Vite

di chanel coos
(/viewuser.php?uid=136820)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentazione ***
Capitolo 2: *** collegate ***
Capitolo 3: *** rabbia ***



Capitolo 1
*** Presentazione ***


 
Capitolo 1








Camminava  spedita per la sdrada buia, con un senso di paura che cercava di reprimere senza successo. Quella notte il turno di lavoro era durato  più del solito, erano le una e mezza, d'altronde il sabato il ristorante era affollatissimo, gran bel lavoro la cameriera! Non si  poteva permettere una macchina senza smettere gli studi, cosa che non aveva intenzione di fare, non voleva rovinarsi la vita a causa di quello che aveva combinato suo padre. Per fortuna il giorno dopo sarebbe stato domenica, così poteva dormire, anche se doveva studiare il triplo degli altri. Un gruppo di ragazzi. Panico. Cercava di non farlo vedere, ma era spaventata, spaventata dal modo in cui osservavano i suoi occhi scurissimi, le sue labbra carnose, il corpo perfetto, le gambe lunghe e ... il sedere stupendo. Accelerò cercando di non sembrare patetica, ma nonostante la sa preoccupazione i ragazzi fecero solo dei commenti ad alta voce per poi tornare ai loro discorsi. Non posso continuare così, pensava, prima o poi qualcosa le sarebbe successo, una notte i ragazzi non avrebbero solo fatto commenti, avrebbero... non voleva nemmeno immaginarlo. Ma cosa avrebbe potuto fare? Smettere di lavorare? Una vocina dentro di lei cercò di tranquillizzarla: Non essere così fifona, sono solo dieci minuti a piedi, cinque se cammini veloce.  Continuò a camminare, finchè per la strada vide un altro ragazzo, sembrava bello, ma il buio non lasciava intravedere i particolari. Stava fumando. la vide, buttò a terra la sigaretta, dopo che lei passò la seguii a distanza. Jennifer tremava, anche se cercava di nasconderlo, perchè la stava seguendo? Era chiaro il motivo per cui lui la stesse seguendo. Iniziò a camminare più velocemente, dai un minuo e sei a casa, al sicuro, non ti farà del male se non l'ha fatto fin'ora, continuava a ripetere a se stessa. Il cuore batteva a mille, la gola secca, raggiunse il portone del palazzo dove viveva. Frugò disperatamente nella borsa alla ricerca delle chiavi, dopo una decina di inteminabili secondi le trovò, le tirò fuori, ma la mano tremava troppo e caddero. Stupida! Goccioline di sudore imperlarono la sua fronte mentre si abbasava a prendere le chiavi, ma lui la precedette.
 
* * *


Prese le chiavi da terra, appoggiò un braccio al portone, circondandola, tremava. Piccola. credeva, volesse farle del male. Infilò la chiave nella serratura e con un gesto secco aprì la porta. Poi si spostò. Lei lo guardò a bocca aperta, entrò in casa e corse su per le scale. Dominick non se ne andò finchè non vide la luce di camera sua accendersi. Poi tornò a casa. Era stanco, quel giorno aveva lavorato molto, il meccanoco non era certo il lavoro più facile del mondo, a volte si pentiva di non aver finito gli studi. A volte diceva che forse era ancora in tempo, aveva solo ventitrè anni, poi si ricredeva, la scuola non faceva per lui. Raggiunse il portone del suo palazzo, entrò, poi infilò la chiave nella serratura della porta del SUO appartamento. Si sdraiò sul letto, distrutto. Era anche uscito con gli amici quella sera, credeva che non avrebbe dovuto smettere di divertirsi solo perchè il lavoro lo stancava. Chiuse gli occhi, e le apparve l'immagine di quella ragazza... quella mora... l'aveva vista parecchie volte uscire dal solito ristorante, fare la strada a piedi, da sola e si sentiva in dovere di proteggerla. Si sentiva responsabile per lei. Si addormentò.
 
* * *

La ragazzina si diresse con passo deciso verso il commesso, chiedendogli dove avrebbe potuto trovare un memory stick per la sua PSP. Il commesso l'accompagnò proprio nella corsia dove mi trovavo Diego e gli mostrò le varie cartuccie, da quella da due giga a quella da otto. La ragazzina, occhi verdi e capelli castano chiarissimo, prese quella da otto giga e si diresse verso la cassa, quando Diego parlò: << Costa trentacinque euro, dove pensi di trovarli? >> chiese con tono curioso, impaziente di sentire la risposta della ragazzina: << Chiedo un prestito alla banca! >> sorrise lei, prendendolo in giro. Si girò e si diresse verso la cassa, pagò e se ne andò. Il commesso ridacchiò. Diego scosse la testa. Sperava di rivedere la ragazzina, forse sarebbero diventati amici, anche se probabilmente era più grande di lei di una decina di anni.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** collegate ***


Capitolo 2





Joshua sentì delle grida che provenivano dalla casa davanti alla quale stava passando, urla di agonia, dolore, rabbia, PAZZIA! Decise che non aveva niente da perdere, quello che avrebbe fatto in quel momento non avrebbe di certo cambiato peggiorato la sua vita terribile. Voleva fare qualcosa senza senzo, ma tutti credevano che lui fosse malato di mente solo perchè non aveva il dono della parola, allora, perchè non fare come volevano loro? Perchè no fare cose senza senso, nessuno avrebbe mai detto che era inopportuno, maleducato, tutti lo avrebbero giustificato: poverino non sa parlare. Si diresse verso la casa, il cancello era aperto, percorse il breve vialetto e suonò il campanello. Le urla aumentarono, erano di più e più forti. Aveva forse sbagliato a suonare? Aveva forse peggiorato la situazione? Non importava, lui era muto, poverino. Dopo qualche secondo una donna alta, con capelli rossicci e occhi nocciola, sulla trentina aprii la porta. Fissò Joshua per un po', poi azzardò: << B- Buongiorno. Lei chi è? >>
Joshua continuò a fissarla, serio. La ragazza che urlava era lì. Si sibatteva tra le braccia della rossa, urlando come una pazza. La donna continuava a guardarlo con aria interrogativa. Lui guardava la ragazza. La ragazza si fermò, si mise in posizione eretta, assomigliava molto alla donna, aveva però capelli leggermente più chiari e occhi con qualche sfumatura di verde, sembrava una diciottenne, al massimo ventenne. Le braccia erano piene di graffi, lividi, gli occhi innocenti di una bambina.
<< Ragazzo, lei chi è? Cosa vuole? >> chiese seria e scocciata la rossa. 
Joshua si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa su cui poter scrivere. Poi vide una lavagnetta, sul tavolo in cucina. Entrò scostando delicatamente la donna e si diresse velocemente verso il tavolo. La casa era piccola ma accogliente, un salottino con un divano marroncino e una televisione non molto grande, la cucina abbbastanza piccola, ma stranamente carina, con le pareti decorate da pitture arancioni. Joshua prese la lavagnetta e il gesso che vi era posato sopra e cominciò a scrivere in stampatello, con una scrittura chiara e pulita :  SONO JOSHUA. Pausa. si girò verso la donna che lo guardava sempre più confusa, la ragazza si stava addormentando, addormentando? In piedi? Doveva avere qualche problema! Continuò a scrivere, stavolta la sua scrittura era più incerta: SONO MUTO. HO SENTITO DELLE URLA E SONO VENUTO A VEDERE CHI ERA. TEMEVO FOSSE UNA BAMBINA DA SOLA IN PERICOLO mentì.
La donna sembrò addolcirsi: << Io sono Samanta. Lei è mia sorella, Caterine. A volte ha delle crisi e urla. Ha dei problemi. >>. si rabbuiò. Anche Joshua lo fece, si pentì di essere entrato in quella casa, di aver disturabato le ragazze, di aver fatto rattristare la rossa ricordandole la situazioni della sorella. Scrisse con una calligrafia incerta, tratteggiata in certi punti: MI SCUSI DI AVERVI DISTURBATE. ARRIVEDERCI. Fece per andarsene, ma Caterine lo fermò. La pazza, lo prese per il braccio. 
 
* * *

 
Giornata libera. Il suo giorno di riposo. Camilla ripiegò la sua " divisa", il vestitino blu e bianco, e lo depose dentro l'armadietto di legno marrone. Si sedette sul suo letto a una piazza appena rifatto e sospirò. Quante cose da fare in quell'unica giornata! Si mise una gonna che arrivava sotto il ginocchio blu, una camicetta bianca e le sue ballerine nere, trasandate. Si pettinò i bei capelli nero lunghi fin sotto le spalle, lisci e setosi. Diede un'ultima occhiata alla stanza per controllare che fosse a posto e uscì richiudendosi delicatamente la porta dietro le spalle. Scese le scale e rallentò verso la fine ammirando il lussuoso salone, dal pavimento lucidato e splendente, ai mobili senza un filo di polvere, al lampadario di cristallo pulito e perfetto. Se non fosse per me, tutta questa bellezza sarebbe offuscata dalla sporcizia, si disse soddisfatta. Lanciò un'occhiata al piano di sopra, tutti dormivano ancora, erano le sei meno un quarto. Esitò un attimo sull'ultimo scalino, poi si lanciò fuori dalla porta, impaziente di vivere la sua giornata libera. Quasi corse fino alla fermata dell'autobus che arrivò dopo pochi minuti e si femò per farla salire. Si accomodò accanto a un signore anziano che non la degnò di uno sguardo, Cominciò a guardarsi attorno: un ragazzetto con le cuffie nelle orecchie, la cartella sulle spalle scese davanti alla scuola media, un signore in giacca e cravatta stava in piedi, altezzoso, di certo imbarazzato per il fatto di dover stare in un autobus con gente mediocre, lui che era così iportante. Camilla intuì il perchè della sua presenza in quel mezzo pubblico: sapeva che alcuni signori importanti come lui, spesso in occasioni speciali esageravano con l'alcol come tutti gli altri e quasi sempre venivano privati della loro patente. Sopportare lo sguardo del tassista sarebbe stato troppo, in un autobus nessuno ti poteva fare domande. Voltò leggermente la testa e vide una ventenne dai capelli neri e occhi scuri ripassare su dei fogli scritti fitti fitti; non aveva l'aria di una persona che si era concessa tutte le ore di sonno che le servivano. Ma... aspetta... lei non era la cameriera che l'aveva servita la settimana scorsa, una delle pochissime volte in cui aveva mangiato in un ristornte più che decente. Venne distolta bruscamente dai suoi pensieri quando un bambino le cadde quasi addosso ridendo come un pazzo. Che fortuna! Se non fosse stato per lui non si sarebbe accorta che doveva scendere dove lui era salito. << Aspetti, aspetti! La prego, devo scendere qui, non riparta >> si affannò verso l'uscita. 
<< Ma insomma, stia più attenta, ho degli orari da rispettare! >> urlò l'autista. Camilla guardò male l'autobus mentre si allontava. Poi si diresse verso il bar davanti a casa di suo fratello. Avrebbe fatto una sorpresa ai suoi nipoti portando loro delle paste calde per la colazione, già si immaginava i loro volti felici.
 
 
* * * 


Non sopportava sua nonna quando faceva così. Non vedeva l'ora che tornasse a casa sua e la sua settimana obbligatoria dal figlio finisse. Lo faceva ogni tre mesi: veniva a casa SUA, prendeva il SUO letto mandandola a dormire per terra e si metteva a darle ordini su come fare le cose nella SUA vita. Chiara adorava sua nonna, passava ore al telefono con lei, ma quando veniva a casa tutto cambiava, in peggio ovviamente. Nonna adorava veinire a casa del figlio, era così fiera di lui! Aveva studiato fino a diventare un bravissimo  medico e aveva una bellissima casa, era il contrario della sua sorella maggiore, la più grande, lei era scappata di casa con un ragazzo che dopo due mesi l'ha lasciata e, senza scuola superiore, si era ridotta a fare la domestica nella casa di un collega del padre di Chira. Benchè se la potessero permettere senza problemi ( oltre al padre dottore importante, la madre era l'avvocato più grande della città) la famiglia della dodicenne non aveva una domestica, il padre non voleva viziare lei e suo fratello. Chiara si consolò aspettando l'arrivo della zia, era la persona più dolce del mondo, a lei dispiaceva un mondo che la ragazzina che viveva nella casa dove lavorava ( nonchè compagna di classe di Chiara) fosse così stronza. Nell'attesa prese il memory stck per la sua PSP che aveva comprato un paio di giorni prima, ma che non aveva potuto rinnovare subito. Si ricordava precisamente del ragazzone che le aveva detto che non si poteva permettere di spendere 35 euro perchè era troppo piccola, sorrise pensando a come era riuscita a guadagnarli. Suo padre ( che badava bene a non viziarla!!!) non gli aveva dato soldi quella settimana a causa del 5 al compito di matematica, allora, in disperato bisogno della sua memory, aveva corrotto suo zio, dicendogli che se non avesse sganciato avrebbe detto a tutti di come era scappato per paura del bassotto una settimana prima. Chiara era gentile e generosa, ma anche furbetta! Suonò il campabello, la zia!
 
Ciao a tutti, belli e brutti! :P scherzo siete tutti bellissimi!! 
Spero che questa storia vi piaccia è la prima volta 
che fo una storia del genere e non ho idea 
di cosa ne possiate pensare, quindi
per favore commentate!!!! 
Kiss kiss
C.C

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** rabbia ***




Jennifer scese in fretta dall'autobus pronta ad iniziare un'altra schifosa giornata e  si unì ad un paio di sue conoscenti. Quel pomeriggio entrò in casa della sua vicina per fare le sue faccende, viso che lei doveva lavorare fino a tardi. In un primo momento era stata fortemente tentata di rifiutare, ma i cinquanta euro che avrebbe guadagnato le fecero cambiare idea. Si diede un'occhiata attorno e notò che la casa era molto disordinata è sporca.Sembrava che non ci vivesse davvero una donna, ma un braco di ragazzi sudici e costantemente ubriachi. Si tolse le scarpe e rimase scalza, con i piede sopra il pavimento freddo. Pescò qualche vestito da terra e lo buttò sopra il divano, gli avrebbe messi in lavatrice alla fine. Sospirò e iniziò a spolverare.
Quella sera prima di entrare nel ristorante era già stanca, ma non si sarebbe mai concessa una serata libera, troppa paura di uscire dalle grazie del capo e rischiare il licenziamnto. Vita da schifo. Era in ritardo, attraversò le persone che entrvano e si infilò in uno stanzino che usavano come spogliatoio,  tolse la giacca e si mise il grembiule nero, che tristezza. 
Quattro ore dopo si ritolse il grembiule e rimise la giaccca, prese la borsa a tracolla e uscì dal ristorante, camminando con passo veloce e deciso, voleva arrivare il prima possibile a casa senza perdersi in seghe mentali del tipo : oddio mi stanno fissando, mamma mia si avvicina! Appoggiato al muro davanti al quale stava passando notò il ragazzo che gli aveva aperto la porta la scosa sera. Non sapeva cosa pensare di lui, cosa voleva?  Si affrettò ancora di più, rischiando di sembrare un po' sciocca e arrivò a casa che ancora la seguiva, aprì la porta con decisione, come a vendicersi di quello che era successo la scorsa notte e entrò nel suo palazzo, fece di corsa le scale e si chiuse dietro le spalle la porta, con un sorriso vittorioso dipinto sul volto. Dopo una manciata di secondi si rese conto che quel sorriso era del tutto stupido: cosa aveva vinto? Cosa era riuscita a fare? Arrivare sana e salva a casa, cosa che tutti al mondo facevano senza nemmeno preoccuparsene? Si rabbuiò. Andò di corsa a letto e si addormentò subito stanca morta, come sempre. 
***
Chiara e Matteo corsero verso di lei e le si buttarono addosso per poi ritirarsi timidamente in attesa del "regalo" che ogni settimana Camilla faceva loro. Lei sorrise con aria misteriosa e girò intorno ai ragazzi per raggiungere sua madre con la quale non aveva un rapporto perfetto, ma che non avrebbe mai potuto odiare. Due piccoli bacetti su entrambe le guance poi silenzio. Matteo si schiarì la gola e Camilla si rese subito conto di non avere ancora dato la colazione ai suoi nipoti: << Avrei... qualcosina per voi ... >>. Chaira si aprii in un sorriso, mentre il piccolo, di sette anni, si avvicinò impaziente. 
Camilla tirò fuori dalla borsa il sacchettino de " La vita è bella"  (il bar) e lo passò proprio sotto il nasino a patata del nipote, che lo afferrò vittorioso e scappò via. 
<< No aspetta, io voglio il bombolone! >> urlò Chiara dietro di lui. La mamma ridacchiò, Camilla si girò speranzosa verso di lei, che però distorse lo sguardo con superiorità. Ridursi a trattare in quel modo la propria figlia le sembrava normae? Camilla non la poteva soffrire

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=753234