Dog Training di KainObreron (/viewuser.php?uid=131873)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Il cane randagio ***
Capitolo 3: *** Ululato al chiaro di luna ***
Capitolo 4: *** L'innamorato ***
Capitolo 5: *** Quel giorno sotto la pioggia ***
Capitolo 6: *** Dichiarazione nella notte di luna nuova ***
Capitolo 7: *** L'inaspettato ***
Capitolo 8: *** L'arte dell'attesa ***
Capitolo 1 *** L'incontro ***
Dog Training
°L'incontro°
Una melodia dai toni acuti si stava propagando da qualche minuto,
rendeva l'aria tersa dell'estate profumata di un'insolita fragranza. Il
bel sole illuminava prepotente il tetto di casa Higurashi e Buyo godeva
di quel calore, accoccolato su uno degli scalini della gradinata oltre
il tempio. Il suono di violino s'interruppe bruscamente. Izumi
scostò l'archetto dalle corde e guardò fuori
dalla finestra, per un attimo gli era sembrato di vedere qualcuno
aggirarsi nei pressi del Goshimboku. La sua immancabile
curiosità accese il suo animo e questa energia la spinse ad
andare a controllare, ma non trovò nessuno. Si
guardò attorno spaesata, era così sicura di aver
visto una persona in abiti tradizionali, poi notò la porta
del tempietto di un palmo aperta.
“Che si sia nascosto li?” Pensò colta
all'improvviso da un brivido di timore. Izumi si spaventava facilmente,
è vero, ma in vita sua non era mai stata il tipo di ragazza
che si tira indietro se impaurita. Aveva la costante ed insana idea che
affrontare ogni cosa che costituisse anche un solo leggero rischio le
conferisse più energia, e lei voleva essere forte. Si
avvicinò lentamente al tempio ed aprì piano la
porta scorrevole, per far entrare luce. Notò con disappunto
che l'ambiente era vuoto, non c'era nessuno. Entrò
inconsciamente e si appoggiò coi gomiti al bordo del pozzo
mangiaossa.
“Eppure io ho visto qualcuno, vorrei sapere chi
fosse...” I suoi occhi vagarono annoiati sugli angoli della
stanza, poi uno strano riflesso la catturò.
“Cosa, ma come...cos'è quello?!”
Pensò frastornata gettando uno sguardo al fondo del pozzo,
non se lo doveva forse aspettare buio e vuoto? No, quel pozzo era
luminoso perché al di là dell'apertura un tenero
azzurro cielo si stagliava nitido, squadrato dalle pareti di roccia.
«Quello... è il cielo? Il cielo per terra, sotto
terra, fra la terra...» Farfugliava insicura passandosi una
mano sugli occhi, timorosa che la vista le stesse giocando un brutto
scherzo. Rimase a bocca aperta, una macchia candida come cotone era
apparsa, sbucando da un lato e procedendo lentamente. Izumi si sporse.
«Quella è una nuvola? Non sto affatto avendo
un'allucinazione!» Corse fuori dal tempio sgusciando in casa
di fretta, non si tolse neppure le scarpe e si fiondò nel
salone. «Papà, presto vieni a vedere! Si vede il
cielo sul fondo del pozzo mangia ossa!!» «Non dire
sciocchezze Izumi, guardare troppo il sole ti avrà creato
qualche effetto ottico.» Le rispose lui continuando a seguire
interessato le notizie alla televisione. La ragazza gli
afferrò il braccio.
«Non sono così stupida, vieni a vedere!»
Gli disse nel pieno dell'eccitazione, dal corridoio apparve la madre.
«Cosa sono queste grida, Izumi?» Chiese
preoccupata. «Mamma, vieni anche tu!» Disse
trascinando il padre fuori di casa, lui la seguì per
assecondarla e quando giunsero al tempio la ragazza si
fiondò sul bordo del pozzo con un sorriso raggiante.
Scoprire qualcosa di sensazionale era una delle sue ambizioni
quotidiane, inutile dire che la tranquilla vita di una ragazza
qualsiasi di Tokyo non le offrisse molte occasioni per farlo. Ma lei
non era affatto una ragazza qualsiasi, e Sota Higurashi lo sapeva bene,
apparve proprio in quel momento alla porta del tempio assieme alla
madre di Izumi e scrutò preoccupato la ragazza.
«Vedi? Avevo detto che era solo un effetto ottico.»
Concluse il signor Eiji una volta osservata svogliatamente la
cavità buia e vuota, rivolgendo alla figlia uno sguardo
rassegnato. «Cara, quando smetterai di vedere un mistero
dietro ogni piccolezza?» Le chiese in un sussurro la madre
mentre il marito usciva dal tempio. «Giuro che l'ho
visto.» Affermò Izumi ancora perplessa. Sota
incrociò le braccia dietro la schiena e sospirò,
lungo tutta la sua esistenza non pensava che sarebbe capitato di nuovo.
La madre della ragazza raggiunse il marito dentro casa, premurandosi di
consigliare alla figlia di rientrare a sua volta. «Troppo
sole non ti fa bene.» Disse in lontananza.
«Io l'ho visto davvero, nonno.» Sussurrò
Izumi ancora intenta a fissare il profondo buio dell'interno del pozzo.
«Un cielo azzurro e delle nuvole, proprio sul fondo di questo
pozzo. Inoltre c'era qualcuno da queste parti, e sono sicura che
chiunque fosse se n'è andato da qui!»
Affermò poi girandosi e sfoggiando un'espressione convinta.
A quelle parole Sota impallidì. «Hai visto
qualcuno?» «Sì, proprio sotto il
Goshimboku, chissà forse era uno spirito che si è
rifugiato sul fondo del pozzo! O magari era un fantasma!»
Sentenziò intavolando qualche supposizione, questa
era l'abitudine a cui era più avvezza: lo sproloquio. Ma
Sota aveva un'idea tutta sua, una sola ma valida. “Sorella,
eri tu?” Pensò affranto. «Izumi, voglio
che non ti avvicini più al pozzo mangia ossa.»
Affermò poi perentorio. «Cosa?
Perché?!» Urlò stizzita.
«Nonno, tu mi credi vero? Lo sai che non sto mentendo, che
non ho avuto un'allucinazione! Forse dovremmo aspettare qui fuori,
magari quella persona tornerà e noi potremo...»
«Izumi!» La interruppe lui guardandola accigliato.
«Mai più ho detto.» Concluse, mettendo
fine allo spensierato divagare della nipote. La ragazza dovette
rinunciare a tanta autorità, suo nonno era sempre stato un
tipo speciale per lei. Sempre dolce, sempre accondiscendente, sempre
così orgoglioso della sua nipotina che tanto lo deliziava
con le dolci melodie del suo violino. Come poteva insistere a quel tono
burbero, non poteva. «Sì.»
Sussurrò arresa uscendo dal tempio e recandosi mestamente
dentro casa.
Sota la osservò, regalandole uno sguardo compassionevole
solo quando gli rivolse le spalle. “Non voglio che ti succeda
qualcosa e che te ne vada anche tu.” Pensò in una
nota di tristezza chiudendo la porta del tempio. Osservò il
Goshimboku con la tacita richiesta d'appoggio, il suo pensiero era
rivolto solo ad una persona, una che non vedeva ormai da
così tanto tempo. Già, quanti anni erano passati
ormai? Una sessantina se non più, sicuramente, e a quel
pensiero sospirò ancora. S'infilò dentro casa con
il lento incedere di un passo stanco, in quel mentre la bruna testolina
di Izumi apparve dal corridoio opposto e, molto lentamente,
sgusciò fuori di casa.
Una volta all'esterno corse rapidamente dal pozzo mangia ossa e tolse
la paratia che suo nonno aveva posto sull'apertura. Era ancora nero e
vuoto.“Dannazione, mi stai prendendo in giro stupido
pozzo?” Pensò offesa, per una volta che scopriva
qualcosa di fantastico, che potesse dipingere la sua normale
quotidianità con uno spruzzo di avventura, questo svaniva
come una mera allucinazione. E se l'avesse veramente avuta, magari un
fantasma le aveva voluto mostrare un'illusione, oppure era davvero un
effetto ottico?
«Accidenti. Pozzo mangia ossa, non mi nascondere questo
segreto.» Disse affranta rivolgendosi alla profonda
oscurità. «Non volevi mostrarmi qualcosa? Se ti
ritiri adesso, sei un vigliacco!» Disse d'un fiato stringendo
gli occhi, spaventata dall'idea di rassegnarsi una volta stuzzicata
così nel profondo. «Maledizione,
accenditi!» Urlò arrabbiata, ripensando al
disarmante sguardo remissivo del padre. «Per
favore.» Provò a chiedere con voce dolce.
Fissò per alcuni secondi il fondo avvolto nel buio, incerta
se continuare ad aspettare o andarsene rassegnandosi ad accettare
l'idea. Poi, colta dallo sconforto, si recò all'uscita.
“Che stupida sono, volevo vedere qualcosa di
meraviglioso.” Pensò, ma nel mentre che chiudeva
la porta scorrevole un tenero riverbero di luce accarezzò i
bordi del pozzo. Sussultò e sgranò gli occhi
nello stesso momento, prima di saltare giù dalle scalette.
Si affacciò e le labbra si distesero in un sorriso
soddisfatto. Il cielo, c'era di nuovo il cielo nel fondo del pozzo
mangiaossa. Izumi guardò incerta dietro di se,
andò a chiudere la porta scorrevole e scrutò di
nuovo l'azzurro sul fondo.
«Perdonami nonno.» Sussurrò prima di
scavalcare il bordo, si gettò senza indugio e la luce le
abbagliò gli occhi.
° ° °
Cielo azzurro, un bel sole luminoso, prato verde vivo, davvero un bel
paesaggio ma Izumi non capiva dov'era finita. Si guardò
attorno spaesata.
«C'è nessuno?» Gridò, ma
nessuno le rispose. «Che delusione, credevo ci fosse qualcosa
di sensazionale. Questo sembra un paesaggio normalissimo, carino ma
niente di diverso dal solito. Insomma, niente spiriti o strani
edifici.» Farfugliò cominciando a vagare qua e la
col corpo e con la mente, intenzionata a scorgere qualcosa che la
potesse interessare. S'inoltrò nel bosco e
camminò per alcuni minuti pensando a quali fantastiche
avventure avrebbe voluto vivere fra quegli stessi alberi, quando si
accorse che li stava narrando a voce alta e si fermò a
ridacchiare. In quel momento sentì un ringhio e altri rumori
provenire dalla sua destra, tese le orecchie cercando di identificare
quei suoni quando si accorse che le sue gambe si muovevano a sole.
Giunse in uno spazio aperto, vagò con gli occhi
sul pendio scosceso che aveva di fronte ed emise un gridolino. Di
conseguenza un paio d'occhi si posarono su di lei ed in quel mentre
Izumi capitolò.
Gridò spontaneamente, inorridita alla vista di una creatura
dalle carni dilaniate. Il sangue aveva imporporato tutto il verde
circostante, facendolo sembrare il sangue della terra stessa. Dinanzi a
quel cadavere troneggiava una figura dai colori chiari, che fissava la
ragazza con occhi predatori.
Izumi indietreggiò appena incontrò quegli occhi
azzurri avvolti da una spaventosa sclera rossa. Squadrò bene
l'essere e sentì d'aver perso la paura. Le sembrava in tutto
e per tutto una persona ma l'aria sinistra e l'insolito abbigliamento
lo coloravano di uno strano sapore di leggenda. Izumi sorrise
inconsciamente, a parte il sangue, quella vista gli piacque
infinitamente. «Hey!» Gli urlò.
«Tu sei un modello del posto? Un attore? Non è che
state girando la scena di un film e vi ho interrotto, vero?»
Disse mostrando un sorriso smagliante, quello strano individuo l'aveva
affascinata, che fosse per le particolari caratteristiche o per
l'ambiente dove l'aveva incontrato non l'avrebbe saputo spiegare.
Vagò con lo sguardo su quella strana pelliccia che vaporosa
gli pendeva dalla spalla, i lunghi capelli bianchi che brillavano come
argento al sole ed il viso dove i denti, che le stava digrignando,
luccicavano quasi allo stesso modo; all'improvviso si era dimenticata
di tutto il sangue che c'era. Si buttò giù dal
dirupo come avesse scavalcato una staccionata qualsiasi.
«Sto arrivando!» Avvertì, ma
quando ricadde a due passi da quel ragazzo lui le diede una spinta e la
fece sbattere violentemente contro la parete rocciosa. Izumi non si
rese conto di quel che era successo finché una fitta al
fianco la destò da una sorta di stasi e guardò il
ragazzo terrificata. Solo in quel momento notò degli artigli
appuntiti svettare fieri dalle sue dita imperlate di sangue.
«Cosa credevi di fare insulsa umana! Nessuno come te
può avvicinarsi al grande demone cane e restare
impunito!» Gracchio una voce dalla fiancata opposta. Izumi
girò la testa e per la prima volta notò una
piccola creatura verde imbracciare un lungo bastone. Gridò
inorridita facendo sfuggire un acuto stridulo alla propria bocca.
«Ma cosa siete voi?!» Chiese, ma quando
sentì la rabbia montare, assieme al dolore della botta
ricevuta, il suo sguardo mutò. «Hey tu!»
Urlò poi puntando il dito. «Chiunque tu sia come
ti permetti di attaccare in questo modo una ragazza, cosa ti avrei
fatto di male di grazia?!» Asserì minacciandolo
con il saettare del proprio indice. Di risposta ricevette solo un
ringhio sommesso ma lei non si scompose. «Stupida ragazzina,
rivolgiti al Signor Sesshomaru con il dovuto rispetto!»
Urlò il piccoletto.
«Maledetto rospo mutante.» Farfugliò
raccogliendo da terra due pietre. «Te lo do io il Signor
Sesshomaru!» Urlò lanciandogli uno dei sassi,
atterrandolo con un colpo alla testa. Izumi si girò verso
l'altro. «E ce n'è anche per te!» Disse
infuriata scagliando la pietra rimasta. Ciò che vide fu
confuso, un ringhio si mescolò ad una scia bianca, solo
all'ultimo momento si accorse di avere il volto furioso del ragazzo a
poco più di un metro. Quella vista la sconvolse, i suoi
occhi urlavano a chiare lettere: ti uccido! Di certo non era
il set di un film e quella belva bianca aveva appena ammazzato qualcosa
che non riusciva nemmeno a definire, avrebbe ucciso anche lei? Non lo
voleva sapere, scappò. “Dannazione chi cavolo
è quello li, ha due occhi che sembra un diavolo.”
Pensò terrorizzata all'idea di fare una brutta fine. Corse
tanto velocemente che non si accorse nemmeno di essere seguita
dall'incedere solenne del ragazzo, che avanzava senza fretta. Quando
Izumi gettò un'occhiata dietro di se sentì il
piccoletto borbottare qualcosa, soddisfatto. Mentre li guardava
sbatté contro il legno del pozzo e di fretta
cercò di entrare nella cavità, di risposta il
ragazzo compì un balzo e azzerò la distanza fra
di loro in un secondo. Izumi sussultò spiazzata e
capitolò all'indietro, cadendo nel pozzo. L'ultima cosa che
vide fu quella possente figura stagliarsi alla luce del sole e due
sinistri occhi assassini spiccare taglienti come pugnali. Le
sembrò di vedere ancora quell'immagine anche quando era
ormai scomparsa, le ci volle qualche minuto per rendersi conto che non
si trovava più dov'era prima, sulla cima vedeva il buio e
mai le parse così rassicurante. Si mosse solo quando
sentì una fitta alla schiena e la sua mente finì
di convincersi che non era affatto stato un brutto sogno.
Scalò la parete e si fiondò sulla porta
scorrevole aprendola di scatto. Osservò il Goshimboku in
lontananza e la sagoma della propria casa, si sentì
tremendamente sollevata. S'infilò nell'abitazione cercando
di essere più silenziosa possibile e inaspettatamente
nessuno la notò.
“Cos'era quel posto?” Si chiese una volta distesa
sul proprio letto. “E chi erano quei due?” La luce
che filtrava dalla finestra illuminava l'ambiente in modo rassicurante
e Izumi si sentì incredibilmente protetta fra quelle quattro
mura. Il suo cuore s'era calmato ma le dolorose reminiscenze della
botta subita si ripresentavano intermittenti. “Sesshomaru ha
detto quello sgorbio. Che sia un qualche spirito vendicatore? No, il
piccoletto ha detto grande demone cane. Un demone.” Quando
quella parola echeggiò nella sua testa si alzò e
pochi secondi dopo comparì davanti alla ricca libreria della
casa. Quello scaffale era pieno di leggende e testi antichi, sapeva che
se cercava informazioni sui demoni ne avrebbe trovate più lì
che altrove. Saettò con gli occhi indagando i vari titoli.
«Cerchi qualcosa?» Izumi sussultò
girandosi di scatto, si rilassò solo quando vide il volto
perplesso di suo padre. «Sì, un libro sui
demoni.» «E da quando ti interessi a questo genere
di argomenti?» Sbuffò sorpreso. «Giorni
fa il nonno me ne ha parlato e ora sono curiosa.»
Mentì, vide il padre sospirare e poi scegliere con
accuratezza un pesante tomo dallo scaffale. «Ecco, questo
parla di mitologia e creature varie.»
«Grazie.» Izumi corse in camera e
sfogliò quel tomo ricco di immagini e dettagliate
descrizioni. Giudicò severa ogni paragrafo, ogni immagine,
ogni titolo finché il suo sguardo si posò su una
raffigurazione in particolare.
«Pffff AHAHAHAHAH!!!!» Scoppiò a ridere
incapace di trattenersi e sbatté la mano sulla pagina prima
di guardarla ancora. «E così il piccoletto
è un kappa, davvero pessimo, davvero pessimo!»
Disse girando pagina e ne girò ancora molte prima
d'interessarsi nuovamente a qualcosa. Fu così che lesse
delle leggende dei demoni cane e vide le dettagliate immagini di bestie
grandi come nuvole, che nel cielo inscenavano grandi battaglie con
altri terribili demoni. «Sesshomaru, e così tu sei
uno di questi?» Sussurrò incantata, accarezzando
la superfice della stampa di un candido cane dalle dimensioni
imponenti, sovrastare le nuvole fiero e maestoso. Izumi
sospirò sconsolata. «Sembrano splendidi
raffigurati qui, ma quello che ho visto io era una belva. Mi ha
ricordato piuttosto un lupo, oppure un cane randagio!»
Sbuffò senza rendersi conto che stava parlando, si
portò la mano alla bocca e osservò titubante la
porta. “Però era così bello.”
Si disse poi nei suoi pensieri lasciando che le proprie labbra si
distendessero.
Il giorno seguente Izumi provò ad entrare nel pozzo, ma le
mancò il coraggio. Dopotutto se non ci fosse caduta dentro
in tempo quel demone l'avrebbe uccisa e questo bastava a scoraggiarla.
Eppure la sua curiosità irrefrenabile si rivelava
sufficiente per ripresentarsi davanti al pozzo più volte al
giorno tutti i giorni, guardinga che i parenti non se ne avvedessero.
Ma per quanto fosse ansiosa di vedere ancora quella creatura, il
ricordo di quegli occhi animaleschi dalla sclera rosso sangue la
facevano rabbrividire. Finché il quinto giorno non si rese
conto per la prima volta che quegli occhi predatori incollati addosso
in qualche modo le erano sembrati affascinanti, si era sentita preda e
per qualche ragione, fra il timore e la paura, si rese conto che quella
situazione l'aveva emozionata incredibilmente.
«Uffa.» Borbottò scorrendo gli occhi fra
i vari flaconi di detersivo. Izumi stava facendo la spesa e ogni tanto
si ritrovava a pensare a quel demone ed i suoi occhi, sorprendendosi
nel parlare a voce alta, come sempre. Si muoveva fra la gente ed
indagava lo sguardo di ognuno cercando un paio d'occhi che potessero
somigliare a quelli stupendi che rammentava di continuo. «Che
noia.» Sibilò amareggiata dal rendersi conto che
nessuna delle persone presenti potesse anche solo ricordargli gli occhi
di Sesshomaru.
«Sesshomaru.» Sussurrò fermandosi
incantata. Notò che si era ritrovata davanti ad una lunga
fila di libri esposti su scaffale, tra tutti adocchiò subito
uno dalla copertina gialla sulla quale svettava la foto di un uomo e di
un cane che giocano. Il titolo rosso a grandi caratteri troneggiava
sopra di loro, evidenziato da un rilievo delicato pronunciava a
chiare lettere: Dog Training. Izumi si sentì improvvisamente
folgorata, le sue labbra si allargarono in un sorriso smagliante ed i
suoi occhi, improvvisamente luminosi, si strinsero appena e trafissero
il libro con un arpione immaginario.
La stanza di Izumi era appena diventata ermetica, con la porta e la
finestra chiuse e la serranda abbassata, la ospitava come un gioiello
prezioso nella propria scatola. Sulla scrivania invece troneggiava un
preoccupante giallo canarino e la ragazza, fieramente seduta davanti ad
esso, lo scrutava con avidità e malizia.
«In fondo, è un cane. No?» Chiese a se
stessa prima di concedersi un battito di mani, scaricando l'emozione
che la rendeva tesa ed ansiosa. Allungò la mano e
girò la copertina, incollando gli occhi sul proprio acquisto.
Dog Training
Qualsiasi cane può essere addomesticato, non ve
n'è uno al mondo che faccia eccezioni. Vi basterà
seguire questa semplice guida per rendere un cane il vostro migliore amico,
nonché fedele e ubbidiente compagno.
Note: Izumi Higurashi è rimasta colpita da Sesshomaru
già dal primo incontro ma capisce da subito che è
una creatura scostante e pericolosa. Nonostante ciò trova la
sua soluzione in un libro che parla di cani, come addomesticarli ed
educarli, trovando affinità con l'essere demone cane di
Sesshomaru nutre buone speranze. Cosa succederà mettendo in
pratica gli insegnamenti appresi dal libro? Spero di avervi
incuriosito, perché Izumi è pazza e potrebbe
sorprendevi!
Ci tengo a precisare che il titolo del libro della storia l'ho inventato, non l'ho
ripreso da nessun libro in circolazione però non escludo
affatto la possibilità che esista un libro intitolato
così!!
Saluti, Kain
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Capitolo 2 *** Il cane randagio ***
cap2
°Il
cane
randagio°
Non guardate mai troppo a lungo
il cane negli occhi, potrebbe intendere il vostro sguardo come una
sfida nei suoi confronti
«Uhm, io l'ho fatto...»
Comportatevi
cautamente, senza dare manifestazione di violenza e non urlate, parlate
piano e dolcemente
«Oh, credo che il primo approccio non sia stato dei
migliori.»
Non correte verso il cane,
né scappate con velocità dandogli le spalle o vi
assocerà ad una preda e vi inseguirà in
virtù del suo istinto predatorio
Non avvicinatevi
frontalmente, tanto meno di spalle, bensì lateralmente e mai
con movimenti bruschi
«Ho
combinato
un disastro!
Mi odierà se mi ripresento da lui? Magari gli
devo portare dei bocconcini per imbonirlo...»
Izumi attese che la madre uscisse dalla cucina e prese dal frigorifero
dei pezzetti di pollo.Mise il sacchettino dentro una borsa, assieme al
libro e quando si sentì pronta sgusciò fuori casa
per recarsi dal pozzo. Stavolta fissò l'apertura qualche
secondo ma non si sentì respinta dalla paura, aveva una
voglia matta di provarci e così saltò
giù.
Si affacciò dal bordo e si guardò in giro. Nel
prato in cui sfociava il pozzo non c'era nessuno così decise
di uscire. Vagò per il bosco per qualche minuto,
tornò nel luogo dove aveva visto Sesshomaru per la prima
volta, ma lui non c'era.
«Dovevo immaginarlo.» Sbuffò delusa.
«Sarà ancora da queste parti? Ce l'avrà
anche lui una tana suppongo.» Diceva vagando fra gli alberi.
«Mmm, e se lo chiamassi per nome?» Si
chiese fermandosi. «Forse andrei contro le regole del libro
ma come dovrei rintracciarlo altrimenti?» Puntò le
mani ai fianchi e annuì convinta.
«Sesshomaru?» Cominciò con tono
moderato, spostandosi di continuo. «Sesshomaru?»
Izumi si guardò attorno, prese fiato e mise le mani a mo' di
megafono. «SESSHOMA...» «Sta
zitta!» Sentì improvvisamente subito dopo un
ringhio e Izumi sussultò, girandosi di scatto.
Dietro di lei a una decina di metri troneggiava indispettito il demone
cane. Impallidì alla vista di quel volto accigliato e
infastidito, senza pensarci agganciò il suo sguardo e
dischiuse appena la bocca, sorpresa. Non erano certo gli stessi occhi
che aveva visto quel giorno, no, questi erano molto diversi. La sclera
bianca avvolgeva un color oro profondo e caldo, ed era una
contraddizione dato che lo sguardo di Sesshomaru era gelido da farla
rabbrividire. D'un tratto gli sovvenne che stava fissando gli occhi e
scostò lo sguardo sulla spalla. Di fronte a quella presenza
si era sentita paralizzare, dopotutto non doveva muoversi bruscamente,
ma aveva una voglia matta di guardare ancora quel volto. Quando
notò le labbra tese di Sesshomaru scoprire le zanne, cadde
nel panico. Si accucciò come se le ginocchia avessero
improvvisamente ceduto e velocemente si stese a terra supina.
Per un cane la sottomissione
passiva ha lo scopo di blandire la ferocia di un altro cane nei suoi
confronti. Nello specifico il massimo atto di sottomissione si
manifesta nello sdraiarsi a terra a pancia sopra.
“Speriamo non lo intenda come offrirmi in sacrificio!
Dopotutto è un linguaggio fra cani ed io non lo sono di
certo.”
Sesshomaru la scrutò perplesso e si chiese se si stesse
fingendo morta.
“Se non altro si è fermato, magari ha capito il
senso del gesto. Meno male, non mi piaceva per niente l'idea di venire
sbranata, nemmeno da lui!”
Al demone cane sfiorò l'idea che fosse svenuta dopotutto, si
disse, è solo una debole umana.
“Ora però non dovrebbe venire ad annusarmi? Certo
sarebbe imbarazzante, però...”
L'osservò ancora, come un oggetto di studio, per lui gli
umani erano tutti così prevedibili, mentre lei gli risultava
incomprensibile.
Izumi ad un certo punto decise di alzarsi, rassicurata dal fatto che
Sesshomaru non gli digrignasse più i denti e la stesse
fissando, nonostante questo al contempo la spaventasse. Ma appena si
mise in piedi sopraggiunse il piccolo kappa.
«Padrone, ma quella è la stessa umana della scorsa
volta!» Asserì. «Cosa sei venuta a fare
stupida ragazzina, non ti è bastata la lezione
impartita?» «Chiudi il becco,
nanerottolo!» Rispose, senza riuscire a trattenersi.
«Come ti permetti, umana insolente?!»
«Taci, stupido kappa! Non sono certo qui per te!»
Urlò. Come odiava le persone che offendevano senza motivo,
non le sopportava, e lei da brava testa calda non riusciva mai a
trattenersi dal rispondere a tono. «Faresti meglio a girare
alla larga e non infastidire il Signor Sesshomaru, se ci tieni alla
pelle.» Gridò il piccolo demone agitando il
bastone impugnato. «Nessuno ti ha chiesto un parere,
sottospecie d'iguana!» Rispose lei gridando a sua volta.
«Ma che ti dice il cervello...» «Adesso
basta!» Urlò Sesshomaru all'improvviso.
«Sesshomaru.» Cominciò Izumi.
«Io vorrei...» «Vattene.» La
interruppe lui perentorio.
Izumi lo guardò ancora una volta in volto, cercando di
evitare gli occhi e scorse la bocca distorta in una smorfia
seccata. Poteva intravedere i canini sfuggire al controllo delle labbra
e si sentì gelare al pensiero di sentirli affondare nella
propria carne. Cercò di rilassare il proprio corpo,
irrigidito sul posto, fece dei passi indietro allontanandosi di qualche
metro. Poi con calma si girò e tornò per la sua
strada, senza proferire parola.
Se il cane vi abbaia contro
mantenete la calma ed andatevene lentamente
°
°
°
Izumi non si arrese di certo, il giorno dopo si alzò
prestissimo ed uscì che non era sorto il sole. Anche questa
volta si era portata dietro la borsa con qualche pezzetto di carne e
sperò che tutto andasse per il meglio.
Quando si trovò di là del pozzo indagò
nuovamente nel bosco, in cerca di quella creatura speciale. Rallentata
dalla poca luce si rese a stento conto di dove andasse, sopraggiunse in
una radura che non aveva mai visto e lì, con le spalle appoggiate ad un
albero c'era proprio chi stava cercando.
Si avvicinò appena, quando si accorse che i suoi occhi di
belva erano chiusi. “Sta dormendo?” Izumi si
strinse le mani al petto e sorrise. “Com'è carino
addormentato così. Perché non ho la fotocamera
con me? Avrei potuto portarmi a casa un ricordino!”
Pensò gongolando fra se e se, poi si portò una
mano alla
fronte.
“Accidenti, sto pensando come una
molestatrice!” Scosse la testa. Decise di svegliarlo lei
stessa così che non potesse sorprenderla a fissarlo nel
sonno, si avvicinò convinta che il metodo migliore fosse
scuoterlo gentilmente. Però a qualche metro di distanza si
fermò improvvisamente.
Non toccate mai un cane mentre
sta dormendo
“Che seccatura, cosa dovrei fare allora?” Si chiese
piegandosi sulle ginocchia. Si mise a sedere e decise di aspettare
docilmente il suo risveglio.
Passarono alcuni minuti e Izumi rimase immobile per tutto il tempo ad
ammirare e rimirare ogni particolare del suo bel demone, trattenendosi
dalla voglia morbosa di toccare il manto candido che gli avvolgeva la
spalla. Strinse gli occhi più volte ovviando invece il
desiderio di sfiorargli il volto, che le sembrava tanto perfetto da
essere disegnato.
“Visto così immobile sembra quasi una statua. Ha
degli abiti stravaganti, ma dopotutto è un demone, normale
non può essere.”
«Intendi rimanere qui ancora per molto?» Izumi si
ghiacciò sul posto, bloccando ogni altro pensiero e
fissò quelle labbra che avevano appena snocciolato poche
semplici parole. Gli occhi ancora chiusi e non un cenno di movimento,
ma era sveglio, e da quanto lo era? La ragazza farfugliò
qualche sillaba appena.
Sesshomaru la sentì trafficare sul posto ancora qualche
secondo prima di andarsene, infine aprì gli occhi. A terra
c'era un fazzolettino con dei bocconcini di carne cruda, mentre lei era già svanita fra gli alberi senza dire una
parola. Il demone fissò i pezzetti di pollo con una nota di
stupore. Per un attimo si sentì come fosse tornato indietro
nel tempo, quando una coraggiosa bambina umana gli portò del
cibo nel tentativo di aiutarlo. Lo sorprese sì, ma a quel
tempo era ferito e per una bambina poteva non fare la differenza se
fosse stato umano o demone. Ma questa volta non era ferito, non era una
bambina quella che da qualche giorno si aggirava in quel bosco,
perché faceva una cosa del genere? Il solo
sorprendersi a chiederselo lo mise a disagio, ancor più il
notare con disappunto che l'umana non se n'era affatto andata. Lo stava
spiando da lontano, nascosta fra le frasche. Si alzò e
decise di andarsene, aveva ogni modo per procurarsi il cibo da solo,
non avrebbe accettato quello dell'umana per accontentarne un capriccio
d'ignota natura.
Izumi notò con disappunto che Sesshomaru se n'era andato
lasciando il suo dono lì dov'era.
“Accidenti, che non gli piaccia il pollo? Magari è
la carne cruda che non va bene.” Raccolse il corpo del
reato e lo rimise mestamente nella propria borsa. Fissò il
punto che aveva fatto da giaciglio al demone e vide come
l'erba era abbassata, non poté fare a meno di posarvi una
mano e notare come ancora fosse caldo. Poi sorrise, non era certo un
fallimento che poteva far desistere Izumi. Per lei ogni sfida era come
affrontare un nuovo e complicato pezzo al violino, provava infinite
volte ininterrottamente finché non riusciva e, una volta
riuscita, non sbagliava più!
“Tornerò, Sesshomaru.” Pensò
fissando la cima dell'albero con un sorriso.
Il cane è un animale
abitudinario, tende a compiere le stesse azioni e visitare gli stessi
luoghi
°
°
°
Quella notte Izumi mise in borsa anche una torcia led.
Sgusciò fuori di casa mentre i suoi genitori dormivano ed
attraversò il pozzo. Anche dalla parte opposta era notte, ma
non si spaventò all'udire dei rumori notturni del bosco. Con
qualche difficoltà raggiunse lo stesso luogo dove la mattina
aveva visto dormire Sesshomaru, riconobbe l'albero, riconobbe il punto delineato da due radici.
Posò un piattino a terra dove aveva messo dei pezzettini di
carne cotta e si defilò.
La mattina tornò sul posto, Sesshomaru non c'era ed il
piattino era ancora lì. Izumi piegò le labbra in una smorfia
delusa, anche la carne era al suo posto. Raccolse nuovamente il pasto
rifiutato, quando si fermò subito dopo aver fatto due passi.
Sorrise.
“Allora ti piace la carne cotta.” Pensò
soddisfatta, proseguendo. Aveva notato che i pezzetti erano diminuiti.
Certo, avrebbe potuto mangiarli qualsiasi altro animale del bosco, ma
Izumi volle credere che invece se n'era cibato il suo bianco demone.
Il pomeriggio stesso si recò ancora sul luogo ma per quanto
vagasse nei dintorni non incontrò ancora Sesshomaru. La
notte allora ripeté la sua azione e gli lasciò
della carne cotta mista a un po' di riso. Fremeva dalla voglia che
arrivasse subito domani, e domani arrivò. La mattina presto
si fiondò nel solito posto ma notò con disappunto
che il piatto era così come l'aveva lasciato. Non si
rattristì ma ne rimase delusa, poi notò che l'erba
nel punto in cui l'aveva visto dormire era distesa e fresca come il
resto del prato. “Questa notte non hai dormito qui? Ma allora
non sei un cane poi così abitudinario, sei forse un
girovago?” Pensò tornando al pozzo.
Passarono giorni ed ogni giorno Izumi lasciava qualcosa da mangiare
sullo stesso posto ed ogni volta trovava il piatto ancora pieno.
Finché al settimo giorno s'inoltrò nel bosco alla
ricerca di Sesshomaru. Vagò per ore senza risultati,
così decise di tornare indietro ma per strada
s'imbatté in quello che in lontananza gli appariva un
laghetto, piccolo e nascosto dagli alberi. Si accorse così
di aver sbagliato strada e d'un tratto si rese conto che non aveva
più idea di quale fosse la parte giusta ma, guardando
meglio, la preoccupazione diede spazio ad un'altra emozione. Proprio in
riva al lago aveva intravisto qualcosa di bianco si portò
una mano al petto, intimando al proprio cuore di non battere
così forte e si avvicinò.
Sesshomaru era lì, lo aveva aspettato per giorni, cercato
per ore e lo aveva trovato infine per sbaglio. Lo notò chino
sul bordo del laghetto. Izumi si era appostata dietro il tronco di un
albero e aspettava che si muovesse quando gli sovvenne un'altra parte
del libro.
Non avvicinatevi ad un cane
senza che vi siate presi la premura di far notare la vostra presenza,
pronunciate qualche parola con calma per evitare che spaventandosi vi
aggredisca
Izumi si passò una mano sulla fronte, com'era complicato
avere a che fare con lui. «Sesshomaru.»
Pronunciò quasi in un sussurro, con voce delicata. Il demone
girò il volto verso di lei e si mise in piedi, continuando a
fissarla. Nel suo sguardo Izumi leggeva la diffidenza, le iridi dorate
erano tagliate a metà dalle palpebre e quello sguardo le
parve come accusatorio. Forse la sua presenza lo infastidiva, ma lei
voleva proprio che se ne abituasse. Si schiarì la voce per
parlare ma nessuna parola varcò la soglia delle sue labbra,
lo sguardo di Sesshomaru s'era accigliato e la fissava con
più distanza di prima.
Una delle prime regole da
seguire è verificare prima di tutto se il cane voglia
stabilire un contatto con voi. Se si dimostra indifferente e/o
diffidente evitate di avvicinarvi
Izumi strinse i denti, Sesshomaru non le sembrava aggressivo in quel
momento ma era sicuramente diffidente, come avrebbe dovuto comportarsi?
Si schiarì la voce e vagò con lo sguardo.
«Oggi il kappa petulante non è con te?»
Chiese con estrema posatezza nelle parole. «Che sei venuta a
fare.» Disse lui senza mutare espressione. Izumi venne
tagliata in due da quel forte distacco nelle parole del demone ma
cercò di non darlo a vedere, mostrandosi serena e persino
felice. Sorrise e strinse mano con mano. «Solo a parlare con
te.» Gli rispose accentuando la curvatura delle
labbra ma Sesshomaru non si scompose. «Cosa ti fa
credere che parlerò con te.» Soffiò,
girandosi di spalle. Izumi non si sconvolse affatto, anzi, rise di
gusto. Una fresca risata spontanea che sfuggì al suo
controllo e che Sesshomaru non mancò di notare, non
capendone il motivo.
C'è da precisare
però che se il cane si mostra indifferente in genere evita
il contatto sociale ma può tollerarlo. Eviterà
comunque il contatto visivo in segno della negazione della propria
attenzione, per dimostrare di non volersi relazionare con l'estraneo
«Allora posso chiederti di accompagnarmi al pozzo mangia
ossa? Mi sono persa.» Izumi vide Sesshomaru rivolgerle
un'occhiata, che la fulminò sul posto, ed andarsene in
silenzio. Quello sguardo le era sembrato gridare un secco
“NO”, però non sapeva dove altro andare
così decise di seguirlo. Lui non si voltò
più, né le disse altro. “O be', anche
se non mi ci sta portando che male c'è se lo seguo? In fondo
non posso perdermi più di così, o
sì?”
Il demone camminava placido davanti a lei, Izumi si confortò
della calma che trasmetteva l'ondeggiare sinuoso delle maniche del suo
kimono. Notò solo in quel momento che i foderi di due spade
sbucavano dal fianco e si dondolavano ai suoi passi, e notò
come fossero realmente lunghi i suoi capelli candidi come neve,
arrivavano lisci e perfetti fino alla fine di quella che le sembrava
un'armatura da samurai. Per un attimo si sentì come se
stesse seguendo uno spirito, un fantasma, poiché quel che
aveva davanti non sembrava avere niente a che fare con un demone, ma
neppure con questa Terra. Eppure il loro primo incontro le aveva
dimostrato quanto Sesshomaru potesse essere diabolico. I suoi occhi
l'avevano spaventata per giorni, sanguigni e impietosi, ma aveva potuto
vedere come si erano mutati in due magnetiche monete d'oro. Certo,
gli sguardi che le rivolgeva erano sprezzanti e distaccati ma al solo
pensiero di vedersi osservare un giorno in modo affettuoso da quegli
stessi occhi la faceva andare in visibilio e arrossare come poche.
Era nel bel mezzo dei suoi pensieri adoranti e non si accorse nemmeno
che Sesshomaru s'era fermato. Erano arrivati in un bel prato verde e,
nascosto dalla figura del demone, svettava la cima del pozzo. Izumi
emise un gridolino spalancando gli occhi felice. «Grazie
Sesshomaru! Non saprei proprio cosa avrei fatto se non mi avessi
portato fin qui! Anzi, probabilmente so che avrei girovagato per i
boschi fino alla fine!» Esclamò prima di
concedersi una breve risata isterica, smise di accarezzare il bordo di
legno e rivolse uno sguardo pieno d'ammirazione al demone, ma quando si
voltò vide che lui era già ripartito.
«Aspetta Sesshomaru!» Il demone si
fermò, senza degnarla di uno
sguardo. «Ecco tieni!» Disse lei
porgendogli la mano. «Non voglio niente da te.»
«Ma è per te.» Sesshomaru
girò appena il volto e scrutò quella piccola
sconosciuta che
sbucava dalle dita affusolate della ragazza. Notando lo sguardo
interrogativo del demone lei posò sul bordo del pozzo la
caramella che
gli aveva mostrato.
«Mi raccomando prendila è per ringraziarti di
avermi aiutata!» Gli disse prima di gettarsi nella
cavità. Sesshomaru si voltò del tutto e rimase
lì così per qualche minuto a fissare il pozzo,
l'apertura, il legno e la caramella rossa che vi era appoggiata sul
bordo. Tonda e avvolta in uno strano materiale trasparente.
Seguendo il metodo della
ricompensa e della punizione sortirete enormi benefici, ricordate
però che premiare un giusto comportamento risulta sempre
più efficace che punire quelli sbagliati.
_______
Note:
Innanzi tutto grazie infinite per aver letto e commentato il primo
capitolo di questa storia, mi avete reso felice XD
Spero vivamente che il capitolo sia stato di vostro gradimento, per
quanto mi riguarda ho faticato non poco a scriverlo! Voglio dire, non
è facile per un ragazzo scrivere note d'ammirazione verso un
altro ragazzo, seppur per bocca di un personaggio femminile =_= Spero
mi possiate capire e quindi spero anche di non aver reso davvero
pessime quelle parti del capitolo. Ad ogni modo io non sono certo un
esperto cinofilo e le
citazioni del libro della storia sono tutte frasi ispirate, o tratte
direttamente, da vari siti i cui link lascio scritti a
fondo pagina in questo capitolo, ed ogni futuro capitolo di questa
storia.
Saluti, Kain.
Credits: link ; link ; link ; link
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Capitolo 3 *** Ululato al chiaro di luna ***
3-Al chiaro di luna
°Ululato al chiaro di luna°
Andare e venire dal pozzo non aveva mai costituito un problema ad Izumi,
non era ancora stata scoperta. Sceglieva con parsimonia i momenti
in cui uscire, calcolando il tempo in cui sarebbe potuta tornare.
Tuttavia non si era ancora mai chiesta cosa sarebbe potuto accadere se
l'avessero scoperta, dopotutto non capiva perché il nonno le
avesse proibito con tanta veemenza di stare alla larga da quel pozzo magico. Non
lo immaginava, ma lo avrebbe saputo molto prima di quanto credesse.
“Forse una caramella
non è stata la scelta più adatta però non avevo
altro con me, e poi i cani sono golosi, si sa.” Trovandosi a cena
le era capitato di ripensare a quel pomeriggio, e di come si era
sentita vittoriosa quando Sesshomaru l'aveva aiutata ad avere ragione
di quel bosco.
Izumi non si era mai
veramente fatta domande sulla vera natura del luogo dove la portava il
pozzo al suo passaggio, per lei non aveva che la vaga entità di dimora dei demoni. In fondo non le interessava nemmeno più di tanto, aveva altri grattacapi per la testa.
Si buttò sullo
schienale della propria sedia con un sospiro. Scrutò il libro
aperto sulla scrivania, le sembrava di aver raffreddato i bollenti
spiriti di Sesshomaru, smorzandone l'aggressività, ma come
andare avanti? Quali dovevano essere i passi successivi?
Per educare un cane bisogna comunicare con lui
“La fai facile, tu
non sai con che razza di cane ho a che fare io, caro libro.”
Decise di dormirci sopra, qualcosa forse le sarebbe venuto in mente.
La mattina seguente
uscì presto, aveva imparato che quello era il momento migliore
per defilarsi da casa senza essere intercettata. Doveva fare
quotidianamente i conti con l'amore del nonno per le piante del
giardino però, durante l'estate vi passava gran parte del suo
tempo. Sceglieva i momenti migliori e calcolava il tempo che passava
aldilà del pozzo per poter tornare e non essere scoperta, un
lavoro difficile dunque, che la esponeva a diversi rischi. “Tutto
per quegli occhi.” Si disse chiudendo per un attimo i propri. Non
vedeva l'ora di tornare di là, per scoprire se Sesshomaru aveva
preso quella caramella.
Giunta al bordo si diede una spinta per uscirne fuori e subito gettò un'occhiata attorno a se.
“L'ha presa!”
Balzò sul posto gioendo e strizzando gli occhi felice, non c'era
nessuna caramella rifiutata in vista. Improvvisamente ebbe una maggiore
voglia di vederlo e s'inoltrò nel bosco, girando per diverso
tempo.
° ° °
Di colpo alzò il
mento, qualcosa nell'aria aveva colto la sua attenzione.
«Qualcosa non va padrone?» Gli chiese Jaken e Sesshomaru si
affretto a riprendere il cammino, fingendo indifferenza.
“C'è di nuovo
il suo odore.” Aveva constatato, come poteva ignorare quell'umana
così curiosa? Dopotutto lui sapeva che prima di lei qualcun
altro aveva attraversato quel pozzo, cosa poteva significare la
comparsa di un'altra ragazzina? Non sapeva rispondere ai propri
quesiti, nemmeno quello che lo portava a chiedersi perché.
Perché aveva preso quella piccola cosa insignificante e
dall'odore dolciastro che ora giaceva fra il kimono e l'armatura,
doverosamente nascosta?
Arricciò il naso quando sentì l'odore della ragazza
avvicinarsi, l'idea di essere braccato non gli piacque affatto e
decise di allontanarsi dalla parte opposta. Jaken lo guardò
perplesso a quel cambio di direzione repentino ma non gli fece alcuna
domanda, notò solo che il suo padrone aveva accelerato il passo
e faticò per stargli dietro. Sesshomaru d'altro canto ebbe la
scomoda sensazione di stare scappando.
“Niente da
fare.” Sesshomaru non era in nessuno dei luoghi dove l'aveva
precedentemente incontrato, Izumi lo constatò a malincuore e
decise d'inoltrarsi maggiormente nel bosco. Questo non sapeva né
dove l'avrebbe portata, né quali rischi avrebbe corso ma l'idea
d'incontrarlo per caso un'altra volta la stuzzicò.
Le sembrava tutto
così silenzioso e normale in quel posto, eppure vi aveva
conosciuto due creature tutt'altro che ordinarie. Osservò
dubbiosa i dintorni, vagando per qualche tempo, quando notò la
cima di un albero. «Accidenti.» Mormorò, le sembrava
talmente grande da ricordarle il buon vecchio Goshimboku, che di tanto
in tanto osservava dalla sua finestra.
Incuriosita decise di recarsi a vederlo da vicino
Jaken vide il proprio padrone fermarsi nuovamente e lo scrutò dubbioso, cos'aveva quel giorno che non andava?
Sesshomaru
assottigliò il proprio sguardo, aveva avvertito l'odore di
quella ragazza dirigersi nuovamente verso di lui. L'avrebbe sicuramente
incrociato se non si fosse ulteriormente mosso, ma poi perché
avrebbe dovuto farlo? Perché sarebbe dovuto scappare con tanta
dedizione da una debole e insignificante umana? Gli dava fastidio, non
gli piaceva il suo odore, non voleva perder tempo; più pensava
alle possibili motivazioni più sentiva di star cercando delle
scuse. Decise che non sarebbe scappato, se fosse comparsa davanti a lui
sarebbe avvenuto per caso e l'avrebbe ignorata! Dopotutto l'aver
accettato quella cosa dolce che ora aveva con se non significava
niente, aveva semplicemente preso qualcosa che, a detta di quell'umana,
gli apparteneva. Se ne convinse e continuò per la propria
strada.
«Per tutti gli
Dei.» Sussurrò Izumi trovandosi di fronte a
quell'imponente albero, riconoscendone la copia esatta del Goshimboku.
Forse in qualche particolare poteva sembrare diverso ma non aveva
dubbio, quello era l'albero che spiccava nella proprietà
Higurashi! “Ma io...dove sono?” Fu portata a chiedersi e
per infiniti minuti non riuscì a scostare lo sguardo da quella
figura. Forse fu per questo che gridò quando
sentì una mano afferrargli un braccio.
«Non urlare
così!» Sentì dire dopo essersi ritirata
istintivamente. Si appiattì con la schiena al tronco dell'albero
e davanti a se vide... vide.... «C-cosa sei?» Chiese
titubante, facendo un cenno alla testa del ragazzo. Due buffe orecchie
di cane svettavano fra i capelli corvini e due occhi dorati la
catturarono, decisamente perplessi. Incredibilmente le parve di vedere
gli stessi occhi di Sesshomaru, o quasi, ma quel ragazzo sembrava umano, se non fosse stato per quelle orecchie. «Da dove vieni
ragazzina? Che strani abiti hai...» «Hey dico, ma ti sei
visto le orecchie? Be', posso...posso toccarle?» Gli chiese a
bassa voce avvicinandosi di poco e vide il ragazzo alzare un
sopracciglio. «Siete tutte uguali.» Mormorò a bassa
voce, prima di fare un sospiro. «Non sai che è pericoloso
vagare da soli per il bosco? Ci sono demoni dove meno te l'aspetti.»
«Lo so.» Rispose Izumi con un tono più alto di
quello usato finora, come ci teneva a ribadirlo! «Ne cercavo
proprio uno.» «Che?» L'altro scosse la testa e si
avvicinò maggiormente, poggiandole una mano sul collo e lei
arrossì. «Una ragazza così carina non dovrebbe
correre rischi così inutili.» Disse con tono suadente
addolcendo lo sguardo, che prese colori più intensi. Izumi
improvvisamente si trovò a balbettare qualcosa d'incerto e di
conseguenza lui sorrise. «Scusa, non mi sono presentato. Il mio
nome è Masamune, ma puoi chiamarmi semplicemente Masa.»
Sorrise allo sguardo perplesso della ragazza, quello che non poteva
sapere era che Izumi si stava chiedendo che tipo di genitore potesse
chiamare il figlio con il nome di una spada! «Vieni ti accompagno
al mio villaggio.» Le disse tirandola appena per il braccio, non
fu necessario tirare più di tanto poiché Izumi si
lasciò trascinare leggera come un fantasma, ancora rossa in
volto. Chi era in realtà quel ragazzo, cosa voleva da lei e cosa
ci faceva lì? Ma soprattutto....villaggio?!
Improvvisamente Jaken
sbatté contro la gamba del proprio padrone, fermatosi nuovamente
in modo brusco. «Le chiedo scusa, Signor Sesshomaru!» Si
affrettò a dire, guardandolo di sottecchi. Sì, aveva
decisamente qualcosa di strano quella mattina.
«Ehm, va tutto bene Signor Sesshomaru?» Il demone cane lo
ignorò, ma si chiese la stessa cosa. Va tutto bene? L'odore che
si aspettava di veder coincidere presto con un'immagine, sorridente e
immotivatamente felice, si stava allontanando con velocità. Ma
il punto era, perché se ne stava preoccupando? Forse in fondo,
ma molto in fondo, ne era rimasto deluso. No! Decisamente deluso non
era l'aggettivo più adatto, seccato forse; seccato che le cose
non fossero andate come si aspettava. Storse le labbra corrucciato. Il
vero punto era, perché non si sentiva sollevato, voleva lui in fondo essere trovato?
° ° °
Una donna anziana, in abiti
di sacerdotessa, la stava scrutando sgomenta già da un po'.
«Ehm, chi siete?» Chiese Izumi titubante, cercando di porre fino
a quello che le sembrava un esame, accanto a lei il ragazzo che l'aveva
letteralmente trascinata in quell'insolito villaggio. Si sentiva
trasportata del set di un film dove tutti, ma proprio tutti, vestivano
in abbigliamento tradizionale e persino le case, i campi...tutto le
sembrava parte del passato. «Tu hai attraversato il pozzo?»
Le chiese quella donna all'improvviso, destandola dal suo curiosare in
giro con lo sguardo. Sgranò gli occhi incredula. «E tu
come fai a saperlo?!» «Incredibile...» Fu il solo
commento che la sacerdotessa riuscì a pronunciare. «Madre,
si può sapere di cosa state parlando?» Il ragazzo dalle
orecchie canine non sembrava meno perplesso di Izumi.
«Quindi tu saresti la
mia prozia, Kagome Higurashi?!» Concluse la ragazza a seguito della
sommaria spiegazione che aveva appena ricevuto riguardante il pozzo e
l'era Sengoku. «Mio nonno una volta mi ha detto che ha una
sorella, la quale da giovane si era trasferita molto lontano col
marito, ma non ha mai aggiunto altro!» Esclamò. “Credo di
cominciare a capire per quale motivo il nonno non voleva che
attraversassi il pozzo!” «Madre, perché non mi hai
mai raccontato questa storia?» Masa era rimasto stupito, persino
lui non ne sapeva niente! «Be', non l'ho mai ritenuto veramente
necessario. Non volevo certo nasconderlo.» Commentò
Kagome. «Come mai non sei mai venuta a trovare il nonno?»
Le chiese improvvisamente la ragazza, sporgendosi in avanti. Kagome
sembrò farsi pensierosa nel sentirsi scrutata da quegli occhi
profondi. «Non è che non volessi farlo ma...»
«Ti piacerebbe se ti portassi l'album fotografico degli
Higurashi?» Chiese d'un tratto Izumi, sfoderanto un sorriso. La
donna restò a fissarla stupita per qualche secondo poi distese
le labbra. «Sì, mi piacerebbe.» «Vado e
torno!» Esclamò la ragazza alzandosi di scatto. Masa le
urlò qualcosa ma Izumi era già corsa via, sollevando la
curiosità degli abitanti del villaggio.
Kagome tornò a farsi
cupa. “Per quale motivo il pozzo si è riattivato proprio
adesso?” «Non trovi che sia carina, madre?» Kagome
restò interdetta, che tono ispirato aveva usato suo figlio!
“Sono sicura che la
signora Kagome non sia tornata a trovarci per timore, o forse
perché a quell'età risalire questo pozzo deve essere
diventato problematico!” Izumi ridacchiò mentre metteva mano
fuori dal bordo di legno, tuttavia il riso le si spense in gola quando
vide una figura stagliarsi contro la luce della porta aperta.
«Nonno.» Sussurrò a mala pena mentre Sota la
guardava in tralice con serio cipiglio.
Decisamente non era quello
il risvolto che si aspettava da quella giornata. Ora che poteva
scrutare il Goshimboku solo attraverso la finestra si epentiva di
non essere stata più attenta. Si chiedeva se sarebbe potuta
anche solo uscire di casa, suo nonno non lo aveva specificato. Non che
si fossero scambiati molte parole, ma aveva letto rabbia e delusione
nei suoi occhi e ora Izumi si sentiva in colpa. Lanciò
un'occhiata al libro giallo che svettava dalla scrivania. “Alla
fine non sono riuscita nemmeno a vederlo.” Mugugnò,
stringendosi le gambe al petto.
Non si mise a contare i
giorni che passarono da quella volta, né le volte che prese in
mano il violino pur senza sentire di voler suonare qualcosa. L'idea di
non poter più vedere quell'affascinante demone bianco-vestito le
dava la netta sensazione di subire un'ingiustizia. Izumi voleva
attraversare quel pozzo, doveva o che ne sarebbe stato di tutti gli
sforzi? Per addestrare un cane serve anche costanza dopotutto!
Sospirò, non era veramente per addestrarlo che voleva tornare di
là, qualsiasi luogo fosse. Le sarebbe bastato
anche solo vederlo. “Ma che sto facendo qui?” Si chiese
lanciando un'occhiata al proprio violino. Da quando in qua Izumi
Higurashi si arrendeva? Saltò giù dal letto quel
pomeriggio, un giorno a caso in cui aveva deciso che NO, non si sarebbe
arresa.
Aprì la porta di scatto ed un paio d'occhi le fecero da muro, ghiacciandola sul posto.
«E tu che ci fai
qui?!» Urlò, notando solo dopo che dietro Masa c'era
suo nonno che guardava la scena sia stupito che malinconico.
«Ovvio, sono venuto a prenderti.» Sota si sentì
catapultato indietro nel tempo, quando un altro ragazzo con le orecchie
di cane veniva a prendere la sua sorellona con lo stesso irruente modo.
«Sota!» Sentì esclamare e lui girandosi vide una
donna, i cui lineamenti alterati dall'età non gli impedirono di
riconoscere sua sorella. «Kagome.»
«Capisci? Il pozzo
non mi ha più concesso di tornare indietro così smisi di
sperarci, altrimenti ti sarei sicuramente venuta a trovare. Nonostante
ciò di tanto in tanto gettavo uno sguardo dentro al pozzo,
più per abitudine che per curiosità e, inaspettatamente,
qualche giorno fa ho visto nuovamente il cielo sul fondo.» Kagome
dopo tanto tempo riusciva a parlare col fratello, e a spiegargli che
non si era dimenticata di lui. «L'ho attraversato e nel rivedere la
mia vecchia casa mi sono riempita di nostalgia. Però non riconoscevo
le voci che provenivano dall'interno, e sentendo il suono di un violino
avevo capito che la famiglia che viveva in quella casa... non era più
la mia. Era passato così tanto tempo, che diritto avevo di
piombare dal nulla?» Mormorò le ultime parole con
mestizia, guardando il fratello che ricambiava lo sguardo donandole
invece un sorriso. «Ne avevi tutto il diritto, sorellona. Mi sei
mancata.»
Non seppe quale fu il
misterioso motivo che portò suo nonno ad acconsentirlo, ma Izumi
poteva attraversare il pozzo quando e come voleva. Il nonno e la prozia
avevano parlato a lungo da soli relegati nel salotto, probabilmente di
altri tempi ormai lontani. Quel ragazzo, Masa, era piombato in casa sua
per venirla a prendere e tuttavia se n'era tornato a casa da solo. Quel
giorno, fino a sera, Kagome era rimasta col figlio a parlare di tutto e
di più, raccontando anche l'impossibile, ma ciò che
veramente le premeva era che poteva attraversare il pozzo!
Quella sera, qualche ora
dopo che Masa e Kagome erano tornati a casa, Izumi tornò a
guardare il proprio violino e, finalmente, sentì la poderosa
voglia di suonarlo. Si sentiva sollevata, felice e dannatamente
ispirata, tuttavia non poteva mettersi a suonare a quell'ora
così tarda. Anche la più luminosa delle sere estive si
era spenta ed una bianca luna troneggiava in cielo, facendo capolino da
dietro il Goshimboku e quella vista le tolse un sorriso. Avrebbe
suonato, quella notte.
° ° °
Aldilà del pozzo
tutto taceva e niente si muoveva. Non dovette muoversi molto prima di
trovare un posto che le piacesse, di là dal pozzo era bello ovunque, ma
quel luogo per lei aveva un significato particolare. Sul fondo di
quella rupe aveva incontrato Sesshomaru, per la prima e fatale volta.
Così si sedette su un masso e dopo alcuni secondi l'archetto
si mosse lento e sinuoso, accarezzando le corde con la stessa
delicatezza che si riserva ad un cucciolo.
Una dolce melodia si
profuse in suoni acuti e quella notte Izumi si sentì come
ululare alla luna che, bianca e misteriosa le ricordava proprio il suo
demone preferito. Se non fosse che, poco dopo, si accorse di quanto
veramente gli somigliasse. D'un tratto notò la sua presenza in
lontananza, la osservava, e sotto quella luce i suoi capelli ed i suoi
abiti risplendevano di un bianco candido e abbagliante, in rilievo con
il buio dello sfondo notturno. Rimase basita, l'archetto si
bloccò proprio al culmine di una nota e risuonò stonata.
A quel sibilo lo vide assottigliare lo sguardo e non seppe per quale
motivo, ma si sentì esortata a continuare.
Le sue labbra si distesero
in un sorriso, uno spicchio di luna, e i suoi occhi brillarono di densa
felicità. La sua melodia proseguì, ben felice di poter
suonare per qualcuno; felice di poter suonare per lui.
Era incredibile. Aveva
cercato un approccio con Sesshomaru nei modi più disparati,
provando a capirlo ed avvicinarsi a lui attraverso un libro, aspettando
pazientemente. Mentre per una cosa che stava facendo per puro sfogo e senza premeditazione era stato proprio lui ad
avvicinarsi a lei! Rise, perché era troppo piena di
felicità e sentiva che in qualche modo doveva lasciarla uscire
fuori dal proprio corpo, la melodia del violino non era abbastanza.
Quel tintinnio vivace si
amalgamò col suono acuto di quello che ai suoi occhi era uno
strumento particolare, Sesshomaru ne era stato incuriosito fin dalle
prime note che si erano fatte strada nella notte. Non capiva cosa
avesse potuto produrre un suono tanto singolare e melodico, dalle
cadenze così studiate e che risultava un connubio perfetto con
quella notte luminosa. Si era reso conto solo in seguito che nell'aria c'era anche l'odore della ragazza. Dalla volta che l'aveva percepita avvicinarsi nei pressi del Goshimboku, senza
incontrarla, si aspettava di vederla comparire da un momento all'altro
insidiosa come sempre. Invece erano passati giorni e l'idea che quella
ragazzina petulante, che tanto si era dimostrata calamitata verso di
lui, avesse perso ogni interesse l'aveva infastidito come un insulto.
Piccato, ansioso, ed in parte curioso, si era aggirato nei pressi del
pozzo per diverso tempo, intento a farsi trovare e mostrarsi più
indisposto che mai, per ripicca! Ed ora? Perché si sentiva
così a disagio in quella situazione, senza riuscire nel suo
intento? Quella melodia, quella presenza, quella risata argentina che
di tanto in tanto sgorgava da quelle labbra, avevano inibito ogni
malevola intenzione; si sentiva portato a voler ascoltare.
Per conto di Izumi, quella fu la notte più bella della sua vita.
_______
Note: Chiedo venia per il ritardo, ma il simpatico problema -.-''' che mi ha portato a vedere cancellato il capitolo -più volte-
mentre lo scrivevo mi aveva demoralizzato, nonché portato
all'esasperazione e, soprattutto, instillato impulsi omicidi nei
confronti delle “cause” che non sto a spiegarvi nei
dettagli...(risveglierebbero il mio odio ò_ò)
Premesso questo mi auguro
che il capitolo vi sia piaciuto e, se così non fosse, a
comunicarmi senza indugio cosa non vi piace.
Un abbraccio :]
Kain
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Capitolo 4 *** L'innamorato ***
4- L'innamorato
°L'innamorato°
Quella mattina svegliandosi Izumi si alzò col pensiero
rivolto al passato e non al futuro, come era suo solito fare. Per lei il giorno era sempre stato quel lasso di tempo che la vita le concedeva
per vivere tutte le avventure che poteva, affrontando la giornata con
il sorriso e lo spirito della scoperta. Eppure una volta sveglia si
sentì piacevolmente trasportata alla notte passata, quando
un attento demone cane aveva docilmente ascoltato la sua sonata
notturna, denotando un certo interesse.
Osservò Buyo* assonnata, il gatto bianco comodamente
acciambellato sul fondo del proprio letto, e quando per un momento le
sembrò di vedere un cane bianco capì che c'era
qualcosa che non andava in lei!
Quel giorno era afoso anche nell'epoca Sengoku, Izumi lo aveva
constatato con delusione nonostante se l'aspettasse. Per un momento le
era balenata in testa l'idea di fuggire dal caldo gettandosi nel pozzo,
si rese conto solo dopo che avrebbe funzionato soltanto se fosse stato
un pozzo vero. Vagò curiosa fra gli alberi, di radura in
radura, compiendo ancora una volta quello che era diventato una sorta
di rito. La rupe, il giaciglio, il lago, Izumi ripercorreva uno per uno
i luoghi che l'avevano portata all'incontro con Sesshomaru, sperando di
trovarlo nuovamente. Tuttavia non era facile riuscirvi.
Sesshomaru sbuffò a denti stretti, tanto che Jaken non lo
notò neppure. “Quella ragazzina è
tornata.” Sentir comparire quell'odore nell'aria
così all'improvviso gli aveva serrato la gola come una mano
stretta sul collo, e dire che la notte prima gli era sembrato che
quella morsa avesse qualcosa di seducente. Forse era stata proprio
quella sensazione di aver perso le proprie certezze che aveva scaturito
in lui una sorta di contromisura d'emergenza, una difesa istintiva. Una
difesa volta all'attacco. Infatti Izumi non capì cosa stesse
succedendo quando sentì il peso degli occhi ferini di
Sesshomaru cadere sul proprio sorriso, spezzandolo.
Comparve di fronte a lei dal nulla e da solo, come una sfida. La fissò dritta negli occhi, bruciandola con essi, le rivolse uno sguardo di profondo disprezzo tinto di una tonalità fin troppo cupa per la fierezza che voleva trasmettere.
“Cosa sta succedendo?” Si chiese disorientata, trovandosi faccia a faccia con lo stesso Sesshomaru dei suoi primi incontri. “Cos'è cambiato all'improvviso?” Per la prima volta anche le sue certezze
vacillarono, costruite con pilastri di origami: le pagine del libro che
le faceva da mentore. Cos'era quella cosa tanto forte dall'aver messo
in crisi la realtà della crepa che aveva scavato nel muro
posto fra di loro? Il muro che divideva due razze, due indoli, due
sessi, due pensieri; tutti diversi.
Quel vago e frastornato misto di tristezza, delusione e paura
colorò il viso di Izumi con una piega che parve soddisfare
Sesshomaru, che si sentì per questo incalzato dal proprio
istinto.
«Torna al mondo a cui appartieni, il tuo odore di umana mi
irrita. Se torni, ti ucciderò.» Izumi fece un
passo indietro, reazione istintiva dettata dai suggerimenti del libro,
tuttavia quelli che dovevano essere gli occhi che l'avrebbero dovuta
minacciare le parvero tanto insicuri da farle quasi tenerezza.
Stupì se stessa per questo, cosa c'era in quegli occhi di
diverso che persino il suo istinto le aveva fatto notare? D'un tratto,
percependo il fremere impaziente delle sopracciglia del demone,
sentì di aver colto in quella maschera efferata una breccia
ben maggiore della crepa che si aspettava.
Quell'aggressività era difensiva.
Molti cani tendono a sviluppare
paura nei confronti di persone estranee o di fronte a situazioni nuove,
un timore che può portarlo a reagire con violenza,
attaccando. Tale manifestazione prende il nome di
Aggressività da Paura.
Vedere lo sguardo della ragazza mutare non gli piacque affatto, si
sentì preso in giro da quella sorta di compiacimento che
aleggiava in quelli che volevano mostrarsi occhi remissivi.
“Una femmina tanto sfacciata...” Mormorò
a se stesso ostentando i propri artigli agli occhi di lei, che in modo
totalmente inaspettato poggiò le ginocchia a terra,
abbassando la propria altezza. Non servì il ringhio
ammonitore che fece sorgere dalla propria gola, per farle capire che
non stava scherzando, se non a dipingere nel volto di quella ragazza un
fastidioso quanto insolito sorriso. Modesto, pulito, mirato. Sesshomaru
l'osservò in tralice, perché sorrideva?
“Perché non ha paura?” Perché
non gli obbediva? “Perché non scappa?!”
Strinse i denti nel vedere confermata la prima impressione che ebbe di
lei. Lui considerava gli umani come tanti meri e semplici duplicati
l'uno dell'altro; infidi, meschini, sobillatori e tremendamente
prevedibili. “Perché quest'umana mi è
incomprensibile?” Fissò risentito le sue braccia
esili e delicate porgersi in avanti, come in un'offerta,
sentì un chiaro messaggio provenire da quel gesto.
Quando allungate una mano
assicuratevi sempre di tenere il palmo rivolto verso l'alto,
è un chiaro segno di non ostilità, in questo modo
fate capire al cane che non avete intenzione di sottometterlo e che
quindi non deve temervi.
«Per favore permettimi di restare.»
Iniziò a dire, vagando incerta con lo sguardo su di lui.
«Per me questo luogo è molto
importante.» Aggiunse, ma nel momento che andò a
cercare lo sguardo di Sesshomaru gli vide digrignare i denti
voltandosi, intento ad andarsene. «Perché ci sei
tu.» Soffiò via Izumi, talmente piano che
giurò di averlo pensato, ma l'andatura del demone ebbe un
cedimento. L'aveva sentita e quando la ragazza se ne accorse ritenne
che in fondo era un bene.
«Non m'intralciare, o ti uccido.» Sibilò
Sesshomaru, facendo gelare il sangue a Izumi, perché sapeva
che ne era capace. La giornata non era andata affatto come se
l'aspettava.
Il demone cane la stava facendo sudare per guadagnare ogni singolo
grammo di fiducia e quel giorno, nonostante la paura e l'angoscia che
l'avevano attraversata, sentì che fra le parole di
Sesshomaru si nascondeva una sorta di permesso. Il suo permesso. Il
grande demone cane le consentiva in modo ufficiale di aggirarsi nel suo
territorio, purché non lo infastidisse. Mettendola in quel
modo le venne da ridere, infatti rise. Allo stesso tempo non
poté fare a meno di pensare ancora a quella reazione
aggressiva nei suoi confronti, dietro la quale avrebbe potuto
nascondersi una fonte a lei sconosciuta, ma che avrebbe dovuto mettere
in conto se avesse voluto proseguire nei suoi intenti in modo da trarne
dei frutti.
Altro fattore importante che
può scaturire l'Aggressività da Paura sono le
conseguenze di un'esperienza spiacevole, che il cane rivive trovandosi
di fronte a situazioni già accadute o che gli ricordano
ciò che è avvenuto in passato.
Una flebile risata trattenuta a stento gli giunse come in una tortura,
Sesshomaru era partito con l'intenzione di fare in modo che quella
ragazza non tornasse più e, senza rendersene conto, le aveva
praticamente dato il permesso di fare il contrario! Si
accigliò scrutando il cupo disegno delle ombre nella
foresta, come potesse leggervi qualche arcana formula che l'avrebbe
illuminato. Purtroppo nulla giunse a spiegargli qual'era la mistica
soluzione al suo problema, forse perché si rendeva conto da
solo che quello che si accingeva a formarsi dinanzi a se più
che un problema era il pallido riflesso di un ricordo.
Avrebbe voluto non avere più a che fare con altri umani,
mentre allo stesso tempo sapeva che riteneva la presenza di quella
ragazza in qualche modo piacevole. Forse perché gli
ricordava qualcosa di bello, o meglio l'unico bel ricordo che aveva
degli umani, che allo stesso tempo si accostava ad un ricordo
spiacevole. Sì, quella ragazza gli ricordava Rin. Un ricordo
che faceva male. Si chiese se inconsciamente stesse bramando il
ripetersi di quella storia che stava cercando di non rivivere.
Quell'unica umana che l'aveva accolto nella sua vita, priva di timore e
ripensamenti, con fedeltà e con affetto. Ne ricordava il
tenero e sincero sorriso, di cui spesso nemmeno capiva la fonte. Lo
stesso sorriso che aveva la strana proprietà di
tranquillizzarlo, forse perché era la prima volta che
qualcuno gli sorridesse, o forse perché era la prima volta
che qualcuno gli volesse bene? Aveva ciecamente confidato in quel muto
affetto, ritenendolo suo ed eterno in una sorta di illusione, dettata
probabilmente dall'ignoranza sull'argomento. Sesshomaru sentiva ancora
quella presenza bruciargli come una ferita, causata da una spada
nemica, una spada traditrice. Come se si fosse tagliato con la sua
stessa spada, di una lama che non permette alle carni di rimarginarsi.
Che quel taglio gli facesse ancora male riusciva ad ammetterlo a fatica
persino a se stesso, perché si sentiva tremendamente stupido
per l'aver riposto fiducia in qualcuno traendone una sconfitta.
Quell'unica persona che faceva apparire la parola
“unica” come un'eccellente rarità e
“persona” come una sorta di rivelazione, avrebbe
voluto che fosse finita in modo diverso. Rin aveva semplicemente scelto
di rimanere fra gli umani per sempre, quella che era una bambina e che
era diventata una bella donna, quell'umana che con la sola presenza gli
aveva insegnato molte cose. Lui, Sesshomaru, che per questo si era
abbassato a dare sempre maggiore considerazione agli umani, era giunto
persino a desiderare che Rin diventasse un demone a sua volta per farla
diventare la sua compagna. Aveva lottato con il suo stesso desiderio,
finché in qualche modo aveva dovuto cedere, facendo strada
nella sua mente il pensiero che in fondo anche umana com'era sarebbe
andata bene. Se non fosse che, mentre lui lottava con il suo orgoglio
ed il suo sentimento, lei aveva già messo in chiaro nella
sua mente ormai matura che era una vita da umana quella che
l'aspettava, e che l'avrebbe vissuta fra i suoi simili. Sesshomaru si
era sentito stordito quando glie lo disse, frenando gli albori di quel
sentimento ancor prima che sbocciasse, lasciando in gola tutte le
parole che avrebbe voluto dirle. Aveva solamente annuito, lasciando
rispondere quella parte di se che sapeva quanto consona quella
decisione fosse e facendo sopire quella che le gridava no.
Per anni aveva rimuginato sull'idea di tornare da lei e dirle tutto, si
diceva sì e si diceva no, ma in entrambi i casi non andava
mai a risolvere quella situazione. Finché gli anni che
passarono divennero troppi e quella Rin, che aveva visto crescere e
fiorire, aveva ormai lasciato quel mondo.
Strinse le labbra. “Perché lei è capace
di ricordarmela?”
°
° °
Il giorno dopo Izumi tornò nell'epoca Sengoku, accompagnata
da un fedele amico a quattro corde sul quale riponeva una sorta di
speranza. Suonando il violino il suo demone cane sarebbe apparso
ancora? Scelse di porsi di fronte al Goshimboku, cosicché
almeno uno spettatore l'avrebbe avuto in ogni caso. Cominciò
a suonare dando toni sempre più convinti alla sua melodia,
sempre più incalzanti, lasciando poi sciorinare un vento di
note dolci come un bacio. Quando sentì comparire alle sue
spalle una presenza si voltò, felice che il proprio richiamo
fosse giunto.
«Izumi, bentornata.» Purtroppo però era
giunto alla persona sbagliata. «Masa?» Storse il
sorriso in un'espressione stupefatta, proprio non se l'aspettava.
Che avrebbe dovuto fare, cacciarlo dicendogli “vai via non
aspettavo te”? Scodellare un “scusa ma ho da
fare” per poi mettersi in un altro angolo della foresta a
suonare il violino, sapendo che l'avrebbe sentita? Izumi
sospirò, una reazione del genere non sarebbe stata da lei.
Per quanto convinte fossero le sue intenzioni raramente sapeva dire di
no, soprattutto a qualcuno che con lei si dimostrava gentile, e Masa
era molto gentile.
«In pratica tu sei mio cugino di secondo grado.»
Commentò lei per sciogliere quel silenzio imbarazzante che
si era creato, camminando assieme lungo i sentieri che tagliavano il
bosco attorno al villaggio. Già, lui l'aveva invitata a fare
una passeggiata intavolando un discorso sullo strano strumento che
aveva suonato. «Dovresti avere più o meno
l'età di mio padre, invece sei molto più giovane.
Quanti anni hai?» «Cinquantacinque.»
«Che cosa?!» Izumi lo fissò,
squadrandolo meglio dalla testa ai piedi a causa di quella risposta che
le aveva soffiato con nonchalance. Si era ormai fermata, mentre Masa la
guardava curioso esaminare la sua immagine. «Qualcosa non
va?» «Com'è possibile, sembri un ragazzo
della mia età.» Masa sembrò rifletterci
sopra, in fondo non gli piaceva molto raccontarlo ma le proprie
orecchie non gli permettevano certo di nasconderlo. «Il fatto
è che ho del sangue demoniaco nelle vene.»
«Oh, capisco.» Si stupì del modo
semplicistico col quale Izumi aveva preso la cosa, l'informazione non
la scandalizzava, né la sorprendeva con tanto d'occhi. Si
era stupito, ma la cosa gli piaceva. «Che tipo di
demone?» Le chiese Izumi curiosa. «Demone
cane.» A quella risposta la passeggiata si bloccò
ancora, la ragazza si era fermata di colpo strabuzzando gli occhi. Masa
si sentì indagato nel profondo da quell'espressione, che
aveva detto di male? Izumi gli poggiò le mani sulle spalle,
poi le strinse con forza scuotendolo un po'. «Tuo padre non
si chiama Sesshomaru vero? Vero?!» «Cosa?!
Sesshomaru... no!» Masa si stupì ancora, la vide
sospirare e sentì le mani sopra le sue spalle rilassarsi e
scivolare via. «Sesshomaru è il fratellastro di
mio padre, come lo conosci?» Aggiunse serio, lei si
dimostrò chiaramente sorpresa a quella notizia, quello che
non sapeva era che la mente di Izumi venne traslata da tutt'altra
parte. “Quindi io e Sesshomaru in qualche modo siamo collegati!”
Concluse dentro di se, intenerita dal suo stesso pensiero.
“Che cosa romantica, in fondo eravamo destinati a
conoscerci...” Continuava a pensare, ignorando completamente
il fatto che Masa cercasse di riacquistare la sua attenzione, ma lui ci
riuscì. «Dì un po', il demone che avevi
detto di cercare l'altro giorno era Sesshomaru?» Le chiese,
facendo cappottare i nervi di Izumi, che si tese come una corda del suo
violino. “Ma che ragazzo perspicace.”
Commentò ironica a se stessa, avrebbe dovuto dirgli di no?
Ora che sapeva che Sesshomaru era in qualche modo era la zio di suo
cugino la cosa cominciava a farle un po' senso, avrebbe dovuto
nasconderlo? «Era lui.» Concluse da solo Masa e
vide Izumi girarsi verso di lui con un'espressione sconfitta ed
incredula. «Ma cos'hai, la palla di cristallo?!»
Proseguirono in silenzio, Izumi pensava di averlo deluso, amareggiato,
le sembrava tanto pensieroso. Lui che aveva sempre un sorriso, che
fosse lascivo,beffardo o malizioso, vederlo serio la gettava in uno
stato d'inquietudine. Soprattutto quel silenzio, che non sapeva come
spezzare ed aveva persino paura di farlo, ma non dovette aspettare
molto per sentirlo interrotto. «Devi stare attenta,
Sesshomaru è pericoloso.» Le aveva detto,
lasciando trasparire una seria preoccupazione che intenerì
Izumi. «Lo so.» Gli rispose in un sussurro,
sicché Masa cercò il suo sguardo e quando
incrociò i suoi occhi proseguì.
«Non gli piacciono minimamente gli umani.»
«Lo so bene.» «Sesshomaru ha un pessimo
carattere, scontroso e asociale.» «Purtroppo so
anche questo.» «Non perdona uno sgarro diretto alla
sua persona.» «Lo so.» «Non si
fa problemi ad uccidere.» «Lo avevo
capito.» Masa si trovò interdetto, era incredulo.
«Si può sapere perché lo cercavi
allora?!» Le chiese infine. “Perché lo
adoro.” Fu la risposta che Izumi generò un istante
dopo nella sua mente, ma non si sentì di lasciarla uscire,
non perché non ne fosse convinta, tanto meno
perché non volesse. Semplicemente non era stupida, sapeva
che piaceva a quel ragazzo e la sua risposta sarebbe risultata
inopportuna, quindi gli sorrise. «Amo l'avventura.»
Disse, sapendo di aver comunque affermato una verità,
camuffandola da risposta. Quello che non poteva sapere era cosa si
celava dietro il sorriso che le offrì Masa. Probabilmente
avrebbe dovuto dire la risposta giusta a quella domanda
perché con quella sbagliata aveva indirettamente fatto in
modo che Masa si accorgesse di essersi innamorato di lei.
Masamune, il figlio di un mezzo demone e di un'umana sapeva quanto rara
e quanto bella potesse rivelarsi la personalità di Izumi.
Le sue orecchie canine che seppur attiravano le ragazze per la loro
simpatia si dimostravano un chiaro segno imputabile al sangue demoniaco
che gli scorreva nelle vene, come per magia quelle due orecchie si
rivelavano essere un'arma a doppio taglio. Simpatiche, morbide, proprio
come quelle di un cane, ma al tempo stesso incutevano timore
così come i suoi occhi. Entrambe le caratteristiche facevano
venire a galla nelle menti di chi lo guardava la parola
“demone” e, per quanto col tempo avesse dimostrato
di essere totalmente innocuo, questo gli giocava a sfavore. Masa,
proprio come suo padre, generava automaticamente timore in quelli che
lo circondavano e tutti si premuravano di non farlo arrabbiare, di
comportarsi bene con lui e molte persone all'antica continuavano a
provare una certa fastidiosa diffidenza. Izumi non provava nessun
timore, né nell'essere vicino a lui, né
nell'essere toccata, nemmeno nel parlargli; non aveva paura di lui e
non solo, non aveva paura nemmeno di trovarsi faccia a faccia con un
demone come Sesshomaru. Era bella, seppur non la più bella
seppur non perfetta, era simpatica era coraggiosa e piena di energie e
Masa sentiva che quella ragazza era più che perfetta per lui.
Quell'estate Izumi imparò per la prima volta quello che
credeva in realtà di conoscere già: il
corteggiamento spietato! Per due giorni consecutivi ogni volta che
attraversava il pozzo si trovava Masa venirle incontro, in qualunque
direzione si dirigesse, così quei giorni si
era trovata a non poter vedere Sesshomaru. Le chiedeva sempre di
parlargli del suo mondo, incitandola a raccontargli delle
diversità fondamentali fra un'epoca e l'altra. Parlavano di
vestiti, di cibo, di come fosse cambiato il modo di pensare,
dell'occidentalizzazione, dei mezzi di trasporto. Per quanto Masa
trovasse quei racconti interessanti e meravigliosi come fiabe, la cosa
che più le piaceva era come Izumi parlasse spigliata e
appassionata di qualcosa che la riguardasse da vicino, inoltre
conoscendo un po' il mondo al quale apparteneva aveva la convinzione
che avrebbe conosciuto meglio anche lei. Izumi dal canto suo non poteva
fare a meno di notare quanto quel ragazzo fosse simpatico e affabile,
ma ciò che più le premeva era trovare una
scappatoia per poter incontrare Sesshomaru. Un giorno però,
alzandosi la mattina e aspettandosi di vedere il proprio gatto sul
fondo del letto, vide invece un curiosissimo Masa. «Oh, bene
ti sei svegliata. Andiamo?» Aveva detto ad una palesemente
sorpresa Izumi che lo aveva fissato per alcuni istanti, chiedendosi
se si fosse realmente svegliata. «Andiamo dove??»
«A fare un giro. Mi fai da guida?»
Così Izumi si era trovata al tavolino di un bar con
un'enorme coppa di gelato davanti. “Come cavolo ci sono
finita qui?” Si chiese guardando il ragazzo studiare curioso
il dolce che aveva di fronte.
“Come faccio a liberarmi di lui?!” Si chiese poi
quando lui la invitò a salire assieme su
“l'altissima costruzione di ferro”,
come aveva apostrofato la Tokyo tower, decidendo che la via migliore
fosse arrampicarsi, facendogli segno di salirgli sulla schiena.
Quello che non immaginava era che se lo sarebbe trovato in casa ogni
giorno a venire, portando a volte qualche prodotto alimentare come
omaggio oppure qualche fiore, una volta anche un kimono finemente
decorato.
«Cos'è quello?» Le chiese un giorno
indicando il libro Dog Training che non aveva mai lasciato la sua
postazione sopra la scrivania. «Un libro
scolastico.» “Tanto non conosce
l'inglese.”
«Parla di cani?» Izumi lo guardò
stralunata. “Lo conosce invece?!” «Come
lo sai?» «C'è sopra l'immagine di un
cane.» «Be', si ecco...mi piacciono i
cani!» Si affrettò a liquidarlo, sfilandogli il
libro dalle mani per riporlo su una mensola. «Esattamente
quanto ti piacciono i cani?» Girandosi nuovamente verso di
lui lo vide sorriderle malizioso, quasi in un ghigno, e notò
le orecchie canine muoversi a scatti, molto eloquentemente.
“Seriamente, come faccio a sbarazzarmi di lui?!”
°
° °
Paradossalmente fu il destino stesso, che gli aveva messo alle calcagna
Masamune, a regalarle una tregua e un'occasione. Un giorno, bello e
luminoso come tutti gli altri, Masa non le piombò in casa
come ormai era diventato suo solito, così Izumi ne
approfittò per tentare la fortuna e si tuffò nel
pozzo. Quella volta il ragazzo non si fiondò da lei come
temette, ebbe fortuna...ma anche sfortuna.
«Nooo! Piove, com'è possibile che piova a luglio
inoltrato?! Maledette stagioni sbarazzine.» Si
lamentò, andandosi a rifugiare da quella pioggia estiva nel
fitto del bosco. “O forse non è luglio
qua?” Si chiese, cominciando a girovagare per cercare
Sesshomaru. Quello che era sicuro è che con quella pioggia
gli odori si confondevano e per Masa, nonostante avesse ereditato un
buon fiuto, era impossibile distinguere l'odore di Izumi con la
pioggia. La ragazza d'altro canto vagava senza trovare la sua meta,
finendo comunque per bagnarsi. “Fortuna che non ho portato il
violino, sfortuna che non ho portato l'ombrello.”
Pensò gettando uno sguardo alla propria borsa e notando i
vestiti che minacciavano d'inzupparsi a breve, doveva trovare un
riparo. Cercò di accostarsi ad una parete rocciosa, provando
a ripararsi con una sporgenza della stessa, senza grandi risultati. Ma
da lì a qualche minuto dopo vide farsi strada qualcuno dal
folto. “Dannazione, Masa mi ha trovata?” Tuttavia
colui che vide giungere dal nulla non fu il cugino.
«Sesshomaru.» Sussurrò riconoscendolo.
Cosa ci faceva lì, nel bel mezzo della foresta sotto la
pioggia? Lo vide osservarla in modo quasi derisorio, per poi tornare
sui suoi passi. A lei non interessavano quegli sguardi carichi di quel
qualcosa che voleva a tutti i costi farle uno sgarbo, cosa che persino
lui aveva ormai capito, così Izumi decise di cogliere la
palla al balzo e lo seguì. Si sarebbe bagnata dalla testa ai
piedi? Non le interessava, dal modo col quale Sesshomaru reagiva a
quella pioggia dedusse che presto non sarebbe stata la sola ad
inzupparsi. L'andamento di Sesshomaru era sostenuto e ostentava una
sicurezza tale che Izumi faticò a non perderne le tracce. Si
trovò praticamente a correre fra la vegetazione, cercando di
mantenere l'occhio saldo sulla figura bianca che guizzava da una parte
all'altra con naturalezza finché non lo vide scomparire in
un ultimo guizzo. Si trovò spaesata, aggirandosi ancora
insicura nei dintorni cercando di scorgerlo, senza riuscirvi.
Così ebbe modo anche di rendersi conto che non sapeva
più nemmeno dove fosse. Improvvisamente le sorse un dubbio,
che Sesshomaru volesse farle un dispetto? Quindi oltre che con
l'aspetto selvaggio doveva fare i conti con quello più
birichino? Alla prospettiva di un Sesshomaru dispettoso si sovrappose
il connubio della personalità di un cane e quella di un
bambino, le era venuto naturale così come la risata che ne
fu la conseguenza.
L'effetto di quel suono portò Sesshomaru, ormai lontano nel
fitto della foresta, a girarsi in sua direzione e fu allora che avvenne
per la prima volta, il demone cane sentì un dito sottile
pigiargli nel petto e poi pungerlo con la punta acuta dell'unghia. Si
azzardò persino ad abbassare lo sguardo ma com'era ovvio che
fosse non c'era nulla. Quando invece si accorse che la ragazza stava
correndo in sua direzione si sentì le viscere stringersi e
contrarsi di colpo ed in qualche modo questo lo portò a non
muoversi da lì. Non seppe realmente distinguere se non
volesse farlo o non potesse ma non ci pensò sopra per molto,
la sua persona si contraddistingueva sempre per essere molto istintiva,
virtù a cui dava sempre maggior ascolto che al resto. Il suo
intelletto lo elevava ad una capacità di raziocinio
sicuramente maggiore di molti altri esseri viventi, ma per quanto ne
andasse orgoglioso non lasciava mai che la sua mente potesse
sovrascrivere ciò che l'istinto gli dettava.
Così si trovò faccia a faccia con quella femmina
umana che sembrava volesse perseguitarlo, rivoltando il coperchio di un
vaso di pandora insito in lui, leggendo nei suoi occhi una
soddisfazione estremamente inopportuna per lo stato in cui si trovava.
Bagnata dalla testa ai piedi con le gocce che decoravano quella corona
scarmigliata di capelli corvini come piccoli diamanti e gli occhi
lucidi dalla gioia che minacciavano di voler essere gemme a loro volta.
Profondi, scuri ed estremamente vivi trasmisero a Sesshomaru una sorta
di messaggio, che tuttavia non riusciva a leggere ma che in un attimo
aveva sopito in lui i lapilli del ribollire feroce del suo vero io. Chi
era in realtà quella creatura che aveva un simile impatto
sulla sua persona? Se lo chiese veramente, poiché credette
che umana non poteva essere.
«Qual'è il tuo nome?»
Pronunciò atono.
«Stupida.» Sussurrò nel pieno dei suoi
pensieri che l'avevano travolta e lasciata in una situazione di stati,
destata solo dallo sguardo perplesso di Sesshomaru, che aveva colto la
risposta senza senso alzando un sopracciglio. La realtà era
che si era data della stupida talmente tante volte nella sua testa che
le era uscito pure di bocca. Se n'era accorta solo in quel momento, che
nella foga e la concentrazione con le quali si accingeva a far breccia
nel muro che li divideva non gli aveva mai nemmeno menzionato il
proprio nome. «Izumi, volevo dire. Il mio nome è
Izumi Higurashi.»
La ragazza colse la scintilla che per un attimo aveva illuminato i suoi
occhi, non sapeva cosa l'aveva destata ma era felice che le avesse
chiesto il proprio nome. Sesshomaru si voltò come suo
solito, lasciandola nell'acqua che la permeava salvo poi fermasi un
attimo per rivolgerle uno sguardo. Uno sguardo eloquente che
illuminò Izumi come di vita nuova, tant'è che
sorrise talmente intensamente da sentire le labbra bloccarsi, solo
perché non si potevano stendere oltre. Sesshomaru l'aveva
appena invitata a seguirlo.
_______
*Buyo:
Questo è il nome del gatto di Kagome, tuttavia mi sembra
abbastanza palese che un gatto non possa vivere così a
lungo, semplicemente è un altro gatto con lo stesso nome.
Micio nuovo, nome vecchio; forse avrei dovuto fare questa precisazione
fin dal primo capitolo ma poi ho pensato che magari avrei inserito la
spiegazione da qualche parte più avanti. Poi però
mi sono detto “chissene”, dopotutto qualcuno ci
aveva fatto caso? :P
_______
Note:
Chiedo scusa, ci ho messo un po' per aggiornare e me ne dispiaccio.
Spero davvero quindi che possiate apprezzare questo capitolo e come
sempre vi invito a dire la vostra, felice anche solo di poter essere
letto ;] Per questo capitolo ho trovato l'atmosfera giusta ascoltando
Liminality cantata da Yuki Kajiura (forse è per questo che in
alcune parti sono sfociato nella malinconia o.o), se avete tempo di
ascoltarla fatelo, Yuki ha una bellissima voce e le vocalist che
l'accompagnano non sono meno brave.
Sperando che il caldo non stia attanagliando anche voi, un abbraccio e grazie!
Kain
Credits: link ; link ; link ; link
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Capitolo 5 *** Quel giorno sotto la pioggia ***
5-Quel giorno sotto la pioggia
°Quel giorno sotto la pioggia°
I bonsai disposti in
fila ricordarono a Sota di suo nonno, nonostante si stesse mettendo
d'impegno per curarli aveva la mente altrove. Aveva notato che Izumi
non c'era neanche quella mattina e sapeva bene dove potesse essere:
nell'epoca Sengoku. Nonostante le avesse dato il proprio consenso Sota
era convinto che lei avrebbe continuato a recarvisi in ogni caso, le
sembrava così presa da quella novità e questo non
poteva che riportargli alla mente tutte le sue preoccupazioni.
Ricordò in un flash il discorso che aveva tenuto con la
sorella riguardante il pozzo e l'angoscia tornò a pesargli nel petto, la nipote avrebbe lasciato il suo mondo
come aveva fatto Kagome? Ripensò alle parole della sorella,
“credo di poter ormai affermare che il pozzo ha una
volontà propria” gli aveva detto, questo ancora
gli sembrava così surreale, “io penso che si
attivi quando in qualche modo è consapevole che
c'è qualcosa che deve essere risolto” le aveva
ipotizzato, ma la domanda gli era sorta subito spontanea,
“cosa dovrebbe essere risolto?”. Già,
non avevano ancora trovato una risposta, a detta di Kagome nessun
evento nefasto stava sconvolgendo l'epoca Sengoku come successe ai
tempi di Naraku. “Se il pozzo ha lasciato passare Izumi vuol
dire che lei ha qualche compito da svolgere nell'era
Sengoku”, fu proprio questa frase che fece venire i brividi a
Sota. Il pozzo, come aveva provato in passato da piccolo, non lo aveva
fatto passare oltre quando volle andare a cercare la nipote, l'idea che
Izumi dovesse combattere e trovarsi in pericolo gli faceva accapponare
la pelle. Cos'era quella, la maledizione degli Higurashi? Fu
chiedendoselo che gli venne in mente una prima vaga ipotesi.
°
° °
La pioggia
risuonava imperterrita sulle foglie sopra di loro, Izumi stava seguendo
Sesshomaru attraverso una fitta rete di cespugli e arbusti e la colonna
sonora di quella giornata estiva alternativa faceva da sfondo perfetto
all'immagine della ragazza. Sembrava quasi caduta in un fiume tanto i
suoi capelli cadevano afflosciati sulle spalle ed i vestiti aderiti al
corpo, tanto intrisi d'acqua da farle venire freddo. Trattenendo un
brivido Izumi si accorse che il demone s'era fermato davanti ad un
fascio d'edera che nascondeva l'apertura di una grotta. Sesshomaru le
rivolse un breve sguardo, facendole intendere che l'aveva portata
lì perché vi entrasse e lei colse l'intenzione,
fiondandosi dentro con un guizzo. Stringendosi le braccia dal freddo
rivolse un sorriso tremolante al demone, che lo colse appena, prima di
voltarle le spalle per andarsene. «Hey aspetta.»
Gli disse facendolo fermare. «Che fai torni sotto la pioggia?
Resta qui al riparo anche tu.» Fu sicura che per un attimo ci
aveva pensato, poiché vide Sesshomaru rivolgerle
un'occhiata, o forse l'aveva guardata per accorgersi se c'era
serietà nella proposta? No, non se lo era immaginata, se ne
convinse quando lo vide voltarsi verso di lei, saggiando l'idea di
trovarsi nello stesso ambiente con lei. Izumi osservò quegli
occhi che incerti scrutavano l'intera cavità della grotta,
poi lo vide fare un piccolo passo in avanti, così sorrise
felice che avesse cambiato idea. Forse fu proprio quel sorriso che glie la fece cambiare ancora? Lo vide voltarsi senza remore e sparire
oltre l'apertura della grotta. “Quel suo orgoglio non si
arrende mai.” Si disse Izumi constatando d'essere rimasta
sola. “Sesshomaru, preferisci stare sotto la pioggia battente
che una decina di minuti al riparo con me? Dovrei prendermela
credo...”
Sospirò,
quella creatura si rivelava più ostica di quanto non
sembrasse, così intrinseca d'orgoglio e abitudine. La
ragazza si sporse per vedere se fosse nei paraggi ma poté
notare soltanto il passaggio che Sesshomaru si era creato fra la
vegetazione. Strinse pensierosa delle ciocche di capelli, facendo
colare via l'acqua in eccesso. “Che uomo ostinato nello
scappare.”
Se
il vostro cane scappa da casa in modo frequente può arrivare
ad associare la fuga come ad un evento piacevole. Il primo compito da
svolgere in questo caso è quello di incentivare il
comportamento di ritorno
Il fiatone non
le dette tregua, ma il continuare a fare tutto di fretta non l'avrebbe
attenuato. Izumi s'infilò un impermeabile e
riempì la propria borsa prima di sgusciare via da casa in
una folle corsa verso il pozzo. Inciampando di continuo
sperò che quella breve fuga a casa non avesse dato modo al
demone per dileguarsi ulteriormente. Corse come una matta fino a
sentire una fitta continua al basso ventre, la propria milza che si
ribellava a tanta foga, ma non si sarebbe perdonata nel caso Sesshomaru
se ne fosse andato nel frattempo. Tornò dinanzi alla grotta
dove il demone l'aveva condotta qualche minuto prima, fermandosi un
momento per riprendere fiato. Sentiva il bisogno di appoggiarsi alla
parete, piegarsi in due e chiudere gli occhi per riprendersi un poco ma
scosse la testa cercando di far andare via quella tentazione e nel
farlo sentì i capelli bagnati scuotersi sotto
l'impermeabile. S'inoltrò nel fitto del bosco seguendo il
passaggio sommario che Sesshomaru aveva lasciato dietro di se passando
di lì, si sentì colpevole quando vide come fosse
vuota la radura dove le sembrava che il passaggio ultimasse.
Continuò a cercare nei dintorni, affannata
ricacciò la voglia di chiamarlo a viva voce, dandosi della
stupida per essersi concessa il lusso di tornare a casa
anziché dirigersi direttamente da lui. Ebbe voglia di
tornare indietro ed arrendersi, schioccò la lingua.
«Sesshomaru?» Sussurrò nella vaga
speranza di veder spuntare il demone dal folto e la sua sardonica
immaginazione glie lo figurò dinanzi facendolo persino
rispondere “sì, dimmi”. Si
schiacciò la mano in fronte, dandosi della pazza. Calmatasi
tornò sui suoi passi fino alla grotta e infiltrandosi nel
verde integerrimo rimase di sasso nel vedere Sesshomaru bellamente
seduto su un masso dandole le spalle, a neanche 20 metri dalla caverna.
“Sesshomaru,
che persona imperturbabile che sei.” Commentò fra
se e se, realizzando che il demone sedeva tranquillo sotto lo scroscio
imperterrito. Per qualche arcana ragione però l'acqua si
limitava a scivolargli addosso e le gocce si erano fermate alla
superfice lucida dei suoi capelli, neanche avessero paura di penetrare
oltre, creando uno strano effetto luminoso. Tuttavia quell'immagine
ebbe l'effetto di accostare Sesshomaru ad un pulcino bagnato e Izumi
soffocò una risata con la mano a premere le labbra. Lo
strano suono che produsse, come un soffio, distolse il demone dai suoi
pensieri che si girò verso di lei, facendo scivolare
sull'armatura dei rivoli d'acqua.
I suoi occhi,
rigidi come specchi, puntarono subito Izumi ma si allargarono di
stupore, cos'era quella cosa soffice che le spuntava dalla mano?
Non poteva non
ridere. La ragazza era davanti allo spettacolo quasi osceno di un
Sesshomaru fradicio d'acqua e, per quanto la sua stessa persona
risultasse inalterabile come il suo impermeabile, il kimono del demone
si era afflosciato succube alla gravità. Izumi fece
ondeggiare appena l'asciugamano che gli aveva porto, divertita
dall'espressione interrogativa con la quale l'aveva osservato. No, non
poteva non ridere; la pelliccia vaporosa attorcigliata alla spalla, che
aveva sempre contraddistinto Sesshomaru, pendeva umida sotto una fitta
rete di capelli.
«Avanti,
prendilo. Dovrai pur asciugarti o ti ammalerai.» Disse Izumi
cercando di dare un tono dolce alla frase ma vide di risposta lo
sguardo del suo interlocutore farsi oltraggiato. «L'unica che
potrebbe ammalarsi qui sei tu, umana.» Sbuffò
girandosi nuovamente.
Sesshomaru
cercò di intuire i movimenti di Izumi, limitandosi a
scrutare con malcelato disinteresse le foglie battute dalle gocce,
avrebbe voluto semplicemente andarsene o cacciarla via ma, come da
qualche tempo gli succedeva, non riusciva ad essere se stesso quando
quella ragazzina gli girava attorno. Tutto quello che finiva per dire e
fare risultava come una blanda imitazione del vero se stesso. I suoi
pensieri furono bruscamente interrotti, una cosa morbida gli era calata
in testa sporgendo dai lati e vide con la coda dell'occhio la figura di
un coniglietto sulla stoffa, inorridì. «Anche se
non rischi di ammalarti puoi sempre asciugarti per riscattare la tua
immagine.» Sentì dire dall'umana e gli fu naturale
voltarsi. La fissò come una cosa oscena ed in quel momento
capì quanto sarebbe risultato ridicolo se avesse squartato
quella ragazza, che neanche comprendeva il grave affronto che gli aveva
arrecato. Però se neanche l'aveva capito perché
prendersela, già... perché? Quante volte se l'era
chiesto ultimamente, la scrutò vedendola ridere di gusto,
sarebbe stato consono per lui ucciderla subito eppure il suo istinto
gli diceva che se l'avesse fatto se ne sarebbe pentito,
perché? Tornò a fissare gli alberi che aveva
davanti, tirando via l'asciugamano che Izumi gli aveva appoggiato sulla
testa e lo studiò stropicciandolo col pollice e l'indice.
“Continuo a chiedermi perché, quando in fondo
l'istinto non segue nessuna logica ed il perché potrebbe non
avere una risposta.” Rifletté storcendo
impercettibilmente le labbra quando vide Izumi sedersi sullo stesso
masso e frugare sulla sacca che portava spesso appresso. “La
vicinanza con gli umani deve avermi influenzato, solo loro chiedono il
motivo di ciò che non può essere
spiegato.” Si disse ancora, quando Izumi tirò
fuori un iPod, riparandolo dalla pioggia con
l'impermeabile. “Sai Sesshomaru, credo che a te piaccia la
musica almeno quanto a me, spero che vada bene anche quella della mia epoca.” Pensò Izumi immaginando di dirglielo
veramente.
Così
il suono allegro di una canzone si mescolò al battere
ritmato della pioggia per diversi minuti, che ad entrambi sembrarono
lunghissimi. Mentre lei fantasticava su tutte le cose che avrebbe
potuto dirgli in quel momento, lui rifletteva su cosa fosse
quell'oggetto che produceva quella musica e che così
nascosto faceva sembrare Izumi stessa la generatrice di quel suono.
°
° °
«Secondo
te qual'è il ruolo di quella ragazza?» Lo sguardo
di Kagome si spostò a quello del marito. «Cosa
vuoi che ne sappia io.» Commentò Inuyasha
incrociando le braccia dietro la testa. Nemmeno lui riusciva a farsi un
quadro chiaro della situazione; il pozzo che di colpo si riattiva, la
pronipote di Kagome che riesce ad attraversarlo, la passione improvvisa
di suo figlio per quella ragazza erano tutte le ragioni del suo
turbamento. Cercò di farsi strada fra le nuvole con lo
sguardo, anelando ad una risposta che non vi trovò. Una
grassa risata lo portò ad osservare il vecchio bonzo che
discuteva con Masamune a suon di saké.
“Quand'è che Miroku la finirà di
raccontargli tutte quelle storie senza senso?!”
«Credi
che possa avere qualcosa a che fare con Masa?» Chiese
all'improvviso la vecchia sacerdotessa, colta dalla stessa scenetta di
Inuyasha. «Chi può dirlo...»
Sospirò lui. «Insomma la vuoi finire di essere
così vago?!» Tuonò Kagome catturando
subito la sua più completa attenzione. «Ma
Kagome...» «Lascia perdere.»
Sbuffò lei scuotendo la mano, Inuyasha non era cambiato di
una virgola, quell'accenno di maturità nell'aspetto
esteriore non aveva intaccato il suo carattere. “Non conosco
il compito di Izumi in quest'epoca, spero solo che non si stia
preparando qualcosa di oscuro.” Si disse facendo per
rientrare in casa. «Tu non puoi averlo notato
ma...» Cominciò Inuyasha in una specie di sussurro
e Kagome tornò con l'attenzione su di lui.
«Ultimamente l'odore di Sesshomaru aleggia spesso nei
dintorni.» Affermò più convinto, Kagome
lo guardò perplessa. «Sesshomaru?» Gli
chiese incerta e lo vide annuire mentre lei cercava di ragionarci
sopra. La comparsa di Izumi aveva a che fare con Sesshomaru? La domanda
le fece cadere lo sguardo su Masa. “Il destino si
è fatto torbido come il cielo.” Una strana
sensazione la colse all'improvviso, come una scarica elettrica e le
cadde istintivamente l'occhio sull'arco del monte Asuza. Le orecchie di
Inuyasha si scossero appena cogliendo la stessa vibrazione che per
un'istante si era fatta strada nell'aria, come un rilascio di aura
demoniaca.
Izumi
osservò quelle dita artigliate a pochi centimetri dal
proprio volto, sulla pelle chiara spiccava il rilievo scuro di alcune
vene scandite dal rossore delle nocche. All'improvviso, come vittima di
un incantesimo, Sesshomaru aveva portato quella mano al suo volto tanto
velocemente da farle credere che non sarebbe più tornata a
casa. Invece lo vide scostare un lembo del cappuccio, mettendola a
confronto con la luce che tenera si faceva strada fra la composizione
densa delle nubi e che soffusa giungeva fino alle sue iridi,
imperlandole di un nocciola più chiaro del solito. Le note
di una canzone rock echeggiarono dall' iPod sulle gambe di Izumi,
contrastando con quel momento diventato improvvisamente delicato. Le
labbra della ragazza tremarono appena, sorpresa da quel gesto e, mentre
la paura iniziale scemava, alzò la propria mano carezzando
delicatamente la linea del suo polso, indugiando sulle strisce porpora
che gli marchiavano la pelle. Quelle dita gelide cristallizzarono il
sangue di Sesshomaru fino al petto ed un brivido lo colse. Era
veramente stato un brivido di freddo? Qualunque cosa fosse la sua
rigidità aumentò ma il suo autocontrollo cedette
e la sua aura demoniaca ondeggiò, improvvidamente gonfia
dentro di se. Accorgendosene assottigliò le palpebre,
inclinando appena il volto e cercando di ristabilire la propria
austerità. Quell'espressione piacque immensamente ad Izumi
che venne ubriacata dalla formicolante sensazione di calore che
Sesshomaru aveva improvvisamente sprigionato, avvolgendo l'ambiente
circostante facendolo succube di una breve vibrazione e per un momento
ad Izumi parve avesse smesso di piovere. La ragazza si
sentì come se col proprio archetto avesse accarezzato la
corda giusta ed incuriosita volle provarci ancora, fece scorrere
quell'indice pericoloso lungo il dorso della mano ed il suo mignolo
tremò impercettibilmente. Notandolo sollevò lo
sguardo e si agganciò ai suoi occhi, senza più
riuscire a distoglierne lo sguardo; neanche avesse voluto farlo, e non
voleva. Osservò silenziosa quelle iridi che in qualche modo
cercavano di fuggirle, l'oro che le colorava s'era fatto tanto intenso
da sembrare screziato di rosso, come tinto di sangue. Sentendosi
indagato Sesshomaru si accigliò ma quelle sopracciglia
minacciose stonarono completamente col tono dolce dell'ambra dei suoi
occhi, ancora più con la piega delle sue labbra che vagavano
da uno strano stato di preoccupazione ad un più intenso tono
di disapprovazione. Come intenerita da quella forma di disagio Izumi
sorrise appena, sotto l'effetto di quelle sensazioni elettriche quel
sorriso ebbe l'efficacia di un colpo di grazia, infatti fu proprio
allora che Sesshomaru schiuse le labbra e le lasciò tremare
appena. Quando Izumi notò quel crollo di barriere
sentì un veloce spostamento di vento che fece schizzare
verso di lei alcune gocce di pioggia ed un brivido di freddo la scosse
appena. Come in una magia Sesshomaru era scomparso lasciando dietro di
se solo una turbinante nube di vapore. Si guardò attorno
incerta, se n'era andato con la stessa velocità di un
brivido eppure la sua presenza non sembrava volerle scivolare via. La
mano ancora alzata cadde sopra le gambe, solo in quel momento si
ricordò della pioggia che ancora batteva imperterrita e le
sembrò come se avesse appena ripreso a cadere, o forse era
stato proprio così? Si riprese sentendo le note di una canzone e così ricordòanche la presenza dell'iPod, lo spense subito e lo infilò nella borsa. Lì vide uno spigolo giallo, l'angolo del libro
Dog Training, e sorrise.
“Sesshomaru
è una creatura complicata, potersi rapportare con lui
implica una serie di piccoli e grandi regole da dover
seguire.” Izumi si alzò ruotando i piedi nel
terreno morbido in cerca della direzione giusta e quando la
trovò cominciò ad incamminarsi, stretta nel suo
impermeabile. “Non tutte queste regole sono scritte in un
libro però, a volte basta leggere gli occhi, i suoi non mentono
mai.”
°
° °
«Izumi,
spiegami: com'è che hai fatto?» La ragazza rivolse
un'occhiata veloce alla madre, mugugnando qualcosa. «Come ci
si può ammalare in pieno luglio e con un sole simile? In
questo modo ti perderai i fuochi d'artificio sulle rive del
Sumida.*» Izumi Osservò la donna riempire un
bicchiere e porgerglielo sospirando. «E dire che ti avevo
comprato uno yukata nuovo.» Mormorò lasciando la
stanza con la teiera. “Già, la febbre a luglio
può essere solo una mia specialità.”
Pensò indagando le luci e le ombre del proprio
tè. «Tranquilla!» Le disse una voce fin
troppo familiare.
«Masa,
che ci fai qui?» La ragazza si lasciò cadere sul
cuscino, sciorinando quella che sapeva essere una domanda retorica.
«Nonno Sota mi ha detto che hai la febbre.» La
ragazza fece appena in tempo a voltarsi verso la nuova presenza che
trovò un bicchiere a pochi centimetri dalla sua faccia.
«Ah! Che odore terribile!.»
Esclamò scostandosi di lato. «Su bevi,
è la tua medicina.» «Assolutamente no!
Cosa ci hai messo, kriptonite e zolfo?!» «Veramente
no, ma l'ha fatta mio padre. Ha detto che è un rimedio
infallibile.» Izumi lo fissò crucciata.
«Infallibile come veleno?» Chiese perplessa.
«Come cura per il raffreddore.» Le rispose
completamente indifferente al suo sarcasmo, quel sorriso statico che
giaceva nella sua faccia era così in disaccordo con gli
occhi dorati che gli ricordavano quelli di Sesshomaru. “Il
giorno che vedrò un sorriso simile sulla faccia di
Sesshomaru mi trasformerò in un pokemon...”
«Avanti, buttalo giù e starai meglio.»
Insistette Masa accucciato sul suo letto col braccio proteso.
«Sei sicuro che funzioni?» Chiese prendendo
indecisa il bicchiere e vide Masa annuirle convinto. «Guarda
che non ti perdono se poi si rivela inutile.»
Borbottò. «Ti ho detto che è
infallibile.» Le ripeté socchiudendo appena gli
occhi. «L'ho sperimentato io stesso.» Izumi bevve
un sorso per testare e si cappottò sul letto. «Lo
so che il sapore non è eccezionale...» «Non è eccezionale?!
Si dice “non è eccezionale” quando il
sapore non è dei migliori ma è accettabile! Si
dice “non è eccezionale” quando ti
lascia un retrogusto sgradevole non quando la lingua si contorce
impiccandosi all'ugola!» Masamune restò a fissarla
per qualche secondo e poi alzò un sopracciglio perplesso.
«Lo sai che hai un pessimo carattere quando stai
male?» «Sì, lo so e me ne vanto!»
Izumi sospirò, come aveva ragione quel ragazzo, quando non
si sentiva bene dava il peggio di se. Strinse gli occhi colta da
improvvisa sicurezza e ingoiò senza indugi il contenuto del
bicchiere sorprendendo il ragazzo davanti a lei. Non seppe
perché ma riaprire gli occhi e vedere lo sguardo sollevato
e felice di Masa la fece stare già meglio.
«Izumi?» «Dimmi.»
«Cos'è la kriptonite?» La ragazza
voltò gli occhi al soffitto, avrebbe dovuto davvero
spiegarglielo? Nella premura che usava nei suoi confronti Izumi vedeva
una certa dose di affetto e questo la preoccupava, perché
non voleva che qualcuno s'innamorasse di lei mentre a sua volta
s'innamorava di qualcun altro. Tuttavia quella strabiliante
capacità di insinuarsi nella sua vita come se nulla fosse,
insistente ma dolce, malizioso ma divertente la facevano desistere da
ogni voglia di mettere in chiaro le cose. «Allora, dove vuoi
andare oggi?» Gli disse con un sorriso.
«Ma sei ammalata Izumi.» «Non importa, ho
solo qualche linea di febbre e inspiegabilmente quel robo puzzoso che
ho bevuto deve aver fatto effetto.»
“Già, stranamente mi sento molto meglio
ora.” Pensò osservando il viso sbarazzino del
ragazzo farsi felice come avesse ricevuto un regalo. «Sei
sicura?» «Sì. Vai, mi cambio.»
«Ti aspetto fuori.»
Fu solo quando
lo vide sparire oltre la porta che venne folgorata dalla situazione.
“Ma che sto facendo? Dovrei incentivare il ritorno del cane
refrattario non del cucciolo affettuoso!” Tuffò la
testa nei vestiti che aveva appena scelto, dandosi mentalmente della
stupida esattamente 10 volte.
Masa era
lì come promesso, l'aspettava fuori casa sorridente e quella
situazione le fece venire un brivido di panico. “Dieci volte
non sono state abbastanza. Cos'è questa situazione, sembra
quasi che stiamo uscendo assieme!” Si disse mentre lui,
proprio come un bambino la chiamò una volta corso fino alla
cima della gradinata del tempio. «Questa volta le saltiamo da
qui!» Izumi era troppo immersa nei suoi pensieri da eroina
tragica, non intese perfettamente il senso di quello che le disse. Se
ne accorse però quando, serratala per bene fra le proprie
braccia, Masa compì un balzo saltando giù dalle
interminabili scale, facendole inesorabilmente emettere un grido acuto
che si andò a mescolare col suo “banzai”.
______
*Fuochi
d'artificio sul Sumida: L'ultimo sabato di luglio in
Giappone c'è questa ricorrenza, lancio di fuochi d'artificio
sul fiume Sumida a Tokyo.
______
Note:
Bentrovati! Fra il caldo ed il sapore vacanziero di queste giornate
riesco a pensare poco alle fanfiction, oltretutto stare al computer
è diventato un combattimento all'ultimo respiro col caldo
che il pc stesso produce XD Spero che per tutti voi sia una bella
estate, per Izumi sarà lo stesso? Chi lo sa... certe
avventure nascondono sempre sorprese e nulla può essere
previsto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, v'invito a dirmi la
vostra ;)
Un saluto,
Kain.
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Capitolo 6 *** Dichiarazione nella notte di luna nuova ***
cap 6
°Dichiarazione nella notte di luna nuova°
Gli ultimi giorni di luglio scandirono i vani tentativi da parte di
Izumi d'incontrare nuovamente Sesshomaru, le sembrava scomparso da quel
giorno sotto la pioggia. Anche quella mattina era tornata nell'epoca
Sengoku per fare un giro alla ricerca del demone ma, come sempre,
l'unica persona che si era lasciata trovare era Masamune.
“Nemmeno tu riesci a dirmi cosa devo fare adesso.”
Pensò rivolta al libro Dog Training che giaceva aperto a pochi
centimetri da lei, sopra il letto. “Pensavo che da quel giorno
sarebbe stato tutto più facile!” Si girò dalla
parte opposta trovandosi faccia a faccia col muro e sospirò per
l'ennesima volta. “Invece è proprio da quel giorno che
è stato tutto più difficile, se solo riuscissi ad
incontrarlo potrei almeno tentare di parlarci ma andare a cercarlo
è diventato inutile!”
Sapeva che quella era un'idea tutt'altro che originale ma almeno una
volta s'era dimostrata utile, per questo Izumi era corsa dal pozzo
imbracciando la custodia del proprio violino e per questo si era recata
sulla cima della stessa rupe dove l'aveva suonato per Sesshomaru la
prima volta. Mentre la luce del sole si faceva sempre più
arancione il suono provocante dello strumento s'insinuava nei
più impervi sentieri della foresta, nella veste di un chiaro e
disperato richiamo. Lei non immaginava che quel suono avrebbe attirato
alcuni piccoli demoni, diretti verso di lei con la speranza di un lauto
pasto. “Se cercarti è inutile spero almeno che tu voglia
venire da me di tua spontanea volontà.” Pensò
più volte, con l'illusoria speranza che quel messaggio si
attaccasse alle note per raggiungerlo. Al demone cane non era
sfuggita quella melodia, non osava però andare oltre la fitta
schiera di alberi che lo separavano dalla fonte. Gli piaceva quello
strumento, i suoni che produceva erano per lui molto acuti ma al tempo
stesso tanto leggeri da poter essere apprezzati come il cinguettio
degli uccelli, tuttavia la persona che lo suonava lo turbava sempre e
comunque. L'odore aspro di demoni lo colse all'improvviso
dall'illusoria dimensione dov'era finito, balzò sopra un ramo
per indagare la zona e con rapidi movimenti intercettò quelle
nuove piccole prede.
I piedi minuti di Jaken calpestarono indispettiti l'erba verde, che
spiccava ovunque fra i sassi in riva al fiume dove si trovava, si
voltò di scatto verso AhUn che placido scuoteva il muso
nell'acqua. «Persino a te piace questo stupido suono?»
Commentò, più rivolto a se stesso che all'altro demone.
Sesshomaru si era da poco allontanato, ordinandogli di aspettarlo
lì, non era certo un mistero il luogo dove si sarebbe recato da
solo. Jaken si era accorto di come il proprio padrone stesse
gradualmente accettando la presenza dell'umana che suonava quello
strano strumento. “Di questo passo il Signor Sesshomaru
finirà per affezionarsi nuovamente ad un'umana e non c'è
nessuna garanzia che anche questa volta si astenga dal commettere gli
stessi errori del padre.” Proprio mentre rimuginava sulla
questione il proprio padrone comparve e si sentì fortunato per
essersi limitato al solo pensare, se lui l'avesse sentito dire una cosa
del genere avrebbe potuto sperare di vivere? Raggelò
rispondendosi.
Il violino sostava muto sulle gambe di Izumi, l'archetto pendeva inerme
fino a terra, Izumi invece osservava il tono acceso dei colori che il
tramonto aveva lasciato dietro di se. “Perché non sei
venuto nemmeno oggi?” Si chiese rammaricata riponendo lo
strumento nell'apposita custodia. Anche se non aveva più avuto
l'occasione di vedere Sesshomaru era convinta che prima o poi sarebbe
successo e le cose sarebbero andate sempre meglio. Il ricordo di loro
due sotto la pioggia e i bei colori dei fuochi d'artificio dell'ultimo
sabato di luglio le avevano trasmesso un portentoso buon umore,
difficilmente si sarebbe sgretolato per così poco. Passando a
pochi metri dal Goshimboku le venne l'idea di andare a trovare Kagome,
dopotutto doveva ancora conoscere Inuyasha e la possibilità di
vedere quel famoso mezzo demone, che aveva sposato la sorella del
nonno, le metteva una curiosità tale che in un attimo si accese
d'entusiasmo e corse verso il villaggio di Musashi.
Izumi si chiese più volte perché quel monaco le dava
tutta l'idea di essere un cosplayer e non un vero monaco, forse si
chiese anche perché molti dei pomposi complimenti che le aveva
rivolto le sembravano identici a quelli pronunciati da Masa in passato.
«Miroku smetti d'importunare mia nipote! Ma possibile che per
quanto tempo passi tu non cambi mai?» Disse Kagome interrompendo
la discutibile tattica di seduzione che il bonzo aveva inscenato,
nonostante la più totale indifferenza di Izumi. La ragazza aveva
cortesemente accettato l'offerta di passare da loro la notte e per
tutto il tempo che era rimasta lì aveva conosciuto le persone
più disparate, persino una piccola nekomata di nome Kirara che
aveva scatenato in lei quella tipica voglia di accarezzare e
stropicciare un animaletto carino e peloso. Proprio stropicciandone le
orecchie le venne istintivo cercare con lo sguardo quelle di Masa, che
poco più avanti aveva preso posto a sedere pronto per la cena.
Doveva avere davvero uno sguardo perplesso, Izumi, poiché Kagome
le chiese cosa c'era che non andava. «Ma...le orecchie! Masa dove
sono le tue orecchie di cane?!» Chiese d'un tratto puntando senza
alcun riguardo il dito alla testa del diretto interessato. «Te ne
sei accorta solo ora?» Il sorriso che le rivolse voleva forse
essere ironico ma risultò del tutto forzato, come a celare una
nota d'imbarazzo che poi si rifletté sulla stessa Izumi.
«Succede, nelle notti di luna nuova.» Si limitò a
spiegarle in modo sintetico e solo in quel momento la ragazza si
accorse che anche i suoi occhi avevano cambiato colore, da ambra a
castano scuro. «I mezzi demoni perdono i loro poteri demoniaci in
notti buie come questa.» Aggiunse Kagome con un tono basso della
voce, come a voler mantenere un segreto. Fu allora che Izumi vide
entrare con malcelato fastidio un individuo vestito totalmente di
rosso. Per Izumi si trattò d'intuizione capire che quell'uomo
era Inuyasha ma volette aspettare un'introduzione da parte sua, che
però non arrivò, lasciandola nel disappunto. Il mezzo
demone che si aspettava di vedere era un po' diverso da quello che
aveva davanti, che assomigliava molto allo stesso Masa.
Dall'espressione che aveva Inuyasha traspariva del tutto il fastidio di
chi vorrebbe trovarsi da tutt'altra parte e questo probabilmente
indispose molto Kagome, che gli rivolse un'occhiata la quale Izumi non
ebbe il piacere di vedere.
«Tu devi essere Izumi.» Cominciò quindi a dire il
mezzo demone, scrutandola con fare curioso. «Sì,
piacere.» Sciorinò la ragazza senza neanche accorgersene
accennando ad un inchino, colta alla sprovvista da quell'indagare
spietato. «Sei diversa da come mio figlio ti aveva
descritta.» Concluse poi incrociando le braccia al petto, e a
quel punto Masa s'irrigidì aspettandosi che qualcosa di
terribile si susseguisse a quelle parole. «Ti descriveva come una
ragazza espansiva e molto bella.» Continuò Inuyasha. Il
silenziò calò nel gruppo raccolto a cerchio, Izumi rimase
basita a fissarlo e nel mentre Kagome gli assestò un pugno in
testa. «Voi invece siete proprio come vostro figlio vi ha
descritto, e pensare che non volevo credergli» Commentò la
ragazza, suscitando un brivido a Masa e un riso soffocato a Miroku.
Inuyasha guardò i presenti perplesso, che ridevano sotto i baffi
guardando altrove. Poi Miroku si schiarì la voce.
«Non si può certo dire che Masamune mentisse descrivendoti
provvista di un acuto spirito d'osservazione.» Fu in quel momento
che gli occhi neri di Inuyasha si incendiarono d'offesa in modo che
Izumi potesse leggervi la stessa fierezza di Masa, così le venne
da pensare. Più cercava qualsiasi cosa di Inuyasha che le
potesse suggerire un legame con Sesshomaru più notava quanto i
due fossero apparentemente diversi e le venne inesorabilmente voglia di
vederlo ancora. Quella tuttavia per lei fu una notte interessante e
piacevole, dal sapore di famiglia. Per quanto fosse stata piacevole
però avrebbe volentieri scambiato l'intera serata con loro per
dieci minuti passati allo stesso modo con Sesshomaru. Alla fin fine il
nome del demone si ritagliava sempre il suo personale spazio nei suoi
pensieri, in ogni occasione, e la voglia d'incontrarlo da qualche parte
là attorno venne magicamente travestita da passeggiata notturna.
“Anche lui mi pensa, qualche volta?” Fu portata a
chiedersi, giocherellando con la luce della torcia led. «Forse
dovrei integrare qualche rituale magico al libro di training per
cani.» Sghignazzò senza prendere veramente in
considerazione l'idea. “Mi sembra che ormai la mia presenza non
gli dia più alcun fastidio, si è lasciato persino
toccare.” Considerò, infilandosi in un sentiero circondato
da alberi. “Un cane randagio si lascia toccare solo da chi si
fida almeno un po' dopotutto. Si è fatto così raro
incontrarlo che forse dovrei sfruttare di più i momenti in cui
succede.” Per un momento le parve di vedere delle luci muoversi
fra gli alberi ma imputò subito l'effetto al suo giocherellare
con la torcia, quindi la tenne ferma dritta davanti a se. “Forse
dovrei comportarmi un po' più come Masa, che è abbastanza
chiaro coi suoi sentimenti. In qualche modo devo pur dare una spinta a
quel demone.” Si disse prima che con la coda dell'occhio
intravedesse una luce nel fitto degli alberi. Girandosi poté
vederla chiaramente muoversi in lontananza e Izumi rimase basita.
“Uno spirito?” Si chiese titubante. «Spiriti!»
Sussurrò eccitata andando subito incontro a quella luce
sinistra.
° ° °
«Come sarebbe a dire “niente di ché”,
Inuyasha?!» «Quello che ho detto.» Miroku
sorseggiò sconsolato un altro sorso di sake. «Se ne parli
così Masa potrebbe averne a male, dopotutto quella ragazza ha
una bella vita stretta.» Disse il monaco formando un cerchio con
il pollice e l'indice, assumendo un tono del tutto soddisfatto.
«E i fianchi larghi, buon auspicio per il parto.» Aggiunse
cercando di concludere in modo più professionale il proprio
apprezzamento. «E i capelli chiari e scompigliati come il
pagliericcio invernale.» Sbuffò il mezzo demone, ancora
nel pieno dell'effetto della notte di luna nuova. «Però
devi ammettere che ha davvero dei begli occhi.» Miroku
indicò il suo stesso viso, toccando le palpebre. «Ma le
labbra larghe da rana e la fronte troppo alta.» Miroku lo
guardò perplesso lasciando in sospeso a mezz'aria il sakazuki
pieno di sake. «Inuyasha posso sapere per quale motivo stai
cercando a tutti i costi i suoi difetti?» «E le gambe
storte! Quella donna non mi
piace.» Il mezzo demone concluse la discussione alzandosi e
lasciando il monaco da solo, che lo guardò perplesso andarsene
pensieroso. «Ma il seno di discrete dimensioni.»
Sussurrò apparentemente felice di ciò, prima di assumere
un'espressione amareggiata e bere il sorso pronto di sake.
“Tuttavia quella donna ha davvero qualcosa d'insolito, persino
Inuyasha se n'è accorto, ma non capisco cosa.”
La luce che aveva intravisto l'aveva portata fra gli alberi, lontano
dal sentiero, l'aveva inseguita cautamente per alcuni minuti invano,
così Izumi cominciò a credere che quella luce fosse di un
accampamento umano e considerò l'idea di tornare indietro. Se
non fosse che, proprio dopo qualche passo sulla via di ritorno,
avvertì chiaramente una presenza in direzione opposta, una
presenza inquietante che la portò a girarsi nuovamente. Tutto
ciò che vide fu la stessa piccola luce lontana. Indagò il
luogo con la torcia quando un primo piccolo moto di paura si fece
strada in lei, formando un fastidioso nodo alla gola, in contemporanea
e quasi ironicamente la curiosità aumento in modo proporzionale.
Dopo alcuni minuti la luce della torcia sfiorò per un istante
una figura minuta che in un primo momento le sembrò Jaken.
Decise quindi di muoversi in quella direzione, speranzosa di poter
incontrare Sesshomaru. Le pareva quasi di sentirla, la sua presenza
aleggiare in quella parte del bosco, che fosse suggestione o meno ci
sperò e di colpo si trovò di fronte al kappa che quasi si
spaventò a vederla. Ma nel mentre che Izumi lo chiamò per
nome quello scappò cercando di far perdere le proprie tracce.
«Stai alla larga da me, ragazzina!» Gridò lui quando
la sentì vicina e Izumi rise perché ancora due metri e
l'avrebbe raggiunto ma un istante dopo vide la terra e Jaken
gridò, così fu portata a farlo anche lei di riflesso,poco
dopo sentì un gran male alle ginocchia.
I due si guardarono attorno, a circondarli la nuda terra, che li conteneva in una fossa profonda.
«No! Non è possibile, è tutta colpa tua!»
Strillò il kappa puntando il Nintojou verso Izumi, che non si
era ancora resa conto di quello che stava succedendo. «Se non
fosse stato per te non saremmo finiti in questa stupida trappola per
animali, è sempre colpa degli umani alla fine!»
Sbraitò cercando di arrampicarsi, senza successo, sulla parete
friabile.
Dopo qualche secondo da quelle parole Izumi realizzò il tutto e
imitò il kappa cercando di arrampicarsi. «Potrei dire la
stessa cosa di te, proprio inseguendoti sono finita qui dentro, come un
cinghiale!» Commentò piccata dopo essere ricaduta sul
fondo.
A nulla servì urlare per chiedere aiuto, né continuare ad
arrampicarsi per raggiungere la cima, i due continuarono a litigare per
tutto il tempo cercando di colpirsi a vicenda finché si
stancarono di quel gioco poco soddisfacente. Quindi si sedettero
distanti fra loro pensando ognuno per conto proprio sul da farsi. Il
kappa rifletteva sul fatto che se Sesshomaru non l'avrebbe cercato
subito avrebbe resistito diversi giorni lì dentro mangiando
l'umana, mentre la stessa umana in questione, Izumi, aveva capito solo
dopo un bel po' che Inuyasha o Masamune non avrebbero percepito la sua
presenza poiché momentaneamente privi di poteri demoniaci,
quindi adocchiò il bastone a due teste di Jaken.
«Il bastone.» Disse porgendo il palmo aperto, attirando
l'attenzione del kappa. «Dammelo forse riesco ad usarlo per
arrampicarmi.» «Te lo puoi scordare!» Rispose
celermente l'altro. «Questo è un prezioso dono del Signor Sesshomaru, tu non lo toccherai mai!»
Spiegò. «Non avvicinarti o lo uso per ridurti in
cenere!» Minacciò quando la vide protendersi verso di lui.
Izumi sospirò tornando seduta e lasciando che ancora una
volta il silenzio fosse protagonista. «Tregua.» Disse poi e
il kappa la guardò interrogativo. «Facciamo una tregua
finché non troviamo il modo di uscire da qui.» Propose la
ragazza che accettò il silenzio di Jaken e la sua faccia strana
come un sì.
«Senti, Jaken, tu è da molto che segui Sesshomaru?»
Chiese Izumi d'un tratto. «Da moltissimi anni di onorato
servizio!» Rispose gonfiando il petto, fiero di poter dare quella
risposta. «Ha sempre odiato così tanto gli umani?
Cioè, voglio dire...non li apprezza neanche un po'?» Jaken
saltò sul posto. «Il grande demone cane Sesshomaru non
può apprezzare gli umani! Siete deboli, inutili e...»
Jaken si bloccò improvvisamente,insicuro se continuare a parlare
fosse un bene. «E la vostra infima e breve vita non ha niente a
che fare con un demone come lui.» Concluse accigliandosi. Per
quanto Izumi fu tentata di rispondergli con un sonoro gancio non si
fece sfuggire il cambiamento d'espressione e del tono della voce.
«Tenseiga.» Jaken a quella parola sentì un brivido,
come faceva quella ragazzina a conoscere il nome della spada del suo
padrone? «Kagome me ne ha parlato a grandi linee assieme a
Tessaiga. Ero affascinata dalla storia delle due spade perciò me
la sono fatta raccontare.» Rispose come leggendo la domanda nei
suoi occhi. «Tsè, e perché lo dici a me?»
Sbuffò. «Perché credo che le tue parole siano un
grande insulto al possessore di una spada come Tenseiga, se Sesshomaru
ha avuto il cuore per usarla quello che dici lo rinnegherebbe e ne
sminuirebbe il valore.» Jaken l'osservò perplesso, quanto
sapeva in realtà di quella spada? «Quello che dici non ha
un senso.» Izumi si avvicinò a lui con un sorriso appena
accennato. «Sesshomaru verrebbe profondamente offeso dalle tue
parole, se le sentisse.» Il kappa rabbrividì
inconsciamente. «Minimizzare in questo modo la sua persona che
è in grado di usare una spada come Tenseiga.»
Sussurrò divertita dall'attenzione con la quale Jaken
l'ascoltava, intirizzito. «Io non l'ho affatto
minimizzato!» Esclamò d'un tratto. «Ma se hai appena
detto che Sesshomaru non è capace
di apprezzare gli umani, questo implica delle mancanze in lui.»
«Non è quello che ho detto!» «No, Jaken? E
cos'è che hai detto allora?» Chiese Izumi fissandolo
dritto negli occhi, impaziente. «Non è vero che il Signor
Sesshomaru non è capace di apprezzare gli umani, cosa ne vuoi
sapere tu che non sai con quanto riguardo si è occupato di
Rin!» La catena di parole dette tutte d'un fiato si bloccò
d'un tratto su quella che era diventata la parola tabù e Jaken
s'affrettò a fare l'indifferente, ma invano poiché Izumi
si fece molto interessata all'argomento. «Rin chi?» Fu
allora che Jaken si pentì per l'ennessima volta di avere la
capacità di parlare.
° ° °
Si arrese e tornò a rifletterci sopra, Sesshomaru si era imposto
di non pensare più a quella ragazzina, ma da quel giorno di
pioggia finiva spesso per cadere con gli occhi sul proprio polso, dove
aveva sentito scorrere le sue dita. La particolarità di
quell'umana, Izumi, avrebbe finito con l'incuriosirlo ed interessarlo,
si conosceva abbastanza per pronosticarlo. L'ultimo dei suoi obbiettivi
era però permettere che questo accadesse, voleva in tutti i modi
cercare d'evitare il ripetersi della storia, non voleva veder morire
un'altra Rin. Eppure ogni volta che nell'aria si faceva strada il suono
di violino le note lo trafiggevano come pugnali e gli ricordavano che
per quanto lui cercasse d'ignorarla lei frequentava ancora quelle terre
ed il villaggio di Inuyasha. Avrebbe voluto proibirle di suonare ancora
quello strumento ma questo l'avrebbe obbligato a trovarsi di fronte a
lei e, per qualche motivo che non capiva, solo l'idea lo riempiva
d'ansia.
Il silenzio era tornato a regnare sovrano fra quelle strette pareti di
terra che s'erano ingoiate Izumi e Jaken. La ragazza aveva ascoltato il
sommario racconto dell'identità di Rin e questo aveva portato un
impetuoso fiume di pensieri incrinando il suo buon umore, peraltro
Jaken si sentiva oppresso dal peso di quello che aveva detto
perché se Sesshomaru l'avesse saputo probabilmente l'avrebbe
ucciso.
“Questa storia dovrebbe alimentare le mie speranze... Sesshomaru
è capace di affezionarsi ad un umano, è già
successo e questo non mi taglia fuori dalla possibilità
d'avvicinarlo.” Si diceva Izumi ripetutamente e in modi tutti
diversi. “Ma allora perché mi sento così?”
Probabilmente era quello che sperava sentirsi dire, cioè che
c'era stato un caso precedente, ma forse non aveva fatto fronte alla
possibilità che Sesshomaru si fosse già innamorato di
un'umana, cosa che gli portava sempre alla mente la stessa domanda e la
cui risposta la preoccupava. “Sesshomaru l'ama ancora?”
Izumi si strinse le braccia all'altezza dello stomaco, era inevitabile
sentire un peso proprio in quel punto perché se alla sua domanda
ci fosse stata una risposta affermativa si sarebbe dovuta chiedere se
si potesse competere con i defunti.
Forse fu proprio il vedersi precipitare in caduta libera dalle proprie
speranze che le diede un'idea. «Jaken.» Disse soltanto
prima di alzarlo di peso. «Cerco di lanciarti fuori di
qui.» Spiegò telegrafica, e il kappa strinse il Nintojou
riluttante all'idea. «Quando sei fuori vai a chiamare qualcuno
che tiri fuori anche me.» Il tono era quello di un ordine ma
Jaken annuì, vedendo in quella soluzione una qualche speranza.
Izumi caricò la spinta ed un attimo dopo Jaken si
schiantò a pochi centimetri dalla cima. «Vuoi fare
più attenzione?!» Tuonò indispettito con la fronte
rossa ma, mentre ancora si agitava, Izumi lo strinse saldamente come
una bambola di pezza e lo lanciò senza ritegno. Il fallimento si
accompagnò ad un lamento e Jaken ricadde a terra, con un altro
bernoccolo. “Che questa ragazzina stia cercando di
sfogarsi?!”
All'ennesimo lancio Jaken raggiunse la cima e si trovò
finalmente libero, poi ghignò vedendo Izumi sul fondo alla sua
mercé. «Ah! Tu resterai lì dentro!»
«Cosa?!» Izumi sgranò gli occhi infuriata,
tradimento? «Non avrai veramente creduto che sarei andato a
cercare aiuto per te. Smetti d'infastidire il mio padrone!» Le
disse prima di dileguarsi. «Maledetto orrendo e
inutile kappa!» Gli gridò dietro Izumi, offesa da quel
tradimento e colpita su un punto dolente dalle ultime parole di Jaken. Ci
pensò intensamente per tutti i minuti che susseguirono quel
momento. “La mia presenza fa star male Sesshomaru?”
«Izumi non è ancora tornata?» Chiese Kagome finendo
di sistemare il futon per la ragazza, il suo interlocutore le rivolse
uno sguardo che aveva tutta l'aria di essere un “non
m'importa” anziché un “non lo so”. La donna
decise d'ignorare Inuyasha, quindi chiamò Masamune.
«Perdonatemi per avervi fatto aspettare!» Jaken, prostrato
dinanzi al proprio padrone, aveva notato lo sguardo accigliato del
demone cane nonostante le proprie scuse, quindi s'affrettò a
ripeterle ma venne bruscamente interrotto. «Dove sei
stato?» Chiese gelido Sesshomaru, fissandolo negli occhi.
«Bada a quello che dirai, sento chiaramente il suo odore su di
te.» L'eventualità che il padrone percepisse l'odore di
Izumi addosso a se non l'aveva minimamente sfiorato, preso com'era dal
trovare qualche scusa per aver tardato tanto. Se ne pentì
amaramente e le sue ginocchia molleggiarono.
Quando Masa partì per cercare Izumi non immaginava quello a cui
avrebbe assistito, probabilmente non era pronto a sentir dire chiaro e
tondo quello che già immaginava da solo.
Sesshomaru si era recato senza pensarci alla zona indicata da Jaken,
che invece era rimasto ad aspettarlo, ma si era bloccato proprio
davanti alla fossa scavata nella terra.
“Che sto facendo, perché dovrei tirarla fuori di
lì?” Si chiese, generando il primo pensiero da quando era
partito. Rabbrividì trovandosi di fronte all'eventualità
di vederla, sentirla parlare e avere un altro contatto con lei, eppure
gli dava fastidio lasciarla lì dentro. Quale voce dell'istinto
avrebbe dovuto seguire? Fece pochi passi per guardare dentro alla buca
e la vide rannicchiata su se stessa, non l'aveva ancora notato. Se
fosse stata Rin non ci avrebbe pensato due volte a tirarla fuori di
lì e assicurarsi che stesse bene ma quella laggiù era
Izumi, che motivo aveva per farlo? Quando la vide muoversi fece
inconsciamente un passo indietro, per non farsi vedere. Fu allora che
si accorse che il problema non era il vedere lei bensì farsi
vedere da lei, però fu quello che sentì dopo a turbarlo
maggiormente: la voglia di essere visto. Dove l'avrebbe portato quel
desiderio non lo sapeva nemmeno lui. S'affacciò aspettando
pazientemente quei pochi secondi prima che Izumi lo notasse e la vide
sgranare gli occhi dapprima sorpresa, poi felice ed in seguito
preoccupata.
Quello che invece vide Masa fu Sesshomaru e Izumi vicini mentre lei lo
ringraziava, poco distanti da una buca. Inizialmente volle andare a
chiedere cosa fosse successo ma vedere Izumi così vicino a
Sesshomaru l'aveva bloccato e non seppe mai dirsi se fu un bene o un
male.
«Sesshomaru, tu mi piaci! Ti prego di accettare i miei sentimenti
per quelli che sono.» Sia Masa che Sesshomaru alle parole della
ragazza restarono muti e sorpresi, ghiacciati sul posto, e nonostante
ciò entrambi già consapevoli, in qualche modo, di quella
verità. «Ti prego di non rifiutarmi semplicemente
perché umana, è vero sono debole e non vivrò mai a
lungo come un demone.» Continuò Izumi, con una sorta
d'implorazione nelle proprie parole, scostando poi lo sguardo dai piedi
al volto di Sesshomaru. «Però ho a mia disposizione
abbastanza anni per non farti mai dimenticare di me!» Il demone
restò immobile, un angolo delle sue labbra tremò appena e
i suoi occhi si strinsero, a Izumi quegli occhi non erano mai parsi
così taglienti. Masa deglutì e sentì la propria
gola estremamente secca, deglutì ancora e si mosse appena per
nascondersi meglio fra gli alberi, essere notato in quel momento era
l'ultima delle cose che voleva.
«Hai ambizioni fin troppo alte per essere solo un'umana, se ti
uccidessi adesso ti dimenticherei già domani.» Rispose
atono Sesshomaru, voltandosi. Izumi strinse le labbra. «Non
c'è nessun modo col quale una come te possa restare accanto a
me.» La ragazza lo vide andarsene con passo leggero, come del
tutto indifferente a ciò che si lasciava dietro. Normalmente
avrebbe trovato qualsiasi cosa da rispondere, avrebbe sostenuto il
dialogo e, forse, avrebbe avuto anche l'ultima parola. Però non
c'era stato verso di trovare una sola sillaba da rispondere, nemmeno il
nome stesso del demone varcò la soglia di quelle labbra
intirizzite.
Masa sapeva bene come si sentiva Izumi in quel momento, perché
provava la stessa cosa. Entrambi si sentirono rifiutati. Solo che
mentre una sentì chiaramente il dolore provocato dalla caduta
dall'alto delle proprie speranze, l'altro sentì un'ardente
motivazione crescere dentro di se come anticorpo. Sesshomaru l'aveva
respinta, quindi lui vedeva il campo libero e giurò a se stesso
che avrebbe fatto di tutto per attirare l'attenzione di Izumi su di se.
Se ne accorse solo nel mentre che suonava, una melodia delle tante, di
come solitamente la presenza di Masa la mettesse a suo agio, proprio
per il fatto che in quel momento si sentiva rigida e innaturale. Izumi
attribuì quella sensazione scomoda a ciò che poco prima
gli aveva detto il ragazzo. “Puoi suonare il violino?”
Certamente era una richiesta che si era sentita dire già altre
volte, ma ancora riusciva a lusingarla. Però quando Masa
aggiunse “suonalo per me” e le sorrise Izumi si
sentì presa alla sprovvista e, proprio per evitare di cercare
qualcosa da rispondere, decise di cominciare a suonare.Si voltò
appena verso Masa e quando vide che la stava fissando distolse subito
lo sguardo, trovando le corde molto più opportune da osservare.
“Non c'è nessun modo col quale una come te possa restare
accanto a me.” Queste parole non le avevano dato spazio ad altri
pensieri per molto tempo da quando Sesshomaru glie le aveva dette.
“Non poteva essere più diretto di così...”
Pensò Izumi, rallentando inconsciamente il ritmo della propria
melodia. “Con quelle parole voleva dirmi che non c'è
nessuna speranza per me, che tutti i miei sforzi sono e saranno
inutili. Questo è quello che pensa.” Continuava a
ragionare, senza più rendersi conto della brutta piega che aveva
preso il pezzo che stava suonando. “Se questo è ciò
che pensa probabilmente dovrei solo farmene una ragione.”
Concluse fra se e se, si riscosse dai suoi pensieri solo quando
sentì Masa sghignazzare e fu allora che si accorse di aver
fermato l'archetto. «In quale mondo hai la testa adesso?»
Disse lui scherzando, nonostante conoscesse già la risposta. Da
quella notte di luna nuova Izumi non era più tornata nell'epoca
Sengoku e questo Masa non l'aveva certo imputato al caso. La
guardò negli occhi per alcuni istanti, mentre lei si scusava, si
stese del tutto sul letto di lei e incrociò le braccia dietro la
testa. «Mi dispiace Masa, ho un po' la testa fra le nuvole
oggi.» Izumi rise. «Se c'è qualcosa che non va posso
aiutarti.» La interruppe lui a bassa voce. «Credo di non
poter essere aiutata.» Commentò Izumi dopo averci pensato
a lungo in silenzio. «Come mai?» Incalzò Masa, che
vedeva nell'occasione di parlarne con lei la possibilità di
dirle di lasciar perdere Sesshomaru. «Non c'è nessun modo
col quale io possa cambiare.» Le sentì rispondere, a voce
sempre più bassa. «Perché vorresti cambiare?»
Masa si era irrigidito sul posto e fissava severo la rotondità
del lampadario, il rifiuto di Sesshomaru le aveva in qualche modo
succhiato via gran parte delle energie e sentirla così abbattuta
lo rattristava e irritava al contempo. «Perché così
come sono non vado bene.» «Sciocchezze!» Rispose
celermente Masa, stizzito. Izumi imbracciò il violino e scosse
l'archetto producendo una melodia di note acute, introducendo
all'improvviso una nota bassa. «Era fuori luogo vero? Non
c'è modo col quale una nota del genere possa stare bene con le
altre.» Masa strinse gli occhi, riconoscendo le parole di
Sesshomaru modificate a dovere. «La nota è perfetta, solo
le altre che sono fuori luogo.» Le rispose senza distogliere gli
occhi dal soffitto. Izumi ci pensò sopra, anche se avesse voluto
non avrebbe potuto cambiare né la sua natura né quella di
Sesshomaru, quindi anche messa come aveva detto Masa la situazione li
vedeva incompatibili. «Già, si tratta solo di cambiare
note infondo.» Commentò Izumi. «Oppure puoi cambiare
direttamente la melodia con un'altra dove quella nota stia
meglio.» Suggerì Masa, alzandosi a sedere. Izumi lo
guardò bene in volto, privo del tono sereno e sbarazzino che la
metteva sempre buon umore le sembrò meno bambino e più
uomo. “Già, in fondo uno come Masa sarebbe meglio per me.
Dopotutto lui c'è sempre, è allegro e premuroso.”
Pensò, nel mentre che il diretto interessato le prendeva il
violino dalle mani, scimmiottando i movimenti per suonarlo.
«Forse dovresti insegnarmi a suonarlo.» Izumi sorrise
divertita. «Guarda che ti prendo sul serio.» Disse cercando
nel cassetto alcuni spartiti, poi si soffermò sul pentagramma.
“Non c'è modo col quale due note su due linee così
distanti stiano bene vicine.” Si convinse, dando un'occhiata a
Masa dietro di lei che scuoteva l'archetto come una katana. Dietro di
lui, invece, la scrivania sulla quale campeggiava il libro Dog Training
e la vista delle pagine aperte la colpì all'altezza dello
stomaco. Si affrettò ad andare a chiudere il libro e nel mentre
che la copertina tornava a schiacciare assieme i fogli scostò lo
sguardo. «Che volevi fare con questi scritti?» Le chiese
nel mentre Masa, che osservava gli spartiti appoggiati sopra al letto,
ma Izumi sembrava osservare qualcosa di veramente interessante.
° ° °
La spirale d'alberi l'aveva inghiottita senza riguardi, sia il corpo
che la voce. «Sesshomaru.» Chiamò a voce alta
spostandosi fra gli alberi, Izumi lo cercò con lo sguardo
attorno a se e ripeté il suo nome innumerevoli volte.
«Sesshomaru!!» Cominciò a urlare, decisa a trovarlo
il più velocemente possibile. Strinse a se la borsa. “Non
importa se suonate con lo stesso strumento o con strumenti diversi, due
note poste su due linee così distanti fra loro...non possono
davvero stare bene assieme!” Pensava nel mentre che, agitata, si
aggirava fra gli alberi. «Sesshomaru, vieni fuori ti devo
parlare!» Cercò d'informarlo, incerta se fosse o meno nei
paraggi. “Non posso certo cambiare la natura delle cose!”
Izumi si appoggiò al tronco di un albero, affannata. “Non
posso diventare un demone, né posso trasformarlo in
umano.” Pensò, riflettendo su ciò che avrebbe
dovuto dirgli una volta che l'avrebbe trovato. «Sesshomaru, non
ti nascondere o dovrò pensare che hai paura di me!» Disse,
sperando di provocarlo.
Jaken tremò di rabbia. “Come osa quella ragazzina
affermare una cosa del genere?!” Pensò irritato dalle
parole che echeggiavano nella foresta. Il suo padrone però
sembrava volerle ignorare. «Signor Sesshomaru, ha sentito cos'ha
detto quella ragazzina? Dovremmo andare a dirgliene quattro!» Il
demone cane ignorò le parole del servo, ma si fermò sul
posto e volse lo sguardo in un punto imprecisato. “Affermare
d'essere capace di non farmi mai dimenticare di lei e adesso dire che
io ne ho addirittura paura... non riesco a capire se quella dell'umana
sia presunzione o pazzia.” Rifletté, proprio mentre la
voce di Izumi pronunciava ancora il suo nome. “Abbastanza anni da
non poterla più dimenticare.” Pensò ancora
Sesshomaru. “L'unica umana che vi sia riuscita è
Rin.” Concluse dentro di se. “Tuttavia il suo coraggio non
è da sottovalutare.”
«Dannazione, Sesshomaru se hai così paura di stare a
sentire quello che ho da dire...» «Non osare dire che io ho
paura.» Izumi si voltò di scatto e a pochi metri da lei
vide il demone svettare da solo fra due alberi. Vederne lo sguardo
indifferente e non un minimo d'interesse in lui la fece sentire
improvvisamente insicura, almeno finché non lo vide muovere la
gamba. «A quanto pare non hai veramente qualcosa da dire.»
«Fermo!» Si affrettò a urlare Izumi. «Non
darmi ordini.» Sibilò lui con un tono pericolosamente
più basso del solito, ma lei non gli diede peso. Aprì la
borsa e inizio a frugare all'interno cercando di prendere qualche
secondo ma, per quanto ci pensasse, i discorsi che aveva preparato le
sembravano ricordi lontani completamente sbiaditi. Così
cominciò col tirare fuori la fotocamera e, come immaginava,
colse l'attenzione del demone che non aveva mai visto una cosa simile.
Sesshomaru indagò con lo sguardo l'oggetto lucido e grigio che
la ragazza aveva afferrato ma si astenne dal chiederle cosa fosse.
«Ti farò cambiare idea!» Affermò d'un tratto
Izumi. «Ti dimostrerò che avevi torto.»
Continuò e alla vista dell'espressione perplessa di lui si
affrettò a proseguire.
«Non c'è nessun modo col quale una come me possa restare
accanto a te? Ti sbagli!» Mosse un primo passo incerto, poi si
convinse a non temere di farlo e corse al fianco di Sesshomaru, che la
seguì con gli occhi. Izumi alzò la fotocamera in modo da
ritrarre entrambi e si accostò maggiormente al demone, cercando
di tranquillizzarsi il più possibile. Sesshomaru non seppe a
cosa doveva prestare più attenzione, se a lei che si era
presuntuosamente messa a un palmo da lui, a quello strano oggetto che
protendeva davanti ad entrambi col braccio teso o alla strana
sensazione che provava sentendola quasi appoggiata al suo braccio. Il
rumore dello scatto lo convinse a girarsi verso l'oggetto ma nel mentre
che lo fece Izumi strinse la fotocamera a se, controllando qualcosa e
riponendola nuovamente nella borsa. “Che significa tutto
questo?” Si chiese.
«Sesshomaru, grande demone cane.» Cominciò Izumi rivolgendogli un sorriso e uno sguardo deciso, seppur con le guance rosa. «Domani a quest'ora vieni al pozzo mangiaossa, ti dimostrerò come anche un'umana possa rimanere al tuo fianco per sempre!» Affermò, quasi gridando.
Forse fu per l'emozione, e Izumi non seppe dire se perché aveva
fatto quel che doveva fare o perché era felice di averlo fatto,
ma le venne voglia di correre, per questo una volta dette
quelle parole scappò via. Sesshomaru rimase perplesso ad
osservarla finché non scomparve. “Forse è
veramente una pazza, ma in quale modo una come lei sa cosa voglio
sentirmi dire?” Si chiese, convincendosi che quel fastidio
provato fosse rabbia.
Kagome volse lo sguardo sopra di lei e guardò di sottecchi il
figlio, che silenzioso si era appostato sopra il tetto. Glie lo leggeva
in faccia che c'era qualcosa che non andava.
“Non si è arresa nemmeno di fronte al rifiuto.” Si
disse Masa, sentendosi improvvisamente disarmato. “Izumi...che
ragazza testarda che sei.” Chiuse gli occhi e inspirò,
stare su quel letto gli aveva lasciato il suo odore addosso.
______
Note: So di avervi fatto aspettare un po', per farmi perdonare ho aggiornato con un capitolo più lungo dei precedenti.
Secondo voi si arrenderà prima Masa o Izumi? ^^ Ad ogni
modo, nel prossimo capitolo ci sarà una sorpresa inaspettata D:
che probabilmente a Sesshomaru non piacerà affatto!
Grazie a tutti per aver letto, sappiate che se volete lasciare un
commento sapere la vostra mi farà molto piacere, per l'appunto
colgo l'occasione per ringraziare nuovamente tutti coloro che mi hanno
lasciato il loro parere, un bacio :)
Alla prossima
Kain
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Capitolo 7 *** L'inaspettato ***
7-L'inaspettato
°L'inaspettato°
Controllò l'orario per l'ennesima volta rigirando fra le
mani una busta, col terrore di sciuparla o di lasciarla scivolare.
“Se non si presentasse?” Si chiedeva
continuamente. “Non voglio perdere quest'occasione, dopo aver
rovinato tutto dichiarandomi così presto, ho pochi modi per
rimediare.” Si ripeteva la ragazza dirigendosi al pozzo con
una fretta poco consona a qualcuno in anticipo di un'abbondante decina
di minuti.
Dall'altra parte tutto era tranquillo come sempre era stato, ma quel
giorno quella calma le risultò allarmante e la
gonfiò d'ansia. La storia raccontatale da Jaken riguardante
Rin era la parte dei suoi progetti che non aveva mai considerato e che
l'aveva demoralizzata più del rifiuto ai suoi sentimenti.
Ripensava più e più volte alle frasi che si era
studiata tutta la mattina e la sera precedente, quello che Izumi
avrebbe dovuto dire a Sesshomaru era fondamentale perché
aveva l'ambiziosa intenzione di rafforzare la fiducia del demone cane
nelle relazioni con gli umani. Izumi diede un'occhiata all'ora e si
guardò attorno, preoccupata dalla desolazione che la
circondava. «Ti prego dammi una
possibilità.» Disse, troppo tesa per premurarsi di
pensare anziché parlare.
Seduta sul bordo del pozzo con la busta stretta tra le dita si
guardò attorno ancora una volta, prima di controllare
l'orologio al polso. «Dovevo aspettarmelo.»
Sospirò. Era passato così tanto tempo che non le
servì altro per capire che Sesshomaru non si sarebbe mai
presentato, la cosa scaturì in lei una pungolante sofferenza
che la sua indole convertì in rabbia per puro spirito di
sopravvivenza. Izumi era talmente amareggiata che si rese conto a mala
pena di quanta luce si era palesata tutt'attorno, che quella fosse vera
luce o meno per lei fu irrilevante poiché nella sua testa
echeggiava un solo nome ed era quello di Sesshomaru. Voleva
comunicarglielo, fargli capire quanto ci fosse rimasta male e
bastò questo per scaturire qualcosa in lei di completamente
sconosciuto; come osservando il mondo attraverso un vetro colorato le
sembrò tutto uguale e diverso al contempo, vide delle luci
guizzare nel folto ad una lontananza imprecisata e per quanto le
sembrò sia pazzesco che meraviglioso si rese conto di sapere
dove si trovasse Sesshomaru. Izumi la definì semplicemente
una sensazione, sesto senso o istinto ma qualsiasi cosa fosse le sue
gambe si mossero prima ancora di volerlo. Corse nel fitto degli alberi
ad ampie falcate, guidata esclusivamente dalla formicolante sensazione
della presenza del demone.
Quando le sue gambe si fermarono lei si trovò col fiato
corto ma ampiamente soddisfatta: davanti a lei Sesshomaru e il piccolo
kappa, che protestò subito dopo averla notata.
«Tu che ci fai qui ragazzina?» A Izumi
non sfiorò nemmeno l'idea di prenderlo in considerazione,
era troppo impegnata in un gioco di sguardi col demone cane. Il libro
aveva dato buoni consigli a Izumi e lei li aveva sempre seguiti alla
lettera, però in quel momento sentì il bisogno
impellente di prendere posizione. Pazienza e costanza per avvicinarlo
erano state elargite in abbondanza, era giunto il momento di far capire
a Sesshomaru il groviglio complicato dei suoi sentimenti.
“Per educare un cane bisogna comunicare con lui.”
Izumi ripeté nei suoi pensieri le parole del libro per darsi
sicurezza e convincersi delle proprie azioni, fissò
Sesshomaru dritto negli occhi con il più sicuro dei sorrisi
e fu in quel momento che a Izumi parve di scorgere un lieve sogghigno
nell'indecifrabile maschera del demone cane. “Dì
la verità, non ti sei presentato proprio perché
ti venissi a cercare, mascalzone?” Si disse fra se e se.
«Ti avevo chiesto d'incontrarci perché volevo
darti una cosa.» «Il signor Sesshomaru non ha
bisogno di niente da parte di un'umana, non ti avevo forse
già detto di stargli lontano?!» La
rimbeccò il kappa. «Jaken.» Lo
interruppe il demone cane. «Sta zitto.»
Ordinò con l'alta soddisfazione di Izumi. L'espressione di
Sesshomaru mutò di poco quando la ragazza gli porse la
busta. «Questa è per te.» Non vi furono
reazioni dall'altra parte. «Ieri ho detto che ti avrei
mostrato come persino un'umana può restarti accanto per
sempre.» Cominciò, cercando una qualche risposta
nei suoi occhi. «Tu sei un demone e anche se non so a quanto
può ambire la tua longevità, va sicuramente oltre
a quanto possa ambire la mia e per questo quello che ho affermato ti
sembrerà assurdo. Però c'è un modo,
che solo gli umani utilizzano, per rendere qualcosa d'importante
immutato nel tempo.» Disse tutto d'un fiato, recitando a
memoria il frutto dei propri esperimenti vocali, talmente veloce che
non fu sicura di non essersi mangiata qualche parte.
Sesshomaru osservò la busta ancora nelle mani di Izumi e lei
colse il momento per portarla alla sua mano.
Stretta fra le dita lui indagò la consistenza cerulea
dell'esterno e sentì uno spessore poco percettibile
all'interno, in quel mentre Izumi gli implorò nei suoi
pensieri di aprirla perché voleva vedere l'effetto che
avrebbe avuto. Sesshomaru mosse appena il pollice per sollevare la
chiusura con una calibrata pressione che non permettesse ai suoi
artigli di disfarne il contenuto. Analizzò con occhi
spietati l'interno e rimase interdetto nel riconoscere su quella
superficie la stessa immagine che aveva avuto modo di vedere soltanto
riflessa sull'acqua o sulla lucida lama delle sue spade: la sua stessa
immagine, ritratta a fianco di quella di Izumi. Appena Sesshomaru realizzò quello che aveva fra le mani
tornò con lo sguardo su lei.
“Perché mi guarda così, non
crederà per caso che io gli abbia catturato l'anima o cose
del genere?!” Vaneggiò nel frattempo la ragazza.
«Quello è ciò che noi umani definiamo
ricordo, lo immortaliamo come ritratto per poterlo riguardare in
qualsiasi momento vogliamo, consci che anche dopo la nostra dipartita
qualcun altro potrà vedere il nostro ricordo rendendolo
sempre vivo.» Cercò di spiegare Izumi nella
speranza che Sesshomaru non rifiutasse a priori il messaggio che aveva
voluto comunicargli. Il demone cane storse le labbra in un sorriso di derisione.
«Izumi, la tua infima razza è da me già
ben conosciuta per il suo folle desiderio di sfidare la propria natura
e tu non sei diversa dai tuoi simili.» Asserì con
tono superiore e canzonatorio, lasciando scivolare a terra la busta e
la fotografia. Sesshomaru fu subito indispettito nel constatare che
l'effetto volutamente demoralizzante della propria affermazione non
aveva carpito Izumi, tutt'altro, il demone dovette notare con
disappunto il sorriso soddisfatto sulle sue labbra. «Che hai
da ridere?» Chiese infastidito. «Sono felice, oggi è la prima volta che mi chiami
per nome.» Rispose serena, conscia che mostrare quanta
amarezza gli aveva instillato la sua risposta sarebbe stato un errore
fatale.
«Del nome.» Sibilò Sesshomaru, avanzando
verso di lei. «Tu sei qui al mio cospetto e
l'unica cosa della qualche ti preoccupi è il nome!»
Continuò alzando gradualmente la voce. Izumi
rabbrividì per quel cambio repentino di atteggiamento e
vederlo ormai così vicino e alterato minacciava seriamente
di sbriciolare la maschera di sicurezza che stava cercando di mantenere.
Sesshomaru le strinse il viso fra le dita e si pose a un palmo da lei
per evidenziare tutta la sua altezza e pure non riusciva a indurla nel
terrore, quella mancanza di autorità verso di lei l'accese
di rabbia e competizione. Dal canto suo Izumi non poté fare
a meno di arrossire, perché così da vicino non
l'aveva mai visto e in quel momento più che mai le
sembrò grande e possente. Cosa sarebbe successo alle sue
braccia se avesse osato toccare quel volto, come avrebbe agito la mano
che le teneva la mandibola serrata? Constatò il freddo delle
dita, irremovibili come di ferro, e sentì appena pungolare
sulla pelle la punta dei suoi artigli; per quanto fosse conscia che
anche solo uno di essi avrebbe potuto ucciderla ragionò su
quanto controllo di se stesso dovesse avere Sesshomaru per tenerla in
quel modo senza ferirla.
«Dovresti preoccuparti molto più che del tuo
stupido nome.» Aggiunse gelido, cercando di sovrastarla con
la sua altezza e con il disprezzo che lasciava trasparire dal suo
sguardo. Proprio come Rin, Izumi non temeva Sesshomaru ma non
perché non ne capisse la potenza bensì per la
certezza che lui non le avrebbe fatto del male.
Anche se questo suo
comportamento ci può apparire simpatico, quando il cane ci
salta addosso senza farci le feste è una forma di dominanza:
il cane esercita diversi comportamenti simili per valutare la vostra
autorità.
Lei non era affatto sicura, a dir la verità, che Sesshomaru
non avrebbe reagito violentemente ad ogni suo movimento in quella
situazione, però era certa che un'altra occasione per
avvicinarlo con tanta facilità non l'avrebbe avuta.
Se il cane scopre che con
l’aggressività ottiene dei vantaggi sicuramente la
utilizzerà ogni volta che lo ritiene necessario. Se il
vostro cane cerca attenzioni da voi saltandovi addosso non guardatelo
negli occhi, semplicemente perché si tratta di una forma
d'attenzione.
Izumi, non potendo in alcun modo muovere la testa, diresse lo sguardo
in un punto lontano. «Sesshomaru.»
Pronunciò a bassa voce, cercando di cogliere con la coda
dell'occhio i tratti del suo volto, osservando con finto disinteresse
lo stacco delle linee porpora sulla pelle chiara. «Vorrei
farti una domanda e preferirei tu rispondessi sinceramente.»
Lo sguardo del demone si fece interrogativo e quello di Izumi
più serio. «Se io cercassi di baciarti adesso,
quante probabilità avrei di sopravvivere?» Diede
un'occhiata fugace al suo sguardo e poté cogliere il momento
esatto in cui il demone si accigliò. «Smettila con
queste sciocchezze.» Sibilò, decidendosi infine a
lasciare la presa dal suo volto. «Andiamo
Jaken» Mormorò defilandosi. Izumi
ignorò l'esasperazione che traspariva dal volto del kappa e
quando li vide già lontani sospirò, passando una
mano da un lato all'altro del collo. «Potente.» Le
venne da sussurrare sentendo ancora la pressione delle sue dita sulla
pelle.
Sesshomaru non si fece più rivedere per giorni ma Izumi
aveva la certezza che fosse costantemente nei dintorni
perché riusciva a percepirne la presenza. Tuttavia,
nonostante alcuni esperimenti, non riuscì a far ripetere la
strana evoluzione di sensazioni che le era capitata quella volta,
né vide le luci nel bosco, quindi si limitò ad
aspettare e tentare di avvicinarlo suonando il violino.
Nel frattempo Masa trovò modo di trascorrere con lei un po'
di tempo quasi ogni giorno con una scusa o un'altra e un giorno in
particolare, guidato dai consigli di Miroku, la convinse ad assistere a
quella che lui definì “la colata d'oro”.
«Fantastico.» Mormorò adagiata
sull'erba, affacciata alla luce splendente riflessa sul fiume. Secondo
Miroku nessuna donna sarebbe rimasta impassibile di fronte al tramonto,
specialmente in quella parte verdeggiante della riva. Forse quella che
cercava disperatamente Masa era la giusta atmosfera da poter
condividere con Izumi, nel tentativo di avere la sua
possibilità con lei. Questo gli creava una certa tensione
che andava a cancellare la simpatia e l'allegria che l'aveva sempre
contraddistinto. Ogni tanto Izumi si fermava ad osservarlo in volto,
chiedendosi se fosse solamente assorto nel contemplare il tramonto o se qualcosa lo preoccupasse.
«Avanti, puoi toccarle.» La ragazza rimase
perplessa. «Cosa?» «Non ti
ricordi? Me l'hai chiesto la prima volta che ci siamo
visti.» Spiegò Masa, facendo muovere le proprie
orecchie in modo che capisse e lei s'illuminò.
«Oh, be' se posso...» Intenta a cogliere
l'occasione. Masa la seguì con gli occhi, apparentemente
calmo come il mare piatto esercitò una soggezione non
indifferente sulla ragazza, seduta di fronte a lui.
Nonostante Masa non distogliesse lo sguardo da lei, Izumi cercava di
concentrarsi esclusivamente sulle sue orecchie, accarezzandone il pelo
morbido e caldo. “Ne è valsa la pena, nonostante
sia una trappola.” Constatò la ragazza, che aveva
iniziato a mangiare la foglia fin da quando Masa l'aveva trascinata a
vedere il tramonto con lui. Per quale motivo non era riuscita a trovare
una scusa non lo sapeva nemmeno lei. Rise quando si accorse che il
ragazzo aveva socchiuso gli occhi, non poté trattenersi
dall'immaginarlo a fare le fusa. Quando lui la vide sorridere
divertita, così vicina a lui e con le guance tinte di rosa
si alzò sulle ginocchia trovandosi a due palmi dal suo
volto. Izumi rimase immobile, intimorita da quel gesto repentino.
“Se si avvicina troppo gli tiro le orecchie!”
Risolse tra se e se, aspettando inconsciamente che la situazione
mutasse. Masa si sentiva stordito e non si accorse nemmeno di quanto si
fosse avvicinato al suo volto, almeno non finché la vide
allargare gli occhi e tirare le orecchie indietro. «Che fai
Masa!» Cercò di richiamarlo all'attenzione.
«Togliti dai piedi.»
Lui la guardò stupito e si girò attorno, notando
dietro di se colui che aveva pronunciato quelle parole.
«Sesshomaru.» Sibilò amareggiato,
notandolo con tutta la fanteria. “Sesshomaru.”
Realizzò nello stesso momento Izumi. “Se
fraintende tutto questo posso ritenere i miei sforzi totalmente
vani.” Saltò in piedi ma prima che poté
aprire bocca il demone la precedette. «Ti ho detto di levarti
di mezzo, sei d'intralcio.» Si rivolse a Masa, con la voce
pericolosamente incrinata dalla minaccia.
«Che sei venuto a fare?» Gli chiese il ragazzo,
già sulla difensiva. «Quello che faccio non ti
riguarda, meticcio.»
Rispose Sesshomaru cominciando ad avanzare, deciso anche a calpestarlo
se necessario. «Come hai detto?» Lo sfidò Masa, punto
sulla carne viva. Per quanto a Izumi piacesse l'idea di considerare
quella reazione come una sorta di gelosia da parte del demone,
sentì una gravosa tensione nell'aria tanto densa da poter
essere respirata e per un momento le parve persino di vederla
tutt'attorno a Sesshomaru. “Questi due rischiano di darsele
sul serio.” Izumi allarmata si pose un passo avanti al
ragazzo, sperando di riuscire a calmarlo. «Sesshomaru, per
favore non fare così.» «Fatti da
parte.» La liquidò. «Izumi sta indietro,
a lui ci penso io.» Le intimò invece Masa che si
pose nuovamente davanti a lei.
«Non chiedo di meglio.» Fu il commento di
Sesshomaru prima di sfoderare la spada, Izumi si ghiacciò
sul posto. “Questo testone vuole tenere alto il proprio
orgoglio e Masa è del tutto intenzionato a fare l'eroe.
Forse dovrei andare a cercare Kagome e Inuyasha.” Fu strano
per lei pensarlo dato che d'istinto si pose a poco più di
mezzo metro dalla lama di Sesshomaru, con le vive proteste di Masa.
«Smettila, che vuoi fare con quella spada?!» Gli
gridò contro. «Non fargli del male non ti ha fatto
niente!» Scansò con la mano la katana del demone e
nell'esatto momento in cui toccò la lama questa
brillò e fumò inerte subito dopo. Izumi si
ritirò di lato con un grido, spaventata e ancora
più fu allarmata quando sentì su di se gli occhi
stupiti dei due.
«Energia spirituale.» Affermò Sesshomaru
squadrandola. «Izumi, anche tu sei una sacerdotessa?» Le chiese
Masa, quasi più sorpreso di lei. «Io non so
cos'è successo.» Riuscì a dire,
cercando una qualche reazione nel volto di Sesshomaru e quando vi lesse
l'estrema diffidenza che aveva sempre contraddistinto i suoi primi
incontri con lui sentì che stava perdendo terreno sotto i
suoi stessi piedi. «Non so come ci sono riuscita.»
Cercò di giustificarsi, più mortificata che
sorpresa. Sesshomaru osservò il filo di Bakusaiga,
momentaneamente priva della sua carica demoniaca e stizzito la ripose
nel fodero. Quando lo vide andarsene Izumi provò a fermarlo.
«Non mi toccare, miko!» La fece gelare.
Fu in quel momento esatto che per la prima volta Izumi sentì
di poter perdere le speranze. Non fece caso alle parole di Masa, non le
sentiva né voleva sentirle. Corse verso il pozzo senza mai
fermasi, ignorando Kagome al limitare della risaia, ignorando il saluto
del nonno al rientro a casa e decisa a non mettere più piede
nell'era Sengoku. Si era accorta troppo tardi di possedere qualcosa,
dono o maledizione che fosse, che sembrava precluderle un ulteriore
approccio con Sesshomaru e persino aver cancellato ogni progresso nei
suoi confronti.
°
° °
Il prato era diventato in breve un tappeto di foglie dalle quali
filtrava odore di muschio e umido, anche l'odore di umani circolava
rapidamente, sparsi ovunque a cercare legna e provviste. Il vento
dondolava i fiori del rametto di shimabashira adagiato a terra,
Sesshomaru sapeva chi aveva omaggiato la pietra tombale di Rin, la
vecchia Kagome usava farlo con costanza.
«Che ci fai qui?» Chiese all'improvviso senza
distogliere gli occhi dalla pietra. «Ho sentito il tuo odore
troppo vicino al villaggio.» Gli spiegò
sommariamente Inuyasha, facendogli capire d'essere venuto a
controllarlo. Il mezzo demone, a braccia conserte, osservò
il fratello ancora per qualche minuto in mezzo al silenzio e a
quell'odore particolare di terra tombale e fiori. «Finalmente
quella ragazzina ha smesso di venire a suonare il suo strano strumento,
quei fischi erano insopportabili.» Bofonchiò a
bassa voce, quasi più diretto a se stesso che a Sesshomaru.
Il fratello invece tenne per se quello che avrebbe voluto rispondergli,
improvvisamente infastidito da quell'affermazione.
«Sai è un bene che tu non sia interessato a lei,
perché Masamune invece ha serie intenzioni.»
Inuyasha notò quanto le sue parole avessero irritato
Sesshomaru, nonostante gli fosse ancora di spalle. «Non lo
sei, giusto?» «Non dire sciocchezze.» Fu
la risposta repentina e seccata del demone.
«Allora perché hai ancora quel
regalo?» Chiese Inuyasha, ottenendo su di se gli occhi
ammonitori di Sesshomaru, ma del tutto intento a sostenerne il peso.
Era sua intenzione fargli capire quanto lunga la sapesse, appositamente
per dargli fastidio, e nemmeno si rendeva conto di quanto vi fosse
riuscito. Il demone stesso non era perfettamente a conoscenza della
risposta a quella domanda e capire che Inuyasha ne sapesse
così tanto lo riempì di rabbia. Nessuno dei due
seppe cosa trattenne Sesshomaru dall'esplodere ma dopo aver incenerito
il fratello con lo sguardo questi se ne andò, tornando nella
foresta. Inuyasha sogghignò subito dopo, convinto che il
deterrente fosse l'essere stati colti in flagrante e Sesshomaru non
poteva avere nemmeno idea di quanto questo divertisse il fratellastro.
°
° °
Il vento freddo che entrò dalla porta riscosse il gatto dal
mondo dei sogni. «Ha risposto qualcuno?» Chiese
Izumi rivolta alla madre, lasciando sul tavolo una busta.
«Non ancora.» Le rispose e la ragazza
sospirò.
Buyo la seguì nella sua camera e subito salì sul
letto, sua ufficiale postazione di vedetta, e miagolò.
«Sì, anche secondo me.»
Commentò a voce bassa, prima di sedersi alla scrivania.
«Chissà se inviare quei curriculum sia servito a
qualcosa.» Prese uno dei libri che da settimane avevano
sostato lì sopra, per discernere il significato, il segreto,
la natura nei suoi poteri, Izumi aveva cominciato a leggere ogni sorta
di libro. Parlavano delle miko, di antichi e moderni rituali, di
esorcizzazione, di spiriti e di demoni. Aveva deciso che non sarebbe
più tornata nell'era Sengoku, nonostante spesso Masa la
venisse a trovare per convincerla del contrario, aveva deciso che non
avrebbe cercato di accostarsi alla natura opposta e indomita di
Sesshomaru, che si sarebbe occupata di conoscere più a fondo
i suoi poteri e che si sarebbe impegnata maggiormente nella ricerca di
un lavoro. Tutti in quella casa però si erano accorti delle
stranezze che erano sopraggiunte in Izumi dalla fine dell'estate, a
partire da una iniziale sorta di “agitazione” che
la portava a non fermasi mai, occupando il proprio tempo con ogni sorta
di attività fra cui la più inquietante: cucinare
montagne di biscotti, da offrire ai parenti, ai vicini, anche ai
passanti.
La madre cominciò a chiederle quale fosse il problema quando
a questi momenti di iperattività cominciarono a susseguirsi
altri di totale inattività e apatia, eppure Izumi rispondeva
sempre serena che non c'era niente di cui preoccuparsi.
Finché un giorno, forse stanca di vederlo sopra la propria
scrivania, prese il libro Dog Training e lo recluse dapprima in un
cassetto, poi non contenta lo spostò più volte
fino a decidere proprio di buttarlo.
°
° °
Forse perché non sapeva come liberarsi di
quella rabbia che gli cuoceva dentro che trattava Jaken sempre
più duramente, scacciandolo perché non lo
seguisse e punendolo per ogni sottigliezza. Tuttavia dal cambio di
stagione Sesshomaru continuava a preferire la solitudine a qualsiasi
altra compagnia e spesso si inoltrava nelle parti più
profonde e silenziose della foresta.
“Quel mentecatto di Inuyasha.” Si
ripetè, cercando di capire come il fratellastro fosse venuto
a conoscenza del ritratto che le aveva dato Izumi. Più che
per l'esuberanza del mezzo demone sentiva di essere in collera con se
stesso per essere tornato indietro a prendersi quel misero foglietto il
giorno in cui lo lasciò a terra. La sorpresa di vedere un
ritratto così ben definito di se stesso non lo soddisfaceva
come pretesto per tenerlo. Lo stropicciò fra le dita, quasi
saggiando l'idea di liberarsene strappandolo in tanti pezzetti per poi
cambiare opinione e decidere di lasciarlo scivolare a terra dove
seguì con pazienza, ora dopo ora, l'effetto degradante che
la terra bagnata ebbe su di esso.
“Non ho bisogno di una cosa del genere.” Si
convinse. “Queste miserie prive di realtà che gli
umani creano per sopperire a ciò che non hanno...”
Pensò, nel mentre che tornava sul sentiero dove aveva
lasciato Jaken.
°
° °
Sorrise e andò a portare l'ordine all'interno. Era passata
quasi una settimana da quando Izumi era riuscita a trovare un lavoro in
un ristorante, quell'attività l'aveva distolta da ogni
pensiero e la sua routine stava tornando ad essere la meno anormale di
sempre. Salvo per quei giorni che, finito il turno, trovava a casa Masa pronto
a sconvolgerle un'altra giornata. Quel giorno era uno di quelli.
«Lascia stare il gatto.» Sospirò per
abitudine entrando in camera e notando il ragazzo seduto sul proprio
letto, nonostante Buyo non fosse nella stanza. «Che facciamo,
andiamo da qualche parte?» Chiese curioso. «In una
casa molto carina.» Rispose una volta seduta.
«Dove?» «Siamo già
arrivati.» Bofonchiò appoggiata alla scrivania.
Masa sorrise e si alzò per andarle vicino. «Mia
madre ti ricorda che è disposta ad aiutarti con i tuoi
poteri.» «Tranquillo Masa, in quest'epoca non
possono nuocere a nessuno.» «Per questo non
attraversi più il pozzo?» Izumi era stanca per
poter seguire il filo logico di quella che le sembrò
un'insinuazione, così tentò a caso.
«Non mi pare che si siano mai attivati contro di
te.» «Hai paura di fare del male a
Sesshomaru?» Chiese secco, ma non ottenne risposta,
perché Izumi la stava cercando. «Cosa centra
Sesshomaru adesso?» Disse infine, sollevando la testa dalla
scrivania. Si guardò attorno e si accorse che Masa non c'era
più, sospirò arresa.
°
° °
L'aria di quella mattina doveva essere particolarmente pungente
poiché in un certo momento Izumi sentì un brivido
e fu portata a guardarsi attorno, senza capire cosa fosse stato.
Portò via i piatti da un tavolo scrollando quella strana
sensazione via da se. Masa non si era fatto più vivo e fu
sinceramente carpita dalla tentazione di andare a chiedergli scusa, il
fatto è che si sentiva innocente delle stesse colpe che si
faceva.
Giurò a se stessa di aver riflettuto sulla reale risposta
che avrebbe dovuto dare a quella domanda, aveva lei davvero evitato per
tutto quel tempo di tornare nell'era Sengoku perché aveva
inconsciamente paura di poter fare del male a Sesshomaru coi suoi
poteri spirituali? A causa di quei pensieri frequenti
s'incantò più volte sul posto di lavoro,
pronunciando a voce alta i propri pensieri, spaventando a volte i
clienti.
“Masa vuol vedere il mio comportamento dal suo personale
punto di vista.” «Signorina?» Izumi
restò immobile, con lo sguardo perso nel vuoto.
“La verità è che non ho intenzione di
tornare nell'epoca Sengoku per non dare altre occasioni a
Sesshomaru per offendermi e deludermi.”
«Signorina!» La richiamò l'uomo che
stava aspettando d'essere servito. «Sì, mi
scusi!» Si
ridestò. “O almeno credo.”
Nel momento che ebbe finito di posare le pietanze al tavolo le cadde
l'occhio alla vetrata che dava all'esterno e notò alcuni
clienti incuriositi guardare fuori. «Izumi?» La
chiamò una collega notandola imbambolata nel mezzo del
passaggio, guardò nella sua stessa direzione e
strizzò gli occhi. «E quello chi
è?!» Ridacchiò. Sì
perché ciò che aveva attratto alcuni clienti e la
cameriera era il curioso abbigliamento del tizio appena fuori il
ristorante, che guardava fisso e torvo all'interno. A Izumi tremarono i polsi, non le bastò sgranare gli occhi e
notare che tutti come lei lo vedevano, credette comunque di vaneggiare
suo solito. «Sesshomaru.» Sussurrò.
_____
Note:
Salve a tutti! So che questo capitolo ha tardato davvero tanto ad
arrivare, spero vogliate accettare per questo le mie scuse ed i miei
ringraziamenti per averlo letto. Se volete lasciare il vostro parere,
di qualsiasi tipo, ne sarò lieto :)
(A proposito, volevo dire di aver avuto la tentazione d'intitolare
questo capitolo "Torna a casa Sesshy" ma l'ho trovato poco appropriato, però... LOL)
Un saluto e Buon 2012 !!!
Kain
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Capitolo 8 *** L'arte dell'attesa ***
cap 8
°L'arte
dell'attesa°
Precedentemente...
~La ragazza si
sentì come se col proprio archetto avesse accarezzato la
corda giusta ed incuriosita volle provarci ancora, fece scorrere
quell'indice pericoloso lungo il dorso della mano ed il suo mignolo
tremò impercettibilmente. Notandolo sollevò lo
sguardo e si agganciò ai suoi occhi, senza più
riuscire a distoglierne lo sguardo. Sentendosi indagato Sesshomaru si
accigliò ma quelle sopracciglia minacciose stonarono
completamente col tono dolce dell'ambra dei suoi occhi, ancora
più con la piega delle sue labbra che vagavano da uno strano
stato di preoccupazione ad un più intenso tono di
disapprovazione. “Sesshomaru è una creatura
complicata, potersi rapportare con lui implica una serie di piccoli e
grandi regole da dover seguire. Non tutte queste regole sono scritte in
un libro però, a volte basta leggere gli occhi, i suoi non
mentono mai.”
«Non
è vero che il Signor Sesshomaru non è capace di
apprezzare gli umani, cosa ne vuoi sapere tu che non sai con quanto
riguardo si è occupato di Rin!» La catena di
parole dette tutte d'un fiato si bloccò d'un tratto su
quella che era diventata la parola tabù e Jaken
s'affrettò a fare l'indifferente, ma invano
poiché Izumi si fece molto interessata. «Rin
chi?»
Quello
che vide Masa fu Sesshomaru e Izumi vicini mentre lei lo
ringraziava, poco distanti da una buca. Inizialmente volle andare a
chiedere cosa fosse successo ma vedere Izumi così vicino a
Sesshomaru l'aveva bloccato e non seppe mai dirsi se fu un bene o un
male. «Sesshomaru, tu mi piaci! Ti prego di accettare i miei
sentimenti per quelli che sono.» Sia Masa che Sesshomaru alle
parole della ragazza restarono muti e sorpresi, ghiacciati sul posto, e
nonostante ciò entrambi già consapevoli, in
qualche modo, di quella verità.
Sesshomaru
analizzò con occhi spietati l'interno e rimase interdetto
nel riconoscere su quella superficie la stessa immagine che aveva avuto
modo di vedere soltanto riflessa sull'acqua o sulla lucida lama delle
sue spade: la sua stessa immagine, ritratta a fianco di quella di
Izumi. «Quello è ciò che noi umani
definiamo ricordo, lo immortaliamo come ritratto per poterlo riguardare
in qualsiasi momento vogliamo, consci che anche dopo la nostra
dipartita qualcun altro potrà vedere il nostro ricordo
rendendolo sempre vivo.»
Quando Masa la
vide sorridere divertita, così vicina a lui e con le guance
tinte di rosa si alzò sulle ginocchia trovandosi a due palmi
dal suo volto. «Togliti dai piedi.» «Sesshomaru.»
Sibilò Masa, amareggiato. «Izumi sta indietro, a
lui ci penso io.» Le intimò Masa che si pose
davanti a lei. «Non chiedo di meglio.» Fu il
commento di Sesshomaru prima di sfoderare Bakusaiga.
«Smettila, che vuoi fare con quella spada?!»
Gridò Izumi scansando con la mano la katana del demone e
nell'esatto momento in cui toccò la lama questa
brillò e fumò inerte subito dopo.
«Energia spirituale.» Affermò Sesshomaru
squadrandola con diffidenza. Quando lo vide andarsene Izumi
provò a fermarlo. «Non mi toccare,
miko!»
Ciò
che aveva attratto alcuni clienti e la cameriera era il curioso
abbigliamento del tizio appena fuori il ristorante, che guardava fisso
e torvo all'interno. A Izumi tremarono i polsi, non le bastò
sgranare gli occhi e notare che tutti come lei lo vedevano, credette
comunque di vaneggiare, suo solito. «Sesshomaru.»
Sussurrò.~
____________
Izumi
vacillò, un formicolio bollente le strinse lo stomaco.
“Come può essere qui?” Aldilà
del vetro la candida figura dagli occhi di fuoco che le aveva stregato
la mente. «Dove vai Izumi?!» Chiese allarmata una
sua collega vedendola sgusciare via, la domanda improvvisa le
ricordò il suo ruolo e voltandosi inciampò.
«Scusa...ho da fare.» Mise insieme,
accorgendosi di avere ancora il vassoio in mano, ma dalla sua bocca
riarsa uscì appena un sussurro che probabilmente
passò inosservato. Mentre i clienti la scrutavano
più incuriositi da lei che da dall'estroso elemento fuori
dal locale. Izumi litigò con la maniglia della porta.
«Avanti, non è un buon momento per essere
impacciata.» Sibilò a se stessa, posò
il vassoio su un tavolo a caso con il disappunto dei clienti e quando
finalmente riuscì ad ottenere l'uscita un soffio d'aria
gelida la irrigidì sul posto. Rimase basita nel notare che
il demone non era più lì. «Sto
impazzendo?» Si chiese guardandosi attorno. Si
sentì chiamare dall'interno e solo allora si rese veramente
conto di quanto avesse attirato l'attenzione di tutti e fu felice di
avere una scusa per defilarsi. Nuotò con gli occhi in
più direzioni finché vide Sesshomaru impassibile
qualche decina di metri più avanti e quando si rese conto
che non era né un falso né un miraggio si
scordò di respirare.
La
sorpresa dell'arrivo di Sesshomaru le aveva annebbiato la mente e non
riusciva a mettere in piedi nessun discorso utile.
“Ripensandoci è troppo affollato per un solitario
come lui.” Pensò vedendono scrutare con piccole
occhiate oltraggiate il parco dove Izumi l'aveva condotto.
«Che te ne pare Sesshomaru, quest'epoca è molto
differente dalla tua.» La ragazza non pretendeva certo che il
demone si abbassasse a condividere la stessa gelida panchina ma sperava
almeno che le spiegasse il motivo per il quale era lì,
eppure se ne stava in piedi impassibile ignorando qualsiasi cosa
dicesse. «Il piccolo kappa petulante l'hai lasciato a
casa?» Sorrise nervosamente e si schiarì la voce
ma Sesshomaru non la degnò di uno sguardo e lei pian piano
tramutò l'entusiasmo in ansia.
Spesso i
proprietari tendono a punire il proprio cane quando torna a casa dopo
essere scappato, così facendo incentivano il comportamento
di fuga, infatti, per aumentare il comportamento di ritorno
è opportuno premiarlo ogni volta che torna con dei
bocconcini.
«Posso
offrirti il pranzo?» Tentò, sperando in un
approccio legato a uno dei bisogni basilari di chiunque, persino del
demone che stava continuando ad ignorarla. «Un corollario di
piatti che non hai mai assaggiato!» Spiegò
ansiosa. Izumi strinse gli occhi, lo sbuffo del demone era disarmante.
«Vuoi che suoni? Posso andare a prendere il
violino...» «Tutto questo tempo...» Aveva
cominciato improvvisamente, col suo tipico tono altero. «Per
tutto questo tempo mi hai importunato con insistenza, sentendoti in
grado di dispensare a me
lezioni sui ricordi e la persistenza di essi
nel tempo. Tutto questo per dei sentimenti umani verso la mia
persona.» Disse con feroce calma. «Valevano
così poco? » Izumi schiuse la bocca.
“No, non è così! Perché non
riesco a rispondere?” «Tutto per tornare in
questo...squallido mondo?» “Cosa sta succedendo?
Non so...cosa dire!” La ragazza arrossì senza
rendersene conto, era il panico. Sesshomaru era passato da
un'imbarazzante silenzio a quella che sembrava un'offesa e
un'insinuazione troppo velocemente e la ricercata abilità
del demone di azzittire Izumi stava funzionando a meraviglia.
“Cosa sta dicendo proprio adesso, pensavo che fosse venuto
qui per cercarmi!” «Sei stato tu a dirmi di starti
lontano...» Sussurrò sconsolata. «Non
attribuire a me le tue decisioni e indecisioni.» Nel giro di
pochi secondi il demone era riuscito a sopprimere ogni entusiasmo nella
ragazza. “Credevo che fossi venuto qui per me, speravo fossi
venuto a chiedermi di tornare!” «Avevi detto
d'avere abbastanza anni da non farti mai dimenticare.»
“Credevo di disgustarti con questi poteri, speravo fossi
venuto a dirmi il contrario...” «Avevi detto che mi
avresti dimostrato come persino un'umana può rimanere al mio
fianco per sempre.» “Pensavo fosse diventato
inutile insistere ormai!” «Ebbene sto ancora
aspettando.» «Non capisco.» Izumi in cuor
suo credeva di aver già trasmesso quel tipo di messaggi,
pensava di aver già conquistato un po' della sua fiducia e
forse anche del suo affetto, almeno prima che l'energia spirituale
fluisse fuori dalle sue mani proprio contro di lui. “Ho
fallito in tutto quel che ho tentato?” Sesshomaru la
fissò negli occhi per la prima volta da quando le aveva
parlato e quegli occhi diabolici che l'avevano incantata sin dal primo
incontro, quelli del predatore, le incisero l'anima. «Non
c'è alcun modo in cui un'umana qualsiasi possa
farlo.»
La
ragazza
tremò appena guardandolo incamminarsi per uscire dal parco,
fra gli sguardi curiosi della gente, e quando fu giunto alla fine
dell'ombrello di alberi...sparì, con la stessa silenziosa
immediatezza con la quale quale era arrivato. «Hai viaggiato
attraverso spazio e tempo per dirmi tutto questo.» Izumi
deglutì, cercando Sesshomaru nel cielo. «Dovevi
essere molto motivato...» Disse con un sibilo e gli occhi le
cominciarono a pizzicare. Scattò in piedi non appena se ne
accorse e raggiunse l'uscita scrutando il cielo sopra di lei,
rischiando più volte di sbattere contro le persone.
«Sesshomaru!» Gridò infine, inciampando
sul marciapiede attirando su di se l'attenzione di tutti.
«Sesshomaru!» Lo chiamò ancora, ma il
cielo era sgombro, questo non le impedì di correre a casa
più veloce che poté. “Demone o no
è attraverso il pozzo che si viaggia nel tempo, deve passare
per forza di lì.” Sperò davvero di
poterlo incrociare, arrivò al pozzo mangiaossa barcollando
per la fatica, la porta del tempietto era chiusa e la piazza vuota.
Aspettò sperando dovesse ancora arrivare. «Ma chi
sto prendendo in giro.» Mugolò qualche minuto
dopo, con le mani al ventre dolente per la faticata.
«Dev'essere arrivato qui quando ancora ero seduta sulla
panchina.» Ragionò fra se e se ridendo
nervosamente.
°°°
Izumi
trascorse i due giorni seguenti in assoluto silenzio, restando molto
tempo stesa sul letto o col naso affondato in qualche libro, senza
leggerlo veramente. Si sentiva talmente spenta dall'aver rinunciato al
lavoro trovato alcuni giorni prima. Spesso Masa arrivava dall'epoca
Sengoku per osservarla di nascosto per qualche minuto, la vedeva
fissare il vuoto, sospirare, aprire un libro e richiuderlo poco dopo.
Sperava che fosse lei per una volta a cercarlo e magari parlargli ma
non accadeva mai. Pensava a lungo, tutto il tempo. “Credevo
di aver mollato tutto per una valida ragione.”
Osservò il palmo della mano che aveva reagito al tocco di
Bakusaiga. “Poteri spirituali, non servono forse per
esorcizzare i demoni?” Il silenzio di quella stanza venne
scosso da un sospiro sconsolato. «Come fa una sola persona a
farmi sentire insignificante e senza speranze con una manciata di
frasi...» Izumi ripensò al demone cane,
riflettendo su tutte le cose che avrebbe potuto rispondergli,
sentendosi ridicola per non aver sostenuto la discussione come avrebbe
fatto con chiunque altro «Che mi è preso? Non
sapevo cosa dire con tutto quello che già diceva
lui!» Sbuffò girandosi di lato.
“Perché è venuto fin qua per dirmi
quelle cose? Non era sufficiente avermi rifiutato più volte
con quello sguardo disgustato che gli piace tanto
indossare?!”
Lasciò
che il flusso di pensieri la riportasse al momento esatto in cui gli
aveva parlato, per l'ennesima volta.
Quella sera era
freddo, aveva smesso di piovere da poco e l'aria era ancora
estremamente fresca. Masa stava appollaiato accanto alla finestra
rigata dalla pioggia. «Non vai a salutarla neanche
oggi?» La voce lo fece sussultare, alle sue spalle passava il
vecchio Sota portando con se una vecchia scopa. «No, non
credo abbia voglia di vedere me.» Mormorò il
ragazzo scrutando il bambù stretto attorno al bastone.
«Ma sei tu ad avere voglia di vedere lei, vieni qui quasi
tutti i giorni.» Ridacchiò spazzando via la
confusione che la pioggia aveva portato. «Non le sfugge
niente a quanto pare.» Sussurrò tornando a
guardare oltre le tende.
Izumi
era
partita alla ricerca di un'avventura, voleva vedere qualcosa che
rilucesse di splendore e che l'abbagliasse dalla grigia routine che una
qualsiasi ragazza come lei l'avrebbe attesa da lì per tutto
il resto della sua vita. Sesshomaru non era previsto, incontrare
qualcosa ritenuto ormai mitologico non era nemmeno lontanamente
immaginabile. Che fosse per la sua natura ambigua di creatura diabolica
sia animale che umana, o per la sua innata forza ed elegante bellezza
fuse assieme o per il mistero e il fascino di un portamento nobile di
tempi e luoghi ormai dimenticati, Izumi era ormai stregata dalla sua
persona. Aveva lasciato indietro ogni altro aspetto della sua vita per
rincorrerlo e per quanto s'impegnasse le sembrava di non riuscire a
guadagnare terreno fra quello che le sembrava di ottenere e quel che il
demone puntualmente le strappava via. «Non voglio abbandonare
tutto.» Aprì di scatto gli occhi e diede
un'occhiata alla scrivania. «Non c'è mai stato
nulla che mi abbia fatto impegnare così tanto.»
Disse destando l'attenzione di Buyo che si stiracchiò,
sperando in una sessione di coccole. Passò la mano sopra i
libri che aveva letto per lui, dei quali Dog Training era stato solo il
primo di una lunga serie. “Nemmeno il violino mi ha mai
motivato in questo modo.” Girò qualche pagina
gialla di un vecchio libro e l'immagine severa ma affascinante di una
sacerdotessa arricchì all'improvviso i caratteri scuri del
testo. Izumi si accigliò: quella era la causa della sua
confusione. Chiuse il libro di scatto e si volse per aprire la custodia
del proprio violino. Non c'è alcun modo in cui un'umana
qualsiasi possa farlo. Le parole di Sesshomaru non avevano mai smesso
di echeggiarle nella mente e ormai avevano assunto l'entità
di un fastidioso mal di testa. «Grazie tante per aver dato a
quest'umana qualsiasi false speranze...» Sussurrò
ripensando a come le era stata vicina il giorno di pioggia estiva,
tanto vicino da poterlo toccare e sentirne la vita scorrere nelle vene.
«Non sono un'umana qualsiasi.» Sibilò
accompagnandosi con una stecca volontaria. Le corde del violino
vibrarono di protesta e lei sgranò gli occhi. «Non
sono un'umana qualsiasi!» Sì
alzò con lo strumento e l'archetto ancora in mano,
scioccando se stessa per quel che aveva appena capito. «Era
questo che volevi dire? Credevo fossi uno che parla in modo
diretto!» Gridò, dall'altra parte della porta la
madre diede un'occhiata preoccupata al marito. «Parla da
sola.» Disse in un sussurro. «Sai che
novità.» Borbottò lui, Izumi
Sgusciò fuori un secondo dopo. «Dove vai
è già buio.» «Torno
subito.» Izumi agguantò poche cose e corse fuori,
ignorando qualsiasi altra cosa che la madre le avesse detto. La sua
piccola figura s'infilò nel tempietto e Masa la vide
sparire. «Era di fretta.» Commentò Sota.
«Non la raggiungi?» «Non è una
buona idea, ha ben altro per la testa.» «Cosa
intendi dire?» Masa osservò il vecchietto, con il
naso rosso e l'espressione ingenua. «Nulla, è
meglio che torni a casa.» «A presto
allora.» Rispose sconsolato e rimase a guardarlo avanzare
lento verso il pozzo. «Forse dovrei farlo anch'io un salto da
quelle parti.» Mormorò continuando a spazzare i
dintorni. «Così almeno capirei perché
ne escano tutti di cattivo umore.»
°°°
Era
un giorno nuovo e Izumi l'aveva passato quasi totalmente nell'epoca
Sengoku. Aveva accantonato le vesti di cameriera per qualcosa di
più originale, nonostante le proteste della madre. Anche lei
era riluttante all'abbandonare un lavoro appena trovato ma per quello
che voleva l'intero tempo a propria disposizione era appena
sufficiente.
Un'altra
freccia si conficcò a pochi centimetri dell'altra sul
bersaglio e Kagome sospirò. «Devi concentrarti
Izumi, il tuo obbiettivo non è colpire adesso.»
«Lo so.» Rispose sconsolata. «Non
è facile.» «Imparerai ma mettici
più impegno.» La vecchia miko l'incoraggiava,
sapeva bene quanto Izumi fosse determinata. «Le sacerdotesse
utilizzano in questo modo la propria energia per combattere le
entità malvagie da secoli.» Le ripeteva ripensando
a come lei stessa avesse faticato nell'usare correttamente le proprie
abilità e ai guai che causò la prima freccia che
scoccò. Nella mente di Izumi però c'era un
tornado. Tendeva l'arco e mentre mirava aveva pochi secondi per cercare
di far affluire la propria energia spirituale nella freccia. Inoltre
più Kagome le ripeteva di immaginare un demone al posto del
bersaglio più Izumi trovava difficile impegnarsi
nell'immaginare di attaccare un demone quando il suo obbiettivo era non
ferirne un altro. “Imparare ad affrontare demoni, cosa
penserai di me adesso Sesshomaru?”
Le
chiacchiere
e le risa degli abitanti di Musashi penetravano facilmente anche nel
fitto degli alberi. Su uno di questi stava appollaiato Masa, amante
delle postazioni alte, nonostante l'autunno rendesse quell'abitudine
scomoda a causa del bagnato e delle fronde spoglie. “Sembra
quasi stiano festeggiando.” Constatò ascoltando la
fusione dei suoni provenienti dal villaggio. D'un tratto fra le voci si
alzò il suono inconfondibile del violino di Izumi,
accompagnava il ritmo festoso della sera con toni allegri e freschi. Se
da un lato Masa restava lontano per evitare la presenza di Izumi
dall'altro il padre la subiva. L'espressione imbronciata di Inuyasha
però la divertiva. “Deve proprio odiare questo
suono.” Notando i ringhi sommessi del mezzo demone Izumi si
aspettava che gli potesse abbaiare contro, proprio come il cane dei
vicini, e ovviamente lo immaginò, finendo così
per ridere prepotentemente. Quando la gente cominciò a
ritirarsi anche Izumi decise di tornare a casa.
«Probabilmente mia madre sarà ancora sveglia,
apprensiva com'è.» Kagome accompagnò la
nipote al pozzo e si assicurò che la ragazza tornasse il
giorno dopo per continuare gli insegnamenti. «Questo portalo
con te.» Le disse porgendogli la divisa da miko.
«Grazie, ma è davvero necessario che lo
metta?» Izumi sorrise un po' imbarazzata. «Non che
sia brutta o scomoda ma...» «Tranquilla non
è necessario. Anch'io ho sempre preferito i miei abiti prima
di venire a vivere qui, ma portarlo con te ti ricorderà il
tuo impegno.» «Grazie Kagome. Un'altra
cosa...» Chiese prima che la donna se ne andasse.
«Anche imparare ad usare l'arco è necessario?
Voglio dire non c'è nient'altro che possa usare?»
«Non ti piace proprio, vero?» Mormorò la
vecchia miko al sorriso imbarazzato di Izumi. «Utilizzare
l'arco ti servirà per imparare a far fluire l'energia
spirituale, controllarla ed usarla come un'arma qualora fosse
necessario.» «Va bene.»
Sussurrò la ragazza che non aveva mai avuto simpatia per gli
archi che non emettessero suoni. «Comunque sia probabilmente
non te ne sei accorta ma fai già qualcosa di simile a quel
che vorresti.» Izumi rimase perplessa. «Il
violino.» La illuminò Kagome. «Quando lo
suoni un'aura leggera e pura si diffonde nell'aria, come se facessi
piovere energia pura.» La donna sorrise all'espressione
stupita della ragazza. «Quando suoni sembri riuscire ad
incantare anche tutta la foresta.» Le confidò
prima di tornare sui suoi passi verso il villaggio.
Buyo
diede
appena un'occhiata di bentornato alla padrona prima di tornare sulle
sue. “Ora capisco molte cose.” Sospirò
abbandonandosi sul letto. “Senza rendermene conto usavo i
miei poteri suonando, forse è per questo che Sesshomaru
apprezzava?” Si concesse un ghigno al pensiero ma sapeva che
era ancora ben lontana dal potersi ritenere soddisfatta.
Gli
allenamenti durarono tutto il resto della settimana prima che Izumi
riuscisse a strappare un moto di approvazione da Kagome. La ragazza non
si era più addentrata nella foresta, né aveva
provato a cercare Sesshomaru. Voleva essere completamente nuova, voleva
stupirlo, voleva contraddirlo. Le sue giornate trascorrevano quasi
sempre nell'epoca Sengoku ma nonostante questo Masa continuava ad
esulare dal villaggio. “Dovrò parlarci prima o
poi, mi dispiace che debba continuare ad evitarmi.” Izumi si
stava mettendo il kimono bianco, quei vestiti da miko che Kagome le
aveva dato e che non le erano mai piaciuti. «Hai
fatto?» Chiese la vecchia miko dall'esterno della capanna.
«Arrivo.» Quando uscì non
trovò solo Kagome ad attenderla. «Stai proprio
bene vestita così.» Le sorrise Miroku.
«Se vuoi quando Kagome avrà finito
potrò insegnarti qualcosa anch'io.» Izumi
sospirò. «Grazie, mi basta il pensiero.»
«Fammi sapere se cambi idea.» Urlò
quando Izumi fu già distante. La vecchia miko quel giorno la
portò nella foresta e le spiegò come potesse
diventare pericoloso quell'ambiente, specialmente di notte e lontano
dal villaggio. Izumi non aveva mai realmente pensato a queste cose per
tutto il tempo passato fra quegli alberi, né aveva
incontrato altri demoni all'infuori di Sesshomaru. “Mi chiedo
il perché poi. Che i miei poteri li abbiano tenuti lontani?
O qualcos'altro forse.” «Senti questa presenza
maligna?» La interruppe Kagome. La ragazza dovette attendere
qualche secondo e concentrarsi a fondo per poterla percepire.
«La sento, ma è lontana.» «Non
è lontana è solo molto debole. Dev'essere un
demone minore nelle vicinanze, ma non tutti i demoni sono una reale
minaccia per le persone. A volte si tratta di kitsune, dispettosi ma
pacifici oppure dei tanuki, gli piace ingannare le persone ma anche
loro non sono aggressivi.» Kagome continuò a farle
strada lungo sentieri e radure per tutto il pomeriggio, cercando di
affinare la capacità sensoriale della ragazza. Nel percorso
non trovarono nulla di più che tre piccoli kitsune che a
Kagome ricordarono tanto Shippo quand'era ancora un cucciolo.
La sera quando
Izumi tornò a casa trovò un ospite ad attenderla
in camera sua. «Masa.» Il mezzo demone l'aveva
aspettata seduto sul letto, assieme a Buyo. «Ti trovi bene in
quegli abiti?» Chiese intento a giocare col gatto, che non
sembrava pensarla alla stessa maniera. «Non posso lamentarmi,
il costume da oni indossato in una recita scolastica era davvero
qualcosa di peggiore.» Ironizzò posando la borsa
sulla scrivania. «Hai deciso di non evitarmi
più?» Izumi capì che quella era
un'occasione eccellente per parlargli e si promise di essere davvero
chiara. «Direi che è diventato impossibile adesso
che sei ogni giorno nel nostro villaggio.» Mormorò
stropicciando il gatto che pacifico subiva in silenzio.
«Masa.»
Cominciò, cercando si trovare il modo per essere
più delicata possibile. «Stai per dirmi che non
puoi pensare a me perché ti interessa solo
Sesshomaru?» Izumi rimase perplessa. «Lo so
già.» Avrebbe voluto dirlo lei ma in qualche modo
si sentì sollevata di non averlo dovuto fare. «Mi
dispiace Masa.» «Non fa niente.» Rispose
secco senza distogliere lo sguardo dalla parete. «Non volevo
illuderti, mi dispiace davvero.» «Ti ho detto che
non fa niente, lo sapevo già. Ricordi la notte che lo hai
confessato a Sesshomaru, io ero lì.» Sorrise
mestamente dandole un'occhiata. «Ero io a illudermi che tu
potessi cambiare idea.» Izumi si sentiva mortificata per quel
ragazzo che aveva conosciuto tanto sereno quanto sorridente e che
adesso riusciva appena a guardarla negli occhi. «Con questo
non voglio allontanarti, sei sempre il benvenuto qui...puoi venire a
mangiare il gelato ogni volta che vuoi.» Rise, cercando di
alzare un po' gli animi. Masa sorrise di risposta. «Magari un
giorno.» Izumi sapeva che quel forse poteva voler dire anche
“mai”. «Izumi.»
Continuò il mezzo demone alzandosi. «Fai
attenzione, quello dei demoni è un mondo pericoloso ed
essere sacerdotessa cambia poco.» «Lo
so.» «No, non lo sai.» Le rispose secco
rivolgendole appena uno sguardo prima di andarsene. Buyo
miagolò di protesta, perché bene o male preferiva
le attenzioni moleste di Masa che nulla, cercò ripiego nella
padrona che però rimase immobile a fissare la custodia del
violino appoggiata alla scrivania. Storse le labbra, quel che aveva nel
petto era una fitta continua. “Quanto tempo è
passato?” Si chiese prima di dare un'occhiata alla parete,
dove il calendario le dette la risposta. Da quando Sesshomaru era
comparso nella sua epoca quanto tempo era passato? “Siamo
già ai primi di Dicembre ormai.”
Realizzò. «Domani devo tornare da Kagome per altri
allenamenti, anche se ormai riesco a gestire un po' questo
potere.» Si alzò e prese il violino, rituale che
la tranquillizzava sempre, a Izumi nel profondo mancavano le ore di
inseguimenti passati alla ricerca di Sesshomaru e la soddisfazione
profonda nel trovarlo e poterlo osservare da lontano.
“L'ultima volta che l'ho visto non è stato un
momento poi così piacevole.” Aveva una profonda
voglia di vederlo, come se fosse il suo ultimo desiderio, come se non
lo avesse mai visto. «Sesshomaru.»
°°°
All'improvviso
il piccolo kappa starnutì. «Dannazione diventa
sempre più freddo e il vento sempre più
forte.» Borbottò piano stringendosi accanto al
fuoco. «Il Signor Sesshomaru non ha problemi
simili.» Jaken aggiunse un pezzo di legno fra le fiamme
piagnucolando, invidioso della pelliccia del proprio padrone.
“Anche se i giorni passano e il tempo cambia il Signor
Sesshomaru sembra sempre di cattivo umore, mi chiedo a cosa stia
pensando.”
Che
il vento
diventasse sempre più aggressivo e gelido era vero, la cima
dell'albero dove Sesshomaru s'era appostato ondeggiava obbediente alle
spire invernali. Il demone osservava le vaste estensioni della foresta
arrivare fino ai piedi delle montagne e ripensava al mondo
aldilà del pozzo. La sua prima impressione era stata la
peggiore, ciò che i suoi occhi avevano visto era pessimo,
ciò che il suo naso aveva percepito era disgustoso e
ciò che il suo udito aveva sentito era indecifrabile e
sconquassante. Da quando era tornato, attraversando l'insolito fascio
d'energia del pozzo, sentiva di apprezzare maggiormente l'epoca in cui
era nato.
°°°
«Izumi?
Izumi mi senti?» La madre della ragazza bussò
più volte prima di riuscire a destare la giovane
sacerdotessa dal torpore in cui si trovava. «Cosa
c'è?» «Dovresti dirmelo tu, sei chiusa
la dentro a suonare da ore!» Osservò l'orologio
sopra la scrivania, aveva cominciato questa mattina e si sorprese di
quanto tempo fosse passato, le sembravano pochi minuti in
realtà. Si stava esercitando spesso ormai nel far fluire
energia spirituale attraverso il violino, Kagome era soddisfatta dei
progressi di Izumi ma le lezioni sembravano non voler finire mai, erano
proseguite per settimane e la fine dell'anno s'intravedeva
all'orizzonte. «Izumi?» «Sto provando dei
pezzi.» La madre sospirò, i cambi di umore della
figlia si erano susseguiti velocemente nell'ultimo anno, con la stessa
volubilità del tempo di marzo ma la ragazza era sempre stata
mutevole e la cosa non la sorprendeva più di tanto. Si era
arresa a prenderla così com'era. «Ricordati di
mangiare, non trascurarti.» Borbottò
allontanandosi. Dal canto suo Izumi era in uno stato di equilibrio,
nemmeno lei sapeva come ma dall'entusiasmo e frenesia iniziali, mista
all'ansia dovuta alla voglia di rivedere Sesshomaru, ora si trovava nel
mezzo di una calma sottile ma densa. Che fosse dovuta alla maggior
consapevolezza di se e alla noiosa routine o che si trovasse proprio
nell'occhio del proprio personale ciclone non le era chiaro.
Che troppo tempo era passato senza vedere il demone cane era l'unica
cosa di cui era certa, talmente tanto che era terrorizzata all'idea che
l'avesse dimenticata a causa della sua mancata costanza.
Aprì il libro Dog Training, recuperato dal cestino tempo
addietro, e si crogiolò per l'ennesima volta nella foto che
lì vi conservava, la signora foto che solo lei al mondo
poteva vantare di avere: la sua foto con Sesshomaru. Se solo la vista
potesse consumare non sarebbe rimasto più niente di quel
povero fermo immagine e si chiedeva che fine avesse fatto la copia che
aveva dato a Sesshomaru. «Oh giusto, l'avevi
buttata.» Ma sorrise, l'espressione che aveva generato
nell'imperituro volto del demone era sufficientemente appagante.
°°°
La
neve aveva già cominciato a scendere e il freddo pungente
dell'aria s'insinuava nel tessuto dell'hakama della giovane
sacerdotessa. Kagome aveva preparato per Izumi uno scialle di paglia
già da tempo e guardandola vestita di tutto punto
esercitarsi con l'arco, ignorando i continui fiocchi di neve, si chiese
quale sarebbe stato il suo destino, o meglio, quando: nell'era Sengoku
o nell'era Heisei alla quale Izumi appartiene? “Sota ha fatto
domande legittime.” Ricordò Kagome. “Il
pozzo mangiaossa ha reagito ai poteri spirituali di Izumi.”
«Per oggi è meglio fermarsi, sembra che
nevicherà a lungo e sempre di più.»
«Recupero le frecce e arrivo.» Mentre Kagome la
precedeva avviandosi verso il villaggio Izumi raggiunse il bersaglio di
legno già cosparso di bianco. Sfilando le frecce
percepì qualcosa nascondersi fra gli alberi. «Un
demone.» L'idea che fosse Sesshomaru le accelerò i
battiti e una scossa di adrenalina l'accese, diede uno sguardo a Kagome
già ai bordi delle risaie e con un guizzò si
avviò verso il demone. Formò tante piccole orme
irregolari nel primo manto di neve fino a raggiungere il tappeto di
erba e foglie, protetto da un tetto di fronde, e piano
s'inoltrò fra gli alberi.
Il
fischio del vento entrò prepotente nella fitta rete della
foresta, portando con se freddo pungente e un misto di segnali. Due
fessure d'oro si schiusero, Sesshomaru aveva indagato attentamente i
suoni e gli odori ed era consapevole che Izumi era appena entrata nella
foresta. Il suo sguardo ruotò nella sua direzione e
realizzando quel che stava accadendo si mosse veloce fra i tronchi e la
penombra. “Quell'umana...non è cambiata in
fondo.” Si disse individuando metri avanti a se la propria
preda, salì sulla cima dell'albero di fianco e
osservò l'oni girarsi attorno. Sesshomaru si chiese quante
volte ancora si sarebbe prestato in quel modo, uccidendo demoni che la
giovane umana attirava immancabilmente verso di lei con la sua
indiscreta presenza, l' ingenua e dissennata sicurezza con la quale
vagava per la foresta. L'abitudine l'aveva reso schiavo, usava fare lo
stesso con Rin e ormai aveva smesso di chiedersi il perché
di molte cose. Sentì i veloci passi della giovane miko farsi
sempre più vicini, sfoderò Bakusaiga volgendo un
rapido taglio all'ignaro oni che deflagrò in mille
scintille, lasciando niente di se. Poco dopo aver rinfoderato la spada
Izumi entrò nel suo raggio visivo e la osservò
placido mentre proseguiva il suo cammino nella penombra sempre
più oscura della foresta. D'un tratto la ragazza si
fermò, guardò dietro di se e tutt'attorno.
Serrava l'arco nella mano e una freccia nell'altra, nel caso incontrasse ben altri che Sesshomaru, il quale la guardava da
lassù, a qualche albero di distanza. Izumi sembrava non
riuscire a individuarlo e questo disegnò nel volto del
demone un ghigno di scherno per il ruolo che quell'umana aveva deciso
di calzare a forza nella sua vita. Un riso forzato il suo che sentiva
più amareggiato che di derisione, un fastidio che non sapeva
decifrare. L'aspirante sacerdotessa ripose la freccia nella faretra e
sospirò, per poi sorridere timidamente. Sesshomaru
restò a guardarla, sorpreso, e un'idea s'insinuò
nella sua mente, dapprima pungente e poi feroce. Il silenzio attorno a
lui gli permetteva di sentire qualsiasi cosa, dal tenero adagiarsi
della neve sulle fronde sempreverdi, al battito cardiaco di Izumi, al
suo. Un battito che prepotente tradiva l'ambiguo sentimento di non
voler essere trovato per sentirsi al sicuro a quello di voler essere
trovato per mettere velocemente fine alla logorante apprensione.
“Questo è quello che prova una preda?”
Si sorprese a pensare, pensiero che decise di esorcizzare
immediatamente, esponendosi al proprio predatore. Gli bastò
fare un passo indietro per liberarsi del sostegno dello spesso ramo sul
quale si trovava. Scese lentamente, silenziosamente, quasi fluttuando e
senza che Izumi, che gli dava le spalle, lo notasse. La giovane aveva
chiuso gli occhi e secondo dopo secondo cercava di acuire la propria
percezione estendendola fino ai limitari della selva, individuando
tante piccole forme di vita demoniache e non. Sentì il
muoversi timido di un piccolo demone nel buio, la presenza di tanti
piccoli spiriti degli alberi e alcuni animali vagare in cerca di cibo,
finché lentamente percepì per la prima volta una
vera forza demoniaca. Era un'energia potente e fiammeggiante che seppur
contenuta riusciva a lambire da sola l'intera foresta, con una forza
selvaggia e folle che ribolliva dentro di essa, come la lava di un
vulcano o una schiera di furenti cavalli tenuti al giogo, silenziosa e
seppur echeggiante come un'ululato. Per quanto questo dovesse
terrorizzarla, Izumi sentì che qualsiasi essere possedesse
una tale forza riuscendo a dominarla e condurla doveva essere una
creatura straordinaria. Finalmente, per la prima volta, capì
il significato del pittoresco termine Grande Demone cane. Si
girò e sorrise. «Trovato.»
Kagome
osservò ancora la radura imbiancata oltre le risaie in cerca
di Izumi, se c'era una cosa che aveva capito di quella ragazza era la
natura volubile e la tendenza a buttarsi, anche senza sapere che tipo
di situazioni. Saggiò l'idea di cercarla sotto le spire
furenti della neve, che in pochi minuti aveva assunto maggiormente
l'aspetto di una tormenta, o se aspettarla ancora un po'.
“Conoscendola è andata incontro a
qualcosa, è facile catturare la sua attenzione ma con questo
tempo cosa ci potrebbe essere la fuori di interessante?”
Farsi la domanda e rispondersi fu tutt'uno, Kagome strinse il proprio
arco e si nascose sotto l'ampio cappello tornando dal bersaglio di
Izumi. “Deve aver percepito un demone ed essergli corsa
dietro, ragazza frettolosa! Non credo di essere stata così
alla sua età.” A pochi metri dai primi alberi
rallentò. “O forse sì...” La
foresta che si estendeva ai piedi della collina e fin sopra essa era
diventata impenetrabile con la discesa della notte, Kagome fece fatica
a vedere davanti a se ma fu molto semplice percepire l'immensa forza
demoniaca e si sentì sicura che avrebbe trovato anche Izumi
in quella direzione.
«Una
sacerdotessa?» Chiese Sesshomaru, cercando di trasmettere
scetticismo. Izumi sorrise sorniona. «Così almeno
non potrò più essere definita un'umana
qualsiasi.» Il demone la guardò in tralice,
indeciso se definire lo sguardo di Izumi come accusatorio o
canzonatorio. «Un umano resta sempre umano, qualsiasi sia il
vestito ch'egli porta.» Le disse in un sibilo. «Che
ne pensi di un'umana che può disintegrare un
demone con una freccia?» Sesshomaru la derise con uno sbuffo,
e osservò la sua espressione convinta e gli occhi decisi.
«L'umano...deve avere il tempo di scoccarla.»
Aggiunse con un tono più serio e minaccioso ma Izumi decise
di non lasciarsi smuovere, era stato lui a indirizzarla verso quel
ruolo, non avrebbe abboccato ad un Sesshomaru che mette in dubbio se
stesso. «E se l'avessi già scoccata da
tempo?» Sussurrò Izumi più per
l'abitudine di parlare al posto di pensare che per volerlo dire, ma
l'acuto udito di Sesshomaru non mancò di cogliere la frase e
la sua allusione. Fu allora che nell'aria si udirono i richiami di
Kagome, cercava Izumi e a gran voce. La ragazza si girò e
vide la vecchia sacerdotessa raggiungerla affannata. «Izumi!
Cosa ti è saltato in mente di entrare nella foresta da sola,
di notte?!» Le gridò contro.
«Dov'è?» Chiese mentre riprendeva fiato.
«Dov'è chi?» «Il demone! Il
demone al quale appartiene quest'energia, quello che sei venuta a
rincorrere, razza d'incosciente!» Izumi non capiva, si
girò verso Sesshomaru e solo allora notò che se
n'era già andato. «Scappato.»
Sussurrò e Kagome fece un sospiro. «Avanti,
torniamo al villaggio. Non farlo mai più, se ti succedesse
qualcosa Sota non me lo perdonerebbe mai!» Borbottava
invitando la ragazza a camminare davanti a se, cosicché
potesse tenerla d'occhio. Tutta quell'apprensione nei suoi confronti la
fece ridere di gusto, cosa che Kagome non apprezzò per
niente ma più che altro Izumi pensava al demone che di gran
fretta s'era dileguato. «Sei un maestro dello
scappare...» Soffiò fra se e se, talmente piano
che Kagome non la notò nemmeno e continuava a guidarla nel
fitto degli alberi mentre Izumi rideva e le diceva di calmarsi, quello
che ignorava era che il diretto interessato aveva sentito benissimo.
°°°
Il
giorno dopo Izumi si risvegliò nel freddo della capanna di
Kagome e vide la sacerdotessa già pronta per avviarsi
all'esterno. «Dove vai?» Le chiese assonnata.
Tra
tutti i
luoghi del villaggio la ragazza non si aspettava che qualcuno avesse la
propria tomba posta così lontano. Kagome l'aveva invitata a
seguirla fra la foschia ed il freddo pungente della mattina lungo il
sentiero che porta fin sopra la collina. Lungo il passaggio in uno
spiazzo, accoccolata fra gli alberi si ergeva una pietra nel bianco. La
vecchia sacerdotessa posò a terra la propria cesta e
pulì via la neve con cura. Le faceva uno strano effetto
vederla, essere al cospetto della famosa Rin. Si strinse nel suo manto
di paglia e osservò Kagome fare spazio fra la neve per
posare degli intrecci delicati di steli. «Perché
qui? Le altre pietre tombali sono tutte nel villaggio.» Izumi
vide la donna sorridere mestamente. «Le pietre tombali sono
solitamente vicine al villaggio perché possano essere vicini
ai loro cari ma...Rin non era cara solo a noi.» La ragazza
sentì una fitta allo stomaco e la pesante sensazione di
essere solo un peso ed un ostacolo nell'intera era Sengoku.
«Quando fu l'ora decidemmo di assecondare la natura di Rin
stessa che in vita divise il proprio affetto fra il regno umano e
quello demoniaco.» Izumi sapeva benissimo che con regno
demoniaco Kagome intendeva Sesshomaru, ricordava bene ogni parola del
racconto di Jaken da quando il demone l'aveva resuscitata con Tenseiga
a quando le aveva dato l'ultimo saluto. «Quando la pira venne
accesa Inuyasha vide il fratello Sesshomaru osservarla proprio da
questo punto.» Continuò rialzandosi faticosamente.
«Sai loro due avevano un legame speciale sin da quando lei
era una bambina così...trovammo questo luogo perfetto per
stabilire un equilibrio che permettesse alla gente del villaggio di
renderle omaggio, così come ai demoni, in maniera discreta e
silenziosa.» Kagome sospirò, come per soffiare via
il peso della malinconia del luogo e della triste storia della sua
giovane amica, per poi riprendere il cammino lungo il sentiero.
«Izumi?» La donna la vide assorta nei suoi
pensieri, immobile davanti dalla nuda pietra. «Posso rimanere
qui per un po'?» Chiese piano, come per non disturbare
nessuno. Kagome aggrottò la fronte. «L'importante
è che non sparisci all'improvviso come ieri, non cacciarti
nei guai.» Izumi notò come le raccomandazioni
della donna somigliassero a quelle che sua madre le aveva sempre
ripetuto in modo meccanico e si chiese se fossero le madri ad essere
tutte uguali o se era proprio lei ad essere così
preoccupante. Quando vide Kagome in lontananza Izumi prestò
i suoi rispetti a Rin e si accovacciò a terra, nel punto che
la donna poco prima aveva pulito dalla neve. “Non ti ho mai
conosciuta ma già so che dovevi essere speciale, ho avuto
modo di conoscere Sesshomaru e so che entrare nelle sue grazie
è un'impresa lunga e ardua, o forse è per me che
è complicato.” Izumi si guardò le
ginocchia e si chiese quanto ciò fosse opportuno o meno.
“Probabilmente sono l'ultima persona che ti aspettavi, da
un'altra epoca, totalmente un altro mondo, mai
conosciute...ma abbiamo qualcosa in comune. So che eri speciale per
Sesshomaru e che lui lo era per te perciò spero che non mi
odierai tornando nel mondo dei vivi come spirito
perseguitandomi.” D'un tratto sbarrò gli occhi che
teneva chiusi e con molta placida calma li richiuse, Izumi lo aveva
percepito, anche se si domandò quanto tempo ci aveva messo
per accorgersene. “Ti giuro che ho le migliori intenzioni e
se dovessi dare un motivo alla mia folle impresa...sono sincera: non
saprei dartelo. Istinto credo, destino forse? Tu credi nel destino Rin?
Di tutte le creature di questo mondo Sesshomaru è stata la
prima che io abbia incontrato in quest'era, la prima dopo che il pozzo
mangiaossa mi ha concesso di viaggiare lungo la trama del tempo. Non
sono una di quelle persone alle quali piace ragionare prima di fare le
cose, mi dicono spesso che sono volubile, svampita e imprevedibile
perché mi butto, mi butto e basta senza pensare. Volevo
provare qualcosa di avventuroso e vedere qualcosa di meraviglioso e ho
trovato un Grande Demone cane dagli occhi forgiati con ambra e oro da
madre natura in persona. Un momento, i demoni non possono leggere il
pensiero...giusto?” Izumi riaprì gli occhi e si
accorse per la prima volta di come la sua presenza in quel luogo
potrebbe essere molto non voluta. «So che sei
lì.» Disse nonostante ciò, leggermente
rossa in volto. «Posso dire con certezza che appari e
scompari sempre quando meno me l'aspetto.» Disse a bassa
voce, quasi per non incidere nella calma che permeava in quel luogo.
Quando si voltò lo vide proprio lì dove se lo
immaginava, impassibile, con un tono solenne nel volto.
“Vorrei spiegare al nostro amico che non sono qui per
sostituirti, Rin, né cancellarti dalla sua memoria, ma
è terrorizzato da noi umani proprio come un cane randagio.
Diffidente e timoroso d'essere tradito da chi ha dato affetto, d'essere
lasciato da solo...di nuovo.” Izumi si alzò e con
calma si diresse al villaggio, lasciando che Sesshomaru potesse avere
il suo tempo in maniera discreta e silenziosa, come Kagome le aveva
detto. «Questa volta sei tu a scappare?»
Sentì in un sussurro e si voltò di scatto, era
talmente leggero che credette di averlo immaginato, talmente piano che
si disperse nell'aria. Lo vide di schiena, alto e imperituro, sorrise e
tornò per la propria strada. «Probabile.»
°°°
Attese,
attese a lungo senza più tornare nell'era Sengoku. Trascorse
il proprio tempo impegnata, per distogliere la propria attenzione dal
pozzo mangiaossa e suonò per infinite ore. Cosa avrebbe
pensato Sesshomaru della sua assenza? Voleva smuoverlo, farlo pensare a
lei, fargli avere dei dubbi, fargli sentire la sua mancanza,
bistrattarlo dolcemente. Sentiva di aver ben poca speranza che il
demone dedicasse una piccola fetta di tempo nel pensarla ma poteva
sempre sperare, si disse. Quando finalmente si decise ad attraversare
il pozzo portò il violino con se. Dall'altra parte
trovò neve, neve ovunque: nella cavità del pozzo
e nei bordi, sopra gli alberi, a coprire la radura una distesa bianca
fino all'orizzonte e nonostante fosse pomeriggio il cielo plumbeo dava
l'idea che fosse già tarda sera . Un radicale cambiamento di
colore che la lasciò stordita ad osservare i dintorni per
diversi minuti. Volle vedere i luoghi che avevano contraddistinto i
suoi primi incontri con Sesshomaru, si chiedeva quale aspetto avessero
assunto sotto quella coltre di neve. Quando si trovò fra gli
alberi sotto i quali lo vide riposare sentì la sua energia e
si stupì di trovarlo nei paraggi, da quando aveva cominciato
a frequentare quei posti il demone tentava di eluderli.
“Sicuramente mi ha già percepito.”
Ragionò, sperando che non intendesse eclissarsi di nuovo,
come un fantasma. Si sorprese quando la sua percezione la condusse in
un luogo che riconosceva anche coperto di neve, la grotta dove l'aveva
condotta per ripararsi dalla pioggia. Quando vi s'inoltrò
sperò di dover evitare il piccolo kappa ma che addirittura
Sesshomaru oltre che solo, l'accogliesse con una pacifica espressione
d'attenzione...le sembrò quasi un tranello. «Sei
tornata.» Disse, con tono ambiguo di affermazione e
constatazione. “Cos'è, una coda che scodinzola
quella che vedo?” Si chiese Izumi sorridendogli.
“Trattandosi di Sesshomaru questo posso considerarlo un
saluto più che festoso.” Pensò gioiosa,
osservandolo seduto a terra con le spade in obliquo e la schiena
appoggiata alla roccia, la ragazza avrebbe voluto tradurre quel
“sei tornata” con un “bentornata, sono
felice di vederti” ma sospirò ritenendo che il
silenzio che susseguiva quelle parole e quegli occhi fissi su di lei,
in attesa, fossero più consoni a una traduzione come
“bentornata, fammi vedere che sei felice di
vedermi”. «Sono felice di vederti.»
L'accontentò.
Se
la vostra pazienza e costanza saranno state adeguate, presto sarete
premiati dal vostro cane che imparerà ciò che voi
volete da lui.
____________
Note: Salve! Sono
consapevole di continuare questa fanfiction dopo più di un
anno (realizzarlo mi ha destabilizzato, totalmente lol) e mi dispiace
davvero molto, ho avuto i miei motivi ma sono comunque dispiaciuto.
Spero di ultimare tutto in un breve periodo, visto che ormai non manca
molto alla fine, nel frattempo spero che questo capitolo non vi abbia
deluso e che vogliate mettermi a parti delle vostre opinioni :) vi
ringrazio in anticipo, per tutto
un saluto
Kain
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