Dog Training

di KainObreron
(/viewuser.php?uid=131873)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Il cane randagio ***
Capitolo 3: *** Ululato al chiaro di luna ***
Capitolo 4: *** L'innamorato ***
Capitolo 5: *** Quel giorno sotto la pioggia ***
Capitolo 6: *** Dichiarazione nella notte di luna nuova ***
Capitolo 7: *** L'inaspettato ***
Capitolo 8: *** L'arte dell'attesa ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


Dog Training

°L'incontro°

Una melodia dai toni acuti si stava propagando da qualche minuto, rendeva l'aria tersa dell'estate profumata di un'insolita fragranza. Il bel sole illuminava prepotente il tetto di casa Higurashi e Buyo godeva di quel calore, accoccolato su uno degli scalini della gradinata oltre il tempio. Il suono di violino s'interruppe bruscamente. Izumi scostò l'archetto dalle corde e guardò fuori dalla finestra, per un attimo gli era sembrato di vedere qualcuno aggirarsi nei pressi del Goshimboku. La sua immancabile curiosità accese il suo animo e questa energia la spinse ad andare a controllare, ma non trovò nessuno. Si guardò attorno spaesata, era così sicura di aver visto una persona in abiti tradizionali, poi notò la porta del tempietto di un palmo aperta.
“Che si sia nascosto li?” Pensò colta all'improvviso da un brivido di timore. Izumi si spaventava facilmente, è vero, ma in vita sua non era mai stata il tipo di ragazza che si tira indietro se impaurita. Aveva la costante ed insana idea che affrontare ogni cosa che costituisse anche un solo leggero rischio le conferisse più energia, e lei voleva essere forte. Si avvicinò lentamente al tempio ed aprì piano la porta scorrevole, per far entrare luce. Notò con disappunto che l'ambiente era vuoto, non c'era nessuno. Entrò inconsciamente e si appoggiò coi gomiti al bordo del pozzo mangiaossa.
“Eppure io ho visto qualcuno, vorrei sapere chi fosse...” I suoi occhi vagarono annoiati sugli angoli della stanza, poi uno strano riflesso la catturò.
“Cosa, ma come...cos'è quello?!” Pensò frastornata gettando uno sguardo al fondo del pozzo, non se lo doveva forse aspettare buio e vuoto? No, quel pozzo era luminoso perché al di là dell'apertura un tenero azzurro cielo si stagliava nitido, squadrato dalle pareti di roccia.
«Quello... è il cielo? Il cielo per terra, sotto terra, fra la terra...» Farfugliava insicura passandosi una mano sugli occhi, timorosa che la vista le stesse giocando un brutto scherzo. Rimase a bocca aperta, una macchia candida come cotone era apparsa, sbucando da un lato e procedendo lentamente. Izumi si sporse.
«Quella è una nuvola? Non sto affatto avendo un'allucinazione!» Corse fuori dal tempio sgusciando in casa di fretta, non si tolse neppure le scarpe e si fiondò nel salone. «Papà, presto vieni a vedere! Si vede il cielo sul fondo del pozzo mangia ossa!!» «Non dire sciocchezze Izumi, guardare troppo il sole ti avrà creato qualche effetto ottico.» Le rispose lui continuando a seguire interessato le notizie alla televisione. La ragazza gli afferrò il braccio.
«Non sono così stupida, vieni a vedere!» Gli disse nel pieno dell'eccitazione, dal corridoio apparve la madre.
«Cosa sono queste grida, Izumi?» Chiese preoccupata. «Mamma, vieni anche tu!» Disse trascinando il padre fuori di casa, lui la seguì per assecondarla e quando giunsero al tempio la ragazza si fiondò sul bordo del pozzo con un sorriso raggiante. Scoprire qualcosa di sensazionale era una delle sue ambizioni quotidiane, inutile dire che la tranquilla vita di una ragazza qualsiasi di Tokyo non le offrisse molte occasioni per farlo. Ma lei non era affatto una ragazza qualsiasi, e Sota Higurashi lo sapeva bene, apparve proprio in quel momento alla porta del tempio assieme alla madre di Izumi e scrutò preoccupato la ragazza.
«Vedi? Avevo detto che era solo un effetto ottico.» Concluse il signor Eiji una volta osservata svogliatamente la cavità buia e vuota, rivolgendo alla figlia uno sguardo rassegnato. «Cara, quando smetterai di vedere un mistero dietro ogni piccolezza?» Le chiese in un sussurro la madre mentre il marito usciva dal tempio. «Giuro che l'ho visto.» Affermò Izumi ancora perplessa. Sota incrociò le braccia dietro la schiena e sospirò, lungo tutta la sua esistenza non pensava che sarebbe capitato di nuovo. La madre della ragazza raggiunse il marito dentro casa, premurandosi di consigliare alla figlia di rientrare a sua volta. «Troppo sole non ti fa bene.» Disse in lontananza.
«Io l'ho visto davvero, nonno.» Sussurrò Izumi ancora intenta a fissare il profondo buio dell'interno del pozzo. «Un cielo azzurro e delle nuvole, proprio sul fondo di questo pozzo. Inoltre c'era qualcuno da queste parti, e sono sicura che chiunque fosse se n'è andato da qui!» Affermò poi girandosi e sfoggiando un'espressione convinta. A quelle parole Sota impallidì. «Hai visto qualcuno?» «Sì, proprio sotto il Goshimboku, chissà forse era uno spirito che si è rifugiato sul fondo del pozzo! O magari era un fantasma!» Sentenziò intavolando qualche supposizione, questa  era l'abitudine a cui era più avvezza: lo sproloquio. Ma Sota aveva un'idea tutta sua, una sola ma valida. “Sorella, eri tu?” Pensò affranto. «Izumi, voglio che non ti avvicini più al pozzo mangia ossa.» Affermò poi perentorio. «Cosa? Perché?!» Urlò stizzita. «Nonno, tu mi credi vero? Lo sai che non sto mentendo, che non ho avuto un'allucinazione! Forse dovremmo aspettare qui fuori, magari quella persona tornerà e noi potremo...» «Izumi!» La interruppe lui guardandola accigliato. «Mai più ho detto.» Concluse, mettendo fine allo spensierato divagare della nipote. La ragazza dovette rinunciare a tanta autorità, suo nonno era sempre stato un tipo speciale per lei. Sempre dolce, sempre accondiscendente, sempre così orgoglioso della sua nipotina che tanto lo deliziava con le dolci melodie del suo violino. Come poteva insistere a quel tono burbero, non poteva. «Sì.» Sussurrò arresa uscendo dal tempio e recandosi mestamente dentro casa.
Sota la osservò, regalandole uno sguardo compassionevole solo quando gli rivolse le spalle. “Non voglio che ti succeda qualcosa e che te ne vada anche tu.” Pensò in una nota di tristezza chiudendo la porta del tempio. Osservò il Goshimboku con la tacita richiesta d'appoggio, il suo pensiero era rivolto solo ad una persona, una che non vedeva ormai da così tanto tempo. Già, quanti anni erano passati ormai? Una sessantina se non più, sicuramente, e a quel pensiero sospirò ancora. S'infilò dentro casa con il lento incedere di un passo stanco, in quel mentre la bruna testolina di Izumi apparve dal corridoio opposto e, molto lentamente, sgusciò fuori di casa.
Una volta all'esterno corse rapidamente dal pozzo mangia ossa e tolse la paratia che suo nonno aveva posto sull'apertura. Era ancora nero e vuoto.“Dannazione, mi stai prendendo in giro stupido pozzo?” Pensò offesa, per una volta che scopriva qualcosa di fantastico, che potesse dipingere la sua normale quotidianità con uno spruzzo di avventura, questo svaniva come una mera allucinazione. E se l'avesse veramente avuta, magari un fantasma le aveva voluto mostrare un'illusione, oppure era davvero un effetto ottico?
«Accidenti. Pozzo mangia ossa, non mi nascondere questo segreto.» Disse affranta rivolgendosi alla profonda oscurità. «Non volevi mostrarmi qualcosa? Se ti ritiri adesso, sei un vigliacco!» Disse d'un fiato stringendo gli occhi, spaventata dall'idea di rassegnarsi una volta stuzzicata così nel profondo. «Maledizione, accenditi!» Urlò arrabbiata, ripensando al disarmante sguardo remissivo del padre. «Per favore.» Provò a chiedere con voce dolce. Fissò per alcuni secondi il fondo avvolto nel buio, incerta se continuare ad aspettare o andarsene rassegnandosi ad accettare l'idea. Poi, colta dallo sconforto, si recò all'uscita. “Che stupida sono, volevo vedere qualcosa di meraviglioso.” Pensò, ma nel mentre che chiudeva la porta scorrevole un tenero riverbero di luce accarezzò i bordi del pozzo. Sussultò e sgranò gli occhi nello stesso momento, prima di saltare giù dalle scalette. Si affacciò e le labbra si distesero in un sorriso soddisfatto. Il cielo, c'era di nuovo il cielo nel fondo del pozzo mangiaossa. Izumi guardò incerta dietro di se, andò a chiudere la porta scorrevole e scrutò di nuovo l'azzurro sul fondo.
«Perdonami nonno.» Sussurrò prima di scavalcare il bordo, si gettò senza indugio e la luce le abbagliò gli occhi.

° ° °

Cielo azzurro, un bel sole luminoso, prato verde vivo, davvero un bel paesaggio ma Izumi non capiva dov'era finita. Si guardò attorno spaesata.
«C'è nessuno?» Gridò, ma nessuno le rispose. «Che delusione, credevo ci fosse qualcosa di sensazionale. Questo sembra un paesaggio normalissimo, carino ma niente di diverso dal solito. Insomma, niente spiriti o strani edifici.» Farfugliò cominciando a vagare qua e la col corpo e con la mente, intenzionata a scorgere qualcosa che la potesse interessare. S'inoltrò nel bosco e camminò per alcuni minuti pensando a quali fantastiche avventure avrebbe voluto vivere fra quegli stessi alberi, quando si accorse che li stava narrando a voce alta e si fermò a ridacchiare. In quel momento sentì un ringhio e altri rumori provenire dalla sua destra, tese le orecchie cercando di identificare quei suoni quando si accorse che le sue gambe si muovevano a sole. Giunse in uno spazio aperto,  vagò con gli occhi sul pendio scosceso che aveva di fronte ed emise un gridolino. Di conseguenza un paio d'occhi si posarono su di lei ed in quel mentre Izumi capitolò.
Gridò spontaneamente, inorridita alla vista di una creatura dalle carni dilaniate. Il sangue aveva imporporato tutto il verde circostante, facendolo sembrare il sangue della terra stessa. Dinanzi a quel cadavere troneggiava una figura dai colori chiari, che fissava la ragazza con occhi predatori.
Izumi indietreggiò appena incontrò quegli occhi azzurri avvolti da una spaventosa sclera rossa. Squadrò bene l'essere e sentì d'aver perso la paura. Le sembrava in tutto e per tutto una persona ma l'aria sinistra e l'insolito abbigliamento lo coloravano di uno strano sapore di leggenda. Izumi sorrise inconsciamente, a parte il sangue, quella vista gli piacque infinitamente. «Hey!» Gli urlò. «Tu sei un modello del posto? Un attore? Non è che state girando la scena di un film e vi ho interrotto, vero?» Disse mostrando un sorriso smagliante, quello strano individuo l'aveva affascinata, che fosse per le particolari caratteristiche o per l'ambiente dove l'aveva incontrato non l'avrebbe saputo spiegare. Vagò con lo sguardo su quella strana pelliccia che vaporosa gli pendeva dalla spalla, i lunghi capelli bianchi che brillavano come argento al sole ed il viso dove i denti, che le stava digrignando, luccicavano quasi allo stesso modo; all'improvviso si era dimenticata di tutto il sangue che c'era. Si buttò giù dal dirupo come avesse scavalcato una staccionata qualsiasi.
 «Sto arrivando!» Avvertì, ma quando ricadde a due passi da quel ragazzo lui le diede una spinta e la fece sbattere violentemente contro la parete rocciosa. Izumi non si rese conto di quel che era successo finché una fitta al fianco la destò da una sorta di stasi e guardò il ragazzo terrificata. Solo in quel momento notò degli artigli appuntiti svettare fieri dalle sue dita imperlate di sangue. «Cosa credevi di fare insulsa umana! Nessuno come te può avvicinarsi al grande demone cane e restare impunito!» Gracchio una voce dalla fiancata opposta. Izumi girò la testa e per la prima volta notò una piccola creatura verde imbracciare un lungo bastone. Gridò inorridita facendo sfuggire un acuto stridulo alla propria bocca. «Ma cosa siete voi?!» Chiese, ma quando sentì la rabbia montare, assieme al dolore della botta ricevuta, il suo sguardo mutò. «Hey tu!» Urlò poi puntando il dito. «Chiunque tu sia come ti permetti di attaccare in questo modo una ragazza, cosa ti avrei fatto di male di grazia?!» Asserì minacciandolo con il saettare del proprio indice. Di risposta ricevette solo un ringhio sommesso ma lei non si scompose. «Stupida ragazzina, rivolgiti al Signor Sesshomaru con il dovuto rispetto!» Urlò il piccoletto.
«Maledetto rospo mutante.» Farfugliò raccogliendo da terra due pietre. «Te lo do io il Signor Sesshomaru!» Urlò lanciandogli uno dei sassi, atterrandolo con un colpo alla testa. Izumi si girò verso l'altro. «E ce n'è anche per te!» Disse infuriata scagliando la pietra rimasta. Ciò che vide fu confuso, un ringhio si mescolò ad una scia bianca, solo all'ultimo momento si accorse di avere il volto furioso del ragazzo a poco più di un metro. Quella vista la sconvolse, i suoi occhi urlavano a chiare lettere: ti uccido!  Di certo non era il set di un film e quella belva bianca aveva appena ammazzato qualcosa che non riusciva nemmeno a definire, avrebbe ucciso anche lei? Non lo voleva sapere, scappò. “Dannazione chi cavolo è quello li, ha due occhi che sembra un diavolo.” Pensò terrorizzata all'idea di fare una brutta fine. Corse tanto velocemente che non si accorse nemmeno di essere seguita dall'incedere solenne del ragazzo, che avanzava senza fretta. Quando Izumi gettò un'occhiata dietro di se sentì il piccoletto borbottare qualcosa, soddisfatto. Mentre li guardava sbatté contro il legno del pozzo e di fretta cercò di entrare nella cavità, di risposta il ragazzo compì un balzo e azzerò la distanza fra di loro in un secondo. Izumi sussultò spiazzata e capitolò all'indietro, cadendo nel pozzo. L'ultima cosa che vide fu quella possente figura stagliarsi alla luce del sole e due sinistri occhi assassini spiccare taglienti come pugnali. Le sembrò di vedere ancora quell'immagine anche quando era ormai scomparsa, le ci volle qualche minuto per rendersi conto che non si trovava più dov'era prima, sulla cima vedeva il buio e mai le parse così rassicurante. Si mosse solo quando sentì una fitta alla schiena e la sua mente finì di convincersi che non era affatto stato un brutto sogno. Scalò la parete e si fiondò sulla porta scorrevole aprendola di scatto. Osservò il Goshimboku in lontananza e la sagoma della propria casa, si sentì tremendamente sollevata. S'infilò nell'abitazione cercando di essere più silenziosa possibile e inaspettatamente nessuno la notò.
“Cos'era quel posto?” Si chiese una volta distesa sul proprio letto. “E chi erano quei due?” La luce che filtrava dalla finestra illuminava l'ambiente in modo rassicurante e Izumi si sentì incredibilmente protetta fra quelle quattro mura. Il suo cuore s'era calmato ma le dolorose reminiscenze della botta subita si ripresentavano intermittenti. “Sesshomaru ha detto quello sgorbio. Che sia un qualche spirito vendicatore? No, il piccoletto ha detto grande demone cane. Un demone.” Quando quella parola echeggiò nella sua testa si alzò e pochi secondi dopo comparì davanti alla ricca libreria della casa. Quello scaffale era pieno di leggende e testi antichi, sapeva che se cercava informazioni sui demoni ne avrebbe trovate più lì che altrove. Saettò con gli occhi indagando i vari titoli. «Cerchi qualcosa?» Izumi sussultò girandosi di scatto, si rilassò solo quando vide il volto perplesso di suo padre. «Sì, un libro sui demoni.» «E da quando ti interessi a questo genere di argomenti?» Sbuffò sorpreso. «Giorni fa il nonno me ne ha parlato e ora sono curiosa.» Mentì, vide il padre sospirare e poi scegliere con accuratezza un pesante tomo dallo scaffale. «Ecco, questo parla di mitologia e creature varie.» «Grazie.» Izumi corse in camera e sfogliò quel tomo ricco di immagini e dettagliate descrizioni. Giudicò severa ogni paragrafo, ogni immagine, ogni titolo finché il suo sguardo si posò su una raffigurazione in particolare.
«Pffff AHAHAHAHAH!!!!» Scoppiò a ridere incapace di trattenersi e sbatté la mano sulla pagina prima di guardarla ancora. «E così il piccoletto è un kappa, davvero pessimo, davvero pessimo!» Disse girando pagina e ne girò ancora molte prima d'interessarsi nuovamente a qualcosa. Fu così che lesse delle leggende dei demoni cane e vide le dettagliate immagini di bestie grandi come nuvole, che nel cielo inscenavano grandi battaglie con altri terribili demoni. «Sesshomaru, e così tu sei uno di questi?» Sussurrò incantata, accarezzando la superfice della stampa di un candido cane dalle dimensioni imponenti, sovrastare le nuvole fiero e maestoso. Izumi sospirò sconsolata. «Sembrano splendidi raffigurati qui, ma quello che ho visto io era una belva. Mi ha ricordato piuttosto un lupo, oppure un cane randagio!» Sbuffò senza rendersi conto che stava parlando, si portò la mano alla bocca e osservò titubante la porta. “Però era così bello.” Si disse poi nei suoi pensieri lasciando che le proprie labbra si distendessero.

Photobucket

Il giorno seguente Izumi provò ad entrare nel pozzo, ma le mancò il coraggio. Dopotutto se non ci fosse caduta dentro in tempo quel demone l'avrebbe uccisa e questo bastava a scoraggiarla. Eppure la sua curiosità irrefrenabile si rivelava sufficiente per ripresentarsi davanti al pozzo più volte al giorno tutti i giorni, guardinga che i parenti non se ne avvedessero. Ma per quanto fosse ansiosa di vedere ancora quella creatura, il ricordo di quegli occhi animaleschi dalla sclera rosso sangue la facevano rabbrividire. Finché il quinto giorno non si rese conto per la prima volta che quegli occhi predatori incollati addosso in qualche modo le erano sembrati affascinanti, si era sentita preda e per qualche ragione, fra il timore e la paura, si rese conto che quella situazione l'aveva emozionata incredibilmente.
«Uffa.» Borbottò scorrendo gli occhi fra i vari flaconi di detersivo. Izumi stava facendo la spesa e ogni tanto si ritrovava a pensare a quel demone ed i suoi occhi, sorprendendosi nel parlare a voce alta, come sempre. Si muoveva fra la gente ed indagava lo sguardo di ognuno cercando un paio d'occhi che potessero somigliare a quelli stupendi che rammentava di continuo. «Che noia.» Sibilò amareggiata dal rendersi conto che nessuna delle persone presenti potesse anche solo ricordargli gli occhi di Sesshomaru.
«Sesshomaru.» Sussurrò fermandosi incantata. Notò che si era ritrovata davanti ad una lunga fila di libri esposti su scaffale, tra tutti adocchiò subito uno dalla copertina gialla sulla quale svettava la foto di un uomo e di un cane che giocano. Il titolo rosso a grandi caratteri troneggiava sopra di loro, evidenziato da un rilievo delicato pronunciava a chiare lettere: Dog Training. Izumi si sentì improvvisamente folgorata, le sue labbra si allargarono in un sorriso smagliante ed i suoi occhi, improvvisamente luminosi, si strinsero appena e trafissero il libro con un arpione immaginario.

La stanza di Izumi era appena diventata ermetica, con la porta e la finestra chiuse e la serranda abbassata, la ospitava come un gioiello prezioso nella propria scatola. Sulla scrivania invece troneggiava un preoccupante giallo canarino e la ragazza, fieramente seduta davanti ad esso, lo scrutava con avidità e malizia.

«In fondo, è un cane. No?» Chiese a se stessa prima di concedersi un battito di mani, scaricando l'emozione che la rendeva tesa ed ansiosa. Allungò la mano e girò la copertina, incollando gli occhi sul proprio acquisto.

Dog Training
Qualsiasi cane può essere addomesticato, non ve n'è uno al mondo che faccia eccezioni. Vi basterà seguire questa semplice guida per rendere un cane il vostro migliore amico, nonché fedele e ubbidiente compagno.

_______

Note: Izumi Higurashi è rimasta colpita da Sesshomaru già dal primo incontro ma capisce da subito che è una creatura scostante e pericolosa. Nonostante ciò trova la sua soluzione in un libro che parla di cani, come addomesticarli ed educarli, trovando affinità con l'essere demone cane di Sesshomaru nutre buone speranze. Cosa succederà mettendo in pratica gli insegnamenti appresi dal libro? Spero di avervi incuriosito, perché Izumi è pazza e potrebbe sorprendevi!
Ci tengo a precisare che il titolo del libro della storia l'ho inventato, non l'ho ripreso da nessun libro in circolazione però non escludo affatto la possibilità che esista un libro intitolato così!! 
Saluti, Kain

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il cane randagio ***


cap2
°Il cane randagio°

Non guardate mai troppo a lungo il cane negli occhi, potrebbe intendere il vostro sguardo come una sfida nei suoi confronti

«Uhm, io l'ho fatto...»

Comportatevi cautamente, senza dare manifestazione di violenza e non urlate, parlate piano e dolcemente

«Oh, credo che il primo approccio non sia stato dei migliori.»

Non correte verso il cane, né scappate con velocità dandogli le spalle o vi assocerà ad una preda e vi inseguirà in virtù del suo istinto predatorio
Non avvicinatevi frontalmente, tanto meno di spalle, bensì lateralmente e mai con movimenti bruschi

«Ho combinato un disastro! Mi odierà se mi ripresento da lui? Magari gli devo portare dei bocconcini per imbonirlo...»
Izumi attese che la madre uscisse dalla cucina e prese dal frigorifero dei pezzetti di pollo.Mise il sacchettino dentro una borsa, assieme al libro e quando si sentì pronta sgusciò fuori casa per recarsi dal pozzo. Stavolta fissò l'apertura qualche secondo ma non si sentì respinta dalla paura, aveva una voglia matta di provarci e così saltò giù.

Si affacciò dal bordo e si guardò in giro. Nel prato in cui sfociava il pozzo non c'era nessuno così decise di uscire. Vagò per il bosco per qualche minuto, tornò nel luogo dove aveva visto Sesshomaru per la prima volta, ma lui non c'era.
«Dovevo immaginarlo.» Sbuffò delusa. «Sarà ancora da queste parti? Ce l'avrà anche lui una tana suppongo.» Diceva vagando fra gli alberi. «Mmm, e se lo chiamassi per nome?» Si chiese fermandosi. «Forse andrei contro le regole del libro ma come dovrei rintracciarlo altrimenti?» Puntò le mani ai fianchi e annuì convinta. «Sesshomaru?» Cominciò con tono moderato, spostandosi di continuo. «Sesshomaru?» Izumi si guardò attorno, prese fiato e mise le mani a mo' di megafono. «SESSHOMA...» «Sta zitta!» Sentì improvvisamente subito dopo un ringhio e Izumi sussultò, girandosi di scatto.
Dietro di lei a una decina di metri troneggiava indispettito il demone cane. Impallidì alla vista di quel volto accigliato e infastidito, senza pensarci agganciò il suo sguardo e dischiuse appena la bocca, sorpresa. Non erano certo gli stessi occhi che aveva visto quel giorno, no, questi erano molto diversi. La sclera bianca avvolgeva un color oro profondo e caldo, ed era una contraddizione dato che lo sguardo di Sesshomaru era gelido da farla rabbrividire. D'un tratto gli sovvenne che stava fissando gli occhi e scostò lo sguardo sulla spalla. Di fronte a quella presenza si era sentita paralizzare, dopotutto non doveva muoversi bruscamente, ma aveva una voglia matta di guardare ancora quel volto. Quando notò le labbra tese di Sesshomaru scoprire le zanne, cadde nel panico. Si accucciò come se le ginocchia avessero improvvisamente ceduto e velocemente si stese a terra supina.

Per un cane la sottomissione passiva ha lo scopo di blandire la ferocia di un altro cane nei suoi confronti. Nello specifico il massimo atto di sottomissione si manifesta nello sdraiarsi a terra a pancia sopra.

“Speriamo non lo intenda come offrirmi in sacrificio! Dopotutto è un linguaggio fra cani ed io non lo sono di certo.”
Sesshomaru la scrutò perplesso e si chiese se si stesse fingendo morta.
“Se non altro si è fermato, magari ha capito il senso del gesto. Meno male, non mi piaceva per niente l'idea di venire sbranata, nemmeno da lui!”
Al demone cane sfiorò l'idea che fosse svenuta dopotutto, si disse, è solo una debole umana.
“Ora però non dovrebbe venire ad annusarmi? Certo sarebbe imbarazzante, però...”
L'osservò ancora, come un oggetto di studio, per lui gli umani erano tutti così prevedibili, mentre lei gli risultava incomprensibile.
Izumi ad un certo punto decise di alzarsi, rassicurata dal fatto che Sesshomaru non gli digrignasse più i denti e la stesse fissando, nonostante questo al contempo la spaventasse. Ma appena si mise in piedi sopraggiunse il piccolo kappa.
«Padrone, ma quella è la stessa umana della scorsa volta!» Asserì. «Cosa sei venuta a fare stupida ragazzina, non ti è bastata la lezione impartita?» «Chiudi il becco, nanerottolo!» Rispose, senza riuscire a trattenersi. «Come ti permetti, umana insolente?!» «Taci, stupido kappa! Non sono certo qui per te!» Urlò. Come odiava le persone che offendevano senza motivo, non le sopportava, e lei da brava testa calda non riusciva mai a trattenersi dal rispondere a tono. «Faresti meglio a girare alla larga e non infastidire il Signor Sesshomaru, se ci tieni alla pelle.» Gridò il piccolo demone agitando il bastone impugnato. «Nessuno ti ha chiesto un parere, sottospecie d'iguana!» Rispose lei gridando a sua volta. «Ma che ti dice il cervello...» «Adesso basta!» Urlò Sesshomaru all'improvviso. «Sesshomaru.» Cominciò Izumi. «Io vorrei...» «Vattene.» La interruppe lui perentorio.
Izumi lo guardò ancora una volta in volto, cercando di evitare gli occhi e scorse la bocca distorta in una smorfia seccata. Poteva intravedere i canini sfuggire al controllo delle labbra e si sentì gelare al pensiero di sentirli affondare nella propria carne. Cercò di rilassare il proprio corpo, irrigidito sul posto, fece dei passi indietro allontanandosi di qualche metro. Poi con calma si girò e tornò per la sua strada, senza proferire parola.

Se il cane vi abbaia contro mantenete la calma ed andatevene lentamente

° ° °

Izumi non si arrese di certo, il giorno dopo si alzò prestissimo ed uscì che non era sorto il sole. Anche questa volta si era portata dietro la borsa con qualche pezzetto di carne e sperò che tutto andasse per il meglio.
Quando si trovò di là del pozzo indagò nuovamente nel bosco, in cerca di quella creatura speciale. Rallentata dalla poca luce si rese a stento conto di dove andasse, sopraggiunse in una radura che non aveva mai visto e lì, con le spalle appoggiate ad un albero c'era proprio chi stava cercando.
Si avvicinò appena, quando si accorse che i suoi occhi di belva erano chiusi. “Sta dormendo?” Izumi si strinse le mani al petto e sorrise. “Com'è carino addormentato così. Perché non ho la fotocamera con me? Avrei potuto portarmi a casa un ricordino!” Pensò gongolando fra se e se, poi si portò una mano alla fronte. “Accidenti, sto pensando come una molestatrice!” Scosse la testa. Decise di svegliarlo lei stessa così che non potesse sorprenderla a fissarlo nel sonno, si avvicinò convinta che il metodo migliore fosse scuoterlo gentilmente. Però a qualche metro di distanza si fermò improvvisamente.

Non toccate mai un cane mentre sta dormendo

“Che seccatura, cosa dovrei fare allora?” Si chiese piegandosi sulle ginocchia. Si mise a sedere e decise di aspettare docilmente il suo risveglio.
Passarono alcuni minuti e Izumi rimase immobile per tutto il tempo ad ammirare e rimirare ogni particolare del suo bel demone, trattenendosi dalla voglia morbosa di toccare il manto candido che gli avvolgeva la spalla. Strinse gli occhi più volte ovviando invece il desiderio di sfiorargli il volto, che le sembrava tanto perfetto da essere disegnato.
“Visto così immobile sembra quasi una statua. Ha degli abiti stravaganti, ma dopotutto è un demone, normale non può essere.”
«Intendi rimanere qui ancora per molto?» Izumi si ghiacciò sul posto, bloccando ogni altro pensiero e fissò quelle labbra che avevano appena snocciolato poche semplici parole. Gli occhi ancora chiusi e non un cenno di movimento, ma era sveglio, e da quanto lo era? La ragazza farfugliò qualche sillaba appena.
Sesshomaru la sentì trafficare sul posto ancora qualche secondo prima di andarsene, infine aprì gli occhi. A terra c'era un fazzolettino con dei bocconcini di carne cruda, mentre lei era già svanita fra gli alberi senza dire una parola. Il demone fissò i pezzetti di pollo con una nota di stupore. Per un attimo si sentì come fosse tornato indietro nel tempo, quando una coraggiosa bambina umana gli portò del cibo nel tentativo di aiutarlo. Lo sorprese sì, ma a quel tempo era ferito e per una bambina poteva non fare la differenza se fosse stato umano o demone. Ma questa volta non era ferito, non era una bambina quella che da qualche giorno si aggirava in quel bosco, perché faceva una cosa del genere? Il solo sorprendersi a chiederselo lo mise a disagio, ancor più il notare con disappunto che l'umana non se n'era affatto andata. Lo stava spiando da lontano, nascosta fra le frasche. Si alzò e decise di andarsene, aveva ogni modo per procurarsi il cibo da solo, non avrebbe accettato quello dell'umana per accontentarne un capriccio d'ignota natura.
Izumi notò con disappunto che Sesshomaru se n'era andato lasciando il suo dono lì dov'era.
“Accidenti, che non gli piaccia il pollo? Magari è la carne cruda che non va bene.” Raccolse il corpo del reato e lo rimise mestamente nella propria borsa. Fissò il punto che aveva fatto da giaciglio al demone e vide come l'erba era abbassata, non poté fare a meno di posarvi una mano e notare come ancora fosse caldo. Poi sorrise, non era certo un fallimento che poteva far desistere Izumi. Per lei ogni sfida era come affrontare un nuovo e complicato pezzo al violino, provava infinite volte ininterrottamente finché non riusciva e, una volta riuscita, non sbagliava più!
“Tornerò, Sesshomaru.” Pensò fissando la cima dell'albero con un sorriso.

Il cane è un animale abitudinario, tende a compiere le stesse azioni e visitare gli stessi luoghi

° ° °

Quella notte Izumi mise in borsa anche una torcia led. Sgusciò fuori di casa mentre i suoi genitori dormivano ed attraversò il pozzo. Anche dalla parte opposta era notte, ma non si spaventò all'udire dei rumori notturni del bosco. Con qualche difficoltà raggiunse lo stesso luogo dove la mattina aveva visto dormire Sesshomaru, riconobbe l'albero, riconobbe il punto delineato da due radici.
Posò un piattino a terra dove aveva messo dei pezzettini di carne cotta e si defilò.
La mattina tornò sul posto, Sesshomaru non c'era ed il piattino era ancora lì. Izumi piegò le labbra in una smorfia delusa, anche la carne era al suo posto. Raccolse nuovamente il pasto rifiutato, quando si fermò subito dopo aver fatto due passi. Sorrise.
“Allora ti piace la carne cotta.” Pensò soddisfatta, proseguendo. Aveva notato che i pezzetti erano diminuiti. Certo, avrebbe potuto mangiarli qualsiasi altro animale del bosco, ma Izumi volle credere che invece se n'era cibato il suo bianco demone.

Il pomeriggio stesso si recò ancora sul luogo ma per quanto vagasse nei dintorni non incontrò ancora Sesshomaru. La notte allora ripeté la sua azione e gli lasciò della carne cotta mista a un po' di riso. Fremeva dalla voglia che arrivasse subito domani, e domani arrivò. La mattina presto si fiondò nel solito posto ma notò con disappunto che il piatto era così come l'aveva lasciato. Non si rattristì ma ne rimase delusa, poi notò che l'erba nel punto in cui l'aveva visto dormire era distesa e fresca come il resto del prato. “Questa notte non hai dormito qui? Ma allora non sei un cane poi così abitudinario, sei forse un girovago?” Pensò tornando al pozzo.
Passarono giorni ed ogni giorno Izumi lasciava qualcosa da mangiare sullo stesso posto ed ogni volta trovava il piatto ancora pieno. Finché al settimo giorno s'inoltrò nel bosco alla ricerca di Sesshomaru. Vagò per ore senza risultati, così decise di tornare indietro ma per strada s'imbatté in quello che in lontananza gli appariva un laghetto, piccolo e nascosto dagli alberi. Si accorse così di aver sbagliato strada e d'un tratto si rese conto che non aveva più idea di quale fosse la parte giusta ma, guardando meglio, la preoccupazione diede spazio ad un'altra emozione. Proprio in riva al lago aveva intravisto qualcosa di bianco si portò una mano al petto, intimando al proprio cuore di non battere così forte e si avvicinò.
Sesshomaru era lì, lo aveva aspettato per giorni, cercato per ore e lo aveva trovato infine per sbaglio. Lo notò chino sul bordo del laghetto. Izumi si era appostata dietro il tronco di un albero e aspettava che si muovesse quando gli sovvenne un'altra parte del libro.

Non avvicinatevi ad un cane senza che vi siate presi la premura di far notare la vostra presenza, pronunciate qualche parola con calma per evitare che spaventandosi vi aggredisca

Izumi si passò una mano sulla fronte, com'era complicato avere a che fare con lui. «Sesshomaru.» Pronunciò quasi in un sussurro, con voce delicata. Il demone girò il volto verso di lei e si mise in piedi, continuando a fissarla. Nel suo sguardo Izumi leggeva la diffidenza, le iridi dorate erano tagliate a metà dalle palpebre e quello sguardo le parve come accusatorio. Forse la sua presenza lo infastidiva, ma lei voleva proprio che se ne abituasse. Si schiarì la voce per parlare ma nessuna parola varcò la soglia delle sue labbra, lo sguardo di Sesshomaru s'era accigliato e la fissava con più distanza di prima.

Una delle prime regole da seguire è verificare prima di tutto se il cane voglia stabilire un contatto con voi. Se si dimostra indifferente e/o diffidente evitate di avvicinarvi

Izumi strinse i denti, Sesshomaru non le sembrava aggressivo in quel momento ma era sicuramente diffidente, come avrebbe dovuto comportarsi? Si schiarì la voce e vagò con lo sguardo. «Oggi il kappa petulante non è con te?» Chiese con estrema posatezza nelle parole. «Che sei venuta a fare.» Disse lui senza mutare espressione. Izumi venne tagliata in due da quel forte distacco nelle parole del demone ma cercò di non darlo a vedere, mostrandosi serena e persino felice. Sorrise e strinse mano con mano. «Solo a parlare con te.» Gli rispose accentuando la curvatura delle labbra ma Sesshomaru non si scompose. «Cosa ti fa credere che parlerò con te.» Soffiò, girandosi di spalle. Izumi non si sconvolse affatto, anzi, rise di gusto. Una fresca risata spontanea che sfuggì al suo controllo e che Sesshomaru non mancò di notare, non capendone il motivo.

C'è da precisare però che se il cane si mostra indifferente in genere evita il contatto sociale ma può tollerarlo. Eviterà comunque il contatto visivo in segno della negazione della propria attenzione, per dimostrare di non volersi relazionare con l'estraneo

«Allora posso chiederti di accompagnarmi al pozzo mangia ossa? Mi sono persa.» Izumi vide Sesshomaru rivolgerle un'occhiata, che la fulminò sul posto, ed andarsene in silenzio. Quello sguardo le era sembrato gridare un secco “NO”, però non sapeva dove altro andare così decise di seguirlo. Lui non si voltò più, né le disse altro. “O be', anche se non mi ci sta portando che male c'è se lo seguo? In fondo non posso perdermi più di così, o sì?”
Il demone camminava placido davanti a lei, Izumi si confortò della calma che trasmetteva l'ondeggiare sinuoso delle maniche del suo kimono. Notò solo in quel momento che i foderi di due spade sbucavano dal fianco e si dondolavano ai suoi passi, e notò come fossero realmente lunghi i suoi capelli candidi come neve, arrivavano lisci e perfetti fino alla fine di quella che le sembrava un'armatura da samurai. Per un attimo si sentì come se stesse seguendo uno spirito, un fantasma, poiché quel che aveva davanti non sembrava avere niente a che fare con un demone, ma neppure con questa Terra. Eppure il loro primo incontro le aveva dimostrato quanto Sesshomaru potesse essere diabolico. I suoi occhi l'avevano spaventata per giorni, sanguigni e impietosi, ma aveva potuto vedere come si erano mutati in due magnetiche monete d'oro. Certo, gli sguardi che le rivolgeva erano sprezzanti e distaccati ma al solo pensiero di vedersi osservare un giorno in modo affettuoso da quegli stessi occhi la faceva andare in visibilio e arrossare come poche.
Era nel bel mezzo dei suoi pensieri adoranti e non si accorse nemmeno che Sesshomaru s'era fermato. Erano arrivati in un bel prato verde e, nascosto dalla figura del demone, svettava la cima del pozzo. Izumi emise un gridolino spalancando gli occhi felice. «Grazie Sesshomaru! Non saprei proprio cosa avrei fatto se non mi avessi portato fin qui! Anzi, probabilmente so che avrei girovagato per i boschi fino alla fine!» Esclamò prima di concedersi una breve risata isterica, smise di accarezzare il bordo di legno e rivolse uno sguardo pieno d'ammirazione al demone, ma quando si voltò vide che lui era già ripartito.
«Aspetta Sesshomaru!» Il demone si fermò, senza degnarla di uno sguardo. «Ecco tieni!» Disse lei porgendogli la mano. «Non voglio niente da te.»
«Ma è per te.» Sesshomaru girò appena il volto e scrutò quella piccola sconosciuta che sbucava dalle dita affusolate della ragazza. Notando lo sguardo interrogativo del demone lei posò sul bordo del pozzo la caramella che gli aveva mostrato.
«Mi raccomando prendila è per ringraziarti di avermi aiutata!» Gli disse prima di gettarsi nella cavità. Sesshomaru si voltò del tutto e rimase lì così per qualche minuto a fissare il pozzo, l'apertura, il legno e la caramella rossa che vi era appoggiata sul bordo. Tonda e avvolta in uno strano materiale trasparente.

Seguendo il metodo della ricompensa e della punizione sortirete enormi benefici, ricordate però che premiare un giusto comportamento risulta sempre più efficace che punire quelli sbagliati.

_______

Note: Innanzi tutto grazie infinite per aver letto e commentato il primo capitolo di questa storia, mi avete reso felice XD
Spero vivamente che il capitolo sia stato di vostro gradimento, per quanto mi riguarda ho faticato non poco a scriverlo! Voglio dire, non è facile per un ragazzo scrivere note d'ammirazione verso un altro ragazzo, seppur per bocca di un personaggio femminile =_= Spero mi possiate capire e quindi spero anche di non aver reso davvero pessime quelle parti del capitolo. Ad ogni modo io non sono certo un esperto cinofilo e le citazioni del libro della storia sono tutte frasi ispirate, o tratte direttamente, da vari siti i cui link lascio scritti a fondo pagina in questo capitolo, ed ogni futuro capitolo di questa storia.

Saluti, Kain.


Creditslink ; link ; link ; link

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ululato al chiaro di luna ***


3-Al chiaro di luna
°Ululato al chiaro di luna°


Andare e venire dal pozzo non aveva mai costituito un problema ad Izumi, non era ancora stata scoperta. Sceglieva con parsimonia i momenti in cui uscire, calcolando il tempo in cui sarebbe potuta tornare. Tuttavia non si era ancora mai chiesta cosa sarebbe potuto accadere se l'avessero scoperta, dopotutto non capiva perché il nonno le avesse proibito con tanta veemenza di stare alla larga da quel pozzo magico. Non lo immaginava, ma lo avrebbe saputo molto prima di quanto credesse.


“Forse una caramella non è stata la scelta più adatta però non avevo altro con me, e poi i cani sono golosi, si sa.” Trovandosi a cena le era capitato di ripensare a quel pomeriggio, e di come si era sentita vittoriosa quando Sesshomaru l'aveva aiutata ad avere ragione di quel bosco.
Izumi non si era mai veramente fatta domande sulla vera natura del luogo dove la portava il pozzo al suo passaggio, per lei non aveva che la vaga entità di dimora dei demoni. In fondo non le interessava nemmeno più di tanto, aveva altri grattacapi per la testa.

Si buttò sullo schienale della propria sedia con un sospiro. Scrutò il libro aperto sulla scrivania, le sembrava di aver raffreddato i bollenti spiriti di Sesshomaru, smorzandone l'aggressività, ma come andare avanti? Quali dovevano essere i passi successivi?

Per educare un cane bisogna comunicare con lui

“La fai facile, tu non sai con che razza di cane ho a che fare io, caro libro.” Decise di dormirci sopra, qualcosa forse le sarebbe venuto in mente.
La mattina seguente uscì presto, aveva imparato che quello era il momento migliore per defilarsi da casa senza essere intercettata. Doveva fare quotidianamente i conti con l'amore del nonno per le piante del giardino però, durante l'estate vi passava gran parte del suo tempo. Sceglieva i momenti migliori e calcolava il tempo che passava aldilà del pozzo per poter tornare e non essere scoperta, un lavoro difficile dunque, che la esponeva a diversi rischi. “Tutto per quegli occhi.” Si disse chiudendo per un attimo i propri. Non vedeva l'ora di tornare di là, per scoprire se Sesshomaru aveva preso quella caramella.

Giunta al bordo si diede una spinta per uscirne fuori e subito gettò un'occhiata attorno a se.
“L'ha presa!” Balzò sul posto gioendo e strizzando gli occhi felice, non c'era nessuna caramella rifiutata in vista. Improvvisamente ebbe una maggiore voglia di vederlo e s'inoltrò nel bosco, girando per diverso tempo.


° ° °

Di colpo alzò il mento, qualcosa nell'aria aveva colto la sua attenzione. «Qualcosa non va padrone?» Gli chiese Jaken e Sesshomaru si affretto a riprendere il cammino, fingendo indifferenza.
“C'è di nuovo il suo odore.” Aveva constatato, come poteva ignorare quell'umana così curiosa? Dopotutto lui sapeva che prima di lei qualcun altro aveva attraversato quel pozzo, cosa poteva significare la comparsa di un'altra ragazzina? Non sapeva rispondere ai propri quesiti, nemmeno quello che lo portava a chiedersi perché. Perché aveva preso quella piccola cosa insignificante e dall'odore dolciastro che ora giaceva fra il kimono e l'armatura, doverosamente nascosta? Arricciò il naso quando sentì l'odore della ragazza avvicinarsi, l'idea di essere braccato non gli piacque affatto e decise di allontanarsi dalla parte opposta. Jaken lo guardò perplesso a quel cambio di direzione repentino ma non gli fece alcuna domanda, notò solo che il suo padrone aveva accelerato il passo e faticò per stargli dietro. Sesshomaru d'altro canto ebbe la scomoda sensazione di stare scappando.


“Niente da fare.” Sesshomaru non era in nessuno dei luoghi dove l'aveva precedentemente incontrato, Izumi lo constatò a malincuore e decise d'inoltrarsi maggiormente nel bosco. Questo non sapeva né dove l'avrebbe portata, né quali rischi avrebbe corso ma l'idea d'incontrarlo per caso un'altra volta la stuzzicò.
Le sembrava tutto così silenzioso e normale in quel posto, eppure vi aveva conosciuto due creature tutt'altro che ordinarie. Osservò dubbiosa i dintorni, vagando per qualche tempo, quando notò la cima di un albero. «Accidenti.» Mormorò, le sembrava talmente grande da ricordarle il buon vecchio Goshimboku, che di tanto in tanto osservava dalla sua finestra.
Incuriosita decise di recarsi a vederlo da vicino


Jaken vide il proprio padrone fermarsi nuovamente e lo scrutò dubbioso, cos'aveva quel giorno che non andava?
Sesshomaru assottigliò il proprio sguardo, aveva avvertito l'odore di quella ragazza dirigersi nuovamente verso di lui. L'avrebbe sicuramente incrociato se non si fosse ulteriormente mosso, ma poi perché avrebbe dovuto farlo? Perché sarebbe dovuto scappare con tanta dedizione da una debole e insignificante umana? Gli dava fastidio, non gli piaceva il suo odore, non voleva perder tempo; più pensava alle possibili motivazioni più sentiva di star cercando delle scuse. Decise che non sarebbe scappato, se fosse comparsa davanti a lui sarebbe avvenuto per caso e l'avrebbe ignorata! Dopotutto l'aver accettato quella cosa dolce che ora aveva con se non significava niente, aveva semplicemente preso qualcosa che, a detta di quell'umana, gli apparteneva. Se ne convinse e continuò per la propria strada.


«Per tutti gli Dei.» Sussurrò Izumi trovandosi di fronte a quell'imponente albero, riconoscendone la copia esatta del Goshimboku. Forse in qualche particolare poteva sembrare diverso ma non aveva dubbio, quello era l'albero che spiccava nella proprietà Higurashi! “Ma io...dove sono?” Fu portata a chiedersi e per infiniti minuti non riuscì a scostare lo sguardo da quella figura. Forse fu per questo che gridò quando sentì una mano afferrargli un braccio.
«Non urlare così!» Sentì dire dopo essersi ritirata istintivamente. Si appiattì con la schiena al tronco dell'albero e davanti a se vide... vide.... «C-cosa sei?» Chiese titubante, facendo un cenno alla testa del ragazzo. Due buffe orecchie di cane svettavano fra i capelli corvini e due occhi dorati la catturarono, decisamente perplessi. Incredibilmente le parve di vedere gli stessi occhi di Sesshomaru, o quasi, ma quel ragazzo sembrava umano, se non fosse stato per quelle orecchie. «Da dove vieni ragazzina? Che strani abiti hai...» «Hey dico, ma ti sei visto le orecchie? Be', posso...posso toccarle?» Gli chiese a bassa voce avvicinandosi di poco e vide il ragazzo alzare un sopracciglio. «Siete tutte uguali.» Mormorò a bassa voce, prima di fare un sospiro. «Non sai che è pericoloso vagare da soli per il bosco? Ci sono demoni dove meno te l'aspetti.» «Lo so.» Rispose Izumi con un tono più alto di quello usato finora, come ci teneva a ribadirlo! «Ne cercavo proprio uno.» «Che?» L'altro scosse la testa e si avvicinò maggiormente, poggiandole una mano sul collo e lei arrossì. «Una ragazza così carina non dovrebbe correre rischi così inutili.» Disse con tono suadente addolcendo lo sguardo, che prese colori più intensi. Izumi improvvisamente si trovò a balbettare qualcosa d'incerto e di conseguenza lui sorrise. «Scusa, non mi sono presentato. Il mio nome è Masamune, ma puoi chiamarmi semplicemente Masa.» Sorrise allo sguardo perplesso della ragazza, quello che non poteva sapere era che Izumi si stava chiedendo che tipo di genitore potesse chiamare il figlio con il nome di una spada! «Vieni ti accompagno al mio villaggio.» Le disse tirandola appena per il braccio, non fu necessario tirare più di tanto poiché Izumi si lasciò trascinare leggera come un fantasma, ancora rossa in volto. Chi era in realtà quel ragazzo, cosa voleva da lei e cosa ci faceva lì? Ma soprattutto....villaggio?!


Improvvisamente Jaken sbatté contro la gamba del proprio padrone, fermatosi nuovamente in modo brusco. «Le chiedo scusa, Signor Sesshomaru!» Si affrettò a dire, guardandolo di sottecchi. Sì, aveva decisamente qualcosa di strano quella mattina. «Ehm, va tutto bene Signor Sesshomaru?» Il demone cane lo ignorò, ma si chiese la stessa cosa. Va tutto bene? L'odore che si aspettava di veder coincidere presto con un'immagine, sorridente e immotivatamente felice, si stava allontanando con velocità. Ma il punto era, perché se ne stava preoccupando? Forse in fondo, ma molto in fondo, ne era rimasto deluso. No! Decisamente deluso non era l'aggettivo più adatto, seccato forse; seccato che le cose non fossero andate come si aspettava. Storse le labbra corrucciato. Il vero punto era, perché non si sentiva sollevato, voleva lui in fondo essere trovato?

° ° °

Una donna anziana, in abiti di sacerdotessa, la stava scrutando sgomenta già da un po'. «Ehm, chi siete?» Chiese Izumi titubante, cercando di porre fino a quello che le sembrava un esame, accanto a lei il ragazzo che l'aveva letteralmente trascinata in quell'insolito villaggio. Si sentiva trasportata del set di un film dove tutti, ma proprio tutti, vestivano in abbigliamento tradizionale e persino le case, i campi...tutto le sembrava parte del passato. «Tu hai attraversato il pozzo?» Le chiese quella donna all'improvviso, destandola dal suo curiosare in giro con lo sguardo. Sgranò gli occhi incredula. «E tu come fai a saperlo?!» «Incredibile...» Fu il solo commento che la sacerdotessa riuscì a pronunciare. «Madre, si può sapere di cosa state parlando?» Il ragazzo dalle orecchie canine non sembrava meno perplesso di Izumi.


«Quindi tu saresti la mia prozia, Kagome Higurashi?!» Concluse la ragazza a seguito della sommaria spiegazione che aveva appena ricevuto riguardante il pozzo e l'era Sengoku. «Mio nonno una volta mi ha detto che ha una sorella, la quale da giovane si era trasferita molto lontano col marito, ma non ha mai aggiunto altro!» Esclamò. “Credo di cominciare a capire per quale motivo il nonno non voleva che attraversassi il pozzo!” «Madre, perché non mi hai mai raccontato questa storia?» Masa era rimasto stupito, persino lui non ne sapeva niente! «Be', non l'ho mai ritenuto veramente necessario. Non volevo certo nasconderlo.» Commentò Kagome. «Come mai non sei mai venuta a trovare il nonno?» Le chiese improvvisamente la ragazza, sporgendosi in avanti. Kagome sembrò farsi pensierosa nel sentirsi scrutata da quegli occhi profondi. «Non è che non volessi farlo ma...» «Ti piacerebbe se ti portassi l'album fotografico degli Higurashi?» Chiese d'un tratto Izumi, sfoderanto un sorriso. La donna restò a fissarla stupita per qualche secondo poi distese le labbra. «Sì, mi piacerebbe.» «Vado e torno!» Esclamò la ragazza alzandosi di scatto. Masa le urlò qualcosa ma Izumi era già corsa via, sollevando la curiosità degli abitanti del villaggio.
Kagome tornò a farsi cupa. “Per quale motivo il pozzo si è riattivato proprio adesso?” «Non trovi che sia carina, madre?» Kagome restò interdetta, che tono ispirato aveva usato suo figlio!


“Sono sicura che la signora Kagome non sia tornata a trovarci per timore, o forse perché a quell'età risalire questo pozzo deve essere diventato problematico!” Izumi ridacchiò mentre metteva mano fuori dal bordo di legno, tuttavia il riso le si spense in gola quando vide una figura stagliarsi contro la luce della porta aperta. «Nonno.» Sussurrò a mala pena mentre Sota la guardava in tralice con serio cipiglio.


Decisamente non era quello il risvolto che si aspettava da quella giornata. Ora che poteva scrutare il Goshimboku solo attraverso la finestra si epentiva di non essere stata più attenta. Si chiedeva se sarebbe potuta anche solo uscire di casa, suo nonno non lo aveva specificato. Non che si fossero scambiati molte parole, ma aveva letto rabbia e delusione nei suoi occhi e ora Izumi si sentiva in colpa. Lanciò un'occhiata al libro giallo che svettava dalla scrivania. “Alla fine non sono riuscita nemmeno a vederlo.” Mugugnò, stringendosi le gambe al petto.

Non si mise a contare i giorni che passarono da quella volta, né le volte che prese in mano il violino pur senza sentire di voler suonare qualcosa. L'idea di non poter più vedere quell'affascinante demone bianco-vestito le dava la netta sensazione di subire un'ingiustizia. Izumi voleva attraversare quel pozzo, doveva o che ne sarebbe stato di tutti gli sforzi? Per addestrare un cane serve anche costanza dopotutto! Sospirò, non era veramente per addestrarlo che voleva tornare di là, qualsiasi luogo fosse. Le sarebbe bastato anche solo vederlo. “Ma che sto facendo qui?” Si chiese lanciando un'occhiata al proprio violino. Da quando in qua Izumi Higurashi si arrendeva? Saltò giù dal letto quel pomeriggio, un giorno a caso in cui aveva deciso che NO, non si sarebbe arresa.
Aprì la porta di scatto ed un paio d'occhi le fecero da muro, ghiacciandola sul posto.
«E tu che ci fai qui?!» Urlò, notando solo dopo che dietro Masa c'era suo nonno che guardava la scena sia stupito che malinconico. «Ovvio, sono venuto a prenderti.» Sota si sentì catapultato indietro nel tempo, quando un altro ragazzo con le orecchie di cane veniva a prendere la sua sorellona con lo stesso irruente modo. «Sota!» Sentì esclamare e lui girandosi vide una donna, i cui lineamenti alterati dall'età non gli impedirono di riconoscere sua sorella. «Kagome.»


«Capisci? Il pozzo non mi ha più concesso di tornare indietro così smisi di sperarci, altrimenti ti sarei sicuramente venuta a trovare. Nonostante ciò di tanto in tanto gettavo uno sguardo dentro al pozzo, più per abitudine che per curiosità e, inaspettatamente, qualche giorno fa ho visto nuovamente il cielo sul fondo.» Kagome dopo tanto tempo riusciva a parlare col fratello, e a spiegargli che non si era dimenticata di lui. «L'ho attraversato e nel rivedere la mia vecchia casa mi sono riempita di nostalgia. Però non riconoscevo le voci che provenivano dall'interno, e sentendo il suono di un violino avevo capito che la famiglia che viveva in quella casa... non era più la mia. Era passato così tanto tempo, che diritto avevo di piombare dal nulla?» Mormorò le ultime parole con mestizia, guardando il fratello che ricambiava lo sguardo donandole invece un sorriso. «Ne avevi tutto il diritto, sorellona. Mi sei mancata.»


Non seppe quale fu il misterioso motivo che portò suo nonno ad acconsentirlo, ma Izumi poteva attraversare il pozzo quando e come voleva. Il nonno e la prozia avevano parlato a lungo da soli relegati nel salotto, probabilmente di altri tempi ormai lontani. Quel ragazzo, Masa, era piombato in casa sua per venirla a prendere e tuttavia se n'era tornato a casa da solo. Quel giorno, fino a sera, Kagome era rimasta col figlio a parlare di tutto e di più, raccontando anche l'impossibile, ma ciò che veramente le premeva era che poteva attraversare il pozzo!
Quella sera, qualche ora dopo che Masa e Kagome erano tornati a casa, Izumi tornò a guardare il proprio violino e, finalmente, sentì la poderosa voglia di suonarlo. Si sentiva sollevata, felice e dannatamente ispirata, tuttavia non poteva mettersi a suonare a quell'ora così tarda. Anche la più luminosa delle sere estive si era spenta ed una bianca luna troneggiava in cielo, facendo capolino da dietro il Goshimboku e quella vista le tolse un sorriso. Avrebbe suonato, quella notte.

° ° °

Aldilà del pozzo tutto taceva e niente si muoveva. Non dovette muoversi molto prima di trovare un posto che le piacesse, di là dal pozzo era bello ovunque, ma quel luogo per lei aveva un significato particolare. Sul fondo di quella rupe aveva incontrato Sesshomaru, per la prima e fatale volta. Così si sedette su un masso e dopo alcuni secondi l'archetto si mosse lento e sinuoso, accarezzando le corde con la stessa delicatezza che si riserva ad un cucciolo.
Una dolce melodia si profuse in suoni acuti e quella notte Izumi si sentì come ululare alla luna che, bianca e misteriosa le ricordava proprio il suo demone preferito. Se non fosse che, poco dopo, si accorse di quanto veramente gli somigliasse. D'un tratto notò la sua presenza in lontananza, la osservava, e sotto quella luce i suoi capelli ed i suoi abiti risplendevano di un bianco candido e abbagliante, in rilievo con il buio dello sfondo notturno. Rimase basita, l'archetto si bloccò proprio al culmine di una nota e risuonò stonata. A quel sibilo lo vide assottigliare lo sguardo e non seppe per quale motivo, ma si sentì esortata a continuare.
Le sue labbra si distesero in un sorriso, uno spicchio di luna, e i suoi occhi brillarono di densa felicità. La sua melodia proseguì, ben felice di poter suonare per qualcuno; felice di poter suonare per lui.
Era incredibile. Aveva cercato un approccio con Sesshomaru nei modi più disparati, provando a capirlo ed avvicinarsi a lui attraverso un libro, aspettando pazientemente. Mentre per una cosa che stava facendo per puro sfogo e senza premeditazione era stato proprio lui ad avvicinarsi a lei! Rise, perché era troppo piena di felicità e sentiva che in qualche modo doveva lasciarla uscire fuori dal proprio corpo, la melodia del violino non era abbastanza.
Quel tintinnio vivace si amalgamò col suono acuto di quello che ai suoi occhi era uno strumento particolare, Sesshomaru ne era stato incuriosito fin dalle prime note che si erano fatte strada nella notte. Non capiva cosa avesse potuto produrre un suono tanto singolare e melodico, dalle cadenze così studiate e che risultava un connubio perfetto con quella notte luminosa. Si era reso conto solo in seguito che nell'aria c'era anche l'odore della ragazza. Dalla volta che l'aveva percepita avvicinarsi nei pressi del Goshimboku, senza incontrarla, si aspettava di vederla comparire da un momento all'altro insidiosa come sempre. Invece erano passati giorni e l'idea che quella ragazzina petulante, che tanto si era dimostrata calamitata verso di lui, avesse perso ogni interesse l'aveva infastidito come un insulto. Piccato, ansioso, ed in parte curioso, si era aggirato nei pressi del pozzo per diverso tempo, intento a farsi trovare e mostrarsi più indisposto che mai, per ripicca! Ed ora? Perché si sentiva così a disagio in quella situazione, senza riuscire nel suo intento? Quella melodia, quella presenza, quella risata argentina che di tanto in tanto sgorgava da quelle labbra, avevano inibito ogni malevola intenzione; si sentiva portato a voler ascoltare.
Per conto di Izumi, quella fu la notte più bella della sua vita.


_______

Note: Chiedo venia per il ritardo, ma il simpatico problema -.-''' che mi ha portato a vedere cancellato il capitolo -più volte- mentre lo scrivevo mi aveva demoralizzato, nonché portato all'esasperazione e, soprattutto, instillato impulsi omicidi nei confronti delle “cause” che non sto a spiegarvi nei dettagli...(risveglierebbero il mio odio ò_ò)

Premesso questo mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto e, se così non fosse, a comunicarmi senza indugio cosa non vi piace.
Un abbraccio :]
Kain

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** L'innamorato ***


4- L'innamorato
°L'innamorato°

Quella mattina svegliandosi Izumi si alzò col pensiero rivolto al passato e non al futuro, come era suo solito fare. Per lei il giorno era sempre stato quel lasso di tempo che la vita le concedeva per vivere tutte le avventure che poteva, affrontando la giornata con il sorriso e lo spirito della scoperta. Eppure una volta sveglia si sentì piacevolmente trasportata alla notte passata, quando un attento demone cane aveva docilmente ascoltato la sua sonata notturna, denotando un certo interesse.
Osservò Buyo* assonnata, il gatto bianco comodamente acciambellato sul fondo del proprio letto, e quando per un momento le sembrò di vedere un cane bianco capì che c'era qualcosa che non andava in lei!


Quel giorno era afoso anche nell'epoca Sengoku, Izumi lo aveva constatato con delusione nonostante se l'aspettasse. Per un momento le era balenata in testa l'idea di fuggire dal caldo gettandosi nel pozzo, si rese conto solo dopo che avrebbe funzionato soltanto se fosse stato un pozzo vero. Vagò curiosa fra gli alberi, di radura in radura, compiendo ancora una volta quello che era diventato una sorta di rito. La rupe, il giaciglio, il lago, Izumi ripercorreva uno per uno i luoghi che l'avevano portata all'incontro con Sesshomaru, sperando di trovarlo nuovamente. Tuttavia non era facile riuscirvi.

Sesshomaru sbuffò a denti stretti, tanto che Jaken non lo notò neppure. “Quella ragazzina è tornata.” Sentir comparire quell'odore nell'aria così all'improvviso gli aveva serrato la gola come una mano stretta sul collo, e dire che la notte prima gli era sembrato che quella morsa avesse qualcosa di seducente. Forse era stata proprio quella sensazione di aver perso le proprie certezze che aveva scaturito in lui una sorta di contromisura d'emergenza, una difesa istintiva. Una difesa volta all'attacco. Infatti Izumi non capì cosa stesse succedendo quando sentì il peso degli occhi ferini di Sesshomaru cadere sul proprio sorriso, spezzandolo.

Comparve di fronte a lei dal nulla e da solo, come una sfida. La fissò dritta negli occhi, bruciandola con essi, le rivolse uno sguardo di profondo disprezzo tinto di una tonalità fin troppo cupa per la fierezza che voleva trasmettere.
“Cosa sta succedendo?” Si chiese disorientata, trovandosi faccia a faccia con lo stesso Sesshomaru dei suoi primi incontri. “Cos'è cambiato all'improvviso?” Per la prima volta anche le sue certezze vacillarono, costruite con pilastri di origami: le pagine del libro che le faceva da mentore. Cos'era quella cosa tanto forte dall'aver messo in crisi la realtà della crepa che aveva scavato nel muro posto fra di loro? Il muro che divideva due razze, due indoli, due sessi, due pensieri; tutti diversi.
Quel vago e frastornato misto di tristezza, delusione e paura colorò il viso di Izumi con una piega che parve soddisfare Sesshomaru, che si sentì per questo incalzato dal proprio istinto.
«Torna al mondo a cui appartieni, il tuo odore di umana mi irrita. Se torni, ti ucciderò.» Izumi fece un passo indietro, reazione istintiva dettata dai suggerimenti del libro, tuttavia quelli che dovevano essere gli occhi che l'avrebbero dovuta minacciare le parvero tanto insicuri da farle quasi tenerezza. Stupì se stessa per questo, cosa c'era in quegli occhi di diverso che persino il suo istinto le aveva fatto notare? D'un tratto, percependo il fremere impaziente delle sopracciglia del demone, sentì di aver colto in quella maschera efferata una breccia ben maggiore della crepa che si aspettava. Quell'aggressività era difensiva.

Molti cani tendono a sviluppare paura nei confronti di persone estranee o di fronte a situazioni nuove, un timore che può portarlo a reagire con violenza, attaccando. Tale manifestazione prende il nome di Aggressività da Paura.

Vedere lo sguardo della ragazza mutare non gli piacque affatto, si sentì preso in giro da quella sorta di compiacimento che aleggiava in quelli che volevano mostrarsi occhi remissivi. “Una femmina tanto sfacciata...” Mormorò a se stesso ostentando i propri artigli agli occhi di lei, che in modo totalmente inaspettato poggiò le ginocchia a terra, abbassando la propria altezza. Non servì il ringhio ammonitore che fece sorgere dalla propria gola, per farle capire che non stava scherzando, se non a dipingere nel volto di quella ragazza un fastidioso quanto insolito sorriso. Modesto, pulito, mirato. Sesshomaru l'osservò in tralice, perché sorrideva? “Perché non ha paura?” Perché non gli obbediva? “Perché non scappa?!” Strinse i denti nel vedere confermata la prima impressione che ebbe di lei. Lui considerava gli umani come tanti meri e semplici duplicati l'uno dell'altro; infidi, meschini, sobillatori e tremendamente prevedibili. “Perché quest'umana mi è incomprensibile?” Fissò risentito le sue braccia esili e delicate porgersi in avanti, come in un'offerta, sentì un chiaro messaggio provenire da quel gesto.

Quando allungate una mano assicuratevi sempre di tenere il palmo rivolto verso l'alto, è un chiaro segno di non ostilità, in questo modo fate capire al cane che non avete intenzione di sottometterlo e che quindi non deve temervi.

«Per favore permettimi di restare.» Iniziò a dire, vagando incerta con lo sguardo su di lui. «Per me questo luogo è molto importante.» Aggiunse, ma nel momento che andò a cercare lo sguardo di Sesshomaru gli vide digrignare i denti voltandosi, intento ad andarsene. «Perché ci sei tu.» Soffiò via Izumi, talmente piano che giurò di averlo pensato, ma l'andatura del demone ebbe un cedimento. L'aveva sentita e quando la ragazza se ne accorse ritenne che in fondo era un bene.
«Non m'intralciare, o ti uccido.» Sibilò Sesshomaru, facendo gelare il sangue a Izumi, perché sapeva che ne era capace. La giornata non era andata affatto come se l'aspettava.
Il demone cane la stava facendo sudare per guadagnare ogni singolo grammo di fiducia e quel giorno, nonostante la paura e l'angoscia che l'avevano attraversata, sentì che fra le parole di Sesshomaru si nascondeva una sorta di permesso. Il suo permesso. Il grande demone cane le consentiva in modo ufficiale di aggirarsi nel suo territorio, purché non lo infastidisse. Mettendola in quel modo le venne da ridere, infatti rise. Allo stesso tempo non poté fare a meno di pensare ancora a quella reazione aggressiva nei suoi confronti, dietro la quale avrebbe potuto nascondersi una fonte a lei sconosciuta, ma che avrebbe dovuto mettere in conto se avesse voluto proseguire nei suoi intenti in modo da trarne dei frutti.

Altro fattore importante che può scaturire l'Aggressività da Paura sono le conseguenze di un'esperienza spiacevole, che il cane rivive trovandosi di fronte a situazioni già accadute o che gli ricordano ciò che è avvenuto in passato.


Una flebile risata trattenuta a stento gli giunse come in una tortura, Sesshomaru era partito con l'intenzione di fare in modo che quella ragazza non tornasse più e, senza rendersene conto, le aveva praticamente dato il permesso di fare il contrario! Si accigliò scrutando il cupo disegno delle ombre nella foresta, come potesse leggervi qualche arcana formula che l'avrebbe illuminato. Purtroppo nulla giunse a spiegargli qual'era la mistica soluzione al suo problema, forse perché si rendeva conto da solo che quello che si accingeva a formarsi dinanzi a se più che un problema era il pallido riflesso di un ricordo.
Avrebbe voluto non avere più a che fare con altri umani, mentre allo stesso tempo sapeva che riteneva la presenza di quella ragazza in qualche modo piacevole. Forse perché gli ricordava qualcosa di bello, o meglio l'unico bel ricordo che aveva degli umani, che allo stesso tempo si accostava ad un ricordo spiacevole. Sì, quella ragazza gli ricordava Rin. Un ricordo che faceva male. Si chiese se inconsciamente stesse bramando il ripetersi di quella storia che stava cercando di non rivivere. Quell'unica umana che l'aveva accolto nella sua vita, priva di timore e ripensamenti, con fedeltà e con affetto. Ne ricordava il tenero e sincero sorriso, di cui spesso nemmeno capiva la fonte. Lo stesso sorriso che aveva la strana proprietà di tranquillizzarlo, forse perché era la prima volta che qualcuno gli sorridesse, o forse perché era la prima volta che qualcuno gli volesse bene? Aveva ciecamente confidato in quel muto affetto, ritenendolo suo ed eterno in una sorta di illusione, dettata probabilmente dall'ignoranza sull'argomento. Sesshomaru sentiva ancora quella presenza bruciargli come una ferita, causata da una spada nemica, una spada traditrice. Come se si fosse tagliato con la sua stessa spada, di una lama che non permette alle carni di rimarginarsi. Che quel taglio gli facesse ancora male riusciva ad ammetterlo a fatica persino a se stesso, perché si sentiva tremendamente stupido per l'aver riposto fiducia in qualcuno traendone una sconfitta.
Quell'unica persona che faceva apparire la parola “unica” come un'eccellente rarità e “persona” come una sorta di rivelazione, avrebbe voluto che fosse finita in modo diverso. Rin aveva semplicemente scelto di rimanere fra gli umani per sempre, quella che era una bambina e che era diventata una bella donna, quell'umana che con la sola presenza gli aveva insegnato molte cose. Lui, Sesshomaru, che per questo si era abbassato a dare sempre maggiore considerazione agli umani, era giunto persino a desiderare che Rin diventasse un demone a sua volta per farla diventare la sua compagna. Aveva lottato con il suo stesso desiderio, finché in qualche modo aveva dovuto cedere, facendo strada nella sua mente il pensiero che in fondo anche umana com'era sarebbe andata bene. Se non fosse che, mentre lui lottava con il suo orgoglio ed il suo sentimento, lei aveva già messo in chiaro nella sua mente ormai matura che era una vita da umana quella che l'aspettava, e che l'avrebbe vissuta fra i suoi simili. Sesshomaru si era sentito stordito quando glie lo disse, frenando gli albori di quel sentimento ancor prima che sbocciasse, lasciando in gola tutte le parole che avrebbe voluto dirle. Aveva solamente annuito, lasciando rispondere quella parte di se che sapeva quanto consona quella decisione fosse e facendo sopire quella che le gridava no.
Per anni aveva rimuginato sull'idea di tornare da lei e dirle tutto, si diceva sì e si diceva no, ma in entrambi i casi non andava mai a risolvere quella situazione. Finché gli anni che passarono divennero troppi e quella Rin, che aveva visto crescere e fiorire, aveva ormai lasciato quel mondo.
Strinse le labbra. “Perché lei è capace di ricordarmela?”

° ° °

Il giorno dopo Izumi tornò nell'epoca Sengoku, accompagnata da un fedele amico a quattro corde sul quale riponeva una sorta di speranza. Suonando il violino il suo demone cane sarebbe apparso ancora? Scelse di porsi di fronte al Goshimboku, cosicché almeno uno spettatore l'avrebbe avuto in ogni caso. Cominciò a suonare dando toni sempre più convinti alla sua melodia, sempre più incalzanti, lasciando poi sciorinare un vento di note dolci come un bacio. Quando sentì comparire alle sue spalle una presenza si voltò, felice che il proprio richiamo fosse giunto.
«Izumi, bentornata.» Purtroppo però era giunto alla persona sbagliata. «Masa?» Storse il sorriso in un'espressione stupefatta, proprio non se l'aspettava.

Che avrebbe dovuto fare, cacciarlo dicendogli “vai via non aspettavo te”? Scodellare un “scusa ma ho da fare” per poi mettersi in un altro angolo della foresta a suonare il violino, sapendo che l'avrebbe sentita? Izumi sospirò, una reazione del genere non sarebbe stata da lei. Per quanto convinte fossero le sue intenzioni raramente sapeva dire di no, soprattutto a qualcuno che con lei si dimostrava gentile, e Masa era molto gentile.
«In pratica tu sei mio cugino di secondo grado.» Commentò lei per sciogliere quel silenzio imbarazzante che si era creato, camminando assieme lungo i sentieri che tagliavano il bosco attorno al villaggio. Già, lui l'aveva invitata a fare una passeggiata intavolando un discorso sullo strano strumento che aveva suonato. «Dovresti avere più o meno l'età di mio padre, invece sei molto più giovane. Quanti anni hai?» «Cinquantacinque.» «Che cosa?!» Izumi lo fissò, squadrandolo meglio dalla testa ai piedi a causa di quella risposta che le aveva soffiato con nonchalance. Si era ormai fermata, mentre Masa la guardava curioso esaminare la sua immagine. «Qualcosa non va?» «Com'è possibile, sembri un ragazzo della mia età.» Masa sembrò rifletterci sopra, in fondo non gli piaceva molto raccontarlo ma le proprie orecchie non gli permettevano certo di nasconderlo. «Il fatto è che ho del sangue demoniaco nelle vene.» «Oh, capisco.» Si stupì del modo semplicistico col quale Izumi aveva preso la cosa, l'informazione non la scandalizzava, né la sorprendeva con tanto d'occhi. Si era stupito, ma la cosa gli piaceva. «Che tipo di demone?» Le chiese Izumi curiosa. «Demone cane.» A quella risposta la passeggiata si bloccò ancora, la ragazza si era fermata di colpo strabuzzando gli occhi. Masa si sentì indagato nel profondo da quell'espressione, che aveva detto di male? Izumi gli poggiò le mani sulle spalle, poi le strinse con forza scuotendolo un po'. «Tuo padre non si chiama Sesshomaru vero? Vero?!» «Cosa?! Sesshomaru... no!» Masa si stupì ancora, la vide sospirare e sentì le mani sopra le sue spalle rilassarsi e scivolare via. «Sesshomaru è il fratellastro di mio padre, come lo conosci?» Aggiunse serio, lei si dimostrò chiaramente sorpresa a quella notizia, quello che non sapeva era che la mente di Izumi venne traslata da tutt'altra parte. “Quindi io e Sesshomaru in qualche modo siamo collegati!” Concluse dentro di se, intenerita dal suo stesso pensiero. “Che cosa romantica, in fondo eravamo destinati a conoscerci...” Continuava a pensare, ignorando completamente il fatto che Masa cercasse di riacquistare la sua attenzione, ma lui ci riuscì. «Dì un po', il demone che avevi detto di cercare l'altro giorno era Sesshomaru?» Le chiese, facendo cappottare i nervi di Izumi, che si tese come una corda del suo violino. “Ma che ragazzo perspicace.” Commentò ironica a se stessa, avrebbe dovuto dirgli di no? Ora che sapeva che Sesshomaru era in qualche modo era la zio di suo cugino la cosa cominciava a farle un po' senso, avrebbe dovuto nasconderlo? «Era lui.» Concluse da solo Masa e vide Izumi girarsi verso di lui con un'espressione sconfitta ed incredula. «Ma cos'hai, la palla di cristallo?!»

Proseguirono in silenzio, Izumi pensava di averlo deluso, amareggiato, le sembrava tanto pensieroso. Lui che aveva sempre un sorriso, che fosse lascivo,beffardo o malizioso, vederlo serio la gettava in uno stato d'inquietudine. Soprattutto quel silenzio, che non sapeva come spezzare ed aveva persino paura di farlo, ma non dovette aspettare molto per sentirlo interrotto. «Devi stare attenta, Sesshomaru è pericoloso.» Le aveva detto, lasciando trasparire una seria preoccupazione che intenerì Izumi. «Lo so.» Gli rispose in un sussurro, sicché Masa cercò il suo sguardo e quando incrociò i suoi occhi proseguì.
«Non gli piacciono minimamente gli umani.» «Lo so bene.» «Sesshomaru ha un pessimo carattere, scontroso e asociale.» «Purtroppo so anche questo.» «Non perdona uno sgarro diretto alla sua persona.» «Lo so.» «Non si fa problemi ad uccidere.» «Lo avevo capito.» Masa si trovò interdetto, era incredulo. «Si può sapere perché lo cercavi allora?!» Le chiese infine. “Perché lo adoro.” Fu la risposta che Izumi generò un istante dopo nella sua mente, ma non si sentì di lasciarla uscire, non perché non ne fosse convinta, tanto meno perché non volesse. Semplicemente non era stupida, sapeva che piaceva a quel ragazzo e la sua risposta sarebbe risultata inopportuna, quindi gli sorrise. «Amo l'avventura.» Disse, sapendo di aver comunque affermato una verità, camuffandola da risposta. Quello che non poteva sapere era cosa si celava dietro il sorriso che le offrì Masa. Probabilmente avrebbe dovuto dire la risposta giusta a quella domanda perché con quella sbagliata aveva indirettamente fatto in modo che Masa si accorgesse di essersi innamorato di lei.
Masamune, il figlio di un mezzo demone e di un'umana sapeva quanto rara e quanto bella potesse rivelarsi la personalità di Izumi.
Le sue orecchie canine che seppur attiravano le ragazze per la loro simpatia si dimostravano un chiaro segno imputabile al sangue demoniaco che gli scorreva nelle vene, come per magia quelle due orecchie si rivelavano essere un'arma a doppio taglio. Simpatiche, morbide, proprio come quelle di un cane, ma al tempo stesso incutevano timore così come i suoi occhi. Entrambe le caratteristiche facevano venire a galla nelle menti di chi lo guardava la parola “demone” e, per quanto col tempo avesse dimostrato di essere totalmente innocuo, questo gli giocava a sfavore. Masa, proprio come suo padre, generava automaticamente timore in quelli che lo circondavano e tutti si premuravano di non farlo arrabbiare, di comportarsi bene con lui e molte persone all'antica continuavano a provare una certa fastidiosa diffidenza. Izumi non provava nessun timore, né nell'essere vicino a lui, né nell'essere toccata, nemmeno nel parlargli; non aveva paura di lui e non solo, non aveva paura nemmeno di trovarsi faccia a faccia con un demone come Sesshomaru. Era bella, seppur non la più bella seppur non perfetta, era simpatica era coraggiosa e piena di energie e Masa sentiva che quella ragazza era più che perfetta per lui.

Quell'estate Izumi imparò per la prima volta quello che credeva in realtà di conoscere già: il corteggiamento spietato! Per due giorni consecutivi ogni volta che attraversava il pozzo si trovava Masa venirle incontro, in qualunque direzione si dirigesse, così quei giorni si era trovata a non poter vedere Sesshomaru. Le chiedeva sempre di parlargli del suo mondo, incitandola a raccontargli delle diversità fondamentali fra un'epoca e l'altra. Parlavano di vestiti, di cibo, di come fosse cambiato il modo di pensare, dell'occidentalizzazione, dei mezzi di trasporto. Per quanto Masa trovasse quei racconti interessanti e meravigliosi come fiabe, la cosa che più le piaceva era come Izumi parlasse spigliata e appassionata di qualcosa che la riguardasse da vicino, inoltre conoscendo un po' il mondo al quale apparteneva aveva la convinzione che avrebbe conosciuto meglio anche lei. Izumi dal canto suo non poteva fare a meno di notare quanto quel ragazzo fosse simpatico e affabile, ma ciò che più le premeva era trovare una scappatoia per poter incontrare Sesshomaru. Un giorno però, alzandosi la mattina e aspettandosi di vedere il proprio gatto sul fondo del letto, vide invece un curiosissimo Masa. «Oh, bene ti sei svegliata. Andiamo?» Aveva detto ad una palesemente sorpresa Izumi che lo aveva fissato per alcuni istanti, chiedendosi se si fosse realmente svegliata. «Andiamo dove??» «A fare un giro. Mi fai da guida?»

Così Izumi si era trovata al tavolino di un bar con un'enorme coppa di gelato davanti. “Come cavolo ci sono finita qui?” Si chiese guardando il ragazzo studiare curioso il dolce che aveva di fronte.
“Come faccio a liberarmi di lui?!” Si chiese poi quando lui la invitò a salire assieme su “l'altissima costruzione di ferro”, come aveva apostrofato la Tokyo tower, decidendo che la via migliore fosse arrampicarsi, facendogli segno di salirgli sulla schiena.
Quello che non immaginava era che se lo sarebbe trovato in casa ogni giorno a venire, portando a volte qualche prodotto alimentare come omaggio oppure qualche fiore, una volta anche un kimono finemente decorato.

«Cos'è quello?» Le chiese un giorno indicando il libro Dog Training che non aveva mai lasciato la sua postazione sopra la scrivania. «Un libro scolastico.» “Tanto non conosce l'inglese.”
«Parla di cani?» Izumi lo guardò stralunata. “Lo conosce invece?!” «Come lo sai?» «C'è sopra l'immagine di un cane.» «Be', si ecco...mi piacciono i cani!» Si affrettò a liquidarlo, sfilandogli il libro dalle mani per riporlo su una mensola. «Esattamente quanto ti piacciono i cani?» Girandosi nuovamente verso di lui lo vide sorriderle malizioso, quasi in un ghigno, e notò le orecchie canine muoversi a scatti, molto eloquentemente. “Seriamente, come faccio a sbarazzarmi di lui?!”

° ° °

Paradossalmente fu il destino stesso, che gli aveva messo alle calcagna Masamune, a regalarle una tregua e un'occasione. Un giorno, bello e luminoso come tutti gli altri, Masa non le piombò in casa come ormai era diventato suo solito, così Izumi ne approfittò per tentare la fortuna e si tuffò nel pozzo. Quella volta il ragazzo non si fiondò da lei come temette, ebbe fortuna...ma anche sfortuna.
«Nooo! Piove, com'è possibile che piova a luglio inoltrato?! Maledette stagioni sbarazzine.» Si lamentò, andandosi a rifugiare da quella pioggia estiva nel fitto del bosco. “O forse non è luglio qua?” Si chiese, cominciando a girovagare per cercare Sesshomaru. Quello che era sicuro è che con quella pioggia gli odori si confondevano e per Masa, nonostante avesse ereditato un buon fiuto, era impossibile distinguere l'odore di Izumi con la pioggia. La ragazza d'altro canto vagava senza trovare la sua meta, finendo comunque per bagnarsi. “Fortuna che non ho portato il violino, sfortuna che non ho portato l'ombrello.” Pensò gettando uno sguardo alla propria borsa e notando i vestiti che minacciavano d'inzupparsi a breve, doveva trovare un riparo. Cercò di accostarsi ad una parete rocciosa, provando a ripararsi con una sporgenza della stessa, senza grandi risultati. Ma da lì a qualche minuto dopo vide farsi strada qualcuno dal folto. “Dannazione, Masa mi ha trovata?” Tuttavia colui che vide giungere dal nulla non fu il cugino. «Sesshomaru.» Sussurrò riconoscendolo. Cosa ci faceva lì, nel bel mezzo della foresta sotto la pioggia? Lo vide osservarla in modo quasi derisorio, per poi tornare sui suoi passi. A lei non interessavano quegli sguardi carichi di quel qualcosa che voleva a tutti i costi farle uno sgarbo, cosa che persino lui aveva ormai capito, così Izumi decise di cogliere la palla al balzo e lo seguì. Si sarebbe bagnata dalla testa ai piedi? Non le interessava, dal modo col quale Sesshomaru reagiva a quella pioggia dedusse che presto non sarebbe stata la sola ad inzupparsi. L'andamento di Sesshomaru era sostenuto e ostentava una sicurezza tale che Izumi faticò a non perderne le tracce. Si trovò praticamente a correre fra la vegetazione, cercando di mantenere l'occhio saldo sulla figura bianca che guizzava da una parte all'altra con naturalezza finché non lo vide scomparire in un ultimo guizzo. Si trovò spaesata, aggirandosi ancora insicura nei dintorni cercando di scorgerlo, senza riuscirvi.
Così ebbe modo anche di rendersi conto che non sapeva più nemmeno dove fosse. Improvvisamente le sorse un dubbio, che Sesshomaru volesse farle un dispetto? Quindi oltre che con l'aspetto selvaggio doveva fare i conti con quello più birichino? Alla prospettiva di un Sesshomaru dispettoso si sovrappose il connubio della personalità di un cane e quella di un bambino, le era venuto naturale così come la risata che ne fu la conseguenza.
L'effetto di quel suono portò Sesshomaru, ormai lontano nel fitto della foresta, a girarsi in sua direzione e fu allora che avvenne per la prima volta, il demone cane sentì un dito sottile pigiargli nel petto e poi pungerlo con la punta acuta dell'unghia. Si azzardò persino ad abbassare lo sguardo ma com'era ovvio che fosse non c'era nulla. Quando invece si accorse che la ragazza stava correndo in sua direzione si sentì le viscere stringersi e contrarsi di colpo ed in qualche modo questo lo portò a non muoversi da lì. Non seppe realmente distinguere se non volesse farlo o non potesse ma non ci pensò sopra per molto, la sua persona si contraddistingueva sempre per essere molto istintiva, virtù a cui dava sempre maggior ascolto che al resto. Il suo intelletto lo elevava ad una capacità di raziocinio sicuramente maggiore di molti altri esseri viventi, ma per quanto ne andasse orgoglioso non lasciava mai che la sua mente potesse sovrascrivere ciò che l'istinto gli dettava.
Così si trovò faccia a faccia con quella femmina umana che sembrava volesse perseguitarlo, rivoltando il coperchio di un vaso di pandora insito in lui, leggendo nei suoi occhi una soddisfazione estremamente inopportuna per lo stato in cui si trovava. Bagnata dalla testa ai piedi con le gocce che decoravano quella corona scarmigliata di capelli corvini come piccoli diamanti e gli occhi lucidi dalla gioia che minacciavano di voler essere gemme a loro volta. Profondi, scuri ed estremamente vivi trasmisero a Sesshomaru una sorta di messaggio, che tuttavia non riusciva a leggere ma che in un attimo aveva sopito in lui i lapilli del ribollire feroce del suo vero io. Chi era in realtà quella creatura che aveva un simile impatto sulla sua persona? Se lo chiese veramente, poiché credette che umana non poteva essere.
«Qual'è il tuo nome?» Pronunciò atono.
«Stupida.» Sussurrò nel pieno dei suoi pensieri che l'avevano travolta e lasciata in una situazione di stati, destata solo dallo sguardo perplesso di Sesshomaru, che aveva colto la risposta senza senso alzando un sopracciglio. La realtà era che si era data della stupida talmente tante volte nella sua testa che le era uscito pure di bocca. Se n'era accorta solo in quel momento, che nella foga e la concentrazione con le quali si accingeva a far breccia nel muro che li divideva non gli aveva mai nemmeno menzionato il proprio nome. «Izumi, volevo dire. Il mio nome è Izumi Higurashi.»
La ragazza colse la scintilla che per un attimo aveva illuminato i suoi occhi, non sapeva cosa l'aveva destata ma era felice che le avesse chiesto il proprio nome. Sesshomaru si voltò come suo solito, lasciandola nell'acqua che la permeava salvo poi fermasi un attimo per rivolgerle uno sguardo. Uno sguardo eloquente che illuminò Izumi come di vita nuova, tant'è che sorrise talmente intensamente da sentire le labbra bloccarsi, solo perché non si potevano stendere oltre. Sesshomaru l'aveva appena invitata a seguirlo.

_______

*
Buyo: Questo è il nome del gatto di Kagome, tuttavia mi sembra abbastanza palese che un gatto non possa vivere così a lungo, semplicemente è un altro gatto con lo stesso nome. Micio nuovo, nome vecchio; forse avrei dovuto fare questa precisazione fin dal primo capitolo ma poi ho pensato che magari avrei inserito la spiegazione da qualche parte più avanti. Poi però mi sono detto “chissene”, dopotutto qualcuno ci aveva fatto caso? :P
_______

Note: Chiedo scusa, ci ho messo un po' per aggiornare e me ne dispiaccio. Spero davvero quindi che possiate apprezzare questo capitolo e come sempre vi invito a dire la vostra, felice anche solo di poter essere letto ;] Per questo capitolo ho trovato l'atmosfera giusta ascoltando Liminality cantata da Yuki Kajiura (forse è per questo che in alcune parti sono sfociato nella malinconia o.o), se avete tempo di ascoltarla fatelo, Yuki ha una bellissima voce e le vocalist che l'accompagnano non sono meno brave.
Sperando che il caldo non stia attanagliando anche voi, un abbraccio e grazie!
Kain

Creditslink ; link ; link ; link

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Quel giorno sotto la pioggia ***


5-Quel giorno sotto la pioggia
°Quel giorno sotto la pioggia°


I bonsai disposti in fila ricordarono a Sota di suo nonno, nonostante si stesse mettendo d'impegno per curarli aveva la mente altrove. Aveva notato che Izumi non c'era neanche quella mattina e sapeva bene dove potesse essere: nell'epoca Sengoku. Nonostante le avesse dato il proprio consenso Sota era convinto che lei avrebbe continuato a recarvisi in ogni caso, le sembrava così presa da quella novità e questo non poteva che riportargli alla mente tutte le sue preoccupazioni. Ricordò in un flash il discorso che aveva tenuto con la sorella riguardante il pozzo e l'angoscia tornò a pesargli nel petto, la nipote avrebbe lasciato il suo mondo come aveva fatto Kagome? Ripensò alle parole della sorella, “credo di poter ormai affermare che il pozzo ha una volontà propria” gli aveva detto, questo ancora gli sembrava così surreale, “io penso che si attivi quando in qualche modo è consapevole che c'è qualcosa che deve essere risolto” le aveva ipotizzato, ma la domanda gli era sorta subito spontanea, “cosa dovrebbe essere risolto?”. Già, non avevano ancora trovato una risposta, a detta di Kagome nessun evento nefasto stava sconvolgendo l'epoca Sengoku come successe ai tempi di Naraku. “Se il pozzo ha lasciato passare Izumi vuol dire che lei ha qualche compito da svolgere nell'era Sengoku”, fu proprio questa frase che fece venire i brividi a Sota. Il pozzo, come aveva provato in passato da piccolo, non lo aveva fatto passare oltre quando volle andare a cercare la nipote, l'idea che Izumi dovesse combattere e trovarsi in pericolo gli faceva accapponare la pelle. Cos'era quella, la maledizione degli Higurashi? Fu chiedendoselo che gli venne in mente una prima vaga ipotesi.


° ° °

La pioggia risuonava imperterrita sulle foglie sopra di loro, Izumi stava seguendo Sesshomaru attraverso una fitta rete di cespugli e arbusti e la colonna sonora di quella giornata estiva alternativa faceva da sfondo perfetto all'immagine della ragazza. Sembrava quasi caduta in un fiume tanto i suoi capelli cadevano afflosciati sulle spalle ed i vestiti aderiti al corpo, tanto intrisi d'acqua da farle venire freddo. Trattenendo un brivido Izumi si accorse che il demone s'era fermato davanti ad un fascio d'edera che nascondeva l'apertura di una grotta. Sesshomaru le rivolse un breve sguardo, facendole intendere che l'aveva portata lì perché vi entrasse e lei colse l'intenzione, fiondandosi dentro con un guizzo. Stringendosi le braccia dal freddo rivolse un sorriso tremolante al demone, che lo colse appena, prima di voltarle le spalle per andarsene. «Hey aspetta.» Gli disse facendolo fermare. «Che fai torni sotto la pioggia? Resta qui al riparo anche tu.» Fu sicura che per un attimo ci aveva pensato, poiché vide Sesshomaru rivolgerle un'occhiata, o forse l'aveva guardata per accorgersi se c'era serietà nella proposta? No, non se lo era immaginata, se ne convinse quando lo vide voltarsi verso di lei, saggiando l'idea di trovarsi nello stesso ambiente con lei. Izumi osservò quegli occhi che incerti scrutavano l'intera cavità della grotta, poi lo vide fare un piccolo passo in avanti, così sorrise felice che avesse cambiato idea. Forse fu proprio quel sorriso che glie la fece cambiare ancora? Lo vide voltarsi senza remore e sparire oltre l'apertura della grotta. “Quel suo orgoglio non si arrende mai.” Si disse Izumi constatando d'essere rimasta sola. “Sesshomaru, preferisci stare sotto la pioggia battente che una decina di minuti al riparo con me? Dovrei prendermela credo...”
Sospirò, quella creatura si rivelava più ostica di quanto non sembrasse, così intrinseca d'orgoglio e abitudine. La ragazza si sporse per vedere se fosse nei paraggi ma poté notare soltanto il passaggio che Sesshomaru si era creato fra la vegetazione. Strinse pensierosa delle ciocche di capelli, facendo colare via l'acqua in eccesso. “Che uomo ostinato nello scappare.”

Se il vostro cane scappa da casa in modo frequente può arrivare ad associare la fuga come ad un evento piacevole. Il primo compito da svolgere in questo caso è quello di incentivare il comportamento di ritorno



Il fiatone non le dette tregua, ma il continuare a fare tutto di fretta non l'avrebbe attenuato. Izumi s'infilò un impermeabile e riempì la propria borsa prima di sgusciare via da casa in una folle corsa verso il pozzo. Inciampando di continuo sperò che quella breve fuga a casa non avesse dato modo al demone per dileguarsi ulteriormente. Corse come una matta fino a sentire una fitta continua al basso ventre, la propria milza che si ribellava a tanta foga, ma non si sarebbe perdonata nel caso Sesshomaru se ne fosse andato nel frattempo. Tornò dinanzi alla grotta dove il demone l'aveva condotta qualche minuto prima, fermandosi un momento per riprendere fiato. Sentiva il bisogno di appoggiarsi alla parete, piegarsi in due e chiudere gli occhi per riprendersi un poco ma scosse la testa cercando di far andare via quella tentazione e nel farlo sentì i capelli bagnati scuotersi sotto l'impermeabile. S'inoltrò nel fitto del bosco seguendo il passaggio sommario che Sesshomaru aveva lasciato dietro di se passando di lì, si sentì colpevole quando vide come fosse vuota la radura dove le sembrava che il passaggio ultimasse. Continuò a cercare nei dintorni, affannata ricacciò la voglia di chiamarlo a viva voce, dandosi della stupida per essersi concessa il lusso di tornare a casa anziché dirigersi direttamente da lui. Ebbe voglia di tornare indietro ed arrendersi, schioccò la lingua. «Sesshomaru?» Sussurrò nella vaga speranza di veder spuntare il demone dal folto e la sua sardonica immaginazione glie lo figurò dinanzi facendolo persino rispondere “sì, dimmi”. Si schiacciò la mano in fronte, dandosi della pazza. Calmatasi tornò sui suoi passi fino alla grotta e infiltrandosi nel verde integerrimo rimase di sasso nel vedere Sesshomaru bellamente seduto su un masso dandole le spalle, a neanche 20 metri dalla caverna.
“Sesshomaru, che persona imperturbabile che sei.” Commentò fra se e se, realizzando che il demone sedeva tranquillo sotto lo scroscio imperterrito. Per qualche arcana ragione però l'acqua si limitava a scivolargli addosso e le gocce si erano fermate alla superfice lucida dei suoi capelli, neanche avessero paura di penetrare oltre, creando uno strano effetto luminoso. Tuttavia quell'immagine ebbe l'effetto di accostare Sesshomaru ad un pulcino bagnato e Izumi soffocò una risata con la mano a premere le labbra. Lo strano suono che produsse, come un soffio, distolse il demone dai suoi pensieri che si girò verso di lei, facendo scivolare sull'armatura dei rivoli d'acqua.
I suoi occhi, rigidi come specchi, puntarono subito Izumi ma si allargarono di stupore, cos'era quella cosa soffice che le spuntava dalla mano?
Non poteva non ridere. La ragazza era davanti allo spettacolo quasi osceno di un Sesshomaru fradicio d'acqua e, per quanto la sua stessa persona risultasse inalterabile come il suo impermeabile, il kimono del demone si era afflosciato succube alla gravità. Izumi fece ondeggiare appena l'asciugamano che gli aveva porto, divertita dall'espressione interrogativa con la quale l'aveva osservato. No, non poteva non ridere; la pelliccia vaporosa attorcigliata alla spalla, che aveva sempre contraddistinto Sesshomaru, pendeva umida sotto una fitta rete di capelli.
«Avanti, prendilo. Dovrai pur asciugarti o ti ammalerai.» Disse Izumi cercando di dare un tono dolce alla frase ma vide di risposta lo sguardo del suo interlocutore farsi oltraggiato. «L'unica che potrebbe ammalarsi qui sei tu, umana.» Sbuffò girandosi nuovamente.
Sesshomaru cercò di intuire i movimenti di Izumi, limitandosi a scrutare con malcelato disinteresse le foglie battute dalle gocce, avrebbe voluto semplicemente andarsene o cacciarla via ma, come da qualche tempo gli succedeva, non riusciva ad essere se stesso quando quella ragazzina gli girava attorno. Tutto quello che finiva per dire e fare risultava come una blanda imitazione del vero se stesso. I suoi pensieri furono bruscamente interrotti, una cosa morbida gli era calata in testa sporgendo dai lati e vide con la coda dell'occhio la figura di un coniglietto sulla stoffa, inorridì. «Anche se non rischi di ammalarti puoi sempre asciugarti per riscattare la tua immagine.» Sentì dire dall'umana e gli fu naturale voltarsi. La fissò come una cosa oscena ed in quel momento capì quanto sarebbe risultato ridicolo se avesse squartato quella ragazza, che neanche comprendeva il grave affronto che gli aveva arrecato. Però se neanche l'aveva capito perché prendersela, già... perché? Quante volte se l'era chiesto ultimamente, la scrutò vedendola ridere di gusto, sarebbe stato consono per lui ucciderla subito eppure il suo istinto gli diceva che se l'avesse fatto se ne sarebbe pentito, perché? Tornò a fissare gli alberi che aveva davanti, tirando via l'asciugamano che Izumi gli aveva appoggiato sulla testa e lo studiò stropicciandolo col pollice e l'indice. “Continuo a chiedermi perché, quando in fondo l'istinto non segue nessuna logica ed il perché potrebbe non avere una risposta.” Rifletté storcendo impercettibilmente le labbra quando vide Izumi sedersi sullo stesso masso e frugare sulla sacca che portava spesso appresso. “La vicinanza con gli umani deve avermi influenzato, solo loro chiedono il motivo di ciò che non può essere spiegato.” Si disse ancora, quando Izumi tirò fuori un iPod, riparandolo dalla pioggia con l'impermeabile. “Sai Sesshomaru, credo che a te piaccia la musica almeno quanto a me, spero che vada bene anche quella della mia epoca.” Pensò Izumi immaginando di dirglielo veramente.
Così il suono allegro di una canzone si mescolò al battere ritmato della pioggia per diversi minuti, che ad entrambi sembrarono lunghissimi. Mentre lei fantasticava su tutte le cose che avrebbe potuto dirgli in quel momento, lui rifletteva su cosa fosse quell'oggetto che produceva quella musica e che così nascosto faceva sembrare Izumi stessa la generatrice di quel suono.

° ° °

«Secondo te qual'è il ruolo di quella ragazza?» Lo sguardo di Kagome si spostò a quello del marito. «Cosa vuoi che ne sappia io.» Commentò Inuyasha incrociando le braccia dietro la testa. Nemmeno lui riusciva a farsi un quadro chiaro della situazione; il pozzo che di colpo si riattiva, la pronipote di Kagome che riesce ad attraversarlo, la passione improvvisa di suo figlio per quella ragazza erano tutte le ragioni del suo turbamento. Cercò di farsi strada fra le nuvole con lo sguardo, anelando ad una risposta che non vi trovò. Una grassa risata lo portò ad osservare il vecchio bonzo che discuteva con Masamune a suon di saké. “Quand'è che Miroku la finirà di raccontargli tutte quelle storie senza senso?!”
«Credi che possa avere qualcosa a che fare con Masa?» Chiese all'improvviso la vecchia sacerdotessa, colta dalla stessa scenetta di Inuyasha. «Chi può dirlo...» Sospirò lui. «Insomma la vuoi finire di essere così vago?!» Tuonò Kagome catturando subito la sua più completa attenzione. «Ma Kagome...» «Lascia perdere.» Sbuffò lei scuotendo la mano, Inuyasha non era cambiato di una virgola, quell'accenno di maturità nell'aspetto esteriore non aveva intaccato il suo carattere. “Non conosco il compito di Izumi in quest'epoca, spero solo che non si stia preparando qualcosa di oscuro.” Si disse facendo per rientrare in casa. «Tu non puoi averlo notato ma...» Cominciò Inuyasha in una specie di sussurro e Kagome tornò con l'attenzione su di lui. «Ultimamente l'odore di Sesshomaru aleggia spesso nei dintorni.» Affermò più convinto, Kagome lo guardò perplessa. «Sesshomaru?» Gli chiese incerta e lo vide annuire mentre lei cercava di ragionarci sopra. La comparsa di Izumi aveva a che fare con Sesshomaru? La domanda le fece cadere lo sguardo su Masa. “Il destino si è fatto torbido come il cielo.” Una strana sensazione la colse all'improvviso, come una scarica elettrica e le cadde istintivamente l'occhio sull'arco del monte Asuza. Le orecchie di Inuyasha si scossero appena cogliendo la stessa vibrazione che per un'istante si era fatta strada nell'aria, come un rilascio di aura demoniaca.


Izumi osservò quelle dita artigliate a pochi centimetri dal proprio volto, sulla pelle chiara spiccava il rilievo scuro di alcune vene scandite dal rossore delle nocche. All'improvviso, come vittima di un incantesimo, Sesshomaru aveva portato quella mano al suo volto tanto velocemente da farle credere che non sarebbe più tornata a casa. Invece lo vide scostare un lembo del cappuccio, mettendola a confronto con la luce che tenera si faceva strada fra la composizione densa delle nubi e che soffusa giungeva fino alle sue iridi, imperlandole di un nocciola più chiaro del solito. Le note di una canzone rock echeggiarono dall' iPod sulle gambe di Izumi, contrastando con quel momento diventato improvvisamente delicato. Le labbra della ragazza tremarono appena, sorpresa da quel gesto e, mentre la paura iniziale scemava, alzò la propria mano carezzando delicatamente la linea del suo polso, indugiando sulle strisce porpora che gli marchiavano la pelle. Quelle dita gelide cristallizzarono il sangue di Sesshomaru fino al petto ed un brivido lo colse. Era veramente stato un brivido di freddo? Qualunque cosa fosse la sua rigidità aumentò ma il suo autocontrollo cedette e la sua aura demoniaca ondeggiò, improvvidamente gonfia dentro di se. Accorgendosene assottigliò le palpebre, inclinando appena il volto e cercando di ristabilire la propria austerità. Quell'espressione piacque immensamente ad Izumi che venne ubriacata dalla formicolante sensazione di calore che Sesshomaru aveva improvvisamente sprigionato, avvolgendo l'ambiente circostante facendolo succube di una breve vibrazione e per un momento ad Izumi parve avesse smesso di piovere.  La ragazza si sentì come se col proprio archetto avesse accarezzato la corda giusta ed incuriosita volle provarci ancora, fece scorrere quell'indice pericoloso lungo il dorso della mano ed il suo mignolo tremò impercettibilmente. Notandolo sollevò lo sguardo e si agganciò ai suoi occhi, senza più riuscire a distoglierne lo sguardo; neanche avesse voluto farlo, e non voleva. Osservò silenziosa quelle iridi che in qualche modo cercavano di fuggirle, l'oro che le colorava s'era fatto tanto intenso da sembrare screziato di rosso, come tinto di sangue. Sentendosi indagato Sesshomaru si accigliò ma quelle sopracciglia minacciose stonarono completamente col tono dolce dell'ambra dei suoi occhi, ancora più con la piega delle sue labbra che vagavano da uno strano stato di preoccupazione ad un più intenso tono di disapprovazione. Come intenerita da quella forma di disagio Izumi sorrise appena, sotto l'effetto di quelle sensazioni elettriche quel sorriso ebbe l'efficacia di un colpo di grazia, infatti fu proprio allora che Sesshomaru schiuse le labbra e le lasciò tremare appena. Quando Izumi notò quel crollo di barriere sentì un veloce spostamento di vento che fece schizzare verso di lei alcune gocce di pioggia ed un brivido di freddo la scosse appena. Come in una magia Sesshomaru era scomparso lasciando dietro di se solo una turbinante nube di vapore. Si guardò attorno incerta, se n'era andato con la stessa velocità di un brivido eppure la sua presenza non sembrava volerle scivolare via. La mano ancora alzata cadde sopra le gambe, solo in quel momento si ricordò della pioggia che ancora batteva imperterrita e le sembrò come se avesse appena ripreso a cadere, o forse era stato proprio così? Si riprese sentendo le note di una canzone e così ricordòanche la presenza dell'iPod, lo spense subito e lo infilò nella borsa. Lì vide uno spigolo giallo, l'angolo del libro Dog Training, e sorrise.
“Sesshomaru è una creatura complicata, potersi rapportare con lui implica una serie di piccoli e grandi regole da dover seguire.” Izumi si alzò ruotando i piedi nel terreno morbido in cerca della direzione giusta e quando la trovò cominciò ad incamminarsi, stretta nel suo impermeabile. “Non tutte queste regole sono scritte in un libro però, a volte basta leggere gli occhi, i suoi non mentono mai.”

° ° °

«Izumi, spiegami: com'è che hai fatto?» La ragazza rivolse un'occhiata veloce alla madre, mugugnando qualcosa. «Come ci si può ammalare in pieno luglio e con un sole simile? In questo modo ti perderai i fuochi d'artificio sulle rive del Sumida.*» Izumi Osservò la donna riempire un bicchiere e porgerglielo sospirando. «E dire che ti avevo comprato uno yukata nuovo.» Mormorò lasciando la stanza con la teiera. “Già, la febbre a luglio può essere solo una mia specialità.” Pensò indagando le luci e le ombre del proprio tè. «Tranquilla!» Le disse una voce fin troppo familiare.
«Masa, che ci fai qui?» La ragazza si lasciò cadere sul cuscino, sciorinando quella che sapeva essere una domanda retorica. «Nonno Sota mi ha detto che hai la febbre.» La ragazza fece appena in tempo a voltarsi verso la nuova presenza che trovò un bicchiere a pochi centimetri dalla sua faccia. «Ah! Che odore terribile!.»  Esclamò scostandosi di lato. «Su bevi, è la tua medicina.» «Assolutamente no! Cosa ci hai messo, kriptonite e zolfo?!» «Veramente no, ma l'ha fatta mio padre. Ha detto che è un rimedio infallibile.» Izumi lo fissò crucciata. «Infallibile come veleno?» Chiese perplessa. «Come cura per il raffreddore.» Le rispose completamente indifferente al suo sarcasmo, quel sorriso statico che giaceva nella sua faccia era così in disaccordo con gli occhi dorati che gli ricordavano quelli di Sesshomaru. “Il giorno che vedrò un sorriso simile sulla faccia di Sesshomaru mi trasformerò in un pokemon...” «Avanti, buttalo giù e starai meglio.» Insistette Masa accucciato sul suo letto col braccio proteso. «Sei sicuro che funzioni?» Chiese prendendo indecisa il bicchiere e vide Masa annuirle convinto. «Guarda che non ti perdono se poi si rivela inutile.» Borbottò. «Ti ho detto che è infallibile.» Le ripeté socchiudendo appena gli occhi. «L'ho sperimentato io stesso.» Izumi bevve un sorso per testare e si cappottò sul letto. «Lo so che il sapore non è eccezionale...» «Non è eccezionale?! Si dice “non è eccezionale” quando il sapore non è dei migliori ma è accettabile! Si dice “non è eccezionale” quando ti lascia un retrogusto sgradevole non quando la lingua si contorce impiccandosi all'ugola!» Masamune restò a fissarla per qualche secondo e poi alzò un sopracciglio perplesso. «Lo sai che hai un pessimo carattere quando stai male?» «Sì, lo so e me ne vanto!» Izumi sospirò, come aveva ragione quel ragazzo, quando non si sentiva bene dava il peggio di se. Strinse gli occhi colta da improvvisa sicurezza e ingoiò senza indugi il contenuto del bicchiere sorprendendo il ragazzo davanti a lei. Non seppe perché ma riaprire gli occhi e vedere lo sguardo sollevato e felice di Masa la fece stare già meglio. «Izumi?» «Dimmi.» «Cos'è la kriptonite?» La ragazza voltò gli occhi al soffitto, avrebbe dovuto davvero spiegarglielo? Nella premura che usava nei suoi confronti Izumi vedeva una certa dose di affetto e questo la preoccupava, perché non voleva che qualcuno s'innamorasse di lei mentre a sua volta s'innamorava di qualcun altro. Tuttavia quella strabiliante capacità di insinuarsi nella sua vita come se nulla fosse, insistente ma dolce, malizioso ma divertente la facevano desistere da ogni voglia di mettere in chiaro le cose. «Allora, dove vuoi andare oggi?» Gli disse con  un sorriso. «Ma sei ammalata Izumi.» «Non importa, ho solo qualche linea di febbre e inspiegabilmente quel robo puzzoso che ho bevuto deve aver fatto effetto.» “Già, stranamente mi sento molto meglio ora.” Pensò osservando il viso sbarazzino del ragazzo farsi felice come avesse ricevuto un regalo. «Sei sicura?» «Sì. Vai, mi cambio.» «Ti aspetto fuori.»
Fu solo quando lo vide sparire oltre la porta che venne folgorata dalla situazione. “Ma che sto facendo? Dovrei incentivare il ritorno del cane refrattario non del cucciolo affettuoso!” Tuffò la testa nei vestiti che aveva appena scelto, dandosi mentalmente della stupida esattamente 10 volte.

Masa era lì come promesso, l'aspettava fuori casa sorridente e quella situazione le fece venire un brivido di panico. “Dieci volte non sono state abbastanza. Cos'è questa situazione, sembra quasi che stiamo uscendo assieme!” Si disse mentre lui, proprio come un bambino la chiamò una volta corso fino alla cima della gradinata del tempio. «Questa volta le saltiamo da qui!» Izumi era troppo immersa nei suoi pensieri da eroina tragica, non intese perfettamente il senso di quello che le disse. Se ne accorse però quando, serratala per bene fra le proprie braccia, Masa compì un balzo saltando giù dalle interminabili scale, facendole inesorabilmente emettere un grido acuto che si andò a mescolare col suo “banzai”.


______


*Fuochi d'artificio sul Sumida: L'ultimo sabato di luglio in Giappone c'è questa ricorrenza, lancio di fuochi d'artificio sul fiume Sumida a Tokyo.

______


Note: Bentrovati! Fra il caldo ed il sapore vacanziero di queste giornate riesco a pensare poco alle fanfiction, oltretutto stare al computer è diventato un combattimento all'ultimo respiro col caldo che il pc stesso produce XD Spero che per tutti voi sia una bella estate, per Izumi sarà lo stesso? Chi lo sa... certe avventure nascondono sempre sorprese e nulla può essere previsto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, v'invito a dirmi la vostra ;)
Un saluto, Kain.

Creditslink ; link ; link ; link



Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Dichiarazione nella notte di luna nuova ***


cap 6
°Dichiarazione nella notte di luna nuova°

Gli ultimi giorni di luglio scandirono i vani tentativi da parte di Izumi d'incontrare nuovamente Sesshomaru, le sembrava scomparso da quel giorno sotto la pioggia. Anche quella mattina era tornata nell'epoca Sengoku per fare un giro alla ricerca del demone ma, come sempre, l'unica persona che si era lasciata trovare era Masamune. “Nemmeno tu riesci a dirmi cosa devo fare adesso.” Pensò rivolta al libro Dog Training che giaceva aperto a pochi centimetri da lei, sopra il letto. “Pensavo che da quel giorno sarebbe stato tutto più facile!” Si girò dalla parte opposta trovandosi faccia a faccia col muro e sospirò per l'ennesima volta. “Invece è proprio da quel giorno che è stato tutto più difficile, se solo riuscissi ad incontrarlo potrei almeno tentare di parlarci ma andare a cercarlo è diventato inutile!”

Sapeva che quella era un'idea tutt'altro che originale ma almeno una volta s'era dimostrata utile, per questo Izumi era corsa dal pozzo imbracciando la custodia del proprio violino e per questo si era recata sulla cima della stessa rupe dove l'aveva suonato per Sesshomaru la prima volta. Mentre la luce del sole si faceva sempre più arancione il suono provocante dello strumento s'insinuava nei più impervi sentieri della foresta, nella veste di un chiaro e disperato richiamo. Lei non immaginava che quel suono avrebbe attirato alcuni piccoli demoni, diretti verso di lei con la speranza di un lauto pasto. “Se cercarti è inutile spero almeno che tu voglia venire da me di tua spontanea volontà.” Pensò più volte, con l'illusoria speranza che quel messaggio si attaccasse alle note per raggiungerlo.  Al demone cane non era sfuggita quella melodia, non osava però andare oltre la fitta schiera di alberi che lo separavano dalla fonte. Gli piaceva quello strumento, i suoni che produceva erano per lui molto acuti ma al tempo stesso tanto leggeri da poter essere apprezzati come il cinguettio degli uccelli, tuttavia la persona che lo suonava lo turbava sempre e comunque. L'odore aspro di demoni lo colse all'improvviso dall'illusoria dimensione dov'era finito, balzò sopra un ramo per indagare la zona e con rapidi movimenti intercettò quelle nuove piccole prede.

I piedi minuti di Jaken calpestarono indispettiti l'erba verde, che spiccava ovunque fra i sassi in riva al fiume dove si trovava, si voltò di scatto verso AhUn che placido scuoteva il muso nell'acqua. «Persino a te piace questo stupido suono?» Commentò, più rivolto a se stesso che all'altro demone. Sesshomaru si era da poco allontanato, ordinandogli di aspettarlo lì, non era certo un mistero il luogo dove si sarebbe recato da solo. Jaken si era accorto di come il proprio padrone stesse gradualmente accettando la presenza dell'umana che suonava quello strano strumento. “Di questo passo il Signor Sesshomaru finirà per affezionarsi nuovamente ad un'umana e non c'è nessuna garanzia che anche questa volta si astenga dal commettere gli stessi errori del padre.” Proprio mentre rimuginava sulla questione il proprio padrone comparve e si sentì fortunato per essersi limitato al solo pensare, se lui l'avesse sentito dire una cosa del genere avrebbe potuto sperare di vivere? Raggelò rispondendosi.

Il violino sostava muto sulle gambe di Izumi, l'archetto pendeva inerme fino a terra, Izumi invece osservava il tono acceso dei colori che il tramonto aveva lasciato dietro di se. “Perché non sei venuto nemmeno oggi?” Si chiese rammaricata riponendo lo strumento nell'apposita custodia. Anche se non aveva più avuto l'occasione di vedere Sesshomaru era convinta che prima o poi sarebbe successo e le cose sarebbero andate sempre meglio. Il ricordo di loro due sotto la pioggia e i bei colori dei fuochi d'artificio dell'ultimo sabato di luglio le avevano trasmesso un portentoso buon umore, difficilmente si sarebbe sgretolato per così poco. Passando a pochi metri dal Goshimboku le venne l'idea di andare a trovare Kagome, dopotutto doveva ancora conoscere Inuyasha e la possibilità di vedere quel famoso mezzo demone, che aveva sposato la sorella del nonno, le metteva una curiosità tale che in un attimo si accese d'entusiasmo e corse verso il villaggio di Musashi.



Izumi si chiese più volte perché quel monaco le dava tutta l'idea di essere un cosplayer e non un vero monaco, forse si chiese anche perché molti dei pomposi complimenti che le aveva rivolto le sembravano identici a quelli pronunciati da Masa in passato. «Miroku smetti d'importunare mia nipote! Ma possibile che per quanto tempo passi tu non cambi mai?» Disse Kagome interrompendo la discutibile tattica di seduzione che il bonzo aveva inscenato, nonostante la più totale indifferenza di Izumi. La ragazza aveva cortesemente accettato l'offerta di passare da loro la notte e per tutto il tempo che era rimasta lì aveva conosciuto le persone più disparate, persino una piccola nekomata di nome Kirara che aveva scatenato in lei quella tipica voglia di accarezzare e stropicciare un animaletto carino e peloso. Proprio stropicciandone le orecchie le venne istintivo cercare con lo sguardo quelle di Masa, che poco più avanti aveva preso posto a sedere pronto per la cena. Doveva avere davvero uno sguardo perplesso, Izumi, poiché Kagome le chiese cosa c'era che non andava. «Ma...le orecchie! Masa dove sono le tue orecchie di cane?!» Chiese d'un tratto puntando senza alcun riguardo il dito alla testa del diretto interessato. «Te ne sei accorta solo ora?» Il sorriso che le rivolse voleva forse essere ironico ma risultò del tutto forzato, come a celare una nota d'imbarazzo che poi si rifletté sulla stessa Izumi. «Succede, nelle notti di luna nuova.» Si limitò a spiegarle in modo sintetico e solo in quel momento la ragazza si accorse che anche i suoi occhi avevano cambiato colore, da ambra a castano scuro. «I mezzi demoni perdono i loro poteri demoniaci in notti buie come questa.» Aggiunse Kagome con un tono basso della voce, come a voler mantenere un segreto. Fu allora che Izumi vide entrare con malcelato fastidio un individuo vestito totalmente di rosso. Per Izumi si trattò d'intuizione capire che quell'uomo era Inuyasha ma volette aspettare un'introduzione da parte sua, che però non arrivò, lasciandola nel disappunto. Il mezzo demone che si aspettava di vedere era un po' diverso da quello che aveva davanti, che assomigliava molto allo stesso Masa.
Dall'espressione che aveva Inuyasha traspariva del tutto il fastidio di chi vorrebbe trovarsi da tutt'altra parte e questo probabilmente indispose molto Kagome, che gli rivolse un'occhiata la quale Izumi non ebbe il piacere di vedere.
«Tu devi essere Izumi.» Cominciò quindi a dire il mezzo demone, scrutandola con fare curioso. «Sì, piacere.» Sciorinò la ragazza senza neanche accorgersene accennando ad un inchino, colta alla sprovvista da quell'indagare spietato. «Sei diversa da come mio figlio ti aveva descritta.» Concluse poi incrociando le braccia al petto, e a quel punto Masa s'irrigidì aspettandosi che qualcosa di terribile si susseguisse a quelle parole. «Ti descriveva come una ragazza espansiva e molto bella.» Continuò Inuyasha. Il silenziò calò nel gruppo raccolto a cerchio, Izumi rimase basita a fissarlo e nel mentre Kagome gli assestò un pugno in testa. «Voi invece siete proprio come vostro figlio vi ha descritto, e pensare che non volevo credergli» Commentò la ragazza, suscitando un brivido a Masa e un riso soffocato a Miroku. Inuyasha guardò i presenti perplesso, che ridevano sotto i baffi guardando altrove. Poi  Miroku si schiarì la voce. «Non si può certo dire che Masamune mentisse descrivendoti provvista di un acuto spirito d'osservazione.» Fu in quel momento che gli occhi neri di Inuyasha si incendiarono d'offesa in modo che Izumi potesse leggervi la stessa fierezza di Masa, così le venne da pensare. Più cercava qualsiasi cosa di Inuyasha che le potesse suggerire un legame con Sesshomaru più notava quanto i due fossero apparentemente diversi e le venne inesorabilmente voglia di vederlo ancora. Quella tuttavia per lei fu una notte interessante e piacevole, dal sapore di famiglia. Per quanto fosse stata piacevole però avrebbe volentieri scambiato l'intera serata con loro per dieci minuti passati allo stesso modo con Sesshomaru. Alla fin fine il nome del demone si ritagliava sempre il suo personale spazio nei suoi pensieri, in ogni occasione, e la voglia d'incontrarlo da qualche parte là attorno venne magicamente travestita da passeggiata notturna.
“Anche lui mi pensa, qualche volta?” Fu portata a chiedersi, giocherellando con la luce della torcia led. «Forse dovrei integrare qualche rituale magico al libro di training per cani.» Sghignazzò senza prendere veramente in considerazione l'idea. “Mi sembra che ormai la mia presenza non gli dia più alcun fastidio, si è lasciato persino toccare.” Considerò, infilandosi in un sentiero circondato da alberi. “Un cane randagio si lascia toccare solo da chi si fida almeno un po' dopotutto. Si è fatto così raro incontrarlo che forse dovrei sfruttare di più i momenti in cui succede.” Per un momento le parve di vedere delle luci muoversi fra gli alberi ma imputò subito l'effetto al suo giocherellare con la torcia, quindi la tenne ferma dritta davanti a se. “Forse dovrei comportarmi un po' più come Masa, che è abbastanza chiaro coi suoi sentimenti. In qualche modo devo pur dare una spinta a quel demone.” Si disse prima che con la coda dell'occhio intravedesse una luce nel fitto degli alberi. Girandosi poté vederla chiaramente muoversi in lontananza e Izumi rimase basita. “Uno spirito?” Si chiese titubante. «Spiriti!» Sussurrò eccitata andando subito incontro a quella luce sinistra.

° ° °

«Come sarebbe a dire “niente di ché”, Inuyasha?!» «Quello che ho detto.» Miroku sorseggiò sconsolato un altro sorso di sake. «Se ne parli così Masa potrebbe averne a male, dopotutto quella ragazza ha una bella vita stretta.» Disse il monaco formando un cerchio con il pollice e l'indice, assumendo un tono del tutto soddisfatto. «E i fianchi larghi, buon auspicio per il parto.» Aggiunse cercando di concludere in modo più professionale il proprio apprezzamento. «E i capelli chiari e scompigliati come il pagliericcio invernale.» Sbuffò il mezzo demone, ancora nel pieno dell'effetto della notte di luna nuova. «Però devi ammettere che ha davvero dei begli occhi.» Miroku indicò il suo stesso viso, toccando le palpebre. «Ma le labbra larghe da rana e la fronte troppo alta.» Miroku lo guardò perplesso lasciando in sospeso a mezz'aria il sakazuki pieno di sake. «Inuyasha posso sapere per quale motivo stai cercando a tutti i costi i suoi difetti?» «E le gambe storte! Quella donna non mi piace.» Il mezzo demone concluse la discussione alzandosi e lasciando il monaco da solo, che lo guardò perplesso andarsene pensieroso. «Ma il seno di discrete dimensioni.» Sussurrò apparentemente felice di ciò, prima di assumere un'espressione amareggiata e bere il sorso pronto di sake. “Tuttavia quella donna ha davvero qualcosa d'insolito, persino Inuyasha se n'è accorto, ma non capisco cosa.”


La luce che aveva intravisto l'aveva portata fra gli alberi, lontano dal sentiero, l'aveva inseguita cautamente per alcuni minuti invano, così Izumi cominciò a credere che quella luce fosse di un accampamento umano e considerò l'idea di tornare indietro. Se non fosse che, proprio dopo qualche passo sulla via di ritorno, avvertì chiaramente una presenza in direzione opposta, una presenza inquietante che la portò a girarsi nuovamente. Tutto ciò che vide fu la stessa piccola luce lontana. Indagò il luogo con la torcia quando un primo piccolo moto di paura si fece strada in lei, formando un fastidioso nodo alla gola, in contemporanea e quasi ironicamente la curiosità aumento in modo proporzionale.
Dopo alcuni minuti la luce della torcia sfiorò per un istante una figura minuta che in un primo momento le sembrò Jaken. Decise quindi di muoversi in quella direzione, speranzosa di poter incontrare Sesshomaru. Le pareva quasi di sentirla, la sua presenza aleggiare in quella parte del bosco, che fosse suggestione o meno ci sperò e di colpo si trovò di fronte al kappa che quasi si spaventò a vederla. Ma nel mentre che Izumi lo chiamò per nome quello scappò cercando di far perdere le proprie tracce. «Stai alla larga da me, ragazzina!» Gridò lui quando la sentì vicina e Izumi rise perché ancora due metri e l'avrebbe raggiunto ma un istante dopo vide la terra e Jaken gridò, così fu portata a farlo anche lei di riflesso,poco dopo sentì un gran male alle ginocchia.
I due si guardarono attorno, a circondarli la nuda terra, che li conteneva in una fossa profonda.
«No! Non è possibile, è tutta colpa tua!» Strillò il kappa puntando il Nintojou verso Izumi, che non si era ancora resa conto di quello che stava succedendo. «Se non fosse stato per te non saremmo finiti in questa stupida trappola per animali, è sempre colpa degli umani alla fine!» Sbraitò cercando di arrampicarsi, senza successo, sulla parete friabile.
Dopo qualche secondo da quelle parole Izumi realizzò il tutto e imitò il kappa cercando di arrampicarsi. «Potrei dire la stessa cosa di te, proprio inseguendoti sono finita qui dentro, come un cinghiale!» Commentò piccata dopo essere ricaduta sul fondo.
A nulla servì urlare per chiedere aiuto, né continuare ad arrampicarsi per raggiungere la cima, i due continuarono a litigare per tutto il tempo cercando di colpirsi a vicenda finché si stancarono di quel gioco poco soddisfacente. Quindi si sedettero distanti fra loro pensando ognuno per conto proprio sul da farsi. Il kappa rifletteva sul fatto che se Sesshomaru non l'avrebbe cercato subito avrebbe resistito diversi giorni lì dentro mangiando l'umana, mentre la stessa umana in questione, Izumi, aveva capito solo dopo un bel po' che Inuyasha o Masamune non avrebbero percepito la sua presenza poiché momentaneamente privi di poteri demoniaci, quindi adocchiò il bastone a due teste di Jaken.
«Il bastone.» Disse porgendo il palmo aperto, attirando l'attenzione del kappa. «Dammelo forse riesco ad usarlo per arrampicarmi.» «Te lo puoi scordare!» Rispose celermente l'altro. «Questo è un prezioso dono del Signor Sesshomaru, tu non lo toccherai mai!» Spiegò. «Non avvicinarti o lo uso per ridurti in cenere!» Minacciò quando la vide protendersi verso di lui. Izumi sospirò tornando seduta e lasciando che ancora una volta il silenzio fosse protagonista. «Tregua.» Disse poi e il kappa la guardò interrogativo. «Facciamo una tregua finché non troviamo il modo di uscire da qui.» Propose la ragazza che accettò il silenzio di Jaken e la sua faccia strana come un sì.
«Senti, Jaken, tu è da molto che segui Sesshomaru?» Chiese Izumi d'un tratto. «Da moltissimi anni di onorato servizio!» Rispose gonfiando il petto, fiero di poter dare quella risposta. «Ha sempre odiato così tanto gli umani? Cioè, voglio dire...non li apprezza neanche un po'?» Jaken saltò sul posto. «Il grande demone cane Sesshomaru non può apprezzare gli umani! Siete deboli, inutili e...» Jaken si bloccò improvvisamente,insicuro se continuare a parlare fosse un bene. «E la vostra infima e breve vita non ha niente a che fare con un demone come lui.» Concluse accigliandosi. Per quanto Izumi fu tentata di rispondergli con un sonoro gancio non si fece sfuggire il cambiamento d'espressione e del tono della voce. «Tenseiga.» Jaken a quella parola sentì un brivido, come faceva quella ragazzina a conoscere il nome della spada del suo padrone? «Kagome me ne ha parlato a grandi linee assieme a Tessaiga. Ero affascinata dalla storia delle due spade perciò me la sono fatta raccontare.» Rispose come leggendo la domanda nei suoi occhi. «Tsè, e perché lo dici a me?» Sbuffò. «Perché credo che le tue parole siano un grande insulto al possessore di una spada come Tenseiga, se Sesshomaru ha avuto il cuore per usarla quello che dici lo rinnegherebbe e ne sminuirebbe il valore.» Jaken l'osservò perplesso, quanto sapeva in realtà di quella spada? «Quello che dici non ha un senso.» Izumi si avvicinò a lui con un sorriso appena accennato. «Sesshomaru verrebbe profondamente offeso dalle tue parole, se le sentisse.» Il kappa rabbrividì inconsciamente. «Minimizzare in questo modo la sua persona che è in grado di usare una spada come Tenseiga.» Sussurrò divertita dall'attenzione con la quale Jaken l'ascoltava, intirizzito. «Io non l'ho affatto minimizzato!» Esclamò d'un tratto. «Ma se hai appena detto che Sesshomaru non è capace di apprezzare gli umani, questo implica delle mancanze in lui.» «Non è quello che ho detto!» «No, Jaken? E cos'è che hai detto allora?» Chiese Izumi fissandolo dritto negli occhi, impaziente. «Non è vero che il Signor Sesshomaru non è capace di apprezzare gli umani, cosa ne vuoi sapere tu che non sai con quanto riguardo si è occupato di Rin!» La catena di parole dette tutte d'un fiato si bloccò d'un tratto su quella che era diventata la parola tabù e Jaken s'affrettò a fare l'indifferente, ma invano poiché Izumi si fece molto interessata all'argomento. «Rin chi?» Fu allora che Jaken si pentì per l'ennessima volta di avere la capacità di parlare.

° ° °

Si arrese e tornò a rifletterci sopra, Sesshomaru si era imposto di non pensare più a quella ragazzina, ma da quel giorno di pioggia finiva spesso per cadere con gli occhi sul proprio polso, dove aveva sentito scorrere le sue dita. La particolarità di quell'umana, Izumi, avrebbe finito con l'incuriosirlo ed interessarlo, si conosceva abbastanza per pronosticarlo. L'ultimo dei suoi obbiettivi era però permettere che questo accadesse, voleva in tutti i modi cercare d'evitare il ripetersi della storia, non voleva veder morire un'altra Rin. Eppure ogni volta che nell'aria si faceva strada il suono di violino le note lo trafiggevano come pugnali e gli ricordavano che per quanto lui cercasse d'ignorarla lei frequentava ancora quelle terre ed il villaggio di Inuyasha. Avrebbe voluto proibirle di suonare ancora quello strumento ma questo l'avrebbe obbligato a trovarsi di fronte a lei e, per qualche motivo che non capiva, solo l'idea lo riempiva d'ansia.

Il silenzio era tornato a regnare sovrano fra quelle strette pareti di terra che s'erano ingoiate Izumi e Jaken. La ragazza aveva ascoltato il sommario racconto dell'identità di Rin e questo aveva portato un impetuoso fiume di pensieri incrinando il suo buon umore, peraltro Jaken si sentiva oppresso dal peso di quello che aveva detto perché se Sesshomaru l'avesse saputo probabilmente l'avrebbe ucciso.
“Questa storia dovrebbe alimentare le mie speranze... Sesshomaru è capace di affezionarsi ad un umano, è già successo e questo non mi taglia fuori dalla possibilità d'avvicinarlo.” Si diceva Izumi ripetutamente e in modi tutti diversi. “Ma allora perché mi sento così?” Probabilmente era quello che sperava sentirsi dire, cioè che c'era stato un caso precedente, ma forse non aveva fatto fronte alla possibilità che Sesshomaru si fosse già innamorato di un'umana, cosa che gli portava sempre alla mente la stessa domanda e la cui risposta la preoccupava. “Sesshomaru l'ama ancora?” Izumi si strinse le braccia all'altezza dello stomaco, era inevitabile sentire un peso proprio in quel punto perché se alla sua domanda ci fosse stata una risposta affermativa si sarebbe dovuta chiedere se si potesse competere con i defunti.
Forse fu proprio il vedersi precipitare in caduta libera dalle proprie speranze che le diede un'idea. «Jaken.» Disse soltanto prima di alzarlo di peso. «Cerco di lanciarti fuori di qui.» Spiegò telegrafica, e il kappa strinse il Nintojou riluttante all'idea. «Quando sei fuori vai a chiamare qualcuno che tiri fuori anche me.» Il tono era quello di un ordine ma Jaken annuì, vedendo in quella soluzione una qualche speranza. Izumi caricò la spinta ed un attimo dopo Jaken si schiantò a pochi centimetri dalla cima. «Vuoi fare più attenzione?!» Tuonò indispettito con la fronte rossa ma, mentre ancora si agitava, Izumi lo strinse saldamente come una bambola di pezza e lo lanciò senza ritegno. Il fallimento si accompagnò ad un lamento e Jaken ricadde a terra, con un altro bernoccolo. “Che questa ragazzina stia cercando di sfogarsi?!”
All'ennesimo lancio Jaken raggiunse la cima e si trovò finalmente libero, poi ghignò vedendo Izumi sul fondo alla sua mercé. «Ah! Tu resterai lì dentro!» «Cosa?!» Izumi sgranò gli occhi infuriata, tradimento? «Non avrai veramente creduto che sarei andato a cercare aiuto per te. Smetti d'infastidire il mio padrone!» Le disse prima di dileguarsi. «Maledetto orrendo e inutile kappa!» Gli gridò dietro Izumi, offesa da quel tradimento e colpita su un punto dolente dalle ultime parole di Jaken. Ci pensò intensamente per tutti i minuti che susseguirono quel momento. “La mia presenza fa star male Sesshomaru?”

«Izumi non è ancora tornata?» Chiese Kagome finendo di sistemare il futon per la ragazza, il suo interlocutore le rivolse uno sguardo che aveva tutta l'aria di essere un “non m'importa” anziché un “non lo so”. La donna decise d'ignorare Inuyasha, quindi chiamò Masamune.

«Perdonatemi per avervi fatto aspettare!» Jaken, prostrato dinanzi al proprio padrone, aveva notato lo sguardo accigliato del demone cane nonostante le proprie scuse, quindi s'affrettò a ripeterle ma venne bruscamente interrotto. «Dove sei stato?» Chiese gelido Sesshomaru, fissandolo negli occhi. «Bada a quello che dirai, sento chiaramente il suo odore su di te.» L'eventualità che il padrone percepisse l'odore di Izumi addosso a se non l'aveva minimamente sfiorato, preso com'era dal trovare qualche scusa per aver tardato tanto. Se ne pentì amaramente e le sue ginocchia molleggiarono.

Quando Masa partì per cercare Izumi non immaginava quello a cui avrebbe assistito, probabilmente non era pronto a sentir dire chiaro e tondo quello che già immaginava da solo. Sesshomaru si era recato senza pensarci alla zona indicata da Jaken, che invece era rimasto ad aspettarlo, ma si era bloccato proprio davanti alla fossa scavata nella terra.
“Che sto facendo, perché dovrei tirarla fuori di lì?” Si chiese, generando il primo pensiero da quando era partito. Rabbrividì trovandosi di fronte all'eventualità di vederla, sentirla parlare e avere un altro contatto con lei, eppure gli dava fastidio lasciarla lì dentro. Quale voce dell'istinto avrebbe dovuto seguire? Fece pochi passi per guardare dentro alla buca e la vide rannicchiata su se stessa, non l'aveva ancora notato. Se fosse stata Rin non ci avrebbe pensato due volte a tirarla fuori di lì e assicurarsi che stesse bene ma quella laggiù era Izumi, che motivo aveva per farlo? Quando la vide muoversi fece inconsciamente un passo indietro, per non farsi vedere. Fu allora che si accorse che il problema non era il vedere lei bensì farsi vedere da lei, però fu quello che sentì dopo a turbarlo maggiormente: la voglia di essere visto. Dove l'avrebbe portato quel desiderio non lo sapeva nemmeno lui. S'affacciò aspettando pazientemente quei pochi secondi prima che Izumi lo notasse e la vide sgranare gli occhi dapprima sorpresa, poi felice ed in seguito preoccupata.
Quello che invece vide Masa fu Sesshomaru e Izumi vicini mentre lei lo ringraziava, poco distanti da una buca. Inizialmente volle andare a chiedere cosa fosse successo ma vedere Izumi così vicino a Sesshomaru l'aveva bloccato e non seppe mai dirsi se fu un bene o un male.
«Sesshomaru, tu mi piaci! Ti prego di accettare i miei sentimenti per quelli che sono.» Sia Masa che Sesshomaru alle parole della ragazza restarono muti e sorpresi, ghiacciati sul posto, e nonostante ciò entrambi già consapevoli, in qualche modo, di quella verità. «Ti prego di non rifiutarmi semplicemente perché umana, è vero sono debole e non vivrò mai a lungo come un demone.» Continuò Izumi, con una sorta d'implorazione nelle proprie parole, scostando poi lo sguardo dai piedi al volto di Sesshomaru. «Però ho a mia disposizione abbastanza anni per non farti mai dimenticare di me!» Il demone restò immobile, un angolo delle sue labbra tremò appena e i suoi occhi si strinsero, a Izumi quegli occhi non erano mai parsi così taglienti. Masa deglutì e sentì la propria gola estremamente secca, deglutì ancora e si mosse appena per nascondersi meglio fra gli alberi, essere notato in quel momento era l'ultima delle cose che voleva.
«Hai ambizioni fin troppo alte per essere solo un'umana, se ti uccidessi adesso ti dimenticherei già domani.» Rispose atono Sesshomaru, voltandosi. Izumi strinse le labbra. «Non c'è nessun modo col quale una come te possa restare accanto a me.» La ragazza lo vide andarsene con passo leggero, come del tutto indifferente a ciò che si lasciava dietro. Normalmente avrebbe trovato qualsiasi cosa da rispondere, avrebbe sostenuto il dialogo e, forse, avrebbe avuto anche l'ultima parola. Però non c'era stato verso di trovare una sola sillaba da rispondere, nemmeno il nome stesso del demone varcò la soglia di quelle labbra intirizzite.
Masa sapeva bene come si sentiva Izumi in quel momento, perché provava la stessa cosa. Entrambi si sentirono rifiutati. Solo che mentre una sentì chiaramente il dolore provocato dalla caduta dall'alto delle proprie speranze, l'altro sentì un'ardente motivazione crescere dentro di se come anticorpo. Sesshomaru l'aveva respinta, quindi lui vedeva il campo libero e giurò a se stesso che avrebbe fatto di tutto per attirare l'attenzione di Izumi su di se.


Se ne accorse solo nel mentre che suonava, una melodia delle tante, di come solitamente la presenza di Masa la mettesse a suo agio, proprio per il fatto che in quel momento si sentiva rigida e innaturale. Izumi attribuì quella sensazione scomoda a ciò che poco prima gli aveva detto il ragazzo. “Puoi suonare il violino?” Certamente era una richiesta che si era sentita dire già altre volte, ma ancora riusciva a lusingarla. Però quando Masa aggiunse “suonalo per me” e le sorrise Izumi si sentì presa alla sprovvista e, proprio per evitare di cercare qualcosa da rispondere, decise di cominciare a suonare.Si voltò appena verso Masa e quando vide che la stava fissando distolse subito lo sguardo, trovando le corde molto più opportune da osservare.
“Non c'è nessun modo col quale una come te possa restare accanto a me.” Queste parole non le avevano dato spazio ad altri pensieri per molto tempo da quando Sesshomaru glie le aveva dette. “Non poteva essere più diretto di così...” Pensò Izumi, rallentando inconsciamente il ritmo della propria melodia. “Con quelle parole voleva dirmi che non c'è nessuna speranza per me, che tutti i miei sforzi sono e saranno inutili. Questo è quello che pensa.” Continuava a ragionare, senza più rendersi conto della brutta piega che aveva preso il pezzo che stava suonando. “Se questo è ciò che pensa  probabilmente dovrei solo farmene una ragione.” Concluse fra se e se, si riscosse dai suoi pensieri solo quando sentì Masa sghignazzare e fu allora che si accorse di aver fermato l'archetto. «In quale mondo hai la testa adesso?» Disse lui scherzando, nonostante conoscesse già la risposta. Da quella notte di luna nuova Izumi non era più tornata nell'epoca Sengoku e questo Masa non l'aveva certo imputato al caso. La guardò negli occhi per alcuni istanti, mentre lei si scusava, si stese del tutto sul letto di lei e incrociò le braccia dietro la testa. «Mi dispiace Masa, ho un po' la testa fra le nuvole oggi.» Izumi rise. «Se c'è qualcosa che non va posso aiutarti.» La interruppe lui a bassa voce. «Credo di non poter essere aiutata.» Commentò Izumi dopo averci pensato a lungo in silenzio. «Come mai?» Incalzò Masa, che vedeva nell'occasione di parlarne con lei la possibilità di dirle di lasciar perdere Sesshomaru. «Non c'è nessun modo col quale io possa cambiare.» Le sentì rispondere, a voce sempre più bassa. «Perché vorresti cambiare?» Masa si era irrigidito sul posto e fissava severo la rotondità del lampadario, il rifiuto di Sesshomaru le aveva in qualche modo succhiato via gran parte delle energie e sentirla così abbattuta lo rattristava e irritava al contempo. «Perché così come sono non vado bene.» «Sciocchezze!» Rispose celermente Masa, stizzito. Izumi imbracciò il violino e scosse l'archetto producendo una melodia di note acute, introducendo all'improvviso una nota bassa. «Era fuori luogo vero? Non c'è modo col quale una nota del genere possa stare bene con le altre.» Masa strinse gli occhi, riconoscendo le parole di Sesshomaru modificate a dovere. «La nota è perfetta, solo le altre che sono fuori luogo.» Le rispose senza distogliere gli occhi dal soffitto. Izumi ci pensò sopra, anche se avesse voluto non avrebbe potuto cambiare né la sua natura né quella di Sesshomaru, quindi anche messa come aveva detto Masa la situazione li vedeva incompatibili. «Già, si tratta solo di cambiare note infondo.» Commentò Izumi. «Oppure puoi cambiare direttamente la melodia con un'altra dove quella nota stia meglio.» Suggerì Masa, alzandosi a sedere. Izumi lo guardò bene in volto, privo del tono sereno e sbarazzino che la metteva sempre buon umore le sembrò meno bambino e più uomo. “Già, in fondo uno come Masa sarebbe meglio per me. Dopotutto lui c'è sempre, è allegro e premuroso.” Pensò, nel mentre che il diretto interessato le prendeva il violino dalle mani, scimmiottando i movimenti per suonarlo. «Forse dovresti insegnarmi a suonarlo.» Izumi sorrise divertita. «Guarda che ti prendo sul serio.» Disse cercando nel cassetto alcuni spartiti, poi si soffermò sul pentagramma. “Non c'è modo col quale due note su due linee così distanti stiano bene vicine.” Si convinse, dando un'occhiata a Masa dietro di lei che scuoteva l'archetto come una katana. Dietro di lui, invece, la scrivania sulla quale campeggiava il libro Dog Training e la vista delle pagine aperte la colpì all'altezza dello stomaco. Si affrettò ad andare a chiudere il libro e nel mentre che la copertina tornava a schiacciare assieme i fogli scostò lo sguardo. «Che volevi fare con questi scritti?» Le chiese nel mentre Masa, che osservava gli spartiti appoggiati sopra al letto, ma Izumi sembrava osservare qualcosa di veramente interessante.

° ° °

La spirale d'alberi l'aveva inghiottita senza riguardi, sia il corpo che la voce. «Sesshomaru.» Chiamò a voce alta spostandosi fra gli alberi, Izumi lo cercò con lo sguardo attorno a se e ripeté il suo nome innumerevoli volte. «Sesshomaru!!» Cominciò a urlare, decisa a trovarlo il più velocemente possibile. Strinse a se la borsa. “Non importa se suonate con lo stesso strumento o con strumenti diversi, due note poste su due linee così distanti fra loro...non possono davvero stare bene assieme!” Pensava nel mentre che, agitata, si aggirava fra gli alberi. «Sesshomaru, vieni fuori ti devo parlare!» Cercò d'informarlo, incerta se fosse o meno nei paraggi. “Non posso certo cambiare la natura delle cose!” Izumi si appoggiò al tronco di un albero, affannata. “Non posso diventare un demone, né posso trasformarlo in umano.” Pensò, riflettendo su ciò che avrebbe dovuto dirgli una volta che l'avrebbe trovato. «Sesshomaru, non ti nascondere o dovrò pensare che hai paura di me!» Disse, sperando di provocarlo.

Jaken tremò di rabbia. “Come osa quella ragazzina affermare una cosa del genere?!” Pensò irritato dalle parole che echeggiavano nella foresta. Il suo padrone però sembrava volerle ignorare. «Signor Sesshomaru, ha sentito cos'ha detto quella ragazzina? Dovremmo andare a dirgliene quattro!» Il demone cane ignorò le parole del servo, ma si fermò sul posto e volse lo sguardo in un punto imprecisato. “Affermare d'essere capace di non farmi mai dimenticare di lei e adesso dire che io ne ho addirittura paura... non riesco a capire se quella dell'umana sia presunzione o pazzia.” Rifletté, proprio mentre la voce di Izumi pronunciava ancora il suo nome. “Abbastanza anni da non poterla più dimenticare.” Pensò ancora Sesshomaru. “L'unica umana che vi sia riuscita è Rin.” Concluse dentro di se. “Tuttavia il suo coraggio non è da sottovalutare.”

«Dannazione, Sesshomaru se hai così paura di stare a sentire quello che ho da dire...» «Non osare dire che io ho paura.» Izumi si voltò di scatto e a pochi metri da lei vide il demone svettare da solo fra due alberi. Vederne lo sguardo indifferente e non un minimo d'interesse in lui la fece sentire improvvisamente insicura, almeno finché non lo vide muovere la gamba. «A quanto pare non hai veramente qualcosa da dire.» «Fermo!» Si affrettò a urlare Izumi. «Non darmi ordini.» Sibilò lui con un tono pericolosamente più basso del solito, ma lei non gli diede peso. Aprì la borsa e inizio a frugare all'interno cercando di prendere qualche secondo ma, per quanto ci pensasse, i discorsi che aveva preparato le sembravano ricordi lontani completamente sbiaditi. Così cominciò col tirare fuori la fotocamera e, come immaginava, colse l'attenzione del demone che non aveva mai visto una cosa simile. Sesshomaru indagò con lo sguardo l'oggetto lucido e grigio che la ragazza aveva afferrato ma si astenne dal chiederle cosa fosse. «Ti farò cambiare idea!» Affermò d'un tratto Izumi. «Ti dimostrerò che avevi torto.» Continuò e alla vista dell'espressione perplessa di lui si affrettò a proseguire.
«Non c'è nessun modo col quale una come me possa restare accanto a te? Ti sbagli!» Mosse un primo passo incerto, poi si convinse a non temere di farlo e corse al fianco di Sesshomaru, che la seguì con gli occhi. Izumi alzò la fotocamera in modo da ritrarre entrambi e si accostò maggiormente al demone, cercando di tranquillizzarsi il più possibile. Sesshomaru non seppe a cosa doveva prestare più attenzione, se a lei che si era presuntuosamente messa a un palmo da lui, a quello strano oggetto che protendeva davanti ad entrambi col braccio teso o alla strana sensazione che provava sentendola quasi appoggiata al suo braccio. Il rumore dello scatto lo convinse a girarsi verso l'oggetto ma nel mentre che lo fece Izumi strinse la fotocamera a se, controllando qualcosa e riponendola nuovamente nella borsa. “Che significa tutto questo?” Si chiese. «Sesshomaru, grande demone cane.» Cominciò Izumi rivolgendogli un sorriso e uno sguardo deciso, seppur con le guance rosa. «Domani a quest'ora vieni al pozzo mangiaossa, ti dimostrerò come anche un'umana possa rimanere al tuo fianco per sempre!» Affermò, quasi gridando.
Forse fu per l'emozione, e Izumi non seppe dire se perché aveva fatto quel che doveva fare o perché era felice di averlo fatto, ma le venne voglia di correre, per questo una volta dette quelle parole scappò via. Sesshomaru rimase perplesso ad osservarla finché non scomparve. “Forse è veramente una pazza, ma in quale modo una come lei sa cosa voglio sentirmi dire?” Si chiese, convincendosi che quel fastidio provato fosse rabbia.

Kagome volse lo sguardo sopra di lei e guardò di sottecchi il figlio, che silenzioso si era appostato sopra il tetto. Glie lo leggeva in faccia che c'era qualcosa che non andava.
“Non si è arresa nemmeno di fronte al rifiuto.” Si disse Masa, sentendosi improvvisamente disarmato. “Izumi...che ragazza testarda che sei.” Chiuse gli occhi e inspirò, stare su quel letto gli aveva lasciato il suo odore addosso.

______

Note: So di avervi fatto aspettare un po', per farmi perdonare ho aggiornato con un capitolo più lungo dei precedenti.
Secondo voi si arrenderà prima Masa o Izumi? ^^  Ad ogni modo, nel prossimo capitolo ci sarà una sorpresa inaspettata D: che probabilmente a Sesshomaru non piacerà affatto!
Grazie a tutti per aver letto, sappiate che se volete lasciare un commento sapere la vostra mi farà molto piacere, per l'appunto colgo l'occasione per ringraziare nuovamente tutti coloro che mi hanno lasciato il loro parere, un bacio :)
Alla prossima
Kain

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** L'inaspettato ***


7-L'inaspettato
°L'inaspettato°

Controllò l'orario per l'ennesima volta rigirando fra le mani una busta, col terrore di sciuparla o di lasciarla scivolare. “Se non si presentasse?” Si chiedeva continuamente. “Non voglio perdere quest'occasione, dopo aver rovinato tutto dichiarandomi così presto, ho pochi modi per rimediare.” Si ripeteva la ragazza dirigendosi al pozzo con una fretta poco consona a qualcuno in anticipo di un'abbondante decina di minuti.
Dall'altra parte tutto era tranquillo come sempre era stato, ma quel giorno quella calma le risultò allarmante e la gonfiò d'ansia. La storia raccontatale da Jaken riguardante Rin era la parte dei suoi progetti che non aveva mai considerato e che l'aveva demoralizzata più del rifiuto ai suoi sentimenti. Ripensava più e più volte alle frasi che si era studiata tutta la mattina e la sera precedente, quello che Izumi avrebbe dovuto dire a Sesshomaru era fondamentale perché aveva l'ambiziosa intenzione di rafforzare la fiducia del demone cane nelle relazioni con gli umani. Izumi diede un'occhiata all'ora e si guardò attorno, preoccupata dalla desolazione che la circondava.  «Ti prego dammi una possibilità.» Disse, troppo tesa per premurarsi di pensare anziché parlare.

Seduta sul bordo del pozzo con la busta stretta tra le dita si guardò attorno ancora una volta, prima di controllare l'orologio al polso. «Dovevo aspettarmelo.» Sospirò. Era passato così tanto tempo che non le servì altro per capire che Sesshomaru non si sarebbe mai presentato, la cosa scaturì in lei una pungolante sofferenza che la sua indole convertì in rabbia per puro spirito di sopravvivenza. Izumi era talmente amareggiata che si rese conto a mala pena di quanta luce si era palesata tutt'attorno, che quella fosse vera luce o meno per lei fu irrilevante poiché nella sua testa echeggiava un solo nome ed era quello di Sesshomaru. Voleva comunicarglielo, fargli capire quanto ci fosse rimasta male e bastò questo per scaturire qualcosa in lei di completamente sconosciuto; come osservando il mondo attraverso un vetro colorato le sembrò tutto uguale e diverso al contempo, vide delle luci guizzare nel folto ad una lontananza imprecisata e per quanto le sembrò sia pazzesco che meraviglioso si rese conto di sapere dove si trovasse Sesshomaru. Izumi la definì semplicemente una sensazione, sesto senso o istinto ma qualsiasi cosa fosse le sue gambe si mossero prima ancora di volerlo. Corse nel fitto degli alberi ad ampie falcate, guidata esclusivamente dalla formicolante sensazione della presenza del demone.
Quando le sue gambe si fermarono lei si trovò col fiato corto ma ampiamente soddisfatta: davanti a lei Sesshomaru e il piccolo kappa, che protestò subito dopo averla notata.
«Tu che ci fai qui ragazzina?»  A Izumi non sfiorò nemmeno l'idea di prenderlo in considerazione, era troppo impegnata in un gioco di sguardi col demone cane. Il libro aveva dato buoni consigli a Izumi e lei li aveva sempre seguiti alla lettera, però in quel momento sentì il bisogno impellente di prendere posizione. Pazienza e costanza per avvicinarlo erano state elargite in abbondanza, era giunto il momento di far capire a Sesshomaru il groviglio complicato dei suoi sentimenti.
“Per educare un cane bisogna comunicare con lui.” Izumi ripeté nei suoi pensieri le parole del libro per darsi sicurezza e convincersi delle proprie azioni, fissò Sesshomaru dritto negli occhi con il più sicuro dei sorrisi e fu in quel momento che a Izumi parve di scorgere un lieve sogghigno nell'indecifrabile maschera del demone cane. “Dì la verità, non ti sei presentato proprio perché ti venissi a cercare, mascalzone?” Si disse fra se e se. «Ti avevo chiesto d'incontrarci perché volevo darti una cosa.» «Il signor Sesshomaru non ha bisogno di niente da parte di un'umana, non ti avevo forse già detto di stargli lontano?!» La rimbeccò  il kappa. «Jaken.» Lo interruppe il demone cane. «Sta zitto.» Ordinò con l'alta soddisfazione di Izumi. L'espressione di Sesshomaru mutò di poco quando la ragazza gli porse la busta. «Questa è per te.» Non vi furono reazioni dall'altra parte. «Ieri ho detto che ti avrei mostrato come persino un'umana può restarti accanto per sempre.» Cominciò, cercando una qualche risposta nei suoi occhi. «Tu sei un demone e anche se non so a quanto può ambire la tua longevità, va sicuramente oltre a quanto possa ambire la mia e per questo quello che ho affermato ti sembrerà assurdo. Però c'è un modo, che solo gli umani utilizzano, per rendere qualcosa d'importante immutato nel tempo.» Disse tutto d'un fiato, recitando a memoria il frutto dei propri esperimenti vocali, talmente veloce che non fu sicura di non essersi mangiata qualche parte.
Sesshomaru osservò la busta ancora nelle mani di Izumi e lei colse il momento per portarla alla sua mano.
Stretta fra le dita lui indagò la consistenza cerulea dell'esterno e sentì uno spessore poco percettibile all'interno, in quel mentre Izumi gli implorò nei suoi pensieri di aprirla perché voleva vedere l'effetto che avrebbe avuto. Sesshomaru mosse appena il pollice per sollevare la chiusura con una calibrata pressione che non permettesse ai suoi artigli di disfarne il contenuto. Analizzò con occhi spietati l'interno e rimase interdetto nel riconoscere su quella superficie la stessa immagine che aveva avuto modo di vedere soltanto riflessa sull'acqua o sulla lucida lama delle sue spade: la sua stessa immagine, ritratta a fianco di quella di Izumi. Appena Sesshomaru realizzò quello che aveva fra le mani tornò con lo sguardo su lei.
“Perché mi guarda così, non crederà per caso che io gli abbia catturato l'anima o cose del genere?!” Vaneggiò nel frattempo la ragazza. «Quello è ciò che noi umani definiamo ricordo, lo immortaliamo come ritratto per poterlo riguardare in qualsiasi momento vogliamo, consci che anche dopo la nostra dipartita qualcun altro potrà vedere il nostro ricordo rendendolo sempre vivo.» Cercò di spiegare Izumi nella speranza che Sesshomaru non rifiutasse a priori il messaggio che aveva voluto comunicargli. Il demone cane storse le labbra in un sorriso di derisione.
«Izumi, la tua infima razza è da me già ben conosciuta per il suo folle desiderio di sfidare la propria natura e tu non sei diversa dai tuoi simili.» Asserì con tono superiore e canzonatorio, lasciando scivolare a terra la busta e la fotografia. Sesshomaru fu subito indispettito nel constatare che l'effetto volutamente demoralizzante della propria affermazione non aveva carpito Izumi, tutt'altro, il demone dovette notare con disappunto il sorriso soddisfatto sulle sue labbra. «Che hai da ridere?» Chiese infastidito. «Sono felice, oggi è la prima volta che mi chiami per nome.» Rispose serena, conscia che mostrare quanta amarezza gli aveva instillato la sua risposta sarebbe stato un errore fatale.
«Del nome.» Sibilò Sesshomaru, avanzando verso di lei. «Tu sei qui al mio cospetto e l'unica cosa della qualche ti preoccupi è il nome!» Continuò alzando gradualmente la voce. Izumi rabbrividì per quel cambio repentino di atteggiamento e vederlo ormai così vicino e alterato minacciava seriamente di sbriciolare la maschera di sicurezza che stava cercando di mantenere.
Sesshomaru le strinse il viso fra le dita e si pose a un palmo da lei per evidenziare tutta la sua altezza e pure non riusciva a indurla nel terrore, quella mancanza di autorità verso di lei l'accese di rabbia e competizione. Dal canto suo Izumi non poté fare a meno di arrossire, perché così da vicino non l'aveva mai visto e in quel momento più che mai le sembrò grande e possente. Cosa sarebbe successo alle sue braccia se avesse osato toccare quel volto, come avrebbe agito la mano che le teneva la mandibola serrata? Constatò il freddo delle dita, irremovibili come di ferro, e sentì appena pungolare sulla pelle la punta dei suoi artigli; per quanto fosse conscia che anche solo uno di essi avrebbe potuto ucciderla ragionò su quanto controllo di se stesso dovesse avere Sesshomaru per tenerla in quel modo senza ferirla.
«Dovresti preoccuparti molto più che del tuo stupido nome.» Aggiunse gelido, cercando di sovrastarla con la sua altezza e con il disprezzo che lasciava trasparire dal suo sguardo. Proprio come Rin, Izumi non temeva Sesshomaru ma non perché non ne capisse la potenza bensì per la certezza che lui non le avrebbe fatto del male.

 Anche se questo suo comportamento ci può apparire simpatico, quando il cane ci salta addosso senza farci le feste è una forma di dominanza: il cane esercita diversi comportamenti simili per valutare la vostra autorità.


Lei non era affatto sicura, a dir la verità, che Sesshomaru non avrebbe reagito violentemente ad ogni suo movimento in quella situazione, però era certa che un'altra occasione per avvicinarlo con tanta facilità non l'avrebbe avuta.

 Se il cane scopre che con l’aggressività ottiene dei vantaggi sicuramente la utilizzerà ogni volta che lo ritiene necessario. Se il vostro cane cerca attenzioni da voi saltandovi addosso non guardatelo negli occhi, semplicemente perché si tratta di una forma d'attenzione.


Izumi, non potendo in alcun modo muovere la testa, diresse lo sguardo in un punto lontano. «Sesshomaru.» Pronunciò a bassa voce, cercando di cogliere con la coda dell'occhio i tratti del suo volto, osservando con finto disinteresse lo stacco delle linee porpora sulla pelle chiara. «Vorrei farti una domanda e preferirei tu rispondessi sinceramente.» Lo sguardo del demone si fece interrogativo e quello di Izumi più serio. «Se io cercassi di baciarti adesso, quante probabilità avrei di sopravvivere?» Diede un'occhiata fugace al suo sguardo e poté cogliere il momento esatto in cui il demone si accigliò. «Smettila con queste sciocchezze.» Sibilò, decidendosi infine a lasciare la presa  dal suo volto. «Andiamo Jaken» Mormorò defilandosi. Izumi ignorò l'esasperazione che traspariva dal volto del kappa e quando li vide già lontani sospirò, passando una mano da un lato all'altro del collo. «Potente.» Le venne da sussurrare sentendo ancora la pressione delle sue dita sulla pelle.


Sesshomaru non si fece più rivedere per giorni ma Izumi aveva la certezza che fosse costantemente nei dintorni perché riusciva a percepirne la presenza. Tuttavia, nonostante alcuni esperimenti, non riuscì a far ripetere la strana evoluzione di sensazioni che le era capitata quella volta, né vide le luci nel bosco, quindi si limitò ad aspettare e tentare di avvicinarlo suonando il violino.
Nel frattempo Masa trovò modo di trascorrere con lei un po' di tempo quasi ogni giorno con una scusa o un'altra e un giorno in particolare, guidato dai consigli di Miroku, la convinse ad assistere a quella che lui definì “la colata d'oro”.

«Fantastico.» Mormorò adagiata sull'erba, affacciata alla luce splendente riflessa sul fiume. Secondo Miroku nessuna donna sarebbe rimasta impassibile di fronte al tramonto, specialmente in quella parte verdeggiante della riva. Forse quella che cercava disperatamente Masa era la giusta atmosfera da poter condividere con Izumi, nel tentativo di avere la sua possibilità con lei. Questo gli creava una certa tensione che andava a cancellare la simpatia e l'allegria che l'aveva sempre contraddistinto. Ogni tanto Izumi si fermava ad osservarlo in volto, chiedendosi se fosse solamente assorto nel contemplare il tramonto o se qualcosa lo preoccupasse.
«Avanti, puoi toccarle.» La ragazza rimase perplessa. «Cosa?» «Non ti ricordi?  Me l'hai chiesto la prima volta che ci siamo visti.» Spiegò Masa, facendo muovere le proprie orecchie in modo che capisse e lei s'illuminò. «Oh, be' se posso...» Intenta a cogliere l'occasione. Masa la seguì con gli occhi, apparentemente calmo come il mare piatto esercitò una soggezione non indifferente sulla ragazza, seduta di fronte a lui.
Nonostante Masa non distogliesse lo sguardo da lei, Izumi cercava di concentrarsi esclusivamente sulle sue orecchie, accarezzandone il pelo morbido e caldo. “Ne è valsa la pena, nonostante sia una trappola.” Constatò la ragazza, che aveva iniziato a mangiare la foglia fin da quando Masa l'aveva trascinata a vedere il tramonto con lui. Per quale motivo non era riuscita a trovare una scusa non lo sapeva nemmeno lei. Rise quando si accorse che il ragazzo aveva socchiuso gli occhi, non poté trattenersi dall'immaginarlo a fare le fusa. Quando lui la vide sorridere divertita, così vicina a lui e con le guance tinte di rosa si alzò sulle ginocchia trovandosi a due palmi dal suo volto. Izumi rimase immobile, intimorita da quel gesto repentino. “Se si avvicina troppo gli tiro le orecchie!” Risolse tra se e se, aspettando inconsciamente che la situazione mutasse. Masa si sentiva stordito e non si accorse nemmeno di quanto si fosse avvicinato al suo volto, almeno non finché la vide allargare gli occhi e tirare le orecchie indietro. «Che fai Masa!» Cercò di richiamarlo all'attenzione.
 «Togliti dai piedi.»
Lui la guardò stupito e si girò attorno, notando dietro di se colui che aveva pronunciato quelle parole.
«Sesshomaru.» Sibilò amareggiato, notandolo con tutta la fanteria. “Sesshomaru.” Realizzò nello stesso momento Izumi. “Se fraintende tutto questo posso ritenere i miei sforzi totalmente vani.” Saltò in piedi ma prima che poté aprire bocca il demone la precedette. «Ti ho detto di levarti di mezzo, sei d'intralcio.» Si rivolse a Masa, con la voce pericolosamente incrinata dalla minaccia.
«Che sei venuto a fare?» Gli chiese il ragazzo, già sulla difensiva. «Quello che faccio non ti riguarda, meticcio.» Rispose Sesshomaru cominciando ad avanzare, deciso anche a calpestarlo se necessario. «Come hai detto?» Lo sfidò Masa, punto sulla carne viva. Per quanto a Izumi piacesse l'idea di considerare quella reazione come una sorta di gelosia da parte del demone, sentì una gravosa tensione nell'aria tanto densa da poter essere respirata e per un momento le parve persino di vederla tutt'attorno a Sesshomaru. “Questi due rischiano di darsele sul serio.” Izumi allarmata si pose un passo avanti al ragazzo, sperando di riuscire a calmarlo. «Sesshomaru, per favore non fare così.» «Fatti da parte.» La liquidò. «Izumi sta indietro, a lui ci penso io.» Le intimò invece Masa che si pose nuovamente davanti a lei.
«Non chiedo di meglio.» Fu il commento di Sesshomaru prima di sfoderare la spada, Izumi si ghiacciò sul posto. “Questo testone vuole tenere alto il proprio orgoglio e Masa è del tutto intenzionato a fare l'eroe. Forse dovrei andare a cercare Kagome e Inuyasha.” Fu strano per lei pensarlo dato che d'istinto si pose a poco più di mezzo metro dalla lama di Sesshomaru, con le vive proteste di Masa.
«Smettila, che vuoi fare con quella spada?!» Gli gridò contro. «Non fargli del male non ti ha fatto niente!» Scansò con la mano la katana del demone e nell'esatto momento in cui toccò la lama questa brillò e fumò inerte subito dopo. Izumi si ritirò di lato con un grido, spaventata e ancora più fu allarmata quando sentì su di se gli occhi stupiti dei due.
«Energia spirituale.» Affermò Sesshomaru squadrandola. «Izumi, anche tu sei una sacerdotessa?» Le chiese Masa, quasi più sorpreso di lei. «Io non so cos'è successo.» Riuscì a dire, cercando una qualche reazione nel volto di Sesshomaru e quando vi lesse l'estrema diffidenza che aveva sempre contraddistinto i suoi primi incontri con lui sentì che stava perdendo terreno sotto i suoi stessi piedi. «Non so come ci sono riuscita.» Cercò di giustificarsi, più mortificata che sorpresa. Sesshomaru osservò il filo di Bakusaiga, momentaneamente priva della sua carica demoniaca e stizzito la ripose nel fodero. Quando lo vide andarsene Izumi provò a fermarlo. «Non mi toccare, miko!» La fece gelare.
Fu in quel momento esatto che per la prima volta Izumi sentì di poter perdere le speranze. Non fece caso alle parole di Masa, non le sentiva né voleva sentirle. Corse verso il pozzo senza mai fermasi, ignorando Kagome al limitare della risaia, ignorando il saluto del nonno al rientro a casa e decisa a non mettere più piede nell'era Sengoku. Si era accorta troppo tardi di possedere qualcosa, dono o maledizione che fosse, che sembrava precluderle un ulteriore approccio con Sesshomaru e persino aver cancellato ogni progresso nei suoi confronti.


° ° °

Il prato era diventato in breve un tappeto di foglie dalle quali filtrava odore di muschio e umido, anche l'odore di umani circolava rapidamente, sparsi ovunque a cercare legna e provviste. Il vento dondolava i fiori del rametto di shimabashira adagiato a terra, Sesshomaru sapeva chi aveva omaggiato la pietra tombale di Rin, la vecchia Kagome usava farlo con costanza.
«Che ci fai qui?» Chiese all'improvviso senza distogliere gli occhi dalla pietra. «Ho sentito il tuo odore troppo vicino al villaggio.» Gli spiegò sommariamente Inuyasha, facendogli capire d'essere venuto a controllarlo. Il mezzo demone, a braccia conserte, osservò il fratello ancora per qualche minuto in mezzo al silenzio e a quell'odore particolare di terra tombale e fiori. «Finalmente quella ragazzina ha smesso di venire a suonare il suo strano strumento, quei fischi erano insopportabili.» Bofonchiò a bassa voce, quasi più diretto a se stesso che a Sesshomaru. Il fratello invece tenne per se quello che avrebbe voluto rispondergli, improvvisamente infastidito da quell'affermazione.
«Sai è un bene che tu non sia interessato a lei, perché Masamune invece ha serie intenzioni.» Inuyasha notò quanto le sue parole avessero irritato Sesshomaru, nonostante gli fosse ancora di spalle. «Non lo sei, giusto?» «Non dire sciocchezze.» Fu la risposta repentina e seccata del demone.
«Allora perché hai ancora quel regalo?» Chiese Inuyasha, ottenendo su di se gli occhi ammonitori di Sesshomaru, ma del tutto intento a sostenerne il peso. Era sua intenzione fargli capire quanto lunga la sapesse, appositamente per dargli fastidio, e nemmeno si rendeva conto di quanto vi fosse riuscito. Il demone stesso non era perfettamente a conoscenza della risposta a quella domanda e capire che Inuyasha ne sapesse così tanto lo riempì di rabbia. Nessuno dei due seppe cosa trattenne Sesshomaru dall'esplodere ma dopo aver incenerito il fratello con lo sguardo questi se ne andò, tornando nella foresta. Inuyasha sogghignò subito dopo, convinto che il deterrente fosse l'essere stati colti in flagrante e Sesshomaru non poteva avere nemmeno idea di quanto questo divertisse il fratellastro.

° ° °

Il vento freddo che entrò dalla porta riscosse il gatto dal mondo dei sogni. «Ha risposto qualcuno?» Chiese Izumi rivolta alla madre, lasciando sul tavolo una busta. «Non ancora.» Le rispose e la ragazza sospirò.
Buyo la seguì nella sua camera e subito salì sul letto, sua ufficiale postazione di vedetta, e miagolò. «Sì, anche secondo me.» Commentò a voce bassa, prima di sedersi alla scrivania. «Chissà se inviare quei curriculum sia servito a qualcosa.» Prese uno dei libri che da settimane avevano sostato lì sopra, per discernere il significato, il segreto, la natura nei suoi poteri, Izumi aveva cominciato a leggere ogni sorta di libro. Parlavano delle miko, di antichi e moderni rituali, di esorcizzazione, di spiriti e di demoni. Aveva deciso che non sarebbe più tornata nell'era Sengoku, nonostante spesso Masa la venisse a trovare per convincerla del contrario, aveva deciso che non avrebbe cercato di accostarsi alla natura opposta e indomita di Sesshomaru, che si sarebbe occupata di conoscere più a fondo i suoi poteri e che si sarebbe impegnata maggiormente nella ricerca di un lavoro. Tutti in quella casa però si erano accorti delle stranezze che erano sopraggiunte in Izumi dalla fine dell'estate, a partire da una iniziale sorta di “agitazione” che la portava a non fermasi mai, occupando il proprio tempo con ogni sorta di attività fra cui la più inquietante: cucinare montagne di biscotti, da offrire ai parenti, ai vicini, anche ai passanti.
La madre cominciò a chiederle quale fosse il problema quando a questi momenti di iperattività cominciarono a susseguirsi altri di totale inattività e apatia, eppure Izumi rispondeva sempre serena che non c'era niente di cui preoccuparsi. Finché un giorno, forse stanca di vederlo sopra la propria scrivania, prese il libro Dog Training e lo recluse dapprima in un cassetto, poi non contenta lo spostò più volte fino a decidere proprio di buttarlo.

° ° °

Forse perché non sapeva come liberarsi di quella rabbia che gli cuoceva dentro che trattava Jaken sempre più duramente, scacciandolo perché non lo seguisse e punendolo per ogni sottigliezza. Tuttavia dal cambio di stagione Sesshomaru continuava a preferire la solitudine a qualsiasi altra compagnia e spesso si inoltrava nelle parti più profonde e silenziose della foresta.
“Quel mentecatto di Inuyasha.” Si ripetè, cercando di capire come il fratellastro fosse venuto a conoscenza del ritratto che le aveva dato Izumi. Più che per l'esuberanza del mezzo demone sentiva di essere in collera con se stesso per essere tornato indietro a prendersi quel misero foglietto il giorno in cui lo lasciò a terra. La sorpresa di vedere un ritratto così ben definito di se stesso non lo soddisfaceva come pretesto per tenerlo. Lo stropicciò fra le dita, quasi saggiando l'idea di liberarsene strappandolo in tanti pezzetti per poi cambiare opinione e decidere di lasciarlo scivolare a terra dove seguì con pazienza, ora dopo ora, l'effetto degradante che la terra bagnata ebbe su di esso.
“Non ho bisogno di una cosa del genere.” Si convinse. “Queste miserie prive di realtà che gli umani creano per sopperire a ciò che non hanno...” Pensò, nel mentre che tornava sul sentiero dove aveva lasciato Jaken.

° ° °

Sorrise e andò a portare l'ordine all'interno. Era passata quasi una settimana da quando Izumi era riuscita a trovare un lavoro in un ristorante, quell'attività l'aveva distolta da ogni pensiero e la sua routine stava tornando ad essere la meno anormale di sempre. Salvo per quei giorni che, finito il turno, trovava a casa Masa pronto a sconvolgerle un'altra giornata. Quel giorno era uno di quelli.
«Lascia stare il gatto.» Sospirò per abitudine entrando in camera e notando il ragazzo seduto sul proprio letto, nonostante Buyo non fosse nella stanza. «Che facciamo, andiamo da qualche parte?» Chiese curioso. «In una casa molto carina.» Rispose una volta seduta. «Dove?» «Siamo già arrivati.» Bofonchiò appoggiata alla scrivania. Masa sorrise e si alzò per andarle vicino. «Mia madre ti ricorda che è disposta ad aiutarti con i tuoi poteri.» «Tranquillo Masa, in quest'epoca non possono nuocere a nessuno.» «Per questo non attraversi più il pozzo?» Izumi era stanca per poter seguire il filo logico di quella che le sembrò un'insinuazione, così tentò a caso. «Non mi pare che si siano mai attivati contro di te.» «Hai paura di fare del male a Sesshomaru?» Chiese secco, ma non ottenne risposta, perché Izumi la stava cercando. «Cosa centra Sesshomaru adesso?» Disse infine, sollevando la testa dalla scrivania. Si guardò attorno e si accorse che Masa non c'era più, sospirò arresa.

° ° °

L'aria di quella mattina doveva essere particolarmente pungente poiché in un certo momento Izumi sentì un brivido e fu portata a guardarsi attorno, senza capire cosa fosse stato. Portò via i piatti da un tavolo scrollando quella strana sensazione via da se. Masa non si era fatto più vivo e fu sinceramente carpita dalla tentazione di andare a chiedergli scusa, il fatto è che si sentiva innocente delle stesse colpe che si faceva.
Giurò a se stessa di aver riflettuto sulla reale risposta che avrebbe dovuto dare a quella domanda, aveva lei davvero evitato per tutto quel tempo di tornare nell'era Sengoku perché aveva inconsciamente paura di poter fare del male a Sesshomaru coi suoi poteri spirituali? A causa di quei pensieri frequenti s'incantò più volte sul posto di lavoro, pronunciando a voce alta i propri pensieri, spaventando a volte i clienti.
“Masa vuol vedere il mio comportamento dal suo personale punto di vista.” «Signorina?» Izumi restò immobile, con lo sguardo perso nel vuoto. “La verità è che non ho intenzione di tornare nell'epoca Sengoku  per non dare altre occasioni a Sesshomaru per offendermi e deludermi.” «Signorina!» La richiamò l'uomo che stava aspettando d'essere servito. «Sì, mi scusi!» Si ridestò. “O almeno credo.”
Nel momento che ebbe finito di posare le pietanze al tavolo le cadde l'occhio alla vetrata che dava all'esterno e notò alcuni clienti incuriositi guardare fuori. «Izumi?» La chiamò una collega notandola imbambolata nel mezzo del passaggio, guardò nella sua stessa direzione e strizzò gli occhi. «E quello chi è?!» Ridacchiò. Sì perché ciò che aveva attratto alcuni clienti e la cameriera era il curioso abbigliamento del tizio appena fuori il ristorante, che guardava fisso e torvo all'interno. A Izumi tremarono i polsi, non le bastò sgranare gli occhi e notare che tutti come lei lo vedevano, credette comunque di vaneggiare suo solito. «Sesshomaru.» Sussurrò.
_____


Note: Salve a tutti! So che questo capitolo ha tardato davvero tanto ad arrivare, spero vogliate accettare per questo le mie scuse ed i miei ringraziamenti per averlo letto. Se volete lasciare il vostro parere, di qualsiasi tipo, ne sarò lieto :)
(A proposito, volevo dire di aver avuto la tentazione d'intitolare questo capitolo "Torna a casa Sesshy" ma l'ho trovato poco appropriato, però... LOL)
Un saluto e Buon 2012 !!!
Kain

Credits
link ; link ; link ; link


Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** L'arte dell'attesa ***


cap 8
°L'arte dell'attesa°


Precedentemente...

~La ragazza si sentì come se col proprio archetto avesse accarezzato la corda giusta ed incuriosita volle provarci ancora, fece scorrere quell'indice pericoloso lungo il dorso della mano ed il suo mignolo tremò impercettibilmente. Notandolo sollevò lo sguardo e si agganciò ai suoi occhi, senza più riuscire a distoglierne lo sguardo. Sentendosi indagato Sesshomaru si accigliò ma quelle sopracciglia minacciose stonarono completamente col tono dolce dell'ambra dei suoi occhi, ancora più con la piega delle sue labbra che vagavano da uno strano stato di preoccupazione ad un più intenso tono di disapprovazione. “Sesshomaru è una creatura complicata, potersi rapportare con lui implica una serie di piccoli e grandi regole da dover seguire. Non tutte queste regole sono scritte in un libro però, a volte basta leggere gli occhi, i suoi non mentono mai.”

«Non è vero che il Signor Sesshomaru non è capace di apprezzare gli umani, cosa ne vuoi sapere tu che non sai con quanto riguardo si è occupato di Rin!» La catena di parole dette tutte d'un fiato si bloccò d'un tratto su quella che era diventata la parola tabù e Jaken s'affrettò a fare l'indifferente, ma invano poiché Izumi si fece molto interessata. «Rin chi?»

Quello che  vide Masa fu Sesshomaru e Izumi vicini mentre lei lo ringraziava, poco distanti da una buca. Inizialmente volle andare a chiedere cosa fosse successo ma vedere Izumi così vicino a Sesshomaru l'aveva bloccato e non seppe mai dirsi se fu un bene o un male. «Sesshomaru, tu mi piaci! Ti prego di accettare i miei sentimenti per quelli che sono.» Sia Masa che Sesshomaru alle parole della ragazza restarono muti e sorpresi, ghiacciati sul posto, e nonostante ciò entrambi già consapevoli, in qualche modo, di quella verità.

Sesshomaru analizzò con occhi spietati l'interno e rimase interdetto nel riconoscere su quella superficie la stessa immagine che aveva avuto modo di vedere soltanto riflessa sull'acqua o sulla lucida lama delle sue spade: la sua stessa immagine, ritratta a fianco di quella di Izumi. «Quello è ciò che noi umani definiamo ricordo, lo immortaliamo come ritratto per poterlo riguardare in qualsiasi momento vogliamo, consci che anche dopo la nostra dipartita qualcun altro potrà vedere il nostro ricordo rendendolo sempre vivo.»

Quando Masa la vide sorridere divertita, così vicina a lui e con le guance tinte di rosa si alzò sulle ginocchia trovandosi a due palmi dal suo volto. «Togliti dai piedi.» «Sesshomaru.» Sibilò Masa, amareggiato. «Izumi sta indietro, a lui ci penso io.» Le intimò Masa che si pose davanti a lei. «Non chiedo di meglio.» Fu il commento di Sesshomaru prima di sfoderare Bakusaiga. «Smettila, che vuoi fare con quella spada?!» Gridò Izumi scansando con la mano la katana del demone e nell'esatto momento in cui toccò la lama questa brillò e fumò inerte subito dopo. «Energia spirituale.» Affermò Sesshomaru squadrandola con diffidenza. Quando lo vide andarsene Izumi provò a fermarlo. «Non mi toccare, miko!»

Ciò che aveva attratto alcuni clienti e la cameriera era il curioso abbigliamento del tizio appena fuori il ristorante, che guardava fisso e torvo all'interno. A Izumi tremarono i polsi, non le bastò sgranare gli occhi e notare che tutti come lei lo vedevano, credette comunque di vaneggiare, suo solito. «Sesshomaru.» Sussurrò.~

____________

Izumi vacillò, un formicolio bollente le strinse lo stomaco. “Come può essere qui?” Aldilà del vetro la candida figura dagli occhi di fuoco che le aveva stregato la mente. «Dove vai Izumi?!» Chiese allarmata una sua collega vedendola sgusciare via, la domanda improvvisa le ricordò il suo ruolo e voltandosi inciampò. «Scusa...ho da fare.»  Mise insieme, accorgendosi di avere ancora il vassoio in mano, ma dalla sua bocca riarsa uscì appena un sussurro che probabilmente passò inosservato. Mentre i clienti la scrutavano più incuriositi da lei che da dall'estroso elemento fuori dal locale. Izumi litigò con la maniglia della porta. «Avanti, non è un buon momento per essere impacciata.» Sibilò a se stessa, posò il vassoio su un tavolo a caso con il disappunto dei clienti e quando finalmente riuscì ad ottenere l'uscita un soffio d'aria gelida la irrigidì sul posto. Rimase basita nel notare che il demone non era più lì. «Sto impazzendo?» Si chiese guardandosi attorno. Si sentì chiamare dall'interno e solo allora si rese veramente conto di quanto avesse attirato l'attenzione di tutti e fu felice di avere una scusa per defilarsi. Nuotò con gli occhi in più direzioni finché vide Sesshomaru impassibile qualche decina di metri più avanti e quando si rese conto che non era né un falso né un miraggio si scordò di respirare.



La sorpresa dell'arrivo di Sesshomaru le aveva annebbiato la mente e non riusciva a mettere in piedi nessun discorso utile. “Ripensandoci è troppo affollato per un solitario come lui.” Pensò vedendono scrutare con piccole occhiate oltraggiate il parco dove Izumi l'aveva condotto.  «Che te ne pare Sesshomaru, quest'epoca è molto differente dalla tua.» La ragazza non pretendeva certo che il demone si abbassasse a condividere la stessa gelida panchina ma sperava almeno che le spiegasse il motivo per il quale era lì, eppure se ne stava in piedi impassibile ignorando qualsiasi cosa dicesse. «Il piccolo kappa petulante l'hai lasciato a casa?» Sorrise nervosamente e si schiarì la voce ma Sesshomaru non la degnò di uno sguardo e lei pian piano tramutò l'entusiasmo in ansia.

Spesso i proprietari tendono a punire il proprio cane quando torna a casa dopo essere scappato, così facendo incentivano il comportamento di fuga, infatti, per aumentare il comportamento di ritorno è opportuno premiarlo ogni volta che torna con dei bocconcini.

«Posso offrirti il pranzo?» Tentò, sperando in un approccio legato a uno dei bisogni basilari di chiunque, persino del demone che stava continuando ad ignorarla. «Un corollario di piatti che non hai mai assaggiato!» Spiegò ansiosa. Izumi strinse gli occhi, lo sbuffo del demone era disarmante. «Vuoi che suoni? Posso andare a prendere il violino...» «Tutto questo tempo...» Aveva cominciato improvvisamente, col suo tipico tono altero. «Per tutto questo tempo mi hai importunato con insistenza, sentendoti in grado di dispensare a me lezioni sui ricordi e la persistenza di essi nel tempo. Tutto questo per dei sentimenti umani verso la mia persona.» Disse con feroce calma. «Valevano così poco? » Izumi schiuse la bocca. “No, non è così! Perché non riesco a rispondere?” «Tutto per tornare in questo...squallido mondo?» “Cosa sta succedendo? Non so...cosa dire!” La ragazza arrossì senza rendersene conto, era il panico. Sesshomaru era passato da un'imbarazzante silenzio a quella che sembrava un'offesa e un'insinuazione troppo velocemente e la ricercata abilità del demone di azzittire Izumi stava funzionando a meraviglia. “Cosa sta dicendo proprio adesso, pensavo che fosse venuto qui per cercarmi!” «Sei stato tu a dirmi di starti lontano...» Sussurrò sconsolata. «Non attribuire a me le tue decisioni e indecisioni.» Nel giro di pochi secondi il demone era riuscito a sopprimere ogni entusiasmo nella ragazza. “Credevo che fossi venuto qui per me, speravo fossi venuto a chiedermi di tornare!” «Avevi detto d'avere abbastanza anni da non farti mai dimenticare.» “Credevo di disgustarti con questi poteri, speravo fossi venuto a dirmi il contrario...” «Avevi detto che mi avresti dimostrato come persino un'umana può rimanere al mio fianco per sempre.» “Pensavo fosse diventato inutile insistere ormai!” «Ebbene sto ancora aspettando.» «Non capisco.» Izumi in cuor suo credeva di aver già trasmesso quel tipo di messaggi, pensava di aver già conquistato un po' della sua fiducia e forse anche del suo affetto, almeno prima che l'energia spirituale fluisse fuori dalle sue mani proprio contro di lui. “Ho fallito in tutto quel che ho tentato?” Sesshomaru la fissò negli occhi per la prima volta da quando le aveva parlato e quegli occhi diabolici che l'avevano incantata sin dal primo incontro, quelli del predatore, le incisero l'anima. «Non c'è alcun modo in cui un'umana qualsiasi possa farlo.»
La ragazza tremò appena guardandolo incamminarsi per uscire dal parco, fra gli sguardi curiosi della gente, e quando fu giunto alla fine dell'ombrello di alberi...sparì, con la stessa silenziosa immediatezza con la quale quale era arrivato. «Hai viaggiato attraverso spazio e tempo per dirmi tutto questo.» Izumi deglutì, cercando Sesshomaru nel cielo. «Dovevi essere molto motivato...» Disse con un sibilo e gli occhi le cominciarono a pizzicare. Scattò in piedi non appena se ne accorse e raggiunse l'uscita scrutando il cielo sopra di lei, rischiando più volte di sbattere contro le persone. «Sesshomaru!» Gridò infine, inciampando sul marciapiede attirando su di se l'attenzione di tutti. «Sesshomaru!» Lo chiamò ancora, ma il cielo era sgombro, questo non le impedì di correre a casa più veloce che poté. “Demone o no è attraverso il pozzo che si viaggia nel tempo, deve passare per forza di lì.” Sperò davvero di poterlo incrociare, arrivò al pozzo mangiaossa barcollando per la fatica, la porta del tempietto era chiusa e la piazza vuota. Aspettò sperando dovesse ancora arrivare. «Ma chi sto prendendo in giro.» Mugolò qualche minuto dopo, con le mani al ventre dolente per la faticata. «Dev'essere arrivato qui quando ancora ero seduta sulla panchina.» Ragionò fra se e se ridendo nervosamente.

°°°

Izumi trascorse i due giorni seguenti in assoluto silenzio, restando molto tempo stesa sul letto o col naso affondato in qualche libro, senza leggerlo veramente. Si sentiva talmente spenta dall'aver rinunciato al lavoro trovato alcuni giorni prima. Spesso Masa arrivava dall'epoca Sengoku per osservarla di nascosto per qualche minuto, la vedeva fissare il vuoto, sospirare, aprire un libro e richiuderlo poco dopo. Sperava che fosse lei per una volta a cercarlo e magari parlargli ma non accadeva mai. Pensava a lungo, tutto il tempo. “Credevo di aver mollato tutto per una valida ragione.” Osservò il palmo della mano che aveva reagito al tocco di Bakusaiga. “Poteri spirituali, non servono forse per esorcizzare i demoni?” Il silenzio di quella stanza venne scosso da un sospiro sconsolato. «Come fa una sola persona a farmi sentire insignificante e senza speranze con una manciata di frasi...» Izumi ripensò al demone cane, riflettendo su tutte le cose che avrebbe potuto rispondergli, sentendosi ridicola per non aver sostenuto la discussione come avrebbe fatto con chiunque altro «Che mi è preso? Non sapevo cosa dire con tutto quello che già diceva lui!» Sbuffò girandosi di lato. “Perché è venuto fin qua per dirmi quelle cose? Non era sufficiente avermi rifiutato più volte con quello sguardo disgustato che gli piace tanto indossare?!”
Lasciò che il flusso di pensieri la riportasse al momento esatto in cui gli aveva parlato, per l'ennesima volta.


Quella sera era freddo, aveva smesso di piovere da poco e l'aria era ancora estremamente fresca. Masa stava appollaiato accanto alla finestra rigata dalla pioggia. «Non vai a salutarla neanche oggi?» La voce lo fece sussultare, alle sue spalle passava il vecchio Sota portando con se una vecchia scopa. «No, non credo abbia voglia di vedere me.» Mormorò il ragazzo scrutando il bambù stretto attorno al bastone. «Ma sei tu ad avere voglia di vedere lei, vieni qui quasi tutti i giorni.» Ridacchiò spazzando via la confusione che la pioggia aveva portato. «Non le sfugge niente a quanto pare.» Sussurrò tornando a guardare oltre le tende.
Izumi era partita alla ricerca di un'avventura, voleva vedere qualcosa che rilucesse di splendore e che l'abbagliasse dalla grigia routine che una qualsiasi ragazza come lei l'avrebbe attesa da lì per tutto il resto della sua vita. Sesshomaru non era previsto, incontrare qualcosa ritenuto ormai mitologico non era nemmeno lontanamente immaginabile. Che fosse per la sua natura ambigua di creatura diabolica sia animale che umana, o per la sua innata forza ed elegante bellezza fuse assieme o per il mistero e il fascino di un portamento nobile di tempi e luoghi ormai dimenticati, Izumi era ormai stregata dalla sua persona. Aveva lasciato indietro ogni altro aspetto della sua vita per rincorrerlo e per quanto s'impegnasse le sembrava di non riuscire a guadagnare terreno fra quello che le sembrava di ottenere e quel che il demone puntualmente le strappava via. «Non voglio abbandonare tutto.» Aprì di scatto gli occhi e diede un'occhiata alla scrivania. «Non c'è mai stato nulla che mi abbia fatto impegnare così tanto.» Disse destando l'attenzione di Buyo che si stiracchiò, sperando in una sessione di coccole. Passò la mano sopra i libri che aveva letto per lui, dei quali Dog Training era stato solo il primo di una lunga serie. “Nemmeno il violino mi ha mai motivato in questo modo.” Girò qualche pagina gialla di un vecchio libro e l'immagine severa ma affascinante di una sacerdotessa arricchì all'improvviso i caratteri scuri del testo. Izumi si accigliò: quella era la causa della sua confusione. Chiuse il libro di scatto e si volse per aprire la custodia del proprio violino. Non c'è alcun modo in cui un'umana qualsiasi possa farlo. Le parole di Sesshomaru non avevano mai smesso di echeggiarle nella mente e ormai avevano assunto l'entità di un fastidioso mal di testa. «Grazie tante per aver dato a quest'umana qualsiasi false speranze...» Sussurrò ripensando a come le era stata vicina il giorno di pioggia estiva, tanto vicino da poterlo toccare e sentirne la vita scorrere nelle vene. «Non sono un'umana qualsiasi.» Sibilò accompagnandosi con una stecca volontaria. Le corde del violino vibrarono di protesta e lei sgranò gli occhi. «Non sono un'umana qualsiasi!»  Sì alzò con lo strumento e l'archetto ancora in mano, scioccando se stessa per quel che aveva appena capito. «Era questo che volevi dire? Credevo fossi uno che parla in modo diretto!» Gridò, dall'altra parte della porta la madre diede un'occhiata preoccupata al marito. «Parla da sola.» Disse in un sussurro. «Sai che novità.» Borbottò lui, Izumi Sgusciò fuori un secondo dopo. «Dove vai è già buio.» «Torno subito.» Izumi agguantò poche cose e corse fuori, ignorando qualsiasi altra cosa che la madre le avesse detto. La sua piccola figura s'infilò nel tempietto e Masa la vide sparire. «Era di fretta.» Commentò Sota. «Non la raggiungi?» «Non è una buona idea, ha ben altro per la testa.» «Cosa intendi dire?» Masa osservò il vecchietto, con il naso rosso e l'espressione ingenua. «Nulla, è meglio che torni a casa.» «A presto allora.» Rispose sconsolato e rimase a guardarlo avanzare lento verso il pozzo. «Forse dovrei farlo anch'io un salto da quelle parti.» Mormorò continuando a spazzare i dintorni. «Così almeno capirei perché ne escano tutti di cattivo umore.»

°°°

Era un giorno nuovo e Izumi l'aveva passato quasi totalmente nell'epoca Sengoku. Aveva accantonato le vesti di cameriera per qualcosa di più originale, nonostante le proteste della madre. Anche lei era riluttante all'abbandonare un lavoro appena trovato ma per quello che voleva l'intero tempo a propria disposizione era appena sufficiente.
Un'altra freccia si conficcò a pochi centimetri dell'altra sul bersaglio e Kagome sospirò. «Devi concentrarti Izumi, il tuo obbiettivo non è colpire adesso.» «Lo so.» Rispose sconsolata. «Non è facile.» «Imparerai ma mettici più impegno.» La vecchia miko l'incoraggiava, sapeva bene quanto Izumi fosse determinata. «Le sacerdotesse utilizzano in questo modo la propria energia per combattere le entità malvagie da secoli.» Le ripeteva ripensando a come lei stessa avesse faticato nell'usare correttamente le proprie abilità e ai guai che causò la prima freccia che scoccò. Nella mente di Izumi però c'era un tornado. Tendeva l'arco e mentre mirava aveva pochi secondi per cercare di far affluire la propria energia spirituale nella freccia. Inoltre più Kagome le ripeteva di immaginare un demone al posto del bersaglio più Izumi trovava difficile impegnarsi nell'immaginare di attaccare un demone quando il suo obbiettivo era non ferirne un altro. “Imparare ad affrontare demoni, cosa penserai di me adesso Sesshomaru?”

Le chiacchiere e le risa degli abitanti di Musashi penetravano facilmente anche nel fitto degli alberi. Su uno di questi stava appollaiato Masa, amante delle postazioni alte, nonostante l'autunno rendesse quell'abitudine scomoda a causa del bagnato e delle fronde spoglie. “Sembra quasi stiano festeggiando.” Constatò ascoltando la fusione dei suoni provenienti dal villaggio. D'un tratto fra le voci si alzò il suono inconfondibile del violino di Izumi, accompagnava il ritmo festoso della sera con toni allegri e freschi. Se da un lato Masa restava lontano per evitare la presenza di Izumi dall'altro il padre la subiva. L'espressione imbronciata di Inuyasha però la divertiva. “Deve proprio odiare questo suono.” Notando i ringhi sommessi del mezzo demone Izumi si aspettava che gli potesse abbaiare contro, proprio come il cane dei vicini, e ovviamente lo immaginò, finendo così per ridere prepotentemente. Quando la gente cominciò a ritirarsi anche Izumi decise di tornare a casa. «Probabilmente mia madre sarà ancora sveglia, apprensiva com'è.» Kagome accompagnò la nipote al pozzo e si assicurò che la ragazza tornasse il giorno dopo per continuare gli insegnamenti. «Questo portalo con te.» Le disse porgendogli la divisa da miko. «Grazie, ma è davvero necessario che lo metta?» Izumi sorrise un po' imbarazzata. «Non che sia brutta o scomoda ma...» «Tranquilla non è necessario. Anch'io ho sempre preferito i miei abiti prima di venire a vivere qui, ma portarlo con te ti ricorderà il tuo impegno.» «Grazie Kagome. Un'altra cosa...» Chiese prima che la donna se ne andasse. «Anche imparare ad usare l'arco è necessario? Voglio dire non c'è nient'altro che possa usare?» «Non ti piace proprio, vero?» Mormorò la vecchia miko al sorriso imbarazzato di Izumi. «Utilizzare l'arco ti servirà per imparare a far fluire l'energia spirituale, controllarla ed usarla come un'arma qualora fosse necessario.» «Va bene.» Sussurrò la ragazza che non aveva mai avuto simpatia per gli archi che non emettessero suoni. «Comunque sia probabilmente non te ne sei accorta ma fai già qualcosa di simile a quel che vorresti.» Izumi rimase perplessa. «Il violino.» La illuminò Kagome. «Quando lo suoni un'aura leggera e pura si diffonde nell'aria, come se facessi piovere energia pura.» La donna sorrise all'espressione stupita della ragazza. «Quando suoni sembri riuscire ad incantare anche tutta la foresta.» Le confidò prima di tornare sui suoi passi verso il villaggio.

Buyo diede appena un'occhiata di bentornato alla padrona prima di tornare sulle sue. “Ora capisco molte cose.” Sospirò abbandonandosi sul letto. “Senza rendermene conto usavo i miei poteri suonando, forse è per questo che Sesshomaru apprezzava?” Si concesse un ghigno al pensiero ma sapeva che era ancora ben lontana dal potersi ritenere soddisfatta.

Gli allenamenti durarono tutto il resto della settimana prima che Izumi riuscisse a strappare un moto di approvazione da Kagome. La ragazza non si era più addentrata nella foresta, né aveva provato a cercare Sesshomaru. Voleva essere completamente nuova, voleva stupirlo, voleva contraddirlo. Le sue giornate trascorrevano quasi sempre nell'epoca Sengoku ma nonostante questo Masa continuava ad esulare dal villaggio. “Dovrò parlarci prima o poi, mi dispiace che debba continuare ad evitarmi.” Izumi si stava mettendo il kimono bianco, quei vestiti da miko che Kagome le aveva dato e che non le erano mai piaciuti. «Hai fatto?» Chiese la vecchia miko dall'esterno della capanna. «Arrivo.» Quando uscì non trovò solo Kagome ad attenderla. «Stai proprio bene vestita così.» Le sorrise Miroku. «Se vuoi quando Kagome avrà finito potrò insegnarti qualcosa anch'io.» Izumi sospirò. «Grazie, mi basta il pensiero.» «Fammi sapere se cambi idea.» Urlò quando Izumi fu già distante. La vecchia miko quel giorno la portò nella foresta e le spiegò come potesse diventare pericoloso quell'ambiente, specialmente di notte e lontano dal villaggio. Izumi non aveva mai realmente pensato a queste cose per tutto il tempo passato fra quegli alberi, né aveva incontrato altri demoni all'infuori di Sesshomaru. “Mi chiedo il perché poi. Che i miei poteri li abbiano tenuti lontani? O qualcos'altro forse.” «Senti questa presenza maligna?» La interruppe Kagome. La ragazza dovette attendere qualche secondo e concentrarsi a fondo per poterla percepire. «La sento, ma è lontana.» «Non è lontana è solo molto debole. Dev'essere un demone minore nelle vicinanze, ma non tutti i demoni sono una reale minaccia per le persone. A volte si tratta di kitsune, dispettosi ma pacifici oppure dei tanuki, gli piace ingannare le persone ma anche loro non sono aggressivi.» Kagome continuò a farle strada lungo sentieri e radure per tutto il pomeriggio, cercando di affinare la capacità sensoriale della ragazza. Nel percorso non trovarono nulla di più che tre piccoli kitsune che a Kagome ricordarono tanto Shippo quand'era ancora un cucciolo.

La sera quando Izumi tornò a casa trovò un ospite ad attenderla in camera sua. «Masa.» Il mezzo demone l'aveva aspettata seduto sul letto, assieme a Buyo. «Ti trovi bene in quegli abiti?» Chiese intento a giocare col gatto, che non sembrava pensarla alla stessa maniera. «Non posso lamentarmi, il costume da oni indossato in una recita scolastica era davvero qualcosa di peggiore.» Ironizzò posando la borsa sulla scrivania. «Hai deciso di non evitarmi più?» Izumi capì che quella era un'occasione eccellente per parlargli e si promise di essere davvero chiara. «Direi che è diventato impossibile adesso che sei ogni giorno nel nostro villaggio.» Mormorò stropicciando il gatto che pacifico subiva in silenzio.
«Masa.» Cominciò, cercando si trovare il modo per essere più delicata possibile. «Stai per dirmi che non puoi pensare a me perché ti interessa solo Sesshomaru?» Izumi rimase perplessa. «Lo so già.» Avrebbe voluto dirlo lei ma in qualche modo si sentì sollevata di non averlo dovuto fare. «Mi dispiace Masa.» «Non fa niente.» Rispose secco senza distogliere lo sguardo dalla parete. «Non volevo illuderti, mi dispiace davvero.» «Ti ho detto che non fa niente, lo sapevo già. Ricordi la notte che lo hai confessato a Sesshomaru, io ero lì.» Sorrise mestamente dandole un'occhiata. «Ero io a illudermi che tu potessi cambiare idea.» Izumi si sentiva mortificata per quel ragazzo che aveva conosciuto tanto sereno quanto sorridente e che adesso riusciva appena a guardarla negli occhi. «Con questo non voglio allontanarti, sei sempre il benvenuto qui...puoi venire a mangiare il gelato ogni volta che vuoi.» Rise, cercando di alzare un po' gli animi. Masa sorrise di risposta. «Magari un giorno.» Izumi sapeva che quel forse poteva voler dire anche “mai”. «Izumi.» Continuò il mezzo demone alzandosi. «Fai attenzione, quello dei demoni è un mondo pericoloso ed essere sacerdotessa cambia poco.» «Lo so.» «No, non lo sai.» Le rispose secco rivolgendole appena uno sguardo prima di andarsene. Buyo miagolò di protesta, perché bene o male preferiva le attenzioni moleste di Masa che nulla, cercò ripiego nella padrona che però rimase immobile a fissare la custodia del violino appoggiata alla scrivania. Storse le labbra, quel che aveva nel petto era una fitta continua. “Quanto tempo è passato?” Si chiese prima di dare un'occhiata alla parete, dove il calendario le dette la risposta. Da quando Sesshomaru era comparso nella sua epoca quanto tempo era passato? “Siamo già ai primi di Dicembre ormai.” Realizzò. «Domani devo tornare da Kagome per altri allenamenti, anche se ormai riesco a gestire un po' questo potere.» Si alzò e prese il violino, rituale che la tranquillizzava sempre, a Izumi nel profondo mancavano le ore di inseguimenti passati alla ricerca di Sesshomaru e la soddisfazione profonda nel trovarlo e poterlo osservare da lontano. “L'ultima volta che l'ho visto non è stato un momento poi così piacevole.” Aveva una profonda voglia di vederlo, come se fosse il suo ultimo desiderio, come se non lo avesse mai visto. «Sesshomaru.»

°°°

All'improvviso il piccolo kappa starnutì. «Dannazione diventa sempre più freddo e il vento sempre più forte.» Borbottò piano stringendosi accanto al fuoco. «Il Signor Sesshomaru non ha problemi simili.» Jaken aggiunse un pezzo di legno fra le fiamme piagnucolando, invidioso della pelliccia del proprio padrone. “Anche se i giorni passano e il tempo cambia il Signor Sesshomaru sembra sempre di cattivo umore, mi chiedo a cosa stia pensando.”
Che il vento diventasse sempre più aggressivo e gelido era vero, la cima dell'albero dove Sesshomaru s'era appostato ondeggiava obbediente alle spire invernali. Il demone osservava le vaste estensioni della foresta arrivare fino ai piedi delle montagne e ripensava al mondo aldilà del pozzo. La sua prima impressione era stata la peggiore, ciò che i suoi occhi avevano visto era pessimo, ciò che il suo naso aveva percepito era disgustoso e ciò che il suo udito aveva sentito era indecifrabile e sconquassante. Da quando era tornato, attraversando l'insolito fascio d'energia del pozzo, sentiva di apprezzare maggiormente l'epoca in cui era nato.

°°°

«Izumi? Izumi mi senti?» La madre della ragazza bussò più volte prima di riuscire a destare la giovane sacerdotessa  dal torpore in cui si trovava. «Cosa c'è?» «Dovresti dirmelo tu, sei chiusa la dentro a suonare da ore!» Osservò l'orologio sopra la scrivania, aveva cominciato questa mattina e si sorprese di quanto tempo fosse passato, le sembravano pochi minuti in realtà. Si stava esercitando spesso ormai nel far fluire energia spirituale attraverso il violino, Kagome era soddisfatta dei progressi di Izumi ma le lezioni sembravano non voler finire mai, erano proseguite per settimane e la fine dell'anno s'intravedeva all'orizzonte. «Izumi?» «Sto provando dei pezzi.» La madre sospirò, i cambi di umore della figlia si erano susseguiti velocemente nell'ultimo anno, con la stessa volubilità del tempo di marzo ma la ragazza era sempre stata mutevole e la cosa non la sorprendeva più di tanto. Si era arresa a prenderla così com'era. «Ricordati di mangiare, non trascurarti.» Borbottò allontanandosi. Dal canto suo Izumi era in uno stato di equilibrio, nemmeno lei sapeva come ma dall'entusiasmo e frenesia iniziali, mista all'ansia dovuta alla voglia di rivedere Sesshomaru, ora si trovava nel mezzo di una calma sottile ma densa. Che fosse dovuta alla maggior consapevolezza di se e alla noiosa routine o che si trovasse proprio nell'occhio del proprio personale  ciclone non le era chiaro. Che troppo tempo era passato senza vedere il demone cane era l'unica cosa di cui era certa, talmente tanto che era terrorizzata all'idea che l'avesse dimenticata a causa della sua mancata costanza. Aprì il libro Dog Training, recuperato dal cestino tempo addietro, e si crogiolò per l'ennesima volta nella foto che lì vi conservava, la signora foto che solo lei al mondo poteva vantare di avere: la sua foto con Sesshomaru. Se solo la vista potesse consumare non sarebbe rimasto più niente di quel povero fermo immagine e si chiedeva che fine avesse fatto la copia che aveva dato a Sesshomaru. «Oh giusto, l'avevi buttata.» Ma sorrise, l'espressione che aveva generato nell'imperituro volto del demone era sufficientemente appagante.
°°°

La neve aveva già cominciato a scendere e il freddo pungente dell'aria s'insinuava nel tessuto dell'hakama della giovane sacerdotessa. Kagome aveva preparato per Izumi uno scialle di paglia già da tempo e guardandola vestita di tutto punto esercitarsi con l'arco, ignorando i continui fiocchi di neve, si chiese quale sarebbe stato il suo destino, o meglio, quando: nell'era Sengoku o nell'era Heisei alla quale Izumi appartiene? “Sota ha fatto domande legittime.” Ricordò Kagome. “Il pozzo mangiaossa ha reagito ai poteri spirituali di Izumi.” «Per oggi è meglio fermarsi, sembra che nevicherà a lungo e sempre di più.» «Recupero le frecce e arrivo.» Mentre Kagome la precedeva avviandosi verso il villaggio Izumi raggiunse il bersaglio di legno già cosparso di bianco. Sfilando le frecce percepì qualcosa nascondersi fra gli alberi. «Un demone.» L'idea che fosse Sesshomaru le accelerò i battiti e una scossa di adrenalina l'accese, diede uno sguardo a Kagome già ai bordi delle risaie e con un guizzò si avviò verso il demone. Formò tante piccole orme irregolari nel primo manto di neve fino a raggiungere il tappeto di erba e foglie, protetto da un tetto di fronde, e piano s'inoltrò fra gli alberi.



Il fischio del vento entrò prepotente nella fitta rete della foresta, portando con se freddo pungente e un misto di segnali. Due fessure d'oro si schiusero, Sesshomaru aveva indagato attentamente i suoni e gli odori ed era consapevole che Izumi era appena entrata nella foresta. Il suo sguardo ruotò nella sua direzione e realizzando quel che stava accadendo si mosse veloce fra i tronchi e la penombra. “Quell'umana...non è cambiata in fondo.” Si disse individuando metri avanti a se la propria preda, salì sulla cima dell'albero di fianco e osservò l'oni girarsi attorno. Sesshomaru si chiese quante volte ancora si sarebbe prestato in quel modo, uccidendo demoni che la giovane umana attirava immancabilmente verso di lei con la sua indiscreta presenza, l' ingenua e dissennata sicurezza con la quale vagava per la foresta. L'abitudine l'aveva reso schiavo, usava fare lo stesso con Rin e ormai aveva smesso di chiedersi il perché di molte cose. Sentì i veloci passi della giovane miko farsi sempre più vicini, sfoderò Bakusaiga volgendo un rapido taglio all'ignaro oni che deflagrò in mille scintille, lasciando niente di se. Poco dopo aver rinfoderato la spada Izumi entrò nel suo raggio visivo e la osservò placido mentre proseguiva il suo cammino nella penombra sempre più oscura della foresta. D'un tratto la ragazza si fermò, guardò dietro di se e tutt'attorno. Serrava l'arco nella mano e una freccia nell'altra, nel caso incontrasse ben altri che Sesshomaru, il quale la guardava da lassù, a qualche albero di distanza. Izumi sembrava non riuscire a individuarlo e questo disegnò nel volto del demone un ghigno di scherno per il ruolo che quell'umana aveva deciso di calzare a forza nella sua vita. Un riso forzato il suo che sentiva più amareggiato che di derisione, un fastidio che non sapeva decifrare. L'aspirante sacerdotessa ripose la freccia nella faretra e sospirò, per poi sorridere timidamente. Sesshomaru restò a guardarla, sorpreso, e un'idea s'insinuò nella sua mente, dapprima pungente e poi feroce. Il silenzio attorno a lui gli permetteva di sentire qualsiasi cosa, dal tenero adagiarsi della neve sulle fronde sempreverdi, al battito cardiaco di Izumi, al suo. Un battito che prepotente tradiva l'ambiguo sentimento di non voler essere trovato per sentirsi al sicuro a quello di voler essere trovato per mettere velocemente fine alla logorante apprensione. “Questo è quello che prova una preda?” Si sorprese a pensare, pensiero che decise di esorcizzare immediatamente, esponendosi al proprio predatore. Gli bastò fare un passo indietro per liberarsi del sostegno dello spesso ramo sul quale si trovava. Scese lentamente, silenziosamente, quasi fluttuando e senza che Izumi, che gli dava le spalle, lo notasse. La giovane aveva chiuso gli occhi e secondo dopo secondo cercava di acuire la propria percezione estendendola fino ai limitari della selva, individuando tante piccole forme di vita demoniache e non. Sentì il muoversi timido di un piccolo demone nel buio, la presenza di tanti piccoli spiriti degli alberi e alcuni animali vagare in cerca di cibo, finché lentamente percepì per la prima volta una vera forza demoniaca. Era un'energia potente e fiammeggiante che seppur contenuta riusciva a lambire da sola l'intera foresta, con una forza selvaggia e folle che ribolliva dentro di essa, come la lava di un vulcano o una schiera di furenti cavalli tenuti al giogo, silenziosa e seppur echeggiante come un'ululato. Per quanto questo dovesse terrorizzarla, Izumi sentì che qualsiasi essere possedesse una tale forza riuscendo a dominarla e condurla doveva essere una creatura straordinaria. Finalmente, per la prima volta, capì il significato del pittoresco termine Grande Demone cane. Si girò e sorrise. «Trovato.»



Kagome osservò ancora la radura imbiancata oltre le risaie in cerca di Izumi, se c'era una cosa che aveva capito di quella ragazza era la natura volubile e la tendenza a buttarsi, anche senza sapere che tipo di situazioni. Saggiò l'idea di cercarla sotto le spire furenti della neve, che in pochi minuti aveva assunto maggiormente l'aspetto di una tormenta, o se aspettarla ancora un po'. “Conoscendola  è andata incontro a qualcosa, è facile catturare la sua attenzione ma con questo tempo cosa ci potrebbe essere la fuori di interessante?” Farsi la domanda e rispondersi fu tutt'uno, Kagome strinse il proprio arco e si nascose sotto l'ampio cappello tornando dal bersaglio di Izumi. “Deve aver percepito un demone ed essergli corsa dietro, ragazza frettolosa! Non credo di essere stata così alla sua età.” A pochi metri dai primi alberi rallentò. “O forse sì...” La foresta che si estendeva ai piedi della collina e fin sopra essa era diventata impenetrabile con la discesa della notte, Kagome fece fatica a vedere davanti a se ma fu molto semplice percepire l'immensa forza demoniaca e si sentì sicura che avrebbe trovato anche Izumi in quella direzione.

«Una sacerdotessa?» Chiese Sesshomaru, cercando di trasmettere scetticismo. Izumi sorrise sorniona. «Così almeno non potrò più essere definita un'umana qualsiasi.» Il demone la guardò in tralice, indeciso se definire lo sguardo di Izumi come accusatorio o canzonatorio. «Un umano resta sempre umano, qualsiasi sia il vestito ch'egli porta.» Le disse in un sibilo. «Che ne pensi  di un'umana che può disintegrare un demone con una freccia?» Sesshomaru la derise con uno sbuffo, e osservò la sua espressione convinta e gli occhi decisi. «L'umano...deve avere il tempo di scoccarla.» Aggiunse con un tono più serio e minaccioso ma Izumi decise di non lasciarsi smuovere, era stato lui a indirizzarla verso quel ruolo, non avrebbe abboccato ad un Sesshomaru che mette in dubbio se stesso. «E se l'avessi già scoccata da tempo?» Sussurrò Izumi più per l'abitudine di parlare al posto di pensare che per volerlo dire, ma l'acuto udito di Sesshomaru non mancò di cogliere la frase e la sua allusione. Fu allora che nell'aria si udirono i richiami di Kagome, cercava Izumi e a gran voce. La ragazza si girò e vide la vecchia sacerdotessa raggiungerla affannata. «Izumi! Cosa ti è saltato in mente di entrare nella foresta da sola, di notte?!» Le gridò contro. «Dov'è?» Chiese mentre riprendeva fiato. «Dov'è chi?» «Il demone! Il demone al quale appartiene quest'energia, quello che sei venuta a rincorrere, razza d'incosciente!» Izumi non capiva, si girò verso Sesshomaru e solo allora notò che se n'era già andato. «Scappato.» Sussurrò e Kagome fece un sospiro. «Avanti, torniamo al villaggio. Non farlo mai più, se ti succedesse qualcosa Sota non me lo perdonerebbe mai!» Borbottava invitando la ragazza a camminare davanti a se, cosicché potesse tenerla d'occhio. Tutta quell'apprensione nei suoi confronti la fece ridere di gusto, cosa che Kagome non apprezzò per niente ma più che altro Izumi pensava al demone che di gran fretta s'era dileguato. «Sei un maestro dello scappare...» Soffiò fra se e se, talmente piano che Kagome non la notò nemmeno e continuava a guidarla nel fitto degli alberi mentre Izumi rideva e le diceva di calmarsi, quello che ignorava era che il diretto interessato aveva sentito benissimo.

°°°

Il giorno dopo Izumi si risvegliò nel freddo della capanna di Kagome e vide la sacerdotessa già pronta per avviarsi all'esterno. «Dove vai?» Le chiese assonnata.
Tra tutti i luoghi del villaggio la ragazza non si aspettava che qualcuno avesse la propria tomba posta così lontano. Kagome l'aveva invitata a seguirla fra la foschia ed il freddo pungente della mattina lungo il sentiero che porta fin sopra la collina. Lungo il passaggio in uno spiazzo, accoccolata fra gli alberi si ergeva una pietra nel bianco. La vecchia sacerdotessa posò a terra la propria cesta e pulì via la neve con cura. Le faceva uno strano effetto vederla, essere al cospetto della famosa Rin. Si strinse nel suo manto di paglia e osservò Kagome fare spazio fra la neve per posare degli intrecci delicati di steli. «Perché qui? Le altre pietre tombali sono tutte nel villaggio.» Izumi vide la donna sorridere mestamente. «Le pietre tombali sono solitamente vicine al villaggio perché possano essere vicini ai loro cari ma...Rin non era cara solo a noi.» La ragazza sentì una fitta allo stomaco e la pesante sensazione di essere solo un peso ed un ostacolo nell'intera era Sengoku. «Quando fu l'ora decidemmo di assecondare la natura di Rin stessa che in vita divise il proprio affetto fra il regno umano e quello demoniaco.» Izumi sapeva benissimo che con regno demoniaco Kagome intendeva Sesshomaru, ricordava bene ogni parola del racconto di Jaken da quando il demone l'aveva resuscitata con Tenseiga a quando le aveva dato l'ultimo saluto. «Quando la pira venne accesa Inuyasha vide il fratello Sesshomaru osservarla proprio da questo punto.» Continuò rialzandosi faticosamente. «Sai loro due avevano un legame speciale sin da quando lei era una bambina così...trovammo questo luogo perfetto per stabilire un equilibrio che permettesse alla gente del villaggio di renderle omaggio, così come ai demoni, in maniera discreta e silenziosa.» Kagome sospirò, come per soffiare via il peso della malinconia del luogo e della triste storia della sua giovane amica, per poi riprendere il cammino lungo il sentiero. «Izumi?» La donna la vide assorta nei suoi pensieri, immobile davanti dalla nuda pietra. «Posso rimanere qui per un po'?» Chiese piano, come per non disturbare nessuno. Kagome aggrottò la fronte. «L'importante è che non sparisci all'improvviso come ieri, non cacciarti nei guai.» Izumi notò come le raccomandazioni della donna somigliassero a quelle che sua madre le aveva sempre ripetuto in modo meccanico e si chiese se fossero le madri ad essere tutte uguali o se era proprio lei ad essere così preoccupante. Quando vide Kagome in lontananza Izumi prestò i suoi rispetti a Rin e si accovacciò a terra, nel punto che la donna poco prima aveva pulito dalla neve. “Non ti ho mai conosciuta ma già so che dovevi essere speciale, ho avuto modo di conoscere Sesshomaru e so che entrare nelle sue grazie è un'impresa lunga e ardua, o forse è per me che è complicato.” Izumi si guardò le ginocchia e si chiese quanto ciò fosse opportuno o meno. “Probabilmente sono l'ultima persona che ti aspettavi, da un'altra epoca,  totalmente un altro mondo, mai conosciute...ma abbiamo qualcosa in comune. So che eri speciale per Sesshomaru e che lui lo era per te perciò spero che non mi odierai tornando nel mondo dei vivi come spirito perseguitandomi.” D'un tratto sbarrò gli occhi che teneva chiusi e con molta placida calma li richiuse, Izumi lo aveva percepito, anche se si domandò quanto tempo ci aveva messo per accorgersene. “Ti giuro che ho le migliori intenzioni e se dovessi dare un motivo alla mia folle impresa...sono sincera: non saprei dartelo. Istinto credo, destino forse? Tu credi nel destino Rin? Di tutte le creature di questo mondo Sesshomaru è stata la prima che io abbia incontrato in quest'era, la prima dopo che il pozzo mangiaossa mi ha concesso di viaggiare lungo la trama del tempo. Non sono una di quelle persone alle quali piace ragionare prima di fare le cose, mi dicono spesso che sono volubile, svampita e imprevedibile perché mi butto, mi butto e basta senza pensare. Volevo provare qualcosa di avventuroso e vedere qualcosa di meraviglioso e ho trovato un Grande Demone cane dagli occhi forgiati con ambra e oro da madre natura in persona. Un momento, i demoni non possono leggere il pensiero...giusto?” Izumi riaprì gli occhi e si accorse per la prima volta di come la sua presenza in quel luogo potrebbe essere molto non voluta. «So che sei lì.» Disse nonostante ciò, leggermente rossa in volto. «Posso dire con certezza che appari e scompari sempre quando meno me l'aspetto.» Disse a bassa voce, quasi per non incidere nella calma che permeava in quel luogo. Quando si voltò lo vide proprio lì dove se lo immaginava, impassibile, con un tono solenne nel volto. “Vorrei spiegare al nostro amico che non sono qui per sostituirti, Rin, né cancellarti dalla sua memoria, ma è terrorizzato da noi umani proprio come un cane randagio. Diffidente e timoroso d'essere tradito da chi ha dato affetto, d'essere lasciato da solo...di nuovo.” Izumi si alzò e con calma si diresse al villaggio, lasciando che Sesshomaru potesse avere il suo tempo in maniera discreta e silenziosa, come Kagome le aveva detto. «Questa volta sei tu a scappare?» Sentì in un sussurro e si voltò di scatto, era talmente leggero che credette di averlo immaginato, talmente piano che si disperse nell'aria. Lo vide di schiena, alto e imperituro, sorrise e tornò per la propria strada. «Probabile.»

°°°

Attese, attese a lungo senza più tornare nell'era Sengoku. Trascorse il proprio tempo impegnata, per distogliere la propria attenzione dal pozzo mangiaossa e suonò per infinite ore. Cosa avrebbe pensato Sesshomaru della sua assenza? Voleva smuoverlo, farlo pensare a lei, fargli avere dei dubbi, fargli sentire la sua mancanza, bistrattarlo dolcemente. Sentiva di aver ben poca speranza che il demone dedicasse una piccola fetta di tempo nel pensarla ma poteva sempre sperare, si disse. Quando finalmente si decise ad attraversare il pozzo portò il violino con se. Dall'altra parte trovò neve, neve ovunque: nella cavità del pozzo e nei bordi, sopra gli alberi, a coprire la radura una distesa bianca fino all'orizzonte e nonostante fosse pomeriggio il cielo plumbeo dava l'idea che fosse già tarda sera . Un radicale cambiamento di colore che la lasciò stordita ad osservare i dintorni per diversi minuti. Volle vedere i luoghi che avevano contraddistinto i suoi primi incontri con Sesshomaru, si chiedeva quale aspetto avessero assunto sotto quella coltre di neve. Quando si trovò fra gli alberi sotto i quali lo vide riposare sentì la sua energia e si stupì di trovarlo nei paraggi, da quando aveva cominciato a frequentare quei posti il demone tentava di eluderli. “Sicuramente mi ha già percepito.” Ragionò, sperando che non intendesse eclissarsi di nuovo, come un fantasma. Si sorprese quando la sua percezione la condusse in un luogo che riconosceva anche coperto di neve, la grotta dove l'aveva condotta per ripararsi dalla pioggia. Quando vi s'inoltrò sperò di dover evitare il piccolo kappa ma che addirittura Sesshomaru oltre che solo, l'accogliesse con una pacifica espressione d'attenzione...le sembrò quasi un tranello. «Sei tornata.» Disse, con tono ambiguo di affermazione e constatazione. “Cos'è, una coda che scodinzola quella che vedo?” Si chiese Izumi sorridendogli. “Trattandosi di Sesshomaru questo posso considerarlo un saluto più che festoso.” Pensò gioiosa, osservandolo seduto a terra con le spade in obliquo e la schiena appoggiata alla roccia, la ragazza avrebbe voluto tradurre quel “sei tornata” con un “bentornata, sono felice di vederti” ma sospirò ritenendo che il silenzio che susseguiva quelle parole e quegli occhi fissi su di lei, in attesa, fossero più consoni a una traduzione come “bentornata, fammi vedere che sei felice di vedermi”. «Sono felice di vederti.» L'accontentò.

Se la vostra pazienza e costanza saranno state adeguate, presto sarete premiati dal vostro cane che imparerà ciò che voi volete da lui.

____________

Note:  Salve! Sono consapevole di continuare questa fanfiction dopo più di un anno (realizzarlo mi ha destabilizzato, totalmente lol) e mi dispiace davvero molto, ho avuto i miei motivi ma sono comunque dispiaciuto. Spero di ultimare tutto in un breve periodo, visto che ormai non manca molto alla fine, nel frattempo spero che questo capitolo non vi abbia deluso e che vogliate mettermi a parti delle vostre opinioni :) vi ringrazio in anticipo, per tutto
un saluto
Kain





Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=748583