Gossip Girl - Prima del tempo

di Cupcake_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Vacanze al sole della California ***
Capitolo 2: *** 2. Sorelle caramelle? No, grazie. ***



Capitolo 1
*** 1. Vacanze al sole della California ***


Credo che vadano fatte le giuste precisazioni prima della storia. Innanzitutto, come ho già detto, questa è la quinta stagione come l'ho immaginata io.
Giusto per fare un piccolo riepilogo, in perfetto stile GG...
dov'eravamo: Serena aveva pensato di fare una vacanza sole, mare e libri ma l'incontro con Russell che la scrittura per un remake di "Belli e Dannati" cambia i suoi programmi. Blair è in Europa a spassarsela con il suo principe, ma deve anche conoscere la famiglia di lui e cominciare a organizzare le nozze. Chuck e Nate sono in giro per un'estate di follie, come ai vecchi tempi. Tutti gli altri sono ai loro posti.
Altra cosa: Vanessa e Jenny nella quinta stagione della serie TV non ci saranno ma, molto probabilmente, Jenny rientrerà per qualche puntata, mentre Vanessa, dato il mio grande amore nei suoi confronti, non comparirà.
Be', non so che altro dire perché mi sembra di aver spiegato tutto. Ad ogni modo se, leggendo, qualcosa non si capisce - io ho i miei film mentali e posso capire che non li esamino tutti - chiedete pure in un commento.
Vi auguro buona lettura. ^_^



1. Vacanze al sole della California

 

Sono Gossip Girl, la vostra sola fonte di notizie sulle vite scandalose dell’élite di Manhattan.
Sembra che dopotutto il sole della California non faccia maturare la scelta degli amori di S, possiamo infatti guardarla passeggiare – e non solo – per il lungo mare con la sua nuova fiamma, Ragazzo Solitario Numero 2, certo, un po’ meno letterato del primo.
Ma sembra che ci siano nuovi progetti per te, dopotutto; Lily ne sarebbe davvero fiera, dalla sua gabbia d’oro. Ben fatto, S.

 
«E… azione!» gridò Russell facendo segno a un cameraman di avvicinarsi per riprendere un primo piano della protagonista.
«Stai scrivendo un nuovo libro, Dick?»
«Sì, questo sarà davvero buono, Antony, ne sono sicuro».
Il regista concentratissimo fece allontanare il ragazzo dietro la cinepresa in modo che potesse fare una ripresa dell’ambiente, il bar di un hotel.
In quel momento entrò la comparsa di un cameriere e quello chiamato Antony si girò.
«Un altro, per favore» chiese porgendo il bicchiere nel quale mezzo cubetto di ghiaccio finiva di sciogliersi; poi tornò a rivolgersi all’altro attore «Come l’altro? A proposito sei riuscito a farlo pubblicare?»
«Non ancora, ma credo di aver trovato una casa che… »
«Quant’è, la quarantasettesima?» Lo interruppe l’altro con aria scocciata.
«No, la quinta, ma questa è quella buona» replicò seccato Dick «E, per scrivere il nuovo romanzo ho una vera fonte d’ispirazione, una musa».
«Chi?»
«La mia donna» rispose con tono ovvio «credo che dovresti trovartene una anche tu, come passatempo, quando non scialacqui, insomma».
«Come la bionda che è appena entrata?» Chiese Antony indicando in modo discreto una donna al bancone.
Il cameraman, ancora prima che Russell potesse fare qualsiasi gesto, aveva già puntato la telecamera sulla fanciulla bionda in questione.
«A me, onestamente, sembra una passeggiatrice» fece annoiato Dick.
«Adesso le vado a parlarle e vediamo» Antony si alzo dalla comoda poltrona del bar e si avvio.
Arrivato al bancone, però, rimase in silenzio; dopo un lungo istante parlò.
«Ciao».
Prima che la ragazza potesse rispondergli qualsiasi cosa una voce fuori campo li mise a tacere.
«STOP! WRIGHT, TI SEMBRA MODO DI FARE COLPO SU UNA SIGNORINA?» Il regista fu preso da un attacco di tosse e, quando riuscì a smettere, aveva gli occhi che lacrimavano. Riprese fiato e continuò a parlare, questa volte con un tono di voce più basso «Un timido “ciao” è per femminucce, Wright, Antony incontra donne tutte le sere nei club che frequenta, non ha certo problemi ad abbordarne una. Certe volte mi chiedo perché ti ho scritturato per la parte dell’affascinante Antony Patch».
L’interprete di Antony avrebbe voluto rispondere che quel libro l’aveva letto solo perché doveva fare quel film, lui; non certo perché si era chiesto se Fitzgerald fosse indispensabile per il suo bagaglio culturale. Sospirò, aveva esultato quando Russell gli aveva offerto un posto per uno stage estivo, ma non immaginava certo che avrebbe lavorato tanto.
«Per un ruolo così importante, complesso, complicato… Un personaggio così orgoglioso, oscuro, inetto…» sembrava che nessuno riuscisse più a fermare Russell dalle sue riflessioni interiori, e neanche più tanto dal momento che lo stavano ascoltando tutti.
«Potremmo prenderci cinque minuti di pausa e poi riprendere» propose l’attrice bionda che, per quella scena non aveva avuto modo di parlare.
«Sì, Serena, andate a prendervi qualcosa per rinfrescarvi il cervello» Russell accennò a un sorriso, poi concluse «Non voglio nessuna mente annebbiata» e guardò male Wright.
 
 
«Dai, Liam, non te la prendere» ribadì Serena mescolando il suo sorbetto al frutto della passione «A volte è un po’ burbero, ma solo per il bene di Fitzgerald».
«Ma, se lo dici tu…» mugugnò quello.
«Non ti ricordavi più la battuta?»
«No, è che…» solo vederti mi lascia senza fiato, ma lasciò sfumare la frase in qualche suono incomprensibile.
Mentre Serena continuava a giocare con la fogliolina da guarnizione del sorbetto, Liam si rilassò contro lo schienale del sedile, assaporando il caldo sole estivo della California.
Rimasero così un paio di minuti, oziando seduti a un tavolino all’aperto di un piccolo bar non lontano dagli studi.
«Dovremmo tornare».
Serena controllò l’orologio – l’ultimo regalo di suo padre, prima di partire, l’ultima volta – e annuì.
«Poi però facciamo il bagno, fa così caldo…»
Serena non rispose, sorrise e lo baciò. Le cose cominciavano ad andare nel verso giusto, finalmente.
In quel momento il cellulare di Serena cominciò a squillare e lei si mise a cercarlo nella grande borsa di tela. Nate.
Dopotutto era tanto che non si sentivano e, magari le cose erano tornate a posto dopo che gli aveva chiesto scusa, poco prima di partire.
«Tu vai», disse a Liam «Io arriverò in un secondo».
Il ragazzo si alzò e si allontanò lungo l’assolato marciapiede.
«Nate!»
«Ciao, Serena!» anche attraverso il telefono riusciva a capire che il ragazzo era di buon umore «Sei ancora a LA?»
«Sì, ho trovato lo stage estivo che cercavo: David O. Russell sta rifacendo ‘Belli e Dannati’ di Fitzgerald… è perfetto, una favola».
«Oh, grande, be’ è perfetto per te, voglio dire, è il tuo libro preferito… Senti ti va se ci vediamo questa sera?»
«Ma dai, Nate, eppure a Manhattan non è così presto… ancora non ti sei svegliato? Me l’hai anche chiesto: sono ancora a LA».
«Infatti, ci siamo anche noi, Chuck ed io».
Che ci facevano Chuck e Nate sulla costa occidentale? Il primo poi era più il tipo da vacanze Europee… ma forse da quando anche Blair si trovava in Europa con il suo principe, nonché futuro sposo, l’area oltre l’Atlantico poteva considerarsi off limits per il suo fratellastro…
«Oh, fantastico. Vediamoci da Spago alle sette, ok?»
«Da Spago? Da quando Serena Van Der Woodsen può arrivare da Spago con una prenotazione fatta solo poche ore prima, sedersi e mangiare?» chiese Nate canzonandola.
«Ehi, io sono una stella del cinema, o quasi» esclamò Serena, fintamente indignata «Sarò Gloria Gilbert, la bellissima moglie di Antony Patch!»
Risero insieme e Serena in quel momento avrebbe voluto che tutta quella storia che si trascinava da più di un anno – storia che neppure lei avrebbe saputo definire, per inciso – potesse essere tagliata via come un pezzo di stoffa troppo lungo e rovinato.
«Perfetto allora, a ‘sta sera», salutò lui chiudendo la chiamata.
 
 
Quando tornò agli studi la situazione era simile a come l’aveva lasciata, stagisti che correvano, assistenti che non trovavano le cose; nel complesso, la baraonda più totale.
Trovo David – come le sembrava strano chiamare per nome un grande regista come lui – che stava valutando un copione che, come al solito, non andava bene: servivano parole “più alte e sofisticate e un carattere più oscuro per un élite come i protagonisti di Belli e Dannati.
«Serena, finalmente!» la chiamò non appena la vide «corri a metterti il vestito di scena, devi entrare subito!»
La ragazza si affrettò verso il suo camerino e ne uscì poco dopo con un tailleur color salmone in voga almeno settant’anni prima.
Liam e l’attore che impersonava Dick – di cui Serena non ricordava mai il nome – erano già seduti al tavolo pronti a riprendere da dove avevano interrotto. Lei si diresse al bancone giusto prima che David, con la sua voce tonante, riprendesse in mano la situazione.
«Tre, due, uno e… azione!» annuì cominciando ad osservare la scena.
Come da copione, Liam alias Antony si alzò e si diresse al bancone.
«Una donna affasciante in un locale da urlo: un mix perfetto» sorrise porgendole la mano «Sono Antony Patch, mi sembri nuova di qui…»
«Gloria Gilbert» gliela strinse «tu invece devi essere un cliente abituale».
 
 
«Questa sera a cena da Spago» comunicò Nate all’amico.
«Mmm, e nel frattempo?» chiese annoiato questo.
«Non lo so… mare, piscina, playstation… da quando non frequenti più…» Nate riuscì a fermarsi prima di dire il nome della ragazza che, era sicuro, avrebbe mandato in bestia Chuck, impulsivo com’era.
«Guarda che non implodo se fai il nome di Blair» Chuck alzò lo sguardo dal marciapiede per sostenere il suo sguardo, per dimostrargli che era vero; anche se lui non doveva dimostrare niente a nessuno, poco ma sicuro.
«Be’, mi era sembrato…»
«Ti era sembrato male, Archibald» replicò secco «Poi, un’estate di perdizione, come l’avevi chiamata tu, davanti alla playstation?!»
«Ok, ok, amico, era solo per dire… mi sembra un po’ presto per andare per locali; magari questa sera, dopo aver lasciato Serena…»
«Un evento pomeridiano come lo vedi?»
«Che hai in mente?» chiese finalmente interessato Nate.
«Tutte quelle donne ricche, sposate e non, dove si ritrovano?» lo indirizzò Chuck verso la soluzione.
«Club del libro, competizione per la miglio silhouette, shopping…?»
«Beneficenza, mi stupisco della tua mancanza di intelligenza: Anne è a capo della Girls Inc. e tu non sai cosa fanno le donne facoltose» disse con tono ovvio l’altro.
«Ah, sì, ho sentito che al Peninsula raccolgono fondi per piccioni a rischio di estinzione, o qualcosa del genere…»
«Adesso va già meglio» sospirò Chuck fermando un taxi.
Il taxi partì verso la sua meta con la velocità che il perenne traffico di Los Angeles permetteva. Si accomodarono sul sedile posteriore del veicolo che, pur non essendo al livello della limousine con cui i Bass si facevano portare ovunque, era pur sempre piacevole, soprattutto per l’aria condizionata.
Rimasero in silenzio diversi minuti fissando fuori dal finestrino.
«Chuck…?» l’amico si era girato «come entriamo?»
«Arcibald», gemette quasi, in risposta «spero che con quella domanda non intendessi quello che io penso; imbucarsi a un evento del genere è una cosa da scemi: grande sorriso e libretto degli assegni alla mano».
Nate aveva annuito sospirando e il silenzio era ricaduto tra loro con alcuni secondi.
«Facciamo tu il bel sorriso e io il libretto degli assegni, eh?» propose retorico Chuck ritornando poi al suo silenzio.
Arrivati a destinazione scesero dal taxi e si avviarono verso l’hotel dove confluivano persone in abiti da cocktail.
Entrati nella reception seguirono le persone che si stavano dirigendo verso quello che supposero fosse l’evento. Male che vada si sarebbero trovati altrove: chiedere li avrebbe messi al centro dell’attenzione e tutti li avrebbero adocchiati come possibili imbucati.
Quando arrivarono alla piscina, location dell’evento si guardarono attorno.
«Forse mi avrebbe fatto comodo portarmi una giacca, dopotutto» ammise Nate, notando che tutti gli uomini ne indossavano una.
«Tieni» gliene porse una color panna che aveva appena trovato appoggiata a una sedia «questa ti dovrebbe andare».
La mise, dopotutto non si abbinava affatto male con i pantaloni tra il beige e il caffelatte, valutò Nate. Fare storie con Chuck non sarebbe davvero stato il caso, si sarebbe accontentato e sarebbe rimasto zitto.
«Leva quella pacchianata dal taschino che ti do il mio fazzoletto di riserva».
Levò il fiore finto dal taschino e lo sostituì con un fazzoletto marrone con una fantasia particolare che Chuck aveva tirato fuori dalla tasca.
«Ci si vede» fece a Nate prima di sparire nel gruppo di persone.
 

Ehi! Sempre io, Gossip Girl. Sembra che i cattivi ragazzi dell’Upper East Side siano riusciti ad imbucarsi da qualche parte. Belle signore di tutte le età: attente, hanno gettato l’amo!
 

Faceva caldo, dopotutto: aveva bisogno di bere.
Si diresse verso il bar per ordinare uno di quei drink colorati che facevano impazzire tutti anche nell’Upper East Side. Le bottigliette erano ovunque, in sculture che si avvicinavano molto all’arte moderna. Forse meglio di quest’ultima, in diversi casi, si ritrovò a pensare Nate. Stappò la sua bottiglietta di plastica trasparente piena di liquido violetto e ne bevve un lungo sorso.
«Se mi avessero detto di prendere qualcosa per te, avrei scelto qualcosa di decisamente più forte» una ragazza che non conosceva gli sorrise.
Sorrise anche lui non sapendo da dove cominciare o cosa dire.
«Sono Kylie» lo scrutò un attimo «…e tu?, non ti ho mai visto da queste parti…»
«Nate» si presentò lui, «in vacanza a LA, ospite di lontani parenti».
«Soci della Be Nice in LA?»
Della che?Avrebbe voluto rispondere Nate, immaginando che fosse il nome dell’associazione riunitasi quel giorno. Quella ragazza era troppo curiosa, decretò; adesso cosa diavolo doveva rispondergli a quell’impicciona? Ma sai, mi sono imbucato per portarmi al letto la prima ragazza che incontravo che, guarda caso, sei tu.
«Nate!» esclamò un voce conosciuta alle sue spalle «che bello vederti qui».
Trip, suo cugino: salvato in contropiede. Decise che la cosa migliore era prendere la palla al balzo, sperando che suo cugino capisse il suo gioco e lo assecondasse.
«Sì, alla fine sono venuto, anche se stamattina non stavo al meglio» alzò le sopracciglia in attesa che suo cugino rispondesse. Bene.
Lui lo guardò interrogativo, poi sorrise.
«Mi fa piacere che tu adesso stia bene; vado a cercare Maurine, se la vedi…»
«Te lo farò sapere, ok».
Trip tornò a essere uno dell’indistinto, quanto folto, gruppo di invitati. Nate tornò a girarsi verso Kylie che, malgrado fosse una ficcanaso come ne aveva conosciute poche nella sua vita, era molto carina. Aveva un corto caschetto di capelli color miele che le copriva le orecchie solo perché ai lati i capelli erano più lunghi e gli occhi grigi.
«Nate Van Der Bilt?»
«Archibald, in realtà: Trip è un cugino da parte di madre».
«Ah» restò pensierosa un attimo e poi il fiume di parole riprese «ho avuto modo di conoscere Maurine alcuni giorni fa, per l’organizzazione di oggi; è una persona così carina, tanto gentile… è entrata nella nostra associazione da un mese o due».
Nate sorrise, dopo quello che aveva combinato l’anno prima durante le elezioni e il casino con Serena non l’avrebbe certo definita una persona carina.
«Da quanto mi hai detto che sei a LA?»
«Veramente ancora non l’ho detto» ma sì, sarebbe andato fino in fondo per amore di patria, magari Chuck se ne stava già facendo una su un divanetto. O magari aveva addirittura preso una stanza «da circa una settimana, ma non conosco molto bene il posto».
«Oh, possiamo lasciare la festa e fare un giro! Ci sono un sacco di bei posti!»
«Ma certo».
 

Il pesciolino ha abboccato. Povera piccola fessa ragazza, il pescatore ti mangerà come fossi un bocconcino. Sono tutte così ingenue le ragazze di LA? Non c’è mai nessun ragazzo in cerca di una sveltina sulla costa occidentale da metterle in guardia?

 
 
Non appena la porta del jet privato si aprì e venne montata la scaletta un ragazzo alto ne uscì scendendo velocemente i gradini. Dopo un paio di minuti fu seguito da una ragazza palesemente assonnata, che camminava solo perché l’azione di mettere un piede davanti all’altro doveva essere stata appresa e automaticizzata da tempo.
Ad ogni modo il ragazzo, risalì le scale per porgerle il braccio e accompagnarla.
«Louis» lo chiamò lei, tra uno sbadiglio e un altro «andiamo piano, non siamo in ritardo vero?»
«Ma certo che no, mia cara» la rassicurò con un inglese dall’inflessione molto francese.
Finalmente giunti a terra Louis controllò che ci fossero tutte le numerose valigie che la sua fidanzata si era portata e si diressero verso la limousine che li avrebbe portati alla residenza estiva dei Grimaldi.
In macchina, mentre scivolavano silenziosi per le strade, la ragazza si addormentò con la testa sulle gambe di Louis. Il silenzio aleggiava nel veicolo, non si sentiva neppure il vago sottofondo della radio che ascoltava l’autista per tenersi compagnia in quelle lunghe ore di attesa fuori da questo o quel palazzo, o più semplicemente in quelle ore a volte interminabili di viaggio.
«Mi ami, vero?»
«Ma certo Blair, sai che ti amo» rispose Louis prima di abbassare gli occhi su di lei e vedere che stava ancora dormendo.
Lo stava sognando? Era il matrimonio dei suoi sogni?, quello che pur svegliandosi non sarebbe sbiadito?




Ed ecco finito il primo capitolo. Prevedo che il prossimo aggiornamento sia datato per il 09/07 perché poi il dieci parto e starò via due settimane, nelle quali non so se potrò farvi avere un aggiornamento.
Per il resto... premetto che ho letto solo la trama di "Belli e Dannati" e che quindi non so come si incontrino Antony e Gloria ma, essendo questo un remake e visto che i film non sono perfettamente fedeli alla trama, ho pensato fosse plausibile un loro incontro in un bar (che dovrebbe esserre quello dell'hotel Ritz), visto che il protagonista maschile era un assiduo frequentatore.
Credo non ci sia altro da dire. Abbiamo conosciuto in questo capitolo una delle new entry della "mia" stagione.
Alla prossima.
XOXO, Claudia. ;)

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Capitolo 2
*** 2. Sorelle caramelle? No, grazie. ***


2. Sorelle caramelle? No, grazie

 

Sono Gossip Girl, la vostra sola fonte di notizie dalle vite scandalose dell’élite di Manhattan.
Un nuovo giorno è arrivato, anche per chi ha un fuso orario della costa occidentale! Aprite gli occhi e guardatevi intorno: chi davanti a voi sorride, nell’ombra che pensa?
Principessa B – ormai lo sei davvero –, il grande giorno è arrivato: stai per conoscere la tua futura famigliola! Pronta per tutti i fratelli coltelli e gli adorabili parenti serpenti?

 
«Blair».
Una voce che la chiamava dolcemente la svegliò. Louis. E, dall’odore aveva anche la colazione.
Il fidanzato si sedette sul letto e appoggiò la colazione sul comodino della ragazza, poi si allungò per darle un breve bacio sulle labbra e le scostò la mascherina dagli occhi.
«Buongiorno anche a te» si mise a sedere sul letto.
Quant’era stato carino a portarle la colazione a letto. Era sempre paziente e, soprattutto, sorridente. Difficilmente lo aveva visto con il broncio, da quando erano iniziate le vacanze. E la cosa più carina di quando sorrideva erano le fossette che si formavano ai lati della bocca, lo rendevano così tenero.
«Ti amo» cominciare la giornata con una dichiarazione d’amore riassunta in cinque lettere era quello che ci voleva. Era molto più facile che dirlo a chiunque altro ed era quasi un routine. Soprattutto se tale manifestazione avesse ricevuto risposta positiva.
«Ti amo anche io, mia Blair» forse mettendo a tacere tutti i suoi dubbi su quella domanda, fatta nel sonno, dalla sua futura sposa.
Sorrise. Oh, com’era carino quando sorrideva, non si sarebbe mai stufata di guardarlo. Lo baciò felice, poi focalizzò la sua attenzione di nuovo sul presente.
«Che mi hai portato di buono?»
«Un succo di mirtilli, i cereali e un dolce particolare, una specialità della nostra cuoca» elencò indicando quello che si trovava sul vassoio «Se poi vuoi il caffè…»
«No, no, no» si affrettò a rispondergli «Non voglio delle occhiaie più giganti di quelle che già sicuramente ho. Sai, non mi ha fatto assolutamente bene sballare i miei orari e finire per dormire così poche ore… non farà affatto bene alla mia pelle…»
«Lo so, mia Blair, ma mia madre stava male e siamo dovuti tornare» le spiegò paziente.
«Certo, ma chiunque prende l’influenza ogni tanto…» protestò lei.
«Mia madre è stata molto male negli ultimi anni e si spaventa ogni volta che sta poco bene, sai…»
In quel momento Blair ebbe un lieve stordimento, seguito da un senso di nausea: doveva andare immediatamente in bagno, possibilmente senza testimoni.
«Capisco, allora va’ da lei a vedere come stai e falle gli auguri di guarigione anche da parte mia».
«Tornerò tra pochissimo» assicurò Louis mentre usciva dalla camera.
Nello stesso momento, di corsa, Blair si alzò dal letto diretta nel bagno attiguo alla camera. Si ritrovò in ginocchio ancora prima di accorgersene, a vomitare quello che ancora non aveva mangiato. Quella sensazione sgradevole che l’attanagliava ormai da almeno dieci giorni. Era sicura che non fosse bulimia, non più ormai, ma nello stesso tempo non poteva – anzi, riusciva – proprio a realizzare che l’esito positivo di quel test le avrebbe rovinato la vita, quelle due stanghette che si tagliavano perpendicolari andando a formare un più; soprattutto dato un punto cruciale che si presentava in relazione a quello.
Era ancora così, con la camicia da notte, in ginocchio davanti al water, quando una cameriera bussò alla porta della stanza.
«Mi scusi… mademoiselle Blair…? Le ho portato il caffè che monsieur Louis aveva chiesto per lei».
«Sì, lo metta sul comodino!» strillò la ragazza, maledicendosi per non aver chiuso la porta del bagno.
La cameriera, infatti, si affacciò a vedere. Che diavolo…
«Tutto bene?»
«Sì, sì, mi è solo caduto un… orecchino» fece finta di affaccendarsi «ma, eccolo, l’ho trovato! Può andare, grazie».
Sul viso della donna passò per un istante un’espressione stranita ma si dileguò, lasciandola sola. Ci mancava solo che la servitù pettegola scoprisse che la mattina vomitava ed era a cavallo, già la sua popolarità non era alle stelle, ci mancava solo una caduta di stile come quella.
Si alzò per tirare lo sciacquone e per sciacquarsi il viso. La cosa peggiore di quella situazione era che si sentiva consumarsi dai dubbi e dalle indecisioni. Avrebbe voluto parlarne con qualcuno, ma a chiunque l’avesse raccontato l’avrebbe giudicata male. Ok, quella sera al Mitzvah si era decisamente lasciata prendere la mano, ma era tutta colpa di Chuck alla fine, lei aveva pensato di lasciare Louis e invece lui l’aveva buttata tra le braccia del principe. E se fosse andata diversamente, che cosa sarebbe cambiato? Nulla, le sussurrò una vocina nella sua testa. Ma per lo meno non avrebbe provocato uno scandalo nel cattolicissimo principato di Monaco.
Per questo motivo doveva assolutamente sposarsi il prima possibile, forse era ancora meglio ottobre che novembre, ma ne avrebbe parlato con Louis, anche per non tenerlo all’oscuro e farlo sentire partecipe nelle decisioni di coppia. E magari il giusto modello di vestito e lo spessore della stola di pelliccia avrebbero fatto il resto per nascondere il rigonfiamento sul ventre.
Si guardò allo specchio: quel giorno neppure un miracolo l’avrebbe riportata ai suoi standard.
Ad ogni modo aprì l’armadio e cominciò a cercare qualcosa da mettersi, doveva apparire sofisticata ma senza eccedere o far sembrare che avesse passato un’ora per scegliere la mise.
E della paternità del bambino se ne sarebbe occupata in seguito, insomma Louis e lei si erano dati abbastanza da fare perché non sospettasse nulla anche se il bambino non fosse stato suo. E Chuck non era albino, quindi non c’era pericolo che il bambino nascesse biondo con gli occhi azzurri. Sempre che il bambino fosse stato concepito in quella notte perché, in fondo, poteva benissimo anche essere di Louis.
Cominciò a scartare le mise che non sarebbero potute andare per il brunch di quel giorno e le cose che aveva già messo.
Nel frattempo fece una lista mentale dei suoi impegni per la mattina, scocciata dal fatto che Dorota non fosse lì a metterli per iscritto mentre lei dettava. La cosa migliore, una volta lasciata la camera, sarebbe stato andare a vedere di persona lo stato di salute della futura suocera, anche perché era l’unica che non la odiava e che avrebbe potuto mettere un’ipotetica buona parola per lei con i suoi parenti. E in più avrebbe fatto piacere a Louis vedere che si interessava a queste cose. Sarebbe sicuramente stata una regina magnanima e attenta ai bisogni dei suoi sudditi. Sorrise mettendo sul letto ancora sfatto i vestiti scelti.
Si accorse allora di non aver fatto colazione e si diresse verso il vassoio che le aveva gentilmente portato Louis. Fu investita dal forte odore del caffè e si ritrasse; poi, con una mano che si chiudeva a molletta sul naso e l’altra con in mano la tazzina andò in bagno a rovesciarne il contenuto nel lavandino.
Louis, qui fanno proprio un caffè delizioso!
Rimise la tazzina sul piattino e si mise a sgranocchiare i cereali. Una volta finita la colazione tornò sui vestiti da mettere.
 
 
Stava vagando per i corridoi in cerca delle stanze della madre di Louis, Sophie. Non che non avesse chiesto – con molta discrezione – dove si trovassero gli alloggi della futura suocera ma, fatto stava, che si era persa comunque.
In quel momento, con la code dell’occhio, vide una cameriera che stava pulendo il corridoio per il quale era appena passata. Veloce, per quanto le permettessero le sue Louboutin, corse verso la donna.
«Excusez-moi, madame!» la chiamò.
«Oui?» fece lei spostando la sua attenzione dalla pulitura di un vaso Ming a lei.
«Sapete dove posso trovare le stanze della principessa Sophie?»
«Alla fine del corridoio» rispose lei «la porta che si vede anche da qui, quella con accanto la pianta».
«Merci beaucoup, madame».
«Pas du tout, mademoiselle».
Ma lei non la sentì, essendo già arrivata alla porta indicatole. Bussò e le venne ad aprire una cameriera.
«Posso vedere la principessa Sophie?»
«Vi annuncio».
Scomparve un attimo lasciando sulla porta per poi tornare e farle strada attraverso l’anticamera fino alla stanza da letto. La principessa, seduta sul letto, stava comoda su una caterva di cuscini, mentre un’estetista si stava occupando della manicure.
Stava veramente tanto male, considerò sdegnata Blair, era per quello che loro erano partiti a metà della notte? Era a dir poco furente, ma mostrarlo non l’avrebbe certo aiutata.
«Buongiorno, Sophie, Louis mi ha detto che sei stata poco bene…»
«Sì, sto davvero male, molto male» si lagnò lei.
Una suocera rompiscatole e ipocondriaca, che grande alleata.
«Spero solo che potrai essere dei nostri per il brunch di oggi…» buttò lì Blair, sperando che tra le “qualità” di Sophie ci fosse anche un po’ di egocentrismo.
«Ah, spero proprio di sì» sospirò «mi ha fatto piacere la tua visita».
«Figurati. Ci vediamo» la salutò la ragazza.
 
 
Stava ancora vagando per i corridoi quando incrociò Louis.
«Blair! Dov’eri?» le chiese subito.
«Be’, mi hai detto che tua madre stava così poco bene e sono andata a farle visita di persona; sai, mi sono resa conto che, malgrado le buone intenzioni, mandare te a fare gli auguri di pronta guarigione anche da parte mia potesse essere vagamente… ipocrita, e così… eccomi qui!»
«Mi fa molto piacere» le cinse la vita con un braccio «vorrei proprio che tu e mia madre poteste legare».
«Oh, lo spero tanto anch’io!» cinguettò lei in risposta.
Detto questo lo baciò con passione, sperando che lui credesse a tutto quello che gli diceva. Ah, con Chuck era tutto molto più semplice, se non voleva dirgli qualcosa non lo faceva e poi condividevano quasi sempre le stesse preoccupazioni per lo stesso tipo di cose.
Cosa diavolo andava a pensare? Anzi, chi diavolo andava a pensare? Doveva assolutamente eliminare Chuck da tutti i suoi pensieri.
 

B!, ma come sei dolce! Quanto miele c’era nel vassoio della colazione?, tutto quello che consumano gli abitanti del principato in un decennio?
Ad ogni modo speriamo di diventare tutti amici, ma certo che lo speriamo!

 
«Vogliamo andare verso i giardini che ti vorrei mostrare la serra e il roseto?»
«Avete anche un roseto?» esclamò deliziata Blair.
 
 
«Sono due settimane che siamo qui» sbuffò Chuck cercando un accendino «conosco questo posto quasi meglio dell’Upper East Side, non ci sono nemmeno le donne europee… sai, penso che la nostra estate, oltre a dover essere un’estate di perdizione, dovrebbe essere anche un po’ vagabonda, con i giusti mezzi, però».
«Già» rise Nate «ti ricordi il vagabondaggio di Carter Baizen…?»
«Quell’idiota…» accendendo la canna che si era rollato pochi minuti prima «domani, in mattinata, faccio preparare il jet; come la vedi?»
«Alla grande» ci fu un attimo di silenzio, come se volesse continuare ma non sapesse cosa dire e soprattutto il modo in cui dirlo «ti dispiace se con me c’è un più uno
«Un più uno?» rise Chuck «Archibald, questo sembra l’epilogo della tua estate di depravazione, e non siamo neppure a luglio».
«La dovresti conoscere, magari te la presento».
«O magari no, mi basta sapere chi è e dove l’hai conosciuta» tagliò corto.
«Si chiama Kylie e…»
«Non dirmi che è la ficcanaso…!» sibilò inorridito Chuck, se c’era un tipo di persona che non sopportava erano quelle sfacciate che non sapevano farsi i fatti loro.
Insomma essere a conoscenza di tutti i segreti e gli scandali degli altri era un conto, ma andare a chiedere perché questo e come mai quello al diretto interessato era tutt’altro.
«Lasciamo stare, prendi un mappamondo e facciamo in fretta» cambiò infine discorso.
Nate sparì nell’altra stanza mentre Chuck, seduto comodamente sul divano, con gli occhi chiusi aspirava il fumo dalla canna. Totale relax, era quello che ci voleva, ma questo lo sapeva già. Aveva bisogno di trovarsi un nuovo passatempo, ma il problema, che gli frullava in testa da giorni, era semplice e disarmante al tempo stesso. Quale? Buttarsi nel lavoro per dimenticarla? C’era appunto un progetto che aveva adocchiato lì, a Los Angeles, ma ormai aveva deciso di partire. Dopotutto era in vacanza, a settembre si sarebbe preoccupato…
«Come immaginavo» Nate ricomparve nel salotto della suite «in una stanza d’albergo non si può trovare un mappamondo… quindi ho una cartina».
«Be’, anche ad occhi chiusi risulta facile indicare un luogo se si sa più o meno dov’è…»
«Proprio per questo motivo non è una cartina Americana quella che ho comprato, quindi cominciamo dicendo che il nostro continente non si trova nel mezzo del foglio» spiegò orgoglioso della sua idea «adesso tu chiudi gli occhi con una penna in mano e cominci a tracciare linee sulla cartina che io provvederò a spostare senza fare caso al verso…»
«Che carino» sbuffò sarcastico l’altro «così sembrerà o un’opera di arte moderna o gli scarabocchi dei bambini della scuola materna».
Nate alzò gli occhi al cielo.
«Dove si incroceranno tre linee, sarà lì che andremo».
«In mancanza di qualcosa di meglio…» sospirò Chuck.
Chiusi gli occhi, cominciò a tracciare linee a caso fino a quando non sentì la voce dell’amico.
«Vediamo se ce l’abbiamo fatta…»
Chuck aprì gli occhi e si mise a studiare la cartina con in mezzo l’Europa. Dopotutto Nate non aveva avuto una cattiva idea, non fosse che… le tre linee di penna si incontravano in un solo punto.
«Quasi avrei preferito rimanere dov’ero» commentò con una smorfia mentre Nate ridacchiava.
«Te la sei cercata».
 
 
«Ho conosciuto Blair la scorsa estate» stava spiegando Louis ad un uomo sulla cinquantina «A Paris».
Il suo interlocutore continuava ad annuire come se il giovane gli stesse parlando della cosa più interessante al mondo. Blair, che era andata a prendere un crostino con una crema rosata, lo raggiunse.
«Ecco Blair» la presentò all’uomo che gli stava di fronte «Blair, ti presento il visconte François Von Cattel, cugino di terzo grado di Alberto II» fece una pausa per rivolgersi al visconte «François, la mia fidanzata, Blair Waldorf».
La ragazza gli rifilò un sorriso di cortesia che non avrebbe raggiunto gli occhi neppure con uno sforzo, mentre lo squadrava dalla testa ai piedi. Capelli neri, doppio mento seminascosto da una barba piuttosto folta e l’aria tracagnotta. Molto affascinante, davvero, fortunatamente Louis non aveva certo preso da quel ramo della famiglia.
Gli porse la mano e lui gliela strinse con la sua sudaticcia.
«François, sempre un piacere discorrere con te, ma vorrei presentare delle persone a Blair» mise un braccio attorno alla vita della fidanzata «con permesso».
Il visconte fece un cenno della mano e loro si allontanarono.
«Blair, mia cara, ti volevo presentare una persona che ti potrebbe davvero essere simpatica, avete lo stesso buongusto nel vestire… e dov’è…? Eccola lì» Indico una ragazza castana, che dava loro le spalle.
Dopotutto Louis non aveva torto, la ragazza indossava un vestito al ginocchio di colore bianco con una stampa fiorata di colore azzurro. A cui si abbinavano perfettamente le scarpe scelte.
«Clarisse!» la ragazza si girò e venne loro incontro sorridendo «ti ho parlato tanto di Blair… e alla fine riesco a presentartela: Clarisse, Blair, la mia fidanzata e… Blair, lei è Clarisse, mia sorella».
«Clarisse» ripeté Blair, sorridendo calorosamente ma, vedendo che su di lei si era posato uno sguardo più freddo del ghiaccio, veloce tramutò il sorriso in un sorrisetto «Louis non mi aveva mai detto che aveva una sorella».
«Davvero non l’ho fatto?» intervenne Louis dubbioso.
Certo che l’aveva fatto, le aveva anche detto diverse cose, come per esempio che era un’appassionata di psicologia infantile e della corrente pessimista che andava dalla seconda metà dell’ottocento all’inizio del novecento…
«No, non l’hai fatto» Blair continuò a sorridere «dev’essere senz’altro un lapsus freudiano!»
In parole più semplici stava insinuando che Louis non le avesse parlato della sorella o perché non la riteneva parte della famiglia o, comunque, per altri non esattamente fantastici motivi. Fortunatamente si ricordava una delle sue chiacchierate con Brandeis che, pur essendo una call girl, aveva tanto buon gusto e una discreta cultura.
Gli occhi azzurri di Clarisse si strinsero a fessura: uno a zero per Blair.
«Louis, hai visto che mamma è stata male» cambiò discorso la sorella.
«Sì, sono andato a trovarla questa mattina»
«Blair non è venuta con te?» chiese Clarisse sorpresa.
Cos’era una specie di campo minato? E se fosse sopravvissuta le avrebbero regalato una borsa Marc Jacobs piena di esplosivo, un cocktail super alcolico e un fiammifero acceso?
«Sono andata a trovarla dopo Louis, visto che quando lui stava andando non ero ancora pronta».
Il sorriso di Clarisse s’incrino leggermente, mentre quello di Blair si allargò ulteriormente, quasi fino a farle venire male alla mandibola. Non si poteva dire un due a zero, ma l’aveva messa a tacere almeno per un po’.
Esaltata dalla momentanea vittoria, - anche se sapeva che ride bene chi ride ultimo – Blair si rilassò impercettibilmente, pur rimanendo pronta per un nuovo imminente scambio di battute.
«Madre!»
I tre si voltarono e videro la principessa Sophie entrare nel grande patio. A quel richiamo si girò verso di loro e li raggiunse. Indossava un abito scialbo, di un colore altrettanto insignificante. Il viso tirato e le labbra perennemente strette, come in un’espressione di disapprovazione.
Blair si preparò un sorrisone da sfoggiare per mostrare a quella simpaticona della sorella di Louis quanto sua madre e lei fossero amicone. Sì, si era riproposta di trovare altre simpatie nella famiglia del suo fidanzato, ma l’orgoglio le impediva di elemosinare la gentilezza altrui, soprattutto con gente così pregiudicata. Preferiva farsi la scalata dalle stalle alle stelle da sola, piuttosto che abbassarsi a quei livelli e dimenticare la sua dignità nella pochette più brutta che aveva messo in valigia per sbaglio.
«Sophie, mi fa piacere che la salute ti abbia consentito di darci il piacere della tua compagnia» dichiarò Blair con voce squillante, non appena la donna si fu avvicinata abbastanza da sentirla.
«Sono una donna forte, alla fine» fece un mezzo sospiro la principessa «non ho mai mancato un banchetto a corte».
«Madre» s’intromette Clarisse «stavo per parlare con Louis e Blair per quando stanno pianificando il matrimonio, così, per cominciare a organizzarci…»
«Io pensavo verso fine ottobre, al massimo inizi di novembre» rispose pronta Blair «sapete, comincia a fare freddo ma non tanto da non poter approfittare di questi bellissimi giardini. E anche se facesse freddo ho sentito che le pellicce, rigorosamente ecologiche, torneranno di moda questo autunno-inverno».
Ci fu un silenzio per alcuni istanti come se stessero riflettendo sulla possibilità di organizzare il matrimonio per l’autunno.
«E se invece lo celebrassimo nella settimana di Santa Devota?» propose Clarisse «a fine gennaio».
Cosa? Ma a fine gennaio sarebbe stata una botte, pensò Blair disperatamente.
«Sì, sarebbe davvero bello vedere come una coppia giovane sia così attenta alle tradizioni del proprio paese» aggiunse convinta la principessa Sophie.
Oh, merda, era proprio il caso di dirlo. Doveva dire qualcosa, doveva dire qualcosa d’intelligente…
«Ci penseremo senz’altro, accettiamo proposte e le valuteremo tutte» sorrise forzatamente Blair.
In quel momento arrivò un cameriere con degli antipasti a base di salmone affumicato, che Blair non si prese neppure il disturbo di vedere cosa fossero. Il salmone era veramente la goccia che faceva traboccare il vaso già pieno. Fece segno che doveva andare in bagno.
Fortunatamente ce n’era uno non appena si rientrava nella dimora.
E due, costatò amaramente, cercando di non sporcarsi l’abito color vinaccia, né i capelli.
Una volta uscita dal bagno si controllò a uno specchio del corridoio dalla cornice lavorata.
«Tu devi essere Blair…»
Chi altro…? Lei si girò, ritrovandosi davanti un… prete?
«Già. E…?»
«Monsignore Jean-Baptiste» dovette leggere dubbi che affioravano sul volto della giovane perché aggiunse «Suppongo di potermi definire il cugino squattrinato che ha deciso di prendere i voti e, se mi vorrete, potrei celebrare il vostro matrimonio».
«Oh, davvero? Voi… tu… lei…»
«Mi puoi dare del tu, Blair, siamo quasi parenti» esclamò con una mezza risata.
Dopotutto non tutti in quella famiglia erano mele marce piene di vermi e pregiudizi.
 

Difficile, la scalata si sta rivelando difficile, eh B? La salita è ripida ma non devi demordere.
Solo, chi ti sta guardando dall’alto sa perfettamente che basta un dito per buttarti giù.

 
 
Era da poco passata l’alba e il sole si faceva piano spazio nel cielo, tingendolo di che andavano dal rosato al pallido arancione. Meglio il tramonto, decretò Chuck, molti lo trovavano romantico ma in realtà, con le sue tinte, era molto più passionale che romantico. Il romanticismo, lui, lo lasciava alle femminucce.
Stava aspettando Nate con i loro bagagli vicino al jet che li avrebbe portati nella loro prossima destinazione. Quella notte non era passato dall’hotel perché aveva avuto una compagnia migliore di quella di Nate che, comunque, molto probabilmente si era visto con quell’impicciona… Kimberly…? Katelyn? Sì, be’ lei.
Una macchina scura si fermò accanto a lui. Ne scese il suo amico. Da solo.
«Il tuo più uno?» chiese Chuck più con un tono curioso che beffardo.
«Sembra che anche lei abbia da lavorare…»
«Che lavoro fa?»
«L’hanno presa nel ruolo principale per un film drammatico» gli spiegò Nate.
Il ragazzo annuì mentre, con la coda nell’occhio, supervisionava il caricamento dei bagagli sul velivolo. Assicuratosi che nessun bagaglio o borsa fosse stata lasciata a terra, salirono le scale che li portarono all’interno del velivolo.
«Hai dormito questa notte?» chiese Nate un po’ ironico.
«Mi chiamo Archibald, secondo te?» sorrise, quasi gongolante «ho dormito quanto era necessario».
Una cameriera portò loro una bottiglia di spumante e due flûte, quindi li riempì.
«A proposito della tua ragazza, Kendra…»
«Si chiama Kylie» lo corresse secco Nate.
«Sì, be’ non sono molto bravo con i nomi delle ragazze, sai… dicevo, al party dove l’hai incontrata, ho visto che hai incontrato Trip…»
«Non è successo niente di particolare» rispose subito «ci siamo solo salutati; penso che non lo perdonerò mai per quella che ha fatto a Serena, solo per pararsi il culo…»
Chuck fece un cenno d’assenso e chiuse gli occhi, gustando lo spumante. Era una piacevole sensazione quella delle bollicine che scendevano lungo la gola.
«Non ho affatto sonno» sbuffò.
«Io, invece, sono stanco» annunciò Nate «quindi, con permesso, mi farei un sonnellino»
«Come preferisci, Nathaniel, ma prima dammi un parere: come ti sembra la hostess che ci ha fornito da bere? Aveva un davanzale abbastanza fornito?»
Per tutta risposta quello alzò gli occhi al cielo, tanto bastò.
«Dai, sai che le donne in uniforme hanno un certo fascino…»
Sorrise con sguardo malizioso Chuck mentre si alzava dal suo sedile in pelle.
 

Che chi arriva a chi parte, ma io resto sempre qua a seguirvi e a tenervi d’occhio.
Continuate a guardarvi in giro, voglio sapere tutto!
Amatemi e informatemi. XOXO, Gossip Girl.









Puntualissima! Vi sto lasciando con un capitolo un po' più lungo dell'altro per farmi perdonare per la mia assenza che si prolungherà fino al 24 di luglio (il 25 spero vivamente di riuscire ad aggiornare).
Ok, ammetto di aver letto lo spoiler del prete e mi sono detta "replica del 1x08?" XD E poi il nostro prete sarà un personaggio con più intrallazzi di molti abitanti dell'UES, quindi penso proprio che ne vedremo delle belle. Per tutto il resto sto scrivendo e valutando. Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Credo di aver risposto a tutti, mi fa molto piacere che non ci fossero dubbi o domande perché non si capiva qualcosa.
Vado a nanna. Bisous, Claudia.

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