The listener: Un giorno a scuola

di ChiaraLuna21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** Nella scuola ***
Capitolo 3: *** La verità ***
Capitolo 4: *** La fine ***
Capitolo 5: *** Il dopo ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


INIZIO

Oz guidava l’ambulanza nel traffico della città.
Toby guardava fuori dal finestrino le auto parcheggiate succedersi una all’altra.
Quella mattinata puzzava di noia per entrambi.
… non avevano ancora fiutato il pericolo …
 
Quello sembrava solo un altro giorno da incubo per tutti quegli alunni.
Nessun assente …
Nessun argomento nuovo …
Nessuna pietà per gli interrogati …
Tutto normale …
… almeno così sembrava …
 
Nessuno sapeva come era entrato …
Nessuno sapeva come era salito …
Nessuno sapeva come farlo uscire …
Perché nessuno lo aveva fermato?
In fondo era entrato in una scuola armato ed era salito fino all’ultimo piano!
Perché tutti dicevano di non averlo visto?
Quello sembrava il più grande mistero di quella giornata di paura …
 
«Pensi che ci sia qualcuno al mondo con poteri  … strani … ma diversi dai tuoi?» disse Oz nel disperato tentativo di dare un po’ di vita alla giornata.
«Cosa?»
«Beh, sì, persone che non leggono nel pensiero, ma che hanno qualche potere … anormale, ecco…»
«Non … non ci ho mai pensato …» Toby non aveva mai preso in considerazione quell’idea.
«Beh, dovresti …»
«Vettura 21? Qui centrale. La vostra presenza è richiesta all’incrocio tra la 10a e la 23a»disse la radio.
«Centrale? Qui vettura 21. Arriviamo.» fu Toby a rispondere.
«Che fortuna. Temevo di dover girare in tondo tutto il giorno!» e detto questo, Oz accelerò.
 
La zona era circondata da poliziotti e curiosi, oltre a uomini e donne preoccupati.
«Salve, agente McClusey!» salutò Toby con un sorriso, mentre si avvicinava con Oz.
«Ciao Toby!»
«Aveva un che di sospetto la chiamata dalla centrale! Qual è il problema?»
«Vedi, questo è un liceo.» disse Michelle indicando l’edificio di fronte. « Oggi si è intrufolato un uomo armato al suo interno ed è salito fino all’ultimo piano.»
«Ma come …?»
«Come ha fatto? Nessuno lo sa. Nessuno lo ha visto. Ha preso in ostaggio due classi e due professori. Siamo riusciti a far evacuare il resto dell’istituto.»
«Okay. Ha già fatto qualche richiesta?»
«No, è questo il problema! E ora intervieni tu …»
«Vuoi che trovi nel suo cervello il motivo per cui è qui?»
«Esatto, professor X.»
«Okay, lo faccio. Ma non  chiamarmi mai più così!»
Toby entrò in uno stato di trance sotto lo sguardo dell’agente e dell’amico.
In un attimo fu invaso dai pensieri di tutte le persone che si erano fermate intorno alla scuola.
Non erano tanto i curiosi a spaventarlo, quanto i genitori e tutti quelli realmente preoccupati.
I pensieri di quell’uomo erano forti, molto forti, ma lontani, e i pensieri vicini, anche se meno intensi, li “nascondevano”, per così dire.
La paura, il terrore e la disperazione gli invasero la mente, lasciando ben poco spazio al resto.
Non sopportava tutto quello. Non ci riusciva.
Sentì la testa esplodergli.
Chiuse gli occhi e urlò. Urlò forte.
«Toby!» lo chiamò Oz aiutandolo a reggersi in piedi.
Aprì gli occhi e ritornò nel mondo reale.
«Sto … sto bene …» balbettò mentre respirava forte «Non … non ho mai letto i pensieri di tanta gente spaventata insieme …» E si massaggiò la testa con una mano.
Guardò Michelle e scosse la testa. «Non … non l’ho sentito. È … e troppo lontano. Se mi potessi avvicinare, forse,…»
«Non pensarci nemmeno! Sei pur sempre un civile, e sotto la mia responsabilità, per giunta!»
«Andiamo, Michelle! Digli … digli che mandi un paramendico per controllare la salute degli ostaggi. Non potrà negartelo!»
«Toby, io potrei anche, ma sai che se entri là dentro, non è detto che ti farà uscire?»
Annuì. «Lo so!»
Michelle sospirò rassegnata. «Okay.» Poi si rivolse ad un agente «Passami il megafono.»
 
Toby stava prendendo l’occorrente per quella pseudo copertura nel retro dell’ambulanza.
Oz lo guardava in silenzio ricontrollare quel borsone prestando ben poca attenzione alle parole dell’agente McClusey filtrate dal megafono.
«Sei sicuro sia una buona idea? Infondo non sai chi sia quel tipo!»
«Non penso sia un alieno e … no, non sono pazzo.»
«Scusa, dimenticavo che tu senti tutto. Comunque potrà non essere un alieno, ma potrebbe avere cattive intenzioni!»
Toby si fermò e fissò l’amico negli occhi. «Oz, è entrato in una scuola armato e ha due classi in ostaggio: dubito possa avere intenzioni peggiori!»
«Già …» disse Oz abbassando lo sguardo e accennando ad un sorriso amaro.
«Smettila di essere preoccupato, ti prego!»
«Puoi smetterla di leggermi nel pensiero?! Mi sento … violato, ecco …»
«Ora non stavo leggendo …»
I due amici si sorrisero.
Toby si mise la borsa sulla spalla. Tese il pugno e Oz sbatté il suo contro quello del compagno.
«Torna tutto intero, okay?»
Toby sorrise e se ne andò: non c’era bisogno di un telepatico per capire che la risposta era affermativa.
 
Superò le strisce di blocco che circondavano l’edificio e iniziò a salire le scale.
«Signore, stia calmo! Sono un paramedico!» Ormai ripeteva quella cantilena a memoria, quasi istintivamente. In quelle parole aveva imparato a opprimere la paura, la tensione, l’ansia e anche la rabbia.
Quell’uomo socchiuse il cancello e iniziò a borbottare qualcosa, ma Toby non la capì. Era ormai sotto il porticato quando comprese il discorso.
«Si fermi, altrimenti sparo! Giuro che sparo!»
Si fermò e sollevò le mani in segno di resa.
«La prego! Non voglio farle del male! Mi lasci solo fare il mio lavoro!» e detto questo si avvicinò di un altro passo.
Fu allora che avvenne: premette il grilletto e sparò un colpo.
Il proiettile penetrò la spalla destra di Toby.
Il resto sembro la scena di un film, a rallenty, per giunta.
Il paramedico sentì un dolore lancinante alla spalla.
Aprì la bocca, come per urlare, ma non uscì nessun suono.
Perse l’equilibrio e cadde in ginocchio, mentre la mano sinistra correva il più veloce possibile al braccio.
Fu inondato da pensieri forti che gli fecero venire il mal di testa.
… tra quei pensieri riconobbe anche quello di Oz, più forte di tutti gli altri … 

 

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Capitolo 2
*** Nella scuola ***


Nella scuola

I pensieri erano fortissimi. Non pensava di riuscire a controllarli. Quelli di Oz, poi, erano quasi inquietanti.
Cercò di concentrarsi sull’uomo davanti a lui che cercava di nascondersi dietro una colonna.
Quel tipo prese una ragazza per un braccio, la tirò a sé e le puntò la pistola alla testa.
«Entra, o la ammazzo!»
La ragazza era sull’orlo di una crisi e stava per mettersi a piangere.
«Okay! Okay, entro! Stia calmo, entro!»
Si alzò lentamente e iniziò ad avvicinarsi al cancello.
Appena varcò la soglia, l’uomo la chiuse dietro di lui.
 
«Ma cosa fa? Gli ha appena sparato! Cosa sta facendo?»
Oz era isterico. Si sentiva in colpa perché non era riuscito ad aiutarlo. E, in oltre non capiva cosa Toby stesse facendo, e questo lo rendeva solo più nervoso.
«Non lo so!» disse Michelle evidentemente preoccupata.
 
I ragazzi e i professori erano seduti a terra, con le spalle contro il muro, uno affianco all’altro.
L’uomo lascio andare la ragazza, che tornò a sedersi vicino alla sua amica.
Poi afferrò per il braccio destro Toby e strinse forte.
«Che ci fai qui? Confessa!» Parlava a denti stretti, con le labbra vicinissime al suo orecchio.
Doveva mantenere la propria copertura finché era possibile, anche perché spiegare il vero motivo per cui era lì non era facile.
«Sono un paramedico! Dovevo controllare l’incolumità degli ostaggi!»
Ci fu un attimo di silenzio che durò un secolo.
Fa che non mi scopra! Fa che non mi scopra! Solo allora Toby si accorse di ansimare.
L’uomo lo spinse a terra. Il ragazzo si girò e lo guardò in faccia.
«Voglio crederti. Ora vai con gli altri!»
Toby fece un cenno con la testa e strusciò fino al muro.
I pensieri degli altri erano ancora nella sua testa. Fece un respiro profondo, strinse leggermente un pugno e riuscì finalmente a sopprimerli.
L’uomo cominciò a camminare aventi e indietro per tutto l’atrio.
Toby girò la testa alla sua destra e vide un ragazzo e una ragazza: lui la stringeva tra le sue braccia cercando di tranquillizzarla.
I due lo guardarono negli occhi. «Si … signore, sta bene?» chiese il ragazzo.
«Sì … sì,sì, sto bene. Posso … posso chiederti quante persone siamo?»
Il ragazzo annuì, controllando che l’uomo fosse ancora distratto. «Siamo due classi da ventotto persone l’una, più due professor e lei … 59! Siamo 59!»
Toby annuì. «Bene! Come … come vi chiamate? »
«Io Scott e lei Tina.»
«Scott e Tina … va bene … io sono Toby … ragazzi, state calmi,okay? Si risolverà tutto!»
I due si strinsero di più l’uno all’atro e fecero un cenno con la testa.
Il paramedico guardò l’uomo in piedi che era deciso a camminare senza mai fermarsi.
Doveva trovare un modo per liberarli, a costo di fare qualcosa di davvero  stupido e pericoloso; tanto, peggio di così era difficile che andasse.
«Sa … mi sono sempre chiesto ciò che pensano le persone quando fanno qualcosa di avventato! Perché … perché non me lo spiega? Lei cosa pensava stamattina?»
«Che cavolo hai detto?!» disse l’uomo poggiando la schiena alla colonna. «Vuoi sapere cosa pensavo? Lo vuoi sapere davvero? Pensavo che quello stronzo doveva pagare!»
«Chi doveva pagare? Perché doveva pagare? Che … che centra con questo istituto?»
La spalla gli faceva un male atroce, tanto che a  malapena riusciva a ragionare.
Non riusciva neanche a concentrarsi sui pensieri di qual tipo. Generalmente gli veniva quasi naturale, ma ora … ora gli sembrava quasi impossibile.
«Chi deve pagare?! Il professor John Thomas deve pagare! E vuoi sapere perché? Lo vuoi davvero sapere? Perché mi ha rovinato la vita! Mia moglie mi ha lasciato! Mio figlio di 9 anni quando mi vede cambia strada! Ed è tutta colpa sua! È colpa sua se io …»
«Cosa … cosa è colpa sua?» Toby stava per raggiungere il suo obiettivo.
«Niente! Niente! Non posso dirti quali e quante colpe gli gravano sulle spalle!» improvvisamente quell’uomo gli sembrava maledettamente indifeso.
I suoi pensieri si fecero forti e, finalmente, Toby li vide.
 
C’erano molti macchinari.
L’uomo che ora gli era di fronte era disteso su un lettino senza maglietta in una stanza simile ad una sala operatoria, ma più scura.
Ansimava. Ansimava forte.
Un uomo barbuto con un camice da medico gli mise degli aghi nelle braccia.
«Andrà tutto bene …»sentiva l’eco di queste parole mentre il “dottore” gli sorrideva.
Sentì un forte dolore. L’uomo sul lettino ebbe le convulsioni. Urlò molto forte, e quell’urlo gli invase la mente.
Il resto era confuso:… il Gran Canyon,… un villaggio settecentesco,… un parco giochi,… un’arena romana con i leoni,…
 
Toby tornò alla realtà e vide che quel tipo gli stava puntando contro la pistola.
«Cosa era quella faccia?»
«È … è la ferita! Mi fa un male cane!»
La risposta dovette convincerlo, perché annuì e abbassò l’arma.
Toby non sapeva bene cosa aveva visto, anzi, non ne aveva la più pallida idea, ma doveva scoprirlo.
 
«Dove saranno? Perché non fa richieste? E se … e se la pallottola avesse colpito un’arteria? E se avesse colpito il cuore? E voi cosa state facendo? Toby è là dentro, probabilmente sta morendo, e voi cosa state facendo? Eh? Cosa?»
Oz sembrava una macchina spara domande rotta: continuava a fare supposizioni surreali che non facevano che deconcentrare Michelle e farla preoccupare ancora di più.
«Oz … ascolta … noi ora non possiamo che aspettare. Poi, per quanto riguarda la ferita, anche se non sono un paramedico, mi sembra che non abbia centrato un’arteria, e, inoltre, se fosse stato colpito al cuore, non sarebbe riuscito ad alzarsi, non credi?»
Il paramedico annuì con vigore, visibilmente confortato.
Si voltò e tornò all’autovettura.
 
Toby optò per una nuova idea, sperando solo di non irritarlo troppo e costringerlo a sparare.
«Sa, non capisco perché trattenga tutti questi ragazzi. Infondo … infondo loro che centrano? Su, li lasci. Scommetto che non sanno neanche chi sia questo … Thomas.»
La proposta era allettante, ma non era convinto, glielo leggeva in faccia. A Toby questo non  bastava.
«Senta … senta Signor … Signor …?»
«Matt. Il cognome non serve.»
«Bene, signor Matt. Vede, secondo me lei non è uno stupido. Perciò penso che non ci sia bisogno che sia io a dirle che più tempo stiamo qui senza dare notizie, più è pericoloso per lei, come penso che sappia che tenere molti ostaggi è una garanzia … ma può anche essere molto pericoloso. Ad esempio … ad esempio prenda il caso che … che a questi due ragazzi venga in mente un piano geniale.» con queste parole puntò un dito contro i ragazzi che gli erano affianco «Potrebbero diffonderlo e poi metterlo in atto. Pensi a … a 59 persone che le vengono contro. Cosa farebbe?»
«Ho una pistola apposta.»
«Già … una pistola … quanti colpi ha una pistola? E, ipotizzando che lei abbia abbastanza colpi per sparare a tutti, crede di poterli far partire tutti contemporaneamente? E, inoltre, vuole davvero essere anche accusato di omicidio? E poi per cosa? Per sessanta ragazzi spauriti. Pensa di riuscirci? Ma, soprattutto, pensa che ne valga la pena?»
Quel Matt iniziò a sudare freddo.
In quel momento poteva avere due reazioni: ucciderli tutti, o dare retta alle parole di Toby.
«Fingiamo che io … io decida di accettare … senza ostaggi la polizia non avrebbe motivo di non entrare, giusto?»
Il paramedico temeva quel momento, ma sapeva che prima o poi sarebbe arrivato.
«Bene, allora tenga me come ostaggio. Infondo sono l’unico che può fare un identikit. Chi altro credi ci riesca? Questi ragazzi che si prendono ancora la zuppa di latte la mattina? Oppure questi professori rincitrulliti?»
Sperava ci cascasse, perché quella poteva essere la loro ultima spiaggia.
Matt annuì. «Bene, allora loro vanno, ma tu resti …»
C’era riuscito. Non sapeva come ma c’era riuscito.
L’uomo si avvicinò alla finestra e iniziò a parlare con la polizia.
Toby si girò verso Scott e Tina, già più tranquilli.
«Scott, senti, devo chiederti un favore: là fuori c’e una mia amica agente e un mio amico paramedico. Quando esci devi andare da loro de dirgli che sto bene, ma soprattutto devi aiutare il più possibile la mia amica. Lei si chiama Michelle McCusey. Okay? Me lo prometti?»
«Ragazzi, tutti fuori prima che cambi idea!»
Scott annuì a Toby. «Certo! Lo farò. Buona fortuna, e grazie di tutto.»
Detto questo scomparve nella folla con Tina.
 
Oz non aveva sentito una sola parola di quello che aveva detto l’uomo nella scuola, ma aveva visto i ragazzi uscire uno dopo l’altro, poi i professori, e poi … poi basta!
Dove era Toby? Perché non era uscito con gli altri?
Si precipitò da Michelle. «Dove è Toby?»
Non era sicuro di voler sentire la risposta.
«Oz, senti, quel tipo ha deciso di tenere un ostaggio …»
Non voleva ascoltare le parole che avrebbero seguito. Non voleva, perché gli avrebbero fatto troppo male. Ma le udì comunque.
« … ha deciso di tenere Toby!»
Le emozioni che provò erano molte e opposte: rabbia, paura, isteria, preoccupazione, angoscia, dolore,…
Le stava ancora elaborando quando uno degli ostaggi si avvicinò a Michelle.
« È lei l’agente McClusey?»
La donna annuì.
Poi il ragazzo disse quelle parole magiche: «Salve, mi chiamo Scott. Mi manda Toby!»
 

 
 
 
 
Ho deciso di non aspettare troppo per il capitolo successivo.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e che leggeranno la storia.
Qualche commento non dispiace, ma grazie anche a chi fa valere il suo silenzio come mille parole. 

 

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Capitolo 3
*** La verità ***


La verità
 

« È stato grandioso: dovevate vederlo. Ci ha salvati tutti!»
Il ragazzo era poggiato al cruscotto della vettura della polizia e parlava del paramedico che lo aveva appena salvato come un bambino parla del suo supereroe preferito.
«Ha iniziato a confonderlo mettendogli i testa idee assurde, come l’ipotesi che noi potessimo rivoltarci contro, e quello c’è cascato!»
Toby, ma che combini? E se quello fosse impazzito?
Oz era realmente preoccupato, ora quasi più di prima. Perché il suo amico aveva dovuto fare l’eroe? E se quel tipo avesse scoperto il gioco a cui stava giocando? Non voleva pensarci. Non poteva.
«Okay, Scott. Va bene. Ora dicci perché ha deciso di tenere Toby.» disse l’agente McCluskey.
Scott scosse la testa. «Non ha deciso lui di tenerlo. Quel tipo … Matt! Ecco come ha detto di chiamarsi: Matt! Lui non era del tutto stupido e ha capito che non poteva lasciarci andare tutti, altrimenti voi sareste entrati. Così Toby si è offerto di restare.»
Fece un sospiro. «Ha detto … ha detto di dirvi che sta bene e mi ha chiesto … mi ha chiesto di aiutarvi.»
Michelle annuì. «Bene. Scott, ti ricordi se ha detto il motivo per cui era lì?»
Il ragazzo fece un cenno con la testa. «Sì, ha detto che era lì per vendicarsi di un certo professor John … John Thomas, ecco! Ma non so perché era entrato a scuola nostra.»
«Bene, Scott, puoi andare. Grazie del tuo aiuto. »
Il ragazzo sorrise e tornò dai genitori.
«Oz, smetti di fare quella faccia truce: se Toby è riuscito a liberarli avrà la situazione in pugno.»
«Già … speriamo solo non in quello destro …»
 
Erano soli. Finalmente erano soli. Doveva riuscire a fallo confessare, a farlo parlare.
«Perché proprio questa scuola? Non me l’hai ancora detto.»
«Lui … lui lavora qui …» disse guardando a terra.
«Che le ha fatto?»
«Ho già detto che non posso dirlo.»
«Non vuole, perché altrimenti potrebbe.»
«Anche volendo dirtelo non mi crederesti.»
«Scommettiamo?!»
Non sapeva le condizioni della ferita, ma gli faceva sempre più male.
«Okay, lo vuoi sapere davvero? Allora te lo dirò: io viaggio nel tempo e nello spazio alla velocità della luce.»
 
«L’abbiamo trovato!»
Oz si fece subito attento, anche non sapendo bene a chi si riferisse Michelle.
«Abbiamo trovato quel John Thomas. Lavora in questa scuola, ma non come professore …»
«In che senso?»
«Nel senso che fa il bidello!»
«Che cosa?! Allora perché lo chiama “professore”?»
«In effetti lui è un professore: ha una laurea in medicina, e ha presentato una tesi sulla trasformazione e il potenziamento del gene umano.»
«Che?!»
«Vuol dire che ha studiato i vari modi per potenziare il corpo dell’uomo, ovviamente solo in via teorica.»
Oz  annuì. Poi pensò un attimo a quelle parole. «Siamo sicuri solo in via teorica?»
 
Toby rimase interdetto: quella era l’unica risposta che non aveva considerato.
Matt non sopportava lo sguardo del paramedico.
«Tu non mi credi …» e detto questo gli puntò l’arma contro e tolse la sicura.
«Ehi … ehi, non … non ho mai detto questo …»
Pronunciando queste parole mise le mani avanti come per proteggersi, lasciando scoperta le ferita e permettendo al sangue di fluire fuori dal taglio.
Ebbe un calo di pressione: iniziò a vedere doppio, ma poi si riprese.
«Restiamo … restiamo calmi, okay? Se là fuori sentono … sentono uno sparo, quanto crede ci metteranno ad entrare?!»
La risposta era sottintesa: meno di un secondo.
«Io le credo, ma voglio sapere cosa centra il professor Thomas.»
Matt si poggiò alla colonna e scivolò fino a terra. Era avvilito, arrabbiato, solo …
Toby sapeva come ci si sentiva …
«Sono nato con questo potere. All’inizio mi restava solo un senso di déjà vu … come un sogno … » Fece un profondo sospiro. «Poi … poi peggiorò, per così dire: iniziai a vedere scene del passato, a risvegliarmi nella casa settecentesca del re di Francia, o durante la caccia alle streghe in Italia …
«Gli spostamenti nello spazio e nel tempo erano collegati e involontari … non riuscivo a controllarli … rischiavo di impazzire …
«Solo successivamente capii come fermarmi, e iniziai a utilizzare questo … questo potere solo in caso di emergenza. Mi sposai e iniziai una vita felice.
«Poi, circa un anno fa, incontrai lui, io professor John Thomas. Disse che sapevo cosa ero e che poteva aiutarmi a … “potenziare” le mie abilità.»
Toby rivide tutta la vita di quell’uomo nei suoi pensieri.
«Fece una serie di esperimenti, e infine un’operazione. Quando finii potevo spostarmi solo nello spazio o solo nel tempo,… o potevo utilizzare i miei poteri contemporaneamente.»
Ora il paramedico capiva cosa erano quelle scene confuse nei suoi pensieri: erano viaggi!
«Cosa cambiò dopo l’intervento, a parte questo?»
«Iniziò a controllare i miei poteri lui, grazie a un cip che aveva inserito nel mio collo, così che io scomparissi davanti agli occhi di mia moglie o agli incontri scuola-famiglia di mio figlio. Dopo poco dovetti dire tutto alla mia consorte, che era rimasta all’oscuro dei miei poteri passati e presenti: mi diede del mostro e del bugiardo, e quella stessa sera se ne andò con nostro figlio. Gli disse che io ero il mostro che tormentava tutte le sere i suoi sogni …»
«Io … mi dispiace …»
«Fu allora che decisi che doveva pagare per quello che aveva fatto: individuai il cip e lo tolsi, disattivandolo. Poi lo cercai e mi dissi che gli avrei puntato contro lo stesso coltello che mi aveva infilato nel petto: sa perché non mi ha visto nessuno? Perché mi sono trasportato in questa scuola. Il fatto e che il trasporto nei palazzi non è preciso, e ho sbagliato piano …»
Ci fu un attimo di profondo silenzio.
Fu Toby a romperlo: «Perché … perché non si è teletrasportato fuori da qui?»
«Ci ho provato, ma quello non deve essere l’unico cip che mi ha infilato nel corpo durante l’operazione: forse ce ne è un altro che disattiva o neutralizza i miei poteri in caso lui si senta in pericolo. Deve averlo attivato durante l’evacuazione.»
Ancora silenzio.
Perché alla fine niente è come sembra all’inizio?
Perché i carnefici sono sempre prima vittime?
Perché Toby non aveva la più pallida idea di che fare?
 
«Salve, mi ha mandato a chiamare un certo agente McCluskey.» chiese l’uomo all’agente.
«Sono io!» disse Michelle avvicinandosi, avendo sentito il proprio nome.
Oz la seguiva come un ombra.
«Piacere!» disse l’uomo barbuto tendendole la mano. «Sono John Thomas. So che mi cercavate.»
«Sì, in effetti la cercavamo.» disse Michelle cordialmente sorridendo e stringendogli la mano. «Volevamo sapere perché, dopo l’evacuazione, è stato l’unico a tornare tranquillamente a casa.»
John fece una faccia indifferente e mostrò il suo sorriso più tranquillo. «Non ne vedevo il motivo. Infondo … non è questa la mia attività, bensì un altro, e non c’era motivo di intralciare il lavoro di agenti tanto esperti, come lei.»
«Le lusinghe con me non funzionano: cosa ha pensato quando se ne è andato?» Michelle era diventata improvvisamente seria e aggressiva, segno che sapeva che quel tipo stava nascondendo qualcosa.
«Ho pensato che non era affar mio!» Il sorriso gli era improvvisamente sparito dal volto.
«Oh, non era affar suo? Non era affar suo che quasi sessanta studenti nella scuola dove lavora siano stati presi in ostaggio da un pazzo che, tra l’altro, sembra sia qui per lei? Già, ha capito, per lei. Ma questo, ovviamente, già lo sapeva, altrimenti non se ne sarebbe andato; altrimenti non sarebbe così tranquillo.»
«Queste sono solo insinuazioni: non ha prove!» anche il professor Thomas si era fatto serio, segno che aveva capito che Michelle era un osso duro, e non un bocconcino da mangiare a colazione.
«Non della seconda parte, ma della prima ho un testimone: uno dei ragazzi ostaggi.»
«Testimonianza credibile, non è vero? Ma per favore! Quel ragazzino era spaventato a morte, e sicuramente non sapeva neanche cosa diceva. Come ho già detto: non ha prove!»
«Già, già … ha ragione … finga che non le abbia detto niente. Ma mi tolga una curiosità: era l’affare di chi? Del paramedico Toby Logan? Perché, sa, lui si è offerto di parlare con quel … Matt … anche se non aveva mai visto né lui né questa scuola. E sa che fina ha fatto? Gli hanno sparato. E, invece di cercare di uscire vivo da questa storia, ha cercato di salvare i ragazzi. Quei ragazzi che lei ha abbandonato. E ora è lì dentro, da solo, e non sappiamo nemmeno se è vivo!» Oz impallidì di colpo a quelle parole. «Toby è una mia responsabilità. Ma soprattutto, è un mio amico.»
 La risposta che John diede fu fredda e cruda, firmata da un sorriso spavaldo e malvagio: «Agente McCluskey, credo lei sia troppo immersa in questo caso: non la prenda sul personale!» poi si girò, con quel sorriso ancora sul volto, e se ne andò, così come era venuto.
 
 

 
Ammetto che la storia sta prendendo una piega un po’ … dispersiva.
Spero solo che apprezziate lo sforzo.
Grazie a tutti. 

 

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Capitolo 4
*** La fine ***


ATTENZIONE: voglio avvertirvi che, al contrario dei capitoli precedenti, ho preferito raccontare questo in prima persona, a causa delle forti sensazioni che devo evidenziare nei personaggi.
In questo caso un rigo di spazio non segnala solo un cambiamento di luogo, ma anche un cambiamento di POV.
Cercherò di essere il più chiara possibile, per evitare eventuali confusioni.
Grazie a chi continua a seguire questa storia.

 
  La fine
  Cosa potevo fare? E anche sapendo cosa fare, come lo potevo fare? Avevo un braccio ferito e nessuna chance.
Sentivo il sudore scorrermi lungo il volto. Perché sudavo? Non avevo caldo.
Questo non è un buon segno!  E non c’era bisogno del parere del paramedico che era in me per dirlo.
Ansimavo. Ansimavo perché, improvvisamente, mi sembrava che l’aria fosse sparita.
Eppure ero certo che lì ci fosse ancora aria, altrimenti perché quel Matt con me sarebbe stato così tranquillo?
Neanche questo è un buon segno!
Mi imposi di smettere di pensare a quello e di concentrarmi sulle cose serie: cosa potevo fare? A quel punto la cosa mi puzzava tanto di “o te o me”.
Dovevo pensare a un piano. E ad uno serio, visto che dubitavo in un altro colpo di fortuna, come quello di non molto prima.
Perché tutto continuava a sembrarmi così lontano? Infondo, solo poche ore prima stavo parlando con Oz nell’ambulanza. Perché ora mi sembrava fosse successo un secolo avanti?
Basta! Dovevo assolutamente concentrarmi su come uscire da lì.
Ma i  miei pensieri continuavano a tormentarmi …
 
Continuavo a girare in tondo.
Come se quello potesse cambiare qualcosa!
Toby era là dentro, e io non avevo la più pallida idea di come tirarlo fuori.
La cosa mi rendeva solo più nervoso.
Così continuavo a girare …
Mi fermai di colpo con una voglia matta di prendere a pugni qualcuno.
Se poi, per caso, quel qualcuno, fosse stato proprio quel Matt … di certo non mi sarei lamentato …
Dovevo avere proprio una faccia truce, perché Michelle mi si avvicinò e mi disse: «Oz, è inutile che tu stia qui. E meglio che tu vada a casa.»
«Non finché Toby è là dentro!» Ero deciso. Si sentiva dalla mia voce.
Michelle sospirò.«Oz, ti capisco. Ma finché resterai qui sarai solo in pericolo. Lo sai che Toby non vorrebbe …»
Aveva ragione … aveva tremendamente ragione … ma non me la sentivo di andarmene, sapendo che lui era dentro.
«Allora fammi fare qualcosa! Insomma … qualsiasi cosa …»
«Ma cosa? Vuoi che ti faccia andare sotto copertura? »
Solo dopo averlo detto si rese conto dell’idea che mi aveva messo in testa.
Possibile che non ci avessi pensato prima? Potevo andare sotto copertura.
Ebbi appena il tempo di fare un sorriso complice. «Oz, no! Era una battuta! Mai sentito parlare di ironia? Dimenticalo! Non ti manderò mai sotto copertura. Mai!»
Finsi di mettere il broncio. «Perché no? Dai … andiamo … una volta sola …»
«Questo non è un gioco, Oz! Come farò a fartelo capire? Quello che succede è vero! Chi muore, muore per davvero! Non … non posso  rischiare la vita di civili! Né la tua … né quella di  Toby …»
Avevo toccato un brutto tasto. Anche lei stava male … anche lei si sentiva in colpa …
«Scusa … io non volevo …» le parola mi sembravano profondamente insignificanti, quindi tacqui.
Scosse la testa, come per dirmi che non faceva niente. Ma io sapevo che le importava.
Guardai l’ambulanza di Carl e Jason, chiamata insieme alla nostra per supporto.
Quella poteva essere l’unica speranza di salvezza per Toby, una volta fuori …
Se mai uscirà …no … non dovevo pensarci … lui sarebbe uscito …
«Michelle, scusa, il fatto che non posso pensare che lui stia facendo qualche pazzia. Devo … proteggerlo, ecco. È il mio migliore amico. Non posso lasciarlo … lasciarlo morire. Senti … fammi avvicinare. Solo avvicinare.»
«E a cosa dovrebbe servire questo?»
«A informarlo!»
Ci fu silenzio. Forse per la prima volta avevo avuto un’idea buona. Non sapevo se essere felice o temere: le mie buone idee non sono mai così buone.
«Gli farò leggere i miei pensieri. Non ci vorrà molto. Poi tornerò. Dirò che voglio vedere se il mio collega è ancora vivo. Okay?»
Era troppo stanca persino per obbiettare. Annuì semplicemente.
«Va bene, ma guai a te se fai qualcosa di avventato.»
Sorrisi e le feci un cenno con la testa.
Era il mio momento. Era la mia ora. Speravo solo di tornare intero.
 
Eravamo ancora immersi nel silenzio e io non avevo pensato niente di utile quando lo vidi: Oz stava salendo le scale della scuola.
Cosa voleva fare quel pazzo?
Ma non ero stato l’unico a vederlo …
«E tu che ci fai qui?» disse Matt puntandogli l’arma contro.
«Si calmi, signore. Voglio solo sapere se il mio collega sta bene.»
Oz mi fece uno sguardo d’intesa.
Sapevo cosa significava.
Mi concentrai un attimo e entrai nella sua mente.
Ehi, Toby, stai bene?
Feci un cenno con la testa, anche se sapevo che non era del tutto vero. Che potevo fare? Dirgli che mi sembrava di vedere già la morte là davanti l’avrebbe fatto stare solo peggio.
«Sta bene.»
«Beh, non ne posso essere certo se non lo visito.»
Ascolta, Toby: abbiamo cercato quel professor Thomas. Fa il bidello in questa scuola, ma è laureato in medicina. Non … non so a cosa può servirti, ma … ma dovevi saperlo.
Gli feci una faccia dubbiosa come per dirgli “cosa vuoi che faccia?”
«Tu non entri, sono stato chiaro?»
«Senta, io capisco la tua preoccupazione, ma deve fidarsi. Io voglio solo vedere come sta il mio collega.»
«Forse non mi hai capito: se fai un altro passo verso la porta, gli sparo un colpo intesta.» e dicendo questo mi puntò la pistola contro.
Oz si spaventò «Va bene, va bene. Me ne vado. Stia calmo.» Alzò le mani e iniziò a indietreggiare.
Guardò la stanza in cui stavo. Poi mi fece di nuovo quello sguardo.
Toby! Ascoltami, Toby! Vedi quella porta alla tua sinistra? Devi fare in modo che Matt le dia le spalle: li farò irrompere di là! Okay?
Oz si bloccò di colpo. Volevo fargli capire che lo avevo sentito, che gli avrei dato retta, ma non ne  avevo la forza. Non riuscivo neanche a fargli un cenno.
Toby, accidenti, rispondimi!
«Vattene, o gli faccio saltare il cervello!»
Iniziai a respirare forte. Chiusi gli occhi. Dovevo rispondergli. Dovevo farcela.
Toby, andiamo! Questo non scherza! Ti prego, rispondi!
Non so come, ma alla fine gli feci un cenno.
Riaprii gli occhi e lo vidi andarsene.
Resta in contatto, Toby: ci faremo sentire.
Feci un profondo respiro e iniziai a muovermi verso destra.
Non ci volle molto prima che mi scoprisse.
«Che stai facendo?»
Scossi la testa. «Io? Niente!»
Perché la paura mi stava corrodendo?
Perche ero riuscito a resistere lì dentro fino a quel momento, e ora che stava per finire avevo paura?
 
«Michelle, ascolta: so che sono un incompetente, e che rischio di mandare a monte tutto,ma ho un piano!»
Ero nervoso, arrabbiato, spaventato … ma dovevo farcela. Dovevo farlo per Toby.
«C’è una porta sul retro dell’edificio. Ho detto a Toby di farle dare le spalle da Matt. Dovete irrompere da lì.»
«Oz, ma cosa …»
«Non c’è tempo!!! Lo so che combino sempre guai,… ma se sbaglio anche questa volta, ti giuro che mi ammazzo, perché non avrò una seconda possibilità per salvarlo.»
Rimanemmo in silenzio per un secondo, lungo una vita.
Annuì. «Va bene, andiamo. Ma tu … tu resti qui.»
Annuii. «Ci sto. Basta che lo riporti vivo.»
 
«Perché ti sei spostato? Cosa sta per succedere lì?»
«Niente! Ti assicuro che mi sono spostato per puro caso!»
Iniziò ad avvicinarsi. Ormai non badava neanche più alla porta.
Avevo raggiunto il mio obbiettivo.
Mi puntò la pistola contro per l’ennesima volta.
Provai a tenerlo distratto. «Sa quel professor Thomas? Beh, non è un professore in questa scuola.»
Sembrava molto stupito della cosa. «Come? Non … non è possibile … io l’ho visto uscire da qui! Non può essere!»
Nei suoi pensieri vidi di nuovo il medico barbuto uscire dalla scuola. Ma le immagini erano offuscate da … da rami …
«Tu sai che lavora qui perché lo ai pedinato …»
Quelle parole furono troppo veloci, non riuscii a fermarle.
«E tu come lo sai?»
Già … come lo sapevo?
In un qualsiasi momento mi sarebbe venuta una buona idea, ma il dolore mi offuscava la mente.
Ehi, Toby … Toby, sono Michelle. Devi resistere ancora un po’. Stiamo facendo irruzione, ma tu devi resistere!
I pensieri di Michelle mi arrivavano forte e chiari.
Dovevo distrarlo per lei.
«Sa cosa altro so? Fa … fa il bidello qui! Si … si è fatto fregare da un bidello!»
«Tu … tu come lo sai?»
Dovevo continuare. Dovevo assolutamente continuare.
La vista mi si stava appannando.
Toby, ci siamo quasi! Resisti!
«Mi spieghi perché ha nascosto tutto a tua mogli! Si vergognava? Si vergognava per questo dono? Io non so quanto pagherei per averlo!»
Fatto! Toby, siamo dentro! Arriviamo!
Iniziai a vederci doppio, ma nonostante questo lo vidi benissimo togliere la sicura.
«Ora o mi dici la verità, o ti faccio secco!»
E adesso c’era il gran finale …
«Sai … sai che ti dico? Spara! Almeno … almeno così la facciamo finita!»
Non chiusi neanche gli occhi. Era inutile: non ci vedevo niente anche se erano aperti!
Non sentii lo sparo, ma un rumore sordo, come di una porta che si apriva.
Non avevo neanche la forza di girarmi verso il rumore.
I poliziotti iniziarono a urlare cose come “fermo!” o “metti giù l’arma!” oppure “ allontanati dall’ostaggio” e, infine, “alza le mani e mettile bene in vista”.
Anche Michelle urlava, ma io sentivo solo l’eco di quelle voci.
Vidi la figura dell’agente McCluskey inginocchiarsi accanto a me e dirmi qualcosa, ma … ma non la capii.
Avevo sonno, ma mi imposi di restare sveglio.
Vidi Michelle alzarsi e correre verso la porta.
«Serve un paramedico, e alla svelta!»Sono quasi sicuro che disse queste parole.
Sentivo il mio respiro! Nonostante tutti quei rumori, sentivo il mio respiro affannoso!
Ero esausto.
Chiusi gli occhi e tutto si fece silenzioso e buio.
L’ultima cosa che sentii furono i pensieri ansiosi e preoccupati di Oz …

 

 
 

Grazie per aver letto.
La storia non è finita, anche se dal finale e dal titolo del capitolo può sembrare il contrario.
Mi impegno a scrivere il prossimo capitolo al più presto.
Un commentino non dispiace mai, ma sono felice anche se seguite in silenzio. 

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Capitolo 5
*** Il dopo ***


Grazie a tutti quelli che hanno letto e che leggeranno.
Voglio avvertire i lettori che, per i motivi evidenziati anche nel capitolo precedente, ho preferito raccontare anche questo in prima persona.
Lo spazio rappresenta sempre anche un cambio di POV e cercherò di non creare confusione tra un personaggio e l’altro.
Grazie per l’attenzione.

 
Il dopo
Avevo sentito Michelle urlare.
Perché un paramedico doveva andare dentro? Toby non poteva prima uscire e poi essere visitato da uno di noi?
La cosa mi puzzava tremendamente.
Corsi nell’edificio. Infondo, anche io ero un paramedico.
Ignorai l’agente McCluskey, che cercava invano di tenermi lontano.
Mi affacciai dalla porta e li vidi.
Toby era a terra, bianco, gli occhi chiusi, le perle di sudore che gli incorniciavano la faccia.
E poi c’era lui: Matt. Un poliziotto lo stava ammanettando mentre l’uomo cercava di spiegarsi.
Ebbi l’istinto di avvicinarmi e dargli un pugno in faccia, ma a cosa sarebbe servito?
Guardai di nuovo Toby e senza accorgermene iniziai ad ansimare.
Mi avvicinai con uno scatto e mi inginocchiai accanto a lui.
Andiamo, Toby! Devi resistere! pensai mentre gli prestavo il primo soccorso.
Lo distesi a terra e gli sbottonai la camicia.
Vidi bene la ferita sulla spalla, e per poco non ebbi un mancamento.
Vidi il sangue a terra , sul muro, ovunque …
Andiamo, Toby! Ce la devi fare!
Vidi Carl e Jason con la coda dell’occhio dietro di me.
Sapevo che da solo non potevo soccorrerlo, ma non potevo lasciarlo solo di nuovo.
«Ragazzi, ci penso io. Per voi va … va bene?»
Evidentemente entrarono nei miei panni, perché non fecero obbiezioni.
Mi passarono le bende e io cercai di fermare la fuoriuscita del poco sangue che ancora aveva in corpo.
«Hai controllato se c’è polso?»
No! Certo che non avevo controllato. Avevo paura. Paura che non ci fosse. Paura di aver fatto un’altra delle mie stronzate.
Ma dovevo farlo. Dovevo assolutamente farlo.
Premetti forte due dita sul collo di Toby.
E fu allora che avvenne il miracolo: il battito c’era! Lo senti! Era debole, ma c’era!
Sovrapposi le mie mani l’una all’altra sul suo petto e iniziai a praticare il massaggio cardiaco.
Carl gli mise la maschera respiratoria e iniziò a pompargli aria nei polmoni mentre Jason teneva le bende premute sulla ferita per evitare che perdesse altro sangue.
Andiamo, Toby! Andiamo!
Non sapevo nemmeno perché continuavo a pensare quelle parole.
«Dobbiamo portarlo in ospedale!» disse Carl lasciando il respiratore a Jason e andando a prendere  la barella.
Andiamo, Toby! Ti devi svegliare!
Carl ci mise pochissimo e insieme lo mettemmo sulla barella.
Restai sul retro dell’ambulanza.
Jason si offrì di riportare la mia alla base.
Carl trasformò la vettura in un fulmine, mentre io mi assicuravo che le funzioni vitali restassero … attive, per così dire.
Andiamo, Tony! Non morire!
Gli strinsi la mano e, può sembrare strano, ma mi sembrò mi rispondesse.
Anzi, no! Non era solo un’impressione: era una certezza: Toby mi aveva risposto! Mi  stretto la mano!
Dai, Toby! So che mi senti! Devi svegliarti, ci sei? Ti prego,rispondimi!
Ma non ottenni niente altro …
 
Inizialmente sentivo solo i pensieri di Oz.
Non so bene il perché. Forse erano più forti.
Continuava a dirmi che dovevo farcela, che dovevo svegliarmi.
Io … io avrei voluto rispondergli, ma non comandavo più il mio corpo. Non ne avevo la forza …
Gli strinsi la mano … fu tutto ciò che riuscii a fare …
Piano piano iniziai a sentire anche quelli degli altri: Michelle, gli infermieri, i poliziotti, Olivia …
Olivia … fu lei fa fare l’operazione.
Era sicura che non ce l’avrei fatta … che mi avrebbe avuto sulla coscienza per tutta la vita …
In condizioni normali avrei fermato quei pensieri! Li avrei bloccati! Ma non comandavo neanche quello …
I giorni successivi furono come ascoltare la radio: sapevo cosa pensava la gente, ma non potevo né intervenire, né vedere cosa facevano …
Non so quanto tempo dopo mi svegliai.
Oz dormiva su una sedia in un angolo della stanza.
Era tutto buio, quindi doveva essere notte.
La prima domanda che mi feci fu:ma che ci fa Oz qui in piena notte?
Aveva ancora la divisa: evidentemente non aveva avuto il tempo di cambiarsi.
E neanche di dormire, visto come ronfava alla grande!
Feci un profondo respiro e provai a sedermi, ma subito mi bloccò una fitta alla spalla.
Lanciai un urlo, non molto forte, ma abbastanza per far sobbalzare il mio partner.
«Chi …? Cosa …? Non toccare la mia pizza, brutta scimmia!»
Non riuscii a trattenere una risatina.
«Scusa, non volevo svegliarti!»
«Oh, figurati … yaaawn …» Evidentemente non si era ancora del tutto svegliato.
Restò in silenziò per un attimo e mi sembrò … pensasse!
Ero quasi preoccupato!
«Toby, ma tu … sei sveglio!!!»
Risi di nuovo, cercando di non alzare troppo la voce, per non disturbare gli altri.
Oz si alzò di scatto e si avvicinò al letto.
«Tu non puoi immaginare la paura che ci hai fatto prendere!» e dicendo questo mi spinse con una mano, in modo da farmi distendere di nuovo.
«Pensa che persino Ryder chiede ogni giorno come stai!»
«Davvero? Sono lusingato!»
Sorridemmo entrambi: la cosa ci divertiva!
«Quanto ho … dormito?»
«Quattro giorni di fila! Olivia non sapeva più che farmaci inventari per dire che era tutto normale!»
Ridemmo anche di questo.
E in quel preciso momento Olivia si affacciò.
«Oz, puoi smetterla di …»
Quando mi vide rimase un momento stupita.
Poi sorrise. «Ciao Toby! Ora stai meglio?»
Grazie al cielo si è svegliato! Non ce l’avrei fatta a vederlo ancora così!
Annuii e le sorrisi.
Poi se ne andò.
«Oz, io devo assolutamente riconquistarla!»
«Già, già … ora stai delirando! A dormire!»
«Come? Cosa …? No, dai! Ho dormito quattro giorni!»
«Allora andrai per il quinto! Ora a dormire!»
Risi di nuovo.
Oz tornò a sedersi.
Ripensai a ciò che era accaduto.
«Quel professor Thomas ha fatto degli esperimenti su Matt.»
Le parole uscirono veloci e inarrestabili.
«Cosa?»
«L’ho … l’ho visto nei suoi pensieri!»
«Toby, devi … devi smetterla di pensarci …»
«Oz, io non posso smettere di pensarci! Quando l’ho letto nei suoi pensieri è diventato parte di me!»
Respirai forte. «Inoltre … io e lui siamo simili!»
«Toby, questo non è vero! Tu non minacceresti mai dei ragazzini innocenti con una pistola solo … solo per vendicarti di qualcuno!»
«Oz, io … io non ne sono più tanto certo! Tu non sai … non sai cosa ha passato!»
«So cosa hai passato tu a causa sua, e non c’entravi niente!!!»
«A lui è andata molto peggio!!»
Rimanemmo in silenzio.
Fu Oz a romperlo.
«Il nome completo è Matthew Anderson. È sposato e ha un  figlio, ma la moglie ha chiesto il divorzio, la custodia del bambino e un’ordinanza restrittiva. Ora è in carcere.»
«È giusto, ma ci deve finire anche Thomas!»
Oz annuì.
Sarebbe successo! Presto anche Matt avrebbe avuto giustizia.
Toby lo sapeva …

 

 
Fine

Siamo giunti alla fine.
Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito.
Prima di andare, se potete lasciare un commentino non mi dispiace. 

 

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