Please, devour my soul

di Dark_Passion
(/viewuser.php?uid=131157)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Just another prey ***
Capitolo 2: *** Do you remember last night Annah? ***
Capitolo 3: *** Crimson eyes ***



Capitolo 1
*** Just another prey ***


Just another pray
 
La sigaretta in una mano e una bottiglia di vodka nell’altra; queste erano le uniche certezze di Savannah.

Seduta su una panchina la ragazza guardava le vie di Volterra diradarsi mentre calava il buio sulla città.

Prese un altro sorso di quella sostanza fredda e bruciante, una altro tiro della sigaretta e un altro passo verso la distruzione di se stessa.

Ormai era il crepuscolo e il silenzio regnava padrone indiscusso.

Non era un posto sicuro, spesso e volentieri succedevano ‘incidenti’ spiacevoli per la strada, soprattutto per quelle di Volterra: città dai mille volti.

Quel pomeriggio Anna era salita in sella alla sua moto per tornare in quella casetta, (si affacciava proprio a palazzo dei priori) ,aveva girato la toppa

lentamente per gustarsi il momento che avrebbe rivisto il suo amato Marco, ragazzo dal cuore d’oro con cui stava da più di due anni.

Un ricordo doloroso colpì la mente della povera Anna facendola accasciare alla panchina di ferro.

Il suo fidanzato a letto con un’altra ragazza, una ragazza che decisamente non era lei.

L’aveva subito sbattuto fuori pregandogli di non farsi più rivedere.

Forse aveva commesso un errore, cacciando via da casa e dal suo cuore, dimora di sola sofferenza, l’unica persona a cui veramente importava qualcosa di

lei. Nessuno poteva biasimarla.

La sigaretta si stava spegnendo lentamente grazie alla brezza di quella sera, la sua bottiglia semi vuota era la sola a tenergli compagnia, a farla sentire meno

vuota di quello che era.

-Signorina, le hanno mai detto che è davvero bellissima?- un uomo calvo e tozzo la stava fissando appoggiato ad un lampione.

-Lei chi è?- non gradiva i complimenti dalle persone che conosceva meno che meno dai completi sconosciuti.

-Chi son io non è importante- la luce rarefatta del lampione lo illuminava completamente.

-Che cazzo vuoi da me- non era esattamente una buona idea provocarlo, per non dire pessima ma era arrivata al massimo della sopportazione.

-Oh la gattina ha gli artigli- questa volta si avvicinò con passo felpato alla ragazza che ora iniziava ad avere un po’ di paura.

-Voglio solo divertirmi- continuò l’uomo come per farsi scherno della sua vittima.

Anna voleva scappare ma era come ammaliata da quegl’occhi rosso purpureo che la guardavano, che la desideravano, che la voleva risucchiare; divorargli

l’anima lentamente.

-E tu sembri perfetta per divertirmi; così succulenta- quando riuscì ad ottenere un momento di lucidità interrompendo il contatto visivo, prese la bottiglia

che teneva ancora saldamente in mano e gliela spaccò in testa.

L’uomo iniziò ad adirarsi verso quella ragazzina tanto sciocca da poter credere di scappare dalle sue grinfie.

Nessuno scappava dalle sue grinfie, erano mesi che si aggirava per la città mietendo innocenti vittime senza che nessuno se ne accorgesse; senza che loro

non se ne accorgessero.

Di certo una ragazza minuta e così debole non gli sarebbe scappata.

Le prese le braccia con foga e l’attirò a se.

Un profumo delizioso come pochi gli stava stuzzicando le narici. la sua eccitazione gli fece estrarre velocemente i canini sotto lo sguardo impaurito di Anna

che ormai pensava che fosse la sua fine; nessuno lo avrebbe fermato.

-Non osare uccidere quella povera creatura- tre figure misteriose fecero la loro entrata in scena appena in tempo.

-Hai disonorato l’intera casata di vampiri, l’intero mondo delle tenebre. Siamo venuti per porre fine a questo scempio- una voce autoritaria  e roca

rimbombò nell’aria che si era fatta decisamente pesante.

L’uomo si fece scudo con Anna portandola di fronte a se consapevole che i tre vampiri non avrebbero osato uccidere un’abitante della città.

-Liberala – un’altra voce si fece largo, più giovanile e chiara.

-La volete?- l’uomo era intimorito da quelle persone, suoi simili.

Anna non riusciva più a connettere la ragione al cervello. Tutto le sembrava così irreale e pauroso eppure la cosa la incuriosiva tantissimo; voleva saperne

di più.

Lei tuttavia non era a conoscenza che non era concesso a nessun cittadino di sapere la verità, cosa celavano quei misteri che circondavano come una

perenne nuvola di mistero la storia di Volterra.

-Lo ripeterò per l’ultima volta, libera la ragazza- l’uomo alla spalle di Anna si fece più teso e meno sfacciato.

Finalmente dopo quella che era sembrata un’eternità la spinse a terra e si dileguò velocemente.

Due figure si lanciarono al suo inseguimento mentre l’altra aiuto la ragazza a rialzarsi.

-Tutto bene?- Anna non lo sapeva.

Apparentemente sembrava stava bene eppure qualcosa non andava.

-Chi sei?- riuscì a riprendersi dalla trans nella quale era assorta, per rivolgere l’attenzione su quello che era un ragazzino dagli occhi rossi. Gli stessi occhi

iniettati di sangue dell’uomo di prima.

-Sono Alec- un sorrisetto beffardo era apparso sul volto del giovine.

Un sorrisetto che non vedeva la luce da tanto tempo.

 

***
Note dell’autrice:
Devo dire che ho fatto abbastanza schifo per essere la mia prima ff di Twilight.
Mi hanno sempre attratto i Volturi ‘figure misteriose che vagano nella notte’  in particolar modo Alec.
I protagonisti indiscussi di questi capitoli saranno Alec e Savannah da come avete potuto capire; quindo dal prossimo chap posso iniziare con il POV :)
Ringrazio chi ha letto questa barba mortale e magari se volete mi potete lasciare una recensione anche solo per dirmi che è meglio che la cancello perché fa pena.
Vi saluto e vi ring razzio ancora <3
La vostra

Dark_Passion

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Do you remember last night Annah? ***


Do you remember last night Annah?
 
 

Savannah Pov

La leggera brezza che arrivava dalla finestra mi svegliò dolcemente.

Un respiro primaverile percorse la mia pelle nuda e fragile, coperta solo da un lenzuolo.

Non ricordavo nulla della sera precedente. Solo una fitta di dolore per quel posto vuoto accanto a me, un posto che aveva ancora la sua forma.

-Anna?- la voce di mia sorella Victoria mi fece balzare in piedi –Cosa è successo? Perché la porta era aperta-

Senza scrupoli si era già parata davanti allo stipite, guardandomi con sguardo vacuo e preoccupato allo stesso tempo.

-La porta era aperta?

Plausibile visto che non rammentavo neanche come diavolo ero finita sul letto.

-Si, ieri io e mamma abbiamo provato a chiamarti,- parlava velocemente, una vena prolissa si era impossessata di quella ragazza –eravamo in ansia. Pensavamo ti fosse successo qualcosa.

Di certo era successo qualcosa. Qualcosa che sarebbe stato meglio non scoprire.

Beata ignoranza.

-Tranquilla, sono stata occupata.

“Occupata a sbronzarmi” pensai con tono ironico che tuttavia trasudava accidia.

-Va bene comunque sono venuta anche per chiederti un favore.

La mia sorellina che mi chiedeva un favore??? Che novità.

-Dimmi,- ancora un po’ assonnata decisi di assecondarla sperando non mi avrebbe richiesto troppo come suo solito, cose assurde –però ricordati che sei in debito con me.

Il suo solito sorriso sornione fece capolino sulle labbra perfettamente curate.

-Mi organizzeresti il mio addio al celibato?

Non era un segreto che mia sorella era l’incarnazione della figlia perfetta: avrebbe avuto il matrimonio de suoi sogni prima dei venticinque anni con un uomo divino.

Cedevo sempre ad ogni sua richiesta, sempre e come ogni volta dissi: -Lo farò.

Dio solo sapeva quanto odiavo la mia vita così imperfetta e casinista.

 

Erano le tre del pomeriggio quando decisi di scendere in cucina.

Mettere qualcosa sotto i denti era il primo pensiero, necessità che non potevo ignorare.

“Appunto per la prossima volta, se decidi di prenderti una sbronza cara la mia Savannah non farlo a stomaco vuoto” pensai mentre prendevo una tazza dell’ottimo caffè che

premurosamente Vic mi aveva portato quella mattina.

 


Alec Pov

I gridolini allegri di Jane riecheggiavano nella stanza.

-Non sai quanto mi sia divertita!!!

Una Jane euforica saltellava da un capo all’altro facendomi perdere la testa.

-Sorella, non credi di ingigantire la situazione?

Di colpo si fermò, scrutava come una cacciatrice i miei occhi impassibili.

Una ragazzina lunatica come poche.

-Non penso proprio,- disse per poi tornare allegra e soddisfatta della missione – e poi Aro sarà ben lieto di sapere che abbiamo acchiappato quella sanguisuga purulenta, non trovi?

Ogni sua richiesta era un ordine.

-Ovviamente.

Un vento leggero, un piccolo spostamento di fogli e Heidi appoggiata alla scrivania ci osservava.

-Fratello, ti sei occupato dell’umana?

Dopo che Jane e Felix si erano lanciati all’inseguimento di quel vampiro, io al contrario mi ritrovavo con un’insulsa umana dai brucianti occhi azzurri che i guardava impaurita eppure

attratta.

Era poco lucida, la mente annebbiata dall’alcol e dallo choc accumulato. Un piccola fragile umana che mi aveva guardato come nessuno, mia aveva trafitto l’anima divorandola in un

solo boccone.

Reso prigioniero da quella creatura così debole e indifesa.

-Certamente.

Heidi aveva sposato lo sguardo da Jane a me.

Uno sguardo che non era il benvenuto. Uno sguardo che non era minimamente sensuale e dolce come il suo.

-Sorella perché non porti la notizia ad Aro.

Il sorrisetto maligno eppure così identico al mio spuntò su quel volta da finto angioletto.

-Siii.

Scomparve come di magia. Un attimo prima c’era, l’attimo dopo non più.

“Ora a me e te” pensai guardando la vampira che fissava le suo unghie curate come artigli.

-Heidi?

Il rossetto rosso impeccabile si era incurvato in un sorriso beffardo.

-Alec,- il suo un tono più che malizioso, insolente, - Demetri pensava di fare una bella battuta di caccia e mi ha gentilmente mandato ad’invitarti.

Il suo sguardo sanguinolento si vece più acceso al solo pensiero di carne fresca.

-Devo presumere che Aro, Marcus e Caius ne siano all’oscuro.

Giravo attorno alla sua splendida figura femminile che ormai non mi suscitava più nessuna emozione.

-Presumi bene mio caro Alec.

I suoi canini scintillavano sotto la flebile luce del lume.

-E Jane? Sarebbe da veri maleducati non invitarla.

Il suo sguardo continuava a vagare in giro ormai non più fisso sul mio.

-Pensaci,- disse semplicemente eludendo la domanda – fammi sapere al più presto- senza dire nulla si affiancò a me e mi stampò un bacio pesante sulla guancia.

-Lo farò.


 


***** 
Note dell’autrice:
Questo capitolo non dice nulla di sostanziale.
Il prossimo però prometto ci sarà più di tutto :D
È tardissimo e sono stanca morta quindi senza ulteriori indugi vi auguro buona notte…
Ringrazio chi legge e chi recensisce.
Potete anche lasciarmene una di recensioe visto che quella che ho ricevuto mi ha aiutato molto.
Spero quindi di essere andata meglio con ortografia e punteggiatura ;)
Bacioni e abbracci
 
Dark_Passion

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Crimson eyes ***


Crimson Eyes 

Il getto caldo dell’ acqua mi riportava alla vita, faceva lentamente scivolare lungo la pelle tutti i brutti pensieri annidati nella mia mente.

Mi sentivo una bambina intrappolata nel corpo di una giovane donna. Ripensavo a tutti quei momenti che non avevo mai potuto vivere, a tutte quelle esperienze della mia infanzia,

rovinate dall’ignoranza di persone egoiste e immature.

Le piastrelle fredde del muro a contatto con il mio corpo bollente, mi salvarono dall’affogare in tutti quei pensieri sconnessi, da tutti quei problemi che mi assillavano, aleggiando

sopra la mia testa come una spada di Damocle.

Se solo non avessi risposto a quel maledetto telefono. Se solo mia madre per una volta si fosse comportata da madre, non mi sarei ritrovata in quella situazione.

La conversazione ancora mi rimbombava in testa.

 
- Questa sera uscirai con Marco, - la voce fredda di quella persona che chiamavo mamma, era resa ancora più glaciale, non aveva niente di materno  – è un bravo ragazzo, di buona famiglia e ha un certo interesse per te. Fatti trovare pronta per le otto.
 


Forse era meglio dire ordine.

Potevo avere dieci, venti o cinquant’anni, tanto per lei sarei sempre rimasta una bambolina che eseguiva i suoi ordini a piacere.

Come le altre volte, senza preavviso, mi aveva imposto di uscire con l’ennesimo figlio di papà, sperando di darmi in moglie, nella stessa maniere che aveva fatto con Vic.

-Fanculo!

Il vapore si era disperso silenziosamente in tutto il bagno, appoggiandosi su ogni oggetto che incontrava sulla strada.

Lo specchio appannato rifletteva una flebile immagine, l’immagine di una ragazza che, secondo logica, avrei dovuto essere io.

I capelli castano chiaro erano diventati di un colore intenso e scuro per l’acqua. Gli occhi azzurri, erano spenti, trattenevano un fioco ricordo di vivacità.

Il corpo esile e magro era fasciato da una asciugamano color mogano. In quel momento da quanto ero persa in me, avrebbero anche potuto rapinarmi e non me ne sarei accorta.

Continuavo a rimanere lì, fissa davanti a quel pezzo di vetro lucente. Continuavo a rimuginare su tutta la mia vita, se la si può chiamare così, visto la campana di vetro in cui mi hanno

fatto vivere i miei.

Savannah, tu non sei quella bigotta e stupida persona che credono i tuoi genitori. Tu sei molto di più.

La mia coscienza aveva iniziato a farsi sentire, come un grillo parlante, in quella confusione aveva preso il megafono e urlava a pieni polmoni.

-Savannah tu sei molto di più, - guardavo ancora quell’immagine di ragazza davanti a me, parlavo con lei per convincerla – devi cominciare a vivere di vita. Una vita che sia tua.

Quanto avrei voluto credere a quelle parole, aimè tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Un mare dove si trovavano tutte quelle persone pronte ad ostacolarmi, compresi i miei

genitori.

Ringrazia il campanello che mia aveva svegliato da quella specie di trans. Tutta imbacuccata sfrecciai verso la porta, curiosa di sapere chi era.

Un ragazzo dai capelli neri e il sorriso smagliante mi si era parato davanti. Un ragazzo che aveva tutta l’aria di chiamarsi Marco e di essere ricco. Un ragazzo irritante a pelle.

- Non sei ancora pronta?

Mi voltai per guardare l’ora. Le otto meno dieci, esattamente dieci minuti per rendersi presentabili.

- Accomodati, vado a prepararmi e arrivo.

Entrai frettolosamente nella mia stanza. Attenta a non bagnare il parquet, lasciai scivolare l’asciugamano per infilarmi dell’intimo, preso a caso.

Non volevo impressionarlo in qualche modo mettendomi a fare la modella, ma la parte più vanitosa e lussuriosa di me voleva mostrare il suo ultimo acquisto:  un vestitino dai riflessi

lucidi con, appena sotto il seno, un bel fiocco.

Per il trucco pensai a qualcosa di soft, non troppo marcato e non trasparente, un po’ di terra, di ombretto, il mio lucidalabbra rosa ed ero pronta.

-Wow, - disse quel verme, appena mi vide – sei stupenda, Annah.

Presi le chiavi di casa e senza aspettare m’incamminai all’uscita.

- Per te sono Savannah, Marco.

 
 
 
 
Neanche passata un’ora, e già rimpiangevo non aver chiuso la porta in faccia a quel Marco.

Era vanesio e più di tutti di una noia mortale. Parlava di cose che non catturavano il mio minimo interesse.

- Ho saputo che tua sorella si sposa.

Sai che novità, tutta Volterra ne era venuti a conoscenza. Era diventata notizia di dominio pubblico, lo avevano definito il matrimonio dell’anno, esclusivo e espansivo. Tutta una

montatura per attirare le chiacchiere dei giovani,

vecchi e anche bambini che qualche volta venivano a sbirciare nel luogo del misfatto (inteso per matrimonio).

- Oh bene. Penso che da un bel pezzo lo sappiano tutti.

Poteva ritenere la mia risposta vacua, acida e assolutamente maleducata per quanto me ne importasse, non ero in vena di parlare particolarmente.

- Eh si.

Se non fossi stata dotata di cervello, avrei trovato la sua risposta brillante.

- Ti dispiace? Vado alla toilette.

Speravo che di trovarci una finestra. Volevo assolutamente scappare, fregandomene di quel cristiano inetto che fissava la mia scollatura da più di un’ora, fregandomene delle

conseguenze.

- Certo vai a rifarti il trucco, bambolina.

Tutta questa confidenza? Chi si credeva di essere? Un buzzurro, ecco cosa.

- Oh – stare al gioco, fingendosi priva della materia grigia, era difficile – certo, torno in un baleno.

Ti prego, una scappatoia ci sarà.

Varcata la soglia per la gioia dei miei occhietti, trovai una finestra grande e collocata in basso. Qualcuno lassù mi voleva bene, pensai subito prima di evacuare da quella serata

orribile e penosa.

Vagare per le vie di Volterra, di sera e soli, non era esattamente l’idea più intelligente che si possa avere.

- Scusi, non l’avevo vista.

Mentre la mia mente vagava anni luce dalla realtà, mi ero imbattuta in un gruppetto di persone, in una persona.

Due occhi cremisi mi guardavano, intenti a sfogliarmi come un libro, a leggerne il contenuto.

- Tu.

Non so come ma tutto quello che ero successo una settimana fa, tutti quei buchi di cui non riuscivo a riempire, tutte quelle domande che mi ero fatta e tutte quelle sensazioni inquiete,

ebbero la risposta con una sola occhiata.

- Io?

Uno sorrisetto malizioso e divertito si fece largo tra quelle labbra perfette e leggermente carnose.

- Tu.

Non avevo paura e tantomeno incantata, solo che non sapevo che altro dire.

- Ma sai dire soltanto tu?

Pensa bene Annah, fingere l’indifferenza più assoluta è un’ottima prospettiva, devi solo mettere a tacere la tua curiosità morbosa e fingere di nulla.

Si! Avrei finto si essere all’oscuro di quel mondo di cui di certo io non facevo nulla, di cui certo se ci avessi messo anche solo un piede mi avrebbe sbranata fregandosene di essere

assassino verso una vita.

- No scusa, solo che oggi non è stata una serata delle migliori.

Accigliato e un po’ infastidito, continuava a reggere il mio sguardo, come per captarne qualcosa.

- Alec, dobbiamo andare.

Una ragazzina dalla pelle chiara, illuminata dalla luna, fissava spazientita il ragazzo con i suoi grandi occhi luminosi

- Arrivo sorella.

Sorella? Eppure non si assomigliavano vagamente. Sorella, una parola, otto lettere e un significato biologico, un sentimento di cui non conoscevo minimamente quel tepore.

- Scusa ancora.

Non feci in tempo a dire altro che le mie gambe mi stavano portando via.

Da domani, la mia vita sarà solo mia




******* 
Note dell’autrice:
Sono tornataaaaa :D
Mi dispiace che non abbia potuto aggiornare per tutto questo tempo, ma gl’imprevisti, come ogni volta, mi hanno impedito di postare. Mi si è rotto il computer, ergo ne ho dovuto comprare uno nuovo, per poi non parlare del trasloco di casa che sto affrontando, quindi spero solo che possiate apprezzare questo capitolo e tutto l’impegno che ci ho messo ^^
Questa è solo una parte del capitolo. La seconda ovviamente sarà dal punto di Alec e per farmi perdonare di tutto questo ritardo la posterò in meno di una settima (è già pronta ma ha bisogno di revisioni xD)
Spero di non aver fatto troppi errori, ma capitemi sono umana e le sviste sono all’ordine del giorno :)
Bacioni
Dark_Passion
 
Ps: Ed ecco a voi Savannah: http://1.bp.blogspot.com/_TrH6fbB7krQ/R_yYwLsqGCI/AAAAAAAADkc/tw0sv90CFgw/s1600/michelle%2Btrachtenberg.jpg
      Ed ecco il vestito: http://sweet-ladies.net/var/albums/LadiesDresses/bow%20black%20mini%20dress.jpg?m=1291239652

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=752825