I'm just right here...

di Flaqui
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il miglior amico di Cenerentola... ***
Capitolo 2: *** Teoria della relatività... ***
Capitolo 3: *** Paloma mi regala una merendina... ***
Capitolo 4: *** Mai cancellare un messaggio senza prima averlo letto… ***
Capitolo 5: *** Come passare la giornata peggiore di tutta la tua vita.. ***



Capitolo 1
*** Il miglior amico di Cenerentola... ***


"Dedicato a tutti quelli che leggono, recensiscono e sopratutto mi sopportano...
Grazie ragazze!

Fra"
 


Capitolo 1
L’amico immaginario di Cenerentola


 
Il sole splendeva alto nel cielo, illuminando con i suoi raggi luminosi il piccolo parco giochi, fulcro della vita sociale di molti bambini che si dilettavano in un brodo di giuggiole, lanciandosi dallo scivolo all’altalena, fra piccoli urletti isterici e tante risate.
Era quella che si poteva dunque definire una bella giornata. Una di quelle in cui tutto sembra essere più facile. Ma non era così per tutti.
La piccola Mery, sette anni appena compiuti, una massa di riccioli biondi che le ricadevano sulla fronte, inutilmente contenuti da un cerchietto color del cielo, piangeva disperata sull’altalena che posta nel bel mezzo del giardino segnava il confine fra casa sua e quella dei suoi zii. Bhe, non proprio zii, ecco erano come zii, perché la giovane coppia che abitava nella casa accanto erano due grandi amici di suo padre, di famiglia.
Piangeva perché tutto andava male.
Suo padre stava per risposarsi, infischiandosi delle sue proteste, e lei non poteva farci nulla. Ora per una bambina cresciuta ascoltando le storie di Cenerentola e Biancaneve, in cui la bella fanciulla protagonista vive sotto il terrore della matrigna cattiva, il fatto aveva preso dimensioni catastrofiche e in un certo senso terrificanti.
Ovviamente l’ipotesi che la nuova moglie di suo padre potesse anche piacerle non le era nemmeno passata per la testa, ed era questo il motivo che la aveva portata lì, a piangere sconsolata.
Se promettete di non farvi una brutta idea di Mery per tutta la durata della nostra storia, potrei anche raccontarvi che in quel momento non pensava altro che a ideare un buon modo di sbarazzarsi dell’incomoda presenza che già incombeva su di lei.
La cosa che più le pesava era il fatto di non essersene accorta prima. Certo, pur essendo molto piccola, era dotata di una grande intelligenza e sensibilità, o almeno era questo quello che dicevano i suoi nonni ogni qual volta che venivano a trovare lei e suo padre nelle vacanze estive. Mery aveva l’impressione che suo padre non andasse molto d’accordo con i nonni, e che continuasse a frequentarli solo per poterle dare l’opportunità di vivere normalmente, e senza privarla di un elemento importante per la crescita.
Bhe, comunque era stata davvero stupida, a non capirlo subito. Suo padre era un tipo molto timido, ma quando lei era in giro diventava molto loquace. Ogni volta che veniva a trovarli, portando con lei il suo fastidioso figlioletto, la obbligava a indossare il suo vestito buono, quello che aveva messo al compleanno della zia.
Poi le visite erano aumentate ed era passato un anno, e i “vestiti buoni” non bastavano più. Così lei si era offerta di portarla a fare shopping.
Papà prima di “consegnarla” le aveva raccomandata di essere molto gentile, perché lei era una vecchia amica di papà, si era appena trasferita e non conosceva nessuno.
E Mery era stata gentile, si era fatta vestire e svestire come un manichino, una bambola di pezza, aveva provato una trentina di vestitini, migliaia di scarpe, un biliardo di gonnelline. E si era divertita.
Le aveva raccontato di papà, della sua mamma, che era partita per lavoro quando lei aveva quattro anni, e non era ancora tornata, della sua migliore amica, della sua cotta segreta.
Era bellalei.
Con i suoi lunghi capelli biondi, e gli occhi dorati. Con il profumo alla vaniglia che si avvertiva anche a chilometri di distanza, e che ti dava una sensazione strana, di dolcezza.
E poi aveva una bella voce, le piaceva quando rideva.
E quando poi era ritornata a casa, carica di buste, e suo padre le aveva chiesto che cosa ne pensasse, lei aveva risposto entusiasta che lei era davvero fantastica.
Ma dal fatto che le piacesse all’essere contenta che diventasse la sua nuova mamma ce ne voleva.
Mery scalciò via un piccolo sassolino facendoli percorrere una traiettoria ad arco, fino allo scontro con il muretto lì di fronte.
Stupida.
Si sentiva una stupida.
Ovviamente tutta quella gentilezza, quell’interesse per la sua vita, tutte quelle domande, tutti i complimenti chelei le aveva fatto erano falsi. Falsi come lei.
Un altro calcio.
-Ciao Mery- esclamò una voce.
La bambina si girò spaventata, guardandosi intorno alla ricerca dell’origine del suono.
Una signora dai capelli d’argento era in piedi davanti a lei, sorridendo dolcemente. Dietro di lei c’era un bambino che doveva avere più meno la sua età.
Mery provò l’irrefrenabile voglia di abbracciare la signora, ma aveva letto troppe favole e visto troppi film e non voleva essere ingannata.
-Io non parlo con gli sconosciuti- esclamò mentre con il dorso della mano si asciugava le lacrime, che cadevano ancora copiose.
-Si, ma io e te ci conosciamo, se no non saprei il tuo nome, o no?- chiese la donna continuando a sorridere.
Mery si morse il labbro, pensando.
In effetti poteva essere un’amica di suo padre…
-E cosa vuoi da me?-
La signora rise dolcemente, mentre con una mano spingeva con delicatezza il bambino verso Mery.
-Niente Mery, niente- poi si rivolse al bimbo, e gli sussurrò nell’orecchio –Perché non giochi con questa bella bambina?-
Il piccolo non sembrava molto convinto, e forse per timidezza, si nascose dietro quella che doveva essere sua nonna o almeno sua zia.
-Dai piccolo- la donna lo spinse verso Mery e sorrise.
Poi dopo aver salutato i due, si girò andandosene.
-Ehi! Aspetta!- esclamò la piccola, preoccupata, come avrebbe fatto poi lui a tornarsene a casa? O forse ora lui doveva rimanere con lei? Era davvero confusa e assalita da troppi pensieri, così, decise di chiudere la mente e senza fare nessuna domanda su come avessero fatto ad arrivare nel suo giardino e su come avesse fatto quella donna a scomparire quasi nel nulla, si limitò a chiedere, avvicinandosi a lui -Come ti chiami?-
Il bambino la guardò per un secondo, poi si affrettò a rispondere.
-Bruno, e tu?-
-Mery-
 
Bruno e la signora passavano a trovarla ogni giorno. E così continuò per un mese o più. Aveva raccontato a suo padre del nuovo amico, ma egli aveva ingenuamente pensato che esso fosse del tutto immaginario, una sorta di spalla, appoggio su cui contare in quel momento così difficile. Si era perciò mostrato entusiasta della presenza di questo strano bambino che a detta di sua figlia viveva con gli zii ed era accompagnato da una signora dai capelli bianchi e aveva continuato i preparativi per il matrimonio.
E così Mery aveva recuperato la felicità, in parte.
Finchè un giorno, il trentunesimo dopo il loro primo incontro Bruno le aveva chiesto –Mery tu sei felice?-
La piccola ci aveva pensato su.
-Credo di si. Ho il mio papà. E Pal e i miei amici. E lei non è così male. E poi ho te-
-Si, ma saresti felice anche senza di me?-
-In che senso?- aveva chiesto Mery, aggrottando la fronte.
-No, niente. Ti ho fatto un regalo. Vuoi vederlo?-
Mery batté le mani. Nessuno dei suoi amici le aveva mai fatto un regalo, se non era il suo compleanno, ed ecco che Bruno, il suo migliore amico, tirava fuori dalla tasca posteriore della sua giacchetta color mattone, un piccolo ciondolo.
Una seconda occhiata rivelò il fatto che il regalo non era un ciondolo, ma una chiave. Era piccola, le stava nel palmo della mano, dorata e inciso sopra essa c’era la scritto “Chiave per incontrare la tua chiave”.
Mery si ritrovò a guardare incantata l’oggetto, rigirandoselo fra le dita, mentre Bruno le chiedeva –Allora ti piace?-
-È... È stupenda, Bruno grazie!- esclamò abbracciandolo e schioccandogli un bel bacio sulla fronte.
-Tienilo sempre con te, è un portafortuna. Sarà come se stessi con me anche quando non ci sono-
 
Quella sera, dopo che Bruno e la signora se ne furono andati, Mery andò nello studio di suo padre con l’intenzione di fargli vedere il regalo.
Anche lei era lì. Fortunatamente non si stavano baciando né nulla di simile. Erano semplicemente seduti sul divano, a guardarsi negli occhi, comunicando fra loro senza l’aiuto di parole.
-Papà!- esclamò Mery, ignorando bellamente la donna e dandole le spalle –Papà, papà guarda qui!-
L’uomo le scoccò un occhiata di rimprovera.
-Saluta Mery- esclamò facendo cenno a lei che sorrise.
-Ciao- disse lei, svogliatamente –Papà guarda, guarda che cosa mi ha regalato Bruno!-
-Chi è Bruno?-
Mery sbuffò che cosa le importava?
-Bruno è “l’amico” di Mery- spiegò suo padre calcando la voce sulla parola amico.
-Papà guarda!- urlò la bambina mettendogli la chiave in mano.
L’uomo la guadò per un secondo, poi aggrottò la fronte, e la sollevò verso la luce, come fa un intenditore di vini quando ne deve valutare uno. Lei emise un gemito soffocato a metà fra un singhiozzo e uno squittio.
-Dove l’hai presa?- urlò suo padre, afferrandola per le spalle –Chi te l’ha data?-
-Calmati!- l’ammonii la donna, cercando di tranquillizzarlo.
-Me l’ha data Bruno!-
-No!- l’uomo prese a scuoterla forte –Perché Mery? Perché? Quante volte ti ho detto di non parlare con gli sconosciuti?-
-Ma Bruno…-
-Bruno non esiste Mery! Non esiste!-
L’uomo prese a scuoterla con forza, quasi cercasse di farle dimenticare tutto –Bruno è tutto una tua invenzione! Non esiste!-
-Simon, basta. Controllati- esclamò lei mentre la sua voce saliva di un ottava, liberò Mery dalla sua stretta, e la fece girare verso di lei –Mery, tesoro, ecco vedi, Bruno è vero. È un tuo amico, solo che… insomma, tesoro… vedrai che con il tempo ti scorderai di lui-
-Ma io non voglio scordarmi di lui! e tu non dirmi cosa fare! Non sei mia madre! E non lo sarai mai!-
La donna si morse il labbro, e le lasciò le spalle.
-Mery- la voce di suo padre ora era più calma ma sempre nervosa –Non devi vederlo mai più, promettimelo!-
-NO!-
Mery scoppiò in un pianto disperato e corse via.
Quella notte non riuscì a dormire, mentre ascoltava le voci di suo padre e di lei che discutevano al piano di sotto.
-Simon non è stata colpa sua, lei non sapeva nulla!-
-Avrei dovuto pensarci! Capirlo, sospettarlo! Ma invece no! sono stato uno stupido-
-No amore, non è colpa tua-
-Cosa faremo ora? Io.. non può toccare a lei! Non voglio! Pensavo ci fossimo liberati di queste cose anni e anni fa! Io non voglio che Mery entri in questa storia..-
-E non ci entrerà. Ora sarà meglio chiamare gli altri. Forse loro sapranno..-
-È inutile. Non possiamo farci niente. Se deve succedere, succederà..-
 
Il giorno dopo Mery aspettò pazientemente in giardino l’arrivo di Bruno e della signora.
Suo padre non aveva aperto il discorso, e non le aveva restituito la chiave. Faceva finta che non fosse successo niente, e Mery anche.
Ma lei era preoccupata, lo capiva dalle lunghe occhiate terrorizzate che riservava alla sua schiena.
Erano le cinque quando Mery si sedette sull’altalena.
Erano le nove quando suo padre la chiamò per la cena.
Bruno non era venuto.
E non venne neanche il giorno dopo, e neanche quello dopo ancora. Mery lo aspettò pazientemente tutta la settimana, poi la settimana dopo, la settimana dopo ancora guardava il giardino dalla finestra, la quarta settimana iniziava la scuola e in breve il vortice di compiti, amicizie, impegni, a cui si aggiunsero anche la caccia al vestito perfetto per il matrimonio, l’iscrizione in piscina e il trasloco nell’appartamento nel centro di Buenos Aires, le fecero dimenticare Bruno e la sua chiave.
Con il passare del tempo Mery si convinse che quell’episodio fosse stato solo un sogno e che il suo miglior amico non fosse mai esistito.


 

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Capitolo 2
*** Teoria della relatività... ***


Capitolo 1
Teoria della relatività

 

(Mery)

La sveglia che avevo impostato in modo che suonasse a ritmo di “My Sharona” prese a suonare con forza, facendo tremare il cuscino su cui era depositata la mia guancia, sotto il quale era situato l’infernale oggetto.
Con un mugolio mi lasciai cadere oltre il bordo del letto, sfiorando la collisione con il piede penzolante di Paloma.
Paloma è la mia migliore amica, quasi una sorella, ed in pratica viviamo insieme perché è dalla tenera età di sette anni che passiamo la notte l’una dall’altra.
Quella mattina era l’ultimo giorno di scuola, e anche se una parte di me si rifiutava di credere che il mio penultimo anno di liceo era finito, l’altra non vedeva l’ora che quell’ultima, stancante giornata finisse.
Paloma lanciò un mugolio di protesta mentre la sveglia, che intanto aveva finito la prima canzone, partiva con la seconda prefissata, “Wake up” di Hilary Duff.
Con uno sforzo immane mi alzai dalla scomoda posizione e mi allungai verso il letto dove, frugando fra le lenzuola azzurro cielo, raggiunsi la sveglia.
-Mmm… così va meglio- mugolò Paloma, rigirandosi sul suo materasso, ignara sui miei piani bellicosi che avrebbero portato ad un suo certo e brusco risveglio.
Mi trascinai in piedi, aggrappandomi al comodino, e mi stiracchiai le braccia, sbadigliando vistosamente.
Con un piccolo urletto di scena, mi lanciai su Paloma, sedendomi su di lei, un po’ per farla svegliare un po’ perché ero già stanca di stare in piedi.
-Ma sei completamente impazzita?- urlò lei, mentre cercava di togliermi di dosso.
-Okey, Palomita, vediamo se ci siamo capiti, ora tu alzi il tuo culo da questo materasso o ti butto dell’acqua- attuai la mia minaccia con un sorriso perfido.
-Okey Mery, vediamo se ci siamo capiti, io alzerò il mio culo da questo materasso quando tu alzerai il tuo dalla mia schiena- esclamò, lei, schiaffeggiandomi, troppo debolmente comunque per farmi male, con l’intento di liberarsi del mio solenne attacco.
Con un sospiro e un altro immane sforzo, mi trascinai in bagno, lanciando a Paloma un occhiata di avvertimento.
O si alza o si alza.
Non intendo arrivare in ritardo il mio ultimo giorno.
Mi appoggiai al lavandino, lanciando uno sguardo al mio riflesso, e aspirando le guance in un smorfia. Mi lasciai scappare una risatina isterica.
È una vera fortuna avere un bagno tutto mio.
Già i miei pensano che io sia strana, se mi vedessero anche di prima mattina...
Non sono una tipa dalla bellezza straordinaria io. I miei capelli sono biondo cenere (l’ho letto su una rivista di moda), proprio come quelli di Scarlett Johnson. Unica differenza? A lei stanno benissimo.
Sono alta, molto alta, e abbastanza magra.
Cosa altro c’è da dire?
Paloma si trascina nel bagno e si sciacqua la faccia.
Paloma è tutta un’altra cosa. Ha i capelli castani, lunghi e lisci e setosi, un naso piccolo all’insù, una figura magra ed elegante e una grazia che distoglie l’attenzione dalla mancanza di seno.
Il suo unico difetto, secondo il suo parere, le labbra troppo sottili e l’altezza. Anche se per me entrambe sono perfettamente normali.
Sono io quella sproporzionata con le labbra carnose e l’altezza di una giraffa.
Ci prepariamo in silenzio, troppo stanche per parlare.
-Mery- la voce di Melody proviene da sotto.
Melody è la moglie di mio padre.
È una bella donna, lunghi capelli biondi e occhi da cerbiatto. Non è male, se si lasciano perdere le crisi isteriche che a volte la colgono.
Io per quanto mi ricordo ho sempre vissuto con mio padre. Mia madre se ne andata quando avevo quattro anni. Evidentemente l’idea di crescere un figlio era troppo impegnativa per lei. Ogni tanto, tipo una volta all’anno si fa sentire, una chiamata, una lettera.
Ma non la vedo di persona dal mio undicesimo compleanno. Ancora mi ricordo la faccia di mio padre al vederla lì impalata, sull’ingresso di casa, tutta bagnata dalla pioggia, mentre porgeva timidamente il regalo, orribile, fra l’altro, incartato in una stoffa arancione accesa.
-Sol- ricordo abbia mormorato a denti stretti, mentre Melody lo guardava preoccupata da dietro il tavolo dove stava accendendo le candeline della torta.
A quel punto a rompere l’imbarazzo è stata Zia Tefi, che ha esclamato ad alta voce e con tono falsamente allegro –Bhe questa torta? Io sto morendo di fame!-
Melody le aveva sorriso riconoscente e aveva preso a tagliare il dolce, mentre piano, piano anche gli altri si svegliavano dalla loro trance temporanea.
Ricordo la mano di Paloma stretta nella mia, a darmi coraggio, mentre intonava “Tanti Auguri”, e i sorrisi di Zia Tefi e Zia Mar a tranquillizzarmi.
Subito dopo il taglio della torta sono corsa a cercarla, facendomi largo fra la folla, correndo come una forsennata in giardino. Ma lei non c’era. Se ne era andata un'altra volta, senza neanche salutarmi.
Non so quanto rimasi lì, in giardino, sulla mia vecchia altalena. Forse solo qualche minuto, forse qualche ora.
Quel giorno mi odiai, mi odiai dal profondo.
Perché non piacevo a mia madre?
Cosa avevo di sbagliato?
Perché mi odiava? Perché io non la odiavo?
Melody mi abbracciò forte, e solo quando mi circondò il viso con le mani, mi resi conto di essere scoppiata a piangere.
-Io ci sono. E resterò, Mery-
Ecco quello che mi disse, senza alcun riferimento a mia madre o alle mie lacrime. Lo apprezzai.
Avrebbe potuto restarsene in casa, a fare gli occhi dolci a mio padre, e invece era lì.
Per me.
In quel momento si fece strada nella mia mente l’idea che più che una matrigna, Melody poteva essere una sorta di Fata Madrina.
-Mery ci  sono Gas e Nico!-
Il mio cuore perde un battito.
Nico.
Sapete quando si dice che la vita non è altro che un cerchio, che prima o poi, tutto ritorna e succede, di nuovo e di nuovo?
Bhe io credo che sia proprio così.
È una sorta di mia personale teoria di relatività.
Perché in fondo tutto è relativo.
Per meglio spiegare questi miei assurdi pensieri occorre sapere che una volta, al cenone di Fine Anno, Zio Tacho ha bevuto troppo. Insomma, lui non è mai stato proprio astemio, ma quella volta era ubriaco di brutto.
Insomma, si è messo a blaterare su tutti i pettegolezzi, riguardanti lui, Zia Jaz, Zia Tefi, mio padre, Melody e tutti gli altri.
Comunque Tacho si è lasciato scappare che lui e Melody avevano avuto un intensa relazione sfociata in un nulla di fatto quando alla fine lui ritornò con Jasmine e lei lasciò la città con Teo, suo primo marito e padre di quell’insopportabile di Amando.
Quindi se consideriamo che Tacho ha un figlio e io posso considerare Melody mia madre, secondo la mia teoria sul tutto che si ripete, non ci si può stupire se io Maria Arrechavaleta, mi sono innamorata di Nicolas Morales.
Nicolas ha.
Nicolas ha diciotto anni, appena compiuti. Nicolas ha capelli color dell’oro, corti e sempre spettinati. Nicolas ha la voce più meravigliosa dell’universo.
-Fofa?- urla Paloma dal bagno, dove si sta lavando i denti -Anfe il foglione è fui?-
Paloma odia Nicolas.
Ogni volta che si vedono inizia la solita tiritera, fatta per lo più di insulti, linguacce, spintoni e urla isteriche. Credo che in parte il loro odio derivi dai problemi che Zia Jaz e Zia Tefi, si rifiutano ancora di affrontare.
Odio fra mamme, odio fra figli.
E questo ci riconduce di nuovo alla mia teoria.
Tutto è relativamente ripetitivo.
Afferro il vestito blu che mi hanno regalato Zia Vale e Zio Rama per il mio compleanno e lancio un occhiata al mio riflesso.
-Si- rispondo più a me che a Paloma –Lui è qui per me-
Nicolas è l’amore della mia vita.
Solo che ancora non lo sa.
Ma un giorno di questi glielo dico.
 
-Alla buon ora!- esclama Nico, alzandosi dai gradini del porticato, dove lui e Gas, provati dalla lunga attesa per la nostra accurata preparazione, si sono accasciati.
Sorrido, lasciandomi cadere accanto a loro.
-Buongiorno anche a te- esclamo allegra –Ciao Gas-
Lui mi fa un cenno con la mano.
Non è un tipo molto loquace, lui, ha preso dal padre, credo. Anche perché Zia Vale è molto estroversa.
-perché ti siedi? Non dobbiamo andare a scuola?- chiede perplesso il mio futuro marito.
-Dobbiamo aspettare Paloma- replico con un alzata di spalle. La mia dolce sorellina dopo avermi mandata a quel paese in tutte le lingue che conosce, e sono molte, si è rituffata nella disperata ricerca nel “trovare qualcosa di decente da mettersi”.
Gas sorride ironico.
Lui, al contrario di Nico, adora Paloma. Se da una parte lei è disordinata, confusionaria, chiacchierona e superficiale, dall’altra lui è perfettino, sensibile e dolce.
Ho sempre creduto che sarebbero stati una bellissima coppia ma se da parte di Gas c’è un dolce e sicuro interesse, anche se non riesco a definire se si tratta di un interesse amichevole o qualcosa in più, da parte di Paloma c’è solo amicizia.
Lei non è una tipa da storia seria, da un unico ragazzo.
-Stiamo apposto se si deve ancora vestire!- esclama Nico, lanciando un sassolino contro la cancellata bianca.
Poi si gira verso di me, guardandomi intensamente –Mery, se mi diventi anche tu una fissata con la moda come quella, ti giuro che finisce male!-
Ma io sono già avanti con il pensiero.
La chiesa è decorata con narcisi bianchi, e ad ogni navata spuntano facce conosciute e sorridenti. Dietro di me Paloma, in abito color lilla, con scarpette abbinate, regge il lungo strascico del mio abito da sposa. Nicolas, davanti all’altare mi guarda estasiato, e esala un sospiro di gioia.
-Pronta!- la voce di Paloma, fa sussultare Gas.
Indossa una maglia lunga e aderente, leggins neri e ballerine. È carina, non c’è che dire.
-Puoi vestire una scimmia di seta, ma resterà sempre una scimmia…- mormora Nico, ridendo sguaiatamente.
-Cretino!- urla Paloma, lanciandosi sulla sua testa, e iniziando a picchiarlo di santa ragione.
La bellissima scena del mio matrimonio viene rovinata dall’immagine della damigella d’onore che picchia lo sposo con un bouquet di gigli.
-Okey, basta! Basta tutti e due!- provo a separarli.
Ma nessuno dei due mi ascolta, anzi Nico ha preso Paloma sulle spalle e avanza inesorabile verso la piscina sul retro, mentre lei strilla come una pazza.
-Insomma state un po’ zitti!- esclama la voce bassa e profonda di Amado.
Nico lascia subito Paloma, che si affretta a ritornare al mio fianco, mentre Gas drizza la testa.
Amado ha vent’anni, è il primo figlio di Melody.
Io lo odio.
Credo.
Insomma se ci avessi mai svolto una vera e propria conversazione, lo odierei, ma in realtà ci ignoriamo. È come quando viaggi in treno, e incontri una persona che sta nel tuo stesso scompartimento, ti dimostri gentile e la sopporti fino a destinazione, sicura che tanto poi non vi vedrete mai più.
È un genio, credo. Si è laureato a pieni voti l’anno scorso e ora si sta preparando per andare al college.
Anche se i ragazzi giurano e spergiurano io sono fermamente convinta che ne siano spaventati.
E in effetti lui fa paura.
Ci lancia un’altra occhiata di avvertimento e ritorna in camera sua.
Gas, si mette le mani in tasca e esclama –Bhe, andiamo allora?-
Nico e Pal annuiscono in silenzio.
Non parliamo per tutto il tragitto.
Si, credo proprio che il mio fratellastro faccia paura.
Perché non posso avere parenti normali?

 




Allora prima di tutto, vi chiedo di essere clementi perché è la prima volta che provo a scrivere in prima persona quindi credo che sia uscito un mezzo disastro, secondo vedo che questa fiction non ha riscosso molto successo e all’inizio avevo pensato di abbandonarla, poi però Mery, Paloma, Nico, Gas e gli altri personaggi della storia hanno iniziato a parlarmi nella testa (OH MIO DIO!) e insomma mi dispiaceva lasciarli così…
Ringraziamento ad Alexiel94 Marciu96 e lalikky che hanno recensito…Vi lascio con una piccola notizia presa dal twitter di Pablo Martinez che ha scritto:"Esto es un delirio" es una frase registrada por "El Saimon" en la C.A.D.C.D.F.I. (centro argentino del creador de frases independientes)
("Questo è un delirio" è una frase registrata per "El Saimon" nella C.A.D.C.D.F.I. cioè il centro argentino del creatore delle frasi indipendenti)
Insomma la "frase" di Simon della Terza Stagione è un marchio registrato!
Vi adoro <3
Fra
p.s. spero che recensiate anche solo per criticarmi…
 

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Capitolo 3
*** Paloma mi regala una merendina... ***


Capitolo 2
Paloma mi regala una merendina...

Sottotitolo: I figli degli amici di papà..



Soffro quando il mio amore è andato via?
Mi preoccupa restare da sola?
Come mi sento alla fine del giorno?
Sono triste perchè sono solo?
No, mi solleverò con l'aiuto dei miei amici.
No mi sollevo con un piccolo aiuto dei miei amici.
Sì, proverò con un pò di aiuto dei miei amici.
Ti serve qualcuno? 
Mi serve qualcuno da amare. 
Potrebbe essere chiunque?
Voglio qualcuno da amare. 
Devi solamente chiedere un po' di aiuto agli amici. ♥
 

***


Quando il melodioso, dolce, benedetto suono della campanella dell’ultima ora si sparge per la scuola, parte un finimondo, gente che balla, ride, salta.
Nella grande confusione che regnava persi di vista Nico e Paloma, perciò con l’intenzione di aspettarli all’uscita afferro Gas per il braccio, conducendolo fuori.
Il primo momento di confusione dovuto al grande trambusto viene bruscamente interrotto dalla vista di un paio di ballerine nere che scricchiolano interrottamente sul pavimento e un ciuffo di capelli dorati. Paloma e Nico avanzano a fatica verso di noi, facendosi largo fra la folla, che si gira, soprattutto per il rumore assordante che la gomma delle ballerine della mia amica provoca a contatto con il pavimento della scuola.
-Vuoi toglierti quelle diavolo di ballerine?- esclama Nico, mentre raggiungiamo tutti insieme l’uscita.
-E come dovrei camminare, scalza?- esclama piccata lei, aggrottando la fronte.
Non sentii la risposta di Nico ma a giudicare dal cazzotto che gli venne recapitato sugli stinchi doveva esserci andato giù pesante.
Il ritorno a casa era scandito dal continuo litigio fra i due, i tic nervosi di Gas, che aspettava la chiamata di Rocio, la sua ragazza, e quindi tirava fuori il cellulare, fissava lo schermo e poi lo rimetteva a posto, e poi di nuovo; e i miei sbuffi profondi e devo ammetterlo, insopportabili.
I ragazzi ci lasciano davanti a casa di Paloma, e continuarono verso casa di Gas, dove ci dobbiamo ritrovare fra un ora.
Paloma vive in un elegante palazzina nel centro della città. Prima i suoi avevano una casa in campagna, poi però sua madre aveva supplicato il marito di trasferirsi in un luogo più affollato e caotico, e soprattutto più ricco di negozi.
E così ora vivono qui.
Paloma infila la chiave nella serratura e dopo aver aperto la porta lancia il suo zaino sul divanetto in pelle e si lascia cadere su una sedia in cucina.
La sua casa sembra uscita da una rivista di arredamento.
Con tanto di tende coordinate con il tessuto del copri divani, lampadari stile rock, dalle forme astratte, e un enorme televisore al plasma da parete troneggiante al centro della sala.
-Palomita, tesoro sei tu?- la voce di Zia Tefi arriva dal corridoio, seguita da alcuni passi affrettati.
Ed eccola.
-Ehi ciao Mery!- esclama quando mi vede, correndo ad abbracciarmi. La cosa che mi piace di più di Zia Tefi è il fatto che si comporta sempre come sotto effetto dell’ecstasy. E potrebbe anche essere così.
Non per altro è la mia zia preferita.
 
Ci tratteniamo a casa di Paloma per tre quarti d’ora buoni, fino a quando non mi rendo conto che mancheremo l’appuntamento con Nico.
-Pal, dovremmo andare- esclamo.
Lei annuisce, poi abbassa il volume dello stereo, e prende dal suo enorme armadio la sua borsa preferita, quella nera, se la mette a tracolla e mi fa cenno con la testa.
Scendiamo velocemente le scale, anche perché fortunatamente si è tolta quelle insopportabili ballerine.
Al piano di sotto, intanto Tefi ha iniziato ad armeggiare con i fornelli, ignorando bellamente il grembiule di cucina che le hanno regalato.
-Ehi, ragazze, tornate per cena, o mangiate da Vale?- chiede alzando gli occhi dal suo libro di ricette che apre ogni volta che vuole far finta di preparare qualcosa. Tanto alla fine finisce che ordina tutto al ristorante.
-No, mangiamo da Gas, mà- esclama Paloma.
La porta si apre, rivelando la figura del papà di Pal.
-Daddy!- esclama lei, gettandogli le braccia al collo e scoccandogli un bel bacio sulla guancia.
Paloma adora indiscutibilmente suo padre.
-Ciao piccola-risponde lui –ciao Mery-
-Ciao Luca- esclamo io.
Paloma mi strattona e mi spinge verso la porta, ma io faccio appena in tempo a vedere il volto di zia Tefi che si illumina alla vista del marito.
Tefi non è un genio, non è la migliore cuoca o padrona di casa del mondo, ma ama suo marito e sua figlia.
Lei non li abbandonerebbe mai come ha fatto la mia.
-Ciao tesoro- sussurra Luca, avvicinandosi a sua moglie e baciandola.
Un’altra cosa che mi piace dei genitori di Paloma è che quando si baciano non si limitano al bacetto veloce a fior di labbra. No loro si baciano come in quei bei film d’amore.
Sono una coppia così appassionata che mi sorprende che non abbiano altri figli.
-Andiamo?- chiede Paloma.
-Si, si- esclamo.
Nico mi aspetta.
 
Mentre camminiamo per strada fisso di sottecchi Paloma.
Da quanto tempo la conosco?
Praticamente da quando siamo nate.. anzi all’inizio non ci guardavamo neanche. Lei era troppo presa dalla sua incredibile vita e io ero troppo timida per attaccare bottone. Lei era semplicemente una delle tante “figlie di grandi amici di papà”.
Aveva il mio rispetto e la mia cortesia, ma nulla di più. Io sono sempre stata molto difficile per quanto riguarda gli amici. La verità è che non ne avevo nessuno.
La mia idea di amicizia era molto al di sopra degli standard degli altri bambini. Se per loro si trattava solo di parlare con qualcuno, magari giocare con lui, per me era un patto, un unione fino alla morte.
Inoltre non volevo amici stupidi, di quelli che parlano solo di cantanti, attori, riviste di moda e altre superficialità. Volevo una persona con cui si potesse parlare di tutto. Dal tempo, alla filosofia, dal giardinaggio, all’ultimo pettegolezzo. Una persona completa e concreta.
Dopo il matrimonio di mio padre con Melody ci siamo trasferiti dalla villetta di campagna in un bel appartamento in città, utilizzando la vecchia abitazione come casa delle vacanze.
Era molto più comodo da lì per mio padre raggiungere il suo studio, Melody aveva le sue amiche e conoscenze varie, e esercitava al meglio la sua professione di organizzatrice di eventi, che conseguiva dopo il breve, burrascoso, periodo della televendita.. ma io? Io ero sola, avevo lasciato tutte le mie sicurezze e soprattutto non sapevo cosa aspettarmi.
Finchè il mio primo giorno di scuola chi mi vedo comparire davanti se non Paloma, la “figlia degli amici di papà”?
Ricordo ancora il nostro primo incontro nel cortile della scuola. Io ero seduta in disparte quando vidi arrivare la brunetta, i lunghi capelli raccolti in una coda e una borsetta al braccio, che dopo avermi salutato allegramente, si sedette accanto a me.
-Ne vuoi?- mi chiese offrendomi la sua merendina.
Solo dopo scoprii che le era caduta.
Da quel giorno divenne la mia migliore amica.
Con lei a fianco non avevo più paura, divenni più sicura, conobbi molte persone, fra cui Nico e Gas, altri “figli degli amici di papà”.
Eravamo una sola persona, inseparabili.
A Melody e a papà è sempre piaciuta, non solo perché è una Franchini, ma anche perché fa parte del suo carattere farsi amare da tutti. E amare tutti.
Persino Amando la tratta con una gentilezza che non mi ha mai riservato, rivolgendole, anche se solo in rari casi, la parola e facendo alcune affermazioni sul suo conto.
Ma la cosa che amo di più di Paloma è che abbia scelto me, fra tante, me per essere l’altra parte del suo uno.
Sorrido, trasognata, senza neanche accorgermene.
-Che hai Mer?- mi chiede lei.
-Niente- sorrido –Ti voglio bene, Pal-
La abbraccio.
Lei sorpresa non sa cosa rispondere, poi mi abbraccia.
-Anche io tesoro, anche io-
 
Quando arriviamo a casa Ordonez, Zia Vale è intenta a sistemare il salotto.
Valeria è una giornalista. Si occupa di fatti di cronaca e di spessore, ma odia farlo.
Intanto sta lavorando a un racconto.
Paloma corre ad abbracciarla. Credo di aver già detto che la mia amica è quel genere di persona che fa sentire a loro agio le persone. Sempre che lei lo voglia.
-Ciao ragazze! Gas è di sopra!- ci saluta allegramente, spedendoci al primo piano della loro villetta.
Gas, come me, appena arriva giugno si trasferisce nella villa estiva.
Spalanco la porta della camera di Gas e mi lascio cadere sul mio pouf preferito quello azzurro.
Paloma chiude la porta dietro di lei, e si siede sul letto, davanti a Gas.
La camera di Gas mi piace molto. È abbastanza ordinata per appartenere ad un ragazzo, quasi più della mia, e di certo molto più di quella di Paloma e di Nico. Le pareti sono celesti, colore che personalmente adoro, e la finestra dà sul cortile, dove c’è una grande piscina.
Paloma, afferra un giornale e inizia a sfogliarlo.
-Hmm- Gas si schiarisce la voce.
Io alzo lo sguardo, ma Paloma, troppo presa dalla lettura dell’ennesimo articolo di moda, non se ne accorge nemmeno.
-Hmm!- fa Gas, più forte.
Paloma dopo aver ricevuto una piccola spinta finalmente alza gli occhi.
Il sorriso che ci riservano i ragazzi, fa quasi paura.
-Non sapete cosa è successo- esclama Nico.

 

Dolcezze mie...
Come ve la passate?
Allora so che vi avevo promesso di aggiornare prima Cause I love the way you lie e avevo persino iniziato a scrivere il nuovo capitolo, ma alla fine mi è uscito questo sgorbio qua...
In pratica questo capitolo è incentrato sul personaggio di Paloma, e in pratica non succede molto, solo il presagire, sopratutto nell'ultima frase che sta per scoppiare una bomba...
Spero che lo leggiate e che vi piaccia...
Ultima domandina... per le coppiette preferite Nico/Paloma (mi piaceva molto l'idea del loro "chi si odia si ama") e Mery/Bruno oppure Nico/Mery e Paloma con qualcun altro?
Gas, vi avviso già da adesso è impegnato... con me!
ahaha no scherzo... comunque già dai prossimi capitoli inizieranno a far parte della storia anche gli adulti, o meglio ex ragazzi, e sopratutto, il mio personaggio preferito...
Ringraziamento a tutte quelle che recensiscono, leggono o più semplicemnte, mi sopportano!
Baciooooooo
Fra

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Capitolo 4
*** Mai cancellare un messaggio senza prima averlo letto… ***


Capitolo 3
Mai cancellare un messaggio senza prima averlo letto… anche se è di tua madre!
(Non guardare giù)
 

 (Gas)

A volte credo che qualcuno lassù ce l’abbia seriamente con me.
Tutti sanno che i migliori amici dovrebbero appoggiarti sempre, in tutto e per tutto. Tutti sanno che se tieni gli occhi fissi sul tuo cellulare non aumenteranno di certo le possibilità che esso squilli. Tutti sanno che bisogna leggere i messaggi prima di cancellarli. Tutti eccetto io.

 

***

-Allora ci vediamo fra un ora!- esclama Mery salutandoci con la mano. Paloma si limita ad un alzata di mano, intenta come è a messaggiare.
L’eco delle ballerine scricchiolanti della brunetta ci segue per un bel po’.
Nico, sbuffa animatamente, tirando un calcio ben assestato ad una pietra, facendole disegnare un arco di traiettoria simile ad una parabola e facendola atterrare con cura sul vialetto dei Barck.
Perché Rocio non mi chiama?
Tiro fuori per l’ennesima volta il cellulare nella vana speranza di non aver sentito la suoneria di una chiamata, di un messaggio o di quello che sia.
Ma la foto di noi due che sorridiamo all’obbiettivo mi fissa dal display,  immobile, senza nessuna scritta “Chiamata Persa” ad accogliermi.
-Telefono guardato, non squilla mai- esclama Nico, seguendo il mio sguardo, e cacciandosi le mani in tasca.
Crollo il capo, scuotendo con forza la testa.
Rocio è la mia ragazza da quasi due mesi. È la persona più determinata, testarda, sconsiderata e assolutamente adorabile che io conosca.
-Lo so ma non è colpa mia- borbotto.
-E non pensare di chiamarla tu!- esclama il mio amico, alzando il dito come a blandire ogni tipo di protesta.
-E perché?- chiedo, anche se conosco già la risposta.
-Amico, se non sembri troppo assillante!-
E probabilmente lo sono. Il fatto è che io amo Rocio, la amo davvero e lei.. non lo so.. è come con la scuola. Io mi impegno troppo, faccio delle cose in più che in realtà potrei anche evitarmi, e alla fine il troppo stroppia.
Ma non voglio perderla.
-Ma io..-
-Gas, ascoltami per una volta. Non chiamarla. Senti chi è il migliore qui con le donne?-
-Se per migliore intendi uno che passa da una ragazza all’altra..-
Nico è quello che potrebbe essere definito un casanova. Insomma non ha la minima difficoltà con le donne, e questo è forse è dovuto al fatto che è cresciuto in una famiglia numerosa con molte sorelle.
Nel profondo del mio cuore credo che le uniche due donne per cui abbia rispetto siano sua madre e Mery.
Io invece sono cresciuto in un mondo completamente diverso. Sin dall’infanzia mio padre mi ha insegnato a vedere la donna come un essere superiore, non come un oggetto, declamando poesie e scrivendo canzoni. Nella mia effimera illusione e schema di timidezza ho continuato a osservare il genere femminile da lontano, ideando piani, conversazioni e immaginando scene da film, e lasciando l’approccio diretto e le esperienze concrete a Nico. Diciamo che se io sono la mente lui è il braccio.
Ed è così è continuata la mia vita, unico contatto con le donne dato dalla presenza di mia madre, delle mie zie, delle mie innumerevoli cugine e di Paloma e Mery. Anzi se devo essere sincero anche con loro mi sentivo a disagio.
Poi all’incirca quattro mesi fa ho conosciuto Rocio.
Lungi capelli biondi, aria di ribelle e labbra rosee. E allora mi sono sforzato, sono diventato quello che sono ora. Non mister personalità, ma per lo meno riesco a parlare con una ragazza senza arrossire.
C’è voluta una determinazione che non credevo di possedere per decidere di farla mia e vincere le sue resistenze.
Ecco perché lei è così importante per me. È stato il mio punto di riscatto, il fulcro del mio cambiamento, colei che mi ha fatto diventare un altro.
Non posso, né voglio perderla.
Il cellulare vibra, e per prenderlo lo faccio quasi cadere. No, non è Rocio.
È solo un messaggio di mia madre.
Lo cancello senza leggerlo e ritorno a sbuffare.
 
Casa mia è nel centro di Buenos Aires, ma circa a metà Maggio, inizio Giugno, ci trasferiamo nella villetta estiva vicino al mare.
Ed è il cancello di quest’ultima che Nico cerca inutilmente di forzare.
-È chiuso, diavolo!- esclama.
Cavolo. Ho dimenticato le chiavi.
-A mali estremi, estremi rimedi-
Nico si passa una mano fra i capelli, poi si allontana di alcuni passi dal cancello.
-Cosa stai facendo?- chiedo.
-Lo scavalco- spiega, prendendo la rincorsa e spiccando in un salto, aiutandosi a issarsi sulla cancellata, dai piccoli decori in ferro battuto.
Una volta in cima, rimane bloccato lì, immobile.
-Che c’è?- domando, mentre frugo ancora nelle mie tasche, alla ricerca di qualcosa, anche se non so nemmeno io di cosa.
-Mi sono incastrato!- borbotta –Vieni su e aiutami!-
-Non posso!-
Sono terrorizzato dall’altezza. E Nico lo sa benissimo.
-Dai!-
Sbuffo profondamente e nella mia mente sono quasi d’accordo con Paloma quando dice che il mio migliore amico è un completo idiota.
Prendo coraggio e a fatica mi isso sulla cancellata. Chiudo gli occhi, lasciandomi guidare dalla voce di Nico, che mi dice dove aggrapparmi.
-Ok, ora puoi aprire gli occhi-
E sono davvero lì.
Apro gli occhi e vedo Nico che mi sorride.
-Aiutami ora, su!-
Mentre con una mano sono ancora saldamente aggrappato ad un palo della cancellata, con l’altra mi avvicino cautamente a Nico. La camicia è rimasta infilata in uno degli spuntoni dei paletti.
Okey, mi ripeto, non guardare giù. Non guardare giù.
Non guardare giù. Non guardare giù.
Oh mio Dio, sto guardando giù!
La situazione subito precipita, il terreno sembra così lontano ai miei occhi, e gli spuntoni del cancello fanno così male..
Non so come succede, ma alla fine mi ritrovo per terra, sotto Nico, dall’altra parte della cancellata. Il mio amico ha la camicia completamente strappata e io ho una grande sbucciatura sul ginocchio.
-Gaston Ordonez!- l’urlo di mia madre penetra nel mio stato confusionale, scuotendo la mia sinapsi addormentata –Che cosa diavolo è successo?-
-Perché diavolo hai chiuso il cancello? Come facevo ad entrare, eh?- chiedo, irritato alzandomi.
Nico, si appoggia alla parete della villetta, ansimando.
-Ma se ti ho mandato un messaggio per avvertirti! Le chiavi erano sotto lo zerbino all’entrata!-
Cazzo.
Il messaggio.
Nico mi guarda, fulminandomi con gli occhi. Riesco quasi a sentire la sua voce che mi manda a quel paese.
-Messaggio.. io.. non l’ho ricevuto..- borbotto.
Faccio finta di controllare il cellulare è il mio cuore si ferma. “Una chiamata persa. Da: Rochi”
L’eco delle mie imprecazioni mentali si aggiunge a quello di Nico, mentre l’idea che qualcuno lassù ce l’abbia con me, si fa reale nella mia testa.
 
Dieci minuti dopo sono al telefono con Rochi.
Lei ride di gusto, quando le racconto della storia della cancellata e di Nico che bestemmia.
La sua risata mi fa sentire bene, mi fa sentire vivo.
-Ci vediamo questa sera?- chiede.
-Ti passo a prendere alle sette- sussurro.
-Ok- sento il suo respiro nella cornetta e mi verrebbe voglia di correre, correre veloce fino a casa sua e stringerla a me.
-Ti amo-
-Ti amo anche io-
Quando chiudo il telefono, mi appresto a guardare Nico, che davanti al mio armadio, guarda scettico i vestiti in esso contenuti, alla ricerca di una nuova camicia.
-Non una parola davanti a Paloma, chiaro?- esclama, mentre afferra la maglietta blu.
-È interesse questo?- chiedo, mentre lo fisso di sottecchi.
-No, è sopravivenza. Ce lo rinfaccerebbe a vita-
Io adoro Paloma, è come una sorella per me. Ma questa volta ha ragione. Ci prenderebbe in giro per sempre.
-Gas- mia madre spalanca la porta della mia camera.
Nico che si sta cambiando, si nasconde dietro l’armadio. È davvero esagerato.
-Nicolas esci fuori, non è un problema per me, quando eri piccolo ti ho visto nudo un sacco di volte- esclama mia madre, mentre Nico rosso dall’imbarazzo lascia il suo nascondiglio, infilandosi velocemente i nuovi vestiti.
-Gas, devi aiutarmi con la soffitta- mi lancia un occhiata eloquente.
-Assolutamente no- blandisco.
Da qualche giorno a questa parte le è venuta la smania di mettere a posto la soffitta. Tipo pulizie di primavera. La cosa non sarebbe tanto terribile se in quei trenta metri quadrati non fossero concentrati circa venti anni di spazzatura.
-Gaston Ordonez, tu mi aiuterai, che ti piaccia o no-
-Mamma, fra mezzora vengono Paloma e Mery, e alle sette devo uscire con Rochi!- protesto, mentre lancio lontano il pantalone stracciato.
-Bhe le ragazze possono aiutarvi!- esclama mia madre, cocciuta, poi prima che possa ribattere, lascia la stanza, sbattendo la porta alle sue spalle.
Nico si lancia sul letto, e afferra un giornale dalla pila che pende sul mio comodino.
-Bhe, hai sentito Valeria no? datti da fare Gas!- sorride sardonico, sfogliando una pagina.
-Ah! Ah!- esclamo io –Hai sentito mia madre, no? ha detto “aiutarvi” quindi devi sistemare anche tu!-
-E io cosa centro con la tua soffitta?-
-Bhe, in pratica tu vivi qui! E hai indosso la mia maglia preferita!-
Lo sguardo che mi rivolge è più evidente di qualsiasi altra bestemmia.




AngoloAutrice

Hola ragazzi..
questo qui sotto è Gas come me lo immagino io.. che ne dite?


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Sono molto, molto in ritardo ma questo capitolo non voleva proprio uscirmi..
che ne dite?
Brutali, mi raccomando...
Ringraziamento speciale a tutte voi che mi sopportate!
Fra

 

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Capitolo 5
*** Come passare la giornata peggiore di tutta la tua vita.. ***


Capitolo 4
Come passare la giornata peggiore della tua vita ad ammirare reggiseni di pizzo verde..
(Sono allergico alla polvere dannazione!)

 

(Nico)

Vi capita mai di pensare che peggio di così non si può andare? Che ormai, avendo toccato il fondo, non si può che risalire?
Bhe, io si. Sono un dannato ottimista, tendo sempre a vedere, o almeno a cercare di vedere il lato positivo delle cose. Perciò quando una dannatissima Valeria mi ha ordinato di aiutare il suo dannatissimo figlioletto, nonché mio dannatissimo migliore amico, a sistemare la sua dannatissima soffitta, io ho pensato “dannazione, quanto potrà essere brutto?”
Ma quando mai ho avuto ragione?

***
 
La giornata più brutta della mia vita.
Carico di una trentina circa di scatoloni e libri, tutti rigorosamente impolverati, spaginati e/o semidistrutti, stretto nella maglietta color azzurro fosforescente di Gas, con un grosso livido sul braccio, tiro un calcio al vecchio baule che mi blocca il passaggio.
Il risultato? Altri libri e scatoloni cadano dal loro precario equilibrio bloccandomi completamente in quel remoto angolino della soffitta.
Un po’ mi sorprende che ci sia tutto questo casino. Non dico per Zia Vale, che è il disordine fatto persona, ma più che altro per il fatto che suo marito e suo figlio non abbiano già catalogato, magari in quelle bustine di plastica, muniti di guanti al silicone come quelli dei R.I.S. ogni elemento che “adorna” questa stanza.
Gas e Zio Rama sono sue maniaci dell’ordine, fissati del pulito, o come vuoi chiamarli...
-Nico ti dai una mossa?- chiede Gas, appena tornato dal piano di sotto, dove sta depositando tutti gli scatoloni. Scuoto la testa, sbuffando profondamente e cerco di farmi strada.
Click.
Alzo spaventato il piede e mi accorgo di aver calpestato una vecchia macchina da scrivere, quelle che usavano le dattilografe tipo un sacco di anni fa.
-Stai attento!- urla Gas –È la vecchia macchina da scrivere di mia madre! Ci tiene tantissimo!-
-E allora perché l’ha mollata qui?- chiedo calciandola via con delicatezza. Scarico la scatole al mio amico e vado a prendere il prossimo carico.
La scatola che mi carico sulle spalle è mezza strappata, con il cartone che pende tutto da un lato, e il contenuto che straborda. Se questa fosse una giornata normale non me ne importerebbe un fico secco di cosa contiene ma qualcosa di appuntito mi punge sul braccio. Porto la scatola davanti a me, e la apro con circospezione.
Nella penombra della soffitta non riesco a vedere bene, mi limito perciò ad infilare la mano nella scatola, e a cercare a tentoni l’oggetto contundente.
Avvertii un dolore penetrante all’anulare sinistro e la ritrassi coperta di sangue.
-Ma che…?-
Trasporto la scatola giù, in camera di Gas, chiudendo la porta della soffitta dietro di me.
-Basta per oggi- rispondo alla faccia interrogativa del mio amico –Guarda un po’ qui-
 
Procediamo con cautela.
Ci inginocchiamo di nuovo accanto alla scatola, la più grande fra tutte quelle che abbiamo trasportato fino ad ora, mentre Gas apre la finestra per fare più luce. Infilo, con attenzione questa volta, la mano nella scatola, frugando nel fondo, e dopo aver recuperato una vecchia spilla, “Vota Gero come rappresentante di istituto”, parecchi giornali, un album rosso, e parecchi fogli sparsi, finalmente scopro l’oggetto tagliente che mi ha ferito.
È un frammento lungo cinque centimetri appartenente ad uno specchio. Lo passo a Gas, che lo ammira con attenzione, portandolo verso la luce.
Una altra ispezione rivela che il resto dello specchio è solo vetro polverizzato, attaccato allo strato più profondo di “detriti” come sabbia scintillante.
-È davvero bizzarro, non credi?- mi chiede Gas ancora tutto preso dallo specchio.
Tiro fuori un vecchio lettore Mp3, un porta Cd a forma di gatto, un quadernetto azzurro, una collanina con il ciondolo del simbolo della pace, alcune bandane colorate, un paio… di mutande? Color rosso acceso con una scritta in bianco, ormai illeggibile sul dietro, dei guantoni da boxe, alcune riviste di moda, un cappellino a tinte mimetiche, dei guanti di plastica arancioni, di quelli che si usano per fare le pulizie e un plettro da chitarra. Poi c’è un'altra scatola dove trovo un diapason, una candela perfettamente intera, una bussola, una boccetta di cristallo che doveva contenere un profumo, una spada di legno, una cornice vuota, una collana, un disco da vienile, di quelli che si usavano una cinquantina di anni fa; e poi ancora un calamaio e una penna d’oca, un dado, un boomerang, due ferri da calza e un medaglione.
-Ma cosa..?- chiedo perplesso tirando fuori l’ultimo oggetto che mi sarei aspettato di vedere.
-Gas, Gas, guarda!- esclamo alzando in aria un reggiseno di pizzo color verde mela*.
-È un reggiseno?- esclama lui, lasciando per un secondo il frammento di specchio che sta ancora osservando.
-Forse è di tua madre- ipotizzo –O magari Zio Rama ha avuto una scappatella!-
Il cazzotto che ricevo, lo ammetto è giustificato, e meritato. Sogghignando all’idea del mio timido, dolce e sensibile zietto coinvolto in una relazione extraconiugale, mi riavvento la sua scatola.
Lo ammetto il suo contenuto è del tutto inutile, scontato e assolutamente banale, anzi sembra quasi tutta spazzatura, ma mi incanta. Non posso fare a meno di continuare a scavare.
Apro il raccoglitore rosso, partendo dalla fine, dove sono per lo più attaccati disegni, alcuni li riconosco, sono quelli che abbiamo fatto io e Gas da piccoli.
Sono due quelli che mi colpiscono.
Il primo rappresenta due bambini su delle altalene, che si tengono per mano. Non me lo ricordo. Probabilmente l’ha disegnato Gas.
È abbastanza ben fatto, ovviamente per gli standard di un bambino di sette anni. In fondo a destra c’è scribacchiato qualcosa che non riesco a decifrare.
Il secondo è il semplice disegno di un triangolo. Quello che è più colpisce è la precisione delle linee, che sembrano quasi essere state fatte con il righello. Sono perfette.
Vado indietro con le pagine dell’album, fino ad incontrare un ritaglio di giornale che mi colpisce.
È datato al giorno 22 Marzo 2016.
 
L’Angelo Rosso è tornato?
 
Dopo la lunga scomparsa dalla scena del crimine, una tanto attesa figura è tornata a mostrarsi in pubblico. L’Angelo Rosso è tornato!
Dopo la sua ultima apparizione datata all’anno 2008, il famoso supereroe all’apice del successo, sembrava sparito nel nulla, perso nell’oblio delle sue gesta, o magari rinchiuso nelle sue ferme convinzioni e nei suoi meditabondi segreti.
Ebbene oggi, 22 Marzo 2016, io Elle Woods, posso affermare di aver visto, con questi miei stessi occhi, il ritorno glorioso dell’Angelo.
Egli è intervenuto in favore di alcuni ragazzini, che passeggiando lungo il viale Pinemar, sono incappati in un gruppo di simpatizzanti di Cielo Aperto, la nota organizzazione ambientalistica che tende a utilizzare metodi violenti e ortodossi, quasi attacchi terroristici. Tutto, ovviamente in nome dell’ambiente.
La situazione era degenerata in una vera e propria guerra fra i ribelli e i poveri passanti, interrotta bruscamente dall’intervento dell’Angelo.
Ora rimane solo una domanda.
È lo stesso Angelo che un tempo era stato un così fido collaboratore della legge?
Lo stile e i metodi di approccio sembrano gli stessi, così come sembra immutato il volere dell’Angelo di conservare la sua privacy e la sua identità segreta.
Così come è arrivato se ne andato, in silenzio, lasciando dietro di sé solo un paio di mutande rosse con il suo logo scritto sul retro, ma sempre lavorando per il bene comune e per proteggere la giustizia.”
 
Mi lascio scappare un fischio mentre guardo la foto che occupa metà pagina del giornale, che ritrae il famoso paladino.
Per un attimo fisso estasiato il profilo dell’uomo che inconsciamente sta già diventando il mio mito. Un eroe, vestito di pelle e jeans, con un incredibile bravura nel combattimento, che lascia dietro di lui una scia di mutande rosse.
Un idea mi fulmina.
Queste allora, mi dico mentre afferro gli slip rossi trovati nella scatola, sono le mutande dell’Angelo Rosso! Per la prima volta in vita mia desidero fermamente essere qualcun altro.
Voglio essere un Angelo Rosso anche io. Voglio avere carattere e combattere contro quelli di Cielo Aperto.
Con Cielo Aperto non si scherza. Questo lo sa anche un tonto. Sono pericolosi.
-Gas sono arrivate le ragazze!- la voce di Valeria ci risveglia da quella specie di trance temporanea.
Il mio amico si alza andando ad aprire alla porta.
Mi infilo il ritaglio di giornale e le mutande in tasca.
Per il momento questa cosa dell’Angelo Rosso la voglio tenere per me.
Quasi fosse un segreto di famiglia.

 
*Per capire questa strana presenza del reggiseno bisognerebbe vedere la terza serie. Allora quando i ragazzi vanno nel futuro, Tacho riprende i panni dell’Angelo Rosso, e mentre scappa dai giornalisti, lascia cadere per terra un paio di mutande rosse, un regalo di un suo fan. Alla sua seconda apparizione, vede una ragazza bellissima, vestita da supereroina, chiamata “Caperucita Verde” cioè Cappuccetto Verde. Lei lo aiuta a salvare la gente e al momento di scappare, lascia cadere il suo reggiseno di pizzo verde. Così ogni volta che l’Angelo e Caperucita salvano qualcuno lasciano lei il reggiseno, lui le mutande.
 

Ecco Mery:

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