Play with the fire ... again

di JoAngel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Escape from the cage ... ***
Capitolo 2: *** The meeting with the good ... ***
Capitolo 3: *** A new enemy ... ***



Capitolo 1
*** Escape from the cage ... ***


Capitolo 1

 

“Caro diario … Okei, neanche io so perché sto scrivendo un diario ma, nella vita si fanno delle cose che neanche tu ti saresti aspettato potessi fare. Ma tornando a noi …

Caro diario, è da un po’ a dir la verità che volevo iniziarti. Ti ho buttato nel cassetto dopo che Meg, per farmi passare per una bambina, ti ha regalato a me, ma solo ora creo di aver capito quanto tu mi possa servire.

Beh diciamo … Come posso iniziare? …”

Scrisse seduta alla sua scrivania, ma poi si alzò e si sdraiò a pancia in giù sul letto.

 “ … Allora, prima di tutto non riesco più a sopportare quell’arpia di mia madre. E’ … è insopportabile!”.

Si picchiettò il labbro con la penna e poi tirò una linea sull’ultima parola scritta.

“Mmmh … no, ho già scritto che non riesco più a sopportarla …” pensò guardando il foglio un po’ scarabocchiato.

“Ecco … ha un carattere impossibile! Sembra una maestrina. Eppure papà dice che è normale ed è sempre la stessa … Bah … per me è successo qualcosa e lui non sa nulla. Però son solo supposizioni.

Voglio andarmene, diario, da qui. Voglio vivere come una sedicenne normale, non … non come la principessa dell’Inferno. E’ … è snervante. Beh … aspetta … io non faccio nulla ma … mi sento sola. A parte zio Crowley: mi fa troppo scassare, è un grande anche se a mamma non va ancora a genio. Poi c’è Meg, okei quella la odio pure io. Crede di essere miss perfezione quando è sola una … Vabbè lasciamo perdere. Mmmmh altri?  Si Alaistar, che è proprio uno …”

Ridacchiò tra sé e sé pensando a ciò che le faceva fare il demone alle anime.

“Però voglio cambiare aria ora. Ormai sono grande e abbastanza furba da arrangiarmi da sola senza l’aiuto di nessuno. E soprattutto, senza che mia madre mi stia con fiato sul collo per ogni cosa che faccia.

Dici che sono esagerata? Invece è così. Non mi permette neanche di visitare il mondo umano quando lei se ne va e viene come le pare e piace.

Basta, ho deciso. Stasera lo farò. Nessuno mi bloccherà. Ormai è tutto calcolato. Se  non capita qualcosa fuori programma, finalmente riuscirò a farlo.”

Scrisse infine, prima di chiudere il piccolo diario e metterlo via nel suo solito posto. Si stiracchiò e poi si diede un occhiata allo specchio. Poi uscì dalla sua stanza e si diresse sotto il suo albero. Si appoggiò alla corteccia e chiuse gli occhi.

“Come mai qui, piccola Allison?” domandò una voce.

Lei schiuse gli occhi e fece un sorriso. “Ciao Crow. Mi annoiavo, dato che non posso fare nulla.” rispose lei sbuffando.

“Nulla? Ti sbagli invece, ci sono tante cose che puoi fare.” ammise lui incrociando le braccia sul petto.

“Quali per esempio?” chiese lei incuriosita mettendolo alla prova.

“Beh … puoi …” cominciò a rispondere lui pensando. Allison fece una faccia come per dire “Cosa avevo detto …” e lo guardò sospirando.

“Va bene, ritiro tutto.” disse lui non sapendo come soddisfare la curiosità dell’adolescente.

“Vedi? E’ un mortoio …. Io … io vorrei soltanto vivere come una ragazza della mia età e non … non così.” Disse lei chiudendosi a riccio e poggiando il mento sulle ginocchia.

Lui la guardò e poi si sedette vicino a lei, facendo attenzione a non sporcare il suo adorato cappotto.  “Ally … cosa vorresti fare allora? Vorresti vivere come … come una umana?” domandò, un po’ stupito. A lei non mancava niente, aveva tutto ciò che voleva … o forse no?

“Ho bisogno di libertà, Crow …” ammise lei quasi come una supplica prima di appoggiarsi con la testa al braccio di lui. “Se gli umani sono liberi allora sì, voglio vivere come uno di loro.” aggiunse poi sospirando profondamente.

Il demone la osservò per un po’ e poi si lasciò sfuggire un lungo respiro. “Sicura di ciò che dici?” chiese conferma, sperando che la ragazza cambiasse idea.

“Si …” rispose sicura lei socchiudendo gli occhi. Poi drizzò di scatto la testa e lo guardò in viso. “Tu … tu sei il Re degli Incroci. Tu puoi farm …” iniziò a chiedere prima che il demone facesse gesto di stare zitta.

“Non posso farti fare patti dato che tuo padre lo saprebbe e lui non vuol che tu diventi un’umana. Se lui morisse tu prenderesti il suo posto.” le confessò.

“C –cosa?! C –cioè io dovrei comandare tutto questo? Questo Inferno?!” chiese mettendosi in piedi e sbarrando gli occhi stupita.

Lui annuì. “Sei la primogenita di Lucifero, è normale.” ammise lui alzando le spalle. “Credevo lo sapessi.” continuò poi.

“Veramente  no … Mi scordo sempre chi sono i miei genitori.” disse lei sospirando e mettendosi di nuovo seduta a gambe incrociate.

“Ti senti in gabbia, Ally?” le chiese Crowley guardandola e con tono abbattuto.

“Detto sinceramente? Si, e anche molto …  Infatti voglio scappare.” sbottò decisa stringendo un pugno.

Lui strizzò gli occhi a quella frase. “Sei impazzita?! Si accorgeranno subito della tua assenza!” esclamò lui.

“Per questo tu mi aiuterai, zio.” disse lei facendo un sorrisino. Il demone la guardò male e sospirò.

“Io non ti aiuterò a f …” cercò di dire lui prima di essere interrotto per l’ennesima volta dalla ragazza. “E dai! Cosa ti costa?! Dovrai solamente dire che sono insieme a qualcuno .. ti prego ti prego ti prego!” lo scongiurò lei mettendosi sulle ginocchia e facendo gli occhi dolci, cosa nella quale assomigliava molto a Jo.

Crowley la guardò e poi sospirò lentamente cedendo a quella faccina innocente. Lei sorrise e lo abbracciò. “Lo sapevo che sotto sotto hai un cuore d’oro.” gli disse stringendolo, lui sbuffò e poi accennò un sorriso.

“Allisooooon!” si sentì chiamare in lontananza. La ragazza voltò la testa e sospirò.

“Dai, vai va … prima che tua madre si arrabbi.” le consigliò alzandosi da terra e sistemandosi il cappotto.

Lei annuì sospirando ancora. “Grazie Crow.” gli disse sorridendo prima di correre via.

Il demone la guardò in lontananza mettendo le mani nella tasche.

Gli scappò un sorriso e poi chinò la testa scuotendola lentamente. Sparì nel nulla in mezzo a quel sottile silenzio.

 

Era giunta ormai notte.

Allison sgattaiolò fuori dal letto. Era pronta a farlo. Era decisa. Voleva farlo. Non poteva ritirarsi ora che era tanto vicina alla libertà che aveva tanto voluto.

Aprì lentamente la porta e guardò la sua stanza. Tirò un sospiro profondo e poi varcò la soglia dell’uscio. Camminò fino all’albero e si guardò intorno.

Un ombra apparve dal nulla. Lei fece un sobbalzo e sospirò.

“Scusami.”disse una voce familiare.

“Nulla.” disse la ragazza a bassa voce. “Dai, fa ciò che devi.” continuò poi sicura.

“Ally …” cercò di dire lui prima di guardare la ragazza negli occhi e sospirare. Le mise due dita sulla fronte e il corpo della ragazza si riempì di simboli neri i quali svanirono poco dopo che il demone togliesse le due dita. Allison sentì dei brividi percorrerle la schiena e si chiuse nelle braccia.

“Questo ti permetterà di non farti scoprire almeno per qualche ora.” le spiegò tornando con le mani nascoste nelle tasche.

“Hai cambiato idea su tutto questo?” le chiese ancora, non voleva farla andare via perché poi la colpa sarebbe stata sua.

“Si … poi dopo la litigata di oggi con mamma ne sono ancora più convinta.” rispose lei sicura.

Beh aveva ragione … la litigata che avevano fatto era stata davvero … pesante su certi punti di vista. E poi non aveva tutti i torti di questo mondo, lei.

Jo quando si metteva era abbastanza irritante. Ma Allison, con il suo carattere, che non scherzava e andava sul senso “testarda/faccio ciò che voglio”, non era da meno. Era un misto tra quello di Jo e quello di Lucifero, quindi potete capire cosa poteva essere venuto fuori. Non per dire che aveva un carattere tremendo perché non era vero: sapeva essere dolce quanto pestifera, quello sì. Ma in fondo, nessuno in questo mondo è perfetto no?

In quel silenzio diventato pesante, lo abbracciò. “Grazie ancora. Ci vediamo presto.” gli promise prima di staccarsi da lui e sparire nel nulla.

“Lo spero …” disse lui al vuoto. Si pentì quasi subito di ciò che aveva fatto. Si diede una pacca sulla fronte e sospirò profondamente.

“Fai attenzione piccola Ally …” disse infine prima di svanire ancora una volta.

 

Camminata veloce e decisa. Aprì la porta di colpo e vide la stanza vuota. Spalancò la bocca. La cercò in tutti gli angoli dell’Inferno ma nulla. Sembrava scomparsa.

“Allisoooon!” chiamò la donna sospirando e guardandosi intorno.

Sentì un tocco sul su braccio e si voltò. “Che succede?” le chiese Lucifero guardandola. “Sto cercando tua figlia ma … sembra che non ci sia da nessuna parte.” gli spiegò.

Lui cercò di individuarla ma niente, senza successo. “L’hai trovata?” gli domandò speranzosa. Lui scosse la testa sospirando amareggiato.

“Giuro che …” iniziò a dire prima di tornare nella stanza della ragazza.

Lucifero la seguì osservandola e senza aggiungere parola.

Lei iniziò a mettere sotto sopra la stanza della ragazzina ma senza trovare nulla che potesse dirle dove fosse andata.

Lui, invece, trovò il diario della figlia. “Guarda qua …” le mostrò facendo mettere in risalto ciò che aveva trovato.

“Non lo usa …” ammise lei lasciandosi cadere sul letto. Lui con uno schiocco di dita lo aprì e voltò un po’ di pagine. Poi sospirò profondamente.

“Invece credo proprio di sì.” confessò avvicinandosi a Jo e facendole vedere la pagina di diario scritta. Lei la lesse fino alla fine e sul suo volto comparì un espressione triste e rammaricata.

“E’ colpa mia se è scappata …” disse con un filo di voce.

Lui le si sedette vicino e fece appoggiare il capo di lei sul suo petto. “Amore, non potevi saperlo … Anche se, forse, hai un po’ esagerato nel sgridarla.” ammise poi accarezzandole i capelli dolcemente.

Jo sospirò lungamente per poi guardarlo negli occhi. “Per te ho …” iniziò a dire prima che lui annuisse. Lei tirò un altro sospiro e lo abbracciò.

“Piccola, la faremo cercare … Però non può essere sfuggita da sola … Deve essere stata aiutata da qualcuno …” disse lui pensando. La donna annuì sospirando ancora e tenendosi stretta a lui.

“La troveremo … fosse l’ultima cosa che faccio.” finì Lucifero prima di svanire nel vuoto. Jo si racchiuse a riccio restando sul letto della figlia e guardò un punto vuoto della stanza.

“Faccio schifo …” furono le sue ultime parole prima di chiudere gli occhi. Altro silenzio, quel silenzio che odiava.

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Capitolo 2
*** The meeting with the good ... ***


Capitolo 2

 

Era buio. Si trovava in mezzo alla notte. Non sapeva dove fosse apparsa.

Fece due passi in avanti e sentì un lieve venticello sfiorarle il viso delicatamente.

Allora è questo il mondo umano? si chiese, incamminandosi verso l’ignoto. Si guardò intorno curiosa. Luci. Insegne. Strade. Cemento. Palazzine.

Dov’era capitata?

Si avvicinò ad un vicolo cieco, sporco e umido.

Andò fino in fondo alla stradina e poi notò due ombre sul muretto di mattoni farsi sempre più vicine e grandi. Si voltò di scatto e …

“Mmmmh … una ragazzina indifesa. Classico.” ammise un uomo con un sorrisino in viso.

“Più facile di così …” disse la ragazza vicino a lui prima che i suoi canini si allungassero e guardò negli occhi Allison.

Quest’ultima si tenne sull’allerta e cominciò ad indietreggiare lentamente fino ad arrivare con la schiena al muro.

“Oooh piccola non ti faremo nulla …” le promise l’uomo. Poi fece un salto deciso ad attaccare la ragazzina. Lei non sapeva cosa fare: chi erano questi due? E lei cosa aveva fatto loro? E perché si cacciava sempre in situazioni del genere?

Chiuse gli occhi d’istinto. Tornò ad essere tutto nero.

All’improvviso sentì ringhiare. Una botta. Fu scaraventata al muro laterale.

Schiuse di poco gli occhi e intravide un cane, o almeno le sembrava un cane, ululare contro i due. Si tenne il braccio e fece un gemito di dolore.

Le due persone corsero via velocemente, più velocemente di qualsiasi altra creatura.

Il lupo, ecco cos’era, un lupo, voltò lo sguardo su Allison, che a fatica si alzò da terra, tenendosi ancora l’arto colpito.

“Che ci fa un …” cercò di chiedere prima che il lupo si trasformasse come per mangia in un uomo. Lei spalancò gli occhi incredula e poi arrossì di colpo vedendo che l’uomo era nudo. Quest’ultimo si nascose dietro a degli scatoloni vecchi imbarazzato.

“COSA DIAVOLO SEI?!” scoppiò lei all’improvviso, mentre una macchina passava sullo stradone lì vicino.

“Ssssssh!! Che ti urli?!” disse lui guardandola e tenendosi il pezzo di cartone davanti al corpo.

“Ma sei nudo!” esclamò ancora lei indicandolo. Lui si guardò intorno e sospirò profondamente. “Lo so che sono nudo, ma tu non urlare cazzo!” disse lui frugando tra i rifiuti.

“Copriti! Potrei denunciarti per …” iniziò a dire prima che l’uomo si mettesse un paio di jeans ancora nuovi, e per fortuna abbastanza puliti, e si avvicinasse a lei.

“Ma quanto parli?” le domandò sospirando. “Ecco così va meglio …” ammise lei incrociando le braccia sul petto.

“Un grazie andrebbe bene …” le disse guardandola in viso.

“Perché dovrei ringraziarti?” domandò lei con fare menefreghista.

Lui inarcò un sopracciglio. “Perché ho appena salvato il tuo bel culetto di 16enne?!” chiese lui con tono ovvio.

Lei lo fulminò con lo sguardo. “Nessuno te lo ha chiesto. Quindi perché dovrei ringraziarti per una cosa di cui potevi anche non interessarti?” chiese lei quasi retoricamente.

“Sei proprio una …” cominciò prima di notare che la ragazzina si teneva il braccio destro. “Ti sei fatta male?” le domandò sfiorandola sull’arto.

Lei scosse il capo e se lo strinse gemendo di dolore.

“Dai forza, vieni.” disse lui cominciando a camminare verso l’uscita del vicolo.

“Dove vuoi andare?” chiese lei, seguendolo a piccoli passi.

“Sei ferita, ti devi curare no?” disse lui voltandosi per pochi secondi guardandola negli occhi per poi riprendere a camminare. Svoltò sulla sinistra e mise le mani nelle tasche. Lei gli andò vicino e lo osservò per un po’.

“Non mi hai detto il tuo nome.” ammise lui dando delle occhiate alle serrande dei negozi, ormai chiusi data la tarda ora.

“Neanche tu se per questo.” disse lei in risposta stando sulle sue e infilando le mani nelle tasche della felpa.

L’uomo la guardò con un sopracciglio inarcato. “Sai che sei proprio senza educazione?” ammise lui sbuffando.

Lei rise. “Ho una educazione, sei tu che non ci sai con fare con le ragazze.” disse lei finendo con un sorrisino sarcastico.

“Certo … Quindi non potrò mai sapere il nome di colei che mi sta dando sui nervi?” domandò lui arrivando davanti ad una palazzina e fermandosi sulla porta.

“No …” rispose lei semplicemente, poi si avvicinò ad una finestra. “Dove siamo?” chiese sbirciando dentro alla stanza.

“A casa mia …” rispose l’uomo prendendola per il braccio e portandola dentro.

“Ahia! Poi ti lamenti che … Che posto è? Fa schifo!” esclamò lei prima che lui le chiudesse la bocca con una mano. “Che ti urli sempre?!” disse con voce bassa. “Stanno dormendo tutti, mi sbattono fuori se fai così.” continuò poi andando davanti alla porta dell’ascensore e chiamandolo.

Lei gli andò dietro e poi, quando l’ascensore arrivò, entrò insieme a lui.

Stette nell’angolino osservando le pareti di metallo.

“Non hai mai visto un ascensore?” le chiese l’uomo appoggiandosi ad una parete.

Allison scosse la testa. “Da dove vengo io non ci sono.” ammise sospirando profondamente ricordando casa sua.

“Capisco …” riuscì a dire prima che la porta si aprisse e l’uomo uscì incamminandosi verso l’uscio di una stanza. Arrivatogli davanti, lo aprì e fece entrare la ragazzina.

“Voilà, ecco il mio appartamento.” le mostrò mentre lei cominciava a guardare dappertutto. L’uomo sospirò ma abbozzando un sorriso.

“Sei proprio strana.” le confessò, dirigendosi in camera da letto e cambiandosi. Tornò da lei con un paio di jeans puliti e una maglietta bianca a maniche corte.

“Allora, fammi vedere il braccio.”  disse con gentilezza, guardandola in viso.

“Non mi fa m …” cominciò a dire prima che lui le desse un pizzicotto sull’arto. “Ahia!” esclamò portando di nuovo una mano su di esso.

Lui sorrise per poi andare in bagno, prendere una garza e l’acqua ossigenata con tanto di pezzo di cotone e tornare di là.

“Siediti sul divano …” le consigliò, indicandoglielo. Lei annuì e si sedette su di esso guardando preoccupata l’uomo.

“Che vuoi farmi?” si informò, osservando i gesti di lui, il quale si sedette sul tavolino di legno e iniziò a versare un po’ di acqua ossigenata sul cotone.

“Ti disinfetto la ferita, può portare infezione se non lo faccio.” rispose lui con tranquillità. “Alza la manica.” le chiese poi.

Lei fece ciò che le chiese e sentì il liquido freddo sulla sua pelle. “A-ahi …” disse facendo una smorfia di dolore.

“Non fare la bambina dato che dovresti essere abbastanza grande da non esserlo.” ammise lui, continuando a tamponarle la ferita.

“Gne gne gne …” disse lei facendo faccette e lui rise. “Comunque il mio nome è Alcide.” le disse sorridendo per poi fasciarle la ferita con la garza.

“Alcide? Che nome particolare …” ammise lei guardando le mani dell’uomo.

“Già … non sei la prima che me lo dice.” confessò lui, con un mezzo sorriso sulle labbra. Poi si alzò dal tavolino e sospirò. “Ora devo accompagnarti a casa.” le disse.

“No …” esclamò lei drizzandosi in piedi. “Non voglio tornare laggiù.” aggiunse chinando lo sguardo.

“Ma i tuoi genitori saranno preoccupati.” ammise Alcide incrociando le braccia sul petto.

“Ztè … Figurati, poi mia madre. Sarà stata una liberazione per lei.” disse, scostandosi con un gesto veloce, i capelli dalla spalla e con fare altezzoso.

“Quindi … sei scappata da casa?” le chiese, pensando che quel viso le era familiare per qualche strano motivo.

“Tecnicamente sì … Ma, sono stata aiutata da un mio zio diciamo.” rispose lei dirigendosi vicino alla finestra e guardando fuori. Aveva iniziato a piovere, gocce fini e delicate. Non aveva mai provato la sensazione dell’acqua che le scorreva sulla pelle. Una delle tante cose che non aveva fatto nella vita.

Prima che Alcide potesse aggiungere qualcosa alla conversazione, lei aprì la finestra e salì sul davanzale per poi scendere sulla terrazza.

“Wow …” disse guardando la luna tra le nuvole di pioggia. La guardava con occhi meravigliati, per lei era tutto nuovo. Aveva sentito parlare della natura e di tante altre cose solamente dai demoni che viaggiano dall’Inferno alla terra e viceversa. Perché non l’hanno mai portata qui, in questo paradiso? Non lo aveva capito e forse non l’avrebbe mai capito.

L’uomo la guardò stranito, poi si affacciò dalla finestra. “Ehi, torna dentro prima che … Cosa stai facendo?” le chiese, ridendo vedendo la ragazza aprire la bocca per assaggiare la pioggia. “Per te cosa sto facendo?” disse in risposta restando a bocca aperta mentre tutti i suoi capelli e vestiti si bagnarono.

Ecco. Quella se sanzione di freddo addosso, quella sensazione di umido, di ghiacciato, quella leggera sanzione del vento tra i capelli che le screpolava le labbra e la pelle. Ecco. Si, quella sensazione non l’aveva mai provata prima di allora.

Mentre era tra i suoi pensieri, Alcide uscì anche lui e le se avvicinò.

“Tutto bene?” le chiese, vedendola chiudere la bocca e abbozzare un sorriso.

Lei annuì e lo guardò negli occhi. “Non … non ero mai stata sotto la pioggia.” ammise, tornando con lo sguardo sul cielo nuvolo.

“Mai? Com’è possibile?” le domandò, sempre più stranito.

“Diciamo che non me lo hanno mai permesso.” rispose lei, sospirando profondamente. E quante cose non le permetteva di fare. E questo no, quello neanche, non permettiti mai! Tutto il tempo così. Ma ora poteva fare tutto ciò che voleva … finalmente.

“Non voglio tornare a casa …” ammise, sospirando triste e abbracciando Alcide. Lui si intenerì e le accarezzò i capelli.

“Potrai dormire qui stanotte, ma solo per questa notte. Ora andiamo a prepararti un bel bagno caldo e vedrò di trovarti dei vestiti asciutti.” le disse con tono quasi paterno. Lei annuì. “Grazie …” sussurrò con un filo di voce.

Tornarono dentro e lui, come promesso, si diresse in bagno e tirò l’acqua calda. Aggiunse il bagnoschiuma  e poi tornò da Allison.

“La vasca si sta preparando, puoi andare.” le disse mentre lei sbirciava tra le foto riposte sul davanzale del piccolo caminetto. “Chi è?” chiese indicando una bella ragazza nella fotografia, abbracciata ad Alcide.

“Ehm … una mia vecchia amica, sono ormai venti anni o più che non la vedo.” ammise lui, con tono malinconico e sospirando.

Allison notò il tono usato e si avvicinò a lui. “Era importante per te?” domandò, sperando che non fosse un tasto dolente.

“Molto …” ammise lui un po’ imbarazzato. “Era … era la migliore, aveva due occhi color cielo stupendi e dei capelli corvini, neri come il cielo notturno. E una pelle bianca come la neve.” la descrisse con tono dolce e con sguardo perso.

Allison ascoltò attentamente le parole di lui sulla ragazza, che le pareva famigliare.

“Era una ragazza eccezionale. Abbiamo frequentato il college insieme e tutta un estate insieme, poi lei si è trasferita e purtroppo non l’ho più vista.” continuò, con tono malinconico e il pensiero lontano da quella realtà.

“Tu … provavi qualcosa per lei?” chiese la ragazzina, sempre più curiosa e tenendo il portafoto  stretto al petto.

Lui arrossì poco a quella domanda e si grattò la nuca imbarazzato. “Beh si, ma ora son passati anni e sarebbe stupido sperare ancora di vederla.” ammise poi.

“Mai dire mai, Alcide.” disse lei, con finto tono da saggia e facendogli l’occhiolino, prima di andare in bagno. Lui sorrise e la osservò allontanarsi.

 

Ormai erano l’una e un quarto. Lei era rintanata nelle coperte del vecchio letto della sorella di Alcide e dava delle occhiate al cielo, scuro e poco stellato.

Pensava a tutto ciò che stava succedendo e stava facendo. Era sbagliato? Giusto? Non lo sapeva. Però sapeva che per ora era ciò che voleva.

Incrociò le braccia sotto la testa e guardò il soffitto, di un azzurrino chiaro, molto piacevole alla vista. Lo fissò per un po’. Il suo pensiero andò alla madre, ma subito scosse la testa e sospirò.

Non posso darle questa soddisfazione … si disse tra sé e sé prima di chiudere gli occhi. Si addormentò poco dopo, pensando a quella prima giornata da umana.

 

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Capitolo 3
*** A new enemy ... ***


Capitolo 3

 

“Dovremmo dirlo al capo, Isabel.” ammise il vampiro controllandosi il viso un po’ ferito allo specchio.

“Non è lei, la descrizione che ci hanno dato era diversa, coglione.” disse in risposta lei, con tono gentile.

Lui si voltò a guardarla e sospirò. “Come vuoi tu, ma se fosse stata lei e ce la siamo fatta sfuggire a Lui non piacerà.” le ricordò con fare quasi da maestrino.

“Non fare il leccaculo come tuo solito, Zev.” disse lei come per sfidarlo.

“Io eseguo solo gli ordini, non come te che …” non finì per l’intromissione di una terza persona. “Il Capo vuole vedervi, quindi smettete di litigare come due checche davanti ad una borsa griffata e muovete il culo da qui.” comunicò, guardando i due.

Loro annuirono e Zev sospirò profondamente. “Dovevo ancora …” cercò di dire prima che Isabel lo prendesse per il braccio e lo trascinasse fuori dalla stanza.

“Ehi! Che modi poco aggraziati, i tuoi.” ammise il vampiro mostrando i canini alla ragazza e iniziando ad incamminarsi verso la stanza principale.

Lei strinse i pugni. Se potessi ti ucciderei, brutto scopa umane. pensò per poi sospirare e raggiungerlo.

Entrarono nella stanza dal portone nero di legno. Zev aprì un anta che poi fu chiusa da Isabel con un grande tonfo.

Al fondo della stanza c’era una specie di trono e sopra ci si sedeva un uomo. Un uomo affascinante con portamento regale e vestito elegantemente.

Voltò il viso verso i due e scosse la testa alzandosi dal trono.

“Voi due mi deludete sempre di più.” ammise, avvicinandosi al tavolo centrale alla stanza e passando il dito sulla superficie di esso.

“Signore ma noi credevamo che …” cercò di dire prima di essere interrotto dall’uomo. “ZITTO TU!” esclamò con tono imperioso e lui si azzittì immediatamente, chinando il capo.

“Ve la siete lasciati scappare!” urlò ribaltando il tavolo, di notevole peso, come fosse stato di gommapiuma. “Siete degli incapaci!” continuò per poi respirare profondamente e chiudere gli occhi. “Calmati Azel, calmati. Non serve ad arrabbiarsi per degli incompetenti come questi due” disse a sé stesso a voce alta mentre i due lo osservavano straniti.

“Capo noi … noi avremo un piano.” sbottò Isabel per rompere il silenzio creatosi nella stanza. Lui aprì poco gli occhi e guardò la vampira. “Illuminami.” la sfidò con tono incuriosito.

Lei si avvicinò di poco al tavolo ribaltato e poggiò una mano alla gamba di esso.

“Avevo in mente di far avvicinare qualcuno a lei.” spiegò, mentre Zev la guardava con un espressione di quando uno non capisce.

“Un doppiogiochista? Mmmh, interessante …” ammise lui, passandosi una mano tra i capelli. “Ma chi lo farà?” chiese, tornando a sedersi sul trono.

“Beh … questo, questo non lo sappiamo ancora.” disse un po’ imbarazzata.

“Potrebbe farlo Tommy.” ammise Zev pensandoci su. “E’ abbastanza scaltro e furbo da non farsi beccare.” aggiunse poi.

“Oh se è furbo come te siamo a posto.” disse Isabel guardata male dal vampiro.

“Perché tu sei più furba, cervello di gallina?” chiese lui ridendo.

“Sai solo dire questo? Fai veramente schifo, coglione.” ammise la ragazza ridendo sguaiatamente. Ma il litigio fu interrotto da Azel, che fulminò i due con lo sguardo.

“Dite a Tommy dell’incarico e lasciatemi in pace, bestie con le zanne.” ordinò, poggiando il gomito al trono e sospirando scocciato.

Loro due annuirono e si congedarono, prima di uscire dal portone nero.

“Diglielo tu.” disse Isabel prima di ancheggiare via fino ad una porta e oltrepassarla senza degnare di uno sguardo a Zev.

Lui sospirò infastidito e voltò l’angolo per poi svanire nel buio.

 

Si svegliò aprendo lentamente gli occhi.

Si stiracchiò sotto le coperte, fece sbucare il naso dalle lenzuola e diede una sbirciatina alla stanza. Aveva dormito bene … ma le mancava il suo letto.

Si mise seduta e diede un occhiata fuori dalla finestra. C’era il sole. Le scappò un sorriso e poi scese dal letto. Guardò nello specchio il suo riflesso e sospirò.

Sicura di fare bene? le domandò la se stessa riflessa nel vetro.

“Si … o almeno credo.” rispose lei sedendosi davanti allo specchio.

Vedi che hai già dei dubbi? Noi non siamo così, se vogliamo qualcosa lottiamo per essa. Oppure scappiamo per cercarla, e noi lo abbiamo fatto. Dovresti essere realizzata invece di pensare sempre a come possano stare quelli là. ammise il riflesso incrociando le braccia sul petto.

“Io sono sicura di ciò che sto facendo invece!” esclamò, convinta, drizzandosi in piedi e fissando il vetro. Prima che potesse continuare, la porta si aprì e lei voltò il capo.

“Parli da sola adesso?” chiese Alcide ridendo. Lei fece l’offesa e girò il capo.

“Non parlo da sola.” disse lei facendo finta di niente.

Lui scosse la testa ridacchiando e poi tornò a guardarla. “Vuoi fare colazione prima di andare?” le domandò con tono gentile.

Allison annuì abbozzando un sorriso.“Ma … in cosa consiste la colazione?” chiese dato che non l’aveva mai fatta.

Lui la guardò sempre più stranito. “Come? Non hai mai fatto colazione in vita tua?” si informò, abbastanza sorpreso mentre si dirigeva in cucina.

“Già … Diciamo che non è mia abitudine.” mentì, raggiungendolo subito nella stanza e sedendosi al tavolo.

“Capisco … Beh …” iniziò a dire prima di prendere la scatola dei cereali dal mobiletto e metterla sul tavolo vicino ad Allison. “Cereali e latte sono una solita prima colazione.” le spiegò mettendo sul fuoco un pentolino con un po’ di latte dentro. Poi iniziò a prepararsi il caffè.

Lei osservò i movimenti dell’uomo e finì a guardargli i bicipiti, messi in bella mostra dalla canottiera bianca.

Quando il latte cominciò a bollire, Alcide lo tolse dal fornello e lo versò in una tazza. Lo mise davanti al posto della ragazza sorridendo.

“Ecco qua, ora dovresti versare i cereali nel latte e … beh mangiare.” disse prendendo un cucchiaino dal mobile della cucina e porgendoglielo. Lei lo prese e lo immerse nel latte. Lo avvicinò alla bocca e se lo gustò.

“Buono … ma c’è di meglio.” ammise Allison assumendo un comportamento altezzoso.

Alcide sospirò divertito e bevve il suo caffè da poco pronto. Lo bevve tutto di un colpo, amaro, per poi posare la tazzina nel lavandino.

“Oggi devo portarti dai tuoi. Dove abitano?” chiese lui guardando la ragazzina che continuava a mangiucchiare.

Lei drizzò la testa e la scosse sospirando. “Non voglio tornare là.” rispose posando il cucchiaino vicino alla tazza. “Ora vado in bagno se non ti dispiace.” finì alzandosi da tavola e dirigendosi dove detto.

L’uomo la osservò e tornò a sospirare. Diceva sempre di non voler tornare là … Ma quel a cosa alludeva? Non riusciva a capirlo. Ma aveva capito che lei non era una ragazzina come tante. Aveva un odore diverso, un misto tra … zolfo? E cos’altro?

Prese la tazza con ancora del latte e il cucchiaino lì vicino e li mise le lavandino. Lasciò tutto così, come aveva messo. Andò in camera sua e si cambiò. Quando uscì, trovò Allison ad aspettarlo sulla porta.

“Andiamo?” chiese quest’ultima con un sorrisino. Lui annuì e prese il giaccone.

Uscirono dal condominio e si diressero ad un locale vicino. Una cosa la colpì, la scritta luminosa del locale … Un nome particolare, che non portava a nulla di buono … Proprio niente.

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