I Gioielli: Riconciliazione. di nini superga (/viewuser.php?uid=97164)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio. ***
Capitolo 2: *** Conversazione n.4 ***
Capitolo 3: *** In cammino. ***
Capitolo 4: *** Nuove amicizie. ***
Capitolo 5: *** conversazione n.5 ***
Capitolo 6: *** Breakfast ***
Capitolo 7: *** Into the Mark. ***
Capitolo 8: *** La Compagnia riunita. ***
Capitolo 9: *** Edoras. ***
Capitolo 10: *** Litigio ***
Capitolo 11: *** Il rispetto per la tradizione. ***
Capitolo 12: *** Funerale. ***
Capitolo 13: *** Di nuovo in marcia ***
Capitolo 14: *** Verso Helm ***
Capitolo 15: *** Mia sorella ***
Capitolo 16: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 17: *** cap.17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 1 *** Un nuovo inizio. ***
I
Gioielli: Riconciliazione
Un
nuovo inizio
I
raggi di sole che si riflettevano sull’acqua mi
bruciavano gli occhi, facendomi dolere la testa, eppure continuavo a
guardarli;
il rombo delle cascate di Rauros era così tonante da
sovrastare qualsiasi altro
rumore, compreso quello della mia testa. Pensieri sconnessi si
aggrovigliavano,
spezzoni di frasi e ricordi
si
attorcigliavano gli uni con gli altri, rendendo il nesso logico
impossibile. “
Sapevo che avrebbe fatto male. “ Mi dissi, socchiudendo gli
occhi. Un pesce
increspò l’acqua e il raggio si mosse con
delicatezza. Distolsi lo sguardo e lo
posai sul viso contratto dalla sofferenza di lui “ Lo sapevo,
eppure ho deciso
di affrontarlo. Sono stupida o coraggiosa? “ Oppressa da quel
pensiero, mi
alzai e andai vicino alla riva.
Mi
faceva male pensare, eppure ricapitolai la
situazione: Giulia era stata rapita dagli Uruk- hai di Saruman assieme
a Merry
e Pipino, i Valar sanno per quale scopo; Frodo e Sam aveva attraversato
il
Fiume e avevano deciso di andare a Mordor da soli, senza alcun aiuto,
contando
solo su se stessi, passando per il nord; noi eravamo quanto restava
della
Compagnia: Gandalf e Jadis ci avevano abbandonato a Moria, concludendo
i loro giorni
su Arda prima del tempo; Aragorn , Legolas e Gimli erano partiti
all’inseguimento degli Uruk-hai, il compito di salvare mia
sorella e gli Hobbit
era loro, mentre io ero rimasta da sola con Boromir, ancora in stato di
incoscienza a causa dello scontro con gli orchi di Saruman. Aveva
rischiato la
vita per proteggere i suoi compagni, infischiandosene delle frecce che
lo
trafiggevano e gli dilaniavano le carni, e ora ne pagava le conseguenze.
Anche
io scontavo le mie scelte: mi ero messa contro
Boromir per impedirgli di prendere l’Anello a Frodo.
L’avevo fatto non per mia
gloria personale, non per martirizzarmi: desideravo solo proteggere
l’amore
della mia vita dalla dannazione, dall’infamia di essere
ricordato come colui
che rubò l’Anello, colui che tradì un
amico per la sete di potere e gloria,
colui che aveva ceduto... Il taglio nella guancia mi diede una fitta, e
gli
occhi si fecero lucidi per il dolore. Sentivo ancora i suoi colpi, il
pugno che
mi aveva sferrato e che mi aveva rovinato zigomo e guancia, le dita che
mi
stringevano il collo… ne avevo prese tante, e i segni erano
ancora ben visibili,
eppure ciò che mi struggeva di più non era il
dolore fisico.
Mi
voltai a guardarlo, disteso fra le foglie, il mio
bagaglio come cuscino. Lo guardai, e ripensai a come era quando ancora
non era
avvelenato, quando ancora era il mio Capitano e il mio cuore. Voleva
chiedermi
in sposa, Boromir, eppure mi aveva combattuto come si fa con un nemico,
rischiando
di ammazzarmi e riuscendoci quasi, se Giulia non fosse intervenuta. E
ora lei,
l’unica che poteva aiutarmi a sanare le ferite, era lontana
da me, mente e
corpo.
Boromir
gemette e sospirò, la mascella contratta dal
dolore. La febbre era scesa nel corso della notte, ma era ancora
così pallido...
Sarebbe sopravvissuto, ma quando avrebbe avuto le forze per camminare?
Quanti
giorni sarebbero passati prima che potessimo recuperare la distanza fra
noi e
gli altri? Le domande mi facevano pensare, e i pensieri mi facevano
dolere il
capo alla stregua dei ricordi.
Alba.
Solo qualche ora prima. Appena svegli.
<<
L’ho sentita. >> Sussurrai ad Aragorn, mentre
gli altri si svegliavano
<< E’ viva. >>
Legolas
mi fu subito addosso << Come sta? Sta bene? È
ferita? >> “ Digli di
calmarsi. “ La voce di Giulia suonava così lontana
“ E comunque, anche se
stessi male, mica ve lo direi. “
<<
Dice di star bene. >> Bisbigliai, guardando di soppiatto
Boromir. tornai
a fissare Aragorn << Dovete assolutamente partire.
>>Sentenziai.
<<
E come facciamo a portarci dietro il peso morto di Boromir?
>> Sbottò
Gimli, controllando il filo dell’ascia << Ci
intralcerebbe. Dobbiamo
aspettare che si risvegli. >>
Feci
una smorfia. Doveva essere un sorriso, ma avevo il viso indolenzito.
<< E
chi ha detto che dovete portarvelo appresso? >>
<<
Non vorrai mica restare qui con lui! >>
Esclamò Aragorn, distogliendo la
sua attenzione dal bagaglio << No, non te lo
permetterò, non dopo…
>>
<<
I segni passeranno, Aragorn, e anche la rabbia e la paura.
>> Conclusi senza
mezzi termini, continuando a fissarlo << Boromir non si
sveglierà prima
di oggi pomeriggio, se le mie previsioni sono corrette, ma quel pallore
non mi
piace affatto. Potrebbe dormire addirittura sino a domani mattina,
Aragorn! Se
non partite ora, quelli arrivano a Isengard con tutto il bagaglio: mia
sorella
e gli Hobbit devono- essere- salvati! >>
Legolas
diede una scrollata alla spalla del ramingo, impaziente
<< Ha ragione, Aragorn!
>> Asserì << Se non partiamo
adesso, non riusciremo più a
recuperare terreno. >> << E gli orchi
corrono assai veloci.
>> Commentò Gimli con aria mesta
<< La ragazza ha ragione. >>
Mi guardò dritta negli occhi << Figliola, ti
dirò che nemmeno io sono
tranquillo nel lasciarti da sola con Boromir ma, se davvero ami tua
sorella e i
tuoi amici, devi darci la tua benedizione. >>
<<
E l’avete, Gimli, mia e di tutti i Valar: andate, riportatemi
Giulia e Merry e
Pipino. Sono certa che il resto si
aggiusterà… >> Aragorn continuava a
guardarmi con aria truce e scontenta.
<< Non avete il lusso di aspettare Boromir, e lo sai
bene. >> Gli
dissi << Cosa vuoi fare, preferisci salvare tre vite da
un destino in
certo, o attendere che un uomo- che sopravvivrà- si
risvegli, concedendoti una
giornata di riposo? >>
La
risposta era già pronta nel suo cuore, eppure Aragorn figlio
di Arathon era
contrariato << Cosa pensi di fare, una volta che si
sarà svegliato?
>>
Mi
strinsi nelle spalle << Credo che vi seguiremo. Molto
probabilmente,
Boromir sarà abbastanza in forze per camminare solo domani
mattina, quindi avremo
ancora più distacco… lasciate tracce. Credo che
Boromir le saprà distinguere,
no? >>
Legolas
ridacchiò, nervoso << Se continueremo a
ritardare, non avremo nemmeno il
tempo di ricoprirle, le nostre tracce! >>
Il
Ramingo ignorò l’Elfo. Si avvicinò e mi
prese per i polsi << Sei certa di
quello che fai? >> Mi sussurrò
<< Non devi per forza restare.
>>
L’idea
mi attraversò come un fulmine: abbandonare Boromir?
<< Sarebbe l’errore
più grande della mia vita. >> Dissi a caldo
<< Io e lui…abbiamo
solo bisogno di parlare. >>
Aragorn
mi frugò
l’anima con gli occhi, cercando
di capire. << Sei così giovane, eppure
così coraggiosa… >>
Mormorò,
scivolando via, verso il suo bagaglio, silenzioso. Gli altri rimasero a
guardarlo, Leoglas che si torceva una treccia dorata. Quando non ce la
fece
più, dato che Aragorn non parlava, sbottò in
maniera poco signorile << E
allora? >>
Aragorn
issò lo zaino in spalla e mi fissò con gli occhi
di ghiaccio << E allora
partiamo. >>
“
Stupida o coraggiosa? “ Mi chiesi nuovamente,
intingendo la mano nell’acqua fresca per tamponarmi il labbro
gonfio “ Se ero
partita con un sacco di buoni propositi, coraggiosa come Jadis, adesso
mi sento
sola e sperduta come una pecora… “ Mille paura mi
attanagliavano: e se gli
altri fossero stati catturati? E se fossero già morti, o
fatti schiavi, o
seviziati e torturati? E se non fossero arrivati alla fine della loro
missione,
che fine avrebbero fatto i tre prigionieri? Che destino li attendeva?
Se anche
solo una di quelle paure si fosse avverata, io sarei stata sola al
mondo,
accoppiata a un malato di cui avevo paura. Perché si,
nonostante il mio
coraggio, i miei sforzi per levarmela di dosso, io avevo paura di
Boromir.
Sentivo le viscere torcersi quando stringeva la mano a pugno, preso
dalla
sofferenza; quello stesso pugno che aveva sferrato a me, la sua futura
sposa. “
Sapeva almeno chi ero, durante il massacro? “ Si, lo sapeva:
mi aveva intimato di
spostarmi dalla sua traiettoria, mentre io gridavo a Frodo di
dileguarsi- già,
Frodo… chissà se anche lui era caduto nelle mani
del Nemico, se il mio
sacrificio era stato vano. Sicuramente non era con Giulia, e
già questa era una
consolazione. Vagava per gli Emin Muil, Sam a fargli da spalla e a
dargli forza.
Chissà se ce l’avrebbero fatta. Scossi il capo,
sconsolata “ Troppe domande. E
nessuna risposta. >>
Boromir
mugolò ancora, perso nel suo sonno agitato.
Ma quello fu un mugolio diverso. Tesi l’orecchio:
invocava…chi? Mi avvicinai,
accovacciandomi accanto a lui. Emise qualche suono articolato, prima di
bisbigliare << Madre… >>
Mi
stupii: un uomo grande e grosso come lui, nel
momento del bisogno, invocava la madre! Mi fece sorridere il cuore e,
per poco,
vinsi la paura.
<<
Non c’è. >> Gli sussurrai,
sfiorandogli
lo zigomo fresco << La tua mamma non è qui.
>>
Mai
mi sarei aspettata di vederlo aprire gli occhi.
Li schiuse come si schiude un fiore, con delicatezza, e per un attimo
sembrò
non capire dove si trovasse. Il mio stomaco si contrasse
dall’emozione.
<< Boromir? >> Lo chiami piano, e lui si
voltò. Mi guardò con aria
perplessa, gli occhi ancora offuscati <<
Soldato…io… >>
“
Non mi riconosce. “ Constatai, sentendomi gelare “
Non mi… “
Calde
lacrime mi rotolarono lungo il viso. Lui si
schiarì la gola << Soldato…per i
vivi…non si può piangere. >>
Tacque, chiudendo di nuovo gli occhi << Dammi del vino.
>>
Singhiozzai
forte << Non ce n’è.
>> Lui
mugugnò qualcosa, per poi tornare tranquillo. Di
riaddormentò, ma stavolta il
pallore sparì, e una
lieve sfumatura
rosa si impossessò del suo viso. Intinsi un fazzoletto
nell’acqua del fiume e
gli umettai le labbra. Sembrò apprezzare molto, e ne chiese
ancora. Borbottò a
lungo, chiamò persone e fece domande a cui non sapevo
rispondere, ma in nessuna
di esse io venni menzionata. Che si fosse scordato di me? Come avrebbe
reagito
trovando accanto a se una ragazzina di cui non ricordava
l’esistenza, dal volto
tumefatto e decisamente incapace di fare qualsiasi cosa? Come?
Un
forte singhiozzo mi sfuggì dalle labbra, straziandomi
il petto: quanto mi sentivo coraggiosa, in quel momento?
Perché avevo lasciato
andare via gli altri? Perché non ero rimasta a Gran Burrone,
con Arwen, o
direttamente a Isengard? Perché?
Piansi
a lungo, tutte le lacrime che avevo le
disseminai su quella riva dell’Anduin, vicino a Rauros, e le
piansi per l’ombra
dell’uomo che amavo, per me stessa e per il mondo ingiusto
che mi aveva
incastrata in quella situazione senza vie d’uscita. Mi
sentivo come sepolta… o
era solo il peso dell’acqua che mi aveva trascinato sul fondo
della
disperazione? Sarei dovuta risalire, prima o poi… ma quando,
esattamente?
Una
mano mi sfiorò il polso, facendomi trasalire. Mi
sfregai gli occhi arrossati dal pianto e lo guardai: Boromir mi
fissava,
impietrito, terreo come se avesse visto un fantasma. Un nuovo
singhiozzò mi
ruppe il petto, nonostante cercassi di tranquillizzarmi. Stavolta non
stava
sognando, il mio capitano era sveglissimo, e mi fissava dritto in viso-
anzi,
no: mi fissava il collo.
Improvvisamente intimidita, vergognandomi di quei segni, li coprii con
la mano,
abbassando lo sguardo.
Nessuno
dei due disse niente per lungo tempo. La
mattina e il primo pomeriggio scivolarono via, lenti e lunghissimi,
senza che
fra noi ci fosse anche solo una parola, o un gesto.
L’unico
suono che disturbava il gorgoglio dell’acqua,
lo stormire delle foglie, era il pianto della colpa di Boromir.
D.I.F.
( cioè Dulcis In Fundo ): stimabili lettori,
torno da voi con sommo piacere e tremenda fatica. Questa nuova storia
sarà dannatamente
complicata e terribilmente difficile da scrivere, me lo sento dal
prufundis…
ma, che dire, mi sembra più che giusto dare un seguito alla
storia che ho più
amato, con cui sono entrata in conflitto un sacco di volte e da cui
comunque
sono uscita arricchita- come d’altro canto spero sia successo
anche a voi, o
lettori.
Per
scazzo mio non ho avuto la bontà di rispondere
alle ultime recensioni, ed è una cosa di cui mi vergogno
tantissimo: voi
dedicate il vostro tempo a me, smacchinate su cosa scrivere, su cosa
commentare, cosa dire, cosa non dire…e io? Non vi rispondo.
Me tapina! Sono
proprio una c ******a!!
Ma
anche questa è una parte di me… chi non
è un po’
cojomber inside?
Ma
tornando al chappi…cosa ne dite? Siete convinti/e
? io mi sono impegnata un cifron, ed è stata davvero
difficile, ma dovevo
farlo. Il mio corpo lo richiedeva. Credo che scriverò con
più lentezza, almeno
questi primi chappi, sia per la densità della storia, sia
per i sette esami che
devo dare fra un paio di settimane ò_ò ma almeno
dopo ho il mare…e fino a marzo
gli esami li mando allegramente a fanchiurlo!
Quindi,
signori, questo è un nuovo inizio. Sono
ovviamente gradite recensioni, critiche e saluti, nonché
semplici
wow…alzerebbero un sacco l’autostima e
renderebbero la storia sicuramente più
rapida e spedita! Ma fate voi, o lettori: io sono alla vostra
mercé!
Nini.
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Capitolo 2 *** Conversazione n.4 ***
Conversazione
n.4
Il
tabacco l’avevo finito da un pezzo, ma avevo un bisogno
assoluto di fumare. Mi
costrinsi a frugare fra le cose di Giulia, e trovai un pacchetto ancora
intatto
di sigarette del suo mondo. Lo scartai
e
sfilai una sigaretta, andando ad accovacciarmi vicino a Boromir,
facendo
attenzione a non incontrare il suo sguardo. Si era svegliato, e se ne
stava
ancora disteso a terra, il mantello dono di Galadriel steso sul corpo a
mò di coperta.
Accesi la sigaretta perfettamente dritta e aspirai una boccata,
sentendo il
taglio nella guancia bruciarmi forte: non era il massimo fumare nelle
mie
condizioni, ma ne avevo bisogno per affrontare la situazione. Avrei
voluto
anche una pinta di birra, anche due, per tirarmi su di morale, ma
quella era
davvero irreperibile: mi sarei dovuta accontentare delle sigarette
forti di
Giulia.
“
Fumala anche per me. “ Giunse la voce di lei, lontana. Ogni
tanto Giulia diceva
qualche frase, ma nulla di più: la distanza era tanta e lei
era troppo
indebolita per sostenere una conversazione telepatica. Ma non mi
interessava:
finchè parlava, era viva e, finchè era viva,
c’era la speranza di rivederla. “
Vedrai, arriveranno presto. “ La rassicurai, guardando il
fumo salire in
spirali grigiastre. “ Arriveranno presto. “ Ma lei
già non mi sentiva. Aspirai
un’altra boccata e la lasciai uscire dalle narici piano, come
se fossi un drago
sputafuoco. Se fossi stata davvero un drago, avrei afferrato Boromir
con
delicatezza e l’avrei portato lontano da li, a casa, presso
le amorevoli cure
di Matilde, a guarire nel corpo e nello spirito. L’avrei
lasciato parlare con
suo fratello, avrei lasciato che Faramir lo purgasse da tutto il suo
dolore e
dalla sua rabbia, per poi farlo tornare a me come era un tempo:
l’uomo forte e
deciso, cocciuto e buono, d’onore e rispetto.
L’uomo di cui mi ero innamorata.
Sarebbe mai tornato?
Quello
che giaceva accanto a me era un’ombra di Boromir: debole e
ferito, sembrava la
metà di com’era solo il giorno prima, mentre
combattevamo; i begli occhi grigi
erano arrossati dal pianto, le labbra erano rosse a causa dei morsi che
egli
stesso vi aveva dato, per imporsi di non gemere
dall’angoscia. Chi era costui?
In un gesto d’intimità, gli scostai una ciocca dal
viso e gliela posi dietro
l’orecchio, accarezzandogli piano la fronte. Lui
seguì il mio gesto, ma non
riuscì a guardarmi negli occhi: si vergognava per come mi
aveva ridotto?
Fattibile.
<<
Avrai sete. >> Gli dissi finalmente, superando la
barriera del silenzio
<< E anche fame. Mangia qualcosa. >> Teneva
la testa dritta, lo
sguardo vagava in un punto lontano, sul fiume, o anche oltre, perso nei
meandri
del passato. Non mi rispose.
Con
un sospiro, mi alzai e andai alle barche: c’erano ancora
delle scorte di lembas,
quelle di Merry e Pipino, oltre che i loro bagagli. Vi frugai dentro
finchè non
trovai quello che cercavo: lembas ancora intatto e carne di cervo
essiccata.
Tornata a sedermi, il profumo del Pan di Via inebriò
l’aria. Ne presi un
boccone e lo assaporai, un sorriso soddisfatto sulle labbra. Ne staccai
un
boccone e lo porsi a Boromir << E’ uguale a
quello che abbiamo mangiato a
Lothlorien, non è nemmeno stantio! >>
Esclamai, cercando di apparire
normale. Glielo misi proprio sotto gli occhi << Non lo
vuoi? Preferisci
la carne? >> Anche allora, nessuna risposta, solo due
grossi lacrimoni a
rigargli le guance. Mi sentii morire dentro: aveva pianto per
così tanto…
<< Oh no, amore, no… >> Gli
sussurrai, poggiando il lembas e la
stecca di carne sulle sue ginocchia << Perché
piangi? Tu non… >>
<<
Tu non dovresti essere qui. >> La voce rotta, gli occhi
ridotte a due
fessure scintillanti. Boromir mi stava parlando, mi stava guardando, e
non
guardava i miei occhi, ma il mio collo. << Io
non dovrei essere qui. >>
<<
Tu stai benissimo dove stai. >> Risposi seccamente,
frenando l’impulso di
coprirmi il collo << E guai se te lo sento ripetere.
>>
Gli
occhi grigi si posarono sui miei, occhi carichi di sofferenza
<< Io… io
credevo di a-averti… >> Un forte singhiozzo
gli squassò il petto. Rimasi
sgomenta : l’avevo visto piangere, tempo fa, e la causa ero
stata sempre io, ma
il pianto di allora fu straziante e angosciato, come se davvero fossi
morta… E
invece no. << E invece no. >> Gli risposi
con fierezza, sfiorandomi
le labbra rotte << E invece sono ancora qui.
>>
Lui
tirò su col naso e tacque per un po’.
<< Dove sono gli altri. >>
<<
Inseguono gli Uruk-hai che hanno rapito Giulia e Merry e Pipino.
>>
<<
Poteva restare Aragorn al tuo posto… >>
<<
Non penso proprio. >> “ Sto diventando
burbera… “ Pensai con un sospiro,
accendendomi un’altra sigaretta. << Fammi fare
un tiro. >> Ordinò
Boromir. Gliela cedetti e me ne accesi un’altra.
Fece
una boccata, due. Chiuse gli occhi << E…
>> Iniziò piano,
tentennante.
<<
E cosa. >>
<<
… E Frodo? >> Con quale difficoltà
gli uscirono quelle parole, con quale
sforzo le pronunciò! “ Mio coraggioso
Capitano… “ << E’ andato.
>>
Risposi, asciutta, staccando un morso di carne essiccata con malagrazia.
<<
Andato? >> Boromir era come interdetto.
<<
A Mordor. >>
Tacque.
La sigaretta si consumava piano fra le sue dita, la cenere andava
accumulandosi
sul mantello impiegato come coperta, ma non parlava. Era seduto, ora, e
sul
torace nudo splendevano le fasciature bianche, leggermente chiazzate di
sangue.
Guardava fisso davanti a sé, e non parlava.
<<
Boromir… >> Dovevo dirglielo. Non sarei
riuscita ad attendere un minuto
di più << … Non eri tu.
>> L’avevo detto per rincuorare entrambi,
ma io lo credevo davvero? Mentre combattevamo, Boromir mi aveva fissata
e mi
aveva parlato, riconoscendomi come Anna, la sua donna… o
forse no? << Non
eri tu. >> Dissi ancora, per rafforzare il concetto.
<<
Dici? >> Un sorriso sghembo comparve sul suo viso. Scosse
la cenere della
sigaretta quasi finita e aspirò gli ultimi tiri
<< Tutti abbiamo la
nostra parte di oscurità, ma io ne ho più di
altri. >>
<<
Non è vero. >> Quanto disperatamente cercavo
di attaccarmi alla mia
bugia?
<<
Hai visto il buio della mia anima. >> Proseguì
lui, imperterrito <<
La belva che si annida dentro di me, quello che cela il mio spirito.
Ebbene,
che effetto ha avuto su di te? Più di uno, immagino.
>> Di scatto, mi
prese il viso e lo girò verso di se. Il movimento brusco mi
fece sussultare.
Negli occhi grigi, vidi un lampo di tristezza << Eccone
uno: hai paura di
me. >>
<<
No. >> La voce mi ingannò, un leggero tremito.
Mi
scostò una ciocca di capelli dalla guancia sana
<< Vedi? Non credi
nemmeno tu in quello che dici. Io… ho ricordi confusi di
quanto è successo.
Ricordo… >> Si bloccò.
Il
suo tocco era leggero. << Cosa ricordi? >>
<<
Ricordo di aver preso Frodo. Di essere stato sbattuto a
terra… >> Mi
fissò il collo << Da te, e poi vedo te, le mie
mani che… >> Lasciò
andare la presa << Valar, cosa ho fatto…
>>
<<
Se fossi stato tu, ti ricorderesti. >> Argomentai.
“ Ti ricorderesti le
parole, le lame che si incrociano. Ricorderesti i pugni sferrati.
“ Diceva una
piccola speranza nel mio cuore. “ Se non ricordi, non eri tu.
“
Si
passò una mano sugli occhi << Ma ricordo
quando ho cercato di strozzarti,
di… >> Non uscì altro dalle sue
labbra << E’ stata Giulia, vero?
>>
Annuii
piano, fissando la corrente del fiume << Già.
>>
<<
Nemmeno lei ho saputo proteggere. >> Sussurrò
piano. << Che razza
di uomo sono diventato? Ho tradito gli amici, te, ho infranto una
promessa… non
sono più degno di essere chiamato uomo! >>
<<
E invece ti sei dimostrato proprio per quello che sei, Boromir.
>> Gli
posai una mano sul capo << Sei solamente
un uomo, e gli uomini hanno debolezze. >>
<<
Il Ramingo non ne ha. >> Ribadì secco.
Ridacchiai: ecco la vecchia
disputa, un’ombra dell’uomo che amai.
Tentai
di sorridergli << Come no… e’ solo
più bravo di te a nasconderle.
>> Gli accarezzai i capelli << E comunque,
se vuoi saperlo, io amo
l’imperfezione. >>
<<
Quest’imperfezione ha rischiato di ucciderti. >>
<<
Ma non l’ha fatto. >>
Boromir
tacque per un attimo, poi lo disse << Avevo…
intenzione di chiedere la
tua mano, Anna. >>
Abbassai
lo sguardo: eccola li, la mia debolezza. Non ebbi il cuore di dirgli
che già lo
sapevo, che avevo sentito tutto nei boschi di Lorien, quando lui
l’aveva detto
ad Aragorn figlio di Arathon, suo futuro Re. Non sapendo che dire,
tacqui.
<<
Volevo sposarti, ma il destino ha scelto diversamente. >>
Lo
fissai: mi fissava a sua volta, i suoi occhi erano pozze di sofferenza
allo
stato puro, carichi di dolore.
<<
Che significa? >> Chiesi, con un fil di voce.
<<
Che non posso più farti una domanda simile. >>
<<
E perché? >>
Chinò
il capo << Perché tu non mi ami
più, vero? >>
Proprio
in quel momento, una vampata di calore mi attraversò le
viscere: lo amavo. Lo
amavo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta me
stessa…ma in quel
momento non potei far altro che tacere. E smettere di fissarlo.
<<
Devi darmi tempo, Boromir. >> Mi torsi le mani,
attorcigliandole sotto le
cosce.
<<
Per cosa? >>
<<
Per ritrovarti. >> Guardai la corrente del fiume
<< Per ritrovarci.
>> Alla cieca, cercai la sua mano e la trovai, grande e
callosa come
sempre. Gliela strinsi forte e lui ricambiò, instaurando il
primo ponte della
riconciliazione.
In
silenzio, ci riposammo fino al tramonto. Poi, mangiammo qualcosa e
smistammo i
bagagli: avremmo portato con noi solo lo stretto necessario. Il resto,
andava
nascosto sulle barche. << Aragorn dice di aver lasciato
tracce per noi.
>>
Boromir
tirò da solo le barche in secca. Con un mugolio, si
tastò il torace sotto la
tunica <<
Non ne dubitavo.
>> Tirò fuori le dita sporche di sangue
<< Merda… >>
Gli
volai accanto << Ti si è riaperta la ferita,
vero? >> Lui annuì. Gli
diedi una scappellotto, cosa che lui non si aspettava <<
Ti avevo detto
di aspettare a tirare in secca le barche, stupido! >> Lo
rimproverai,
severa. Lui mi guardò, serissimo, per sorridere piano
<< Hai ragione,
sono stato stupido. >>
Mi
stupii: una volta non l’avrebbe mai ammesso, e
adesso…
Andai
a occuparmi di nuovo dei bagagli. << Credi che abbiano
percorso grandi
distanze? >> Gli chiesi dopo qualche tempo.
<<
Certo che si. >>
Mi
torsi le mani, nervosa << Come faremo a recuperare
terreno, Boromir? sono
troppo lontani, e tu ancora debole… >>
Mi
guardò con un sopracciglio inarcato << Ne ho
abbastanza dei tuoi debole e
debole: sono Boromir di Gondor, figlio di Denethor, e sono Capitano
della torre
Bianca. E non sono debole!
>>
<<
Come se i titoli valessero qualcosa! >> Proruppi,
divertita.
<<
E’ la fama a precedermi.
>> Boromir
fece un sorriso smagliante << Nessuno ha mai dato a me del malatino…
>>
Gli
lanciai addosso il bagaglio, molto più alleggerito di come
era prima,
centrandolo in pieno. << E allora partiamo, mio capitano.
>> Lo
affiancai, sogghignando << Abbiamo già
sprecato abbastanza fiato.
>>
D.I.F.-E’
con grande piacere che ritorno a voi, stimabili lettori. Dato che gli
esami
sono stati posticipati al 5 luglio, mandando allegramente a fanchiurlo
lo studio,
io continuo nella mia opera, supportata dall’affetto dei miei
cari e dalle
vostre stupende recensioni Angie_Mars; Cordelia89 ( mi spieghi come hai
fatto a
mettere il draghetto?? ); elepaddy85 e l’immancabile
ragazzapsicolabile91…
grazie fes J
Mi
raccomando, vi aspetto numerosi.
Pace
e ammore,
Nini.
|
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Capitolo 3 *** In cammino. ***
In
cammino
La
notte era allietata dalla luna, ma avanzammo
comunque a fatica sul pendio roccioso. Boromir camminava a stento,
nonostante
facesse finta di niente, e io dovevo stargli a fianco per sostenerlo.
Seguimmo
il sentiero che gli altri avevano tracciato, e arrivammo alla conca in
cui
aveva rischiato la vita. Gli orchi giacevano ancora lì.
Nessun animale aveva
osato avvicinarsi, ed erano ancora intatti. Imputridendosi, emanavano
un lezzo
atroce.
<<
Fermati. >> Mi ordinò Boromir sul
bordo della conca. Non mi mossi, ben felice di non avvicinarmi
eccessivamente a
quel puzzo. << Devo cercare una cosa. >> Si
mosse con movimenti
incerti, tappandosi il naso e la bocca, cercando alla luce della luna.
Cosa
cercasse, lo ignoravo: lo scudo era andato in frantumi, la sua spada
era rotta
e il corno… << Il corno! >>
Esclamai, andandogli incontro <<
Stai cercando il corno! Dove… >>
<<
Eccolo. >> Boromir sollevò qualcosa
con entrambe le mani. Mi avvicinai: il corno di Gondor scintillava alla
luce
della luna, le sue guarnizioni d’oro e argento rilucevano, ma
mai più avrebbe
suonato, perché era spaccato in due metà
perfette. << Non ho memoria di
quando l’hanno rotto… >> Boromir
strinse a sé i due pezzi << Mi è
stato amico per tutti questi anni… Mi ha aiutato quando ero
in pericolo, mi ha
dato forza quando ero disperato e ha disperso i miei nemici quando ero
in
difficoltà. Si dice che, se suonato fra i confini di Gondor,
porti subito
aiuto. Ma ora non suonerà più. >>
Posai
una mano sulle sue << Magari se troviamo
un fabbro riusciamo a ripararlo, non credi? >> Proposi
per rincuorarlo.
Ma lui non mi ascoltò <<
Quest’oggetto appartiene alla mia famiglia da
generazioni, e mai è stato ridotto in frantumi! Valar, ho
tradito anche lui…
>> Gli accarezzai una guancia irta di barba, portando la
sua attenzione
dal corno a me << Ti ha servito fino in fondo.
>> Gli dissi con
fermezza << E’ stato un valido alleato e ti ha
servito fino alla morte,
mio capitano. Non l’hai tradito. E ora dammelo: lo
avvolgerò in una sciarpa e
lo daremo al miglior fabbro di Minas Thirit, pur di sentirlo risuonare.
Va
bene? >> “ Dimmi di si. “
Lui
continuò a guardarmi, beandosi per un attimo
della mia mano sul suo viso. Repentino, diede un bacio al palmo e
annuì
<< Sia come tu desideri. >>
L’alba
ci soprese che avevamo appena superato la
cresta del pendio che si ergeva a fianco dell’Anduin, teatro
dello scioglimento
della Compagnia. Ero stanca, ma non potevo darlo a vedere: Boromir era
più
stanco di me, era anche ferito, e non si lamentava. Eppure era
così pallido… ma
non volle saperne di fermarsi a riposare. Mangiammo carne secca e
lembas
continuando a camminare.
Davanti
a noi, una magnifica vista si stendeva: le
rocce, ricoperte da radi cespugli e qualche pino contorto, si
stendevano nello
spazio, ma verso l’orizzonte iniziavano a degradare in un
mare verde. Boromir
si fermò e lasciò che la brezza accarezzasse il
suo viso. << Stiamo per
entrare nel paese di Rohan. >> Mi disse, indicando
l’orizzonte <<
E’ un paese amico, terra dei Signori dei Cavalli. Se saremo
fortunati,
troveremo una fattoria e ce ne faremo dare uno. >>
Ferma
al suo fianco, lo guardai con aria scettica
<< E con quale denaro pensi di pagarlo, scusa?
>>
Lui
fece spallucce << Un modo lo troveremo.
>> Riprese a camminare e a parlare << Ho
visitato il Mark, tempo
fa. Venni assieme a mio padre per una visita diplomatica, una qualche
alleanza
con Re Theoden, che dovrebbe regnare
tutt’ora, sempre che sia vivo.>>
Decisi
di far conversazione. Anche i lividi me lo
consentivo: andavano
verso la
guarigione, e ora dopo ora mi sentivo meno tumefatta. “ Devo
avere comunque un
aspetto orribile. “ Mi dissi, guardando Boromir al mio fianco
“ Mi ha conciato
proprio bene, e i lividi diventano di tutti i colori prima di guarire.
“
<< E come è questa terra, capitano?
>>
<<
Splendida. >> Rispose, aggirando uno
spuntone di roccia << Montagne così alte da
sembrar toccare il cielo,
cielo così terso da rivaleggiare col mare, e prati a non
finire. Hai mai visto
un mare fatto d’erba? Ebbene, il Mark è proprio
questo. Ed è stupendo. >>
<<
Perché li hai chiamati Signori dei Cavalli ?
>>
<<
Perché per loro il cavallo è più di
una
bestia amica, ma che va comunque sottomessa, domata e cavalcata, oh
no… la
gente di qua crede che i cavalli abbiano un anima propria, esattamente
come le
persone, e tali le trattano, forse anche meglio delle persone!
>>
Sbuffai,
facendo attenzione a non inciampare nella
radice contorta di un cespuglio << Ogni cosa ha un anima.
>>
Sbottai. Quello mi era stato insegnato a Isengard, e in quello io
credevo: che
fosse un animale, un uomo, un essere pensante o inanimato, aveva
comunque un
anima, qualcosa di più profondo della “ semplice
“ vita. Anche a Boromir
dovevano averlo insegnato. Lui si strinse nelle spalle <<
Be, io non ce
l’ho, un anima. >>
<<
Non dire assurdità! >> Esclamai
<< Tutto ce l’ha, e tu non sei così
speciale da essere senza. >>
Stavo diventando sfacciata e anche un po’ arrogante, ma non
potevo farci
niente: se una volta gli avrei risposto con gentilezza e avrei cercato
di farlo
ragionare, ora non più. Quei tempi erano finiti…
sarebbero mai tornati?
<<
Non ce l’ho più perché l’ho
persa. >>
Si fermò e mi costrinse a guardarlo << E solo
tu puoi ridarmela. >>
<<
Col tempo. >> Aggiunsi io, continuando
a camminare, ignorando il fatto che io gli avessi rubato
l’anima << Col
tempo, la ritroverai. >>
Camminammo
per tutto il giorno, fermandoci per una
breve sosta al tramonto. Dormimmo finchè la luna non si
alzò e solo allora
riprendemmo la marcia. Le tracce lasciate dagli altri erano ben
evidenti-
almeno, così diceva Boromir- e lui le seguiva con
agilità, mentre io arrancavo
per stare al suo passo. Avrei voluto controllargli le ferite, ma ogni
volta che
le nominavo, asseriva di stare bene, di non aver bisogno di nessuna
balia,
nemmeno di me. Eppure andava facendosi sempre più pallido,
sempre di più… un
paio di volte fui io ad avvisarlo di un pericolo in agguato, una roccia
insidiosa, una radice nascosta ma che poteva farlo inciampare,
perché lui non
vedeva: guardava fisso davanti a se, continuando a camminare. Era
stremato,
eppure mi ordinò di non fermami. Quale forza, quale coraggio
era nel mio
capitano...
Camminammo
fino all’alba, il braccio di Boromir sulle
mie spalle andava facendosi pesante, ma se l’avessi lasciato
camminare da solo
sarebbe stramazzato al suolo. “ Le ferite gli si sono
riaperte di sicuro. “
Pensai “ Perché non ho abbastanza
autorità su di lui per imporgli un controllo?
“ << Abbiamo camminato a sufficienza. Ora
riposiamo e tu mi fai vedere le
ferite. >>
Per
quanto debole, Boromir si oppose << No.
>>
<<
La mia non era una domanda di cortesia,
Boromir: ORA ci fermiamo e ORA controllo la tue ferite.
>> Lui cercò di
scostarsi da me, ma rischiò di cadere. Gli misi una mano fra
le costole e lui
mugugnò, gli occhi che mandavano lampi di dolore- o era
rabbia per essere tanto
debole?
Lo
feci sedere su una roccia e gli scostai la tunica.
Era proprio come temevo: la camicia sottostante, un tempo bianca, era
rossa di
sangue. Bestemmiai un qualche Valar, e mi incazzainon poco con me
stessa e col
mondo che girava storto, ma decisi di chiudermi nel silenzio. Lo feci
spogliare, srotolai le bende pregne di sangue e lavai le ferite con
acqua della
mia borraccia. Avrei dovuto cucirle, ma non c’era molto
tempo. Non cosparsi la
ferita di nessun unguento, dato che Aragorn aveva prosciugato le mie
scorte:
misi su ogni ferita una foglia di Atelas, prese dalla scorta che il
Ramingo mi
aveva lasciato. Era una buona soluzione, ma non la migliore: dovevo
cucirlo, ma
era un operazione lunga… “ Matilde saprebbe
trovare un'altra soluzione. “ Mi
dissi, scoraggiata “ Mi sento così inutile.
“ Con
movimenti regolari e asciutti, strinsi di
nuovo il torace di Boromir in una fasciatura pulita. Non aveva detto
una parola
da quando avevo iniziato a curarlo, ma vedevo bene che soffriva: gli
occhi
erano due fessure, la mascella era contratta e la pelle
slavata… chissà che
dolore doveva sopportare. E io non avevo niente da dargli per
stemperarlo. “
Inutile. “ Mi dissi di nuovo, aiutandolo a rimettersi la
giacca “ Un essere
inutile. “
Di
Giulia non avevo più avuto notizie. La paura
attanagliava il mio cuore, ma che potevo farci? Avevo già
altro a cui pensare…
ricominciammo a camminare che era mattino inoltrato. Il mare verde si
stendeva
dinanzi a noi, immenso, mentre sorpassavamo gli ultimi speroni
rocciosi. Ormai,
l’erba vinceva la roccia, e i nostri piedi traevano conforto
dalla sua morbidezza,
anche se da essa si alzava una cappa d’umidità che
mozzava il fiato e ci faceva
sudare, dato che nella pianura non vi era la dolce brezza che avevamo
sentito
sui rilievi. Costrinsi Boromir a fermarsi nel primo pomeriggio, gli
diedi da
bere e cercai di farlo mangiare, invano: il dolore andava facendosi
strada in
lui, ed era così stanco da faticare persino a deglutire
l’acqua che gli versavo
in bocca. << Non reggerai ancora a lungo.
>> Gli dissi << Se
andiamo avanti così, a questo ritmo, ci resterai secco!
>>
<<
Io…sono Boromir di Gondor. >> Trovò
la
forza di rispondermi << Devo trovare Giulia,
devo… gli Hobbit, devo
salvarli. Tutti. Tutti. Se salvo loro, salvo me stesso. >>
“
Sta delirando. “ Gli posai una mano sulla tempia,
temendo la febbre. E aveva proprio la febbre <<
Fantastico! >>
Esclamai, sarcastica << Anche questo ci voleva.
>> Non me ne andava
giusta una… che avessi offeso qualche Valar nella mia vita
passata, per passare
quello che stavo passando? Anche oggi me lo chiedo, e ne sono sempre
più
sicura: quella era l’espiazione dei miei peccati.
Feci
riposare Boromir fino al tardo pomeriggio,
ascoltando i suoi deliri e ascoltando me stessa: che dovevo fare?
Andare
avanti? Tornare indietro? Stare ferma? Aragorn mi aveva detto di
abbandonare
Boromir, ma non ce la facevo… e il Capitano era troppo
grosso per me, non sarei
mai riuscita a trasportarlo, non con il mio bagaglio. Cosa avrebbe
fatto
Aragorn, al posto mio? Sicuramente avrebbe fatto un bel discorsetto
edificante
a tutti e due, per poi prendere Boromir sulle sue spalle e trascinarlo
avanti,
continuando a rincuorarlo col ricordo della Bianca Torre di Uthelion,
delle
mura della sua città, degli squilli di tromba che lo
attendevano, una volta
ritornato. E avrebbero camminato, oh si, fino a trovare Giulia e gli
altri. Ma lui
era forte, era un re, che diamine!
Mi
venne da piangere: io non sapevo fare tutte quelle cose!
Perché era capitato,
Valar, perché proprio a me!
“
Sorellina, non disperare. “ La sua
voce mi giunse improvvisa. “ Siamo alla fine, ormai.
“ La voce
di Giulia mi giungeva forte e chiara, adesso. Da dove veniva?
“ Dove sei? Stai
bene? “ Domande spontanee, che mi fecero sorridere.
“ Premurosa come una
chioccia, eh? “ Mi scherzò Giulia “ Sto
bene, si. “ Il contatto sembrava
stabile. “ Sei ancora con gli orchi? “
“
Sono con gli altri. “ La rivelazione mi colpì come
un fulmine: era…salva? << Sei salva.
>> Dissi a voce alta, anche un
po’ stridula. Gli occhi mi si erano fatti lucidi per la gioia
e il sollievo
<< Salva! >>
“
Già. “ Mi parve di vederla sorridere e asciugarsi
una lacrimuccia. “ Adesso devo andare. Dobbiamo trovare Merry
e Pipino. “
“
Trovare? “
“
Siamo stati separati. Ci addentriamo nella foresta
di Fangorn. “
Avevo
già sentito quel nome, e l’avevo anche
già
vista: era la foresta che si estendeva attorno a Isengard “
E’ stregata. “ La
avvertii “ Gli alberi sono vivi, li dentro. Badate bene a
come usate le armi, e
a non perdervi… non si esce vivi, da lì.
“
“
Ne abbiamo passate di cotte e di crude, credi che
non riusciremo a cavarcela con qualche rametto? “
C’era allegria nella sua
voce. E come darle torto? Era salva, e aveva ritrovato il suo
Legolas… “ Qui la
situazione non è altrettanto migliore. “
“
Cioè? “
“
Le condizioni di Boromir vanno aggravandosi di ora
in ora… se continua così, morirà in
questa landa desolata. “
“
Aragorn mi ha chiesto se hai pulito le ferite. “
“
Si, pulite, lavate e bendate di fresco. Vi ho posto
anche delle foglie di Atelas, ma sono certa che non stanno facendo
effetto. “
Toccai la fronte a Boromir “ E scotta di febbre, proprio come
la prima notte. “
Ci
fu silenzio “ Potrebbe non superare la notte. “
Disse infine Giulia. “ Devi farlo mangiare, farlo bere. E
cercare di abbassare
la febbre. Devi trovare qualche posto dove farlo riposare in un letto,
almeno
per una notte. ”
“
Ma qui non c’è un emerito
cazzo, Giulia! “
“
Sei in un luogo riparato? Andrà bene anche quello,
dice Aragorn. Dobbiamo andare, sorellina, ma cercherò di
tenermi in contatto,
d’accordo? “
“
Almeno tu sei salva. “ Quel pensiero mi rincuorò
non poco. Dopo di ché, la conversazione finì.
Rimasi
a guardia di Boromir. Avevo una spada e non
avevo paura ad usarla. Il sole andava calando, e con esso tramontava la
mia
speranza. Il cuore andava riempiendosi di angoscia, ma decisi di
scacciarla: se
Giulia era con gli altri, voleva dire che non dovevamo più
correre sulla scia
di quei tre. Se non dovevamo più correre, significa che
potevamo riposare, e
questo a Boromir avrebbe sicuramente giovato. Andai a controllarlo: era
disteso
all’ombra di un masso, l’erba aveva inumidito i
suoi vestiti. Gli sfiorai la
fronte, e lui aprì gli occhi. << Giulia
è con gli altri. >> Gli
dissi << Non c’è più
alcuna fretta. >> Lui mi guardò, forse senza
riconoscermi. Continuai ad accarezzarlo << Amore
mio… >> Quelle
parole uscirono dalla mia bocca in un sussurro << ..
amore mio, non mi
resti che tu. Vivi. Vivi! E sta tranquillo. >>
Un
rumore di zoccoli mi spaventò: erano vicini,
vicinissimi. E sembravano tanti. “ Cavalli selvaggi?
“ Mi chiesi. Salii in
piedi sul masso e misi una mano a schermarmi gli occhi: scintillanti
cavalieri
si dirigevano proprio verso di me. << Merda!
>> Esclamai,
maledicendomi per la mia imprudenza: con Boromir ferito e il mio polso
malandato, come avrei fatto a proteggerlo? Dovevo restare nascosta! Me
idiota!
I
cavalieri circondarono il masso. Erano almeno una
ventina, e tutti con lance dalla punta affilata. Lingue di fuoco
saettavano
sulle loro armature, abbagliandomi. Il sole morente li faceva sembrare
avvolti
dalle fiamme. Avevano per vessillo un cavallo bianco in campo verde e
oro, ma
se fossero amici o nemici non lo sapevo.
Perciò,
con lentezza, estrassi la mia spada e mi
piantai a gambe larghe davanti a Boromir. Pensavo che sarei morta,
senza più
rivedere gli altri, senza il sorriso di Giulia, senza il
l’abbraccio di
Boromir.
Ma
quello non era il mio giorno.
D.I.F.
madonna che faticaccia! Che stupenda sfida,
questo capitolo! Ebbene, eccoci al numero tre! Grazie per le recensioni
e per i
nuovi arrivati, nonché a tutti quelli che leggonoJ
vi stimo assai!
Ora
vi saluto che vado a prendere il sole… con mucho
affetto,
Nini.
|
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Capitolo 4 *** Nuove amicizie. ***
Nuove
amicizie.
Il
tramonto era alle mie spalle, dietro il masso, ma
la luce che si riverberava sulle armature dei cavalieri mi illuminava a
giorno,
accecandomi. I cavalieri ci avevano circondati, le lance in pugno
indicavano
me. Erano tutti uomini, alti e fulgidi, con elmi decorati di crine; i
loro
cavalli erano dei più svariati colori, e mi guardavano con
occhi pieni di
curiosità: si chiedevano
forse cosa ci
facesse una ragazza con una spada in pugno? << Chi osa
muoversi nel Mark
senza permesso! >> Gridò uno dei cavalieri,
facendosi avanti fra gli
altri: era il più sfolgorante di tutti, e gli altri
sfiguravano in suo
confronto. In sella al suo destriero, sembrava un gigante di luce.
<<
Parla. >> Mi ordinò con fare perentorio. Era
avvezzo al comando, lo si
sentiva bene. “ Proprio come Boromir una volta…
“ Rimasi ferma nella posizione
di guardia, neanche un accenno a cedere. << Gente buona.
>>
Risposi, secca: non avrei parlato della nostra missione col primo che
passava.
<<
Se siete gente buona, allora perché impugni
la spada, ragazzo? >>
“
E anche stavolta sono un ragazzo… “
<< Sarà
perché sono circondata da venti cavalieri e ho altrettante
lance puntate al
petto? >> Ribadii, sarcastica, sorvolando sul mio aspetto
fisico.
Il
cavaliere mi guardò a lungo da sotto l’elmo, e
infine smontò. Era alto, probabilmente superava Boromir di
una spanna. Si tolse
l’elmo e scosse i lunghi capelli biondi, tutti attorcigliati
dal vento, che
parevano anch’essi crine di cavallo. Il mento era coperto di
barba ispida e i
suoi occhi scuri sembravano lanciare lampi ad ogni movimento.
<< Chi
siete. >> Chiese. Era un ordine detto in modo
più gentile, ma ancora non
bastava.
<<
Non parlerò con una spada in pugno. >>
Ribadii, gelida: non volevo che venti picche incombessero su Boromir
incosciente
e delirante per la febbre. L’uomo sgranò gli
occhi, diversi cavalli si
agitarono e le picche si mossero in avanti. Il cuore mi stava
scoppiando in
petto, ma non potevo permettere di
avere Boromir sotto tiro. Proprio in quel momento, alle mie spalle, lui
mugolò
qualcosa, forse il mio nome. << Fategli abbassare le
armi. >>
Ringhiai, irrigidendomi ancora di più, una nota di
disperazione nella voce.
Il
cavaliere mi soppesò con gli occhi prima di fare
un secco cenno al suo gruppo. Quando le lance si furono sollevate,
anch’io
abbassai la spada e mi chinai a terra, senza perdere di vista i
cavalieri.
Boromir aveva gli occhi aperti, ma erano lucidi di febbre; la fronte
imperlata
di sudore e i capelli incollati ad essa gli davano un’aria
malata che non mi
piaceva affatto. Mormorava qualcosa a mezza voce, ma erano frasi
sconnesse.
Il
cavaliere a terra incrociò le braccia sul petto
<< Quindi? >>
<<
Il mio nome è Anna. >> Dissi,
spostando lo sguardo su di lui. Non mi andava di svelare
l’identità del
Capitano, ma la situazione era completamente sfavorevole, e io avevo
bisogno di
aiuto. Andando contro il mio volere, borbottai << E lui
è Boromir.
>>
L’uomo
aggrottò la fronte << Chi hai detto che
è ? >>
<<
Boromir. >> Ripetei, restando
inginocchiata e serrando l’elsa della spada, sulla difensiva
<< Boromir
di Gondor. >>
Gli
occhi dell’uomo si fecero grandi dalla sorpresa.
In due falcate, mi fu accanto. Tentai di sollevare la spada ma, con un
secco
cenno del capo, l’uomo mi fece desistere <<
Siamo amici, non nemici.
>> Mi disse, inginocchiandosi << Io sono
Eomer, figlio di Eomund,
terzo maresciallo del Riddermark. >> Guardò
Boromir con aria apprensiva,
ascoltando i suoi borbottii << Conobbi Boromir, tempo fa,
e adesso sembra
l’ombra di sé stesso. Che gli è
successo? >>
<<
Orchi. >> Sputai con disgusto, mentre
il sollievo mi invadeva << Ha cercato di proteggere degli
amici, ma
invano. Ha molte ferite infette e sta male. >>
Eomer
mi guardò, un lampo di comprensione negli occhi
<< Ora capisco. >> Disse, più a
se stesso che a me << Ecco a
chi si riferiva l’Elfo. >>
I
miei occhi si illuminarono e la mia bocca sorrise
<< Avete visto gli altri! >> Esclamai.
<< Non ne dubitavo!
>> Quanto avrei voluto Aragorn accanto a me in quel
momento… Eomer
aggrottò la fronte << Lo sapevi?
>>
<<
Lo intuivo: l’unico elfo in viaggio per la
Terra di Mezzo può essere solo Legolas! Era con un Uomo e un
Nano, vero? O
c’era già una ragazza che mi somigliava?
>>
Mi
guardò con aria confusa << Immagino di
doverti le mie scuse, ti avevo scambiata per un ragazzo.
>> Borbottò,
guardandomi di sottecchi, vergognoso. << Sei piena di
misteri, Anna, a
partire dal come mai ti trovi in compagnia del Capitano della Torre
Bianca, al
perché sei nel Mark con una spada in pugno fino al motivo
per cui conosci ben
tre rappresentanti delle razze di Arda. Curioso esempio di donna!
>> Mi
strinsi nelle spalle, incalzandolo per sapere se avesse visto Giulia.
<<
Una ragazza identica a te? Era prigioniera degli Uruk da noi sterminati
stanotte, così almeno ci hanno detto i tuoi compagni, ma non
l’abbiamo vista. E
nemmeno i Mezzuomini di cui tanto ci hanno chiesto. Mi duole dirlo, ma
non so
se la rivedrai. >>
Sorrisi
di nuovo, raggiante << Oh, io penso
proprio di si. >> Sapevo che Giulia era sana e salva.
Come si fosse
ricongiunta agli altri, sarebbe stata un’avventura da
raccontare accanto al
fuoco.
Eomer
interruppe il filo della fantasia << Ma dimmi,
cosa vi porta per queste lande ? i tuoi amici non mi hanno dato
delucidazioni,
se non che dovevano salvare i tuoi compagni. Tu puoi dirmi altro?
>>
“
E ora? “ Se gli altri avevano taciuto, forse anche
io dovevo farlo << Eravamo una compagnia, una volta.
>> Raccontai,
soppesando le parole << Siamo partiti da Gran Burrone
tempo fa. Molta
strada è stata fatta in loro compagnia, avventure e imprese
sono state
compiute, ma non chiedermi altro, che sono legata da un patto segreto.
>>
Tornai a guardare Boromir << Siamo stati attaccati vicino
a Path Galen,
sull’Anduin. E’ li che i nostri amici sono stati
rapiti e Boromir è stato
ferito. Per un giorno è rimasto incosciente, ma alla sera
abbiamo intrapreso il
cammino. Abbiamo camminato a lungo, nonostante lui fosse ferito
gravemente, per
ricongiungerci hai nostri amici, e questi sono i risultati: la febbre
è salita
senza che potessi far nulla, e ora ho una paura che possa morirmi fra
le
braccia. >> Sentii gli occhi farsi lucidi, ma ricacciai
indietro le
lacrime. << Che posso fare, mio signore? >>
Lui
mi guardò, serio << Trovare una soluzione,
ecco cosa puoi fare. >> Si alzò e si rivolse
ai suoi cavalieri. << Eorlingas,
costui è Boromir figlio di Denethor, Capitano di Gondor,
amico di Rohan.
>> Dichiarò ai suoi soldati <<
In nome del vincolo di amicizia che
unisce Rohan a Gondor, e me a lui, gli dobbiamo aiuto e riparo.
Portatemi un
cavallo: stanotte, Boromir e Anna saranno nostri ospiti.
>>
Mi
diede un cavallo dall’aspetto solido e l’occhio
triste. << Ha perso il suo padrone. >> Mi
spiegò Eomer << Ha
pianto la sua scomparsa, ma sarà ben felice di aiutarti.
>> Eomer caricò
Boromir sul suo cavallo, Firefoot, e si lanciò alla testa
dei suoi uomini,
sostenendo Boromir sulla sella. Cavalcammo a lungo per le pianure
insanguinate
dal tramonto, fino al calare delle tenebre. Le stelle luccicavano alte
sopra la
mia testa, il cavallo grondava di sudore e sbuffava di stanchezza,
quando Eomer
decise di accamparsi e lasciare che il suo gruppo riposasse.
Nella
cavalcata ci eravamo separati, e io non avevo
ancora avuto notizie di Boromir. Andai a cercarlo, e trovai il
Maresciallo del
Mark in piedi davanti al fuoco al centro del campo, con Boromir steso
in una
barella di fortuna ai suoi piedi. Illuminata dalle fiamme, la sua pelle
assumeva le tonalità calde del fuoco, ma le profonde
occhiaie sotto gli occhi
lasciavano intravvedere la malattia. Eomer mi vide arrivare e mi
guardò con le
sopracciglia aggrottate, salutandomi con un cenno del capo.
<< Mio
signore. >> Ricambiai, chinandomi poi sul mio amore,
prendendogli la
testa e posandomela in grembo. Lo sentii gemere. << Non
c’è un guaritore
fra i tuoi uomini? >> Chiesi a Eomer, incrociando il suo
sguardo.
<<
No, purtroppo. >> Rispose, amareggiato
<< In caso contrario, molti sarebbero sopravvissuti.
>> Si
inginocchiò accanto a me << L’ho
messo vicino al fuoco mentre preparano
la tenda per la notte. Credo che la febbre vada facendosi sempre
più alta, la
sentivo distintamente mentre cavalcavamo. >> Mi
spiegò che aveva
vaneggiato a lungo << Chiedeva perdono, ma non so per
cosa. >>
“
Lo so io, il perché. “ <<
E’ acqua passata.
>> Ribadii << Non appena la tenda
sarà pronta, gli pulirò le ferite
e controllerò il loro stato. Può ancora essere
salvato. >>
<<
Non voglio allarmarti, ma già in molti sono
morti per ferite più leggere delle sue. >>
<<
Ma nessuno è come lui! >> Scattai,
orgogliosa << Nessuno è come
Boromir.>> Accarezzai la guancia dell’uomo
che amavo con dolcezza, seguendo la linea della mascella
<< Egli non
morirà, non stanotte. Morirà fra molti anni, nel
suo letto, circondato dalle
persone amate e a lui care. >> Per la prima volta
dacchè lo conoscevo, il
volto del maresciallo del Mark si addolcì <<
E’ amore quello che sento
nella tua voce? >> Chiese <<
L’unico sentimento di infondere
speranza anche nell’ora più buia.
L’amore… >> Mi fissò
negli occhi
<< Sei forte, e coraggiosa, per aver affrontato quello
che hai affrontato
e per sopportare quanto sopporti. Conosco una donna simile a te.
>>
<<
Mi sarebbe bastato essere più forte.
>> Commentai << Avrai risparmiato un bel
po’ di sofferenze ai miei
cari. Chi sarebbe la donna di cui mi parlate? >>
Uno
scintillio si accese nei suoi occhi <<
Eowin… >>
La
tenda venne allestita accanto al fuoco. Era quella
di Eomer, ma la concesse a me e a Boromir per riprenderci dalla fatica.
Liberai
il torace di Boromir dalle bende impregnate di sangue e analizzai le
ferite,
tirando un sospiro di sollievo: non erano infette, e la febbre era
dovuta alle
fatiche della marcia. Le lavai con cura, vi spalmai sopra i rimasugli
dell’unguento
cicatrizzante fatto da Matilde e le bendai con fasce pulite. Spazzolai
i
capelli al mio uomo e gli lavai la faccia, posandogli poi sulla fronte
una
pezza imbevuta di acqua. Una volta terminata la pulizia di Boromir, mi
presi la
briga di sentirmi stanca. Mi stesi nella branda che Eomer mi aveva
concesso e
cercai di contattare Giulia, ma invano: nessun segnale. “
Dove sarà? “ Mi
chiesi “ Saranno riusciti a trovare gli Hobbit? “
Gli occhi andavano facendosi
pesanti, e me li sfregai per restare sveglia “ Devo pensare a
una soluzione. “
Pensai, sbadigliando “ Devo capire dove andare. Dovrei
parlare con Eomer,
forse, parlargli della situazione. Dovrei svelargli la missione, avere
un
consiglio…ma anche no, forse. Meglio attendere che Giulia e
gli altri mi
contattino. Magari dovremmo ricongiungerci, trovarci in un
posto… bo. Non so. Come
vorrei Jadis al mio fianco… e Boromir, come lo vorrei
abbracciato a me. “ Mi
voltai a guardarlo:
il viso stava
riprendendo colore, il respiro era regolare e non farneticava
più. Aveva chiesto
perdono, dunque. “ Perdono a me? “ Allungai una
mano e gli sfiorai il braccio
nudo “ Che scemo… non sa che l’ho
già fatto? “
D.I.F.
Hello
people!!!finalmente sono tornata J
scusate il ritardo con cui aggiorno, ma
una serie di infausti e fausti eventi me l’aveva impedito- ma
adesso sono qui,
con un’estate di cazzeggio davanti a me e tanta voglia di
scrivere la mia terza
storia!! Mi sono resa conto di aver preso una piega un po’
banalotta, me ne
dispiaccio ma non ho potuto farne a meno! In ogni caso, per lamentele,
rivolgersi all’ufficio recensioni, che spero saranno di nuovo
tantissime!!
Mi
raccomando, non abbandonatemi e io darò il meglio
di me!
De
prufundis, Nini.
|
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Capitolo 5 *** conversazione n.5 ***
Conversazione
n.5
Dormivo
sonni senza sogni, avvolta nel velluto caldo
dell’incoscienza , quando udii qualcuno chiamarmi per nome.
La voce proveniva
da molto lontano, e giungeva attutita nel nero: “
Anna… “ Mi chiamava. Era una
voce femminile, quella? Ma che voleva? Ero così
stanca… Sapevo che avrei dovuto
rispondere al richiamo, che quella voce era di qualcuno a me noto, ma
in quel
momento il bisogno di dormire si fece più grande,
immensamente più grande.
<< Sta zitta… >> Biascicai,
girandomi sul fianco, la coperta sulla
testa. La voce tacque allora, e la mia quiete andava ristabilendosi,
quando mi
giunse all’orecchio una voce diversa << Ma che
fai? >> Una voce,
stavolta, maschile, ma ancora molto distante. << Cerco di
dormire.
>> Borbottai di rimando, seccata. <<
Lasciami stare. >>
Sentii
una risata sommessa. Dopo un attimo di
silenzio, la voce disse << Lo vorrei, ma non posso.
>>
<<
Ma si, invece. >>
<<
Anna. >> La voce era nettamente più
vicina, ora. << Dobbiamo partire ora.
>>
Senza
pensarci, mi scoperchiai e mi voltai verso
Boromir, gli occhi socchiusi e i capelli arruffati. <<
Senti un po’, mi
hai svegliata e adesso pretendi anche mi alzi! Se fossi in Giulia, ti
manderei
a fanculo, Boromir! >> Mi ributtai a terra, le coperte di
nuovo sulla
testa e gli occhi feriti dalla luce che filtrava
dall’imboccatura della tenda
alle sue spalle. Poi feci mente locale, la mia mente elaborò
quanto avevo visto
attraverso le palpebre socchiuse e gli occhi si aprirono da soli,
sgranandosi
per lo stupore. Scattai a sedere, scalciai la coperta lontano da me e
mi
sfregai gli occhi cisposi, incredula: era davvero Boromir, quello in
piedi
sulla soglia della tenda? Mi feci schermo con una mano, dato che era in
contro
luce << Che ci fai in piedi? >> Chiesi, una
volta appurato che si,
era effettivamente il mio capitano, sorridente e sano come un pesce.
<<
Sei debole. Stenditi. >>
Lui
scosse le spalle << L’unica debole qui sei
tu, piccola. Sei riuscita a dormire? >>
Sbadigliai,
puntandogli addosso un indice accusatorio
<< Vedi di non cambiare argomento! Ti ho detto di
stenderti, che sei
debole. >>
Lui
rise ancora, divertito << Senti senti, una
novella Matilde… >> Si sedette sulla brandina
accanto alla mia,
ubbidiente, guardandomi con aria divertita << Ora che
sono seduto, mi
dici come ti senti? >>
<<
Lo chiederò io a te, piuttosto… >>
Sbadigliai di nuovo << Comunque, io sto bene, grazie. E
tu? >> Lo guardai
con attenzione: il colorito era ancora pallido, ma gli occhi erano
limpidi e
non segnati dalle occhiaie. Era decisamente migliorato, cosa che mai
avrei
detto la notte prima << Mi stupisci, Boromir: vederti in
piedi, pimpante
come un galletto, era una prospettiva che non contemplavo affatto, ieri
sera.
>> Lui sbuffò << Un galletto? Ma
come ti permetti, ricorda che sono
sempre il tuo Capitano. >> Alzai un sopracciglio
” Quanta voglia di
scherzare, di prima mattina… “ <<
Be, questo non significa che debba
tacere quanto penso. >> Mi protesi ad accarezzargli una
mano << No,
davvero: ti sei ripreso? >> Chiesi di nuovo, seria. Lui
allargò le
braccia, incrociandole poi dietro la testa, un gesto pieno di parole
<< Sono
in piedi. >> Disse solo << E so di esserlo
solo grazie a te. >>
Si chinò in avanti, vicino al mio viso. <<
Eomer mi ha detto quello che
hai fatto, quanto hai rischiato. Ha raccontato di come mi hai difeso
mentre ero
incosciente, la spada in pugno e la lingua pronta. >> Mi
scostò una
ciocca di capelli dal viso << Mi ha anche detto che
deliravo, mentre mi
portava sulla sella davanti a se. Mi ha detto che invocavo perdono, e
io so per cosa andavo
invocando… >> I
suoi occhi si spostarono sul collo, e la bocca prese una piega amara
<<
Perdonami, Anna, abbi pietà di me. I miei deliri erano pieni
del tuo volto
tumefatto, delle tue grida, delle tue espressioni mentre mi combattevi.
Io…so
che è difficile, probabilmente è impossibile da
dimenticare, ma per il bene che
mi volevi, ti prego… >> La voce gli
morì in gola, l’ennesimo perdono che
andava strozzandosi. Prese con delicatezza la mia mano nella sua e la
tenne li,
nel palmo aperto, come se fosse un uccellino. Le osservai: la sua era
più
grande della mia di una falange e mezza, rossa e callosa, le piaghe
create
dall’elsa della spada cicatrizzate e riaperte mille e mille
volte; la mia era
più piccola della sua, ancora soffice, ma si intravvedevano
già i primi calli e
le prime cicatrici dell’elsa. “ Questa è
la mia via. “ Mi dissi, come colta da
un’illuminazione “ Queste due mani unite, questa
loro somiglianza, il fatto che
sono l’una dentro l’altra… Sono come
noi, come me e lui. “ Lo guardai di
sottecchi. Incrociò il mio sguardo e lasciò
scivolare la mano << Desidero
che tu mi ricordi com’ero. >> Mi
sussurrò << Come il Capitano della
Torre Bianca, come l’uomo che voleva chiederti in sposa.
>>
Gli
sollevai il viso << E dov’è
quell’uomo
adesso? Perché parli sempre al passato? >>
Domandai << E perché
dovrei ricordare solo un’ombra di te, un te che non esiste
più perché si è
evoluto? Mi sono accorta di amarti solo a Osgiliath, Boromir, ma quella
era
solo una presa di coscienza: è assai probabile che ti amassi
ancora prima…
>> Stavolta fui io a prendergli le mani <<
Perché non avrei dovuto
amarti ieri, e prima di ieri, e prima di ieri ancora, indietro, fino al
momento
in cui mi stavi strozzando? >> Feci scivolare le mani
lungo il collo. Lo
vidi irrigidirsi, ma non mi fermai, impietosa. << Vedi
questi? Sono il
mio più grande atto d’amore verso di te: io ho
deciso di salvarti, ho cambiato
il tuo destino. Perché io ti amo, oh si, e ti
amerò ancora, e per intero.
>> Gli sorrisi
<< E non mi interessa se ti resteranno i sensi di colpa
per quanto hai
fatto, anche quelli passeranno, curati dal tempo, curati da me. O almeno così
credo… >>
Gli
occhi sono davvero lo specchio dell’anima: quelli
di perla di Boromir erano sgranati per la sorpresa, commossi dalle mie
parole
<< Mi stai forse perdonando? >> Mi chiese
in un soffio << Ma
io non lo merito… >>
<<
Non è questione di merito e no. >> Gli
presi il viso fra le mani, e piantai lo sguardo nel suo, liquido di
lacrime
<< E’ questione che non
c’è niente da perdonare. >>
Le
nostre labbra si toccarono ancora prima che
finissi la frase. Erano screpolate e secche, la lingua ruvida, ma fu
stupendo.
Boromir allacciò le braccia attorno alle mie spalle, mi
strinse a sé mentre io
gli accarezzavo piano il viso e i capelli. Era così
dolce…come tornare a casa.
D.I.F.
ebbene, ecco a voi il nuovo chappi. Assai breve,
certo, ma abbastanza intenso, oserei
dire…c’è voluto parecchio per
elaborarlo,
ma alla fine ce l’ho fatta! Yeeeeeeee!!!
Nella
mia vita è uno sclero continuo, e sta
diventando maledettamente difficile ritagliare anche un angolino..ma ce
la
faccio, ce la devo fare per non impazzire. A me importa andare avanti!
Grazie
a voi tutti che mi seguite e sostenete, che
recensite o che semplicemente leggete. Grazie di cuore.
Una
frastornata Nini.
|
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Capitolo 6 *** Breakfast ***
Breakfast
Che
cosa strana, l’amore: fa sparire i giorni tristi nel tempo di
un bacio. Così
capitò a me, in quella radiosa mattina nel Mark, quando io e
Boromir finalmente
ci riappacificammo, e gettammo il secondo ponte verso la nostra
riconciliazione.
Un
frusciare di tende discreto ci distolse dal nostro ritrovarci, e ci
trovammo
con Eomer, Maresciallo del Mark, in piedi sulla soglia a fissare il
nostro
abbraccio. Un lampo di imbarazzo passò nei begli occhi
fulgidi, e le sue guance
si tinsero di rosso. Aprì la bocca per parlare, ma dovette
schiarirsi la gola
affinché ne uscisse qualche suono << Forse
dovrei… >> Borbottò,
terribilmente a disagio << …Passare dopo?
>> Neanche il tempo di
concludere la frase, Boromir era già scattato in piedi,
radioso in viso
<< Non ho il permesso di cacciarti, mio signore, ma posso
invitarti a
sederti. >> Sogghignò, divertito
<< Fa pure come se fossi nella tua
tenda, Eomer.. >> Ridacchiando
assieme, il Maresciallo rispose che avrebbe accettato volentieri
l’invito e si
sedette sulla branda con Boromir, mentre io mi affaccendavo a rendermi
presentabile. << Mia signora. >> Mi
salutò il cavaliere, ancora un
poco imbarazzato << Spero che i vostri sogni siano stati
lieti. >>
<<
Sinceramente, non ne ho proprio fatti. >> Risposi,
sbadigliando << Ma
va bene così. Confesso, però, che avrei dormito
ancora, ad averne avuta la
possibilità… >> Mi bloccai
<< A proposito, perché mi hai svegliata,
Boromir? >> Dopo che le
sue labbra si erano posate sulle mie, tutto era scivolato in secondo
piano.
Fu
Eomer a rispondermi << La verità è
che io e i miei cavalieri dobbiamo
muoverci. >> Disse << Stiamo controllando
il confine, onde evitare
che ondate di orchi ci arrivino addosso e devastino il paese.
>> I suoi
occhi si intristirono << Già mio cugino
è caduto vittima di quei
bastardi, ed è solo la vittima più illustre!
Molti altri sono periti sotto le
lame della Mano Bianca. Non possiamo permettere che altro sangue venga
sparso.
>>
Sentii
il sangue inacidirsi << Saruman…
>>
<<
Già… Lo Stregone Bianco, si fa chiamare. Ma
adesso di bianco non ha più niente.
>> Eomer strinse le labbra, un gesto di rabbia furente
<< Una
volta, in tempi lontani, lui era amico della nostra gente. Ma ora quel
maledetto ci manda addosso i suoi abomini e i suoi mannari, e noi non
facciamo
niente, niente! >> Si sfogò, per poi passarsi
una mano sul mento irto di
barba << Cosa gli abbiamo fatto di male? Come siamo
giunti a questo, come?
>> Boromir, seduto accanto a
lui, gli mise una
mano sulla spalla
coperta dallo spallaccio di bronzo << Nessuno si merita
questi tempi,
Eomer. Possiamo solo fare il nostro dovere, e compierlo al meglio.
>>
Tacque, per poi ricominciare con voce più dolce
<< Mi addolora la perdita
di tuo cugino: Theodred era un ragazzo, quando lo conobbi, ma aveva
già la
tempra e l’ardore di un grande guerriero. E’ morto
in un’imboscata? >>
<<
No…in battaglia. Ai guadi dell’Isen.
>> Rispose Eomer << E’ morto
da eroe, cercando di arginare l’invasione di Uruk- Hai.
E’ morto per la sua
gente. Ora è nella gloria, siede nella casa dei miei padri.
E la lo rivedrò,
presto o tardi lo decidano i Valar. >> Lo disse con una
punta di orgoglio
che mi fece sorridere: la gloria è il sole dei morti, e
nessuno desidera scaldarsi
ai suoi raggi. Ma questo mi trattenni dal dirlo. << Anche
io sono
addolorata. >> Concordai << Ma la vera pena
è essere vivi: da
morti, tutti i problemi si risolvono. >> Sbirciai fuori
dalla tenda,
decisa a cambiare argomento << Mi sembrate pochi, per
sorvegliare un
confine grande e ricco di nascondigli come il vostro, mio signore.
>> Lo
fissai << Siete forse divisi in squadre? >>
Lo
sguardo di Eomer si incupì << Magari.
>> Disse. << Magari
fosse come dici tu, mia signora. >> Si alzò e
ci diede le spalle <<
Se per i morti i problemi svaniscono, per i vivi restano, e si
ingigantiscono:
questi sono gli unici uomini di cui dispongo. >> Si
voltò << E sto
andando contro la volontà di mio zio. >>
Ci
fu un attimo di silenzio attonito << Sei senza il
permesso del Re?
>> La voce di Boromir trasudava stupore <<
Ma Theoden sa della
minaccia che incombe su Rohan? Sa perché suo figlio
è morto? >>
La
bocca di Eomer assunse una piega amara << Il re mio zio
non è più l’uomo
che conoscesti, Boromir. Egli è cambiato… vive
un’esistenza grigia e piatta, in
cui l’unica voce che ode è di quella serpe!
>> Strinse i pugni <<
Quella di Grima! >>
<<
Grima? >> Chiesi, anche se quel nome non mi giungeva
nuovo. << E
chi è costui? >>
<<
E’ un essere che non può definirsi uomo.
>> Eomer fece un passo avanti,
il viso livido di rabbia. << E’ subdolo e
viscido, proprio come un
serpente. Riempie la testa di mio zio di ciance e falsità,
facendogli credere
che il Mark non è sotto attacco, che è giusto
stringere alleanze con Isengard,
che dobbiamo lasciar passare gli Orchi per il nostro regno, il mio regno! Ma mio zio è ormai
un povero
vecchio, che a fatica riconosce me ed Eowin, la mia dolce sorella. Fa
esattamente quanto dice il Vermilinguo, impartisce gli ordini che egli
gli
sussurra nelle orecchie. >> La tristezza si
impadronì dei suoi lineamenti
<< Giungendo addirittura ad esiliarmi. >>
Boromir
scattò in piedi, posando le mani sulle spalle di Eomer
<< Esiliarti? >>
Sottolineò con veemenza <<
Esiliare il miglior guerriero tra la sua gente, il suo erede diretto?
Tuo zio
non è più in sé, amico mio.
>>
Eomer
rispose qualcosa a Boromir, ma non vi prestai orecchio: stavo scavando
nella
mia memoria, alla ricerca del viso di questo Grima
Vermilinguo… avevo già udito
quel nome, e mi ricordava qualcosa… << Da
quanto è nella tua casa?
>> Chiesi all’improvviso, fissando Eomer
<< Da quanto Grima è
consigliere del Re? >>
Lui
mi fissò, pensieroso << Saranno circa quattro
anni che siede accanto allo
scranno di mio zio. Perché? >>
Ignorai
la domanda << Che aspetto ha? >>
<<
Piccolo, gracile. Di carnagione pallida e malata, ma con gli occhi che
luccicano per la brama di potere… Ma non vedo come possa
esserti utile.
>> Era la descrizione che mi aspettavo, ed era molto utile << E’
un servo di Saruman. >> Confermai
<< Lo conobbi tempo fa, quando giunse a Isengard. Rimase
al servizio di
Saruman per qualche tempo. A volte mi parlava, ma non apprezzavo la sua
compagnia. >> Raccontai, mentre Eomer sgranava gli occhi:
avevo
dimenticato di dirgli da dove venivo. <<
Era…viscido, proprio come un
serpente. Temeva Jadis, e non mi importunò mai. Poi, di
colpo, sparì, e non lo
rividi mai più. >>
<<
Quindi opera per conto dello Stregone Bianco. >>
Constatò Boromir
<< Tuo zio deve essere sotto qualche dannato sortilegio,
Eomer, o mai ti
avrebbe cacciato lontano da sé. >>
Annuii
<< Che ciò ti rincuori, mio signore: chi ti ha
cacciato, non era tuo zio.
>> Ma Eomer era troppo scosso per ascoltarmi
<< In tutti questi
anni, non ero mai giunto a una simile conclusione. >>
Sibilò << E
ora quel bastardo siede sul trono di Rohan al posto di mio zio, il
grande
Theoden, diventato un burattino nelle mani di Saruman! Come
ho potuto tollerare tutto questo?!? >> Il suo
tono di
voce si era costantemente alzato, e parecchi uomini si erano
raggruppati all’entrata
della tenda, incuriositi. Eomer fece dei respiri profondi per calmarsi
ma,
quando mi guardò, l’ira lampeggiava nelle iridi
castane << Grazie per
avermi aperto gli occhi, Anna. Anche se dici di aver condiviso il tetto
con
Saruman, io ti reputo una persona buona. E amica di Rohan.
>>
Gli
sorrisi e chinai il capo << Grazie. Ho vissuto a Isengard
dalla più
tenera età, e Saruman mi ha allevata come se fossi una
figlia. Me ne andai due
anni or sono, diretta a Gondor. Non ho più rivisto la mia
casa, ma ormai è
parte del passato: è corrotta, non è
più il luogo felice di un tempo. >>
Mi intristii << Quello è solo nei miei
ricordi. >>
Boromir
mi cinse le spalle in gesto protettivo e confortante <<
Tutto muta.
>> Mi disse, baciandomi la fronte. E mi sentii subito
meglio.
<<
Quindi, pensate di partire. >>
Eomer
annuì, addentando una salsiccia. Eravamo usciti dalla tenda,
seduti attorno ai
rimasugli dell’ultimo fuoco acceso
dell’accampamento, mangiando salsicce e
birra chiara per colazione. Le tende erano state smantellate da un
pezzo, e
quella di Eomer veniva piegata proprio in quel mentre. <<
Gli uomini
hanno già fatto colazione, manco solo io. >>
Il Maresciallo sorseggiò
della birra dal corno. << Dopodiché,
farò rotta su casa. >>
“
Casa? “ << Ma non dovevate sorvegliare i
confini? >> Chiesi,
confusa, la salsiccia in una mano e il corno nell’altra:
sarebbero tornati a
Edoras? Eomer annuì, finendo la salsiccia e la birra
<< Ora so quanto
devo fare. E’ una cosa che avevo già in mente da
tempo, ma non potevo agire
senza un motivo per non apparire ingiusto. Ma ora, Anna, tu me
l’hai dato.
>> Si alzò in piedi, i suoi uomini che lo
guardavano, incuriositi.
Sguainò la spada e la alzò al cielo
<< Ammazzerò il Vermilinguo e
curerò
mio zio! >> Gridò <<
Otterrò altri uomini e spazzeremo Rohan in
lungo e in largo, a caccia di Uruk- Hai, fino
all’ultima goccia di sangue! Yaaaaaaaaaah! >>
<<
YAAAAAAAAAAH! >> Gridarono
con lui i Rohirrim, alzando le spade all’unisono, mentre
Boromir sorrideva, gli occhi scintillanti << Valar, in
questi momenti
rimpiango di essere legato a te e alla Compagnia. >>
Mormorò. Lo guardai
male, e lui si strinse nelle spalle << Se non ci fosse
nessun legame,
sarei già saltato a cavallo e galopperei alla testa dei
Rohimmir assieme a
Eomer, puoi giurarci! >>
“
Non possono farlo. “ Alzai il capo istintiva.
<< Che c’è? >> Mi
chiese Boromir. << Ho sentito la voce di Giulia.
>> Risposi
concitata, cercando di ristabilire il contatto “ Sorella, mi
senti? “
“
Forte e chiaro. “ La sua voce era forte e sicura. “
Stai bene? “
“
Si, e anche Boromir sta bene. Dove sei? “
“
Fuori da Fangorn… Anna, devi dire al tuo amico di non andare
a Edoras. “
Guardai Eomer, perplessa; lui fece altrettanto << Qualche
problema?
>> Chiese, infastidito. “ Perché non
devono andare a Edoras, Giulia? Vanno
a salvare il Re dalle grinfie del servo di Saruman! Ne hanno pieno
diritto! “
“
C’è il confine da sorvegliare, quello è
il loro compito. “ Ribadì lei. <<
Giulia dice che non devono andare a Edoras. >> Dissi a
Boromir, ma fu
Eomer a rispondermi << E perché mai?
>> Sbottò, infastidito, ma
Boromir fu pronto a ribadire << La mia signora ha il dono
di sapere
sempre cosa è giusto e cosa è sbagliato, amico
mio. Stalla a sentire, d’accordo?
>>
Eomer
spintonò Boromir << Non ho alcun bisogno che
una ragazzina mi dica cosa
devo o non devo fare: io devo
andare
a Edoras! >>
“
Giulia, l’atmosfera si scalda! “ Dissi in tono
allarmato, guardando il viso di
Boromir diventare pallido “ Qui scatta la rissa! “
“
Uh…wow! Be, qui mi dicono che c’è
bisogno di tener sorvegliato il confine, che
a Edoras ci pensiamo noi. “ Tacque un attimo “
Dicono di dirgli che, nel nome della
promessa fatta al Grigio Pellegrino, deve fare quello che dici.
“ <<
Eomer! >> Lo chiamai, mettendomi fra lui e Boromir, che
si fissavano in
cagnesco << In nome dell’amicizia che ti lega
al Grigio Pellegrino, fa
quello che ti dico! >> Piantai i miei occhi nei suoi
<< Ce ne
occuperemo noi di Edoras. Lo sai che puoi fidarti. >>
Eomer
mi fissava intensamente << Hai detto in nome della
promessa… di quale
promessa parli? >> Si mise a braccia conserte
<< Avanti, dimmelo.
>>
“
Che cazzo gli dico, Giulia? “ “ Digli che
è stata fatta tempo fa, da un bambino
biondo, ed è sacra perché l’ha fatta
sulla tomba di suo padre. Il bambino
rpometteva di proteggere tutto ciò che era stato caro a suo
padre, e di
difenderlo fino alla morte. Diglielo, Anna, che non abbiamo tutto il
giorno! “
Giulia sembrava assai confusa, ma non aveva perso il suo sarcasmo.
<<
Tempo fa, un bambino promise sulla tomba di suo padre di proteggere
tutto ciò
che era stato caro a lui, anche a costo della vita. >>
Dissi tutto d’un
fiato, il cuore che martellava << Era biondo, quel
bambino. E tu mi
sembri biondo fin dalla nascita, mio signore. >>
“ Digli che è il momento
di adempiere a quella promessa. “ <<
E’ il momento di adempiere a quella
promessa. >> Dissi, decisa.
“
Che deve pattugliare il confine. “
<<
Devi pattugliare il confine, Eomer. >>
“
E fare attenzione al richiamo del Corno. “
<<
E fare attenzione al richiamo… del Corno? >>
Guardai Eomer e Boromir,
confusa << Di che Corno parliamo? >>
Eomer
sbuffò. << Io
l’ho capito.
>> Disse con enfasi. Alzò le mani in segno di
resa << Sei piena di
risorse, ragazzina. >> Prese l’elmo che un suo
compagno gli porgeva e se
lo calò in testa, il crine del pennacchio agitato dal vento
del mattino
<< Farò come tu dici. Ma ti avverto: se non
dovessi riuscire nella tua
missione, guai a te. E anche a te,
Boromir. So dove cercarti. >>
Eomer
ripartì con i suoi uomini poco dopo, lasciandoci con un solo
cavallo- lo stesso
che aveva dato a me, la sera prima, quando ero ancora una ragazza
disperata in
cerca di aiuto. Montammo a cavallo, io attaccata alla schiena di
Boromir, rotta
su Edoras.
“
Come fai a sapere di quella promessa, Giulia? “ Chiesi a mia
sorella, ancora in
contatto con me. Mi sembrò di vederla sogghignare.
“
Sorella, non sai che sorprese ho qui con me. “
D.I.F.
non so nemmeno io da dove è saltato fuori questo chappi! Non
ho tempo di
revisionarlo e non me ne capacitò! Devo ancora rispondere
alle recensioni del
chappi precedente- me tapina, ma capitemi: ho una nonna che scala gli
armadi e
qualcuno dovrà pur correrci appresso!
Vabbe,
vi saluto! Adiossssssss!!!
Nini.
|
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Capitolo 7 *** Into the Mark. ***
Into
the Mark.
Il
cavallo era una splendida bestia, volava sull’erba
del Mark, il rumore degli zoccoli attutito da essa. Saldamente stretta
alla
schiena di Boromir, seguivo ogni passo di quell’andatura
veloce, conversando
con Giulia, e guardandomi attorno. “ Sembra di stare sempre
nello stesso posto.
“ Le dissi, fissando il paesaggio. “ Cielo, erba e
monti lontani. “ Mi rispose
lei “ Erba, cielo e monti; monti, erba e cielo…che
palle! “
Sorrisi
“ A me piace quest’immobilità. Mi sembra
di
stare su uno di quei cavalli a dondolo, quelli che usano i bambini.
“
“
L’avevi, sai? Da piccola. Ne avevamo uno entrambe.
E il tuo si chiamava Lollo. “
“
Lollo? “ Ridacchiai, attirando l’attenzione di
Boromir. << Stai ridendo di me con Giulia?
>> Mi chiese. Mi strinsi
più forte a lui, cercando di non toccare le ferite
<< No. Mi stava
raccontando che da piccola avevo un cavallo a dondolo, il cui nome era
Lollo!
Non è un nome bellissimo? >>
Lui
scosse le spalle << Non saprei. >>
Disse << Se ti piace, dovresti chiamare così
il nostro cavallo, anche se
preferirei un nome più… >>
<<
Più? >>
<<
Importante… Il mio primo cavallo si chiamava
Focoso, e anche il secondo e il terzo. >>
Ridacchiò << Ho creato
una dinastia. >>
<<
Potremmo dargli due nomi. >> Proposi,
ma Boromir disse che non gli interessava particolarmente decidere il
nome del
cavallo, e allora optai per Lollo.
Cavalcammo
in silenzio per un po’, sia io che Giulia
in contemplazione della natura di Rohan. Poi mi venne in mente:
“ Di che
sorprese andavi parlando prima? “ Le chiesi, incuriosita. Mi
sembrò di vederla
sorridere.
“
Non ne posso parlare, mi è stato tassativamente
proibito. Quando ci incontreremo, vedrai. ”
“
Sono belle, almeno? “
“
Non sai quanto. “
Cavalcammo
per tutto il giorno nelle verdeggianti
terre del Mark, attraversando lande di infinito splendore e malinconia,
lasciandoci alle spalle Eomer e i suoi biondi cavalieri. Andavamo verso
l’interno del paese, seguendo il trotto di Lollo, che
sembrava conoscere la
strada meglio di noi. << Sembra quasi che risponda a un
richiamo.
>> Mi disse Boromir << Come se seguisse una
voce che gli dice dove
andare. >>
<<
Io credo che stia tornando a casa. >>
Ribadii << Non so dove ci troveremo con gli altri, ma ho
la netta
sensazione che Lollo lo sappia. Io dico di fidarci di lui.
>>
Boromir
annuì << Anche secondo me è la cosa
giusta da fare. E, in ogni caso, se Lollo ci porta a casa, casa per lui
è
Edoras, la capitale del Mark. Per quanto possa essere sotto il dominio
di
Vermilinguo, l’ospitalità dei suoi abitanti non
verrà meno. >>
<<
Magari riusciremo a scacciare Saruman da
quelle mura. >> Proposi, vendicativa << Ho
proprio voglia di dare
un calcio nel sedere a qualche viscido servo del vecchio zio!
>> Boromir
rise di gusto, mentre Lollo aumentava la velocità
<< Saprai fare il tuo
dovere, amore mio, ne sono più che certo! >>
Il
sole volgeva al tramonto, e l’erba grondava di
luce sanguinante, quando in lontananza vedemmo dei puntini muoversi.
Erano
piccoli, e lontani, ma si muovevano a gran velocità. Uno
più di tutti. Lollo si
fermò, improvvisamente inquieto, impuntandosi con gli
zoccoli per non andare
avanti. E il punto si avvicinava: era bianco, veloce e guizzante;
scattava
nell’erba come se volasse sopra di essa. Vidi che alzava il
muso e lanciava un
ululato possente, così forte che riuscii a sentirlo
nonostante la distanza
ancora grande. A quel punto, Lollo nitrì e si
impennò, per poi mettersi a
sgroppare, terrorizzato, il bianco degli occhi bene in vista. << Ma che
gli è preso! >> Inveii
Boromir, che cercava di riportarlo calmo strattonando le redini
<< E
quello che diavolo è! >> Lollo
sgroppò più forte e mi strappò dalla
schiena di Boromir. Volai letteralmente a terra, e l’impatto
con l’erba del
Mark mi mozzò il fiato. Ero atterrata di pancia, e sentii un
forte dolore al
polso che Boromir mi aveva quasi rotto. Feci forza su quello e riuscii
ad
alzarmi, allontanandomi dal cavallo che sembrava ancora più
imbizzarrito di
prima, con Boromir che cercava di restare in sella, giocando a un gioco
pericoloso.
Molto, troppo pericoloso. << BOROMIR! >>
Urlai, cercando di
avvicinarmi per prendere le briglie di Lollo << Scendi da
li! BUTTATI, o
ti ammazzi! BUTTATI! >>
Poi
qualcosa buttò me a terra. Qualcosa di simile a
degli artigli mi graffiò sulla spalla lacerando la camicia
già lisa. Ancora una
volta caddi, ancora una volta finii sul polso rotto e sbattei il mento
fra
l’erba, sentendo i denti sbattere. Alle mie spalle, sentivo
un forte ansare,
poi qualcosa di umido che mi frugava fra i capelli e trovava
l’orecchio. Lo
annusò forte, facendomi il solletico, proprio come faceva
Jadis… un’improvvisa
consapevolezza mi fece sbarrare gli occhi. Guardai dietro di me, e lo
vidi: un
grande lupo bianco era a quattro zampe sopra di me, gli occhi di giada
mi
fissavano, felici di rivedermi. Le fauci erano aperte, la lingua
penzoloni, e
il fiato che ne usciva non era dei migliori, ma non mi interessava se
quella
bestia mi sbavava sulla camicia- quello era l’ultimo di una
lista di pensiero,
il primo dei quali era: ma quella era davvero
Jadis?
<<
Lo è. >> La lupa- perché era una
femmina- alzò il capo e schizzò via da me,
consentendomi di girarmi e
rialzarmi. Boromir era smontato da Lollo, finalmente calmo, ed era con
Aragorn,
Gimli e Legolas, intento a raccontare le nostre mirabolanti avventure,
con ogni
probabilità. Il polso mi doleva, lo tenni stretto e lo
massaggiai piano, senza
guardare bene il mio interlocutore. <<
Dov’è Giulia, Gandalf? >>
Chiesi, rendendomi poi conto di quanto avevo appena detto. Riportai gli
occhi
su chi avevo dinnanzi e spalancai la bocca in una perfetta “
O “ di stupore:
Gandalf era in piedi davanti a me, sorridente, i piccoli occhi azzurri
scintillanti di gioia- o erano lacrime? << Sei tu.
>> Dissi solo,
stupidamente. << Che constatazione idiota.
>>
Il
suo sorriso si allargò << No che non lo
è.
>> Ribadì lui. Era la sua voce. Era proprio
lui. << E’ solo un dato
di fatto. >>
Annuii,
tacendo. << Sei un fantasma? >>
Chiesi, all’improvviso, guardandolo bene: i capelli era
puliti e pettinati, non
più grigi, ma candidi come neve.; la barba era spuntata e
anch’essa pettinata e
lavata, di un bianco sfolgorante; indossava un mantello grigio, ma
dall’allacciatura vedevo spuntare un colletto bianco; anche
il bastone era
cambiato: l’Istari aveva sostituito il suo nodoso bastone di
quercia con un
bastone bianco, levigato, dritto e dalla sommità finemente
intagliata. Al sol
guardarlo, emanava potenza. Si, conclusi, era il caro, vecchio Gandalf,
ma
aveva qualcosa in più, oltre la pulizia.
<<
Anche io gli ho fatto la stessa domanda.
>> Giulia interruppe le mie riflessioni, facendo capolino
da dietro
Gandalf, sogghignante << Ma avrai capito da sola che
questo Gandalf è in
carne ed ossa, sorellina! >> Mi piombò
letteralmente fra le braccia,
stritolandomi in un abbraccio strettissimo e di cui sentii tutto il
calore. Giulia
mi era mancata tanto, tantissimo, anche se eravamo rimaste lontane non
più di
tre giorni. Me ne rendevo effettivamente conto solo allora. Mi sciolsi
con
gentilezza dall’abbraccio e la guardai in viso:
l’occhio destro era cerchiato
di nero, il mento era sgrappato e il labbro tumefatto, ma per il resto
sembrava
in buono stato. Aveva i polsi segnati dalle corde della prigionia
<< Ti
hanno fatto male? >> Le chiesi, controllandole
l’occhio. Lei scrollò le
spalle << Non più di quanto qualcuno
l’ha fatto a te. >> Lanciò
un’occhiata carica di diffidenza a Boromir
<< Come vanno le cose? >>
Sorrisi
<< Siamo sulla via di guarigione.
>>
<<
Entrambi? >>
<<
Tutto quanto, Giulia: io, lui, le nostre
ferite…abbiamo gettato parecchi ponti fra noi, ponti
distrutti e ricostruiti e
rinforzati, e che adesso potremo ricominciare a riattraversare.
Assieme. Uniti.
>> Il sorriso si allargò sul mio volto, e
l’abbracciai di nuovo <<
Ah! Come sono contenta che tu sia qui, sorella mia! E come sono
contenta di
rivedere loro…voi…tutti quanti! >>
Scoppiai a ridere, ma i miei occhi
piangevano di gioia, e vedevo solo sagome sfocate attorno a me, sagome
che però
sapevo essere di gente amica, di gente amata.
<<
Valar, che grande giorno è questo! >>
D.I.F.
ebbene, dopo un prolungato silenzio,
ritorno a voi,
stimati lettori. Con grande
gioia, annuncio l’avvento di un nuovo chappi e di un periodo
di ritrovata
tranquillità- speriamo che duri.
Mi
scuso davvero tanto con chi voleva assolutamente sapere
l’andazzo della storia in tempi brevi e invece ha dovuto
attendere, ma c’est la
vie.
Spero
di aver più tempo e meno preoccupazioni, più
gioie e meno avversità, più sollazzo che scazzo.
Con
ciò, o stimabili, vi saluto. Vi invito a
recensire e a far sentire la vostra opinione.
Con
affetto,
Nini.
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Capitolo 8 *** La Compagnia riunita. ***
La
Compagnia riunita.
Jadis
scodinzolava allegramente, annusandomi tutta.
Emetteva i soliti versi di quando era felice e mi invitava a giocare
con lei,
alzandosi sulle due zampe e tirandomi per il polso con dolcezza. Mi
sembrava
strano, sentirla accanto a me, vederla comportarsi come suo solito: i
suoi
guaiti, le sue moine…tutti quei piccoli gesti che faceva per
attirare
l’attenzione. Mi inginocchiai e l’abbracciai forte,
stringendo il collo di
soffice pelliccia fra le braccia. Lei si sedette, senza smettere di
scodinzolare,
e mi leccò la guancia. << E’ bello
rivederti. >> Le dissi piano,
accarezzandole il pelo bianco e inspirando il suo odore selvatico
<<
Bellissimo. >> Mi era mancata ma, ora che era nuovamente
al mio fianco,
sembrava non essersene mai allontanata. << Mi sei sempre
stata vicina,
vero? >> Le chiesi, slegando l’abbraccio e
grattandola dietro le
orecchie. La fissai negli occhi, quegli incredibili occhi, e vi lessi
la
certezza. Le sorrisi e l’abbracciai ancora <<
Non mi hai mai abbandonata,
Jadis. Sei come una sorella per me. Giuro su tutti i Valar che non ti
accadrà
più nulla, che vivrai fino alla vecchia. Che sarai amata, e
servita e riverita,
se riusciremo a concludere quest’avventura. Comunque, per
essere amata, lo sei
già da ora. >> Mi staccai e le grattai il
muso, guardandola mentre si
godeva beata quella grattatina. Sghignazzai << E ora vai,
Jadis, fammi
vedere se sai ancora correre. >> La incitai battendo le
mani <<
Vai, VAI! >> Al mio comando, la lupa scattò
come una saetta fra l’erba,
fendendola a metà. La compagnia interruppe i suoi discorsi
per guardarla
correre, anche più veloce di quanto ne serbassi memoria,
mentre Boromir cercava
di tenere tranquillo Lollo, accarezzandogli il collo. <<
Non puoi dire a
Jadis di smetterla? >> Mi chiese, innervosito, mentre la
lupa gli
saettava accanto ai piedi << Lollo non ce la fa
più! >>
<<
Lollo? >> Chiese Aragorn, guardandomi
male << Che razza di nome è? >>
<<
Quello dell’unico cavallo che ho avuto.
>> Risposi, ridendo assieme a Giulia. Mi alzai da terra e
feci segno a
Jadis di avvicinarsi. La lupa fece ancora qualche giro in tondo e
infine si
mise a pancia in su, stesa ai miei piedi, ansimante, pronta per farsi
dare
un’altra grattatina.
<<
Le sei mancata davvero molto. >> Mi
disse Gandalf, la voce tranquilla << Non vedeva
l’ora di rivederti.
>>
Gli
sorrisi, lasciando che la mia mano scorresse
sulla pancia rosa di Jadis, grattandole i piccoli capezzoli rosei.
<<
Come ha fatto a tornare, Gandalf? Ho visto coi miei occhi la morte di
Jadis,
stroncata dal martello del Troll di caverna, a Moria. Per non parlare
di te, Gandalf… sei
caduto. >> Tacqui
un attimo, ricordando quel momento, ma Gandalf mi fece cenno di
proseguire
<< Sei caduto nel buio, lasciando la mia mano.
>> Proseguii
<< Ma ora sei qui, tutti e due siete qui, anzi: siamo tutti qui! >>
Legolas
sorrise alla mia allegria << Non tutti:
Frodo e Sam sono a Mordor, Merry e Pipino a Fangorn. >>
Constatò,
accarezzando il suo cavallo sul muso. << Siamo rimasti
solo noi, della
vecchia Compagnia. >>
Giulia
gli si avvicinò, posandogli una mano sulla
spalla << Be, caro, questa sarà la nuova
Compagnia, anche se non c’è alcun Anello da
proteggere… ma va bene lo stesso,
no? >>
Sorrisi
in risposta a Giulia, alzandomi e lasciando
Jadis a rotolarsi nell’erba << Cosa ci fanno
degli Hobbit a Fangorn?
>> Domandai, incuriosita. Boromir annuiva,
d’accordo con me <<
Perché non sono con voi? E tu, Giulia, perché non
sei con gli Hobbit? E come
avete fatto a liberarvi degli Uruk? E perché vi avevano
rapiti? >> Tutti
mi guardavano, sorridenti, Boromir compreso. << Troppe
domande, vero?
>>
Gandalf
annuì << Già, ma la
curiosità e sintomo
di intelligenza, quindi avrai le tue risposte. Ma non ora.
>> Si rivolse
alla Compagnia riunita << Ora dobbiamo andare di volata a
Edoras. L’ombra
che aleggia in questi luoghi altri non è che Saruman,
corrotto da Sauron: è lui
che permette il massacro del popolo di Rohan, che permette ai suoi
Orchi di
depredarequeste verdeggianti e fertili terre. Re Theoden non
può far niente,
stretto come è nella morsa dell’Isatri caduto.
Spetta a noi liberarlo. >>
<<
E Frodo? >> La domanda di Boromir
aleggiò nell’aria per parecchio tempo, prima che
Gandalf gli rispondesse.
<< Frodo e Sam sono ormai fuori dalla nostra portata,
Boromir. Non
possiamo più far niente per loro. >> La voce
di Gandalf era perentoria,
un ordine a non pensare più al Portatore. Mi avvicinai a
Boromir e gli strinsi
il polso << Se la caveranno, vedrai. >> Gli
sussurrai piano, per
poi dire a voce alta << Se per Frodo e Sam possiamo fare
poco, mi sembra
che qui ci sia fin troppo lavoro da fare. >>
Gimli
annuì e indicò la sua ascia <<
Lavoro
d’ascia, certo: non vedo l’ora che abbia inizio!
>> Legolas lo guardò, le
sopracciglia inarcate dallo scetticismo << Gimli, figlio
di Gloin, tu
sopravvaluti le tue doti: un’ascia non potrà mai
colpire con la stessa
precisione di una freccia, o con la fine purezza di un pugnale elfico.
>>
Disquisì con fare petulante. Sorrise << In
conclusione, il mio lavoro
sarà decisamente
migliore del tuo!
>>
<<
Dannato Orecchieappunta! >> Esclamò
Gimli, rosso in viso, parandosi davanti a Legolas e continuando a
disquisire
mentre Giulia rideva a crepapelle. Sorridevo anch’io, felice
di sentire quelle
voci familiari, finalmente riunite attorno a me. Boromir mi
accarezzò il dorso
della mano con le dita << E’ piacevole
ritrovarsi, nevvero? >>
Gliela
strinsi, mentre Aragorn cercava di riportare
la calma e Gandalf se la rideva di gusto con Giulia. Lo guardai negli
occhi
grigi, leggermente più scuri data la sera imminente.
Sussurrai << Si, lo
è. >>, per poi posare le mie labbra sulle sue,
stampandole con dolcezza. Con
la coda dell’occhio, vidi Gandalf sorridere.
Dopo
che la Compagnia riunita ebbe deliberato che, in
fatto di armi, sia l’ascia di Gimli che le frecce e il
pugnale di Legolas
fossero altrettanto micidiali, si decise di partire. Gandalf emise un
fischio
acuto e prolungato, e, dopo poco, vedemmo emergere dalla folta erba un
cavallo
di meravigliosa bellezza, un Signore dei cavalli, e un mio vecchio
amico:
Ombromanto. Il signore dei cavalli nitrì piano e
sbuffò, avvicinandosi a me e
permettendomi di grattargli il muso << L’ultima
volta che ti vidi mi
portasti lontano da Gondor. >> Gli dissi, e vidi la
consapevolezza nei
suoi intelligentissimi occhi scuri. Gli sorrisi << Ma ora
non più! Credo
che questa sia una nuova avventura, e che passeremo più
tempo assieme. E’ bello
ritrovare anche te. >>
<<
Fai bene a parlare a Ombromanto. >> Mi
disse Gandalf, avvicinandosi << Egli è
intelligente, ed è felice che
qualcuno lo capisca. >>
<<
E’ un animale meraviglioso, a cui manca solo
la parola. >> Ribadii, dirigendomi verso
Boromir, già in sella a Lollo. Montai dietro,
attaccandomi alla schiena
e stringendo le gambe attorno ai fianchi del cavallo, ormai abituatosi
alla
presenza di Jadis, che scodinzolava ai miei piedi. Eravamo tutti in
sella:
Gandalf montava da solo Ombromanto, Legolas era con Giulia e Aragorn
con Gimli.
L’Istari ci guardò uno ad uno. <<
Arriveremo a Edoras domani. Faremo una
pausa nella cavalcata per consentire ai cavalli di riposarsi e di
riposare noi
stessi. >> Tutti fummo d’accordo. Nuovamente a
capo della Compagnia,
Gandalf sorrise e incitò Ombromanto a partire. Questi
nitrì e si impennò, e il
mantello di Gandalf si scostò, riflettendo la bianca luce
della luna << A
Edoras! >> Gridò, saettando poi
sull’erba, con noi al seguito.
<<
Hai visto? >> Mi chiese Boromir
<< Era… bianco! >>
<<
Già… ha qualcosa di diverso, non trovi?
>> Lui ridacchiò << Certo che
è diverso: non so cosa gli sia
successo, ma credo che chiunque sarebbe diverso, se tornasse indietro
dalla
morte! >>
Scrollai
le spalle << Oh be… non hai tutti i
torti. Però non so, mi sembra più…
>>
<<
Potente? >>
Mi
stupii << Come hai fatto a capire che
cercavo proprio quel termine? >>
<<
Perché lo penso anch’io. >>
Nella
notte più nera, ci accampammo in mezzo alla
piana di Rohan. Non accendemmo fuochi, non mangiammo niente. Lasciammo
solo i
cavalli liberi dai nostri pesi e ognuno di noi si stese
sull’erba, a recuperare
qualche ora di sonno. Io ero riuscita a dormire in sella, poco e male,
ma
quando vidi Gandalf, da solo, in piedi ai margini della compagnia, non
potei
resistere: mi scostai dall’abbraccio di Boromir, feci
attenzione a non
calpestare nessuno, e mi avvicinai.
<<
Dovresti riposare. >> Mi disse, ancora
prima che gli fossi accanto. Teneva entrambe le mani sul bastone, il
mantello
grigio lungo fino ai piedi ben chiuso attorno al collo. Aveva gli occhi
chiusi,
ma quando lo raggiunsi si voltò e li aprì
<< Figlia mia. >> Disse
solo, staccando una mano dal bastone e accarezzandomi il collo
<< Sei
stata coraggiosa, e forte, a sostenere la tua parte di peso. Hai
compiuto la
tua missione, hai fatto quel che dovevi. Sono molto fiero di te.
>>
Gli
sorrisi << Grazie. >>
<<
C’è qualcosa che ti turba? >>
Ridacchiai
<< Tu e Jadis siete rispuntati
davanti ai miei occhi per non so quale miracolo, quando avevo la
certezza
matematica di avervi visto morire. Questo non è un buon
motivo per essere
turbati? >> Incontrai il suo sguardo <<
Gandalf, io ti ho visto
cadere, hai lasciato la mia presa, ho sentito la tua mano scivolare
dalla mia.
Ho visto Jadis schiantarsi contro quel muro a Moria, Gandalf! Cosa
è successo?
Perché siete tornati da me? >>
Gandalf
sorrise << Ti disturba così tanto il
nostro ritorno? >> Stavo per ribattere, ma lui mi
fermò con un gesto
<< Stavo scherzando, figliola, solo
scherzando… lo so benissimo quanto tu
possa essere turbata, perché io stesso lo ero al mio
risveglio. >> Mi
guardò, poi iniziò a raccontare <<
Cadendo negli abissi, ho recuperato la
mia spada. Mi sono fiondato sul Barlog come un falco, cadendo con lui
sino alle
radici della montagna. Da li in su, sempre più su, fino al
torrione più alto,
abbiamo combattuto senza tregua, una battaglia in cui io ho avuto la
meglio.
>> Le mani sul bastone si strinsero << Ho
scaraventato la carcassa del
Barlog lungo il fianco della montagna, per poi sentire la vita
abbandonarmi. Ho
fatto un sacco di esperienze nel mio cammino in Arda, Anna, ma quella
mi fu
nuova. >> Dovette fermarsi, come per rievocare ricordi, o
sogni <<
Ho viaggiato, Anna. Viaggiato in posti lontani, oltre i confini di
tempo e
spazio. Ho visto le stelle, passato e futuro si confondevano. Ogni
giorno che
passava era lungo come una vita terrena. >> Lo fissavo
negli occhi mentre
raccontava, e mi sembrava di vedere miriadi di stelle nei suoi occhi.
<<
E cosa hai visto? >> Gli chiesi, sottovoce
<< Hai visto il futuro?
>>
<<
Io credevo che si trattasse del futuro, ma
tutto è incerto, nel labile confine fra vita e morte.
>> Mi sorrise
<< Ma non mi hai chiesto questo. Mi hai chiesto come sono
giunto a te,
quindi ecco la mia storia. >>
<<
Puntiglioso come al solito, nevvero?
>> Sbuffai << Ne riparleremo?
>>
<<
Forse. >> Guardò il cielo trapuntato
di stelle << Dopo anni di vagabondaggi, ho sentito
nuovamente la vita
dentro di me, e una consapevolezza: la mia missione non era ancora
finita. E nemmeno
quella di Jadis, a quel che vedo. >> Tornò a
guardarmi << E ora
siamo qui, al mutare della marea, pronti a dare aiuto agli ultimi
popoli
liberi, fino alla morte. >>
Restammo
in silenzio, contemplando la leggera brezza
che frusciava fra le erbe del Mark. << Dunque
è così. >> Dissi ,
infine. << Dunque, siete tornati per mettere la parola
fine a questa
storia. >>
<<
Esatto. >>
<<
Ma dimmi, Gandalf… come è stato? >>
<<
Come è stato cosa? >>
<<
Morire… >> Mi passai le dita sul
collo: i miei lividi erano ancora visibili? << Come
è stato. Dimmelo,
Gandalf. >>
Lui
tacque << Ristoratore. >> Disse
<< Dolce e ristoratore, come il sonno che viene dopo una
lunga giornata
di lavoro. >> Mi posò una mano sulla spalla
<< Ma tu sei troppo
giovane per morire, i Valar non l’avrebbero permesso.
>>
Mi
innervosì quella frase << Giulia non
l’ha
permesso, Gandalf! I Valar non mi hanno ascoltata, le mie preghiere si
sono
perse nel vento assieme alle mie grida d’aiuto.
>>
Lui
mi fissò intensamente, come per appurare se
dicessi il vero o il falso << Tu non credi in quello che
dici. >>
Disse << Tu sei ancora accecata dalla rabbia. E dalla
paura. Ma come
darti torto, figlia mia, come darti torto! Hai visto il tuo mondo
crollare, la
persona a te più legata impazzire di rabbia. E quella rabbia
si è sfogata su di
te… Non accecarti da sola, mia giovane allieva: lascia che
la rabbia fluisca,
che la paura evapori. Hai già costruito nuovi ponti con
Boromir, un mondo nuovo
che sarà migliore di quello andato distrutto. Un mondo che
migliorerà e
migliorerà, qualcosa che lascerete ai vostri figli.
>> Mi voltai di
scatto, e lui annuì << Oh si,
perché voi avrete dei figli, se tutto andrà
bene. Vivrete anni felici. Certo, i dolori non mancheranno, ma saranno
poca
cosa, in confronto alle gioie di cui sarete ricolmi! E tutto grazie al
mondo
creato adesso, Anna, al mondo che tu stai costruendo con Boromir:
l’atto di
riconciliazione che tu hai iniziato, figlia mia, donna di Arda,
porterà a tutto
questo. >>
Rimasi
senza fiato: una vita con Boromir. i suoi
figli. Le sue gioie, i suoi dolori… nostro, nostro, tutto
nostro.
<<
Dici che succederà davvero? >>
Gandalf
fece spallucce << Forse si, forse no. Sono
tornato dalla morte, ma non prevedo ancora il futuro! >>
Rimontammo
qualche ora dopo. I cavalli era riposati,
mentre noi tutti eravamo doloranti e ammaccati, stanchi di cavalcare e
con le
gambe indolenzite.
“
Hai fatto conversazione con Gandalf, stanotte. “ Mi
fece notare Giulia quando sbadigliai “ Avresti dovuto
dormire. “
“
No. E’ stato un bene, fare quella conversazione. “
“
Perché? “
Sorrisi
“ So che sto percorrendo la via giusta,
Giulia. Con Boromir. Sta andando tutto per il verso giusto. “
Il
mattino sorse e passò, portando seco la calura del
primo pomeriggio. E li, nella tremolante aria umida dei colli, vedemmo
erpicarsi su una collina Edoras.
D.I.F.
rieccomi!!! Ciao a tutti e ben ritrovati! Spero
che il chappi sia stato di vostro gradimento, e che soprattutto abbiate
apprezzato le new entry! Ancora tante cose vanno chiarite, ma andiamo
con calma…che
fretta c’è? Siamo solo all’inizio di
questa fantastica storia! Tra l’altro, mi
stavo rifacendo tutta la trilogia in dvd e, si, devo proprio dirlo:
e’
semplicemente SUBLIME. A quasi dieci anni di distanza da quando
l’ho visto, il
Signore degli Anelli mi mette ancora i brividi, mi inebria e mi riempie
la vita
e la fantasia, creando l’impulso per nuove, nuovissime idee.
Non so voi, ma per
me è la storia più importante di tutte, qualcosa
che trascende la fiaba, l’epica,
il romanzo cavalleresco… è qualcosa che ti entra
dentro, qualcosa che mette
radici e non lascia più la presa. Qualcosa che cerco di
comunicare agli altri-
cosa che esce anche bene, tra l’altro!
Si
si, lo so, sembro un’invasata, ma non vogliatemi
male per questo! Sono solo una fan sfegatata di questa meravigliosa
storia che
continua a incantarmi, nonostante la sappia a memoria.
Dopo
di questo, sarei molto felice di sapere come
state, e anche di comunicarvi che ieri, 22 agosto, sono diventata
maggiorenne
negli U.S.A.: ho ventun’anni, regas!! Wow, che figata!
Ringraziando
i Valar per avermi fatto conoscere EFP e
tutti i fantastici personaggi che si muovono al suo interno, vi saluto
caldamente dicendo SAYONARA!
Una
squinternata e neomaggiorenne,
Nini
Superga.
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Capitolo 9 *** Edoras. ***
Edoras.
Decisamente
più piccola rispetto a Minas Tirith,
Edoras sembrava un cumulo di capanne circondate e protette da una
palizzata.
<< Mica tanto fini, questa gente di Rohan.
>> Sussurrai a Boromir,
ma lui mi consigliò di tacere. << Vedrai
quando arriveremo al Palazzo
d’oro di Medusel, la reggia dei Signori di Rohan. Allora,
dovrai rimangiarti le
parole, piccola. >>
Fermi
su quel colle, Gandalf ci avvisò << Non
saremo i benvenuti quest’oggi a Edoras. Niente gesti
avventati o parole di
troppo, non farebbero altro che peggiorare la nostra precaria
situazione. Intesi?
>>
Sbuffai:
certo che non saremmo stati i benvenuti!
Edoras era sotto il controllo di Saruman, l’unico posto in
cui potevamo essere
accolti decentemente e con tutti gli onori, sarebbero state le celle
della
Reggia del Mark! I cavalli scesero il ripido fianco della collina con
prudenza
e agilità, senza sgroppate o cadute, seguendo con attenzione
la strada aperta
da Ombromanto. “ Si vede che è il loro signore.
“ Constatò Giulia, chiamandomi
col pensiero “ Lo seguono ciecamente. Anche se andasse in un
burrone, incontro
a morte certa, essi lo seguirebbero. “
“
Si segue solo colui che si ama. “ Risposi, stringendomi
di più a Boromir, che parve apprezzare. Poco più
avanti, vidi Giulia voltarsi
sulla sella e sorridere. “ Lo vedo bene. “
Proprio
come era apparsa da lontano, la città si
rivelò nulla di ché. Le difese altro non erano
che misere palizzate, fatte di
grandi e robusti tronchi, ma pur sempre di legno: nulla, in confronto
alle
possenti mura della città del mio capitano. Per non parlare
della grandezza:
Edoras copriva a malapena il territorio occupato dalle case della prima
cerchia
di Minas Thirit, era proprio un buco! << E questa sarebbe
la capitale di
un regno? >> Sussurrai a Boromir, guardandomi attorno: le
case si
affacciavano sull’unica via principale, quella da noi
battuta, polverosa e
piena di erbacce, che conduceva alla reggia di Theoden; esse erano di
legno,
dal tetto basso, lunghe e larghe, più simili a stalle che a
case- o almeno così
deducevo; sull’architrave, svettava una decorazione, due
cavalli incrociati, il
simbolo di Rohan. Diverse persone si trovavano per la strada,
affaccendate e
concentrate nei loro compiti quotidiani, ma tutti si fermarono al
nostro
passaggio, additandoci e tacendo, fissandoci con curiosità e
astio. Altra gente
uscì dalle case, stupita dal nostro passaggio. Erano
essenzialmente donne e
bambini, constatai, assieme a qualche vecchio, che ci fissava cupamente
dalle
panche che si trovavano accanto agli usci delle case. Erano tutti
vestiti di
nero. “ Ma dove sono gli uomini? “ Mi chiese Giulia
“ Non ne vedo neanche uno!
“
Intercettai
lo sguardo di una giovane madre che
allattava il proprio figlio, seduta sulla panca assieme a
un’anziana donna. “
In guerra, credo. “ Distolsi lo sguardo dai suoi penetranti
occhi verdi: occhi
grandi, acquosi, disperati. “ O peggio: sono tutti morti.
“
<<
Trovi più allegria in un cimitero. >>
Sentii borbottare Gimli, che cavalcava con Aragorn accanto a noi
<< E’
vero. >> Ammisi << Sono tutti molto tristi,
qui. >>
<<
E credo bene! >> Esclamò Boromir
<< Chi non sarebbe triste, sentendo l’Ombra
avanzare? >> Annuii,
tornando poi a guardarmi attorno. Jadis camminava accanto a Lollo, le
orecchie
e la coda dritti, in segno di nervosismo: non c’era un
abitante di Edoras che
non l’avesse additata, procurandole un gran fastidio, e i
bambini fuggivano
davanti a lei. Avrei voluto dire a tutti di smetterla, di lasciarla in
pace,
perché Jadis non era un fenomeno da baraccone, ma non potevo
farlo: avrei
innervosito ancora di più lei e spaventato a morte gli
altri. No, dovevo
attendere. E dire che a Jadis piacevano tanto, i bambini…
Giungemmo
alla fine della strada. Il palazzo si
ergeva su uno spiazzo erboso in cima alla collina, con ogni
probabilità creato
da mani umane. Su una base in pietra più alta, raggiungibile
attraverso scalini
bassi e larghi, adatti agli zoccoli dei cavalli, si trovava
l’ingresso del
Palazzo d’oro. Simile in tutto e per tutto alle capanne di
cui era costruita la
capitale, era almeno cinque volte più grande e curato: i
tronchi di legno che
costituivano le sue pareti erano dorati e tutti della stessa misura; la
paglia
del tetto non era marcia di pioggia, ma ancora gialla, recente; lo
spiazzo
antistante all’entrata era pulito e ordinato, sorvegliato da
guardie in
uniforme completa. Smontammo tutti assieme, mentre un gruppo di persone
risalivano la strada della città per vedere da vicino i
nuovi arrivati. Anche
sullo spiazzo davanti all’ingresso, sotto
l’architrave, andava formandosi un
piccolo gruppo di guardie, che probabilmente si chiedevano chi fossimo.
Iniziammo a salire gli scalini, in silenzio, e ci fermammo davanti alle
guardie. Fu Gandalf il primo a parlare.
<<
Salute a te, Hama, custode della porta del
Re! >> Esclamò, rivolgendosi
all’unica guardia senza elmo, un uomo dai
lunghi capelli rossicci e l’aria imbarazzata.
<< Giungiamo al cospetto
del Signore del Mark, desiderosi di parlargli. >>
L’uomo
parve come colto sul vivo, e le guardie alle
sue spalle si mossero, a disagio. “ C’è
qualcosa che non va. “ Mi disse Giulia.
Io annuii, preoccupata: eravamo in netta minoranza, non potevamo
permetterci un
passo falso.
<<
Salute a te, Gandalf il Grigio. >>
Salutò Hama, con voce contrita << Non potete
entrare al cospetto del re,
non così armati. Dovete consegnarci le armi. >>
Alle
mie spalle, sentii Boromir irrigidirsi: no,
quello non era proprio un buon segno. Ma Gandalf non fece una piega:
con un
lieve cenno del capo, invitò tutti a lasciare le proprie
armi nelle sicure mani
delle guardie di Rohan. Aragorn fu alquanto restio a lasciare la sua
spada
nelle mani dei soldati, ma infine la lasciò,
un’espressione nervosa sul viso.
Lasciammo tutte le nostre armi ma, quando venne il mio turno, Hama
impose di
più. << Questa bestia non può
entrare al cospetto del re. >> Disse,
fissando Jadis, che ricambiava lo sguardo. << Ha
l’aria pericolosa.
>>
Inarcai
un sopracciglio << Solo quando è
lontana da me. >> Ribadii << E, se la
lascio qui fuori, con voi,
sarà decisamente lontano
da me.
>> Non era assolutamente vero, Jadis era pericolosa solo
se fiutava il
pericolo, ma non volevo separarmi per l’ennesima volta dalla
mia lupa.
Evidentemente, toccai il tasto giusto: Hama sgranò gli
occhi, e io sostenni il
suo sguardo finchè questi non annuì,
acconsentendo affinchè passassi con Jadis.
Poi,
fu il turno di Gandalf. << Il tuo bastone,
Gandalf. >> La guardia sembrava terribilmente imbarazzata
per quanto
stava chiedendo, e lo si vedeva bene. “ Esegue ordini che non
approva. “
Pensai, e Giulia mi diede ragione. Ma Gandalf sfoderò
un’altra arma: la
compassione. << Oh… >> Disse,
rigirandosi il bastone fra le mani,
come se fosse la cosa a lui più cara. << Non
vorrai separare un povero
vecchio dal suo appoggio per camminare, vero? >>
Restammo
tutti a bocca aperta per lo stupore “ Dio,
quel vecchio si merita l’oscar! “
Esclamò Giulia, giubilante e divertita,
mentre i pesanti battenti della reggia venivano spalancati davanti a
noi.
<<
Ci siamo. >> Sibilai, mentre Boromir
accanto a me emetteva un sospiro, nervoso.
L’interno
del Palazzo d’oro era costituito da una grande
sala rettangolare, a tre navate, con le pareti aperte su ariosi
porticati e
bracieri accanto alle colonne centrali per illuminare maggiormente
l’interno.
Un foro rotondo si apriva nel soffitto a capriate, in corrispondenza
del
focolare, creando un perfetto cerchio di luce sul pavimento scuro. Le
colonne
erano dipinte di verde ed oro, mentre i capitelli erano a forma di
teste di
cavallo stilizzate, d’oro e avorio. Alle travi del soffitto,
erano appesi
grandi stendardi, che sventolavano placidamente nel vento del
pomeriggio.
Rappresentavano guerrieri del passato, grandi uomini della Casa di
Eorl, da cui
i re di Rohan discendevano, fautori di chissà quali grandi
imprese. Magari, un
giorno lontano, anche io sarò immortalata in uno stendardo,
spada in pugno ed
elmo in testa: “ Anna delle battaglie “ mi
chiameranno, e io andrò fiera di
tale nomea.
Ci
aprimmo come ali attorno a Gandalf, accorgendoci
che nella penombra delle navate laterali si muovevano figure.
L’Istari
camminava con passo imperioso, facendo ticchettare il bastone sul
pavimento di
pietra ad ogni passo. << La cortesia del tuo palazzo
è alquanto diminuita
dalla mia ultima visita, Re Theoden! >> Disse, muovendo
la mano in un
cenno di saluto. Solo allora notai che, nel fondo della sala, su di un
palco,
vi era un trono verde e d’oro, su cui stava seduto un
vegliardo canuto, piegato
dall’età e dalla stanchezza. “ E quello
sarebbe il Re? “ Chiese Giulia,
scettica. Sentimmo dei sussurri, e qualcosa nell’ombra
accanto al trono si
mosse. “ No. “ Dissi a Giulia “ Quello
è il re. “
Il
vecchio sul trono mosse la testa con grande
fatica, alzandola un poco, e biascicando <<
Perché dovrei essere gentile
con te, Gandalf il Grigio… Corvo tempesta? >>
Aveva parlato a fatica,
come se qualcuno gli avesse scritto le parole su un biglietto e lui
faticasse a
leggere. Accanto a me, notai Boromir che si distanziava un poco e
teneva d’occhio
le navate laterali, l’aria nervosa e combattiva.
Un
sussurro venne dal trono. << Una giusta
risposta, mio signore. >> Disse una voce suadente. Una
figura ammantata
di nero si alzò, emergendo dalla penombra: era un uomo
piccolo e gracile, dal
viso pallido e i capelli corvini. Un moto di disgusto mi fece storcere
la bocca
“ Quello è il nostro nemico. “
<<
Tarda è l’ora. >> Disse il Vermilinguo, chiudendo
molto la O e calcando
molto sulla parola “ ora “ << In cui
questo stregone si presenta davanti
a noi. >> Scese gli scalini del trono e ci venne
incontro, fissando
Gandalf con sfrontatezza << Lathspell,
io lo chiamo. >> Si fermò davanti a lui,
fissandolo dal basso dato che
Gandalf lo superava di una buona spanna << Il malaugurio
è un cattivo
ospite. >>
<<
Silenzio. >> Ordinò Gandalf, imperioso
<< Tieni la tua lingua forcuta tra i denti. Non ho
attraversato fiamme e
morte per scambiare parole con una vile serpe. >> Gandalf
alzò il
bastone, sventolandoglielo davanti agli occhi. Grima sgranò
gli occhi, spaventato.
<< Il bastone. >> Bisbigliò,
indietreggiando, << Vi avevo
detto di prendergli il bastone! >>
Si
scatenò un putiferio: dalle navate laterali,
uomini si avventarono su di noi, cercando di prendere il bastone
dell’Istari. Boromir,
Aragorn e Legolas gli fecero da scudo, vorticando attorno a lui mentre
si
avvicinava al trono. << Re Theoden, figlio di Thengel!
>> Chiamava
Gandalf, cercando di attirare l’attenzione sul vegliardo,
incurante del
movimento che aveva attorno a sé << Troppo a
lungo sei rimasto nell’Ombra.
>> . Jadis bloccò con un movimento fluido
Grima, inchiodandolo a terra, e
ringhiandogli contro. Accarezzai Jadis sul collo e mi chinai al suo
fianco
<< Chi si rivede. >> Bisbigliai
all’uomo spaventato << Ne hai
fatta di strada. >> Riconoscendomi, Grima
cercò di divincolarsi, ma Jadis
snudò le zanne. Accanto a me, Gimli e Giulia ridacchiarono
<< Ti
consiglio di restare fermo. >> Disse Gimli, tornando poi
a guardare
Gandalf, giunto ai piedi del palco reale.
In
mezzo alla sala, giacevano diversi corpi, i nemici
tramortiti dai colpi degli uomini, mentre altra gente usciva dalle
navate,
incuriosita e intimorita. Gandalf guardava Theoden dritto negli occhi
opachi. <<
Ascoltami! >> Ordinò, e il Re
lo fissò. “ Ha una luce malvagia. “ Fece
notare Giulia. Avrei ribadito, ma
stava per accadere qualcosa di troppo straordinario per distrarsi:
Gandalf
stese la mano, aprendola con un palpito, calibrando bene le parole
<< Io
ti libero dall’incantesimo. >>
Era
un momento magico, in cui la potenza di Gandalf
andava manifestandosi. Ci aspettavamo qualsiasi cosa, tranne la roca
risata del
Re. Rise dapprima piano, poi sempre più forte e sguaiato
<< Non hai alcun
potere qui, Gandalf il Grigio… >>
Biascicò, continuando poi a ridere di
gusto.
Fu
allora che Gandalf aprì le falde del suo mantello,
lasciandolo cadere a terra, stupendoci tutti . Sembrò che un
raggio di sole
fosse entrato nella Reggia, illuminando la stanza di un bagliore bianco
accecante: Gandalf si ergeva dinnanzi al Re, che aveva emesso un
gridolino
stupito e spaventato, completamente bianco, brillando di luce propria.
Stupiti
e spaventati, con la sensazione di trovarci dinnanzi a qualcosa di
straordinario, mi avvicinai a Boromir, cercando la sua mano
<< Valar, è
bianco! >> Sussurrai, mentre Boromir annuiva. Ma Gandalf
non prestava
attenzione a quanto accadeva alle sue spalle. << Io ti
estirperò,
Saruman, come il veleno viene estirpato da una ferita. >>
Puntò il
bastone contro il re, che andò a cozzare contro lo schienale
del trono come se
vi fosse stato sbattuto da mano umana. Aveva il viso sofferente, e
mugolava di
dolore. La battaglia era iniziata, e il campo scelto dai due stregoni
era
proprio Theoden.
Qualcosa
di bianco mi passò davanti, ridestandomi:
era una donna di bianco vestita, l’aria trafelata, che
cercava di raggiungere il
Re, ma Aragorn l’aveva bloccata, tenendola saldamente per un
braccio.
Nella
sofferenza, Theoden trovò il modo di parlare
<< Se io me ne vado, Theoden morirà.
>> Minacciò, ma quella non era
la sua voce. << E’ la voce di Saruman!
>> Esclamai, mentre Gandalf
si avvicinava col bastone teso. << Non hai ucciso me, non
ucciderai lui.
>> Ribadì, scaraventando ancora il re contro
l’alto schienale. Questi si
chinò in avanti, guardando con astio Gandalf
<< Rohan è mia! >>
Disse, e stavolta si udì bene il timbro di voce di Saruman,
ma Gandalf non si
fermò << Vattene! >>
Ordinò << VATTENE! >>
Theoden
si lanciò con un urlo verso Gandalf, che lo
colpì dritto sulla fronte con la punta del bastone,
rimandandolo a sedere sul
trono, mezzo svenuto. L’Istari annaspava per lo sforzo, ma
sembrava
soddisfatto. La donna che Aragorn aveva bloccato si
divincolò dalla sua presa e
corse verso il Re, afferrandolo al volo mentre cadeva dal trono. Lo
appoggiò
con delicatezza allo schienale e lo scrutò in volto.
Un’altra magia era in
corso: il vegliardo, da canuto e rugoso, andava ringiovanendo,
mostrando un
viso si anziano, ma ancora forte. La barba divenne bionda, i capelli
radi e
bianchi tornarono biondi e folti, gli occhi da opachi divennero attenti
e
scrutatori. Guardò la donna accanto a sé a lungo,
cercando di ricordare.
<< Conosco il tuo viso. >> Disse infine,
aprendosi a un sorriso
<< Eowin! >>
La
donna annuì, piangendo di gioia. Poi il Re notò
la
presenza bianca dinnanzi a sé << Gandalf?
>> Chiese, stupito. Questi
annuì << Respira di nuovo aria libera, amico
mio. >> Eowin aiutò il
Re ad alzarsi e lo sostenne, mentre questi si guardava attorno, confuso
<< Cupi sono stati i miei sogni di recente.
>> Si guardò le mani,
aprendole e serrandole, come se non si ricordasse a cosa servissero.
<<
Le tue dita riconoscerebbero meglio la tua forza se afferrassero la tua
spada.
>> Consigliò Gandalf, ammiccando. Prontamente,
una guardia si fece avanti
e porse il fodero al suo Re, inchinandosi profondamente. Il Re
esaminò
attentamente l’elsa, tastandola coi polpastrelli, per poi
estrarla con un movimento
fluido. La spada scintillò nella luce del tardo pomeriggio,
e il Re la guardò a
lungo. Poi, come un lampo, qualcosa attraversò il suo volto:
con gli occhi
ridotti a fessure, le labbra strette, livido di rabbia, Theoden si
voltò verso
Grima, ancora imprigionato da Jadis.
Sorrisi
assieme a Giulia. “ E ora si che sono cazzi
amari. “ Disse
con voce suadente,
fissando Grima. “ Anzi, amarissimi. “
D.I.F.
weeeeeee!!! Dopo una lunga, lunga, luuuuunga
settimana torno da voi. Avrei pubblicato prima, ma tutte le volte che
cercavo
di scrivere questo chappi venivo prontamente interrotta! Grrrrr, che
rabbia!
Spero
abbiate apprezzato i miei sforzi, dato che ce
la sto mettendo tutta per fare qualcosa di decente J
non so se questo sarà l’ultimo chappi
per qualche tempo, dato che domenica prossima me ne vado ad Est in
dolce
compagnia e, visto l’andazzo, questo potrebbe essere
l’ultimo chappi per un
paio di settimane-spero che non vada così, anche
perché volevo scrivere
qualcosa di intimo sui nostri protagonisti, visto che adesso sono fra
mura
sicure e a Edoras sicuramente ci sono letti morbidi…mah,
vedremo! Tenete gli
occhi puntati sullo schermo, people!
A
presto! Kalimera,
Nini.
|
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Capitolo 10 *** Litigio ***
Litigio
Le
stelle brillavano alte sopra il Palazzo d’oro di
Meduseld, in una sera carezzata dalla brezza. La Compagnia finalmente
riunita
sedeva nella Sala del Trono, in un tavolo fra le colonne dorate,
servita da domestici
silenziosi e diligenti vestiti a lutto. E come poteva essere
diversamente?
L’intera Rohan era in lutto, a causa della morte del principe
ereditario,
Theodred figlio di Theoden. Il Re in persona si era accomiatato da noi,
l’aria
distrutta e sofferente, lo sguardo spaurito e confuso di chi non
capisce e non
vuole capire perché il proprio figlio, nel fiore degli anni,
se ne sia andato
prima del tempo. Gandalf
l’aveva accompagnato nella camera del giovane principe,
lasciandolo poi solo,
conscio che certi uomini hanno bisogno della solitudine per esprimere
al meglio
i propri sentimenti.
Theoden,
risvegliato da Gandalf proprio quel
pomeriggio, aveva cacciato in malo modo Grima Vermilinguo, il suo
astuto
consigliere, nonché mia vecchia conoscenza.
Quell’essere viscido sarebbe morto
davanti all’intera Edoras, sugli scalini del Palazzo
d’oro, sgozzato come un
animale, se Aragorn non si fosse messo in mezzo.
Ricordai
quella scena, mentre masticavo con lentezza
del pane nero, sentendo in ogni fibra del corpo la stanchezza di quei
lunghi
giorni.
Theoden
mi era sembrato basso, seduto sul suo trono, rattrappito dalla
schiavitù di
Saruman e reso innocuo dalle parole di Grima ma, quando si erse in
tutta la sua
altezza, vidi un uomo si anziano, nei cui occhi brillava il fuoco di
chi era
giovane dentro. Lo ammirai per questo.
<<
Le tue dita riconoscerebbero meglio la loro forza se afferrassero la
tua spada.
>> Suggerì Gandalf, in piedi davanti al Re. Un
soldato della Guardia
Reale si fece avanti, e gli offrì una spada dalla guardia a
cuore, con l’elsa
di cuoio consumata dagli anni e dal sudore. Il Re la prese piano, con
delicatezza, per poi afferrarla saldamente e sguainare la spada dal
fodero,
lasciando che i suoi occhi indugiassero sulla lama. Con ogni
probabilità, stava
pensando in quali occasioni l’aveva impugnata, quali
battaglie aveva vinto, per
poi ricordarsi della battaglia appena iniziata e ancora in corso. Un
lampo si
sprigionò dai suoi occhi, mentre le iridi saettavano dalla
lama a Vermilinguo,
ancora immobilizzato sotto Jadis.
“
Ora si che sono cazzi amari. “ Mi disse Giulia soavemente,
scostandosi mentre
Grima veniva afferrato da due guardie e trascinato fuori, sui gradini,
piangente e uggiolante come un cane bastonato.
L’intera corte gli faceva da scorta, anche noi
lo seguimmo nella sua
dipartita. Re Theoden e Dama Eowin venivano per ultimi.
Le
guardie gettarono Grima per terra in malo modo, quasi fosse qualcosa di
immondo, facendolo rotolare lungo i gradini che davano accesso alla
reggia. Gli
fu concesso il tempo di alzarsi, poi Theoden gli si parò
davanti, la spada
stretta nella destra.
Grima
cercò di attenuare la sua posizione <<
Perché mi fai questo? >>
Piagnucolò << Io ti ho sempre
servito… >>
A
quella frase, la rabbia del Re esplose << Servito?!
>> Proruppe,
scendendo con fare minaccioso i gradini. Spaventato e confuso, Grima
inciampò
nel suo stesso mantello e cadde a terra, terrorizzato. Nel frattempo,
una folla
si era radunata sul terrapieno davanti al Palazzo, e tutti erano
ammutoliti da
quella scena. << Servito?! >>
Ripeté Theoden, puntandogli l’arma
contro << Con le stregonerie di Saruman, mi avresti fatto
camminare a
quattro zampe come una bestia! CHE TU SIA MALEDETTO! >>
Con agilità
innata, fece roteare la spada sopra la testa. Avrebbe spaccato in due
metà
precise il cranio di Grima, se Aragorn non si fosse messo in mezzo. Gli
bloccò
i polsi e lo fissò dritto negli occhi << No,
mio signore, no! >> Lo
ammonì, mentre il Re lo fulminava. Aragorn lasciò
la presa, ma non distolse lo
sguardo. << Troppo sangue è già
stato versato a causa sua. >> Gli
disse, indicando quell’essere immondo << Non
versane altro. >>
Il
Re rimase ancora a guardarlo ancora un poco, per poi annuire e fare un
cenno a
Grima, che si alzò e si fiondò fra la folla,
apertasi in due ali quasi temesse
un contatto con lui, diretto alle stalle.
<<
Salute a Re Theoden! >> Proclamò Hama, custode
della Porta del Re. Il
popolo si inchinò profondamente, ma non emise un verso di
giubilo: attese che
il Re si voltasse per incrociare gli occhi della sua corte, per
incrociare gli
occhi di Eowin, per
incrociare gli occhi
con suo figlio. Ma non lo vide, e allora pose la domanda.
<< Dov’è mio
figlio? >> Chiese, a tutti e a nessuno <<
Dov’è Theodred? >>
<<
Mi rammarica che siate giunti a Edoras in
giorni così cupi. >> La voce di Dama Eowin mi
risvegliò, facendomi
sobbalzare. La donna, vestita a lutto, coi capelli raccolti, mi
lanciò uno
sguardo penetrante. << Vi ho forse disturbata nei vostri
pensieri?
>> Aveva una voce dolce e piacevole, la Bianca Dama.
Doveva avere una
risata superba.
Feci
di no col capo << Ero solo assorta, e la
vostra voce squillante mi ha sorpresa. Tutto qui. >> La
Dama annuì, un
debole sorriso sulle labbra, rivolgendosi poi a Boromir.
<< Non c’è
niente di cui rammaricarsi, Eowin. >> La
rincuorò questi, accarezzandole
il dorso della mano << Anzi, siamo noi a doverci scusare.
Stiamo
disturbando il vostro lutto. >>
<<
Ma dobbiamo restare. >> Intervenne
Gandalf, che fumava la pipa con aria assorta, poggiato ad una colonna
<<
Dobbiamo avvertire sua maestà dei pericoli che corre il suo
paese. >>
Eowin
si mostrò interessata << Gli orchi.
>> Convenne. Non mi sfuggì la luce che
scintillò nei suoi occhi per un
attimo. Gandalf annuì << Già. Eomer
sta sorvegliando i confini a nord, ma
non so quanto potrà fare: troppo radi sono i suoi cavalieri,
a meno che non si
sia unito ad altre forze, troppo
ampio è
il vostro confine e troppi sono gli orchi di Saruman, mia Dama.
>> Gli
occhi dell’Istari si fecero duri << Sta
ingrandendo le sue forze, e tra
poco saprà che Rohan non è più
neutrale: il Re è stato svegliato dal suo sonno,
e non lascerà passare per il suo paese neanche un orco.
>> Lasciò che
l’aria gli uscisse fra i denti, sibilando tutta la sua ansia
<< Tra poco,
si scatenerà la guerra. >>
“
Di nuovo. “ Pensai, rivolgendo lo sguardo a Giulia.
“
Tu sei già stata in guerra, vero? “ Mi chiese lei,
accendendosi una sigaretta sotto lo sguardo sconcertato di Dama Eowin.
Mi
fissò. “ Credi che sopravvivremo, Anna? Dico io:
siamo in pochi, troppo pochi,
e anche spaventati per giunta! Mentre loro sembrano così
tanti… “ Era in preda
allo sconforto, cosa strana per mia sorella. Io scossi il capo
“ Non è vero,
non siamo in pochi: vedessimo quanti soldati ha Gondor, e quanti di
sicuro ce
ne sono qui a Rohan! Certo, il Nemico sarà anche
numericamente superiore, ma
noi abbiamo la speranza dalla nostra, e anche la voglia di
vivere… “
La
risposta di Giulia mi giunse come un pugno in
faccia “ E loro hanno la ferocia... ma dai, Anna, che
stronzata! Lascia da
parte i sentimentalismi e pensa in modo serio, per una volta.
“ << No che
non è una stronzata. >> Sbottai a mezza voce,
il tono infastidito,
facendo voltare tutti verso di me. << La speranza
è quanto di più forte
possediamo, Giulia. E’ così difficile da capire?
>> Rendendomi conto di
aver parlato ad alta voce, tornai a parlare nella mente “ Se
hai così tanta
paura della guerra, forse ti conveniva restare a casa, a Imladris. Come
d’altro
canto qualcuno ti aveva suggerito… “
Giulia
non rispose subito. Prese una profonda
boccata di fumo, espirò dalle narici- cosa che la fece
assomigliare ad un
drago- e continuò a fissarmi. << Brava
sorellina, che belle paroline
messe in fila! >> Mi schernì a voce alta,
zuccherosa, mentre Legolas la
guardava con aria allibita. Ma lei non sembrò farci caso: la
voce si fece dura
<< Chi te le ha insegnate, lui forse? >>
Indicò Boromir col pollice.
Boromir mi fissò con aria confusa, domandando che stava
succedendo, ma Giulia
proseguì, imperterrita. << La
verità è che nemmeno tu sai a cosa
aggrapparti pur di non vedere la realtà: siamo- troppo-
pochi, cazzo! E la
speranza non fa certo aumentare il numero di soldati! Ne la voglia di
vivere li
rende invincibili! >>
<<
Ma li rende più forti! >> Urlai,
sbattendo il pugno sul tavolo, pentendomene subito perché
sentii il polso
scricchiolare. << La speranza di combattere per la vita,
la propria vita, ti fa fare delle
cose che
neanche immagini, e non parlo di sentimentalismi, Giulia, o di
leggende, ma di
realtà che io stessa ho sperimentato quando ho combattuto a
Osgilliath!
>> La soppesai con lo sguardo << Tu di
queste cose non sai niente,
sorellina. Niente di niente. >>
Ma
Giulia fece spallucce << Oh, scusami
allora, penso che distruggerai un manipolo di orchi da sola solo
perché
combatti per salvarti la pelle… >> La sua voce
trasudava sarcasmo
<< Ma
se sono troppi, comunque
finisci ammazzata! Lo capisci questo o no? >>
<<
Mica sarò sola a combattere! >>
Ribadii << E in ogni caso ci proverò lo
stesso, io, ad ammazzare un
manipolo di orchi, e lo farò per salvare anche te, stupida
che non sei altro!
>>
Giulia
tacque, fremente. << Sei insopportabile
quando vuoi aver ragione! >> Sibilò,
alzandosi.
I
miei occhi si ridussero a due fessure <<
Senti da chi viene la predica… >> Ribadii,
lasciando che Giulia se ne
andasse, fremente di rabbia.
Per
qualche tempo nessuno parlò,
e l’unico rumore fu il via vai dei servi.
Legolas, dopo aver scambiato uno sguardo con me, si alzò in
silenzio,
volteggiando su se stesso, per poi andare a sparire sulla terrazza,
alla
ricerca di Giulia. << Dovresti andare anche tu.
>> Mi consigliò
Gandalf, mentre Legghy spariva dietro una colonna.
<<
A fare che, a reggere la candela? >> Risposi
in malo modo.
<<
Lo sai. >>
Gli
puntai gli occhi addosso << Senti,
Gandalf, se quella stupida di mia sorella ha deciso di farsi prendere
dal
panico e di tapparsi le orecchie, bene! Ma non mi venire a dire che io
ho
sbagliato. >> Sospirai, fissando ostinatamente il tavolo
<< E
poi odio le persone
che credono di
sapere tutto… >>
<<
Allora dovresti odiare te stessa… >>
Fu la voce di Boromir quella che mi stupì maggiormente. Lo
fissai, allibita
<< Adesso stai dalla sua, di parte? >>
Chiesi, stupita, indicando
il portico col pollice. << Ma Boromir…
>>
<<
Cosa ne sai di cosa si agita nella sua
testa? >> Mi interruppe il mio uomo. <<
Cosa ne sai delle sue ansie
e delle sue paure? Non tutti sono come te, Anna, che si travestono da
uomo e
scendono in battaglia, senza neanche sapere quanti sono i nemici e
quante le
possibilità di sopravvivere. >> Sorrise a quel
pensiero << Non
tutti sono disposti ad affrontare la paura di morire per coloro che
amano.
>>
<<
E allora che dovevo dirle? >>
Sbottai, così arrabbiata che quasi piangevo <<
Che ha ragione, che di
speranze ce ne sono davvero poche? >> Mi alzai dal
tavolo, rischiando di
schiacciare la coda a Jadis, che trotterellò via, guaendo.
<< Quando
avrete una risposta, fatemela sapere. >>
Mi
diressi sulla terrazza, lasciando che gli altri
si sgolassero per richiamarmi. Non gli avrei dato la soddisfazione di
vedermi
frignare di rabbia e di paura. Perché si, un po’
era anche così: la paura mi
attanagliava la viscere. Paura di morire, di non farcela, di lasciare
che il
mondo attorno a me crollasse…avevo odiato Giulia e mi ero
abbattuta contro di
lei perché io in primis avevo paura, e sapevo quanto flebili
fossero le mie
argomentazioni. Mi asciugai una lacrima, rabbiosa. <<
Sono un idiota.
>> Mi dissi, contemplando le stelle assieme a Jadis.
<< E mi odio
per questo. >>
Un
fruscio alle mie spalle mi fece voltare di scatto,
temendo per la mia intimità. Mi aspettavo di trovarmi faccia
a faccia con
Boromir, o con Legolas, o Gandalf, o Aragorn. Sarei rimasta meno
sorpresa di
trovare Gimli al mio fianco, che Dama Eowin che mi guardava con
curiosità.
<<
Forse non è il momento opportuno. >>
Bisbigliò, tornando ad ammantarsi di ombra, ma la fermai.
<< No, mia
signora. >> La richiamai << Dite.
>>
Eowin
si avvicinò, lenta e aggraziata, le mani
incrociate sotto il seno, il viso rivolto alle stelle. <<
Le liti fra
fratelli mi hanno sempre affascinata. >> Disse
<< Io ed Eomer ne
avevamo poche, ma alla fine lui me la dava sempre vinta.
>> Mi guardò con
un sorriso dolcissimo sulle labbra << Sono la piccola di
casa, la sua
sorellina. >>
Sorrisi
a mia volta, ma era un sorriso freddo
<< Ho scoperto si avere una sorella poco meno di un anno
fa. >> Le
raccontai, nemmeno io sapevo perché. << Giulia
ed io abbiamo caratteri
simili, molto simili. Ma non avevamo mai litigato…
>>
Lei
ridacchiò << Se questo è un
litigio…
>>
La
fulminai con lo sguardo << E’ questione di
punti di vista. >> La freddai, e lei rise più
apertamente <<
Boromir mi aveva avvisato che siete permalosa, Anna, ma non pensavo
fino a
questo punto! >> Avevo ragione, la sua risata era
meravigliosa. Poi si
calmò, e riprese a parlare << Deve amarvi
molto. >>
<<
Chi, Boromir o mia sorella? >>
<<
Ma il principe, intendo! >>
Ridacchiai
a mia volta << Per sopportarmi in
tutte le mie stranezze? >>
Lei
fece spallucce << Anche. >> La vidi
farsi pensierosa. << Cos’è questa
storia che vi siete travestita da uomo
e siete scesa in battaglia? >> Eccolo li, il motivo per
cui Eowin era
venuta a cercarmi. Voleva sentire quella storia.
<<
E’ proprio come ha detto Boromir. >>
Le dissi << Mi sono travestita da uomo e sono scesa in
battaglia per
stargli a fianco. Solo che Jadis mi ha fatta scoprire. >>
Lei
mi guardava, gli occhi scintillanti << E
come è stato? >>
<<
Un’esperienza terribile. >> Risposi
subito, fissandola dritta negli occhi << Qualcosa che non
ripeterei
neanche se mi pagassero, ma credo che il Destino abbia deciso
diversamente per
me. >>
<<
Non dite questo. >> Ribadì Eowin
<< Combattere è un grande onore.
>>. Sbuffai << Onore dei
miei stivali, Dama Eowin…si combatte solo per sopravvivere.
>>
<<
E non è questo il caso? >>
Annuii
<< E’ proprio questo il caso. >>
Restammo
in silenzio a contemplare le stelle.
<> Disse infine la
Dama, il volto sempre fisso al cielo << Non
c’è niente di male nel
scoprirsi deboli e impauriti di fronte al Destino. >>
<<
Ma come posso mostrarmi così davanti a
qualcuno che ha anche il doppio della mia paura? >>
Sbottai, sentendomi
montare nuovamente dentro la rabbia. << Giulia mi ha
fatto capire quanto
deboli siano le mie speranze, gettando a terra il fragile castello che
avevo
costruito. Che dovevo fare, disperarmi con lei? Ditemelo!
>> Mi accorsi
di aver parlato a sproposito, e mi scusai. Dama Eowin sorrise,
accettando le
mie scuse. Mi poggiò una mano sulla spalla e la strinse
piano. <<
Troverete tutte le risposte. >>
Annuii,
ma non risposi. “ Dicono tutti così. “
La
voce di Giulia mi giunse da molto vicino. “ Anche Legolas mi
sta dicendo le
stesse identiche cose. “
“
Non ne dubitavo. “
“
Anna… “
“
Senti, non mi va di parlarne adesso. “ Sbottai,
mentre guardavo Eowin andarsene. Nelle tenebre fra le colonne, qualcosa
di bianco
si mosse, e Boromir comparì dal nulla, un sorriso appena
accennato sulle
labbra. “ Ho di meglio da fare. “
D.I.F.
amabili lettori e care lettrici, rieccomi. L’ultimo
aggiornamento risale a parecchio tempo fa, quando parlavo di un
fantomatico
originale… bè, anche quello è andato.
L’accademia
è ricominciata, vado avanti e indietro
tutti i giorni, il freddo è giunto, kick boxing è
più tosto che mai e finalmente
mi faccio viva. Come state voi? Spero che a voi la vita giri ugualmente
bene.
In
ogni caso, mi scuso per il disturbo arrecato a
chi vuole sapere come va avanti la storia e per
le risposte non date alle recensioni-
prometto solennemente di rispondere in tempi normali…
Spero
che qualcuno vorrà ancora leggere questa
ficci, questa storiaccia…e farsi sentire J
Con
ciò vi saluto, vi auguro buona giornata e al
prossimo aggiornamento.
Hasta
la vista, ya!
Vostra,
Nini.
|
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Capitolo 11 *** Il rispetto per la tradizione. ***
Il
rispetto per la tradizione.
<<
Non pensavo che tu e Giulia avreste
litigato. >> Mormorò Boromir, poggiato alla
colonna di fianco alla mia
<< Non stasera, la prima sera in cui vi trovate
nuovamente vicine.
>>
Scrollai
le spalle << Che posso dirti? A volte
capita. >>
<<
Capita essere troppo simili al proprio sangue?
>>
<<
Forse. >>
Mi
si fece più vicino << Io e Faramir abbiamo
litigato spesso, quando eravamo bambini. Ma lui era il piccolo, e mia
madre gli
concedeva qualsiasi cosa. >>
Sorrisi
a tale confessione << Tua madre faceva
le differenze? >> Chiesi, stupita. << Mi
sembra altamente
improbabile. A volte l’avrà fatto, ma sono certa
che avrà accontentato pure te,
Boromir. >> Lui si strinse le braccia attorno al corpo,
quasi per
abbracciarsi, quasi ricercasse l’abbraccio perduto di sua
madre, annuì e
sorrise. << Già, credo proprio che tu abbia
ragione. >> Tacque un
attimo. Poi iniziò a raccontare << Una volta,
prima che mia madre
morisse, io e Faramir combinammo un bello scherzo alla balia: le
infilammo
delle bisce d’acqua nella cesta della biancheria. La
sentirono urlare per tutta
Minas Thirit, quella povera donna! >>
<<
Foste molto crudeli. >> Ribadii io,
quasi offesa per quel gesto compiuto nell’infanzia
spensierata di Boromir.
<< Quella povera donna sarà morta sul colpo!
>>
<<
Macchè! >> Ribadì lui, ridacchiando
a
quel ricordo. << Ci beccò immediatamente
perché eravamo dietro la porta a
sbellicarci dalle risate. Ci portò al cospetto di nostra
madre strattonandoci
per l’orecchio- quella si, che era una balia come si deve!
– e rovesciò tutto
il fattaccio davanti a lei e alle sue ancelle, che cercavano di
mantenere un
comportamento decoroso ma che in realtà morivano dalla
voglia di scoppiarci a
ridere in faccia. >> Iniziò ridere.
<< Ricordo anche come concluse
la vicenda, la povera balia: “ E dire che li ho allattati col
mio latte! “
Aveva esclamato, puntando il dito al cielo, mentre anche mia madre la
guardava
con occhi sgranati. “ Vi ho visti venire al mondo, vi ho
svezzati e accuditi
sin dalla più tenera età, e voi come mi ripagate?
Con BISCE! “ >> Era scoppiato
a ridere, ma si trattenne subito perché non stava bene
ridere in una casa a
lutto. Comunque, il sorriso tardò ad andarsene dalle sue
labbra. << A
quel punto, mia madre non ha più resistito. Ha fatto tacere
la balia e ha
chiesto a me e a mio fratello di chi dei due era stata
l’idea. Stavo per
confessare, perché ero io la mente del piano, quando Faramir
si è fatto avanti,
tutto spavaldo. “ E’ stata mia. “ Aveva
detto, per poi indicarmi “ Lui ha
eseguito i miei ordini. “ >>
Ero
incredula << Stiamo parlando dello stesso
Faramir? >>
<<
Certo! Mi aveva lasciato spiazzato, ma non
privo di difese. Gli agguantai l’indice con una mossa rapida
e guardai mia
madre, che mi guardava a sua volta. “ Che significa, Boromir?
“ Mi chiese. “ E’
stata una mia idea, madre. “ Le dissi. Mi stavo per scusare
con tutti,
adempiendo al mio ruolo di figlio maggiore, quando Faramir mi diede del
bugiardo, che l’idea era sua e non mia. >>
<<
Ma era sua l’idea? >>
<<
Secondo te un bambino di quattro anni
architetta da solo un piano diabolico come il mio? >>
Sbuffò << Be,
alla fine, io e Faramir stavamo per arrivare alle mani per decidere di
chi dei
due era l’idea, quando mia madre intervenne. Ci prese
entrambi per un braccio e
ci strattonò fino a farci tacere. “ Dico che
l’idea è stata di entrambi. “
Decise. “ Dico che dovete chiedere scusa alla balia e che non
dovrete più farle
scherzi. Faramir, hai quasi cinque anni: devi crescere. Boromir, ne hai
quasi
dieci: cresci un po’ anche tu, e non metterti più
in cattiva luce con la balia.
“ Faramir continuò a frignare per un poco, ma mia
madre gli impose di tacere. “
Faramir, non avrai mai sempre ragione nella vita. “ Gli disse
“ Devi
accettarlo. “ >>
<<
Come pretendi che un bambino di cinque anni
capisca perché la madre non gli dia ragione.
>> Dissi, interrompendo il
discorso. << E poi, che c’entra con me e
Giulia, questo tuo litigio! Non
capisco. >>
<<
Ma come! Io e Faramir volevamo addossarci
entrambi un’unica colpa, e mia madre al posto di dar ragione
a Faramir l’ha
data a me, dando una bella lezione al mio fratellino. >>
Mi guardò come
per vedere se avevo capito il concetto.
<<
Peccato che qui non ci fosse nessuna madre
a districare il litigio. >> Gli feci notare, e lui parve
sgonfiarsi un
attimo. << Se tu fossi intervenuto…
>> Iniziai, ma lui mi bloccò
subito, alzando le mani. << Attenta, io non sono tua
madre… >>
Alzai
gli occhi al cielo, esasperata. << E va
bene, sei solo tu…E
allora perché non
è intervenuto Gandalf, eh? Me lo spieghi? >>
Misi il broncio << E’
stato solo capace di mandarmi a reggere la candela a Giulia e a
Legolas, ecco!
>>
Boromir
era alquanto divertito dal mio sfogo. Mi
mise un braccio sulle spalle, avvolgendomi in qualcosa di simile ad un
abbraccio. << Sai una cosa? >> Mi
sussurrò, vicinissimo. <<
Credo che anche Legolas abbia raccontato una storia simile alla mia a
Giulia, e
adesso la sta convincendo a fare la pace con te. >>
<<
Tu credi? >> Borbottai, senza
guardarlo, ancora imbronciata. << Io credo che la stia
baciando. >>
Ecco, avevo parlato a vanvera. Mi voltai di scatto verso di lui,
stupita di
aver detto una cosa simile, e vidi la sua faccia col riflesso della
luna, così
simile a quando lo conobbi- o era soloil ricordo che si sovrapponeva
alla
realtà? << Baciando? >>
Ripeté lui, raddrizzando la schiena. Mi si
mise davanti, oscurando le stelle, passandomi un braccio attorno alla
vita per
attirarmi a sé. << Oh bè, non posso
certo essere da meno… >>
<<
Ma non so quello che andavo dicendo!
>> Esclamai, cercando di mantenere il broncio, puntando
le braccia contro
il suo petto per non lasciarlo avvicinare. << Ho detto la
prima cosa che
mi passava per la testa, e poi non abbiamo ancora finito il discorso!
>>
Lui
aveva allentato di poco la presa, continuando a
sogghignare. Poi mi aveva spinta contro la colonna, facendomi premere
la
schiena contro il legno dorato, e impedendomi di fuggire con la presa
ferrea
delle braccia. Aveva avvicinato il viso al mio, poggiando la fronte
alla mia,
fissando le mie labbra serrate in un broncio che andava sciogliendosi
al suo
calore. << Oh no. >> Mormorò
solo, la voce mi fece vibrare l’anima
<< Abbiamo appena iniziato. >>
Tornai
nella Sala del Trono che ero rinata. Le torce
si stavano esaurendo, ma vi era ancora luce a sufficienza per vedere
Gandalf
sorridermi e indicarmi col capo a destra. Li, vicino alla parete,
avvolta nella
penombra, a braccia
conserte, stava
Giulia. Boromir lasciò la presa sulla mia mano e
andò a sedersi con Aragorn e
Gimli, mentre Legolas non si vedeva.
<<
Dove l’hai perso? >> Chiesi a Giulia,
poggiandomi accanto a lei.
<<
E’ voluto restare nel portico, a guardare
le stelle. >> Mi rispose lei, la voce neutra. Ebbi la
sensazione dei sui
occhi nei miei. << Che cosa avevi di meglio da fare,
prima? >>
<<
Non si vede? >> Mi indicai il collo,
arrossato dalla barba di Boromir. All’oscurità non
si vedeva, così sussurrai
<< Quello là e la sua maledetta
barba… >>
Lei
sbuffò << Che pretendi, che si rada tutti
i giorni? >> Poi sospirò e si passò
una mano sul viso. << Sentì.
>> Partì << Ho appena capito.
>>
<<
Cosa? >>
<<
Qualsiasi cosa dica stasera, va a finire
che litighiamo. >> Mi guardò ancora
<< Quindi, finiamola qui: i
nostri uomini volevano che ci scusassimo fra noi? Bene, eccoci qua.
>> Mi
diede un bacio su una guancia. << Ecco, fatto!
>> Poi fischiò
<< Hai visto, Gimli? >> Il Nano ci
guardò e applaudì, evidentemente
soddisfatto << Ottimo lavoro, Giulia! >>
Mi
ribellai a quello spettacolo << Ma
cos’è,
una presa in giro questa? >>
Stavolta,
fu Aragorn ad intervenire << Ne
abbiamo abbastanza di sentirvi litigare, almeno per stasera.
>> Rispose,
la voce stanca. << Separatevi, datevi la buonanotte e
dormiteci sopra. Ci
penserete domani a litigare ancora. >>
Stavo
per rispondere ancora, quando dal nulla
comparve Legolas: si stagliò nettamente sotto
l’arcata del portico. Chiamò a sé
Giulia, che si dileguò con una buonanotte veloce per poi
correre da lui. Sempre
più stupita, tornai a sedermi, poggiando la schiena ad una
colonna. Sospirai
<< Che serata matta! >> Esclamai
<< Mai vissuta una serata
così! >>
Gimli
rise, alzandosi. << Nemmeno noi!
>> Esclamò, finendo di bere la birra dal suo
boccale. Dopo un sonoro
rutto, diede la buonanotte a tutti e si dileguò
anch’egli, lasciandoci soli.
Le
torce andavano facendosi sempre più deboli, e
l’unica cosa che brillava era il braciere della pipa di
Gandalf. Ci fu
silenzio, e in quel silenzio Boromir cercò la mia mano per
stringerla piano.
Stavo sgattaiolando vicino a lui, quando Gandalf esclamò
<< E’ una notte
troppo bella per dormire! Credo che andrò sul portico a
finire la pipa!
>> E se ne andò, il mantello bianco
svolazzante che sembrava emanare luce
propria nelle tenebre. Mi aveva fatto prendere un colpo, e persino
Aragorn se
ne accorse. << Sei tesa come una corda d’arco,
Anna. >> Constatò,
la voce resa roca dalla stanchezza. << Dovresti andare a
dormire.
>>
Nell’oscurità
quasi completa, annuii. Sbadigliai
sonoramente, quasi ad avvallare tale idea << Quasi
quasi… >>
<<
Ti accompagno. >> Disse subito
Boromir. << In fondo, sono stanco anch’io.
Dormire in un letto non mi
farà male, e nemmeno a te, Aragorn…
>>
La
risposta del Ramingo giunse dopo un attimo di
silenzio. << Allora buonanotte. E cercate di dormire.
>> Intuii i
suoi movimenti nell’oscurità totale, e sentii i
suoi passi perdersi nel buio.
Restammosoli.
<<
Dunque? >> Chiesi, dopo un attimo di
silenzio imbarazzato, ma nel buio totale quell’imbarazzo era
invisibile.
<<
Dunque cosa? >>
<<
Il letto… >>
<<
Sei proprio sicura di voler andare a
dormire? >>
<<
Boromir! E’ una casa in lutto questa!
C’è
un morto! >>
<<
E allora? >> Lo sentii ridacchiare
<< Se ricordo bene che genere di persona era Theodred,
credo sarebbe
felice se noi… >>
<<
Levatelo dalla testa! Io ho sonno, voglio
dormire, e anche tu lo vuoi… >> Mi si fece
più vicino, accarezzandomi un
seno- gli diedi un piccolo schiaffo, e lui si scostò subito
<< Mi hai
fatto male! >> Esclamò, offeso, ma si sentiva
benissimo che fingeva.
<< Ma che c’è di male se voglio
stare con te? >>
<<
C’è che ci sono delle regole da rispettare,
Boromir. Mai sentito parlare di tradizioni?
>> Mi alzai, scivolando via dalla sua presa.
<< E ora andiamo.
>>
Ci
eravamo separati, avevo preteso che ci
separassimo, ma li, in quel letto freddo ed enorme, non facevo altro
che
pensare a lui. A tutto, di lui. Ad
un
certo punto, stufa di rotolarmi nelle coperte, mi ero alzata e avevo
camminato,
tremante di freddo- indossavo una delle camice da notte di Eowin, un
camicione
di tela lungo fino al ginocchio, privo di qualsiasi raffinatezza - a
piedi nudi
sul coccio, cercando di farmi passare quelle dannatissime voglie,
pensando al
lutto e quella povera anima di Re Theoden che piangeva il suo povero
figlio.
Come potevo fare l’amore con Boromir sotto un simile tetto,
sapendo che
qualcuno dall’altro lato della casa piangeva disperatamente?
E poi: era così
giusto, fare l’amore? Si che lo era, ma ero pronta? Insomma,
i lividi
iniziavano a diventare appena visibili, ma come avrebbero reagito le
mie ferite
di dentro? Sarei ancora stata in
grado di lasciarmi andare, senza paura, fra le braccia di Boromir?
“
Quanto tempo manca, affinchè la riconciliazione
avvenga fra noi? “
Fu
allora che aprii piano la porta, e sgattaiolai
nella stanza in fondo al corridoio. Ma non bussai. Preferii restarmene
fuori,
tremante di freddo, fra mille dubbi e domande, scavando nella
tradizione per
sapere quanto fosse ingiusto quello che stavo per fare.
Poi,
la porta davanti a me si aprì piano, proprio
quando stavo pensando a quel tomo di Isengard, quello rosso sulle
tradizioni di
Gondor, in cui vi era scritto che se un uomo e una donna giacevano
assieme mentre
in casa c’era un morto, l’anima di questi andava a
possedere il bambino
generato nella notte. La porta si aprì, e trovai Boromir,
nelle mie stesse
condizioni: vigile e infreddolito. Era a torso nudo e sembrava sorpreso
di
vedermi. << Che ci fai qui! >> Mi
sussurrò, sporgendosi per vedere
se eravamo soli. Una volta accertatosene, mi fece entrare e chiuse la
porta con
il minor rumore possibile.
C’era
buio, ma la luce della notte, dovuta alle
miriadi di stelle, filtrava appena dalle imposte, accennando il volume
dei
nostri corpi, lasciandoli percepire più che vedere.
Attesi
di schiena, notando che anche il suo letto era sfatto e che la stanza
era
gelida come la mia. Aspettai che chiudesse la porta col chiavistello,
per poi
girarmi verso di lui. Boromir
mi venne
addosso, scostandosi goffamente.
<<
Che ci fai qui? >> Chiese di nuovo,
ma la voce era più dolce.
<<
Volevo farti una domanda. Tu conosci le
tradizioni di Gondor, giusto? >>
Le
sue mani mi cercarono, trovando dapprima il mio
volto e poi i capelli. << Certo. Perché?
>> Le mani esplorarono il
mio corpo, e sentii che gli si mozzò il fiato nel sentirmi
nuda accanto a sé.
<< Mi chiedevo, >> Sussurrai,
allacciandogli le braccia attorno al
collo e rabbrividendo al contatto con la sua pelle nuda.
<< Sarebbe così
brutto, avere un bambino con l’anima di questo Theodred?
>>
D.I.F.
ebbene, eccomi qui, fulminea nella
pubblicazione. Ho voluto fare qualcosa di più leggero, anche
un po’ insulso, ma
decisamente più sciallo, visto quello che ci
aspetta…se nel prossimo chappi ci
aspettano i funerali del povero Theodred, immaginerete dopo! Una
tragedia vera
e propria!
Tornando
a noi: un grazie gigantesco a coloro che
hanno recensito- cinque in un colpo solo dopo una luuuuunga assenza non
è come
dirlo J
- la volta scorsa e a quelli che leggono senza lasciare traccia.
Grazie. Grazie.
Grazie.
Eternamente
vostra,
Nini.
|
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Capitolo 12 *** Funerale. ***
Funerale.
Il
giorno dopo, l’intera Edoras partecipò al
funerale del principe Theodred, tumulato lungo la via che portava alla
città,
accanto ai suoi antenati. << Egli è nella
gloria. >> Sussurrò
Legolas, lo sguardo fisso su quel giovane corpo avvolto nello stendardo
di
Rohan, quello sotto cui aveva combattuto fino a perdere la vita.
<< Ma
quale gloria. >> Ribadì Gimli, grugnendo un
poco. Ero perfettamente
d’accordo con lui: quale gloria? Di cosa parlavamo?
L’unica cosa che rimbalzava
nella mia mente era il dovere per cui il giovane principe, di qualche
anno più
vecchio di me e Giulia, aveva sacrificato sogni, speranza e futuro: il
dovere
di proteggere la propria patria. Da quel punto di vista, Theodred aveva
dato il
meglio di sé, anche se credo avrebbe preferito amare,
sposarsi, figliare e
infine morire nel proprio letto, canuto, sorridendo alle lacrime dei
figli.
Avrebbe preferito vivere, e invece era morto.
Il
mondo quel giorno era sovrastato da un cielo terso,
cristallino, e il vento batteva le pianure del Mark e spazzava le
strade di
Edoras, vestita a lutto. La cerimonia iniziò nel primo
pomeriggio, quando il
sole più caldo riusciva a intiepidire appena la terra,
spazzata dal gelido
vento del nord. La
salma uscì dal
Palazzo d’oro su una lettiga dorata, portata a spalla dalla
Guardia Reale. Il
giovane principe era stato rivestito della sua armatura migliore e il
volto
cereo era atteggiato ad un’espressione serena, un mezzo
sorriso accennato sulle
labbra. Il corpo era avvolto in uno stendardo enorme, tessuto con fili
preziosi,
raffigurante il cavallo di Rohah. Quello stendardo rappresentava tutto
ciò per
cui Theodred aveva combattuto in vita, tutto ciò per cui
aveva amato e sognato,
ed ora se lo portava nella tomba.
Il
padre venne subito dopo il figlio, la testa cinta
da una corona di cui volentieri avrebbe fatto a meno pur di vedere il
proprio
ragazzo vivo e vegeto, lo sguardo fisso a terra, mentre al suo fianco
camminava
Eowin, i capelli raccolti e il corpo fasciato dall’abito
nero, il viso più
pallido che mai e gli occhi gonfi di lacrime, che non rotolavano lungo
le
candide guance solo perché lei teneva la testa alta e gli
occhi sbarrati.
Dietro
di loro, venivano i dignitari di corte e i
ministri. Fra loro, vi erano anche Gandalf il Bianco e Boromir di
Gondor,
anch’egli vestito di nero, che partecipava in quanto
rappresentante di Gondor e
alleato a quella triste cerimonia. Anche noi facevamo parte di quel
gruppo in
quanto ospiti del Re, ma tutti avremmo fatto volentieri a meno di
assistere a
un simile spettacolo.
La
salma del principe fendette la folla ai piedi del
palazzo, aprendo un varco per noi esattamente come la prua di una nave
fa con
le onde. Il popolo ci lasciò scivolare in mezzo a
sé, osservandoci attentamente,
lasciando scivolare sguardi incuriositi su Jadis, che zampettava al mio
fianco
silenziosa e quieta, tanto che non la sentivo nemmeno respirare. Sulla
nostra
scia, a qualche passo di distanza, il popolo si chiuse su se stesso e
ci seguì,
in perfetto silenzio, scivolando con noi per le gelide vie della
città.
Fu
un viaggio incredibilmente lento, ci impiegammo
una vita per arrivare alla porta della città e dunque alla
via su cui erano
eretti i tumuli della gente di Theodred, i re della seconda linea.
Sfilammo
lenti davanti ad essi, piccole collinette sormontate
dall’erba e da fiorellini
bianchi, che si aprivano solo su di essi e non sulla pianura
circostante. La
lettiga sostò per qualche attimo davanti ad ogni tumulo,
quasi dovesse
presentarsi agli antenati che vi erano sepolti. “ Sembra che
debba chiedere il
permesso. “ Commentò Giulia, a qualche passo da
me. Annuii, ammettendo che
aveva ragione. Non riuscii più a scacciarla dalla mente: la
litigata della sera
prima si era risolta con una pace apparente, voluta dagli uomini della
Compagnia, e ora cercavo di capire cosa fare per farla ragionare e non
farle
credere nella sconfitta imminente. Mi chiesi se anche Legolas la
pensasse come
lei o, piuttosto, come me. Lo spiai di soppiatto, mentre Aragorn mi
osservava
con fare curioso: cosa poteva pensare un elfo della sconfitta?
Sconfitta
significava morte, certo, ma lui in cosa credeva, lui, un essere
immortale,
l’essere da cui la morte era più lontana in
assoluto?
<<
Cosa guardi? >> Chiese Aragorn, e
nell’avvicinarsi a me sentii profumo di vestiti lavati.
<< Qualcuno che
non può capire la morte. >> Risposi sottovoce,
notando lo sguardo
stizzito di un dignitario. Aragorn fissò a sua volta
l’uomo, che prontamente
girò il capo per non voltarsi più.
Meditò prima di rispondere. << Credo
che tu ti stia sbagliando. >> Sussurrò,
guardando dritto davanti a sé.
<< Legolas è proprio quello che meglio di
altri capisce e conosce la
morte. >>
Annuii,
ma non ero convinta. << Pensaci.
>> Mi sussurrò di nuovo Aragorn, e avrebbe
continuato, se il corteo non
si fosse fermato alla soglia dell’ultimo tumulo, la tomba di
Theodred.
Il
tumulo era stato eretto da parecchio tempo, dato
che su di esso l’erba cresceva folta e i fiorellini bianchi
aprivano i loro
occhi, innumerevoli. Sembrava
una
piccola collinetta naturale, ma l’entrata ad arco faceva
capire la sua natura
artificiale. Era una piccola camera, in cui la mattina erano stati
portati gli
effetti personali del principe, per accompagnarlo nel suo viaggio verso
la Casa
dei Padri, qualcosa che Giulia identificò con lo strano nome
di Paradiso. Una
volta che il corpo si fosse trovato all’interno del tumulo,
la piccola entrata
sarebbe stata murata dalle Guardie reali, tra i pianti delle donne di
famiglia-
che solo allora avrebbero dato sfogo al loro dolore- e lo sguardo fisso
degli
uomini, troppo orgogliosi per mostrare il dolore in pubblico. Tutto
questo lo
sapevo grazie ai libri di Saruman, ma mai mi sarei aspettata di
trovarmi
davanti ad un simile spettacolo. Non si trattava del funerale di un
vecchio re,
buono e saggio, severo al punto giusto per farsi amare dalla sua gente,
che era
morto lasciando spazio al figlio, no: si trattava di un principe in
giovane
età, tra l’altro l’unico figlio ed erede
al trono di Rohan. Quella era proprio
una disgrazia, l’ennesima che pareva abbattersi su quel paese
martoriato.
Ecco
perché non mi stupii affatto dal sentire
singhiozzi e pianti sommessi alle mie spalle, e tutto attorno a me,
perché era
ovvio che l’intera Rohan piangesse la dipartita
dell’ultimo erede della seconda
linea, Theodred figlio di Theoden. Ma le sorprese non erano ancora
finite.
Prima
che la salma entrasse nella sua dimora, Dama
Eowin si mise alla sinistra del tumulo, assieme ad altre donne
più vecchie, e
prese a cantare una melodia di addio, composta nella lingua del Mark.
La voce
le tremava un poco, ma ciò non tolse niente alla dolcezza
cadenzata con cui
cantava la dipartita di Theodred, l’amato cugino. Alle sue
spalle, le donne
vegliavano sulle sue parole, guardando il morto scivolare nel tumulo
assieme ai
cavalieri della Guardia, capitanati da Hama. Anche il Re guardava
quella scena,
e a pochi passi da lui Gandalf, Boromir e gli altri uomini facevano lo
stesso,
pensando a quanto fosse crudele il destino.
Io
invece pensavo a come doveva essere questo
Theodred in vita. Alla sua energia, alla sua vitalità. Era
di poco più vecchio
di me, ma il viso imberbe lo faceva apparire un ragazzino.
Sparì ingoiato dalle
tenebre, ascoltando la voce di Eowin
e
sentendo su di se gli occhi di tutti, dispiacendosi probabilmente di
dare un
tale dolore al caro padre, che tutto gli aveva insegnato. Sentiva, il
dolore
che la sua morte aveva provocato? Il suo spirito era da qualche parte,
in viaggio verso la
Casa dei Padri, oppure era
ancora rivolto a noi, cercava di sussurrare parole di conforto al padre
e alla
cugina?
Hama
sbucò dal buio, e con lui anche le guardie.
Eowin terminò il canto, e le guardie si scostarono dalla
tomba del figlio del
Re. Theoden si mise davanti all’entrata, fissando lo sguardo
nel buio per
lunghi attimi. Poi si fece da parte, e consentì che i suoi
uomini murassero i
resti mortali della sua stirpe.
Alla
fine di tale operazione, dopo che i vari
dignitari e le eminenze di Edoras ebbero fatto le loro condoglianze a
sua
Maestà, assieme al resto del popolo, ci avviammo verso casa.
La cerimonia era
stata lunga e lenta, i nostri piedi dolevano e le schiene chiedevano
pietà.
Prima di arrivare alle difese della città, però,
accadde un fatto insolito:
Jadis rizzò le orecchie all’improvviso, e volse il
bel capo a sud, dove un mare
d’erba delineava l’orizzonte. Era tardo pomeriggio,
e il cielo terso andava
scaldandosi delle tonalità del tramonto. La lupa rimase
ferma, fissa, e una
piccola folla si fermò attorno a lei, per guardarla.
“ Cos’ha? “ Chiese Giulia,
ma non le seppi rispondere. << Jadis? >>
Chiamai piano <<
Jadis, dobbiamo andare… >> Cercai di
accarezzarle le orecchie, ma non fui
abbastanza veloce: la lupa scattò in avanti come una saetta,
correndo sull’erba
come se volasse. Mi sorpresi a pensare che, da quando era tornata a me,
Jadis
era più spettro che lupo. Vederla correre e scivolare via fu
uno spettacolo
bellissimo, che lasciò in molti estasiati e me stupita fuor
di misura: e adesso
che le prendeva? Dove andava? Aveva fiutato qualcosa? Non ne avevo la
minima
idea.
Nel
seguire Jadis, il mio sguardo cadde sul tumulo
di Theodred, e vidi che il re sostava ancora davanti alla tomba del
figlio. Poco
lontano, vidi Gandalf e Boromir, gli unici rimasti a poca distanza dal
Re, che
sosteneva Eowin come se stesse per svenire. Avevo osservato da lontano
il mio
amato che andava a porgere le proprie condoglianze
all’alleato, che però non
aveva fatto il minimo segno di averle udite. Credo che Boromir e
Gandalf
parlassero proprio di quel gesto scontroso e delle sue cause- ma,
d’altro
canto, Theoden aveva appena perso il suo unico figlio, sentendosi
responsabile
per quella morte così inattesa.
Rimasi
immobile, cercando di immaginare le parole
che si scambiavano. La folla mi scivolò attorno, solo la
compagnia mi rimase
vicina. Tutti e cinque guardavamo verso il tumulo, verso i nostri due
compagni
e verso il re. Quando Boromir si accomiatò da Gandalf,
accompagnando Eowin
lungo la strada, non potei fare a meno di andargli incontro.
Avvicinandomi,
vidi i suoi occhi farsi un po’ meno
tristi << Eccoti, finalmente. >>
Mi
inchinai davanti a Eowin, anche più pallida del
solito, esile nel suo abito nero e per la prima volta la vidi debole,
affaticata dalla giornata. Boromir le dava il braccio, sorreggendola
come se
fosse una sorella. Nel vedermi arrivare, la Bianca Dama mi sorrise
nonostante
gli occhi lucidi. Senza rivolgermi una parola, si staccò dal
braccio di Boromir,
che la richiamò. << So badare a me stessa.
>> Rispose al principe
di Gondor, la voce esilissima. Mi sorrise ancora, e continuò
a camminare,
mentre io e lui restammo in mezzo alla via sterrata, due figure in
lutto a
braccia conserte, che la guardarono dirigersi col resto della Compagnia
verso
casa . Restammo a lungo in silenzio, guardando ovunque tranne che negli
occhi
dell’altro. << Vieni qui. >> Mi
disse infine Boromir. <<
Voglio abbracciarti un po’. >>
Fu
così che andai a infilarmi nel suo abbraccio, e
il tempo si fermò distintamente fra quelle braccia possenti.
La memoria volò
indietro, a una vita che sembrava di mille anni più vecchia,
a quando Boromir e
io ci eravamo ritrovati per la prima volta a Imladris, e indietro
ancora, al
nostro primo bacio, sotto la luna della Città delle stelle.
In quel preciso
momento, sentii che la riconciliazione andava saldandosi, lasciando che
anche
gli ultimi lividi si assorbissero, lasciando spazio alla speranza.
Nonostante
tutto il male, nonostante la morte, la
tristezza, la disperazione…l’amore riusciva ancora
a intiepidire gli animi. Sorrisi
a quel pensiero, e sentii la stessa emozione provenire da Giulia: da
quando ci
eravamo ritrovate, stranamente, la telepatia dono di Galadriel si era
intensificata, andando ben oltre le parole. Ecco uno dei motivi per cui
mi ero
infiammata la sera prima, durante la discussione con lei: avevo sentito
la sua
paura, e ne avevo provata io stessa.
<<
Devo chiederle scusa. >> Mormorai,
più a me stessa che a Boromir.
Dopo
poco, lui mormorò << A Giulia? >>
<<
Si. >>
<<
Te la sei presa molto. >>
<<
Ho sentito tanta paura in lei, che ne ho
avuta io stessa. >>
<<
Adesso, oltre alle parole, vi scambiate
anche le emozioni? >>
Annuii,
alzando lo sguardo verso di lui. << Ti
amo. >> Gli dissi, così,
all’improvviso. Ne avevo sentito la necessità, e
l’avevo detto. Boromir rimase interdetto un attimo,
fissandomi con gli occhi
grigi dilatati dalla sorpresa, per poi accarezzarmi il capo e
stringermi ancora
a sé. << Anch’io. >>
Disse << Anch’io. >> . La
sorpresa
permeava ogni muscolo di quell’abbraccio.
Il
sole stava tramontando, allungando l’ombra della
città sulla via dei tumuli. Theoden e Gandalf erano ancora
li, davanti alla
tomba. Probabilmente parlavano, ma da quella distanza non si sentiva
niente. Il
vento aveva cessato di soffiare in modo insistente, trasformandosi in
una
brezza leggera e fredda.
Io
e Boromir, stufi di stare fermi e contrari all’idea
di rientrare a palazzo, ci avviammo fuori dalla strada, per i pascoli
erbosi
attorno alla città. Eravamo seduti a terra, le gambe
incrociate, in uno degli
ultimi spicchi di erba ancora baciato dal sole. Eravamo in silenzio,
finchè
Boromir non parlò.
<<
Il Re non ha accettato le mie condoglianze.
>> Disse, e il suo tono era lugubre.
La
frase mi distrasse, e spezzai il filo d’erba con
cui giocavo. << Cosa? >> Chiesi, stupita.
<< E perché?
>>
Le
parole gli uscirono a fatica << Ritiene sia
colpa di Gondor. >> Tacque. << Ritiene che
sia colpa di Gondor, se
Theodred è morto. >>
<<
E’ un’idiozia. >> Dichiarai
immediatamente. << A Gondor sono anche messi peggio, col
Nemico che preme
alle porte. Che pretendeva? Che l’esercito della
Città Bianca accorresse ai
guadi dell’Isen per portare la vittoria? Ma per favore!
>> Mi accorsi di
aver fatto la figura della fanatica, parlando in modo eccitato e iroso.
Arrossii
a quella mia improvvisa fiammata. Boromir mi guardò e
sorrise, triste. <<
Vedo che la diplomazia è sempre il tuo forte, Anna.
>>
Sbuffai.
<< Non essere ironico, dico sul
serio. >> Mi avvicinai a lui, posandogli una mano sulla
testa. <<
Davvero, che poteva fare Gondor per Rohan? Siete sulla stessa barca.
>>
Boromir
annuì, ma non era convinto. << E’
vero, ma è proprio a tale scopo che servono le alleanze.
>> Mi lanciò un’occhiata
triste. << Le alleanze servono per darsi reciproco aiuto
in momenti di
difficoltà, Anna. Non serve elencare quanti problemi abbia
questo o quel regno,
conta il fatto che un regno non ha aiutato il proprio vicino e alleato,
ignorandola sua richiesta di aiuto- un aiuto, tra l’altro,
creato in base a un
alleanza la cui mente è mio padre…
>> Sgranai gli occhi << Vuoi
dire che Theoden ha chiesto aiuto a Gondor e…
>> Lui annuì, e la bocca
prese una piega amara. << …e Gondor non
l’ha aiutato. Già. >>
Vidi
tristezza e rabbia mescolarsi in quell’espressione,
come se Boromir stesse masticando bile. Il mio povero uomo, figlio di
un padre
che crea alleanze per poi distruggerle senza dare aiuto al proprio
vicino… ma,
almeno, Denethor era conscio della situazione? << Ma
certo che no!
>> Esclamai, facendo sobbalzare Boromir. Lo scrollai.
<< O no? Come
poteva tuo padre sapere della situazione di Rohan, se Theoden era sotto
l’effetto
di Grima, che serviva Saruman…? >>
Gli
occhi di Boromir si fecero un po’ meno tristi
<< Credi che sia così? >> Mi
chiese, e io annuii con vigore.
<< Certo che è così!
>>
Stavolta,
Boromir annuì in maniera più convinta.
<< E va bene, ma
allora perché non
accettare le mie condoglianze, quando a Gondor nessuno sapeva in che
condizioni
versava Rohan? Perché? >>
Mi
accoccolai contro il suo braccio, modellandovi il
corpo, prima di rispondergli. << Credo che non fosse
arrabbiato con te,
Bubu, ma con se stesso… insomma, pensa a un padre che perde
il figlio e scopre
che, forse, se non fosse stato sotto maleficio, avrebbe potuto salvarlo
chiedendo aiuto al suo potente alleato. Io sarei molto arrabbiato, ad
essere
quel padre. Tu no? >>
Boromir
stava per rispondermi, ma venne interrotto
da un ululato lontano. Ci guardammo ed assieme scattammo in piedi.
<<
Questa è Jadis. >> Dissi, cercando
all’orizzonte un segno della mia lupa.
Poi,
la vidi: sbucò da sotto l’orizzonte, stagliandosi
nitida sul cielo terso e caldo di sole. Ululò di nuovo,
inarcando il collo, e l’ululato
fu più nitido. Boromir stava per formulare di nuovo la sua
risposta, ma era
destino che essa non dovesse essere pronunciata. Infatti, dopo poco,
alle
spalle di Jadis, comparve una nuova figura che attirò la
nostra attenzione: un
cavallo caracollò lento sulla linea
dell’orizzonte, fermandosi vicino a Jadis. Sulla
schiena, sedevano due cavalieri di bassa statura. << Ma
quelli sono
bambini! >> Esclamò Boromir, iniziando a
correre verso Jadis.
Io
rimasi ferma, e riuscii a muovermi solo quando
uno dei bambini scivolò dalla sella come un peso morto.
Una
fitta mi aveva attraversato il corpo, all’altezza
del ventre, lasciandomi col fiato corto e una strana inquietudine. Non
sapevo
ancora che la guerra era giunta a Edoras.
D.I.F.
gentilerrimi, eccomi di nuovo. Chappi nuovo,
uscito abbastanza di getto ma che a causa delle giornate di sole
ventiquattrore
non sono riuscita a concludere prima di oggi, assieme al cambio
dell’ora. Mamame,
che sclero pazzesco!
A
parte ciò, che mi dite? Il chappi è di vostro
gradimento? Lo avete assaporato per bene? Perché, come Anna
ha presagito, la
guerra è giunta a Edoras…siamo circa a
metà della nostra fortunata avventura, e
non vedo l’ora di esplorare nuovi lidi :D beeeeeeeello!!!
Come
sempre, vi esorto a recensire, o almeno a
lasciare un similsegno…
Un
grazie è d’obbligo, e anche un arrivederci. A
presto,
o stimati.
Vostra,
Nini.
|
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Capitolo 13 *** Di nuovo in marcia ***
Di
nuovo in marcia.
Erano
un maschio e una femmina. Il ragazzino era
crollato dalla sella del suo cavallo non appena aveva avvistato Edoras,
troppo
stanco ed affamato per spronare il suo cavallo, ora che la salvezza era
a un
passo. Accorremmo assieme a Gandalf, passando accanto a Re Theoden, che
guardava la scena da spettatore, ancora davanti al tumulo di suo
figlio. E come
biasimarlo?
La
bambina teneva saldamente la criniera del
possente destriero nero, e guardava verso il basso, piangendo e
chiamando il
fratello per nome. Non si era accorta della nostra presenza. Jadis, che
sedeva
accanto al ragazzo svenuto, trotterellò verso di noi,
scodinzolante. La accolsi
con una carezza sul muso. << Erano loro, il motivo per
cui sei scappata,
vero? >> Le chiesi, e parve che la lupa annuisse.
Sorridendo, mi
avviai verso la bambina, mentre Boromir e
Gandalf si preoccupavano del ragazzo. La piccola era bionda, e i
capelli le si
erano annodati in un groviglio di nodi e sporco. Il visino era stanco e
rigato
dalle lacrime, che tracciavano solchi profondi sulle guance
impolverate. Le
tesi le braccia e lei vi si gettò, scoppiando in un pianto
disperato, carico di
terrore. << Sta tranquilla, >> Le sussurravo, baciandole le
guance, cercando
di tranquillizzarla. << Sta tranquilla. >> Incrociai gli occhi di
Boromir, un misto di
emozioni. Risposi con uno sguardo interrogativo, per poi rivolgermi a
Gandalf <<
Come sta il ragazzo? >> Chiesi.
<<
E’ distrutto dalla stanchezza, >> Rispose lui, alzandosi da
terra. << Ma
non è ferito.Una volta a Edoras, lo faremo riposare e gli
daremo da magiare.
>> Si avvicinò, e accarezzò la
bambina sulla testa. << Tuo fratello
si rimetterà in fretta, vedrai. >> La bambina
sbatté le ciglia, lasciando
scivolare le ultime lacrime. La posai a terra per lasciarla avvicinare
al
fratello, che giaceva fra le braccia di Boromir. Lo guardò
con aria grave.
<< Hai visto la mia mamma? >> Chiese,
pigolando.
<<
No, piccola. >> Rispose Boromir,
sincero. << Ma forse non l’ho vista io ed
è in città. Cosa vi è successo?
>>
<<
Gli orchi. >> Disse subito la bimba,
spaventata. << Gli orchi hanno attaccato il nostro
villaggio, e la mamma
ha messo me ed Eoded su Garull per venire qui…
>> La voce le si incrinò.
<< Ha detto che ci avrebbe raggiunto qui, la mia mamma, e
invece lei qui
non c’è, e ho avuto così tanta paura
quando Garull si è impennato ed Eoded ha
rischiato di cadere, e poi… >> La strinsi a
me, arrestando quel fiume di
parole. << E’ tutto passato. >>
Le sussurrai, prendendola di nuovo
in braccio. << Adesso, tu e tuo fratello siete salvi. La
tua mamma sarà
in viaggio verso Edoras o qualche altro luogo sicuro. E’
tutto passato.
>>
Ci
avviammo verso la città senza scambiarci una
parola. Il Re era rientrato e più nessuno vegliava sulla
tomba di Theodred. Il
sole si era completamente nascosto dietro le colline, e il vento
spirava freddo
sui campi. Il respiro della bambina si era fatto profondo.
<< Si è
addormentata. >> Constatai. << Deve essere
stata sveglia almeno tre
giorni di fila per la paura. >>
<<
Anche il ragazzino. >> Concordò
Boromir. << Era semplicemente esausto. >>
<<
Se è vero quanto ci hanno detto, gli orchi
hanno invaso il Mark. >> Disse Gandalf, che camminava
tenendo per le
briglie Garul, con Jadis che gli trotterellava a fianco.
<< E, se hanno
invaso il Mark, significa che la guerra è cominciata.
>>
Rabbrividii.
<< Dunque, è così. >>
Dissi, << E’ così che la guerra si
affaccia sulle nostre vite. >>
<<
Ma almeno noi abbiamo di che difenderci.
>> Intervenne Boromir, accennando poi ai bambini.
<< Pensa a loro,
al loro villaggio, alla loro madre. >> Si
incupì. << Pensa a loro,
che non hanno niente. E’ terribile. >> In quel
preciso momento, avrei
voluto abbracciarlo.
Lasciammo
i bambini alle amorevoli cure di Eowin e
delle donne di corte, per poi riunirci nella sala del trono. Theoden
sedeva
sull’alto scranno, rigido, ancora vestito a lutto.
<< Chi erano quei
bambini? >> Chiese, flebilmente.
<<
Il tuo popolo, Theoden, >> Rispose
l’Istari, camminando a grandi passi per la sala.
<< La tua gente.
>>
<<
Da quello che abbiamo capito, >> Intervenni,
<< Il loro villaggio è stato attaccato da un
manipolo di orchi. >>
<<
Uno dei molti che scorrazzano per il tuo
paese, Sire. >> Concluse Gandalf, fermandosi davanti a
Theoden. <<
Sono esseri malvagi, che uccidono per il gusto del sangue e della
devastazione.
Esseri crudeli, che portano la Mano Bianca di Saruman. >>
<<
Conosco benissimo il mio nemico, Gandalf,
non ho bisogno che tu mi rinfreschi la memoria. >>
Ribadì Theoden,
alzandosi bruscamente dal trono. “ E’ molto
nervoso. “ Commentai. Giulia, che
accarezzava piano Jadis sulla testa, concordò con me.
“ Oserei dire che è
incazzoso come una faina. “ Mi trattenni dallo scoppiare a
ridere. Non era ne
il momento, ne la situazione adatta.
Theoden
scese i gradini che separavano il trono dal
pavimento, e camminò verso Gandalf, pensieroso.
<< Una guerra, tu dici.
>> Disse. << Ma io non ho abbastanza uomini
per affrontarla.
>>
<<
Si che li hai. >> Intervenne Aragorn,
che fumava la pipa, seduto su una panca. Il Re lo guardò,
perplesso. << E
chi sarebbero, mio signore? >> C’era astio,
nella sua voce, ma Aragorn
non si scompose. << Parlo di Eomer, e della sua eored.
Sono in molti, a
quanto so. >>
<<
Ma a noi ha detto di essere in pochi!
>> Esclamai, ma Boromir mi zittì.
<< Il Mark è sempre stato ricco
di uomini, sono certo che Eomer avrà reclutato brava gente
per difendere i
confini nord del paese. >> Disse, guardando poi Theoden,
che lo fissava
con aria scontrosa, le folte ciglia aggrottate. << Sembra
che voi ne
sappiate più di me, principe di Gondor. >>
Disse, e la sua voce era una
lama sottile. << Che gli occhi di Denethor si siano
spinti tanto in là da
sapere quanto è la forza del mio paese? >>
L’affermazione
del Re fu pesante come un macigno.
<< Cosa vorreste insinuare… >>
Boromir si avvicinò al Re con fare minaccioso,
ma riuscii a metterti fra di loro. << Maestà!
>> Esclamai, rivolta
a Theoden. << Gondor ha problemi ben più
grandi dei vostri da affrontare
in questo momento, che venire a contare quanti contadini Eomer
è riuscito a
radunare. Non fate più affermazioni simili! >>
Gandalf
mi guardò, severo. << Ragazza.
>> Disse. << Non ci si rivolge
così a un Re. >> Avrei voluto
rispondergli che non me ne fregava niente: Re o meno,
quell’uomo continuava a
fare insinuazioni che rendevano Boromir cupo e in preda ai sensi di
colpa… e
poi: cosa aveva a che fare Boromir con quella storia? Era da quasi un
anno che
mancava da casa, e non aveva contatti col padre… avrei
voluto mandare Theoden a
quel paese, levargli il saluto, fargli lo sgambetto. <<
Scusate. >> Dissi invece,
chinando rigidamente la testa. << Non avrei dovuto
rivolgermi così a voi.
Maestà. >> Le ultime parole quasi le sputai.
“ Maledetto bastardo! “
Esclamai nella mente, rivolta a Giulia. “ Non è
possibile che non si accorga di
quanto faccia male a Boromir! “
“
Concordo… è veramente incattivito, Theoden.
“
<< Il
principe di Gondor è lontano da casa da quasi un anno,
Maestà. >> Disse
Gandalf, rivolgendosi con aria grave a Theoden. << Egli
non ha più avuto
contatti col padre. Ha parlato solo perché conosce il Mark,
e sa quanto il tuo
popolo è coraggioso nelle avversità.
>> L’Istari guardò Boromir, livido
di rabbia, per poi riportare la propria attenzione al Re.
<< Dunque, se
sapete quali sono le capacità della vostra gente e la
portata del vostro
esercito, illustrateci la vostra strategia, Maestà.
>> Guardai di sottecchi Gandalf, stupita: non
l’avevo mai sentito usare
un tono così tagliente.
Il
Re tornò sul suo trono, si sedette e si passò una
mano sul viso, improvvisamente stanco. << Non ho la
capacità per
affrontare una guerra. >> Disse, parlando più
a se stesso che a noi
tutti. Alzò lo sguardo, e in quel momento venne Eowin ad
annunciare che i
piccoli si erano risvegliati. Alla sua vista, Theoden si
alzò e ordinò.
<< Avverti i servi del Palazzo, nipote. Partiamo per il
Fosso di Helm.
>>
D.I.F. cristo
santo ce l’ho fatta! Finalmente ho trovato un buco di tempo
per scrivere questo
benedetto chappi!
Mi
scuso per l’attese e per gli errori che
sicuramente ci saranno, ma davvero…non avete idea di quanto
sia impegnata! Comunque,
ragazze mie, vi lovvo assai!
Pace
e ammore a tutte voi- spero di risentirvi prima
di Natale…
Bisbis,
vostra Nini!
|
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Capitolo 14 *** Verso Helm ***
Verso
Helm
Non
fu difficile preparare i bagagli e sloggiare da
Edoras, o almeno non lo fu per noi. Il nostro bagaglio era piccolo, a
dir poco
nullo: la spada e poco altro. << Non ho avuto il tempo di
far riparare il
corno. >> Dissi a Boromir, ripescando dallo zaino la
sciarpa in cui avevo
avvolto il Corno di Gondor, spezzato durante la battaglia sulle rive
dell’Anduin. Accarezzai le due metà.
<< E’ un peccato. >> Lui si
era avvicinato, prendendo l’oggetto amato con estrema
delicatezza fra le sue
mani. << No che non lo è. >>
Ribadì, guardandomi negli occhi.
<< Questo corno… non è ancora
pronto per suonare. >>
Inarcai
un sopracciglio. << Cioè? >>
<<
E’ andato in frantumi quando io stesso
stavo andando in frantumi. >> Mi accarezzò il
collo, sfiorandomi col
pollice ruvido il mento. << Il momento della
riconciliazione con me
stesso non è ancora avvenuto. E questo ne è il
monito. >>
<<
Ma cosa dici. >> Lo interruppi,
riprendendo il corno fra le mani e infilandolo nello zaino.
<< Ci siamo
riappacificati abbastanza in questi giorni,
per non parlare di ieri notte… >>
Gli scoccai un sorrisetto
malizioso. << O non era abbastanza per te?
>>
Lo
sorpresi a ridacchiare. << E’ stato anche
troppo. Dopo quello che ti ho fatto… >>
<<
Smettila, ti stai facendo del male da solo
a pensarla così. >> Gli sfiorai i capelli con
una carezza. <<
Ripareremo il corno al Fosso di Helm. Ci sarà pure un
fabbro, no? >>
<<
Certo che si. >> Rispose Gimli,
passandoci accanto. Eravamo nella sala del trono, dove fervevano i
preparativi
per la partenza. Un continuo via vai di servi e paggi la rendeva
frenetica,
mentre le donne accatastavano i beni di famiglia in cassapanche che
sarebbero
rimaste li, a Edoras, ad attendere il loro ritorno. Gimli sorrise, e i
suoi
occhi scintillarono. << Ne hai già uno al tuo
servizio! >>
<<
E’ vero! >> Esclamai, portandomi la
mano alla bocca per lo stupore. << Per tutti i Valar,
Gimli, non ci avevo
pensato! >> Estrassi il corno dalla sciarpa e glielo
mostrai. <<
Dici che è riparabile? >>
Il
nano osservò a lungo la reliquia di Gondor,
passata di generazione in generazione al capitano della Torre Bianca.
<<
Per essere riparabile è riparabile. >>
Borbottò infine, controllando col
pollice i bordi delle due metà. << Il problema
è il suono. >>
<<
Non suonerà più come prima? >>
Chiese
Boromir, preoccupato.
<<
Questo è un enigma. >> Rispose Gimli,
ridandomi i pezzi. << Ma, se me lo permetterete,
cercherò di fare il
miglior lavoro che Nano abbia mai fatto! >>
Scoppiò a ridere, e parecchi
servi lo fulminarono con lo sguardo, ma il nano parve non farci troppo
caso.
<< Lo farò tornare squillante come ai tempi
d’oro! >> Ci promise,
continuando poi per la sua strada.
<<
Come hai tempi di Osghiliath. >> Vidi
gli occhi del mio uomo scintillare. << Come quando ero
Capitano della
Torre Bianca. >> Sorrisi, nel vedere tanto entusiasmo.
Lasciammo
Edoras nel pomeriggio terso, spazzato dal
vento dell’Ovest, nel secondo giorno dal nostro arrivo.
Andavamo al Fosso di
Helm, la fortezza per eccellenza di Rohan. Ne avevo letto qualcosa, sui
libri
di Saruman. Sapevo che era uno fortezza inespugnabile, invitta,
costruita
secoli or sono da un Re della prima linea, Helm Mandimartello. Venni a
sapere
da Eowin che in essa era custodito il Corno di Helm, un enorme corno
capace di
far rimbombare l’intera fortezza e le campagne circostanti
col suo suono
profondo. << Non l’ho mai sentito suonare.
>> Mi confidò Eowin, che
camminava appiedata al fianco mio e di Giulia. << Questa
potrebbe essere
la prima volta. >>
<<
Speriamo di no! >> Esclamò Giulia,
che scacciò dal sentiero una pietra appuntita.
<< Dio me ne scampi, non
voglio trovarmi sotto assedio. >>
<<
Speriamo davvero. >> Intervenni io,
guardandomi alle spalle. << Se no, che ne sarà
di tutte queste persone?
>> Viaggiavamo infatti con l’intera popolazione
di Edoras e delle
campagne circostanti, che lentamente andavano ad affluire al nostro
gruppo. Ci
ritrovammo così da poche centinaia di persone in
più di mille. << In
tanti sono o troppo vecchi o troppo giovani per combattere, per non
parlare
delle donne… >> Tornai a guardare Eowin.
<< Le donne di questo
paese combattono, mia signora? >> “ Che razza
di domande fai? “ Mi chiese
Giulia, perplessa “ Ma l’hai vista? Questa qui
è una che dorme col coltello
sotto il cuscino. “
<<
Certo che sanno combattere. >>
Rispose lei, serena, per poi indurirsi. << Le donne di
questo paese o
imparano ad impugnare una spada o possono perire su di essa.
>> Mi
trapassò con gli occhi glaciali. << Non temono
ne morte ne dolore.
>>
“
E’ inquietante. “ Commentò Giulia,
guardando Eowin
con aria perplessa. “ Ma parla di sé o delle donne
del Mark? “ << Dite
così perché non avete mai combattuto.
>> Ribadì Giulia. La fulminai con
lo sguardo: non aveva ancora imparato a mordersi la lingua innanzi alle
persone
di alto rango. “
Giulia! “ La
richiamai, ma lei non mi ascoltò, anzi: andò
avanti imperterrita. << Se
avreste combattuto, spada in pugno e nessuna preparazione, come
è capitato a me
d’altro canto, >> Continuò,
<< Avreste temuto eccome sia la morte
che il dolore, e non solo per voi… >>
Accennò a me. << Ma anche per
i vostri cari. >>
Eowin
rimase in silenzio, la bocca stretta e
affilata. << Anna ha già combattuto, e questo
lo so. Ma voi, Giulia?
>> La voce era tagliente. “
Ecco, te la sei inimicata. “
Rimproverai Giulia. Ma lei fece spallucce.
“ Mica è mia sorella, lei.
“ << Si, signora. >> Rispose
Giulia. << Ho già avuto le mie esperienze sul
campo…e non sono state
belle. >> E iniziò a raccontare:
parlò di Moria e del suo Battesimo,
quando aveva ucciso l’orchetto con un pugno; parlò
della battaglia sulle rive
dell’Anduin, quella in cui aveva difeso Boromir e aveva
combattuto spalla a
spalla con lui, che aveva appena attentato alla vita della sua preziosa
sorella, ma questo non lo disse. << Quando ho visto
Boromir trafitto da
quelle frecce, e ferito non solo nel corpo, ma anche
nell’anima, che continuava
a combattere per proteggere Merry e Pipino… Mi sono sentita
pronta a tutto. Mi
sono scagliata sugli Uruk come un’incosciente, senza pensare
a nulla che non
fosse aiutare Boromir. E’ stato allora che mi hanno sollevata
da terra, per
portarmi via. In quel momento, mia signora, ho avuto la certezza di
morire,
certezza che non è mai sfumata finché i vostri
cavalieri non mi hanno salvata.
>> Fissò Eowin in maniera decisamente
sfrontata. << Credetemi… non
è stato affatto piacevole. >>
<<
Ma avete compiuto un atto d’onore! >>
Esclamò Eowin, che non voleva demordere. <<
Avete salvato Boromir,
Principe di Gondor, da morte certa. Non sareste morta invano. Sareste
stata
nella gloria della casa dei vostri padri. >>
Giulia
si lasciò scappare una risata gelida.
<< Nella casa dei miei padri, dite? Sinceramente, credo
che quella possa
attendere, e poi la gloria è il sole dei morti: chi vuole
crogiolarsi ai suoi
raggi volontariamente, è uno stolto.
>>
Eowin
si inalberò << Così offendete tutti
gli
uomini di queste terre! >> Esclamò, facendoci
trasalire entrambe.
<< Tutti coloro che sono morti per la difesa di questo
regno, delle loro
famiglie…offendete la loro memoria facendo simili
affermazioni! >>
<<
Giulia non intendeva offendere nessuno, mia
dama. >> Risposi, alzando a mia volta il tono per imporre
la mia voce.
<< Mia sorella parla in modo troppo diretto con chi non
è del suo rango,
e a volte ha un linguaggio fraintendibile. Ella non voleva dire che gli
uomini
morti per difendere Rohan sono degli stolti perché sono
morti per le loro case.
Diceva semplicemente che cercare la morte, vantarsi di non temerla,
senza prima
aver sperimentato sulla propria pelle la paura di morire…
è da stolti, tanto
quanto coloro che vedono in una morte inutile il miraggio della gloria.
>> Eowin mi guardava, sempre più pallida.
<< E’ questo, ciò che
desiderava dire mia sorella. >>
Eowin
mi fissava, vagamente adirata, ma non disse
più una parola. Aumentò il passo e
andò avanti, sorpassandoci, facendosi strada
nella carovana, sino a giungere al Re, che era in prima fila. Io e
Giulia ci
guardammo di sottecchi. La fulminai, quando la vidi sogghignare.
<< Sei
una stupida. >> Le sibilai. << Come ti
permetti di rispondere così
a una principessa? >>
Lei
fece spallucce. << Che ti posso dire, da
noi è così. E poi, fosse la mia principessa,
colei che un giorno guiderà il mio
popolo…ma non lo è. >>
Sospirò. << E’ scandalosa, la sete
di sangue
di quella ragazza, non trovi anche tu? >>
<<
Trovo più sconveniente il tuo atteggiamento
poco rispettoso nei suoi confronti, che la sua fame di gloria.
>> Le
risposi, sferzante. Poi, mi costrinsi a darle ragione. <<
Eowin è…
>>
<<
Come una pantera in gabbia. >>
Concluse Giulia. La guardai, perplessa. << Pantera?
>> Lei fece un
gesto vago con la mano. << E’ un animale
feroce. Bello e feroce. Proprio
come vorrebbe essere lei. >>
<<
Oh be, bella è già bella. >>
Commentai. << E di ferocia ne ha fin troppa, per essere
una principessa.
>>
<<
Cosa l’avrà spinta a diventare così?
>> Si chiese Giulia, << Cosa
l’avrà portata a credere che non
bisogna temere ne morte ne dolore, per non parlare di crogiolarsi al
sole dei
morti? Chi, dico, chi può essere così sciocco da
credere a una cosa simile.
>>
<<
Credo che più che una vera e propria
dottrina sia uno scudo. >> Le risposi, piano,
<< Un qualcosa con
cui… spiegare, motivare le morti in battaglia.
>> Mia sorella mia
guardava, interessata. << Facci caso, tutti i guerrieri
si lanciano in
azioni incredibili, al confine fra la vita e la disfatta totale, per
poi
uscirne vittoriosi. Credo che Eowin vorrebbe un poco assomigliare, a
quegli
eroi. >>
<<
Già, i cavalieri senza macchia e senza
paura… >> Mormorò Giulia,
perdendosi poi con lo sguardo lungo le praterie
del Mark. << Chissà cosa ne direbbe Gandalf.
>>
Era
partito la mattina stessa, il Grigio Pellegrino, in sella a Ombromanto.
<< Vado alla ricerca di aiuti. >> Aveva
detto, prendendo congedo.
<< Vado in cerca di Eomer e di tutti coloro che hanno
ancora speranza nel
cuore. >>
<<
E voglia di combattere. >> Intervenne Gimli, accarezzando
il manico della
sua ascia. Gandalf sorrise, e parve un po’ stanco.
<< Quello è
inevitabile, temo. >>
Ed
era partito, in sella al Signore dei Cavalli, fendendo l’erba
come fa il vento,
senza neanche calpestarla.
<<
Direbbe che stiamo sprecando fiato e che siamo rimaste indietro nella
fila.
>> Le dissi, accorgendomi che persino i carri dei malati
andavano
superandoci.
Ci
volevano quattro giorni, quasi cinque, per
raggiungere il Fosso di Helm da Edoras. Era una strada insidiosa,
incastonata
fra le montagne. Il Fosso ci si sarebbe parato innanzi a noi in una
conca
verde, con alle spalle una montagna. Sotto quella montagna, Gimli lo
sapeva
bene, vi erano delle grotte stupende, che convinse me e la Compagnia
tutta a
visitare, che sarebbe servite a ospitare la popolazione. La marcia era
sfiancante perché forzata e lenta, ma almeno era tranquilla,
anzi: il clima si
era molto rilassato. Nonostante il litigio avuto il primo giorno, Eowin
si era
riappacificata con noi, e ci parlava con garbo, senza però
mostrarsi troppo.
Tuttavia, intratteneva lunghe chiacchierate con Gimli, e passava molto
tempo al
fianco di Aragorn, per quanto egli fosse assai taciturno in quei giorni.
<<
Prova attrazione nei suoi confronti.
>> Commentai con Boromir, che camminava al mio fianco
tenendo Lollo per
le redini. Durante la marcia, lo vedevo assai poco, dato che spesso
andava in
avanscoperta assieme alle guardie reali. Legolas, anche lui al mio
fianco,
anche lui visto raramente durante la marcia, annuì.
<< Hai occhi acuti,
Anna, ma vediamo se sai rispondere al mio quesito. >> Si
era avvicinato.
<< E’ attratta da lui o da ciò che
lui rappresenta? >>
<<
Che razza di domanda è? >> Protestai,
ridacchiando, per poi rimuginarvi sopra. << E’
chiaro, >>
Intervenne Boromir, << Quella donna vede in Aragorn
qualcosa che
l’attrae. >>
<<
Non basta che sia un bell’uomo? >>
Commentai. << Secondo me, andate troppo per il sottile.
>> Ma
Legolas scosse il bel capo biondo. << No, sei tu che sei
cieca davanti a
tanta evidenza. >> Mi indicò Eowin, che
camminava a fianco di Aragorn,
poco lontano da noi. << Guardala. >> Mi
fece notare. <<
Guarda come luccicano i suoi occhi mentre gli parla. Guarda, come la
sua bocca
si atteggia al sorriso, come il suo colorito si fa più
acceso. Non vedi? Quella
donna è innamorata. >>
<<
Questo lo vedo bene. >> Ribadii,
voltandomi verso di lui. << Ma è innamorata di
un uomo, non di
un’apparenza. >>
Boromir
sospirò. << Eh… quando riuscirai a
non
vedere tutto rose e fiori? >> Mi prese la mano e la
baciò. << Tu mi
ami perché sono Boromir e basta o perché sono
Boromir, figlio di Denethor,
Capitano della Torre Bianca e Generale di Minas Tirith,
nonché principe di
Gondor? >>
Lo
squadrai, capendo dove voleva andare a parare.
<< Credi che Eowin si sia innamorata di Aragorn
perché è un principe?
>>
<<
Ci vai vicina. >> Sentenziò Legolas.
<< Ma non abbastanza. Lei lo ama perché
Aragorn rappresenta quello che
lei vorrebbe essere ma non è. >>
<<
Questa è una teoria che non approvo.
>> Risposi, dopo averci pensato. << Anche
se ammetto che è assai
interessante. Aragorn come specchio di Eowin… devo
assolutamente dirlo a
Giulia! >>
In
quel momento, un cavallo schizzò davanti a noi,
privo di cavaliere. Un coro di risate si levò alle nostre
spalle, e prima fra
tutte si udiva quella di Giulia, che non aveva riusciva a contenersi.
<<
Dannate bestie! >> Gridò Gimli, che giaceva a
terra, alzando il pugno in
direzione di Jadis e del cavallo, che lo guardavano a una certa
distanza.
<< Quando la smetterete di mettervi in combutta contro di
me? >>
<<
Ma sono animali! >> Esclamò Giulia,
ridendo di gusto. << Non possono mettersi in combutta per
farti cadere
dalla sella tre volte al giorno, Gimli! >>
<<
La mia signora ha ragione. >> Ammise
Legolas, che aveva sollevato l’amico da terra, e tratteneva a
stento il riso.
<< Dovresti smetterla di dar la colpa ad altri se non sei
un buon
cavaliere! >>
<<
Un buon cavaliere?!? >> Ruggì Gimli,
scatenando la risata generale. << Io so cavalcare benissimo! >>
<<
La modestia non è proprio il tuo forte,
Gimli figlio di Gloin. >> Gli disse Boromir,
sogghignando. <<
Cercheremo di non farci caso. >>
Gimli
stava per ribattere, quando accadde qualcosa
di strano: Jadis, che era vicino a Gimli per farsi accarezzare,
rizzò le
orecchie, improvvisamente inquieta. Restammo tutti a guardarla, mentre
il pelo
le si rizzava sulla schiena e puntava gli occhi di giada verso la testa
della
colonna. << Che ha? >> Chiese Gimli,
guardandola preoccupato.
<< Sta arrivando qualcosa. >> Dissi,
cercando di capire. <<
Qualcosa di pericoloso. >>
Ci
passarono accanto Hama, custode della porta del
Re, e un suo luogotenente di cui non conoscevo il nome. Ci passarono
accanto a
cavallo e proseguirono, per andare oltre la testa della colonna, oltre
il Re,
oltre la cresta che si stendeva davanti a noi. A quel punto, Jadis
scattò.
<< E’ la dietro! >> Gridai,
mentre Legolas e Boromir montavano a
cavallo e andavano a vedere cosa succedeva. L’intera colonna
rimase col fiato
sospeso, finchè dalla cresta non sbucò nuovamente
Jadis, il bel manto bianco
schizzato di nero sangue. << Oh no…
>> Sentii gemere Giulia, che
corse avanti per raggiungere Aragorn e gli altri. Sbucò
Boromir a cavallo e
Legolas a piedi, il suo cavallo libero che trottava verso Giulia.
<< I
Mannari! >> Gridò Boromir, sguainando la spada
e roteandola sopra la testa.
<< I Mannari ci attaccano! >>
La
paura si impossessò della colonna, che iniziò a
disperarsi. << RESTATE UNITI! >>
Ordinò re Theoden, e parve che l’ordine
fosse ristabilito. << I guerrieri abili, con me! dobbiamo
bloccarli ora,
o non ci sarà scampo per il popolo. >>
<<
Posso combattere! >> Gridò Eowin, che
stava già per montare a cavallo, ma il Re le
bloccò subito. << NO!
>> Gridò, e la Dama di Rohan si
bloccò. << Il popolo ha bisogno di
te, Eowin, non puoi lasciarli soli. >> Il re si
voltò a guardare noi, io
e Giulia. << Anche loro resteranno qui. >>
<<
A guardia della colonna. >> Risposi
prontamente, per poi spostare lo sguardo su Boromir, che era tornato a
noi.
<< Fa attenzione. >> Gli dissi.
<< Noi restiamo a guardia
della colonna. >>
Lui
annuì, guardandomi dalla sella, esattamente come
quando venne a dirmi che si dava battaglia a Osgiliath, in un tempo
lontanissimo da li. << Proteggi Legolas. >>
Disse Giulia, <<
Fate attenzione tutti quanti. >>
Ero
persa nei suoi occhi, e lui nei miei: mentre
tutto attorno a noi vorticava e spariva, rapido, io e Boromir saremmo
rimasti
fermi a guardarci per l’eternità.
Poi,
se ne andò, e lo salutai pregando tutti i miei
Valar che lo risparmiassero.
D.I.F.
ebbene, rieccomi! Ho impiegato un sacco più
per gli impegni scolastici che per mancanza di
ispirazione…oh, arriva il
bello!!!!
Yeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!
A
presto, people, recensite e fatevi sentire!
Ciau!!
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Capitolo 15 *** Mia sorella ***
Mia
sorella.
La
colonna che da Edoras andava verso Helm si
muoveva lungo le montagne come un serpente frettoloso, spaventato,
continuamente in pericolo. Gli uomini abili erano andati a combattere i
mannari
che ci volevano assalire di sorpresa, e ora non restava più
nessuno a guardia
del popolo di Rohan, se non io, Giulia e qualche contadino appiedato,
falce in
mano e aria spaventata. E come non esserlo? Io stessa ero spaventata e
nervosa,
anche perché dentro di me qualcosa non era al suo posto. Il
sangue mi ruggiva nelle
orecchie. Il cavallo, un ronzino macilento offertomi da un contadino,
percepiva
il mio nervosismo, e scartava di lato come un giovane puledro.
“ Ma che ti
succede! “ Esclamò Giulia, che cavalcava su e
giù per la colonna esattamente
come me, ma dal lato opposto. “ Se continui così,
farai imbizzarrire quella
bestia. “
“
C’è qualcosa che non va. “ Le dissi,
intercettando
il suo sguardo preoccupato. “ Questo mio stato
d’animo non è normale. “
“
Ti ricordo che siamo in guerra, sorellina, e che
il nervosismo è uno stato più che consono a
questa situazione. “ Sfuggì al mio
sguardo, ma non alla mia mente. “ Se la caveranno. “
Giulia
cercava di essere rassicurante, ma per quanto
volessi credere in lei il viscido, lento dubbio si insinuava in me.
“ Che mi
succede? che… “ Una torsione dello stomaco, e
rischiai di vomitare li, sulla
sella, la colazione della mattina. Fui impossessata dalla paura.
<< Anna!
>> Giulia mi fu subito accanto, sfiancando il cavallo.
<< Cosa c’è?
Perché hai così paura? Cos’è
quella nausea che senti? >>
Non
riuscivo nemmeno a parlare. << Io…
>> Sentii in bocca il sapore della bile, e un brivido mi
scalò le
vertebre. << Devo essere stanca. Questa situazione mi sta
prendendo la
testa. >> Le dissi, cercando di trovare sicurezza a
sufficienza per
entrambe. << Solo un lieve malessere. Tutto qui.
>>
<<
Lieve? Ti ho vista più pallida di Eowin,
che quella è bianca di sua natura…
>> Mi stette vicino ancora per un po’,
mentre la colonna di contadini e fattori spaventati fluiva accanto a
noi.
<< Anna… >>
<<
Sto bene, Giulia. Davvero. >> La
rassicurai, e stavolta la mia voce era più ferma. La fissai
negli occhi, cercando
di capire se fossi riuscita ad ingannarla. << Abbiamo un
compito, giusto?
Vediamo di portarlo a termine. >> Senza attendere una sua
risposta,
spronai il cavallo e la lasciai alle mie spalle, pregando i Valar che
Giulia
non mi rivolgesse la parola, non subito, almeno. In tal caso, mia
sorella
avrebbe capito che mentivo spudoratamente. Da quando gli uomini erano
spariti
oltre quella maledetta cresta, un’inquietudine crescente si
era impossessata di
me, lasciandomi nervosa e tesa come la corda di un arco. Sentivo la
testa
pulsare, e lo stomaco si torceva ad ogni sussulto della sella- una cosa
inaudita, per Anna di Isengard. “ Valar…
“ Implorai, lasciandomi trasportare
dal cavallo lungo la colonna, la spada in pugno, concentrandomi sui
battiti del
cuore per calmarmi. “ Appena arrivati al Fosso, “
Mi dissi “ Devo trovare una
guaritrice, o qualcosa di simile…devo capire che mi succede.
“ Pensai a
Matilde, e mi chiesi se fosse ancora viva. Invocai i Valar
affinché fosse così.
Galoppai
su e giù per la colonna più e più
volte,
cercando di non pensare a niente, rincuorando donne e sorridendo a
bambini
spaventati. Eppure, il mio cuore era là, oltre quella
cresta, con Boromir e
Jadis. “ Saranno vivi? “ Mi chiesi, per poi
scacciare quel pensiero infausto
lontano da me: era ovvio che
fossero
vivi. Tutti lo erano. Arrivai alla
testa della colonna, guidata dalla sola Eowin, alta e dritta come la
lama di
una spada sulla sua sella. << Mia signora.
>> La chiamai, e lei si
voltò, il viso teso. I capelli erano mossi dal vento, e
creavano un’aura dorata
attorno al suo bel viso affilato. << Lungo i fianchi
è tutto apposto. E
anche alle nostre spalle. >> La informai, rassicurandola.
<< I
nostri uomini hanno fermato l’avanzata dei mannari.
>> Lei mi sorrise,
annuendo, ma quel sorriso era triste e anche un po’
arrabbiato. “ Avrebbe
voluto esserci anche lei. “ Pensai, stupita, e Giulia mi
diede ragione. <<
Mia signora, dovreste essere fiera
di voi. >> La confortai, trottando al suo fianco.
<< State
conducendo il vostro popolo in salvo da un pericolo gravissimo,
cogliendo ogni
granello di tempo che i nostri uomini strappano ai mannari.
>> Lei mi
guardò, ma non rispose. << Dovreste essere
fiera di voi. >>
Ripetei, ma quello fu come un sasso lanciato in un lago profondo: vidi
Eowin
annuire, conscia del suo ruolo, ma null’altro.
<< Io non sono nata per
questo. >> Sibilò, e quella fu la conclusione
della nostra conversazione.
Giulia
arrivò di gran carriera: montava il cavallo
di Legolas, che andava veloce come il vento << Quanto
manca al Fosso?
>> Chiese, tirando le redini e mettendosi al nostro
passo. <<
Aspettate di vedere cosa c’è dietro
quella cresta rocciosa, Giulia, dopo mi direte. >> Eowin
fece vorticare
la sua puledra. << Aumentate il passo! >>
Gridò << Siamo
quasi arrivati! >>
E
infatti, superata la cresta, eccolo li. Il Fosso
di Helm dominava una vasta e verdeggiante conca. Si presentava come una
costruzione rialzata, con una fortezza circolare che si fondeva con le
radici
delle montagne, a cui si univano svariate mura e camminamenti. Le mura
erano
spesse, blocchi granitici scuri la costituivano, nessuna feritoia si
apriva su
di esse. “ Un vero maniero. “ Commentò
Giulia. << Sembra resistente.
>> Disse, sorridendo. << Lo è.
>> Rispose Eowin, scoccandole
uno sguardo radioso. << Grandi sono i Valar per aver
permesso ad Helm la
costruzione di tale luogo! >>
<<
Gande lui, piuttosto, per avercela fatta
con le sole sue forze. >> Ribadì Giulia,
<< E grande la Natura, per
aver creato un luogo tanto adatto allo scopo di proteggere questo
popolo. Si
si, non vedo l’ora di vederlo, questo Fosso! >>
E mia sorella spronò il
cavallo, lasciando che i suoi capelli ancora corti scivolassero nel
vento. <<
Giulia è schietta. >> Commentò
Eowin. << E a volte un poco
irrispettosa. Ma credo che vada bene così. Tu che dici,
Anna? >>
Le
scoccai un sorriso divertito. << Che è mia
sorella. >> Dissi, per poi spronare a mia volta il
cavallo, lanciandomi
alla rincorsa di Giulia. La Bianca Dama scoppiò a ridere, e
la sua risata
risuonò per tutta la piana mentre ci inseguiva, lanciando il
suo purosangue
sulla nostra scia in una corsa liberatoria e festosa che significava
una sola
cosa: il popolo di Rohan era ufficialmente in salvo, almeno per il
momento.
Il
Fosso era grande, ma già colmo. Infatti, le
popolazioni dell’Ovestfalda erano già rintanate al
suo interno, e poco spazio
era rimasto per le genti di Edoras e delle sue campagne.
<< Gesù Cristo.
>> Constatò Giulia, smontando dal suo cavallo,
schiumante per la lunga
corsa. << Quanta gente c’è?
>>
<<
Tanta. >> Ribadì Eowin, restando a
cavallo. << Desidero parlare col vostro maresciallo.
>> Disse al
soldato che le teneva le redini. Questi le disse di dirigersi nel
Trombatorione, il maniero nel maniero del Fosso di Helm.
<< Li, troverai
le tue risposte, mia signora. >> Eowin si
accomiatò da noi, lasciandoci
sole in quella marea di gente sconosciuta.
<<
Non siamo mai state così sole. >>
Disse Giulia, guardandosi attorno. << Almeno, siamo
unite. >> Le
presi una mano. << Io non mi sento affatto bene, sorella.
>> Dissi,
riluttante: fare la figura della malata era l’ultimo dei miei
desideri. Lei si
allarmò << Cosa ti senti? >> La
sua voce si era fatta protettiva, e
anche il suo atteggiamento: mi aveva posato un braccio attorno alla
vita,
sorreggendomi, e mi scrutava con aria attenta. Ridacchiai
<< Ti stai già
trasformando in una mamma chioccia, sorella? >> Mi
scrollai di dosso
tutti i suoi atteggiamenti, e le sorrisi. << E’
solo stanchezza. >>
<<
Sti cazzi che è solo stanchezza! >>
Sbottò lei, incrociando le braccia e rimproverandomi con lo
sguardo. << Almeno
vuoi sederti? >>
Ridiedi
il ronzino al contadino che gentilmente me
lo aveva offerto e seguii mia sorella nei meandri di Helm, alla ricerca
di un
posto comodo dove sedersi. Optammo per un gradino delle scale che
conducevano
ai camminamenti. << E’ davvero grande questo
posto. >> Constatò
Giulia, scrutando poi il cielo. << Questo giorno sta per
finire, e gli
altri non sono ancora tornati… >> Avvertii la
sua pena. << Giulia,
credi davvero che dei lupi potrebbero avere la meglio su di loro?
>> Le
chiesi, rassicurandola. << Fidati, torneran-
>> Lo stomaco si
contrasse, mozzandomi le ultime sillabe e impedendomi di proseguire. La
bile mi
arse la gola, costringendomi a vomitarla li, sulle scale, poco lontano
dallo
stivale di Giulia. << ANNA! >>
Gridò lei, posandomi una mano sulla
fronte e afferrandomi capelli con l’altra. “ Ma che
ti succede! “ Lacrime scorrevano
dai miei occhi, annebbiando tutto, mentre la nausea mi lasciava senza
fiato. <<
Non lo so… >> Riuscii a biascicare, prima che
un altro conato si facesse
largo dentro di me. “ Non capisco. “ Disse Giulia,
accarezzandomi il collo. “
Non capisco… “
<<
Cerca una guaritrice. >> Le ordinai,
tirando su il capo e pulendomi la bocca col dorso della mano. Sputai
della
saliva acida, distogliendo lo sguardo dalla pozzanghera giallognola ai
miei
piedi. <> Giulia
annui e andò a cercare
qualcuno, assicurandosi che riuscissi a sopravvivere durante la sua
assenza.
Restai
sola sul gradino, stringendomi le braccia
attorno ai fianchi con aria protettiva. Cosa stava cambiando in me?
perché stavo
così male? Era solo l’assenza di Boromir
oppure… scossi la testa, cercando di
liberare la mente. “ Pensa. “ Mi imposi.
“ Pensa: da quanto è che ti senti
così? “ effettivamente, da qualche giorno non ero
proprio in splendida forma,
anche se le occhiate e gli atteggiamenti di Boromir potevano dire il
contrario…
“ Oh Valar. “ Una crepa si aprì nella
mia testa. “ Oh Valar… “ Pensai a me e a
Boromir: da quanto tempo facevo l’amore senza bere il filtro
fatto da Matilde? La
mia mente prese a lavorare febbrilmente, ricordando ogni particolare
dei nostri
ultimi incontri. Era accaduto una volta a Edoras, quando mi ero
infilata nel
suo letto per suggellare la pace, e prima ancora… a
Lothlorien?
<<
Sorella? >> La voce di Giulia mi
spaventò, facendomi sobbalzare. Giulia era tornata dopo non
so quanto tempo, e
non era sola: aveva portato una donna anziana e robusta, dal viso
rubicondo, l’espressione
tranquilla e le mani enormi. Accennai un saluto. << Siete
la guaritrice?
>>
<<
Mirthiwin è il mio nome. >> Si
presentò, e la sua voce era melodiosa. << Lei
mi ha detto che siete stata
poco bene, mia signora. Posso sapere i sintomi? >> Glieli
elencai:
nausea, vomito, stomaco ballerino… Mirthiwin mi ascoltava
con attenzione, e lo
stesso faceva Giulia. Sui visi di entrambe andava dipingendosi
un’espressione
preoccupata. << Forse è solo indigestione.
>> Concluse infine la
guaritrice. << Forse è solo tensione. Ho
qualcosa per voi, mia signora,
ma fate bene attenzione: se i sintomi non passano, il vostro male
potrebbe
essere di altra natura. >> Mi trapassò con gli
occhi. << Vado a
prendervi le erbe. >>
Rimasi
da sola con Giulia, che venne a sedersi al
mio fianco, scavalcando la pozzanghera di vomito. << Hei.
>> Disse,
dopo un lungo attimo di silenzio. Mi piantò gli occhi
addosso << Parliamoci
chiaro. Da quanto tempo non hai il tuo ciclo? >>
“
Oh no… “ << Non sono mai stata
regolare…
>> Cercai di temporeggiare, ma Giulia mi diede un piccolo
scappellotto
sulla nuca, facendomi dolere la testa. << Mi hai fatto
male! >>
Esclamai, stupita e offesa. << Così impari a
dirmi le bugie. >> Spiegò,
puntandomi contro un indice accusatore. << E ora
rispondi, e rispondi
bene… da quanto? >>
Mi
sentii sprofondare. << Non lo so nemmeno io…
>> Borbottai, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
Giulia emise un
verso di stupore. << Sei incinta. >>
Constatò in un soffio.
<< Non è detto. >> Ribadii,
ancora stupita dalla mia tranquillità
in una situazione disperata come la nostra. << Forse
è solo indigestione…
>> Giulia mi posò una mano sul braccio,
sorridendo piano. << Sei
sicura o vuoi essere sicura che sia
solo indigestione? >>
Rimasi
un attimo in silenzio, soppesando le due
ipotesi. << Dici ch- >> Ma Giulia mi
interruppe. << Sta zitta
un attimo, Anna. >>
<<
No, Giulia, no! come faccio a stare zitta! Potrei
esser- >>
<<
Ti ho detto sta zitta!
>> Giulia si alzò in piedi, correndo poi sui
grandini, fino al camminamento. Scrutò l’orizzonte
baciato dal sole del pomeriggio,
per poi scoppiare in una risata. << Eccoli!
>> Gridò, per poi farmi
segno di salire. La raggiunsi, e il vento mi schiaffeggiò,
portando con sé l’ululato
di Jadis. << Stanno tornando! >>
Gridò Giulia, abbracciandomi. Ricambiai
il suo abbraccio, per poi fissarla negli occhi co aria serissima.
“ Prometti
che non dirai niente a Boromir. “ Le dissi. Lei rimase a
fissarmi, in silenzio.
“ Giuralo. “
“
Perché dovrei star zitta? “
“
Perché sei mia sorella. “
Giulia
mi guardò ancora un attimo, per poi tornare a
contemplare la piana del Fosso di Helm. Senza dire
nient’altro, annuì.
D.I.F.
yeeeeeeeeeeeee altro capitolo concluso!!!!!!!!ciao
a tutti! Ritorno dopo un lungo esilio a voi, o stimabili! Avevo
promesso un
chappi prima di Natale: ho mantenuto l’impegno si o no?
Che
voi possiate passare un felice e santo Natale, o
stimabili lettori-lettrici- da passare con la vostra famiglia- che
è e resterà
il bene in assoluto più prezioso!
Persino
Anna l’ha capito :D
Un
saluto e un augurio
di cuore, Nini.
|
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Capitolo 16 *** La quiete prima della tempesta ***
La
quiete prima della tempesta
Arrivammo
che i corni squillavano con aria festosa,
e le porte si stavano per schiudere. La prima creatura ad entrare nel
Fosso di
Helm fu Jadis, sbavante e così sporca di sangue da essere
nera. Poi giunse
Theoden, il re, e dietro di lui il resto degli uomini sopravvissuti a
quella
che sembrava essere stata una battaglia dalle molte perdite. Mi ressi a
Giulia
nel momento in cui non trovai Boromir alla prima occhiata, e sentii
ancora lo
stomaco attorcigliarsi, eppure riuscii ad evitare di vomitare li, in
mezzo a
tutti: dovevo assolutamente impedire che Boromir si preoccupasse per
me. Avevamo
altri problemi, oltre al mio stato ancora incerto. Eppure, il pensiero
mi sfiorò:
io, madre di un figlio suo. Sarebbe stato felice? Forse gli avrebbe
fatto bene
sapere che…
“
Non fare qualcosa di incredibilmente stupido. ” Mi
impose Giulia, mentre fendeva la folla davanti a me. “ Non
è il momento adatto,
questo. ”
“
Ma forse… ”
“
Ma forse cosa?
” Si volse un attimo e i nostri occhi si incontrarono. “
Non vuoi mai più lasciarlo senza di
te, no? sorella, se Bubu sospetta qualcosa, ti costringerà a
stare lontano da
tutto questo: campi, battaglie, armi…persino un attizzatoio
diverrà pericoloso
se adoperato da te- se sei davvero incinta, dico io. Ti
imporrà queste
condizioni, fidati, e tu dovrai lasciarlo solo.”
“
Non è questo che voglio, ma… ”
“
E allora sta zitta! ” Sbottò Giulia. Poi, vide
Legolas, il suo pensiero si scollegò dal mio e la sua mano
mi abbandonò nella
folla per andare a perdersi fra i capelli del suo elfo, con Gimli poco
in
disparte che fissava la sua ascia con aria perduta. Rimasi perplessa:
cos’era
quell’espressione? Mi guardai attorno, scorgendo lo stesso
sconforto su molti
volti- compreso quello di Theoden. La Bianca Dama era davanti a lui:
veniva a
rendergli omaggio e a sapere per chi portare il lutto. Non eravamo
incolumi, lo
sapevo bene, e nemmeno invincibili: era ovvio che ci sarebbero state
delle
perdite, ma non così tante come sembravano ad occhio nudo.
<<
Così tanti sono partiti, eppure così pochi
sono tornati. >> Disse Eowin con la voce fievole,
frugando la stanca
folla di superstiti con occhio via via più angosciato. Chi
cercava? Anche io
avevo notato che mancava qualcosa a quel quadro, ma cosa?
Qualcuno
mi afferrò saldamente per un braccio,
facendomi voltare. Le possenti braccia di Boromir mi avvolsero, e
un’ondata di
sollievo mi fece tremare le ginocchia. Anche lui espirò
forte, lasciando andare
un lungo respiro, come se per tutta la battaglia non avesse fatto altro
che
trattenere il fiato. Mi strinse più forte, e io ricambiai
l’abbraccio con tutta
la forza che avevo. Come sempre, fra quelle braccia sarei potuta
invecchiare
senza nemmeno accorgermi dello scivolare della vita.
All’improvviso,
sentii tensione nelle spalle di
Boromir, i muscoli si tesero come se sovrastati da un grande fardello.
Pensai
fosse a causa della stanchezza, o dell’abbraccio, ma non era
così: cercai di
scrutare il suo volto, ma lui me lo impedì. <<
Amore, cosa succede?
>> Gli chiesi in un sussurro, accarezzandogli la
clavicola. Alla fine,
senza dire una parola, fu lui a dirmelo. << Aragorn
>> Mormorò con
immensa fatica, incrociando gli occhi coi miei: erano gonfi di lacrime.
Lo
disse in un singhiozzo << E’ caduto.
>>
Fu
come se il cortile del Fosso si zittisse
all’improvviso, l’aria stessa sparisse, lasciando
un immenso, enorme vuoto:
Aragorn… caduto? <<
No.
>> Sussurrai, portandomi le mani alla bocca e
allontanandomi un poco da
lui << E’ impossibile. >>
Boromir
iniziò a piangere, il dolore tutto
concentrato nelle sopracciglia inarcate e contratte e nelle lacrime
che, lente,
rotolavano giù lungo le guance e si infilavano nella barba,
quasi lui non ne
fosse responsabile. Tirò su col naso, e notai che il cortile
si era davvero
zittito, e tutti ascoltavano il mio uomo. <<
L’ho visto, Anna, l’ho
visto. >>
Disse solo.
Mi
schiarii la voce. << Come è morto?
>>
<<
Combattendo… un orchetto l’ha trascinato
con se, cadendo da un dirupo. >>
<<
Ma hai visto il… >> Dire
“cadavere”
mi risultava impossibile. Ma come… no, la
possibilità che l’erede di
Isildur fosse caduto prima del tempo, prima
di essere re, prima di essere vecchio, e canuto, e sposato ad Arwen- oh
Valar,
Arwen… lei come avrebbe reagito?- mi sembrava quanto di
più lontano dalla
realtà.
Semplicemente
impossibile.
La
voce di Giulia mi giunse nella mente, spezzata
dalle lacrime. “ Legolas mi ha detto…mi ha fatto
vedere il suo gioiello… “ mi
guardai attorno, cercando lo sguardo di mia sorella, incrociando quello
di
Gimli e Legolas, contriti e attoniti quanto me e Boromir. “
Gesù… “ mormorò
Giulia, passandosi una mano sul viso, mentre li raggiungevamo con aria
mesta. <<
Questo deve essere un terribile
incubo.>> Sussurrò mia sorella, abbracciandomi
a sé. Io ricambiai la
stretta, sfregando il viso nella sua spalla. Quando ci separammo, ci
accorgemmo
che eravamo sporche di sangue d’orco. << Quei
vili bastardi! >>
Imprecai, cercando di pulirmi il viso con la camicia. Mi dovevo essere
sporcata
abbracciando Boromir, ed ebbi un improvviso moto di repulsione verso il
liquido
nerastro che mi imbrattava. E dire che nella mia prima battaglia il
sangue
degli orchi mi aveva letteralmente lavata, ma non mi aveva nauseata
come in
quell’occasione…sentii la testa girare, e il cuore
battere più forte nelle
orecchie. “ Valar no… ” Implorai, prima
di svenire.
Mi
risvegliai che ero a terra, fra le braccia di
qualcuno, circondata da visi spaventati e ansiosi. Doveva essere
passato
pochissimo tempo da quando avevo perso i sensi. << Anna!
>> Mi
chiamò Boromir, la voce stridula di paura. Mi voltai a
guardarlo: era lui a
sostenermi, e il suo era il viso più spaventato di tutti.
<< Sto bene…
>> Cercai di dire, ma Boromir si era già messo
a sbraitare e ad ordinare
che un medico accorresse in mio aiuto, mentre lui mi sollevava da terra
quasi
fossi un fuscello. Mi sorpresi di quanto fosse bello stare
raggomitolata contro
i suoi pettorali ben tesi, simile ad un uccellino nelle sue mani, anche
se
l’odore del sangue di orco mi faceva ribollire lo stomaco.
<< Boromir…
>> Cercai di calmarlo <<
Mettimi giù, dai… >>
<<
Solo quando avrò trovato un posto dove
farti stendere. >> Ribadì lui, fendendo la
folla e urlando << Fate
largo! >> come se fossi il primo dei moribondi. Sorrisi a
quell’atteggiamento iperprotettivo, ma dovetti insistere:
l’odore era così
pungente che sentivo lo stomaco ribaltarsi, la bile in gola. Iniziai a
divincolarmi. << Boromir, il sangue…mi fa
venire da vomitare… lasciami
scendere, se no… >> Repressi un conato, e
finalmente lui si fermò, degnandosi
di osservarmi. Lo vidi angosciato.
<<
Valar, sei pallidissima… che ti succede piccola?
>>
<<
Non lo so. >> Risposi, cercando di
staccarmi dal suo petto. << E’ bello stare qui,
credimi, ma il sangue mi
da il volta stomaco. Per favore, fammi scendere. >> Lo
guardai negli
occhi. << Per favore, Boromir... >>
Lui
mi lasciò andare senza una parola, ma fece
passare un braccio possente attorno alla mia vita e mi portò
sotto i porticati
del Trombatorrione, facendomi sedere su un giaciglio di paglia.
Legolas, Gimli
e Giulia ci seguivano con aria tutt’altro che serena: i primi
due erano
vivamente preoccupati, mentre mia sorella era livida di paura.
“ Sempre più
segni… “ Pensò, cupa. “ Non
posso andare avanti così. “ La fissai, decisa a
prendere in mano la situazione. “ Devi andare a cercare
quella donna,
Mirthiwin, e farla venire qui. Devo parlarle da
sola… come faccio a liberarmi di Boromir?
“
Un’espressione
allarmata si fece largo sul viso di
mia sorella. “ Che intenzioni hai? “
Sorrisi
a Boromir, che mi accarezzava il capo, e mi
si strinse il cuore nell’esporre il mio piano. “
Voglio abortire. “
Mirthiwin
giunse a me dopo poco, salutandomi con un
cenno. Squadrò Boromir da capo a piedi. <<
Tutto quel sangue non può
essere solo d’orco, mio signore. >>
Constatò la donna, bloccando le
proteste di Boromir con una mano. << Ma a voi
penserò dopo. Lei per
prima. Di grazia, andate a prendere qualcosa da bere per la signora.
>>
All’inizio,
Boromir fece un po’ di resistenza, ma
quando lo pregai di andare si piegò come un giunco: lo
ringraziai di tutto
cuore e in silenzio per amarmi così tanto.
Eccomi
dunque sola con la guaritrice. Giulia aveva
portato via Legolas e Gimli, e si era presa anche Jadis: aveva
intenzione di
darle una bella lavata nella pozzanghera che si raccoglieva vicino al
canale di
scolo del Fosso. << Fa un po’ schifo.
>> Confessò << Ma è
sempre meglio che averla attorno coperta di interiora
d’orchetto! >>
Benedetta sia quella ragazza…
<<
Mia signora, ho saputo.
>> Disse la donna, incrociando le braccia sul
petto, il viso severo. Mi vidi costretta a fare spallucce
<< Voi cosa ne
pensate? >> Lei si accarezzò il mento con fare
pensieroso << Ho
comprato cinque figli, signora, e da disturbi come i vostri sono stata
risparmiata. >> Commentò <<
Eppure molte donne gravide sono
soggette a svenimenti, nausee…ma forse per voi è
troppo presto. >>
<<
Troppo presto per cosa? >>
<<
Per sapere se siete incinta o meno.
>> Vista la mia espressione perplessa, Mirthiwin
proseguì. << Voi
state viaggiando da tempo, ormai, ed è risaputo che il corpo
delle donne è
molto sensibile allo sforzo: forse, il vostro ciclo di luna
è saltato a causa
della fatica, o del poco cibo, o del poco riposo. Certo, visto chi vi
ritrovate
a fianco >> ,e qui il viso della donna si aprì
ad un sorriso malizioso,
<< anche io, con qualche anno di meno, mi sarei data da
fare. >>
La
risata mi sorse spontanea dal profondo e sgorgò
fuori, cristallina e pura. Mi sopresi di essere scoppiata a ridere: non
credevo
di esserne più capace. Anche la guaritrice
ridacchiò << Bene, vedo che
sapete ancora come si fa a ridere. E’ un sollievo, dopo tutto
quello che avete
passato. >> Il mio pensiero volò ad Aragorn, e
il sorriso mi morì sulle
labbra. << So che avete perso un vostro compagno nella
scaramuccia con
gli orchetti. Me ne rammarico. >> Mirthiwin si sedette a
gambe incrociate
davanti a me, e iniziò a sminuzzare delle erbe, prese da un
sacchetto, in una
ciotola di legno che portava appesa al collo. << Dunque,
che volete fare?
>>
Ci
pensai un po’ prima di rispondere. << Voglio
guarire. >>
Lei
ridacchiò << Ma non sapete nemmeno se
siete “malata” di quella malattia…mia
signora, date retta a questa povera
vecchia: non fate niente di immensamente stupido. E’ un dono,
quello che
portate in grembo, se davvero siete gravida, e i doni non vanno mai
gettati
via: è peccato verso i Valar. >>
Mi
sfiorai il ventre ancora piatto. << Ma in
che mondo potrebbe nascere… lui o lei? >>
Fissai Mirthiwin e rividi
Matilde. << Io…non me la sento. No.
>>
<<
E allora dovevi pensarci prima, mia
signora. >> Ribadì seccamente la donna,
così dura da ferirmi. << Ci
sono modi per non restare incinta, eppure voi l’avete
ignorato. Siete stata
abbastanza grande per fare quello che avete fatto, ed ora ne dovete
pagare le
conseguenze. >> Si volse, e vide Boromir in lontananza.
<<
Entrambi. >>
<<
Vi prego, non glielo dite. >> La
supplicai, allarmata, afferrandole il polso. Lei storse la bocca,
guardandomi
con aria scettica. << Lui non deve sapere nulla.
>>
<<
Non è una cosa saggia… >>
<<
Non me ne frega. >> Sbottai, e lei mi
fissò con aria stupita: avevo usato un’espressione
di Giulia, ma il tono era
chiaro, e non ammetteva repliche. Boromir giunse poco dopo, reggendo un
boccale
di peltro ammaccato e colmo d’acqua, osservando in silenzio
mentre Mirthiwin
univa l’acqua alle erbe sminuzzate. << Cosa ha
la mia signora? >>
Chiese quando non ne poté più di quel silenzio.
Mirthiwin
mi fissò prima di rispondere. << Oh,
la signora sta bene. >> disse con aria bonaria la
vecchia. << E’
solo stanca e affaticata, ma si riprenderà. >>
Accennò al contenuto della
ciotola << Erbe di campo, salvia e dente di leone fanno
sempre miracoli.
>>
Bevvi
l’intruglio di Mirthiwin e la ringraziai per
l’aiuto. Lei si dileguò con un inchino,
concedendomi i suoi servigi ogni volta
che lo desideravo.
<<
Di cosa avete parlato mentre ero via?
>> Chiese Boromir, facendomi attanagliare le viscere: che
sospettasse
qualcosa? << Di niente in particolare. >>
Ribadii, stando sul vago.
<< Ma davvero? Strano, quando sono arrivato qui, la
tensione era così
palpabile da poterla tagliare con la spada. >> Mi prese
con delicatezza
il mento, girandomi verso di lui: i suoi occhi si erano fatti scuri
nella
penombra della sera, e profonde occhiaie si facevano largo sotto di
essi. Per
la prima volta, mi accorsi di quanto fosse cambiato dal Boromir
conosciuto a
Minas Tirith. << Cosa mi nascondi, Anna? >>
<<
Cosa dovrei nasconderti? >> Risposi
dopo una lunga riflessione su cosa dire. Mi liberai dolcemente dalla
sua presa,
e baciai il palmo pulito della mano di Boromir. <<
Parlavamo di vita, di
come essa sia un dono e di come oggi soffi nel vento simile a polvere,
senza
importanza. >> Mi complimentai con me stessa: le mezze
verità erano le
bugie migliori. Boromir annuì, appoggiandosi poi al muro e
chiudendo gli
occhi.
<< Aragorn è
morto. >> Disse sottovoce, << E io ho il
mio vecchio posto nel
mondo. >>
<<
Ma sei certo che sia morto? >>
<<
L’ho visto cadere, ti ho
detto. >> Mi riservò un’occhiata
indispettita.
<< E io non ho fatto nulla per salvarlo. >>
Scossi
il capo. << Non colpevolizzarti…
>>
<<
Era mio compito tenerlo d’occhio, Anna, lo
capisci? Io sono il suo luogotenente, colui che agisce in suo vece.
>> Si
passò una mano sul volto. << Sai il motivo per
cui nacquero i
Sovrintendenti? Perché governassero il paese facendo le veci
del loro re che,
una volta tornato, avrebbe ripreso il suo posto. Ma non è
solo questo un Sovrintendente.
Egli è la spada del suo re, la sua giustizia, la sua legge,
il suo esercito, il
suo sangue. >> Mi fissò << La
sua ombra… e io l’ho lasciato cadere.
>> Un singhiozzo spezzò la
sua voce. << Senza far niente, senza salvarlo, senza tentare… >>
Lo
strinsi forte a me, incurante del fatto che fosse
ancora tutto sporco si sangue << Oh Boromir…
>> Gli sussurrai alle
orecchie, baciandogli lo zigomo alto. << Non fare
così, Boromir, non è
stata colpa tua... e Aragorn lo sa. Ne sono certa. >> Lui
taceva.
<< Spada
o giustizia, legge o
esercito, ombra o guardia…per quanto tu possa essere il
Sovrintendente di
diritto, Boromir, sei e resti comunque un essere umano!
>> Ancora nessuna
reazione. Iniziai a sentire la rabbia montarmi dentro. <<
Sono certa che
non sei rimasto senza far niente, mentre Aragorn moriva…
>> Accennai alla
sua camicia, e mi accorsi che Mirthiwin se ne era andata senza
controllare se
Boromir fosse ferito o meno. << Dai, levati la camicia
che ti pulisco le
ferite. >>
<<
Non ho bisogno di cure, e tu devi stare
tranquilla. >>
<<
Non starò tranquilla finché non
constaterò
la tua salute, Boromir. >> Gli feci un imperioso cenno
col capo. <<
Spogliati. Ora. >>
Boromir
ridacchiò, sfilandosi la camicia lercia e
mostrando il petto nudo. Era incrostato di sangue, ma a parte qualche
graffio
sulle braccia non aveva niente di grave. << Sei stato
fortunato. >>
Commentai, strappando un lembo pulito della camicia sporca,
inzuppandola d’acqua
e pulendolo con cura. << Non ti sei fatto niente.
>>
<<
E’ tutta bravura. >>
<<
Ma sta zitto… >>
Andammo
avanti così a lungo, e completai l’opera di
pulizia del mio amato che le fiaccole ardevano sopra di noi. Nel
lavargli la
schiena, mi accorsi di quanto fosse dimagrito:
i muscoli erano tesi, e le costole
sporgevano un poco sotto di essi. << Hai perso peso.
>> Constatai,
accarezzandogli un fianco. Lui sbuffò << Tutto
colpa del pan di via. Se trovassi
un cinghiale, me lo mangerei senza nemmeno spellarlo! >>
Ridacchiai
a tutto quell’appetito, e anche il mio
stomaco brontolò. Boromir sembrò accorgersene.
<< Anche tu sei affamata,
vero? E’ un buon segno, no? >>
Feci
spallucce. << Credo di si… >>
Mi
fissò intensamente. << Anna, si può
sapere
che ti prende? Sei strana >>
<<
Trovi? >>
<<
Si, per tutti i Valar! E sono sicuro che tu
mi stia nascondendo qualcosa di importante. >>
Scossi
il capo, sfuggendo al suo sguardo per
prendere dal mio bagaglio una camicia pulita. << Non dire
idiozie.
>> Ribadii sotto voce, sorridendo a tanta determinazione:
non pensavo che
i miei segreti potessero essere letti così
facilmente… << Io non ho niente
da nasconderti. E’ solo che sono un po’ debilitata,
sai com’è… il viaggio, la
tensione… e poi, la notizia di Aragorn…
>> Scossi più forte il capo.
<< E comunque io non ci credo che sia morto! No e no!
>>
<<
Adesso sei ancora più strana! >>
Esclamò Boromir, puntandomi un dito contro. Un lampo di
comprensione apparve
nei suoi occhi, ma quello che pensò se lo tenne per
sé. Decise di lasciar
perdere la battaglia contro di me, si infilò la camicia e
rimase al mio fianco
per il resto della serata, finché il ritorno di Jadis non
preannunciò l’arrivo
dei nostri tre amici.
<<
Come ti senti? >> Chiese Gimli con
aria cortese. << Mi hai fatto prendere un colpo quando ti
sei afflosciata
come un sacco vuoto oggi pomeriggio! >>
Dissi
che stavo bene, ed effettivamente era così: le
erbe di Mirthiwin avevano fatto il loro effetto. Forse mi ero davvero
sbagliata
riguardo al mio stato. Poggiai la testa sulla spalla di Boromir, mentre
gli
altri si sedevano per terra davanti a noi e Jadis poggiava il muso ben
pulito
sul mio grembo.
Inevitabilmente,
parlammo di Aragorn. Ma di quei
brutti momenti non desidero parlare: il ricordo di quella notte di
disperazione
è ancora vivo nella mia mente. Dirò solo che fu
lunga e buia, quella notte, e l’unico
conforto era sapere che almeno noi eravamo sani e salvi.
Per
quanto, però, non sapevo ancora dirlo.
D.I.F.
gentili lettori, eccomi. Da quanto tempo
nevvero? Spero che sarete ancora li per leggere la mia storia- mi
riferisco
alle mie care accolite, ovviamenteJ
Un
ringraziamento speciale va a Jhonny Nicotine:
senza di lei, non avrei più ricominciato.
Spero
di aver superato lo stallo di questi mesi, e
di ricominciare a scrivere con una certa lena. A presto, carissime J
ditemi che ne pensate del mio ritorno, ughei? Pace e ammore, Nini!
|
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Capitolo 17 *** cap.17 ***
Cap.17
Mi
svegliai la mattina dopo che il cielo era ancora
scuro. Nell’ora prima dell’alba, regnava il
silenzio più profondo e irreale:
centinaia di persone erano raccolte assieme in un tentativo disperato
di
salvezza, eppure nessuno fiatava- non ora, almeno: era tutto
così calmo… mi
sfilai dall’abbraccio di Boromir, che mi guardò
con fare assonnato mentre mi
allontanavo e iniziai a muovermi sul pavimento lastricato di corpi, in
cerca
delle latrine.
La
testa mi scoppiava, il ventre mi doleva e la
nausea era così intensa che potevo sentire lo sgradevole
odore del reflusso
nelle narici. Mi chiesi se anche mia madre si fosse sentita
così quando
aspettava me e Giulia, ma non volli pensarci: non sapevo nemmeno se ero
in uno
stato interessante e pensarci non faceva che aumentare il senso di
malessere.
Stanca di girare a vuoto, chiesi informazioni ad una sentinella e
questa mi
indirizzò verso l’esterno della fortezza, nella
zona ovest, dove la latrina
comune era situata. L’idea non mi piaceva affatto, ma non
potevo fare la
schizzinosa, non con quel terribile mal di pancia…si, ne
avevo assolutamente
bisogno.
Entrai
nella latrina vuota, e la trovai stranamente
pulita. Sentii anche rumore di acqua corrente, e mi stupii:
evidentemente, doveva
esserci qualche fiumiciattolo sotterraneo, e questi doveva portare con
se i
liquami. “
Helm man di martello sei un
genio “ pensai, mentre mi calavo le brache e mi sedevo su un
buco. Rimasi li a
lungo, tanto che la sentinella di guardia dovette bussare per chiedere
se stavo
bene. Gli risposi che non ero caduta nel buco, ma che avevo bisogno di
tempo.
Lui non mi chiese più niente.
Il
male non cessava, pulsava e bruciava nella parte
bassa del ventre e serpeggiava su per lo stomaco, fino a prendermi i
lombi e
lambirli col suo calore. Sudavo freddo, mentre spingevo, ma non
accadeva
niente. “ Che mi succede? “ continuavo a chiedermi,
preoccupata, “ Che succede
al mio corpo? “ Avrei voluto Giulia al mio fianco, ma dovetti
accontentarmi di
quei pezzi di carta che avevo sgraffignato dal suo zaino.
L’avevo vista usarli
spesso, quei fazzoletti di carta (
così li chiamava lei ), e quindi la imitai: stufa di star
seduta, certa che il
male sarebbe passato nel corso della giornata, mi passai un fazzoletto
fra le
gambe, sentendolo dopo un attimo viscido di qualcosa che sicuramente
non era
urina. Lo portai davanti agli occhi, a poca distanza da essi a dir la
verità, e
trattenni il respiro: era sangue,
quello?
Fissai
il fazzoletto sporco, appoggiandomi alla
parete alle mie spalle, certa che di li a poco sarei svenuta:
Valar… era
davvero sangue? Per quanto fossi ignorante in materia, sapevo benissimo
cosa
comportasse una perdita di sangue in una donna. Le opzioni erano due: o
il mio
ciclo aveva ricominciato a presentarsi, o avevo appena abortito.
Senza
nemmeno accorgermene, inizia a piangere, di
felicità o tristezza non lo so, dato che la mia mente era
completamente
confusa: ero terrorizzata dall’idea di avere un figlio in un
clima così
incerto, eppure ora che avevo la certezza di essere fuori
pericolo… la cosa mi
dispiaceva da morire. Ecco, era quella la sensazione: morire.
Senza volerlo, mi ero già immaginata madre felice
di uno
splendido lattante androgino, né maschio né
femmina, fiera di allattarlo al mio
seno e crescerlo nell’amore per me e il proprio padre. E
Boromir … lui nulla
sapeva. Povero amore mio, quasi padre, all’oscuro di tutto!
Gettai il
fazzoletto sporco nel buco e posai l’altro sul cavallo dei
pantaloni, sperando
di non macchiarmi. Quando mi alzai per sistemarmi mi sentii svuotata.
Aprii la
porta e tornai indietro, mentre la vita nel Fosso di Helm iniziava a
svegliarsi.
Boromir
se ne stava disteso sul suo mantello mentre
il mio era gettato con non curanza sulle spalle, gli occhi chiusi,
eppure mi
sentì arrivare. << Che fine avevi fatto?
>>Mi chiese, facendomi
segno di andargli vicino. Mi stesi al suo fianco e poggiai la testa
nell’incavo
del suo braccio, con gli occhi alla stessa altezza. Nella prima luce,
lo vidi
preoccupato e addolorato. << Cos’hai piccola?
>> mi sussurrò,
accarezzandomi i capelli annodati. << Non ne vuoi
parlare? >> Me lo
sussurrò in un modo così tenero, così
dolce, che non potei fare altro che
raggomitolarmi contro di lui e sospirare piano, le lacrime tristi che
mi
bagnavano il viso. Sentii la sua confusione per quelle lacrime, mentre
mi
sfuggiva un debole singhiozzo. Senza dire una parola, Boromir mi
strinse a sé e
mi lasciò li, contro i suoi pettorali, a sentire il suo
cuore battere impazzito
e confuso esattamente come il mio. Piangevo per tutto: per la
disperazione, la
rabbia, l’impotenza. Piangevo per il mio bambino che forse
non era nemmeno
esistito, piangevo per non averlo detto a lui, piangevo
perché stavo così
dannatamente male e non sapevo che altro fare. Invocai Giulia, e la
sentii
gemere nel sonno da qualche parte dietro di me. ma no, forse no,
stavolta non
avevo bisogno di Giulia: avevo bisogno di stare un po’ da
sola o, magari, con
Boromir.
Lentamente,
i nostri cuori ricominciarono a battere
normalmente, le lacrime si asciugarono, e restammo
così, abbracciati, avvinghiati, stretti
l’un
l’altro come un baluardo. Scostai appena il capo dal petto di
Boromir, e lui
subito cercò i miei occhi.
<<
Non ti chiederò di dirmi cos’hai. >>
mi disse. << Non te lo chiederò
perché so che ogni tanto si ha bisogno
del silenzio. Ma sappi,>> mi prese il viso fra le mani,
<< Sappi,
amore mio, che io sono qui. E anche Giulia è qui. Se non
vuoi parlare con me,
almeno fallo con lei. Io mi accontento di non vederti così.
>>
Quelle
parole mi furono fatali: mi aveva dato
incondizionatamente il suo appoggio, e io non avevo il coraggio di
dirgli che
fino a poco prima aspettavo un figlio da lui? mi sciolsi come un
ghiacciolo al
calore del sole, e gli rivelai ogni cosa.
Boromir
non ebbe la reazione che mi aspettavo: non
pianse; non se ne andò; non mi abbracciò. Rimase
semplicemente li, a guardarmi,
il suo braccio come mio poggiatesta, i miei sussurri nelle sue
orecchie, i
tumulti a lambirgli il cuore. Gli dissi ogni cosa, gli spiegai i
sintomi, lo
istruii su cosa significava l’aborto e come esso avveniva,
eppure lui rimase
li, senza battere ciglio, continuando a fissarmi coi suoi occhi che,
lentamente, divenivano sempre più chiari. Alla fine, quando
gli dissi del
fazzoletto fra le gambe, non riuscì a trattenere un sorriso.
<< L’ho
sempre detto che sei una donna intraprendente …
>> Mi sussurrò,
accarezzandomi i capelli e fissandomi come se fossi qualcosa di strano,
<< Ma guardati, Anna. Sei una donna, la mia donna
… e potevi darmi un
figlio. >>
<<
Non ne ero affatto certa, Boromir …
>>
<<
Fa niente, ne hai avuto la potenzialità. Tu
hai la potenza di diventare madre, lo capisci questo? >>
Mi posò un bacio
in fronte << Tu vivrai ancora a lungo, piccola mia, e
riuscirai a darmi
un altro figlio. Non temere, >> Si lasciò
sfuggire un sorriso malizioso,
<< Mi darò da fare per fartene avere almeno
dodici! >>
Anche
io sorrisi, sollevata e confortata dalla
tenerezza con cui Boromir cercava di consolarmi della mia perdita.
Perché si,
anche se non ne ero sicura, io mi sentivo come se un pezzo di anima si
fosse
staccato da me- che fosse scattato in me l’istinto materno?
Strofinai il naso
contro la fronte di lui, sospirando. << Hei.
>> Mi chiamò, <<
Anna. >>
<<
Si? >>
<<
Ti amo. >>
Quando
il sole fu sorto dalle cime dei monti,
illuminando il cortile del Fosso, venne data la sveglia generale a suon
di
squilli: per quell’ora, tutti dovevano essere in piedi, anche
i bambini, per
aiutare e preparare la resistenza- perché si, era
chiarissimo che Theoden
avrebbe usato il Fosso come baluardo per proteggere il suo popolo, ed
era
disposto a restare chiuso dietro quelle mura fino alla morte per fame,
pur di
non essere sconfitto. << Come è possibile che
abbiano le provviste per un
assedio? >> Si domandò Legolas, mentre
facevamo colazione. <<
Domanda arguta. >> Constatò Giulia, dandogli
di gomito, <<
Effettivamente, me lo domando anch’io. >>
<<
Ce lo domandiamo tutti. >> Ribadì
Boromir, azzannando con voracità la carne secca presa ad
Edoras. << E soprattutto:
di quanti uomini effettivamente dispone per la difesa? >>
<<
Dovresti andare a chiederglielo. >>
Intervenni, << Hai una lunga esperienza alle spalle,
Capitano: Theoden
potrebbe aver bisogno dei tuoi consigli. >>
Boromir
sembrò rabbuiarsi << Theoden ha molta
più esperienza di me in questo campo. >>
Borbottò. Giulia scacciò quel
pensiero con la mano. << Che vuol dire questo? Si, ok,
avrà più
esperienza, ma fidati di me, a volte serve una mente giovane per
concepire
buoni piani. Secondo me dovresti seguire l’idea di Anna, la
nostra saggia Anna…
si, vai a parlarci. >>
<<
Renditi disponibile. >> Intervenni
con garbo.
<<
Ma sii cauto. >> Lo avvisò Gimli,
ridacchiando << Theoden ha la spada facile.
>>
<<
Ha il carattere difficile di tutti i re
>> Ribadì Boromir, alzandosi in piedi
<< Ma non più difficile di
quello di mio padre. Si, credo che seguirò i vostri
consigli. >> Si chinò
verso me, accarezzandomi il capo e scendendo a massaggiarmi la nuca.
<<
Tu stai bene? >> Mi chiese, colmo di riguardo. Sorrisi a
tutte quelle
preoccupazioni, ed annuii in silenzio. << Vai, e fai
ciò per cui sei nato.
>>
Se ne andò
con un sorriso, sparendo nel mezzo della folla.
Gimli
mi chiese del corno, e si fece accompagnare da
Legolas nella ricerca di fucine dove potersi mettere
all’opera. Rimasi da sola
con Giulia che, da quando cin eravamo svegliate, non mi aveva staccato
gli
occhi di dosso. << Sei molto silenziosa, questa mattina.
>> Iniziai
<< Come vanno le cose con Legolas? >>
Lei
sbuffò << Come devono andare, male?
E’
strano, stare assieme ad una persona così
vecchia…antica, oserei dire. Si,
comunque le cose vanno abbastanza bene, non posso lamentarmi, anche se
sembriamo più amici che amanti. >>
Ridacchiò << Ma va bene
così… è
la prima volta che mi capita una relazione simile. >>
<<
E’ così strana, questa vostra relazione?
>>
<<
E’ molto…platonica. >> Vedendo la
mia
espressione perplessa, Giulia si spiegò <<
Significa immaginaria, un
amore non consumato! Hai capito adesso? >>
<<
Si. >>
Dopo
un momento di silenzio, Giulia mi fece un cenno
col mento << E tu? Come stai? >>
Strinsi
le labbra << Io… >>
<< E a
te sono venute le tue cose, lo so. >> Ribadì
Giulia, sorridendo con aria
triste della mia espressione stupita. << Ti ho sentita,
questa mattina,
mentre piangevi. >>
Chinai
il capo << Io…io non volevo svegliarti.
>>
<<
E non l’hai fatto. In compenso, mi hai
fatto venire degli incubi pazzeschi. >>
Ridacchiò, mentre Jadis le
metteva il muso in grembo per farselo grattare. << Povera
sorella
mia…come ti senti adesso? >>
Come
dovevo sentirmi? Il ventre era in subbuglio, in
mezzo alle gambe mi doleva come se vi fosse un palo e la testa mi
pulsava. Non
riuscivo a guardare la carne essiccata per più di cinque
minuti, la trovavo
disgustosa, nonostante mi piacesse tantissimo. << Bene,
no? >> Risposi,
sporgendomi per carezzare le orecchie pulite di Jadis. Giulia rise
più
apertamente.<< Sei una bugiarda, Anna. >>
Mi fece un cenno col
capo. << Avanti, passami lo zaino che ti do un busco pan.
>>
Lasciai
che mia sorella estraesse dallo zaino un
sottile rettangolo bianco, pieno di gobbe regolari; la osservai mentre
ne
schiacciava una e, con un piccolo “ crac”,
vidi comparire una piccola briciola nella sua mano.
<< Che
briciola è quella? >> Le chiesi, incuriosita.
<< Non è una briciola,
Anna, ma una pillola. >> Se la rigirò fra
indice e pollice. <<
Vedi, questa cosina è un concentrato di cose buone che ti
farà sicuramente
passare il male sia alla pancia che la sotto…
>> Giulia me la posò con
delicatezza sul palmo della mano. La guardai in controluce, stupita da
questa
novità del mondo di Giulia. << E da voi questa
è una cosa…normale?
>>
<<
Cosa? >>
<<
Prendere… pillole invece di erbe. >>
Lei
fece spallucce. << Strano, vero? Per noi è
l’esatto opposto: prendere erbe invece di pillole…
sarebbe una cosa fuori di
testa! >> Rise della mia espressione sconvolta, per poi
invitarmi a
mangiare un po’ di pan di via e a bere dell’acqua
per ingoiare la pastiglia.
Dopo varie peripezie, un principio di soffocamento e un sacco di
risate, riuscii
a ingoiarla. Dopo qualche ora, i dolori erano cessati e sembrava che il
mio
corpo stesse meglio. Anche io stavo meglio: non avevo più
tormenti, più malinconie
per il mio bambino mai nato. Era stato prematuro pensare che fossi
incinta,
anche se avevo imparato a fare attenzione: non mi sarei più
esposta a simili
rischi. La guerra era lungi dall’essere conclusa, e Boromir
non aveva il tempo
di correre dietro ad una donna incinta, anche se quella donna era la
sua. Mi
offrii volontaria per aiutare delle donne che contavano e
ammonticchiavano in
un angolo delle dispense dei sacchi di grano.
Passò
buona parte della mattinata e del primo
pomeriggio, quando un improvviso trambusto si fece largo nel Fosso,
simile ad
una scarica prodotta da un fulmine. Un nome solo viaggiava di bocca in
bocca,
sempre più veloce, sempre più veloce: quel nome
era Aragorn.
La
notizia la portò un ragazzino, che era corso
dalla madre per dirle della grandiosa novità.
<< Madre! Madre! >>
La chiamò, passandomi accanto mentre trascinavo sul terreno
un sacco di grano
particolarmente pesante. Attorno al ragazzino e alla madre si fece un
piccolo
gruppo, e non una delle donne trattenne grida di stupore e
felicità. Curiosa,
mi avvicinai anch’io al gruppo, e subito colsi il nome di
Aragorn. << Che
succede? cosa c’entra Aragorn? >>
Una
donna mi prese per le mani, stringendomele
forte. << Mia signora! È vivo! Il bambino dice
che è appena giunto al
Fosso su di un cavallo nero, lacero e stanco, ma vivo! >>
Mollai
tutto senza che nessuno mi desse il permesso,
e raggiunsi il Trombatorione fendendo la folla e cercando Giulia con la
testa.
La trovai in mezzo alla folla, diretta nella sala delle armi per vedere
se era
vero. Ma certo che era vero: a meno che Aragorn non fosse stato un
fantasma,
tutti l’avevano visto! Entrammo nella sala come fulmini,
interrompendo la
conversazione. Vidi Boromir sorridermi e Legolas guardare Giulia,
mentre
Aragorn si volse verso di noi e aprì le braccia.
<<
Cristo santo. >> Sbottò Giulia,
passandosi una mano sul viso, << Ma allora è
vero! >>
Gli
corremmo incontro, abbracciandolo. Era lacero,
sporco e ferito, ma era assolutamente, incredibilmente vivo.
<<
Sei…incredibile. >> Sorrisi, nel constatare
che al collo portava il
ciondolo di Arwen. << I Valar devono amarti in particolar
modo, se ti
hanno salvato anche questa volta! >>
La
voce lugubre di Theoden venne ad insinuarsi fra
noi, gelida. << Non ne sarei così sicura, mia
signora. >> Disse,
<< Digli cosa hai detto a noi, Aragorn. >>
La
felicità passò sul volto del ramingo rapida come
un soffio di vento. << Nel tronare, mi sono imbattuto in
un esercito di
Uruk-hai. Saranno qui prima del calar delle tenebre. >>
<<
Bene! >> Esclamò Giulia, attirando su
di sé sguardi scandalizzati. << Vengano pure!
Si infrangeranno come onde
sugli scogli >> Lanciò uno sguardo di
approvazione a
Theoden << Dico bene, no? >>
<<
Dici bene. >> Ammise Theoden.
<< Ma questa fortezza non ha mai visto un esercito di
diecimila orchi.
>>
Strabuzzai
gli occhi << Die-diecimila?
>> Tornai a guardare Aragorn, scuotendo il capo
<< No, è…è
impossibile! Non può esistere un tale esercito!
>>
<<
Fidati. >> Fu tutto ciò che mi disse
Aragron, posandomi una delicata mano sulla spalla << Esiste. >>
D.I.F.
Cosa
sarà stato…natale, forse? Oh Valar, da quanto
tempo manco su questi schermi! La primavera è giunta, ho
concluso il mio primo
stage e sono più strong che mai! I capelli stanno crescendo,
la pelle
abbronzando e va profilandosi una sessione d’esami very very
strong- oh
yeah…fatto sta che non è colpa di nessuno se non
mi sono chiù fatta viva- la
colpa è solo mia. Me pigra! Sono veramente una
socca… vabbe, vedrò di
rimediare- anzi: HO Già RIMEDIATO!
Se
siete ancora li, se siete ancora interessate a leggermi, se siete
ancora
interessate a recensire questa pelandrona…bè,
fatelo.
Un
giga kiss a chi c’è stato,
c’è ancora e sempre ci
sarà.
XOXO,
una soffice Anna.
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Capitolo 18 *** capitolo 18. ***
Capitolo
18.
Senza
nemmeno sapere perché, mi ritrovai sui bastioni, a
contemplare la valle che si
stendeva ai piedi del Fosso: eravamo incastonati fra le montagne, in
posizione
rialzata, protetti da ampie e forti mura, ma pur sempre incastrati. La
mente
elaborò da sola un mare nero, fatto di lance e picche
oscillanti al vento, da
cui provenivano grida alte e rozze, che invocavano morte e distruzione
per noi,
uomini e donne dell’Ovest, per le nostre terre e i nostri
figli. Trassi un
profondo respiro, improvvisamente gelata al sole del primo pomeriggio. Saranno qui al calare della notte, aveva
detto Aragorn, e il sole correva inesorabile verso il tramonto. Non ce la faremo.
“
E’ disperazione quella che
sento nella tua mente? “
La voce di Giulia mi colse di sorpresa, facendomi sobbalzare, cosa che
mi
procurò l’occhiata curiosa di un paio di guardie
reali. Facendo finta di
niente, mi poggiai alle mura con le mani, adocchiando un paio di nuvole
particolarmente scure. “ Ho le
stesse
sensazioni di quando ho combattuto per la prima volta, solo
che… “ Giulia
attese in silenzio che proseguissi. Sospirai. “
Quella volta avevo così tanta rabbia in
corpo…”
“
Rabbia? “
“
Si. Ero così arrabbiata… perché
Boromir mi trattava come qualcosa da proteggere, qualcosa da salvare,
qualcosa
di indifeso, senza capire che sotto questa scorza di femmina ci sono
unghie e
denti capaci di graffiare e mordere. “
“
E perché non hai questa rabbia
adesso? “ La
domanda mi lasciò spiazzata: perché non
c’era? “ Ad essere in te,
io sarei molto arrabbiata. “ Sentii le emozioni
di Giulia crescere, forti, e insinuarsi in me come tentacoli rosso
sangue. “ Questi figli di puttana
vengono ad
uccidere tutto quello per cui hai vissuto e amato, vengono a
distruggere la tua
terra e a prendersi la tua vita e tu non sei arrabbiata? Io sono
furente! “
Percepii l’ira crescente di mia sorella, sentendo sorgere
anche in me la
scintilla della rivolta. “ Sono
furente
perché questo mondo è troppo bello per essere
mandato a puttane da un branco di
orchi puzzolenti, capitanati da uno stronzo che non ha nemmeno un
corpo! “
<<
Sono così furiosa che stanotte trafiggerò ogni
orco che mi si parerà davanti,
solo per ricordarmi che ogni orco preso sarà un bambino
risparmiato! Combatterò
fino allo stremo delle forze, finché la vita non mi
abbandonerà, finché la
spada non mi cadrà di mano! >> La voce di
Giulia mi giunse forte e chiara
non più nella mente, bensì dal cortile alle mie
spalle. Mi affacciai e la vidi,
faccia a faccia con Legolas, con una piccola folla attorno a loro. La
sentii
più arrabbiata che mai, ma cos’era quella punta di
rimpianto che sentivo in
fondo? << Potranno anche essere un milione, ma non mi
nasconderò dietro
la disperazione, mi rifiuto di farlo! E dovresti rifiutarti anche tu!
>>
Continuò mia sorella, gesticolando e alzando sempre di
più il tono di voce.
Legolas le prese con delicatezza le mani, ma lei lo respinse in malo
modo,
spingendolo lontano da lei. << Dovresti rifiutarti di
cedere, dovresti
combattere con me, e invece ti lasci andare alla paura! Non ti voglio
attorno a
me! Va via! >>
Legolas la
guardava, ferito. Le disse qualche parola in elfico, ma Giulia
girò sui tacchi
nonostante i richiami di lui. “ Giulia! “ La
chiamai nella mente,
incrociando lo sguardo dell’elfo. Scesi i gradini,
avvicinandomi mentre la
folla si disperdeva. << Che è successo
stavolta? >> Chiesi, mentre
Legolas aveva ancora lo sguardo fisso sulla schiena di Giulia sempre
più
lontana. << Quell’essere ribelle.
>> Borbottò, sospirando piano.
<< Sei già stata nell’armeria?
>> Chiese, fissandomi con gli
incredibili occhi cangianti, così intensi da far male.
<< No…perché?
>>
<<
In quella stanza, la gente di Rohan è in fila per avere
un’arma e una
protezione. >> Incrociò le braccia sul petto.
<< Vedrai ragazzini
che puzzano ancora di latte e vecchi piegati
dall’età, ma non un solo uomo
abile a combattere questa dannata battaglia! Aragorn è
dell’opinione che
riusciremo a superare la notte, bene o male, ma io ho molta
più esperienza
sulle spalle e ti posso assicurare che non uno di quella fila
vedrà l’alba di
domani, e noi con loro. >> Sospirò ancora,
rassegnato. << Questa è
la nostra fine. >> Annuii, capendo solo allora veemenza
con cui Giulia
aveva ribadito le sue posizioni. Sorrisi, dando una pacca sulla schiena
dell’elfo, che sussultò di sopresa.
<< Stai in campana, Legolas
Verdefoglia. >> Gli dissi, << Mia sorella
non è arrabbiata con te
ma col mondo intero, in particolare con l’esercito di Uruk
Hai che si avvicina
alle nostre porte! Rammenti quando io e lei abbiamo litigato ad Edoras?
>> Aspettai che lui annuisse, mentre iniziava a capire.
<< Ecco,
con te è stata la stessa cosa. >>
<<
E’ irritata dalla mia paura? >>
<<
Si, perché è lei stessa terrorizzata.
>> Strinsi i pugni, determinata.
<< Dobbiamo trasformare questa paura in rabbia,
nutrircene a sazietà,
fino a scoppiare di odio. >> Gli afferrai il braccio,
scuotendolo piano.
<< Quei figli di puttana vengono ad uccidere la nostra
gente, a distruggere
la nostra terra, a toglierci un futuro! Per tutti i Valar, non
starò a guardare
con le mani in mano questo scempio, e nemmeno tu dovresti.
>> Lo lasciai
andare, fissando la pavimentazione, conscia che attorno a noi una
grande folla
si muoveva, frenetica, sentendo più che mai cara la vita. La
vita...pensai a
quello che forse c’era stato nel mio ventre fino quella
mattina, a quanto avevo
pensato al futuro, a quanto mi aveva detto Boromir. Pensai a lui, a
Matilde, a
Giulia, a Faramir, a Frodo e Sam… mi costrinsi a sorridere.
<< Magari
invece la scampiamo. >> Dissi, sorprendo Legolas.
<< Magari, un
qualche intervento divino ci salverà. Che ne so, magari una
pioggia di fulmini…
>> Legolas sorrise piano, passandomi un braccio attorno
alle spalle.
<< Tu e tua sorella vi assomigliate parecchio, e non solo
fisicamente.
>> Feci spallucce, indicandogli con un cenno del capo di
andare a cercare
Giulia. << Avrà bisogno di parlarti
civilmente, e di essere consolata. Ti
consiglio di andare, adesso che la rabbia è
sbollita… >> Mi svincolai
dalla sua presa e Legolas mi sorprese con un inchino. <<
Sei più saggia
di quanto credi. >> Disse solo, per poi avviarsi fra la
folla. Onorata da
tale complimento, chiusi la mente ai singhiozzi di Giulia e mi avviai
all’armeria.
Effettivamente,
la situazione non era delle più rosee: c’erano
ragazzini che non riuscivano
nemmeno a reggere una spada e vecchi curvi che imbracciavano le armi
per la
prima volta, avvezzi solo agli aratri e alle falci. <<
Valar… >> Mormorai,
mettendomi in fila per far affilare la lama della mia spada. Sentii su
di me
molti occhi, parole sussurrate in un qualche dialetto a me sconosciuto,
ma la
cosa non mi disturbò particolarmente: in fondo, ero una
donna, e il posto
di una donna di Rohan era con la
prole, nelle Caverne sotto il Fosso. Ma
io non sono una donna di Rohan… sorrisi a
quell’affermazione, rilassandomi.
Sono una donna e basta. Lasciai che
la fila scorresse lentamente, scegliendo con cura armi e protezioni
adatte alla
propria taglia. Presi per me una cotta di maglia lunga fino a
metà coscia,
buona per proteggere l’inguine e il torace. L’
indossai sopra la camicia e
sopra di essa misi un farsetto in cuoio, reso duro dagli anni e dal
sangue
nemico. Presi anche dei para polsi della stessa foggia, fissandoli con
delle
cinghie alle braccia. Lasciai che la mia spada- la prima spada, quella
donatami
da Boromir quando lui era maestro e io allieva- venisse analizzata dai
fabbri e
affilata a dovere, per poi dirigermi fuori, all’aria, per
constatare che il
tempo stava volando.
Mentre
guardava il cielo e sentivo l’ansia insinuarsi nello stomaco,
ecco che qualcuno
mi prese per le spalle, facendomi voltare. Boromir mi guardò
dalla testa ai
piedi, toccando con mano la qualità della cotta di maglia e
il filo della
spada. Prese il farsetto e lo strattonò un paio di volte,
stringendolo meglio.
<< Niente elmo? >> Chiese, accarezzandomi
la testa. Scossi il capo.
<< Non ho più alcun bisogno di nascondermi.
>> Lui sorrise a quella
frase, invitandomi a seguirlo. Stava ispezionando assieme al Re e agli
altri le
mura, per decidere una strategia difensiva. Quando Theoden mi vide
arrivare, mi
squadrò da capo a piedi. << Non avrete mica
intenzione di combattere!
>> Esclamò, quasi offeso dalla mia visione.
Alzai il mento, punta su un
argomento a me caro. << Preferite che me ne stia nascosta
in una grotta
assieme alle altre donne? >> Domandai, scontrosa. Il Re
inarcò un
sopracciglio, perplesso. << A meno che non abbiate delle
capacità
nascoste, questo sarebbe il mio consiglio. >>
Mi
sarebbe piaciuto sputare per terra tutto il mio disprezzo, ma lui era
pur
sempre un Re e alleato di Boromir, quindi fui costretta a trattenermi.
Gli
rivolsi un sorriso a trentadue denti e, nonostante tutto, era un
sorriso
freddo.<< Sarò pure una donna, ma sono
già stata in guerra e non ho paura
di perdere la vita per ciò che amo. >> Feci un
passo avanti, la mano sull’elsa
della spada. << Grazie per il consiglio, preferisco
morire con una spada
in pugno piuttosto che nascosta dietro un sasso. >> Il
silenzio era
calato su di noi: Aragorn
e Boromir
spalancarono così tanto gli occhi che credetti gli sarebbero
usciti dalle
orbite, Gimli mi scoccò un’occhiata sorpresa e
Legolas sorrise, divertito dalla
situazione. Theoden mi guardò con aria dura ancora per un
attimo, prima di
voltarsi e proseguire con il percorso attorno le mura, superandomi
senza più
guardarmi. Quando se ne fu andato, uno ad uno i miei compagni lo
seguirono:
Legolas mi passò accanto leggero, gli occhi scintillanti di
divertimento; Aragorn
mi guardò con aria di rimprovero, ma la bocca sorrideva;
Gimli mi passò
accanto, dandomi di gomito sulla coscia. << Ben fatto
figliola! >>
Sussurrò, facendomi ridacchiare. Per ultimo, venne Boromir,
che mi scoccò un
bacio in fronte e sull’orecchio, guardandomi con gli occhi
scintillanti di
fierezza. << Brava la mia ragazza. >>
L’unica
difesa di Rohan era fatta di coraggio, sassi e pietre imponenti.
Guardai il
cielo farsi incandescente per il tramonto, seduta sui gradini che
portavano
alla sala del trono del Fosso. Senza preavviso, Giulia si sedette al
mio
fianco. Mi sorpresi di vederla armata circa come me, con un elmo calato
in
testa e fissato sotto il mento. << Ti prego, non metterti ridere. >>
Mormorò, vedendomi già
sogghignare. << Legolas e Boromir hanno voluto a tutti i
costi che lo
mettessi. >> Annuii, approvando in pieno. Giulia
sospirò, poggiando i
gomiti sul gradino retrostante. Si guardò attorno.
<< Mi dispiace di aver
litigato con Legolas, oggi. >>
<<
Avete fatto pace? >> Chiesi, delicata. Non volevo sapere
i dettagli, mi
bastò il cenno di Giulia. << Io e
lui…siamo molto, troppo diversi, a
volte non riusciamo a comprenderci. >> Annuii,
comprensiva. << E’
difficile anche con Boromir, ma ultimamente sta migliorando. Oggi,
l’ho visto
quasi orgoglioso di me vedendomi vestita così.
>> Giulia mi sorrise, il
viso incorniciato dall’elmo. << Non quasi,
Anna: Boromir è
orgoglioso di te.
Finalmente, ha capito che deve lasciarti andare. >> Feci
spallucce,
fingendo di non essere sorpresa per quelle parole. “
Ha capito che per amarti davvero deve lasciarti libera di fare le tue
scelte, di sbagliare forse, ma di farlo con la tua testa. Ormai, sei
libera. “ Guardai
mia sorella, che mi fissava
sorridendo. << Sono certa che se passeremo la notte, ti
chiederà di
sposarlo! >>
Risi, un
suono che credevo di non udire mai più. << Oh
Valar, me ne stavo quasi
dimenticando! >> Mi alzai, sfregandomi la schiena. Giulia
si alzò con me,
accennando al ventre. << Come
va…lì? >>
<<
Va stranamente bene. >> Dissi, ricordandomi delle
spiacevoli sensazioni
di quella mattina. Mi sembravano passati secoli da allora.
<<
Effettivamente, mi sento benissimo. >> Constatai,
stupendomi. Giulia
annuì, soddisfatta. << Ti darò
un’altra pastiglia prima che inizi lo
scontro, così non sentirai niente mentre ammazzerai orchi a
tutto spiano.
>> Le posai una mano sulla spalla, sorridendole.
<< Prima, però,
abbiamo bisogno di cibo. Andiamo. >>
Ci
stavamo avviando, quando un corno lontano ci fece gelare il sangue
nelle vene. “ …sono
già qui? “ Mormorò Giulia,
voltandosi, il viso spaurito. Il corno risuonò di nuovo e
curiosamente mi fece
pensare ad un altro corno, già udito tempo fa, ma dove?
<< Non sono
orchi. >> Disse qualcuno alle mie spalle. Ci voltammo per
vedere Legolas,
più radioso che mai, tendere la mano a Giulia e invitarci a
seguirlo. <<
Sono arrivati i rinforzi. >>
D.I.F.
Curioso
che io scelga Natale per tornare a voi, ma con tutto il
pòpò di roba sul
Signore degli Anelli e Tolkien che sta girando adesso, non ho potuto
fare a
meno di tornare con un chappi si scarno, ma pur sempre un chappi. Mi
sono
sentita in dovere di scrivere, ecco tutto.
Spero che ci sia ancora qualcuno disposto a
leggere… e a dire la sua :D
besos, people, e felice anno! Che sia proficuo e che la seconda parte
de Lo
Hobbit giunga presto!
|
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Capitolo 19 *** capitolo 19 ***
Capitolo
19
Le tenebre
strisciavano lungo le mura antiche e solo la luce delle fiaccole
rendeva
visibili i visi degli uomini presenti. Le pozze di luce, che fino a
qualche
attimo prima avevano illuminato smorfie di paura, adesso sfiguravano
davanti
alla luce degli Eldar che Haldir di Lorien e la sua compagnia
irradiavano nella
piazza d’armi del Fosso di Helm.
Legolas
era stato il primo ad accogliere i membri della sua razza, salutando
Haldir con
parole di gioia e vigorose strette sulle spalle. Io e Giulia, appena
dietro il
principe del Reame Boscoso, non eravamo riuscite a trattenerci
dall’abbracciare
il capitano elfico, di solito freddo e serafico, imbarazzandolo con la
nostra
confidenza esplosiva. Gli elfi che aveva condotto con sé
facevano parte della
guarnigione di Lothlorien, e sicuramente si erano staccati dal loro
popolo per
ordini di diretti superiori. Pensai a Galadriel, e le resi omaggio
nella mente:
se avevamo degli amici e alleati, sicuramente era anche merito suo. Nel
frattempo, l’intero esercito di Rohan ammirava i guerrieri
elfici dall’aria
efebica, dotati di archi tanto eleganti quanto micidiali, vestiti di
farsetti
blu e dorati, ritti come betulle sui sassi della piazza. Theoden, Re di
Rohan,
giunse poco dopo fra due ali di guardie reali, così stupito
che a stento
riusciva a trattenersi dallo spalancare la bocca per la meraviglia.
Mentre si
guardava attorno, disorientato come un cerbiatto, Haldir gli si
parò davanti,
inchinandosi. << Tempo fa, un’alleanza esisteva
fra Elfi e Uomini.
>> Disse l’elfo con aria solenne davanti al Re
che, fino a qualche attimo
prima, si credeva completamente solo. Haldir gli sorrise con fare
speranzoso.
<< Siamo qui ad onorare tale alleanza e siamo pronti a
morire assieme a
voi, per contrastare l’Oscurità. >>
Un movimento alle nostre spalle ci
fece voltare e vedemmo scendere di volata gli altri: Aragorn e Boromir
giungevano assieme, già vestiti per la battaglia, la
speranza che brillava nei
loro occhi, mentre Gimli stava poco lontano, le mani rigidamente
nascoste
dietro la schiena. Con un cenno del capo, il nano mi fece segno di
seguirlo.
Incuriosita, mi avvicinai e lo trovai assieme a Jadis, che non vedevo
da quella
mattina. Si era infilato in una viuzza che correva accanto la piazza,
ingombra
di ceste piene di sassi, fiocamente illuminata da pigre fiaccole.
<< Ho
qualcosa per te. >> Disse il nano, sorridendomi da sotto
la folta barba.
Da dietro la schiena fece apparire un fagotto, e mi invitò
con gli occhi
scintillanti a svelare il segreto che racchiudeva. Capii solo dopo aver
toccato
il tessuto cosa Gimli mi stesse donando: prendendo l’oggetto
fra le mani,
lasciai che la sciarpa scivolasse a terra, dove Jadis andò
ad annusarla. Il
Corno di Gondor era fra le mie mani, pesante e maestoso. La luce delle
torce,
nonostante fosse tenue, dava agli orpelli che lo ornavano
un’aria orgogliosa.
<< Oh Valar… >>
Mormorai,
rigirandomelo fra le mani. << Ho fatto del mio meglio.
>> Spiegò
Gimli, indicandomi la saldatura scura che aveva realizzato fra le due
metà.
<< Ho utilizzato il metallo migliore che ho trovato,
cercando di rendere
la saldatura il più resistente possibile ed esteticamente
poco invasiva. Si
tratta di un oggetto antico, e la sua bellezza va rispettata.
>> Annuii,
sfiorando col polpastrello la sutura. Mi ricordai di quando Boromir
l’aveva
trovato tra i resti degli Orchi, di come era a pezzi, di come entrambi eravamo a pezzi…
quanto tempo
era passato? Nemmeno un mese, eppure dalle rive dell’Anduin
ad allora
sembravano essere scivolati anni, secoli, millenni. Il peso della
Storia con la
S maiuscola aveva schiacciato sia me che Boromir, facendoci invecchiare
prima
del tempo. Serrai le mani attorno al Corno, capendo che quello era
l’ultimo
tassello della Riconciliazione: ora, il mio Capitano poteva tornare ad
essere
quello che era. << Il suono è quello che mi
preoccupa maggiormente.
>> Disse Gimli, distogliendomi da quei pensieri profondi.
Lo guardai,
interdetta, per poi chinarmi e abbracciarlo stretto, mentre Jadis mi
metteva il
naso nell’orecchio. << Non sai quanto ti sono
grata, Gimli figlio di
Gloin, non sai cosa questo significhi per me e Boromir.
>> Lo guardai
negli occhi, sorridendo al suo lieve imbarazzo. << Questa
è l’ultima
saldatura fra passato e futuro, l’ultimo ponte che
porterà Boromir a
riscattarsi completamente da quello che ha fatto. Per lui, questa
saldatura è
molto più che semplice metallo: è la
cauterizzazione di una ferita che
finalmente si chiude. >>
<<
Tu esalti il mio lavoro. >> Commentò con un
certo orgoglio il nano. Mi
sorrise, impacciato. << Ma non è grazie a me e
a questa saldatura che il
Corno tornerà a suonare, signorina. Se suonerà
ancora, è solo grazie a te e al
tuo coraggio, con cui hai salvato l’Uomo che ami a costo
della tua vita.
>> Sospirò. << Beato colui che
ha il tuo cuore. >> Mi accorsi
solo allora dei lacrimoni che scorrevano lungo le mie guance, e un
respiro
rotto mi uscì di bocca. Gimli parve ridestarsi, e persino
alla luce delle torce
lo vidi arrossire. << Scusa, non era mia intenzione
essere scortese e
annoiarti con i pensieri di un vecchio, sciocco nano…
>> Gli posai la
mano sulla spalla, facendolo tacere. << Nessun perdono
per Gimli figlio
di Gloin, non per queste parole e per questi pensieri, non per queste
lacrime.
>> Gli sorrisi, tirando su col naso, per poi scoccargli
un bacio in
fronte e alzarmi. << Nessun perdono perché non
c’è niente da perdonare,
solo da ringraziare. >>
Mentre
le tenebre incombevano e il Fosso rigurgitava Uomini ed Elfi, cercai
Boromir.
La mia mente era come sconnessa ed era chiusa alla voce di Giulia, che
con ogni
probabilità mi stava cercando. Dopo lo scambio di battute
con Gimli, vagavo per
il Fosso come inebetita, con Jadis al mio fianco. In una mano impugnavo
l’elsa
della spada, mentre nell’altra stringevo il Corno. Il laccio
di cuoio per il
collo mi batteva sulla coscia, mentre cercavo in lungo e in largo il
mio
Capitano. Infine lo trovai, attorniato da uomini di Rohan, che lo
ascoltavano
con interesse. Mi unii a loro, restando però in disparte,
osservandolo con
attenzione: i vestiti erano sgualciti e il viso stanco, ma la cotta di
maglia
che indossava sotto al farsetto e la spada che portava di traverso
sulla
schiena gli davano un’aria da eroe dei Tempi Antichi.
Gesticolava, Boromir,
mentre raccontava una delle sue imprese da Capitano della Torre Bianca,
probabilmente qualcosa riguardo la presa di Osgiliath, e mi stupii di
vedere
come i suoi occhi scintillavano e come coloro che lo ascoltavano
pendessero
dalle sue labbra. Pensai a quante volte in passato Boromir avesse
arringato i
suoi uomini prima della battaglia, a come doveva aver paura e a come
riusciva a
tramutare quella paura in coraggio, forza e determinazione. Pensai a
quando
l’avevo visto andare alla guerra su quell’enorme
cavallo nero, appena fuori la
casa di guarigione di Matilde… a come riluceva di luce
propria. Sospirai,
quando una mano si posò sulla mia spalla. Mi voltai, vedendo
gli occhi gentili
di Aragorn. Gli sorrisi, tornando poi a guardare Boromir.
<< Hai fatto un
ottimo lavoro. >> Mormorò Aragorn, osservando
a sua volta l’amico. Chinai
il capo, ridacchiando a quelle parole. << Io? No, lui ha
fatto un ottimo
lavoro, smettendo di piangersi addosso come un marmocchio e riprendendo
le
redini della sua vita. >>
Il
ramingo sbuffò, indispettito. << La modestia
non ti si addice, Anna,
quindi smettila. >> Aragorn cercò i miei
occhi. << Se non fosse
stato per te, si sarebbe ammazzato con le sue stesse mani.
>> Dopo un
attimo di silenzio, accennò al Corno che mi ero portata al
petto. << E
quello? >>
<<
E’ una lunga storia… >>
<<
Mi piacciono le lunghe storie. >>
Sorrisi
apertamente, scoccandogli un’occhiata divertita.
<< Lo trovammo la prima
notte che iniziammo a seguire le vostre tracce. Lo cercò
Boromir fra gli orchi
in putrefazione, trovandolo spaccato
a
metà. Fu un brutto colpo, per lui. Era emotivamente a pezzi,
si sentiva il
traditore del mondo intero! L’unica cosa che potei fare fu
prendere il Corno e
convincerlo che, una volta che vi avremmo trovati, l’avrei
dato a Gimli per
ripararlo. >> Aragorn annuì, toccando con mano
quell’oggetto antico.
<< Gimli ha fatto un ottimo lavoro, anche se non sa che
suono avrà… solo
Boromir può suonare nel Corno di Gondor. >>
Aragorn lo prese dalle mie
mani con delicatezza, soppesandolo. << Lo donò
la mia stirpe alla sua.
>> Mormorò, fissandolo. <<
E’ un dono degno di un Re, che sancisce
l’unione delle nostre casate. >>
<<
Allora dovresti essere tu a donarglielo, di nuovo. >>
Dissi, convinta e
sincera. << Sei il suo Re, è un tuo diritto.
>> Fu allora che
Aragorn mi guardò dritta negli occhi, schiudendo le labbra
come se gli avessi
rivelato il più grande segreto del mondo. Non disse una
parola, ma rimase a
lungo a fissarmi, come se non trovasse le parole per dire quello che
gli si
agitava nel cuore. Riprese fiato, accorgendosi di aver stretto il Corno
così
forte da avere le nocche bianche. Solo allora capii: gli avevo appena
dato
conferma che aveva la fiducia del suo diretto sottoposto, il suo
capitano e sovrintendente,
colui che all’inizio l’aveva visto come un
usurpatore e che ora lo vedeva come
suo signore e padrone. Aragorn sapeva che i sentimenti di Boromir nei
suoi
confronti erano cambiati, l’aveva intuito, ma
non fino a quel punto. Aragorn mi porse il Corno,
stringendomi le mani per
trasmettermi tutta l’emozione che sentiva. <<
No, Anna, mia signora.
>> Trasalii a
quell’appellativo, inadatto a una ragazza come me.
<< Sei tu che deve
dare il Corno a Boromir, perché io non sono ancora il suo Re
e non ho dominio
sul suo cuore, non come lo hai tu. Sei tu ad avere questo diritto
perché tu l’hai
salvato, tu hai scacciato le tenebre da lui, tu l’hai fatto
rinascere a nuovo
vita. >> Tornò a guardare Boromir, che si era
accorto di noi fra la folla.
<< Gli hai ridato un motivo per combattere e onorare la
propria razza.
>>
Boromir
ci raggiunse con aria incuriosita e vidi distintamente i suoi occhi
spalancarsi
di meraviglia alla vista di ciò che reggevo fra le mani. Lo
vidi dischiudere le
labbra, pronto a parlare, ma tacque, perdendosi nella contemplazione di
ciò che
pensava irrimediabilmente perduto. Con le mani delicate, avvicinai il
Corno a
lui, aspettando che lo cogliesse. Al contrario, Boromir non si mosse,
inebetito
e confuso. Lanciai un’occhiata ad Aragorn, chiedendogli
silenziosamente di
intervenire, ma il Ramingo tacque, invitandomi a parlare. Dopo un
attimo di
panico, le parole iniziarono a sgorgare dalle mie labbra, solenni e
improvvise.
<< Boromir di Gondor! >> Lo chiamai,
facendogli alzare lo sguardo,
sorpreso. << Figlio di Denethor, nipote di Ecthelion,
Capitano della
Bianca Torre, Generale degli eserciti di Gondor, principe del tuo
regno! >>
Senza sapere perché, posai un ginocchio a terra.
<< Io ti dono ciò che
era rotto ed è stato ricostruito, il simbolo della
libertà per le tue genti,
ciò che chiama a raccolta il tuo popolo e che da speranza a
chi non ne ha.
>> Alzai di più le mani, offrendoglielo.
<< Prendilo, e ritorna ad
essere ciò che sei, che fosti e che sempre sarai, mio
Capitano e Signore.
>> “ Mio amore, mio tesoro, mio amante, mio
eroe… “ Sentii un nodo
alla gola e chinai il capo per nascondere gli occhi velati di lacrime
emozionate. Dopo poco, sentii il peso del Corno abbandonare i miei
palmi. Alzai
il viso e vidi Boromir che ammirava il suo amato Corno, ricco di
ricordi e
significati. Sorrisi, nel vederlo assorto, ammirando il suo volto che
nonostante stanchezza e tensione era sempre bellissimo. Boromir
levò lo sguardo
su di me, invitandomi ad alzarmi. Rimasi col capo chino,
finché il Capitano
della Torre Bianca compì un gesto inaspettato e fuori dalle
regole: dopo un
attimo di esitazione, passò il laccio di cuoio attorno al
mio collo, posandomi
il Corno di Gondor con infinita delicatezza sul petto. <<
Non merita di
essere posato sul mio petto. >> Disse Boromir, bloccando
la mia
prevedibile protesta con una mano aperta. << Il Corno
è mio di diritto,
mio in quanto figlio di Sovrintendenti e di principi di Gondor. Esso
veniva
donato ad ogni primogenito della casata, passato di padre in figlio,
motivo di
orgoglio e vanto per la nostra gente. Chi lo indossa deve essere
coraggioso,
forte e deve essere un punto di riferimento per coloro che lo
circondano.
>> Mi sorrise. << Queste, assieme a molte
altre caratteristiche tu
possiedi, Anna di Isengard, ora Anna di Gondor, mia futura sposa. Tu mi
hai
curato quando ero ferito, rincuorato quando ero affranto, risollevato
quando
ero caduto. Questo Corno è tuo di diritto. >>
Chinò il capo innanzi a me,
e così vidi fare anche ad Aragorn e a molti altri mentre mi
guardavo attorno,
confusa e rintronata. Tra la folla che si era riunita attorno a noi, incrociai gli occhi
raggianti di Giulia.
“
Fa quello che ci si aspetta che
tu faccia, sorella mia. “
Mi invitò con voce carica di emozione. “
Soffia.”
Poggiai le
labbra dove per tante volte si erano poggiate quelle di Boromir e
soffiai con
quanto fiato avevo in corpo. Ebbi la sensazione di tremare quando il
Corno
muggì con vigore, con maggiore intensità di
quando l’avevo sentito suonare
prima della spaccatura. “ Gimli ha
fatto
un ottimo lavoro. “ Constatai, soffiandoci ancora
finché non rimasi senza
fiato, lasciando che le note profonde del Corno si perdessero
nell’aria. Mi guardai
attorno, vedendo che in molti mi guardavano ( io,
la donna guerriera, la ragazzina testarda, la bambina smarrita
)
e improvvisamente mi sentii carica di vita e di speranza, così intense da
farmi sentire immortale.
In risposta
al mio corno, in lontananza, udimmo distintamente un latrato ben
diverso,
lugubre e astioso, che ci chiamava a combattere. Jadis, sempre rimasta
al mio
fianco, rispose al corno degli orchi con un ululato prolungato e acuto,
un
grido di battaglia. Improvvisamente, alla speranza che scorreva assieme
alla
paura si unì una rabbia bruciante, così profonda
da essere ira. << Quei
figli di puttana non distruggeranno il nostro mondo! >>
Dissi, senza
accorgermi di parlare a voce altissima. << Quei figli di
puttana non
avranno le nostre vite, i bambini e le donne, ma solo il nostro ferro!
>>
Un’ovazione
si alzò dagli uomini attorno a noi, mentre Boromir mi
guardava con occhi scintillanti
di orgoglio e fierezza. In quel preciso momento, capii che era fatta:
la Riconciliazione
fra noi era finita.
D.I.F.
Uh ok,
quanto mi piace questo capitolo lo so solo io. Chi mi legge da un
po’ sa che
non sono per niente modesta nelle mie cose, dunque dico che questo
capitolo è
uno dei migliori della serie. Spero solo di non aver fatto diventare
Anna una
Mary Sue ( pericolo che ho corso dal primo chappi della prima storia )
facendola diventare una donna forte e battagliera. Non so, io credo di
aver
fatto un buon lavoro e di aver reso questa storia abbastanza
plausibile, anche
con queste “ sbandate” ( siamo sicuri che Boromir
darebbe il suo preziosissimo
corno ad una donna, davvero? !? ). By the way, chi se ne frega: io lo
trovo un
gesto bellissimo! Spero che a vostra volta anche voi apprezziate,
lettrici e
lettori ( lo so che sotto sotto ci siete pure voi maschietti! ) e,
anche se
disapprovate, ditemelo: sono qui a battibeccare :D
Vi lovvo
fes, e ovviamente vi auguro buon anno. Che sia proficuo e ispirato, che
ci dia
belle storie e piacevoli compagnie, spalle su cui piangere e pacche sul
sedere
di cui ridere. Best wishes, Anna.
|
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Capitolo
20
Sui
camminamenti,
noi attendevamo. Gli elfi di Haldir erano disposti lungo le
mura-fossato e
dentro lo spiazzo terroso retrostante, ridotto a poltiglia dalle
innumerevoli
impronte, silenziosi e freddi come solo gli elfi possono essere; gli
uomini di Rohan
erano sopra la porta del trombatorrione, capitanati da Theoden di
Rohan, pronto
a morire e a trascinare con sé l’intero suo
popolo, pur di non lasciare
prigionieri alla Bianca Mano di Saruman.
Non un
sospiro veniva dal Fosso di Helm, persino le pietre e
l’umidità che da esse
trasudava sembravano attendere l’imminente fine
perché si, quella notte saremmo
morti tutti: lo sapevano gli uomini di Rohan, lo sapevano gli elfi di
Lothlorien, lo sapevano i miei amici e lo sapevo io, in piedi sui
camminamenti,
in prima fila per la battaglia. Se proprio non lo sapevo, almeno lo
intuivo:
come potevo pensare ad altro quando mi oscillava davanti agli occhi una
forza
cento volte superiore alla nostra, un oceano nero, fitto di picche
ondeggianti
e irto d’asce di grezzo ferro? Come potevamo credere di
sopravvivere a
guerrieri creati appositamente per combattere, frutto di incroci
bestiali pur
di ottenere quella particolare ferocia, quella peculiare
crudeltà, quelle
caratteristiche che li rendeva Uruk hai?
Nonostante
la vicinanza dei miei amici, di mia sorella, del mio uomo, non potevo
pensare
ad altro che alla morte imminente e a quanto suonassero vuote le parole
dette
solo qualche ora prima. Sfiorai con la mano il Corno di Gondor, posto
di
traverso sul mio fianco, pensando a come mi ero sentita invincibile
mentre lo
suonavo. E ora? Un lampo invase il
cielo,
illuminando la marmaglia nera e micidiale che si avvicinava a noi,
inevitabile,
inarrestabile. Letale.
Il mondo
intero tratteneva il fiato, e noi con lui.
“ Tremi anche tu,
vero? “ La voce di
Giulia mi riscosse. La
guardai, a qualche passo da me, notando le mani stese lungo i fianchi
chiuse
convulsamente a pugno, le labbra strette di paura.
“
Mi sto chiedendo per quale
motivo non sono rimasta nelle grotte con le altre donne. “
Mi
concessi un sorriso. “ Forse
perché non
sei una semplice donna? “
Giulia
si aggiustò per l’ennesima volta la fibbia
dell’elmo, stretta sotto al mento, e
incrociò i suoi occhi coi miei. “
Ormai è
andata. Se moriremo, almeno lo faremo portando con noi qualche bestia
nemica. “
Annuii, tornando a fissare
la vallata. “ Non ti lasceremo da
sola, Giulia. Jadis e
io ti proteggeremo. “ Un lampo squarciò
il cielo buio, ingombro di nuvole e
gonfio di pioggia, dandoci l’ennesima visione
dell’esercito che ci veniva
incontro, così chiara da far male. Sentii il cuore contrarsi
nel petto e,
involontariamente, cercai la mano di Boromir, in piedi accanto a me,
stringendola forte. Lui non mi guardò, ma
ricambiò la stretta con altrettanta
forza.
<<
Non abbiate alcuna pietà! >> Gridò
la voce di Aragorn, così improvvisa da
farmi trasalire. << Perché loro non ne avranno
di voi. >> Mi chinai
in avanti, cercando il ramingo tra le fila di guerrieri con lo sguardo.
Lo vidi
avvicinarsi, la spada in pugno, e passare in rassegna ogni singolo elfo
pronto
a colpire, per poi
fermarsi accanto a
noi.
<<
Siete pronti? >> Ci chiese, la mascella così
contratta da sembrare roccia
e la spada rigidamente stretta nel pugno destro. Legolas e Gimli
annuirono,
gravi, le mani sulle proprie armi, mentre Boromir gli concesse un
sorriso senza
allegria, sguainando la spada lunga dal fodero e scivolando dalla mia
presa.
<<
Sempre. >> Sussurrò, e lo adocchiai nel
preciso momento in cui una fugace
espressione gli attraversò il volto: era gioia, quella? Gioia? Conoscevo
quell’espressione…Gli occhi scintillanti, la
contrazione
della mascella, quella particolare piega delle labbra…
“
Sei
sempre stata una pessima schermitrice, Anna, ma oggi dai il peggio di
te! “
Le parole che Boromir mi aveva urlato sulle rive dell’Anduin,
reso pazzo e
assassino dall’Anello, mi rimbombarono forti e chiare nella
testa, così forti
da sovrastare il rombo del tuono che diede il via alle prime gocce del
temporale sulle nostre teste. Sentii lo stomaco contrarsi, mentre
ricordavo
come mi ero sentita debole in quel frangete, come la spada era pesante,
come mi
ero sentita inutile e sciocca, proprio sciocca, a volermi mettere
contro un
destino già scritto, proprio come questa volta, questa
notte, questa battaglia.
Capii che il panico mi stava invadendo e che non avevo alcuna arma per
contrastarlo. Serrai gli occhi, cercando di pensare ad altro, ma quella
voce,
quelle parole, quell’espressione non faceva altro che
ripresentarsi, ancora e
ancora, centuplicata, e la folle paura che mi attanagliava le viscere
stava
montando come la marea nel mio cervello. Oh
Valar…
Una scrollata improvvisa mi
ridestò da
quell’incubo, facendomi trasalire. Guardai la mano guantata
che mi stringeva
appena sopra al gomito, risalendola sino a incontrare gli occhi grigio
perla di
Boromir- occhi fermi, occhi decisi, occhi attenti e preoccupati.
<< Non
potrò proteggerti sempre, stasera, e se ti lascio combattere
al mio fianco è
perché confido nelle tue capacità.
>> Mi disse, senza allentare la presa.
<< Sei pronta per questa battaglia, Anna, lo sei dalle
Rive dell’Anduin.
Mi hai tenuto a bada in quell’occasione, saprai tenere a bada
qualche orco.
>> Sorrise amaramente a quelle ultime parole e mi sentii
stranamente sollevata,
quasi senza peso. Boromir si chinò al mio orecchio.
<< Dobbiamo farcela,
Anna, lo dobbiamo a noi, al sentimento che ci lega. >>
Tacque, prima di
parlare, emozionato come un bambino. << Io…io
voglio sposarti, Anna.
Quando questo sarà finito, voglio essere una cosa sola con
te, davanti agli
Uomini e ai Valar, uniti per sempre. >>
Mi
scostai un poco, concedendomi il lusso di spendere tempo a guardarlo.
Ricordai
quando ci eravamo conosciuti, quanto ci odiavamo e quanto ci eravamo
amati.
Pensai a quanto ancora avevamo da vivere, mentre un lamento si alzava
dal mio
profondo per dire che no, non era giusto, non dovevamo finire
così, ammazzati
da un manipolo di orchi, lontani da casa e dagli amici. E
come doveva finire, se non così?
“
Decidiamolo noi, sorella.” Le parole ed
un leggero fruscio
metallico mi fecero voltare verso Giulia, che teneva la spada nella
destra,
perfettamente conscia di ciò a cui andava incontro, eppure
determinata ad
andare fino in fondo. “ Scriviamolo
noi,
questo cazzo di finale. “
Sorrisi
alla solita ruvidezza di mia sorella, tornando a guardare Boromir.
<< Lo
voglio con tutto il cuore. >>
Gli
occhi grigi scintillarono di gioia, mentre il viso si apriva al
più felice dei
sorrisi. << Combatterò per te, stanotte.
>> Sguainai a mia volta la
spada, stringendola saldamente nel palmo nudo, e tornai a fissare la
massa nera
ma non con paura, bensì con sfida. <<
Combattiamo per noi. >>
L’esercito
di Saruman si fermò a qualche metro dalle mura, ondeggiando
picche e stendardi,
mentre ordini venivano sbraitati in versi gutturali. Feci un profondo
respiro,
sentendo ogni pelo del mio corpo rizzarsi per la paura e la tensione.
Mi chiesi
come stesse Jadis, giù con gli altri elfi, nello spiazzo
dietro le mura.
Sbirciai i miei amici, ormai fratelli: Legolas e Gimli erano alla mia
sinistra,
le mani strette così saldamente alle proprie armi da avere
le nocche bianche;
Giulia era al mio fianco, la spada ben dritta in avanti, le spalle
rigide, le
gambe aperte per avere maggiore stabilità; Boromir e Aragorn
erano alla mia
destra, il primo leggermente più alto e massiccio del
secondo, entrambi con la
spada sguainata e lasciata a riposare lungo il fianco. <<
E’ un onore
combattere al tuo fianco. >> Disse Boromir
all’improvviso, così alla
sprovvista da far trasalire Aragorn. Si scambiarono una lunga occhiata
di
intesa, prima che Aragorn facesse un inchino col capo. <<
Il piacere è
tutto mio, fratello. >>
Fu
allora che un leggero mugolio arrivò dal nemico. Osservammo
con più attenzione
quella marmaglia fetida, fissando i loro elmi bitorzoluti e chiusi,
coì chiusi
da non sembrare nemmeno lasciare spazio per il respiro. Un ruggito
venne da
qualche parte sulla destra, un verso di sfida, subito seguito da un
altro verso
più profondo. Le picche iniziarono ad ondeggiare come
flessuose canne, pestando
la terra con così tanta forza da credere di spaccarla,
mentre i grugniti si
trasformavano in urla e si riusciva a percepire un solo, unico nome, un
inno al
padre e signore, così ritmato da essere un canto di guerra: Saruman!Saruman!Saruman!Saruman!
Gli
archi accanto a noi si tesero, gli elfi avevano incoccato la prima
freccia,
l’inizio era più che prossimo. Vidi Legolas
tendere l’arco e lo sentii dire a
Giulia di abbassarsi e di stare ferma, ma non ebbi il coraggio di
voltarmi,
ipnotizzata dal grido di battaglia degli Orchi. Aragorn aveva portato
la spada
al volto, baciandone la lama, e sembrava di pietra mentre fissava il
nemico.
<< Ci siamo. >> Sibilò Boromir e
vidi con la coda dell’occhio
Aragorn alzare la mano per dare l’ordine di tirare. Ma dai
camminamenti sopra
la porta un sibilo giunse alle nostre orecchio. Senza alcun motivo, un
orco si
accasciò a terra grugnendo di dolore, sferragliando nella
rovinosa caduta. Il
piumaggio di una freccia sbucava da sotto il corpo, conficcata
all’altezza
della gola. Aragorn gridò forte di stare fermi e quello fu
l’ultimo rumore
prima del silenzio: gli orchi, infatti, avevano interrotto il loro
canto di
battaglia, gli occhi fissi sul compagno caduto. Poi, il silenzio si
spezzò in
mille versi di sfida, mentre gli
orchi
iniziavano a caricare le mura.
Li
vedemmo partire tutti assieme, in una massa di ferro che sembrava un
oceano.
Sentii Aragorn dare l’ordine di tirare. Lasciai che le frecce
mi sfiorassero,
conscia che nessuno mi avrebbe mai colpita se non un nemico. Con la
coda
dell’occhio vidi Giulia immobile, tesa in mezzo allo stormo
di frecce. “ Tranquilla “,
la rassicurai. “ Non ti
colpirà nessuno. “
“
Non ho mica paura degli elfi,
io… “
Precisò
mia sorella. Qualcosa saettò appena sopra la mia testa,
facendomi restare così
scossa da ammutolirmi. Sentii un liquido caldo colarmi sulla fronte e,
quando
lo toccai con l’indice, capii che era sangue. “
Vedi? “ disse Giulia, gli occhi sgranati dallo
spavento. <<
E’ di quello, che ho paura. >>
Le
raffiche di frecce iniziarono a diminuire, mentre Aragorn alzava la
spada.
<< Le scale! >> Gridò,
muovendosi per i camminamenti. <<
Sguainate le spade! >> Vidi Gimli gongolare come un
ragazzino, passandosi
l’ascia di mano in mano, mentre io sentivo il sapore del
sangue in bocca: era
sempre così, prima di una battaglia. Combattiamo
per noi, mi dissi, cercando un briciolo di coraggio e, quasi
per caso, mi
ricordai del Corno al mio fianco. Afferratolo, ci soffiai dentro con
quanto
fiato avevo in corpo, godendomi le occhiate dei miei compagni e non
solo.
<< Spediamoli all’INFERNO!
>> Gridò Giulia mentre l’eco si
spegneva e il primo orco faceva capolino
dalle mura merlate. Con un urlo, lo colpì nella zona
scoperta del ventre,
squarciandolo. Sangue caldo e nero si riversò a terra,
sporcandole gli stivali,
ma non c’era tempo per badare ai dettagli: dove se ne
uccideva uno, eccone
altri tre.
D.I.F.
Ciao
giovani!
Come andiamo? Qui nel mio altrove, be…le cose sono cambiate.
Parecchio. Diciamo
che… non sono più vergine del mondo. Mi dispiace
per la prolungata attesa, nonché
per il chappi assai loffe e magari impreciso, ma spero di aver superato
bene il
blocco della noia/ansia/nonsochecazzomièpreso! Spero di
ricominciare a scrivere
con regolarità (pfff! Non ci credo nemmeno io!) e di porre
fine a questa storia…
perché merita di essere conclusa. Almeno questa.
Ringrazio
chi ci sarà ancora e chi vorrà nuovamente
recensire le mie sporche parole.
Saluti e benedizioni, un’Anna diversa.
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