Ladyhawke

di emychan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1/2 ***
Capitolo 2: *** 2/2 ***



Capitolo 1
*** 1/2 ***


Dedicata a elfin emrys, aleinad ed elyxyz che hanno commentato la mia ultima storia! E a tutti coloro che lasciano sempre scritto cosa pensano o mi aggiungono tra i preferiti!Fatevi sentire così posso dirvi che vi adoro! Siete la mia ispirazione!!xD


Note: Ecco una storia dai toni più allegri, come promesso!
Il film 'Ladyhawke' è uno dei miei preferiti!! L'idea della storia mi è venuta da lì, anche se alla fine c'entra ben poco!xD

Il nome Cadmon invece, mi è rimasto impresso da una fic inglese su Merlin molto bella, mi piaceva come nome per un cavaliere così l'ho utilizzato qui, i personaggi comunque non c'entrano nulla con quella storia!:P

La storia partecipa al Contest 'una storia per una canzone' indetto da Parsifal62 su Efp!
Terzo posto all'Avril Lavigne Contest indetto su Efp da Adamantina!





Ladyhawke 1/2


Sospirando Merlin chiuse l'ennesimo libro inutile della biblioteca reale, Geoffrey iniziava a guardarlo storto dal suo angolo ricoperto di vecchie pergamene.
Era quasi una candela che se ne stava seduto a quel tavolo, circondato da rotoli e volumi di ogni genere. Tutti quei fogli e nemmeno uno che contenesse ciò che cercava.
Dicevano tutti le stesse cose: rapace, cacciatore di piccoli animali, carnivoro, grandi ali, vista acuta. Tutte cose già risapute.
Non c'era niente sul pedinare servi innocenti? Sul fissarli con aria minacciosa? Su aquile possedute da potenti stregoni malvagi?
Insomma, non poteva essere capitato solo a lui, no? No?
Con un gemito, Merlin lasciò cadere la testa contro il tavolo, dal suo angolo Geoffrey si schiarì la gola seccato.
Inutile, non c'era niente che gli spiegasse cosa stava accadendo.
Forse aveva ragione Arthur, stava impazzendo.
Era possibile.
Forse tutte quelle minacce magiche, tutti i pericoli e le battaglie, l'orribile era dell'alleanza tra Morgana e Morgause, l'avevano stressato.
Gli facevano vedere minacce ovunque... Andiamo, chi poteva essere perseguitato da un'aquila? Era ridicolo!
Certo era un’aquila enorme, con tondi occhi gialli ed un becco piuttosto appuntito. Per non parlare degli artigli, solo a pensarci tremava. Ma era pur sempre un'aquila, un rapace.
Non poteva davvero progettare di ucciderlo lentamente e dolorosamente come credeva. Era assurdo.
E, ovviamente, era tutta colpa di Arthur. Come sempre del resto.
Se non fosse stato per la stupida battuta di caccia di due settimane prima, Avril sarebbe stata solo una grossa minaccia da cui tenersi distante, ma no, il principe aveva deciso di rallegrare la giornata, come diceva lui.
Non importava che facesse freddo e che molti dei soliti cavalieri che lo accompagnavano fossero di pattuglia, no.
Arthur doveva per forza uccidere qualcosa, anche se l'intero universo lo avvertiva di non farlo. Anche a costo di radunare un paio di cavalieri semi-sconosciuti ed irritanti.
Anche a costo di portarsi dietro Sir Cadmon.
Personalmente, Merlin non aveva niente contro sir Cadmon.
Per essere un nobile, il cavaliere era piuttosto riservato, gentile, ben educato.
Inoltre nessuno poteva negare che fosse anche molto affascinante, un po’ più alto del principe, con occhi grigi come un cielo in tempesta e corti capelli castani a incorniciare un viso dai tratti molto squadrati.
Nei suoi quattro anni a Camelot, però, Merlin non
gli aveva  mai rivolto una parola e sinceramente, non aveva alcun desiderio di farlo.
Questo perché per quanto fosse forte, fedele o coraggioso, Sir Cadmon era anche piuttosto... bizzarro.
Per non dire completamente fuori di testa.
A partire dalle sue abitudini notturne.
Quell'uomo non dormiva mai.
I servi non facevano che raccontare di averlo visto vagare per il castello o in cortile agli orari più improbabili e i suoi continui ritardi agli allenamenti del mattino sembravano confermare le loro storie. Così come il suo frequente dormire fino a tardi senza nemmeno presentarsi a detti allenamenti, cosa che faceva infuriare il principe ogni volta.
In quelle occasioni, Arthur mandava qualche nuova recluta a chiamarlo.
In genere, Cadmon arrivava poco dopo, con l'aria assonnata ed un paio di enormi occhiaie nere sotto agli occhi grigi, pronto ad ascoltare con aria vacua la lunga ramanzina sul senso del dovere del principe.
E quella non era nemmeno la parte peggiore.
Fosse stato solo per quello il mago gli avrebbe eretto un monumento.
Chiunque irritasse Arthur in quel modo ne meritava uno.
Il vero problema di sir Cadmon era il suo animaletto da compagnia. Un’aquila di nome Avril.
Il cavaliere se la portava dappertutto, appollaiata sulla spalla, pronta a colpire chiunque arrecasse offesa al suo padrone. E lui le accarezzava la testa, sussurrandole racconti e guardandola come se... per quanto fosse pazzesco pensarlo, se quello non era amore Merlin non era un mago.
Non importava quanto ridesse Arthur al pensiero di un cavaliere innamorato di un uccello.
Il problema, a parere di Merlin, non era che amasse o meno un rapace capace di uccidere un uomo, ma il fatto che se la portasse in giro come se fosse normale.
Ma a Sir Cadmon, che la trattava al pari di una principessa, sembravano non importare simili sciocchezze.   
Le legava grandi nastri colorati intorno al collo e le parlava  in fretta, come se potesse capirlo.
Quando la chiamava, il grande rapace emetteva piccoli versi striduli, quasi volesse rispondergli e piegava la piccola testa piumata fissandolo coi suoi enormi occhi, beccandogli le dita con affetto, senza ferirlo.
Tutti a Camelot conoscevano Avril e nessuno osava avvicinarla per paura delle conseguenze. Si narrava che, una volta, un servo avesse cercato di farle mangiare un topo e si fosse ritrovato senza un dito.
La cosa peggiore era che, secondo le voci, il cavaliere aveva sgridato il servo per averla molestata.
In molti dicevano che era una storia troppo assurda per essere vera, che era ovviamente inventata, ciononostante, nessuno osava avvicinarsi ad Avril e visto che Cadmon era sempre con lei, anche lui finiva col non essere molto popolare.
D’altronde, l'orribile rapace lo teneva in pugno. Avril era molto possessiva e chiaramente gelosa, l'ultima volta che Cadmon aveva mostrato dell'interesse per una dama accettandone il favore, la nobile in questione si era ritrovata con la faccia ricoperta di feci d'aquila e aveva pianto per tutto il giorno.
Gaius poteva alzare il suo stupido sopracciglio quanto voleva, ma Avril aveva chiaramente riso in quell'occasione, una risata davvero malvagia.
Perfino Uther aveva timore dell'enorme rapace. Aveva vietato a Cadmon di portarlo con sé nella sala del trono e come biasimarlo?
L'ultima volta che c'era stata, il mantello del re ne era uscito decisamente sconfitto... e puzzolente.
Per i suddetti ragionevoli motivi, quando Arthur lo aveva cortesemente informato di chi si sarebbe unito alla caccia del giorno, Merlin aveva cercato di convincerlo in tutti i modi che non era una buona idea, ma ovviamente il principe non l'aveva ascoltato.
E di fronte ai suoi più che fondati dubbi sulla normalità di Cadmon, aveva osato rispondergli che era lui l'idiota, lui!
Di certo doveva aspettarselo, Arthur era un asino in fondo, un bell'asino forse, ma pur sempre un asino.
Il suo unico pensiero era riuscire a specchiarsi nella sua armatura o nei suoi stivali, figuriamoci se si preoccupava di non farsi cavare gli occhi da un orribile mostro coperto di piume e dagli enormi artigli. Tipico.
Così, poche ore dopo, si era ritrovato nel bel mezzo della foresta, sotterrato dal peso delle armi del principe e pochi passi dietro a Sir Strambo come aveva deciso di soprannominarlo, almeno nella propria mente.
Se non altro, Avril non era con loro. Poco prima, l'aquila si era innalzata in volo con un grido, sparendo oltre le fronde degli alberi.
Per un attimo Merlin aveva temuto di vederla scendere in picchiata su di loro trattandoli come piccoli roditori, ma Cadmon sembrava sereno e Arthur non aveva detto niente, perciò ne aveva dedotto che fosse tutto normale. O almeno nel mondo dell'uomo che sussurrava alle aquile.
I suoi macabri pensieri erano stati interrotti dal principe che aveva fatto cenno agli altri di restare in silenzio.
Arthur si era inginocchiato lentamente facendo cenno agli altri di dividersi.
Senza esitazione, i cavalieri avevano seguito i suoi ordini, impugnando lance e balestre.
«Merlin, la lancia!» gli aveva sibilato il principe guardandolo piuttosto seccato, come se avesse dovuto prevedere quell'ordine. A volte era davvero insopportabile.
Con un sospiro, il servo si era morso la lingua per non rispondergli a dovere e gli aveva passato l'arma in questione, facendola quasi cadere a terra, sotto le occhiatacce del principe.
Non fosse stato per il cervo, che al momento si abbeverava al fiume, probabilmente gli avrebbe gridato contro per un bel pezzo.
In muta concentrazione, Arthur aveva preso la mira, a quella distanza un errore era quasi impossibile per lui, aveva pensato Merlin con dispiacere.
Il cervo era davvero bello, con dolci occhi neri e il manto soffice e lucido.
Davvero non capiva cosa ci fosse di tanto divertente nell'uccidere creature così perfette.
Un attimo dopo, la freccia era scoccata, Merlin aveva chiuso gli occhi e poco distante, Cadmon era saltato in piedi gridando «Sire!»
Gli altri cavalieri si erano voltati a guardarlo confusi, chiedendosi dove fosse la minaccia.
Perfino Merlin si era guardato alle spalle un po' preoccupato.
«No!» aveva continuato il cavaliere, ignaro o completamente indifferente alla confusione che stava portando tra i suoi compagni.
Per un attimo, guardandolo correre verso la carcassa del cervo, Merlin aveva creduto che fosse un'altra delle sue stranezze, paura delle frecce magari.
Soddisfatto, aveva guardato verso il principe, pronto a sussurrargli Ve l'avevo detto, ma
Arthur gli aveva gettato uno sguardo che diceva Ho ancora una balestra, non azzardarti a dirlo, e si era avvicinato con cautela al suo cavaliere.
«Sir Cadmon? Cosa succede?»
«Avril!» aveva esclamato il cavaliere senza nemmeno ascoltarlo.
Nel frattempo Merlin, che aveva seguito Arthur per impedire che finisse ucciso come al solito, si era ritrovato a fissare stupito e vagamente dispiaciuto il corpo di Avril riverso a terra, con gli occhi gialli semiaperti e il respiro affannoso.
La freccia di Arthur le aveva trapassato il petto.
Il principe aveva trattenuto il fiato, come se lo avessero colpito. Certo non poteva biasimarlo.
Perfino lui, che di certo non era mai stato un fan del rapace, non le avrebbe mai augurato di morire in quel modo.
Incapace di trovare le parole giuste, il principe si era schiarito la voce dondolandosi nervosamente da un piede all’altro, Merlin si era sentito in pena anche per lui.
«Sir Cadmon, io... non l'ho vista arrivare» si era scusato.
«Non è colpa vostra» aveva mormorato il cavaliere, la voce stranamente rotta.
Per un istante, il mago aveva creduto che sarebbe scoppiato in lacrime davanti a tutti e si era sentito un verme per tutte le cose che aveva pensato di lui... e di Avril.
«Devo portarla dal medico di corte» aveva continuato a dire come in trance.
Merlin aveva sbattuto le palpebre, convinto di non aver sentito bene.
Gaius sapeva curare gli animali? Da quando?
E comunque a guardarla... Avril non sarebbe mai sopravvissuta, per quanto brutto fosse pensarlo. Quella freccia gli aveva trapassato il petto da parte a parte.
«Sir Cadmon, so che è difficile...» aveva detto Arthur con aria incerta, probabilmente pronto ad esprimere i pensieri del mago.
Merlin aveva sperato profondamente che non avesse intenzione di esprimere i propri pensieri. Arthur non era certo adatto a confortare qualcuno.
«Lui la salverà» lo aveva interrotto il cavaliere in tono deciso. Un tono che non concedeva repliche.
Merlin si era sentito profondamente triste per lui.
Al contrario, Arthur era sembrato sul punto di dirgli che era un idiota a disperarsi per un uccello già quasi morto. La sua ritrovata sensibilità già svanita nel nulla, ma un discreto pizzicotto sul fianco da parte di Merlin e un'occhiata torva, lo avevano subito distolto dai suoi intenti troppo sinceri e diretti.
«Ah... beh... certo...» aveva invece sputato a stento «Certo, torniamo indietro» aveva ordinato facendo cenno con la testa a Sir Leon di non dire niente.
Quel viaggio era già stato abbastanza assurdo così, in fondo.
I cavalieri erano quindi rimontati a cavallo e Arthur aveva comunicato silenziosamente a Merlin quanto quella storia gli sarebbe venuta a costare dopo. Quella notte in tutta probabilità.

La faccia di Gaius non era stata meglio.
Il suo sopracciglio era quasi schizzato via dalla fronte quando Cadmon aveva adagiato Avril sul suo tavolo dicendogli che era ferita.
Per qualche strana ragione, il medico aveva fissato Merlin come dandogli la colpa di tutto. Per una volta che non aveva fatto nulla.
Tuttavia, di fronte alla voce arrochita, il viso pallido e gli occhi ovviamente disperati e arrossati di sir Cadmon, nessun uomo avrebbe osato dire di no. Meno di tutti il povero Gaius che, con tutta la dignità di cui solo lui era capace, aveva ordinato al cavaliere di fargli dare un’occhiata alla ferita di Avril e aveva cacciato tutti dalla stanza.
Tutti tranne Merlin.
«Vorresti spiegarmi perché la vita con te non è mai noiosa?» gli aveva chiesto con aria esasperata, mettendosi ad esaminare il corpo esanime del rapace.
«Non ho fatto niente stavolta...» si era difeso il ragazzo sentendosi insultato.
Il medico non aveva risposto, tamponando la ferita con un panno.
«Tienila ferma, dobbiamo estrarre la freccia» gli aveva ordinato in tono brusco.
Il mago aveva stretto le mani sul corpo piumato dell’animale, trovandolo stranamente soffice sotto le dita, diversamente da come avrebbe immaginato.
«Pensate di poterla davvero aiutare?» aveva chiesto guardandolo estrarre la freccia con un colpo secco.
Avril aveva spalancato il becco emettendo un basso grido strozzato, tanto simile ad un gemito, da fargli venire la pelle d’oca. Con delicatezza, Gaius aveva allora disinfettato e tamponato la ferita cercando di fermare l’emorragia. L’espressione sul suo viso grave e preoccupata.
«E' un'aquila, non credo che abbia la forza o la volontà necessaria per superare questo... e di certo io non ho le conoscenze per riuscire a curarla in modo adeguato. Non l'ho mai fatto prima d'ora» aveva scosso la testa con rammarico.
«Perciò… morirà?» aveva chiesto in un sussurro, sentendosi a disagio solo nel pronunciare la parola. Era strano come il pensiero all'improvviso gli fosse sembrato del tutto inaccettabile.
«Non lo so» aveva sospirato l'anziano «Possiamo solo sperare».
Merlin era rimasto in silenzio, guardandolo ricucire la ferita come l'aveva visto fare milioni di volte sui cavalieri.
«Se usassi la magia?» aveva bisbigliato quasi soprappensiero «Forse potrei aiutarla».
«Per farti uccidere? Non essere sciocco Merlin» lo aveva sgridato di rimando Gaius «Non credi che Cadmon s’insospettirebbe? O Arthur?»
«Non curerei tutta la ferita. Potrei solo aiutarla… a superare la notte» aveva spiegato il mago di getto, incespicando nelle parole mentre l’idea si faceva sempre più ferma nella sua mente.
Poteva aiutarla. Lo sapeva. E per qualche ragione era come se la sua stessa magia lo stesse implorando di farlo.
Il medico lo aveva osservato esasperato «Merlin...» aveva cominciato in tono di rimprovero, ma il mago lo aveva interrotto sul nascere «Avete visto Cadmon? Se Avril muore la prenderà male, molto male».
«Com’è normale che sia Merlin. A nessuno piace perdere qualcuno o qualcosa che si ama, ma questo non significa che tu debba...»
«C'è di più Gaius, la sua reazione... voi non l'avete visto. Il modo in cui è corso qui, in cui la teneva, sembrava impazzito, disperato! Non è solo un’aquila per lui!»
«Ancora questa storia?» aveva sospirato il medico scuotendo il capo «Merlin, ti ho già detto che simili voci sono…»
«E' così vi dico, non so cosa ci sia sotto, ma so che non devo permettere che muoia... è una sensazione. Fidatevi di me, Gaius».
Nella breve lotta di sguardi che era seguita, il mago aveva supplicato silenziosamente il suo tutore di capirlo, di accettare l’ennesimo rischio che avrebbe corso per aiutare qualcuno.
Alla fine era stato Gaius ad arrendersi ed annuire «Cerca di non farti scoprire» aveva brontolato in tono burbero.
Con un sorriso, il mago era corso nella sua stanza per recuperare il libro di magia dal suo nascondiglio.
Era stato facile trovare ciò che cercava, ormai conosceva quel libro da copertina a copertina.
Era usare gli incantesimi nel modo giusto il vero problema.
Con un respiro profondo, Merlin aveva teso la mano verso l'aquila ricoperta di sangue e mormorato le parole ormai tanto familiari.
Aveva dovuto ripeterle tre volte prima che il respiro di Avril si facesse più ritmico e i suoi lamenti cessassero. La ferita era stata ancora piuttosto profonda, ma non mortale. O così aveva sperato.
Sentendosi stanco e prosciugato, aveva guardato verso Gaius per conferma, il medico si era chinato subito sul rapace per controllarne il respiro «Credo abbia funzionato» aveva decretato poco dopo «Almeno per adesso».
Merlin aveva sospirato con sollievo lasciandosi cadere su uno sgabello.
L'aveva stupito l’infinita gioia che quelle parole gli avevano procurato e quando Cadmon si era seduto accanto alla sua aquila guardandola dormire, si era sentito estremamente soddisfatto di se stesso.
Non avrebbe saputo spiegare il perché, ma era certo di aver preso la decisione giusta.
«Pensate ancora che non sia strano?» aveva poi sussurrato a Gaius quando, tre giorni dopo, aveva decretato che l’aquila poteva tornare nelle stanze del cavaliere.
In quel periodo il medico aveva avuto tempo per studiare il rapace, il modo in cui se ne restava tranquillamente sdraiata in una coperta o rannicchiata tra le mani del cavaliere.
Aveva avuto tre giorni per guardare il cavaliere parlare con la sua aquila come fosse la sua donna. Dormire al suo fianco, accarezzarle le ali, portarle nastri e fiori, ma Gaius si era limitato a scuotere le spalle.
«Non so davvero che dire Merlin, Avril è la sua aquila, è normale che gli sia affezionato anche se… forse in entrambi c’è qualcosa di poco chiaro, ma io non ne farei parola con nessuno se fossi in te. Come sai Uther non approva stranezze di nessun tipo. Specie quelle che ai suoi occhi possono somigliare a magia».
«Magia? Credete che Cadmon sia uno stregone?» aveva chiesto sedendosi a mangiare, l’idea che Avril potesse essere magica stranamente non gli era nemmeno passata per la mente. Eppure avrebbe spiegato ogni cosa.
«Io non credo nulla, posso solo dire di aver visto animali di ogni specie nella mia vita e nessuno di loro si è mai comportato come quell’aquila» aveva risposto l’anziano con aria vagamente preoccupata.
Il mago aveva annuito pensieroso, ripromettendosi di tenere un occhio su entrambi, sebbene l’idea di spiare o seguire il rapace non fosse proprio nella sua lista di cose preferite, ma alla fine ogni suo proposito si era rivelato superfluo.
Pochi giorni dopo ‘l’incidente’, com’era ormai chiamato da tutti, sir Cadmon era tornato ad essere costantemente accompagnato dalla sua amica.
Se qualcuno aveva notato la fin troppo veloce guarigione del rapace non aveva detto nulla, per gran sollievo di Merlin che si era però ritrovato con problemi ben più gravi.
Un rapace che sembrava seguirlo dappertutto, ad esempio.
All’inizio aveva creduto di essere paranoico, ma dopo giorni e giorni non poteva più negarlo, Avril lo seguiva.
Sapeva bene di suonare pazzo, ma era così.
Quando puliva le stalle, l’aquila lo fissava da una sella.
Quando attendeva agli allenamenti di Arthur, Avril lo fissava. E avrebbe giurato di averla vista sul davanzale della finestra mentre lucidava gli stivali del principe.
Quest’ultimo, di fronte alle sue preoccupazioni, si era limitato a ridere di gusto ordinandogli di smettere di bere il suo vino.
E c’era la questione di Cadmon ovviamente.
Il cavaliere con cui non aveva mai neppure scambiato una parola, adesso non faceva altro che… studiarlo. Questa era la parola esatta.
Lo fissava tutto il tempo, seguendone le mosse come se in attesa di chissà che cosa.
Era davvero inquietante.
Non capiva cosa avesse fatto di male per essere fissato in modo così minaccioso da entrambi. Li aveva salvati in fondo eppure sembrava che stessero complottando qualcosa di terribile nei suoi confronti.

«Merlin, giusto?» il mago era così avvolto nei suoi pensieri che sobbalzò, facendo cadere la coppa d’acqua da cui beveva da diversi minuti senza accorgersi che era già vuota. Quel giorno il sole picchiava sul cortile e starsene a guardare Arthur picchiare i suoi cavalieri non era certo appagante, ma era sempre meglio che spalare feci nelle stalle.
Quello che non si aspettava era di ritrovarsi faccia a faccia con un cavaliere.
Il cavaliere. Sir Cadmon in persona.
«Ho bisogno di parlare con te, se hai un minuto» più che una richiesta, il suo tono di voce faceva pensare ad un ordine e la serietà con cui lo pronunciò fece desistere il servo da ogni tentativo di scusarsi con qualche impegno o mansione urgente.
«Si tratta di ciò che è accaduto nel bosco, con Avril…» s’interruppe guardandolo come se da quelle poche parole Merlin dovesse dedurre l’esatta ragione di quella conversazione.
Il mago ovviamente non aveva idea di dove volesse arrivare.
L’altro dovette intuirlo dal suo sguardo piuttosto perso, perché si avvicinò a lui fino ad entrare nel suo spazio vitale e abbassò la voce ad uno strano tono di cospirazione «So di quello…» cominciò a dire, ma l’arrivo improvviso del principe lo interruppe.
«Sir Cadmon, non eravate di guardia?»
Arthur indossava la sua armatura. Nonostante il caldo aveva passato tutta la mattina ad addestrare un gruppo di nuove reclute per aumentarne la forza di resistenza, o ucciderli, il servo non era ancora sicuro, e adesso osservava entrambi col viso imbronciato e vagamente confuso.
«Sì sire, stavo giusto andando» si giustificò in fretta Cadmon gettando un’occhiata verso Merlin, probabilmente con lo scopo di farlo rimanere in silenzio, ma dato che il mago non aveva neppure capito perché era stato fermato, non aveva molto di cui preoccuparsi.
«Muovetevi allora» gli ordinò Arthur continuando a fissarlo irritato.
Cadmon chinò la testa in saluto e se ne andò, Merlin lo vide scoccargli un’ultima occhiata indecisa, come se volesse chiedergli qualcosa, ma fu solo un attimo prima che si voltasse e andasse via.
Pochi passi dopo, con un grido, Avril atterrò sulle sue spalle chinando il becco verso il suo orecchio, come se dovesse bisbigliargli qualche segreto.
«Cosa voleva?»
Arthur si finse disinteressato riempiendosi una coppa d’acqua fresca, ma il suo tono era piuttosto seccato.
«Non ne ho idea» mormorò Merlin «Siete arrivato prima che me lo dicesse».
Il principe non rispose, ma continuò a fissare il punto in cui Cadmon era sparito con aria pensosa.
«Vieni nelle mie stanze stanotte» mormorò, dopo aver bevuto a sufficienza, chinando il viso verso il suo.
Merlin sorrise «A cosa devo questo onore?»
In tutta risposta il principe sbuffò «Al fatto che, a quanto pare, hai sempre bisogno di un invito scritto per farlo».
«Non vorrei mai presumere troppo e superare i limiti della vostra immensa generosità» si giustificò il servo con un sorriso.
«Merlin, hai letto il manuale del buon servo ultimamente?»
«Devo pur trovarmi qualcosa da fare quando non intrattengo voi» gli passò la mazza ferrata ammiccando.
Arthur la prese stringendogli le dita più a lungo del necessario e fissandolo dritto negli occhi «Stasera Merlin. E mi aspetto che tu mi intrattenga a dovere» lo tirò verso di sé, sfiorandogli le labbra con le proprie, una breve carezza che lasciò Merlin senza fiato.
Il mago si guardò attorno preoccupato, in genere stavano molto più attenti a non farsi vedere. Qualcosa gli diceva che Uther non avrebbe apprezzato l'idea di suo figlio con un servo, un maschio per di più.
«Come desiderate sire» rispose dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei paraggi.
Il principe sorrise prima di tornare ad allenarsi e Merlin desiderò ardentemente che le ore potessero passare più in fretta.

Tbc...


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Capitolo 2
*** 2/2 ***


Ladyhawke 2/2


Tra i suoi doveri e gli incarichi di Gaius, Merlin non vide Arthur per tutto il giorno.
Quando finalmente fu sera, si avviò verso le sue stanze con la stessa eccitazione della prima volta nel fondo dello stomaco.
Non era stato col principe per quasi tutta la settimana a causa dei suoi doveri verso il consiglio e diversi problemi con le tasse di alcuni villaggi.
Arthur era stato sempre così stanco e pieno di lavoro che il servo non se l’era sentita di rubargli il suo poco tempo libero preferendo, anche se a malincuore, dormire nel suo piccolo letto nelle stanze del medico.
Sapere che anche Arthur aveva sentito la sua mancanza lo rendeva stranamente gongolante.
I’m sorry                                                              
If this hurts you                                                     
But I tried to keep what we had once I was wrong   
It wasn’t keeping me awake
You didn’t listen
You didn’t hear me
When I said I want more
I got no more
You were stealing me away
Stava attraversando il cortile mordicchiando una mela matura, quando si fermò.
Qualcuno stava cantando. E dalla voce doveva essere una ragazza.
Merlin tornò sui suoi passi cercando di distinguere le ombre del cortile.
Its not enough, its not enough to get me
What it is I want
Its not enough, its not enough to get me
Everything I need
And I, I wish it was
I think its time
To give this up
Era una melodia triste e malinconica, ma molto bella.
Non l'aveva mai sentita prima di allora, così come non aveva mai sentito una voce tanto incantevole.
Incuriosito, Merlin cercò di capire da dove provenisse il canto, dirigendosi verso la statua del re*.
C’era un’ombra seduta sui gradini di marmo.
Il servo si avvicinò lentamente, per non spaventarla.
And I can feel it falling down
Slowly, slowly
I can see youre starting to drown
Cant stop it now
I can see ya burning out
So show me, show me
How are ya gonna turn it around because...
Era una ragazza dalla pelle dorata dal sole, con lunghi capelli rossi sciolti attorno ad un lungo viso spigoloso dalle guance tempestate di lentiggini e le sottili labbra rosa.
Appena si accorse di non essere più sola, si ammutolì guardandolo con stupore e diffidenza.
«Canti benissimo» sorrise Merlin di slancio avvicinandosi a lei, ma appena si mosse la ragazza saltò in piedi come sul punto di scappare.
Indossava un vecchio vestito bianco, la gonna strappata sul fondo, come se ci avesse corso in mezzo agli alberi, le caviglie erano scoperte e i piedi scalzi.
«Tranquilla» tirò su le mani «Non voglio farti del male» cercò di rassicurarla.
In risposta lei chinò il capo sulla spalla e lo studiò a lungo con le labbra imbronciate. «Sono Merlin» sorrise tendendogli la mano.
La misteriosa ragazza la osservò come se potesse bruciarla, ma alla fine, forse convincendosi di non aver nulla da temere, la strinse seppur per un breve attimo.
«So chi sei» mormorò con voce roca, come se non fosse abituata a parlare.
«Sei di Camelot? Non ti ho mai vista».
«Non esco spesso di giorno» mormorò lei fissando il terreno «Il sole… non mi piace molto» arrossì.
Il mago trovò la risposta piuttosto bizzarra, ma aveva a che fare con tante stranezze da quando stava in quel regno, quella non era nemmeno la peggiore.
«Così… sei una cantante?» le chiese curioso.
La ragazza rise di gusto «Oh no… mi piacerebbe, ma no…» gli rispose scuotendo la testa.
Nonostante la risata, Merlin non poté fare a meno di pensare che sembrasse molto triste.
«Perché no? Sei molto brava».
«Grazie» mormorò lei «Ma ci sono ragioni che mi impediscono di avverare i miei sogni, quasi tutti direi» gli spiegò, fissando lo sguardo verso le finestre di palazzo con aria malinconica.
Merlin sentì l’improvviso desiderio di confortarla, ma non trovava le parole per farlo.
«Dimmi Merlin, credi nel destino? O pensi che siamo tutti liberi di scegliere ciò che vogliamo?» gli chiese di punto in bianco, fissandolo intensamente, come se la sua risposta fosse di vitale importanza.
Dal canto suo, il mago aveva la sensazione di non capire metà di quella conversazione.
«Ecco…» mormorò pensando al drago e al principe che lo attendeva nelle sue stanze. Quasi scoppiò a ridere «Credo che ci siano diversi destini e che possiamo scegliere quali di essi seguire. Non credo che sia un male, sai? Avere un destino intendo».
La ragazza ponderò la risposta in silenzio, spostando lo sguardo verso il cielo.
«Più destini, eh?» bisbigliò infine e per la prima volta, gli sorrise «Grazie Merlin, è stato un vero piacere parlarti» gli disse e il modo in cui gli sorrise, dolce e sereno, gli fece quasi perdere un battito.
Era davvero molto bella, pensò, guardandola allontanarsi lentamente.
Solo allora si ricordò di chiederle il nome, ma era già troppo tardi.
Con la mente ancora occupata da un milione di domande sul suo strano incontro, Merlin finì di mangiare il suo spuntino ed entrò nelle stanze del principe, ovviamente senza bussare, per trovarlo seduto al tavolo intento a leggere un documento con aria piuttosto annoiata. Una mano sotto il mento e l’altra stretta intorno alla punta di una piuma d’oca, i capelli biondi ancora umidi dal bagno e addosso solo i pantaloni neri di quel pomeriggio.
Nelle stagioni più calde tendeva a dormire così e, vista l’ora, non aspettava altri nelle sue stanze, a parte il suo servo ovviamente.
Appena lo sentì entrare, Arthur lo guardò storto «Finalmente» esclamò gettando la penna nel calamaio «Credevo ti fossi perso in cortile» sbuffò ovviamente irritato.
«Scusate, è solo che… ho fatto uno strano incontro».
«Incontro?» chiese l’altro incuriosito.
«Sì, c’era una ragazza che cantava in cortile e mi sono fermato a parlarle. Sembrava molto triste poverina» gli spiegò ripensando allo sguardo di quella misteriosa cantante.
«Una ragazza» ripeté incredulo il principe «Che cantava».
Merlin annuì «Purtroppo non le ho chiesto il nome» spiegò ancora irritato dalla sua mancanza.
«Certo» rispose l’altro con aria divertita «Sicuro non venisse dalla taverna?»
«Arthur!»
«Va bene, va bene» si alzò andandogli incontro «Vedrai che la troverai di nuovo e potrai chiederle il nome» gli passò le mani in vita stringendoselo contro «Adesso perché non pensi a qualcos’altro?»
«Sapete, incoraggiarmi a chiedere il nome di una ragazza non è molto furbo da parte vostra» sorrise passandogli le braccia intorno al collo e posandogli un bacio sulla mascella.
«Ah no e perché?» gli posò le labbra sull’orecchio facendolo tremare.
«Era molto bella, potrei anche decidere di innamorarmi di lei» bisbigliò il mago in risposta e Arthur sorrise facendo scivolare le dita sotto la sua tunica, lungo la sua schiena «Merlin, mi sottovaluti. Per domani mattina ti assicuro che dimenticherai tutto di questa ragazza» gli bisbigliò all’orecchio facendolo tremare «Sarai talmente sazio e stanco che a malapena riuscirai ad alzarti dal letto».
Le ginocchia del mago toccarono il baldacchino facendolo cadere supino, Arthur lo seguì poco dopo afferrandogli i polsi e legandoli alla testata del letto.
«Siete davvero arrogante» gemette Merlin sono le sue cure.
Il principe sorrise baciandogli un ginocchio e salendo lungo la coscia «Non senza merito» soffiò sulla sua pelle.
Le sue labbra salirono ancora e il mago dimenticò ogni altra cosa.

«Che cosa le hai fatto?»
La mano che sbatté alla parete a poca distanza dalla sua faccia fu del tutto inaspettata così come quella che si strinse intorno alla sua gola pochi istanti dopo.
«Dov’è Avril?» Sir Cadmon gli sibilò in faccia e Merlin cercò di dirgli che non ne aveva la più pallida idea, ma visto il modo in cui l’altro gli impediva di respirare, parlare non sembrava un’opzione.
Il mago si divincolò e scalciò, ma la presa del cavaliere sembrò solo rafforzarsi.
Cadmon lo fissava come impazzito, il viso contorto nella rabbia e gli occhi pieni d’odio «Lo so che sei stato tu. So cosa sei, stregone!» gli sputò contro e Merlin s’immobilizzò per lo stupore.
Cadmon sapeva il suo segreto? Era stato scoperto?
Il cuore gli si fermò nel petto per la paura, mille domande gli attraversarono la mente nel giro di pochi istanti, ognuna più spaventosa della precedente.
«Io non…» cercò di negare, di trovare una scusa, ma in quelle condizioni, con la testa che sembrava sul punto di esplodergli e il petto che gli doleva, era impossibile pensare.
Provò a scuotere la testa, ma anche quel piccolo gesto sembrava troppo difficile in quel frangente.
Le mani avvolte attorno al polso del cavaliere iniziarono a pesare, a perdere forza e contro la sua volontà, scivolarono lungo la parete.
Merlin credette davvero che sarebbe morto, ma proprio allora, Cadmon sembrò tornare in sé e lo lasciò andare allontanandosi di un passo.
Merlin cadde sul pavimento tossendo e massaggiandosi la gola, prendendo grandi boccate d’ossigeno.
Sir Cadmon continuò a fissarlo con disgusto «Allora? Prega di non averle fatto del male o il rogo ti sembrerà poco in confronto a ciò che ti farò».
«Io…» tossì sentendosi la gola bruciare «Non so di cosa parlate» gemette.
«Non mentirmi» sibilò il cavaliere.
«Mi dispiace, ma non so dove sia la vostra aquila o come sia sparita, perché avrei dovuto farle qualcosa?» gli chiese lasciandosi cadere seduto contro la parete, il collo dolorante al tocco e gli occhi lucidi.
«Hai fino al tramonto ragazzo. Riportami Avril o ti farò a pezzi. E non pensare di andare dal principe, perché se lo fai, gli dirò cosa sei e allora vedremo quanto ti accetterà dopo, intesi?»
Il tono con cui lo disse, gli occhi grigi più gelidi dell’inverno, convinsero Merlin che non stava affatto scherzando… e questo significava che era in grossi guai, di nuovo.
Ancora a terra, annuì lentamente, in silenzio, guardando col cuore che gli batteva peggio di un tamburo nel petto mentre l’altro, si allontanava a grandi falcate.
Avril era sparita. Era stata… rapita? Cadmon sembrava pensarla così.
E se fosse semplicemente scappata? Poteva aver scoperto di preferire la libertà, era pur sempre un rapace.
Ciò non cambiava il fatto che il cavaliere conosceva il suo segreto e poteva rivelarlo al re, Uther non avrebbe mai creduto alla parola di un servo piuttosto che a quella di un cavaliere, se l’altro lo denunciava, era come morto.
E se diceva qualcosa ad Arthur… forse il principe non avrebbe creduto a Cadmon, ma non era certo di potergli mentire in faccia. Non più almeno. Non dopo quello che avevano condiviso.
Non voleva che Arthur scoprisse la verità in questo modo, né fargli scegliere tra salvare il suo servo e mentire al suo re. Non era giusto. Non poteva farlo.
Il che gli lasciava una sola scelta. Doveva trovare quella stupida aquila, ovunque fosse.
Ma prima doveva portare la colazione al principe.

«Che diavolo ti è successo?»
Merlin guardò confuso Arthur, solo per vederlo sgranare gli occhi e alzarsi dal tavolo.
«Il tuo collo» quasi gridò avvicinandosi a lui e afferrandogli le mani quando l’altro fece per coprirlo «Niente» mormorò il mago distogliendo gli occhi «Un incidente».
«Un incidente?» ripeté l’altro «Con cosa? La mano di qualcuno? Merlin non sono un’idiota, chi è stato?» lo incalzò posandogli le dita sui grossi lividi che già si stavano formando sulla sua gola.
Merlin cercò di non dare a vedere quanto gli facessero male, ma non riuscì a trattenere un lieve gemito di dolore.
«Nessuno» bisbigliò allontanandosi di un passo, ma Arthur lo afferrò dalle spalle «Ti hanno minacciato? Per questo non vuoi dirmelo?»
«No, Arthur, smettetela!» si divincolò facendo cadere il vassoio, ormai fortunatamente vuoto, a terra.
Arthur lo guardò come se lo avesse schiaffeggiato «Perché non vuoi dirmelo?» strinse i pugni fino a sbiancarsi le nocche «Non ti fidi? O non pensi che mi importi?»
Merlin quasi lo abbracciò. Sapeva bene quanto fiducia e sincerità fossero importanti per l’altro, per questo il pensiero che scoprisse la verità, lo terrorizzava.
Il pensiero di ferirlo in modo irreparabile, di perdere ciò che avevano, era troppo da sopportare.
«Non è così, davvero» lo implorò sentendosi quasi disperato «E'… complicato» bisbigliò infine, incapace di trovare parole migliori per giustificarsi. Conscio che quelle usate erano assolutamente inadeguate.
«Per favore Arthur, lasciatemi fare da solo per ora, va bene? Non perché non mi fidi, ma perché… è meglio che non veniate coinvolto».
Arthur sembrò sul punto di ribattere, di negargli il permesso, ma alla fine scosse le spalle fissandolo preoccupato e, Merlin lo sapeva, infuriato con chiunque avesse osato toccarlo.
«Posso essere scusato il resto di oggi?» chiese nel silenzio che seguì.
Arthur si imbronciò e sbuffò. Quasi credette che avrebbe rifiutato, ma alla fine sospirò, passandosi una mano tra i capelli esasperato «Cerca di non finire nei guai» mormorò e Merlin gli sorrise grato.
«Merlin» lo fermò sulla porta «Ti aspetterò stasera, se non sarai qui diventerà affar mio» gli ordinò incrociando le braccia sul petto.
Sul viso la migliore espressione da sovrano del suo repertorio.
Il mago annuì, conscio di quanto l'altro fosse serio in quel momento, sentendosi fortunato al pensiero che Arthur Pendragon tenesse tanto a lui, anche se non l'avrebbe mai ammesso a parole, e scivolò fuori dalla stanza.

Era quasi il tramonto quando, sull’orlo della disperazione, Merlin smontò dal cavallo che si rifiutava di andare avanti di un altro passo e si lasciò cadere esausto sotto un grosso albero.
Era ridicolo come tutti si aspettassero di vederlo tornare al tramonto quando non sapeva neppure dove andare.
Aveva passato il giorno in mezzo alla foresta, a chiamare, gridare, usare la magia.
Tutto inutilmente.
Aveva trovato degli incantesimi di localizzazione adatti agli animali, ma sembravano non funzionare su Avril o forse erano troppo avanzati per lui.
Il fatto era che il giorno stava volgendo al termine e dell'aquila non c’era traccia.
Era stanco, aveva fame ed iniziava a fare freddo.
Ma non poteva esattamente tornare indietro.
Di quel passo il suo segreto sarebbe stato svelato e lui si sarebbe ritrovato sul rogo... sempre che rimanesse qualcosa di lui dopo le gentili cure di Cadmon.
Forse doveva restarsene nella foresta per sempre e sparare che il cavaliere svanisse nel nulla.
Esausto, Merlin chiuse gli occhi.
Qualcosa si posò sul suo ginocchio.
Immaginando si trattasse di qualche insetto, il mago scosse la gamba per cacciarlo, ma il peso si fece più forte, un improvviso dolore pungente gli salì lungo tutta la gamba. Convinto di essere stato morso da un serpente, il mago spalancò gli occhi con un grido.
Avril lo fissava con la testa inclinata da un lato, un grosso occhio giallo puntato nei suoi.
Merlin rimase immobile, in parte nel timore che fuggisse e in parte per paura che stesse per cavargli un occhio.
«Avril» pronunciò con calma, sentendosi piuttosto idiota a parlare con un rapace «Sir Cadmon è molto preoccupato per te. Mi faresti un’enorme piacere se potessi, sai, tornare a casa... da lui».
Per suo sommo stupore, l’aquila emise un verso stridente e scosse la testa.
Merlin la fissò incredulo. Gli aveva risposto?
Lo aveva capito?
«Non vuoi tornare a casa?» le chiese sentendosi sempre più stupido.
In tutta risposta, Avril scosse ancora il capo. Non si era sbagliato. Sembrava capirlo, ma era impossibile. A meno che non fosse davvero magica.
In quel caso Cadmon poteva essere uno stregone.
«Perché?» l'aquila non gli rispose. Ovviamente.
Anche se per qualche assurdo motivo poteva davvero capirlo, non poteva certo rispondergli, era anatomicamente impossibile dopotutto «Se non torni, il tuo padrone mi ucciderà» blaterò sentendosi vagamente disperato «Fallo per me. Per averti salvata da quella freccia» provò ad appellarsi al suo buon cuore. Sempre ammesso che le aquile ne avessero uno.
Avril non sembrò molto convinta dato il modo in cui i suoi artigli penetrarono più a fondo nel suo ginocchio facendolo gemere e scuotere la gamba nel vano tentativo di cacciarla.
L’aquila traballò, gridando sdegnata, prima di saltare sul terreno e fissarlo contrariata.
«Dico sul serio, Avril. Lo so che non ti vado a genio e diciamoci la verità, tu mi terrorizzi la metà del tempo, ma il tuo padrone ha promesso di consegnarmi a Uther e so che lo farà. Perciò ti prego, aiutami» nel parlare Merlin si era messo a gattoni sul terreno, sassi e radici gli ferivano le mani e il suo ginocchio probabilmente sanguinava, ma non gli importava.
L'unica cosa importante era che l'aquila non fuggisse.
Avril continuò a fissarlo silenziosa per poi alzare il capo, il lungo becco rivolto verso il cielo ormai scuro.
Per un attimo Merlin temette che prendesse il volo condannandolo a morte certa, ma per sua sorpresa l'aquila gridò.
Un lungo grido che riecheggiò per la foresta, le grandi ali si spalancarono e una luce incandescente la avvolse.
Accecato, Merlin si tirò indietro incredulo, incapace di fare qualcosa per aiutare il povero animale.
All'interno della luce l'ombra di Avril cambiò forma, divenne più grande, più alta e Merlin sbatté le palpebre più volte convinto di sognare, ma quando tutto fu finito non c'era modo di negarlo.
Al posto del familiare corpo dell'aquila c'era una ragazza.
Non una ragazza qualunque, ma la stessa ragazza che, solo la notte prima, aveva visto nel cortile di palazzo.
Con un nodo in gola, il mago ripensò a Freya.
Anche lei era stata maledetta?
Costretta a vivere nel corpo di un'aquila? Ad uccidere forse? Ma non c'erano state uccisioni a Camelot...
«Avril?» chiese incerto, confuso, davanti al viso sereno della ragazza che, come se tutto fosse normale, si era rimessa in piedi stiracchiandosi schiena e braccia con un gemito.
Quando pronunciò il suo nome si voltò a guardarlo, quasi non si ricordasse di avere uno spettatore.
«Spiegami questa storia di Cadmon, vuoi? Cos'ha fatto esattamente?» lo guardò curiosa, arricciando le labbra seccata.
Ancora confuso, Merlin si rimise seduto contro il suo tronco d'albero, continuando a fissarla come se dovessero spuntarle le ali da un momento all'altro.
«Ma tu...» cominciò a dire, la ragazza alzò una mano per zittirlo «Ne parleremo dopo» gli disse e c'era qualcosa nel suo tono che lo costrinse ad obbedire senza esitazioni.
«Era furioso, diceva che eri sparita e per qualche assurdo motivo sembrava assolutamente certo che ti avessi fatto qualcosa. Mi ha minacciato in modo piuttosto spaventoso in effetti» dopo un attimo d'incertezza, il mago decise di tralasciare la parte della magia e di Uther. Non che Avril potesse denunciarlo viste le sue condizioni, ma in fondo era pur sempre l'aquila di Cadmon.
La ragazza si era portata l'indice alle labbra cominciando a mordicchiarne nervosamente l'unghia «Non posso crederci» sbottò infine «Quell'idiota!» aprì le braccia al cielo e si passò le mani tra i capelli rossi.
«Sai perché sia convinto che ti ho rapita o uccisa o che altro?» chiese incerto.
«Perché gli ho detto che sei uno stregone e quello scemo non è esattamente affezionato a chi pratica la magia» se ne uscì lei tranquillamente.
Merlin sgranò gli occhi e impallidì. In quanti sapevano del suo segreto?
Gaius lo avrebbe ucciso.
«Oh non fare quella faccia» si inginocchiò davanti a lui tentando un vago sorriso decisamente poco convincente.
«Non ce l'ho con te, mi hai salvato la vita in fondo. Grazie a proposito, per la freccia. In pochi avrebbero rischiato tanto per un pennuto» rise e le sue guance si colorirono attorno alle lentiggini.
Le parole le scorrevano tanto in fretta dalla bocca che il ragazzo faceva fatica a seguirla.
«Ad ogni modo l'ho detto a Cadmon, non ho pensato alla sua reazione, mi dispiace. Avrei dovuto farlo in effetti, ma ho così poche occasioni per parlare davvero con qualcuno che tendo a non riflettere mai abbastanza» concluse tornando a mordicchiarsi le unghie e a fissare verso il terreno con aria contemplativa.
«L'ho convinto a tenere il segreto, gli ho promesso che ti avrei tenuto d'occhio per scoprire se avevi cattive intenzioni col principe, ma quando gli ho detto che non c'era nulla di malvagio in quello che facevi non era convinto. Voleva parlarti da sé» lo guardò con aria colpevole, come fosse tutto a causa sua.
«Quando mi ha fermato ieri...» mormorò rimettendo insieme tutti i pezzi del puzzle.
Avril annuì, i lunghi riccioli rossi le ricaddero davanti al viso «Quando ha visto che il principe ti baciava ha deciso che lo avevi incantato, voleva dirgli tutto. Abbiamo litigato, ma lui continuava a dire che tutti gli stregoni sono uguali, che sono meglio morti. Non voleva ascoltarmi, così sono uscita e ti ho incontrato. Dopo aver parlato con te, ho deciso di andarmene, mi dispiace di averti messo nei guai».
Una folata di vento lo fece rabbrividire e stringere nella giacca.
Al contrario, Avril sembrava completamente a suo agio appollaiata tra le foglie come se non esistesse posto più comodo al mondo.
Perciò l'aquila e la ragazza erano la stessa persona. Ancora non riusciva a capacitarsene.
E lei e Cadmon erano davvero... innamorati.
Solo che adesso voleva lasciare il cavaliere e per qualche motivo Merlin era finito in mezzo alla disputa.
Aveva già mal di testa.
«Perché odia gli stregoni?» chiese infine, convinto che fosse la risposta a tutti i suoi problemi.
Forse poteva convincere Cadmon a fidarsi di lui.
«Dipende da quello che mi è successo. E' stata una strega a maledirmi, a farmi diventare un'aquila. Ogni giorno, dall'alba al tramonto. Solo di notte, quando la luna si alza nel cielo, posso riacquistare la mia vera forma» mormorò con voce tremante.
Di nuovo Merlin ripensò a Freya e si sentì stringere il petto «Perché lo ha fatto?»
«La solita storia» sorrise lei, ma era ovvio che fosse una maschera per non ammettere quanto la ferisse quella storia «Lei amava Cadmon, Cadmon amava me e io amavo cantare. Era l'unica cosa che m'importasse davvero. Un giorno Cadmon venne ad ascoltarmi, mi regalò una rosa e io la accettai. Iniziò a corteggiarmi, amava la mia musica, la mia voce ed io alla fine mi innamorai di lui. La strega, disse che Cadmon l'aveva tradita, che glielo avevo portato via. Per questo mi maledisse, così che non potessimo mai stare insieme. Cadmon la uccise, ma l'incantesimo non si spezzò».
La voce le s'incrinò. Avril scosse la testa e rimase in silenzio, cercando di controllare le sue emozioni.
«Storia stupida vero?»
Merlin non rispose. Non lo era affatto. Era triste ed ingiusta. E se solo avesse saputo come, l'avrebbe aiutata senza pensarci un secondo, ma incantesimi di quel tipo, così carichi d'odio, in grado di resistere perfino alla morte, erano fuori anche dalla sua portata. Purtroppo.
«Perciò sei rimasta con lui, come aquila».
Avril annuì «Lui ha voluto sposarmi lo stesso» sorrise al ricordo e Merlin provò a riconciliare il Cadmon che aveva visto e conosciuto con quello descritto da lei, ma sembrava impossibile.
Rimasero a lungo in silenzio, Avril immersa nei ricordi, forse dilaniata dalla scelta che aveva fatto e Merlin desideroso di darle conforto, ma incapace ancora una volta di trovare le parole adatte.
La notte scese intorno a loro e il mago provò ad immaginare una vita separato da Arthur, al suo fianco, ma incapace di stare davvero con lui.
Sarebbe stato terribile. Forse più insopportabile della morte stessa.
«Sei davvero coraggiosa» pronunciò infine senza volerlo ed Avril si voltò a guardarlo come stupita di vederlo ancora lì.
«Alla fine sono scappata» mormorò strappando dei fili d'erba e lasciandoli cadere tra le dita «E' colpa mia se è diventato così, ma non riesco nemmeno a guardarlo in faccia» un singhiozzo le sfuggì dalla gola e Merlin, incapace di resistere, l'abbracciò.
«Lasciala andare, stregone».
La punta di una lama lo punse tra le spalle, il mago voltò il capo trovandosi davanti al volto paonazzo di Cadmon.
«Cadmon, che diavolo stai facendo?» sibilò Avril saltando in piedi e spingendolo ad arretrare.
Il cavaliere aprì la bocca in silenzio, guardandola confuso «Sono venuto a salvarti» blaterò incerto, passando lo sguardo da uno all'altro.
«Non ho bisogno di essere salvata» sputò come fosse un grave insulto «Nessuno mi ha rapita» incrociò le braccia sul petto sfidandolo in silenzio a contraddirla.
«Allora perché non hai detto niente? Sei semplicemente...» boccheggiando in preda alla rivelazione, Cadmon le puntò un dito contro incredulo «Sei scappata! Volevi lasciarmi?» pronunciò come se la parola fosse terribilmente velenosa.
Avril sospirò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi «Non possiamo più fingere Cadmon, non ha senso continuare» mormorò e il cavaliere divenne così pallido che Merlin credette che fosse sul punto di svenire.
«Questa storia... è troppo pericolosa. Se Uther mi scoprisse ci ucciderebbe entrambi. Ed io sono un'aquila. Nessuno  capisce perché non sei sposato, perché non vai in taverna alla sera. Io sono solo un intralcio per te ormai. Tutti ti considerano strano, anche il principe. Non voglio tenerti legato a me. Non così, non più».
«Non essere stupida» le rispose il cavaliere «Sei mia moglie, non mi importa dell'incantesimo, se non stai bene a Camelot ce ne andremo...»
Lei scuoteva già la testa «Non capisci. Non si tratta di Camelot, si tratta di te. Stai cambiando, stai perdendo se stesso. Tu hai un animo nobile, Cadmon e ti amo per questo, ma da quando sono stata maledetta c'è qualcosa in te. La tua rabbia, quest'odio che hai per gli stregoni, finiranno col distruggerti. Col distruggere chi voglio al mio fianco» Avril chinò il capo, le mani strette attorno alla stoffa lacera del suo vestito.
Merlin respirava a stento, immobile, cercando di rendersi invisibile in quel momento al quale non avrebbe dovuto nemmeno assistere.
«Sei una stupida» decretò il cavaliere gettando via la spada «Pensi che m'interessi diventare un altro? O perdere me stesso? Pensi che m'importi di Camelot o degli stregoni? Quello che faccio lo faccio solo per te , perché ho giurato di difenderti e ho fallito!» gridò avvicinandosi a lei fino a sfiorarla col suo corpo.
«Non ti ho chiesto di difendermi, non ti ho chiesto di fare nulla» lo colpì nello stomaco con un pugno, Cadmon le afferrò la mano portandosela alle labbra.
«E io ti chiedo di non lasciarmi, perché se lo farai sarò costretto a cercarti fino ad impazzire, fino a morire» abbassò la voce fin quasi ad un sussurro.
Merlin si sentì avvampare dall'imbarazzo, soprattutto quando Avril tirò a sé il cavaliere e lo baciò.
E lo baciò.
E lo baciò.
Mortificato, ma felice che avessero risolto i loro problemi, il mago decise che erano fin troppo impegnati in quel momento per fare caso a lui e scappò in silenzio verso il castello.

«Sei in ritardo» lo accolse la voce del principe quando sgattaiolò nelle sue stanze.
Arthur era seduto davanti al camino, il viso imbronciato e le spalle tese.
Merlin gli sorrise chiudendo a chiave la porta «Scusate, mi è servito più tempo del previsto».
Il principe si alzò andandogli incontro e sciogliendo il nodo del fazzoletto che teneva al collo, esaminando la pelle livida per assicurarsi che non ci fossero nuovi segni.
«Hai risolto il problema?»
«Direi di sì» sorrise Merlin sfuggendo alla sua presa per andare a sedersi sul letto e levarsi gli stivali. Era così stanco che a stento riusciva a reggersi in piedi.
«E non vuoi spiegarmelo?»
Il mago finse di pensarci «No, tanto non capireste» gli rispose infine con un sorriso.
Arthur si imbronciò di nuovo sedendosi al suo fianco, fissandolo offeso.
Il servo lo baciò sulla guancia «Ho imparato una cosa oggi» gli disse invece «Anche se a volte il destino è una vera spina nel fianco, non è detto che non si possa essere felici anche così» pronunciò con aria seria.
«E che vorrebbe dire?»
«Ah non lo so, spiegatemelo voi. Siete il principe in fin dei conti».
«Merlin».
«Sì sire?»
«Sta zitto e spegni le candele» gli ordinò l'altro seppellendosi sotto le coperte.
Merlin sorrise «Agli ordini» mormorò alzandosi e facendo il giro della stanza.
Al suo ritorno l'abbraccio di Arthur fu pronto ad accoglierlo e cullarlo nel sonno.

«Merlin?»
La mattina dopo albeggiò sotto un cielo grigio e piovoso.
Grosse nuvole oscuravano il sole e rinfrescavano l'aria facendo perdere a chiunque la voglia di alzarsi.
In giornate come quelle, in cui perfino Arthur rifiutava di allenare i cavalieri concedendo loro un po' di riposo, in genere Merlin restava sotto le coperte del principe tutto il giorno, passatempo che iniziava a rendergli la pioggia molto più piacevole.
Purtroppo, stavolta non era andata così.
Arthur lo aveva buttato fuori dal letto con poca grazia ordinandogli di portargli la colazione.
Il mago sospirò al pensiero della punizione che lo avrebbe atteso al suo ritorno.
Ovviamente Arthur non aveva apprezzato l'idea che il suo servo gli avesse nascosto qualcosa.
«Volevo scusarmi con te».
Cadmon lo aveva fermato in mezzo al corridoio, i capelli e i vestiti ancora umidi gli facevano pensare che la pioggia avesse colto i due ragazzi ancora in mezzo alla foresta.
Merlin non sapeva esattamente cosa pensare, era vero che quando li aveva lasciati Avril e Cadmon sembravano aver risolto i loro problemi, ma questo cosa significava per lui?
Doveva ancora temere per la sua vita?
O il cavaliere avrebbe tenuto il suo segreto?
«Non avrei dovuto minacciarti, né aggredirti come ho fatto» i suoi occhi grigi cercarono il suo collo, fissando la bandana rossa con cui l'aveva coperto come se potesse vedere ciò che essa celava.
«Non è colpa vostra» scosse le spalle il servo «Forse avrei fatto lo stesso se il principe fosse stato in pericolo» pronunciò per poi arrossire immaginando come potesse suonare al cavaliere quella frase, ma in fondo Cadmon sapeva tutto.
Li aveva visti. Un altro segreto che sperava custodisse in silenzio.
«No, sono stato imperdonabile. Non ho pensato ad Avril né agli altri. Un cavaliere non dovrebbe comportarsi in questo modo, farmi accecare dall'odio, dall'amarezza. Mi sono ripromesso che non accadrà più».
Per qualche motivo, Merlin sentì di potersi fidare di lui e quando il cavaliere sorrise porgendogli la mano, la strinse senza esitazione «Grazie per aver salvato la mia Avril da quella freccia e stai tranquillo, i tuoi segreti moriranno con me».
Sorpreso, Merlin sorrise in imbarazzo «Grazie» mormorò e Cadmon scosse la testa «E' ciò che avrei dovuto dirti fin dal principio».
«Avril sta bene adesso?» cambiò discorso il mago che iniziava a sentirsi davvero a disagio di fronte a tutte quelle scuse e ringraziamenti.
Era felice di sapere che non lo avrebbero gettato in prigione o sul rogo, questo era sufficiente per lui.
«Sì... a proposito di lei, potrei avere un favore da chiederti...»

«Non odiavi quel rapace fino a ieri?» Arthur guardò con un briciolo di orrore l'enorme aquila che col suo nuovo fiocco blu intorno al collo se ne stava appollaiata sulla spalla del suo servo, guardandolo lucidare un paio di stivali.
«Chi... io? Non so proprio di che parlate» gli rispose ingenuamente.
«Cerca di non farti cavare un occhio».
Merlin sorrise pescando un biscotto al miele dalla tasca dei pantaloni e passandolo ad Avril che lo inghiottì con un grido soddisfatto.
«Oh non mi farà niente, siamo diventati ottimi amici, non è vero?»
Il rapace gridò in risposta e Merlin le accarezzò la testa.
«Sir Cadmon sa di questa amicizia
«Certo, è stato lui ad affidarmela, pare che debba fare un rapporto a vostro padre e ad Avril non piace restare da sola nelle sue stanze».
Arthur continuò ad osservarlo incredulo per un bel pezzo prima di tornare ai suoi lunghi documenti.
Ogni tanto li controllava con la coda dell'occhio, probabilmente per assicurarsi che il rapace non stesse per trasformarlo nella sua cena.
Nel frattempo Avril se ne stava in silenzio, pizzicandogli affettuosamente un orecchio ogni volta che finiva uno degli infiniti stivali dell'esercito che Arthur gli aveva ordinato di pulire per punizione.
I segreti chiaramente non gli piacevano affatto.
Merlin sospirò scuotendo la mano dolorante un paio di volte.
Se non altro aveva due alleati in più a Camelot, due strambi ed imprevedibili alleati certo, ma era sempre meglio di niente.
E forse, un giorno, la sua magia sarebbe stata abbastanza potente da poterli davvero aiutare...


end

* Non so che statua sia, ma sono certa che ci sia una statua!xD


Finita!
Per scriverla ho cercato qualcosa in giro sulle aquile, soprattutto il verso.
Sui siti che ho trovato dicevano che le aquile gridano, non so se sia vero, ma se avete altre informazioni, sono qui!xDD
Spero che Avril e Cadmon vi siano piaciuti nonostante fossero original e spero di essere riuscita ad inserirli bene a Camelot! 


La canzone è Not Enough di Avril Lavigne:
I’m sorry
If this hurts you
But I tried to keep what we had once I was wrong
It wasn’t keeping me awake
You didn’t listen (You didn’t listen)
You didn’t hear me (You didn’t hear me)
When I said I want more
I got no more
You were stealing me away
Oh

[chorus]
It’s not enough, it’s not enough to get me
What it is I want
It’s not enough, it’s not enough to get me
Everything I need
And I, I wish it was
I think its time
To give this up
Oh, oh
Oh, oh
Oh, oh
Oh, oh
Oh
All the memories
That were losing
All the time that I spent with you everyday
I think it’s running down the drain
I’m feeling (feeling)
That were fading
Dont make this as hard as you think you’d be
It’s a lot easier than it seems
Yeah

[chorus]
It’s not enough, it’s not enough to get me
What it is I want
It’s not enough, it’s not enough to get me
Everything I need
And I, I wish it was
I think it’s time
To give this up
And I can feel it falling down
Slowly, slowly
I can see you’re starting to drown
Can’t stop it now
I can see ya burning out
So show me, show me
How are ya gonna turn it around because?
[chorus]
It’s not enough, it’s not enough to give me
What it is I want
It’s not enough, it’s not enough to get me
Everything I need
And I, I wish it was
I think its time
To give this up
It’s not enough, it’s not enough to get me
What it is I want
It’s not enough, it’s not enough to get me
Everything I need
And I, I wish it was
I think its time
To give this up

It’s not enough, it’s not enough
(to get me)
It’s not enough, it’s not enough
(What it is I want)
It’s not enough, it’s not enough
(To get me)

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