The Doors of Perpercion ~

di Simply96
(/viewuser.php?uid=128643)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** The princess of Dawson ***
Capitolo 3: *** La fine ... o un inizio? ***
Capitolo 4: *** Pirates. ***
Capitolo 5: *** Izzy - The Mad ***
Capitolo 6: *** L'affare ***
Capitolo 7: *** Quel bacio non dato, quel bacio aspettato. ***
Capitolo 8: *** Tradimento ***
Capitolo 9: *** L'oscuro passato e le scelte future. ***
Capitolo 10: *** False Promesse. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo
The Princess of Dawson

Courtney Dawson ormai si era rassegnata al fatto che, dopo quel viaggio, arrivata in Spagna si sarebbe dovuta sposare.
Già. Sposare.
Era una parola troppo grande e difficile per Courtney.
Ma ormai, la sua vita già stava andando a rotoli.
La sua famiglia era nobile.
E povera.
Cosa ci faceva Courtney con l’appellativo “Principessa”, se qualche volta era obbligata a saltare pasti importanti come la colazione o la cena?
Cosa ci faceva con un titolo nobile se a volte suo padre non poteva permettersi del pane?
Ora, penserete voi, Courtney sarà una di quelle ragazzine viziate che abita in una casetta ed’è costretta a lavorare come sarta.
Sbagliato.
Sua madre ci teneva, eccome se ci teneva, alle apparenze. Non poteva far lavorare Courtney! Che reputazione si sarebbe fatta?
La sua unica figlia non poteva mangiare pasti abbondanti e a volte era costretta a tenersi gli stessi indumenti per due/tre giorni?
Oh, non era questo il problema! L’importante è che la ricca nobiltà Inglese vedeva in Courtney una ragazza con delle grandi doti nascoste, un viso intelligente e una buona presenza.
Per il resto … bè, si poteva fare a meno.
Courtney aveva insistito più volte di vendere la reggia in cui lei e i suoi famigliari vivevano.
Ma se avessero venduto quel grande castello … dopo cosa avrebbe pensato la ricca nobiltà Inglese?
Avrebbe pensato che i Dawson fossero una famiglia di nobili poveri, di straccioni arricchiti grazie all’importazione di qualche materia prima.
E allora, cosa c’era di male, pensava ogni volta la brunetta. Infondo, era la verità.
- Cosa c’è di male? - iniziava su madre - c’è di male che se i nobili non ci vedono come loro pari, non c’inviteranno più a feste, cerimonie e quant’altro. Suvvia, Courtney, sai che questa situazione … finirà. Grazie al matrimonio con il ricco figlio della nobile famiglia direttrice di schiavi in Spagna. Grazie al matrimonio con Alejandro Burromuerto!-
Courtney si rabbuiava al suono di quel nome.
Fra quasi un mese sarebbe diventata la Principessa Courtney Burromuerto.
Ma era quello che voleva?
 

Angolino:
La coppia che prevarrà in assoluto sarà la DxC , visto che Courtney è la protagonista.
La seconda coppia semi - protagonista sarà la AxH
Ovviamente, ci saranno anche scene TxG e BxG, ma nessuno di questi personaggi
avrà una narrazione propria.
Es: “ Courtney alzò lo sguardo e … come mai non era meravigliata dal fatto che Gwen tenesse per mano Trent? “
Insomma, cose di questo genere!
C’è ancora molto da scoprire, per ora avete avuto solo un assaggino con questo Prologo.
Non so, come inizio può andare?
Non mancheranno personaggi come Owen, Izzy, Noah, Lindsay, Cody ecc...
Insomma, sta a voi decidere se seguire o no Courtney ;D

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** The princess of Dawson ***


Capitolo Uno.

The Princess of Dawson


[Premesse]:
Quando trovate        ***         significa che c’è un cambio di luogo e che la narrazione va ad un altro personaggio.
 
- Signorina Dawson, dovrebbe essere già sveglia. -
Una voce rauca e piatta svegliò Courtney, che si rigirò dall’altra parte del suo grande letto dorato.
- La prego, signorina! Non faccia così … la stanno tutti aspettando per iniziare la colazione!-
Courtney aprì un occhio al suono della parola colazione.
- Oh si, oggi c’è la colazione, offerta dal vostro futuro marito! -
Courtney richiuse l’occhio al suono della parola futuro marito.
La serva personale di Courtney, Gwen Hilsting, si avvicinò alla sua padrona, scostandole i capelli dal viso.
- So che è dura per voi … ma siete una persona forte e … -
- No. Non dirmi queste insulse fesserie. Ne tu, ne l’altra mia serva Bridgette sapete ciò che sto passando. E ora, vattene. -
Courtney interruppe la conversazione bruscamente. Non voleva vedere ne Gwen ne nessun altro.
Voleva stare sola, nella sua stanza.
Ma Gwen non mollò.
- Ora voi vi alzate senza fare troppe lamentele! -
Courtney ringhiò a quella proposta e Gwen le sorrise, togliendole le coperte e lasciandola con la vestaglia.
- Cos’è, siete un cane o una principessa? - chiese ripiegando le coperte in un angolo del letto.
- Ora capisco perché mio padre ha deciso di tenervi con noi: sei una che non molla! - sussurrò la Principessa.
 

***

- Un po’ di latte. -
Alejandro sedeva alla sua scrivania. Dopo essersi alzato e aver spedito un po’ di soldi alla famiglia della figlia che doveva sposare, aveva indossato solo una vestaglia scura.
Ovviamente, non si preoccupava del fatto che per un nobile come lui, stare in vestaglia e non in un vestito elegante, potesse reprimere il suo status.
Se, per esempio, qualcuno fosse entrato all’ improvviso nella sua stanza e lo avrebbe trovato con una vestaglietta di velluto e un paio di scarpette di cuoio, non lo avrebbe preso come una persona seria e avrebbe chiuso ogni collegamento con lui.
Già. Ricco, bello, nobile e galantuomo.
Alejandro era tutto questo.
Tutto, tranne libero.
La libertà era l’unica cosa che gli mancava.
Una volta era stato libero, si.
Una volta sola, da bambino.
Con la sua serva.
Con Heather.
- Allora, dov’è il mio latte? - urlò.
Per quanto possa essere educato, Alejandro era il Re degl’ Impazienti.
- Signore, ecco il suo latte. -
Heather era apparsa con un vassoio e una tazzina sopra di esso.
- Finalmente! - disse Alejandro prendendo la tazza con le mani.
- Ora … và via. - continuò.
Heather alzò lo sguardo e, senza staccare gli occhi dal volto di Alejandro, si diresse verso l’uscita.
Ma non uscì.
Rallentò verso la porta e si fermò prima di uscire.
La sua espressione monotona assunse un ghigno.
Era tutto calcolato.
Infatti, come aveva programmato, volgendo lo sguardo verso Alejandro vide il suo padrone bere quella tazza di … latte bollente, per poi risputarlo tutto tossendo fortemente sopra la scrivania che, come Heather ben sapeva, era piena di documenti importanti.
La tazza, che gli era caduta dalla mani, si era rovesciata accidentalmente sopra la vestaglia, che era già brutta di suo.
Alejandro era esasperato: - Che diav.. -
Ma Heather non gli lasciò finire quella frase, facendo la faccia più sorridente ed innoqua che potesse fare:
- Ohhh, Signor Burromuerto! C’è qui il Comandante dell’ Esercito Militare, il signor Garcia. Quello con cui doveva stabilire i traffici con il Brasile! Prego, si accomodi pure! -
Heather spalancò la porta ed entrò il Comandante, scortato da due suoi compagni.
- Buongiorno, Sign.. -
Il Signor Garcia si fermò di botto davanti alla soglia.
Secondo voi, aveva notato Alejandro rosso in viso, con una vestaglia scura macchiata di latte bianco, al centro della stanza?
Aveva notato i documenti sopra la scrivania, tutti sparsi, e bagnati come non mai?
Bè, fatto sta che il Comandante fece un piccolo inchino al cospetto del Signor Burromuerto, per poi indietreggiare lentamente seguito dai compagni ed uscire velocemente dalla stanza.
- No, vi prego aspet-
Alejandro cercò di ricomporsi il più possibile, ma Heather aveva già sbattuto la porta.
- Signore, vuole che l’aiuti a … vestirsi? -
Alejandro chiuse gli occhi, fece un respiro profondo, e …
- COME HAI OSATO FARE UNA COSA DEL GENERE? -
Heather non parve spiazzata da quella domanda.
Ah, Heather non si scomponeva mai.
Le serve che Alejandro aveva avuto erano sempre molto … disponibili verso di lui.
Affascinate dal bel aspetto del loro padrone, non era difficile servirsi di loro per poi lasciarle in mezzo alla strada.
Ma Heather non si faceva ingannare.
E questo, spiazzava Alejandro più di ogni altra cosa.
- Voi mi avete chiesto del latte e io ve l’ho portato. -
Fissò il suo Signore negl’occhi, chiara e composta.
Senza tremolii di voce o senza abbassare lo sguardo.
Alejandro studiò la dama in silenzio, poi la fece uscire di lì.
Ritornò ai suoi documenti, ai suoi lavori, in silenzio e con un sorriso beffardo stampato in viso.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La fine ... o un inizio? ***


Capitolo due
La fine ... o un inizio?

 
Tutto pronto. Pronto per il viaggio. I bagagli si trovavano ammucchiati all’ingresso della reggia. Courtney si era portata appresso molti vestiti e gioielli e … l’abito da sposa.
Quante sere, prima di addormentarsi, era rimasta a fissarlo?
Troppe.
Se l’era anche provato e si era anche guardata allo specchio.
Ma non le piaceva quell’immagine di se.
Non voleva che davanti all’altare, accanto a lei, ci fosse un uomo che aveva conosciuto ad una cerimonia.
Si erano scambiati qualche parola, avevano anche danzato insieme, ma nulla di più.
Courtney era rimasta nelle sue stanze con Bridgette e Gwen, che l’avevano aiutata a svestirsi.
E Alejandro?
Oh, lui sembrava più interessato a stare nella terrazza e fissare la nave con cui era arrivato.
Chissà chi c’era all’interno della nave?
La brunetta sospirò al ricordo di tali pensieri, chiudendo gli occhi.
- Miss … la nave sta arrivando. C’è qualcosa che … volete che vi faccia oppure … -
Bridgette era entrata nella stanza di Courtney che, accigliata, si ricompose alzandosi.
- Si. Dì a Gwen di preparare le sue valigie e fai lo stesso pure tu! -
Bridgette si guardò sconcertata attorno:
- I-io? Ma … io e Gwen non possiamo salpare con voi! Miss, le camere da letto nella nave sono state contate appositamente per voi, il comandante e qualche marinaio. Io e Gwen non avremmo un posto per dormire! -
Courtney si avvicinò lentamente alla sua dama:
- Ohh … si, che ce lo avete. Cos’è, la stiva o il ponte non vi piacciono come dormitori? E poi, ormai ho deciso che tu e Gwen venite con me in Spagna. Chiuso il discorso! -
Bridgette rimase a bocca aperta.
Cosa?
Non solo non aveva voglia di stare con la sua Signora, prepotente e viziata, ma doveva pure dormire con Gwen sul ponte?
No dico, sul ponte?
Bridgette forzò un sorriso : - Come desidera, con permesso -
Fece un inchino per poi scomparire dietro la porta.
Courtney guardò un’ultima volta la sua stanza:
dopo quel viaggio e dopo il matrimonio con Alejandro, sarebbe tornata solo poche volte dalla sua famiglia.
Perché in Spagna, sarebbe entrata a far parte di una famiglia seconda solo al Re.
Perché in Spagna, avrebbe dovuto lasciarsi indietro il suo passato e far marcia verso il futuro.
Perché in Spagna, sarebbe stata diversa.
Diede un ultimo saluto alla sua stanza, e chiuse la porta, pronta per scendere.
 
 
- Signorina Courtney, vuole del thè? -
Gwen sbucò dietro alla brunetta con un grande vassoio pieno di cibarie.
- Si, grazie.-
Courtney appoggiò i gomiti sul tavolino di legno sopra il Ponte.
Mentre Gwen porgeva le pietanze, Bridgette metteva apposto i vestiti della Miss.
“Quanti gioielli. Gioielli, gioielli e gioielli!” pensò mentre li spostava uno ad uno.
E se … no. Era una serva, povera, ma di certo non era una ladra!
Rimise i gioielli al loro posto e risalì sul ponte.
Nel frattempo, era calata la sera.
Courtney non aveva fatto altro che stare sul ponte a guardare il mare, per poi chiacchierare con qualche marinaio spavaldo e infine si era ritirata nelle sue stanze.
- Io l’ho sempre detto - iniziò Bridgette.
- Dici tante di quelle cose! -
Gwen posò due coperte a terra, mentre l’amica puliva il posto dove avrebbero dovuto passare la notte.
- Continuo a non capire perché ci ha portate qui. Insomma, a cosa le serviamo?! Lì in Spagna avrà tante di quelle serve da farci una collezione! -
- Ormai si è abituata a noi, è logico che ci porti con sé. Sappiamo i suoi gusti, le sue preferenze. Sappiamo cosa ama e cosa odia, sappiamo quanto vuole stretti i lacci del corpetto e quanto alti i tacchi delle sue scarpe … -
Gwen aveva ragione.
Ormai, lei e Bridgette avevano vissuto una vita assieme a Courtney.
E nonostante la loro Signora era una tipa … suscettibile e a volte irritante, ci si erano affezionate.
Più o meno.
- Che ne dici, ora dormiamo? - chiese Gwen assonnata.
- Si … domani sarà una giornata impegnativa! -
Bridgette si sedette accanto all’amica, che storse il naso:
- Da quand’è che non ti lavi?-
La bionda parve confusa.
- Cosa? -
Gwen annusò prima Bridgette e poi l’aria.
- C’è … un odore. Uno stranissimo odore. Lo senti? -
Anche Bridgette iniziò ad annusare qua e la.
Si, ora lo sentiva anche lei. Era un odore che con il tempo diventava sempre più forte.
Gwen si alzò di scatto.
- Cos’è quello? - mormorò indicando oltre la poppa.
Bridgette si sporse più in avanti, prendendo una fiaccola.
- Sembra … Oh, no! E’ fumo! - urlò ansimando.
Gwen prese un secchio correndo a riempirlo, ma Bridgette la trattenne.
- Che diamine fai? Non vedi che la parte inferiore sta andando letteralmente a fuoco?! -
Bridgette strinse il polso dell’amica ancora più fortemente.
- Il fuoco è stato appiccato da qualcuno … fuori dalla nave … -
Le due ragazze si guardarono negl’occhi e assieme sussurrarono: - Ci stanno attaccando.-
L’ultima cosa che Gwen ricorda furono due mani che presero alla vita Bridgette e la legarono, mentre del sangue scorreva sul ponte della nave.
Poi … fu tutto più scuro e appannato.
 

***

 
Heather camminava spedita verso la porta di quel … oh, le parole che stava per pronunciare erano troppo forti per essere anche scritte e rilette!
Non si degnò di bussare o di fare quant’altro, aprì la porta di scatto ed entrò furiosa.
- Che maniere sono? -
Alejandro stava sdraiato sul suo letto scuro, guardando il soffitto e riposando in pace.
Ma Heather … era anche fin troppo gentile in quel momento, perché la voglia di strappare quel sorrisetto famelico a quel bastardo era alta!
- Come hai potuto? - gli gridò contro.
Le lacrime stavano per sal-
No, ma quali lacrime?
Lei era una forte.
Una dura.
Una ragazza apposto che un giorno avrebbe fatto di più.
Sarebbe diventata qualcuno.
Qualcuno più potente della famiglia Burromuerto e, soprattutto, più potente e ricca del figlio viziato Alejandro.
- Come ho potuto … a far cosa? - chiese lui sedendosi sul bordo e stiracchiandosi.
Heather perse le staffe del tutto e gli prese il colletto della camicia fra le mani:
- Non ne hai le capacità. Non puoi farlo! Sono … sono tua fin dalla nascita. Non puoi … non sei crudele fino a questo punto! -
Alejandro prese le mani della serva tra le sue:
- Sei … mia fin dalla nascita? -
Heather cercò di non guardarlo negl’occhi.
Ovviamente, era sempre riuscita a tener testa ad un uomo così … affascinante per le donne comuni.
- Sai che intendo. Sono tua per volere di tuo padre, non di certo per il mio! -
Rispose con gli occhi ridotti a due fessure.
- E per volere di mio padre diventerai di mio fratello.-
Alejandro sembrava divertito.
Ma Heather stava per entrare nel panico.
No.
Non sarebbe mai e poi mai diventata schiava del  fratello maggiore di Alejandro.
Era .. era una cosa inconcepibile!
Per quanto Alejandro fosse spregevole, totalmente idiota e prepotente, il fratello era 10 volte peggio!
E Heather non avrebbe fatto la serva a nessun membro della famiglia Burromuerto … oltre che ad Alejandro, certo.
- Bè, che c’è? Mi sembrava di aver capito che non ti andavo molto a genio! - Alejandro tolse le mani da quelle di Heather, per distendersi e rilassarsi completamente.
- Sappi che non finisce qui. E dì a tuo fratello che non sarò mai e poi mai sua serva!- sbottò Heather prima di uscire sbattendo la porta.
Alejandro sorrise non appena uscì.
- Che strana ragazza … - sussurrò, per poi tornare  pensare ai mille problemi che gli sconvolgevano la vita: il matrimonio, suo fratello …
Già, il fratello che aveva tolto tutto a lui.
Il fratello che era stato considerato migliore.
Il fratello che voleva toglierli colei che lo faceva sentire … se stesso.
Colei che lo svegliava la mattina irritata e che lo salutava stanca prima di andare a dormire.
Heather non sarebbe mai stata serva di suo fratello.
Non lei.
Non la donna che lo faceva stare bene.
 

Angolino:
Ta-Da!
Che ne dite? Le cose stanno diventando un po’ più chiare col tempo.
Questo capitolo, per la parte di Courtney, è stato molto noioso scriverlo e non serve nemmeno a nulla.
Invece, la parte di Heather la ritengo più intrigante e significativa per il rapporto AxH.
Diciamo che in questo capitolo è stato molto più facile scrivere la AxH che la CxIlFuturoDuncanCheArriveràTraPoco.
Baci Simply <3

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Pirates. ***


 
 

Pirates.
 

 
Courtney aveva assistito alla morte di alcuni marinai. Mentre lei dormiva tranquillamente, il fuoco divampava sopra la sua testa ed entrava silenziosamente nelle sue stanze.
Solo dopo essersi propagato fino al suo letto, la bruna aveva iniziato a tossire pericolosamente.
Aveva alzato il viso di scatto, guardandosi attorno spaesata, per poi alzarsi dal letto e cercare di uscire da quella camera.
Ma le fiamme erano troppo alte e il fumo ormai lasciava intravedere poco.
Ormai le sue urla erano sovrastate da quelle dei marinai.
Un pensiero le era subito balenato in testa: Gwen e Bridgette.
No … non potevano morire.
Non loro.
Era stata lei a portarle lì in quella nave.
Erano le sue serve.
La loro vita dipendeva da lei.
Nonostante Courtney continuasse a lottare contro il fuoco, ormai non c’era più speranza.
Le travi stavano iniziando a tremare paurosamente, mentre ormai lei era accerchiata dal fuoco.
Da lì a poco sarebbero cedute.
- Venga, Principessa! –
Era la voce di uno dei marinai. Uno di quelli che puliva il ponte mentre lei si riposava sotto il sole.
Uno sguattero, in poche parole.
Courtney riusciva a malapena a distinguere il viso di quell’uomo, ma prese la mano saldamente e si lasciò aiutare.
Lui riuscì ad entrare nella stanza e a sollevarla da terra senza alcuno sforzo.
Dopo di che, iniziò a correre con Courtney sulle spalle.
- Stia tranquilla, Principessa. Non le faranno del male! – sussurrò.
A Courtney poco interessavano quelle parole.
Nel gran trambusto, si guardava intorno cercando una coda di cavallo bionda e un caschetto nero.
Ma nulla.
Gwen e Bridgette sembravano esser sparite nel nulla.
- Fermo! – urlò d’un tratto Courtney. Aveva intravisto Bridgette.
Il marinaio, però continuò a correre lungo il ponte.
Courtney cercò di divincolarsi dalla sua presa, ma lui non mollò.
- Ti ordino di smetterla! – continuò.
- Ma stai zitta! –
Come?
Un semplice … marinaio che osa parlarle così? In questo modo?
- S-sono indignata per il vostro comportamento! E ve lo ripeto per l’ultima volta: MI FACCIA SCEND-
- Addio, Principessa dei miei stivali! –
D’un tratto, il marinaio sì, si era fermato.
Ma solo per affacciarsi verso il mare e buttarci Courtney.
 
Non si era mai sentita così umiliata prima di allora.
Courtney era svenuta qualche minuto dopo che era stata buttata dal ponte della sua nave.
Quello … quello sguattero!
Aveva tradito la Famiglia Dawson e ne avrebbe pagato le conseguenze.
Oh si, quando Courtney sarebbe diventata la moglie del minore dei figli Burromuerto, lo avrebbe cercato per tutti i mari e quando lo avrebbe trovato, gli avrebbe dato la giusta punizione.
La morte.
Ora  si trovava ….
No aspetta, dove si trovava?
Era bagnata e tremava. La notte era passata e l’alba stava per sorgere.
Quante ore era stata in acqua?
E quante ore era stata priva di sensi?
Courtney teneva ancora gli occhi chiusi.
Aveva paura di riaprirli e di trovarsi davanti a se una banda di criminali.
Una banda di pirati.
Era sdraiata. E fino a qui, ci siamo.
Pian piano riebbe il tatto sulle braccia e sulle gambe. Mosse un po’ il collo.
Era intatto.
Nulla di rotto, fortunatamente.
Magari … solo un po’ sgualcito: il vest… la veste da notte (n.d.A. o più comunemente chiamata pigiama) era ancora umida e sporca di sale, lacerata a metà.
Il che significava: gambe scoperte al di sotto del ginocchio.
Courtney si portò le mani alla testa. I capelli erano bagnati e scompigliati.
Tastando il territorio sotto di lei, capì che si trovava su qualcosa di legnoso.
E ondeggiante.
Una nave.
Ah, la loro nave era stata salvata!
Ma quando aprì gl’occhi, si ritrovò Gwen stesa a terra priva di sensi e Bridgette legata ad un palo accanto a Courtney.
Ora che ci faceva più caso, anche lei era legata hai polsi.
- Principessa! – sussurrò Bridgette, con le lacrime agl’occhi.
Lacrime di gioia per il risveglio della sua Signora.
Courtney le fece un gran sorriso, quasi piangendo.
Ma allora, erano vive tutte e tre!
Bridgette parve colpita da quel gesto.
Infondo, l’ultima volta che aveva visto sorridere VERAMENTE Courtney era stata ….
Mai.
Courtney osservò la bionda.
I capelli erano sempre legati. I vestiti ancora più sporchi di prima e bagnati.
E lo stesso era anche per Gwen.
- Dove siamo?- chiese Courtney.
Bridgette le fece segno di tacere.
- Siamo su una nave … Pirata. –
Courtney sussultò all’ultima parola.
No …  Com’era possibile?
La loro nave era stata assediata?
Courtney tremava di paura, ma non lo dava a vedere.
Doveva mostrarsi sempre pronta ad ogni occasione e non poteva lasciarsi trascinare da stupide emozioni.
- Guardate ragazzi, il pulcino si è svegliato! –
Qualcuno urlò indicando Courtney.
- Ma la Pantera qui accanto no … - disse qualcun altro toccando Gwen.
- Alla fine, la Principessa ce l’ha fatta! –
La Principessa ce l’ha fatta.
Quel tono di voce.
Rozzo.
Quell’espressione.
Rozza.
Non ci volle molto perché Courtney riconobbe il presunto “marinaio”.
Stava lì di fronte a lei, e la fissava.
Minaccioso.
E così, la sua nave era stata tradita.
Da un marinaio che in realtà era un pirata.
- Hem … ragazzi, io avrei un po’ di fame. Se la Pantera qui non si sveglia, possiamo mang-
- Owen, sta zitto! E ti ripeto: l’ho chiamata Pantera solo perché ha i capelli tremendamente scuri e misteriosi ed’è vestita con dei stracci della stessa tonalità. Non è un vero animale. – rispose irritato il ragazzo che aveva tastato Gwen.
- Trent, Owen, silenzio. –
Il finto marinaio si avvicinò a Courtney.
Aveva qualche cicatrice sparsa per il viso.
Il petto nudo abbronzato e tremendamente scolpito.
Una bandana verde copriva i capelli scuri, mentre gli occhi azzurri scrutavano la ragazza da cima a fondo.
Soffermandosi, ovviamente, sulle gambe.
- Che hai da guardare?! –
Courtney cercò di coprire le gambe quanto più poteva, ma i polsi erano bloccati e non c’era modo di coprirsi.
- Oh, ma come siamo suscettibili, Principessa. –
Il ragazzo la guardò in cagnesco, poi si rivolse ai due ragazzi che stavano dietro di lui:
- Owen, prepara qualcosa da mangiare. Mi raccomando, questa volta, prima di sederti a tavola e finire il cibo, chiamaci! E tu Trent, porta le due sguattere qui accanto con te. Io mi occupo di Lei.-
I ragazzi fecero quanto chiesto, dando un’ultima occhiata a Courtney prima di entrare.
Il finto marinaio iniziò a girare attorno alla brunetta.
- Se troppo magra e fine per essere venduta come schiava … -
Ragionava a bassa voce, ma Courtney sentiva ogni sua sillaba.
- Io non sarò mai una serva. Tra qualche settimana, diverrò la Princ-
- Punto uno: tu non diventerai nessuna Principessa Spagnola o altro, visto che rimarrai qui. Con me. Punto Due: piaciuta la nuotatina ieri sera? –
Quella specie di … essere si era seduto accanto a lei. Nessun’ uomo le si era mai seduto così vicino … troppo vicino!
- Perché diamine l’hai fatto? – domandò Courtney riducendo gli occhi a due fessure.
- Perché teoricamente il mio compito era quello di rubare le ricchezze della nave e sbarazzarmi di te. -
Courtney cercò di trattenere l’impulso di lanciare uno schiaffo a quel … a quel … a quel pirata!
- E allora perché io sono qui? Con …. Con Gwen e Bridgette? -
- Ah, e così si chiamano Gwen e Bridgette? Mh, ormai Trent ha affibbiato il nome “Pantera” a quella con i capelli scuri. L’altra può avere il suo nome di battesimo. -
- E anche Gwen avrà il suo nome. “Pantera” non è affatto elegante! -
Il pirata si avvicinò lentamente a lei, sussurrandogli con voce soave:
- E il nome “Principessa” è abbastanza elegante per te? -
- Stammi lontano … -
Courtney strinse i denti e continuò a fissare il mare.
E ora, cosa poteva fare?
In quella … in quella stupida nave capitanata da uno stupido pirata/marinaio/idiota/sguattero finto?
- E comunque, io sono Duncan. -
Ah, stupida nave capitanata da uno stupido pirata/marinaio/idiota/sguattero Finto/ Duncan.
- Nessuno te lo ha chiesto. - sbottò Courtney.
Quella conversazione doveva finire.
Subito.
Duncan ghignò alzandosi.
- Allora, non ti dispiacerà rimanere qui sotto il sole cocente per tipo tutta la giornata. Ci si rivede, Principessa! -
Non … non poteva fare una cosa del genere!
Non a Lei!
Ma Duncan avanzava con passo estremamente lento verso l’ingresso, per poi chiudersi la porta alle spalle.
Stupido Pirata, pensò Courtney guardandosi attorno.
La nave era ben attrezzata, la bandiera nera sventolava alta in cielo e ogni cosa era al suo posto.
Era troppo … troppo bella e perfetta per essere abitata da soli pirati maschi. Ci doveva stare anche una ragazza. Per forza.
Ma quale Donna si schiererebbe con un branco di banditi?
E poi, dove si trovava tutta la ciurma?
Per ora aveva solo avuto “l’onore” di conoscere il tipo idiota, Duncan, il tipo con la chitarra in mano, Trent, e il tipo un po’ in sovrappeso, Owen.
Ma … il resto?
 
***
 
 
 Alejandro chiuse la porta dietro di se.
O meglio, la sbatté.
Quel giorno era meglio che non fosse mai esistito.
Prima di tutto, i suoi affari stavano iniziando a cedere sotto il peso dello stress, e poi …
Cos’era quella storia che la sua futura moglie era morta?
No.
Gli affari con l’Inghilterra servivano.
Nonostante i Dawson fossero poveri, avevano un certo rispetto dagli altri nobili e facevano parte di una stretta società.
E ora?
Ora che Courtney era stata vista annegare con accanto la sua nave, come poteva rimediare Alejandro?
Questa, proprio non ci voleva, pensò esausto.
Voleva solo riposarsi.
E chiamò Lei.
- Heather … -
Niente.
Strano. Di solito appena lei si sentiva chiamare, veniva subito.
Nonostante il suo tono seccato, la sua faccia indifferente e i suoi passi furibondi, veniva.
- Heather..? - chiamò a voce più alta.
Ottenne solo lo stesso effetto di prima.
Rimase un po’ in silenzio per qualche secondo, per poi tornare alla porta e urlare con molta più foga il suo nome.
Ma proprio all’entrata, Heather l’aspettava.
Stava immobile, con lo sguardo fisso sugl’occhi di Alejandro.
- Eccoti, finalmente. Dì a mio padre che questa sera non ho fame. E preparami subito un bagno caldo! -
- No. -
Alejandro era cresciuto con una certa educazione, e di no ne aveva sentiti molti nella sua vita.
Ma li aveva sentiti da parte di suo padre, di suo fratello e, a volte, da parte di qualche donna.
Ma non da Heather.
Ne da qualunque altra serva.
Era una regola che imponeva appena le comprava: mai dire di “no” al proprio Capo o Padrone.
- Cosa hai detto? - chiese Alejandro perplesso, ma riuscì a tener ben nascosta la sorpresa che aveva appena ricevuto.
Heather entrò nella stanza chiudendosi la porta alle spalle.
- Avete sentito benissimo e non intendo ripeterlo. Con vostro permesso, vado a lavorare dal mio Padrone. -
Dapprima Alejandro non capì.
Poi, fu tutto più chiaro.
- Smettila di scherzare su! Non sono in vena oggi! - rise.
Ma Heather non aveva battuto ciglio. Ne aveva riso.
Alejandro si ricompose, facendosi nuovamente serio.
- Avanti, cosa ti prende? -
Heather alzò un sopraciglio.
Brutto segno, penso il latino.
- Mi sembra che per tutto questo tempo non ti ho fatto mancare nulla … no? - continuò Alejandro incerto.
- Ricordi di quella nostra … discussione? -  chiese d’un tratto Heather.
Alejandro cercò di ricordare.
- Bè, ne abbiamo avute molte di discussioni! Tipo la discussione per la cena, quella per il bagno, quella per il latte, quella per la caccia, quella pe-
- Intendeva dire la discussione su di me. -
Alejandro rimase immobile, sorpreso.
Heather si nascose dietro un’espressione dura e indifferente.
Ma in realtà, dentro moriva.
Josè era appena entrato, con lo sguardo rivolto a Heather e un sorriso stampato sulla faccia.
No. Non poteva essere.
Ma ormai per Alejandro era tutto chiaro.
Josè aveva realmente accettato la proposta di prendere Heather come sua serva personale.
E Alejandro? Cosa aveva fatto per far si che questo non succedesse?
Nulla.
Aveva solo preso un po’ in giro Heather. Vederla irritata era gioia per i suoi occhi.
Ma vederla nelle mani di Josè era lacrima per il suo cuore.
E Heather non aveva potuto dire la sua. Il suo ceto sociale non glielo permetteva.
Alejandro però sapeva che dentro anche lei moriva, così come lui.
Ed’è per questo, che quando Josè comunicò loro che non si sarebbero mai più potuti vedere, Heather aveva chiuso gli occhi e si era lasciata trascinare dalla fede che aveva nel suo padrone, nel suo Alejandro.
Stando ai patti e alle condizioni di Josè, Alejandro si sarebbe liberato di lei e avrebbe preso una serva migliore.
E forse, pensò Heather, era meglio per tutti.
Ma Alejandro …. Oh, lui non la pensava così. Lui la voleva. La pretendeva. Heather era sempre stata sua.
Avrebbe lottato per riaverla.
Anche contro suo padre.
Anche contro suo fratello.
Anche contro il suo cuore.
 

 

Angolino:
Alleluja!
Sono riuscita a finire questo capitolo *_*
Allora, che ne dite?
Qui entra in scena il famoso Duncan! Lo stavate aspettando, è???
Non so se sono stata molto chiara in alcuni punti, ma se avete domande non esitate a chiedere!
Ohohoh, Trent ha già adocchiato la “Pantera” ….
Owen pensa solo a mangiare -.-“
E il resto della ciurma?
Li vedrete poi!
I personaggi sono tantissimi e preferisco presentarli 2/3 alla volta.
Invece, qui inizia ad esserci un piccolo problema per Heather e Alejandro: Josè.
Ho letto da qualche parte che Josè era il fratello odioso di Alejandro.
Alejandro inizia a capire che c’è qualcosa di più, tra lui ed Heather.
Mostrarsi tanto “Fico” per una volta lo ha messo nei pasticci!
E Heather?
Vuole stare con Alejandro, è questo quello che dice il suo cuore.
Ma, si sa, Heather è una che ascolta poco il cuore.
Infatti, da ragione al cervello, e segue Josè a malincuore, nella speranza di dimenticarsi di Alejandro….
Alla prossima!
Simply <3

 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Izzy - The Mad ***


  

Izzy -The Mad

Ormai erano passate ore e Courtney non era ancora rientrata.
Gwen si era svegliata qualche minuto prima di Bridgette.
Era stanca e sentiva una forte fitta dietro la testa, che era stata fasciata.
La stanza in cui stava era scura, ma notò subito un ragazzo accanto a lei.
Cantava qualcosa sotto voce, intonando con la chitarra.
Aveva i capelli scuri e gli occhi di un verde talmente enigmatico da non riuscire più a non guardarli.
- Ti sei svegliata … -
Il ragazzo aveva posato la chitarra e si era appoggiato all’amaca dove stava Gwen.
- Dove diamine sono? – sbotto la ragazza.
- Sei sulla “Total Drama ship”, la nave pirata che solca i mari Inglesi. –
Nave pirata …
Gwen guardò dritto negl’occhi del ragazzo:
- Ricordo solo un mare di fumo e poi … nient’altro … cos’è successo? –
Trent sembrò esitare ma si lasciò trasportare dalla voglia di parlare ancora e ancora e ancora con quella ragazza.
- Duncan aveva preso di mira la nave su cui stavate molti giorni fa a causa di … rapporti che ha tutt’ ora con -
- Gwen! –
Bridgette si era alzata dalla sua amaca per correre dalla compagna ed abbracciarla.
- Per fortuna stai bene! Courtney l’hai vista? E dove siamo? Perché ci hanno prese? –
La bionda continuava a fare domande su domande, senza interrompersi per riprendere fiato.
Ma Gwen non l’ascoltava.
Dalla spalla dell’amica, Gwen lanciò un’occhiata a Trent.
Il ragazzo stava per raccontargli qualcosa … qualcosa che sicuramente Duncan gli aveva detto di non dire.
 
- Allora? -
Courtney sedeva composta nella cabina di Duncan, guardandolo storto.
- Allora cosa? -
Duncan stava controllando qualche mappa e segnando appunti di qua e di la.
- Insomma, non mi dire che questa nave è composta da uno in sovrappeso, da un cantone e da uno stolto? -
Il ragazzo lasciò perdere le cartine e non rispose a quella provocazione.
Si limitò ad aprire la porta della cabina e incitare Courtney ad uscire da lì.
Lei accettò solo per il fatto che fra poco avrebbe mangiato qualche cosa, dato che Owen stava cucinando per la ciurma.
Per una ciurma che non si era ancora fatta viva.
- Per tua informazione siamo in …  nove. - disse Duncan soddisfatto.
- In nove esclusi voi, vero? - chiese Courtney incrociando le braccia.
- Ehm … no. -
Courtney rimase in silenzio per qualche secondo.
- COSA? Preparate un assalto ad una potente nave inglese, rapite tre giovani donzelle e … e … siete solo in nove? Nove piccoli pirati dispersi per il mare!? Ma che uomini siete? -
- Veramente c’è anche una ragazza, quindi siamo otto pirati e una … pirata. -
Ok, quello era troppo.
Otto pirati che preparano un’imboscata ad una nave inglese.
Ma in che razza di nave era andata a finire?
- Bene Signorina So Tutto Io, gli altri sono arrivati. Che ne dici di innalzare il tuo regale sedere e di avviarti per il pranzo? -
Duncan si incamminò verso l’entrata della nave, chiudendo la porta alle sue spalle.
Courtney, allibita, lo seguì.
Dentro era fresco e si stava molto bene.
Owen aveva apparecchiato tutto e i posti a tavola erano dodici, con loro tre.
Duncan prese posto a capo tavola e Courtney occupò il posto più lontano possibile da lui.
Gwen e Bridgette arrivarono pochi secondi dopo, sedendosi di fronte alla bruna.
E, poco dopo, l’intera ciurma prese posto.
Erano in nove, Duncan non le aveva mentito.
E c’era veramente una ragazza.
Una .. ragazza, che di femminile non aveva nulla.
Portava abiti maschili e si trovava a suo agio con ogni componente della nave.
Rideva e scherzava con tutti, comportandosi in modo bizzarro.
Aveva i capelli rossi come fuoco e gli occhi vispi, furbi.
- Si chiama Izzy … - sussurrò Bridgette, notando che Courtney continuava a fissare la pirata.
- Ed’è una specie di … capitano. Assieme a Duncan. -
Cosa?
No, un momento.
Non solo la nave era composta da quei pirati provetti, ma l’assalitore della nave inglese divideva il tributo di Capitano con un altro? E per giunta, una ragazza?
Courtney strinse i pugni lanciando un’occhiataccia a Duncan, il quale, ignaro di tutto, continuava a parlare con Trent.
Ma come aveva fatto ad essere stata rapita da un branco di deficienti?
Dopo aver pranzato, tutti si ritirarono nelle proprie cabine.
Perché, ovviamente, i veri pirati fanno il riposino delle 14.00
Gwen si ritirò nella cabina di Trent.
Duncan gliel’aveva … concessa.
Bridgette era rimasta in cucina ad aiutare a  sparecchiare.
E Courtney si era trovata di nuovo sola sul ponte.
Scrutava il mare, cercando una qualche nave Inglese venuta a salvarla.
Ma nulla.
- Hey, ma tu sei nuova! - disse una voce femminile alle sue spalle.
Una voce squillante, troppo alta per essere quella di Gwen e troppo entusiasta per essere quella di Bridgette.
Era Izzy.
- Sono la Principessa Courtney Dawson, prego. -
Courtney doveva mantenere le distanze.
Non voleva sembrare una troppo aperta.
- Bla bla bla, ho capito … bè, che ne dici se ti cambi? -
Izzy fece la domanda sorridendo a trentadue denti.
- Mi cambio in cosa? - chiese Courtney perplessa.
La rossa iniziò a saltellarle intorno.
- Ohhh si! Allora, ti darò un paio di pantaloni di Noah, penso che ti andranno bene … poi per il sopra sei una tipa alla Cody, e quindi penso che anche i suoi vestiti ti andranno bene… o mio Dio, tu sei un misto fra Noah e Cody! Sei una NoCo! -
Courtney capì solo il 3% di tutto il discorso che fece Izzy.
Noah e Cody dovevano essere altri due della ciurma.
Izzy prese per mano la Principessa, trascinandola verso la sua cabina.
- Dunque, solitamente io rubo i vestiti a Noah visto che sono gli unici che mi stanno bene. Insomma, non vorrai mica prendere i vestiti di Owen, è? - Izzy scoppiò in una fragorosa risata, ridendo appunto per una sua battuta.
Fortunatamente si ricompose quasi subito.
- Allora, prendi questi neri … o forse sono meglio bianchi? Naaaa prendi quelli rossi. -
La pirata tastava ogni tipo di pantalone, camicia o altro, senza trovare nulla che la convincesse abbastanza.
- Non fa niente … sto bene anche con questo vestito che ho addosso. - disse Courtney poco convinta.
Izzy fece spallucce: - E va bene, se vuoi essere vestita come una zingara … fai pure. Ma ricordati che se magari avessi bisogno di qualche vestito, vieni da me! -
La principesse sorrise falsamente di fronte alla pirata.
Che tipa strana.
Courtney fece per andarsene, ma Izzy la bloccò.
- Hey, dove vuoi andare? -
Bè, c’erano molti posti dove Courtney sarebbe potuta andare,  a partire da Duncan …
- Che emozione, non vuoi sentire la mia storia? - chiese poi Izzy, bloccando la porta con le mani e fissando insistentemente la ragazza.
Courtney sospirò, sedendosi sull’amaca.
- Va bene, dai … raccontami la tua storia … -
Izzy sprigionava felicità da tutti i pori.
- Uhuhu, che bello! Qualcuno che  vuole sentire un racconto da me senza che io lo abbia convinto con la forza! -
Courtney guardò la porta sbarrata.
- Si, immagino di essere la prima. -
Izzy prese uno sgabello.
Per sedersi?
Ma no, per mettersi in piedi.
- Innanzitutto, sono la figlia dell’ex capitano di questa nave e, dato che il potere di un pirata è ereditario, ho ereditato questa nave! -
- Davvero???- chiese Courtney incuriosita.
- No! - sorrise Izzy.
Infatti, le sembrava strano che il comando di una nave andasse da padre a figlio.
Ma comunque, assecondò Izzy.
- Cooomunque, mio padre mi ha sempre voluto molto bene … e sono stata con lui fin dalla nascita. L’ho sempre detto, che sarei stata una pirata coi fiocchi! -
Coutney roteò gli occhi:
- Ti hanno mai detto che sei modesta? -
- Si, in parecchi. - disse Izzy facendo l’aria da superiore.
- Tornando a noi … cioè, a me. Un giorno mio padre andò in esplorazione in Spagna. Io ero ancora una giovane donzella … avevo più o meno sedici anni. E fu lì, in Spagna, che incontrammo Duncan. -
La Principessa fece si con la testa, attenta.
Quindi … il racconto di Izzy sarebbe incrociato con quello di Duncan.
- A quel tempo era solo un brigante. Lo trovammo in riva al mare, mezzo morto. Mio padre lo voleva uccidere. Si, mio padre era un tipo tosto! - continuò la rossa alzando un pugno in cielo.
- Fatto sta, che Duncan dimostrò subito di essere uno forte. Uno che poteva fare il pirata. Ed entrò nella ciurma! -
- E … poi? - chiese Courtney dopo che Izzy si era presa una pausa di dieci minuti.
- Bè, poi mio padre è morto, io mi sono inventata la cosa “ereditaria”, mentre sul testamento di mio padre c’era scritto che dava la nave e tutti i suoi beni a quel tipo, Duncan. Allora abbiamo deciso di fare a metà. Cioè, io ho deciso di fare a metà. Fine!-
Izzy saltò giù dallo sgabello, sorridendo.
Courtney, al contrario, non si mosse.
- E’ finito? - chiese sussurrando.
Izzy fece euforicamente si con la testa.
- Ed’è … tutto qui? -
Izzy continuò a fare si con la testa.
- Hem … wow, è proprio una bella storia! - Courtney applaudì falsamente, mentre Izzy fece qualche inchino.
Delusa, la principessa si alzò dall’amaca, ed uscì.
Si era aspettata qualche notizia in più sulla vita di Duncan.
Lo vedeva, c’erano dei lati oscuri.
Delle pozze.
Dal racconto di Izzy, Duncan era stato trovato in Spagna.
Ma il nome “Duncan” non è un nome spagnolo e così anche la sua figura.
Cosa ci faceva anni prima in Spagna?
E … possibile che sapesse che la sua nave si stava dirigendo proprio lì?
C’era qualcosa … qualcosa fra Duncan e la Spagna.
- Tzè, ecco qui la Principessa in tutto il suo splendore! -
- Ed ecco qui l’unico capitano al mondo che spartisce la sua nave con un altro pirata! -
Duncan parve stroncato da quella risposta.
Un punto in più per Courtney.
- Bè, vedo che tu e la pazza sclerotica non che comunemente chiamata Izzy, avete fatto amicizia. Non mi sorprende. Ti ha raccontato quella favoletta, giusto? -
La bruna si avvicinò con passo svelto a lui.
- Non è una favoletta. E poi, chi mi garantisce che tu non stia mentendo?! -
Duncan bloccò i polsi della ragazza, facendola rigirare.
- Insomma: guardala! E’ solo la figlia pazza del capitano. Come puoi credere ad una del genere? -
Courtney guardò Izzy che scrutava il mare con un cannocchiale.
Un cannocchiale giocattolo e per di più messo all’incontrario.
- I pazzi non hanno motivo di mentire. -
- E’ semi ubriaca. -
- Le parole di un ubriaco sono i pensieri di un sobrio.-
Azzerato, per la seconda volta.
Duncan lasciò i polsi a Courtney, buttandola a terra.
- Non mi dici nulla al riguardo? -
La Principessa si alzò.
Duncan stava per rientrare, ma lei si mise fra la porta e il ragazzo.
- Cosa vuoi che ti dica? -
Il pirata si stava innervosendo.
- Se le storia di Izzy è vera. -
Duncan si passò una mano fra i capelli, per poi appoggiarsi alla porta.
Si avvicinò lentamente al viso della ragazza, per poi appoggiare le labbra sull’orecchio:
- Non sono affari tuoi. E ora, lasciami passare. -
Scandì bene tutte le parole.
Courtney strinse i pugni.
Non lo avrebbe fatto passare.
Non era una che mollava.
Voleva sapere di più su Duncan.
E ci sarebbe riuscita, con ogni mezzo.
Il ragazzo la fisso dritto negl’occhi.
Con una mossa che Courtney nemmeno riuscì a vedere, la buttò sulla ringhiera.
Dio solo sa come Courtney non abbia fatto a sbilanciarsi e non sia caduta in mare.
- Stai alla larga dai miei affari e dalla mia vita. E ora, pulisci il ponte! -
Courtney sapeva che non doveva arrendersi.
Sapeva che le Principesse non puliscono ponti.
Ma sapeva anche, che Duncan era un tipo che si faceva rispettare.
Pulire il ponte era l’unico modo per farsi dire di più su di lui.
Per diventare amica di un altro marinaio che puliva con lei.
 

***
 
Buona sera, Signor Burromuerto.
Abbiamo saputo cosa è successo alla sua futura moglie.
Ne siamo terribilmente addolorati.
Ci sarebbe nostra figlia … che è in cerca di marito.
Ci faccia sapere al più presto cosa ne pensa.
Comunque, questa non è una lettera di proposta … lei è stato invitato al ballo in maschera.
La maschera è obbligatoria.
Potrà ballare con chi vorrà.
La maschera non verrà tolta fino alle ore 24.00, fino al dodicesimo rintocco.
Spero che partecipiate sia lei sia suo fratello Josè.
La festa si terrà questa sera, alla reggia dei Mijant.
Cordiali saluti,
Silver Mijant.

 
Un ballo in maschera.
Questa era l’ultima a cui Alejandro avrebbe voluto partecipare.
Ma dopo la scomparsa di Courtney, gli serviva una nuova sposa.
Una nuova donna …
Prese la maschera che aveva appoggiato distrattamente sul comodino, poi si avviò verso la carrozza.
 
- Heather, mi passi la maschera? -
Josè stava in piedi, rivolto verso il balcone.
Heather prese il pacchetto contenente la maschera, poi la porse al suo nuovo padrone.
A colui che l’aveva presa.
Colui che l’aveva strappate dalle grinfie di un altro uomo.
Un uomo che però … ad Heather non dispiaceva.
“Basta pensare a queste stupidaggini!” pensò la serva.
- Io e mio fratello staremo via per tre giorni. Sai quello che devi fare. Metti in ordine le mie stanze. Al mio ritorno voglio trovare tutto a posto. Non deludermi. O sai, che te ne pentirai - disse Josè guardandola in cagnesco.
Heather, per tutta risposta, alzò semplicemente un sopraciglio e fece un’ inchino.
Quando Josè uscì dalla porta, si scaraventò verso la sua scrivania, dove vi era una lettera aperta e girata.
Heather lesse tutto d’un fiato.
Una festa in maschera … nella reggia dei Mijant?
Hanno una figlia … una bellissima figlia.
L’invito era stato lasciato lì.
Sicuramente, Josè sarebbe entrato nella reggia con l’invito di Alejandro.
E Alejandro poteva entrare con Josè, visto che per loro basta un invito.
Quindi … visto che la festa aveva un tot d’invitati e che Josè e Alejandro erano stati contati come “uno” … c’era rimato un posto libero per la cena.
Heather guardò prima l’invito, poi la lettera.
La maschera non verrà tolta fino alle ore 24.00, fino al dodicesimo rintocco.
Aveva tempo fino a mezzanotte di stare lì.
Poteva parlare con Alejandro.
Per un’ultima volta.
Fece la sua scelta.
Prese la prima maschera che trovò in soffitta, poi l’invito.
Scese di soppiatto le scale principali, poi uscì in giardino.
Alejandro e Josè erano appena saliti sulla carrozza.
Mancava qualcuno che la trascinava.
Il cocchiere.
Heather si guardò d’intorno.
Il cocchiere non era ancora arrivato, ma sarebbe giunto lì presto.
I cavalli erano pronti.
La carrozza pure.
Il posto del cocchiere vuoto.
Ora o mai più, pensò Heather mettendosi il mantello.
- Finalmente!- aveva gridato da dentro la carrozza Josè.
- Ma quanto tempo ci hai messo? Forza, sbrigati a portarci alla reggia! -
Questa volta era stato Alejandro.
Sentire la sua voce …
Heather prese la frusta e spronò i cavalli.
Si voltò verso il giardino.
Il cocchiere stava correndo verso la carrozza, sbraitando.
Alejandro e Josè erano troppo impegnati a discutere per accorgersi di un uomo che li rincorreva.
Dopo che la carrozza si era addentrata nella foresta, gli unici rumori erano lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli.
Le discussioni di Alejandro.
Le parole di Josè.
Ed il cuore di Heather.
 
 

Angolino:
SCUSATEEEEEEEEEEEEEEEE
Questa settimana è volata!
Ed’è stata molto impegnativa :’(
Ho avuto le gare di cavallo (ma  a voi, che vi frega?) e quindi doveva stare per forza tutti i giorni tutto il giorno al maneggio!
La sera ero troppo stanca per scrivere e poi …
Non avevo più ispirazione L
Scusatemi tanto!
Allora, non sono per NIENTE convinta sulla parte della DxC.
Scusate, ma è proprio lì che non so come tirare avanti.
Comunque ora mi è venuta la “brillante” idea di presentarvi su ogni capitolo uno ad uno i personaggi della ciurma, poi non mancherà per niente l’atmosfera DxC ;DD
Oggi abbiamo conosciuto un po’ Izzy. Eh, per il prossimo capitolo ho in mente di farvi conoscere … Harold xD hahaha
Invece … per la AxH siamo messi bene, ho molte idee per altri 2/3 capitoli ^-^
Bè, spero di aggiornare presto…
Un’ultima cosa: Mercoledì parto per il mare.
Non so se questo è un male o un bene.
Male: non mi funziona molto bene internet, quindi non so quanto spesso aggiornerò.
Bene: vado in una località marittima.
La mia storia è ambientata sul mare.
Io al mare = tante idee per storie marine.
Hahahaha … quindi per le idee ci siamo ;)
Vabbè, ora scappo!
Simply <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** L'affare ***


Continuo Capitolo 4 :
L'affare


La carrozza arrivò sana e salva proprio quando il ballo stava per iniziare.
Heather scese prima che Alejandro e Josè potessero farle una qualche domanda, dato che erano convinti che c’era il loro cocchiere, e non la serva.
Doveva cambiarsi.
E subito.
Tutti gli altri invitati salivano la grande scalinata bianca che vi era al di fuori della reggia, già mascherati e con il proprio biglietto sulle mani.
Alejandro e Josè furono accompagnati da uno dei servi di quel posto in una stanza, dove avrebbero potuto cambiarsi senza vari fastidi o altro.
Al contrario, Heather non poteva occupare nessuna stanza o altre cose simili.
Nonostante il mantello scuro, con la luce della dimora il suo abito grigio sporco l’avrebbe smascherata all’istante.
Decise di cambiarsi in fondo alla via, dove gli alberi iniziavano ad essere più fitti e le luci si erano ben dileguate.
Prese la maschera ed il vestito.
Erano entrambi abiti tradizionali cinesi.
Heather, essendo di origini orientali, se la cavò subito con il vestito e fu pronto quasi subito.
Le stava bene, fortunatamente.
Entrò con disinvoltura, mostrando  l’invito a una delle due guardie.
Con un cenno d’assenso, varcò la soglia di quell’immensa reggia, dirigendosi con gli altri invitati alla sala da ballo.
Aveva perso di vista sia Alejandro che Josè.
Magnifico.
La sala era grande e spaziosa. Vari tavoli erano stati riempiti dei più prelibati cibi del Regno.
C’era gente che ballava, beveva, giocava o semplicemente chiacchierava davanti  a una bella bottiglia d’ alcol.
Alejandro doveva conoscere la figlia del signor Mijant.
Quindi era previsto un’incontro, prima del Gran Ballo Finale.
Heather doveva far si che i due non s’incontrassero. O magari intercettare Alejandro prima che andasse dalla Principessa.
Ma dove poteva esser andato?
Assorta nei suoi pensieri, prese da bere.
Nel farlo, urtò contro un uomo.
- Guarda dove metti i piedi . - disse fissandolo.
Josè alzò un sopracciglio, accigliato.
- Mi scusi? -
Heather rimase di stucco, paralizzata. Sicuramente l’avrebbe presa con forza, l’avrebbe umiliata di fronte a tutti e infine riportata al castello, rinchiusa in una cella, per non parlare di quando le avreb-
Un momento. Josè non sapeva che quella era Heather.
Niente Heather, niente punizione.
Niente punizione, Heather sana e salva.
- Ha sentito proprio bene. Dovrebbe proprio fare attenzione a dove mette i suoi piedi. -
La ragazza ghignò, quando Josè rimase di stucco. Ma il ragazzo non si lasciò sopraffare:
- Guardi che i miei piedi sono apposto. E’ lei che, distratta, mi è venuta addosso. -
Heather fece per girarsi e cercare Alejandro, ma Josè la trattenne.
- Dove pensi di andare .. - sussurrò, avvicinandosi. La ragazza ripugnò quell’uomo con tutta se stessa. Come si permetteva ad avvicinarsi a lei, così…?
Va bene, Heather non era altro che una semplice schiava.
Ma lì, in quella festa, Heather era una nobile, invitata dalla famiglia Mijant, travestita da Principessa Cinese e con il petto pieno d’orgoglio.
- Mi leva quelle mani di dosso. - disse fredda.
Josè sembrò non capire, avvicinando il suo volto a quello della fanciulla
- Balli con me. Un solo ballo, e la lascerò stare per tutta la serata. - azzardò.
Heather si avvicinò a lui, lentamente e con fare seducente.
Con le labbra sfiorò il lobo dell’orecchio e sussurrò:
- Io non ballerò mai e poi mai con lei. E ora, mi lasci andare, o chiamo le guardie. -
Josè la vide andarsene in fretta e furia.
Bha, che strana donna.

***

- Signor Burromuerto, che piacere averla qui! -
Un signore pienotto e barbuto gli porse la mano. Alejandro la strinse, poco convinto.
- Il piacere è mio, Signor Mijant. -
L’uomo incitò il ragazzo a sedersi, poi prese un calice di vino e glielo diede.
- Dunque, noto con piacere che i suoi affari di famiglia vanno a gonfie vele. - iniziò il Signor Mijant.
Alejandro annuì, attento.
- … E anche i nostri, di affari, vanno alquanto bene. - continuò.
Dove voleva arrivare?
- Signore, la prego, continui .. - lo incitò Alejandro.
Il Signor Mijant prese a toccarsi i baffi.
- E’ ormai chiaro che la mia famiglia e la sua, sono le più ricche di tutta la Spagna, seconde solo al Re. I nostri cognomi sono temuti, onorati e richiesti. I nostri terreni sono i più fruttuosi, i più ricchi e ben lavorati. Le nostre bestie posseggono la carne più tenera del paese e solo Dio sa quanto siamo, schifosamente ed immensamente, benestanti. -
Le parole di quel vecchio uomo, consumato ormai dagli anni e dalle battaglie, affascinarono quel giovane ragazzo che gli sedeva di fronte. Alejandro pendeva dalle sue labbra. Ascoltava senza perdersi nemmeno una parola. Era talmente attento, concentrato, da quell’uomo.
I ragionamenti filavano lisci come l’olio. Era tutto vero.
Loro erano i più potenti.
Loro erano i più ricchi.
Loro erano i migliori, i migliori di tutta la Spagna.
- Molti mi hanno consigliato di attaccare il tuo palazzo e le cittadelle che comandi. Ma, deve sapere, che io sono contrario a questo modo di ..  risolvere le cose. Quindi, le propongo un affare a cui sicuramente accetterà! -
- Un affare? .. Da quello che mi ha appena detto, sono certo che non rifiuterò. Avanti, sentiamo. -
L’uomo fece un cenno alle guardie, che aprirono le porte.
- Che entri mia figlia. -
Dalle porte, entrò una figura .. altezzosa, quasi “suprema”.
Una ragazza, della stessa età giovane del ragazzo.
Alejandro s’irrigidì.
- Cosa .. avete intenzione di fare, Signore .. ? - chiese il ragazzo.
La tensione era alta.
Alejandro scrutava la figlia del capo del Palazzo.
A sua volta, la ragazza sorrideva in modo beffardo, sedendosi accanto al padre, in modo regale.
Il Signor Mijant stringeva la mano di sua figlia, con un’espressione vincitrice stampata sul volto.
Troppa concentrazione in quella stanza, troppa attenzione alle figure che vi erano all’interno.
Talmente tanta, che nessuno, neppure le guardie, s’accorsero di una figura che osservava tutta la scena da fuori.
L’albero maestro era grande, alto quasi quanto il palazzo.
I rami erano lunghi e robusti, il fogliame fitto come uno sciame di api.
E proprio fra questo fogliame, appoggiata ad un ramo, Heather seguiva la scena col cuore in gola.
Dopo esser sfuggita alla persecuzione di Josè, la ragazza aveva sbattuto contro una delle guardie, che la fece cadere atterra.
Mentre l’aiutava ad alzarsi, a causa del forte scontro, l’invito scivolò dalla tasca della ragazza.
Un’altra guardia lo prese e notò subito una cosa.
Lo stemma dei Burromuerto.
“ Sono una lontana parente, lo giuro!” Aveva insistito la ragazza.
Ma la guardia non s’era lasciata ingannare, non come quella che vi era all’ingresso del palazzo.
Diede subito l’allarme e, nello scompiglio generale, Heather riuscì a liberarsi dalla morsa dell’uomo, per poter fuggire.
Le stanze erano chiuse. Non poteva nascondersi nella carrozza ne tanto meno fuggire.
L’unica cosa da fare era dileguarsi totalmente.
Era riuscita a salire sull’albero, fino a che non sentì la voce di Alejandro. Aveva alzato lo sguardo e, dalla finestra più vicina, risentì la voce del ragazzo.
Senza pensarci due volte, si era arrampicata cautamente fino a lassu, per poi appollaiarsi e in silenzio godersi la scena.
Strinse i pugni e trattenne un’espressione di dolore e di sconforto, quando il Signor Mijant pronunciò, carico d’orgoglio e di prepotenza, queste parole:
- Uniamo le nostre famiglie. Diventiamo un’unica casata, potente. Facciamo sì, che la nostra stirpe s’unisca, in un matrimonio d’affare. L’altra donna, quell’ Inglese … Dawson, non le avrebbe dato nulla, se non forti debiti e disonore a te e a tuo fratello. Sposa mia figlia, e vivrai una vita felice, come un vero signore. Sposala, e vedrai! -

 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Quel bacio non dato, quel bacio aspettato. ***


Buona sera :D
Prima che leggiate la Fic, sappiate che ho cambiato una cosa:
Per la prima volta, il tempo di narrazione delle 2 storie non corrisponde.
Per quanto riguarda la DxC, siamo a "qualche giorno dopo", mentre l' AxH, siamo sempre al ballo. E' stato solo una questione di comodità. Dal prossimo capitolo, le due storie continueranno a essere parallele. Buona lettura :D

Capitolo 5
Quel bacio non dato, quel bacio aspettato.


 Il vento soffiava leggero. Quella mattina era fresca, limpida. Il mare calmo, tranquillo, dormiva ancora. E assieme a lui, anche il resto della ciurma.
Eccetto Courtney. 
La ragazza stava rannicchiata sul ponte, con le coperte che la coprivano fin sopra il naso. Era uno dei due momenti migliori della giornata: L’alba.
Courtney non era abituata ad alzarsi presto, ma in alcune circostanze doveva proprio farlo. E, quando vieni rapita da un branco di Pirati per un motivo ancora misterioso, l’alba e il tramonto sono gli unici momenti della giornata in cui regna la pace.
Inoltre, quella stessa mattina non vi erano neppure i gabbiani che disturbavano la quiete.
Courtney si rigirò dalla parte opposta, con gli occhi rivolti alla cabina del comandante.
Del quasi Comandante Duncan.
Sapeva di lui solo poche cose, talmente poche che non riusciva ad immaginarlo come un ragazzo qualunque.
Un brigante, aveva detto Izzy.
Un povero brigante trovato semi morto in riva al mare, quando era ancora nel fior degl’anni.
Courtney non faceva altro che pensare a quel totale cretino.
Voleva scoprire perché era li.
Perché proprio lei?
E soprattutto, cosa celavano quegl’occhi glaciali, pieni di prepotenza e supremazia, di Duncan?
Una soffice brezza marina le solleticò il volto, facendola però rabbrividire.
- Dannazione … - sussurrò.
Era ormai sveglia da molto.
Cercare di riaddormentarsi era fuori questione.
Quindi …
I pirati dormivano, Gwen e Bridgette stavano dall’altra parte della nave e Duncan si era chiuso nella cabina.
Courtney poteva gironzolare per la nave liberamente.
Senza, però, far minimo rumore.
Si alzò lentamente, guardandosi intorno.
Era tutto calmo e privo di segni di vita.
“Perfetto” pensò.
Fece qualche passo incerto. Le assi della nave scricchiolarono leggermente, ma nulla di più.
Con il cuore che le martellava nel petto, Courtney si avviò verso l’entrata della nave.
Scese gli scalini a piedi nudi, facendo molta attenzione.
Si ritrovò in una stanza buia, illuminata solo dai grandi buchi lasciati aperti per i cannoni e da qualche asse cedente.
Tutt’attorno, vi erano conserve di cibo e rum, qualche amaca e varie cianfrusaglie.
Nulla d’interessante.
A Courtney interessava l’armeria.
Già. Doveva munirsi di un pugnale, per difendersi da quei 9 pirati maldestri e, chi lo sa, forse qualcuno era anche cattivo.
Nonostante fossero pochi e, alcuni, persino gentili, erano pur sempre pirati.
Come le aveva detto Owen la sera prima?
Ohh, è facile! Scenda fino alla parte bassa della nave, poi troverà una porta. Bè, all’interno vi sono nascosti enormi segreti profondi come l’abisso dell’ocea- … ok Principessa, metta giù quel coltello, stavo solo scherzando! Non vi è nient’altro che qualche fucile, qualche spada, qualche pugnale, qualche altra roba che non uso, ma stia attenta a non farsi beccare da Duncan. E’ molto geloso delle sue armi e dei suoi gioielli … no, non quei gioielli, a quelli ci tengo pure io … intendo dire l’oro, i rubini e altre pietre preziose …
Com’era facile soggiogare quel ragazzo.
Percorse tutta la stanza, fin quando non arrivò ad una porta.
“Dovrebbe essere la porta che mi diceva Owen…”
Riuscì ad aprirla solo dopo vari tentativi.
Era chiusa  a chiave, ma grazie ad un filo metallico che aveva trovato, l’impresa non fu poi tanto difficile.
Si ritrovò in un’altra stanza, molto più piccola rispetto a quella precedente.
E, come le aveva detto, era stracolma di armi e munizioni.
Courtney guardò affascinata gli scaffali pieni di marchingegni e altre armi.
Duncan aveva una collezione veramente ampia e vasta.
In fondo alla stanza, vi erano effettivamente dei forzieri, colmi di ogni ben di Dio.
Rubini, diamanti e altre pietre di valore unico.
I pugnali si trovavano a metà, fra le sciabole e le spade.
Ne prese 2.
Uno se lo mise all’interno dei pantaloni e l’altro nella tasca interna della camicia. Pesavano, ma non eccessivamente.
Allungò la mano per prendere qualche munizione, ma sentì una stretta intorno al braccio, e un rivolo di sangue le cadde sul petto.
Provò paura, enorme paura.
Talmente tanta che sentì il peso del suo corpo troppo immenso per le sue gambe, che stavano per cedere.
Il cuore batteva talmente forte che temeva le scoppiasse nel petto.
Ma iniziò a battere ancora di più, quando sentì il suo fiato sul collo:
- Principessa, già in piedi? -
Duncan abbassò la sciabola, allontanandosi dalla ragazza di qualche passo.
Courtney tocco quella parte di collo ferita, e sentì le dita un po’ umide e bagnate.
- Mi … hai ferita. - disse fissandolo negl’occhi.
Per risposta, ricevette da Duncan un sorriso beffardo e pieno di se.
Dio, quanto lo odiava.
Odiava il suo modo di fare.
Il suo caratteraccio.
I suoi ghigni compiaciuti.
Il modo in cui la trattava, come trattava una Principessa.
Come s’azzardava?
Courtney strinse i pugni, cercando di non perdere la calma.
Sapeva che aveva torto, Owen l’aveva avvertita.
Ma ferirla …
- Perché? - chiese dopo un lungo silenzio.
- Perché cosa? -
Courtney fece un sospiro.
- Perché mi hai ferita? -
Duncan conficcò la spada a terra e vi si appoggiò con le mani.
- E perché tu sei scesa? -
- Che c’è? Mi sembra normale che voglia conoscere la nave, o è un crimine? Paragonato hai vostri, dare una sbirciatina qua e la non è poi tanto grave. -
Duncan si rialzò, avvicinandosi a lei.
Più si avvicinava, più Courtney indietreggiava, fin quando non andò a sbattere con le spalle al muro.
- Non credo tu sia nella posizione di giudicare quello che io e i miei uomini facciamo o no. E, sai che qui siamo soli. Potrei anche abusare di te. D’altronde, non sei niente su questa nave. -
Duncan l’afferrò per i fianchi, stringendola.
A Courtney mancò il fiato. Incrociò il suo sguardo. L’ombra dei suoi occhi l’invase, e lei non poté fare a meno che voltare la testa di lato e posare le mani sul suo petto.
Ma Duncan continuava ad avvicinarsi. Ormai le loro fronti si toccavano. Sentiva il fiato del ragazzo sulle sue labbra, e continuava a fissarlo, impassibile.
Fuori sembrava impassibile.
Ma dentro di lei, i suoi sentimenti sembravano indemoniati, e .. mai sentito parlare di farfalle allo stomaco?
Courtney ringraziò mentalmente Izzy che l’aveva costretta a mettersi i pantaloni di Noah e la camicia di Cody. Se fosse ancora rimasta in vestaglia …
- Co.. Cos’hai in mente? - sussurrò d’un fiato.
Duncan la fissò per un istante, poi …
Poi se lo ritrovò a terra che rideva a crepapelle.
La bruna, ancora scossa e rossa in viso, prese profondi sospiri.
Duncan stava letteralmente rotolando sul pavimento e non faceva altro che ridere.
Di lei.
Al contrario, Courtney non capì cos’era successo.
Un momento prima le stava attaccato, e sembrava proprio che volesse darle un bacio o altro.
Un momento dopo, lo ritrova sdraiato a ridere.
- Si può sapere che ti prende? - chiese perplessa.
Ma che aveva che non andava quel tipo?
- Do .. dovresti vedere la tua faccia .. sembravi un piccolo topo che stava per essere mangiato .. per non parlare di quando hai voltato la testa … - rise Duncan.
- E che ci trovi di divertente? - Courtney si tranquillizzò.
Duncan si ricompose, più o meno, e sedé accanto alla Principessa.
- Che ci trovo di divertente? … Questi! - disse mostrando i due pugnali che Courtney aveva “preso in prestito”.
Cosa?
Ma come aveva fatto? Uno stava nella tasca interna della camicia e l’altro nei pantaloni, come aveva fatto a prenderli?
Courtney fissò i pugnali a bocca aperta.
- Un momento, i due pugnali si trovavano all’interno … -
Duncan le fece l’occhiolino, poi aggiunse: - Eri troppo occupata a guardare i miei bellissimi occhi azzurri, che non ti sei accorta che strano giro hanno fatto .. le mie mani. -
Ci mise circa un minuto a sorbire quelle parole.
Poi, molto tranquillamente, chiese: - Ciò significa che sei entrato nella mia camicetta? -
Il ragazzo fece si con la testa.
- E quindi, sei entrato anche nei miei pantaloni? -
Duncan rifece si, con molta più convinzione e malizia.
Non l’avesse mai fatto.
Lo schiaffo risuonò sonoro. Courtney, rossa in viso, si avvicinò pericolosamente al ragazzo che era rimasto sorpreso.
- Non ti azzardare a toccarmi. - sussurrò la Principessa, scandendo bene le parole.
Duncan prese una ciocca e inizio a giocarci, fissandola con aria di sfida.
- Un giorno mi supplicherai di volermi. -


***

-Sposala, e vedrai!-
Quelle parole echeggiarono nella mente di Alejandro.
Mijant continuava a fissarlo assieme a sua figlia.
- Ritengo che questa sia un’ottima idea .. - iniziò - Ma ci sarebbe mio fratello maggiore, Josè. Carlos ha deciso di seguire mio padre con gli affari, e partiranno fra non molto. Ma Josè .. Lui rimane in Spagna. E poi io sono appena uscito da una proposta di matrimonio, dovrei anche “riposarmi” per la tragica morte della mia futura sposa … -
Il Signor Mijant emise una profonda risata, mentre la figlia alzò un sopracciglio.
- Vorreste dire che mia figlia, la mia unica figlia, la cosa che amo di più, dovrebbe sposare quel … quel … quel barbaro di suo fratello?! Sappiamo tutti cosa fece qualche anno fa, alla cerimonia del Re. Suo fratello ancora non sa quali siano i doveri e i diritti di un sovrano. Ma lei .. Signor Burromuerto, ci ha dato più volte prova della sua maturità e serietà nello svolgere i propri compiti e, se lo lasci dire, la sua astuzia è ciò che serve per mandare avanti un regno. -
Le parole del Sovrano erano forti e pronunciate con estrema lentezza, per far si che Alejandro capisse a cosa andava incontro.
Lui doveva sposarsi.
Lui doveva governare le due famiglie.
Lui, solo lui.
E non poteva fare affidamento ne alla sua famiglia, ne ad Heather ..
Prima di dare una risposta, una guardia spalancò la porta ed entrò ansimando: - C’è un’intrusa a palazzo! -
- Temo che la nostra conversazione debba finire qui. Con permesso, Signor Mijant, Signorina .. -
Alejandro colse quell’occasione per fuggire dalla sala.
Gli mancava il fiato, e s’accorse che era sudato.
Doveva trovare Josè.
Ma si era creato un gran trambusto, a causa di quell’intrusa o chicchessia.
La sala era in preda al panico. Vi erano guardie che controllavano tutto il palazzo.
Ad Alejandro serviva un posto di pace, dove poteva ragionare.
E inoltre, voleva tornare alla sua Reggia.
Da Heather.
Uscì dal palazzo e percorse la grande scalinata che lo condusse in giardino.
Lì, era tutto più calmo.
Si sentiva solo il rumore dei grilli e altri insetti notturni, e il fruscio della fontana.
Si sedé sul verde prato, un po’ umido, poiché era stato annaffiato da poco. Guardò il cielo, e pensò se anche Heather stesse guardando lo stesso cielo, con la stessa luna ..
Volse la testa al lato di un albero.
L’albero maestro, data la grandezza dei rami e del fusto.
E, alle pendici, stava rannicchiata una ragazza.
Alejandro la vide lì, sola e pensierosa.
Portava ancora la maschera.
Per un secondo le parve Heather, ma cacciò dalla mente quell’immagine.
Heather che se ne stava buona e zitta a pensare?
No, non era nel suo stile.
Alejandro s’alzò, un po’ incuriosito.
Aveva dentro di se quest’enorme solitudine, e doveva sfogarsi, parlarne con qualcuno.
Appena la ragazza lo vide, fece per alzarsi, ma Alejandro la pregò di star seduta, accanto a lui.
Heather vide che arrivava nella sua direzione. 
Lei lo sentiva, riusciva a sentire che c'era qualcosa che non andava.
Sentiva quel senso di vuoto che provava Alejandro.
Ma, nonostante fossero seduti uno accanto all’altro, in realtà erano lontani come mare e cielo.
- Allora, non sei a festeggiare? - domandò lui, sospirando.
Heather voleva con tutta se stessa confortarlo.
In un modo o nell’altro.
Vederlo così abbattuto le faceva uno strano effetto.
Lui era sempre stato uno forte, uno che non temeva nulla.
E invece, proprio li, quella sera, il vecchio Alejandro era stato sostituito da quella nuova figura, quella nuova immagine di se.
- Dimmi, cosa dovrei festeggiare? -
Alejandro sorrise a quella domanda.
- Bè, innanzitutto, non penso tu sia vittima di continui matrimoni combinati per affari. Non resisto più. Ho sulle spalle il destino della mia famiglia e delle mie terre. Mio fratello Josè è troppo stupido per poter portare avanti un regno. Devo fare tutto io, da solo.
Heather ridacchiò, stringendosi ancora di più col mantello.
- Io invece non mi posso esprimere. Non ho libertà di parola ne nulla. Non posso dire la mia, non posso esprimere il mio giudizio, non posso dire i miei sentimenti e soprattutto, non posso innamorarmi delle persone sbagliate.. -
Alejandro la fissò: - Innamorarti? Per quelli del nostro rango non esiste amore. Al contrario .. c’è chi è della bassa nobiltà e chi è direttamente povero. Non hanno niente, ma hanno la libertà di stare con le persone che vogliono.
- Non è assolutamente vero. - contraddisse Heather.
Alejandro si girò di ¾ verso quella strana ragazza, e ribatté: - Ah no? E dimmi, hai mai sentito parlare di un matrimonio combinato fra due piccole borghesie? E fra 2 schiavi? -
Anche Heather si girò di ¾ e, fissandolo negl’occhi, sussurrò: - E tu, hai mai sentito parlare di .. amore fra una serva e il suo padrone? -
Alejandro la fissò a sua volta.
C’era qualcosa.. qualcosa nel modo di fare, di parlare, che lo riconduceva sempre ad una persona.
Ma quella persona si trovava a kilometri lontani da lui.
Heather, sicuramente, non stava svolgendo nessuno dei compiti che Josè le aveva assegnato.
Alejandro sorrise a quel pensiero, immaginando il casino che avrà combinato la sua ex serva, solo per indispettire Josè.
- E’ molto difficile che una serva s’innamori del proprio capo. Quasi .. impossibile. Noi diamo compiti sgradevoli a quelli come loro .La maggior parte delle volte vengono umiliati, disprezzati e maltrattati. Vengono usati peggio degli animali, in certi casi. -
- E nel suo, di caso? Deve pur avere una serva … come la tratta? - provò Heather.
- Come la tratto? - Alejandro ci pensò su.
- La tratto come ... come non lo so. Heather è una ragazza diversa da tutte. Innanzitutto, non fa mai i suoi compiti o se li fa, li sbaglia. Ma non perché è stupida anzi, per essere solo una serva è alquanto colta e furba. Li sbaglia solo per il piacere di farlo. O meglio, per il piacere di farmi impazzire. -
Il ragazzo sorrise, ripensando a tutte quelle volte che Heather gli aveva preparato un bagno caldo .. troppo caldo, a quando scambiava i vestiti puliti con quelli sporchi e quando anziché pulire la sua stanza, lucidava per bene tutta la casa.
- Dev’essere .. una gran scocciatura. - Heather assunse un’espressione triste. - Insomma, fa l’opposto di quello che chiedi. Non sarebbe più opportuno prendersi un’altra serva? -
- Si, esattamente. Non sei la prima che mi fa questa domanda. Tutti vedono Heather come una bambina capricciosa, furba e dannatamente cattiva. -
In un giorno qualunque, Heather avrebbe preso quelle parole come dei grandi complimenti.
Ma quella sera … provava un senso di disprezzo verso se stessa. Un odio.
Non pensava che infondo, la vita di Alejandro fosse così dura.
E lei che faceva? Gliela rendeva ancora peggio.
Delle volte se lo meritava, meritava d’esser trattato male.
Ma altre volte .. non aveva senso torturarlo.
Si rabbuiò, e strinse le gambe al petto: - E allora perché non la cacci? La renderesti una donna libera … -
- Perché non vivo senza di lei. Siamo cresciuti insieme. Lei è la mia serva fin da quand’ero piccolo. Cioè, non proprio lei. Sua madre mi ha fatto da balia. La conosco troppo bene Heather. E a sua volta, conosce me. Anche se ora è la serva privata di Josè, io farò l’impossibile per riaverla. Per averla ..mia.-
Heather non riuscì a trattenersi.
Sentiva di doverlo fare.
Lo doveva fare da molto tempo.
Fin da quella volta che si erano persi nel bosco, a circa 7 anni, e Alejandro l’aveva tenuta per mano tutto il tempo.
Fin da quella volta che erano rimasti chiusi nella dispensa per un giorno interno, dove Alejandro si era preso tutte le colpe.
Fin da quella volta che aveva visto brillare nei suoi occhi una luce diversa.
Diversa da tutte le altre.
Prima erano stati amici.
Poi separati, lei schiava e lui Padrone.
Ma ora, quando Alejandro parlava di Heather, c’era una luce che rendeva gli occhi talmente verdi, intensi..
Fu con quel bacio, quel bacio sotto la casata dei Mijant, che i sentimenti di entrambi si risvegliarono.

 

Visto quanto sono stata brava?
Ho aggiornato dopo una settimana, come avevo promesso <3
Allora, questo capitolo è stato un piacere per me scriverlo, spero che sarà apprezzato anche da voi :P
Parlando della DxC: Notiamo un certo interesse da parte della Principessa che giorno dopo giorno diventa sempre più grande. E Duncan? Stava quasi per darle un bacio, ma non ,l'ha fatto.. E poi, perchè Courtney si trova ancora li? E cosa cela Duncan, perchè non le svela il suo passato?
Parlando della AxH: Ehehehe, cara Heather, il tuo cuore scoppietta! Anche Alejandro ricambia, in un certo senso. Riuscirà a mettere da parte l'orgoglio e a confessarle i suoi sentimenti? E poi lui crede di aver baciato una perfetta sconosciuta. Cosa dirà ad Heather? E cosa farà per riaverla?
Le risposte verranno, prima o poi! :)
Grazie a tutti voi che seguite questa Fic, un grazie a LAIKA che anche dopo mesi di assenza continua a seguirmi. Ma un grazie anche a tutti voi, ai nuovi recensori e a quelli vecchi. Un grazie anche a chi la segue senza commentare, ai lettori un pò più silenziosi. Questo è per voi :) 
Simply <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Tradimento ***


Tradimento

- Terra, terra! -
Le urla del pirata che stava di vedetta svegliarono di colpo Courtney. Sebbene il sole era ormai alto, quella mattina, la Principessa non aveva avuto la minima voglia di alzarsi.
Le assi del ponte di certo non erano comode, anzi, avrebbe preferito di gran lunga dormire su sporche amache con il resto della ciurma. Ma il Comandante le aveva assegnato quel bel posticino dove si poteva riposare.
- Buon giorno, Principessa! -
Oh, parli del diavolo e spuntano le corna.
In questo caso, parli del Comandante e spunta la sua bandana verde.
Per tutta risposta, Courtney bofonchiò qualcosa, dirigendosi verso l’albero maestro. Il pirata di vedetta scese all’istante. Nonostante la ragazza fosse, come tutti, ai comandi di Duncan, il resto della bizzarra compagnia la rispettava come loro superiore. Più o meno.
- Ma che onore, Principessa Courtney - s’inchinò il ragazzo che era sceso, un po’ affannato, dalla vedetta.
- Harold, bando le ciance, hai veramente visto un’isola poco distante da qui? -
Il ragazzo si sistemò orgogliosamente il cappello che portava, portandosi una mano alla fronte: - Si signora! -
Courtney roteò gli occhi. Erano uno peggio dell’altro, quei pirati. C’era Owen, il cuoco che cucinava più per se stesso che per gli altri. C’era Trent, quello che nutriva una certa simpatia per Gwen, conosciuta ormai come “La Pantera”. Vi erano Noah e Cody, il primo era un ragazzo alquanto colto, strano per quelli come loro, mentre il secondo poteva essere considerato come il tipico “faccio tutto io, lascia fare a me!” e infine combinava qualche guaio a cui solo Noah riusciva a rimediare. C’era Izzy, la ragazza dai capelli rosso fuoco e svampita. C’era anche un tipo super sexy abbronzato ma che, fortunatamente, era l’unico a non importunare Courtney. C’era Duncan, quello stupido mezzo comandante. E, infine, vi era Harold.
Courtney conosceva la storia di quel povero ragazzo…
Povero?!
Era semplicemente un buon a nulla! Persino Duncan, per quanto fosse irritante e affascinante, condivideva le stesse idee di Courtney:
Harold si era arruolato alla ciurma non perché era un delinquente, né per il fatto che fosse povero, né per il fatto che fosse stato catturato e né tanto meno, perché qualcuno glielo aveva imposto.
Harold aveva deciso di fare quella vita per orgoglio. Per far vedere a suo padre e a tutta la cittadina dove un tempo viveva di che pasta era fatto.
Aveva lasciato sua madre, i suoi “amici”, la sua morosa, Leshawna … si chiamava così?, che non lo degnava di uno sguardo. In queste circostanze, suo padre aveva deciso di arruolare il figlio ad un esercito della marina militare, per renderlo meno mingherlino di come già era.
E Harold, da genio del male, durante una missione su una nave, l’aveva lasciata per entrate nella Banda dei Pirati dove si trovava ora.
Ovviamente, lui era convinto che diventando membro di una ciurma pirata, quando sarebbe tornato al villaggio, tutti lo avrebbero trattato con un certo rispetto.
Ma non sapeva, che tutti lo consideravano morto.
Fatto sta, che quel giorno la loro nave avrebbe approdata su un’isola sperduta in mezzo al mare, per fare rifornimento.
Courtney fingeva di aver lasciato perdere l’idea di sfuggire, un giorno, da quella maledettissima nave.
Sperava che le avrebbero dato un po’ più di libertà e, quando ormai nessuno la teneva sott’occhio, sarebbe scappata assieme a Gwen e Bridgette.
Sempre che loro avessero acconsentito. Ormai Gwen non faceva altro che stare con quel Trent, mentre Bridgette passava le giornate a inventare ricette con Owen.
L’unica che, in un modo o nell’altro, si sentiva fuori luogo in quel posto era Courtney.
 - Avanti Principessa, che è quel muso lungo? -
Duncan le si era appostato a fianco, giocando con la collanina che portava al collo.
- Mh, da quando ti interessano i miei pensieri? - sbuffò lei.
- Oh bè, da sempre! Vorresti dire che non ti senti … amata in questo posto? - disse avvicinandosi alla ragazza.
Courtney s’irrigidì, stringendo i pugni:
- Dovrei sentirmi amata in un posto dove per poco non vengo uccisa?! Oh, ovviamente non mi riferisco al fatto che qualche giorno fa mi hai puntato un arma tagliente e mooolto pericolosa alla gola. -
- Se non fossi entrata in quella stanza non sarebbe mai successo, no? E poi su, non farne un dramma! Fra poco atterreremo su quell’isola che, fortunatamente, è nostra alleata. - Duncan fece il segno delle virgolette con l’indice e il medio alla parola “alleata”.
- Alleata? - domandò Courtney.
Come poteva, una cittadina, essere alleata ai pirati?
- Quell’isola è abitata solo da pirati e donne di facili costumi. Secondo te, perché si trova proprio in mezzo all’oceano? Nessuna nave Inglese o di altri paesi è mai giunta fin qui e mai lo farà, visto che viene considerato un posto segreto per noi. -
Il ragazzo si era soffermato all’ultima parola. Al noi.
Che intendesse anche Courtney, nel noi?
Ormai la ragazza non poteva far altro che acconsentire le bizzarre idee di Duncan.
 
 
- Principessa, vedi di non perderti! -
Erano passate delle ore da quando l’intera ciurma era scesa in quell’isola.
Era proprio come Courtney se l’immaginava. I pirati camminavano per le strade, ubriachi o meno. Si sentivano grosse risate dai numerosi locali che popolavano le vie. La ragazza si sentiva talmente oppressa da quell’ambiente che persino stare incollata a Duncan la faceva stare al sicuro.
Bè, ora che ci pensava, in sua compagnia si sentiva sempre protetta. Era come se Duncan facesse uno scudo attorno a lei. Era intoccabile, e questa la faceva sentir meglio.
E anche felice…
- Dove stiamo andando? - chiese scacciando quell’idea dalla mente.
Duncan si fermò, spingendola verso Harold.
- Tu vai con lui. Io vado a fare delle faccende. Harold, porta la Principessa in un posto adatto a lei. - si voltò - Non voglio che qualche insulso pirata posi i suoi luridi occhi su lei. -
- Ma certo Comandante! -
Non voglio che qualche insulso pirata posi i suoi luridi occhi su lei.
Significava che Duncan voleva che Courtney non venisse guardata o, addirittura, toccata da altri uomini. Si preoccupava per lei? O era semplice e pura … gelosia?
- Signorina Courtney, prego, si accomodi. - Nel frattempo, Harold l’aveva portata dalla parte opposta del villaggio.
A differenza di quello che aveva visto in precedenza, era un posto leggermente più tranquillo rispetto al centro della cittadella.
Le case erano diminuite e vi vivevano solo alcuni rozzi signori di una certa età.
Ex pirati, probabilmente.
Harold la fece sedere su una canoa capovolta e, accanto a lei, prese posto.
- Allora Principessa, come vanno le cose? - chiese fissandola, cercando di instaurare una conversazione, cosa che Courtney non era per niente disposta a fare.
Infatti, preferì non rispondere e si voltò dalla parte opposta.
Harold odiava essere ignorato. Insomma, nella sua vita, tutti in un modo o nell’altro lo avevano sempre evitato, fin da quand’era piccolo.
E lui la faceva sempre pagare a chi, come lei, non lo degnava di uno sguardo.
Fu un attimo, la ragazza nemmeno si era accorta del ramo che il pirata aveva preso. E poi, per Courtney, fu tutto nuovamente buio.

***
 

Alejandro era tornato alla reggia. Dopo il dialogo con il Padrone dei Mijant, sentiva come il bisogno di stare protetto. Rinchiuso nelle sue stanze, passava il tempo ripensando alla scelta che doveva fare. Sposare la figlia dei Mijant, o no?
Nonostante fosse questo il principale pensiero di quelle ore, ce n’era un altro che continuava a tormentarlo. Era come un peso sullo stomaco, una sensazione di fastidio.
Era come se dare quel bacio fosse stata la cosa più sbagliata del mondo.
Ripensò a come, dopo che le loro labbra si erano posate, la ragazza si era bloccata. Si era allontanata di corsa, tremante. Come se avesse visto un fantasma o, peggio, come se avesse commesso un enorme errore da non poter più tornar indietro.
Anche Alejandro sapeva di aver commesso un atto sconsiderato. Si, logicamente aveva baciato più volte ragazze che gli erano capitate sotto mano. Ma quella volta … quella volta, sotto l’albero portante della Reggia, pensava di aver fatto qualcosa che non andasse bene.
Stupidi pensieri, disse fra se.
C’era solo una cosa che lo distoglieva dalla totale solitudine o mancanza di allegria.
E, quella stessa cosa, stava bussando alla sua porta.
Ne era certo. Sapeva che si trattava di lei.
La conosceva meglio di chiunque altro, e lo stesso era per lei.
I suoi passi, quando se ne stava tranquilla, erano leggeri e quasi invisibili.
Quando, invece, era furiosa o contraria a qualcosa, si facevano pesanti e invadenti, proprio come la persona che diventava.
Quella volta, stranamente, non era nessuna delle due cose.
I suoi passi erano stati veloci, ma allo stesso tempo silenziosi.
Continuava a bussare freneticamente, di continuo.
- Heather, che c’è? - sospirò Alejandro.
- Se magari mi dessi il permesso di entrare! - disse l’altra dalla parte opposte della porta.
Alejandro storse il capo: da quando in qua Heather chiedeva il permesso di entrare?
Acconsentì la richiesta della ragazza, che si precipitò nella stanza.
Il suo volto non lasciava trasparire nessuna emozione, eccetto gli occhi, che erano vivi e vispi.
- Devo prendere una cosa per Josè, non pensare minimamente che io sia venuta qui per sapere come stavi o altro, dato che hai un comportamento alquanto insolito da quando sei tornato dalla Reggia - disse tutto d’un fiato, iniziando a frugare per la stanza.
Alejandro sorrise, alzandosi da dove sedeva. Chiuse la porta e vi si appoggiò.
- Che diamine stai facendo? - chiese poi lei, accorgendosi che la porta era stata occupata dal ragazzo che non aveva minima intenzione di lasciarla passare.
- Sei l’unica - sorrise lui, abbassando leggermente il capo.
L’unica…pensò la ragazza
L’unica? Nascose lo stupore di quelle parole con un’espressione sconcertata:
- L’unica ad aver fatto cosa? - domandò.
Un pensiero subito le balenò in testa. E se Alejandro aveva scoperto che, in realtà, la ragazza che aveva baciato era stata proprio lei? No … non poteva essere così! Alejandro si sarebbe preso gioco della ragazza e inoltre doveva sposarsi con quella … con la figlia dei Mijant. A Heather non rimaneva che un po’ di orgoglio, dato che era stata talmente spudorata da dar retta all’istinto e si era buttata a capofitto in un bacio che non ci sarebbe neppure dovuto essere.
- L’unica ad essersi accorta che sono cambiato al ritorno dalla Reggia. -
Oh … intendeva quello?
Heather si rilassò per un momento. Comunque, non doveva abbassare la guardia. Infondo, lei era rimasta alla Reggia tutto il tempo, aveva pulito le camere dei suoi Signori e non sapeva nulla di quello che era successo al ballo.
Non doveva assolutamente tradirsi da sola.
- Sei .. più antipatico del solito! Anzi, dato che stai zitto tutto il tempo, mi fai anche il piacere di non vederti tutto il giorno! -
Gli occhi di Alejandro s’incupirono.
Forse … aveva esagerato?
Ormai quel che è fatto è fatto, non poteva tornare indietro. Il bacio era andato e con lui, anche l’ultima speranza di rivelare i sentimenti di Heather al ragazzo.
Doveva fingere di essere la solita fredda serva. Quella che non fa mai i propri doveri e che tenta di ribellarsi ogni santa volta.
Alejandro si avvicinò a lei, lentamente.
Continuava a fissarla negl’occhi. Heather cercò di non distogliere lo sguardo, cercò di sorreggerlo. Ma in quegl’occhi, rivide i bambini che erano stati una volta, i giochi che facevano, le risate e le nuove scoperte … Rivide il loro distaccamento, gli artigli della famiglia Burromuerto che tormentavano Alejandro. Rivide .. anzi, risentì le parole di sua madre che la vietavano di vedere o parlare con il ragazzo. Rivide la celebrazione che li divise per sempre, quella in cui lui, Alejandro Burromuerto, entrava a far parte ufficialmente nel mondo dell’aristocrazia.
Un mondo sconosciuto per Heather, per una donna venduta fin dalla nascita.
Nonostante l’espressione seria di Alejandro, Heather riuscì a non abbassare il capo. Riuscì a tener testa a l’unico uomo che sentiva di amare.
Ma era proprio sicura che quello era amore?
…Si. La risposta venne quando, proprio lì, in quella stanza, Alejandro la prese per le spalle e la strinse a se.
In quell’abbraccio, Alejandro si aprì completamente a lei. Le trasmise i sentimenti che lo rendevano un uomo temuto. Le trasmise l’angoscia che continuava a torturarlo ogni notte, la solitudine che gli teneva compagnia, l’amore che continuava a reprimere.
Anche Heather sentì qualcosa, oltre al suo cuore che batteva troppo scorrettamente. Interperò quell’abbraccio come un gesto di debolezza. I problemi per Alejandro stavano diventando troppi. Non riusciva più a tenerli sopra le sue spalle.
In quell’abbraccio, Heather sentì tutto il rancore che il giovane Burromuerto teneva dentro di se.
Decise di staccarsi, era troppa l’agonia che li divideva ma che, allo stesso tempo, li univa perfettamente. Lo fissò in quegl’occhi troppo veri per essere i suoi, troppo stanchi per essere giovani.
Uscì dalla stanza in silenzio, così com’era entrata. E uscendo da quella porta capì che doveva assolutamente uscire dalla sua vita, per smettere di vivere in quel modo indegno e crearsi una nuova vita, senza passato.
 



Sempre che Alejandro glielo permettesse, ovvio.


Angolino:
Ed eccoci quì :D Scusate per la lunga attesa ma, si sa, Gennaio è il mese in cui tutti i professori si svegliano e dicono: Oh, ma è già Gennaio, sta per finire il quadrimestre e non ho ancora nessun voto! Oh, che posso fare? ... Ma certo! Domani interrogazione generale su tutto il programma e la prossima settimana la verifica scritta ... Oh, ma avete già tanti altri compiti? E sono tutte interrogazione e verifiche! Ma che posso fare? ... Ah, interrogo oggi sugli ultimi argomenti e domani verifica su tutto il programma, così vi alleggerite un pò :') 
-.-
Ed'è per questo che ho studiato, per la prima volta in 16 anni, 2 ore di fila D:, tutti i santi giorni T_T
Comunque, ringrazio che mi segue ancora, nonostnte tutte queste... pause che mi concedo x)
Sarei molto felice se mi lasciaste qualche commentino, dato che mi serve per sapere se la trama della storia secondo voi fila o è un casino totale, mi interessano le vostre opinioni, di qualunque tipo!
Ci risentiamo fra ... non so quanto, spero presto :')
Simply <3
P.s. Ho messo in cattiva luce Harold non perchè ce l'ho con lui e non è nemmeno l'antagonista della serie ... a proposito, chi è? D: .... vabbe, comunque se vi ricordate, nella prima serie Harold bara e elimina Court. Bè, diciamo che mi sono un pò adattata all'originale xD (Tranquilli, non muore .-. )

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'oscuro passato e le scelte future. ***


 Capitolo 9
L'oscuro passato e le scelte future.


Harold si era eternamente pentito di ciò che aveva fatto. In preda al panico, dopo averle dato quella botta in testa,  giusto per peggiorare ancora di più le cose, aveva preso la ragazza e l’aveva legata ad un albero
E ora che la Principessa si era svegliata, Harold le stava di fronte cercando di trovare un modo per sfuggire da quella situazione.

Courtney lo guardava con astio, gli occhi ridotti a due fessure e la bocca storta in un sorriso assassino.
- Slegami. Ora. Subito. Immediatamente. -
All’ultima parola, che era stata urlata rabbiosamente, il povero ragazzo si piegò in avanti inginocchiandosi.
- Non volevo, Principessa! Non era mia intenzione .. io … non so cosa mi è preso, la supplico, non lo dica al Comandante Duncan! -
Courtney capì che era stata legata da un perfetto idiota.
Di nuovo.

Sospirò amareggiata. Ora doveva solo aspettare che qualcuno notasse la loro assenza e li venisse a cercare.
All’idea di rimanere, ancora, sola con quell’essere, Courtney chinò la testa di lato iniziando a maledire mentalmente quello stupido Comandate che l’aveva lasciata a quell’essere patetico.
- Non lo dirò a Duncan. - mentì spudoratamente.
Era ovvio che, la prima cosa che avrebbe fatto non appena Duncan le si fosse presentato davanti, sarebbe stata sputargli in faccia tutto su Harold.

Il ragazzo si ricompose un po’, alzandosi in piedi e iniziando a camminare avanti e indietro, pensando a cosa fare.
Doveva trovare un compromesso.
Lui sapeva poco sulla ragazza e, inoltre, sembrava che a lei non interessasse nulla dei pirati.
- Signorina Courtney, mi dica cosa vuole e io lo farò! - disse portandosi una mano al petto.
La ragazza non si scompose minimamente.
- Ci fai o ci sei? Ti ho già detto che voglio che mi sleghi d
a questo maledettissimo tronco! – sbottò con voce piatta.
Harold abbozzò un sorriso, cercando di rendere quella conversazione un po’ più piacevole.
Cosa che, naturalmente, non avvenne.
- Bè, tranne quello. -

Courtney cercò di non pensare a come, una volta liberatasi, avrebbe ucciso quel cretino.
Ma cos’aveva che non andava? Insomma, sembrava un tipo pacifico e sensibile, un po’ rintontito, ma sapeva che in fondo non era cattivo.
Solo un po’ bizzarro.
Bè, Courtney odiava i tipi bizzarri come Harold.
Soprattutto se, dopo aver commesso il crimine, la fissavano con due occhioni innocenti, cercando una qualche manifestazione di pietà da parte della vittima.

Oh, ma Courtney era vendicativa.
Gliel’avrebbe fatta pagare. Come si era permesso di legare lei, l’unica figlia dei Dawson, la futura sposa del bel Principe Burromuerto?
Ma ora che ci pensava … preferiva restare in una nave piena di pirati provetti, più tosto che passare la vita accanto ad un uomo che non amava.
Non che amasse in particolar modo quegli stolti, certo.

Però … infondo, era una convivenza pacifica. Anche se Duncan era l’essere più odioso che avesse mai visto sulla faccia della terra, quando stava con lui era come se … come se … oh, al diavolo.
Courtney stava bene con Duncan, doveva ammetterlo.
Lui aveva cercato d’ucciderla, buttandola in mare. Ma alla fine, non lo aveva fatto.
Era un pirata, vero, ma perché Courtney era ancora lì con lui? Perché era ancora … viva?
- Non so … forse potrebbe interessarle … che ne so, qualcosa sulla vita dei pirati? -
Harold la scosse dai suoi pensieri.
- Ovvero? - chiese inarcando un sopracciglio.
- Per esempio … Izzy è la nostra Comandante! - disse sorridendo, entusiasta.

Courtney fece si con la testa: - Lo so già. Non hai niente da dirmi per far si ch’io rimanga in silenzio? -
Harold doveva inventarsi qualcosa, ma Courtney era così maledettamente chiusa! Non le interessava niente, a volte chiedeva solo informazioni su Duncan e …
Un momento.
Courtney s’interessava di Duncan.

Courtney non faceva altro che chiedere di Duncan!
Il giovane pirata aveva ancora una chance. Era la sua ultima possibilità.
Poteva fornire delle informazioni su Duncan per il silenzio della ragazza.
Ormai, avendo in pugno la situazione, decise di calmarsi e si sedé  a terra.
- Allora … non vuoi sapere nulla sulla nostra ciurma? - ripeté con fare superiore.
- No! Voglio solo che tu mi lasci andare! - sbottò la ragazza.
- Quindi, immagino che tu non voglia nemmeno sapere … come mai Duncan si trovava mezzo morto in Spagna circa sei anni fa. -
Courtney sgranò gli occhi. Persino Harold sapeva qualcosa sul loro Comandante?
Aveva passato giorni e giorni a chiedere in giro preziose informazioni sul ragazzo dagl’occhi azzurri e aveva tralasciato Harold, poiché pensava che fosse troppo poco importante per sapere cose che non lo riguardavano minimamente.
- Se ti dico qualcosa di lui, resterai in silenzio? - domandò piegando le gambe.
Courtney non doveva cedere. Non poteva vendersi … che figura ci avrebbe fatto?
Ma la curiosità la divorava.
Cazzo, erano giorni che si trovava lì, e sapeva pochissime cose su Duncan!
Ora che aveva la possibilità di colmare tutti i suoi dubbi, non doveva lasciarsela sfuggire così.
- E va bene. - si arrese alla fine.
- Giuralo! - continuò lui.
- Giuro sull’ Inghilterra che non dirò nulla di ciò che è accaduto, qui. -
Sapeva che avrebbe dovuto mantenere alla sua parola, quindi Harold si sarebbe salvato. Ma, d’ora in avanti, avrebbe cercato di non trovarsi sola con lui.
- Che vuoi che ti racconti? - domandò.
B’è, cerano molte cose che Courtney voleva sapere sul loro Comandante.
- Che ne so. Parlami … dell’inizio, della vita di Duncan prima che facesse il pirata … - provò facendo spallucce.
Harold si rigirò una fogliolina fra le mani, iniziando il racconto su Duncan.
- Duncan non è sempre stato … così come ora. Personalmente non lo conoscevo, ma da quello che mi ha detto Trent, prima era un ragazzo come tutti gli altri. Amava divertirsi e fare tardi la sera, stare in giro tutto il giorno e tornare a casa con le ginocchia sbucciate e i gomiti arrossati. Era così la sua vita, prima che …  prima che la sua famiglia venne esiliata dalla Scozia. -
Il ragazzo s’interruppe, prendendo un po’ di fiato e sospirando.
- Dalla Scozia? Quindi … siete pirati Scozzesi? - domandò Courtney. Bè, era ormai noto che la Scozia, sebbene fosse sotto l’impero Inglese, non provava così tanta allegria di essere “dominata”. Era più che plausibile il fatto che ci fosse rivalità fra le varie nazioni ma, nonostante ciò, continuavano a vivere un’esistenza pacifica, senza combattimenti assurdi e guerre senza senso.
- Oh no, assolutamente. La famiglia di Duncan, assieme ad altre famiglie, venne cacciata dalla loro patria per un atto di tradimento. All’epoca, il padre di Duncan non faceva altro che lavorare ed’era a capo di un micidiale assalto al governo Scozzese. Era un traditore, per farla breve. -
Finalmente, Courtney capiva da chi Duncan aveva preso lo spirito ribelle.
- Il padre di Duncan e altri uomini erano … spie Spagnole. -
La ragazza sussultò all’ultima parola. Spie … da parte della Spagna?
- Esattamente. Anni prima, la famiglia di Duncan ebbe un enorme debito con una famiglia spagnola. Era un’enorme quantità di denaro, era certo che da sola non ce l’avrebbe mai fatta. Così, il capo della famiglia latina, decise di assumere il padre di Duncan come spia. E non solo, a sua volta, quando sarebbe diventato grande, anche Duncan avrebbe dovuto intraprendere quello sporco lavoro doppiogiochista. La loro sorte era ormai segnata. Stanco e afflitto, una sera la lettera del resoconto che il padre del nostro Comandante mandava mensilmente alla Spagna, venne intercettata da un Tenente. -
- No … e poi, che successe? Dov’è ora la famiglia di Duncan? Perché è … solo? -
Courtney non riusciva a crederci. Il ragazzo, quel ragazzo che la irritava continuamente, aveva un passato tormentato alle spalle. Possibile che lei non se n’era mai accorta? Possibile che quel sorriso, fin troppo beffardo, fosse solo una maschera del dolore interno di Duncan?
- Fu giudicato, ci fu una sentenza, giorno dopo giorno la vita di suo padre divenne un inferno. Fin quando … non fu giustiziato. La pena di morte fu l’unica soluzione a quel problema. Duncan lo vide, per l’ultima volta, mentre veniva trascinato a forza all’interno di una stanza. Poi si sentì solo un forte boato, e la vita continuò a trascorrere come se nulla fosse. -
A Courtney vennero le lacrime agl’occhi, ma le ricacciò subito indietro. Era commossa, ma allo stesso tempo irritata. Perché aveva vissuto una vita così? Che ne fecero poi di lui e della madre, vedova?
- Duncan amava suo padre. Era come un punto fisso per lui, un traguardo da raggiungere. Un traguardo però, che segnò la sua fine, anni dopo. Esiliati dalla Scozia, lui e sua madre si rifugiarono nell’unico paese di cui sapevano qualcosa: la Spagna.-
- E .. trovarono la famiglia con cui erano indebitati, giusto? Insomma, praticamente la famiglia di Duncan era stata obbligata ad accettare quel lavoro! Che ne fecero di … lui? - chiese sussurrando la Principessa.
Harold inarcò un sopracciglio, credendo di essere sexy.
Sembrava una capretta mutilata, ma Courtney preferì non sdrammatizzare quel momento toccante.
- Si, Duncan e sua madre arrivarono in Spagna sani e salvi. Trovarono la famiglia per cui lavoravano, furono accettati nella Reggia, però … -
- Però cosa? -
Courtney era sempre più agitata.
- Non ricevettero una buona ospitalità. Al contrario … la madre fu ingaggiata come cuoca, qualcosa del genere. Duncan venne abbandonato. Non lo tenerono con se, fu lasciato … in mezzo alla strada. -
- Cosa? Vorresti dire che la famiglia ha accettato nella Reggia solo la madre poiché serviva una cuoca o una domestica, mentre Duncan venne cacciato via perché non avevano bisogno di lui? -
Harold fece si con la testa, abbassando lo sguardo.
- E’ … è … è una cosa inammissibile! E la madre? Cos’ha detto la madre? -
- Cosa può fare una donna rimasta vedova e costretta a lavorare per non essere cacciata e morire di fame? Cosa può fare una donna nel vedere il suo unico figlio mandato via, sulla strada, come un cane? -
La risposta venne da se.
Niente.
La madre di Duncan non fece niente, subì in silenzio e stette al suo posto.
Courtney non poteva accettarlo. Lo riteneva un comportamento scorretto. Ma d'altronde … non vi erano soluzioni.
- Io .. non so cosa successe quella sera, dopo soli due anni. Fu una notte terribile, da come mi disse Trent. Nemmeno Duncan, per quanto si sforzi, riesce a ricordare. C’è solo una cosa, un’unica immagine nella sua mente, che continua a tormentarlo ogni notte: il figlio della Famiglia con cui avevano il debito che puntava la pistola contro sua madre e poi … e poi vuoto totale. La mattina dopo si era svegliato sulla spiaggia, pieno di graffi e bruciature. Da qui la conosci la storia, no? -
Courtney aveva le labbra secche, la bocca asciutta. Il cuore batteva troppo velocemente .. o magari troppo lentamente. C’era un caos nella sua mente. Troppe informazioni da assimilare, troppe notizie su quell’uomo così freddo e tagliente … che cercava solo un posto dove venisse accettato.
Nessuno lo aveva amato. Lo avevano abbandonato.
Prima la scomparsa di suo padre, poi il rifiuto della madre …
Ma c’era una domanda che Courtney si era posta sin dall’inizio. Una domanda che le martellava in testa come un pneumatico. Una domanda che avrebbe risposto a tutti i suoi dubbi.
 Perché l’aveva rapita …
Perché la voleva uccidere …
Perché era lì quella notte, sulla sua nave, vestito da marinaio …
- Harold … la Famiglia Latina, quella che costrinse Duncan e i suoi a lavorare per loro … quella che li fece vivere nel terrore … quelli che lo cacciarono … Harold, è la famiglia Burromuerto?. –
Il silenzio l’avvolse.
Lo sconforto, il dolore, il rimpianto …
Sentir pronunciare quella parola, fu come ricevere una lama tagliente al petto.
- Si. -
 

***

 (n.d.A. Ma non è stupenda 'sta immagine? *.*)

- Io sarei cosa?! -
Heather cercava di sopprimere quel leggero tremolio che c’era nella sua voce, assieme allo stupore che la sovrastava. Ovviamente, Lui non si era accorto di quanto fosse imbarazzante per lei quella conversazione. Heather sapeva che stava bleffando, che era uno dei suoi stupidi giochetti per farla irritare. Non aveva alcuna prova! Quindi, meglio continuar a far finta di non sapere nulla.
- Ah no? Bè, secondo me è proprio come dico io. Tu sei cotta di me, ammettilo. -
Quello stupido sorrisetto apparve sul volto raggiante di Alejandro.
Oh, quanto avrebbe voluto prenderlo a schiaffi!
- E io ti dico di no! Sei solo un inutile bambino in cerca di attenzioni e … e io che continuo ancora a parlarti! Basta, questi tuoi giochetti sono alquanto irritanti e non sensati. Ti consiglio di iniziare a pensare un po’ al tuo futuro, invece di darmi fastidio! - sbottò la ragazza in preda a una crisi nervosa.
Quella mattina non passava mai. Josè era andato a caccia da qualche parte con alcuni aristocratici spocchiosi e quindi le aveva dato tutta la giornata libera.
Che strano.
Ovviamente, il solito inopportuno fratello minore, era sempre fra i piedi proprio quando magari Heather aveva voglia solo di riposarsi e non pensare a nulla.
E invece?
Invece no!
La ragazza sedeva su una panchina del grande giardino. Il suo intento era quello di starsene li, al sole, a respirare un po’ d’aria e … a ripensare agl’ultimi avvenimenti.
Ma proprio mentre si stava rilassando per bene, il muso affascinante di Alejandro era spuntato da dietro un albero ed ecco che, in un batter d’occhio, se l’era ritrovato davanti a parlare di quanto Lei fosse presa da lui
Che fosse vero o meno?
Bè, l’importante era che lui non scopriva che si, Heather si era lentamente innamorata.
Di lui.
Tralasciando questo … dettaglio, Alejandro continuava a ipotizzare che la ragazza che lo aveva baciato alla Reggia dei Mijant era proprio lei.
Inizialmente la serva aveva iniziato a sudare freddo e a domandarsi come era riuscito a scoprirlo.
Poi, capì perfettamente che la stava solo stuzzicando e che voleva vedere una sua reazione alle parole : “- Mhh no è stata una noia mortale la festa, tranne la parte del bacio con un’affascinante donna piena di tributi. -“
Oh, era frustrante.
E anche fuori luogo.
- Basta, me ne vado! – ringhiò lei, mostrando i denti come un cane.
- Suvvia, è solo una semplice chiacchierata fra vecchi amici, che c’è di male? E poi, non è mica un reato essere innamorata dell’affascinante figlio minore dei Burromuer-
Non fece a tempo di finire la frase che Heather lo spinse leggermente indietro, facendolo barcollare.
Quando Alejandro sollevò lo sguardo, si era aspettato una ramanzina dalla ragazza su quanto fosse “stupida” e “inappropriata” quell’affermazione su di lei.
E invece, la ragazza stava abbozzando un piccolo sorrisino malizioso. Era insolito vedere quel sorriso, erano anni che non lo faceva.
Non si trattava di un ghigno, non si trattava di una risata falsa o minacciosa.
Era solo un leggero incurvamento delle labbra verso l’alto.
Per molti non significava nulla.
Ma per Alejandro, quella era la fine. Da anni, quel viso era sempre stato serio o indaffarato, se non crudele. Da anni, non mostrava un piccolo accenno ad un vero e proprio sorriso.
Era … meravigliosa.
- Alejandro, vieni qui. Devo parlarti. –
A parlare non era stata la ragazza, ne tanto meno Josè, che nel frattempo era rientrato, in anticipo.
Era suo Padre. Il capo dei Burromuerto.
Heather si ricompose, allontanando leggermente la mano che porgeva ad Alejandro che, intanto, si era sistemato il colletto della camicia, borbottando qualcosa.
-Signor Burromuerto – La ragazza chinò il capo in segno di rispetto.
Fosse stato per lei, mai e poi mai si sarebbe piegata al volere di quell’uomo.
Ma, date le circostanze, cercava di fare la buona. Infondo non era stupida, essere vista di buon occhio dal Capo Famiglia, significava essere protetta e ben accettata ovunque i Burromuerto andassero.
Nonostante non provasse così tanta simpatia per quell’uomo, era facile apparirgli come una piccola serva e suscitare in lui un po’ di compassione, tanto che l’aveva assegnata fin da piccola ai suoi figli, e non l’aveva venduta.
- Alejandro, vieni nella mia stanza. –
Il tono non accettava repliche e il ragazzo fu costretto a seguirlo.
Prima di andarsene, però, fece un occhiolino alla ragazza, che incrociò le braccia e volse lo sguardo dalla parte opposta.
 
- Di cosa volevate parlarmi, Padre? –
L’atmosfera non era fra le migliori. Stare di fronte a suo padre lo metteva sempre a disagio e iniziava a comportarsi in modo innaturale.
Invece, il padre sembrava così a suo agio, tanto da stendersi completamente sulla poltrona davanti al figlio, per poi rimettersi dritto.
- Ho parlato con il Signor Mijant. – iniziò, prendendo alcuni fogli dalla scrivania.
Mijant … quel nome lo catalogava subito alla parola “Matrimonio”.
- Sono anni che lo conosco. Sai che non stiamo in conflitto e che i nostri rapporti sono … tranquilli, vero?–
Alejandro fece si con la testa.
Dove voleva arrivare?
Il padre non gli staccava gli occhi di dosso e questo non faceva altro che peggiorare le cose.
- Non pensare che non ne sapevo nulla, Alejandro. Il discorso che ti ha fatto quella sera, la proposta di matrimonio … ero a conoscenza di tutto. –
Il ragazzo sussultò, sgranando gli occhi color smeraldo.
- Voi sapevate … ? –
- Avanti, è ovvio che il Capo famiglia di una casata che vuole unire due famiglie si rivolge dapprima all’altro Capo. Tu sei solo mio figlio, non decidi nulla in confronto a ciò che decido io. Non comandi i traffici che vanno dal Brasile, non comandi i vari porti, non hai decine e decine di subordinati ai tuoi piedi. –
Quelle parole furono taglienti come coltelli.
Il significato di quelle poche frasi erano che Alejandro non valeva nulla, rispetto a suo Padre.
Quel discorso stava andando a farsi sempre più fitto, sempre più rigido.
- Lo so, Padre. Ma cosa centra adesso? – azzardò, cercando di respirare regolarmente.
A quella domanda, l’uomo si alzò, lasciando cadere i fogli. Il viso era una smorfia di rabbia repressa che voleva uscire da tutti i pori ma che, comunque sia, continuava a trattenersi.
- Cosa centra? COSA CENTRA?-
Il Padre iniziò ad avvicinarsi alla poltrona del ragazzo, camminando attorno alla scrivania.
- Pensi che non l’abbia notato? Pensi che IO non osservi i miei figli? –
- No Padre, non metto in dubbio il vostro lavoro con noi. Siete un brav’uomo, un bravo marito e un bravo padre … -
Quando il Capo era nervoso, l’unica cosa che riusciva a placare poco a poco la sua ira, erano i complimenti.
Forse, questo grande bisogno di essere ammirato, Alejandro lo aveva preso proprio da lui.
Infatti l’uomo strinse i pugni e attese qualche secondo prima di riprendere la parola.
- Ho visto come la guardi. C’è lo stesso mio sguardo verso la donna che infine ho sposato. –
Ora si che anche Alejandro iniziava a temere quel discorso.
Ma di chi diamine stava parlando?
Forse … parlava di una ragazza del loro villaggio?
O magari di una domestica …
O forse di …
- Heather.
Quel nome fu sibillato a denti stretti.
Alejandro non potè far altro che abbassare il capo e volgerlo verso la finestra, che inquadrava la panchina dove pochi minuti prima si trovava con la ragazza.
Ora la panchina era vuota, come vuoto l’alone che girava attorno a lui in quel momento.
- Non hai nulla da dire, vero? Guarda come ti sei ridotto. Non combatti nemmeno più. L’hai data vinta ai tuoi sentimenti. Il tuo orgoglio, il tuo onore … sei un Burromuerto! I principi come te, i Capi come me, le persone nobili e importanti come noi non possono far parte dello stesso mondo loro. Ricorda i tuoi doveri, Alejandro. Ricorda le tue scelte. Capisci che ti sta solo manipolando? Lei vuole questo, vuole metterti alle strette. Diventerai lo zimbello del Paese, se segui le sue orme. Il cuore non può offuscarti la mente, Alejandro. –
Per la prima volta nella sua vita, il ragazzo si sentì crollare il mondo addosso.
La barriera d’indifferenza e superbia che lo proteggeva si era rotta.
Ora era facile attaccarlo senza riceve difesa.
Si sentiva un verme, non sapeva più cosa fare.
Il Padre notò il cambio d’umore del figlio ma questo non bastò per compiacerlo.
Alejandro rimaneva sempre in silenzio di fronte alla sua potenza.
Era così … facile per il Capo della loro famiglia mettergli i piedi in testa …
Si, era l’unico uomo che il ragazzo temeva.
- Hai solo una scelta da fare. Da quella scelta dipenderà la tua vita. Sai già di cosa si tratta, non è così? –
Alejandro alzò la testa, iniziando a rivendicare il proprio onore e rispetto.
- Perché proprio io? Perché devo sempre decidere io queste cose? Carlos è già sposato, ma Josè? Cos’ha di diverso Josè? Perché non può sposare lui l’unica dei Mijant? –
Il padre sembrò addolcirsi, o perlomeno gli occhi cambiarono intensità.
Sospirò, portandosi una mano al petto.
- Josè non ha cuore. Lo sai che è così, non farmelo ripetere. Carlos ha già una vita ben fatta, è sistemato da anni. A lui lascerò molto del mio patrimonio, compresa questa Reggia con le sue Dame. Per te, invece, ho riservato il meglio. Alejandro, sai che ho sempre preferito te. Sei il più scaltro, sei furbo, un donnaiolo, sei come me. Se accetterai di sposare la figlia dei Mijant, avrai fin da subito il controllo di due città, questa che già controlli in parte ora, più quella della tua futura sposa. Tutti i loro benefici andranno a te. Non puoi rinunciare, non c’è altra via d’uscita. Vivrai felice, avrai tutti i confort che hai già qui, se non di più! Alejandro, questa è la tua occasione. E’ la tua strada, la devi solo percorrere. Il percorso già c’è, ma manca il traguardo. Fai la scelta giusta, e tutto andrà per il meglio. –
Le parole del Padre erano così … vere.
Non facevano una piega. Tutto era stato sistemato, Alejandro non avrebbe dovuto faticare ne altro. Ormai la sua vita era scritta, mancava solo il finale, ma tutta la trama era ben fatta.
Sapeva anche lui che quella era la cosa giusta per tutti.
Da anni bramava il potere. Da anni amava essere ammirato e amato da tutti.
Voleva spiccare fra la nobiltà, voleva raggiungere traguardi che neppure suo padre era riuscito a scorgere.
Ma se invece avesse dato una svolta?
Se invece avesse cambiato il finale e, quindi, anche l’intera trama della sua vita?
- Padre, e se io rinunciassi? E se io dicessi di no e rimanessi … qui? So che ogni tua scelta, ogni tua ipotesi, tutto ciò che dici è vero. Ma so anche che molte azioni partono dal cuore, non dal cervello. Se si da retta al cervello, si vive una bella vita, ma non sempre va a finire come ci si aspetta. Quando invece è il cuore che comanda, le strade da percorrere si dividono in mille sentieri e, ognuno di essi, porta ad una fine diversa. Voglio scegliere anche io. Voglio essere io quello che sceglie la propria vita e felicità. Ne saprò fare buon uso, è la verità. –
Quello sfogo lasciò turbato il padre.
Ora Alejandro stava in piedi, non tremava più come prima. Gli occhi bruciavano, così come il suo viso, che mostrava cenni di rossore qua e la.
Oh, finalmente l’aveva detto.
Finalmente i suoi pensieri erano usciti fuori, dopo anni e anni di muto servizio.
Alejandro non voleva sposarsi ne tantomeno vivere una vita così ben fatta, tranquilla.
Alejandro voleva scriversi da solo la vita, voleva viverla fino in fondo.
Svegliarsi la mattina e non sapere cosa succederà nel futuro, questo era il suo sogno!
Ma il Padre non capiva … o forse, è meglio dire che non voleva capire.
Si rabbuiò nuovamente.
Al figlio poco importava il suo pensiero, non più. Insomma, cosa poteva succedere, se si fosse ribellato a quella stupida proposta?
- Proprio non vuoi capire, eh? – iniziò il Capo, poggiando la schiena contro una parete.
- Figlio, sai che ti voglio bene. Ed’è per questo che voglio il meglio per te. Sei ancora troppo giovane per comprendere certe cose, ma un giorno mi ringrazierai. Tu sposerai la figlia dei Mijant, perché se non lo fai, loro ci faranno guerra. Non sarà una vera e propria guerra, ovviamente, ma cercheranno di metterci sempre i bastoni fra le ruote. Sarà un conflitto fra le due famiglie più potenti della Spagna. Comporterà fame ai nostri villaggi, l’economia s’abbasserà d’un botto. Entreremo in crisi, sia noi che loro. Sarà una distruzione reciproca. E tutto questo per cosa? Per un tuo capriccio! Anzi … tutto questo, perché tu vuoi lei. La brami, la desideri sempre di più. Non capisci neppure questo, perché un minimo di buon senso ti è rimasto. Ma poco a poco, lei inizierà ad essere la tua ragione di vita. Da tempo temevo questa tua infatuazione, è per questo che l’ho ceduta a Josè, nella speranza che ti passasse dalla mente. Invece no, al contrario, sembra che siate ancora più uniti di prima. Mi dispiace, Alejandro. Ma questo è quello che un padre deve fare per il bene di suo figlio, per il bene dell’intera cittadina. -
Mentre prima il tono di voce del padre era più controllato, ora era tutt’altro.
L’uomo pulsava di rabbia ovunque, ogni sua parte del corpo provava una tale ira per lei che, se l’avesse avuta fra le mani, l’avrebbe uccisa all'istante.
Alejandro iniziò ad aver paura, ma cercò di non mostrarlo al padre.
Cosa significava tutto questo?
Lui innamorato di Heather?
L’aveva sempre vista come una gran bella donna, l’unica che lo capiva a pieno ed’era ovvio che provava per lei un sentimento ben oltre l’amicizia.
Ma … era veramente amore? O semplice passione?
Poco importava, in quel momento.
Perché le parole che il Padre disse poi, furono come proteste verso la sua libertà.
Alejandro si era portato le mani ai capelli, disperato.
Non sapeva se inginocchiarsi e supplicarlo di non farglielo fare o se tenere alta la testa per rivendicare il suo onore.
La situazione era in bilico.
Alejandro pensò di morire, quello che stava succedendo non poteva essere vero.
No, non lo avrebbe mai e poi mai fatto!
- E’ deciso, Alejandro. Non puoi far nulla per tornare indietro. Lei è l’unico ostacolo che ti è rimasto. Un giorno mi ringrazierai, ne sono certo. Fallo e la tua vita sarà in pace, per sempre. E’ un ordine, non puoi disubbidire. Hai tempo fino alla fine di questo mese, poi provvederò io stesso. -
Il Capo aveva parlato, nessuno avrebbe osato andare contro i suoi piani.
Heather sarebbe morta.
Alejandro aveva il compito di ucciderla.

 
Angolino:
Ehm …. Allooooora, ciao :D
Ok, che ne pensate? Fa schifo? Ooc? E’ una grandissima schifezza? Vi prego, non uccidetemi!
So che sto in ritardo, ed’è per questo che per farmi perdonare, potete chiedermi una piccola anticipazione del prossimo capitolo. Vi dirò, più o meno, qualunque cosa mi chiedete! Ovviamente, cercherò di essere vaga, sennò dopo che sorpresa è? xD
Passando alla storia: la parte DxC la ritengo noiosa all’inizio, ma spero che il racconto di Harold sulla vita di Duncan vi abbia incuriosito! J Questo capitolo, in generale, è pieno di informazioni che ritengo importanti per l’andamento della storia ;)
La parta AxH? Oh *w* e pensare che inizialmente non avevo idee! Invece, grazie ad un’immagine trovata su Deviant Art  (fonte di ispirazione *-*) è uscita fuori questa … cosa .-.
Che ne dite?
Se avete delle domande, dubbi, consigli, tutto quello che volete, vi ascolto! :D
Alla prossima <3
P.s Per non avere rogna, voglio far sapere che le immagini utilizzate in questo capitolo e nei precedenti non sono di mia proprietà ma appartengono a qualcun'altro. Nella prima c'è scritto il proprietario e non ho tolto la sua firma, mentre la seconda l'ho trovata così, non firmata. 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** False Promesse. ***


Ok, so di essere in un brutale ritardo, ma i motivi sono 2:
- SCUOLA, SCUOLA E ASCUOLA!- Non avevo tanta ispirazione D:
Comunque, mi scuso veramente tanto per questo ritardo ç_ç Spero che il capitolo vi piaccia :)
Per la parte DxC .. ehm ... non ne sono per niente sicura, mi sembra uno schifo.
Al contrario, la parte AxH l'ho scritta con piuù facilità :)
Ah, magari la scena finale AxH .. non so, può non piacere a tutti, ma mi sembrerebbe un'esagerazione alzare il Raiting, dato che non succede un bel niente di ... esplicito .... 
Buona o cattiva lettura!
p.s. Stiamo giungendo alla fine di quest'avventura, euindi questo credo sia il terz'ultimo capitolo xD

Capitolo 10
False promesse


Duncan ha perso suo padre e sua madre è morta davanti a lui.
Tutto questo, a causa di una sola famiglia.
Della famiglia dei Burromuerto.
 
Queste frasi erano come pugnalate al cuore di Courtney.
Non si era mai accorta di quell’alone scuro che alleggiava su Duncan.
Nonostante vivesse a stretto contatto con il Capitano, lo aveva sempre giudicato e ritenuto stupido.
Courtney voleva sapere perché era lì, perché dopo circa un mese non si era sbarazzato di lei.
- Ti vedo pensierosa. –
La ragazza sollevò leggermente la testa, voltandosi.
Duncan le stava di fronte, intento ad affilare il suo fedele piccolo coltellino.
- Bè, ci vedi male! – rispose con fare altezzoso, incrociando le braccia.
Il ragazzo storse leggermente la bocca, poi ripose l’arma ben affilata lungo la cintura dei pantaloni.
- E’ da quando siamo tornati da quell’isola che non fai altro che spiarmi di nascosto e cambiare strada non appena mi vedi. – ghignò lui, appoggiandosi con i gomiti al bordo della nave, proprio come stava Courtney.
Duncan non aveva tutti i torti.
Da quando, finalmente, Harold aveva deciso di liberarla, Courtney non aveva fatto altro che rimuginare su quanto le aveva detto il ragazzo.
Non voleva affrontare direttamente il discorso, ne tanto meno fargli altre domande.
Sapeva già che non le avrebbe mai risposto, se non con una qualche stupida e rozza battutina.
- E’ successo qualcosa su quell’isola, non è così? – continuò, in attesa di una risposta.
Courtney mosse leggermente il capo facendo “si”.
- Ma non aspettare che ti dica altro! – disse poi, posando le mani sui fianchi.
Il ragazzo roteò gli occhi.
Possibile che doveva comportarsi sempre così?
Duncan ci azzeccava spesso sulle persone.
Ma con Courtney era tutto così difficile!
La ragazza era come un libro aperto per lui, ma il fatto è che lui non riusciva a leggerla. Capiva quando qualcosa la turbava, quando era triste o quando era felice. Ma continuava a non capire quali fossero i fattori a renderla così turbata, così triste o così felice.
- E dimmi, perché non vorresti dirmelo? – azzardò.
Sperava solo che Courtney non fosse venuta a conoscenza della sua infanzia.
Avrebbe ricollegato la storia dei Burromuerto alla sua e ben presto avrebbe capito perché l’aveva rapita.
- Non hai mai risposto a nessuna delle mie domande e ora ti aspetti che io risponda alla tua? –
Il ragazzo alzò un sopracciglio, irritato dal fatto che da quando Courtney era salita sulla sua nave non aveva fatto altro che riempirlo di domande.
A meno che non fossero troppo personali, avrebbe anche potuto risponderle sinceramente.
Comunque, spinto da una curiosità eccessiva, prese nuovamente la parola.
- Avanti, cos’è che ti turba così tanto? Che vuoi sapere, sono a tua completa disposizione! –
Quel sorriso beffardo e quella parlata ironica fecero innervosire Courtney più del dovuto.
Duncan non faceva altro che prenderla in giro, continuamente!
Non volendo continuare la conversazione, se così poteva essere chiamata, fece per girarsi, ma il ragazzo fu più svelto e le si mise davanti.
- Non c’è motivo per cui tu non voglia rispondere. Se mi dici cosa ti è successo, forse risponderò a una delle tue domande. –
Quello che Duncan le proponeva era un semplice accordo.
Ma poteva veramente fidarsi di un pirata?
Certo che no, pensò subito. Ma se quel pirata era l’unico che potesse darle la risposta tanto desiderata, doveva cedere e fare buon viso a cattivo gioco.
- Va bene … ma devi promettermi che risponderai a una mia domanda! – disse puntandogli il dito contro.
- Eh no, gli accordi sono che tu rispondi e che io forse risponderò! – si difese lui, mettendo una mano sul cuore in segno di promessa.
La ragazza strinse i pugni e divenne rossa dalla rabbia.
- E se tu non risponderai? –
Duncan abbassò il viso all’altezza di quello della ragazza.
- Hai il cinquanta per cento di probabilità che ti risponda. Se non accetti, avrai solo lo … zero per cento! – sussurrò fissando lo sguardo livido di rabbia di Courtney.
- Oh, un pirata che parla di contabilità ad una principessa! –
Il Capitano si tirò su, domandando per l’ennesima volta cosa turbasse Courtney.
Titubante, Courtney pensò di rifiutare.
Ma d’altra parte, poteva almeno provare. Infondo, non ci perdeva nulla.
Iniziò a raccontargli di una storia che Duncan conosceva fin  troppo bene.
Iniziò a raccontargli della sua infanzia, della sua adolescenza e di come divenne un pirata.
Ogni volta che Courtney si concedeva una piccola pausa, Duncan sbuffava e volgeva lo sguardo altrove.
A fine racconto, rimasero entrambi immobili, a guardarsi.
- Non ha lasciato nessun particolare, vedo … - sussurrò il ragazzo, volgendo lo sguardo all’albero maestro, dove si trovava appollaiato Harold.
- Volevi sapere perché ero turb… -
- Cosa ne pensi? –
Courtney non fece a tempo di finire la frase che Duncan le fece un’altra domanda.
Una domanda che ammetteva solo una risposta.
La ragazza dava spesso giudizi, solitamente molto critici.
Ma questa volta, prima di rispondere, dovette rifletterci.
La situazione non era fra le migliori.
Durante il racconto, Courtney non aveva distolto lo sguardo dal viso di Duncan.
Un viso che cercava di nascondere tristezza e rancore, ma anche rabbia e … vendetta.
- Io … non penso a nulla, veramente. – cercò di mentire Courtney. Ma il pirata, che aveva imparato a conoscerla, non sfuggì quel piccolo particolare.
A lui importava.
Importava cosa Courtney pensasse di tutta questa faccenda, gl’importava cosa Courtney pensasse di lui, della sua ciurma.
Come si trovava.
Courtney non era altro che una vittima della situazione, ma …
No, non poteva andare avanti.
Scacciò quel pensiero dalla testa e si voltò, dirigendosi verso la sua cabina.
Aveva bisogno di parlare con l’unica persona che in questi momenti riusciva a calmarlo, ma una mano lo bloccò.
- Aspetta! –
Questa volta fu Courtney a fermarlo.
Lo aveva preso per il braccio, ma poi la sua mano era scesa verso quella di Duncan e ora la stringeva.
- Non penso nulla perché non voglio dare giudizi troppo azzardati. E’ una situazione difficile la tua, non trattarmi come una bambina, non so come ci si sente ma posso immaginarmelo! La tua famiglia ha dovuto chinare il capo per anni ad un’altra famiglia molto più potente. Non potevano andargli contro in nessuna maniera. Tu non sei così, lo capisco. Tuo padre ha servito fedelmente la famiglia spagnola, poi è stato ucciso. Tua madre ha fatto lo stesso, ed’è morta anche lei. Con la giustizia hai capito che non potevi risolvere le cose. Arruolarti in una ciurma e diventarne addirittura il capitano è stata per te come una scelta di liberazione da quel mondo di prigionia. E ora, so cosa vuoi fare. So che vuoi andare in Spagna. La direzione è questa, non ne ho alcun dubbio. Poco prima che … lasciassi la mia nave Inglese, il Capitano mi aveva mostrato le cartine dove era segnato il percorso per arrivare in Spagna. La stessa cartina ce l’hai attaccata su una parete della tua cabina. Avevo tutti i pezzi, ma non riuscivo a collegarli fra di loro. Scoprendo la tua storia ora capisco il motivo. Capisco perché ti stai dirigendo lì. Capisco perché per anni non hai fatto altro che prendere più uomini possibili e crearti una ciurma. Non vuoi un colpo di stato, non vuoi niente di così grosso. Vuoi solo chiarire le cose, faccia a faccia, con il capo dei Burromuerto.
Con il padre di colui che dovevo sposare. –
Duncan non si era lasciato fuggire nemmeno una parola.
Strinse a sua volta la mano di Courtney.
Era chiaro che la ragazza stava dalla sua parte e questa era la cosa più importante.
Il calore che la mano di Courtney emanava era come una spinta in più verso il suo piano.
Era come un’approvazione alle sue scelte.
Con questi pensieri, sciolse la stretta e proseguì la camminata verso la cabina.
- Un momento. –
La Principessa lo richiamò per una seconda volta.
Duncan si voltò nuovamente, lasciando la porta della sua stanza aperta a metà.
La figura della ragazza dolce e sensibile che vi era stata circa trenta secondi prima aveva lasciato posto alla solita Courtney, quella dallo sguardo altezzoso e che non ammetteva repliche.
- Mi avevi promesso una risposta. – iniziò – e ora la pretendo! –
Duncan le fece cenno di avvicinarsi.
Courtney non se lo fece ripetere due volte.
Finalmente avrebbe potuto chiedergli perché l’aveva rapita, perché proprio lei!
Con quella risposta, tutto sarebbe stato più chiaro.
Aveva deciso di aiutarlo in quella faccenda con i Burromuerto. In fin dei conti, lui non era stato altro che una povera vittima.
E inoltre, lo aiutava solo per il piacere di farlo …
- So già che vuoi chiedermi … vuoi sapere che “ruolo” hai, giusto? – chiese conoscendo già la risposta.
- Sapevo che potevo fidarmi di te, in fin dei conti non sei così ma-
- Regola numero uno, Principessa: mai fare accordi con un pirata, è il primo che non li mantiene. –
Detto questo, sorrise alla ragazza e le sbatté la porta in faccia.
Inutile descrivere il profondo odio che ora provava per quel pirata, mentre pochi minuti prima gli aveva persino stretto la mano.
Iniziò a sbattere i pugni sulla porta urlando quanti più insulti conosceva e lo minacciò pure.
- Sappi che non finisce qui! – gridò infine, dando un ultimo calcio ad una porta che continuava a reggersi per miracolo e incamminandosi velocemente nella sua stanza, borbottando fra sé e sé cose come “stupido” e “meschino pirata”.
 
All’interno della cabina, Duncan tratteneva a stento una risata.
- Che tipetto, eh? – disse qualcuno alle sue spalle.
Il Capitano di ricompose, sedendosi al piccolo tavolinetto centrale.
- Già, è una vera tigre. Ma ora pensiamo a come mettere in atto il piano. –
Geoff non se lo fece ripetere due volte e si sedé anche lui.
- Avanti, non fai altro che parlare di questo tuo stupido piano! Rilassati ogni tanto. –
Duncan fulminò l’amico con lo sguardo.
- Fra pochi giorni giungeremo in Spagna. Non voglio che si crei troppo caos, d’accordo? Tu e gli altri stordirete quante più guardie vi capiteranno, mentre io arriverò indisturbato alle stanze dei Capi.
Da lì, cercherò il Boss. Qual’ora non ci fosse, mi accontenterò anche di Josè o Alejandro. –
 Geoff ascoltava in silenzio, approvando.
Conosceva Duncan da anni.
Suo padre faceva parte della ciurma comandata, inizialmente, dal padre di Izzy.
Non appena Duncan era stato salvato, lo avevano subito spedito in quella famosa isola abitata da pirati, l’isola dove Geoff era nato e cresciuto.
Erano come fratelli e aiutarlo non era solo un dovere, ma anche un piacere.
- E con quella ragazza, con Courtney. Cosa pensi di farci? – domandò poi.
Duncan sospirò, poggiando la testa sul tavolo.
- E’ questo il problema. Anche lei è d’accordo sul piano, ha detto che appoggerà qualunque scelga io faccia.-
- Oh si, è cotta di te! –
Il Capitano assunse un’espressione fra l’imbarazzato e lo stupito.
Courtney non si sarebbe mai innamorata di lui.
Era … fuori questione! Lui l’aveva rapita, le aveva privato ogni beneficio e ricchezza.
Al contrario, lui si sarebbe potuto innamorare perfettamente di lei.
- Taci … anche se fosse, penso inizierebbe ad odiarmi non appena scoprirebbe la verità. –
E questo, gli faceva male.
Fuori riusciva ad apparire spavaldo e si divertiva a prenderla in giro, ma dentro …
- A meno che tu non gliela dica, non verrà mai a saperla. –
- Hai ragione, ma un giorno lo saprà. Saprà che è stata sempre e solo una pedina in questo gioco. E questo, la distruggerà. –

 

***

Alejandro dava le spalle ad una Heather perplessa.
Sedeva alla sua scrivania e aveva chiamato la ragazza. In fin dei conti, era pur sempre una serva e aveva l’obbligo di venire non appena qualcuno della famiglia la chiamava.
Ora, sulla soglia della porta chiusa, Heather non faceva altro che penetrare Alejandro con il suo tipico sguardo inacidito.
- Allora? – domandò pochi minuti dopo, infastidita.
Non le dispiaceva passare del tempo con Alejandro, ma quando questo non la degnava neppure di uno sguardo, si sentiva d’impiccio e preferiva alzare i tacchi e andarsene
- Vieni più avanti, Heather. –
Un brivido le corse lungo la schiena.
Non per il fatto che, dopo un lungo silenzio, aveva parlato.
Nemmeno per il fatto che il suo nome era stato pronunciato lentamente.
Ma il tono, il tono di voce era diverso.
Non era il solito tono sarcastico e spavaldo.
Era freddo, distaccato, più del solito.
Ora che ci pensava bene, gl’ultimi tempi era rimasto chiuso nelle sue stanze e lei non lo aveva più visto da quel colloquio con suo padre.
Il colloquio con il capo …
Un pensiero le balenò in testa: e se per caso fosse successo qualcosa, quel pomeriggio, fra Alejandro e il padre?
Ma cosa? Cosa poteva avergli detto il Boss?
Alejandro era distrutto, lo si capiva dallo sguardo spento e dall’aria abbattuta.
Heather si posizionò al centro della stanza, così come le aveva chiesto di fare.
Ma perché si comportava in quel modo?
Era strano, diverso …
Finalmente Alejandro si voltò, fissandola.
Heather guardò la sua figura, dimenticandosi di respirare per un momento.
Quello sguardo sembrava non appartenergli, così come quella … quella pistola, tenuta in mano, stretta a lui.
- Cos’hai intenzione di fare? – riuscì a dire, tra un respiro e l’altro.
Il ragazzo non disse nulla.
Con il cuore in lacrime, si alzò dalla comoda poltrona e si diresse con passo sicuro verso la ragazza che stava immobile.
Heather non aveva abbassato lo sguardo.
Al contrario, lo teneva alto. La schiena dritta, le mani composte lungo i fianchi.
Sembrava una figura surreale.
Osservandola, si poteva dire che fosse la malvagità in persona, ma agl’occhi di Alejandro era solo la purezza.
- Mio padre è venuto a saperlo. – sussurrò, avvicinandosi.
Heather s’irrigidì, tenendo sempre gli occhi puntati sulla pistola. Strinse i pugni e cercò di mantenersi calma e lucida.
In realtà, dentro stava morendo.
Capì al volo che Alejandro voleva ucciderla, ma perché?
No, non lo avrebbe accettato.
Lei non sarebbe morta per mano sua, non glielo avrebbe permesso!
Inoltre, non era così stupida da lasciarsi sparare. Avrebbe reagito, in un modo o nell’altro, e sarebbe fuggita da quella situazione.
- Qualunque cosa sia venuto a sapere, l’unica soluzione è quella di farmi fuori? –
Alejandro alzò l’arma, indirizzandola al petto della ragazza.
- Non è questo il punto. – disse avvicinandosi.
Quando la pistola toccò il petto di Heather, si fermò.
- Il fatto è che sono stato cieco. E anche poco furbo, devo ammetterlo. Al contrario, tu sei stata molto brava in quest’impresa. Ti faccio i miei complimenti, davvero. –
Ma di che diamine stava parlando?
- Le frasi, oltre al verbo, hanno anche un soggetto.  Se anziché copiare qualche periodo poetico letto in qualche tuo stupido libro mi dicessi cosa diamine sta succedendo, magari capirei anche io qualcosa! – sbottò Heather, prendendolo per il colletto.
Erano talmente vicini che l’unica cosa che li separava era quella dannatissima arma, come se fosse li a ricordare il suo scopo ad Alejandro.
Il ragazzo alzò il braccio libero, iniziando ad accarezzare il volto di Heather.
Non poteva farlo, sapeva che non era abbastanza coraggioso per togliere la vita ad una ragazza.
Alla sua Heather!
Ma doveva. E, prima di compiere quel gesto così meschino, voleva parlarle.
- Perché vuoi uccidermi? – chiese lei, prendendo la parola.
- Perché mi ami, non è così? –
Di punto in bianco, Heather sentì il mondo crollarle addosso.
Molte volte Alejandro la punzecchiava con le sue battutine sarcastiche, dicendo cose stupide e insensate.
Ma questa volta era diverso.
Non stavano giocando e lo sguardo di Alejandro non era mai stato così serio.
Heather strinse ancora di più la presa, avvicinandosi maggiormente.
- Che vorresti dire? –
- Che i giorni del ballo alla casata dei Mijant tu non ti trovavi a casa. Eri lì, con me. Mio padre era rincasato con un giorno d’anticipo e, anziché recarsi alla reggia, ha preferito riposarsi qui. Ha chiesto a tutte le altre serve, ha chiesto alle guardie, ha chiesto a tutti. Nessuno sapeva che fine avessi fatto, nessuno. Quando tornammo, lo chiese a Josè, e anche lui non ne era a corrente. Tu sei riuscita a giustificarti con una banale scusa, ma il cocchiere, quello vero, disse che la notte del ballo non fu lui a portare me e mio fratello alla reggia. Heather, eri tu, quella che baciai la stessa sera. –
Il cuore le scoppiava nel petto. Negare l’evidenza non aveva senso.
Nonostante la testa iniziò a girarle, Heather cercò di mantenere la calma.
- E così … lo sei venuto a sapere. Ma c’è ancora una cosa che non sai, Alejandro. – disse scandendo il nome di quest’ultimo.
- Cosa? – chiese lui di rimando.
Heather nascose un furbo sorrisetto, prima di dargli un calcio sotto al ginocchio.
Questo portò al cedimento di una gamba e quindi il ragazzo, per non cadere, dovette lasciare la pistola e sorreggersi con la mano libera.
Prima che l’arma toccò terra, Heather la prese.
- Oh, ma che brava. Ora che intenzioni hai tu? –
Alejandro si era lasciato fregare.
Farsi dare un calcio per cadere rovinosamente a terra e guardare dal basso Heather era proprio quello che la ragazza voleva. Ma ad Alejandro andava bene così, dopo tutto.
- Non pensare che voglia ucciderti, non sono così sadica. Al contrario, senza che tu mi dicessi niente, sono giunta ad una stupida conclusione. Tuo padre è venuto a sapere del bacio, ma tu devi sposarti e quindi, per far si che io non decida di “riprovarci”, ti ha ordinato di togliermi dai piedi, giusto? –
Alejandro si stupì, ma l’unica cosa che riuscì a fare fu riderle in faccia.
- Ci sei quasi. Ma c’è una cosa che ti è sfuggita. –
- E sarebbe? –
Ormai Alejandro si era scordato del gran discorso che suo padre gli aveva fatto qualche sera prima.
Si era scordato di tutte le raccomandazioni, di tutte le minacce e quant’altro.
Quello era il momento giusto per farlo, il momento giusto per dirlo.
Velocemente si era alzato in piedi e aveva raggiunto Heather che continuava ad impugnare la pistola, senza puntargliela.
Alejandro si avvicinò paurosamente alla ragazza che, irrigidita, indietreggiò.
- Non scappare, Heather. – disse poi, prendendola per i fianchi e stringendola contro il suo corpo.
Posò le mani fra i suoi lunghi capelli, mentre lei aveva lasciato cadere l’arma.
- Alejandro …. – sussurrò lei, prima che le sue labbra furono imprigionate da quelle del ragazzo.
Chiuse gli occhi a quel contatto e non fece altro che alzare le mani e stringerlo.
Toccarlo, era sempre quello che aveva voluto.
Baciarlo, morderlo, sentirlo così vivo e vicino.
Quel bacio fu qualcosa di passionale, qualcosa che racchiudeva tutto quello che non erano mai riusciti a dirsi.
Quel bacio era qualcosa di proibito.
Quando, delicatamente, si staccarono, videro la realtà impressa negl’occhi dell’altro.
Una realtà che non gli avrebbe mai accettati insieme.
Alejandro non avrebbe ucciso Heather, non più.
Avrebbe raccolto le sue ultime forze e si sarebbe diretto dal padre, umiliato, per riferirgli la sua intenzione di sposare l’unica dei Mijant.
Heather, invece, avrebbe dovuto tacere e acconsentire il volere del padre, restando così la serva di Josè.
Le nozze erano già state prefissate dal padre di Alejandro.
Quel bacio aveva un retro gusto d’addio.
Entrambi sapevano che non bastava. Un bacio non bastava per sfamare quel desiderio affamato che li distruggeva dall’interno.
Quella notte la passarono insieme, fra le lenzuola pregiate di Alejandro e le mani vorticose di Heather che non lo lasciavano mai solo, che avevano deciso di toccarlo e prenderlo più volte.
Quella, fu l’unica notte dove entrambi si sentirono per la prima volta liberi.


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=753022