Ladyhawke di emychan (/viewuser.php?uid=827)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1/2 ***
Capitolo 2: *** 2/2 ***
Capitolo 1 *** 1/2 ***
Dedicata a elfin emrys, aleinad ed elyxyz che hanno
commentato la mia ultima storia! E a tutti coloro che lasciano sempre
scritto cosa pensano o mi aggiungono tra i preferiti!Fatevi sentire
così posso dirvi che vi adoro! Siete la mia ispirazione!!xD
Note: Ecco una storia dai toni
più allegri, come promesso!
Il film 'Ladyhawke' è uno dei miei preferiti!! L'idea della
storia mi è venuta da lì, anche se alla fine
c'entra ben
poco!xD
Il nome Cadmon invece,
mi
è rimasto
impresso da una fic inglese su Merlin molto bella, mi piaceva come nome
per un cavaliere così l'ho utilizzato qui, i personaggi
comunque
non c'entrano nulla con quella storia!:P
La storia partecipa al Contest
'una storia per una canzone' indetto da Parsifal62 su Efp!
Terzo
posto all'Avril
Lavigne Contest indetto su Efp da Adamantina!
Ladyhawke 1/2
Sospirando Merlin chiuse l'ennesimo libro inutile della biblioteca
reale, Geoffrey iniziava a guardarlo storto dal suo angolo ricoperto di
vecchie pergamene.
Era quasi una candela che se ne stava seduto a quel tavolo, circondato
da rotoli e volumi di ogni genere. Tutti quei fogli e nemmeno uno che
contenesse ciò che cercava.
Dicevano tutti le stesse cose: rapace,
cacciatore di piccoli animali, carnivoro, grandi ali, vista acuta.
Tutte cose già risapute.
Non c'era niente sul pedinare servi innocenti? Sul fissarli con aria
minacciosa? Su aquile possedute da potenti stregoni malvagi?
Insomma, non poteva essere capitato solo a lui, no? No?
Con un gemito, Merlin lasciò cadere la testa contro il
tavolo, dal suo angolo Geoffrey si schiarì la gola seccato.
Inutile, non c'era niente che gli spiegasse cosa stava accadendo.
Forse aveva ragione Arthur, stava impazzendo.
Era possibile.
Forse tutte quelle minacce magiche, tutti i pericoli e le battaglie,
l'orribile era dell'alleanza tra Morgana e Morgause, l'avevano
stressato.
Gli facevano vedere minacce ovunque... Andiamo, chi poteva essere
perseguitato da un'aquila?
Era ridicolo!
Certo era un’aquila enorme, con tondi occhi gialli ed un
becco
piuttosto appuntito. Per non parlare degli artigli, solo a pensarci
tremava. Ma era pur sempre un'aquila,
un rapace.
Non poteva davvero
progettare di ucciderlo lentamente e dolorosamente come credeva. Era
assurdo.
E, ovviamente, era tutta colpa di Arthur. Come sempre del resto.
Se non fosse stato per la stupida battuta di caccia di due settimane
prima, Avril sarebbe stata solo una grossa minaccia da cui tenersi
distante, ma no, il principe aveva deciso di rallegrare la giornata,
come diceva lui.
Non importava che facesse freddo e che molti dei soliti cavalieri che
lo accompagnavano fossero di pattuglia, no.
Arthur doveva per forza uccidere qualcosa, anche se l'intero universo
lo avvertiva di non farlo. Anche a costo di radunare un paio di
cavalieri semi-sconosciuti ed irritanti.
Anche a costo di portarsi dietro Sir
Cadmon.
Personalmente, Merlin non aveva niente contro sir Cadmon.
Per essere un nobile, il cavaliere era piuttosto riservato, gentile,
ben educato.
Inoltre nessuno poteva negare che fosse anche molto affascinante, un
po’ più alto del principe, con occhi grigi come un
cielo
in tempesta e corti capelli castani a incorniciare un viso dai tratti
molto squadrati.
Nei suoi quattro anni a Camelot, però, Merlin non gli
aveva mai rivolto una parola e sinceramente, non aveva alcun
desiderio di farlo.
Questo perché per quanto fosse forte, fedele o coraggioso,
Sir Cadmon era anche piuttosto... bizzarro.
Per non dire completamente fuori di testa.
A partire dalle sue abitudini notturne.
Quell'uomo non dormiva mai.
I servi non facevano che raccontare di averlo visto vagare per il
castello o in cortile agli orari più improbabili e i suoi
continui ritardi agli allenamenti del mattino sembravano confermare le
loro storie. Così come il suo frequente dormire fino a tardi
senza nemmeno presentarsi a detti allenamenti, cosa che faceva
infuriare il principe ogni volta.
In quelle occasioni, Arthur mandava qualche nuova recluta a chiamarlo.
In genere, Cadmon arrivava poco dopo, con l'aria assonnata ed un paio
di enormi occhiaie nere sotto agli occhi grigi, pronto ad ascoltare con
aria vacua la lunga ramanzina sul senso del dovere del principe.
E quella non era nemmeno la parte peggiore.
Fosse stato solo per quello il mago gli avrebbe eretto un monumento.
Chiunque irritasse Arthur in quel modo ne meritava uno.
Il vero problema di sir Cadmon era il suo animaletto da compagnia.
Un’aquila di nome Avril.
Il cavaliere se la portava dappertutto, appollaiata sulla spalla,
pronta a colpire chiunque arrecasse offesa al suo padrone. E lui le
accarezzava la testa, sussurrandole racconti e guardandola come se...
per quanto fosse pazzesco pensarlo, se quello non era amore Merlin non
era un mago.
Non importava quanto ridesse Arthur al pensiero di un cavaliere
innamorato di un uccello.
Il problema, a parere di Merlin, non era che amasse o meno un rapace
capace di uccidere un uomo, ma il fatto che se la portasse in giro come
se fosse normale.
Ma a Sir Cadmon, che la trattava al pari di una principessa, sembravano
non importare simili sciocchezze.
Le legava grandi nastri colorati intorno al collo e le
parlava in fretta, come se potesse capirlo.
Quando la chiamava, il grande rapace emetteva piccoli versi striduli,
quasi volesse rispondergli e piegava la piccola testa piumata
fissandolo coi suoi enormi occhi, beccandogli le dita con affetto,
senza ferirlo.
Tutti a Camelot conoscevano Avril e nessuno osava avvicinarla per paura
delle conseguenze. Si narrava che, una volta, un servo avesse cercato
di farle mangiare un topo e si fosse ritrovato senza un dito.
La cosa peggiore era che, secondo le voci, il cavaliere aveva sgridato
il servo per averla molestata.
In molti dicevano che era una storia troppo assurda per essere vera,
che era ovviamente inventata, ciononostante, nessuno osava avvicinarsi
ad Avril e visto che Cadmon era sempre con lei, anche lui finiva col
non essere molto popolare.
D’altronde, l'orribile rapace lo teneva in pugno. Avril era
molto
possessiva e chiaramente gelosa, l'ultima volta che Cadmon aveva
mostrato dell'interesse per una dama accettandone il favore, la nobile
in questione si era ritrovata con la faccia ricoperta di feci d'aquila
e aveva pianto per tutto il giorno.
Gaius poteva alzare il suo stupido sopracciglio quanto voleva, ma Avril
aveva chiaramente riso in quell'occasione, una risata davvero malvagia.
Perfino Uther aveva timore dell'enorme rapace. Aveva vietato a Cadmon
di portarlo con sé nella sala del trono e come biasimarlo?
L'ultima volta che c'era stata, il mantello del re ne era uscito
decisamente sconfitto... e puzzolente.
Per i suddetti ragionevoli motivi, quando Arthur lo aveva cortesemente
informato di chi si sarebbe unito alla caccia del giorno, Merlin aveva
cercato di convincerlo in tutti i modi che non era una buona idea, ma
ovviamente il principe non l'aveva ascoltato.
E di fronte ai suoi più che fondati dubbi sulla
normalità
di Cadmon, aveva osato rispondergli che era lui l'idiota, lui!
Di certo doveva aspettarselo, Arthur era un asino in fondo, un
bell'asino forse, ma pur sempre un asino.
Il suo unico pensiero era riuscire a specchiarsi nella sua armatura o
nei suoi stivali, figuriamoci se si preoccupava di non farsi cavare gli
occhi da un orribile mostro coperto di piume e dagli enormi artigli. Tipico.
Così, poche ore dopo, si era ritrovato nel bel mezzo della
foresta, sotterrato dal peso delle armi del principe e pochi passi
dietro a Sir Strambo
come aveva deciso di soprannominarlo, almeno nella propria mente.
Se non altro, Avril non era con loro. Poco prima, l'aquila si era
innalzata in volo con un grido, sparendo oltre le fronde degli alberi.
Per un attimo Merlin aveva temuto di vederla scendere in picchiata su
di loro trattandoli come piccoli roditori, ma Cadmon sembrava sereno e
Arthur non aveva detto niente, perciò ne aveva dedotto che
fosse
tutto normale. O almeno nel mondo dell'uomo
che sussurrava alle aquile.
I suoi macabri pensieri erano stati interrotti dal principe che aveva
fatto cenno agli altri di restare in silenzio.
Arthur si era inginocchiato lentamente facendo cenno agli altri di
dividersi.
Senza esitazione, i cavalieri avevano seguito i suoi ordini, impugnando
lance e balestre.
«Merlin, la lancia!» gli aveva sibilato il principe
guardandolo piuttosto seccato, come se avesse dovuto prevedere
quell'ordine. A volte era davvero insopportabile.
Con un sospiro, il servo si era morso la lingua per non rispondergli a
dovere e gli aveva passato l'arma in questione, facendola quasi cadere
a terra, sotto le occhiatacce del principe.
Non fosse stato per il cervo, che al momento si abbeverava al fiume,
probabilmente gli avrebbe gridato contro per un bel pezzo.
In muta concentrazione, Arthur aveva preso la mira, a quella distanza
un errore era quasi impossibile per lui, aveva pensato Merlin con
dispiacere.
Il cervo era davvero bello, con dolci occhi neri e il manto soffice e
lucido.
Davvero non capiva cosa ci fosse di tanto divertente nell'uccidere
creature così perfette.
Un attimo dopo, la freccia era scoccata, Merlin aveva chiuso gli occhi
e poco distante, Cadmon era saltato in piedi gridando
«Sire!»
Gli altri cavalieri si erano voltati a guardarlo confusi, chiedendosi
dove fosse la minaccia.
Perfino Merlin si era guardato alle spalle un po' preoccupato.
«No!» aveva continuato il cavaliere, ignaro o
completamente
indifferente alla confusione che stava portando tra i suoi compagni.
Per un attimo, guardandolo correre verso la carcassa del cervo, Merlin
aveva creduto che fosse un'altra delle sue stranezze, paura delle
frecce magari.
Soddisfatto, aveva guardato verso il principe, pronto a sussurrargli Ve l'avevo detto, ma
Arthur gli aveva gettato uno sguardo che diceva Ho ancora una balestra, non
azzardarti a dirlo, e si era avvicinato con cautela al suo
cavaliere.
«Sir Cadmon? Cosa succede?»
«Avril!» aveva esclamato il cavaliere senza nemmeno
ascoltarlo.
Nel frattempo Merlin, che aveva seguito Arthur per impedire che finisse
ucciso come al solito, si era ritrovato a fissare stupito e vagamente
dispiaciuto il corpo di Avril riverso a terra, con gli occhi gialli
semiaperti e il respiro affannoso.
La freccia di Arthur le aveva trapassato il petto.
Il principe aveva trattenuto il fiato, come se lo avessero colpito.
Certo non poteva biasimarlo.
Perfino lui, che di certo non era mai stato un fan del rapace, non le
avrebbe mai augurato di morire in quel modo.
Incapace di trovare le parole giuste, il principe si era schiarito la
voce dondolandosi nervosamente da un piede all’altro, Merlin
si
era sentito in pena anche per lui.
«Sir Cadmon, io... non l'ho vista arrivare» si era
scusato.
«Non è colpa vostra» aveva mormorato il
cavaliere, la voce stranamente rotta.
Per un istante, il mago aveva creduto che sarebbe scoppiato in lacrime
davanti a tutti e si era sentito un verme per tutte le cose che aveva
pensato di lui... e di Avril.
«Devo portarla dal medico di corte» aveva
continuato a dire come in trance.
Merlin aveva sbattuto le palpebre, convinto di non aver sentito bene.
Gaius sapeva curare gli animali? Da quando?
E comunque a guardarla... Avril non sarebbe mai sopravvissuta, per
quanto brutto fosse pensarlo. Quella freccia gli aveva trapassato il
petto da parte a parte.
«Sir Cadmon, so che è difficile...»
aveva detto
Arthur con aria incerta, probabilmente pronto ad esprimere i pensieri
del mago.
Merlin aveva sperato profondamente che non avesse intenzione di
esprimere i propri
pensieri. Arthur non era certo adatto a confortare qualcuno.
«Lui la salverà» lo aveva interrotto il
cavaliere in tono deciso. Un tono che non concedeva repliche.
Merlin si era sentito profondamente triste per lui.
Al contrario, Arthur era sembrato sul punto di dirgli che era un idiota
a disperarsi per un uccello già quasi morto. La sua
ritrovata
sensibilità già svanita nel nulla, ma un discreto
pizzicotto sul fianco da parte di Merlin e un'occhiata torva, lo
avevano subito distolto dai suoi intenti troppo sinceri e diretti.
«Ah... beh... certo...»
aveva invece sputato a stento «Certo, torniamo
indietro»
aveva ordinato facendo cenno con la testa a Sir Leon di non dire niente.
Quel viaggio era già stato abbastanza assurdo
così, in fondo.
I cavalieri erano quindi rimontati a cavallo e Arthur aveva comunicato
silenziosamente a Merlin quanto quella storia gli sarebbe venuta a
costare dopo. Quella notte in tutta probabilità.
La faccia di Gaius non era stata meglio.
Il suo sopracciglio era quasi schizzato via dalla fronte quando Cadmon
aveva adagiato Avril sul suo tavolo dicendogli che era ferita.
Per qualche strana ragione, il medico aveva fissato Merlin come
dandogli la colpa di tutto. Per una volta che non aveva fatto nulla.
Tuttavia, di fronte alla voce arrochita, il viso pallido e gli occhi
ovviamente disperati e arrossati di sir Cadmon, nessun uomo avrebbe
osato dire di no. Meno di tutti il povero Gaius che, con tutta la
dignità di cui solo lui era capace, aveva ordinato al
cavaliere
di fargli dare un’occhiata alla ferita di Avril e aveva
cacciato
tutti dalla stanza.
Tutti tranne Merlin.
«Vorresti spiegarmi perché la vita con te non
è mai
noiosa?» gli aveva chiesto con aria esasperata, mettendosi ad
esaminare il corpo esanime del rapace.
«Non ho fatto niente stavolta...» si era difeso il
ragazzo sentendosi insultato.
Il medico non aveva risposto, tamponando la ferita con un panno.
«Tienila ferma, dobbiamo estrarre la freccia» gli
aveva ordinato in tono brusco.
Il mago aveva stretto le mani sul corpo piumato dell’animale,
trovandolo stranamente soffice sotto le dita, diversamente da come
avrebbe immaginato.
«Pensate di poterla davvero aiutare?» aveva chiesto
guardandolo estrarre la freccia con un colpo secco.
Avril aveva spalancato il becco emettendo un basso grido strozzato,
tanto simile ad un gemito, da fargli venire la pelle d’oca.
Con
delicatezza, Gaius aveva allora disinfettato e tamponato la ferita
cercando di fermare l’emorragia. L’espressione sul
suo viso
grave e preoccupata.
«E' un'aquila, non credo che abbia la forza o la
volontà
necessaria per superare questo... e di certo io non ho le conoscenze
per riuscire a curarla in modo adeguato. Non l'ho mai fatto prima
d'ora» aveva scosso la testa con rammarico.
«Perciò… morirà?»
aveva chiesto in un
sussurro, sentendosi a disagio solo nel pronunciare la parola. Era
strano come il pensiero all'improvviso gli fosse sembrato del tutto
inaccettabile.
«Non lo so» aveva sospirato l'anziano
«Possiamo solo sperare».
Merlin era rimasto in silenzio, guardandolo ricucire la ferita come
l'aveva visto fare milioni di volte sui cavalieri.
«Se usassi la magia?» aveva bisbigliato quasi
soprappensiero «Forse potrei aiutarla».
«Per farti uccidere? Non essere sciocco Merlin» lo
aveva
sgridato di rimando Gaius «Non credi che Cadmon
s’insospettirebbe? O Arthur?»
«Non curerei tutta la ferita. Potrei solo
aiutarla… a
superare la notte» aveva spiegato il mago di getto,
incespicando
nelle parole mentre l’idea si faceva sempre più
ferma
nella sua mente.
Poteva aiutarla. Lo sapeva. E per qualche ragione era come se la sua
stessa magia lo stesse implorando di farlo.
Il medico lo aveva osservato esasperato «Merlin...»
aveva
cominciato in tono di rimprovero, ma il mago lo aveva interrotto sul
nascere «Avete visto Cadmon? Se Avril muore la
prenderà
male, molto male».
«Com’è normale che sia Merlin. A nessuno
piace
perdere qualcuno o qualcosa che si ama, ma questo non significa che tu
debba...»
«C'è di più Gaius, la sua reazione...
voi non
l'avete visto. Il modo in cui è corso qui, in cui la teneva,
sembrava impazzito, disperato! Non è solo
un’aquila per
lui!»
«Ancora questa storia?» aveva sospirato il medico
scuotendo
il capo «Merlin, ti ho già detto che simili voci
sono…»
«E' così vi dico, non so cosa ci sia sotto, ma so
che non
devo permettere che muoia... è una sensazione. Fidatevi di
me,
Gaius».
Nella breve lotta di sguardi che era seguita, il mago aveva supplicato
silenziosamente il suo tutore di capirlo, di accettare
l’ennesimo
rischio che avrebbe corso per aiutare qualcuno.
Alla fine era stato Gaius ad arrendersi ed annuire «Cerca di
non farti scoprire» aveva brontolato in tono burbero.
Con un sorriso, il mago era corso nella sua stanza per recuperare il
libro di magia dal suo nascondiglio.
Era stato facile trovare ciò che cercava, ormai conosceva
quel libro da copertina a copertina.
Era usare gli incantesimi nel modo giusto il vero problema.
Con un respiro profondo, Merlin aveva teso la mano verso l'aquila
ricoperta di sangue e mormorato le parole ormai tanto familiari.
Aveva dovuto ripeterle tre volte prima che il respiro di Avril si
facesse più ritmico e i suoi lamenti cessassero. La ferita
era
stata ancora piuttosto profonda, ma non mortale. O così
aveva
sperato.
Sentendosi stanco e prosciugato, aveva guardato verso Gaius per
conferma, il medico si era chinato subito sul rapace per controllarne
il respiro «Credo abbia funzionato» aveva decretato
poco
dopo «Almeno per adesso».
Merlin aveva sospirato con sollievo lasciandosi cadere su uno sgabello.
L'aveva stupito l’infinita gioia che quelle parole gli
avevano
procurato e quando Cadmon si era seduto accanto alla sua aquila
guardandola dormire, si era sentito estremamente soddisfatto di se
stesso.
Non avrebbe saputo spiegare il perché, ma era certo di aver
preso la decisione giusta.
«Pensate ancora che non sia strano?» aveva poi
sussurrato a
Gaius quando, tre giorni dopo, aveva decretato che l’aquila
poteva tornare nelle stanze del cavaliere.
In quel periodo il medico aveva avuto tempo per studiare il rapace, il
modo in cui se ne restava tranquillamente sdraiata in una coperta o
rannicchiata tra le mani del cavaliere.
Aveva avuto tre giorni per guardare il cavaliere parlare con la sua
aquila come fosse la sua donna. Dormire al suo fianco, accarezzarle le
ali, portarle nastri e fiori, ma Gaius si era limitato a scuotere le
spalle.
«Non so davvero che dire Merlin, Avril è la sua
aquila,
è normale che gli sia affezionato anche se… forse
in
entrambi c’è qualcosa di poco chiaro, ma io non ne
farei
parola con nessuno se fossi in te. Come sai Uther non approva stranezze
di nessun tipo. Specie quelle che ai suoi occhi possono somigliare a
magia».
«Magia? Credete che Cadmon sia uno stregone?» aveva
chiesto
sedendosi a mangiare, l’idea che Avril potesse essere magica
stranamente non gli era nemmeno passata per la mente. Eppure avrebbe
spiegato ogni cosa.
«Io non credo nulla, posso solo dire di aver visto animali di
ogni specie nella mia vita e nessuno di loro si è mai
comportato
come quell’aquila» aveva risposto
l’anziano con aria
vagamente preoccupata.
Il mago aveva annuito pensieroso, ripromettendosi di tenere un occhio
su entrambi, sebbene l’idea di spiare o seguire il rapace non
fosse proprio nella sua lista di cose preferite, ma alla fine ogni suo
proposito si era rivelato superfluo.
Pochi giorni dopo ‘l’incidente’,
com’era ormai chiamato da tutti, sir Cadmon era tornato ad
essere costantemente accompagnato dalla sua amica.
Se qualcuno aveva notato la fin troppo veloce guarigione del rapace non
aveva detto nulla, per gran sollievo di Merlin che si era
però
ritrovato con problemi ben più gravi.
Un rapace che sembrava seguirlo dappertutto, ad esempio.
All’inizio aveva creduto di essere paranoico, ma dopo giorni
e giorni non poteva più negarlo, Avril lo seguiva.
Sapeva bene di suonare pazzo, ma era così.
Quando puliva le stalle, l’aquila lo fissava da una sella.
Quando attendeva agli allenamenti di Arthur, Avril lo fissava. E
avrebbe giurato di averla vista sul davanzale della finestra mentre
lucidava gli stivali del principe.
Quest’ultimo, di fronte alle sue preoccupazioni, si era
limitato
a ridere di gusto ordinandogli di smettere di bere il suo vino.
E c’era la questione di Cadmon ovviamente.
Il cavaliere con cui non aveva mai neppure scambiato una parola, adesso
non faceva altro che… studiarlo.
Questa era la parola esatta.
Lo fissava tutto il tempo, seguendone le mosse come se in attesa di
chissà che cosa.
Era davvero inquietante.
Non capiva cosa avesse fatto di male per essere fissato in modo
così minaccioso da entrambi. Li aveva salvati in fondo
eppure
sembrava che stessero complottando qualcosa di terribile nei suoi
confronti.
«Merlin, giusto?» il mago era così
avvolto nei suoi
pensieri che sobbalzò, facendo cadere la coppa
d’acqua da
cui beveva da diversi minuti senza accorgersi che era già
vuota.
Quel giorno il sole picchiava sul cortile e starsene a guardare Arthur
picchiare i suoi cavalieri non era certo appagante, ma era sempre
meglio che spalare feci nelle stalle.
Quello che non si aspettava era di ritrovarsi faccia a faccia con un
cavaliere.
Il cavaliere.
Sir Cadmon in persona.
«Ho bisogno di parlare con te, se hai un minuto»
più
che una richiesta, il suo tono di voce faceva pensare ad un ordine e la
serietà con cui lo pronunciò fece desistere il
servo da
ogni tentativo di scusarsi con qualche impegno o mansione urgente.
«Si tratta di ciò che è accaduto nel
bosco, con
Avril…» s’interruppe guardandolo come se
da quelle
poche parole Merlin dovesse dedurre l’esatta ragione di
quella
conversazione.
Il mago ovviamente non aveva idea di dove volesse arrivare.
L’altro dovette intuirlo dal suo sguardo piuttosto perso,
perché si avvicinò a lui fino ad entrare nel suo
spazio
vitale e abbassò la voce ad uno strano tono di cospirazione
«So di quello…» cominciò a
dire, ma
l’arrivo improvviso del principe lo interruppe.
«Sir Cadmon, non eravate di guardia?»
Arthur indossava la sua armatura. Nonostante il caldo aveva passato
tutta la mattina ad addestrare un gruppo di nuove reclute per
aumentarne la forza di resistenza, o ucciderli, il servo non era ancora
sicuro, e adesso osservava entrambi col viso imbronciato e vagamente
confuso.
«Sì sire, stavo giusto andando» si
giustificò in
fretta Cadmon gettando un’occhiata verso Merlin,
probabilmente
con lo scopo di farlo rimanere in silenzio, ma dato che il mago non
aveva neppure capito perché era stato fermato, non aveva
molto
di cui preoccuparsi.
«Muovetevi allora» gli ordinò Arthur
continuando a fissarlo irritato.
Cadmon chinò la testa in saluto e se ne andò,
Merlin lo
vide scoccargli un’ultima occhiata indecisa, come se volesse
chiedergli qualcosa, ma fu solo un attimo prima che si voltasse e
andasse via.
Pochi passi dopo, con un grido, Avril atterrò sulle sue
spalle
chinando il becco verso il suo orecchio, come se dovesse bisbigliargli
qualche segreto.
«Cosa voleva?»
Arthur si finse disinteressato riempiendosi una coppa d’acqua
fresca, ma il suo tono era piuttosto seccato.
«Non ne ho idea» mormorò Merlin
«Siete arrivato prima che me lo dicesse».
Il principe non rispose, ma continuò a fissare il punto in
cui Cadmon era sparito con aria pensosa.
«Vieni nelle mie stanze stanotte»
mormorò, dopo aver bevuto a sufficienza, chinando il viso
verso il suo.
Merlin sorrise «A cosa devo questo onore?»
In tutta risposta il principe sbuffò «Al fatto
che, a
quanto pare, hai sempre bisogno di un invito scritto per
farlo».
«Non vorrei mai presumere troppo e superare i limiti della
vostra
immensa generosità» si giustificò il
servo con un
sorriso.
«Merlin,
hai letto il manuale del buon servo ultimamente?»
«Devo pur trovarmi qualcosa da fare quando non intrattengo
voi» gli passò la mazza ferrata ammiccando.
Arthur la prese stringendogli le dita più a lungo del
necessario
e fissandolo dritto negli occhi «Stasera Merlin. E mi aspetto
che
tu mi intrattenga
a
dovere» lo tirò verso di sé,
sfiorandogli le labbra
con le proprie, una breve carezza che lasciò Merlin senza
fiato.
Il mago si guardò attorno preoccupato, in genere stavano
molto
più attenti a non farsi vedere. Qualcosa gli diceva che
Uther
non avrebbe apprezzato l'idea di suo figlio con un servo, un maschio
per di più.
«Come desiderate sire» rispose dopo essersi
assicurato che non ci fosse nessuno nei paraggi.
Il principe sorrise prima di tornare ad allenarsi e Merlin
desiderò ardentemente che le ore potessero passare
più in
fretta.
Tbc...
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Capitolo 2 *** 2/2 ***
Ladyhawke 2/2
Tra i suoi doveri e gli incarichi di Gaius, Merlin non vide Arthur per
tutto il giorno.
Quando finalmente fu sera, si avviò verso le sue stanze con
la
stessa eccitazione della prima volta nel fondo dello stomaco.
Non
era stato col principe per quasi tutta la settimana a causa dei suoi
doveri verso il consiglio e diversi problemi con le tasse di alcuni
villaggi.
Arthur era stato sempre così stanco e pieno di lavoro che
il servo non se l’era sentita di rubargli il suo poco tempo
libero
preferendo, anche se a malincuore, dormire nel suo piccolo letto nelle
stanze del medico.
Sapere che anche Arthur aveva sentito la sua mancanza lo rendeva
stranamente gongolante.
I’m
sorry
If this hurts
you
But I tried to keep what
we had once I was wrong
It wasn’t
keeping me awake
You didn’t
listen
You didn’t
hear me
When I said I want more
I got no more
You were stealing me away
Stava attraversando il cortile mordicchiando una mela matura, quando si
fermò.
Qualcuno stava cantando. E dalla voce doveva essere una ragazza.
Merlin tornò sui suoi passi cercando di distinguere le ombre
del cortile.
Its not enough, its not
enough to get me
What it is I want
Its not enough, its not
enough to get me
Everything I need
And I, I wish it was
I think its time
To give this up
Era una melodia triste e malinconica, ma molto bella.
Non l'aveva mai sentita prima di allora, così come non aveva
mai sentito una voce tanto incantevole.
Incuriosito, Merlin cercò di capire da dove provenisse il
canto, dirigendosi verso la statua del re*.
C’era un’ombra seduta sui gradini di marmo.
Il servo si avvicinò lentamente, per non spaventarla.
And I can feel it
falling down
Slowly, slowly
I can see youre starting
to drown
Cant stop it now
I can see ya burning out
So show me, show me
How are ya gonna turn it
around because...
Era
una ragazza dalla pelle dorata dal sole, con lunghi capelli rossi
sciolti attorno ad un lungo viso spigoloso dalle guance tempestate di
lentiggini e le sottili labbra rosa.
Appena si accorse di non essere più sola, si
ammutolì guardandolo con stupore e diffidenza.
«Canti
benissimo» sorrise Merlin di slancio avvicinandosi a lei, ma
appena si
mosse la ragazza saltò in piedi come sul punto di scappare.
Indossava
un vecchio vestito bianco, la gonna strappata sul fondo, come se ci
avesse corso in mezzo agli alberi, le caviglie erano scoperte e i piedi
scalzi.
«Tranquilla» tirò su le mani
«Non voglio farti del male» cercò di
rassicurarla.
In
risposta lei chinò il capo sulla spalla e lo
studiò a lungo con le
labbra imbronciate. «Sono Merlin» sorrise
tendendogli la mano.
La
misteriosa ragazza la osservò come se potesse bruciarla, ma
alla fine,
forse convincendosi di non aver nulla da temere, la strinse seppur per
un breve attimo.
«So chi sei» mormorò con voce roca, come
se non fosse abituata a parlare.
«Sei di Camelot? Non ti ho mai vista».
«Non esco spesso di giorno» mormorò lei
fissando il
terreno «Il sole… non mi piace molto»
arrossì.
Il
mago trovò la risposta piuttosto bizzarra, ma aveva a che
fare con
tante stranezze da quando stava in quel regno, quella non era nemmeno
la peggiore.
«Così… sei una cantante?» le
chiese curioso.
La ragazza rise di gusto «Oh no… mi piacerebbe, ma
no…» gli rispose scuotendo la testa.
Nonostante la risata, Merlin non poté fare a meno di pensare
che sembrasse molto triste.
«Perché no? Sei molto brava».
«Grazie»
mormorò lei «Ma ci sono ragioni che mi impediscono
di avverare i miei
sogni, quasi tutti direi» gli spiegò, fissando lo
sguardo verso le
finestre di palazzo con aria malinconica.
Merlin sentì l’improvviso desiderio di
confortarla, ma non trovava le parole per farlo.
«Dimmi
Merlin, credi nel destino? O pensi che siamo tutti liberi di scegliere
ciò che vogliamo?» gli chiese di punto in bianco,
fissandolo
intensamente, come se la sua risposta fosse di vitale importanza.
Dal canto suo, il mago aveva la sensazione di non capire
metà di quella conversazione.
«Ecco…»
mormorò pensando al drago e al principe che lo attendeva
nelle sue
stanze. Quasi scoppiò a ridere «Credo che ci siano
diversi destini e
che possiamo scegliere quali di essi seguire. Non credo che sia un
male, sai? Avere un destino intendo».
La ragazza ponderò la risposta in silenzio, spostando lo
sguardo verso il cielo.
«Più
destini, eh?» bisbigliò infine e per la prima
volta, gli sorrise
«Grazie Merlin, è stato un vero piacere
parlarti» gli disse e il modo
in cui gli sorrise, dolce e sereno, gli fece quasi perdere un battito.
Era davvero molto bella, pensò, guardandola allontanarsi
lentamente.
Solo allora si ricordò di chiederle il nome, ma era
già troppo tardi.
Con
la mente ancora occupata da un milione di domande sul suo strano
incontro, Merlin finì di mangiare il suo spuntino ed
entrò nelle stanze
del principe, ovviamente senza bussare, per trovarlo seduto al tavolo
intento a leggere un documento con aria piuttosto annoiata. Una mano
sotto il mento e l’altra stretta intorno alla punta di una
piuma
d’oca, i capelli biondi ancora umidi dal bagno e addosso solo
i
pantaloni neri di quel pomeriggio.
Nelle stagioni più calde
tendeva a dormire così e, vista l’ora, non
aspettava altri nelle sue
stanze, a parte il suo servo ovviamente.
Appena lo sentì entrare,
Arthur lo guardò storto «Finalmente»
esclamò gettando la penna nel
calamaio «Credevo ti fossi perso in cortile»
sbuffò ovviamente irritato.
«Scusate, è solo che… ho fatto uno
strano incontro».
«Incontro?» chiese l’altro incuriosito.
«Sì,
c’era una ragazza che cantava in cortile e mi sono fermato a
parlarle.
Sembrava molto triste poverina» gli spiegò
ripensando allo sguardo di
quella misteriosa cantante.
«Una ragazza» ripeté incredulo il
principe «Che cantava».
Merlin annuì «Purtroppo non le ho chiesto il
nome» spiegò ancora irritato dalla sua mancanza.
«Certo»
rispose l’altro con aria divertita «Sicuro non
venisse dalla taverna?»
«Arthur!»
«Va
bene, va bene» si alzò andandogli incontro
«Vedrai che la troverai di
nuovo e potrai chiederle il nome» gli passò le
mani in vita
stringendoselo contro «Adesso perché non pensi a
qualcos’altro?»
«Sapete,
incoraggiarmi a chiedere il nome di una ragazza non è molto
furbo da
parte vostra» sorrise passandogli le braccia intorno al collo
e
posandogli un bacio sulla mascella.
«Ah no e perché?» gli posò le
labbra sull’orecchio facendolo tremare.
«Era
molto bella, potrei anche decidere di innamorarmi di lei»
bisbigliò il
mago in risposta e Arthur sorrise facendo scivolare le dita sotto la
sua tunica, lungo la sua schiena «Merlin, mi sottovaluti. Per
domani
mattina ti assicuro che dimenticherai tutto di questa
ragazza» gli
bisbigliò all’orecchio facendolo tremare
«Sarai talmente sazio e stanco
che a malapena riuscirai ad alzarti dal letto».
Le ginocchia del
mago toccarono il baldacchino facendolo cadere supino, Arthur lo
seguì
poco dopo afferrandogli i polsi e legandoli alla testata del letto.
«Siete davvero arrogante» gemette Merlin sono le
sue cure.
Il principe sorrise baciandogli un ginocchio e salendo lungo la coscia
«Non senza merito» soffiò sulla sua
pelle.
Le sue labbra salirono ancora e il mago dimenticò ogni altra
cosa.
«Che cosa le
hai fatto?»
La
mano che sbatté alla parete a poca distanza dalla sua faccia
fu del
tutto inaspettata così come quella che si strinse intorno
alla sua gola
pochi istanti dopo.
«Dov’è Avril?» Sir Cadmon gli
sibilò in faccia e
Merlin cercò di dirgli che non ne aveva la più
pallida idea, ma visto
il modo in cui l’altro gli impediva di respirare, parlare non
sembrava
un’opzione.
Il mago si divincolò e scalciò, ma la presa del
cavaliere sembrò solo rafforzarsi.
Cadmon
lo fissava come impazzito, il viso contorto nella rabbia e gli occhi
pieni d’odio «Lo so che sei stato tu. So cosa sei, stregone!»
gli sputò
contro e Merlin s’immobilizzò per lo stupore.
Cadmon sapeva il suo segreto? Era stato scoperto?
Il
cuore gli si fermò nel petto per la paura, mille domande gli
attraversarono la mente nel giro di pochi istanti, ognuna
più
spaventosa della precedente.
«Io non…» cercò di negare, di
trovare
una scusa, ma in quelle condizioni, con la testa che sembrava sul punto
di esplodergli e il petto che gli doleva, era impossibile pensare.
Provò a scuotere la testa, ma anche quel piccolo gesto
sembrava troppo difficile in quel frangente.
Le
mani avvolte attorno al polso del cavaliere iniziarono a pesare, a
perdere forza e contro la sua volontà, scivolarono lungo la
parete.
Merlin
credette davvero che sarebbe morto, ma proprio allora, Cadmon
sembrò
tornare in sé e lo lasciò andare allontanandosi
di un passo.
Merlin cadde sul pavimento tossendo e massaggiandosi la gola, prendendo
grandi boccate d’ossigeno.
Sir
Cadmon continuò a fissarlo con disgusto «Allora?
Prega di non averle
fatto del male o il rogo ti sembrerà poco in confronto a
ciò che ti
farò».
«Io…» tossì sentendosi la
gola bruciare «Non so di cosa parlate» gemette.
«Non mentirmi» sibilò il cavaliere.
«Mi
dispiace, ma non so dove sia la vostra aquila o come sia sparita,
perché avrei dovuto farle qualcosa?» gli chiese
lasciandosi cadere
seduto contro la parete, il collo dolorante al tocco e gli occhi lucidi.
«Hai
fino al tramonto ragazzo. Riportami Avril o ti farò a pezzi.
E non
pensare di andare dal principe, perché se lo fai, gli
dirò cosa sei e
allora vedremo quanto ti accetterà dopo, intesi?»
Il tono con cui
lo disse, gli occhi grigi più gelidi dell’inverno,
convinsero Merlin
che non stava affatto scherzando… e questo significava che
era in
grossi guai, di nuovo.
Ancora a terra, annuì lentamente, in
silenzio, guardando col cuore che gli batteva peggio di un tamburo nel
petto mentre l’altro, si allontanava a grandi falcate.
Avril era sparita. Era stata… rapita? Cadmon sembrava
pensarla così.
E se fosse semplicemente scappata? Poteva aver scoperto di preferire la
libertà, era pur sempre un rapace.
Ciò
non cambiava il fatto che il cavaliere conosceva il suo segreto e
poteva rivelarlo al re, Uther non avrebbe mai creduto alla parola di un
servo piuttosto che a quella di un cavaliere, se l’altro lo
denunciava,
era come morto.
E se diceva qualcosa ad Arthur… forse il principe
non avrebbe creduto a Cadmon, ma non era certo di potergli mentire in
faccia. Non più almeno. Non dopo quello che avevano
condiviso.
Non
voleva che Arthur scoprisse la verità in questo modo,
né fargli
scegliere tra salvare il suo servo e mentire al suo re. Non era giusto.
Non poteva
farlo.
Il che gli lasciava una sola scelta. Doveva trovare quella stupida
aquila, ovunque fosse.
Ma prima doveva portare la colazione al principe.
«Che diavolo ti è successo?»
Merlin guardò confuso Arthur, solo per vederlo sgranare gli
occhi e alzarsi dal tavolo.
«Il
tuo collo» quasi gridò avvicinandosi a lui e
afferrandogli le mani
quando l’altro fece per coprirlo «Niente»
mormorò il mago distogliendo
gli occhi «Un incidente».
«Un incidente?»
ripeté l’altro «Con cosa?
La mano di qualcuno? Merlin non sono un’idiota, chi
è stato?» lo
incalzò posandogli le dita sui grossi lividi che
già si stavano
formando sulla sua gola.
Merlin cercò di non dare a vedere quanto gli facessero male,
ma non riuscì a trattenere un lieve gemito di dolore.
«Nessuno»
bisbigliò allontanandosi di un passo, ma Arthur lo
afferrò dalle spalle
«Ti hanno minacciato? Per questo non vuoi dirmelo?»
«No, Arthur, smettetela!» si divincolò
facendo cadere il vassoio, ormai fortunatamente vuoto, a terra.
Arthur
lo guardò come se lo avesse schiaffeggiato
«Perché non vuoi dirmelo?»
strinse i pugni fino a sbiancarsi le nocche «Non ti fidi? O
non pensi
che mi importi?»
Merlin quasi lo abbracciò. Sapeva bene quanto
fiducia e sincerità fossero importanti per
l’altro, per questo il
pensiero che scoprisse la verità, lo terrorizzava.
Il pensiero di ferirlo in modo irreparabile, di perdere ciò
che avevano, era troppo da sopportare.
«Non
è così, davvero» lo implorò
sentendosi quasi disperato «E'…
complicato»
bisbigliò infine, incapace di trovare parole migliori per
giustificarsi. Conscio che quelle usate erano assolutamente inadeguate.
«Per
favore Arthur, lasciatemi fare da solo per ora, va bene? Non
perché non
mi fidi, ma perché… è meglio che non
veniate coinvolto».
Arthur
sembrò sul punto di ribattere, di negargli il permesso, ma
alla fine
scosse le spalle fissandolo preoccupato e, Merlin lo sapeva, infuriato
con chiunque avesse osato toccarlo.
«Posso essere scusato il resto di oggi?» chiese nel
silenzio che seguì.
Arthur
si imbronciò e sbuffò. Quasi credette che avrebbe
rifiutato, ma alla
fine sospirò, passandosi una mano tra i capelli esasperato
«Cerca di
non finire nei guai» mormorò e Merlin gli sorrise
grato.
«Merlin»
lo
fermò sulla porta «Ti aspetterò
stasera, se non sarai qui diventerà
affar mio» gli ordinò incrociando le braccia sul
petto.
Sul viso la migliore espressione da sovrano del suo repertorio.
Il
mago annuì, conscio di quanto l'altro fosse serio in quel
momento, sentendosi fortunato al pensiero che Arthur Pendragon tenesse
tanto a
lui, anche se non l'avrebbe mai ammesso a parole, e scivolò
fuori dalla
stanza.
Era quasi il tramonto quando, sull’orlo della
disperazione, Merlin smontò dal cavallo che si rifiutava di
andare
avanti di un altro passo e si lasciò cadere esausto sotto un
grosso
albero.
Era ridicolo come tutti si aspettassero di vederlo tornare al tramonto
quando non sapeva neppure dove andare.
Aveva passato il giorno in mezzo alla foresta, a chiamare, gridare,
usare la magia.
Tutto inutilmente.
Aveva
trovato degli incantesimi di localizzazione adatti agli animali, ma
sembravano non funzionare su Avril o forse erano troppo avanzati per
lui.
Il fatto era che il giorno stava volgendo al termine e dell'aquila non
c’era traccia.
Era stanco, aveva fame ed iniziava a fare freddo.
Ma non poteva esattamente tornare indietro.
Di
quel passo il suo segreto sarebbe stato svelato e lui si sarebbe
ritrovato sul rogo... sempre che rimanesse qualcosa di lui dopo le
gentili cure
di Cadmon.
Forse doveva restarsene nella foresta per sempre e sparare che il
cavaliere svanisse nel nulla.
Esausto, Merlin chiuse gli occhi.
Qualcosa si posò sul suo ginocchio.
Immaginando
si trattasse di qualche insetto, il mago scosse la gamba per cacciarlo,
ma il peso si fece più forte, un improvviso dolore pungente
gli salì
lungo tutta la gamba. Convinto di essere stato morso da un serpente, il
mago spalancò gli occhi con un grido.
Avril lo fissava con la testa inclinata da un lato, un grosso occhio
giallo puntato nei suoi.
Merlin rimase immobile, in parte nel timore che fuggisse e in parte per
paura che stesse per cavargli un occhio.
«Avril»
pronunciò con calma, sentendosi piuttosto idiota a parlare
con un
rapace «Sir Cadmon è molto preoccupato per te. Mi
faresti un’enorme
piacere se potessi, sai, tornare a casa... da lui».
Per suo sommo stupore, l’aquila emise un verso stridente e
scosse la testa.
Merlin la fissò incredulo. Gli aveva risposto?
Lo aveva capito?
«Non vuoi tornare a casa?» le chiese sentendosi
sempre più stupido.
In
tutta risposta, Avril scosse ancora il capo. Non si era sbagliato.
Sembrava capirlo, ma era impossibile. A meno che non fosse davvero
magica.
In quel caso Cadmon poteva essere uno stregone.
«Perché?» l'aquila non gli rispose.
Ovviamente.
Anche
se per qualche assurdo motivo poteva davvero capirlo, non poteva certo
rispondergli, era anatomicamente impossibile dopotutto «Se
non torni,
il tuo padrone mi ucciderà» blaterò
sentendosi vagamente disperato
«Fallo per me. Per averti salvata da quella
freccia» provò ad
appellarsi al suo buon cuore. Sempre ammesso che le aquile ne avessero
uno.
Avril non sembrò molto convinta dato il modo in cui i suoi
artigli penetrarono più a fondo nel suo ginocchio facendolo
gemere e
scuotere la gamba nel vano tentativo di cacciarla.
L’aquila traballò, gridando sdegnata, prima di
saltare sul terreno e fissarlo contrariata.
«Dico
sul serio, Avril. Lo so che non ti vado a genio e diciamoci la
verità,
tu mi terrorizzi la metà del tempo, ma il tuo padrone ha
promesso di
consegnarmi a Uther e so che lo farà. Perciò ti
prego, aiutami»
nel
parlare Merlin si era messo a gattoni sul terreno, sassi e radici gli
ferivano le mani e il suo ginocchio probabilmente sanguinava, ma non
gli importava.
L'unica cosa importante era che l'aquila non fuggisse.
Avril continuò a fissarlo silenziosa per poi alzare il capo,
il lungo becco rivolto verso il cielo ormai scuro.
Per un attimo Merlin temette che prendesse il volo condannandolo a
morte certa, ma per sua sorpresa l'aquila gridò.
Un lungo grido che riecheggiò per la foresta, le grandi ali
si spalancarono e una luce incandescente la avvolse.
Accecato, Merlin si tirò indietro incredulo, incapace di
fare qualcosa per aiutare il povero animale.
All'interno
della luce l'ombra di Avril cambiò forma, divenne
più grande, più alta
e Merlin sbatté le palpebre più volte convinto di
sognare, ma quando
tutto fu finito non c'era modo di negarlo.
Al posto del familiare corpo dell'aquila c'era una ragazza.
Non una ragazza qualunque, ma la stessa ragazza che, solo la notte
prima, aveva visto nel cortile di palazzo.
Con un nodo in gola, il mago ripensò a Freya.
Anche lei era stata maledetta?
Costretta a vivere nel corpo di un'aquila? Ad uccidere forse? Ma non
c'erano state uccisioni a Camelot...
«Avril?»
chiese incerto, confuso, davanti al viso sereno della ragazza che, come
se tutto fosse normale, si era rimessa in piedi stiracchiandosi schiena
e braccia con un gemito.
Quando pronunciò il suo nome si voltò a
guardarlo, quasi non si ricordasse di avere uno spettatore.
«Spiegami questa storia di Cadmon, vuoi? Cos'ha fatto
esattamente?» lo guardò curiosa, arricciando le
labbra
seccata.
Ancora
confuso, Merlin si rimise seduto contro il suo tronco d'albero,
continuando a fissarla come se dovessero spuntarle le ali da un momento
all'altro.
«Ma tu...» cominciò a dire, la ragazza
alzò una mano per
zittirlo «Ne parleremo dopo» gli disse e c'era
qualcosa nel suo tono
che lo costrinse ad obbedire senza esitazioni.
«Era furioso, diceva
che eri sparita e per qualche assurdo motivo sembrava assolutamente
certo che ti avessi fatto qualcosa. Mi ha minacciato in modo piuttosto
spaventoso in effetti» dopo un attimo d'incertezza, il mago
decise di
tralasciare la parte della magia e di Uther. Non che Avril potesse
denunciarlo viste le sue condizioni, ma in fondo era pur sempre
l'aquila di Cadmon.
La ragazza si era portata l'indice alle labbra
cominciando a mordicchiarne nervosamente l'unghia «Non posso
crederci»
sbottò infine «Quell'idiota!»
aprì le braccia al cielo e si passò le
mani tra i capelli rossi.
«Sai perché sia convinto che ti ho rapita o uccisa
o che altro?» chiese incerto.
«Perché
gli ho detto che sei uno stregone e quello scemo non è
esattamente
affezionato a chi pratica la magia» se ne uscì lei
tranquillamente.
Merlin sgranò gli occhi e impallidì. In quanti
sapevano del suo segreto?
Gaius lo avrebbe ucciso.
«Oh non fare quella faccia» si
inginocchiò davanti a
lui tentando un vago sorriso decisamente poco convincente.
«Non
ce l'ho con te, mi hai salvato la vita in fondo. Grazie a proposito,
per la freccia. In pochi avrebbero rischiato tanto per un
pennuto»
rise e le sue guance si colorirono attorno alle lentiggini.
Le parole le scorrevano tanto in fretta dalla bocca che il ragazzo
faceva fatica a seguirla.
«Ad
ogni modo l'ho detto a Cadmon, non ho pensato alla sua reazione, mi
dispiace. Avrei dovuto farlo in effetti, ma ho così poche
occasioni per
parlare davvero con qualcuno che tendo a non riflettere mai
abbastanza»
concluse tornando a mordicchiarsi le unghie e a fissare verso il
terreno con aria contemplativa.
«L'ho convinto a tenere il segreto,
gli ho promesso che ti avrei tenuto d'occhio per scoprire se avevi
cattive intenzioni col principe, ma quando gli ho detto che non c'era
nulla di malvagio in quello che facevi non era convinto. Voleva
parlarti da sé» lo guardò con aria
colpevole, come fosse tutto a causa
sua.
«Quando mi ha fermato ieri...» mormorò
rimettendo insieme tutti i pezzi del puzzle.
Avril
annuì, i lunghi riccioli rossi le ricaddero davanti al viso
«Quando ha
visto che il principe ti baciava ha deciso che lo avevi incantato,
voleva dirgli tutto. Abbiamo litigato, ma lui continuava a dire che
tutti gli stregoni sono uguali, che sono meglio morti. Non voleva
ascoltarmi, così sono uscita e ti ho incontrato. Dopo aver
parlato con
te, ho deciso di andarmene, mi dispiace di averti messo nei
guai».
Una folata di vento lo fece rabbrividire e stringere nella giacca.
Al contrario, Avril sembrava completamente a suo agio appollaiata tra
le foglie come se non esistesse posto più comodo al mondo.
Perciò l'aquila e la ragazza erano la stessa persona. Ancora
non riusciva a capacitarsene.
E lei e Cadmon erano davvero... innamorati.
Solo che adesso voleva lasciare il cavaliere e per qualche motivo
Merlin era finito in mezzo alla disputa.
Aveva già mal di testa.
«Perché odia gli stregoni?» chiese
infine, convinto che fosse la risposta a tutti i suoi problemi.
Forse poteva convincere Cadmon a fidarsi di lui.
«Dipende
da quello che mi è successo. E' stata una strega a
maledirmi, a farmi
diventare un'aquila. Ogni giorno, dall'alba al tramonto. Solo di notte,
quando la luna si alza nel cielo, posso riacquistare la mia vera
forma»
mormorò con voce tremante.
Di nuovo Merlin ripensò a Freya e si sentì
stringere il petto «Perché lo ha fatto?»
«La
solita storia» sorrise lei, ma era ovvio che fosse una
maschera per non
ammettere quanto la ferisse quella storia «Lei amava Cadmon,
Cadmon
amava me e io amavo cantare. Era l'unica cosa che m'importasse davvero.
Un giorno Cadmon venne ad ascoltarmi, mi regalò una rosa e
io la
accettai. Iniziò a corteggiarmi, amava la mia musica, la mia
voce ed io
alla fine mi innamorai di lui. La strega, disse che Cadmon l'aveva
tradita, che glielo avevo portato via. Per questo mi maledisse,
così
che non potessimo mai stare insieme. Cadmon la uccise, ma l'incantesimo
non si spezzò».
La voce le s'incrinò. Avril scosse la testa e rimase in
silenzio, cercando di controllare le sue emozioni.
«Storia stupida vero?»
Merlin
non rispose. Non lo era affatto. Era triste ed ingiusta. E se solo
avesse saputo come, l'avrebbe aiutata senza pensarci un secondo, ma
incantesimi di quel tipo, così carichi d'odio, in grado di
resistere
perfino alla morte, erano fuori anche dalla sua portata. Purtroppo.
«Perciò sei rimasta con lui, come
aquila».
Avril
annuì «Lui ha voluto sposarmi lo stesso»
sorrise al ricordo e Merlin
provò a riconciliare il Cadmon che aveva visto e conosciuto
con quello
descritto da lei, ma sembrava impossibile.
Rimasero a lungo in
silenzio, Avril immersa nei ricordi, forse dilaniata dalla scelta che
aveva fatto e Merlin desideroso di darle conforto, ma incapace ancora
una volta di trovare le parole adatte.
La notte scese intorno a loro
e il mago provò ad immaginare una vita separato da Arthur,
al suo
fianco, ma incapace di stare davvero con lui.
Sarebbe stato terribile. Forse più insopportabile della
morte stessa.
«Sei davvero coraggiosa» pronunciò
infine senza
volerlo ed Avril si voltò a guardarlo come stupita di
vederlo
ancora lì.
«Alla
fine sono scappata» mormorò strappando dei fili
d'erba e lasciandoli
cadere tra le dita «E' colpa mia se è diventato
così, ma non riesco
nemmeno a guardarlo in faccia» un singhiozzo le
sfuggì dalla gola e
Merlin, incapace di resistere, l'abbracciò.
«Lasciala andare, stregone».
La punta di una lama lo punse tra le spalle, il mago voltò
il capo trovandosi davanti al volto paonazzo di Cadmon.
«Cadmon, che diavolo
stai facendo?» sibilò Avril saltando in piedi e
spingendolo ad arretrare.
Il
cavaliere aprì la bocca in silenzio, guardandola confuso
«Sono venuto a
salvarti» blaterò incerto, passando lo sguardo da
uno all'altro.
«Non
ho bisogno di essere salvata» sputò come fosse un
grave insulto
«Nessuno mi ha rapita» incrociò le
braccia sul petto sfidandolo in
silenzio a contraddirla.
«Allora perché non hai detto niente? Sei
semplicemente...» boccheggiando in preda alla rivelazione,
Cadmon le
puntò un dito contro incredulo «Sei scappata!
Volevi lasciarmi?»
pronunciò come se la parola fosse terribilmente velenosa.
Avril
sospirò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi
«Non possiamo più
fingere Cadmon, non ha senso continuare» mormorò e
il cavaliere divenne
così pallido che Merlin credette che fosse sul punto di
svenire.
«Questa
storia... è troppo pericolosa. Se Uther mi scoprisse ci
ucciderebbe
entrambi. Ed io sono un'aquila.
Nessuno capisce perché non sei
sposato, perché non vai in taverna alla sera. Io sono solo
un intralcio
per te ormai. Tutti ti considerano strano, anche il principe. Non
voglio tenerti legato a me. Non così, non
più».
«Non essere stupida»
le rispose il cavaliere «Sei mia moglie, non mi importa
dell'incantesimo, se non stai bene a Camelot ce ne andremo...»
Lei
scuoteva già la testa «Non capisci. Non si tratta
di Camelot, si tratta
di te. Stai cambiando, stai perdendo se stesso. Tu hai un animo nobile,
Cadmon e ti amo per questo, ma da quando sono stata maledetta
c'è
qualcosa in te. La tua rabbia, quest'odio che hai per gli stregoni,
finiranno col distruggerti. Col distruggere chi voglio al mio
fianco»
Avril chinò il capo, le mani strette attorno alla stoffa
lacera del suo
vestito.
Merlin respirava a stento, immobile, cercando di rendersi
invisibile in quel momento al quale non avrebbe dovuto nemmeno
assistere.
«Sei una stupida» decretò il cavaliere
gettando via la
spada «Pensi che m'interessi diventare un altro? O perdere me
stesso?
Pensi che m'importi di Camelot o degli stregoni? Quello che faccio lo
faccio solo per te , perché ho giurato di difenderti e ho
fallito!»
gridò avvicinandosi a lei fino a sfiorarla col suo corpo.
«Non ti ho
chiesto di difendermi, non ti ho chiesto di fare nulla» lo
colpì nello
stomaco con un pugno, Cadmon le afferrò la mano portandosela
alle
labbra.
«E io ti chiedo di non lasciarmi, perché se lo
farai sarò
costretto a cercarti fino ad impazzire, fino a morire»
abbassò la voce
fin quasi ad un sussurro.
Merlin si sentì avvampare dall'imbarazzo, soprattutto quando
Avril tirò a sé il cavaliere e lo
baciò.
E lo baciò.
E lo baciò.
Mortificato,
ma felice che avessero risolto i loro problemi, il mago decise che
erano fin troppo impegnati in quel momento per fare caso a lui e
scappò
in silenzio verso il castello.
«Sei in ritardo» lo accolse la voce del principe
quando sgattaiolò nelle sue stanze.
Arthur era seduto davanti al camino, il viso imbronciato e le spalle
tese.
Merlin gli sorrise chiudendo a chiave la porta «Scusate, mi
è servito più tempo del previsto».
Il
principe si alzò andandogli incontro e sciogliendo il nodo
del
fazzoletto che teneva al collo, esaminando la pelle livida per
assicurarsi che non ci fossero nuovi segni.
«Hai risolto il problema?»
«Direi
di sì» sorrise Merlin sfuggendo alla sua presa per andare a
sedersi sul
letto e levarsi gli stivali. Era così stanco che a stento
riusciva a
reggersi in piedi.
«E non vuoi spiegarmelo?»
Il mago finse di pensarci «No, tanto non capireste»
gli rispose infine con un sorriso.
Arthur si imbronciò di nuovo sedendosi al suo fianco,
fissandolo offeso.
Il
servo lo baciò sulla guancia «Ho imparato una cosa
oggi» gli disse
invece «Anche se a volte il destino è una vera
spina nel fianco, non è
detto che non si possa essere felici anche così»
pronunciò con aria
seria.
«E che vorrebbe dire?»
«Ah non lo so, spiegatemelo voi. Siete il principe in fin dei
conti».
«Merlin».
«Sì sire?»
«Sta zitto e spegni le candele» gli
ordinò l'altro seppellendosi sotto le coperte.
Merlin sorrise «Agli ordini» mormorò
alzandosi e facendo il giro della stanza.
Al suo ritorno l'abbraccio di Arthur fu pronto ad accoglierlo e
cullarlo nel sonno.
«Merlin?»
La mattina dopo albeggiò sotto un cielo grigio e piovoso.
Grosse nuvole oscuravano il sole e rinfrescavano l'aria facendo perdere
a chiunque la voglia di alzarsi.
In
giornate come quelle, in cui perfino Arthur rifiutava di allenare i
cavalieri concedendo loro un po' di riposo, in genere Merlin restava
sotto le coperte del principe tutto il giorno, passatempo che iniziava
a rendergli la pioggia molto più piacevole.
Purtroppo, stavolta non era andata così.
Arthur lo aveva buttato fuori dal letto con poca grazia ordinandogli di
portargli la colazione.
Il mago sospirò al pensiero della punizione che lo avrebbe
atteso al suo ritorno.
Ovviamente Arthur non aveva apprezzato l'idea che il suo servo gli
avesse nascosto qualcosa.
«Volevo scusarmi con te».
Cadmon
lo aveva fermato in mezzo al corridoio, i capelli e i vestiti ancora
umidi gli facevano pensare che la pioggia avesse colto i due ragazzi
ancora in mezzo alla foresta.
Merlin non sapeva esattamente cosa
pensare, era vero che quando li aveva lasciati Avril e Cadmon
sembravano aver risolto i loro problemi, ma questo cosa
significava per lui?
Doveva ancora temere per la sua vita?
O il cavaliere avrebbe tenuto il suo segreto?
«Non
avrei dovuto minacciarti, né aggredirti come ho
fatto» i suoi occhi
grigi cercarono il suo collo, fissando la bandana rossa con cui l'aveva
coperto come se potesse vedere ciò che essa celava.
«Non è colpa vostra»
scosse le spalle il servo «Forse avrei fatto lo stesso se il
principe
fosse stato in pericolo» pronunciò per poi
arrossire immaginando come
potesse suonare al cavaliere quella frase, ma in fondo Cadmon sapeva
tutto.
Li aveva visti. Un altro segreto che sperava custodisse in silenzio.
«No,
sono stato imperdonabile. Non ho pensato ad Avril né agli
altri. Un
cavaliere non dovrebbe comportarsi in questo modo, farmi accecare
dall'odio, dall'amarezza. Mi sono ripromesso che non accadrà
più».
Per
qualche motivo, Merlin sentì di potersi fidare di lui e
quando il
cavaliere sorrise porgendogli la mano, la strinse senza esitazione
«Grazie per aver salvato la mia Avril da quella freccia e
stai
tranquillo, i tuoi segreti moriranno con me».
Sorpreso, Merlin
sorrise in imbarazzo «Grazie» mormorò e
Cadmon scosse la testa «E' ciò
che avrei dovuto dirti fin dal principio».
«Avril sta bene adesso?»
cambiò discorso il mago che iniziava a sentirsi davvero a
disagio di
fronte a tutte quelle scuse e ringraziamenti.
Era felice di sapere che non lo avrebbero gettato in prigione o sul
rogo, questo era sufficiente per lui.
«Sì... a proposito di lei, potrei avere un favore da
chiederti...»
«Non
odiavi quel rapace fino a ieri?» Arthur guardò con
un briciolo di
orrore l'enorme aquila che col suo nuovo fiocco blu intorno al collo se
ne stava appollaiata sulla spalla del suo servo, guardandolo lucidare
un paio di stivali.
«Chi... io? Non so proprio di che parlate» gli
rispose ingenuamente.
«Cerca di non farti cavare un occhio».
Merlin
sorrise pescando un biscotto al miele dalla tasca dei pantaloni e
passandolo ad Avril che lo inghiottì con un grido
soddisfatto.
«Oh non mi farà niente, siamo diventati ottimi
amici, non è vero?»
Il rapace gridò in risposta e Merlin le accarezzò
la testa.
«Sir Cadmon sa di questa amicizia?»
«Certo,
è stato lui ad affidarmela, pare che debba fare un rapporto
a vostro
padre e ad Avril non piace restare da sola nelle sue stanze».
Arthur continuò ad osservarlo incredulo per un bel pezzo
prima di tornare ai suoi lunghi documenti.
Ogni
tanto li controllava con la coda dell'occhio, probabilmente per
assicurarsi che il rapace non stesse per trasformarlo nella sua cena.
Nel
frattempo Avril se ne stava in silenzio, pizzicandogli affettuosamente
un orecchio ogni volta che finiva uno degli infiniti stivali
dell'esercito che Arthur gli aveva ordinato di pulire per punizione.
I segreti chiaramente non gli piacevano affatto.
Merlin
sospirò scuotendo la mano dolorante un paio di volte.
Se non altro
aveva due alleati in più a Camelot, due strambi ed
imprevedibili
alleati certo, ma era sempre meglio di niente.
E forse, un giorno, la sua magia sarebbe stata abbastanza potente da
poterli davvero aiutare...
end
* Non so che statua sia,
ma sono certa che ci sia una statua!xD
Finita!
Per scriverla ho cercato
qualcosa in giro sulle aquile, soprattutto il verso.
Sui siti che ho trovato
dicevano che le aquile gridano, non so se sia vero, ma se avete altre
informazioni, sono qui!xDD
Spero
che Avril e Cadmon vi siano piaciuti nonostante fossero original e
spero
di essere riuscita ad inserirli bene a Camelot!
La
canzone è Not Enough di Avril Lavigne:
I’m sorry
If this hurts you
But I tried to keep what
we had once I was wrong
It wasn’t
keeping me awake
You didn’t
listen (You didn’t listen)
You didn’t
hear me (You didn’t hear me)
When I said I want more
I got no more
You were stealing me away
Oh
[chorus]
It’s not
enough, it’s not enough to get me
What it is I want
It’s not
enough, it’s not enough to get me
Everything I need
And I, I wish it was
I think its time
To give this up
Oh, oh
Oh, oh
Oh, oh
Oh, oh
Oh
All the memories
That were losing
All the time that I
spent with you everyday
I think it’s
running down the drain
I’m feeling
(feeling)
That were fading
Dont make this as hard
as you think you’d be
It’s a lot
easier than it seems
Yeah
[chorus]
It’s not
enough, it’s not enough to get me
What it is I want
It’s not
enough, it’s not enough to get me
Everything I need
And I, I wish it was
I think it’s
time
To give this up
And I can feel it
falling down
Slowly, slowly
I can see
you’re starting to drown
Can’t stop it
now
I can see ya burning out
So show me, show me
How are ya gonna turn it
around because?
[chorus]
It’s not
enough, it’s not enough to give me
What it is I want
It’s not
enough, it’s not enough to get me
Everything I need
And I, I wish it was
I think its time
To give this up
It’s not
enough, it’s not enough to get me
What it is I want
It’s not
enough, it’s not enough to get me
Everything I need
And I, I wish it was
I think its time
To give this up
It’s not
enough, it’s not enough
(to get me)
It’s not
enough, it’s not enough
(What it is I want)
It’s not
enough, it’s not enough
(To get me)
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