'Cause every day is a Green Day

di Gloria_Guns
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2.Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3.Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4. Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1.Capitolo ***


Si dice che quando vuoi iniziare a scrivere qualcosa non si sa mai come cominciare, penso non sia questo il caso, perché lei è nella mia mente, ed è di questo che tutto parla. Gloria, la mia piccola Gloria.


Ero appena uscito dallo studio del dottor Stinson quando eccola: una ragazza dai capelli bianchi e blu, gli occhi bassi su un libro e un viso d'angelo.Aveva le cuffie alle orecchie ed era molto magra. Si, di solito i pazienti lì erano di quella taglia, o di quella opposta, solo raramente si incontravano persone all'apparenza normali, come me. Ma niente di tutto quello che vidi a prima vista mi colpì come quando vidi quel tattoo, proprio lì sulla sua spalla: "I HOPE YOU HAD THE TIME OF YOUR LIFE". Green Day. Lei, li conosceva? Avrei voluto fermarla o stare lì un'ora per parlare dopo la sua seduta ma una voce da bambina interruppe i miei pensieri. "Marco, dai andiamo, mamma ci aspetta in macchina!" Non potevo lasciarla andare, avevo incontrato per la prima volta la mia 80, la mia extraordinary girl. "Helena di a mamma che torno da solo a casa ok?" "Ma dobbiamo vedere le stelle insieme oggi, è la notte di San lorenzo in italia, non ricordi?" Gli occhi della mia sorellina, vestita in rosa per l'occasione, cominciavano a farsi umidi, non doveva piangere. "Ok tesoro, andiamo." 

Helena aveva sofferto molto nella sua breve vita. Mio fratello Mattia ci aveva lasciati tre anni fa, mio padre gli aveva ficcato la pistola dritta in bocca e aveva premuto il grilletto. Abbiamo trovato morto anche lui nella vasca da bagno due giorni dopo. Io e mamma eravamo partiti per andare a trovare la nonna, Helena,appena treenne, aveva assistito a tutto. Così mamma ha fatto le valigie e con il poco che ci rimaneva partimmo in America, la tanto sognata America, rivelatasi uno schifo per chi non è abbastanza ricco da permettersi una villa in riva al mare. Helena non smette di fare brutti sogni e mia madre non smette di piangere,io tengo un diario dove scrivo a Mattia e gli dico quanto schifo fa il mondo senza lui e papà. Così ogni tanto il nostro primo amico, il dottor Stinson, ci concede una visita gratuita. 

Mia madre aspettava in macchina e Helena le correva in contro, sembrava felice in questi momenti, se non fosse stato per quei disegni che ogni tanto ci mostrava o lasciava in giro, avremmo detto che era tutto a posto. Mia madre aveva pianto da poco, si vedeva dagli occhi azzurri diventati rossi. Sedetti in macchina sul posto davanti e invitai mia sorella a sedersi su di me. 

"Ciao tesoro" Mia madre forzò un sorriso, da quanto non rideva?

"Mamma." Accennai io. "La prossima volta dovresti andare tu dal dottor Stinson" 

"Oh no, è il turno di Helena" altro sorriso forzato. 

"A me non piace andarci" si intromise Helena

"e invece devi" La interruppe mia madre.

Helena sbuffò e si appollaiò sulle mie gambe. Era così piccola.

Accesi lo stereo ma mia madre lo spense subito con un altro dei suoi odiosi e falsi sorrisi, ne faceva troppi ultimamente.

Così presi il mio i-pod dallo zaino e spinsi play. 

Dreaming

I am only dreaming

Of another place and time

Where my family’s from.

Singing

I can hear them singing

When the rain have washed away

All the scattered dreams

Dying

Everyone’s reminded

Hearts are washed in misery

Drenched in gasoline

Laughter

There is no more laugher

Songs of yesterday

Now live in the underground.

 
 

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Capitolo 2
*** 2.Capitolo ***


2. CAPITOLO

Mia madre svegliò me ed Helena quando eravamo già arrivati. Nel bel mezzo di una foresta ci stava una piccola locanda semi-porno dotata di terrazza, venivamo ogni anno a guardare le stelle la notte di san Lorenzo, non avevamo mai visto nessuna stella cadente ma era una buona tradizione. 

"Marco, Helena, salite pure, parlo con il proprietario e sono subito da voi" Altro finto sorriso, era una bugia, lei non era mai venuta a guardare le stelle, probabilmente lavorava lì quella notte, come tutte le notti in cui non l'avevo trovata nel suo letto, come tutte le notti in cui anche Helena non l'aveva trovata nel suo letto. Ci sdraiammo su delle coperte, la luna illuminava il faccino di porcellana della piccola, somigliava alla mamma quando era felice. Gli stessi grandi occhi azzurri, gli stessi boccoli dorati, lo stesso sorriso che in mia madre non si vedeva più. Ero contento che l'avesse ereditato, avrei potuto rivederlo almeno. Pensavo: "Guardaci, Un giovane, vestito di nero e borchie,con cresta e capelli spettinati, gli occhi truccati un paio di Converse bucate e una larga maglia; Vicino a lui, una piccola bambina bionda, onde di morbidi ricci che cadono dalle sue spalle, il fragile corpicino fasciato da un delicato vestito rosa. 

"Marco! Guarda! Una stella cadente, visto?" gridò entusiasta la piccola, con gli occhi che brillavano come due piccoli diamanti, eppure molto più preziosi.

"Mi dispiace, tesoro. Vedi? Ha delle piccole lucine rosse ai lati, è solo un aereo. Ma non ti preoccupare, ne troveremo di sicuro delle altre."

"E quella? quella è una stella vero?"

"No, Helena, è solo un altro aereo, non vedi che ha delle lucine rosse ai lati?" Il mio sguardo si posò sul faccino della piccola delusa, aveva le lacrime agli occhi. "Tesoro c'è qualcosa che non va? Un altro brutto pensiero?"

"Non vedremo mai una stella cadente vero?" Le lacrime stavano per sgorgare dai suoi occhi "non potremmo fare finta che gli aeroplani siano stelle comete per una volta? Prometto che poi non lo faremo più. Perché adesso mi servirebbe proprio, dovrei esprimere un desiderio, solo uno." Disse prima che potessi interromperla. I suoi occhioni azzurri si posarono sui miei, come un profondo e triste lago dimenticato. 

"Certo, piccola mia, certo che possiamo. Tutte le volte che vuoi" L'abbracciai forte a me e singhiozzò così forte da farle tremare le ossute braccine, la strinsi in un abbraccio sincero, quell'abbraccio che ci legava da quando erano successe tutte quelle disgrazie, da quando la nostra vita era andata a rotoli.

Confesso che quel giorno, strizzando gli occhi, scese una lacrima nera dai miei occhi e posso giurare di aver visto una stella cadente saettare sulle nostre teste, ma il mio desiderio, non si realizzò. 

La sera, prima di andare a letto mi venne in mente lei, il suo volto angelico. Qual'è il suo nome? avrei dovuto chiederlo.

 

The regrets are useless,

In my mind,

She's in my head,

I must confess.

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Capitolo 3
*** 3.Capitolo ***


Era passata una settimana da quando avevo visto lei, non sapevo il suo nome, nè di che colore avesse gli occhi, ma ero sicuro che se l'avessi incontrata per strada l'avrei riconosciuta.

Avevo compiuto 18 anni.

Quel giorno aspettai mia madre come tutte le sere, misi a letto Helena che ogni tanto cacciava un urlo, e inserii American Idiot nel lettore cd. Canticchiai tutto il cd, traccia per traccia, parola per parola finché non mi addormentai.

Mi svegliò il rumore della porta e subito le note di Holiday inondarono la mia testa. Mi alzai di scatto preso dal terrore, chi poteva essere alle 7 del mattino? Mia madre. 

"Marco che cazzo ci fai qui a quest'ora?" era sfinita, nera e spettinata. Era brutta.

"Potrei fare la stessa domanda a te, come mai sei tornata a quest'ora?" 

"Il lavoro mi ha trattenuta parecchio tesoro"

"Devi darmi dei soldi"

"Non abbiamo soldi per i tuoi dischi del cazzo, Marco." La sua voce si fece seria, me lo doveva, era il mio compleanno.

"Però hai soldi per quelle no?" Dissi indicando le sigarette. 

"Fanculo Marco, sai quanto mi servono, sicuramente più di quanto ti servano quei cd."

Mi chiusi nella mia camera sbattendo la porta. Perché non capiva quanto i Green Day fossero importanti per me? Perché non capiva quanto mi stavano aiutando a superare tutto? Decisi di andare dal dottor Strinson il pomeriggio. Nel frattempo sarei uscito con Dan e avrei "festeggiato" con una birra.

"Hei amico, che ti succede? Oggi sei diventato diciottenne!" Disse salterellando verso il parcheggio del 7-11

"Fanculo i diciotto anni" Risposi buttandomi a terra e sorseggiando birra.

Dan capì il mio problema così rimanemmo zitti per almeno un'ora.

"Andiamocene" disse Dan interrompendo il silenzio.

"Cosa?" Quella richiesta così improvvisa mi stupì, Dan non era mai stato un tipo oltre i limiti

"Si, andiamocene, cosa potremmo mai fare qui, in questa città piena di ipocriti?"

"Amico, sai quanto mi piacerebbe, ma non posso lasciare mia sorella sola con la puttana" Si, la puttana era mia madre.

"Portala, rapiscila e le fai da padre, tanto lo stai già facendo" Dan scatto in piedi, i suoi sogni di gloria erano avevano contagiato i suoi occhi che ardevano come benzina sulle fiamme. 

"Torno a casa Dan, ci vediamo." Mi dispiaceva uccidere i suoi sogni ma non potevo fare altro. Nella vita ho imparato ad evitare i sogni impossibili, ho imparato ad essere più realista, per evitare inevitabili delusioni. 

Volevo andarmene, non facevo che pensarci, stavo ricadendo nella trappola dei sogni impossibili.

Poi mi ricordai lei, le sue ciglia lunghe piegate su quel libro, i capelli strani, il tatuaggio. L'avrei ritrovata, lei era straordinaria, lo sapevo.

Alla stazione della metro mi sedetti su una panchina e infilai l Ipod nello zaino. Aspettai un quarto d'ora canticchiando finché non arrivò la metro.

 
 

He steals the image in her kiss 

From her heart's apocalypse 

From the one called whatsername 

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Capitolo 4
*** 4. Capitolo ***


Mi addormentai in metro e fui svegliato dalla vibrazione del mio cellulare.
Mamma:
Dove sei? Torna a casa. Mi dispiace essermene dimenticata. Ti voglio bene.
Tornare a casa? Non ci pensavo nemmeno! 
Scesi all'ultima fermata, la fermata sbagliata, quella che non portava a casa mia, nè in nessun altro posto. Subito appena uscito dalla stazione vidi un grande parco, panchine arruginite, bambine che giocavano a palla. Presi il libro che avevo nello zaino e mi misi a leggere su una panchina.
Forse urlai troppo ad alta voce perchè una signora mi guardò indignata e si alzò dal suo posto accanto al mio. 
Chiusi il libro che stavo leggendo, un'altra stronzata su un ragazzo sfigato. Perchè i protagonisti, maschi, dei libri erano 
tutti supereroi o sfigati innamorati di una figona che, puntualmente, non li degnava neanche di uno sguardo?
Gettai il libro "La vita è un gioco" in fondo alla panchina verdastra arruginita e mi distesi con gli occhi chiusi per raccogliere i pensieri.
Mi addormentaiin poco tempo.
Quando aprii gli occhi altri due occhi, verdi come le panchine che mi stavano in torno, mi fissavano un pò curiosi e un pò preoccupati
le urlai contro, ma me ne pentii subito.
Il suo visino arrossito era molto dolce, si sentiva in colpa.
Mi ero messo a sedere così che lei potesse sedermi accanto, e così fece. Accesi una sigaretta e la ragazza mi guardava con gli occhi di chi non aveva mai visto un ragazzo, o magari uno come me, ma lei al contrario di tutti quelli che mi guardavano per strada non era spaventata, era diversa come me. Non avevo fatto caso a quanto fosse carina. Aveva i capelli biondi con qualche ciocca di un colore che doveva essere un verde scuro, aveva gli occhi verde smeraldo, di quelli in cui ti ci perdi dentro. Portava un paio di pantaloncini neri e una maglietta bianca, era molto magra e le si vedevano le ossa delle spalle e del petto, la sua pelle, candida, sembrava liscia e morbida nonostante a vista fosse spigolosa, E poi lo vidi: "I HOPE YOU HAD THE TIME OF YOUR LIFE". Era lei.Allora mille emozioni sovrastarono i miei pensieri, non facevo altro che fissarla, certo, era lei! Era più bella di come l'avevo immaginata e i capelli erano diversi ma si, era lei.
Disse imbarazzata.
Già, la stavo fissando da un minuto buono. Solo dopo mi accorsi che con sè aveva una chitarra.
le domandai buttando via il fumo che avevo appena inspirato.
rispose in tono sarcastico. Aveva le labbra carnose colorate di rosso e un percing proprio sotto la parte destra del labbro.
feci un altro tiro. Lei si girò dall'altra parte.



Nel prendere lo strumento le cadde un libro che riconobi: "La vita è un gioco". Scoppiai in una fragorosa risata  le dissi riprendendo fiato
 



Fece un sorriso e disse:


 
Mi porse la chitarra e iniziai a stimpellare gli accordi di "Good Riddance-Green Day sapendo che l'avrebbe riconosciuta. Lei sgranò gli occhi e urlò:

continuava ad urlare e sorridere. Era bella quando sorrideva, le sue guance s'erano arrossate e i suoi occhi erano più vivi di prima, brillavano adesso.
<è anche la mia, poi il tatuaggio.> sorridevo. 
S'illuminò di un sorriso d'ammirazione. Aggiunse con aria di festa.
risposi con un sorriso sconosciuto sulle labbra.
Prese un cono alla nocciola e pagai io. Passammo un pomeriggio meraviglioso, pieno di risate, commenti e poesie. Scoprimmo di avere tante cose in comune, lei era bella, era gaia, sprizzava gioia da tutti i pori. Ma io ero sempre stato bravo a capire le persone e nei suoi occhi c'era un ombra di qualcosa passata.

 

 
Rise. disse correndo via.
In effetti erano tante le cose che non sapevamo l'una dell'altro. Non sapevo nemmeno quanti anni avesse.

Tattoos of memories and dead skin on trial 
For what it's worth it was worth all the while 
It's something unpredictable, but in the end is right. 
I hope you had the time of your life. 

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