A casa.

di Patta97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Regno delle Rugiade d'Argento. ***
Capitolo 2: *** La mia nuova vita... a casa. ***
Capitolo 3: *** Al proprio posto. ***
Capitolo 4: *** Tutto bene. ***



Capitolo 1
*** Il Regno delle Rugiade d'Argento. ***


Depressa, triste. Mi sentivo così stanca che stupivo me stessa mentre riuscivo a volare raso terra, sbattendo flebilmente le mie ali trasparenti. Poi, a rinfrancarmi, la vidi laggiù, la mia casa, il posto in cui ero nata e avevo vissuto i primi 968 anni della mia vita: il Regno delle Rugiade d’Argento.
Era l’imbrunire e il cielo era di mille sfumature: rosa, arancio, lilla, azzurro, si mescolavano, facendo scherzi di luce alle soffici nuvole e alle nascenti e sempre più luccicanti stelle che picchettavano la volta celeste. Il Sole, dopo aver passato un giorno a brillare tra l’azzurro, si preparava a lasciar posto all’arzilla e riposata Luna. Gli alberi non li avevo mai visti così alti, robusti e rigogliosi, i fiori mai così profumati e ricchi di colori, il vento mai così dolce e fresco, il sottobosco mai così ricco di suoni e versi della natura e dei suoi abitanti. Volando tra i dispettosi spruzzi del ripido torrente, accarezzai l’acqua fresca e rinvigorente, fino ad arrivare alla laguna. Era lì che le fate del Regno si riunivano, la sera, per raccontare la propria giornata alle amiche o semplicemente per guardare il cielo stellato attraverso lo specchio languido dell’acqua. Quel luogo, pieno di luci colorate che erano le mie amiche e sorelle fate, mi sembrava più magico che mai; circondata da canneti, papaveri e teneri ciuffi d’erba, la laguna non mi era mai sembrata così accogliente. Ero a casa. Ma, stringiticuore!, il ricordo dell’incarico da cui ero appena stata congedata era ancora pesante e greve nel mio cuore. Stellalucentedisera, una giovane e vivacissima fata, mi vide riflessa sulla superficie della laguna e quando, alzando lo sguardo, constatò che ero davvero lì, mi saltò addossò, abbracciandomi.
- Sefelicetusaraidirmelovorrai! Sei tornata! Com’è andata? Stai bene? C’è una novità: il Gran Consiglio mi ha appena contattata per… - iniziò, ma fu interrotta da una voce verso cui mi voltai con un gran sorriso.
- Stellalucentedisera, lascia respirare la nostra Sefeliceleisaràdircelovorrà! – la rimproverò Gocciargenteadigentilesaggezza, mentre mi abbracciava lievemente.
- Sono felice di vederti… Felì  – mi sussurrò la saggia fata in un’antenna.
Io sorrisi, stanca, a lei, a Stellalucentedisera e a tutte le altre, accorse per salutarmi.
- Scusatemi, carissime amiche, mi siete mancate un vasto sacco e mi piacerebbe tanto stare qui con voi, ma sono stanchissima e preferirei andare a riposarmi – dissi, sincera. – Domani sarò a vostra completa disposizione, promesso -
Tutte annuirono, sorridendo comprensive, e alcune mi augurarono anche una buona notte.
Mi sistemai dentro un comodo papavero che avevo adocchiato poco prima e, in pochi attimi, stavo già dormendo, cullata dal leggero dondolio della vermiglia corolla del fiore, mossa del vento.
 
___________________ 
Ciao!
Spero che questo capitolo, anche se corto, vi sia piaciuto! ^-^
Recensite, mi raccomando! Datemi pareri!
Patta

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Capitolo 2
*** La mia nuova vita... a casa. ***


- Sefelicetusaraidirmelovorraiiiiiiii! Sveglia, dormigliona! Ti devo dire una cosa importante prima che arrivino le altre! – esclamò, concitata, la voce di Stellalucentedisera.
Aprii gli occhi, pian piano, osservando l’espressione eccitata della fatina, che le ali che vibrano più di quelle di un colibrì.
- Stellalucentedisera… cosa c’è? – chiesi, assonnata. La osservai meglio, dietro la fragile e sottile schiena teneva quattro lettere, due delle quali avevano il sigillo del Gran Consiglio. Spalancai definitivamente gli occhi e balzai su dal polline. Le feci cenno di parlare.
- Ti ricordi ieri sera, quando ti ho detto che il Gran Consiglio mi aveva convocata per il mio primo incarico? – iniziò lei. Io annuii. – Bé… - continuò, con uno strano sorrisetto. – Ne è arrivata una anche per te, con un’altra in allegato… porta l’indirizzo di una certa Pervinca Burdock… - allora sorrise apertamente, ma io già le avevo già strappato dalle mani le due lettere indirizzate a me. Possibile che…? Un’emozione grandissima mi percorse dalle antenne ai piedi mentre, per dovere, aprii prima la lettera del Gran Consiglio.
 
Alla gentilissima e onorevolissima fatina                                                          Urgente!
Sefeliceleisaràdircelovorrà
Regno delle Rugiade d’Argento
 
Onorevolissima fatina,
 
il Gran Consiglio dei Saggi, dopo attenta e sapiente indagine, è lieto di annunciarle di averle trovato un nuovo incarico, successivo a quello dal quale, quando questa lettera arriverà, sarà già tornata.
Dati i suoi ottimi precedenti, quando ancora era una fata-tata al primo incarico, non abbiamo esitato a iniziare a svolgere le pratiche per l’incarico, dato che siamo certi accetterà, Sefeliceleisaràdircelovorrà, dato che la riporterà proprio nel luogo della sua prima mansione, a Fairy Oak. Le alleghiamo i documenti da compilare e la lettera della Strega che ha richiesto dei suoi servigi per Suo nipote. È importante che si prepari a partire allo spogliarsi degli alberi per trovarsi a Fairy Oak a fine Novembre. Le inviamo l’indirizzo verso il quale dovrà presentarsi:
 
Famiglia Burium
Piazza di Soffiododicisofficisoffidivento
Fairy Oak, Valle di Verdepiano

 
Finii di leggere con la bocca spalancata e incontrai gli occhi ridenti di Stellalucentedisera, che mi invitavano a leggere l’altra lettera. L’aprì con dita tremanti, quasi mi cadette a terra dalla strizzemozione.
 
Cara Felì,
 
non posso credere che, dopo tutti questi anni, possa ancora avere il piacere di scriverti. Quante cose sono successe in questi 15 anni! Mi sono sposata con Grisam da tre anni, ormai, lo stesso giorno in cui Babù ha sposato Jim. Viviamo una di fronte all’altra, in Piazza Fidiven. Babù, come hai capito, aspetta una bimba, che nascerà i primi di Dicembre e, indovina… io sono pure incinta! Ancora non l’ho detto a nessuno, solo al vecchio Chestnut per accertarlo, ma scriverlo a te l’ha reso come più vero e, appena finito di scrivere questa lettera, lo dirò a Grisam. Richiederò un’altra fata-tata che si presenti a Luglio.
Sono obbligata a scriverti la stessa solfa, cioè: il tuo incarico sarà per tutti i giorni, sette su sette, per quindici anni, al termine dei quali sari libera di dedicarti ad altri bambini.
Ti aspetto, Felì, per non più tardi dell’ultima settimana di Novembre. So che accetterai. Babù non sa che ho scelto te come fata-tata per mia nipote! Sarà una gran gioia per lei…
Ti mando un grande abbraccio
                                                                                      Strega Pervinca Periwinkle inBurdock
 
P.S. Ti invio delle foto che ti faranno piangere, ammesso che tu non stia già piangendo…

 
Una lacrima solitaria mi rigò il viso. Fu seguita da molte altre mentre guardavo le foto che quell’inguaribile dispettosa di Pervinca mi aveva inviato, sapendo che avrei pianto di gioia e tenerezza.
Nella prima c’erano una Vaniglia e una Pervinca belle come non mai, avvolte in lunghi abiti bianchi e con gigli candidi tra i capelli, con a fianco degli eleganti ed emozionati Jim e Grisam. Vaniglia sembrava troppo felice anche per piangere, Jim rosso in volto, mentre le guardava il bel viso, stupito da quanta fortuna gli fosse toccata. Pervinca e Grisam, invece, si contemplavano con una discrezione e un amore tale che faceva male anche solo a guardarli, come se si interrompesse qualcosa di troppo intimo e naturale.
Nella seconda c’erano Pervinca, Vaniglia, Flox e Shirley sedute sotto una delle panchine che circondavano Quercia, la quale, felice, agitava i rami in segno di saluto. Flox aveva i soliti occhi grigioverdi accesi e vivaci, ma il viso più appuntito e i capelli castani lasciati sciolti e non più raccolti nella sua caratteristica lunga treccia. Shirley aveva la solita nuvola vaporosa di riccioli rossi, il sorriso dolce e gli occhi neri e lucidi che emanavano il solito, magico mistero; eppure anche lei era cambiata. Si sorridevano l’un l’altra, felici della propria amicizia fraterna.
Nella terza, ultima e più bella foto, c’era tutta la famiglia Periwinkle, come la ricordavo io. Erano sulla soglia delle casa in via degli Orchi Bassi, in quello che sembrava un assolato e quieto pomeriggio estivo. Cicero, i capelli chiari striati di grigio e la solita pipa in bocca, cingeva la vita di Dalia, che aveva qualche ruga leggera attorno agli occhi mentre sorrideva e qualche sempre più evidente capello bianco; Vaniglia, che esibiva un perfettamente tondo pancione, stava appoggiata al petto ampio di Jim, ed entrambi guardavano l’obiettivo con aria serena e felice; Pervinca era stata immortalata mentre era intenta a ridere di Grisam, che stava evidentemente litigando con un dispettoso gatto nero con grandi occhi dorati, che provava a graffiargli il viso; poi c’era lei. Lalla Tomelilla stava al centro del quadretto, i capelli legati in un’alta crocchia, da cui sfuggivano un paio di ciuffi candidi e sorrideva come a dire “bentornata”.
- Grazie – sussurrai, tra le lacrime. Alzai di nuovo lo sguardo e vidi che Stellalucentedisera era commossa per qualche strana ragione. Feci un’aria interrogativa.
- “Felì”, non hai ancora capito? Sarò io la fata-tata del nascituro di Pervinca! – rivelò, come fosse ovvio.
A quel punto, non ci vidi più dalla felicità e le saltai addosso, stritolandola con una megasuper abbraccio. Lei ricambiò, contenta della mia reazione e di avermi tirato su il morale, dopo aver visto il mio umore sottoterra della sera prima. 
La mia nuova vita, la mia nuova vita, la mia nuova vita… a casa.
 
____________ 
Eccoci al secondo capitolo!
Non credo ci siano precisazioni da fare, ma sono contenta del fatto che questo sia venuto più lungo del precedente! :D
A presto,
Chiara

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Capitolo 3
*** Al proprio posto. ***


Ero troppo euforica, troppo arcicontenta. Ero accecata dalla felicità e, come diceva il mio stupendo nome, avrei voluto farlo sapere, anzi, gridarlo al mondo intero.
Le mie amiche fate erano molto contente per me, ma erano restie a lasciarmi andare così presto, infatti, ero appena tornata, come avevo accennato in precedenza, dal mio secondo incarico. Era stato presso un paesino non molto più grande di Fairy Oak, New Hou, e avevo fatto la tata a un dolce maghetto di nome Acero, sotto la guida di sua zia, Betula, maga semplice e tutto ciò che restava ad Acero. A malincuore avevo abbandonato anche lui e mi ero lasciata alle spalle la vita tranquilla a New Hou, proprio come, quindici anni prima, avevo fatto con Fairy Oak.
Le fate del Regno delle Rugiade d’Argento, Stellalucentedisera e io festeggiammo l’evento la sera prima della partenza con un piccolo banchetto a base di ottimi fiori d’arancio e bevemmo nettare dolcissimo a sazietà. La mattina dopo, in effetti, quando fui svegliata all’alba da un’eccitatissima Stellalucentedisera, mi sentivo la testa leggermente pesante. Anche la mia giovane amica, infatti, avrebbe affrontato il viaggio con me, arrivando  a Fairy Oak prima di quanto richiesto per ambientarsi al meglio.
Ci mettemmo in cammino, i saluti gridati e gli abbracci caldi delle nostre amiche alle spalle e promesse accoglienti e familiari all’orizzonte, accompagnate dal cadere leggero delle foglie croccanti d’autunno e dal vento freddo che preannunciava una stagione rigida.
Impiegammo poco più di una settimana di viaggio. Volavamo tutto il giorno, attraversando montagne, valli, fiumi, laghi, campagne e pianure, osservando case, fattorie, villaggi e boschi, dormendo ogni sera in un fiore diverso, tulipani, girasoli, papaveri, per poi ripartire poco più tardi dell’alba, dopo una leggera colazione.  Poi, eccolo lì.
Bosco-Che-Canta si stendeva davanti a noi, con tutti i suoi maestosi alberi, anime di chi aveva trasgredito la legge per amore, per proteggere i propri cari. Scendemmo quasi raso terra e volammo tra i rami, bassi, alti, nodosi e sottili, facendo sberleffi e carezze agli animali che ci guardavano, curiosi. Non mi accorsi quasi subito del Salice. Era ancora come lo ricordavo, imponente e maestoso, con i rami lunghi e filiformi che quasi toccavano il terreno ricoperto di muschio. Stellalucentedisera notò la mia improvvisa serietà e smise di fare dei leggeri buffetti sulla testa di un coniglietto dal musetto simpatico, per seguirmi, volando piano. Mi fermai davanti al tronco e feci una carezza alla corteccia; un venticello improvviso fece muovere lievemente i rami dell’albero, o forse era solo lui che mi rivolgeva un saluto.
- Chi è? – chiese Stellalucentedisera, quasi sussurrando, gli occhi color di rosa pieni di curiosità.
- Solo una vecchia e saggia amica – risposi io, rivolgendole un sorriso.
Ricominciammo a volare con una nuova baldanza, consapevoli che la meta fosse così vicina nonostante fosse ancora pomeriggio; a prendercela comoda, saremmo arrivate entro sera.
Mentre volavamo sopra la Valle di Verdepiano, sentivo risvegliarsi in me i ricordi delle mie precedenti avventure, dei giochi, delle risate, della mia vita in quel luogo incantato. Vidi la Rocca di Arrochar, antro di terrore e di paure, cui volammo paurosamente vicino, e, in lontananza, la fattoria dei Poppy, culla di ricordi lieti e sereni, cui volammo, invece, purtroppo, troppo lontano per vedere se fosse ancora abitata o meno. Poi il faro, il porto, col Sant’uomo ben ormeggiato insieme a tante barche più piccole, le baracche dei marinai, il Museo del Capitano…
Si fece sera e, di là, la casa dei Rose, quanto saranno diventate grandi Salvia e Nepeta! E lì, quella dei Corbirock, i sette monelli come staranno? Quella laggiù, invece, la staccionata di casa Bugle, la piccola Margherita sarà cresciuta ottimamente sotto le cure del caro Acanti.
Poi, la piazza di Quercia. Era lì, il saggio e un po’ pettegolo vecchio albero, se possibile, più maestosa di quanto ricordassi. Volammo giù da lei e mi riconobbe subito.
- FELÌ! – esclamò col suo vocione. – CARA FATINA, SONO PASSATI TANTI ANNI, EPPURE ECCOTI QUA! – disse poi, avvicinandomi un ramo e dandomi un colpetto sulla spalla in segno d’affetto, io glielo strinsi, con le lacrime che mi facevano luccicare gli occhi. Poi Quercia notò la mia compagna.
- CHI È QUESTA BELLA E GIOVANE FATINA, MIA CARA FELÌ? – chiese.
- Piacere, Quercia – si fece avanti la mia amica, titubante. – Sono Stellalucentedisera, e sarò la fata-tata dei Burdock, richiesta dall’onorevole strega Vaniglia Periwinkle in persona per sua sorella Pervinca – aggiunse, orgogliosa.
- BENVENUTA, STELLALUCENTEDISERA – la voce di Quercia era come se sorridesse. – FAIRY OAK SARÀ LA TUA CASA -.
Facendo un ultimo saluto a Quercia, volammo, sfinite ma emozionate, verso piazza Soffiododicisofficisoffidivento. Il cuore, mentre ci avvicinavamo alla fontanella dove anni prima Vaniglia aveva visto il suo destino, prese a battermi forte forte; Stellalucentedisera mi strinse la mano, rassicurandomi. Arrivammo di fronte alla casa. Era tutta in pietra grigia e legno, con una staccionata che profumava di castagno e un grande giardino verde, con un grande olmo in un angolo, che ombreggiava una panchina di pietra. La facciata era seminascosta da una grande rampicante verde, priva di fiori in quel periodo. Una cassetta delle lettere in legno portava scritto sopra “Casa Burium” a caratteri svolazzanti e ordinati: la calligrafia di Babù. Attraversammo la facciata per arrivare davanti alla porta di legno scuro, da una finestra arrivava una luce tremolante di qualche candela. Feci per bussare, ma sentii la stretta di Stellalucentedisera allentarsi per poi svanire. Mi voltai verso di lei.
- Devi entrare da sola, Sefelicetusarai… Felì – disse, sorridendomi incoraggiante. - Ti aspetterò tra i rami di quell’olmo, sono tanto stanca… quando vi sarete riabbracciati a dovere mi chiamerai, strega Vaniglia è comunque la mia strega – aggiunse, facendomi l’occhiolino e  volando fra i rami dell’olmo.
Mi rigirai verso la porta e bussai, controllando prima che i miei capelli e il vestito di nuvola fossero in ordine. La porta si aprì e ogni preoccupazione volò via, così come il senso di emozione. Era solo gioia, gioia pura, come se ogni pezzo del mio cuore si fosse messo al proprio posto.
 
 
___________________ 
Ma ciao!
Vi lascio con un pochino di suspense, nell’attimo in cui Felì sta per rivedere la sua amata Babù dopo quindici anni.
Spero di poter aggiornare presto!
Patta 

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Capitolo 4
*** Tutto bene. ***


Vaniglia Periwinkle non era mai stata così bella nei miei ricordi.
Era molto più alta di quando l’avevo lasciata,  ma sempre snella e aggraziata nelle forme, persino nel ventre, grande e tondo. I lunghi capelli color del pane le arrivavano alla vita, spazzolati in modo ordinato, con la riga nel mezzo. Gli occhi verdi erano contornati da ciglia lunghe e folte, il naso era all’insù e con qualche lentiggine e il suo sorriso… quella forse era l’unica cosa immutata in quel volto dolce e adulto.
- Felì! – esclamò, felice come non mai.
Io abbandonai ogni esitazione e mi gettai sul suo viso, dandole tanti baci. Poi mi allontanai da lei, per ammirarla ancora una volta. Una lacrima mi scese lungo il viso: com’era grande! La mia bimba stava per diventare madre.
- Oh, Felì… - sussurrò lei, poi si mise di lato per lasciarmi passare.
– Entra! Jim vuole vederti! Sei un po’ in ritardo, ti aspettavo stamattina… – mi disse, incamminandosi per un lungo corridoio, mentre io mi guardavo intorno, curiosa. C’erano foto in bianco e nero o seppia e quadri colorati appesi alle pareti di legno, e, a volte, pezzi di pergamena incorniciati, su cui erano disegnate bozze di complicate macchine, che intuii fossero invenzioni di Jim. - …Comunque ho pronti dei panini alle rose. Mi ricordo che ti piacevano… ti piacciono ancora, vero, fatina? – mi domandò.
Io le sorrisi e le accarezzai i capelli. Capivo che era un po’ nervosa: parlava sempre a vanvera quando lo era, fin da bambina.
Arrivammo in salotto: una stanza ampia con le pareti di legno chiaro, dominata da un grande lampadario, un divano bianco e un camino di pietra. C’era un buon odore di pulito e castagne. Jim era seduto su una poltrona in tinta col divano, ed era intento a leggere un voluminosissimo mazzo di carte. Era come lo ricordavo, solo che portava una barba incolta e gli occhiali per la lettura.
Appena entrammo nella stanza alzò lo sguardo dalla lettura.
I suoi occhi scuri si illuminarono vedendomi e mi sorrise.
Si alzò e poggiò i fogli su un tavolino basso di legno e mi venne incontro, dandomi un buffetto sulla testa, che io accettai contenta.
- Vieni, Felì, accomodati – disse poi, indicandomi un piatto sul tavolino, coperto da un tovagliolo di stoffa bianca. Lo sollevai piano e le antenne mi fremettero: panini alle rose, che bontà! Nel frattempo, Jim fece accomodare Vaniglia sulla poltrona, galante, e si appoggiò al bracciolo, tenendole la mano. Io sorrisi osservandoli.
- Ci piacerebbe tanto sapere del tuo altro incarico, fatina – disse Vaniglia. – Ma vorremmo aspettare che ci siano anche Vì, Grisam, la zia, mamma e papà. Non sarebbe bello ripetere le stesse cose più volte! – mi sorrise, mentre la guardavo annuendo.
– E poi anche noi ti dobbiamo raccontare tante di quelle cose…! Ma non adesso! – si frenò. Presi un pezzetto di panino alle rose e lo ingoiai, gustandolo; ne misi un altro in tasca, per Stellalucentedisera.
Mi alzai. – Vaniglia, Jim – esordii. – Vi vorrei tanto presentare una mia cara amica che sta aspettando fuori. Sapete, verrà qui, ogni mezzanotte, tra qualche tempo… - sottintesi.
Vaniglia balzò in piedi, pentendosene subito e massaggiandosi la schiena, sorretta da Jim.
- Parli della fatina che ho convocato per Vì? – si accertò Vaniglia, stretta al braccio del marito. Annuii.
- Sta aspettando fuori, hai detto? – chiese.
Feci sì con la testa.
- Bé, allora andiamo da Pervinca e Grisam insieme a lei, no? – propose Jim.
Uscimmo nell’aria fresca della sera e subito Stellalucentedisera ci venne incontro dal ramo dell’olmo su cui stava riposando.
Si sistemò al mio fianco e agito la manina timidamente, tenendo il braccio attaccato al corpo.
Le rivolsi un sorriso d’incoraggiamento e lei deglutì.
- S-salve – disse in un sussurro. – Io sono Stellalucentedisera e… -
- Oh, ma ciao, fatina! – la interruppe gentilmente Vaniglia. – Come sei bella! Non c’è bisogno che tu usi il tuo nome completo… mia zia ti ha già trovato un soprannome! Mi sembra fosse… -
- Lalù – le suggerì Jim, passando avanti ed aprendo il cancello basso di legno bianco che dava sulla piazza.
- Grazie, Jim – sorrise Vaniglia. – Lalù. Ti piace, fatina? – chiese.
Stellalucentedisera arrossì fino alle antenne, ma annuì, facendo un debole sorriso.
- Su, andiamo – disse Jim, prendendo Vaniglia sottobraccio per aiutarla col suo pancione ingombrante e facendo strada. Io e Lalù li seguivamo, volando sopra le loro teste.
Ci fermammo davanti a una casa con la facciata praticamente gemella a quella di Babù e Jim.
Vaniglia bussò alla porta.
Aspettammo qualche minuto ma nessuno aprì; poi sentii due voci a tono alto e, dalle facce sconcertate di Vaniglia e Jim, capii che non erano solo le mie antenne ad aver captato quella discussione.
Vaniglia aprì la porta con la magia ed entrammo. Mentre Jim ci precedeva avanzando a falcate lungo il corridoio verso dove si udivano le voci – urla, a dire il vero -, ebbi appena il tempo di notare che l’interno della casa dei due maghi del Buio Vì e Grisam era un pizzitantino diversa da quella della strega della Luce e dell’inventore.
Entrammo in quella che intuii fosse la cucina. Lì stavano Pervinca – le antenne mi fremettero nel vedere com’era bella coi capelli lunghi e il viso magro e delicato – e Grisam – assomigliava sempre di più a suo padre Vic, o almeno com’era nei miei ricordi – nel bel mezzo di una discussione.
Lanciai un’occhiata a Lalù, che stava con le antenne al livello del mento e il faccino spaventato, poi cercai di concentrarmi sulle grida.
- Non riesco a capire come tu abbia potut…! – si interruppe vedendoci. Non fece nemmeno caso a me e a Lalù.
- Jim! Vaniglia! Voi due lo sapevate, immagino! Lo sa tutto il paese! Tutta la Valle! Tutti tranne me, il diretto interessato! –
Vaniglia lanciò un’occhiata di rimprovero a Pervinca, che girò la testa dall’altro lato, incrociando le braccia.
- Sono settimane che tutti fanno battutine che io sembravo troppo stupido per capire! Questa, mia cara Vì, questa me la paghi… -
- Grisam, andiamo – intervenne Jim, cercando di portare la pace. – Cosa avrebbe fatto Pervinca di così grave? Su, non agitarla nel suo stato… -
- È proprio del “suo stato” che si parla! – sbraitò Grisam. – Il “suo stato”… lo stesso stato che si è scordata di dirmi nonostante sia incinta da mesi! – sibilò.
Mi coprii gli occhi con le mani. Lalù stava a bocca spalancata. Jim mormorò “ahio…”.
Mentre Vaniglia si limitò a scuotere la testa e a guardare di nuovo Vì, stavolta con una faccia da “te l’avevo detto”.
- Stavo solo… aspettando il momento giusto! – Pervinca sembrava assolutamente calma.
- Se non lo avessi scoperto da solo quando sarebbe stato questo momento? Quando mio figlio avrebbe imparato a parlare o quando avrebbe finito gli studi? –
- Nostro figlio, caro mio! Quella incinta sono io, non tu! –
- Ma sono tuo marito! – accusò Grisam, sventolando la mano sinistra, dove la fede nuziale brillava all’anulare. – Mi aspetto che tu mi dica… questo tipo di cose! – si lasciò cadere su una sedia, massaggiandosi le tempie.
L’atmosfera nella stanza si acquietò. Vaniglia si accomodò su una sedia, con Jim accanto. Ancora non notate, io e Lalù ci sistemammo su una credenza di legno scuro.
Vì andò verso Grisam e si sedette sulle sue ginocchia.
- Andiamo, Grisam! Se ci rifletti non ho fatto nulla di male… sai che ti amo tanto – sussurrò Pervinca, mentre Vaniglia e Jim, imbarazzati, intraprendevano una discussione sul più e il meno.
Io temetti di non aver sentito bene: Pervinca che diceva “ti amo tanto” senza essere sotto tortura? Eh già, era proprio cresciuta!
- E va bene – Grisam la abbracciò e la strinse a sé. Poi si rivolse al ventre di Vì, che non lasciava per nulla intendere che la strega fosse in dolce attesa. – E tu, piccolino? Quanto ancora devo aspettare per conoscerti? -
- Uhm… poco più di quattro mesi – disse Pervinca, tranquilla.
- Sei incinta da cinq… - Jim gli fece cenno di stare tranquillo. - D’accordo, sono calmo. Sei incinta da cinque mesi, tesoro? – si ricompose. Jim annuì, approvando.
- Sì, Grì… ma guarda il lato positivo… prendi Jim! Lui dopo averlo saputo sta dovendo aspettare otto lunghi mesi prima di vedere la sua creatura, tu solo quattro! Non suona tanto meglio? Pensaci su – ragionò Vì. Grisam la baciò per zittirla e lei accettò di buon grado.
Quando si separarono, i suoi occhi caddero su di me e Lalù.
- Felì! Sei già arrivata! – disse balzando in piedi.
Sorrisi e volai da lei, dandole un bacio sul naso, come facevo quand’era piccola.
– Sono contenta di vederti, fatina, davvero! – mi sorrise anche lei.
Ero sempre più arcifelice. Mancava solo…
- Andremo domani da zia Tomelilla, Felì – disse Vaniglia, intuendo i miei pensieri.
- Intanto tu puoi venire a dormire da me e Jim mentre Lalù può restare qui… dov’è Lalù? –
La mia giovane amica stava parlando amabilmente con Grisam e Pervinca, le sue paure di prima sembravano svanite.
- A domani… - sussurrai a Lalù.
- A domani – mi rispose lei, abbracciandomi.
Andava tutto bene.

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Ciao! :)
Sono in un ritardo assolutamente vergognoso, lo so...
Per fortuna c'è stata Cate Tassorosso col suo freddo ma efficace incitamento a smuovermi e la ringrazio, dedicando a lei questo capitolo, bello lungo ^-^''
Spero aumenterete recensitori e dico a voi, lettori silenziosi! 
Un abbraccio,
Chiara

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