

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