La storia di Leah

di gapples
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Questi personaggi non mi appertengono, sono una creazione di Stephenie Meyer. Questi scritti non hanno scopo di lucro.

Sono passati solo due anni, eppure sembra già un’eternità.

Sarà che sono accadute tante cose che mi hanno fatto allontanare la mente dal tuo ricordo, ma credo di aver superato il tuo addio. So che può sembrare incredibile, ma è così. Non lo accetterò mai, continuerai a mancarmi per il resto della mia vita, ma nonostante tutto mi sono rassegnata a questa nuova vita.
Non smetterò mai di sentirmi colpevole per averti perso troppo presto. Non so quante cose avrei voluto dirti, ma non l’ho fatto perché credevo, come fanno tutti d’altronde, di avere più tempo a mia disposizione. Grosso errore di tutti gli uomini: dovremmo imparare che il tempo non è mai abbastanza, e che se vuoi fare qualcosa, ora è il momento adatto per farlo, anche se può non sembrare il caso. Perché non sappiamo cosa ci riserva il futuro.
Tu lo sai che non sono una che impara dagli errori. Sono testarda e cocciuta, esattamente come te. E credo che neanche questo mi aiuterà nella vita. Continuerò a sbagliare, ma ora purtroppo non ci sarai più tu a correggere i miei errori, o più semplicemente a farmeli notare.
Sono passati solo due anni, sono accadute molte cose, che mi hanno anche portata lontano da casa. Ma ora è giunto il momento di tornare.

Ricordo esattamente come è iniziato tutto. Posso dire che sono passati circa due anni e mezzo. Fino a quel momento la mia vita trascorreva tranquilla come al solito. Ero una ragazza tranquilla, avevo quasi 18 anni e un brillante futuro avanti a me. Era l’anno dei diplomi, dopodiché mi sarei trasferita a frequentare il college, volevo diventare medico, e poi dopo la laurea sarei tornata alla riserva col mio ragazzo, Sam.

Era aprile, si avvicinava il giorno del mio compleanno. E iniziava il periodo più triste della mia vita.



Ok, ora anche le persone che visitano questo sito capiranno quanto io sia pazza. Ho iniziato a scrivere questa storia un po' di tempo fa, ma solo ora ho trovato il coraggio di pubblicarla. Di sicuro non sarà un granchè,  ma per me è un modo come un altro per mettermi alla prova e scoprire se le idee che mi frullano in testa possano interessare ad altra gente.

Sperare che la mia storia vi piaccia forse è troppo, almeno mi auguro che non vi annoi. Per il resto, mi farebbe piacere conoscere le vostre opinioni.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1 Salve! ammmetto che il primo capitolo non era granchè, neanche si capiva bene cosa fosse e a chi si riferisse. Ma il problema è che sono un'ignorante di informatica e sto imparando solo ora ad usare l'html... Avrei voluto lasciare un commento, ma è già tanto aver pubblicato la storia. Spero di imparare presto e che e cose mi risultino più facili. 
Per il resto, spero che la storia crei un minimo di interesse e che qualcuno recensisca anche solo per farmi sapere che è un fiasco.  Ora vi lascio al primo vero capitolo.
Buona lettura!

Ah,un altro giorno di scuola sta per terminare. Ora si va a pranzo, due ore di chimica e poi si torna a casa finalmente! Oggi è stato un vero disastro. Uff, da quando Jared non frequenta più la mia stessa classe è un vero mortorio …  a proposito di Jared! Quello lì mi sembra lui, vado a chiamarlo, potremmo pranzare insieme.

“Ehi Jared!

“Leah! Vai anche tu a pranzo?”

“Si, mi fai compagnia?”

“Ok, andiamo. È da un po’ che non ci si vede, così possiamo parlare un po’.”

Gli faccio cenno di si con la testa e mi avvio verso il solito tavolo che occupo durante la pausa pranzo. Se c’è una cosa di me che non è cambiata col tempo, è la mia solitudine. Non sono una persona asociale, tutt’altro. Semplicemente non faccio amicizia facilmente. Mi ci vuole un po’ per fidarmi delle persone, quindi appaio a chi non mi conosce come una persona schiva e taciturna, ma non sono proprio così. Ho pochi amici.

Jared, è il mio migliore amico di sempre. Ci siamo conosciuti all’asilo e abbiamo frequentato insieme tutti gli anni scolastici, fino al precedente, durante il quale il suo impegno è calato tanto da non permettergli di passare al successivo, come  stato per me. Ho fatto di tutto per aiutarlo, ma farsi nemici i professori non è proprio il massimo, così per lui non c’è stato molto da fare. Vederlo accanto a me durante le lezioni mi manca molto. Nonostante questo però continuiamo a sentirci, a vederci un po’ meno forse, ma sappiamo che ci saremo sempre l’uno per l’altra.

Emily, lei è mia cugina, quasi una sorella. È la figlia della sorella di mia madre. Si può dire che siamo crescite insieme. È una ragazza molto speciale, sempre allegra e spensierata, ha sempre il modo di tirarmi su di morale, con lei passo ore a telefono, ci raccontiamo di tutto, e il tempo per stare insieme sembra non bastarci mai.

Nicky, una ragazza della mia classe. Ora posso considerarla la mia più cara amica. È la migliore del nostro anno, sogna di frequentare Harvard dopo il liceo, ma per questo le servirà una borsa di studio. Da quando Jared non frequenta la mia stessa classe è diventata la mia nuova vicina di banco, non parliamo molto,ma spesso ci capita di studiare insieme.

Paul, anche lui proprio come Jared è un vecchio amico. Lo conosco da parecchio tempo. Frequenta il mio stesso anno, in corsi diversi però. È il migliore amico di Sam, il mio ragazzo, ed è proprio grazie a lui che ci siamo conosciuti. Non parlo molto con Paul, preferisco sempre confidarmi con Jared o Emily, ma so di poter contare su di lui in qualsiasi momento. È un vero combina guai, si caccia sempre nei pasticci, ma riesce sempre a tirarsene fuori.

 

Mentre Jared ed io ci accomodiamo al tavolo arriva anche Paul, che si siede con noi, così pranziamo e ci raccontiamo le novità che ci sono. Con quei due è impossibile restare seri per più di qualche minuto. Riescono a scherzare su tutto.

Finito il pranzo ci salutiamo, Jared e Paul dovranno seguire ancora un’ora di lezione prima di tornare a casa mentre a me ne toccano due, e ci avviamo verso le rispettive aule.

Finite le lezioni mi avvio all’uscita, devo fare in fretta o rischio di perdere l’autobus che mi porta  a casa. Ma ho una splendida sorpresa che mi aspetta:Sam appoggiato alla sua auto mi sta aspettando mentre parla con qualcuno di spalle.

Gli corro incontro, saltandogli al collo, rischiando quasi di cadere mentre lui mi abbraccia e dandomi un bacio a fior  di labbra mi dice “O sei veramente felice di vedermi, o le ultime ore di lezione sono state così tremende che qualsiasi cosa ti renderebbe felice”

“Mm a dire il vero le lezioni non sono state tanto male, ma l’idea di dover tornare in autobus non è poi così allettante.” Gli dico più per prenderlo in giro che per altro.

Allora Paul, che era il ragazzo di spalle mi dice:”Oh mi dispiace Leah, ma mi sa che dovrai prendere l’autobus lo stesso, perché Sam è venuto qui per prestarmi l’auto. Anzi devi sbrigarti se non vuoi perderlo”

“Cosa? Oh, io non lo sapevo” li guardo un po’ in soggezione, “Allora io vado, o rischio di perderlo sul serio. Beh ci vediamo più tardi allora” cerco di salutare Sam, ma lui mi trattiene per il polso, si gira e vedo che entrambi stanno per scoppiare a ridere. Stanno cercando di farmi arrabbiare??

Un’altra cosa importante di me? Sono estremamente, esageratamente permalosa!

“Ahahahah! Non ci posso credere! Stavi andando a prendere l’autobus?! Ahahah!”

“Paul smettila di ridere!” sto iniziando ad alterarmi..

“Basta Paul. Te l’ho detto che se la sarebbe presa.”

“Ma è solo uno scherzo!”

“Aha, lo so. Ma lei è fatta così.” , io sto assumendo una colorazione tendente al porpora..

“Leah, stamattina ho sentito Seth, mi ha detto che tuo padre era fuori, e che tua madre non ha l’auto. Ti pare che ti facessi tornare in autobus, quando so che lo odi così tanto? E poi ho il pomeriggio libero, quindi..” quando fa così lo adoro! Ah, sa sempre come fare per calmarmi. Mi avvicino a Sam, gli stendo le braccia intorno al collo e gli dico “Grazie” , sto anche per baciarlo, quando Paul ci interrompe e inizia a gridare “OK ok, vogliamo darci una mossa? Avanti, presto che ho fretta di tornare a casa!”

“Se hai tanta fretta, perché hai aspettato che uscissi ?”

“Non certo per vedere il tuo bel visino!”

“Ma come ti permetti? Razza di maleducato! Io ti..”

“Ragazzi! Basta per favore. Non sono qui per farvi da balia! Possibile che voi due litigate sempre?”

“HA COMINCIATO LEI!” , “HA COMINCIATO LUI”, esclamiamo all’unisono. Così,saliamo in macchina e torniamo a casa, continuando a punzecchiarci come al solito, mentre Sam cerca di farci smettere.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Eccomi di nuovo! Ormai ci ho preso gusto, e poichè ho parecchi capitoli belli e pronti che aspettano solo di essere pubblicati, ho pensato di aggiornare...
Ringrazio chi ha letto, in particolare Hermione 93 che ha recensito, e chi ha aggiunto la mia storia alle seguite. 

Buona lettura!

“Sei proprio sicuro di voler partecipare a questa festa?”
“Per la millesima volta, Leah, si! Voglio partecipare. E sono sicuro che ci divertiremo.”
“Non ne sono così convinta. Sarà un vero disastro, vedrai. Una vera noia. Forse è meglio se facciamo qualcos’altro. Che ne dici di..”
“Per favore Leah! Si tratta solo di un ballo! Anzi no, non è solo un ballo. È il ballo dell’ultimo anno. È il tuo ballo! Ora smetti di fare la bambina, esci da questa stanza e andiamo!”
“Ma Sam, io..”
“Niente ma! Sarà una serata meravigliosa. Avanti.”
È il giorno del ballo di primavera, la serata che tutte le adolescenti normali aspettano con ansia da quando hanno imparato a parlare. Appunto, le adolescenti normali. Non io. Odio l’idea di andare a quel ballo. Sono un vero e proprio maschiaccio. In undici anni di scuola non ho mai indossato una gonna. Ora farmi vedere con questo vestito addosso mi imbarazza da morire! Perché mai l’ho fatto scegliere a mia madre? Mi sembra un po’ troppo scollato, per non parlare dei capelli! Tenerli alzati in un chignon non mi dona per niente, altro che cigno! Sembro una povera vecchia! Non ho alcuna intenzione di andare a quel ballo e far vedere a tutti quanto posso essere pietosa. E ancora non ho intenzione di uscire da questa camera e farmi vedere in questo stato d a Sam. Non se ne parla. Ora gli dico di andare via e che ci sentiamo domani.
Mi avvicino alla porta, faccio per parlare quando qualcuno spalanca la porta rischiando di travolgermi con l’anta. Mio padre.
“Tesoro, che fai ancora qui? Il ballo è iniziato già da parecchio! Ehi aspetta. Tu chi sei? Che fine ha fatto mia figlia?”
Ecco, se c’è una persona che riesce sempre a tirarmi su di morale quella è mio padre. Lo adoro! È l’unico a cui permetto tutto. Può dirmi o farmi qualsiasi cosa, ma gliela lascio passare. So che non farebbe mai nulla contro di me.
“E dai papa! Sono così orribile?”
“Orribile?! Leah, hai uno specchio in camera? Guardati! Stai benissimo! Sei fantastica!”
“Mi sento ridicola!”
“AH, tesoro, è normale. Non sei a tuo agio, ma credimi, sei bellissima! Adesso finisci di prepararti e vai al ballo con il tuo ragazzo. Divertiti e non pensare ad altro.”
Ho gli occhi arrossati, sa bene che sto per piangere, mi fa una carezza, mi da un bacio sulla fronte ed esce dalla stanza
“Ora  ti lascio. Fa’ in fretta, intanto io vado a fare due chiacchiere con Sam. Non mi fido poi tanto di mandarti con lui. Sarei stato più tranquillo a mandarti con Jared..”
“Papà!”
“Si si lo so, sta’ tranquilla.”

Ora sono pronta. Certo continuo a sentirmi ridicola, ma ormai ci sono. Non posso fare altro che andare e sperare che nessuno mi noti. Scendo le scale lentamente, non sono abituata a camminare sui tacchi, sono abbastanza alta e non ne ho molto bisogno, così li uso soltanto nelle occasioni in cui è strettamente necessario. Questa è una di quelle occasioni. mi avvio in salotto, vedo mio padre sorridere dalla poltrona che fa cenno a Sam del mio arrivo. Lui si gira e mi osserva con un’espressione tra lo stupito e l’incredulo.
“Orribile eh?”
“Si, Leah. Ho cercato di prepararlo, ma non ci credeva. Davvero spaventosa!” dice mio padre continuando a sorridere. Sembra compiaciuto, chissà cosa ha detto a Sam.
“Io..” Sam intanto continua ad aprire e chiudere la bocca come un pesce.
“Sam, so di non stare bene conciata così, ma l’hai detto anche tu no? È solo per stasera.”
“Sei bellissima” Non dice altro, ma sa che queste sono le parole che avevo bisogno di sentirmi dire. Gli sorrido dolcemente, gli occhi minacciano nuovamente di lacrimare. In quel momento entra nella stanza mia madre seguita dal mio fratellino Seth.
“Leah!, ma stai benissimo!”
“Sapevo che quel vestito ti sarebbe stato un amore!”
“A proposito di vestiti tesoro, il prossimo vestito che ti serve lo comprerò io. Tua madre ha dei gusti poco raccomandabili.”
“Che hai da dire sul vestito che le ho comprato? È perfetto, le sta benissimo!”
“Certo, è perfetto. Ma qualche centimetro in più non guastava”
“Ok, papà ha ragione, ma ora sarà meglio andare. Siamo già in ritardo. Sam, andiamo?”
Sam è ancora impacciato. Speriamo che non continui così per tutta la sera, perché ho bisogno di qualcuno che mi aiuti, e lui in questo momento ricorda un manichino con lo sguardo idiota. Però con il completo elegante sta veramente bene. È stupendo!
“Si, andiamo.” Ci avviamo verso la porta, pronti per trascorrere questa serata, quando mio padre, con un’aria minacciosa, esclama “Ehi ragazzo! Ricorda quello che ho detto..”
“Certo! Le mani a posto e dopo la festa dritto a casa!” e gli rivolge una smorfia che vorrebbe essere un sorriso.
Forse non lo sa, ma piace a mio padre. Beh è ovvio, non c’è nessuno alla riserva a cui Sam non piaccia. Ha dimostrato in più di un’occasione di essere un ragazzo responsabile, ‘con la testa sulle spalle’ come dice il vecchio Quil. Ogni padre lo vorrebbe per la propria figlia. È un vero tesoro. 
Quando lo dissi a mio padre, non fece i salti di gioia, certo. Ma ricordo che disse “Oh, meglio lui che qualcun altro. È un tipo in gamba.”
Sorrido tra me per questo piccolo ricordo. Salgo in macchina e aspetto che Sam faccia lo stesso.
Usciamo dal vialetto di casa, ci avviamo verso la scuola quando Sam ferma l’auto, mi guarda e dandomi un bacio mi dice
“Ti amo.”

Quello è il più bel ricordo della mia adolescenza. Quella sera tutto è stato perfetto, il ballo andò meraviglia, i miei amici erano tutti lì, mi erano vicini, il mio ragazzo aveva detto di amarmi. Non potevo desiderare nient’altro dalla mia vita, che non avessi già.

Quello è l’ultimo ricordo che ho di me e Sam insieme.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Salve! Eccomi qui con un nuovo capitolo. Come ho già detto, ne ho alcuni già pronti, quindi non mi sarà diffivile aggiornare, purtroppo però sono arrivata ad un punto fermo dela storia, e non so come andare avanti... magari farmi sapere cosa pensate di questa fic potrebbe stimolarmi a scrivere...
Comunque, voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto, chi ha aggiunto la storia tra i preferiti e soprattutto Hermione 93, per la sua recensione. 
Ora vi auguro buona lettura, e al prossimo cap!

La mattina dopo il ballo mi svegliai presto. Nonostante non ci fosse scuola avevo un pensiero nella mente che non mi permetteva di riposare tranquilla.

Verso la fine della serata, quando stavamo pensando di tornare a casa, Sam mi era parso strano, un po’ pallido. Così lo convinsi ad andare via. Salutammo tutti e ce ne andammo.
Sam mi accompagnò a casa, ma sembrava stare sempre peggio, non potevo pensare di lasciarlo tornare a casa da solo.
Prima che io scendessi dall’auto ci salutammo, un bacio tenero, come sempre, ma fu il contatto con la sua pelle che mi fece allarmare. Era bollente. Non riuscivo a credere che scottasse tanto. Dissi a Sam di aspettarmi lì e corsi dentro a chiamare mio padre, sapevo già che l’avrei trovato sveglio ad aspettarmi.
Subito mi aiutò a portare Sam in casa. Lo facemmo stendere sul divano, la cosa che mi dava più fastidio è che lui continuava a dire che stava bene. Ma come fa una persona con quel febbrone a stare bene? Era chiaro che avesse la febbre alta, sembrava aver preso fuoco! Nonostante tutto però insistette per tornare a casa, così lo accompagnò mio padre, con la sua auto (abitavamo a qualche isolato di distanza, papà sarebbe tornato a piedi).
Quando lo salutai mi disse di stare tranquilla, che con una lunga dormita sarebbe stato subito meglio e ch ci saremmo sentiti il giorno successivo.
Fu l’ultima volta che sentii la voce del mio Sam.

Mi alzai dal letto, uscii dalla mia camera per dirigermi in cucina. Avevo voglia di bere qualcosa di caldo, e poi telefonare a casa di Sam per sapere come stava. La cucina tuttavia non era vuota come mi aspettavo. Mio padre sedeva al suo posto intorno al tavolo. Aveva l’aria distrutta, sembrava aver passato la notte in bianco. Non si era neanche accorto della mia presenza.
“Papà, cosa ci fai in piedi a quest’ora? Ti senti bene?”
“Leah!” sembrava stupito di vedermi, alzò il volto verso di me, era veramente distrutto.
“Papà, qualcosa non va? Sembri distrutto”
“Come? Oh, no cara, non preoccuparti. Piuttosto torna a letto.”
“Mm, veramente non riesco a dormire. Volevo preparare un po’ di tè, ne vuoi?”
Si stiracchiò un po’ prima di rispondere “Mm si. Forse è proprio quello che mi ci vuole. Sono a pezzi.”
“Ok, lo preparo subito.” iniziai a armeggiare con le tazze, il bollitore e tutto l’occorrente per preparare il tè e intanto cercai di capire il perché di quel comportamento da parte di mio padre. “Senti papà, ma è successo qualcosa?”
“No. No tesoro. Niente di importante. È solo un pensiero, credo che oggi andrò a parlare col vecchio Quil.”
“Qualcosa che riguarda la riserva?”
“Più o meno, cara. Ma non devi preoccuparti per questo.”
“Non dovresti parlarne anche con Billy Black?” portai il tè a tavola e gli porsi la tazza.
“No, Leah. Te l’ho già detto, le mie sono solo supposizioni.”
“Posso sapere a che riguardo? Deve essere accaduto qualcosa per farti stare in piedi tutta la notte.” Prese la sua tazza, si avvicino e mi diede un bacio sulla fronte.
“Non importa. Piuttosto, perché ti sei già alzata?” Avevo capito che era una manovra per cambiare discorso, ma lo assecondai.
“Son un po’ in pensiero per Sam” a queste parole reagì in modo alquanto strano, come se solo in quel momento gli tornasse in mente qualche particolare. Comunque continuai “Sono scesa perché avevo intenzione di telefonargli, vorrei sapere se sta meglio. Mi sento un po’ in colpa. Se non mi avesse accompagnato al ballo..” non mi diede il tempo di terminare la frase che scattò in piedi.
“Vado su a prepararmi, ho intenzione di andare da Quil. Spero di non svegliare la mamma. Glielo dirai tu?” annuii, iniziava ad insospettirmi sempre di più. Non vedevo chiaro in quella faccenda.
Dopo poco papà uscì, mi aveva salutato a stento. Lo sentii allontanarsi in auto. Strano, Quil Althea non abitava lontano da casa, papà ci andava quasi sempre a piedi. Il fatto che avesse usato l’auto significava che aveva molta fretta.

Passai il resto della giornata a studiare. Avevo provato a chiamare Sam, la madre mi aveva detto che non stava affatto meglio, che aveva anche perso i sensi. Non era il caso di farlo sforzare per sentirlo. Così le dissi che sarei passata a trovarlo nel pomeriggio. Mio padre tornò solo ad ora di pranzo. Evitava il mio sguardo, non ne capivo il motivo, era vago, silenzioso. Sembrava quasi che ci stesse tenendo un segreto. Iniziavo a preoccuparmi.
Dopo pranzo lo sentii mentre discuteva con mia madre, lo facevano a bassa voce. Non riuscii a capire molto, senti solo chiaramente mio padre dire “Esatto Sue. È proprio come pensavo. Mi chiedo solo come la prenderà Leah.”
Come l’avrei presa? Come avrei preso cosa?? Beh a questo punto non potevo che farmi avanti. Se avevano fatto il mio nome voleva dire che la questione riguardava anche me. Avevo tutto il diritto di sapere cosa stesse accadendo.
Andai verso d loro e dissi “Come prenderò cosa, esattamente?”
“Leah!” mia madre non si aspettava di vedermi spuntare così guardò subito in direzione di mio padre. Lo interpretai come un segno per sapere se era il caso di dirmi tutto o meno (lo so, quando voglio so essere molto fantasiosa, o anche paranoica).
“Leah, non è giusto tenerti all’oscuro di tutto.”
Ecco era arrivato il momento, mio padre stava per rivelarmi il suo grande segreto! Iniziavo a sentire un peso nello stomaco che mi attanagliava le viscere. Volevo che parlasse, che mi spiegasse il perché di tante stranezze, perché iniziavo a preoccuparvi sul serio.
“Allora, da dove comincio? Uh”  fece un sospiro, doveva essere molto stanco..
“Vedi, stanno accadendo alcuni fatti che riguardano la nostra tribù- che c’entravano ora i Quileute? Diventava tutto sempre meno chiaro –diciamo che non posso dirti ancora niente con sicurezza, in realtà non so neanche se mi sarà concesso dirti tutto, ma credo che tu debba sapere che in qualche modo riguarda anche Sam e quello che gli è successo ieri.” Chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia. Per lui doveva essere complicato farmi capire ciò che stava accadendo senza però svelarmi nulla di compromettente. Mio padre era uno degli anziani dei Quileute da quando morì mio nonno, avevo solo pochi anni. Non mi piaceva vederlo così frustrato.
“Va bene papà. Ho capito. Non fa niente. So che se potrai mi spiegherai tutto. Mi va bene, anzi, sono contenta che tu abbia cercato di spiegarmi tutto.” Ero molto grata a mio padre. Il suo modo di fare mi faceva capire che mi considerava abbastanza matura da conoscere i particolari che solo loro adulti sapevano. Sotto i suoi occhi ero un’adulta, al loro pari.
Ciò che però mi preoccupava più di ogni altra cosa ora era saperne di più sul malessere di Sam. Volevo aiutarlo, doveva esserci un modo! Così anche se esitante, mi feci coraggio e glielo chiesi
“Papà, scusami. So che rischio di metterti in difficoltà. Ma vorrei chiedertelo comunque..”
“Si, mi aspettavo che mi ponessi qualche domanda. Aspetta, so già cosa vuoi sapere. Oggi sono passato anche da Sam. È vero, sta ancora molto male, ma durerà ancora per qualche giorno. Dopodiché..” smise di parlare. Si bloccò, sembrava una statua di giaccio. Non riusciva a continuare. Questo mi mise ancora di più in agitazione. Non osavo chiedergli nulla, ero terrorizzata, non sapevo cosa aspettarmi. Tuttavia desideravo che lui continuasse, che mi spiegasse tutto, o almeno ciò che mi interessava.
“Leah, non posso assicurarti che una volta guarito, Sam torni ad essere quello di un tempo. È una questione complicata.”
“Non..  capisco.”
“Sam non è affatto una persona inaffidabile. È un bravo ragazzo, si è sempre comportato bene. Tuttavia non posso negare che probabilmente diventerà alquanto.. pericoloso.”
Ero agghiacciata. Che vuol dire che Sam sarebbe diventato pericoloso? No, non potevo crederci. Sam, il mio Sam non sarebbe mai diventato pericoloso. Ma che vuol dire poi? Cosa avrebbe potuto fare? Aggredirmi? No, non ne sarebbe mai stato capace. Non avrebbe mai fatto del male a nessuno. A meno che non fosse stato istigato. Certo ricordo quella volta in cui diede un pugno a quello sconosciuto, ma l’aveva fatto per un motivo. Emily ed io stavamo tornando a casa dopo una giornata di shopping, quando questo ragazzo si avvicina e cerca di attaccar bottone. È stata una di quelle volte in cui ho profondamente odiato la mia lingua lunga. Dovevo aspettarmelo, si capiva chiaramente che non aveva buone intenzioni, ma nonostante questo e nonostante Emily mi pregasse di non alterarmi, stufa del suo comportamento lo insultai. Quando mi afferrò alle spalle, mi sentii morire, vidi come un flash la mia vita passarmi avanti agli occhi come un film muto. Rividi i miei genitori, i miei amici, Emily, sempre accanto a me, e alla fine lui. Con gli occhi chiusi lo rividi, rividi il ragazzo che Paul mi aveva presentato qualche giorno prima, che mia aveva subito colpita, con quelle fossette sul viso che si notavano solo quando sorrideva. Sam. Riaprii gli occhi e non credevo a quel che vedevano. 
Sam stava venendo verso di noi. Appariva agitato aveva uno sguardo che per fortuna non avevo mai visto prima. Era furente di rabbia, faceva paura.
Venne verso di noi, e nel momento esatto in cui quel tipo stava tentando di baciarmi lo afferrò per un braccio e allontanò da me. Si psne avanti a me ed Emily, come a volerci fare scudo con il suo corpo. Quando quel ragazzo si avvicinò cercando di colpirlo si abbassò velocemente e con un pugno ben piazzato lo colpì dritto allo stomaco.
Dopo averlo messo al tappeto si assicurò che stessimo bene e ci accompagnò a casa. Mi salutò con una lieve carezza sulla guancia. Mi stupì la sua delicatezza. Non so per quale motivo ma mi gettai tra le sue braccia e iniziai a piangere a dirotto. Mi persi nel suo profumo. Sam mi strinse forte tra le sue braccia, mi sentivo davvero protetta. Una sensazione unica. Come se fossi fatta per stare tra le sue braccia. Mi aveva già detto in precedenza che gli piacevo, e anche a me lui non era indifferente, ma ancora non lo conoscevo bene. Non sapevo se potermi fidare o meno. Dopo quell’episodio gli avrei affidato la mia stessa vita,
No, Sam non sarebbe mai diventato pericoloso.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Ciao! Ecco pronto un altro capitolo, spero tanto che vi piaccia...
Sinceramente quando ho pensato di pubblicare questa storia non mi aspettavo che potesse suscitare l'interesse di qualcuno, ovviamente Leah come personaggio mi piace tantissimo, ma è anche molto complesso e non mi ritenevo in grado di esprimere i suio sentimenti e le sue sensazioni adeguatamente. Quindi sono rimasta molto sorpresa di notare quanta gente ha letto questa fic! 
Ora vorrei ringraziare come sempre, coloro che hanno aggiunto la Fic tra i preferiti o tra le seguite e soprattutto
Rosalie Hale e Bella Swan, Hermione 93 e Sarapastu per aver recensito: Sono davvero contenta che la fic vi piaccia, e spero di non deludere le vostre aspettative nei capitoli successivi. Comunque, mi paicerebbe conoscere anche il parere delle altre persone che leggono la fic, quindi che ne dite di una piccola recensione?
Ora, buona lettura!

“Papà, non credo di capire..”
“Calmati cara, non sto dicendo che Sam potrebbe aggredire qualcuno, il fatto è che almeno per i primi tempi sarà alquanto imprevedibile. Non conosciamo ancora le reazioni.”
“Non capisco proprio cosa possa avere di così tremendo. Se è tanto pericoloso, perché non lo portate da un medico? Cosa ne potete sapere voi che lui non si sappia spiegare?” stavo iniziando ad alterarmi, mio padre invece continuava col suo tono freddo e distaccato “Leah, ti ho già detto che è complicato, e che riguarda i Quileute.”

Nei giorni successivi non ebbi più modo di parlare con mio padre. I momenti che passavamo insieme si erano ridotti ai pasti, mi ero chiusa in un mutismo e lui faceva altrettanto. La salute di Sam non migliorava, sua madre continuava a dirmi che non era il caso di parlargli e che non occorreva che gli facessi visita, era come se tutti si fossero messi d’accordo per tenermi lontana da lui. Mi sentivo morire.
Mentre a me non era permesso, sembrava che invece sia mio padre che Billy Black avessero l’obbligo di andare a controllare la situazione di Sam, ma anche  se morivo dalla voglia di chiedergli come stesse il mio ragazzo, non avevo intenzione di rivolgergli la parola.

Dopo qualche giorno ancora, inaspettatamente fu Sam a farsi vivo. Mi telefonò, rispose mio padre. Non feci molto caso a ciò che gli chiese, avevo solo voglia di strappargli la cornetta dalle mani e sentire la voce del mio ragazzo dall’altro lato. Non ci mise molto e mi passo il telefono.
“Pr.. pronto?”
“Leah, ciao. Non sai che bello risentirti.”
“Sam! Come stai? Ti senti meglio? È passato? Oh, non sai quante volte ho cercato di venire a farti visita, ma mi dicevano che non era il caso..”
“Si, infatti Leah. Non era il caso che mi vedessi in quelle condizioni.”
“Ma ora stai meglio?”
“Certo, sono del tutto guarito.” Sentirglielo dire mi riempiva di gioia. Un gran sollievo si impadronì di me, il mio Sam stava bene, questo era tutto ciò che importava.
“Fantastico! Sono felicissima! Allora adesso possiamo vederci, no?”
“Ecco, a questo proposito Leah, forse è meglio di no. Cioè per il momento è meglio di no, poi ultimamente sono anche piuttosto impegnato, devo darmi da fare anche col lavoro, ho perso parecchi giorni. E poi anche tu avrai da fare, con lo studio! Facciamo così, appena posso faccio un salto da te ok?”
Una forte delusione s’impadronì di me. Perché il mio ragazzo non voleva vedermi? Una gran voglia di piangere si stava facendo largo. “Oh, s-si. Hai ragione, sarai impegnato.. o-ok  allora, ci sentiamo domani?”
“D’accordo. Allora a domani.”
“S-si. Ciao.”
“Cia..”
“Ah! Sam aspetta!”
“Che c’è?”
“Niente, è solo.. ti amo.” Sam dall’altra parete rimase in silenzio per un po’. Quando rispose aveva un tono combattuto. L’avevo notato per tutta la durata della telefonata.
“Oh Lee! Ti prego! “ sussultai, non usava mai il mio nomignolo, “Anche io Leah, credimi.” La telefonata terminò in quel momento. Posai la cornetta al suo posto, e salii in camera mia. Passai il resto del pomeriggio a studiare.
Non sapevo cosa fare, mi sentivo completamente vuota.

Dal giorno della telefonata passò circa una settimana, durante la quale non riuscii a vedere Sam neanche di sfuggita. Mi sentivo frustrata, non sopportavo più quella situazione. Avevo solo una gran voglia di vedere Sam, di potergli parlare da vicino, di sentire il suo respiro caldo sulla pelle, baciarlo, abbracciarlo.. desideravo stare con lui! Fosse solo per poco tempo..
Ormai era diventata routine a casa mia la visita di Jared il pomeriggio, che sosteneva di aver bisogno di aiuto con lo studio perché non riusciva a completare gli esercizi di chimica. Peccato che Jared fosse sempre stato molto bravo in chimica, era una delle sue materie preferite.. anche se sapevo che quella era una bugia bella e buona, non riuscivo a non apprezzare il gesto.
Cercava solo di starmi vicino. E la sua presenza, a dirla tutta, mi aiutava davvero.
Proprio come i pomeriggi passati con Jared, erano abitudine anche le telefonate di Emily e Paul.
Mia cugina, la mia dolce e buona cugina, era tesa. Lo avvertivo dalla sua voce, dalle frasi senza senso che usava per distrarmi. Tentava in tutti i modi di farmi sorridere, ma appariva più demoralizzata di me. Non si spiegava come Sam potesse comportarsi  a quel modo, l’aveva sempre ammirato, più di una volta mi aveva detto “E’ stato l’unico in grado di scaldare il cuore della mia cuginetta! Dovrei fargli un monumento, è riuscito dove non so quanti hanno fallito”, ed era vero, non avevo mai avuto un ragazzo. Tendevo ad allontanare quelli che mi chiedevano di uscire o che mostravano un interesse per me. L’unico a cui permisi di starmi accanto, nonostante la dichiarazione, era colui che si spacciava per il mio migliore amico, ma col tempo anche lui ha capito che tra noi poteva esserci solo una bella amicizia, e per mia fortuna se ne accontentò.
Paul continuava a chiamare tutte le sere. Strano da parte sua, eravamo amici, vero, ma ci conoscevamo solo grazie ad amici in comune. Apprezzavo tanto che anche lui si mostrasse disponibile ad aiutarmi. Era bello sapere di poter contare su qualcun altro.
Dal canto suo era molto preoccupato. Continuava a ripetermi che non sapeva spiegarsi lo strano comportamento di Sam. Ma non ero del tutto convinta che dicesse la verità. Paul è sempre stato un tipo allegro e chiacchierone, ed ora tutto ad un tratto era diventato silenzioso, faceva sempre attenzione a ciò che diceva. Come se avesse paura di lasciarsi sfuggire qualcosa. Non volevo metterlo in difficoltà, se sapeva qualcosa non poteva rischiare di rivelare il segreto, quindi quando lo sentivo in difficoltà, ero io a cambiare discorso. Quasi sempre questo coincideva con l’argomento Sam.

“Aha! Hai visto, Lee-lee? Secondo me sei tu che mi porti fortuna!”
“ Davvero? A me non sembra”
“E invece è proprio così” Jared , sempre il solito, cercava sempre un modo per farmi sorridere, e in quel periodo sembrava essere l’unico in grado di riuscirci “Credimi, quando ci provo a casa da solo non ci riesco mai, invece quando sono con te mi risulta tutto semplice.”
“Si, credo che potrei avere successo come portafortuna. Solo sono un po’ ingombrante..”
“Sei perfetta!”
“Certo, certo”
“Senti, quando pensi di tornare in palestra?”
“Mi stai dicendo che sono grassa?”
“Permalosa! Non mi senti? Ti ho appena detto che sei perfetta, come potrei dirti che sei grassa?”
“Non lo so. Comunque forse stasera ci vado, ho proprio bisogno di tirare qualche pugno”
“Ancora con la fissa della kick boxing? Lo sai che mi fai paura?”
“Eh si, devo perfezionare alcune tecniche..”  all’improvviso sento bussare alla porta della mia camera, è Seth, il mio adorabile fratellino. “Scusa Leah, posso chiederti un favore?”
“Seth, dimmi che c’è?”
“Mm, avrei bisogno che mi aiutassi con i compiti, ci sono alcune cose che non mi sono chiare, e oggi non c’è neanche mamma..”
“Non preoccuparti Seth! Io sono qui per questo!”
“Jared, a mio fratello e ai suoi compiti ci penso io. Tu pensa ai tuoi.”
“Grazie Jared, ma preferirei che mi aiutasse Leah. Non ti dispiace?”
“No Seth, figurati! Ormai sono abituato ad essere trattato male dalla tua sorellina..”
“Ma smettila! Non ti tratto male! Comunque Seth, aspetta che finisca qui con Jared e poi sono subito da te, ok?”
“Si! Grazie. Allora ti aspetto in camera mia. Ci vediamo Jared, ciao!”
“Ciao, piccolo!” Seth chiude la porta e torna in camera sua “Tuo fratello è adorabile! È sempre così dolce, dovresti prendere esempio da lui.”
“Non ne ho bisogno, io sono già dolce!”
“Si, ma lo sei solo con chi vuoi tu! Dovresti esserlo con tutti invece”
Il pomeriggio passò così, tra i battibecchi con Jared e i compiti di mio fratello. Non un granché certo, ma almeno mi aiutò a non pensare ai comportamenti strani che avevano tutti da un po’.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Salve! Finalmente riesco ad aggiornare, prima di lascairvi al capitolo vorrei precisare che ci saranno delle piccole differenze tra la trama della mia storia e la saga, dovute alla mia ignoranza: ero infatti convinta che a scatenare la trasformazione si Sam fosse stato il trasferimento dei Cullen, mentre invece (l'ho letto su wikipedia) è stato l'arrivo dei tre vampiri 'cattivi'; o anche il fatto che Harry abbia soccorso Sam, mentre sappiamo ceh il poverino ha fatto tutto da solo, e solo per caso il vecchio Quil si è accorto di ciò che gli era accaduto e gli ha potuto spiegare per bene la sua natura. Spero quindi che mi perdoniate queste 'licenze' (vogliamo chiamarle così?), promettendo che cerchierò far coincidere tutto con gli avvenimenti del libro.
Vorrei anche ringraziare coloro che non mancano mai di recensire ad goni capitolo, Hermione 93, Bella Swan e Sarapastu: Ho iniziato a scrivere questa fic perchè dopo aver letto tutta la storia, ho pensato che un personaggio come Leah, così contorto e ben costruito, averbbe meritato qualche spazio in più. Non mi credevo all'altezza di scrivere una fic, e il mio era solo un passatempo (non avevo intenzione di pubblicare nulla), ma mi fa piacere scoprire che le mie idee e il mio modo di scrivere piacciano a qualcuno. Vi ringrazio davvero tanto.

Spero che continuiate a leggere e di non deludervi nel proseguire.

Il tempo passava, ma la situazione non migliorava affatto. Cercavo di impegnare ogni minuto della giornata, pur di non pensare a Sam, ma non era così semplice. La mattina andavo a scuola, e seguivo con la massima attenzione le lezioni, a pranzo Nicky, Jared e Paul mi facevano compagnia, il pomeriggio lo passavo tra lo studio e gli allenamenti di kick boxing e quando tornavo a casa ero tanto stanca che una volta a letto crollavo nel mondo dei sogni.
Nonostante tutto era un chiodo fisso.
Basta! Avevo deciso, sarei andata a cercare Sam. Non sopportavo più di potergli parlare solo per telefono, di non poterlo vedere. Non resistevo più.
Presi la decisione. Quel giorno dopo scuola sarei andata a casa sua. Non importava il resto, dovevo vederlo.
Come se quel giorno tutti i miei desideri dovessero avverarsi, all’uscita da scuola, ad aspettarmi a solito posto c’era Sam. Non riuscivo a crederci. Eppure qualcosa non andava. Osservavo Sam, mi aspettavo di sentirmi dentro una specie di esplosione, dopo tanta attesa. E invece no. Avevo solo voglia di andare da lui, mollargli uno schiaffo e chiedergli spiegazioni. Non feci nulla di tutto questo, per fortuna. Mi avvicinai, calma, e lo chiamai. Non si aspettava questa reazione, forse anche lui aveva pensato ad una reazione violenta, o forse a vedermi correre verso di lui e gettarmi tra le sue braccia, come era già capitato in più di un’occasione.
“Sam”
“Leah. Non ti ho vista uscire, mi chiedevo dove fossi finita, i tuoi amici sono usciti da un po’”
“Mi sono fermata prima in biblioteca.” Era strano, non riuscivo ad essere naturale con lui. Ero delusa dal suo comportamento, da quando era stato male. C’era qualcosa di diverso in lui, la sua voce, il suo sguardo, persino il suo fisico mi appariva diverso.
“Ah, capisco. Senti, se non hai da fare ti accompagno a casa.”
“Oh, ok. Se per te non è un problema..”
“Ma che problema? Sali dai!”
Salii in macchina, ma non proferii parola. C’era un silenzio imbarazzante, eravamo entrambi molto tesi, ma io non ne conoscevo il motivo.
“Sai, stiamo rischiando davvero.”
“Come? Non ho capito”
“Non dovevo venire oggi. Ma non ce la facevo più, dovevo vederti” si girò a fissarmi, non resistevo, qualunque cosa fosse successa, lui era Sam, il mio Sam. Era impossibile essere arrabbiata con lui. Sorrisi
“Anche io non resistevo più. Avevo intenzione di venire da te oggi, dopo scuola.” Fermò la macchina, e si girò a guardarmi
“Cosa? E perché? Ti avevo detto..”
“Sam! Vorrei una spiegazione, solo questo.” Non riuscivo a guardarlo negli occhi. Mi stavo illudendo, quello che avevo accanto non era il mio Sam. Era un’altra persona, e non mi piaceva.
“Vorrei solo sapere perché sei sparito. Credo di meritarmela.” Mi guardava sorpreso. Non so cosa si aspettasse, ma cosa pretendeva, che lo aspettassi sempre col sorriso sulle labbra e la dolcezza nel cuore? No, quella non ero io, e lui lo sapeva bene.
“Leah, io..”
“Se non volevi più vedermi, avresti dovuto dirmelo di persona. E non sparire nel nulla, come..” non mi fece finire la frase perché mi abbraccio di slancio. Era caldo, incredibilmente caldo. Poteva essere piacevole, sentirsi avvolta da quel calore, con la testa poggiata sul suo petto e sentire il suo cuore battere. Poteva essere piacevole, ma mi sentivo male. Mi mancava l’aria. Stavo soffocando. Quello non era il mio ragazzo. Iniziai a piangere. Tutte le lacrime trattenute fino a quel momento si liberarono, ed io scoppiai in un pianto liberatorio.
“Non penserai davvero una cosa del genere?! No puoi credere che non volessi vederti!”
“Ah no? E allora spiegami per quale motivo non ti sei fatto vivo per tutto questo tempo! E perché non mi era permesso vederti!”
“Leah, non sono più lo stesso ragazzo di una volta. È difficile, non posso spiegarti tutto, ma credimi, ciò che provo per te non è cambiato.”
“Mpf”
“Non fare così Lee, è vero. Solo che ora ho delle responsabilità. E poi” mi alzò il viso, voleva guardarmi negli occhi. “E poi ho una paura terribile di farti del male”
“Sam, tu non mi faresti mai del male!”
“Non volontariamente. Ma ci sono cose che non so controllare bene. Non posso rischiare, sarei egoista. Se ti accadesse qualcosa a causa mia non me lo perdonerei mai”
“Continuo a non capire”
“Te l’ho detto, è normale. Non sai quanto mi fa male vederti in questo stato e sapere che è colpa mia.” Mi tenne ancora stretta tra le sue braccia, stringendo ancora, ma sembrava che si trattenesse, come se non volesse farmi male, allora fui io che mi strinsi più forte a lui. Mi baciò, lentamente, sulla fronte, poi scense fino alla guancia, avvicinandosi lentamente alle mie labbra. Una vera e propria scia di fuoco sulla mia pelle. Non resistevo, avevo bisogno di quel contatto. Quando ci staccammo, dopo non so quanto tempo, mi sentivo meglio. Stavo bene, era come se quei giorni di assenza non avevano cambiato nulla. Ma mi bastò guardare Sam negli occhi per capire che non era così. E tornai alla dura realtà fatta di silenzi.
“Dai, ti accompagno a casa.”
Il resto del viaggio fu tranquillo, eravamo entrambi silenziosi, ma non era più quel silenzio fatto di tensione ed imbarazzo. Fu quando mi toccò uscire dall’auto che un pensiero balenò nella mia testa.
“Quando ci rivedremo?” la mia domanda ne nascondeva alcune molto più importanti, e Sam parve capirlo.
Ci saremmo rivisti? Quello era un addio? Cosa avremmo fatto d’ora in avanti? Stavo per rimettermi a piangere.
“Ti accompagno dentro. Vorrei stare ancora un po’ con te” quando uscimmo dall’auto, Sam mi stupì ancora. Si avvicinò a me e mi teneva tra le sue braccia. Come se avesse veramente paura che con un colpo di vento potessi allontanarmi da lui. Non mi dava fastidio, ma al contrario di quanto si possa credere, mi agitava. Non ero io quella che spariva per giorni, era Sam.

Passammo tutto il pomeriggio insieme, quando mio padre tornò ci trovò sul divano, era sorpreso quanto spaventato.
Sam era seduto, con le mie gambe sulle ginocchia, le sue braccia ad avvolgermi il corpo e la testa poggiata di lato, si era addormentato, ma non lasciava la presa. Io ero accoccolata con la testa sulla sua spalla, e parlavo a bassa voce con Seth, seduto sulla poltrona accanto al divano. Appena vidi mio padre cercai di andarlo a salutare, ma dividere le braccia di Sam era un’impresa impossibile. Comunque mio padre lo capì, si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia. Ora era tutto a posto.
Feci di tutto per convincere Sam a restare per cena, ma non ci riuscii. Quella sera sarebbe stato da noi anche Charlie Swan, l’ispettore di Forks, un vecchio amico di papà.
Cenammo tranquillamente, ascoltando vari aneddoti delle loro domeniche a pesca e parecchie bravate della gioventù di mio padre. Poi me ne andai di sopra, mi preparai per andare a letto e scesi giù per salutare tutti.
Papà e Charlie stavano in salotto, guardando la tv, e parlando del più e del meno. Salutai Charlie, diedi un bacio a mio padre e mi avviai alle scale, ascoltando ancora le chiacchiere dei due.
“Eh, già per fortuna è tranquilla”
“Si, non accade mai niente d’importante in questa città.”
“Il massimo è l’arrivo di qualche nuovo abitante”
“Ahah! Già, a proposito! È da qualche settimana che si è trasferita qui una nuova famiglia.”
“Vedi? Che ti avevo detto? Il massimo dell’azione!”
“Certo. Mi sembrano persone apposto, tranquille. È un medico, con la moglie e cinque figli”
“Wow cinque figli! Io ne ho solo due e mi sembrano troppi!”
“Sono stati adottati, la moglie del dottore non può averne..”
“Però! E come si chiamano?”
“Cullen. Abitano nella casa dopo il sentiero.”
“Cullen. Questo nome non mi è nuovo..”
Smisi di ascoltare. Niente di interessante. Di sicuro una nuova famiglia a Forks non mi avrebbe cambiato la vita! I Cullen..

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Nuovo capitolo finalmente aggiunto!  Mi scuso con chi si aspettava un aggiornamento più rapido, ma purtroppo uultimamente sono troppo impegnata e non riesco ad accendere il pc neanche per un attimo. Di conseguenza non sono riuscita a scrivere molto, e questo era l'ultimo capitolo pronto, mentre per l'altro ci vorrà ancora un po' di tempo...
Ora, passiamo ai ringraziamenti. Ringrazio come sempre Hermione 93, Bella Swan e Sarapastu per le loro recensioni (e per aver corretto i miei errori :-P); chi ha aggiunto la storia ai preferiti e alle seguite, e anche chi legge.
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia, fatemi sapere! XD

Da quel giorno parve che le cose si stessero mettendo a posto. Non litigavo più con mio padre, periodicamente riuscivo a stare con Sam, Jared continuava a passare i pomeriggi a casa mia, Paul aveva smesso di telefonarmi ogni sera, ma si limitava a farlo ogni tanto, Emily continuava a passare i finesettimana da me, proprio come quando eravamo piccole.
Insomma sembrava tutto tornato alla normalità.
Un po’ come quando stai in riva ad un lago, prendi un sasso e lo getti in acqua. Per un po’ si vedono le onde provocate dall’urto con l’acqua, ma poi passa del tempo e anche quelle si calmano. E tutto sembra tornare normale.
Ma non bisogna dimenticarsi del sasso che è finito sul fondo.
Perché per quanto le cose si siano calmate, il sasso è arrivato, ha sconvolto le acque e ora, anche senza scorgere la sua presenza, è lì, e il lago, per quanto sia calmo e appaia proprio come prima, non è più lo stesso.
Avrei dovuto saperlo, e non farmi illusioni.
Avrei dovuto fare più caso agli sguardi cauti che mio padre lanciava a Sam, quando era sicuro di non essere visto; a Jared e Paul, che avevano deciso di non lasciarci un attimo di intimità; allo stesso Sam, che faceva di tutto per restare sempre calmo, per non agitarsi, e che quando accadeva, si allontanava prepotentemente intimandomi di non seguirlo. Ma la gioia di aver finalmente  riottenuto la serenità della mia vita, mi rendeva cieca avanti a questi eventi. Non poteva esserci nulla di strano. Ero felice.

Fu un fine settimana come tanti che accadde l’inevitabile.
Con tutte le cose brutte che potevano accadere, quella per me fu la tragedia più tremenda e dolorosa che avessi mai potuto vivere. Solo ora capisco che non era assolutamente così, che quel dolore provato non era nulla, che da quel momento tutto era in discesa. La mia vita si stava svuotando.
Emily era arrivata presto quel sabato, come sempre, portò la borsa con le sue cose nella sua camera (o meglio la camera degli ospiti, ma la usava quasi solo lei, e in qualche rara occasione Jared, quindi almeno io la consideravo la sua camera), mi diede il tempo di fare colazione che poi ci precipitammo fuori. Era una bella giornata di fine Maggio, l’estate ormai si sentiva, e noi avevamo deciso di andare in spiaggia per abbronzarci un po’.
Passammo lì tutta la mattina, e tornammo a casa all’ora di pranzo. Dopo mangiato salimmo a prepararci, quel pomeriggio sarebbero venuti a casa Sam, Jared e Paul e poi saremmo usciti tutti insieme.
Verso le sei arrivarono Sam e Jared, dicendo che Paul non sarebbe venuto, perché non stava bene.
Ci stavamo preparando per uscire. I ragazzi aspettavano di sotto mentre mia cugina ed io stavamo in camera mia.
Emily iniziò a scendere, io stavo legando i capelli, ormai troppo lunghi in una coda alta.
Finito con i capelli, uscii dal bagno e mi avviai verso le scale, ma venni fermata da Jared
“Senti Lee, non è che potresti prestarmi il tuo libro di letteratura dell’anno scorso? Sai, mi servirebbe per un compito importante”
“Si, certo.. posso portartelo domani a scuola..”
“NO! No, vedi.. è urgente!”
“Ok, allora te lo prendo al ritorno”
“NO! Perché non andiamo a vedere ora? Magari ci vuole tempo e stasera potrebbe farsi tardi.. dai, ci vorranno solo pochi minuti..” Jared non me la contava giusta. Ma che gli prendeva all’improvviso?
“Per favore! Tanto appena saremo pronti per uscire qualcuno verrà a chiamarci..”
“Va bene ‘Red, andiamo a prendere questo libro.. anche se noi siamo già pronti per uscire.. Sam e Emily stanno aspettando noi...”
“Su su” e mi spinse in camera. Cercare quel libro sembrava un’impresa impossibile, ero convinta di averlo a portata di mano, sulla mensola dove tenevo tutti i libri di scuola degli anni precedenti, ed effettivamente c’erano tutti, tranne quelli che avevo ceduto a mio fratello, e il tomo che serviva al mio amico...
“COSA?!?”
Nel bel mezzo della nostra ricerca, un urlo ci interruppe, facendoci sobbalzare.
“Emily!” gridai, e mi alzai, pronta  a fiondarmi al piano di sotto per capire cosa stesse accedendo, e per quale motivo Emily avesse urlato. Al piano di sotto trovai mio padre seduto accanto ad Emily che piangeva sul divano mentre Sam se ne stava seduto sulla poltrona, con i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani che gli coprivano il viso.
“Emily! Cosa è successo?”
“Leah!”  alzò il viso e solo in quel momento mi accorsi che stava piangendo. Si accasciò sul divano e iniziò a singhiozzare.
Andai a sedermi accanto a lei, non capivo che aveva, ma volevo starle accanto. Era sempre stato così tra noi. Non eravamo sorelle, ma il nostro legame era proprio come quello. “Dai, non fare così, dimmi che hai”
“Io... io non volevo! Mi dispiace Lee!” era disperata, e mi guardava con occhi colpevoli, come a farsi perdonare per qualcosa che aveva fatto.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Salve!  eccomi di nuovo qui. Mi scuso in partenza per il terribile ritardo con cui ho aggiornato stavolta, ma in questo periodo ho parecchi impegni che occuoano le mie giornate, così per questo capitolo , che a dirla tutta non mi piace granchè, e che ho rivisto un miliardo di volte, non trovavo una soluzione decente. quindo oggi,  avendo la serata libera, mi ci sono dedicata completamente, e questo è il risultato (poco soddisfacente). Ammetto quindi che il capitolo non mi piace, ma piuttosto che rischiare di stare ferma ad un punto morto, ho preferito postare quello che mi è venuto in mente ora.
Prima di lasciarvi al nuovo capitolo, vorrrei ringraziare chi segue la storia, chi l'ha aggiunta ai preferiti, e  Hermione 93, Sapastu e Bella Swan per le loro immancabili recensioni. Vi ringrazio davvero, dopo aver pubblicato aspetto sempre con ansia di sapere cosa pensate di come prosegue la storia (anche se per ora ha una trama già delineata...), e mi fa piacere sapere ceh vi piace. 
Mi farebbe piacere conoscere anche altrie opinioni, quindi perchè voi che leggete non lasciate un piccolo commento?
E ora buona lettura!


“Emily, calmati. Per cosa dovrei perdonarti?” Emily alzò il viso, cercava di dirmi qualcosa, ma appena incontrò il mio sguardo ricominciò a piangere tra le mie braccia. Mi guardavo intorno, non riuscivo a capire cosa era accaduto a mia cugina, ma né mio padre, né Sam si decidevano a spiegarmi qualcosa.
“Papà, cosa..?” mio padre mi guardò e scosse la testa. Aveva un espressione desolata, affranta.
“Lascia che ti spieghi io, Leah. Te lo devo.” Sam finalmente aveva smesso di disperarsi con la testa fra le mani, e a quanto pare aveva intenzione di rivelarmi qualcosa.
“Ragazzi io vi aspetto in cucina, se avete bisogno..” papà tornò in cucina, non prima di scambiarsi un’occhiata complice con Jared, che venne ad accomodarsi accanto a me, tenendomi per mano. Notai subito questo gesto. Da quando Sam ed io ci fidanzammo, Jared non si lasciava mai andare a gesti affettuosi con me, anche se innocenti come una stretta di mano. Sam era un tipo geloso, e inizialmente non vedeva di buon occhio la mia amicizia con Jared, solo col tempo capì che ormai non eravamo altro che ottimi amici. Nonostante ormai le cose fossero chiare, Jared si fece da parte, e da allora, almeno in presenza di Sam, evitava ogni tipo di contatto.
Quindi, se in quel momento il mio migliore amico mi prendeva tranquillamente la mano (e la stringeva anche parecchio, come a volerla stritolare), e il mio fidanzato non dimostrava neanche di essersene reso conto, io iniziavo a sentirmi anche più agitata e mi si stavano confondendo maggiormente le idee.
“Sam, che sta succedendo?” Sam evitava di guardarmi in faccia. In quella stanza tutti evitavano di guardarmi in faccia.
“Leah, ricordi quando sono stato male?” che domande? Certo che ricordavo quel periodo! Le settimane più lunghe della mia vita. Quando credevo che il mio Sam non volesse più stare con me. Quante assurdità che ho pensato in quei giorni!
“Si, mi ricordo”
“Vedi, io sono stato molto male. In quel periodo ho subito un cambiamento radicale del mio essere, non posso spiegarti nulla nel dettaglio, ma questo cambiamento ha portato a delle conseguenze a cui non avevo pensato.”
“Che genere di conseguenze? Sam stai male?”
“No, ma non sai quanto lo preferirei- aveva un sorriso tirato e amareggiato- Leah, non so come dirtelo.”
“Sforzati Sam. Ha il diritto di saperlo, a questo punto è una cosa che riguarda anche lei.” Jared aveva deciso di stupirmi davvero quella sera. Non si era mai rivolto a Sam con quel tono, per lui era un esempio, l’amico su cui fare affidamento. Non mi sarei mai aspettata di vederlo reagire così.
“Lo so anche io Jared! E non credere che tu sia l’unico a soffrire per ciò che sarà! Per quanto tu non ci creda, ho amato davvero Leah!” ed eco con sole poche lettere, come distruggere una persona dall’interno del suo essere. Ho amato davvero Leah. Questo poteva voler dire solo una cosa. Sam mi aveva amato, ero stata importante per lui. Ma era finito tutto. Ad un tratto sentii le forze abbandonarmi, gli occhi riempirsi di lacrime, e solo in quell’attimo capii che la stretta di Jared sulla mia mano non era tanto forte per staccarmela dal resto del braccio, ma per infondermi quella forza di cui avevo bisogno sentendo accanto a me il mio amico.
“Che.. che significa Sam?”
“Davvero Leah, non so come dirtelo, non sarebbe facile da spiegare neanche se potessi dirti come stanno le cose realmente, ma fartelo caprie senza rivelarti nulla di compromettente è impossibile.” Come poteva continuare a mantenere la calma in una situazione del genere? Sentivo dentro di me crescere la rabbia. Che diavolo stava succedendo? Perché tutti potevano conoscere la verità ed io sola ero tenuta all’oscuro?
“Non mi interessa se ti compromette agli occhi degli altri! Adesso basta, Sam! Voglio sapere che hai!” dopo la mia risposta, Sam iniziò a tremare. Jared si alzò, mettendosi tra Sam e noi, sedute ancora sul divano.
“Non ti preoccupare Jared, è tutto ok.”  Sicuro, era proprio tutto ok!sembrava proprio che stesse facendo di tutto per farmi arrabbiare.
“Leah, non posso continuare la nostra relazione- i singhiozzi di Emily diventarono ancora più forti- ho subito un forte cambiamento, sono diventato un mostro. Come se non bastasse, oltre a rovinare la mia vita sono costretto a distruggere anche te.”
“Sam..” le parole mi morivano in gola, non so cosa avrei voluto dirgli, ma anche provando non riuscivo a pronunciare neanche una sillaba. Sam mi aveva detto che la nostra storia era finita.
Tutto intorno a me aveva perso importanza, non aveva più alcun significato. Mi sentivo vuota.
Cosa avrei dovuto fare? Fu in quel momento che mi resi conto che Emily stava ancora piangendo. Potevo capire che fossimo unite, ma mettersi a piangere così.. in fondo ero io a dover essere consolata, non lei. Perché era così disperata? Ci teneva così tanto alla mia storia con Sam? Era assurdo..
“Emily.. per- perché stai piangendo?” inconsapevolmente stavo piangendo anche io.
“Leah, io non so.. non so come sia potuto accadere! Perdonami!”
“Cosa..”
“Questa è un'altra cosa che dovrei spiegarti Leah - Sam, mi faceva male anche girarmi verso di lui- riguarda la mia natura, in un certo senso è come se.. è una specie di colpo di fulmine..”
Ok, sicuro, ero diventata pazza. Non riuscivo a credere che potesse essere possibile una cosa del genere. Il mio raga.. il mio ex ragazzo mi stava dicendo di aver avuto un colpo di fulmine con mia cugina? Si, doveva essere proprio uno scherzo!
“Che scherzo è mai questo?!?”
“Lee calmati, dai.”
“Jared lasciami! Non sono in grado di ammazzare nessuno”
“Mi dispiace Leah, davvero.” Sam aveva il volto basso, lo sguardo fisso per terra. Lo conoscevo bene da sapere che era sincero, e anche piuttosto tormentato, ma proprio non riuscivo a sopportarlo.
“Leah non volevo!” Emily era disperata. Avrei voluto consolarla, sapevo di essere emotivamente più forte tra le due. Ma ero a pezzi. e poi meritava davvero di soffrire. Il suo dolore non era niente in confronto al mio.
“Io non.. io vi odio!” non ce la facevo più. Ero a pezzi, avevo voglia di fuggire. Salii in fretta le scale, mi fiondai in camera mia e sbattei la porta. Non volevo vedere nessuno. Volevo stare sola. 
Sola col mio dolore.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Di quella sera, oltre alle mille lacrime ricordo bene il mio piccolo Seth. Il mio tenero fratello col cuore più grande di tutto l’universo. La persona più sensibile che conosco.
Dopo varie visite da parte di mia madre, che continuava a bussare alla porta sperando che io le aprissi, e dopo tante parole di conforto da parte di mio padre, e dopo parecchie ore di solitudine, nel cuore della notte, sentii la porta di camera aprirsi. Non mi spaventai. In quella situazione anche il più pericoloso criminale d’America avrebbe perso d’importanza. In quella stanza c’eravamo solo io e il silenzio delle mie lacrime e del mio dolore. Eppure sentii dei passi lenti avvicinarsi al mio letto, di sicuro era qualcuno che conosceva bene la stanza. Lo riconobbi solo quando si accomodò sul mio letto.
“Che ci fai qui?” era un vero miracolo che riuscissi a parlare, anche se dal tono della mia voce si capiva che stavo ancora piangendo.
“Volevo vedere come stai”
“La porta chiusa è un segnale che indica che non voglio essere disturbata” non ero mai stata tanto scortese, ma avevo bisogno di allontanare le persone da me.
“La prossima volta che non vuoi essere disturbata chiudi a chiave.” Bene, fantastico! Il mio ingenuo fratellino riusciva anche a zittirmi. Dovevo essere proprio a pezzi.
Non avevo la forza di rispondere, ma Seth non vi badò affatto. Con una tranquillità innata si stese accanto a me, e mi abbracciò forte, posando la mia testa sulla sua spalla.
Passò tutta la notte. Non dormii molto, e probabilmente, a causa dei miei piagnistei, neanche Seth riuscì a chiudere occhio. Eppure non sentii un solo lamento, nulla. Seth era lì, pronto a starmi accanto, facendomi sentire la sua presenza, ma senza obbligarmi a fare nulla. Fu quella notte che compresi che il mio fratellino era molto più maturo di quanto lo dipingessimo tutti noi.
Durante quella notte piena di stelle, a farci compagnia c’era il lontano richiamo di un lupo, che solitario ululava alla luna.

Il giorno seguente era domenica. Passai tutto il tempo rinchiusa in camera, stesa sul letto a ripensare all’assurdità di ciò che avevo vissuto.
La mattina, appena si accorse dei rumori sulle scale,  Seth uscì, per poi tornare circa venti minuti dopo con una tisana, da parte della mamma.
“Dice che può aiutarti a riposare, e credo che tu ne abbia proprio bisogno”
“Grazie Seth, e non solo per la tisana.” Seth, che stava uscendo dalla mia camera, tornò indietro per abbracciarmi forte, proprio come aveva fatto la sera prima tra le lenzuola del mio letto.
“So che non lo farai, ma almeno prova a berne un po’. Anche un solo sorso” mio fratello, che non arrivava ad avere l’età per la patente appariva in quel contesto, molto più saggio di me. Annuii, lasciandolo poco convinto. Quando chiuse la porta, ne bevvi un lungo sorso, e servii veramente a rilassarmi un po’ i nervi.
Scesi in cucina per pranzo, e anche a cena, più per abitudine, che per mangiare qualcosa. Infatti, come era prevedibile, non riuscii a toccare cibo. I miei genitori non fecero alcuna domanda. Mi conoscevano, sapevano che se avessi voluto parlarne, lo avrei fatto spontaneamente. Durante il pomeriggio sentii anche mia madre parlare a telefono con Jared, probabilmente voleva sapere come stavo. Mi promisi che la prima persona con cui avrei parlato una volta superato questo stato di apatia, sarebbe stato lui, il mio migliore amico.
Dopo cena, di nuovo in camera mia avevo le idee abbastanza chiare su ciò che avrei dovuto fare. Presi una vecchia scatola dalla soffitta e vi riposi tutto ciò che aveva caratterizzato la Leah dolce ed innamorata che ero stata fino a qualche sera prima. Sparirono foto, lettere, regali, quaderni, libri e tutti ciò che poteva riportarmi alla mete due nomi: Sam Uley e Emily Young.
Chiusi la scatola e la risposi in soffitta, facendo bene attenzione a nasconderla dietro l’angolo più buio, sotto altre vecchie scatole che non avremmo mai aperto, per assicurarmi di non trovarmi più avanti quei ricordi.
Nascosti in quella soffitta non c’erano solo vecchi ricordi e regali finora tenuti con cura. In quella soffitta era nascosta anche la vecchia Leah, che aveva fatto spazio alla nuova Leah, più cinica e sarcastica, sempre pungente e  acida come un limone.
E la cosa veramente buffa è che allora non mi accorsi di aver avuto un cambiamento tale.
Dentro di me sentivo solo sofferenza.

Dopo quel terribile finesettimana tornai a scuola, studiare mi aiutava molto a non pensare, e fortunatamente dovevo prepararmi per gli esami della maturità, quindi avevo a disposizione sempre meno tempo per pensare ad altro. Continuavo a pranzare con Jared e Paul che aveva dimostrato di non gradire parecchio l’ultimo cambiamento di Sam. Era veramente irritato dal suo comportamento, ovviamente evitava di parlarne in mia presenza, ma un paio di volte li sorpresi a trattare l’argomento quando credevano di esser soli, poi si accorgevano della mia presenza e subito cambiavano discorso. Intanto io evitavo di parlare in ogni caso, se non per sputare fuori qualche sentenza. Ero impossibile, lo ammetto, appena si toccava un qualsiasi argomento ero pronta a rovinare tutto con qualche commento velenoso.
Nonostante tutto quei due continuarono a starmi accanto, così come la mia famiglia. Solo dopo mi sono resa conto che non ero l’unica a soffrire, e di quanto tutti loro abbiano fatto per me.
Il tempo passava in fretta, eravamo arrivati all’ultimo mese di scuola, ma io ero tanto presa dallo studio che neanche me ne resi conto. Ormai vivevo nel mio mondo, che era fatto di studio e nient’altro. Avevo deciso che dopo l’estate mi sarei trasferita altrove per continuare gli studi, come aveva fatto Rachel Black. Anche io sarei partita per stare lontana da ciò che mi faceva male. E forse col tempo, quella rabbia che nutrivo sarebbe scemata.

A portarmi alla realtà, rispetto al mondo in cui mi ero rifugiata, poco prima degli esami, fu una telefonata di mia madre
“Leah! Si tratta di Emily, ha avuto un incidente, è stata aggredita! Io vado in ospedale dalla zia, pensa tu a tutto.”
Avrei tanto voluto che quella notizia mi lasciasse indifferente. Quella sera avrei dovuto pensare alla cena per mio padre, mio fratello e per me. Nient’altro. Nulla che mi facesse soffrire ulteriormente. Ma a quanto pare la nuova Leah non sapeva fermarsi quando rischiava di farsi del male da sola.

Salve! Stavolta commento alla fine.. Allora? Che ne dite? Piaciuto il nuovo capitolo? Mmm, non so, forse è perchè li sto preparando solo ora, e non posso metterci tutto il tempo che ho speso per i primi capitoli, ma gli ultimi non mi sono piaciuti poi tanto... Intanto la storia deve andare avanti, quindi posto ciò che ottengo, altrimenti dovrei lasciar passare troppo tempo! A questo punto ditemi voi cosa ne pensate...
Ora, come consuetudine, ringrazio coloro che hanno letto, chi ha aggiunto la fic alle seguite e chi ai preferiti, ovviamente ringrazio chi ha recensito, sono davvero felice che il capitolo precedente sia piaciuto, davvero non me lo aspettavo... Comunque, anche io odio Sam perchè, è vero che non può farci nulla se ha avuto l'imprinting con Emily, ma quello che non mi piace è l'atteggiamento di superiorità che assume dopo (anche se è l'alfa ù_ù, perchè non prende esempio da Jacob?!)... Vabbè sto delirando... Per quanto riguarda Jared invece, mi fa molto piacere vedere che sono riuscita a far capire che tipo di amicizia lo lega con Leah, il fatto che si preoccupi sempre per lei, ed ora finalmente ho parlato anche del personaggio a cui tengo di più, Seth! Io lo adoro!!! E' troppo tenero! Ok, ora basta, devo fare in fretta, credo che il prossimo aggiornamento sarà per la prossima settimana, quindi alla prossima!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Salve! Prima di tutto mi scuso per il ritardo, purtroppo  gli esami si avvicinano, e con quello che ho da studiare non mi rimane molto tempo... Vabbè, mi consolo pensando che una volta dati questi 2 esami avrò più tempo per dedicarmi alla scrittura. 
Forse sarò ripetitiva, ma anche questo capitolo non mi piace tanto, ma essendo tanto tempo che non aggiorno, questo è meglio di niente, e poi è piuttosto lungo rispetto a quelli precedenti... Fatemi sapere cosa ne pensate
Inoltre vorrei ringraziare come sempre chi legge, chi ha aggiunto la fic tra i preferiti e chi la segue. Poi vorrei ringraziare in modo particolare Bella Swan e Hermione 93, per le immancabili recensioni e per tutti i complimenti che mi fanno.
Grazie! Sapere che a qualcuno piace il mio lavoro mi dà la carica per continuare! Spero che anche questo capitolo possa piacervi... 
Quindi... Buona lettura!

Emily aveva avuto un incidente.
Cercavo di preparare la cena, ma la mia attenzione era rivolta solo alla telefonata ricevuta poco prima da mia madre.
È vero, stavo cercando di eliminare dalla mia vita tutto ciò che avesse a che fare con Sam, e con il dolore che mi aveva causato, ma come potevo fare i conti con questo?
Emily faceva parte della mia famiglia, per quanto io la evitassi, ci sarebbe stata sicuramente in futuro l’occasione di rivedersi. E comunque, dopo tutto il male che mi avevano fatto, non potevo non considerare Emily una sorta di sorella. Insomma, siamo cresciute insieme, il legame che ci teneva unite era molto forte. Non riuscivo a ignorare ciò che le era accaduto, come mi ero ripromessa di fare.
Emily restava per me una specie di sorella, nulla avrebbe potuto cambiare le cose. Neanche Sam, coi suoi misteri.
Allora cosa fare? Andare all’ospedale e fare finta che non fosse accaduto niente quasi un mese prima? No, era fuori discussione. Come avrei dovuto comportarmi? E poi di certo in ospedale avrei rischiato di incontrare il mio ormai ex fidanzato. No, quello che stavo pensando di fare era una vera stupidaggine. Del tutto fuori discussione.
No, le cose sarebbero rimaste così, magari avrei chiesto informazioni a mia madre al suo ritorno, giusto per dar sfogo alla mia curiosità.

Di solito si dice che le persone testarde si fissano su certe cose e non riescono in alcun modo a cambiare idea. Allora perché con me questa regola non funziona? Ero convinta che non sarei mai andata da mia cugina, eppure quasi automaticamente dopo mangiato chiesi a Seth di sparecchiare, e dissi a mio padre che sarei uscita con la macchina. Non fece storie, anche se non era poi tanto presto, probabilmente aveva già capito quali erano le mie intenzioni.
Così dopo circa mezz’ora ero in camera di Emily, che le preparavo una borsa con qualcosa da mettere durante il periodo di degenza. Ero sicura che né i suoi genitori, né mia madre ci avevano pensato.
Non so spiegarmi perché dopotutto lo stavo facendo. Avevo il cuore a pezzi, ero stata ferita profondamente, stavo diventando una ragazza insopportabile a causa di ciò che lei e il suo nuovo ragazzo mi avevano fatto eppure nel momento del bisogno eccomi a correre in suo aiuto, senza aspettare che qualcuno me lo chiedesse.
Arrivai dopo poco all’ospedale, ma sospettavo che non mi facessero entrare perché era troppo tardi, così dissi ad un’infermiera che mi sarei limitata a consegnare la borsa. Poverina, non credo che mi abbia creduto parecchio, ma mi lasciò andare comunque.
Secondo piano, stanza 21.
Quello che dalla sala d’attesa portava alla stanza di Emily fu il tragitto più lungo mai percorso.
Ripensai a tutto ciò che era successo. Non trovavo una spiegazione, ma ormai ero ostinata. Anche se l’avessi trovata non avrei mai perdonato chi mi aveva ferita tanto. Senza pensarci arrivai all’ultima scalinata, fu in quel momento che mi venne in mente che probabilmente dopo quelle scale avrei rischiato di rivedere la causa principale del mio dolore. Sam. Ero quasi convinta di trovarlo nella camera di Emily, magari che le teneva la mano, come avrebbe fatto qualunque ragazzo innamorato. E allora che avrebbe fatto una volta che io avessi varcato quella porta? Avrebbe mantenuto un certo contegno, ricordando che solo qualche mese prima c’ero io al posto di Emily? Oppure avrebbe fatto finta di niente?
Ma più importante ancora, come avrei reagito io nel vederli insieme?
È facile parlare quando si tiene il problema a distanza, “Lontano dagli occhi lontano dal cuore” avrebbe detto mia madre, era stato facile convincermi che non mi importava niente e ignorare il fatto. Fare come se non fossero mai esistiti. Evitare in ogni modo di immaginarli insieme, felici.
Ma come sarebbe stato vedere davanti agli occhi il proprio incubo peggiore diventare reale?
Verso cosa mi stavo spingendo?
Non ebbi il tempo di formulare nella mia mente le mie più probabili reazioni che arrivai nel lungo corridoio che mi avrebbe condotto da loro. Cosa stavo facendo? Ero ancora in tempo per andar via. Nessuno mi avrebbe accusata. Mi avrebbero capito.
Fu proprio l’ultimo pensiero che mi diede la forza di arrivare fuori la stanza 21, non avevo voglia di essere biasimata ancora. Sarei andata da Emily. E avrei anche salutato Sam a testa alta. In fondo non ero io quella ad aver sbagliato, perché mai avrei dovuto nascondermi?
Stavo per bussare alla porta, quando mi sentii chiamare
“Leah” mi girai, lasciando stare la maniglia della porta
“Mamma”
“Cosa ci fai qui?”per rispondere a quella domanda alzai la sacca che avevo preparato.
“Ho pensato di portare qualcosa per Emily. Come sta?” mia madre scosse la testa, e assunse un’aria dispiaciuta.
“Hai fatto bene a venire, sarà contenta.”
“Già”
“Sai, continua a dire di meritarselo.”
“Come?” iniziavo a credere che mia cugina avesse battuto la testa un po’ troppo forte. Chi può pensare di meritare di essere aggredito da un animale?
“Dice che è la punizione per il male che ti ha fatto.” Non potevo crederci. Come si permetteva di dire una cosa del genere? Eppure mi conosceva, sapeva come la pensavo.
“E’ una vera stupida!” mi voltai di nuovo verso la porta, pronta per aprirla, ma mia madre mi afferrò il braccio
“Leah, so quanto è difficile per te, ma ti prego non trattarla male.” La guardai negli occhi, di sicuro papà al suo posto non avrebbe avuto bisogno di dirmelo. Lui mi capiva al volo. E pur conoscendo il mio carattere impulsivo, sapeva quando riuscivo a trattenermi e quando invece non ci riuscivo.
“Non ti preoccupare mamma. Vengo in pace” le sorrisi per rassicurarla ulteriormente, ma al posto del sorriso riuscii a fare una sorta di smorfia. Poi mi venne in mente un’altra cosa
“Mamma, Sam dove..” non mi fece completare la frase che già mi rispose, forse si aspettava questa domanda
“E’ in sala d’attesa, è distrutto. Continua a ripetere che è colpa sua, dice di sentirsi un mostro. Sta proprio male.”
Bene, non mi faceva piacere sapere che Sam stava male, ma almeno non rischiavo di incontrarli insieme. Uno per volta forse sarebbe stato più sopportabile.
Appena entrai nella stanza il volto sfigurato di Emily mi si presentò davanti.
“Leah!” nonostante fosse sfigurato, era vera gioia quella che si leggeva sul suo viso. Era proprio felice di vedermi, le lacrimavano gli occhi.
“Ehi”
“Ti piace il mio nuovo look?- si girò per farmi vedere bene il viso- che ne pensi?”
“Penso che la prossima volta che vuoi rischiare di morire puoi venire da me, ci penso io a sistemarti!” la abbracciai forte e le diedi un bacio leggero sulla fronte, lei ricambiò l’abbraccio.
Mi fece accomodare sul suo letto, mi prese una mano e iniziò a parlare. Parlava tanto che non sembrava volesse smettere.
Guardare Emily con quel volto sfigurato mi faceva star male. Mi risultava difficile immaginarla per sempre con quelle cicatrici, e non sopportavo l’idea che l’ultima immagine che avevo del suo viso sano, senza quei tremendi graffi, fosse quella di Emily in lacrime che mi supplicava di perdonarla, mentre io fuggivo in camera.
Ora Emily portava sul volto gli stessi segni che mi avevano procurato al cuore.
Lo pensai, ma non con cattiveria. Nonostante tutto però mi sentii un mostro.
Mentre parlava, pensai una cosa che mi imposi di dimenticare, e di non considerare mai più.
In fondo Emily mi era mancata.

Dopo aver salutato tutti, mi diressi dove sapevo avrei trovato Sam.
Era strano che io andassi a cercarlo, ma vedere mia cugina in quelle condizioni mi fece salire una rabbia che solo con lui avrei potuto sfogare.
Lui diceva di essere il colpevole? Beh, io lo ritenevo già colpevole.
Mentre mi dirigevo nella sala d’attesa, non pensavo a Sam come il mio fidanzato, oppure come il ragazzo che mi aveva spezzato il cuore quella sera a casa mia. Per me in quel momento Sam era solo lo stupido che non era stato capace di proteggere mia cugina come avrebbe dovuto, come diceva che avrebbe fatto.
Bene Sam, aggiungiamo anche questo alla lista dei motivi per cui ti odio!
Lo individuai subito, come avevo sempre fatto.
Stava seduto su una poltrona, con le braccia sulle ginocchia e la testa tra le mani. Mi invase una sensazione di déjà vu, ma non vi badai. Mi avvicinai e lo chiamai
“Sam” quando alzò il capo mi stupirono i suoi occhi colmi di lacrime, evitai di pensarci troppo e partii con la mia sfuriata
“Come? Dico come ti è venuto in mente di portarla nel bosco per fare una gita tra gli alberi?(versione ufficiale raccontata da Emily N.d.A.) Avevi finito tutti i posti romantici?- mentre parlavo mi agitavo parecchio, il mio tono di voce diventata sempre più alto, Sam si alzò, non me lo ricordavo così alto- ma dico, non ti salta in mente che può essere pericoloso? Ma certo che no! Sam è un eroe! Lui salva tutti! Vero? Sai cosa ti dico? Sei uno stupido, Sam! Un vero stupido! Stupido, stupido, stupido..” ad ogni insulto gli davo un pugno sul torace, e senza che potessi fermarmi iniziai a piangere come una sciocca. Sam non sembrava neanche essersi accorto che lo stavo usando come sacco da box, ma mi afferrò i polsi e mi tirò verso di se. Mi abbracciò e mi sussurrò
“Sono un mostro Leah. Il mio unico compito è quello di proteggerla, ma il vero pericolo sono io”
Piangevo forte tra le sue braccia, e mi accorsi che anche Sam lo stava facendo.
Restammo un po’ così, poi quando ci calmammo entrambi, lo salutai e gli dissi che sarei andata a casa.
Mi aveva aiutato a sbollire la rabbia che provavo.
Ma soprattutto mi aveva aiutato a capire che tra quelle braccia non stavo più bene come una volta.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Salve! Per prima cosa mi scuso per il ritardo, ma solo oggi ho dato l'esame che mi ha impegnata nell'ultimo mese, e non ho avuto molto tempo per scrivere. Comunque vorrei ringraziare chi continua a leggere, chi segue la storia e chi la tiene tra i preferiti. Ovviamente ringrazio tantissimo Hermione 93 e Sarapastu che continuano a recensire, mi fa davvero piacere che ciò che scrivo vi piaccia!
Poi vorrei scusarmi in anticipo per questo capitolo, che a mio parere, risulta decisamente confuso, ma ormai sono sempre di fretta, e preferisco aggiornare piuttosto che far aspettare ulteriormente.

Quindi... Buona lettura!

Dopo la visita in ospedale ebbi poche occasioni di rivedere Emily, e ancora meno Sam.
Con la fine della scuola, dopo aver passato tutti gli esami, avevo assunto un ritmo di vita che non mi lasciava un attimo libero.
Iniziai a lavorare part-time in un bar vicino alla spiaggia, mentre il pomeriggio ero impegnata con gli allenamenti di kick-boxing che Jared mi aveva costretta a riprendere. Durante i finesettimana,  la sera venivano a casa Jared e Paul e mi obbligavano ad uscire con loro ed altri amici con scarsi risultati però, perché ero quasi sempre di pessimo umore e non mi andava di rovinare la serata anche a loro. D’altro canto non potevo rifiutare ogni qual volta mi invitassero, quindi un paio di sere fui costretta ad accettare, per pentirmene quasi subito. Ogni volta che mi capitava di passare una serata in compagnia, puntualmente c’era qualche stupido, idiota che ci provava, ma il mio carattere, ‘dolce e gentile con chiunque’, rovinavo la serata non solo al povero malcapitato, ma anche ai due martiri che mi ritrovavo come amici, che nonostante i miei modi non proprio educati, accorrevano in mio soccorso e mi liberavano dello scocciatore (“Come se ce ne fosse stato veramente bisogno” era la mia battuta ogni volta che interveniva uno dei due), rischiando spesso di litigare con quelli che fino a qualche tempo prima consideravano amici.
Oltre al malumore dovuto alle compagnie poco raccomandabili di quei due, a peggiorare la situazione erano i sussurri che sentivo ogni volta che cacciavo il naso fuori di casa.
“E’ la figlia di Harry, povera ragazza!” “Lasciata per sua cugina, che modi!”, “Pensare che parlavano di sposarsi..” . la gente mi guardava e commiserava. Ed io mi sentivo inerme, non potevo fare nulla. Sapevo di aver ragione, che Sam e Emily avevano sbagliato, ma non volevo sentirmi una vittima. È una cosa che ho sempre odiato!
Fu per evitare che la gente mi commiserasse che
diventai scontrosa e prepotente. Senza fraintendermi, non facevo nulla a nessuno, ma se all’inizio (quando Sam mi lasciò) ero solo taciturna, silenziosa e preferivo stare in disparte, a quel punto diventai una vera e propria strega. Ero sempre arrabbiata, nessuno poteva rivolgermi la parola senza rischiare di essere attaccato, ero delusa, diventai una persona cinica e fredda. Non facevo altro che sputare veleno ogni qualvolta era richiesta la mia opinione in merito a qualcosa.
Ero una ragazza disillusa.
L’unica cosa che mi aiutava ad andare avanti era il pensiero di poter fuggire da quel posto una volta finita l’estate. Per tentare di ricominciare in un posto dove non ero la povera, triste, Leah che soffriva ancora per la separazione dal fidanzato, ma solo Leah, una ragazza sveglia e diligente con una grande voglia di mettersi alla prova, ciò che ero un tempo, e che speravo di poter tornare ad essere.
Non potevo sapere che i piani per il mio futuro erano piuttosto diversi.

Le cose iniziarono a prendere una piega più brutta di quanto già non fosse quando mio padre dopo delle analisi mediche scoprì alcuni problemi di salute. La mamma era preoccupata, anche se non voleva darlo a vedere. L’unico che sembrava dar poca importanza alla cosa era proprio papà, per il quale la più grande preoccupazione in quel periodo era aiutare il suo amico, ormai storico, Charlie Swan a preparare una camera per la figlia, Bella, che si sarebbe trasferita da lui dopo qualche tempo.
“La camera sta venendo proprio bene, stavo pensando che dovremmo ridipingere anche le pareti n camera tua, Leah, che ne dici?”
“No papà, grazie. Ma non servirebbe a molto, visto che tra qualche tempo dovrò partire”
“Mm.. pensavo che sarebbe stato carino passare qualche tempo insieme prima che tu vada via”
“Papà se ci tieni tanto potremmo andare a pescare, ma non mi piace l’idea che tu faccia tanti sforzi inutilmente”
“Allora che ne dici di venire a pescare con Charlie e me domenica?”
“Veramente ci verrò volentieri, ma quando saremo solo noi due. Non ti preoccupare, abbiamo ancora tempo.” Mi alzai dal mio posto e corsi ad abbracciarlo da dietro, coprendogli le spalle. Non c’era niente da fare, per quanto potessi essere arrabbiata, di cattivo umore, per quanto il mio comportamento cambiasse nei confronti degli altri, lui era mio padre. Il rapporto che avevamo era speciale, nulla avrebbe mai cambiato le cose. Sapevo che avrei sempre potuto contare su di lui, che qualsiasi cosa fosse successa saremmo rimasti uniti. E che in lui avrei sempre trovato la forza di rialzarmi e continuare, senza lasciarmi abbattere da nulla e da nessuno.
Fin quando sarebbe andato avanti lui, l’avrei fatto anche io.
In quel periodo anche le cose con Jared iniziarono a cambiare.
Fino a qualche settimana prima sembrava esser tornato tutto come era prima che mi fidanzassi. Passavamo tutti i pomeriggi insieme, spesso restava a mangiare a casa, sembrava che il mio comportamento non gli desse alcun fastidio, anzi sembrava che non si fosse neanche accorto del mio ulteriore cambiamento.
Vedendoci ogni momento libero della giornata, trovavo davvero strano che per due giorni non si fosse fatto vivo. Iniziavo a pensare che gli fosse successo qualcosa.
Quindi un bel giorno, finiti i miei compiti a lavoro, andai a casa sua a vedere che fine avesse fatto. Sua madre mi fece entrare tranquillamente, e mi precipitai in camera sua.
“Jared, sono io, posso entrare?” corse subito ad aprirmi la porta
“Lee-lee! Vieni, entra. Come mai da queste parti?”
“Mm.. diciamo che ho una brutta esperienza con le sparizioni improvvise, e mi preoccupo appena noto gli stessi atteggiamenti”
“Ahahaah! Ma che dici? Gli stessi atteggiamenti?”
“Lascia perdere.. piuttosto, perché non ti sei fatto sentire in questi giorni?”
“Oh, diciamo che ho avuto un po’ da fare..”
“E suppongo che tu voglia spiegarmi cosa hai fatto”
“Ecco, mi piacerebbe, ma.. io veramente..”
“Ok, ho capito. Chi è?” usciva con una ragazza e non voleva dirmi niente? Andiamo! Sapevamo ogni più piccolo segreto l’uno dell’altra, non poteva nascondermi una cosa del genere.
“Chi è chi?” si certo stupido che non sei altro, non ci casco bello mio! Non funziona quella faccia confusa e stupita. Ti farò sputare il rospo ‘Red!
“Come chi, Jared!? La ragazza con cui stai uscendo!” risultava ancora più stupito di prima, come se avessi appena detto che gli asini volano alto in cielo, era così incredibile pensare che uscisse con una ragazza? O meglio, era così incredibile pensare che il proprio migliore amico uscisse con una ragazza?
“Leah, sei fuori strada.. ammetto che mi piacerebbe che fosse così, ma in questi due giorni non sono uscito con nessuna ragazza”
“Allora che hai fatto?”
“Ehm.. io..” non riuscì a finire, perché arrivò sua madre con un vassoio con la merenda (inutile, per quanto crescessimo, la madre di Jared avrebbe continuato a vederci come due bambini da coccolare e viziare con la torta al cioccolato. Ringraziammo sua madre e mangiammo la torta,Jared iniziò a parlare di qualcosa, ma non avevo alcuna intenzione di lasciarmi distrarre dalle sue chiacchiere inutili. Se non voleva dirmi cosa aveva fatto in quei due giorni, doveva essere qualcosa di interessante, ed io avevo il diritto di saperlo!
“Jared non tentare di cambiare discorso! Che hai fatto ieri?”
“Ieri sono andato a trovare il vecchio Quil.”
“E ci voleva tanto a dirlo? Sinceramente sarebbe stato più interessante sapere che ti vedevi con una ragazza”
“Già, ok. Allora che hai fatto oggi a lavoro?”
“E perché sei andato da Quil?”
“Non mi hai risposto”
“E tu hai di nuovo cambiato argomento. Rispondi, su!”
“Così. È molto vecchio, ogni tanto dovresti andarci anche tu. Praticamente ci ha visti crescere, gli farà piacere.”
“Si, si certo. Uno di questi giorni farò volontariato a casa del vecchio Quil. Ora dimmi il vero motivo della tua visita.”
“Ecco, un.. un amico mi ha consigliato di andare a parlare con lui per dei chiarimenti..”
“Che chiarimenti? E poi chi è questo amico?”
“Ok Lee, ti dirò tutto, ma prometti di non arrabbiarti” finalmente! Non arrabbiarmi? Facile, lo ero già!
“L’altro ieri dopo il pranzo a casa tua, ho incontrato Sam. Mi ha spiegato quello che gli è successo e ieri siamo andati da Quil per..”
Non finii mai di sentire quello che Jared aveva da dirmi. Smisi di ascoltarlo dopo aver sentito quel nome.
Dopo quella volta non ci sentimmo per molto tempo, fin quando non incontrai la madre al supermercato che mi disse che Jared non stava molto bene. Avevo voglia di sentirlo, di sapere come stava, di fargli sapere che gli ero vicina, come lui aveva fatto con me. Così decisi di tornare a trovarlo, ma una volta lì fuori vidi l’ultima cosa che avrei voluto. L’auto di Sam ferma fuori casa sua.
Ero stata tradita dal mio ragazzo e credevo che quel dolore avesse superato ogni limite, che non ci sarebbe mai stato nulla che mi avrebbe fatto più male; poi avevo scoperto che mi aveva lasciata per mia cugina, e allora dovetti ricredermi; ma sentirsi tradita da quello che si considera il proprio migliore amico da una vita, no. Quello non l’avrebbe mai superato nulla.
Perché per quanto male mi avessero fatto gli avvenimenti precedenti, ero sicura di essere riuscita a superarli perché con me c’era lui, Jared. Dal momento che anche lui era andato via, difficilmente mi sarei ripresa.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Salve! per prima cosa vorrei scusarmi tanto per l'immenso ritardo, purtroppo gli impegni all'univesità non mi hanno lasciato molto tempo libero è così sono rimasta indietro con i capitoli. 
Prima di passare ai ringraziamenti però vorrei spendere due parole.
Tengo particolarmente a questo capitolo, non perchè lo ritenga migliore degli altri, no anzi, come per gli altri non mi piace il modo in ci ho reso le cose, sembra sempre che manchi qualcosa, che dimentichi una delle idee iniziali.
Semplicemente in questo capitolo c'è gran parte di ciò che sono. In queste righe descrivere Leah mi è riuscito meglio del previsto, per il semplice fatto che mi è più semplice identificarmi in lei nella situazione attuale. Sola. Perciò scusatemi se i toni di questa fanfiction sono sempre più drammatici, ma devo seguire un certo ordine dei fatti, e sarà così ancora per un po'... Dopotutto Leah, non è un personaggio che ha avuto tutta la gioia di questo mondo, e ha ben poco di cui essere felice..
Ok, detto questo, vorrei ringraziare coloro che hanno letto la storia fin qui, quelli che l'hanno aggiunta ai preferiti e chi alle seguite, e come da copione un grazie speciale a Hermione 93 e Sarapastu che non mancano mai di recensire, grazie davvero! Sapere che a qualcuno piace ciò che scrivo mi rende felicissima!  E ogni volta che mi ritrovo a leggere le vostre recensioni mi viene subito voglia di proseguire col racconto! 
Ora però vi lascio al capitolo! E ricordo a tutti che mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate di quel che scrivo, che sia un commento positivo o negativo...
Buona lettura!

Bene. A quel punto stavo proprio bene. Senza amici pronti a voltarmi le spalle, senza persone che consideravo importanti ma che appena possibile mi tradivano. Sola.
Le uniche persone su cui facevo ancora affidamento erano i miei familiari. Non potevano mai voltarmi le spalle, anche volendo.
Così tentavo in ogni modo di convincermi che non era un male stare soli. Che la solitudine aiuta a crescere, rafforza. Che c’erano persone che amano stare sole, e che io ero una di quelle.
Non facevo altro che ripetere a mia madre che andava bene anche se restavo a casa per un giorno, che per una volta riposare non era un male. E intanto soffrivo,incapace di dimostrare ad altri il mio dolore.
Ero diventata una vera macchina.
La mattina mi svegliavo prima che suonasse la sveglia, mi preparavo ed andavo a lavoro. Lì era tutto più semplice, facevo ciò che mi veniva chiesto, e non avevo bisogno di fingere di essere felice, di stare bene. Potevo togliere quella maschera e lasciare che sul mio volto si leggesse l’insofferenza che provavo.
Dopo il lavoro tornavo a casa,riposavo un po’ e poi mi avviavo in palestra. Il sacco da box era la mia unica compagnia. Dopo l’allenamento facevo una doccia e tornavo a casa, distrutta. Spesso infatti non restavo neanche a cena, ma preferivo andare subito a letto.
Arrivai a pensare che fosse inutile nascondere ciò che sentivo dentro di me, così iniziai a trascurare anche me stessa. Mangiavo sempre meno; se un tempo mi truccavo solo in rare occasioni, ero arrivata a far sparire del tutto quella parola dal mio vocabolario. L’unica cosa che non riuscii a fare fu tagliare i capelli. Adoravo i miei capelli, e non ero l’unica, anche a mio padre piacevano tanto. Fu lui a convincermi a farli crescere, non avevo il coraggio di tagliarli.
Erano queste le mie giornate.
Tutte uguali, ormai non facevo altro. Iniziai ad avere problemi di insonnia, riuscivo a stare sveglia fino a tardi, pur avendo la chiara intenzione di dormire. Era come se tutto si fosse rivolto contro di me, cercando di rendere la mia vita più difficile di quello che già era.
I miei genitori erano preoccupati, non sapevano cosa fare, in che modo potermi aiutare. Più di una volta cercarono di parlarmi, per trovare una soluzione a quella mia apatia, ma niente. Rispondevo male, ero scontrosa anche con loro. Volevo solo che la gente mi lasciasse in pace. Che chiunque la smettesse di preoccuparsi per me. Non volevo che si intromettessero.
Stavo facendo ciò che volevo, avrei sempre fatto ciò che volevo. Senza chiedere niente a nessuno, senza confrontarmi con gli altri. Sarei andata dritto per la mia strada senza aver bisogno di nessuno.
Perché ero stanca di essere circondata da gente che mi voltava le spalle.
Il destino aveva voluto che io restassi sola? Bene, l’avrei aiutato nella sua opera, non avrei più lasciato che le persone si avvicinassero. Avrei evitato qualsiasi rapporto che non si basasse sul lavoro, sulla scuola o su altri impegni dello stesso genere.
Mi stavo distruggendo. Lentamente. Con le mie stesse mani.

In tutto ciò c’era una persona che tentava di avvicinarsi a me, ma non glielo avrei mai permesso.
Paul, avrei dovuto immaginarlo.
Dopo tutto si trovava nella mia stessa situazione. Come me, anche lui aveva perso i suoi amici più cari.
A dirla tutta non mi era chiaro perché tenessero lontano anche Paul. Nel mio caso ero stata io a non voler più sentir parlare di Sam e successivamente di Jared. Per quale motivo avevano tagliato fuori Paul? In fondo erano amici da sempre, e per quanto fosse un tipo attaccabrighe, sapeva essere leale, e credeva davvero nell’amicizia. Noi della riserva eravamo abituati a stare insieme eravamo cresciuti restando uniti. Quindi, non si poteva dire che fossimo come fratelli, ma eravamo molto più che amici.
Ed era per questo che mi chiedevo perché d’un tratto la sua compagnia non era più voluta.
L’occasione per chiederglielo si presentò facilmente, quando Paul venne a trovarmi a lavoro.
“Ehilà!” alzai appena lo sguardo, giusto per non essere scortese, ma non avevo alcuna intenzione di attaccar bottone con qualche stupido cliente. Poi mi accorsi che lo ‘stupido cliente’ era Paul, allora gli risposi
“Ehi.”
“Come va?”
“Che vuoi, Paul?”
“Vorrei parlare un po’ con te”
“Ripeto Paul, che ti porto? È un bar, dovresti ordinare qualcosa”
“Mamma mia, Leah. Peggiori di giorno in giorno. Ogni volta che ti vedo sei sempre più insopportabile!”
“Quindi ora non vuoi più parlare con me. Se non vuoi nulla, per favore vattene, non posso perdere tempo, ci sono dei clienti da servire”
“Portami un cappuccino e una brioche” I-R-R-I-T-A-N-T-E. Ecco, Paul per me è sempre stato irritante. Con quell’aria strafottente, sempre pronto a farti saltare i nervi. Mi era appena tornato in mente il motivo per cui noi due non fossimo mai stati grandi amici. Noi due non potevamo far altro che litigare! E forse riuscivo anche a capire perché quei due l’avevano tagliato fuori..
Giusto! Quale occasione migliore per chiedergli spiegazioni??
Appena mi venne in mente che quella poteva essere una buona occasione per estorcergli qualche informazione (detto così fa tanto detective), cambiai tono. Cercai di rendermi quanto più amichevole possibile e provai anche a sorridere abbastanza da rendermi credibile.  
“D’accordo, siediti in uno dei tavolini, arrivo subito”
“Ma non ti occupi del banco, tu?”
“Si, ma per il mio amico Paul posso fare un’eccezione” non so se avesse funzionato, Paul andò a sedersi poco lontano, ma aveva un’aria perplessa. Forse avevo esagerato. Non era da me tutta quella gentilezza. Di sicuro se al suo posto ci fosse stato Jared, avrebbe capito subito che stavo fingendo.
Ecco! Di nuovo a pensare a quello stupido! Basta, dovevo agire, avrei scoperto cosa c’era sotto. E Paul, volente o nolente, mi avrebbe dato una mano.
Dopo aver preparato il cappuccino e la brioche che aveva chiesto il mio amico, mi avviai verso il tavolino, pronta ad iniziare un vero interrogatorio. Gli porsi ciò che aveva ordinato e mi sedetti accanto a lui.
“Ma non dovresti lavorare?”
“Sono in pausa. Credo che il proprietario pensi che sei il mio ragazzo.” Paul mi fissò sbalordito
“E perché mai?”
“Sei il primo con cui mi comporto gentilmente..”
“Gentilmente? Hai un bel coraggio!”
“E va bene, civilmente. Così va meglio?”
“Si, ora può andare bene”
“Allora?”
“Cosa?”
“Hai detto che volevi parlarmi”  smise di bere e iniziò a dividere la brioche
“Oh si, certo.- mi porse un pezzo di dolce- ne vuoi?”
“No, grazie. Paul, guarda che non ho tutto il giorno. Anche se il proprietario mi vuole bene e si rallegra per le mie amicizie, mi paga perché io lavori, e non per tenere compagnia ai clienti”
“Già, hai ragione.” strano che non mi rispondesse a tono, normalmente da li sarebbe partita una mega discussione e avremmo finito per litigare, fin quando Sam non ci avesse chiesto di smetterla di comportarci come dei bambini.
Oh no! L’avevo fatto ancora! Da quando Paul era entrato nel bar non avevo fatto altro che ricordare momenti di quella routine che mi mancava da impazzire, ma che purtroppo non sarebbe mai tornata.
Forse non era una buona idea parlare con Paul.
Forse mi avrebbe solo procurato altro dolore.
Ma ormai c’ero, sarei andata avanti.
“Senti Leah, sono venuto qui perché avevo bisogno di farti alcune domande” chissà perché non mi piaceva affatto il suo tono, era preoccupato, triste, come se temesse qualcosa. Che anche lui non sapesse nulla? Sarebbe stato proprio un guaio. O forse no, in due sarebbe stato più semplice capirci qualcosa
“Dimmi”
“E’ da qualche tempo che Jared si comporta in modo strano,mi evita, è sempre scostante, scappa sempre quando si accorge che mi sto avvicinando, e poi hai visto come è cresciuto? È diventato enorme! E pensare che prima ero più alto di lui..” non potevo fare altro che annuire, non vedevo Jared da quando aveva avuto quel malessere, non potevo scorgere alcuna differenza, ma la preoccupazione nella sua voce mi fece capire che quello non era uno scherzo
“Non so che dirti Paul, non vedo Jared da un bel pezzo”
“Cosa? Che significa anche questo?- scrollai le spalle- ho notato già da qualche tempo che si comporta in modo strano, ma non riesco a capire cos’ha,  prima di lui anche Sam ha fatto esattamente così. Con lui non sapevo come comportarmi, siamo sempre stati ottimi amici, e all’improvviso mi ha tagliato fuori dalla sua vita, però ho attribuito il suo comportamento strano alla storia con..” rimase qualche secondo in silenzio, avevo capito a cosa si riferiva, ma apprezzavo il fatto che facesse attenzione a non ferirmi.
Gliene ero grata, anche se non serviva.
“Ma ora anche Jared si comporta allo stesso modo, e non posso sopportare di perdere un altro amico per questo silenzio!”
“Te l’ho detto, se è per questo che sei qui, non posso aiutarti, siamo sulla stessa barca. Non vedo Jared da quando è stato poco bene.” Fantastico, avevo intenzione di chiedere chiarimenti a chi in realtà era ancora più confuso di me..
“Se è così, siamo proprio in un bel guaio!”
“Siamo?”
“Si si. Non vorrai farmi credere che a te non interessa capire che cavolo è successo a quel cretino del tuo amico, no?” mi ritrovai di nuovo a scrollare le spalle
“Senti, facciamo così: se uno dei due ne capisce qualcosa lo dice all’altro, ok?”
“Sicuro. A meno che non veniamo trascinati anche noi in quel mondo di misteri!”
“Ahahaha! Eh si, Leah! Hai ragione! Vabbè, ti lascio al tuo lavoro, mi porti il conto?” gli sorrisi, nonostante tutto era stato piacevole chiacchierare con lui. Eravamo molto simili, si. E in più avevamo in comune dubbi e curiosità.
“Lascia stare, offre la casa.” Mi ringraziò con un sorriso gigantesco, ci salutammo e andò aia, mentre io tornavo al bancone.

Ok, la chiacchierata con Paul non mi aveva aiutata affatto, ma almeno sapevo di poter contare sull’aiuto di qualcuno. Con un po’ di ottimismo sarei venuta a capo di questa faccenda, e Jared sarebbe tornato mio amico. Così non avrei più sofferto di quella solitudine che m stava distruggendo.
Però! Erano bastati pochi minuti in compagnia di quello scemo per infondermi un po’ di buon umore. Eh si, in un altro momento mi sarei detta di essere caduta proprio in basso per accontentarmi della compagnia di Paul. Ma in realtà era esattamente così.
Poco male, la realtà era che mal sopportavo la solitudine in cui mi ero rifugiata, e forse quella visita era proprio ciò che mi serviva per ripartire con più carica…

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Salve! Eccomi di nuovo qui.
Suppongo che dopo un ritardo del genere, nessuno più si ricorderà di me... Naturalmente avrebbe ragione! Sono imperdonabile.
Nonostante ciò spero che qualcuno continui a leggere e seguire  questa fic, E spero come sempre in qualche commento da parte vostra. 
Sto attraversando un periodo non molto semplice, anche per questo non riuscivo a proseguire con la storia, alcuni fattori non hanno fatto altro che demoralizzarmi, e giù di morale com'ero non riuscivo a farmi venire in mente niente. Ora, spero che questo blocco sia passato,e che possa proseguire con la storia. Inizialmente avevo pensato ad una storia che partisse dal principio della vita di Leah che conosciamo (quando stava ancora con Sam), per arrivare agli avvenimenti post Breaking Dawn, ma credo che terminerò questa fic con la fine della serie della Meyer e magari pubblicherò una nuova storia incentrata sulla vita di Leah, a partire dalla fine dell'ultimo libro, sperando che qualcuno continui a leggere...
Prima di lasciarvi alla lettura volevo ringraziare ancora una volta chi segue quesa fic, chi l'ha aggiunta tra i preferiti e in particolare chi continua a commentare, Hermione 93, Sarapastu e Drew_Labirinth per tutti i complimeti. Vi ringrazio! E' specialmente merito vostro se continuo imperterrita a scrivere.
Ora vi lascio, con la speranza di riuscire a pubblicare al più presto. 
Buona lettura!

Come al solito era facile per me illudermi delle banalità.
Mi bastava un sorriso, una parola e la doppia lastra di vetro che avevo posto tra me e gli altri appariva per ciò che era davvero, un sottile muro di cartone, al quale bastava il minimo soffio di vento per crollare.
Ero una dura io, niente e nessuno poteva ferirmi in alcun modo. Si, questo è quello che lasciavo vedere agli altri, ma la realtà era che restavo una giovane ragazza con tanti sogni e tante speranze, rimasta sola all’improvviso, per circostanze sconosciute, che vedeva crollare la speranza di poter realizzare i propri sogni, uno dopo l’altro.
L’estate era finita ormai da un pezzo, io avrei dovuto cominciare la vita universitaria, trasferendomi al campus, invece mi ritrovavo nella mia camera a rimuginare su quanto la mia vita fosse brutta e impossibile.
Dopo aver fatto altri esami medici, risultava che mio padre non stava molto bene, e i medici chiedevano sempre più esami e accertamenti. Così per dare un aiuto, se pur minimo ai miei genitori, occupandomi di Seth, decisi di rimandare la partenza e di restare a casa.
Ecco perché mi trovavo stesa sul mio letto, con lo sguardo perso e la mente da tutt’altra parte. In più sentivo il senso di colpa logorarmi. Insomma, mio padre stava male ed io perdevo tempo a pensare ai miei inutili problemi? Ero solo una stupida egoista.
Eppure ogni giorno che passava non potevo fare a meno di chiedermi dove avessi sbagliato per arrivare  a tanto. Ma più ci pensavo e più non trovavo nessuna risposta ai miei dubbi. Non dico di non aver mai fatto errori, ma non credo che quelli commessi siano stato così gravi da allontanare chiunque da me. Pur avendo un milione di difetti, uno dei miei pregi era la correttezza delle mie azioni.

Come era accaduto con Sam, più tardi con Jared. Accadde anche con Paul. Ovviamente non fu la stessa cosa. Sam era il mio ragazzo, Jared il mio migliore amico. Paul rappresentava per me la speranza. La speranza di poter ancora avere una vita ‘normale’, farmi dei nuovi amici, eliminare le barriere tra me e la gente, tornare a sorridere. Invece avevo perso anche lui.
In più notai che gli altri due non lo lasciavano mai soli, era come se Paul fosse costantemente sotto controllo.
Ricordo che un giorno lo incontrai da solo. Probabilmente stava tornando a casa. Non sembrava neanche più lui. Era più alto, più muscoloso. Mi tornarono alla mente le sue parole, mi disse che anche Sam e Jared era cambiati, cresciuti in qualche modo. E mi trovai ad ammettere che era vero, che era accaduto anche a lui ciò che aveva separato quei due ragazzi da coloro che frequentavano prima.
Mi aspettavo allora, che non mi desse alcun tipo di spiegazione. Insomma, Sam che diceva di amarmi, non l’aveva fatto; Jared, che mi ha sempre parlato di tutto, non me ne aveva fatto parola; per quale motivo l’avrebbe dovuto fare lui?
Ancora non so dire con esattezza cosa mi spinse a corrergli incontro, forse il fatto che lui stesso tempo prima mi aveva dimostrato la stessa frustrazione che provavo io, ma mi feci coraggio e decisi di tentare.
“Non è come sembra, Leah. Non è come pensavamo noi. Non possiamo farci niente”
Queste parole furono tutto ciò che ottenni. Ma non servirono ad altro che a confondermi maggiormente le idee. Non è come sembra.
Ok, ma cosa sembra? Non avevo alcuna idea nella mente! Per me non sembrava un bel niente. Erano solo tre stupidi ragazzi che a distanza di qualche mese l’uno dall’altro, avevano deciso di tagliare tutti i contatti con le persone a cui prima erano legati; che se ne stavano sempre insieme, che non giravano mai da soli, e che avevano subito un cambiamento rispetto a come erano un tempo.
Continuava ad essere tutto inutile, più ci pensavo e più non mi ci raccapezzavo.
Non aveva alcun senso!
Se solo ci fosse stato qualcuno di più vicino a loro, incapace di negarmi qualche spiegazione..
E fu come un’illuminazione in quel secondo: Emily!
Come avevo fatto a non pensarci prima? Era perfetto. Emily non avrebbe mai avuto il coraggio di negarmi una spiegazione. Non dopo tutto ciò che era successo con il mio ex e suo attuale ragazzo.
Certo, sarei stata meschina a far leva su quella storia per farmi dire qualcosa, ma come si dice ‘A mali estremi, estremi rimedi’.
Non ci misi molto a riprendermi dal mio stato di apatia, ormai sentivo di avere la soluzione in tasca. Era fatto! Stavo per venire a capo di quel mistero. Anche con la mia solita maschera fredda e distaccata si poteva notare un sottile strato di soddisfazione, dovuto ad un motivo ancora ignoto.
Si, avrei scoperto ciò che mi nascondevano. Avrei fatto parte anche io di quel gruppo ristretto legato da chissà quale segreto, e tutto sarebbe tornato come prima.
Ecco, di nuovo la mia mente che viaggiava troppo veloce..
Ma non potevo farci molto, sono testarda, quando mi metto in testa una cosa difficilmente cambio idea. E anche quella volta fu così.
Una mattina mi alzai piuttosto presto, pensai di andare a fare un giro, e mi allungai sulla spiaggia. Camminai lungo il bagnasciuga per un bel tratto, fino a sedermi su uno scoglio poco lontano. Rimasi lì a pensare.
Volevo sapere davvero quale fosse il motivo di tanta riservatezza?
Volevo davvero sapere perché quei ragazzi si erano allontanati da tutti?
Volevo davvero sapere per quale motivo Paul e Jared mi avevano abbandonata?
Volevo davvero sapere perché il ragazzo che amavo mi aveva lasciata, e aveva preferito mia cugina a me?
E poi compresi.
No, non volevo. Cosa mi aspettavo mi dicesse Emily? La verità era che qualunque cosa lei mi avesse detto, io ne avrei sofferto. Allora no. Non ne volevo sapere nulla. Non volevo soffrire ulteriormente.
Mi bastava così.
Ad un tratto mi alzai e iniziai a camminare. Tornai indietro e sentii per la prima volta che avrei potuto ricominciare. Farmi una vita anche così. Dovevo guardare in faccia la realtà e agire. Non potevo restare ferma mentre tutto intorno a me andava avanti, solo perché chi viaggiava con me mi aveva lasciata sola.
In quel momento capii di aver voltato pagina. Che stavo ricominciando.
Ancora non sapevo che c’era qualcosa che non potevo lasciarmi alle spalle.
E che presto sarebbe arrivato a sconvolgere nuovamente la mia vita.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Prima di dire o fare qualunque cosa, devo assolutamente scusarmi per il ritardo con cui aggiorno.
Quando ho iniziato a scrivere questa fanfic non avrei mai pensato di far passare tanto tempo tra un aggiornamento e l’altro, perché io per prima, come lettrice, mi dispiaccio quando mi capita di seguire una storia sospesa per tanto tempo. Purtroppo però, quando ci si trova dall’altro lato, capita di affrontare momenti in ci le cose non vanno come dovrebbero e la storia resta ad un punto morto.
A dire il vero, in tutto questo tempo, ho provato diverse volte a continuare a scrivere, ma ho incontrato parecchie difficoltà, a causa degli errori commessi all’inizio, che mi hanno causato delle discordanze tra i tempi e gi avvenimenti della saga, e il filo che sto cercando di seguire (in pratica ho fatto trasformare Sam troppo in fretta, e ora sto cercando di allungare i tempi tra una trasformazione e l’altra), e stavo addirittura pensando di abbandonare questa storia.
Per fortuna, sono riuscita a non lasciarmi scoraggiare, ed ora ho ripreso a scrivere qualcosa, che in ogni caso non è ciò che mi aspettavo, né per lo stile, né per il contenuto, né per la trama.  Spero di riuscire a proseguire senza più intoppi, anche se probabilmente inizierò una revisione dei vecchi capitoli, per far coincidere per bene, quel che scrivo con i libri.
Ora che ho finito, prima di lasciarvi all’orrore che ho scritto, al posto di un capitolo decente, vorrei dedicare qualche parola a Drew_Labirinth, Hermione 93, sarapastu e Valeego per le bellissime recensioni che mi lasciano: vorrei ringraziarvi, perché uno dei principali motivi per cui non ho abbandonato questa  fic siete proprio voi, che con i vostri commenti mi spronate ad andare avanti!
Ringrazio particolarmente Valeego, che mi ha inserita tra gli autori preferiti: per me è stato uno shock scoprire che a qualcuno piacesse tanto il mio modo di scrivere, e mi sento davvero lusingata per aver raggiunto un risultato del genere.
Ovviamente ringrazio chi ha aggiunto la fic ai preferiti, chi la tiene tra le seguite, e chi si limita a leggere.
A presto, si spera! E buona lettura..

Capitolo 13

Quando avvertii finalmente la consapevolezza degli avvenimenti, ero convinta di aver definitivamente chiuso del tutto con il mio passato, di aver superato la separazione con Sam, di riuscire a sopportare meglio la lontananza dagli amici di un tempo. Può sembrare un controsenso,ma ad aiutarmi era proprio l’idea di essere pronta. Forse non lo sono mai stata del tutto, e di sicuro in quel periodo non avevo superato un bel niente, ma la volontà che ci mettevo nel voler ricominciare mi dava la forza di farlo.
Per un breve periodo le cose andarono bene. Tornai a sentire alcune amiche che frequentavano le mie stesse lezioni, e presi in considerazione l’idea di frequentare l’università locale, almeno fin quando le condizioni di mio padre non fossero migliorate.
Mio padre, già.
Era già da qualche tempo che non stava proprio bene. Non accusava alcun tipo di dolore, ma i medici sostenevano che le sue condizioni non miglioravano affatto nonostante seguiva scrupolosamente le cure che gli prescrivevano. Il suo vecchio amico Charlie passava spesso a casa per vedere come stava, era molto preoccupato, e si sentiva anche in colpa per non essere stato molto presente negli ultimi tempi, ma anche lui aveva avuto i suoi problemi: sua figlia, dopo un litigio col fidanzato (uno dei Cullen) aveva deciso di andare  a stare di nuovo dalla madre, comunque in poco tempo riuscì a fare pace col fidanzato e tornò a stare a Forks; purtroppo dopo poco tempo, fu la famiglia Cullen a doversi trasferire, e Charlie doveva occuparsi di una figlia depressa, che oltre a frequentare la scuola non si dedicava più a nulla. In effetti mi sembrava una situazione alquanto familiare, e anche i miei genitori credevano che sarebbe stato un bene per entrambe fare amicizia, ma Bella non mi era simpatica da bambina, figurarsi come sarei riuscita a sopportarla in modalità-depressa, considerando il basso livello di sopportazione a cui ero arrivata.
Quindi non presi neanche in considerazione l’idea di fare amicizia con lei.
Tanto più che venni a sapere che ci aveva pensato qualcun altro a farsi carico dei problemi di Bella. Il figlio minore di Billy Black, Jacob, che a quanto pare era suo amico già da qualche tempo.
Coloro che invece mostravano più allegria del solito, dopo questa improvvisa partenza erano proprio i ragazzi di La Push, che smisero di girovagare con facce smorte e serie e ripresero un aspetto risoluto e più adatto alla loro età.    Non riuscivo a comprendere il motivo di tanta gioia, ma in fondo non provavo particolare interesse per ciò che riguardava loro.
Avevano tagliato i contatti con tutte le persone che frequentavano precedentemente, prima di chiudersi a cerchio tra loro e non dare la possibilità a nessun altro di integrarsi. E avevo risolto che non mi interessava. Non era affar mio. Dovevo semplicemente far finta che non esistessero. Cosa che mi riusciva piuttosto bene, poiché non avevamo più nulla in comune e non mi capitava mai di incontrarli, neanche per sbaglio.

I mesi passarono veloci, le mie giornate erano caratterizzate da una certa monotonia.
Non me la passavo male come quando avevo rotto con Sam, ma mi ero creata una regolarità tra le lezioni all’università e gli impegni a casa. Tutto era sempre tranquillo.
A preoccuparmi era soltanto la salute di mio padre.
Ogni volta che la mamma chiedeva ai medici se avesse riscontrato qualche miglioramento, se avesse avuto bisogno di un intervento o cose del genere, essi non si sbilanciavano minimante, lasciandoci sempre più confuse. L’unico che non si preoccupava di nulla era proprio papà: non aveva cambiato niente delle sue abitudini precedenti, passava il tempo esattamente come faceva una volta, senza pensare neanche un po’ alla sua salute. Ovviamente non faceva cose che potessero aggravare la sua situazione, ma non rinunciava alle sue abitudini. Non un finesettimana a casa a riposare, dopo una settimana di lavoro. Naturalmente Charlie e Bill stavano sempre con lui, mostrando la stessa apprensione della mamma, cosa che riusciva solo a farlo arrabbiare.
Un po’ lo capivo, insomma, se fossi stata al suo posto avrei reagito allo stesso modo, anche io avrei cercato di sdrammatizzare per non preoccupare ulteriormente gli altri, ma si trattava di mio padre, non sarei mai riuscita a lasciar correre. E in più il suo comportamento mi faceva arrabbiare anche di più.
“Smetti di preoccuparti, Leah. Sto solo andando a pescare.”
“Potresti restare a casa per una volta.”
“Tesoro, se vuoi passare un po’ di tempo con me potresti venire anche tu.”
“Non  se ne parla.”
“Eppure una volta ti piaceva..”
“Non è vero papà.”
“Ma si! Ricordo che da piccola ti svegliavi prestissimo per venire a pescare con me.”
“Papà, da piccola avrei fatto qualsiasi cosa pur di stare con te” lo vidi sorridere mentre si allontanava. 
“Ci vediamo più tardi.” E chiuse la porta, lasciandomi quell’ansia che sarebbe sparita solo una volta rientrato.
“Non ha ceduto neanche stavolta?”
“Mamma! Non mi ero accorta che fossi arrivata anche tu”
“Speravo che riuscissi a convincerlo, di solito ti ascolta.”
“No, niente da fare. È così testardo!”
“Mm, non importa. C’è Charlie con lui, farà attenzione che non si sforzi troppo.”
“Già. A proposito di Charlie, come sta sua figlia, ancora depressa?”
“Hai deciso di correre in suo soccorso?”
“Semplice e pura curiosità. Lo sai che non sono in grado di fare la crocerossina. Magari potrebbe riuscirci Seth, ma non io.”
“Non ti preoccupare, non ne ha bisogno. Jacob la sta frequentando assiduamente, soprattutto da quando anche Embry ha cambiato amicizie..”
“Eh? Che vuol dire?”
“Niente.. va a svegliare tuo fratello”
“Mamma!”
“Lee, il gruppo di Sam si sta allargando, tutto qui.”
“Cosa?? Ma che intendono fare?”
“Leah non devi preoccuparti, non fanno nulla di male. Pensa che si fanno chiamare i Protettori”
“I protettori? E che cavolo dovrebbero proteggere?!”
“Lascia stare. Dai, adesso vai a svegliare Seth.”
Mia mamma non mi avrebbe detto altro,  tanto valeva andare a svegliare Seth, così andai da lui. Intanto pensavo.
Anche Embry. Da quel che ricordavo era un ragazzino tranquillo, con una madre molto apprensiva. Non avrebbe mai scelto di frequentare gente pericolosa, era piuttosto responsabile. Allora era chiaro che non potessero fare nulla di male, altrimenti non avrebbe mai scelto di stare insieme a loro. Allora che diavolo facevano di così importante da non poterlo far sapere anche agli altri? E perché sceglievano i ragazzi uno per volta? Era una selezione? E chi sarebbe stato il prossimo?
In più si facevano chiamare i protettori! Che pericoli ci possono mai essere in una riserva piccola e tranquilla come La Push?!? L’unica cosa che mi sembrava proteggessero era il loro stupido segreto!
E in tutto questo, gli anziani non sembravano affatto preoccupati, anzi. Sembravano decisamente tranquilli. Come se il loro modo di fare li rincuorasse. Non ci capivo niente.
Buoi totale.
Ma sarebbe durato ancora poco...

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Salve! Prima di ogni cosa, come sempre, vorrei ringraziare di cuore valeego, Hermione 93, Drew_Labirinth, e sarapastu per le stupende recensioni che non mancano mai, e che sono sempre in grado di farmi spuntare un sorriso. Vi adoro! E vi ringrazio per tutto il vostro appoggio. 
Vorrei ringraziare tutti coloro che seguono la fic e chi l'ha inserita tra i preferiti, chi mi ha aggiunta tra gli autori preferiti, e chi passa di qui a leggere.

Poi vorrei aggiungere qualche parola su questo capitolo: a dire il vero non ne ho tante. Mi piace questo capitolo, mi è piaciuto scriverlo, perchè mi sono emozionata davvero. Nonostante questo lo sento molto distante dal resto della storia, e forse è così. Ma dopo tanto tempo lontano da questa storia, oggi ho sentito per la prima volta di nuovo il bisogno di scrivere, e il capitolo è nato non perchè dovessi aggiornare, ma perchè volevo scrivere. Perciò, spero davvero che questo capitolo anche nella sua completa confusione possa piacere a qualcuno.
(Non l'ho riletto, nè corretto, vista l'ora, quindi è possibile che in questi giorni passi a correggere o cambiare qualcosa)
Buona lettura!


Capitolo 14

La vita a volte è davvero strana.
La mia non è una costatazione fatta dopo una giornata difficile, dopo tutte le delusioni che il destino mi ha fatto avere, ci ho pensato molto e per tanto tempo. Ed è proprio questa la soluzione.
La vita è strana.

Ma per fortuna, o forse dovrei dire sfortuna ma sono troppo egoista, non lo è solo con me. In fondo la vita non è altro che una ruota che gira. E le esperienze aiutano e insegnano. Insomma, in tutti questi mesi avrò pure imparato qualcosa, oltre a non aver mai scelto le amicizie giuste, no?
E infatti ho imparato che non c’è mai limite al peggio.
Ricordo bene quando Sam mi lasciò. Inizialmente stavo male, malissimo, ma grazie all’aiuto dei miei amici sono riuscita ad affrontare al meglio quel periodo e stavo riprendendo un po’ di vitalità, quando sono stata ‘vittima’ di un altro ‘abbandono’. Così sono precipitata di nuovo nello sconforto, e poi per l’ennesima volta, dopo un periodo decisamente spento e una sorta di ripresa, ecco l’ennesimo rifiuto. Ed eccomi ancora sola.
Però finalmente trovai la forza di guardare avanti. Cioè, la situazione a casa era già preoccupante senza considerare il mio umore perennemente nero, non volevo rendere le cose ancora più difficili, l’unica cosa che potevo fare era smetterla di crogiolarmi nel mio dolore e rimboccarmi le maniche. Quindi potevo dire di aver raggiunto un certo equilibrio.
Chi ormai si trovava nella mia stessa situazione era Bella Swan.
Poverina, la capivo. Davvero.

Chi meglio di me poteva comprendere il dolore provato dopo l’abbandono del proprio ragazzo, e successivamente l’allontanamento del proprio migliore amico? Quella persona che ti aiuta, ti comprende, ti ascolta, o semplicemente ti resta accanto.
No, nessuno poteva immaginare i suoi sentimenti meglio di me. Semplicemente perché io li avevo provati esattamente come stava succedendo a lei.
Avrei potuto chiederle di incontrarci. Assicurarla che il peggio era passato e che col tempo le cose miglioravano. Ma non mi andavo affatto l’idea di riempirla di false speranze.
La tristezza non se ne andava. Il vuoto dentro non si riempiva. Ogni cosa sembrava spenta.
Un lato positivo c’era. Ci si fa l’abitudine.

La Push è piccola, ma fondamentalmente piena di turisti. Se vuoi camminare un po’ e svagarti non c’è nulla di meglio che andare in spiaggia e camminare in riva al mare. Aiuta tanto se vuoi solo stare un po’ così, senza neanche riuscire a pensare.
Fu quello che feci quel giorno. Dopo l’ennesimo malore di papà. Avevo tante idee che mi balenavano nella testa. Mi sentivo confusa, sola e disperata. Avevo una voglia matta di allontanarmi da quella realtà.
Fu quello il motivo che mi spinse ad andare in spiaggia.
Camminavo. Camminavo e basta. Senza sapere neanche dove andare. Lasciavo che fosse l’istinto a guidarmi.
Solo dopo, riconoscendo il posto in cui mi aveva guidata, riconobbi che non era stata una buona idea.
Mi trovavo esattamente di fronte l’abitazione di Emily. Forse l’abitudine di fare quella strada era rimasta in me tanto forte da percorrerla inconsciamente, ma arrivata a quel punto non sapevo proprio cosa fare.

Se mi fosse capitato un mese, una settimana, un giorno, forse anche un’ora prima, non avevo dubbi su ciò che avrei fatto. Sarei corsa indietro tornandomene a casa, ad ascoltare musica deprimente a volume alto, stesa sul mio letto.
Ma in quella circostanza avevo davvero bisogno di mia cugina.
La mia vita era un vero disastro.
Sam mi aveva lasciato.
Per non soffrire avevo allontanato anche Emily.
Jared che mi volta le spalle.
Poi Paul.
E mio padre, che continuava a star male.
Ero ormai sola e avevo bisogno di parlare con la persona che in assoluto mi conosceva meglio di chiunque altro, e che io conoscevo meglio di chiunque altro.
Emily. Mia cugina. Per me una sorella.
Qualunque cosa fosse successa tra di noi, ero sicura che non mi avrebbe mai lasciata sola.

In fondo mi trovavo in quella situazione perché avevo deciso io di allontanarla.
In effetti era l’unica persona a cui io non avevo permesso di starmi vicino.
Così mi avvicinai e bussai alla porta, sperando che fosse in casa.
Per fortuna non sbagliai, e me la ritrovai davanti con l’espressione più sorpresa che le avessi mai visto.
“Leah!”
“Ehi.”
“Entra! Che ci fai qui?” ecco la domanda che aspettavo. Sentii le lacrime salirmi agli occhi. Non volevo piangere. Non dopo tanto tempo che non ci vedevamo, ma non resistetti.
“Papà sta male.. avevo bisogno di parlarti!”

A dire il vero non parlammo poi tanto, ma Emily mi abbracciò forte, come avrebbe voluto fare anche quel fatidico giorno, e mi lasciò sfogare, piangendo tutte le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento.
 

Quando mi calmai, mi scusai per essere piombata in casa sua in quel modo, così all’improvviso, ma lei mi disse che erano mesi che sperava di vedermi piombare così a casa sua “Senza lacrime, ovviamente” aggiunse, e sapevo che era sincera.
Quel giorno mi resi conto che non solo io avevo sofferto. Anche Emily aveva perso me, e si sentiva in colpa nei miei confronti. Sapevo di aver ragione, ma osservando quei segni sul suo volto mi sentii crudele.
Si amavano, dovevo mettermi l’animo in pace, non potevo continuare a prendermela con lei.
E poi mi era mancata così tanto! Così ci promettemmo che ci saremmo riviste, e lei mi chiese di andare ancora a trovarla.
Dopo tanto tempo, quel vuoto tornava a riempirsi.
Uscii di casa e mi avviai verso la spiaggia, pronta a fare la stessa strada a ritroso. Emily continuò a salutarmi e a gridarmi di tornare a casa sua fin quando non arrivai ad un incrocio, mi girai parecchie volte per salutarla, ma nel momento in cui stavo per svoltare l’angolo sentii l’unica voce che avrei voluto dimenticare per sempre, ma che su di me aveva ancora una forte influenza.
“LEAH!”
Sam. Possibile che fossi così sfortunata? A sentire la sua voce scattai subito, ma non mi girai.
Una cosa per volta. Avevo appena accettato l’idea di riavere Emily di nuovo nella mia vita. Riuscire anche a guardarli insieme sarebbe stato troppo. Così non mi voltai e proseguii per la mia strada.
Tornai a casa e Seth mi corse incontro, in un primo momento mi preoccupai, ma poi notai la sua aria raggiante e mi tranquillizzai, lasciando che contagiasse anche me.
“Ma dove eri finita? Sono ore che ti aspetto! Papà sta molto meglio, vieni!”
Così mi feci tirare in casa.
Certo, non avevo più un ragazzo, né i miei migliori amici, ma avevo ancora mia cugina, una madre severa, un fratellino ingenuo e rompiscatole e un padre a cui piaceva fare brutti scherzi.
Si, la vita è strana, difficile, complicata. Ma non vuol dire che sia pessima.


Questo capitolo è dedicato a mia cugina, Mary2310. Che si ostina a voler leggere quel che scrivo, pur non avendo letto la saga.  Perchè resterà sempre la mia 'sorella', la mia migliore e più vecchia amica; perchè mi incoraggia sempre a continuare; perchè se fossi stata nella stessa situazione di Leah, nonostante tutto avrei agito allo stesso modo.
Perchè ti voglio bene!

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Salve! Mi sa proprio che per lo scorso capitolo ho parlato toppo presto... La voglia di scrivere è arrivata e dopo qualche giorno è sparita di nuovo... Inutile dire ancora una volta che mi dispiace tantissimo per il ritardo... Comunque ora il capitolo è pronto, e anche se, come al solito non mi piace, e che per come l'ho reso sono convinta che mi causerà dei problemi con i prrossimi capitoli, non mi andava affatto di lasciarvi così per chissà quanto tempo ancora! Eh si, dopo questo non so quando riuscirò ad aggiornare, perchè ormai non ho neanche una parola scritta per il prossimo capitolo, e per di più con l'anno nuovo si avvicina anche il periodo degli esami, quindi credo proprio che potrò pubblicare solo alla fine di gennaio (e sono ottimista). Che altro posso dire? Spero che almeno a voi il capitolo piaccia, anche se è moolto triste, quindi ne dubito! E vorrei assicurare che la riappacificazione delle due cugine non ha reso Leah una specie di agnellino, anzi, temo che il vero caratteraccio di Leah si farà notare più avanti!  

Vorrei precisare che, non avendo ua chiara descrizione di come avviene la trasformazione dei lupi, mi è stato davvero difficile scrivere di quella dei due fratelli Clearwater, e so ce non corrisponde molto con quella degli altri, ma ho pensato di giustificare la cosa in un certo modo: come la Meyer ha scritto per la trasformazione di Jacob, anche io per gli altri membri del branco ho scritto che stavano male, e che per giorni non sono stati in grado di vedere nessuno, ma secondo le licenze che mi permetto di fare (solo per mandare avati la storia), questo 'allontanamento' è dovuto più al loro autocontrollo che ad una vera convalescenza. Cioè, i ragazzi, una volta ricevuti i segni della trasformazione, diventano piuttosto irrequieti, e perdono l'autocontrollo, quindi qualunque cosa è in grado di scatenare un'eventuale trasformazione, per questo motivo tendono a stare lontano per giorni, per non rischiare di ferire chi gli sta intorno. Dubito che possa andare come spiegazione, ma non sono riuscita ad inventarmi altro...

Infine, prima di lasciarvi al capitolo, vorrei perdermi nei soliti ringraziamenti, per valeego, Hermione 93 e sarapastu per le recensioni che mi lasciano sempre e che mi fanno sempre piacere (grazie davvero!), e per coloro che hanno inserito la storia tra i preferiti e/o tra le seguite. 

E ora, buona lettura!

Capitolo 15

Le cose con Emily migliorarono parecchio.
Non avrei mai pensato che il rapporto tra noi sarebbe tornato quello di un tempo, ma eravamo cresciute insieme, era impensabile stare lontane per sempre.
Non avrei mai perdonato né a lei né a Sam ciò che mi avevano fatto, ma guardare il suo volto trasfigurato mi faceva pensare che dopotutto meritasse un po’ di felicità, e se con Sam era felice, io non potevo ostacolarla. Un altro paio di maniche era Sam. Con lui non sarei mai riuscita ad essere tanto risoluta. Mi aveva illusa. Per anni mi aveva giurato che non avrebbe mai pensato a nessun altra eccetto me, che era impossibile per lui pensare di stare con un’altra ragazza. Mi aveva anche detto di amarmi, e invece alla prima occasione aveva cambiato idea, veloce come un lampo. Non potevo perdonarlo. E neanche mi sforzavo di capire il suo punto di vista. Era un vile traditore.
Una volta ne parlai con Seth, e quel bambino troppo maturo mi disse che era davvero un comportamento anomalo. Secondo Seth, non potevo avere delle idee così diverse di Sam e Emily. Se pensavo che Emily dovesse essere felice, non potevo non sperare che lo fosse anche lui. E viceversa, invece, se pensavo a Sam come un traditore, dovevo includere anche mia cugina, perché in fondo erano stati in due a tradirmi. Certo il suo ragionamento non faceva una piega, e forse anche io un tempo avrei fatto lo stesso ragionamento, ma pensandoci bene, ero arrivata alla conclusione che purtroppo odiavo tanto profondamente Sam perché non riuscivo a smettere di amarlo. Riuscivo a perdonare Emily perché sapevo che i suoi sentimenti nei miei confronti erano sinceri e corrisposti, ma non riuscivo neanche a pensare a Sam perché mi aveva fatta sentire davvero amata, e non riuscivo a sopportare di averlo perso. Lo odiavo perché lo amavo, ancora.

Nonostante la riappacificazione con Emily, la mia situazione non migliorò poi molto, di sicuro non mi piaceva frequentare casa sua, che sembrava proprio il ritrovo abituale di Sam e dei suoi amici, che avevano una nuova fresca recluta, Quil Ateara, e anche a casa ormai cominciavo a sentirmi in gabbia. Papà continuava a star male sempre più di frequente, e non riuscivo a restarmene inerme seduta al tavolo ad aspettare che passasse senza poter far niente. Era straziante.
Poi un giorno successero le cose più orribili della mia vita, e sono sicura che pur essendo ancora molto giovane non ci sarà nessun altro giorno che potrò definire il più brutto della mia vita, se non quello.
Quel pomeriggio iniziai ad odiare profondamente quelli che mi spiegarono essere vampiri.
Quel pomeriggio iniziai ad odiare profondamente, con ogni fibra del mio corpo me stessa, per essere stata la causa principale della morte della persona che avevo più amato al mondo.
Quel pomeriggio la mia intera esistenza cambiò del tutto, e quella che fin a quel momento era stata Leah Clearwater morì, insieme a mio padre.
So che è strano, so bene cosa è accaduto sulle scale di casa mia,a mio fratello e a me, è una cosa che mi porterò dentro per sempre, ma non riesco a ricordare tutti i particolari. Nella mia mente le immagini di quel giorno scorrono sfuocate e sovrapposte, e l’unico particolare chiaro e lampante è lo sguardo stupito e disperato di mio padre mentre esalava il suo ultimo respiro, il mio nome.
Ricordo ben poco, se non che un attimo prima mi trovavo sulle scale con mio fratello, che litigavamo per uno stupidissimo progetto scolastico, e un attimo dopo eravamo due bestie feroci pronte ad attaccarci.
Quella fu la prima volta che mi trasformai, sotto gli occhi increduli di mio padre, e le grida spaventate di mia madre.
Ci fu molta confusione in casa quella sera, non ricordo come feci a tornare normale, so semplicemente che avevo una voglia matta di rivedere mio padre, di sapere come stava e quali fossero le sue condizioni, ma tutti i miei sforzi erano inutili, perché a quanto pareva, per il vecchio Quil e per Bill Black era più importante spiegare la situazione a me e Seth, piuttosto che lasciarci andare e rimandare le spiegazioni ad un altro momento. Così mentre loro si perdevano in inutili spiegazioni su leggende che in realtà erano vere, mostri succhiasangue e protettori mutaforma, la mia mente vagava nella stanza al piano di sopra, dove il medico stava visitando mio padre.
Non riuscivo a capire niente, non mi rendevo conto di ciò che stesse accadendo, né di quello che i due anziani stavano cercando di dirmi. Ma tutto mi fu chiaro quando sentii un unico forte grido di mia madre che scoppiò in un pianto disperato. “Mamma!” ormai era chiaro che né io né Seth eravamo in grado di ascoltare anche una sola parola di quello che stavano tentando di dirci i vecchi amici di papà, quasi in sincrono ci alzammo in piedi e ci fiondammo al piano di sopra, dalla mamma.
È sempre stata forte mia mamma, l’ho sempre vista come una persona dura, decisa. Pur non avendo un rapporto con lei forte come quello con mio padre, l’ammiravo tanto. Per me era un esempio, anche se non glielo avevo mai detto. Lei era quella che non si abbatteva mai, mai una volta l’ho vista piangere, nemmeno quando la nonna venne a mancare. Ma la scena che mi si parò davanti quando mi precipitai per le scale fu straziante.
Lei, la mia mamma, sempre forte, sempre decisa, combattiva, pronta ad affrontare qualunque cosa, ora sedeva lì,accanto al corpo freddo di mio padre,  disperata, con i gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani. Piangeva. Quella è stata l’unica volta in cui l’ho vista piangere. Mai più una lacrima, davanti a qualcuno, neanche il giorno del funerale.
In quel momento Seth si precipitò tra le sue braccia, era semplice per lui,lo  è sempre stato, ma per me non lo era. Così continuavo a stare in piedi, accanto a loro, mentre sentivo delle calde lacrime scendere anche sulle mie guance.
Dopo qualche attimo mia madre alzò lo sguardo e ci fissammo negli occhi, e non ci fu nessun bisogno di parole. Le andai incontro e l’abbracciai anche io, come il mio fratellino, e restammo qualche minuto così. Solo noi. Non c’era nessun altro, perché nessuno poteva condividere il nostro dolore.
Dopo poco iniziai a sentire un forte calore al centro del petto, e non ci misi molto a capire quello che stava per accadere. Sentivo la rabbia crescere in me, sentivo quel fuoco aumentare dentro, e iniziai a tremare forte. Non so cosa mi guidò fuori, ma corsi veloce giù per le scale fino in giardino, e presi a correre velocemente verso il bosco che finiva sulla spiaggia di La Push. E un attimo prima di trovarmi tra gli alberi provai una specie di esplosione e tornai ad essere quel mostro.
Avevo assunto nuovamente l’aspetto da lupo, si, ricordavo di aver sentito Billy dire che eravamo lupi. Iniziai a correre, ero veloce, non sapevo che quello sarebbe diventato il mio punto forte. Correvo, sempre più veloce, e più correvo e più sfogavo quella sensazione di impotenza che mi aveva preso in precedenza.
Andavo avanti, non sapevo neanche dove, vedevo gli alberi tutt’intorno a me e mi sentivo libera.
Corsi ancora per un bel po’, e quando mi fermai, stanchissima, mi resi conto di esser tornata proprio sotto casa mia. Per fortuna la finestra della mia stanza era aperta, e ebbi modo di saltare dentro e riprendere le mie sembianze, senza farmi vedere da nessuno. Mi vestii e poi tornai da mia madre. Evitai di entrare nella stanza in cui c’era mio padre, non sarei riuscita a vederlo di nuovo così.
Appena mi vide mi disse di scendere in salotto. Feci come mi disse, ma decisi di passare prima in cucina, sicura di trovarvi Seth. Infatti mio fratello era lì, che beveva un tè, e di spalle c’era una ragazza che riconobbi subito, Emily.
“Finalmente sei tornata! Mi hai fatto preoccupare molto, stavo quasi per venirti a cercare.” Povero il mio fratellino.. “Scusa, tutto ok?” “Meglio” “E tu Leah, come stai?” mi chiese Emily, porgendo anche a me una tazza di tè fumante. Ho sempre odiato il tè.
“Come vuoi che stia?”
“Scusa, so che è la domanda peggiore da fare in questi momenti..”
“Lascia perdere”
“Lee, ti stanno aspettando di là” annuii a mio fratello e mi precipita verso l’altra stanza, senza immaginare chi potesse aspettarmi, mentre Billy e Charlie Swan si davano da fare per il funerale.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Salve! E dopo tempo ecco che ritorno a pubblicare, con un capitolo molto delidente (non dite che non vi ho avvisato). Non so proprio in che modo andare avanti, mentre ho chiaro nella mente cosa scrivere, ecco che l'attimo dopo non mi piace più niente e sono di nuovo a zero. Probabilmente il problema è che con questa parte della storia ho trovato molte difficoltà, e non sono riuscita a trovare una soluzione al problema 'trasformazione', quindi ora mi sembra tutto adattato.. forse una volta finita questa fase, credo col prossimo capitolo, riuscirò a scrivere in maniera più serena, come con i primi capitoli, quando andare avanti mi risultava semplice. Adesso vi chiedo ancora scusa per l'enorme ritardo e per l'orribile capitolo... 
Per valeego: ciao! grazie davvero per il tuo appoggio e i tuoi conplimenti, ogni volta che leggo una tua recensione mi sento lusingata, è davvero bello sapere che c'è qualcuno a cui piace ciò che scrivi. Il periodo d'esami è passato, e ora ho di nuovo 1 po' di tempo da dedicare alla fic, sperando di ritrovare in fretta l'ispirazione... 
Per Hermione 93: Ciao carissima! Le tue recensioni sono sempre così carine, mi diverto sempre a leggere cosa ne pensi e quali sarebbero state le tue reazioni! Non preoccuparti se mi hai recensito in ritardo, ma spero che questo brutto periodo passi in fretta... Anche io sono stata male, per lo scorso capitolo, ogni volta che scrivevo qualcosa stavo talmete male che poi iniziavo a piagere
T_T( e poiù mi dicevo che era una reazione esagerata e più stavo male); per quanto riguarda Sam, non pensare che ora il loro rapporto sia tornato civile, stiamo pur sempre parlando di Leah! Mentre per quanto riguarda Emily, credo che anche una persona orgogliosa come Leah abbia bisogno di qualcuno con cui parlare, e considerando Emily come una sorella, sentirà il bisogno di sfogarsi con lei, pur se in collera, questo non significa però che il loro rapporto sia tornato quello forte di un tempo...
Come al solito ringrazio chi segue la mia fic, chi l'ha aggiunta ai preferiti e anche chi legge...
Ora vi lascio al capitolo... Buona lettura!

Arrivata in salotto riconobbi subito la sagoma di Sam, e in quel momento mi sentii davvero in trappola. Non avevo alcuna intenzione di parlare con lui, di sentire il suo tono fermo dichiarare quanto gli dispiacesse e quanto ci teneva a mio padre, non potevo sopportare di sentirgli dire che stava male per me, e che avrebbe voluto fare qualcosa per aiutarmi, per alleviare quella sofferenza. Ero sicura che se fosse riuscito ad aprire bocca sarebbero state queste le sue frasi.
In realtà né Sam né io avemmo il tempo di proferir parola, perché qualcuno mi venne addosso, stritolandomi in quello che doveva essere un abbraccio. Ci misi poco a capire chi fosse, Jared.
“Hey piccola”
“Hey?” ero molto arrabbiata con lui. Comodo presentarsi nel momento in cui chi ti sta di fronte è troppo fragile per reagire. Ma si sbagliava, se si aspettava che mi lasciassi andare tra le sue braccia aveva capito male. Non poteva tornare tutto a un tratto e fare come se niente fosse.
Provai a districarmi dal suo abbraccio, ma i miei sforzi servirono a poco, solo quando, spazientita gli dissi di levarmi le mani di dosso lasciò la presa.
Una volta libera, notai che Jared non portava la maglietta, e che dietro di lui, accanto a Sam, c’era anche Paul, nelle stesse condizioni. “Non hai freddo?”
“E tu?” “Oh!” fu l’unica cosa che mi uscì dalle labbra, possibile che quei tre…
E poi pensai che no, non erano solo quei tre, ma c’erano anche Embry, Jacob e Quil. Ecco, tutto chiaro.
Ecco che tutti i tasselli di quel puzzle incasinato tornavano a posto nella mia mente.
Era semplice capire perché si erano allontanati, il perché di tutti quei misteri. Billy mi aveva spiegato che per qualche tempo non avrei avuto il pieno controllo sul mio corpo, e che per questo motivo era meglio stare lontana dalle altre persone. Si, era per la loro sicurezza.
Ma allora, un’altra cosa non mi era chiara, forse Billy o Quil mi avevano accennato qualcosa, ma non riuscivo a ricordare niente, non avevo prestato molta attenzione alle loro parole. Avevo capito poco e niente, troppo attenta ad ascoltare altro. A riscuotermi di nuovo dai miei pensieri fu di nuovo Jared, non ricordavo fosse così fastidioso.
“Ma quanto corri?” me lo chiese con una naturalezza impressionante, mentre io faticavo anche a pensare a quelle trasformazioni come reali, come parte di me. Continuavo a considerarli come semplici sogni, nonostante ricordassi bene la sensazione del vento sulla pelle, o forse avrei dovuto dire pelliccia...
“La ragazza è veloce!” stavolta fu Paul a rivolgersi a Sam.
“Si, me ne sono accorto. Leah, credo tu abbia capito cosa è successo a te e a tuo fratello”
“Billy e Quil ci hanno già spiegato” avevo tantissimi dubbi, tante domande che mi frullavano in testa, ma non gli avrei mai chiesto niente. E suppongo che il mio tono di voce, alquanto acido, glielo avesse fatto capire. Nonostante ciò Sam non si scompose, e continuò a parlare.
“Si, lo so. Me l’hanno detto. Ma se vuoi farmi qualsiasi domanda non esitare a chiedere.”
“Me la cavo benissimo così, grazie” feci per girarmi e andarmene, quando Jared mi prese per mano per farmi tornare dov’ero prima.
“Lee aspetta. Non è tutto..”
“E che altro..?”
“ Siamo un branco.” Fu Sam a rispondermi, con voce forte e dura, e sentivo che era anche piena di orgoglio. Doveva piacergli parecchio ‘il branco’.
“Eh? E che significa, scusa?”
“Significa che la nostra mutazione è avvenuta per un preciso scopo.”
“Ovvero?”
“Noi siamo coloro che devono proteggere la gente dai mostri succhiasangue, comunemente detti vampiri.”
“E dove sarebbero  scusa questi
mostri?”
“Hai presente la famiglia che si trasferì qui circa un anno fa, i Cullen?”
“Mi pare di averne sentito parlare, ma non ricordo di averli mai visti”
“Per forza, non possono venire a La Push!” Paul sembrava molto divertito da quella questione.
“Esatto, loro non possono venire a La Push per un motivo ben preciso. Sono loro i succhiasangue.”
“Ma che cavolo stai dicendo?”
“Lee hai visto tu stessa ciò che siamo! Il perché di queste trasformazioni è proprio questo! I vampiri esistono, anche se sono ben diversi da come sono descritti nei libri, o nelle leggende comuni.”
“Ok ok, ammettiamo che quello che mi dite fosse vero..”
“E’ vero!”
“Va bene, loro sono ehm… vampiri. Come  possibile che uno di loro avesse una fidanzata?”
“Loro.. sono diversi sotto certi aspetti.”
“Mi risulta però che sono andati via. Non è per questo che la figlia di Charlie ha iniziato a frequentare Jacob?”
“Si, i Cullen sono andati via”
“E abbiamo avuto modo di festeggiare per questo!”
“Purtroppo però non sono gli unici succhiasangue in circolazione. Ce ne sono altri in giro, e più pericolosi”
“Non seguono la loro stessa dieta.”
“Come?”
“Diciamo che i Cullen sono decisamente particolari. Abbiamo stipulato una specie di accordo con loro, un patto.”
“Cioè non noi, ma i nostri antenati..”
“Che noi ancora oggi teniamo in considerazione.”
“E cosa dice questo patto?”
“Loro non attaccano gli umani e noi non attacchiamo loro.”
“Cioè loro possono…” ero terribilmente confusa.
“E’ strano, è vero, ma loro cacciano gli animali, non fanno mai del male agli uomini”
“Quindi perché noi avremmo dovuto subire questo mutamento?”
“Te l’ho detto, i Cullen non sono gli unici.”
“Ce ne sono degli altri. E quanto pare non hanno le stesse idee dei Cullen.”
“Per questo il nostro branco sta aumentando, e tutti quelli che avevano antenati Quileute stanno subendo la trasformazione.”
“Tutti i Quileute?”
“Già”
“Beh, non mi risulta..” tre paia di occhi puntati su di me, forse nessuno ci aveva pensato, ma non tutti nel gruppo erano di La Push, o meglio,qualcuno era nato a La Push, ma non i suoi genitori, da ciò che si sapeva.
“Embry Call” bene, dagli sguardi che mi lanciarono doveva essere chiaro che già si erano posti questa domanda, ma che non erano giunti a niente di buono.
“Oh” riuscii a dire solo questo, ma a loro bastò per accantonare l’argomento.
Dopo la mia uscita, a quanto pare infelice, l’atmosfera si fece fredda, erano diventati molto più seri, e sia Jared che Paul erano diventati tesi, mentre Sam non mostrava più la stessa tranquillità di qualche minuto prima.
“Senti, ora pensate solo a vostra madre, al funerale, e cercate di fare attenzione quando siete in mezzo ad altra gente. Quando tutto questo sarà finito però, vorrei che veniste da me. Avremmo modo di decidere il da farsi. Scusami ancora per l’interruzione Leah. Mi dispiace tanto.” Detto questo si avviò verso l’uscita, seguito a ruota dai due burattini che una volta consideravo persone normali, mentre ora erano soltanto dei soldatini nelle mani di Sam. Vedendo quella scene mi venne in mente un dubbio, qualcosa che mi avrebbe resa ancora più insofferente. Fermai Jared, tirandogli un braccio, lui si girò a guardarmi
“Che c’è Lee?”
“Hai detto che siamo un branco...”
“Si, siamo tutti di La Push”
“Si, ehm... c’è anche un capo in questa sorta di branco?”
“Certo che c’è un capo, noi lo chiamiamo alfa. Non hai ancora capito di chi si tratta?” era chiaro che non poteva essere nessun altro. Da quel che ne sapevo era il può grande, il più maturo, l’unica persona adatta a rivestire quel ruolo, ma non volevo crederci!
“E’ stato il primo a subire la trasformazione, per lui è stato tutto molto più difficile. Tuo padre lo aiutò molto.”
Quelle parole furono come una pugnalata! Papà. Papà lo sapeva. Ha aiutato lui e nel frattempo consolava me per la nostra separazione, senza mai dirmi nulla a riguardo.
In principio fui accecata dalla rabbia, ma poi pensandoci meglio, per mio padre non dovette essere semplice non rendermi partecipe di ciò che accadeva ai ragazzi di La Push, anche perché se lo avesse fatto tante cose sarebbero state chiare e forse mi sarei messa l’anima in pace tanto tempo prima, ma lui aveva fatto una promessa, massima riservatezza, non era il caso di spifferare tutto ad una povera adolescente in crisi..

Nei giorni seguenti dedicai tutto il mio tempo a mia madre e ai preparativi per il funerale, non era semplice non perdere mai la calma, soprattutto ogni volta che qualche vecchia conoscente mi salutava e mi chiedeva gentilmente come mi sentissi.. ma come può mai sentirsi una persona che ha appena perso il padre?!? Fortunatamente c’era sempre Billy, che sapeva già come comportarsi con me. Una volta lo sentii dire a mia madre “Per certi versi è molto simile a mia figlia Rachel, è molto impulsiva. Quando morì Sara, anche lei ebbe una reazione simile.. e non doveva sopportare anche la tensione per la trasformazione..” ammetto che non mi era mai sembrato molto simpatico, avevo sempre preferito il vecchio Quil, ma dovetti ricredermi, era una persona molto speciale, e voleva davvero aiutarmi.
E mentre il giorno pensavo ad aiutare mia madre, la notte non riuscivo a chiudere occhio. Il mio unico pensiero, quando ero da sola era l’imminente incontro con Sam e il ‘branco’. Non immaginavo neanche cosa avrei dovuto fare, ma non avevo nessuna intenzione di considerare Sam il mio capo, o ‘alfa’ come aveva detto Jared. Non volevo avere niente a che fare con lui.ma evidentemente il destino la pensava diversamente…

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Dopo più di un anno lontana da questa storia, eccomi ricomparire. Mi piacerebbe poter dire che le difficoltà trovate nel corso di scrittura sono del tutto sparite e ormai riesco a scrivere spedita come un tempo, ma ahimè, le cose non stanno affatto così. Non so bene da cosa dipenda, ma ora come ora faccio una gran fatica a scrivere. Forse per superare questo blocco, che ormai va avanti da troppo tempo, non devo far altro che affrontarlo come si fa con i problemi. Fin ad ora ho pensato di aspettare che la voglia di scrivere tornasse da sola, ma a quanto pare, davanti alle difficoltà non va così. Allora finalmente mi sono decisa. Devo essere sincera, non lo faccio per me, ma per le persone che hanno sempre seguito questa fic, non è giusto per loro lasciare questo punto interrogativo, sparire e basta, così… Sono mortificata per questa mia lunga, lunghissima sparizione, mi dispiace tantissimo! Ma con tutta sincerità vi dico anche che probabilmente i prossimi capitoli, quando arriveranno, e se arriveranno, saranno diversi da quello che è stato il mio lavoro fin d’ora. E mi aspetto qualcosa di deludente, quindi ritenetevi tutti avvisati: Se prima quelle quattro parole piacevano a qualcuno, non credo che ora possa essere così, semplicemente perché per adesso non ho lo stesso spirito di quando ho iniziato questa storia. Magari provando e riprovando troverò una soluzione e potrei anche riuscire a scrivere qualcosa di soddisfacente.
Ora, vorrei spendere qualche altra parola riguardo questo capitolo in particolare. Devo ammettere che non ho fatto granché, il capitolo era quasi completo, ma per tutto questo tempo non mi sono mai sentita tanto motivata da rivederlo e pubblicarlo. E più passava il tempo e più diventava difficile! Mi dispiace se magari qualcuno si aspettava qualcosa di diverso, capisco che dopo un anno passato ad aspettare, questo capitolo non basterebbe a nessuno, ma purtroppo non sono riuscita a fare di meglio, e non mi sembrava il caso di prolungare ancora, quindi… ecco il capitolo, breve, e pressoché inutile… Ora non mi resta altro da fare che aspettare e scoprire se dopo tutto questo tempo, a qualcuno interessa ancora quello che scrivo, e sapere cosa ne pensa…
Buona lettura! E spero di risentirci quanto prima per un nuovo capitolo!

P.S. : Forse mi sono ripetuta troppo, forse ho fatto 1000 errori, ma l’ansia di aggiornare finalmente non mi fa riflettere a dovere, quindi non ho riletto nulla… Se ci sono degli errori, a partire dallo sproloquio qui sopra, mi dispiace davvero… Ma capitemi! Dopo 1 anno che manco, devo riprendere confidenza! XD

Capitolo 17

 

Adattarmi al branco non fu affatto facile, era incredibile vedere come stavano bene tutti insieme, come giocavano tra loro, sembravano davvero tutti fratelli. E io? Che ci facevo io in mezzo a loro?
Non avevo nulla in comune con gli altri. Per prima cosa ero scontrosa, non avevo nessuna voglia di socializzare con loro. Mi dava un enorme fastidio vederli così allegri, che cosa ci trovavano di bello in quella forma di schiavitù? Avevano dimenticato così facilmente i periodi di solitudine passati prima di entrare a far parte del ‘branco’? Persino mio fratello non ci mise molto a legare con gli altri, anzi, sembrava completamente a suo agio, come se non avesse bisogno d’altro o non avesse aspettato altro nella vita che giocare a fare i lupi supereroi. Io non lo trovavo affatto così semplice! E poi, cosa più importante: ero una ragazza, l’unica. Che cosa ci faceva una ragazza in mezzo ad un gruppo così numeroso di ragazzi? Perché non ce n’erano altre? Perché solo io? E perché proprio io?
Non potevo fare a meno di pormi queste domande, più li osservavo e più mi assalivano i dubbi.
Parlare con gli anziani non aiutò affatto. Neanche loro sapevano spiegarsi il motivo della mia trasformazione. Seppero dirmi solo che da secoli, era la prima volta che si manifestava una cosa del genere, ovvero che ci fosse anche una ragazza nel branco. Che cos’ero? Potevo davvero considerarmi una di loro? No, non ci sarei mai riuscita. E allora iniziai a pensare che non poteva esistere quell’armonia che vedevo tra loro quando ci riunivamo. Ero crudele, lo ammetto. Ma ero molto infelice, e nessuno poteva aiutarmi. Non c’era una soluzione al mio problema, ma non me ne sarei stata con le mani in mano a vedere solo volti sereni intorno a me!
Trovare un modo per disturbare i miei ‘fratelli’ fu semplice, e a dirla tutta involontario. Eravamo tutti trasformati, e ognuno di noi dava libero sfogo ai propri pensieri, quasi tutti rivolti alla foresta e ai suoi particolari abitanti. Invece io preparandomi, iniziai ad elencare uno per uno tutti i difetti e le particolarità di ogni membro del branco. Si sentiva chiaramente il fastidio che provavano mentre i miei pensieri scorrevano, ma non mi fermavo. E quello fu solo l’inizio.
Partii così, semplicemente con i loro difetti, ma arrivai persino a ricordare uno degli scandali sepolti da tempo a La Push. Col senno di poi so di aver sbagliato, e nella mia posizione ora è facile chiedere scusa, ma non mi sento di dire che se mi trovassi nella stessa situazione non lo rifarei. Odiavo tutto questo.
Fu un caso che ci trovammo a fare la ronda insieme quella notte.
Sam chiese a Embry e a me di stare di guardia insieme a Jared. Embry, Jared e Seth erano gli unici con cui potevo stare. Jacob era troppo suscettibile quando si parlava di Bella Swan, lasciare Paul e me da soli equivaleva ad una carneficina, e Sam non aveva alcuna intenzione di passare del tempo con me (davvero carino, il mio ex fidanzato), e sentire tutto il dolore che mi aveva causato.
Fu proprio quella notte che, presa dalla solita acidità che mostravo ai miei ‘fratelli’, mi ricordai della situazione familiare di Embry, che sua madre l’aveva sempre cresciuto da sola, dicendo in giro che il padre non era un membro della tribù. Ma a quanto pareva quella era una bugia bella e buona, in quanto essendosi trasferita  a La Push da giovane, neanche lei aveva origini della tribù, quindi Embry aveva sicuramente ereditato il gene dei lupi da suo padre. Più andavo avanti coi miei pensieri e più dimenticavo di prestare attenzione a ciò che pensava il mio compagno. Chi poteva essere il padre di Embry Call? C’erano solo quattro persone che coincidevano col resto della storia: mio padre, Billy Black, il padre di Sam e il padre di Quil, il che era tutto dire, visto che erano tutti già sposati alla nascita di Embry. Il cerchio si stringeva ancora se eliminavamo Billy e papà, si erano fatti in quattro per aiutare la giovane donna a crescere un bambino, e di sicuro non è il comportamento che avrebbe usato chi intende nascondere un’eventuale relazione. Quindi restavano solo Uley  e Ateara. E secondo il mio parere, arrivata a tal punto era fin troppo semplice, tutti sapevano che il padre di Sam era un tipo poco raccomandabile, chi avrebbe mai pensato che il giovane e stimati figlio del vecchio Quil potesse avere una relazione extra coniugale e nascondere un eventuale bambino? No, tutte le ipotesi portavano al padre di Sam.
In un attimo mi trovai immobilizzata sotto la presa forte del lupo che prima mi correva accanto. Ero stata così presa dai miei pensieri da non rendermi affatto conto di ciò che Jared mi stava gridando nella mente: BASTA! Un urlo tanto forte, ed io non mi ero accorta di niente. Ero tanto interessata a quella faccenda da non riuscire più a sentire il resto. E subito dopo riuscii ad avvertire ancora più potente il dolore di Embry. Quel ragazzo tanto carino che non aveva fatto assolutamente niente di sbagliato per meritarsi questo, se non essere stato tanto sfortunato da non avere un padre degno di tale nome. E in quell’istante capii quanto male gli avessi fatto.
E fu più forte di me. Jared mi lasciò andare, mi conosceva e conosceva bene anche le mie reazioni.
Scappai, scappai veloce. Tornai indietro, ripresi le mie sembianze e una volta a posto mi nascosi tra gli alberi e piansi. Piansi tutte le mie lacrime, piansi per il male che avevo fatto ad Embry, ai miei amici del branco, per ciò che era successo ad Emily, per mio fratello e mia madre, che oltre a sopportare la perdita di mio padre dovevano fare i conti con me. E piansi per me. Per quello che mi aveva fatto Sam, per l’imprinting con Emily, per aver perso una fidanzato, una cugina e dopo poco ogni mio amico. E soprattutto per aver perso mio padre, a causa della mia stupida trasformazione e di non averlo potuto evitare in alcun modo.
Quella notte rimasi così, nascosta tra gli alberi, da sola a combattere col mio dolore. Non ricordo molto altro, solo che il giorno dopo, all’alba, sentii mio fratello spostare qualche ramo e prendermi tra le braccia. Così tornammo a casa, mentre mi aggrappavo a lui, come una bambina.

 

 

 

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