A Raffaella

di Miss Writer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 0: Le Cronache Perdute - Proemio ***
Capitolo 2: *** Capitolo I: Le Cronache Perdute – Tarō Urashima ***
Capitolo 3: *** Capitolo II: Le Cronache Perdute – Reincarnazione ***
Capitolo 4: *** Capitolo III: Le Cronache Perdute - La Storia Di O-tei ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV: Le Cronache Perdute - Lo Spirito Del Salice ***
Capitolo 6: *** Capitolo V: Le Cronache Perdute - La Donna Gru ***



Capitolo 1
*** Capitolo 0: Le Cronache Perdute - Proemio ***


 

A Raffaella

Capitolo 0: Le Cronache Perdute - Proemio

 

Dopo essermi riposata dalla mia precedente impresa, sono pronta a rimettermi in gioco, ancora.

Stavolta sarà diverso, completamente. Userò la mia lingua, non quella antica e nobile che Dante diede alla luce con la sua Commedia tanto tempo fa, ma quella usata da milioni e milioni di giovani scrittori che hanno fatto di quest'Arte il loro pane quotidiano.

Cercherò di essere padrona di queste parole che mi vengono in mente come sbattute da potenti raffiche di vento. Non le costringerò a venir fuori con la forza. No. Lo farò con la speranza che giungano al cuore di quella persona che mi dà la forza per lasciar fluire dentro di me tutti quei sentimenti che non avevano mai sfiorato la mia anima.

Sì, sto parlando proprio di te Raffaella.

A te dedico questo mio viaggio per terre antiche ma tuttavia nuove, per non dire ignorate.

A te che hai riempito quel buco nero che era il mio cuore, con l'allegria e con l'amore.

Lo so che ti avevo promesso qualcosa di diverso.. Forse ti ho deluso e me ne dolgo.

Cercherò comunque di rendere questa lettura piacevole e perché no, allettante.

Spero di essere abbastanza brava da farti appassionare alle vicende che narrerò man mano.

Concludo così la dedica e proseguo con una cosa che a molti risulterà bizzarra, ma che per me è fondamentale: l'invocazione alle Muse.

A Voi che mi avete accompagnata per quel mio primo folle volo chiedo di aiutarmi anche questa volta. Concedetemi l'onore di ricevere le vostre innate doti per cantar di quelle Antiche Genti che popolarono le terre del Sol Levante e che raccontarono quelle belle storie di cui mi sono innamorata sin da subito.

Chiedo aiuto in particolar modo a Colei che ha la bella voce affinché mi insegni a scriver di leggende rispettando la sua Arte.

Mi rivolgo poi a Voi che provocate il desiderio, parlatemi d'Amor e aiutatemi a ragionar di Lui con Lui.

A Voi che siete la Commedia, fate che io mi esprima con giocosità e con rispetto.

Ora chiedo il benestare di Colei che rallegra per far di queste righe piacevoli versi che non possano infliggere pena alcuna a chi si perderà tra loro.

Infine, per poter cominciar a far rinascere le Antiche Genti del Sol Levante, lancio un ultimo appello a tutte Voi Muse: non abbandonatemi in questo mio lungo cammino,

proteggetemi da ogni insidia perpetratami dalla mia mente, fate che io non sbagli,

fate in modo che io riesca a non deludere quella persona che tanto mi ha dato durante questi splendidi anni passati in sua compagnia.

Aiutatemi a regalarle le più sincere emozioni, a farle venire i brividi ogni qual volta lascerò scampo alla mia mano per scrivere qualcosa di indimenticabile.

Adesso chiedo a Te, Amica Mia, di ascoltarmi, di fidarti di me e di lasciarti scivolare in questa spirale magica.

Ora ti lascio, ma per poco. Buon Viaggio. Grazie. Ti Voglio Bene. 

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Capitolo 2
*** Capitolo I: Le Cronache Perdute – Tarō Urashima ***


 

A Raffaella

Capitolo I: Le Cronache Perdute – Tarō Urashima

 

Solo dopo aver chiesto scusa a Colei che muove il Sole e le altre Stelle

Nel mio Universo multicolore dove si annidano i miei pensieri insani

Vi racconterò di quel pescatore che trovò dimora nel bel Castello del Drago

Con l'unico merito di aver salvato da birbanti grinfie una piccola tartaruga.

In quell'Universo che già ho accennato poco fa le mie parole si erano perse

Nella spirale della mia fantasia, attirate da chissà quale strana creatura,

E da lì non volevano uscire tanto che per acchiapparle ho dovuto usar

La forza che a me e ad altri avevo promesso non avrei usato ne ora ne mai.

Perciò, per non cadere nel più grande errore ho deciso di giocar con loro

Di rincorrerle, ma non come un predatore a caccia della sua preda,

Ma come un amico che vuole sanare anche il più atroce e immane dolore,

Che a volte invincibile si fa e dietro di se lascia una scia incancellabile;

Senza fretta le ho cercate, dando loro il tempo di trovare la loro strada

E di raggiungermi prive di paura così da poter tornare a casa insieme

E firmare un giusto armistizio per non danneggiare ne me ne loro

Per tornar a rivivere i tempi andati senza celare la loro dignità in alcun modo.

Ecco la cagione di questo orribile ritardo, che spero non ti abbia offeso.

Ma ora le mie parole ed io ci siamo ricongiunte e siamo pronte a premiarti

Narrando cose che già si son sentite, ma che erano mal celate da una muffa

Che le faceva sprofondar nel buio baratro del non meritato dimenticatoio.

Ora grazie a noi rivoleranno sulle ali del sogno e piano ti raggiungeranno.



  Adesso mi rivolgo a te giovane pescatore che trecento anni di vita

Hai vissuto ospitato dalla bella principessa Otohime figlia del Re Drago

E per la nostalgia verso la tua dimora a casa sei tornato trovando poi niente                                                                          Oltre l'estremo dono che Quella ti disse di non aprir mai e tu però l'hai fatto.

Fammi saper se ti fa piacere rivelare le cose che giacciono taciute da tanto,

Le vicende che han fatto conoscer la tua storia alle genti delle tue terre.”

  Non so se ben mi farà toccar le dolenti note, ma la tua curiosità mi muove

Tanto da doverti far questo gran favore relegando in un angolo tutto il dolore

Or dunque di armarti delle giuste parole ti chiedo e anche di lasciarti andar

Perché con l'aiuto mio sarai tu a raccontar con la tua arte il mio oblio.”

  Se per te giusto è che io ripercorra con le mie dissonanti rime la tua vita

Con la tua conoscenza e la tua volontà a farmi da balia, altro non posso

Se non accettare la tua richiesta e lasciarti scorrer forte nelle mie vene,

E così farò, senza lamentarmi e senza obbiettare, restituendoti il favore.”

  Allora grazie e di prepararti ti dico, se non vuoi far aspettar lei oltre perché

Tu sai che perder tempo a chi più sa, più spiace, e Lei saggia lo è, sbaglio?”
“Non potevi dir cosa più giusta, perché le virtù sue son degne di nota,

Tu pensa che è stata Lei a farmi riscoprir cosa era la vera onestà, tempo fa!”

  Ebbene non puoi di certo ritardare, per forza a cantar devi iniziare!”

  Quando Tarō, nelle ore dopo il mezzogiorno si incamminava per la spiaggia,

Vide l'oltraggioso gesto di alcuni birbanti che si accanivano su una tartaruga

Tanto indifesa quanto piccola che veniva presa a bastonate sul guscio

Perché per il loro divertimento e non degli altri, spezzar glielo volevano,

E poi a pancia in su la misero per tormentar ancora la povera bestiola.

Allora Urashima, che vecchio non era, a loro s'avvicinò per incutere lor paura

Ma non vi guadagnò di certo rispetto e quindi a contrattar fu costretto:

- Giovani, allevar la volete o che altro? - Chiese. - Affar tuoi non sono,

È nostra e quello che vogliam facciamo! - Dissero con aria prepotente

- Se allevatori non siete, forse sarete commercianti. - E tolse dalla tasca

Una manciata di monete assai allettanti per quei non troppo buoni ragazzi.

- Volete vendermela? - Tentò, e in men che non si dica quelli corser via,

Al villaggio appena avevano intascato quel misero bottino dal pescator.

Non sorpreso si voltò a raccoglier la povera creatura per rassicurarla,

E anche per rimetterla nell'azzurro mar e a casa farla finalmente ritornar,

Solo dopo che con dolci parole la confortò augurandole un buon viaggio.

Il pescator dunque a casa se ne tornò e a cena si mangiò quello che pescò.

Arrivò poi l'alba e l'ora del lavoro e così per il mare se ne andò come sempre.

Anche se era lontano dalla gente là dov'era, una voce udì anche se solo era

Perciò con fare tranquillo una sola domanda pose: - Chi è là? - Disse.

Nessuno rispose, di nuovo lo ripeté e fu allora che vide emerger dalle acque

Una grande tartaruga marina che a sé lo chiamava e queste parole diceva:

- Urashima Tarō, sei stato convocato al palazzo del Re Drago, ti prego
Affinché tu salga sul mio dorso così che io ti ci possa accompagnare. -

- Devi scusarmi ma io non so chi tu sia ne cosa sia codesto palazzo. -

- Il Re Drago ti è riconoscente per aver salvato quella piccola tartaruga ieri;

Vuole ringraziarti di persona per il bel gesto, e ha mandato me a prenderti. -

- Non ce n'è bisogno, per me un enorme piacere è stato aiutarla. - Ribadì,

- Non credo sia necessario portarmi alla sua reggia per così poco. -

- La prego di salire sul mio dorso, che figura ci farei tornando da solo,

Insomma, considera la mia posizione. - Disse la tartaruga speranzosa.

Fu così che il giovane accettò di essere traghettato fino alla dimore del re.

Solo in quell'istante però, giunse nella sua mente una cura assai lancinante:

Come avrebbe fatto a respirare sotto l'azzurra distesa dell'oceano?

La preoccupazione sparì quando si mise ad ammirare le bellezze del mare:

Vide come lo sgombro e il merluzzo nuotassero liberi e fieri, i bei coralli

Gli anemoni e le stelle marine riposavan leggeri, granchi e crostacei

Ai suoi occhi sconosciuti, colorate conchiglie sul fondale, segreti consiglieri.

Poi alla sua vista si presentò un gran cancello di un corallo prezioso e ancor

Delle guardie che li stavan attendendo. Li fecero passar senza problemi.

Tre ancelle lo accolsero più dentro tra le quali riconobbe chi lì lo portò.

Dopo averlo lavato, vestito e pettinato gli fecero incontrar una bella donzella

Che i neri capelli alle onde lasciava dondolar lunghissimi e brillanti.

- Benvenuto nel Palazzo del Re Drago, io sono Otohime, sua figlia. - Gli disse

- Mio padre ti è riconoscente per i tuoi riguardi verso i suoi sudditi Tarō,

In quanto a me sono lieta di conoscerti. Sai volevo incontrarti da tanto,

Ti ho visto pescare spessissimo, e adesso ho il piacere di vederti qui. -

Il ragazzo rimase rapito dalla brillantezza di quei neri occhi e dal tondo viso

Della bella Principessa, e muto rimase grazie anche al suo buonsenso.

Fecero ritorno poco dopo le ancelle, portando con loro le prime portate

Di una cena che si rivelò deliziosa grazie ai più gustosi frutti di mare

E alle più accattivanti melodie, insieme alle più fluenti coreografie.

Dopo la cena per egli fu pronto un bagno caldo e un confortevole letto.

Quando il sonno lo abbandonò si chiese se avesse sognato ogni cosa

Ma questo pensiero svanì quando si presentò un'ancella con una lampada,

Seguirono un altro bagno, un cambio d'abito e una colazione e poi si ritrovò
Ad ammirare un giardino con Otohime, in cui si compiva un insolito prodigio:

Gli alberi crescevano, fiorivano e abbandonavano le foglie rapidamente.

- Il tempo vola. Goditi il castello. - Fu la risposta dell'ancella alla domanda.

Dopo una lunga chiacchierata con quella arrivò la Principessa che gli chiese

Se bene avesse dormito e altrettanto mangiato, e quello annuì.

- Fa di questo posto la tua casa, perché tutto è più bello se anche tu sei qui. -

Un suon di flauto invase le acque con melodie ai pescatori più che care.

Entrambi le apprezzarono e del passar del tempo più non si curarono.

- Vi sono grato della vostra bontà ma non potrò mai approfittare ancor di te,

Non sarò mai in grado di ripagarvi per ciò, a casa mia presto ritornerò . -

- Fa che sia questa la tua casa. - Esclamò ella supplicandolo di restare
Dimentica quegli scogli che ti hanno dimenticato già da tanto tempo. -

- Io non sono uno di voi e mai lo sarò. -, - Non lasciarmi Tarō, te ne prego,

Tutto quello che mi chiedi io ti darò. - Insistette senza lasciarne lo sguardo

Ma quello s'inchinò, negli occhi non la guardò: - A casa mia voglio tornare. -

Così lo fece alzare e i preparativi per il suo ritorno dalle ancelle fece iniziare.

Dopo una lunga e silenziosa camminata giunsero al grande cancello,

Salì, quello, sul dorso della tartaruga e ricevette dalla fanciulla uno scrigno

Dalle mille pietre e gemme impreziosito. - Di me non ti dimenticare, mai

Tieni questo dono. Conservalo con te ma mai lo devi aprire. Ricordati di me. -

Il viaggio a ritroso ripercorse, purtroppo più lentamente di quanto voleva.

La vista ad un tratto gli si annebbiò e dopo sulla sua spiaggia si ritrovò.

Riconobbe gli scogli e il tempio di Ebisu, ma qualcosa di nuovo notò:

Strani edifici scorse e a chieder consiglio a una vecchia andò: - Mi scusi,

Sa indicarmi ove si trova la capanna di Tarō Urashima? -, - Buongiorno,

Ha davvero un bel vestito! Tarō Urashima dice? Mia nonna mi raccontò

Che sua nonna le disse di lui molti anni fa. Che viveva proprio su quest'isola

Circa trecento anni fa. Si dice fosse un bel giovane e che sparì all'improvviso

Senza prender moglie. - Poi gli propose di incontrar sua nipote ma quello

Assai sconsolato sulla spiaggia se ne andò, quando del dono si ricordò.

Tristezza fu più forte della raccomandazione di Otohime e così lo prese.

Aveva abbandonato la sua casa per il Palazzo, e il Palazzo aveva lasciato..

Per cosa? Così tra le mani se lo girò sciogliendone la rossa corda che aveva

Con grande difficoltà lo aprì sperando di tirarne sollievo, ma così non fu.

Quando il coperchio fu alzato bianca nebbia ne uscì, ma subito lui non capì.

Il cofanetto, per sua sfortuna, conteneva i trecento anni che lì trascorse

E prima che potesse accorgersene molto, molto vecchio diventò.

Destino volle che pagato il suo pegno, egli divenisse polvere, di ciò degno.

È così è ancora adesso, perché da quel bianco limbo l'ho richiamato

Per narrar a chi mi ascolta, la sua nobile storia. 

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Capitolo 3
*** Capitolo II: Le Cronache Perdute – Reincarnazione ***


 

A Raffaella

Capitolo II: Le Cronache Perdute – Reincarnazione

 

Dopo essermi congedata dal pescator che polvere divenne per nostalgia,

Chiedo a quell'uomo che fu della provincia di nome Echigo governator,

Di concedermi il premesso di raccontare un episodio dell'illustre vita sua

Che tanto mi ha donato quanto una piccola ma brillante perla in mezzo al mar.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                   “ Quindi, buon Kinomi-ta-ka Ason signor di Echigo, permettimi di dir a Colei     
Che tutto muove in quel mio mondo fatto di magia e magie, di quel monaco

Il qual recitava i Sacri Sermoni non una, ma ben due volte al dì con diligenza,

E per farlo ho bisogno che Lei Signoria mi guidi come fece chi prima di lei.”

 E allor così farò dato che la mia storia tanto ti aggrada come mai prima d'ora,

Ma prometter mi devi una cosa: sii tu fedele a te e alla mia povera dignità.”

 Così farò se questa è la sua richiesta, e lo farei anche senza ella, per rispetto.

Ubbidirò a Lei come fosse un padre, che mi ha insegnato cos'è la vera lealtà.”

 Ti ringrazio per aver accolto questa mia piccola richiesta con gran umanità,

Ora puoi cominciare a raccontar di quella volta che fui non uomo ma animal.”

 Ove regnò l'Imperator Ichijo tanti e tanti anni fa, vi era un tempio particolare,

Kinoto era il suo nome, e da vergini e verdi foreste era tutto circondato.

Lì viveva un monaco giovane e diligente che leggeva per ben due volte

Al dì e alla sera i Sacri Sermoni della Bibbia Buddhista, ad alta voce.

Un giorno notò che non era solo, ma in compagnia di due docili scimmie.

Dispetti non facevano, restavano lì ferme e serie, tutte prese dalle sue parole,

E quando terminò svelte se ne andarono verso le colline dove abitavano.

Così fu per il primo e per il secondo giorno e assai ciò gli piacque, tanto che

Al terzo dì la curiosità si fece quasi molesta e non resistette a chieder loro:

- Posso chiedervi per quale ragione venite qua con tanta regolarità? -

- Oh santo padre, per noi è un grande piacere sentir come leggete bene

Quei sacri precetti di Buddha, e amiamo ancor di più conservar tanta saggezza

Che grazie a te abbiamo udito. Ti è possibile copiar questo santo e gran libro? -

- Sarebbe un impegno molto faticoso – disse meravigliato dalla richiesta,

- È raro che voi animali vi interessiate ai sermoni del nostro signore Buddha,

Quindi non posso rifiutare la vostra richiesta se voi ne trarrete beneficio. -

Le due scimmie si inchinarono e se ne andarono soddisfatte per la promessa.

Allora, rimasto solo, il buon giovane iniziò l'immane sforzo di copiar la Bibbia.

Quando furon passati cinque o sei giorni, al tempio si presentaron quasi o più,

Cinquecento scimmie, ognuna delle quali con in man un foglio di pergamena,

Che posarono inchinandosi ai piedi del sacerdote. Il loro portavoce allor parlò:

- La nostra gratitudine nei tuoi confronti è molto profonda, dato che grazie a te,

Che con tanta premura hai accettato di copiar per noi la Bibbia di Buddha,

Presto saremo in grado di conoscer le leggi e sceglier il più giusto cammino. -

Detto ciò ancora una volta si inchinarono e solo lo lasciarono mentre le prime

Usciron per cercar del cibo e giorno dopo giorno recavan con loro frutti,

Verdure e altre prelibatezze, fino a quando egli copiò già cinque volumi.

Quando terminò completamente il quinto volume le due amiche più non vide.

Tanto si preoccupò, che al secondo giorno che da lui non si presentarono,

A cercarle decise di andare, temendo che fosse lor accaduta una disgrazia.

Dove passava avvistava il frutto dell'impegno delle due povere scimmie,

Rami spezzati, foglie cadute e buche scavate, e ancor più si preoccupò.

Calpestò infine, la cima della montagna e il suo cuore in gola gli balzò,

A causa di una buca troppo profonda che fatto avevan le due bestie,

Più non erano potute uscirne e di crepacuore dovevan esser morte anche per

La paura che nutrivano pensando di aver abbandonato il loro caro amico.

Al ragazzo non restò che seppellirle e pregar molto per loro.

Dopo questi fatti dovette esser trasferito in un altro tempio e dato che ormai

Le sue care scimmie più non c'erano, decise di non continuare a copiare

I Testi Sacri, perciò decise di nasconder i cinque volumi in una colonna.

Quando quel Kinomi, all'epoca signore d'Echigo, si recò in quel tempio,

Con grande seguito chiese ai sacerdoti se lì era presente un'incompiuta copia

Della Bibbia Buddhista, ma loro dissero: - Noi non sappiamo. - E poi..

- Nessuno di noi era presente al tempo di cui voi ci parlate, ma c'è un vecchio

Che per i suoi ottantacinque anni d'età potrebbe darvi qualche notizia. -

Apparve in quel momento un uomo vecchio dalla bianca e fluente barba.

- Quel che cerchi è forse un vecchio documento che un sacerdote iniziò

A copiare per delle scimmie? Se è così nulla è stato toccato da allora.

Anzi ti dirò che me n'ero quasi dimenticato. È riposto in una di queste nicchie.

Vado a prendertelo. - Disse prima di sparire per una decina di minuti.

Dopo quel tempo il documento fu nelle mani del governatore che raccontò loro,

Che era venuto per cercare quelle copie dalla lontana provincia di Echigo.

- Perché io - disse, - ero di quelle desiderose scimmie di avere quelle copie,

La più anziana, e ora che uomo sono rinato desidero portarle a termine. -

È così che gli fu permesso di portar via i cinque volumi con se.

Per i cinque successivi anni si occupò di terminare la copiatura del Libro.

Tremila furono i libri copiati da Kinomi, e si dice che siano ancora nel tempio,

Ben conservate come uno dei tesori più che inestimabili. 


                                                                             

 

 

 

 

 


 

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Capitolo 4
*** Capitolo III: Le Cronache Perdute - La Storia Di O-tei ***


 

A Raffaella

 

Capitolo III - Le Cronache Perdute: La Storia Di O-tei

 

Dopo quella della reincarnazione vi narrerò un'altra bella storia d'amor fatta

Ma anche della sofferenza di un giovane per la perdita della sua futura sposa.

Sì perché la vita è bella, ma a volte ci riserva qualcosa come il dolore.

Per chi soffre c'è qualcuno che vi può aiutare, un amico, un familiare.

E per Te che leggi i miei viaggi nelle verdi valli della fantasia io ci sarò sempre,

Qualunque cosa tu faccia, qualsiasi parola tu dica e ovunque tu sia,

Io sarò per sempre tua.

 

 

 Oh Nagao-sama, che persi la tua sposa quand'ella aveva solo quindici anni,

Mi concederesti la grazia di raccontare la vostra storia all'unica persona,

Che della mia giovane arte apprezza, per mia fortuna, ogni sua sfumatura?”

 Accontentarti posso, piccola artista, e ispirarti, se solcherai i mari della verità,

Senza travisare le mie parole, le mie intenzioni e tanto meno le mie emozioni.”

 Ciò che mi chiedi è il minimo che io possa fare, altrimenti come potrei,

Delle storie della tua gente, approfittare, senza maledirmi e flagellarmi?”

 Ebbene ne sono entusiasta, son pochi quelli come te, che non sono sciacalli,

Perciò ti consiglio di iniziare a narrare la mia storia a Colei per cui tu lo fai.”

Là nella provincia di Echizen, là dove giaceva la città di Nigata, viveva

Un giovane ragazzo il cui nome era Nagao Chosei, figlio di un medico.

Al fanciullo era stata promessa in sposa una bella ragazza di nome O-tei,

Le nozze si sarebbero dovute celebrare alla fine degli studi di Nagao,

Ma quando, alla giovane età di quindici anni, la tubercolosi colpì la ragazza,

Questa lo fece chiamare, con estremo dolore, per dirgli addio:

- Mio fedele Nagao-sama, fin dalle nostre infanzie siamo stati promessi,

Per sposarci esattamente alla fine di quest'anno, ma sto per morire.

Solo gli dei sanno cosa è meglio per noi, e io non voglio assolutamente,

Portar angosce e preoccupazioni rimanendo sulla terra più del dovuto.

E poi con questo fragile corpo non sarei mai una buona moglie, e inoltre,

Desiderare di vivere mi renderebbe egoista nei tuoi confronti, morirò,

E sono rassegnata per questo, quindi ti chiedo di non essere triste e comunque

Credo che ci incontreremo ancora. - Concluse la povera ragazza.

- Ci incontreremo ancora- disse serio, - In quella Terra Pura dove non v'è

La sofferenza del distacco. E la dolce fanciulla intervenne così: - No,no,

Non nella Terra Pura. Credo che siamo destinati a incontrarci su questo mondo,

Anche se domani verrò sepolta. -

Nagao la guardò meravigliato e quella continuò con sguardo sognante...

- Si, in questo mondo, nella tua vita attuale, ma solo se tu lo vorrai.

Rinascerò bambina e dovrò crescere fino a diventare una donna adulta,

Dovrai aspettare quindici o sedici anni, ma sposo mio, ne hai diciannove. -

Per addolcire gli ultimi momenti della sua fanciulla pronunciò queste parole:

- Mia promessa sposa, aspettarti sarà per me una gioia e un dovere.

Siamo promessi l'una all'altra per la durata di sette esistenze. -

- Non hai dei dubbi? - Chiese lei osservandolo in volto.

- Mia cara, l'unico mio dubbio è se sarò capace di riconoscerti in un altro corpo,

Con un altro nome, senza che tu mi dia un segno che mi possa aiutare. -

- Io non posso farlo, solo gli dei e Buddha sanno come e dove ci incontreremo.

Ma sono sicura che se tu lo vorrai, potrò ritornare da te. Ricorda queste parole. -

E così, esalando l'ultimo respiro dopo aver detto tale sentenza, morì.

 

Il dolore per quella triste perdita fu profondo per il povero Nagao.

Aveva preparato una tavoletta funebre con il nome di O-tei e nel sacro luogo

Del suo butsudan lo ripose, collocando lì anche colme offerte.

Pensò assai alle strane cose che la sua promessa sposa gli aveva detto,

Così per compiacerne lo spirito scrisse una promessa solenne nella quale

Vi era scritto che l'avrebbe sposata se mai si sarebbero dovuti rincontrare.

Mise anche quella nel piccolo tempietto accanto alla tavoletta funebre.

Purtroppo, essendo figlio unico, fu costretto a sposarsi con una donna

Che era stata scelta dal padre, anche se non avrebbe mai voluto.

Continuò però a collocare offerte nel tempietto.

Pian piano, anche se l'affetto provato per la ragazza era tanto, la sua memoria

Sbiadiva come un sogno lontano nel tempo, con il passare degli anni.

Tante disgrazie si avventarono su Nagao. Morirono i suoi, la moglie e il figlio;

Fu così che decise di intraprendere lunghi viaggi per sminuire le sue doglie.

Giunse a Ikao, paese di montagna con paesaggi magnifici e splendide terme,

Ove prese un alloggio, nel quale l'aspettava una ragazza...

Il cuore gli balzò in gola quando la vide. Somigliava tantissimo a O-tei.

Ogni gesto che quella compiva gli ricordava la sua promessa sposa, così

Le parlò curioso e la dolcezza cristallina della voce della donna lo riportò

In quei tempi lontani. - Oh sorella maggiore, la tua somiglianza ad una persona

Che conobbi tanto tempo fa è tale che quando ti ho visto ho avuto paura,

Non offenderti perciò se ti chiedo come ti chiami e dove sei nata. -

E quella rispose senza indugio: - Mi chiamo O-tei, e Nagao Chosei tu sei,

Di Echigo, il mio promesso sposo. Diciassette anni fa morii a Nigata.

Tu scrissi una promessa dicendo che se io fossi ritornata, tu mi avresti sposata.

La sigillasti con il tuo sigillo e la misi nel butsudan accanto alla tavoletta

Che il mio nome recava. E per questo sono tornata. -

Dopo aver concluso la frase cadde svenuta per una ragione a noi ignota.

Nagao la sposò, e fu un matrimonio felice.

La giovane non poté, però, ricordar niente della sua vita precedente.

Infatti il ricordo di quello che avvenne a Ikao sparì senza lasciar traccia.

 

 

 


 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV: Le Cronache Perdute - Lo Spirito Del Salice ***


 

A Raffaella

 

Capitolo IV - Le Cronache Perdute: Lo Spirito Del Salice

 

E ora vi narrerò, invece, di un uomo che passò la sua vita intera e più

A difendere un vecchio salice dalle intenzioni incoscienti dei compaesani

Che volevano abbatterlo per impiegare il suo legno nella costruzione

Di un ponte che avrebbe attraversato un fiume.

Fiero come suo padre li convinse a cambiare idea salvando così il salice.

 

  Perciò Heitaro, vuoi che io racconti la tua triste ma bella storia a Lei,

a Lei che per me significa molto più di tutto ciò che scrivo e che scriverò?”

 Ne sarò lieto, una cosa sola ti chiedo: narrala da sola, perché il dolore,

Anche se tanto tempo è passato, mi affligge come se fosse successo ieri.”

  È la prima volta che mi viene fatta una richiesta del genere, ma,

Dato che non voglio farti soffrire più di quanto tu non abbia già sofferto,

Conterò solo sulle mie forze e sulla buona sorte.

Ti saluto, cuor spezzato, torna dove puoi sentirti ancora amato.”

  

 Te ne sono profondamente grato, giovane narra storie, ora, raccontala.”

Nel lontano 1132, circa ottocentottantasette anni fa, fu fondato il tempio,

Detto Sala dei 33 spazi. San-jū-san-gen Do conteneva 33.333 immagini

Della dea della misericordia Kwannon, a quanto si diceva all'epoca.

Prima che quel tempio venisse costruito, in un villaggio vicino vi era un salice.

Enormi erano le sue dimensioni e grande l'affetto degli abitanti del villaggio.

I bambini giocavano sotto le sue fronde amichevoli ogni giorno,

Gli anziani si cullavano sotto di esso, sfuggendo alla calura estiva,

E gli innamorati vi si scambiavano amore eterno.

Anche gli stanchi viaggiatori o lavoratori sostavano lì per riposare.

Un brutto giorno i paesani pensarono di abbattere l'albero, caro a tutti,

Per costruire un ponte che attraversasse il fiume.. Che cattiva intenzione!

Fortunatamente, là viveva un giovane contadino, Heitaro, che con la verità,

Fece rinvenir i suoi concittadini offrendo, in cambio della salvezza del salice,

I rami dei suoi stessi alberi per la costruzione di quel ponte.

Essi accettarono, e l'albero ottenne così la pace per un lungo tempo,

E il contadino poté tirare un sospiro di sollievo.

Un giorno, dopo esser rincasato dal lavoro, decise di raggiungere il salice,

Ove vi trovò una bellissima ragazza. Si inchinò a lei, e lei fece lo stesso.

Parlarono dell'età e della bellezza di quell'albero per un po',

Quando ella se ne dovette andare Heitaro si rattristì e la congedò.

Si era innamorato di lei e non faceva altro che pensarla tutto il giorno.

La sera successiva tornò sotto il caro tronco e ritrovò la bella fanciulla,

Che lo avvicinò in modo amichevole invitandolo accanto a lei.

Accettò l'invito e stavolta però, tutto il suo amore le dichiarò.

Le sere successive, mentre i giorni si susseguivano placidi, tornò a trovarla.

Una sera quella le promise che lo avrebbe sposato se lui, di chiederle

Dei suoi parenti e delle sue origini, avesse sempre evitato.

- Non ne ho - aggiunse - ma ti prometto che sarò una brava moglie,

E che ti amerò con tutto il mio cuore. Higo è il mio nome. Sarò la tua sposa. -

Fu così che la portò nella sua dimora e furono sposati e ebbero un figlio,

Loro gioia assoluta. Chiyodō si chiamava e con lui giocavano ogni volta,

Che il loro tempo libero potevan sfruttare.

Non vi era alcun'altra casa del Giappone ove regnava tanta felicità.

Ahimè, in questo mondo la felicità non dura per l'eternità...

Tant'è vero che, quando il piccolo compì cinque anni, in quel di Kyoto,

L'ex-imperatore Toba decise di costruirvi un tempio dedicato a Kwannon,

Contribuendo personalmente con milleuno raffigurazioni della dea.

Non appena si seppe il suo desiderio furono emanati gli ordini,

Da parte delle autorità, di raccogliere il legname necessario per edificarlo.

Il salice ebbe così i giorni contati, in quanto il suo legno doveva servire,

Insieme a quello degli altri, per fabbricare il tetto dell'edificio.

Heitaro tentò nuovamente di dissuadere i cittadini dall'abbatterlo,

Offrendo anche questa volta il suo legname, ma non ci riuscì.

I suoi compaesani erano entusiasti di veder far parte del tempio, il salice.

Giunse la notte fatale, e quando la bella famigliola andò a riposare,

Rumori di asce che tagliano svegliarono il contadino, che girandosi

Vide la moglie seria e in lacrime.. - Sposo amatissimo - gli disse,

- Non dubitare di quello che sto per dirti. Ascoltami. Questo non è un sogno.

Quando ci sposammo ti pregai di non chiedermi mai la mia storia,

Ma ti promisi che un giorno te l'avrei raccontata, nel momento giusto.

Purtroppo è questo disgraziato momento arrivato:

Io non sono altro che lo spirito del salice che tu hai tanto amato, e che

Anni or sono hai con generosità difeso e salvato.

Per ringraziarti e per rendere felice la tua vita intera, ti sono apparsa

In forma umana. Per renderti grazie per la tua gentilezza verso di me.

Però non posso più farlo perché stanno abbattendo il salice.

Sento in me tutti i colpi di quelle asce. Il mio destino è quello di morire,

In quanto sono parte di quell'albero. Mi si spezza il cuore pensando che

Perderò anche il nostro amato figliolo, e a quanto soffrirà quando lo saprà.

Consolalo tu amatissimo sposo. È abbastanza grande da poter vivere con te,

Senza una madre e senza soffrire troppo. Vi auguro una vita bella e prospera.

Al salice devo far ritorno. Ogni colpo mi rende più debole..

Addio, amatissimo sposo! -

Il povero Heitaro svegliò Chiyodō , sperando si trattasse di un sogno, ma

Quando quest'ultimo tese le braccia nella direzione in cui scomparve

La sua bellissima mamma, piangendo amaramente, capì che era tutto vero.

- Amato figlio mio, ormai se n'è andata e più non tornerà.

Vestiamoci per regalarle l'ultimo saluto. Tua madre era lo spirito del salice. -

Nell'attimo in cui fu giunto il giorno, i due giunsero all'albero, che

Privo dei rami giaceva sul terreno. Potete immaginare come si sentissero...

Una cosa strana però notarono: nonostante gli uomini cercavano con forza

Di spingere il tronco verso il fiume, esso non di un millimetro si spostava!

Vedendo ciò il contadino si rivolse a quegli uomini dicendo:

- Amici miei, questo tronco morto che tentate di spostare, è abitato

Dallo spirito di mia moglie. Forse, se permetterete a mio figlio di aiutarvi,

Le cose saranno più facili, e a lui sarebbe data l'opportunità di dimostare,

Per l'ultima volta, il rispetto che provate nei confronti di sua madre. -
I taglialegna acconsentirono, meravigliandosi quando Chiyodō, avvicinandosi

Toccò la parte bassa del tronco con la sua piccola manina e, con facilità,

lo spinse facendolo scivolare verso il fiume.

 

 

 

 

 

 


 

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Capitolo 6
*** Capitolo V: Le Cronache Perdute - La Donna Gru ***


 

A Raffaella

 

Capitolo V: Le Cronache Perdute - La Donna Gru

 

Umilmente scusa Ti chiedo, per non aver mantenuto fede alla mia parola.

Ti ho fatto una promessa che non ho rispettato e ora mi pento e mi dolgo,

Per la mia mancanza nei tuoi confronti.. Ahimè, quale misfatto!

Ora, sperando che tu non mi detesti, ti racconterò di quella gru,

Che dopo essere stata colpita al dorso da un dardo, fu salvata

Da un giovane e povero uomo. E perciò..

 

 Oh gru, se mi ascolti, dimmi se posso raccontar alla gentil Dama,

Di come colui che ti salvò, tradì la tua fiducia, in così poco tempo..”

  Ebben fallo, narratrice, ma non dimenticare cosa questa storia,

È capace di insegnare, a coloro i quali non smetton di sbagliare!”

 L o farò, giusto alla fine, dato che è questo lo scopo della morale!”

Ma ora, lasciatemi raccontare.

 

Nella terra di Idsumo, tanti anni fa, viveva un pover uomo, che

Per guadagnare quel tanto che gli serviva per sfamarsi, lavorava, e lavorava

Nei campi e nelle risaie di tutte le famiglie operaie.

Un dì, mentre si prendeva cura di un campo, udì un rumore simil,

Simile ad un battito d'ali. Smise di far ciò che alacremente stava facendo,

E vide una povera gru che era stata colpita da un dardo, proprio sul dorso.

Verso di essa si precipitò e piano lo estrasse. Fortuna che la ferita,

Non era troppo profonda! La gru con un gesto la ringraziò e via volò.

- Buonasera! Buonasera! - Udì l'uomo pochi giorni dopo, dopo che bussarono.

- Chi è là? - E una fanciulla disse sulla sua porta:

- Fammi dormire da te, stasera. -

Il giovane rispose, conducendola al suo giaciglio:

- Se ti accontenti di questa mia semplice capanna, dormi qui volentieri! -

Il mattino seguente credette che ella fosse ripartita, e invece la trovò

Che rigovernava la cucina e la casa, il campo vicino e perfino cucinava.

E da lui rimase la sera e la sera seguente.

Alcuni giorni dopo a quello chiese: - Prendimi in sposa -.

- Ma io sono povero e riesco a malapena a sfamare me stesso. - Rispose lui.

- Non importa. Lavorerò anch'io, ma tu prendimi in sposa. - Replicò lei.

Dato che i due, molto giovani erano, alla fine si sposarono.

Giorni dopo la fanciulla chiese al suo sposo: - Dammi un telaio, per favore.

Uno strumento con il quale io possa tessere. -

Il giovane squattrinato, rifletté: - Come faccio a costruire un telaio? -

Quella allora gli procurò del legno da chissà dove e disse così:

- Come ti dico, fa. Qui pianta dei chiodi. Questo e questo poi metti insieme. -

Egli fece come la sposa gli aveva detto e quella l'indomani a tesser iniziò.

Tontonkararin, Tontonkararin, Tontonkararin!

Ben presto, ebbe terminato. Che bello quel tessuto.

Lo si poteva definir un bellissimo broccato, d'un azzurro tutto scintillante!

Prima d'ora l'uomo né sentì e ne vide di nulla del genere.

Con tanto d'occhi lo guardò!

Allora, la moglie disse: - Al principe portalo, e vendiglielo. -

- Per quanto denaro devo venderglielo? -

- Volentieri ti darà mille rio! -

- Mille rio? Mille rio? - Assai era agitato..

Con mille rio, a quei tempi, si poteva viver senza sforzi per interi decenni!

Come gli era stato detto, lo portò e al principe lo mostrò.

Stupefatto quello esclamò: - È stupendo codesto tessuto! -

E per i famigerati mille rio glielo comprò.

Disse fra sé: 'in realtà costerebbe molto di più!'

Or che aveva denaro, ancor di più ne voleva e allor alla moglie chiese:

- Puoi, oh mia sposa, tessere un altro tessuto simile? -

- Certo che sì! Ma per favore, non guardare mentre sono al telaio!

In nessun caso devi farlo! - E subito a lavoro si mise:

Tontonkararin, Tontonkararin!

La curiosità fu forte proprio perché di far ciò gli fu proibito.

Era curioso di come la moglie avesse tessuto una stoffa così bella.

Andava avanti e indietro di fronte alla stanza in cui la donna tesseva.

In lungo e in largo rifletté.

Infine, sopraffatto dalla sua stessa curiosità, e dalla voglia di guardare là

Ad ogni costo, spiò dal buco della serratura.

Vide una gru che una penna si strappava e una tela semplice vi tesseva.

Poi con due pene fece una tela duplice, con tre penne ne fece una triplice.

Così, penso: 'Ah ecco come tesse! Si strappa le penne! -

E in mente gli tornò l'uccello ferito.

La moglie si accorse che il marito la stava spiando e gridò:

- Perché guardi, quando te l'ho proibito?

Per me è finita ora e da te devo separarmi. -

Dopo aver detto tali parole, il volo spiccò, lasciando la tela incompiuta.

 

Questo, Signori, la leggenda vuole insegnar a voi gente incuriosita:

Non dovete mai voler guardare una cosa proibita!


 

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