Sweet Surrender

di Syriael
(/viewuser.php?uid=128001)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Avviso - Edit 29/06 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Titolo: Sweet Surrender

Autore: Syriael

Sommario: Un Draco che scoprirà e proverà a tenere a freno i suoi sentimenti verso la persona più improbabile, per non ferire la propria migliore amica.

Un Harry che invece dovrà fare i conti con la consapevolezza di non essere quello che aveva sempre pensato, provando stupidamente a resistere alla propria vera natura, ma che alla fine scoprirà che non può fare altro se non arrendersi dolcemente.

Questi gli elementi principali della mia primissima storia, ambientata in un ipotetico settimo anno. Voldemort ci fa ciao-ciao con la manina dall’oltretomba dove fa comunella con Ade (il suo gemello, quello di Hercules, per intenderci).

Ho messo AU perché Silente, Sirius e compagnia cantante sono vivi (perché, parliamoci chiaro, non ho mai digerito il contrario.)

Pairing: Harry/Draco

Rating: Arancione, per ora. Se sarà il caso, alzerò a Rosso.

Disclaimer: Quando un giorno i diritti della nostra adorata Rowling saranno miei (perché lo saranno *risata malefica*) farò tutto quello che voglio con loro, come per esempio fargli fare i coniglietti in ogni impensabile luogo di Hogwarts e non. Fino ad allora non li posseggo, e purtrop mi limito ad utilizzarli per le mie miserabili storie.

NdA: Arrivederci alla fine del capitolo se ci arrivat :]

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1

 

 

Due luoghi diversi.

«Io e Pansy stiamo insieme.»

Due frasi quasi uguali.

«Io e Harry stiamo insieme.»

Due reazioni uguali.

SBAM!

Due solchi nel pavimento. Di forma umana.

 

***

 

«No! Noooo! Voglio rimanere qui! Qui!»

«Eddai Ron! Smettila di fare il bambino! Harry, aiutami!»

Una folta matassa rossa spuntava da una coperta che si dimenava sul pavimento della Sala Comune. A nulla valevano i tentativi di Hermione di tirarla via per scoprire uno dei suoi due migliori amici, mentre l’Eroe del Mondo Magico, dopo aver sparato la bomba, se ne stava semplicemente appollaiato sul divano davanti al camino, cercando inutilmente di nascondere le risate che prepotentemente volevano uscire fuori.

«Lasciatemi morire su questo freddo pavimento!» Continuava a singhiozzare melodrammaticamente il suddetto migliore amico, intervallando sporadici «Al tradimento! Al tradimento!».

«Oh, andiamo Ronald!» Uh-oh. Il nome intero non era mai un buon segno. «E tu, Harry James Potter, fai qualcosa per la copert--ugh, per Ron, o ti pietrifico seduta stante!» Il cognome era catastrofe. Harry ebbe così il buon senso di decidersi ad alzarsi e dare una mano alla sua amica.

«Ron, parliamone, ti prego.» disse dopo essere finalmente riuscito a separarlo da quella che ormai stava per diventare una seconda pelle.

Un Ron impassibile si andò a sedere dove pochi minuti prima si trovava il suo migliore (ancora per poco, aveva ragione di credere) amico, con uno sguardo fisso sul camino spento, come se cercasse di farlo accendere solo con lo sguardo, tanto lo fissava intensamente.

«Non puoi farci niente, Ron.»

«Ma Harry! Harry! È… Lei è…»

«È la Parkinson. So bene chi è: è la mia ragazza.»

« Ugh!»

«Harry, uhm—Potresti evitare “Parkinson” e “ragazza” nella stessa frase, solo mentre non lo metabolizza?» Pratica come sempre, Hermione venne in aiuto al rosso, con uno sguardo si scuse misto a rimprovero tutto per Harry. Merlino solo sapeva come faceva a lanciare quelle occhiate. Prettamente Hermionesche.

Harry sospirò lentamente. Non sarebbe stato per niente facile. Lo sapeva, e per quanto non aveva sicuramente bisogno dell’approvazione di nessuno per stare con chi amava, sperava che almeno i suoi migliori amici lo avrebbero capito e appoggiato. Ok, forse appoggiato era un po’ troppo, bastava guardare il colorito verdastro di Ron.

«E va bene! Ragazzi, sapete che non ho bisogno della vostra approvazione.» Disse dando voce ai pensieri di poco prima.

«Lo sappiamo, Harry. È solo che è tutto così improvviso.» Per tutta risposta, Hermione ebbe un sorriso che sapeva tanto di scuse.

«Mi dispiace, è successo così in fretta anche a noi.»

«Ma Harry» ci riprovò Ron «è una Serpeverde!» lo aveva sputato come se avesse appena parlato del suo amichetto Aragog «E non una semplice, no! Lei è la Regina delle Serpi!» Il sopracciglio destro di Harry era svettato pericolosamente verso l’alto «È una Serpegina!» Nella sua mente, probabilmente era molto fiero del risultato a cui era arrivato.

Dopo un attimo di smarrimento, in cui sia Hermione che Harry lo avevano fissato sbattendo ripetutamente le palpebre, la benedetta ragazza decise di porre fine alla situazione, prima che Harry si rendesse davvero conto di tutto. Per Grimilde, poteva anche essere l’Eroe del Mondo Magico eccetera eccetera, ma delle volte era davvero, davvero tardo.

«Adesso basta, Ron. È la sua scelta, e noi non possiamo dirgli chi deve o non deve vedere. Solo,» disse rivolta versò Harry «dacci un po’ di tempo, va bene?»

E lui non potè fare altro che annuire. Se non altro Ron non aveva minacciato di non parlargli più fin quando non avessero scoperto quale tipo di mortale conseguenza lo scontro con Voldemort aveva portato al suo pluri-provato cervello.

«Tss! Tempo! Il tempo mi serve solo a scoprire che mortale ferita ha riportato!»

Per l’appunto.

 

***

 

«Esattamente, per tempo cosa intendeva?!» sibilò Ron stizzito e ancor più rosso del normale ad una Hermione imbarazzata. Sembrava si fossero dimenticati di fare i conti con l’indole del loro eroico amico.

L’incriminato, infatti, quella mattina si era defilato affermando di avere qualcosa di importante da fare prima di scendere a colazione. Avrebbero dovuto immaginarlo. Questa “cosa da fare” adesso era allegramente aggrappata al suo braccio sinistro, mentre i due facevano il loro ingresso trionfale in Sala Grande. Non ci sarebbe stato un silenzio tale neanche se qualcuno fosse entrato urlando che Voldemort era ri-risorto e stesse ballando in tutù nell’atrio.

Dopo essersi separati, ogni dirigendosi verso i proprio compagni, Pansy fu nuovamente investita da una cascata di domande. O meglio, di farneticazioni, da parte del suo moro amico.

«Ti rendi conto! Vi rendete conto!» era dalla sera prima che Blaise andava avanti così, alternando la seconda persona singolare alla seconda plurale, inveendo contro chissà cosa. Beh, contro chi, lo sapevano bene.

«Blaise.» Il suo tono strascicato ed annoiato, invece, non lo tradiva mai. Infatti Draco, contrariamente a quanto la Serperverde aveva immaginato, l’aveva presa piuttosto bene. Beh, bene. Non esageriamo, adesso. Diciamo che non aveva trovato molto da ridire o da protestare. Si era limitato ad un’alzata di spalle, che equivaleva a dire che per lui poteva fare quello che voleva.

«Ma ti rendi conto!» Uh. L’aggiunta del ma era sicuramente un grande passo avanti.

«È libera di stare con chi vuole.» Talmente annoiato che sembrava fare le previsioni del tempo.

«Ma… Ma…»

Così Pansy, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, decise che era il momento di finirla una volta per tutte. «Si, Blaise. E poi te l’ho dett—»

«Si! Si! VA BENE! Ma, ti prego… Zitta

La mora ghignò. Ooohssì; le parole della sera prima sarebbero state molto, molto difficili da dimenticare. Con tutto quello che poi era scaturito dal povero cervellino già martoriato di Zabini.

 

***

 

 

«Beh, tanto male non è andata… No?»

Lui le rispose con una piccola risata. «Diciamo di si.»

«Sono contenta, Potter. Sapevo che era molto importante per te dirlo ai tuoi amici, primo di renderlo pubblico.»

Harry aveva arricciato le sopracciglia quando lei aveva pronunciato il suo cognome, decidendo poi che non gli dispiaceva quando qualche ancora lo chiamava così. «Hai ragione, Parkinson. » fece bene attenzione a calcare l’ultima parola, mentre la mora ghignava in risposta «Ma è anche vero che neanche loro avrebbero potuto tenermi lontano da te.»

Il loro era sicuramente un rapporto complicato e, quasi sicuramente dall’esterno, neanche troppo credibile. Ma mentre lui la baciava, circondandola con le sue braccia forti che tanto le piacevano, Pansy pensò che poteva anche iniziare a fregarsene di quello che pensava la gente.

Specialmente dopo tutto quello che Harry aveva fatto per lei.

Salazar, avrebbe Avadakedravizzato chiunque le avesse parlato di una situazione del genere appena un anno prima!

 

***

 

«Ma lui è il nemico

«Oh, Zabini, per favore, non fare il melodrammatico!»

«Ma perché non io, o Theo, o Drac— No, no ok, Draco no.»

«Per ovvi motivi.»

«Ma… Ma…»

«Salazar, e quanto sei monotono! È successo. Punto e basta.»

«…»

«E poi, sai com’è, scopa davvero come Grimilde comanda.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Syria’s Minutes

 

Aaaaaallora! Che mi dite? :D Siete arrivate fin qui?

Per quei pochi di voi che avranno avuto il coraggio (vi ammiro, immensamente **) prima di tutto, mi prostro u.u

Secondo: me lo lasciate un commentino? Anche solo per farmi sapere che ci siete arrivati, alla fine!

Visto che è la mia prima fan fiction, siate crudeli.

Ditemi tutto quello che vi passa per la testa; ogni critica, ogni suggerimento, ogni consiglio. Dalle cose più piccole alle più grandi.

Sarei una stupida ad offendermi se qualcuno mi dicesse cosa sbaglio o che devo migliorare (che, tra l’altro, è una cosa che so benissimo anche io.)

 

Non posso che sperare che vi sia piaciuto, anche se sono ben consapevole che è solamente una sorta di prologo. Credo che aggiornerò una volta a settimana, visto che tra università, conservatorio e coro non mi è permesso altro :)

 

Un bacio, e alla prossima!

 

 

Syria

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

 

Con un’ultima spinta, Harry visitò le vette di quel posto lontano che tanto gli piaceva, prima di scendere lentamente giù, di nuovo tra noi, abbandonato sul corpo di Pansy, facendo però sempre attenzione a non pesarle troppo.

Pansy cominciò a posare leggerissimi baci prima sul collo, poi risalendo sulla mascella del ragazzo, per raggiungere quelle labbra che adesso erano semi-aperte in cerca di ossigeno. Gli ansimi di Harry dopo l’orgasmo avevano un qualcosa di particolare, una piccola sfumatura che lei non riusciva ancora a spiegare a parole, ma che gli sembrava incredibilmente dolce.

«Ehi.» sospirò Harry sulle sue labbra.

«Ehi a te.» Erano pochi i ragazzi che dopo tutto quello che avevano fatto si sentivano ancora in imbarazzo. E Harry, non avrebbe mai saputo spiegarsi il perchè, era uno di quelli. Probabilmente perché era uno stupido Grifondoro.

Un Grifondoro che si sentiva ancora imbarazzato dopo tutte le volte che avevano fatto sesso; un Grifondoro che aveva sempre negli occhi quella luce magnifica, qualunque cosa facesse; un Grifondoro che ti aiutava nonostante tu non avessi fatto altro che rendergli la vita difficile per sei anni; un Grifondoro che pensava solamente a dar piacere a te, e la sua fine non arrivava mai se prima non era sicuro che tu fossi abbastanza soddisfatta.

Stupido Grifondoro.

E la gente si chiedeva ancora cosa ci trovasse in lui. Secondo Pansy avrebbero dovuto chiedersi cosa non ci trovasse in lui; a questo, probabilmente, non avrebbe saputo rispondere.

Se non un po’ di sano, buon spirito Serpeverde. Un po’ di orgoglio ci vuole sempre, in fondo. Ma, sapete, c’erano ancora diverse cose che Harry ancora non le aveva detto.

«Ehi a voi due!» la voce di Draco arrivò, sarcastica e stizzita, da fuori la porta della stanza di Pansy, interrompendo i pensieri della ragazza. «Non potreste almeno avere la decenza di insonorizzare la stanza?!»

«Draco, tesoro, scusa!» riuscì a dire Pansy dopo che guardandosi, erano scoppiati a ridere.

«Scusa, si, scusa! Intanto siamo noi che stiamo per essere portati al reparto psichiatrico del San Mungo!»

«Eddai, Malfoy! Come la fai tragica!»

«Tragica? Io sono tragico?!» replicò l’altro piccato «Uscite immediatamente, o a Blaise verrà una crisi isterica! E tu, Potter, smettila di fare il simpatico, o ti schianto!» terminò, allontanandosi a grandi falcate, borbottando qualcosa su conigli e maledetti Grifondoro in calore.

Con un ghigno molto poco Grifondoro, Harry si alzò lentamente cominciando a rivestirsi velocemente, e mentre Pansy faceva lo stesso, le andò dietro, abbracciandola completamente.

«Sembra che io e Malfoy diventeremo ottimi amici.»

Ridendo, la ragazza si girò tra le sua braccia per dargli un bacio veloce, pensando che, si, adesso era davvero perfetto.

 

***

 

«Le loro maestà si sono decise! E ringrazia che sono il tuo migliore amico, altrimenti sai cosa potrei fare, in quanto prefetto?!» Malfoy era decisamente infastidito; non capiva perché era sempre quel maledetto Grifondoro a dover infestare il loro sotterraneo!

«Decisamente tragico, si.»

«Potter, tu… Tu…» Ehi, questo era troppo! Non riusciva neanche a sibilare bene!

Harry si avvicinò pericolosamente al biondo Serpeverde, sotto lo sguardo divertito di Pansy. Oh, era sempre un piacere vedere il suo migliore amico e il suo ragazzo andare cooosì amorevolmente d’accordo. «Geloso, Malfoy?» ghignò ad un soffio dal suo viso.

Salazar, da quando Potter era così… Così poco Potter! Dire che Malfoy era furioso era dire poco.

La sua mancanza di risposta fu salvata da mugugni incomprensibili che provenivano da un lato della Sala Comune Serpeverde, dove un Blaise accucciato, con le braccia intorno alle ginoccia, si dondolava avanti e indietro con sguardo vitreo e borbottii non di questo mondo, ancora provato da tutto quello che era stato costretto a sentire.

Per la prima volta, Draco ringraziò la sensibilità del suo moro amico, maledicendosi per quell’attimo di confusione; e, dannazione, perché non riusciva a nascondere quel maledetto rossore?

«Che ti avevo detto, Harry? Valeva la pena non insonorizzare la stanza solamente per vedere Blaise in questo stato!»

 

***

 

Quella sera, dopo un bel po’ di tempo, il Salvatore del Mondo Magico si ritrovò finalmente a passare del tempo con i suoi amici.

«Oh, sembra che la bella Serpeverde stasera abbia qualcosa di meglio da fare.» disse risentito Ron, entrando nella Sala Comune assieme a Hermione e vedendo il suo migliore amico seduto sul divano, guadagnandosi una gomitata da parte della suddetta ragazza.

«Beh, se non vi sta bene posso anche andarmene.» voleva bene a Ron più di chiunque altro, ma quando si comportava in quel modo l’avrebbe volentieri preso a pugni.

«Smettetela di fare i bambini, per una volta che passiamo del tempo insieme!» chissà cosa avrebbero fatto senza la loro Hermione, quei due. «E a quanto pare» continuò maliziosa guardando Harry «so che hanno già dato spettacolo, oggi.» concluse Hermione con un sorrisino.

Ron rabbrividì. Ancora. E ancora.

«Ehi, e a te chi l’ha detto?»

Inaspettatamente, Hermione arrossì. «Zabini…» disse con filo voce, provocando lo svettamento verso l’alto di due paia di sopracciglia, ma riprendendosi subito e cercando di sviare l’argomento con un colpo di tosse che voleva sembrare disinvolto «Era parecchio sconvolto, inoltre.»

«Da quando in qua parli con Zabini?» chiese un Ron allucinato. Lui, poveretto, non era mai stato bravo in queste cose, ma lo sguardo che Harry le rivolse le lasciò intendere che la questione “Zabini” non terminava di certo là.

«Forse da quando i nostri migliori amici stanno insieme!» replicò piccata.

«Sarà, ma io non mi avvicinerei a loro neanche se dovessero sposarsi.» Ma appena terminata la frase, si pentì e maledisse per quello che aveva pronunciato, pregando Merlino di far terminare i nuovi brividi scaturiti da quelle immagini. E possibilmente anche di far terminare le immagini stesse.

«Harry,» disse Hermione, ignorando completamente il rosso «non credi che sia arrivato il momento di darci delle spiegazioni?» terminò mentre l’altro mostrava il suo assenso facendo energicamente su e giù con la testa.

«Beh… Ragazzi, ve l’ho detto: è successo all’improvviso.» sospirò Harry, capendo che era arrivato il momento delle spiegazioni.

Probabilmente non era del tutto vero che tutto era accaduto in fretta: ci era voluto del tempo prima di abbassare completamente le proprie difese. Quando la guerra era finita, c’erano ancora tantissime cose da fare. Mangiamorte fuggiti, creature oscure in circolazione, e quegli ultimi seguaci del Signore Oscuro che ancora si divertivano a seminare il caos qua e là. E mentre Ron e Hermione cercavano di ricucire le proprie terrificanti, brucianti ferite insieme alle proprie famiglie, Harry era rimasto in quello che dopo Hogwarts era la sua casa. Grimmauld Place numero Dodici.

La maggior parte dei padri dei Serpeverde erano stati sbattuti ad Azkaban, dopo regolare processo, anche se non ce ne sarebbe stato neanche bisogno. Le madri erano riuscite a salvarsi, perché la maggior parte di loro non aveva scelta, se non quella di sottostare al volere del proprio marito, e di conseguenza del Non-Più-Tanto-Oscuro Signore. Invece i ragazzi di cui entrambi i genitori erano stati condannati, e che, naturalmente, si erano pentiti o non avevano avuto scelta, vennero ospitati al Quartier Generale dell’Ordine.

E Pansy era una di loro.

Si era ritrovata improvvisamente sola, circondata da Grifondoro e da persone che fino a pochi giorni prima aveva dovuto considerare nemici.

Probabilmente, quello che più aveva colpito Harry, all’inizio, era il fatto che lei non si era rassegnata neanche un minuto, non aveva mai lasciato trasparire niente dell’angoscia che aveva dovuto provare per la solitudine e l’angoscia di sapere i propri genitori rinchiusi in quell’orribile posto morente. Nonostante tutto, il suo spirito Serpeverde e la sua forza si erano fatti valere fin dall’inizio.

E piano, talmente piano che neanche se ne accorgessero, i mesi passarono. E loro erano insieme.

Forse era stata la possibilità di lasciarsi tutto alle spalle, forse l’euforia di poter tornare nuovamente ad Hogwarts, forse la paura di non poter essere più così vicini. Forse era semplicemente la voglia che avevano dell’altro.

Fatto sta che la notte prima della partenza per Hogwarts, nessuno avrebbe potuto disturbare due ragazzi che ne avevano passate tante per essere ancora innocenti come la loro età avrebbe voluto. Nessuno.

Come nessuno avrebbe potuto ascoltare quei sospiri trattenuti, quegli ansiti tremanti, quella luce e splendente che aveva invaso i loro occhi di ragazzi un po’ – e non per loro volontà - troppo cresciuti.

 

***

 

Era stato quasi totalmente spossante raccontare tutto ai suoi due migliori amici. Ma non poteva fare altrimenti; meritavano almeno quello, dopo che un bel giorno si era presentato davanti a loro, dopo tutto quello che avevano passato insieme, dicendo che stava con una ragazza.

Serpeverde. La Serpeverde.

Ma se Ron fosse riuscito almeno a non sibilare ogni volta che vedeva Pansy, o peggio, che li vedeva insieme, sarebbe stato un enorme passo avanti ed Harry avrebbe potuto ritenersi più che soddisfatto. Insomma, non si aspettava certo di vedere Ron conversare amabilmente con i Serpeverde, ma se riusciva a non ringhiarvi contro, allora tutto sarebbe stato possibile.

Adesso, l’unica cosa di cui aveva bisogno era Pansy, per questo si stava dirigendo verso la Sala Comune Serpeverde visto che non riusciva a trovarla da nessuna parte, sebbene la stesse cercando da quasi mezz’ora e fra un po’, vista l’ora, sarebbe dovuto tornare nella sua torre. Diciamolo, non che per Harry un semplice coprifuoco fosse una regola che teneva, visti soprattutto i trascorsi, ma ecco, voleva cercare di preservarsi da inutili punizioni, specie all’inizio dell’anno. Per quanto possibile.

Arrivato al ritratto, dovette aspettare un po’ prima dell’arrivo di un primino, che lo guardava con un misto di timore e di orrore. Ma li facevano sempre più bassi? Probabilmente si stava chiedendo cosa ci facesse un Grifondoro proprio lì. Così quando Harry gli chiese di dire che cercava Pansy Parkinson, il nanerottolo si defilò all’interno del ritratto senza dire una parola, lasciando il moro a bocca aperta per una buona manciata di minuti.

«Ehi, Sfregiato! Sono così bello da lasciarti a bocca aperta?»

Il Grifondoro, che stava ancora pensando a cosa ci fosse di sbagliato in lui, sobbalzò, preso totalmente alla sprovvista, non essendosi accorto del ragazzo che era uscito dal ritratto.

«Oh, ti piacerebbe Malfuretto!» Beh, doveva ammettere che quegli scambi di battute tra lui e il biondastro gli erano effettivamente mancati, visto che quando c’era Pansy entrambi tendevano a non oltrepassare un certo limite. E sicuramente non erano così ansiosi di passare del tempo insieme da soli.

«Se cerchi la tua donzella in pericolo, sappi che non c’è.»

«…»

«Non c’è, San Potter, non c’è!» Cielo, Pansy aveva davvero – davvero – bisogno di conoscere persone più sveglie. Come se avere Draco Malfoy per amico non fosse già una delle più grandi benedizioni che potessero capitarle!

«E dov’è?»

«Cosa vuoi che ne sappia? Ha mormorato qualcosa sulla Greengrass e su brufoli sul culo.»

Yewh.

«Va bene. Allora quando torna dille che l’aspetto nella torre Grifondoro, dopo l’accompagno io.»

«Ai tuoi ordini, Sfregiato.» ghignò il Serpeverde.

«Cazzo Malfoy,smettila! Non ho voglia di litigare!» no, non era andato lì per quello, ma in quel momento niente sarebbe stato più appagante di un pugno ben assestato su quella che Malfoy aveva il coraggio di chiamare faccia.

«Oh-oh. Il Salvatore del Mondo Magico è arrabbiato? Non sono tutti adoranti come hai sempre voluto?»

Harry non ci vide più, non sapeva neanche perché, aveva sopportato ben peggio. Fu per questo che un attimo dopo si ritrovò tra le mani il colletto della divisa del Serpeverde, mentre lo spingeva contro il muro.

«Se non ti prendo a pugni, è solamente per Pansy!» sibilò tra i denti, per quanto la rabbia gli permetteva. Malfoy trovava sempre il modo di fargli perdere le staffe, perché era un maledetto furetto con un maledetto enorme orgoglio che non sapeva mettere da parte quei maledetti anni che avevano passato a maledirsi. Maledizione!

«Allora sembra che entrambi stiamo aspettando il momento in cui ti stuferai di lei – perché sappiamo entrambi che succederà non appena troverai un’altra ragazza più in pericolo di lei – così potremo tornare ai nostri amichevoli scambi di opinione, no?.» sputò fuori Malfoy, che dal canto suo ostentava una calma che sapeva di non possedere, visto quanto forsennatamente il suo cuore continuava a martellare contro la gabbia toracica, non avendo la minima intenzione di rallentare. Si erano trovati in quella situazioni centinaia di altre volte, perché diamine quella volta doveva essere diversa?

Una furia talmente rossa da accecarlo dilagò nel petto del Grifondoro, diffondendo i suoi affamati tentacoli in tutto il suo corpo, impedendogli di vedere o sentire qualunque cosa che non fosse il proprio sangue rimbombare in modo troppo forte, quasi fosse stato contagiato da quella smaniosa furia anche lui. Fu così che Harry si ritrovò le nocche della mano destra dolorante mentre lasciava velocemente i sotterranei e un Serpeverde sanguinante ormai scivolato a terra.

 

***

 

Doveva calmarsi. Doveva calmarsi. Doveva assolutamente calmarsi.

Ormai se lo ripeteva come un mantra da mezz’ora, seduto sulla sua poltrona preferita della Sala Comune Grifondoro. Ormai anche gli ultimi ragazzi erano saliti ai dormitori. Non capiva perché quel dannato Serpeverde riusciva sempre a mandarlo totalmente fuori controllo. Fu per questo che accolse con sollievo la sua ragazza che entrava dal ritratto grazie a Seamus.

La sua espressione, invece, gli fece completamente scivolare via il sollievo che aveva provato, mentre con un gemito angosciato pensava a cosa lo aspettava per aver picchiato il suo migliore amico.

Gemito che si trasformò in un ringhio quando vide chi l’aveva accompagnata: Malfoy stava seguendo Seamus all’interno, con un dannato ghignò sprezzante.

Per evitare altre sceneggiate, decise saggiamente di ritirarsi sopra.

«Harry James Potter! Dove diamine credi di andare?!» il ragazzo in questione ebbe la spiacevole, angosciante sensazione di trovarsi davanti a un’Hermione che aveva appena scoperto che era andato a giocare a Quidditch invece di scrivere quell’interessantissimo e importantissimo tema sugli usi di una qualche radice estintasi secoli prima. Un’Hermione Serpeverde. Santo Merlino.

Pansy lo raggiunse sulle scale, iniziando ad inveire contro di lui. Inutile dire che a nulla valevano i tentativi del ragazzo di calmarla, o almeno di farle abbassare la voce, visto che la maggior parte dei ragazzi stava già dormendo.

«Fallo un’altra volta, Potter, e ti giuro che le fatture della tua adorata Piattola Rossa saranno come una Puffola Pigmea in confronto alle mie!!»

Harry, sempre contro il muro della scala che portava ai dormitori, stava per ribattere sul fatto che aveva di nuovo chiamato Ginny “Piattola” e per la trentesima volta cercava di spiegarle che non era stata completamente colpa sua, quando si bloccarono a causa di rumori sospetti che provenivano dalla Sala Comune.

Si guardarono, decidendo silenziosamente di ridiscendere a vedere.

Sembravano… No, non potevano essere. Gemiti. Per niente velati.

Con orrore, appena Harry potè vedere la fonte di quei rumori, si rese conto che non si era per niente sbagliato. Purtroppo!

Un Seamus senza maglietta gemeva forsennatamente sul divano della sua Sala Comune. Mentre – Oh Santa Grimilde – un Draco Malfoy altrettanto a torso nudo era completamente sdraiato su di lui, in quello che non sembrava certo una discussione sugli usi dell’infuso di Mandragola.

Oh cacchio.

Draco Malfoy era…?

Oh. Porco. Merlino.

 

 

 

 

 

 

 

 

Syriael’s Minutes

Ehilàààà! Ho voluto pubblicare questo capitolo oggi perché essendo le vacanze di Pasqua mi permettono una certa libertà, e poi perché volevo augurare a tutte voi una Buona Pasqua :)

Ringrazio le due anime pie che hanno aggiunto Sweet Surrender alle ricordate, e le dieci che l’hanno messa tra le seguite ** Senza tralasciare tutte quelle persone che si limitano a leggere. So che ci siete, lo vedo dal contatore delle visite :D e solamente sapere che siete lì è un grande piacere.

Cosa dire invece dei quattro angeli che hanno recensito? Woah, vi rendete conto che vi ricorderò sempre come le prime persone che in assoluto hanno recensito la mia prima storia??? ** [No, non è una minaccia, anche se potrebbe sembrarlo u.u] Ho già provveduto a rispondere alle vostre recensioni, ma volevo ringraziarvi anche un attimino qui :)

Spero solamente di non avervi delusa; le vostre parole mi hanno reso felicissima, ma mi rendo conto che era solamente un prologo, mentre adesso ci stiamo addentrando più nella vera storia, visto che non voglio tirarla troppo per le lunghe, essendo non solo la prima ff in assoluto, ma soprattutto long çç

Come dicevo, ogni recensione, mi fa camminare per ore senza appoggiare i piedi per terra, ma mi mette anche un’ansia non indifferente, visto che potrei in ogni momento farvi cambiare idea. PAURA.

 

Vabbè, visto che mi sembra di stare scrivendo un altro poema, vi lascio libere dalle mie farneticazioni, sperando che vi siate rimpinzate di cioccolata e roba varia ** Tanto alla dieta ci pensiamo da domani! xD

 

Un bacio enorme,

Syriael.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Aaaaaaallora; eccomi! Salve a tutte :)

Un po’ in ritardo, lo so, ma ho avuto problemi con il sito, anche dopo che tutto si era risolto. Vi lascio al capitolo, che per farmi perdonare è un po’ più lungo, per la vostra gioia (?) Ebbene si, ogni tanto mi illudo anche io.

 

 

 

Sweet Surrender – Capitolo 3

 

«Malfoy!» al suono di quel tuono proveniente dalle labbra del Eroe del Mondo Magico eccetera eccetera, il Grifondoro sul divano, ancora intento in quell’approfondita discussione, si alzò di scatto con aria colpevole, scaraventando il biondo Serpeverde divertito dall’altro lato del divano. «Come… Come…!»

«Sorpreso, Potter?» sputò Malfoy con un ghigno che esprimeva insieme il suo disprezzo e la rivincita che si era preso.

«Harry… Non è come sembr—» tentò di protestare debolmente Seamus, zittito immediatamente da un braccio del suo biondo compagno di dibattito, che si era orrendamente andato a posare sulle sue spalle.

«Oh, è esattamente come sembra, Seam…» disse questi, guardandolo lascivamente. Pansy ebbe l’impressione che se un giorno Draco avesse fallito come mago, aveva una brillante, splendente carriera da attore, davanti. Soprattutto di quelle cose immensamente noiose che hanno il coraggio di durare anni e anni, quelle che Harry gli aveva mostrato su quella diavoleria Babbana che mandava immagini, con suo sommo orrore.

Poteva benissimo vederlo dalla sua palpebra inferiore sinistra, che continuava a scattare pericolosamente. Avrebbe detto quasi convulsamente. Voleva davvero umiliare Harry, per arrivare a fare quello. Con un Grifondoro! Non vedeva l’ora di dirlo a Blaise!

«Lo so, Seamus. Adesso vai sopra, per favore. » Sibilò tra i denti Harry.

La Serpeverde fece un debole tentativo per cercare di farlo calmare, ma non servì a niente visto che ricevette solamente un’occhiata che non prometteva niente di buono. E sicuramente non per lei.

Chi aveva deciso che all’interno di Hogwarts non ci si poteva smaterializzare doveva aver davvero odiato i Serpeverde.

Mentre Seamus saliva di sopra con un ultimo sguardo colpevole – Harry in un certo senso lo capiva… Lasciarsi fregare così da una serpe! –, il ragazzo dai furiosi occhi verdi diede le spalle ai due che erano rimasti con lui nella Sala Comune, cercando di calmarsi. Una era preoccupata, l’altro tra il soddisfatto e l’annoiato. Il Grifondoro aveva le unghie conficcate nei palmi e le braccia strettamente ancorate ai lati del corpo, provando con tutto sé stesso a non saltare addosso a Malfoy per - possibilmente - ridurlo in fin di vita.

«Come ti permetti, bastardo!» urlò girandosi infine verso i due, soprattutto verso un Malfoy che fino a quel momento aveva avuto il suo insopportabile ghigno stampato sulle labbra.

«Harry!» quello che aveva fatto Draco – amoreggiare con un Grifondoro, nella Sala Comune Grifondoro, davanti al Grifondoro per eccellenza, quasi sicuramente solo per umiliarlo e prendersi una piccola rivincita – sicuramente non era corretto… Ma per le mutande di seta di Salazar! Erano Serpeverde, loro! Ci si poteva mai aspettare qualcosa di corretto, da un Serpeverde? E Draco rimaneva pur sempre il suo migliore amico! «Credo che dovresti prima calmarti.» Terminò duramente, anche se non quanto avrebbe voluto.

«Io calmarmi?! Quella serpe è venuta qui solamente per dimostrarmi ancora una volta il moccioso che è! Probabilmente solo per prendersi gioco di me dopo quello che gli ho fatto oggi!»

«Calma con le parole, Potter. Non credere di essere sempre il centro del mondo. L’ho fatto perché in fondo Finnigan non è proprio mal—» No, ok, questo non riusciva proprio a dirlo «Oh, e va bene! L’ho fatto solo per ripicca… Ma fino a prova contrario non sono io quello che dai sotterranei si sente fino alla Torre di Astronomia!» Aggiunse, stranamente rosso in viso, dopo aver visto lo sguardo divertito della sua migliore amica alla confessione fatta, prima di girarsi a guardare il Grifondoro negli occhi.

Ohhh si, la vendetta era maledettamente piacevole, specialmente quando il tuo nemico di sempre non riusciva a non arrossire fino alla punta delle orecchie. Colpito.

«Almeno io non salto addosso a qualsiasi cosa respiri!»

Stupido, menomato Grifondoro; come diamine si permetteva?! «Forse perché perfino agli insetti repelle quel nido che ti ritrovi in testa. E ti informo, Sfregiato, che è esattamente il contrario: è tutto ciò che respira che non può fare a meno di saltare al qui presente Draco Malfoy.» Eccolo. Gli altri due nella stanza potevano vedere il suo ego che stava quasi raggiungendo le dimensioni di un Ungaro Spinato, tanto si stava gonfiando.

Pansy stava letteralmente perdendo il controllo, incapace di fare qualcosa per farli smettere. Bambini, ecco cos’erano. Fulminò con lo sguardo i curiosi che si erano affacciati dalle scale, attirati dalle voci sempre più alte; dalle loro facce, probabilmente stavano decidendo cosa sarebbe stato più interessante: la lite tra Harry Potter e Draco Malfoy, oppure quello che la Parkinson, a giudicare dal suo sguardo velenoso, avrebbe fatto loro se non la smettevano immediatamente.

Harry fece volutamente finta di non aver sentito. «E santo Godric, Malfoy, rimettiti quella cazzo di maglia!»

Un sopracciglio biondo svettò verso l’alto. «Oh-oh… Sembra che il nostro eroe non sia molto a suo agio con questo. Qualcosa da nascondere, Sfregiato?»

«Ma… Che succede, Harry?» Un Ron mezzo addormentato ed estremamente confuso, intrufolatosi nella Sala Comune attraverso quella che ormai era divenuta una calca di gente, faceva rimbalzare gli occhi semi-aperti andando da un Harry incandescente ad un Draco Malfoy a torno nudo.

Miseriaccia, adesso si che le sue notti erano rovinate.

«Adesso basta, Draco.» Tutto successe in un attimo. Finalmente Pansy si era decisa ad intervenire, ma, evidentemente, non era stato il momento più adatto, visto che nel momento in cui l’altro Serpeverde si voltò verso di lei con un’alzata di spalle, Harry si era scagliato contro di lui, facendoli rovinare entrambi per terra.

Ci vollero diverse urla di Pansy, diversi minuti, e un provvidenziale Incantesimo Respingente – due, per la precisione. Non sia mai detto che un’arruffata Hermione non si facesse valere in quel momento lasciando tutto nelle mani di una Serpeverde – per separarli, mentre un Ron ormai completamente sveglio, con un sorriso a trentadue denti, continuava a ripetere “È il mio migliore amico! Quello è il mio migliore amico!”

 

***

 

«E, di grazia, potrei sapere cosa ci facevano la signorina Parkinson e il signor Malfoy nella Torre Grifondoro?» un Silente poco serio li guardava da dietro la scrivania del suo strano ufficio. Almeno per i due Serpeverde, che non ci erano stati molte volte, mentre Harry ormai si era abituato a tutto quello, preferendo inoltre un religioso silenzio, perché tanto già sapeva che parlare sarebbe stato inutile.

«Si, Pansy, tesoro, cosa ci facevamo lì?» le chiese Draco, seduto alla sua destra, con il più angelico dei sorrisi, sebbene il contorno violaceo ad uno degli occhi lo rendeva alquanto sinistro. Maledetto. Gliel’avrebbe pagata, oh se gliel’avrebbe pagata! Doveva solamente permettersi di avvicinarla la prossima volta che le avesse chiesto di aggiustargli i capelli di mattina.

«Ecco, in effetti noi… Precisamente…»

«Rettifico, non sono sicuro di voler conoscere la risposta.» Fu puro sollievo quello che uscì dalle labbra della Serpeverde, andandosi a confondere con gli sbuffi che da circa dieci minuti provenivano dalla bocca di Harry, alla sua sinistra.

Se c’era una cosa che avevano imparato la sera prima, era che neanche Voldemort sapeva essere spaventoso come Hermione e Pansy. Insieme. E incazzate.

E adesso, dopo una piacevolissima giornata passata chi ad ignorarsi bellamente, chi a ringhiarsi contro ogni volta che ci si incontrava nei corridoi, si trovavano tutti amichevolmente nell’ufficio del preside.

Chi aveva detto che i Grifondoro erano leali, chi??

«Bene, mi dispiace ma non posso fare altro: 30 punti in meno a ciascuno» Harry ammiccò: la sua casa era quella che ci andava meglio. « e no, Harry, solamente a te e al signor Malfoy.» E questa volta fu il turno di Pansy di ghignare verso di lui, che intanto aveva ripreso a sbuffare. «Inoltre Hagrid vi aspetta dopo cena: ha delle cosette da farvi fare, che voi, da bravi e volenterosi ragazzi quali siete, sicuramente non vorrete rifiutare. » Concluse, con un sorriso che di nascosto ormai non aveva più niente.

«Ehi, aspetti un momento, io sono il princ—» tentò di protestare il Serpeverde allarmato, ottenendo solamente una gomitata dalla sua migliore amica, prima ancora di riuscire a terminare.

Così, poco dopo, una Pansy estremamente soddisfatta, un Draco impettito e indignato, un Harry ancora muto come un Nargillo, ridiscesero le scale che portavano all’ufficio di Albus Silente, salutati allegramente dai suoi fedelissimi Gargoyle.

«Bene. Divertitevi.» Proclamò indifferente la ragazza prima di voltare le spalle ai due per andarsene.

«Ehi, Pansy, tesoro, non potremmo almeno parlare?» tentò un Harry implorante, seguendola.

«Non. Ci. Provare.» Sibilò lei per tutta risposta, guardandolo con gli occhi ridotti a fessure minuscole. Ad Harry non rimase che restare impietrito a guardare la schiena della sua ragazza che si allontanava. Avrebbe seguito il suo esempio, se solo non avesse sentito alle sue spalle una risatina derisoria. E poiché era troppo irritante per essere quella di una statua di pietra guardiana, non fu difficile capire chi ne era stato l’artefice.

«Hai qualcosa da dire, Malfuretto?» sputò sprezzante. Beh, visto che in punizione già c’erano non aveva così tanto bisogno di controllarsi, no? Tralasciando il fatto che il ragionamento faceva acqua da tutte le parti, ormai era innegabile: il Serpeverde lo mandava in bestia. Non sapeva perché, o come, o qualsiasi altra cosa ci fosse da sapere; ormai non c’era più neanche bisogno di parlare, gli prudevano le mani al solo guardarlo.

Per non parlare di quando l’aveva visto nella Sala Comune con Seamus! Rabbrividiva al solo pensiero, dannazione, e mai nella sua vita come in quel momento aveva desiderato di prendere a pugni qualcuno. E ultimamente, non è che ci pensasse tanto. Gli saltava addosso e basta.

Per le mutande di Merlino! No! Non in quel sens—

«Assolutamente niente, San Potter.»

«Perfetto.» E con un sorriso che sembrava mantenuto da un Incantesimo Fissante (che a nessuno venga in mente di dire che Harry Potter ha sempre cattive intenzioni quando c’è Draco Malfoy), gli diede le spalle cominciando a camminare.

«Sembra che stasera qualcuno non visiterà i sotterranei, mh? Che peccato!» era solo una sorta di sibilo, ma volontariamente abbastanza alto da essere sentito. Harry si bloccò sul posto, ancora di spalle - «Cosa? Adesso l’Eroe comincerà ad essere deluso perché la sua ragazza non gli dà quello che vuole?» – e, a rischio di risultare particolarmente ripetitivo, per la terza volta in due giorni si ritrovò ad un palmo dal naso del biondo, con tutta l’intenzione di non lasciarglielo più, un naso.

«Basta! Cazzo Malfoy, BASTA!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Perché? Perché non potevano semplicemente sotterrare l’ascia di guerra, come aveva fatto con la maggior parte dei Serpeverde dopo quanto successo neanche un anno prima? Ah, ecco perché: perché si trattava del dannatissimo Malfoy!

«Punto sul vivo, Sfregiato?» la calma di Malfoy non faceva altro che provocarlo di più, al punto da stringere i pugni sul colletto della sua divisa sempre più forte. Ma lui poteva vederla, oh si, quella scintilla luccicante di paura ed eccitazione in quel ghiacciaio che erano i suoi occhi. Perché era semplicemente questo l’effetto che facevano sempre, le loro lotte. Ad entrambi.

«Perché non puoi semplicemente scopare chi cazzo vuoi, lontano dai miei occhi, senza rompermi le palle?!»

Questa volta però il Serpeverde non riuscì a mantenere la sua usuale calma. «Oh lo faccio, Potter, lo faccio! Il problema è che sei un fottuto omofobo del cazzo!» il Salvatore del Mondo Magico, l’Eroe, il Bambino Sopravvissuto, non era altro che un fottuto razzista ipocrita. L’aveva visto, Draco Malfoy, il disgusto nella sua espressione, nelle sue parole. Ed era incazzato. Si, era fottutamente incazzato perché, dannazione, questo gli dava un fastidio che non sapeva spiegarsi neanche dopo averci pensato una notte intera!

«Cos— Che cazzo dici, Malfoy?!» esclamò, lasciando che lo stupore dominasse la rabbia per qualche secondo, tempo più che necessario per permettere all’altro di sgusciare via dalla sua presa.

«Oh non fare l’innocente delle palle di Merlino! Sei un’ipocrita e stai con lei solamente perché probabilmente era solo qualcun’altro da salvare, o magari perché scopate come conigli!» erano entrambi rossi e ansimanti, ma probabilmente non se ne rendevano nemmeno conto. Esistevano solo due paia di occhi, e il sangue che martellava furiosamente in ogni punto del loro corpo.

«Io amo Pansy! LA AMO! Perché non lo capisci e ci lasci in pace?!»

«Perché sembra che tu stia cercando di convincere te stesso!»

 

***

 

Quella sera, a cena, Harry non mangiò molto. Semplicemente sembrava che non riuscisse a far funzionare due cose contemporaneamente; così il suo stomaco si era letteralmente chiuso, mentre il suo cervello non faceva altro che riproporgli immagini su immagini, voci su voci.

Una in particolare. Continuava a urlare e strepitare, dopo che lui era letteralmente scappato dal suo possessore, senza dire una parola.

In quel caos che era diventato la sua testa, Harry sperò solamente che quelle due ore di punizione passassero in fretta, e che Pansy riuscisse a sbollire la rabbia il più presto possibile.

L’unica cosa che riusciva a sentire distintamente, era che gli mancava qualcosa. Ed era un fastidio pressante, a metà tra la gola e il cuore.

Così dovette sopportare le occhiatacce di Hermione, e i sorrisoni complici di Ron, che tuttavia faceva prontamente scomparire non appena la ragazza si voltava verso di lui, conscio di quello che lei avrebbe potuto fargli se solo lo beccava ad incoraggiare Harry per una simile cosa; e intanto Harry lanciava occhiate frettolose al tavolo dei Serpeverde, ma nessun segno – neanche minuscolo – che potesse permettergli di sperare in una riappacificazione con Pansy, che in quel momento stava mangiando di fronte a Zabini, ben lontana dal biondo Serpeverde che era la causa di tutti mali del Grifondoro.

Dannazione, stava diventando un’ossessione!

Decisamente stanco di tutto quello, non ci pensò neanche, prima di alzarsi risoluto dal suo tavolo per dirigersi verso la sua ragazza.

“Pansy, devo parlarti, per favore.» La Serpeverde tentò debolmente di protestare, ma una volta vista quella luce così risoluta negli di Harry, decise che non c’era niente che poteva fare, se non lasciar stare quel piatto da cui aveva spiluccato solamente qualcosina, e decidere di seguirlo fuori.

 

***

 

«Allora, ragazzi, ci siamo capiti? Non mi dovete far altro che ripulire tutto il casino che mi hanno lasciato Snaso e Schiopodi nella foresta. Sapete, a quelle creature lì dentro non ci piace mica quando scappano da qui.»

Così Hagrid li aveva salutati, andandosene bellamente a dormire. Oh, era una cosina facilissima, diceva lui. Non ci vorrà neanche un’ora, diceva lui. Era anche rilassante, diceva lui.

Una benemerita e mastodontica cippa!

Era cinque ore, cinque, che la coppia più improbabile del Mondo Magico rastrellava ogni centimetro della parte della Foresta più vicina al castello, cercando di mettervi ordine. In rigoroso e assoluto silenzio, tanto che Harry stava cominciando a dubitare di riuscire ancora a parlare. Ma non gli dispiaceva poi tanto, anche perché spesso si perdeva nella mezz’ora che aveva passato a fare pace con Pansy prima di andare a scontare quella punizione. Neanche avessero fatto un voto. O, per meglio dire, quello biondo non faceva altro che sbuffare, ma non voleva assolutamente dare all’altro la soddisfazione di lamentarsi.

Fu solo dopo un poco che, totalmente stremati, senza la forza di muovere più neanche un muscolo per ritornare al castello, si lasciarono letteralmente scivolare a terra, sdraiati su una leggera erbetta che riusciva a crescere lontana dagli sterpi in quell’angolo di foresta che dava direttamente su un meraviglioso manto di cielo scuro, dove qua e là facevano capolino dei minuscoli puntini luminosi come a dire che si, c’erano anche loro a brillare lassù. La luna donava a quel piccolo pezzetto di foresta un’aria surreale, proiettandosi sugli alti alberi incantati che la circondavano. Non sinistra, non lugubre, no. Ma forse era solo la stanchezza a farlo pensare ai due ragazzi.

«Senti…» cominciò il moro, quasi imbarazzato ma… «Mi dispiace per oggi, ok?» era pur sempre un Grifondoro. E la sua ragazza era la migliore amica del biondo che gli stava a non più di un paio di metri di distanza, ecco.

«Mh.» E lui era pur sempre un Serpeverde.

«Già.»

Ma… «Dispiace anche a me.» Solo un sussurro. La stanchezza. È la stanchezza.

Un risolino soffocato fu la risposta alle parole di Draco, che subito si girò a fulminare Harry, desiderando di poter usare una gira tempo in quello stesso istante.

«Draco Malfoy che chiede scusa a Harry Potter, eh?»

Il Serpeverde avvampò, ringraziando Merlino e Morgana per il fatto che l’altro si fosse sfilato gli occhiali, appoggiandoli sull’erba accanto a lui. Stava per ribattere qualcosa di acido, quando… Dannazione, non era assolutamente un tono di scherno. Niente battutina sarcastica, niente presa in giro, niente verità sbattuta in faccia, solo… Potter. Solo lui e la sua squallida, patetica anima Grifondoro.

«Non hai paura, così, senza occhiali, con me, in questo posto?» chiese, senza un preciso motivo, le parole masticate, ad un Harry con gli occhi chiusi.

Perché non vuoi che si addormenti.

«Dovrei, Draco?» rispose lui voltando la testa e guardando nella sua direzione. Probabilmente non sapeva neanche dov’era la sua faccia, anche se andando a tentoni nel buio e senza occhiali si era quasi avvicinato al piantargli gli occhi giusto nei suoi. Draco stava giusto per commentare questa divertente cosetta.

Ma…

Non si, non ti piacerebbe, non vai a farti fottere. Una domanda. Semplicità, calma… Fiducia?

Non Malfoy… Draco.

Un soffio impastato dalla stanchezza e dal sonno che lo stava chiamando, certo. Ma… Draco.

L’unica cosa che riuscì a fare - che potè fare -, fu distogliere lo sguardo dall’altro. Fu quasi subito che, nel silenzio immobile della radura, sentì il respiro del Grifondoro farsi più regolare e leggero. Ma solo dopo aver appurato con la coda dell’occhio che lui avesse gli occhi chiusi, si azzardò a girare di nuovo la testa nella sua direzione. Dormiva. Rivolto verso di lui, con la gamba destra diritta, mentre era piegata tanto che il piede si trovava sotto l’altra gamba, e un braccio un po’ distante dal corpo, un po’ più vicino a lui.

Quando si costrinse a fissare un’altra volta quel disco luminoso che lo scrutava dal cielo, aveva gli occhi allargati, e le sopracciglia corrucciate. Mentre ancora si chiedeva chi aveva lanciato un dannatissimo incantesimo per far martellare qualcosa dentro di lui molto, troppo velocemente.

Chiuse gli occhi, respirando profondamente.

Non erano scure pozze di giada, come le pietre che tanto piacevano a sua madre, quelle che aveva visto prima che i suoi occhi senza occhiali si chiudessero per il sonno.

Non erano misteriosi riflessi bluastri, quelli che aveva visto nei suoi capelli a causa della luce di quella maledetta luna.

Non erano maledettamente ipnotizzanti quei motivi che la tenue luce della notte dipingeva su tutto il suo corpo, andandosi ad infrangere su ogni piccolo, dolce rilievo.

E, visto che non era per quello, Draco Malfoy passò tutta la restante parte della notte a cercare di capire cosa, in quella maledetta foresta, non gli permetteva di calmarsi.

 

 

 

 

 

Syriael’s Minutes

Noticina 1: Beh, che mi dite? In realtà non è proprio come lo avevo in mente, questo capitolo; ma ho dovuto tagliare diverse parti per non farlo risultare troppo noioso e lungo. Inoltre non mi andava di dividerlo in due capitoli, doveva finire così :) Ah, penso che da adesso aggiornerò sempre di sabato, per comodità mia ma anche un po’ vostra (credo).

Noticina 2: È un po’ strano scrivere di Pansy e Harry, insieme davvero, perla mia anima Drarry convintissima çç Non so, spero solo di non fare tanto schifo, e che questi due si decidano presto a mettersi le mani addosso. Ahhh :3

Noticina 3: Come sempre, spero di non aver deluso nessuno. Vi abbraccio tutte

 

Syriael

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ahhh e questo fine settimana sembrava non arrivare mai **

E maledetti professori-senza-straccio-di-vita-sociale che mettono le prove di sabato ==

 

 

Sweet Surrender - Capitolo 4

 

 

A Draco Malfoy non piaceva Harry Potter.

Questa era la cosa principale cui era venuto a capo dopo aver passato un’intera notte a pensare, senza lontanamente avere la minima possibilità di chiudere un occhio.

No, no; e assolutamente no.

E poi, a nessun Malfoy piace qualcuno. Al massimo possono concedere parte del loro dotto e superiore interesse verso qualcuno che li adora e che ne merita l’immenso onore. E soprattutto, non agli Harry Potter. Non a un Harry Potter qualunque, che ti sorride con degli occhi che hanno un tale calore che tu non hai visto nemmeno in quelli di tua madre, come se non aveste passato sei anni ad odiarvi. Ok, tecnicamente, doveva ammettere che era stato maggiormente Draco stesso la causa del loro odio.

Dettagli, che non distolgono dal punto principale.

Era semplicemente l’avvolgente, sconosciuta novità di non vedersi rivolgere il solito sguardo di odio e di scherno, quello sguardo che non importava dove ti trovassi, la gente ti rivolgeva sempre. Perché eri un Mangiamorte, figlio di Mangiamorte. Poco importava quella che davvero era stata la tua volontà, eri e saresti sempre stato questo.

E quello stupido di Potter, con la sua stupida anima da Salvatore del Mondo Magico, ma soprattutto di Grifondoro del Cazzo, senza una parola, aveva fatto a capire a tutti voi con lo stesso destino che non era finita, che c’era ancora una speranza. E quella speranza c’era stata, con la fine della guerra.

Quella stessa speranza che Draco Malfoy aveva visto nel suo sorriso; una speranza piena di promesse e di vita.

In sintesi… Beh Grazie, Grifondoro dei miei stivali di pelle di drago, ma oltre questo non aveva più niente da dirgli.

 

***

 

Harry si svegliò poche ore dopo, mentre il sole cominciava lentamente a fare capolino all’orizzonte, arrivando a lui attraverso gli alberi che avevano vegliato il suo sonno, ma più che altro disturbato da uno strano fruscio, più o meno vicino, come di scalpiccio sull’erba. Strizzò gli occhi, abituandosi quasi subito alla luce fioca dell’alba, aiutato dal fatto che non tutta la luce del sole lo raggiungeva, lì in quella radura. Provò a muovere una gamba, ma evidentemente non fu la cosa più giusta da fare, a giudicare dal dolore che ne era subito scaturito, e che così com’era arrivato aveva dissipato gli ultimi strascichi di sonno.

Gli doleva ogni parte del corpo, a causa della posizione in cui aveva dormito, ma soprattutto del luogo. Gran bel posto per passare la notte, si disse. La sua mente era troppo occupata a cercare il modo migliore per non sentirsi un puntaspilli, che notò appena che non aveva freddo – o almeno, non quanto avrebbe dovuto dopo una notte passata nella Foresta.

La Foresta.

Mentre cercava di muoversi il più lentamente possibile per mandare via il dolore, sembrò rendersi davvero conto di dove si trovava. Aveva bisogno dei suoi occhiali; dove diamine erano?

Non ricordava perché era lì, né quando o perché aveva avuto la felice idea di addormentarsi, né perché – Ah, eccoli! Benedetti occhiali! - … Né perché il suo mantello lo coprisse così bene. Ecco perché non sentiva poi così tanto freddo.

Si alzò finalmente in piedi, spostando di lato il mantello con la fronte corrugata in un’espressione perplessa e cercando di continuare a rilassare alcuni muscoli, tra cui soprattutto quelli del collo, ruotandolo lentamente prima a destra, poi di nuovo a sinistra.

Ma certo! Si trovava lì per la punizione di Hagrid, e doveva essersi addormentato dopo che, sfinito, si era steso per terra assieme a…

Malfoy!

Di lui non c’era traccia, constatò guardandosi attorno nella piccola radura. Che bastardo! Se n’era andato a dormire nel suo comodo letto, lasciandolo da solo nella Foresta! Quello che proprio non ricordava era di essersi coperto con il mantello… Bah, probabilmente aveva avuto freddo e l’aveva fatto, e adesso non se lo ricordava neanche.

Si tastò freneticamente le tasche, preso da un’agghiacciante idea - no, per fortuna la bacchetta era al suo solito posto.

Quel furetto da strapazzo aveva deciso di giocargli un brutto tiro, lasciandolo lì per tutta la notte? Bene, ma non gli avrebbe dato nessuna soddisfazione.

Avrebbe mai potuto aspettarsi il contrario?

E intenzionato a farsi una lunghissima doccia prima di scendere a colazione si avviò deciso verso il castello, mentre proprio in quel momento, un bolide biondo vi entrava trafelato.

 

***

 

I tavoli delle quattro Case erano quasi vuoti, quando Harry scese a fare colazione. In effetti era presto, molto prima dell’orario in cui di solito si presentava le altre mattine, il più delle volte riuscendo solo ad afferrare qualche boccone prima che incominciassero le lezioni. Ma si era reso conto che provare a chiudere gli occhi per un’altra mezz’ora non sarebbe servito a niente, così aveva fatto direttamente una lunga doccia, decidendo di scendere subito nella Sala Grande.

C’era qualcosa… Qualcosa che non andava. Una sensazione all’altezza di un punto imprecisato tra lo stomaco e un po’ più su, che non voleva andarsene. E per quanto si sforzasse di analizzarla, mentre faceva colazione come probabilmente non aveva mai fatto prima e i tavoli si riempivano rapidamente, non riusciva a capirla.

Salutò distrattamente Hermione che arrivava, immersa in uno dei suoi adorati libri che dall’aspetto pesavano più di lei stessa, e Ron, pieno di domande su quella notte, visto che quando Harry era rientrato lui stava ancora dormendo. Russando, per la precisione. E rumorosamente anche.

Si riscosse effettivamente solo quando Pansy entrò nella Sala Grande, avvicinandosi al tavolo di Grifondoro, chinandosi per dargli un piccolo bacio sulla guancia, con sommo orrore di Ron, malcelato da un’enorme scodella di Merlino-Solo-Sapeva-Cosa.

Con una mezza risata Harry si voltò verso la sua ragazza. «Buongiorno» soffiò, prima di alzarsi, uscendo dalla panca dov’era seduto, per posarle un dolce bacio sulle labbra passandole le braccia intorno alla vita sottile.

«Dovresti passare la notte fuori più spesso, Potter, se questo è l’effetto.» rise Pansy con un sopracciglio alzato.

Bah, evidentemente quella sensazione sarebbe sparita, gli bastava stare con la sua ragazza. Si, sicuramente era perché voleva lei.

«Non ti ci abituare.» Oh, magari poteva abituarsi eccome. «A proposito di questa notte!» aggiunse Harry ricordandosi «Il tuo carissimo migliore amico se n’è andato senza degnarsi neanche di svegliarmi!»

La ragazza, per tutta risposta, sbuffò. «Dai non ricominciare di nuovo!» poi parve accorgersi di una cosa «Sei sicuro, Harry? Perché nemmeno Draco stanot— Oh, guarda, è lui!» esclamò, vedendo il biondo in questione che entrava attraverso il grande portone in legno, sbracciandosi per attirarne l’attenzione, facendo voltare più di qualche testa, «Draco! Draco!», mentre anche Harry, ancora abbracciato a lei, si voltava nella sua direzione.

Draco si guardò lentamente intorno, per non procurarsi altro inutile dolore. Oh no, non per capire chi l’avesse chiamato – la voce di Pansy era parecchio riconoscibile -, più che altro per capire da dove venisse la sua voce, visto che sicuramente non era il tavolo Serpeverde dal momento che lo stava guardando talmente intensamente per non vedere nient’altro intorno a lui. Speranza vana.

Quando si accorse dello spettacolo che gli si parava non molto lontano da dove si trovava, di scattò riportò gli occhi verso la sua casata, cercando di fare almeno un sorriso di saluto, prima di dirigersi a passo di marcia verso quello che ormai era il suo posto. Ma tutto quello che tentò di fare fu mascherato da una smorfia di dolore, causato dal brusco movimento che gli era malauguratamente venuto in mente di fare.

Guarda se non è sempre colpa sua.

Chiariamo una cosa, non perché Potter aveva qualche influenza su di lui; semplicemente era una precauzione. Si, una precauzione per evitare altri spiacevoli… Inconvenienti.

Dal canto loro, Harry e Pansy si guardarono perplessi. Ogni intenzione del Prescelto di dirgliene quattro per averlo lasciato lì era svanita nel momento in cui si era reso conto della difficoltà dei movimenti di Draco, come se avesse passato la notte in una posizione ancora più scomoda della sua. Ah! Probabilmente era caduto dal letto o qualcosa di simile! Beh, ben gli stava!

«Um, forse è meglio che io vada a vedere cosa succede.» disse Pansy sciogliendosi dall’abbraccio e dando un ultimo bacio al suo ragazzo, prima che questi con un sorriso d’assenso si voltasse di nuovo verso la sua tavola, accorgendosi solo in quel momento che non erano stati gli unici spettatori di quello che era successo. Metà Sala bisbigliava guardando alternativamente lui e il tavolo Serpeverde.

La bruna Serpeverde raggiunse in fretta il suo migliore amico, il quale la accolse con un gemito a metà tra il dolore provocato dai movimenti e l’angoscia per quello che sicuramente Pansy aveva in mente per lui. Così decise per un blocco in anticipo.

«No.» sibilò solamente.

«Ma io non ho dett—»

«Fa lo stesso. No, Pansy.»

«Oh e va bene!» capitolò la ragazza, accavallando le gambe. Che razza di umore da principessa! «Buongiorno anche a te, caro il mio migliore-amico-che-non-si-degna-di-dirmi-niente. Ho passato una notte tranquilla, grazie per l’interesse.» disse con una voce che più finta proprio non si poteva.

«Beata te.» borbottò Draco fra i denti, per poi bloccare sul nascere la ragazza che gli sedeva di fronte, nel momento in cui stava aprendo la bocca per parlare: «Ho detto: Niente. Domande.» e ritenendosi abbastanza soddisfatto quando lei mise il broncio, incrociando le braccia e lasciandolo libero di terminare la colazione nel più assoluto silenzio nonostante i tentativi dei due nuovi arrivati, Zabini e Nott, di intavolare una qualche conversazione.

Dieci minuti più tardi la Sala Grande cominciò a svuotarsi, ma quella mattina sembrava proprio che nulla volesse andare secondo i piani di Draco.

Con un «Vi raggiungo subito!» all’indirizzo dei suoi inseparabili amici, Harry Potter aveva deciso di dirigersi verso i Serpeverde, con l’intenzione di passare qualche minuto con la sua ragazza, prima dell’inizio delle lezioni. Magari non davanti a tutti.

Arrivato a destinazione, mise una mano sulla spalla di Pansy, che gli rivolse una sguardo sorridente. «Finito? Ti accompagno.» Poi, come accorgendosi solo in quel momento di Malfoy, che appena sentita quella dannata voce aveva alzato la testa di scatto – non senza altro dolore – gli rivolse un cenno con la testa. «Tutto bene, Malfoy?» disse, più per far piacere alla sua ragazza, ma senza riuscire a nascondere un certo sarcasmo nella sua voce.

Pansy, che visto l’umore di Draco e l’implicazione nel tono di Harry, si stava preparando ad un altro scoppio, rimase completamente sorpresa, e più che perplessa, quando il Serpeverde non fece altro che biascicare un si, munito di qualche altra scusa su un’improbabile caduta, prendendo alla svelta la sua borsa e scappando letteralmente via, come inseguito da un Ippogrifo, senza neanche degnarsi di pulire le labbra. Che, da un Malfoy, era davvero preoccupante.

 

***

 

Dopo un’intera settimana, questa era l’unica idea che le era venuta in mente: «Harry, devi parlare con Draco.»

«Cosa?!» di richieste strane ne aveva ricevute, anche da Pansy, ma perché mai lui doveva parlare con Malfoy, quando lei era la sua migliore amica?? No, per quanto si sforzasse, proprio non riusciva. Specialmente dopo che in quella settimana Malfoy sembrava essersi finalmente deciso a lasciarlo in pace.

A proposito, da quanto tempo era che non vedeva Malfoy?

«Oh andiamo, non fare quella faccia!» Ma io solo questa, ho. «Per favore…»

«Ma… Perché?» perché non poteva farlo lei? E poi perché avrebbe dovuto parlargli?

«Perché io non so più come fare.» Harry la guardò perplesso. Già, in teora era la sua migliore amica, eppure era una settimana che a malapena si scambiavano il buongiorno, per non parlare della buonanotte. Appena lei cercava di sedersi vicino a lui, parlare, fare qualunque cosa per cercare di capirci qualcosa, Malfoy non cercava nemmeno qualche scusa, si rifugiava direttamente dietro torri fatte di pergamene e libri. Sembrava una succursale della Granger! «Con me non vuole parlare.» aggiunse, come se avesse spiegato tutto.

«E, tesoro, perché, di grazia, pensi che dovrebbe parlare con me?»

«Diamine, Potter!» Uh-oh. «Ma non vedi che quando ci sei tu almeno reagisce?» Ecco, non è che volatilizzarsi era proprio una degna reazione, ma tant’è, «Quando tu chiedi qualcosa – come se quegli sputi possano considerarsi “chiedere” – almeno lui prova a borbottare delle scuse. Altamente improbabili, certo, ma pur sempre ti rivolge la parola!» Dovette fare un lungo respiro per calmarsi. «Potrebbe essere che sia arrabbiato con me, anche se non riesco a capire perché, oppure semplicemente che ti odia talmente tanto da non volersi mostrare così debole, come sembra in questi giorni…»

In effetti era così, anche se Harry non ci aveva trovato niente di strano, visti i loro trascorsi; a parte, poi, il fatto che erano circa tre giorni che non lo vedeva proprio. «Wow. Bello.» rispose comunque, con un’aria che voleva dire Grazie Tante.

«Allora? Gli parlerai?» tentò di nuovo Pansy, ignorandolo. «Ho provato già con Blaise e con Theo, ma nessuno di loro è riuscito a fargli spiccicare una parola.»

Alla fine, Harry capitolò. Poteva mai resistere a quella tristezza negli occhi della sua ragazza? Così si rassegnò a parlare a Malfoy, sebbene senza sapere esattamente cosa dirgli, e cominciò a cercarlo nel castello. Al diavolo, prima ci parlava, meglio era.

Lo trovò a pomeriggio inoltrato, quando il sole stava quasi per tramontare, nei pressi del Lago Nero. Harry lo raggiunse lentamente, e cercando di fare il minor rumore possibile. Sembrava intento a fissare qualcosa che solo lui vedeva sulle leggere increspature del lago, seduto su una grossa pietra a riva. Aveva in mano una piuma e una pergamena, ma sembrava stessero lì più per bellezza, che per la loro effettiva funzione. Harry non gli aveva mai visto quello sguardo.

«Malfoy?» lo chiamò piano.

Draco sussultò, girandosi di scatto nella direzione da cui proveniva la voce. L’ultima persona che voleva incontrare era a meno di cinque metri da lui. Harry lo vide stringere un paio di volte gli occhi, come per capire se fosse veramente lì.

«Cosa vuoi, Potter?» farfugliò raccattando le poche cose che aveva con sé «Me ne sto andando, rimani pure.»

«Devo parlarti.» la semplicità con cui gli uscirono quelle parole lo sconvolse. Per la seconda volta in un minuto – Harry non capiva perché – Draco sussultò, irrigidendo leggermente le spalle, smettendo di mettere le sue cose alla rinfusa nella borsa, ma rifiutandosi di guardare l’altro negli occhi. «Me l’ha chiesto Pansy.»

Il Serpeverde sbuffò. «Dimmi cosa vuoi e basta.»

«È preoccupata, dice che ormai quasi non vi parlate più. Pensa che tu sia arrabbiato con lei.» beh, era più facile del previsto. Se Malfoy si fosse deciso a guardarlo probabilmente sarebbe andata ancora meglio.

«Stronzate. Non ce l’ho con lei. Abbiamo finito?» Sembrava… Nervoso. E sicuramente desideroso di andare via.

Harry non si arrese, «Malfoy… Va tutto bene?», ma tutto sembrò uscire con meno durezza, meno indifferenza di quanto avesse voluto. In un certo senso era strano vedere Malfoy così, dopo tutti gli anni che aveva passato a tormentarlo, adesso a malapena gli rivolgeva la parola. Doveva ammettere che in fondo – molto, molto, molto in fondo – litigare con Malfoy era in qualche modo… Divertente. Lo faceva sentire vivo.

I pensieri di Draco, invece, erano di tutt’altra pasta. Ma che diamine, dopo tutto quello che aveva fatto per evitare quei, quella settimana, lui gli si presentava davanti e gli chiedeva se c’era qualcosa che non andava. Si che c’era qualcosa che non andava! Draco non andava!

E poi… Maledetto, Maledettissimo Merlino.

Quel tono. Di nuovo quel cazzo di tono. Di nuovo quella merda fottuta di tono.

Non c’era niente da fare, era fregato. Per la prima volta, si guardarono brevemente negli occhi, prima che Draco distogliesse di nuovo lo sguardo verso qualcosa di più interessante sulla riva del lago. Di colpo gli si sciolsero tutti i muscoli, e si lasciò scambiare un sospiro che – pensò Harry – sembrava quasi un singhiozzo.

«Potter, per favore… Non c’è niente che non va, ok? Sono solo… Ho solo bisogno di tempo.»

«Tempo? Per cosa?»

Già, per cosa? Cosa avrebbe dovuto dire ora, esattamente?

«Niente. Ho… Solo bisogno di bere qualcosa.» Oh si, ne aveva maledettamente bisogno. Prese la borsa che aveva abbandonato per terra, caricandosela in spalla, e si voltò senza una parola.

«Malfoy aspetta! Dove—»

«Non sono affari tuoi, Potter. E adesso, potresti almeno lasciarmi in pace?» e lo disse con un tono talmente stanco, così rassegnato, che a Harry non rimase che guardarlo incamminarsi sul sentiero di ghiaia, chiedendo alla sua schiena ondeggiante perché sembrasse così giu.

 

***

 

Harry non sapeva per quanto tempo era rimasto lì, semplicemente seduto sulla grossa pietra dove prima era stato Draco. Non sapeva neanche lui cosa stava facendo, o perché non se ne andava. Ormai il sole era completamente tramontato da un po’, per lasciare spazio all’oscurità, ancora più opprimente lontano dal calore familiare delle luci di Hogwarts. Ma lui sembrava non farci caso.

Si riscosse solo nel momento in cui il suo stomaco cominciò ad esprimere il proprio disappunto per non essere considerato. Doveva essere ora di cena.

Così Harry si decise ad alzarsi e ad incamminarsi verso il castello, sperando che non fosse troppo tardi per mangiare qualcosa, non prima di un’ultima occhiata al nero del Lago, quasi indistinguibile dal nero della notte. Senza sapere cosa stava cercando, probabilmente solo quello che Draco sembrava aver visto quel pomeriggio.

Nella Sala Grande erano poche le persone che ancora si erano trattenute, anche se la maggior parte aveva già finito di mangiare. Tra coloro che ancora cercavano di ficcare chissà quali quantità di cibo nel loro stomaco, Ron. Harry lo salutò con un gesto della mano, prima di sedersi affianco a lui.

«Ofe fei fdado?» lo accolse calorosamente il suo migliore amico. Ad un’occhiata stralunata di Harry, Ron ingoiò quello che sembrava essere un boccone particolarmente difficile, prima di ripetere: «Dove sei stato, Harry?! È tutto il pomeriggio che ti cerchiamo! Hermione era preoccupata.» terminò a stento, prima di gettarsi nuovamente a capofitto sul suo piatto.

Già, forse era meglio quando aveva la bocca occupata.

«Ero… Al Lago. Pansy mi ha chiesto un favore.» preferì omettere che il favore in questione era parlare con Malfoy, e che aveva passato tutta la restante parte del pomeriggio a pensare a Malfoy.

Ugh, aveva pensato a Malfoy? Il solo pensarlo lo faceva sudare freddo.

Ron sembrò accontentarsi di questo, il che diede ad Harry la possibilità di mangiare qualcosa, prima che tutto sparisse magicamente dal tavolo.

«Ehi Ron, hai visto Pansy?» i due Grifondoro si stavano adesso dirigendo verso la loro Torre, per far sapere ad Hermione che no, Harry non si era cacciato in qualche altro guaio che riguardasse Arti Oscure & Affini.

Ron fece prima una smorfia, a precisare il fatto che quella situazione ancora non gli andava del tutto giù. «No, mi dispiace, se non sbaglio non è scesa per cena, altrimenti sarebbe venuta a chiederci dov’eri.» Ad un’occhiata interrogativa del moro, poi aggiunse «Non so perché, ma non c’erano neanche Zabini e Malfoy, mentre Nott è sceso un attimo, ha dato un’occhiata al loro tavolo ed è subito scappato via.»

C’era qualcosa che non andava, e se Pansy c’entrava qualcosa, allora era meglio andare a cercarla.

«Ok, allora io vado a vedere che succede, tu dici a Hermione di non preoccuparsi.» disse facendo con la mano un movimento a mo’ di saluto, mentre si allontanava a grandi falcate verso i sotterranei.

«Sicuro, amico!» Dannato spirito Grifondoro, dannati Serpeverde, e dannato Harry Potter con la sua anima da Salvatore del Mondo Magico e di Chiunque si Trovasse in Pericolo o Simili. Il che, detto da un Grifondoro, in più migliore amico del suddetto Salvatore, era parecchio preoccupante.

Harry corse fino ai sotterranei, fino al ritratto che introduceva nella Sala Comune Serpeverde, ma dovette attendere un po’ prima che uno di loro arrivasse, entrandovi poi nonostante le occhiatacce del Serpeverde in questione. Non fece caso al vociare che si spense di colpo quando lui entrò – anche perché dopo pochi secondi, abituati com’erano ormai a vedere Potter entrare con disinvoltura nella loro Sala Comune, ripresero subito a chiacchierare fra loro – e trovò Pansy seduta nervosamente in una delle scure poltrone davanti al camino spento. Poteva benissimo dedurlo dalla sua gamba sinistra, che andava su e giù ad una velocità impressionante.

Che depressione, quella Sala.

Le si avvicinò rapidamente, attirando la sua attenzione con una mano sulla spalla. Appena lo vide, la ragazza si bloccò, per poi abbracciarlo con slancio. Avrebbe voluto anche raccontarle della sua chiacchierata con Malfoy, ma lei non gli diede tempo.

«Oh Harry, sei qui. Sapevo che saresti venuto. Ti prego, vallo a cercare!»

Eh? Chi? Cosa? «Pansy, calmati. Spiegami.» le disse semplicemente, mentre lasciava scorrere le mani sulla sua schiena, nella speranza di calmarla almeno un po’.

«Draco non è tornato, è tutto il pomeriggio che lo cerchiamo, e fra poco c’è il coprifuoco!»

«Dai, probabilmente sarà da qualche parte nel castello, l’hai detto tu che è strano in questi giorni.»

«Harry» si spazientì lei «l’abbiamo cercato ovunque, ti dico, e inoltre non ha neanche con sé la sua bacchetta!» Uh, ecco perché era così preoccupata. Magari l’aveva semplicemente lasciata lì mentre…

Ho… Solo bisogno di bere qualcosa. Non sono affari tuoi, Potter.

Con un sospiro rassegnato, Harry chiese «Ok, Pansy, dov’è che di solito andate per bere qualcosa?»

«Ti sembra il momento quest—»

«Fidati, ok?» le disse con un sorriso rassicurante «Ora vado a cercarlo, vedrai che non è successo niente.»

«Vengo anch’io.»

Harry si voltò verso la fonte di quella voce. Theodore Nott era appena entrato dal ritratto, scarmigliato e ansante, attirando l’attenzione di più di una persona.

«Non ce n’è bisogno. Vado da solo.»

«Niente da fare. Sei da dov’è lui, io devo venire.»

Harry sbuffò a metà tra l’esasperato e l’arrabbiato. Chi diamine credeva di essere? Poteva benissimo pensarci Harry da solo senza avere altri ingombri. Per fortuna Pansy venne in suo aiuto, dicendo a Nott di andare a cercare Zabini per dirgli di tornare, che ci avrebbe pensato Harry. Il Serpeverde se ne andò rosso di rabbia, ma non si diceva mai di no ad una Pansy sull’orlo di una crisi nervosa.

 

***

 

Avvolto nel suo amatissimo Mantello dell’Invisibilità e una volta uscito dai cancelli di Hogwarts, Harry si smaterializzò. Diretto ad Hogsmeade.

Non c’era stato tempo, se non volevano finire nei guai più di quanto già non fossero. Aveva detto alla sua ragazza di mandare un gufo ad Hagrid: la loro sola speranza era il suo aiuto, una volta tornati al castello. Altrimenti sarebbero stati costretti a rimanere fuori tutta la notte.

Una volta arrivato al paese, si diresse velocemente verso I Tre Manici Di Scopa, cercando di non urtare la folla presente visto che era ancora invisibile grazie al mantello.

Dopo una breve occhiata all’interno del locale, si rese conto che Malfoy non si trovava lì. L’ansia cominciò inspiegabilmente a farsi sentire lì, proprio in quel punto tra lo stomaco e il cuore con cui aveva tanto familiarizzato in quelle poche settimane. Decise di fare un giro intorno a quei tanto vicoletti che circondavano il locale, nella speranza di trovarlo lì.

Poi, delle voci.

«Suuu, non fare lo schizzinoso, principino!» in una delle stradine adiacenti, c’erano tre persone; tutte evidentemente più che un po’ brille, a giudicare da come si reggevano in piedi e le loro voci.

«Si, non sembravi così timido, prima!»

Ed Harry lo vide. Draco Malfoy appoggiato ad uno dei due ragazzi che erano con lui, che ridacchiava piano. Non poteva vederli bene a causa della poca luce, ma giudicò che dovevano essere più grandi di lui. L’ansia si sciolse, per lasciare il posto a qualcos’altro.

Stupido di un Serpeverde! loro si preoccupavano per lui, e lui cosa faceva? Se la spassava! Con due che aveva raccattato chissà dove!

Bene, non c’era da aspettarsi niente di diverso da quello lì. E dire che aveva anche passato tutto il pomeriggio a pensarci, turbato da qualcosa a cui nemmeno lui sapeva dare un nome. Ad essere sinceri, c’erano diverse cose che non sapeva nominare, negli ultimi tempi.

Perso nei suoi pensieri non aveva seguito cosa si erano detti quei tre, e arrabbiato più con sé stesso che con Malfoy – che continuava a ridere nervosamente - decise di lasciare il Serpeverde a ciò che evidentemente aveva cercato… Yewh.

Sempre protetto dal suo mantello si voltò, deciso a lasciarsi dietro tutto quello. Avrebbe inventato qualche scusa per Pansy, o magari le avrebbe detto la verità, così lei avrebbe capito che razza di amico si ritrovava.

Purtroppo però sembrava che Merlino avesse altri piani per lui. Proprio mentre stava estraendo la bacchetta per smaterializzarsi nei pressi dei cancelli di Hogwarts, registrò con la coda dell’occhio quello che stava succedendo, bloccandosi di colpo.

Uno dei due ragazzi stava trattenendo Malfoy per le braccia, rendendogli impossibile ogni movimento. Non che ne avesse avuto la forza; sembrava parecchio ubriaco, pensò Harry. Il mantello scivolò via, rendendolo visibile, ma nessuno se ne accorse. Probabilmente nemmeno Harry stesso.

«Non ha nemmeno la bacchetta, il biondino…» disse quello con le mani libere, il più grosso, la voce strascicata di un ubriaco «Non lo sai che non è prudente, per una principessina come te?» terminò avvicinandosi sempre di più a Malfoy, fino a soffiargli sul viso. Draco fece una smorfia, cercando di voltare la faccia, evidentemente per la troppa puzza.

poi, quando iniziò a divincolarsi dalla stretta, l’espressione quasi sofferente, l’armadio gli mise una sudicia mano sulla patta dei pantaloni, e contemporaneamente avvicinandosi ancora di più per annullare il poco spazio che lo separava dalla bocca di Malfoy.

Ma non ci arrivò mai.

Harry non sapeva perché, o come. Un attimo prima gli occhi di Malfoy era fissi nei suoi, inaspettatamente lucidi e quasi disperati; la rabbia si dissolse all’improvviso. Tutto quello che sentì fu un’incredibile energia, un’aura di Magia tutt’intorno a lui.

Un attimo dopo aveva Malfoy avvolto dal Mantello, rannicchiato tra le sue braccia, mentre si Smaterializzava verso Hogwarts.

 

***

 

I minuti che seguirono furono confusi. Mentre ancora si calmava, Harry ricordava solamente di aver mandato il suo Patronus ad Hagrid, e dopo un po’ già si dirigeva verso la Sala Comune dei Serpeverde, faticando per tenere entrambi coperti dal Mantello.

Draco era mezzo addormentato, si lamentava per le continue scosse. Poi ad un certo punto aveva posato una guancia sulla spalla sinistra di Harry, e subito si era calmato all’improvviso. Harry non lo guardò, non posò mai lo sguardo su di lui, sentiva solamente il bisogno di portare Draco al sicuro e andare a calmarsi da qualche parte.

L’ultima volta che quella cosa era successa… Lui era stato faccia a faccia con la Morte. Faccia a faccia con Voldemort. L’ultima volta che quella cosa era successa, erano morte persone.

Arrivato ai sotterranei non ci fu bisogno di fare qualcosa: Pansy aveva prevedibilmente lasciato il ritratto socchiuso. Entrando, la trovò che sonnecchiava sempre sulla stessa poltrona, ma appena sentì quei rumori scattò subito in piedi, come scottata, sollevata e allo stesso tempo preoccupata dalla vista di Draco, e di Harry in quello stato.

Ma il Grifondoro non disse nulla, si limitò ad appoggiare cautamente Malfoy sul grande divano della Sala, biascicando delle scuse a Pansy sul fatto che era stanco e voleva andare a dormire, promettendole che si sarebbero visti la mattina dopo, e senza neanche darle delle spiegazioni sul perché Draco fosse ubriaco – poteva sentirlo dalla puzza – e perché si agitasse così tanto. Dopodiché corse letteralmente fuori, in direzione del proprio dormitorio, affidato nuovamente alle cure del suo fidato Mantello.

Nella Sala Comune, Pansy rimase per diversi minuti a guardare Malfoy agitarsi come in preda ad un incubo, prima di accovacciarsi ai piedi del divano.

«Shhh… Va tutto bene, Draco. Ora sei al sicuro.» continuava a ripetere, accarezzandogli dolcemente la guancia non poggiata sul sedile del divano, mentre con l’altra mano cercava di togliere dal suo viso le ciocche che gli scivolavano continuamente davanti ad ogni movimento più accennato. «Perché

Aveva bisogno di dormire anche lei; era stanca, dopo tutto quel pomeriggio. Aveva convinto Blaise e Theo a tornare nel loro dormitorio, ma lei aveva preferito aspettare i due lì. Si alzò, prese dalla poltrona che prima aveva occupato lei stessa la pesante coperta con cui aveva cercato di tenersi calda, adagiandola su Draco in modo che non sentisse freddo durante la notte. Il Serpeverde sembrò calmarsi, lasciandosi andare ad un sospiro spezzato. Pansy fece per andarsene, dirigendosi verso le scale che portavano ai dormitori femminili.

«Grazie…» mormorò Draco nel suo sonno, talmente piano che la ragazza non ne fu tanto sicura, voltandosi per rispondergli.

«Non c’è neanche bisogno di dirlo, tesoro…»

«Ha… Y…»

 

***

 

Quando la mattina dopo, in preda ad un forte mal di testa, si svegliò nella Sala Comune, non ricordava distintamente cosa fosse accaduto la sera prima.

E dopo che una lunga, lunghissima doccia – aiutata da una utilissima pozione Post-Sbronza -, lo aiutò quasi completamente a dissolvere la nebbia sugli eventi, l’unica cosa di cui fu sicuro era proprio quella che aveva negato con tutta l’anima proprio una settimana prima.

A Draco Malfoy piaceva fottutamente Harry Potter.

 

 

 

 

Syriael’s Minutes

1.        Alor, che mi dite, mie balde giuovincelle? ** Lo so, probabilmente penserete che il finale me lo potevo risparmiare; solo che in questa storia me lo immagino un Draco talmente perso da mormorare quello [Oh, si, sono partita per la tangente]. E la frase finale era per richiamare quella iniziale. Siamo proprio passati da un estremo all’altro ;]

 

2.        Non vi preoccupate, non vi tedio oltre. Voglio solo ringraziare di tutto cuore, visto che la volta scorsa l’ho dimenticato *sbatte la testa contro il muro* tutte/i voi che leggete, che seguite, che preferite, che ricordate e che commentate çç [Spero di non capirmi da sola!] Mi commuovo. No, non scherzo.

 

3.        Semplicemente, un bacio ad OGNUNO/A di voi. Grazie per essere qui.

 

 

Syriael.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Avviso - Edit 29/06 ***









Edit 29/06: Ragazze, vi chiedo immensamente perdono. È stato un mese parecchio difficile.. Ora, non voglio tediarvi, dico solo che ho perso due delle persone più importanti della mia vita; mio nonno, e il mio ragazzo, sebbene in circostanze – naturalmente – molto diverse. Per questo ho deciso di prendermi una pausa dalla scrittura, non volevo che la storia ne fosse influenzata.

Vorrei solo dirvi che non ho intenzione di lasciare inconclusa la storia, anche perché i capitoli erano già quasi tutti delineati. Riprenderò a pubblicare presto, non temete. Ma ho intenzione di far finire prima questo dannato periodo di esami.

Vi chiedo solo un po’ di pazienza, e vi ringrazio per tutto quello che mi scrivete. Vi adoro, semplicemente.

Nel frattempo, mi farò perdonare con delle cosette che avevo scritto prima, e mai pubblicato. Sono piccole storie: drabbles, Flash Fiction o piccole One-Shot; ma spero comunque che possano farvi passare qualche minutino più leggero.

 

Vi abbraccio tutte, Syriael.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=699513