La spada di Atlantide

di Lilith of The Thirsty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Una figura ammantata stava ferma nella stanza di quel palazzo subacqueo.
“Ti prego, prendila con te e proteggila…” sussurrò flebilmente la voce femminile celata dentro quella cappa nera.
“Se pensi che io possa ospitare il frutto delle tue “voglie” ti sbagli di grosso!” tuonò una voce maschile irata e ferita.
L’uomo si sedette indignato sul trono del suo castello, i capelli fluenti e neri caddero composti dietro le sue spalle mentre gli occhi color ghiaccio fissavano la donna.
Era sempre stato un ripiego per lei, perché doveva aiutarla? Non lo avrebbe fatto, non dopo quello che aveva subito per colpa sua.
“Poseidone…” lo supplicò lei con voce calda e sensuale.
Perché era così maledettamente difficile resisterle? Il dio ruotò il viso verso il suo tridente e cercò di far uscire quelle parole dalla sua mente, erano troppo pericolose.
Non poteva farsi soggiogare in quella maniera, non lui che era uno dei tre nobili fratelli.
Sentii un rumore di veste slacciata, doveva essersi tolta il mantello.
Le sue iridi guizzarono verso la figura che ora si trovava di fronte alla sua persona, non riusciva più a trattenersi.
Il fisico era alto e sinuoso, i capelli color del miele scendevano candidi e ricci fino al bacino mentre i suoi occhi verdi lo fissavano teneramente.
Come al solito il cuore rimbombò nel petto perfetto del dio, non c’era modo di fermare quello che provava per Afrodite.
Poi scorse un tenero fagottino tra le braccia della donna, una copertina azzurra avvolgeva il corpo dell’infante che dormiva sereno.
La dea sorrise mestamente e provò ad avanzare verso il suo simile, doveva fare in fretta o Efesto avrebbe scoperto la sua piccola “fuga”.
“Ti ho detto di no!” sbottò irato l’uomo, prendendo tra le mani il tridente.
L’amore non si ferma certo davanti alle armi, nemmeno di fronte ad un dio; attraversa e logora ogni cosa con la stessa potenza e golosità. Poseidone non poteva scappare.
Afrodite si arrestò, non aveva paura del suo compagno ma lo osservava ammaliata. Quel fisico perfetto le ricordava la notte proibita in cui mai avrebbe pensato di cadere vittima dei suoi stessi lacci.
“Poseidone io non sarei venuta…”
“Certo certo, dì pure quello che vuoi tanto io per te non sono altro che…”
“TACI!” tuonò Afrodite, spandendo una collera disumana per il palazzo della divinità del mare.
Immediatamente attenuò il suo potere per rivolgere la sua attenzione alla creatura che riposava tra le sue braccia, dormiva ancora.
Sospirò di sollievo e poi si rivolse all’uomo con decisione.
“Devi tenerla al sicuro tu perché io non posso farlo…”
“Non spreco tempo per cose simili!”
“Tu non capisci vero? Se io sono qui, è solo per un motivo…”
Il dio guardò con curiosità la dea e cominciò a capire la verità dietro quelle parole.
“Quello che tengo stretto a me è frutto di una mia e una tua colpa…”
Poseidone bloccò di colpo il respiro, non aveva mai dimenticato quella notte ma non avrebbe mai creduto possibile un evento simile.
Afrodite si avvicinò al suo simile sorridendo mentre l’uomo non riusciva più a pronunciare una parola.
“Lei è tua figlia, la nostra bambina… Celeste…”. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


“SVEGLIA!!!!” urlò una voce familiare nelle mie povere orecchie.
“Cinque minuti mamma…” bisbigliai con voce assonnata mentre mi rintanavo sotto le coperte.
“Se fossi tua mamma ti avrei tirata giù a calci già da un pezzo!” sospirò la mia migliore amica mentre apriva le tende e mi sfilava via le coperte.
“Mmmmm…”
“Se invece di lamentarti come una mucca ti vestissi sarei molto più felice!” disse mentre mi dava dei piccoli colpetti sulle guance.
“Se faccio tardi alla gara di nuoto non te la perdono Astarte!”
“Non usare il mio secondo nome Debby!” dissi mentre mi mettevo a sedere sul letto e la trucidavo con lo sguardo.
Lei rise e andò a prendermi i vestiti. Quando misi a fuoco bene la stanza la fissai allibita, indossava una minigonna a fiori e una maglietta senza maniche bianca. I suoi capelli neri erano raccolti in un composto chignon mentre un leggero trucco le risaltava le iridi verdi.
“Ma dove diavolo l’hai presa quella gonna?” chiesi mentre ritornava verso di me con i miei abiti.
“Carina vero? Me l’ha mandata mio papà!” disse allegra mentre mi appoggiava in grembo una maglietta azzurra e dei pantaloni corti neri.
“Come va la gamba?” mi domandò, gettando uno sguardo verso il mio piede.
“Beh, per ora è ancora attaccata al corpo! Ma questa notte saltellava per la stanza!”
“Scema!” dichiarò correndo a prendermi le stampelle.
Guardai la fasciatura che stringeva la mia gamba destra, mi ero fatta male proprio due giorni fa nuotando.
Il medico aveva detto alla professoressa che non era nulla di grave, per il troppo sforzo avevo provocato una contrattura muscolare all’arto inferiore e dovevo tenerlo a riposo per sette giorni.
E così mi ritrovavo ad usare le stampelle e ad essere assistita da Debby costantemente, non mi perdeva mai di vista.
Mi cambiai alla svelta stando attenta a non sforzare il muscolo e mi misi in piedi con l’aiuto delle stampelle. La mia migliore amica mi raccolse i capelli nella mia consueta coda di cavallo davanti allo specchio. I miei occhi azzurri brillavano come sempre anche se sentivo il dolore che cominciava a risvegliarsi.
“Allora, andiamo a fare colazione che muoio di fame!” disse allegra Debby mentre apriva la porta della nostra stanza e io uscivo in corridoio.
“Allora dopo mangiato andiamo dritte alla piscina e ci prendiamo i posti migliori! E poi guardiamo quegli splendidi ragazzi che sfilano in costume!” disse Debby sognante.
“Quegli splendidi ragazzi che sfilano in costume si chiamano nuotatori Deb, occhio alla bava!”
“E io me ne prenderò uno o due, dipende!”
“Si certo… Tu e la tua minigonna! Poveretti!”
Lei piroettò al mio fianco e mi condusse nella sala grande con tutti gli altri ragazzi e facemmo colazione.
Il collegio dove mi avevano mandato non era male, tutto era ordinato e perfetto. Finimmo di mangiare e ci avviammo verso il parco all’esterno della scuola.
“Deb non così veloce, non riesco a starti dietro!” gridai mentre lei mi faceva segno di camminare come potevo.
Andava a prendere i posti nell’edificio dove si trovava la piscina. Sospirai e arrancai con le stampelle fino all’interno della costruzione in mattoni rossi. Era sempre meravigliosa, grandi vetrate facevano filtrare la luce naturale del sole mentre il colore armonizzava la struttura con la natura circostante.
“Celeste!” esclamò una voce familiare alle mie spalle.
Mi voltai e arrossii. Un uomo alto e slanciato si avvicinava a me sorridendo.
I capelli corti color oro splendevano alla luce del sole mentre i suoi occhi neri mi osservavano preoccupati attraverso gli occhiali da vista. Alcune rughe solcavano il suo viso ma non lo rovinavano, gli davano un alone di mistero e di autorità.
Una camicia color blu lasciava scoperte le braccia abbastanza muscolose e faceva spiccare il colore abbronzato della sua pelle.
“Come stai Celeste? Ho sentito solo ieri del tuo incidente dalla professoressa… Mi dispiace che quest’anno tu non possa gareggiare!” disse serio mentre mi guardava stare sulle stampelle.
“Professor Casanova non si preoccupi ora sto meglio! Sono una ragazza forte!” sorrisi all’uomo che mi stava di fronte.
“Lo so, signorina Rigey! Mi raccomando stia attenta la prossima volta, altrimenti sarò costretto a promuovere la signorina Malombra a capo infermiera!” scherzò mentre mi accarezzava i capelli castani.
Le mie guance si infiammarono mentre mi salutava per andare a parlare con la docente di ginnastica. Mi avviai felice verso gli spalti, il mio cuore martellava furioso dentro il mio petto mentre mi sedevo a fatica vicino alla mia amica.
“Professore Casanova mi vuole sposare?”
“Debby! Abbassa la voce!”
“Ma si vede lontano un miglio che sei cotta di Achille! Ma la tua mammina ti proibisce di provare anche solo a pensare ad un uomo così vecchio! Ha cinquant’anni potrebbe essere tuo padre Celeste!”
“Ma per me è come un padre, Deb! E’ sempre così gentile…”
“E anche stronzo!”
“Debora!”
“Scusa ma è vero! Sia nei compiti che nelle interrogazioni! Non provare a difenderlo solo perché lo adori, ho capito che ti piace la sua materia e che sei la sua preferita!”
“N-non è vero!”
“Tesoro, sei l’unica che chiama per nome in tutta la classe!”
“F-forse un pochino… Ma perché siamo finite a parlare di lui?!?!?”
“Per la tua faccia da pesce lesso! Sembri un cagnolino ogni volta che lo vedi! E’ ora di provare a controllare chi ti sta intorno sorellina! Mmmmm… Ah trovato!” disse Debby indicando un ragazzo poco distante dal bordo della piscina.
Forse questa volta la mia migliore amica ci aveva azzeccato.  

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Il suo fisico era alto e slanciato, indossava solo un costume da nuoto nero. La pelle abbronzata faceva risaltare i capelli rossi come il fuoco mentre due occhi verdi scrutavano dolcemente l’acqua davanti a sé.
Non l’avevo mai visto nel nostro collegio quindi doveva essere nuovo, si mosse verso i blocchi di partenza quando l’altoparlante chiamò i nuotatori al punto di raccolta.
Lo fissai per tutto il tempo: il torace scolpito, le spalle larghe e i muscoli perfetti erano semplicemente divini.
Avrei voluto tanto voluto trasformarmi in acqua in quel momento per essere aggredita da quelle forti braccia e sentire il calore della sua pelle espandersi dentro di me.
Arrossii immediatamente a quel pensiero mentre la mia migliore amica ridacchiava e canticchiava la marcia nuziale.
“Debby ti prego!”
“Non ho mai visto quello studente, deve essere nuovo!  Forse è arrivato ieri!” esclamò la mia amica sporgendosi per guardare gli atleti che si allineavano ai blocchi di partenza.
La professoressa annunciò i nomi dei concorrenti fino ad arrivare a colui che mi interessava mentre Debora cominciava a mangiare la sua barretta ai cereali.
“Lui è Alexander Red! Si è appena trasferito nel nostro collegio e abbiamo voluto inserirlo in questa competizione per presentarvelo. Accoglietelo come si deve!” gracchiò l’altoparlante della piscina.
Un boato femminile fece scuotere l’edificio mentre la mia migliore amica si strangolava con la barretta che le era andata di traverso e io tentavo di farla respirare.
“Non si può dire che tu non abbia concorrenti!” sbottò con voce roca dando un’occhiataccia alle oche, che si trovavano dietro di noi, che le avevano fatto prendere un colpo.
Sorrisi mentre ritornavo a guardare i nuotatori che, proprio in quell’istante, si tuffavano nel liquido azzurro attaccandolo.
I miei occhi erano incollati magneticamente al nuovo arrivato che non sembrava subire alcuna fatica e, prima che mi riprendessi da quella visione, la professoressa urlò il nome di Alexander per tutta la piscina.
“Ha vinto Celeste!” esultò la mia amica stritolandomi il braccio “Devi andare assolutamente da lui a congratularti!”
“Sì, certo!” risposi sarcastica “Sarà felicissimo di ricevere dei complimenti da una sconosciuta mezza azzoppata!”
Debora rise di gusto mentre io mi alzavo e scendevo piano gli scalini per andare in bagno, continuavo a vedere un sacco di persone intorno al nuovo studente e mi allontanai in fretta.
“Ah, Celeste come stai?” mi chiese una voce intrisa di miele alle mie spalle facendomi sobbalzare.
“Tutto bene Siren, grazie!” risposi con voce tirata mentre mi voltavo a salutare la mia rivale.
Era una ragazza alta e snella, i capelli color miele scendevano ricci fino alle spalle mentre iridi nere mi scrutavano con freddezza.
Dal primo giorno in cui i nostri occhi si erano incrociati mi aveva odiato, lo percepivo sulla mia pelle che non le piacevo e cercavo sempre di starle alla larga.
“Un vero peccato che quest’anno tu non possa gareggiare! Ma tranquilla ci sono io, batterò il tuo record e mi prenderò anche quel ragazzo!” esclamò sorridendomi gelidamente.
“Buona fortuna!” mormorai con astio e mi allontanai il più possibile dalla piscina.
Ero frustrata e arrabbiata, questo incidente alla gamba era avvenuto nel periodo peggiore e come se non bastasse Alexander sarebbe caduto ai piedi di quella smorfiosa di Siren.
Fuori l’aria calda mi avvolgeva il corpo come una pellicola protettiva mentre le stampelle mi sostenevano nella mia marcia poco dignitosa.
“Celeste!” esclamò una voce familiare affaticata.
Guardai alla mia destra e vidi Jack correre verso di me con un sorriso sulle labbra che mi contagiò. Buttai in aria le stampelle mentre lui mi prendeva per la vita e mi faceva roteare sopra di lui ridendo come un matto e invocando il mio nome.
“Jack!” esclamai sollevata abbracciandolo quando mi rimise per terra, se c’era una cosa di cui ero sicura era che lui non sarebbe mai caduto tra le braccia di Siren e sarebbe sempre rimasto con me.
“Allora come sta la mia zoppa preferita?”
“Beh, direi bene adesso! Ma tu non dovevi rimanere a casa per tutto il periodo estivo?”
“Cambio di programma! I miei partono per andare in crociera e io invece rimango qui con te! Contenta sorellina?”
“Sì!” esclamai saltandogli al collo mentre lo stritolavo in un abbraccio senza fine.
Jack era un anno più grande di me e Debora ma eravamo diventati subito amici e io mi ero guadagnata l'appellativo di "sorellina".
Siren aveva provato ad allontanarlo da me ma non ci era riuscita e così era entrato a far parte del nostro gruppetto per “proteggermi” da quella sanguisuga (come lui l’aveva definita).
Passai tutto il pomeriggio in sua compagnia lontana dalla piscina e a cena ci riunimmo al nostro tavolo insieme a Debora che ci aveva raggiunti.
Fu una serata divertente e rilassante, tornai in camera insieme alla mia migliore amica e mi addormentai immediatamente.
Non sapevo che la mia vita sarebbe cambiata proprio quella notte. 

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