Cosa mi tocca fare

di Pantesilea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intuito di padre ***
Capitolo 2: *** Shikamaru sotto scacco ***
Capitolo 3: *** Meritocrazia e compromessi ***
Capitolo 4: *** Ho detto IO e TE ***
Capitolo 5: *** Rispettiamo i piani, please... ***
Capitolo 6: *** Saggezza d'hokage ***



Capitolo 1
*** Intuito di padre ***



 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro


Ecco il prologo della nuova serie, da considerarsi come il seguito di "E adesso che faccio?". Auguro buona lettura a tutti.



INTUITO DI PADRE

 

Shikamaru si alzò dal tatami. Aveva gli occhi ancora socchiusi, rossi, la coda disfatta e sul dorso nudo i segni del lenzuolo. Controvoglia si stirò, sbadigliò, si lavò fugacemente il viso e poi indossò la tenuta da allenamento. Erano le sette e mezza; un pessimo orario, ma se si fosse impegnato, se si fosse impegnato davvero, sarebbe divenuto jonin mentre lei era ancora lì. E lei, quella vipera travestita da donna venuta fuori dalla sabbia con l’unico scopo di creargli delle grane, lo avrebbe potuto vedere. Infondo poi non gli dispiaceva come pensiero. Lui sarebbe stato promosso, lei gli avrebbe fatto i complimenti a suo modo, con quell’aria da superiore che le piaceva tanto assumere e le braccia serrate sotto il seno, e lui le avrebbe risposto scocciato, fingendo di guardare per aria e, se si fosse impegnato, avrebbe trovato una battuta sagace per zittirla, ma su questo non poteva scommetterci. Temari aveva una lingua dannatamente tagliente quando ci si metteva e lui doveva sforzarsi per tenerle testa. Quello che contava, però, era che dopo tutti quei cerimoniali così naturali per loro, lei gli avrebbe sorriso. E questa volta lui, a quel punto…
“Ehi figliolo, ti senti bene?”
Il chunin, che nel frattempo stava uscendo di casa, alzò lo sguardo e si ritrovò suo padre davanti, chino sull’erba del loro giardino.
“Perché?”
“Perché mi pari un po’ troppo mattutino per essere completamente in te. E tu non hai tua madre che ti ha tirato giù dal letto ricordandoti che è ora di tagliare l’erba”.
Shikamaru allora mise le mani nelle tasche e si appoggiò all’anta d’ingresso, guardando distrattamente il cielo.
“Sto bene”, confermò sbuffando. “ma devo diventare jonin prima della fine della stagione, tutto qui…”
A quelle parole Shikaku bloccò la mano che reggeva l’accetta e squadrò il figlio con aria interrogativa. Poi un’intuizione lo abbracciò, quindi abbassò gli occhi tornando al suo lavoro, mentre un sorrisetto malizioso gli nasceva sul volto.
L’improvviso impegno di suo figlio non era poi così inspiegabile, dopotutto. Allora era proprio quella kunoichi di Suna che ho visto girare per gli uffici dell’hokage ieri…


Eccomi qui che torno a stressarvi con le mie fantasie. Posto questa sorta di "prologo" della serie effettiva per presentare il cambio di "dimensione". Spero possa piacervi. Un grosso ringraziamento a tutti coloro che hanno commentato, aggiunto tra i preferiti, le seguite o anche semplicemente letto "E adesso che faccio", visto che questo seguito, alla fine, è per voi. Spero possa essere altrettanto gradito.



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Capitolo 2
*** Shikamaru sotto scacco ***


I personaggi qui descritti non sono opera mia, ma del mangaka Masashi Kishimoto
 
 
Shikamaru sotto scacco
 

 
Shikamaru aprì gli occhi controvoglia.
Si era allenato per alcune ore, partendo presto, poi aveva deciso di regalarsi qualche minuto di meritato riposo, sulla collinetta erbosa dalla quale poteva vedere l’intera Konoha.
Era stato il caldo e opprimente alito di Akamaru a svegliarlo. “L’hokage mi ha chiesto di cercarti, vuole vederti subito”, gli disse Kiba, che torreggiando su di lui lo fissava con quel suo sorriso un po’ sbruffone.
“Che palle, gliel’avevo detto che mi prendevo un po’ di giorni per allenarmi…”
“Vedi, credo proprio che ti stia cercando per questo…” detto ciò, Kiba si fece da parte aspettando che l’amico si risollevasse da terra. Fu un’operazione che durò almeno qualche minuto. Shikamaru dovette sbadigliare, stirarsi la schiena, sbadigliare di nuovo, scacciare Akamaru che nel frattempo sperava di aver trovato un nuovo compagno di giochi, poi fu pronto a seguire l’altro.

Arrivati di fronte l’ufficio di Tsunade bussarono e questa li invitò ad entrare. In piedi, alla destra e alla sinistra della donna, stavano Temari e Lee. A Shikamaru ancora non andava molto giù che il suo posto fosse stato preso da quel ciclone verde, ma alla fine era giusto così: era la conseguenza di una sua scelta.*
“Ecco fatto, voi potete andare” disse l’hokage firmando di fretta le ultime scartoffie che Lee le stava mettendo sotto il naso, mentre con la mano libera faceva segno a Shikamaru di avvicinarsi a lei.
“Con il suo permesso me ne vado anch’io” si congedò Kiba, ancora sulla porta. Ora, a onor del vero l’Inuzuka non fece nulla di sconveniente. Si limitò a far uscire Temari prima di lui, aprendole la porta, come si confaceva a un ninja ben addestrato che si trova nell’ufficio del suo hokage. Neanche in Temari ci fu niente di strano. Semplicemente gli sorrise compiaciuta. Un sorriso di circostanza, forse. O forse no. Forse era uno di quei sorrisi che la kunoichi di Suna aveva riservato a Shikamaru in rare occasioni e che lui aveva creduto fossero sinceri.
Il chunin osservò di sottecchi il teatrino e finse indifferenza, forse anche noia. Tentò uno sbadiglio e improvvisò l’espressione scocciata che gli riusciva così naturale. “Allora? Perché voleva vedermi?” domandò a Tsunade.
Mentre parlava, però, le orecchie tese captarono frammenti della conversazione che si stava svolgendo dietro la porta chiusa alle sue spalle. Una risata cristallina, e una frase che suonava come qualcosa di simile a ‘che piacere rivederti’.
Shikamaru, ad ogni modo, era bravo a controllare le emozioni. La sua abituale strafottenza si rivelava una maschera eccezionale in situazioni come quella. Incrociò le braccia al petto, spostò il peso su una gamba sola, osservo di sbieco Tsunade ed attese che questa gli rispose, semplicemente.
Ma Tsunade non era esattamente quella che può essere definita una kunoichi nata ieri; tutt’altro. Possedeva già i suoi sospetti e il sospiro leggermente troppo pesante del ragazzo li fomentò.  Aveva osservato molto il figlio di Shikaku e ora poteva dire di aver capito il perché di tanto impegno nel voler diventare jonin proprio in quel periodo. Quello era il momento giusto per agire. Con un po’ di fortuna sarebbe riuscita a sbolognargli quella missione che tutti cercavano di evitare. “Ho riflettuto molto sulla tua decisione di metterti sotto con gli allenamenti, ma credo che per te ottenere la carica di jonin in questo mese sia impossibile. Non fraintendermi, so bene che per le tue qualità la meriteresti, ma non puoi dosare l’impegno ad intermittenza, se mi capisci…”
Shikamaru sbuffò sorpreso. Cosa voleva dire quella donna? Così tutti i suoi piani, tutte le sue teorie su cosa avrebbe detto in merito alla biondina di Suna, su cosa lei avrebbe risposto, su come lui avrebbe colto l’occasione per offrirle qualcosa da bere, tutti i suoi viaggi mentali, insomma, non si sarebbero potuti realizzare. Avrebbe dovuto pensare a una soluzione alternativa alla svelta, se non voleva che qualche bell’imbusto come Kiba lo precedesse.
“Certo…” stava continuando intanto Tsunade, “se tu svolgessi una certa missione…”
Shikamaru allora strinse gli occhi, come se così facendo potesse riuscire a fulminare la donna. Aveva capito il suo gioco, non era stupido, ma aveva altra scelta forse?
“E di che missione si tratterebbe?”

 


 
*Questo presupposto nasce dalla conclusione dell’episodio “Lo strano sapore delle frittate”, della serie che precede temporalmente questa, nel quale viene spiegato che questa volta il posto di organizzatore degli esami di selezione dei chunin viene preso da Lee, che quindi affiancherà Temari, proprio perché Shikamaru ha voluto prendersi del tempo per i suoi allenamenti.
 

Grazie mille a tutti quelli che hanno letto l’episodio precedente e a chi ha inserito la serie nelle seguite. In particolare, poi:
 
Rolly Too: Anche io adoro Shikaku! Sarà l’effetto genetico dei Nara :D
RainbowBaddy: Spero di aver mantenuto le aspettative, anche se in realtà pure questo primo capitolo è un po’ di passaggio!

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Capitolo 3
*** Meritocrazia e compromessi ***


I personaggi non sono miei, ma di Kishimoto e non c’è scopo di lucro
 

 

Meritocrazia e compromessi
 

 
Shikamaru camminava a testa bassa, così bassa che il codino da ananas gli puntava direttamente in cielo. Mani in tasca, spalle curve, occhi stretti, serrati, saettanti ostilità. Aveva creduto che allenandosi come ogni ninja normale avrebbe avuto la carica che comunque già gli sarebbe dovuta spettare per capacità. Si chiamava meritocrazia, e la vecchia megera che si ritrovava come capo non aveva idea di cosa significasse. Tsunade aveva preferito ingabbiarlo, costringerlo ad accettare una missione noiosa, insulsa e scocciante che diversamente avrebbe faticato ad affibbiare a qualcuno. E lui, scemo, aveva accettato. Stava per dire di no, se proprio vogliamo essere sinceri, ma poi una risatina divertita alle sue spalle, troppo simile a quella che Temari avrebbe potuto regalare a un idiota qualunque come Lee o come Kiba, lo aveva fatto accettare. Aveva un piano, lui, e i piani vanno rispettati.
 
Ma aveva anche un orgoglio e farsi giocare così dall’hokage gli bruciava. “Che faccia lei da baby-sitter alle figlie delle donne del circolo del cucito mentre le sistemano le nuove divise ufficiali da kage…” sbottò mentre si lasciava cadere sulla panchina, quella dove amava riposarsi dopo le giornate in cui fingeva di lavorare. Temari o non Temari, lui aveva una reputazione da difendere. Glielo avrebbe detto all’hokage. Le avrebbe detto che il suo era un ricatto bello e buono, che le sue capacità dovevano essere usate per qualcosa di meglio, che non si poteva permettere di insultare la sua intelligenza con un tranello tanto meschino.
 
Glielo avrebbe detto, come no. Ma poi Lee lo raggiunse sul terrazzo panoramico dal quale si poteva vedere l’intero villaggio e cominciò a parlare. Shikamaru, distratto e annoiato, perso in un discorso immaginario tra lui e Tsunade in cui lui trovava il modo di far valere le sue ragioni, sentì circa un terzo delle parole dell’altro ninja, quasi per sbaglio. Però sentì il terzo sbagliato. “Temari”, “Kiba”, “molto”, “tempo”… in qualsiasi ordine le mettesse, non c’era verso di farle suonare bene.
 
“Senti Lee” concluse alla fine. “Io ti saluto, vado a conoscere le tre pesti che devo tener d’occhio domani”.

 
 
 

Ecco qui un altro capitolo. Scusate il tempo di aggiornamento, decisamente troppo lungo, spero di riuscire a farmi perdonare con il prossimo capitolo, ma non prometto niente. Al momento so solo che questa raccolta sarà un po’ più lunga delle precedenti…
 
Come al solito ringrazio chiunque abbia letto gli altri capitoli e si appresterà a leggere anche questo, chi li ha aggiunti tra le seguite e chi li ha commentati. In particolare:
 
Ellacowgirl: Spero di non averti deluso con la missione… volevo qualcosa di simpatico da leggere ma terribilmente seccante, che contrastasse con l’impegno che teoricamente dovrebbero mettere i ninja per diventare jonin in modo da fomentare la rabbia del Nara… chissà se ci sono riuscita!
 
Akemi_Kaires: L’accoppiata Tsunade-Temari è micidiale, lo so. Io le amo entrambe e… l’unica cosa che so per certo di scrivere in questa fic è un loro scambio di battute illuminante sul finale… ma non dico altro!
 
RainbowBuddy: Concordo. Solo con un po’ di sana gelosia si può far smuovere quello sfaticato!

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Capitolo 4
*** Ho detto IO e TE ***


Ho detto IO e TE
 

 
Quel giorno era un bel giorno. Non per il sole, non per la brezza leggera e neanche per il profumo di primavera che invadeva le vie di Konoha. Era un bel giorno perché poteva dormire, e ciò gli bastava, perché il Nara era sempre stato uno che si accontentava di poco.
Shikamaru stava pensando questo, mentre si rigirava nel lenzuolo attendendo che il sonno lo cogliesse ancora una volta. La terza, più o meno, da quando aveva aperto gli occhi verso le otto della mattina.
Però qualcosa, il fato forse, aveva deciso di abbattere ogni sua speranza.
“Giù dal letto, dormiglione” gridava Yoshino aprendo la porta di camera sua.
“Mamma, ti ha dato di volta il cervello? Oggi non ho nessun incarico da….YAWN…” provò a dire, prima che uno sbadiglio lo bloccasse e lui cominciasse istintivamente a lappare, richiudendo pian piano gli occhi…
“Shikamaru! Ti ho detto che devi alzarti! Ti sono venuti a cercare per conto dell’hokage!”
Quella frase entrò nella mente annebbiata di Shikamaru lentamente, ma si fece forza secondo dopo secondo, cominciando a delineare in lui una convinzione, una speranza.
“Cosa?” sbraitò sollevandosi di scatto dal cuscino. “Ma si può sapere perché non me lo hai detto subito?” continuò poi a imprecare, cercando di vestirsi nel più breve tempo possibile.
 
“Craybaby?”gli domandò una pungente Temari, che aveva incrociato davanti al palazzo dell’hokage in compagnia del suo nuovo collega, Rock Lee. “Hai la faccia sporca di latte”.
Shikamaru sospirò in maniera appena appena più accentuata del normale, si passò l’avambraccio sulla bocca e fece finta di niente, con noncuranza.  
Era abbastanza bravo a nascondere l’imbarazzo, come qualsiasi altro sentimento, e poi non poteva far brutte figure proprio ora, che il suo piano stava quasi per concludersi. Lui avrebbe ricevuto la carica che si meritava e lei, finalmente, lo avrebbe considerato. Non poteva demordere, non in quel momento poi, che quel bell’imbusto dell’Inuzuka aveva deciso di mettersi in mezzo.
 
“Seccatura?” la chiamò mentre lei si stava allontanando, per evitare di perdere l’occasione. “Pranziamo insieme dopo?” domandò, sentendosi sollevato subito dopo per averglielo finalmente chiesto.
La kunoichi s’arrestò guardandolo con aria interrogativa, sgranando gli occhi, poi fissandolo con superbia, ma nel suo sguardo c’era anche dell’altro, c’era l’essenza di quel botta e risposta che da sempre caratterizzava i loro discorsi.
 “Va bene, io e Lee saremo qui verso mezzogiorno...” rispose piccata, indicando il compagno di lavoro, che nel frattempo aveva continuato a camminare verso l’area di addestramento.
Shikamaru non s’arrese, però. Intuì subito che quello sguardo malizioso, quella superbia, quel sorrisetto maligno, rappresentavano per l’ennesima volta una sfida a fare di meglio.
“Non mi hai capito. Pranziamo insieme io e te, dopo, Seccatura?” ritentò, cadenzando quell’ “io e te” come se stesse parlando con un bambino di tre anni.
Temari forse rimase schioccata da quella richiesta, giusto un poco, o forse no. Era difficile dirlo con lei, perché anche lei nascondeva bene le emozioni, ciononostante aveva sgranato gli occhi. Era durato un secondo, ma l’aveva fatto,  ne era sicuro.
“E a cosa dovrei quest’onore, Craybaby?”
“Cosa vuoi… il non aver attorno ragazze prepotenti e irritanti dopo un po’ annoia. Allora? Ci sarai?”
Temari a quel punto lo guardò di sbieco.
“Forse, se finirò abbastanza presto il lavoro” gli concesse, prima di voltarsi e cominciare a camminare nella direzione opposta. “Ah… Craybaby?” lo richiamò poi, quando ormai erano lontani già una decina di passi. “Immaginavo che per te sarebbe stato difficile fare a meno di me!” concluse divertita.
 
Shikamaru questa volta non le rispose. Incassò la battuta lasciandola vincere, per questa volta, quel loro piccolo duello. Era troppo sfaticato per cercare di avere la meglio a lungo su una così dannatamente testarda e poi, adesso, lo attendevano Tsunade e la sua nuova carica, non poteva di certo perder tempo.
 
 

Grazie infinite a tutti quelli che hanno letto e recensito i capitoli precedenti… spero che questo vi sia piaciuto, anche se ho impiegato una vita prima di postarlo e non ne sono troppo convinta... ma dovevo sbloccarmi!

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Capitolo 5
*** Rispettiamo i piani, please... ***


I personaggi non sono miei, ma di Kishimoto e non c’è scopo di lucro
 

 
Rispettiamo i piani, please…

 

Quando uscì dall’ufficio dell’Hokage si accorse con stupore che lei era già lì ad attenderlo.
Se ne stava con la schiena appoggiata a una colonna e lo sguardo piantato in aria. Aveva un’espressione scocciata e accusatoria sul volto, ma Shikamaru ebbe il sospetto che l’avesse assunta solo al suo arrivo, appositamente per lui, come una sorta di regalo dal gusto dubbio, ma in perfetto stile Temari.
“Sei in ritardo, Cray-baby”, lo apostrofò senza nemmeno guardarlo negli occhi.
“Ciao anche a te, Seccatura”. Shikamaru si era ripromesso che per quell’occasione non avrebbe ascoltato la voce insistente che nel suo cervello continuava a ricordargli di non dover sottostare mai a una donna, neanche a parole, ma non era propriamente la vittoria quella che cercava negli scontri verbali con la ragazza di Suna. Gli piaceva testarla, vedere dove la sua fierezza riusciva ad arrivare, e anche scorgere in lei l’alterazione, la voglia di primeggiare, che la rendevano unica nel suo genere; irresistibile. “Ma mi sembrava che avessi detto che avresti fatto tardi…”
Temari sussultò appena e lo stratega era pronto a scommettere che fosse stata quasi sul punto di arrossire, ma la bionda si riprese molto velocemente dalla piccola gaffe.
“Abbiamo finito prima del previsto” tagliò corto. Non avrebbe mai ammesso che aveva lavorato di corsa tutta la mattinata a causa dell’impazienza, comunque, perché lei aveva ancora una dignità.
 

Il ristorante scelto per il pranzo non aveva assolutamente nulla di speciale, anzi, forse era anche un po’ sottotono. Shikamaru temette che glielo avrebbe fatto notare, perché dopotutto lui lo aveva fatto, con il Maestro Asuma. Eppure Temari rimase in silenzio a fissare il menù. Doveva aspettarselo. Era stata la figlia del kazekage, certo, ma non era abituata al lusso e, probabilmente, il lusso non le piaceva nemmeno. Cionondimeno era anche una tipa diretta, pragmatica, concisa, non abituata ai giri di parole e amante della chiarezza.
La sua domanda arrivò subito dopo che ebbe ordinato. “Come mai siamo qui?”
Il ragazzo alzo lo sguardo, per non incontrare gli occhi di lei, altrimenti sarebbe arrossito. “Questo per me è il posto delle occasioni importanti” annunciò, poi dovette fare una pausa, perché gli mancavano le parole, sebbene avesse già
vissuto diverse volte quella scena nella sua testa. “Quello della prima cena con il team 10, dei festeggiamenti per quando sono diventato chunin, di quella volta che abbiamo cambiato gli orecchini…”
Non era così che Shikamaru aveva previsto di cominciare. Nei suoi pensieri il discorso era molto più diretto e senza troppi fronzoli. Temari, chissà come, sembrò accorgersene. Se ne rimase a fissarlo con superbia, e lo interruppe pure.
“Quindi?”
Il ragazzo dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non uscirsene con una battutaccia rispetto alla poca delicatezza dell’altra. Si limitò a sussurrarla tra sé e sé, prima di rispondere. “Quindi ecco, mi sembrava giusto fosse il posto in cui festeggiare la mia promozione di questa mattina…”
Temari alzò lo sguardo e lo squadrò di sbieco. “Ma tu hai ancora una squadra con cui festeggiare”
La bionda stava mettendo duramente alla prova le capacità diplomatiche del genio di Konoha e stava facendo l’impossibile per non far filare la conversazione nella direzione che lui si era prefissato. Shikamaru sospirò, allontanò un poco la sedia dal tavolo, abbassò gli occhi e unì le mani di fronte alla faccia, pensante. Solo dopo un po’ rispose, finalmente. “Io non volevo arrivare a questo punto. Io volevo essere un ninja tranquillo dal livello medio, di modo che nessuno mi potesse scocciare con missioni complicate. Invece… invece sei arrivata tu a dirmi che avevo le carte in regola per diventare un ottimo ninja”.
La ragazza sorrise, lo ringraziò pure. “Sei gentile. Ma tanto è quello che pensavano tutti e comunque scommetto che te l’ hanno sempre detto anche gli altri, Choji, per esempio…”, peccato che con una risposta simile sferzò tutta la scarsa intraprendenza di lui e lo lasciò senza alcun tipo di appiglio per quella che, nei piani, doveva essere una dichiarazione.
 

Uscirono dal locale poco più di un’ora dopo, lei con l’espressione soddisfatta, lui scocciato. Scocciato con la ragazza, che si era dimostrata ermetica oltre il sopportabile, e con sé stesso, al quale era mancato il coraggio.
“Sai”, gli disse a un certo punto la bionda. “Quest’anno per la terza prova abbiamo deciso di condizionare la scelta degli scontri. I sorteggi saranno fatti di modo che non possano avvenire combattimenti tra ragazze”.
Shikamaru si bloccò di colpo. “Cosa?” domandò irritato. “È una cosa di cui abbiamo parlato innumerevoli volte l’anno scorso! Mi sembra un’assurdità, perché le femmine dovrebbero avere un trattamento diverso!?”
Anche Temari si bloccò, e si parò di fronte a lui. “L’anno scorso io parlavo di questo, tu invece volevi evitare di cambiare le cose perché non avevi voglia di andare a proporre l’idea all’Hokage!”
“Stai scherzando? Era un punto che mi stava a cuore, quello! Tutti i partecipanti devono ricevere lo stesso trattamento, non puoi condizionare le scelte… il sorteggio deve essere casuale!”
“E cosa cambierebbe, di grazia?” chiese lei saputa, incrociando le braccia sotto il seno e assumendo l’aria di quella proprio soddisfatta del suo lavoro. “In questo modo posso essere certa della forza di tutte le ragazzine che passeranno, perché su queste femminucce piagnucolose di Konoha nutro diversi dubbi. Tanto per farti un esempio…”
Temari continuò a spigargli le ragioni per cui il suo modo di procedere era valido, secondo lei. Lo faceva con determinazione, caparbietà e convinzione. Lo faceva a suo modo, senza ammissione di repliche.
Shikamaru però decise di non ascoltare altro. Quando la ragazza assumeva quell’atteggiamento, l’unica cosa da fare era lasciarla parlare. Non era poi molto importante prestare attenzione a quanto dicesse, perché tanto lei avrebbe parlato comunque.  
Sbuffando la cinse per le spalle, mentre lei ancora discuteva.
Si avvicinò al suo volto e le parole di lei persero d’intensità.
La baciò; e finalmente non ci fu più niente di cui discutere.

 
 
 

Eccomi qui! Se pensate di essere veramente arrivati alla fine di questa mini-schifezza ebbene… vi sbagliate di grosso! Manca ancora un ultimo capitolo rivelatore di alcune piccole cosette disseminate durante la fic, che vedrà la partecipazione del duetto Tsunade/Temari, che adoro.
 
Per il resto ringrazio tutti quelli che hanno letto la fic, chi l’ha recensita, chi l’ha messa nelle seguite. Nel particolare:
 
Ellacowgirl: è estate e il tempo scarseggia, non è certo un problema! E poi anche io ci ho messo una vita per aggiornare…
 
Akemi_Kaires: Sottoscrivo il cartello di cuore… nell’attesa che lo sottoscriva anche Kishi.
 
Rolly Too: Grazie mille! Sinceramente preferisco i capitoli più diretti e immediati, ma  vedo che vengono apprezzati maggiormente quelli che lasciano più spazio alle considerazioni e ai gesti dei personaggi… del resto siamo qui per migliorarci!

 

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Capitolo 6
*** Saggezza d'hokage ***



Ovviamente i personaggi non sono miei, bensì di Masashi Kishimoto,  e in questo scritto non c'è scopo di lucro


Saggezza d’hokage
 

 

Tsunade la stava aspettando con trepidazione.
Di natura non era curiosa, questo no. Tutt’altro; aveva sempre odiato quelli che cercavano a tutti i costi di conoscere i segreti degli altri; dei giovani. Li riteneva stupidi, insulsi e… vecchi.  Ecco, vecchi. Forse il suo interesse nelle questioni amorose dei suoi sottoposti nasceva anche dall’età anagrafica, per quanto l’aspetto fisico suggerisse il contrario.
Era più o meno mezz’ora che guardava fuori dalla finestra ogni cinque minuti, per vedere se si decidesse o meno a spuntare la chioma bionda della sorella del kazekage. Tra l’altro, con lei aveva anche scommesso che quel pigrone del figlio di Shikaku si sarebbe dichiarato. Non l’aveva fatto per cattiveria, per quanto la sua fama di giocatrice fallita potesse indurre a credere il contrario. Lo aveva fatto per spronare Temari, nel caso in cui Shikamaru non si fosse deciso a darsi una svegliata.
Per ribaltare le sorti, poi, aveva anche scommesso il contrario sia con Shizune che con Shikaku, così da non correre il rischio di doversi sentire in colpa poi, ed era stata sorpresa dall’orgoglio con il quale il suo stratega di riferimento aveva difeso il figlio, sostenendo che era pur sempre un membro della famiglia Nara e che, come tale, anche il suo ragazzo avrebbe avuto il coraggio di dichiarasi, perché era un uomo, cribbio, e quella parte del corteggiamento spettava a lui, come da tradizione.
 
Mentre pensava a questo, alla fine, i codini della ragazza comparvero all’angolo della strada sotto la sua finestra. Era sola, e questo non era certo un buon segno.
“Allora?” le domandò non appena mise piede nel suo ufficio.
“Ah, l’esame è oramai pronto e sono sicura che quest’anno sarà un successo”, rispose Temari, risoluta nel non voler parlare dei fatti suoi proprio all’hokage.
Tsunade la guardò di sbieco, con aria di rimprovero. “Sì, sì, lo so. Non è l’esame che mi sta a cuore adesso… parlavo dell’altra faccenda che abbiamo in sospeso io e te!”
“Oh…” si ritrovò a dire Temari, sempre più convinta che suo fratello non avrebbe mai e poi mai torchiato i suoi collaboratori per sapere i fatti loro. Figuriamoci poi se si sarebbe messo a fissarli così intensamente, cercando una risposta, un segno, un piccolo indizio che potesse rivelargli quello che in realtà era successo poco prima…
Tsunade sorrise. Alla fine c’era voluto un po’ di tempo, ma lo aveva visto. Lieve, lieve, quasi impercettibile, ma Temari era arrossita.  
“Ah, lo sapevo! È successo adesso, vero? Dopo che gli ho dato la sua benedetta promozione, visto che sicuramente si sentiva troppo ‘uomo’ per poter permettere che la sua donna avesse un grado più alto del suo!? Allora, ho ragione? Parlami! Avevamo una scommessa in ballo, ho il diritto di sapere!”
Temari increspò appena la bocca, allibita. Lentamente si mise una mano nella scollatura del kimono e ne estrasse una busta. “Ecco i suoi soldi…” le disse per tutta risposta, cercando come meglio poteva di nascondere l’imbarazzo.
 
La mezz’ora che seguì, poi, fu tutto un susseguirsi di domande indesiderate e di relative risposte monosillabiche ed ermetiche da parte della ragazza, ma quando venne l’ora di riprendere il suo lavoro, non resistette. Quella domanda la doveva proprio fare, anche perché quello che ora sembrava a tutti gli effetti essere diventato il suo ragazzo mentre la baciava aveva mugugnato qualcosa che suonava come ‘Alla faccia di Kiba’…
“Prima che io esca, mi spiega come mai dopo tanti anni che vengo a Konoha quando ha saputo che Shikamaru non poteva farmi da accompagnatore mi ha affidato a Kiba Inuzuka? Non che io abbia niente contro di lui, solo che oramai mi sembra di conoscere abbastanza bene il vostro villaggio e non mi pare di aver più bisogno di una balia”
A quelle parole Tsunade rise, di una risata chiassosa e genuina. “Ma mia cara, dovevo pur mettere un po’ di pepe al culo a quella testa d’ananas! Guarda che io la volevo vincere questa scommessa!”

 
 

FINE
 

 
Ed eccoci alla fine! Allora, ringrazio tutti quelli che hanno letto, commentato e seguito la fic nonostante il periodo di vacanza. Come sapete, in realtà questo capitolo è una sorta di “epilogo”, visto che l’effettivo risvolto di tutta la situazione era già stato trattato nel capitolo precedente, ma spero comunque sia stato di vostro gradimento. Mi scuso per il francesismo finale… ma “pepe al culo” si addiceva terribilmente bene al nostro Nara, quindi non ho ritenuto fosse il caso di eliminarlo. Un saluto e… alla prossima fic!

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