La storia di Leah di gapples (/viewuser.php?uid=46670)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Questi
personaggi non mi appertengono, sono una creazione di Stephenie Meyer.
Questi scritti non hanno scopo di lucro.
Sono
passati solo due anni, eppure sembra già
un’eternità.
Sarà
che sono accadute tante cose che mi hanno fatto allontanare la mente
dal tuo ricordo, ma credo di aver superato il tuo addio. So che
può sembrare incredibile, ma è così.
Non lo accetterò mai, continuerai a mancarmi per il resto
della mia vita, ma nonostante tutto mi sono rassegnata a questa nuova
vita.
Non smetterò mai di sentirmi colpevole per averti perso
troppo presto. Non so quante cose avrei voluto dirti, ma non
l’ho fatto perché credevo, come fanno tutti
d’altronde, di avere più tempo a mia disposizione.
Grosso errore di tutti gli uomini: dovremmo imparare che il tempo non
è mai abbastanza, e che se vuoi fare qualcosa, ora
è il momento adatto per farlo, anche se può non
sembrare il caso. Perché non sappiamo cosa ci riserva il
futuro.
Tu lo sai che non sono una che impara dagli errori. Sono testarda e
cocciuta, esattamente come te. E credo che neanche questo mi
aiuterà nella vita. Continuerò a sbagliare, ma
ora purtroppo non ci sarai più tu a correggere i miei
errori, o più semplicemente a farmeli notare.
Sono passati solo due anni, sono accadute molte cose, che mi hanno
anche portata lontano da casa. Ma ora è giunto il momento di
tornare.
Ricordo
esattamente come è iniziato tutto. Posso dire che sono
passati circa due anni e mezzo. Fino a quel momento la mia vita
trascorreva tranquilla come al solito. Ero una ragazza tranquilla,
avevo quasi 18 anni e un brillante futuro avanti a me. Era
l’anno dei diplomi, dopodiché mi sarei trasferita
a frequentare il college, volevo diventare medico, e poi dopo la laurea
sarei tornata alla riserva col mio ragazzo, Sam.
Era
aprile, si avvicinava il giorno del mio compleanno. E iniziava il
periodo più triste della mia vita.
Ok, ora anche le persone che visitano questo sito capiranno
quanto io sia pazza. Ho iniziato a scrivere questa storia un po' di
tempo fa, ma solo ora ho trovato il coraggio di pubblicarla. Di sicuro
non sarà un granchè, ma per me
è un modo come un altro per mettermi alla prova e scoprire
se le idee che mi frullano in testa possano interessare ad altra gente.
Sperare
che la mia storia vi piaccia forse è troppo, almeno mi
auguro che non vi annoi. Per il resto, mi farebbe piacere conoscere le
vostre opinioni.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Capitolo 1
Salve!
ammmetto che il primo capitolo non era granchè, neanche si capiva bene cosa
fosse e a chi si riferisse. Ma il problema è che sono un'ignorante di
informatica e sto imparando solo ora ad usare l'html... Avrei voluto lasciare un
commento, ma è già tanto aver pubblicato la storia. Spero di imparare presto e
che e cose mi risultino più facili.
Per il resto, spero che la storia crei
un minimo di interesse e che qualcuno recensisca anche solo per farmi sapere che
è un fiasco. Ora vi lascio al primo vero capitolo.
Buona
lettura!
Ah,un altro
giorno di scuola sta per terminare. Ora si va a pranzo, due ore di chimica e
poi si torna a casa finalmente! Oggi è stato un vero disastro. Uff, da quando
Jared non frequenta più la mia stessa classe è un vero mortorio … a proposito di Jared! Quello lì mi sembra lui,
vado a chiamarlo, potremmo pranzare insieme.
“Ehi Jared!
“Leah! Vai
anche tu a pranzo?”
“Si, mi fai
compagnia?”
“Ok,
andiamo. È da un po’ che non ci si vede, così possiamo parlare un po’.”
Gli faccio
cenno di si con la testa e mi avvio verso il solito tavolo che occupo durante
la pausa pranzo. Se c’è una cosa di me che non è cambiata col tempo, è la mia
solitudine. Non sono una persona asociale, tutt’altro. Semplicemente non faccio
amicizia facilmente. Mi ci vuole un po’ per fidarmi delle persone, quindi
appaio a chi non mi conosce come una persona schiva e taciturna, ma non sono
proprio così. Ho pochi amici.
Jared, è il
mio migliore amico di sempre. Ci siamo conosciuti all’asilo e abbiamo
frequentato insieme tutti gli anni scolastici, fino al precedente, durante il
quale il suo impegno è calato tanto da non permettergli di passare al
successivo, come stato per me. Ho fatto
di tutto per aiutarlo, ma farsi nemici i professori non è proprio il massimo,
così per lui non c’è stato molto da fare. Vederlo accanto a me durante le
lezioni mi manca molto. Nonostante questo però continuiamo a sentirci, a
vederci un po’ meno forse, ma sappiamo che ci saremo sempre l’uno per l’altra.
Emily, lei è
mia cugina, quasi una sorella. È la figlia della sorella di mia madre. Si può
dire che siamo crescite insieme. È una ragazza molto speciale, sempre allegra e
spensierata, ha sempre il modo di tirarmi su di morale, con lei passo ore a
telefono, ci raccontiamo di tutto, e il tempo per stare insieme sembra non
bastarci mai.
Nicky, una
ragazza della mia classe. Ora posso considerarla la mia più cara amica. È la
migliore del nostro anno, sogna di frequentare Harvard dopo il liceo, ma per
questo le servirà una borsa di studio. Da quando Jared non frequenta la mia
stessa classe è diventata la mia nuova vicina di banco, non parliamo molto,ma
spesso ci capita di studiare insieme.
Paul, anche
lui proprio come Jared è un vecchio amico. Lo conosco da parecchio tempo.
Frequenta il mio stesso anno, in corsi diversi però. È il migliore amico di
Sam, il mio ragazzo, ed è proprio grazie a lui che ci siamo conosciuti. Non
parlo molto con Paul, preferisco sempre confidarmi con Jared o Emily, ma so di
poter contare su di lui in qualsiasi momento. È un vero combina guai, si caccia
sempre nei pasticci, ma riesce sempre a tirarsene fuori.
Mentre Jared
ed io ci accomodiamo al tavolo arriva anche Paul, che si siede con noi, così
pranziamo e ci raccontiamo le novità che ci sono. Con quei due è impossibile
restare seri per più di qualche minuto. Riescono a scherzare su tutto.
Finito il
pranzo ci salutiamo, Jared e Paul dovranno seguire ancora un’ora di lezione
prima di tornare a casa mentre a me ne toccano due, e ci avviamo verso le
rispettive aule.
Finite le
lezioni mi avvio all’uscita, devo fare in fretta o rischio di perdere l’autobus
che mi porta a casa. Ma ho una splendida
sorpresa che mi aspetta:Sam appoggiato alla sua auto mi sta aspettando mentre
parla con qualcuno di spalle.
Gli corro
incontro, saltandogli al collo, rischiando quasi di cadere mentre lui mi
abbraccia e dandomi un bacio a fior di
labbra mi dice “O sei veramente felice di vedermi, o le ultime ore di lezione
sono state così tremende che qualsiasi cosa ti renderebbe felice”
“Mm a dire
il vero le lezioni non sono state tanto male, ma l’idea di dover tornare in
autobus non è poi così allettante.” Gli dico più per prenderlo in giro che per
altro.
Allora Paul,
che era il ragazzo di spalle mi dice:”Oh mi dispiace Leah, ma mi sa che dovrai
prendere l’autobus lo stesso, perché Sam è venuto qui per prestarmi l’auto.
Anzi devi sbrigarti se non vuoi perderlo”
“Cosa? Oh,
io non lo sapevo” li guardo un po’ in soggezione, “Allora io vado, o rischio di
perderlo sul serio. Beh ci vediamo più tardi allora” cerco di salutare Sam, ma
lui mi trattiene per il polso, si gira e vedo che entrambi stanno per scoppiare
a ridere. Stanno cercando di farmi arrabbiare??
Un’altra
cosa importante di me? Sono estremamente, esageratamente permalosa!
“Ahahahah!
Non ci posso credere! Stavi andando a prendere l’autobus?! Ahahah!”
“Paul
smettila di ridere!” sto iniziando ad alterarmi..
“Basta Paul.
Te l’ho detto che se la sarebbe presa.”
“Ma è solo
uno scherzo!”
“Aha, lo so.
Ma lei è fatta così.” , io sto assumendo una colorazione tendente al porpora..
“Leah,
stamattina ho sentito Seth, mi ha detto che tuo padre era fuori, e che tua
madre non ha l’auto. Ti pare che ti facessi tornare in autobus, quando so che
lo odi così tanto? E poi ho il pomeriggio libero, quindi..” quando fa così lo
adoro! Ah, sa sempre come fare per calmarmi. Mi avvicino a Sam, gli stendo le
braccia intorno al collo e gli dico “Grazie” , sto anche per baciarlo, quando
Paul ci interrompe e inizia a gridare “OK ok, vogliamo darci una mossa? Avanti,
presto che ho fretta di tornare a casa!”
“Se hai
tanta fretta, perché hai aspettato che uscissi ?”
“Non certo
per vedere il tuo bel visino!”
“Ma come ti
permetti? Razza di maleducato! Io ti..”
“Ragazzi!
Basta per favore. Non sono qui per farvi da balia! Possibile che voi due
litigate sempre?”
“HA
COMINCIATO LEI!” , “HA COMINCIATO LUI”, esclamiamo all’unisono. Così,saliamo in
macchina e torniamo a casa, continuando a punzecchiarci come al solito, mentre
Sam cerca di farci smettere.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Capitolo 2
Eccomi
di nuovo! Ormai ci ho preso gusto, e poichè ho parecchi capitoli
belli e pronti che aspettano solo di essere pubblicati, ho pensato di
aggiornare...
Ringrazio chi ha letto, in particolare Hermione 93 che ha recensito, e chi ha aggiunto la mia storia alle seguite.
Buona lettura!
“Sei proprio
sicuro di voler partecipare a questa festa?”
“Per la
millesima volta, Leah, si! Voglio partecipare. E sono sicuro che ci
divertiremo.”
“Non ne sono
così convinta. Sarà un vero disastro, vedrai. Una vera noia. Forse è meglio se
facciamo qualcos’altro. Che ne dici di..”
“Per favore
Leah! Si tratta solo di un ballo! Anzi no, non è solo un ballo. È il ballo
dell’ultimo anno. È il tuo ballo! Ora smetti di fare la bambina, esci da questa
stanza e andiamo!”
“Ma Sam,
io..”
“Niente ma!
Sarà una serata meravigliosa. Avanti.”
È il giorno
del ballo di primavera, la serata che tutte le adolescenti normali aspettano
con ansia da quando hanno imparato a parlare. Appunto, le adolescenti normali.
Non io. Odio l’idea di andare a quel ballo. Sono un vero e proprio maschiaccio.
In undici anni di scuola non ho mai indossato una gonna. Ora farmi vedere con
questo vestito addosso mi imbarazza da morire! Perché mai l’ho fatto scegliere
a mia madre? Mi sembra un po’ troppo scollato, per non parlare dei capelli! Tenerli
alzati in un chignon non mi dona per niente, altro che cigno! Sembro una povera
vecchia! Non ho alcuna intenzione di andare a quel ballo e far vedere a tutti
quanto posso essere pietosa. E ancora non ho intenzione di uscire da questa
camera e farmi vedere in questo stato d a Sam. Non se ne parla. Ora gli dico di
andare via e che ci sentiamo domani.
Mi avvicino
alla porta, faccio per parlare quando qualcuno spalanca la porta rischiando di
travolgermi con l’anta. Mio padre.
“Tesoro, che
fai ancora qui? Il ballo è iniziato già da parecchio! Ehi aspetta. Tu chi sei?
Che fine ha fatto mia figlia?”
Ecco, se c’è
una persona che riesce sempre a tirarmi su di morale quella è mio padre. Lo
adoro! È l’unico a cui permetto tutto. Può dirmi o farmi qualsiasi cosa, ma
gliela lascio passare. So che non farebbe mai nulla contro di me.
“E dai papa!
Sono così orribile?”
“Orribile?!
Leah, hai uno specchio in camera? Guardati! Stai benissimo! Sei fantastica!”
“Mi sento
ridicola!”
“AH, tesoro,
è normale. Non sei a tuo agio, ma credimi, sei bellissima! Adesso finisci di
prepararti e vai al ballo con il tuo ragazzo. Divertiti e non pensare ad
altro.”
Ho gli occhi
arrossati, sa bene che sto per piangere, mi fa una carezza, mi da un bacio
sulla fronte ed esce dalla stanza
“Ora ti lascio. Fa’ in fretta, intanto io vado a
fare due chiacchiere con Sam. Non mi fido poi tanto di mandarti con lui. Sarei
stato più tranquillo a mandarti con Jared..”
“Papà!”
“Si si lo
so, sta’ tranquilla.”
Ora sono
pronta. Certo continuo a sentirmi ridicola, ma ormai ci sono. Non posso fare
altro che andare e sperare che nessuno mi noti. Scendo le scale lentamente, non
sono abituata a camminare sui tacchi, sono abbastanza alta e non ne ho molto
bisogno, così li uso soltanto nelle occasioni in cui è strettamente necessario.
Questa è una di quelle occasioni. mi avvio in salotto, vedo mio padre sorridere
dalla poltrona che fa cenno a Sam del mio arrivo. Lui si gira e mi osserva con
un’espressione tra lo stupito e l’incredulo.
“Orribile
eh?”
“Si, Leah.
Ho cercato di prepararlo, ma non ci credeva. Davvero spaventosa!” dice mio
padre continuando a sorridere. Sembra compiaciuto, chissà cosa ha detto a Sam.
“Io..” Sam
intanto continua ad aprire e chiudere la bocca come un pesce.
“Sam, so di
non stare bene conciata così, ma l’hai detto anche tu no? È solo per stasera.”
“Sei
bellissima” Non dice altro, ma sa che queste sono le parole che avevo bisogno
di sentirmi dire. Gli sorrido dolcemente, gli occhi minacciano nuovamente di
lacrimare. In quel momento entra nella stanza mia madre seguita dal mio
fratellino Seth.
“Leah!, ma
stai benissimo!”
“Sapevo che
quel vestito ti sarebbe stato un amore!”
“A proposito
di vestiti tesoro, il prossimo vestito che ti serve lo comprerò io. Tua madre
ha dei gusti poco raccomandabili.”
“Che hai da
dire sul vestito che le ho comprato? È perfetto, le sta benissimo!”
“Certo, è
perfetto. Ma qualche centimetro in più non guastava”
“Ok, papà ha
ragione, ma ora sarà meglio andare. Siamo già in ritardo. Sam, andiamo?”
Sam è ancora
impacciato. Speriamo che non continui così per tutta la sera, perché ho bisogno
di qualcuno che mi aiuti, e lui in questo momento ricorda un manichino con lo
sguardo idiota. Però con il completo elegante sta veramente bene. È stupendo!
“Si,
andiamo.” Ci avviamo verso la porta, pronti per trascorrere questa serata,
quando mio padre, con un’aria minacciosa, esclama “Ehi ragazzo! Ricorda quello
che ho detto..”
“Certo! Le
mani a posto e dopo la festa dritto a casa!” e gli rivolge una smorfia che
vorrebbe essere un sorriso.
Forse non lo
sa, ma piace a mio padre. Beh è ovvio, non c’è nessuno alla riserva a cui Sam
non piaccia. Ha dimostrato in più di un’occasione di essere un ragazzo
responsabile, ‘con la testa sulle spalle’ come dice il vecchio Quil. Ogni padre
lo vorrebbe per la propria figlia. È un vero tesoro.
Quando lo
dissi a mio padre, non fece i salti di gioia, certo. Ma ricordo che disse “Oh,
meglio lui che qualcun altro. È un tipo in gamba.”
Sorrido tra
me per questo piccolo ricordo. Salgo in macchina e aspetto che Sam faccia lo
stesso.
Usciamo dal
vialetto di casa, ci avviamo verso la scuola quando Sam ferma l’auto, mi guarda
e dandomi un bacio mi dice
“Ti amo.”
Quello è il
più bel ricordo della mia adolescenza. Quella sera tutto è stato perfetto, il
ballo andò meraviglia, i miei amici erano tutti lì, mi erano vicini, il mio
ragazzo aveva detto di amarmi. Non potevo desiderare nient’altro dalla mia
vita, che non avessi già.
Quello è
l’ultimo ricordo che ho di me e Sam insieme.
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Salve!
Eccomi qui con un nuovo capitolo. Come ho già
detto, ne ho alcuni già pronti, quindi non mi
sarà diffivile aggiornare, purtroppo però sono
arrivata ad un punto fermo dela storia, e non so come andare avanti...
magari farmi sapere cosa pensate di questa fic potrebbe stimolarmi a
scrivere...
Comunque, voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto, chi ha
aggiunto la storia tra i preferiti e soprattutto Hermione 93, per la
sua recensione.
Ora vi auguro buona lettura, e al prossimo cap!
La
mattina
dopo il ballo mi svegliai presto. Nonostante non ci fosse scuola avevo
un
pensiero nella mente che non mi permetteva di riposare tranquilla.
Verso
la
fine della serata, quando stavamo pensando di tornare a casa, Sam mi
era parso
strano, un po’ pallido. Così lo convinsi ad andare
via. Salutammo tutti e ce ne
andammo.
Sam mi
accompagnò a casa, ma sembrava stare sempre peggio, non
potevo pensare di
lasciarlo tornare a casa da solo.
Prima che io
scendessi dall’auto ci salutammo, un bacio tenero, come
sempre, ma fu il
contatto con la sua pelle che mi fece allarmare. Era bollente. Non
riuscivo a
credere che scottasse tanto. Dissi a Sam di aspettarmi lì e
corsi dentro a
chiamare mio padre, sapevo già che l’avrei trovato
sveglio ad aspettarmi.
Subito mi
aiutò a portare Sam in casa. Lo facemmo stendere sul divano,
la cosa che mi
dava più fastidio è che lui continuava a dire che
stava bene. Ma come fa una
persona con quel febbrone a stare bene? Era chiaro che avesse la febbre
alta,
sembrava aver preso fuoco! Nonostante tutto però insistette
per tornare a casa,
così lo accompagnò mio padre, con la sua auto
(abitavamo a qualche isolato di
distanza, papà sarebbe tornato a piedi).
Quando lo
salutai mi disse di stare tranquilla, che con una lunga dormita sarebbe
stato
subito meglio e ch ci saremmo sentiti il giorno successivo.
Fu l’ultima
volta che sentii la voce del mio
Sam.
Mi
alzai dal
letto, uscii dalla mia camera per dirigermi in cucina. Avevo voglia di
bere
qualcosa di caldo, e poi telefonare a casa di Sam per sapere come
stava. La
cucina tuttavia non era vuota come mi aspettavo. Mio padre sedeva al
suo posto
intorno al tavolo. Aveva l’aria distrutta, sembrava aver
passato la notte in
bianco. Non si era neanche accorto della mia presenza.
“Papà, cosa
ci fai in piedi a quest’ora? Ti senti bene?”
“Leah!”
sembrava stupito di vedermi, alzò il volto verso di me, era
veramente
distrutto.
“Papà,
qualcosa non va? Sembri distrutto”
“Come? Oh,
no cara, non preoccuparti. Piuttosto torna a letto.”
“Mm,
veramente non riesco a dormire. Volevo preparare un po’ di
tè, ne vuoi?”
Si
stiracchiò un po’ prima di rispondere
“Mm si. Forse è proprio quello che mi ci
vuole. Sono a pezzi.”
“Ok, lo
preparo subito.” iniziai a armeggiare con le tazze, il
bollitore e tutto
l’occorrente per preparare il tè e intanto cercai
di capire il perché di quel
comportamento da parte di mio padre. “Senti papà,
ma è successo qualcosa?”
“No. No
tesoro. Niente di importante. È solo un pensiero, credo che
oggi andrò a
parlare col vecchio Quil.”
“Qualcosa
che riguarda la riserva?”
“Più o meno,
cara. Ma non devi preoccuparti per questo.”
“Non
dovresti parlarne anche con Billy Black?” portai il
tè a tavola e gli porsi la
tazza.
“No, Leah.
Te l’ho già detto, le mie sono solo
supposizioni.”
“Posso
sapere a che riguardo? Deve essere accaduto qualcosa per farti stare in
piedi
tutta la notte.” Prese la sua tazza, si avvicino e mi diede
un bacio sulla
fronte.
“Non
importa. Piuttosto, perché ti sei già
alzata?” Avevo capito che era una manovra
per cambiare discorso, ma lo assecondai.
“Son un po’
in pensiero per Sam” a queste parole reagì in modo
alquanto strano, come se
solo in quel momento gli tornasse in mente qualche particolare.
Comunque
continuai “Sono scesa perché avevo intenzione di
telefonargli, vorrei sapere se
sta meglio. Mi sento un po’ in colpa. Se non mi avesse
accompagnato al ballo..”
non mi diede il tempo di terminare la frase che scattò in
piedi.
“Vado su a
prepararmi, ho intenzione di andare da Quil. Spero di non svegliare la
mamma.
Glielo dirai tu?” annuii, iniziava ad insospettirmi sempre di
più. Non vedevo
chiaro in quella faccenda.
Dopo poco
papà uscì, mi aveva salutato a stento. Lo sentii
allontanarsi in auto. Strano,
Quil Althea non abitava lontano da casa, papà ci andava
quasi sempre a piedi.
Il fatto che avesse usato l’auto significava che aveva molta
fretta.
Passai
il
resto della giornata a studiare. Avevo provato a chiamare Sam, la madre
mi
aveva detto che non stava affatto meglio, che aveva anche perso i
sensi. Non era
il caso di farlo sforzare per sentirlo. Così le dissi che
sarei passata a
trovarlo nel pomeriggio. Mio padre tornò solo ad ora di
pranzo. Evitava il mio
sguardo, non ne capivo il motivo, era vago, silenzioso. Sembrava quasi
che ci
stesse tenendo un segreto. Iniziavo a preoccuparmi.
Dopo pranzo
lo sentii mentre discuteva con mia madre, lo facevano a bassa voce. Non
riuscii
a capire molto, senti solo chiaramente mio padre dire “Esatto
Sue. È proprio
come pensavo. Mi chiedo solo come la prenderà
Leah.”
Come l’avrei
presa? Come avrei preso cosa?? Beh a questo punto non potevo che farmi
avanti.
Se avevano fatto il mio nome voleva dire che la questione riguardava
anche me.
Avevo tutto il diritto di sapere cosa stesse accadendo.
Andai verso
d loro e dissi “Come prenderò cosa,
esattamente?”
“Leah!” mia
madre non si aspettava di vedermi spuntare così
guardò subito in direzione di
mio padre. Lo interpretai come un segno per sapere se era il caso di
dirmi
tutto o meno (lo so, quando voglio so essere molto fantasiosa, o anche
paranoica).
“Leah, non è
giusto tenerti all’oscuro di tutto.”
Ecco era
arrivato il momento, mio padre stava per rivelarmi il suo grande
segreto!
Iniziavo a sentire un peso nello stomaco che mi attanagliava le
viscere. Volevo
che parlasse, che mi spiegasse il perché di tante stranezze,
perché iniziavo a
preoccuparvi sul serio.
“Allora, da
dove comincio? Uh” fece
un sospiro,
doveva essere molto stanco..
“Vedi,
stanno accadendo alcuni fatti che riguardano la nostra
tribù- che c’entravano
ora i Quileute? Diventava tutto sempre meno chiaro –diciamo
che non posso dirti
ancora niente con sicurezza, in realtà non so neanche se mi
sarà concesso dirti
tutto, ma credo che tu debba sapere che in qualche modo riguarda anche
Sam e
quello che gli è successo ieri.” Chiuse gli occhi
e si appoggiò allo schienale
della sedia. Per lui doveva essere complicato farmi capire
ciò che stava
accadendo senza però svelarmi nulla di compromettente. Mio
padre era uno degli
anziani dei Quileute da quando morì mio nonno, avevo solo
pochi anni. Non mi
piaceva vederlo così frustrato.
“Va bene
papà. Ho capito. Non fa niente. So che se potrai mi
spiegherai tutto. Mi va
bene, anzi, sono contenta che tu abbia cercato di spiegarmi
tutto.” Ero molto
grata a mio padre. Il suo modo di fare mi faceva capire che mi
considerava
abbastanza matura da conoscere i particolari che solo loro adulti
sapevano.
Sotto i suoi occhi ero un’adulta, al loro pari.
Ciò che però
mi preoccupava più di ogni altra cosa ora era saperne di
più sul malessere di
Sam. Volevo aiutarlo, doveva esserci un modo! Così anche se
esitante, mi feci
coraggio e glielo chiesi
“Papà,
scusami. So che rischio di metterti in difficoltà. Ma vorrei
chiedertelo
comunque..”
“Si, mi
aspettavo che mi ponessi qualche domanda. Aspetta, so già
cosa vuoi sapere. Oggi
sono passato anche da Sam. È vero, sta ancora molto male, ma
durerà ancora per
qualche giorno. Dopodiché..” smise di parlare. Si
bloccò, sembrava una statua
di giaccio. Non riusciva a continuare. Questo mi mise ancora di
più in agitazione.
Non osavo chiedergli nulla, ero terrorizzata, non sapevo cosa
aspettarmi.
Tuttavia desideravo che lui continuasse, che mi spiegasse tutto, o
almeno ciò
che mi interessava.
“Leah, non
posso assicurarti che una volta guarito, Sam torni ad essere quello di
un
tempo. È una questione complicata.”
“Non.. capisco.”
“Sam non è
affatto una persona inaffidabile. È un bravo ragazzo, si
è sempre comportato
bene. Tuttavia non posso negare che probabilmente diventerà
alquanto..
pericoloso.”
Ero
agghiacciata. Che vuol dire che Sam sarebbe diventato pericoloso? No,
non
potevo crederci. Sam, il mio Sam non sarebbe mai diventato pericoloso.
Ma che
vuol dire poi? Cosa avrebbe potuto fare? Aggredirmi? No, non ne sarebbe
mai
stato capace. Non avrebbe mai fatto del male a nessuno. A meno che non
fosse
stato istigato. Certo ricordo quella volta in cui diede un pugno a
quello
sconosciuto, ma l’aveva fatto per un motivo. Emily ed io
stavamo tornando a
casa dopo una giornata di shopping, quando questo ragazzo si avvicina e
cerca
di attaccar bottone. È stata una di quelle volte in cui ho
profondamente odiato
la mia lingua lunga. Dovevo aspettarmelo, si capiva chiaramente che non
aveva
buone intenzioni, ma nonostante questo e nonostante Emily mi pregasse
di non
alterarmi, stufa del suo comportamento lo insultai. Quando mi
afferrò alle
spalle, mi sentii morire, vidi come un flash la mia vita passarmi
avanti agli
occhi come un film muto. Rividi i miei genitori, i miei amici, Emily,
sempre
accanto a me, e alla fine lui. Con gli occhi chiusi lo rividi, rividi
il
ragazzo che Paul mi aveva presentato qualche giorno prima, che mia
aveva subito
colpita, con quelle fossette sul viso che si notavano solo quando
sorrideva.
Sam. Riaprii gli occhi e non credevo a quel che vedevano.
Sam stava
venendo verso di noi. Appariva agitato aveva uno sguardo che per
fortuna non
avevo mai visto prima. Era furente di rabbia, faceva paura.
Venne verso
di noi, e nel momento esatto in cui quel tipo stava tentando di
baciarmi lo afferrò
per un braccio e allontanò da me. Si psne avanti a me ed
Emily, come a volerci
fare scudo con il suo corpo. Quando quel ragazzo si avvicinò
cercando di
colpirlo si abbassò velocemente e con un pugno ben piazzato
lo colpì dritto
allo stomaco.
Dopo averlo
messo al tappeto si assicurò che stessimo bene e ci
accompagnò a casa. Mi
salutò con una lieve carezza sulla guancia. Mi
stupì la sua delicatezza. Non so
per quale motivo ma mi gettai tra le sue braccia e iniziai a piangere a
dirotto. Mi persi nel suo profumo. Sam mi strinse forte tra le sue
braccia, mi
sentivo davvero protetta. Una sensazione unica. Come se fossi fatta per
stare
tra le sue braccia. Mi aveva già detto in precedenza che gli
piacevo, e anche a
me lui non era indifferente, ma ancora non lo conoscevo bene. Non
sapevo se
potermi fidare o meno. Dopo quell’episodio gli avrei affidato
la mia stessa
vita,
No, Sam non
sarebbe mai diventato pericoloso.
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Ciao! Ecco pronto un altro
capitolo, spero tanto che vi piaccia...
Sinceramente quando ho pensato di pubblicare questa storia non mi
aspettavo che potesse suscitare l'interesse di qualcuno, ovviamente
Leah come personaggio mi piace tantissimo, ma è anche molto
complesso e non mi ritenevo in grado di esprimere i suio sentimenti e
le sue sensazioni adeguatamente. Quindi sono rimasta molto sorpresa di
notare quanta gente ha letto questa fic!
Ora vorrei ringraziare come sempre, coloro che hanno aggiunto la Fic
tra i preferiti o tra le seguite e soprattutto Rosalie Hale e Bella Swan, Hermione 93 e Sarapastu
per aver recensito: Sono davvero contenta che la fic vi piaccia, e
spero di non deludere le vostre aspettative nei capitoli successivi.
Comunque, mi paicerebbe conoscere anche il parere delle altre persone
che leggono la fic, quindi che ne dite di una piccola recensione?
Ora, buona lettura!
“Papà,
non credo di capire..”
“Calmati
cara, non sto dicendo che Sam potrebbe aggredire qualcuno, il fatto
è che
almeno per i primi tempi sarà alquanto imprevedibile. Non
conosciamo ancora le
reazioni.”
“Non
capisco proprio cosa possa avere di così tremendo. Se
è tanto pericoloso,
perché non lo portate da un medico? Cosa ne potete sapere
voi che lui non si
sappia spiegare?” stavo iniziando ad alterarmi, mio padre
invece continuava col
suo tono freddo e distaccato “Leah, ti ho già
detto che è complicato, e che
riguarda i Quileute.”
Nei
giorni successivi non ebbi più modo di parlare con mio
padre. I momenti che
passavamo insieme si erano ridotti ai pasti, mi ero chiusa in un
mutismo e lui
faceva altrettanto. La salute di Sam non migliorava, sua madre
continuava a
dirmi che non era il caso di parlargli e che non occorreva che gli
facessi
visita, era come se tutti si fossero messi d’accordo per
tenermi lontana da
lui. Mi sentivo morire.
Mentre
a me non era permesso, sembrava che invece sia mio padre che Billy
Black
avessero l’obbligo di andare a controllare la situazione di
Sam, ma anche se
morivo dalla voglia di chiedergli come
stesse il mio ragazzo, non avevo intenzione di rivolgergli la parola.
Dopo
qualche giorno ancora, inaspettatamente fu Sam a farsi vivo. Mi
telefonò,
rispose mio padre. Non feci molto caso a ciò che gli chiese,
avevo solo voglia
di strappargli la cornetta dalle mani e sentire la voce del mio ragazzo
dall’altro lato. Non ci mise molto e mi passo il telefono.
“Pr..
pronto?”
“Leah,
ciao. Non sai che bello risentirti.”
“Sam!
Come stai? Ti senti meglio? È passato? Oh, non sai quante
volte ho cercato di
venire a farti visita, ma mi dicevano che non era il caso..”
“Si,
infatti Leah. Non era il caso che mi vedessi in quelle
condizioni.”
“Ma
ora stai meglio?”
“Certo,
sono del tutto guarito.” Sentirglielo dire mi riempiva di
gioia. Un gran
sollievo si impadronì di me, il mio Sam stava bene, questo
era tutto ciò che
importava.
“Fantastico!
Sono felicissima! Allora adesso possiamo vederci, no?”
“Ecco,
a questo proposito Leah, forse è meglio di no.
Cioè per il momento è meglio di
no, poi ultimamente sono anche piuttosto impegnato, devo darmi da fare
anche
col lavoro, ho perso parecchi giorni. E poi anche tu avrai da fare, con
lo
studio! Facciamo così, appena posso faccio un salto da te
ok?”
Una
forte delusione s’impadronì di me.
Perché il mio ragazzo non voleva vedermi?
Una gran voglia di piangere si stava facendo largo. “Oh,
s-si. Hai ragione,
sarai impegnato.. o-ok allora,
ci
sentiamo domani?”
“D’accordo.
Allora a domani.”
“S-si.
Ciao.”
“Cia..”
“Ah!
Sam aspetta!”
“Che
c’è?”
“Niente,
è solo.. ti amo.” Sam dall’altra parete
rimase in silenzio per un po’. Quando
rispose aveva un tono combattuto. L’avevo notato per tutta la
durata della
telefonata.
“Oh
Lee! Ti prego! “ sussultai, non usava mai il mio nomignolo,
“Anche io Leah,
credimi.” La telefonata terminò in quel momento.
Posai la cornetta al suo posto,
e salii in camera mia. Passai il resto del pomeriggio a studiare.
Non
sapevo cosa fare, mi sentivo completamente vuota.
Dal
giorno della telefonata passò circa una settimana, durante
la quale non riuscii
a vedere Sam neanche di sfuggita. Mi sentivo frustrata, non sopportavo
più
quella situazione. Avevo solo una gran voglia di vedere Sam, di
potergli
parlare da vicino, di sentire il suo respiro caldo sulla pelle,
baciarlo,
abbracciarlo.. desideravo stare con lui! Fosse solo per poco tempo..
Ormai
era diventata routine a casa mia la visita di Jared il pomeriggio, che
sosteneva di aver bisogno di aiuto con lo studio perché non
riusciva a
completare gli esercizi di chimica. Peccato che Jared fosse sempre
stato molto
bravo in chimica, era una delle sue materie preferite.. anche se sapevo
che
quella era una bugia bella e buona, non riuscivo a non apprezzare il
gesto.
Cercava
solo di starmi vicino. E la sua presenza, a dirla tutta, mi aiutava
davvero.
Proprio
come i pomeriggi passati con Jared, erano abitudine anche le telefonate
di
Emily e Paul.
Mia
cugina, la mia dolce e buona cugina, era tesa. Lo avvertivo dalla sua
voce,
dalle frasi senza senso che usava per distrarmi. Tentava in tutti i
modi di
farmi sorridere, ma appariva più demoralizzata di me. Non si
spiegava come Sam
potesse comportarsi a
quel modo, l’aveva
sempre ammirato, più di una volta mi aveva detto
“E’ stato l’unico in grado di
scaldare il cuore della mia cuginetta! Dovrei fargli un monumento,
è riuscito
dove non so quanti hanno fallito”, ed era vero, non avevo mai
avuto un ragazzo.
Tendevo ad allontanare quelli che mi chiedevano di uscire o che
mostravano un
interesse per me. L’unico a cui permisi di starmi accanto,
nonostante la
dichiarazione, era colui che si spacciava per il mio migliore amico, ma
col
tempo anche lui ha capito che tra noi poteva esserci solo una bella
amicizia, e
per mia fortuna se ne accontentò.
Paul
continuava a chiamare tutte le sere. Strano da parte sua, eravamo
amici, vero,
ma ci conoscevamo solo grazie ad amici in comune. Apprezzavo tanto che
anche
lui si mostrasse disponibile ad aiutarmi. Era bello sapere di poter
contare su
qualcun altro.
Dal
canto suo era molto preoccupato. Continuava a ripetermi che non sapeva
spiegarsi lo strano comportamento di Sam. Ma non ero del tutto convinta
che
dicesse la verità. Paul è sempre stato un tipo
allegro e chiacchierone, ed ora
tutto ad un tratto era diventato silenzioso, faceva sempre attenzione a
ciò che
diceva. Come se avesse paura di lasciarsi sfuggire qualcosa. Non volevo
metterlo in difficoltà, se sapeva qualcosa non poteva
rischiare di rivelare il
segreto, quindi quando lo sentivo in difficoltà, ero io a
cambiare discorso.
Quasi sempre questo coincideva con l’argomento Sam.
“Aha!
Hai visto, Lee-lee? Secondo me sei tu che mi porti fortuna!”
“
Davvero? A me non sembra”
“E
invece è proprio così” Jared , sempre
il solito, cercava sempre un modo per
farmi sorridere, e in quel periodo sembrava essere l’unico in
grado di
riuscirci “Credimi, quando ci provo a casa da solo non ci
riesco mai, invece
quando sono con te mi risulta tutto semplice.”
“Si,
credo che potrei avere successo come portafortuna. Solo sono un
po’
ingombrante..”
“Sei
perfetta!”
“Certo,
certo”
“Senti,
quando pensi di tornare in palestra?”
“Mi
stai dicendo che sono grassa?”
“Permalosa!
Non mi senti? Ti ho appena detto che sei perfetta, come potrei dirti
che sei
grassa?”
“Non
lo so. Comunque forse stasera ci vado, ho proprio bisogno di tirare
qualche
pugno”
“Ancora
con la fissa della kick boxing? Lo sai che mi fai paura?”
“Eh
si, devo perfezionare alcune tecniche..”
all’improvviso sento bussare alla porta della
mia camera, è Seth, il mio
adorabile fratellino. “Scusa Leah, posso chiederti un
favore?”
“Seth,
dimmi che c’è?”
“Mm,
avrei bisogno che mi aiutassi con i compiti, ci sono alcune cose che
non mi sono
chiare, e oggi non c’è neanche mamma..”
“Non
preoccuparti Seth! Io sono qui per questo!”
“Jared,
a mio fratello e ai suoi compiti ci penso io. Tu pensa ai
tuoi.”
“Grazie
Jared, ma preferirei che mi aiutasse Leah. Non ti dispiace?”
“No
Seth, figurati! Ormai sono abituato ad essere trattato male dalla tua
sorellina..”
“Ma
smettila! Non ti tratto male! Comunque Seth, aspetta che finisca qui
con Jared
e poi sono subito da te, ok?”
“Si!
Grazie. Allora ti aspetto in camera mia. Ci vediamo Jared,
ciao!”
“Ciao,
piccolo!” Seth chiude la porta e torna in camera sua
“Tuo fratello è adorabile!
È sempre così dolce, dovresti prendere esempio da
lui.”
“Non
ne ho bisogno, io sono già dolce!”
“Si,
ma lo sei solo con chi vuoi tu! Dovresti esserlo con tutti
invece”
Il
pomeriggio passò così, tra i battibecchi con
Jared e i compiti di mio fratello.
Non un granché certo, ma almeno mi aiutò a non
pensare ai comportamenti strani
che avevano tutti da un po’.
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Salve!
Finalmente riesco ad aggiornare, prima di lascairvi al capitolo vorrei
precisare che ci saranno delle piccole differenze tra la trama della
mia storia e la saga, dovute alla mia ignoranza: ero infatti convinta
che a scatenare la trasformazione si Sam fosse stato il trasferimento
dei Cullen, mentre invece (l'ho letto su wikipedia) è stato
l'arrivo dei tre vampiri 'cattivi'; o anche il fatto che Harry abbia
soccorso Sam, mentre sappiamo ceh il poverino ha fatto tutto da solo, e
solo per caso il vecchio Quil si è accorto di ciò
che gli era accaduto e gli ha potuto spiegare per bene la sua natura.
Spero quindi che mi perdoniate queste 'licenze' (vogliamo chiamarle
così?), promettendo che cerchierò far coincidere
tutto con gli avvenimenti del libro.
Vorrei anche ringraziare coloro che non mancano mai di recensire ad
goni capitolo, Hermione 93, Bella Swan e Sarapastu: Ho iniziato a
scrivere questa fic perchè dopo aver letto tutta la storia,
ho pensato che un personaggio come Leah, così contorto e ben
costruito, averbbe meritato qualche spazio in più. Non mi
credevo all'altezza di scrivere una fic, e il mio era solo un
passatempo (non avevo intenzione di pubblicare nulla), ma mi fa piacere
scoprire che le mie idee e il mio modo di scrivere piacciano a
qualcuno. Vi ringrazio davvero tanto.
Spero che continuiate a
leggere e di non deludervi nel proseguire.
Il
tempo
passava, ma la situazione non migliorava affatto. Cercavo di impegnare
ogni
minuto della giornata, pur di non pensare a Sam, ma non era
così semplice. La
mattina andavo a scuola, e seguivo con la massima attenzione le
lezioni, a
pranzo Nicky, Jared e Paul mi facevano compagnia, il pomeriggio lo
passavo tra
lo studio e gli allenamenti di kick boxing e quando tornavo a casa ero
tanto
stanca che una volta a letto crollavo nel mondo dei sogni.
Nonostante
tutto era un chiodo fisso.
Basta! Avevo
deciso, sarei andata a cercare Sam. Non sopportavo più di
potergli parlare solo
per telefono, di non poterlo vedere. Non resistevo più.
Presi la
decisione. Quel giorno dopo scuola sarei andata a casa sua. Non
importava il
resto, dovevo vederlo.
Come se quel
giorno tutti i miei desideri dovessero avverarsi, all’uscita
da scuola, ad
aspettarmi a solito posto c’era Sam. Non riuscivo a crederci.
Eppure qualcosa
non andava. Osservavo Sam, mi aspettavo di sentirmi dentro una specie
di
esplosione, dopo tanta attesa. E invece no. Avevo solo voglia di andare
da lui,
mollargli uno schiaffo e chiedergli spiegazioni. Non feci nulla di
tutto
questo, per fortuna. Mi avvicinai, calma, e lo chiamai. Non si
aspettava questa
reazione, forse anche lui aveva pensato ad una reazione violenta, o
forse a
vedermi correre verso di lui e gettarmi tra le sue braccia, come era
già
capitato in più di un’occasione.
“Sam”
“Leah. Non
ti ho vista uscire, mi chiedevo dove fossi finita, i tuoi amici sono
usciti da
un po’”
“Mi sono
fermata prima in biblioteca.” Era strano, non riuscivo ad
essere naturale con
lui. Ero delusa dal suo comportamento, da quando era stato male.
C’era qualcosa
di diverso in lui, la sua voce, il suo sguardo, persino il suo fisico
mi
appariva diverso.
“Ah,
capisco. Senti, se non hai da fare ti accompagno a casa.”
“Oh, ok. Se
per te non è un problema..”
“Ma che
problema? Sali dai!”
Salii in
macchina, ma non proferii parola. C’era un silenzio
imbarazzante, eravamo
entrambi molto tesi, ma io non ne conoscevo il motivo.
“Sai, stiamo
rischiando davvero.”
“Come? Non
ho capito”
“Non dovevo
venire oggi. Ma non ce la facevo più, dovevo
vederti” si girò a fissarmi, non
resistevo, qualunque cosa fosse successa, lui era Sam, il mio Sam. Era
impossibile essere arrabbiata con lui. Sorrisi
“Anche io
non resistevo più. Avevo intenzione di venire da te oggi,
dopo scuola.” Fermò
la macchina, e si girò a guardarmi
“Cosa? E
perché? Ti avevo detto..”
“Sam! Vorrei
una spiegazione, solo questo.” Non
riuscivo a guardarlo negli occhi. Mi stavo illudendo, quello che avevo
accanto
non era il mio Sam. Era un’altra persona, e non mi piaceva.
“Vorrei solo
sapere perché sei sparito. Credo di meritarmela.”
Mi guardava sorpreso. Non so
cosa si aspettasse, ma cosa pretendeva, che lo aspettassi sempre col
sorriso
sulle labbra e la dolcezza nel cuore? No, quella non ero io, e lui lo
sapeva
bene.
“Leah, io..”
“Se non
volevi più vedermi, avresti dovuto dirmelo di persona. E non
sparire nel nulla,
come..” non mi fece finire la frase perché mi
abbraccio di slancio. Era caldo,
incredibilmente caldo. Poteva essere piacevole, sentirsi avvolta da
quel
calore, con la testa poggiata sul suo petto e sentire il suo cuore
battere.
Poteva essere piacevole, ma mi sentivo male. Mi mancava
l’aria. Stavo
soffocando. Quello non era il mio ragazzo. Iniziai a piangere. Tutte le
lacrime
trattenute fino a quel momento si liberarono, ed io scoppiai in un
pianto
liberatorio.
“Non
penserai davvero una cosa del genere?! No puoi credere che non volessi
vederti!”
“Ah no? E
allora spiegami per quale motivo non ti sei fatto vivo per tutto questo
tempo!
E perché non mi era permesso vederti!”
“Leah, non
sono più lo stesso ragazzo di una volta. È
difficile, non posso spiegarti
tutto, ma credimi, ciò che provo per te non è
cambiato.”
“Mpf”
“Non fare
così Lee, è vero. Solo che ora ho delle
responsabilità. E poi”
mi alzò il viso, voleva guardarmi negli
occhi. “E poi ho una paura terribile di farti del
male”
“Sam, tu non
mi faresti mai del male!”
“Non
volontariamente. Ma ci sono cose che non so controllare bene. Non posso
rischiare, sarei egoista. Se ti accadesse qualcosa a causa mia non me
lo
perdonerei mai”
“Continuo a
non capire”
“Te l’ho
detto, è normale. Non sai quanto mi fa male vederti in
questo stato e sapere
che è colpa mia.” Mi
tenne ancora
stretta tra le sue braccia, stringendo ancora, ma sembrava che si
trattenesse,
come se non volesse farmi male, allora fui io che mi strinsi
più forte a lui.
Mi baciò, lentamente, sulla fronte, poi scense fino alla
guancia, avvicinandosi
lentamente alle mie labbra. Una vera e propria scia di fuoco sulla mia
pelle.
Non resistevo, avevo bisogno di quel contatto. Quando ci staccammo,
dopo non so
quanto tempo, mi sentivo meglio. Stavo bene, era come se quei giorni di
assenza
non avevano cambiato nulla. Ma mi bastò guardare Sam negli
occhi per capire che
non era così. E tornai alla dura realtà fatta di
silenzi.
“Dai, ti
accompagno a casa.”
Il resto del
viaggio fu tranquillo, eravamo entrambi silenziosi, ma non era
più quel
silenzio fatto di tensione ed imbarazzo. Fu quando mi toccò
uscire dall’auto
che un pensiero balenò nella mia testa.
“Quando ci
rivedremo?” la mia domanda ne nascondeva alcune molto
più importanti, e Sam
parve capirlo.
Ci saremmo
rivisti? Quello era un addio? Cosa avremmo fatto d’ora in
avanti? Stavo per
rimettermi a piangere.
“Ti
accompagno dentro. Vorrei stare ancora un po’ con
te” quando uscimmo dall’auto,
Sam mi stupì ancora. Si avvicinò a me e mi teneva
tra le sue braccia. Come se
avesse veramente paura che con un colpo di vento potessi allontanarmi
da lui. Non
mi dava fastidio, ma al contrario di quanto si possa credere, mi
agitava. Non
ero io quella che spariva per giorni, era Sam.
Passammo
tutto il pomeriggio insieme, quando mio padre tornò ci
trovò sul divano, era sorpreso
quanto spaventato.
Sam era
seduto, con le mie gambe sulle ginocchia, le sue braccia ad avvolgermi
il corpo
e la testa poggiata di lato, si era addormentato, ma non lasciava la
presa. Io
ero accoccolata con la testa sulla sua spalla, e parlavo a bassa voce
con Seth,
seduto sulla poltrona accanto al divano. Appena vidi mio padre cercai
di
andarlo a salutare, ma dividere le braccia di Sam era
un’impresa impossibile.
Comunque mio padre lo capì, si avvicinò e mi
diede un bacio sulla guancia. Ora
era tutto a posto.
Feci di
tutto per convincere Sam a restare per cena, ma non ci riuscii. Quella
sera
sarebbe stato da noi anche Charlie Swan, l’ispettore di
Forks,
un vecchio amico
di papà.
Cenammo
tranquillamente, ascoltando vari aneddoti delle loro domeniche a pesca
e
parecchie bravate della gioventù di mio padre. Poi me ne
andai di sopra, mi
preparai per andare a letto e scesi giù per salutare tutti.
Papà e
Charlie stavano in salotto, guardando la tv, e parlando del
più e del meno.
Salutai Charlie, diedi un bacio a mio padre e mi avviai alle scale,
ascoltando
ancora le chiacchiere dei due.
“Eh, già per
fortuna è tranquilla”
“Si, non
accade mai niente d’importante in questa
città.”
“Il massimo
è l’arrivo di qualche nuovo abitante”
“Ahah! Già,
a proposito! È da qualche settimana che si è
trasferita qui una nuova
famiglia.”
“Vedi? Che
ti avevo detto? Il massimo dell’azione!”
“Certo. Mi
sembrano persone apposto, tranquille. È un medico, con la
moglie e cinque
figli”
“Wow cinque
figli! Io ne ho solo due e mi sembrano troppi!”
“Sono stati
adottati, la moglie del dottore non può averne..”
“Però! E
come si chiamano?”
“Cullen.
Abitano nella casa dopo il sentiero.”
“Cullen.
Questo nome non mi è nuovo..”
Smisi di
ascoltare. Niente di interessante. Di sicuro una nuova famiglia a Forks
non mi
avrebbe cambiato la vita! I Cullen..
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Nuovo capitolo finalmente
aggiunto! Mi scuso con chi si aspettava un aggiornamento
più rapido, ma purtroppo uultimamente sono troppo impegnata
e non riesco ad accendere il pc neanche per un attimo. Di conseguenza
non sono riuscita a scrivere molto, e questo era l'ultimo capitolo
pronto, mentre per l'altro ci vorrà ancora un po' di tempo...
Ora, passiamo ai
ringraziamenti. Ringrazio come sempre Hermione 93, Bella Swan e
Sarapastu per le loro recensioni (e per aver corretto i miei errori
:-P); chi ha aggiunto la storia ai preferiti e alle seguite, e anche
chi legge.
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia, fatemi sapere! XD
Da
quel giorno parve che le cose si stessero mettendo a posto. Non
litigavo più
con mio padre, periodicamente riuscivo a stare con Sam, Jared
continuava a
passare i pomeriggi a casa mia, Paul aveva smesso di telefonarmi ogni
sera, ma
si limitava a farlo ogni tanto, Emily continuava a passare i
finesettimana da
me, proprio come quando eravamo piccole.
Insomma
sembrava tutto tornato alla normalità.
Un
po’ come quando stai in riva ad un lago, prendi un sasso e lo
getti in acqua.
Per un po’ si vedono le onde provocate dall’urto
con l’acqua, ma poi passa del
tempo e anche quelle si calmano. E tutto sembra tornare normale.
Ma
non bisogna dimenticarsi del sasso che è finito sul fondo.
Perché
per quanto le cose si siano calmate, il sasso è arrivato, ha
sconvolto le acque
e ora, anche senza scorgere la sua presenza, è
lì, e il lago, per quanto sia
calmo e appaia proprio come prima, non è più lo
stesso.
Avrei
dovuto saperlo, e non farmi illusioni.
Avrei
dovuto fare più caso agli sguardi cauti che mio padre
lanciava a Sam, quando
era sicuro di non essere visto; a Jared e Paul, che avevano deciso di
non
lasciarci un attimo di intimità; allo stesso Sam, che faceva
di tutto per
restare sempre calmo, per non agitarsi, e che quando accadeva, si
allontanava
prepotentemente intimandomi di non seguirlo. Ma la gioia di aver
finalmente riottenuto
la serenità della
mia vita, mi rendeva cieca avanti a questi eventi. Non poteva esserci
nulla di
strano. Ero felice.
Fu
un fine settimana come tanti che accadde l’inevitabile.
Con
tutte le cose brutte che potevano accadere, quella per me fu la
tragedia più
tremenda e dolorosa che avessi mai potuto vivere. Solo ora capisco che
non era
assolutamente così, che quel dolore provato non era nulla,
che da quel momento
tutto era in discesa. La mia vita si stava svuotando.
Emily
era arrivata presto quel sabato, come sempre, portò la borsa
con le sue cose
nella sua camera (o meglio la camera degli ospiti, ma la usava quasi
solo lei,
e in qualche rara occasione Jared, quindi almeno io la consideravo la
sua
camera), mi diede il tempo di fare colazione che poi ci precipitammo
fuori. Era
una bella giornata di fine Maggio, l’estate ormai si sentiva,
e noi avevamo
deciso di andare in spiaggia per abbronzarci un po’.
Passammo
lì tutta la mattina, e tornammo a casa all’ora di
pranzo. Dopo mangiato salimmo
a prepararci, quel pomeriggio sarebbero venuti a casa Sam, Jared e Paul
e poi
saremmo usciti tutti insieme.
Verso
le sei arrivarono Sam e Jared, dicendo che Paul non sarebbe venuto,
perché non
stava bene.
Ci
stavamo preparando per uscire. I ragazzi aspettavano di sotto mentre
mia cugina
ed io stavamo in camera mia.
Emily
iniziò a scendere, io stavo legando i capelli, ormai troppo
lunghi in una coda
alta.
Finito
con i capelli, uscii dal bagno e mi avviai verso le scale, ma venni
fermata da
Jared
“Senti
Lee, non è che potresti prestarmi il tuo libro di
letteratura dell’anno scorso?
Sai, mi servirebbe per un compito importante”
“Si,
certo.. posso portartelo domani a scuola..”
“NO!
No, vedi.. è urgente!”
“Ok,
allora te lo prendo al ritorno”
“NO!
Perché non andiamo a vedere ora? Magari ci vuole tempo e
stasera potrebbe farsi
tardi.. dai, ci vorranno solo pochi minuti..” Jared non me la
contava giusta.
Ma che gli prendeva all’improvviso?
“Per
favore! Tanto appena saremo pronti per uscire qualcuno verrà
a chiamarci..”
“Va
bene ‘Red, andiamo a prendere questo libro.. anche se noi
siamo già pronti per
uscire.. Sam e Emily stanno aspettando noi...”
“Su
su” e mi spinse in camera. Cercare quel libro sembrava
un’impresa impossibile,
ero convinta di averlo a portata di mano, sulla mensola dove tenevo
tutti i
libri di scuola degli anni precedenti, ed effettivamente
c’erano tutti, tranne
quelli che avevo ceduto a mio fratello, e il tomo che serviva al mio
amico...
“COSA?!?”
Nel
bel mezzo della nostra ricerca, un urlo ci interruppe, facendoci
sobbalzare.
“Emily!”
gridai, e mi alzai, pronta a
fiondarmi
al piano di sotto per capire cosa stesse accedendo, e per quale motivo
Emily
avesse urlato. Al piano di sotto trovai mio padre seduto accanto ad
Emily che
piangeva sul divano mentre Sam se ne stava seduto sulla poltrona, con i
gomiti
poggiati sulle ginocchia e le mani che gli coprivano il viso.
“Emily!
Cosa è successo?”
“Leah!” alzò
il viso e solo in quel momento mi
accorsi che stava piangendo. Si accasciò sul divano e
iniziò a singhiozzare.
Andai
a sedermi accanto a lei, non capivo che aveva, ma volevo starle
accanto. Era
sempre stato così tra noi. Non eravamo sorelle, ma il nostro
legame era proprio
come quello. “Dai, non fare così, dimmi che
hai”
“Io...
io non volevo! Mi dispiace Lee!” era disperata, e mi guardava
con occhi
colpevoli, come a farsi perdonare per qualcosa che aveva fatto.
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Salve! eccomi
di nuovo qui. Mi scuso in partenza per il terribile ritardo con cui ho
aggiornato stavolta, ma in questo periodo ho parecchi impegni che
occuoano le mie giornate, così per questo capitolo , che a
dirla tutta non mi piace granchè, e che ho rivisto un
miliardo di volte, non trovavo una soluzione decente. quindo oggi,
avendo la serata libera, mi ci sono dedicata completamente, e
questo è il risultato (poco soddisfacente). Ammetto quindi
che il capitolo non mi piace, ma piuttosto che rischiare di stare ferma
ad un punto morto, ho preferito postare quello che mi è
venuto in mente ora.
Prima di lasciarvi al nuovo capitolo, vorrrei ringraziare chi segue la
storia, chi l'ha aggiunta ai preferiti, e Hermione 93,
Sapastu e Bella Swan per le loro immancabili recensioni. Vi ringrazio
davvero, dopo aver pubblicato aspetto sempre con ansia di sapere cosa
pensate di come prosegue la storia (anche se per ora ha una trama
già delineata...), e mi fa piacere sapere ceh vi
piace.
Mi farebbe piacere conoscere anche altrie opinioni, quindi
perchè voi che leggete non lasciate un piccolo commento?
E ora buona lettura!
“Emily,
calmati. Per cosa dovrei perdonarti?” Emily alzò
il viso, cercava di dirmi
qualcosa, ma appena incontrò il mio sguardo
ricominciò a piangere tra le mie
braccia. Mi guardavo intorno, non riuscivo a capire cosa era accaduto a
mia
cugina, ma né mio padre, né Sam si decidevano a
spiegarmi qualcosa.
“Papà,
cosa..?” mio padre mi guardò e scosse la testa.
Aveva un espressione desolata,
affranta.
“Lascia che
ti spieghi io, Leah. Te lo devo.” Sam finalmente aveva smesso
di disperarsi con
la testa fra le mani, e a quanto pare aveva intenzione di rivelarmi
qualcosa.
“Ragazzi io
vi aspetto in cucina, se avete bisogno..” papà
tornò in cucina, non prima di
scambiarsi un’occhiata complice con Jared, che venne ad
accomodarsi accanto a
me, tenendomi per mano. Notai subito questo gesto. Da quando Sam ed io
ci
fidanzammo, Jared non si lasciava mai andare a gesti affettuosi con me,
anche
se innocenti come una stretta di mano. Sam era un tipo geloso, e
inizialmente
non vedeva di buon occhio la mia amicizia con Jared, solo col tempo
capì che
ormai non eravamo altro che ottimi amici. Nonostante ormai le cose
fossero
chiare, Jared si fece da parte, e da allora, almeno in presenza di Sam,
evitava
ogni tipo di contatto.
Quindi, se
in quel momento il mio migliore amico mi prendeva tranquillamente la
mano (e la
stringeva anche parecchio, come a volerla stritolare), e il mio
fidanzato non
dimostrava neanche di essersene reso conto, io iniziavo a sentirmi
anche più
agitata e mi si stavano confondendo maggiormente le idee.
“Sam, che
sta succedendo?” Sam evitava di guardarmi in faccia. In
quella stanza tutti
evitavano di guardarmi in faccia.
“Leah,
ricordi quando sono stato male?” che domande? Certo che
ricordavo quel periodo!
Le settimane più lunghe della mia vita. Quando credevo che
il mio Sam non
volesse più stare con me. Quante assurdità che ho
pensato in quei giorni!
“Si, mi
ricordo”
“Vedi, io
sono stato molto male. In quel periodo ho subito un cambiamento
radicale del
mio essere, non posso spiegarti nulla nel dettaglio, ma questo
cambiamento ha
portato a delle conseguenze a cui non avevo pensato.”
“Che genere
di conseguenze? Sam stai male?”
“No, ma non
sai quanto lo preferirei- aveva un sorriso tirato e amareggiato- Leah,
non so
come dirtelo.”
“Sforzati
Sam. Ha il diritto di saperlo, a questo punto è una cosa che
riguarda anche
lei.” Jared aveva deciso di stupirmi davvero quella sera. Non
si era mai
rivolto a Sam con quel tono, per lui era un esempio, l’amico
su cui fare
affidamento. Non mi sarei mai aspettata di vederlo reagire
così.
“Lo so anche
io Jared! E non credere che tu sia l’unico a soffrire per
ciò che sarà! Per
quanto tu non ci creda, ho amato davvero Leah!” ed eco con
sole poche lettere,
come distruggere una persona dall’interno del suo essere. Ho
amato davvero
Leah. Questo poteva voler dire solo una cosa. Sam mi aveva amato, ero
stata
importante per lui. Ma era finito tutto. Ad un tratto sentii le forze
abbandonarmi,
gli occhi riempirsi di lacrime, e solo in quell’attimo capii
che la stretta di
Jared sulla mia mano non era tanto forte per staccarmela dal resto del
braccio,
ma per infondermi quella forza di cui avevo bisogno sentendo accanto a
me il
mio amico.
“Che.. che
significa Sam?”
“Davvero
Leah, non so come dirtelo, non sarebbe facile da spiegare neanche se
potessi
dirti come stanno le cose realmente, ma fartelo caprie senza rivelarti
nulla di
compromettente è impossibile.” Come poteva
continuare a mantenere la calma in
una situazione del genere? Sentivo dentro di me crescere la rabbia. Che
diavolo
stava succedendo? Perché tutti potevano conoscere la
verità ed io sola ero
tenuta all’oscuro?
“Non mi
interessa se ti compromette agli occhi degli altri! Adesso basta, Sam!
Voglio
sapere che hai!” dopo la mia risposta, Sam iniziò
a tremare. Jared si alzò,
mettendosi tra Sam e noi, sedute ancora sul divano.
“Non ti
preoccupare Jared, è tutto ok.”
Sicuro,
era proprio tutto ok!sembrava proprio che stesse facendo di tutto per
farmi
arrabbiare.
“Leah, non
posso continuare la nostra relazione- i singhiozzi di Emily diventarono
ancora
più forti- ho subito un forte cambiamento, sono diventato un
mostro. Come se
non bastasse, oltre a rovinare la mia vita sono costretto a distruggere
anche
te.”
“Sam..” le
parole mi morivano in gola, non so cosa avrei voluto dirgli, ma anche
provando
non riuscivo a pronunciare neanche una sillaba. Sam mi aveva detto che
la
nostra storia era finita.
Tutto intorno
a me aveva perso importanza, non aveva più alcun
significato. Mi sentivo vuota.
Cosa avrei
dovuto fare? Fu in quel momento che mi resi conto che Emily stava
ancora
piangendo. Potevo capire che fossimo unite, ma mettersi a piangere
così.. in
fondo ero io a dover essere consolata, non lei. Perché era
così disperata? Ci teneva
così tanto alla mia storia con Sam? Era assurdo..
“Emily..
per- perché stai piangendo?” inconsapevolmente
stavo piangendo anche io.
“Leah, io
non so.. non so come sia potuto accadere! Perdonami!”
“Cosa..”
“Questa è un'altra
cosa che dovrei spiegarti Leah - Sam, mi faceva male anche girarmi
verso di lui-
riguarda la mia natura, in un certo senso è come se..
è una specie di colpo di
fulmine..”
Ok, sicuro,
ero diventata pazza. Non riuscivo a credere che potesse essere
possibile una
cosa del genere. Il mio raga.. il mio ex ragazzo mi stava dicendo di
aver avuto
un colpo di fulmine con mia cugina? Si, doveva essere proprio uno
scherzo!
“Che scherzo
è mai questo?!?”
“Lee calmati,
dai.”
“Jared
lasciami! Non sono in grado di ammazzare nessuno”
“Mi dispiace
Leah, davvero.” Sam aveva il volto basso, lo sguardo fisso
per terra. Lo conoscevo
bene da sapere che era sincero, e anche piuttosto tormentato, ma
proprio non
riuscivo a sopportarlo.
“Leah non
volevo!” Emily era disperata. Avrei voluto consolarla, sapevo
di essere emotivamente
più forte tra le due. Ma ero a pezzi. e poi meritava davvero
di soffrire. Il suo
dolore non era niente in confronto al mio.
“Io non.. io
vi odio!” non ce la facevo più. Ero a pezzi, avevo
voglia di fuggire. Salii in
fretta le scale, mi fiondai in camera mia e sbattei la porta. Non
volevo vedere
nessuno. Volevo stare sola.
Sola col mio dolore.
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Di
quella
sera, oltre alle mille lacrime ricordo bene il mio piccolo Seth. Il mio
tenero
fratello col cuore più grande di tutto l’universo.
La persona più sensibile che
conosco.
Dopo varie
visite da parte di mia madre, che continuava a bussare alla porta
sperando che
io le aprissi, e dopo tante parole di conforto da parte di mio padre, e
dopo
parecchie ore di solitudine, nel cuore della notte, sentii la porta di
camera
aprirsi. Non mi spaventai. In quella situazione anche il più
pericoloso
criminale d’America avrebbe perso d’importanza. In
quella stanza c’eravamo solo
io e il silenzio delle mie lacrime e del mio dolore. Eppure sentii dei
passi
lenti avvicinarsi al mio letto, di sicuro era qualcuno che conosceva
bene la
stanza. Lo riconobbi solo quando si accomodò sul mio letto.
“Che ci fai
qui?” era un vero miracolo che riuscissi a parlare, anche se
dal tono della mia
voce si capiva che stavo ancora piangendo.
“Volevo
vedere come stai”
“La porta
chiusa è un segnale che indica che non voglio essere
disturbata” non ero mai
stata tanto scortese, ma avevo bisogno di allontanare le persone da me.
“La prossima
volta che non vuoi essere disturbata chiudi a chiave.” Bene,
fantastico! Il mio
ingenuo fratellino riusciva anche a zittirmi. Dovevo essere proprio a
pezzi.
Non avevo la
forza di rispondere, ma Seth non vi badò affatto. Con una
tranquillità innata
si stese accanto a me, e mi abbracciò forte, posando la mia
testa sulla sua
spalla.
Passò tutta
la notte. Non dormii molto, e probabilmente, a causa dei miei
piagnistei,
neanche Seth riuscì a chiudere occhio. Eppure non sentii un
solo lamento,
nulla. Seth era lì, pronto a starmi accanto, facendomi
sentire la sua presenza,
ma senza obbligarmi a fare nulla. Fu quella notte che compresi che il
mio fratellino
era molto più maturo di quanto lo dipingessimo tutti noi.
Durante
quella notte piena di stelle, a farci compagnia c’era il
lontano richiamo di un
lupo, che solitario ululava alla luna.
Il
giorno
seguente era domenica. Passai tutto il tempo rinchiusa in camera, stesa
sul
letto a ripensare all’assurdità di ciò
che avevo vissuto.
La mattina,
appena si accorse dei rumori sulle scale,
Seth uscì, per poi tornare circa venti minuti
dopo con una tisana, da
parte della mamma.
“Dice che
può aiutarti a riposare, e credo che tu ne abbia proprio
bisogno”
“Grazie
Seth, e non solo per la tisana.” Seth, che stava uscendo
dalla mia camera,
tornò indietro per abbracciarmi forte, proprio come aveva
fatto la sera prima
tra le lenzuola del mio letto.
“So che non
lo farai, ma almeno prova a berne un po’. Anche un solo
sorso” mio fratello,
che non arrivava ad avere l’età per la patente
appariva in quel contesto, molto
più saggio di me. Annuii, lasciandolo poco convinto. Quando
chiuse la porta, ne
bevvi un lungo sorso, e servii veramente a rilassarmi un po’
i nervi.
Scesi in
cucina per pranzo, e anche a cena, più per abitudine, che
per mangiare
qualcosa. Infatti, come era prevedibile, non riuscii a toccare cibo. I
miei
genitori non fecero alcuna domanda. Mi conoscevano, sapevano che se
avessi
voluto parlarne, lo avrei fatto spontaneamente. Durante il pomeriggio
sentii
anche mia madre parlare a telefono con Jared, probabilmente voleva
sapere come
stavo. Mi promisi che la prima persona con cui avrei parlato una volta
superato
questo stato di apatia, sarebbe stato lui, il mio migliore amico.
Dopo cena,
di nuovo in camera mia avevo le idee abbastanza chiare su
ciò che avrei dovuto
fare. Presi una vecchia scatola dalla soffitta e vi riposi tutto
ciò che aveva
caratterizzato la Leah dolce ed innamorata che ero stata fino a qualche
sera
prima. Sparirono foto, lettere, regali, quaderni, libri e tutti
ciò che poteva
riportarmi alla mete due nomi: Sam Uley e Emily Young.
Chiusi la
scatola e la risposi in soffitta, facendo bene attenzione a nasconderla
dietro
l’angolo più buio, sotto altre vecchie scatole che
non avremmo mai aperto, per
assicurarmi di non trovarmi più avanti quei ricordi.
Nascosti in
quella soffitta non c’erano solo vecchi ricordi e regali
finora tenuti con
cura. In quella soffitta era nascosta anche la vecchia Leah, che aveva
fatto
spazio alla nuova Leah, più cinica e sarcastica, sempre
pungente e acida
come un limone.
E la cosa
veramente buffa è che allora non mi accorsi di aver avuto un
cambiamento tale.
Dentro di me
sentivo solo sofferenza.
Dopo
quel
terribile finesettimana tornai a scuola, studiare mi aiutava molto a
non
pensare, e fortunatamente dovevo prepararmi per gli esami della
maturità,
quindi avevo a disposizione sempre meno tempo per pensare ad altro.
Continuavo
a pranzare con Jared e Paul che aveva dimostrato di non gradire
parecchio
l’ultimo cambiamento di Sam. Era veramente irritato dal suo
comportamento,
ovviamente evitava di parlarne in mia presenza, ma un paio di volte li
sorpresi
a trattare l’argomento quando credevano di esser soli, poi si
accorgevano della
mia presenza e subito cambiavano discorso. Intanto io evitavo di
parlare in
ogni caso, se non per sputare fuori qualche sentenza. Ero impossibile,
lo
ammetto, appena si toccava un qualsiasi argomento ero pronta a rovinare
tutto
con qualche commento velenoso.
Nonostante
tutto quei due continuarono a starmi accanto, così come la
mia famiglia. Solo
dopo mi sono resa conto che non ero l’unica a soffrire, e di
quanto tutti loro
abbiano fatto per me.
Il tempo
passava in fretta, eravamo arrivati all’ultimo mese di
scuola, ma io ero tanto
presa dallo studio che neanche me ne resi conto. Ormai vivevo nel mio
mondo,
che era fatto di studio e nient’altro. Avevo deciso che dopo
l’estate mi sarei
trasferita altrove per continuare gli studi, come aveva fatto Rachel
Black.
Anche io sarei partita per stare lontana da ciò che mi
faceva male. E forse col
tempo, quella rabbia che nutrivo sarebbe scemata.
A
portarmi
alla realtà, rispetto al mondo in cui mi ero rifugiata, poco
prima degli esami,
fu una telefonata di mia madre
“Leah! Si
tratta di Emily, ha avuto un incidente, è stata aggredita!
Io vado in ospedale
dalla zia, pensa tu a tutto.”
Avrei tanto
voluto che quella notizia mi lasciasse indifferente. Quella sera avrei
dovuto
pensare alla cena per mio padre, mio fratello e per me.
Nient’altro. Nulla che
mi facesse soffrire ulteriormente. Ma a quanto pare la nuova Leah non
sapeva
fermarsi quando rischiava di farsi del male da sola.
Salve! Stavolta
commento alla fine.. Allora? Che ne dite? Piaciuto il nuovo capitolo?
Mmm, non so, forse è perchè li sto preparando
solo ora, e non posso metterci tutto il tempo che ho speso per i primi
capitoli, ma gli ultimi non mi sono piaciuti poi tanto... Intanto la
storia deve andare avanti, quindi posto ciò che ottengo,
altrimenti dovrei lasciar passare troppo tempo! A questo punto ditemi
voi cosa ne pensate...
Ora, come consuetudine, ringrazio coloro che hanno letto, chi ha
aggiunto la fic alle seguite e chi ai preferiti, ovviamente ringrazio
chi ha recensito, sono davvero felice che il capitolo precedente sia
piaciuto, davvero non me lo aspettavo... Comunque, anche io odio Sam
perchè, è vero che non può farci nulla
se ha avuto l'imprinting con Emily, ma quello che non mi piace
è l'atteggiamento di superiorità che assume dopo
(anche se è l'alfa ù_ù,
perchè non prende esempio da Jacob?!)... Vabbè
sto delirando... Per quanto riguarda Jared invece, mi fa molto piacere
vedere che sono riuscita a far capire che tipo di amicizia lo lega con
Leah, il fatto che si preoccupi sempre per lei, ed ora finalmente ho
parlato anche del personaggio a cui tengo di più, Seth! Io
lo adoro!!! E' troppo tenero! Ok, ora basta, devo fare in fretta, credo
che il prossimo aggiornamento sarà per la prossima
settimana, quindi alla prossima!
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
Salve!
Prima di tutto mi scuso per il ritardo, purtroppo gli esami
si avvicinano, e con quello che ho da studiare non mi rimane molto
tempo... Vabbè, mi consolo pensando che una volta dati
questi 2 esami avrò più tempo per dedicarmi alla
scrittura.
Forse
sarò ripetitiva, ma anche questo capitolo non mi piace
tanto, ma essendo tanto tempo che non aggiorno, questo è
meglio di niente, e poi è piuttosto lungo rispetto a quelli
precedenti... Fatemi sapere cosa ne pensate
Inoltre
vorrei ringraziare come sempre chi legge, chi ha aggiunto la fic tra i
preferiti e chi la segue. Poi vorrei ringraziare in modo particolare
Bella Swan e Hermione 93, per le immancabili recensioni e per tutti i
complimenti che mi fanno.
Grazie!
Sapere che a qualcuno piace il mio lavoro mi dà la carica
per continuare! Spero che anche questo capitolo possa
piacervi...
Quindi...
Buona lettura!
Emily
aveva avuto un incidente.
Cercavo di preparare la cena, ma la mia attenzione era
rivolta solo alla telefonata ricevuta poco prima da mia madre.
È vero, stavo cercando di eliminare dalla mia vita tutto
ciò che avesse a che fare con Sam, e con il dolore che mi
aveva causato, ma
come potevo fare i conti con questo?
Emily faceva parte della mia famiglia, per quanto io la
evitassi, ci sarebbe stata sicuramente in futuro l’occasione
di rivedersi. E
comunque, dopo tutto il male che mi avevano fatto, non potevo non
considerare
Emily una sorta di sorella. Insomma, siamo cresciute insieme, il legame
che ci
teneva unite era molto forte. Non riuscivo a ignorare ciò
che le era accaduto,
come mi ero ripromessa di fare.
Emily restava per me una specie di sorella, nulla avrebbe
potuto cambiare le cose. Neanche Sam, coi suoi misteri.
Allora cosa fare? Andare all’ospedale e fare finta che
non fosse accaduto niente quasi un mese prima? No, era fuori
discussione. Come
avrei dovuto comportarmi? E poi di certo in ospedale avrei rischiato di
incontrare il mio ormai ex fidanzato. No, quello che stavo pensando di
fare era
una vera stupidaggine. Del tutto fuori discussione.
No, le cose sarebbero rimaste così, magari avrei chiesto
informazioni a mia madre al suo ritorno, giusto per dar sfogo alla mia
curiosità.
Di
solito si dice che le persone testarde si fissano su
certe cose e non riescono in alcun modo a cambiare idea. Allora
perché con me
questa regola non funziona? Ero convinta che non sarei mai andata da
mia
cugina, eppure quasi automaticamente dopo mangiato chiesi a Seth di
sparecchiare, e dissi a mio padre che sarei uscita con la macchina. Non
fece
storie, anche se non era poi tanto presto, probabilmente aveva
già capito quali
erano le mie intenzioni.
Così dopo circa mezz’ora ero in camera di Emily,
che le
preparavo una borsa con qualcosa da mettere durante il periodo di
degenza. Ero
sicura che né i suoi genitori, né mia madre ci
avevano pensato.
Non so spiegarmi perché dopotutto lo stavo facendo. Avevo
il cuore a pezzi, ero stata ferita profondamente, stavo diventando una
ragazza
insopportabile a causa di ciò che lei e il suo nuovo ragazzo
mi avevano fatto
eppure nel momento del bisogno eccomi a correre in suo aiuto, senza
aspettare
che qualcuno me lo chiedesse.
Arrivai dopo poco all’ospedale, ma sospettavo che non mi
facessero entrare perché era troppo tardi, così
dissi ad un’infermiera che mi
sarei limitata a consegnare la borsa. Poverina, non credo che mi abbia
creduto
parecchio, ma mi lasciò andare comunque.
Secondo piano, stanza 21.
Quello che dalla sala d’attesa portava alla stanza di
Emily fu il tragitto più lungo mai percorso.
Ripensai a tutto ciò che era successo. Non trovavo una
spiegazione, ma ormai ero ostinata. Anche se l’avessi trovata
non avrei mai
perdonato chi mi aveva ferita tanto. Senza pensarci arrivai
all’ultima
scalinata, fu in quel momento che mi venne in mente che probabilmente
dopo quelle
scale avrei rischiato di rivedere la causa principale del mio dolore.
Sam. Ero
quasi convinta di trovarlo nella camera di Emily, magari che le teneva
la mano,
come avrebbe fatto qualunque ragazzo innamorato. E allora che avrebbe
fatto una
volta che io avessi varcato quella porta? Avrebbe mantenuto un certo
contegno,
ricordando che solo qualche mese prima c’ero io al posto di
Emily? Oppure
avrebbe fatto finta di niente?
Ma più importante ancora, come avrei reagito io nel
vederli insieme?
È facile parlare quando si tiene il problema a distanza,
“Lontano dagli occhi lontano dal cuore” avrebbe
detto mia madre, era stato
facile convincermi che non mi importava niente e ignorare il fatto.
Fare come
se non fossero mai esistiti. Evitare in ogni modo di immaginarli
insieme,
felici.
Ma come sarebbe stato vedere davanti agli occhi il
proprio incubo peggiore diventare reale?
Verso cosa mi stavo spingendo?
Non ebbi il tempo di formulare nella mia mente le mie più
probabili reazioni che arrivai nel lungo corridoio che mi avrebbe
condotto da
loro. Cosa stavo facendo? Ero ancora in tempo per andar via. Nessuno mi
avrebbe
accusata. Mi avrebbero capito.
Fu proprio l’ultimo pensiero che mi diede la forza di
arrivare fuori la stanza 21, non avevo voglia di essere biasimata
ancora. Sarei
andata da Emily. E avrei anche salutato Sam a testa alta. In fondo non
ero io
quella ad aver sbagliato, perché mai avrei dovuto
nascondermi?
Stavo per bussare alla porta, quando mi sentii chiamare
“Leah” mi girai, lasciando stare la maniglia della
porta
“Mamma”
“Cosa ci fai qui?”per rispondere a quella domanda
alzai
la sacca che avevo preparato.
“Ho pensato di portare qualcosa per Emily. Come
sta?” mia
madre scosse la testa, e assunse un’aria dispiaciuta.
“Hai fatto bene a venire, sarà contenta.”
“Già”
“Sai, continua a dire di meritarselo.”
“Come?” iniziavo a credere che mia cugina avesse
battuto
la testa un po’ troppo forte. Chi può pensare di
meritare di essere aggredito
da un animale?
“Dice che è la punizione per il male che ti ha
fatto.”
Non potevo crederci. Come si permetteva di dire una cosa del genere?
Eppure mi
conosceva, sapeva come la pensavo.
“E’ una vera stupida!” mi voltai di nuovo
verso la porta,
pronta per aprirla, ma mia madre mi afferrò il braccio
“Leah, so quanto è difficile per te, ma ti prego
non
trattarla male.” La guardai negli occhi, di sicuro
papà al suo posto non
avrebbe avuto bisogno di dirmelo. Lui mi capiva al volo. E pur
conoscendo il
mio carattere impulsivo, sapeva quando riuscivo a trattenermi e quando
invece
non ci riuscivo.
“Non ti preoccupare mamma. Vengo in pace” le
sorrisi per
rassicurarla ulteriormente, ma al posto del sorriso riuscii a fare una
sorta di
smorfia. Poi mi venne in mente un’altra cosa
“Mamma, Sam dove..” non mi fece completare la frase
che
già mi rispose, forse si aspettava questa domanda
“E’ in sala d’attesa, è
distrutto. Continua a ripetere
che è colpa sua, dice di sentirsi un mostro. Sta proprio
male.”
Bene, non mi faceva piacere sapere che Sam stava male, ma
almeno non rischiavo di incontrarli insieme. Uno per volta forse
sarebbe stato
più sopportabile.
Appena entrai nella stanza il volto sfigurato di Emily mi
si presentò davanti.
“Leah!” nonostante fosse sfigurato, era vera gioia
quella
che si leggeva sul suo viso. Era proprio felice di vedermi, le
lacrimavano gli
occhi.
“Ehi”
“Ti piace il mio nuovo look?- si girò per farmi
vedere bene
il viso- che ne pensi?”
“Penso che la prossima volta che vuoi rischiare di morire
puoi venire da me, ci penso io a sistemarti!” la abbracciai
forte e le diedi un
bacio leggero sulla fronte, lei ricambiò
l’abbraccio.
Mi fece accomodare sul suo letto, mi prese una mano e
iniziò a parlare. Parlava tanto che non sembrava volesse
smettere.
Guardare Emily con quel volto sfigurato mi faceva star
male. Mi risultava difficile immaginarla per sempre con quelle
cicatrici, e non
sopportavo l’idea che l’ultima immagine che avevo
del suo viso sano, senza quei
tremendi graffi, fosse quella di Emily in lacrime che mi supplicava di
perdonarla, mentre io fuggivo in camera.
Ora Emily portava sul volto gli stessi segni che mi
avevano procurato al cuore.
Lo pensai, ma non con cattiveria. Nonostante tutto però
mi sentii un mostro.
Mentre parlava, pensai una cosa che mi imposi di
dimenticare, e di non considerare mai più.
In fondo Emily mi era mancata.
Dopo
aver salutato tutti, mi diressi dove sapevo avrei
trovato Sam.
Era strano che io andassi a cercarlo, ma vedere mia
cugina in quelle condizioni mi fece salire una rabbia che solo con lui
avrei
potuto sfogare.
Lui diceva di essere il colpevole? Beh, io lo ritenevo
già colpevole.
Mentre mi dirigevo nella sala d’attesa, non pensavo a Sam
come il mio fidanzato, oppure come il ragazzo che mi aveva spezzato il
cuore
quella sera a casa mia. Per me in quel momento Sam era solo lo stupido
che non
era stato capace di proteggere mia cugina come avrebbe dovuto, come
diceva che avrebbe fatto.
Bene Sam, aggiungiamo anche questo alla lista dei motivi
per cui ti odio!
Lo individuai subito, come avevo sempre fatto.
Stava seduto su una poltrona, con le braccia sulle
ginocchia e la testa tra le mani. Mi invase una sensazione di
déjà vu, ma non
vi badai. Mi avvicinai e lo chiamai
“Sam” quando alzò il capo mi stupirono i
suoi occhi colmi
di lacrime, evitai di pensarci troppo e partii con la mia sfuriata
“Come? Dico come ti è venuto in mente di portarla
nel
bosco per fare una gita tra gli alberi?(versione ufficiale raccontata
da Emily
N.d.A.) Avevi finito tutti i posti romantici?- mentre parlavo mi
agitavo
parecchio, il mio tono di voce diventata sempre più alto,
Sam si alzò, non me
lo ricordavo così alto- ma dico, non ti salta in mente che
può essere
pericoloso? Ma certo che no! Sam è un eroe! Lui salva tutti!
Vero? Sai cosa ti
dico? Sei uno stupido, Sam! Un vero stupido! Stupido, stupido,
stupido..” ad
ogni insulto gli davo un pugno sul torace, e senza che potessi fermarmi
iniziai
a piangere come una sciocca. Sam non sembrava neanche essersi accorto
che lo
stavo usando come sacco da box, ma mi afferrò i polsi e mi
tirò verso di se. Mi
abbracciò e mi sussurrò
“Sono un mostro Leah. Il mio unico compito è
quello di
proteggerla, ma il vero pericolo sono io”
Piangevo forte tra le sue braccia, e mi accorsi che anche
Sam lo stava facendo.
Restammo un po’ così, poi quando ci calmammo
entrambi, lo
salutai e gli dissi che sarei andata a casa.
Mi aveva aiutato a sbollire la rabbia che provavo.
Ma soprattutto mi aveva aiutato a capire che tra quelle
braccia non stavo più bene come una volta.
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
Salve! Per prima cosa mi
scuso per il ritardo, ma solo oggi ho dato l'esame che mi ha impegnata
nell'ultimo mese, e non ho avuto molto tempo per scrivere. Comunque
vorrei ringraziare chi continua a leggere, chi segue la storia e chi la
tiene tra i preferiti. Ovviamente ringrazio tantissimo Hermione 93 e
Sarapastu che continuano a recensire, mi fa davvero piacere che
ciò che scrivo vi piaccia!
Poi vorrei scusarmi in anticipo per questo capitolo, che a mio parere,
risulta decisamente confuso, ma ormai sono sempre di fretta, e
preferisco aggiornare piuttosto che far aspettare ulteriormente.
Quindi... Buona lettura!
Dopo
la visita in ospedale ebbi poche occasioni di
rivedere Emily, e ancora meno Sam.
Con la fine della scuola, dopo aver passato tutti gli
esami, avevo assunto un ritmo di vita che non mi lasciava un attimo
libero.
Iniziai a lavorare part-time in un bar vicino alla
spiaggia, mentre il pomeriggio ero impegnata con gli allenamenti di
kick-boxing
che Jared mi aveva costretta a riprendere. Durante i finesettimana, la sera venivano a casa
Jared e Paul e mi
obbligavano ad uscire con loro ed altri amici con scarsi risultati
però, perché
ero quasi sempre di pessimo umore e non mi andava di rovinare la serata
anche a
loro. D’altro canto non potevo rifiutare ogni qual volta mi
invitassero, quindi
un paio di sere fui costretta ad accettare, per pentirmene quasi
subito. Ogni
volta che mi capitava di passare una serata in compagnia, puntualmente
c’era
qualche stupido, idiota che ci provava, ma il mio carattere,
‘dolce e gentile
con chiunque’, rovinavo la serata non solo al povero
malcapitato, ma anche ai due
martiri che mi ritrovavo come amici, che nonostante i miei modi non
proprio
educati, accorrevano in mio soccorso e mi liberavano dello scocciatore
(“Come
se ce ne fosse stato veramente bisogno” era la mia battuta
ogni volta che
interveniva uno dei due), rischiando spesso di litigare con quelli che
fino a
qualche tempo prima consideravano amici.
Oltre al malumore dovuto alle compagnie poco
raccomandabili di quei due, a peggiorare la situazione erano i sussurri
che
sentivo ogni volta che cacciavo il naso fuori di casa.
“E’ la figlia di Harry, povera
ragazza!” “Lasciata per sua cugina, che
modi!”, “Pensare che parlavano di
sposarsi..” . la gente mi guardava e commiserava. Ed io mi
sentivo inerme, non
potevo fare nulla. Sapevo di aver ragione, che Sam e Emily avevano
sbagliato,
ma non volevo sentirmi una vittima. È una cosa che ho sempre
odiato!
Fu per
evitare che la gente mi commiserasse che diventai
scontrosa e prepotente. Senza fraintendermi, non
facevo nulla a nessuno, ma se all’inizio (quando Sam mi
lasciò) ero solo
taciturna, silenziosa e preferivo stare in disparte, a quel punto
diventai una
vera e propria strega. Ero sempre arrabbiata, nessuno poteva rivolgermi
la
parola senza rischiare di essere attaccato, ero delusa, diventai una
persona cinica
e fredda. Non facevo altro che sputare veleno ogni qualvolta era
richiesta la
mia opinione in merito a qualcosa.
Ero una ragazza disillusa.
L’unica cosa che mi aiutava ad
andare avanti era il pensiero di poter fuggire da quel posto una volta
finita l’estate.
Per tentare di ricominciare in un posto dove non ero la povera, triste,
Leah
che soffriva ancora per la separazione dal fidanzato, ma solo Leah, una
ragazza
sveglia e diligente con una grande voglia di mettersi alla prova,
ciò che ero
un tempo, e che speravo di poter tornare ad essere.
Non potevo sapere che i piani
per il mio futuro erano piuttosto diversi.
Le
cose iniziarono a prendere
una piega più brutta di quanto già non fosse
quando mio padre dopo delle
analisi mediche scoprì alcuni problemi di salute. La mamma
era preoccupata,
anche se non voleva darlo a vedere. L’unico che sembrava dar
poca importanza
alla cosa era proprio papà, per il quale la più
grande preoccupazione in quel
periodo era aiutare il suo amico, ormai storico, Charlie Swan a
preparare una
camera per la figlia, Bella, che si sarebbe trasferita da lui dopo
qualche
tempo.
“La camera sta venendo proprio
bene, stavo pensando che dovremmo ridipingere anche le pareti n camera
tua,
Leah, che ne dici?”
“No papà, grazie. Ma non
servirebbe a molto, visto che tra qualche tempo dovrò
partire”
“Mm.. pensavo che sarebbe stato
carino passare qualche tempo insieme prima che tu vada via”
“Papà se ci tieni tanto
potremmo andare a pescare, ma non mi piace l’idea che tu
faccia tanti sforzi
inutilmente”
“Allora che ne dici di venire a
pescare con Charlie e me domenica?”
“Veramente ci verrò volentieri,
ma quando saremo solo noi due. Non ti preoccupare, abbiamo ancora
tempo.” Mi
alzai dal mio posto e corsi ad abbracciarlo da dietro, coprendogli le
spalle.
Non c’era niente da fare, per quanto potessi essere
arrabbiata, di cattivo
umore, per quanto il mio comportamento cambiasse nei confronti degli
altri, lui
era mio padre. Il rapporto che avevamo era speciale, nulla avrebbe mai
cambiato
le cose. Sapevo che avrei sempre potuto contare su di lui, che
qualsiasi cosa
fosse successa saremmo rimasti uniti. E che in lui avrei sempre trovato
la
forza di rialzarmi e continuare, senza lasciarmi abbattere da nulla e
da
nessuno.
Fin quando sarebbe andato avanti lui, l’avrei fatto anche io.
In quel periodo anche le cose con Jared iniziarono a cambiare.
Fino a qualche settimana prima sembrava esser tornato tutto come era
prima
che mi fidanzassi. Passavamo tutti i pomeriggi insieme, spesso restava
a
mangiare a casa, sembrava che il mio comportamento non gli desse alcun
fastidio, anzi sembrava che non si fosse neanche accorto del mio
ulteriore
cambiamento.
Vedendoci ogni momento libero della giornata, trovavo davvero strano
che
per due giorni non si fosse fatto vivo. Iniziavo a pensare che gli
fosse
successo qualcosa.
Quindi un bel giorno, finiti i miei compiti a lavoro, andai a casa sua
a
vedere che fine avesse fatto. Sua madre mi fece entrare
tranquillamente, e mi
precipitai in camera sua.
“Jared, sono io, posso entrare?” corse subito ad
aprirmi la porta
“Lee-lee! Vieni, entra. Come mai da queste parti?”
“Mm.. diciamo che ho una brutta esperienza con le sparizioni
improvvise, e
mi preoccupo appena noto gli stessi atteggiamenti”
“Ahahaah! Ma che dici? Gli stessi atteggiamenti?”
“Lascia perdere.. piuttosto, perché non ti sei
fatto sentire in questi
giorni?”
“Oh, diciamo che ho avuto un po’ da
fare..”
“E suppongo che tu voglia spiegarmi cosa hai fatto”
“Ecco, mi piacerebbe, ma.. io veramente..”
“Ok, ho capito. Chi è?” usciva con una
ragazza e non voleva dirmi niente?
Andiamo! Sapevamo ogni più piccolo segreto l’uno
dell’altra, non poteva
nascondermi una cosa del genere.
“Chi è chi?” si certo stupido che non
sei altro, non ci casco bello mio!
Non funziona quella faccia confusa e stupita. Ti farò
sputare il rospo ‘Red!
“Come chi, Jared!? La ragazza con cui stai
uscendo!” risultava ancora più
stupito di prima, come se avessi appena detto che gli asini volano alto
in
cielo, era così incredibile pensare che uscisse con una
ragazza? O meglio, era
così incredibile pensare che il proprio migliore amico
uscisse con una ragazza?
“Leah, sei fuori strada.. ammetto che mi piacerebbe che fosse
così, ma in
questi due giorni non sono uscito con nessuna ragazza”
“Allora che hai fatto?”
“Ehm.. io..” non riuscì a finire,
perché arrivò sua madre con un vassoio
con la merenda (inutile, per quanto crescessimo, la madre di Jared
avrebbe
continuato a vederci come due bambini da coccolare e viziare con la
torta al
cioccolato. Ringraziammo sua madre e mangiammo la torta,Jared
iniziò a parlare
di qualcosa, ma non avevo alcuna intenzione di lasciarmi distrarre
dalle sue
chiacchiere inutili. Se non voleva dirmi cosa aveva fatto in quei due
giorni,
doveva essere qualcosa di interessante, ed io avevo il diritto di
saperlo!
“Jared non tentare di cambiare discorso! Che hai fatto
ieri?”
“Ieri sono andato a trovare il vecchio Quil.”
“E ci voleva tanto a dirlo? Sinceramente sarebbe stato
più interessante
sapere che ti vedevi con una ragazza”
“Già, ok. Allora che hai fatto oggi a
lavoro?”
“E perché sei andato da Quil?”
“Non mi hai risposto”
“E tu hai di nuovo cambiato argomento. Rispondi,
su!”
“Così. È molto vecchio, ogni tanto
dovresti andarci anche tu. Praticamente
ci ha visti crescere, gli farà piacere.”
“Si, si certo. Uno di questi giorni farò
volontariato a casa del vecchio
Quil. Ora dimmi il vero motivo della tua visita.”
“Ecco, un.. un amico mi ha consigliato di andare a parlare
con lui per dei
chiarimenti..”
“Che chiarimenti? E poi chi è questo
amico?”
“Ok Lee, ti dirò tutto, ma prometti di non
arrabbiarti” finalmente! Non arrabbiarmi?
Facile, lo ero già!
“L’altro ieri dopo il pranzo a casa tua, ho
incontrato Sam. Mi ha spiegato
quello che gli è successo e ieri siamo andati da Quil
per..”
Non finii mai di sentire quello che Jared aveva da dirmi. Smisi di
ascoltarlo dopo aver sentito quel nome.
Dopo quella volta non ci sentimmo per molto tempo, fin quando non
incontrai
la madre al supermercato che mi disse che Jared non stava molto bene.
Avevo
voglia di sentirlo, di sapere come stava, di fargli sapere che gli ero
vicina,
come lui aveva fatto con me. Così decisi di tornare a
trovarlo, ma una volta lì
fuori vidi l’ultima cosa che avrei voluto. L’auto
di Sam ferma fuori casa sua.
Ero stata tradita dal mio ragazzo e credevo che quel dolore avesse
superato
ogni limite, che non ci sarebbe mai stato nulla che mi avrebbe fatto
più male;
poi avevo scoperto che mi aveva lasciata per mia cugina, e allora
dovetti
ricredermi; ma sentirsi tradita da quello che si considera il proprio
migliore
amico da una vita, no. Quello non l’avrebbe mai superato
nulla.
Perché per quanto male mi avessero fatto gli avvenimenti
precedenti, ero sicura
di essere riuscita a superarli perché con me c’era
lui, Jared. Dal momento che anche lui era andato
via, difficilmente mi sarei ripresa.
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 ***
Salve!
per prima cosa vorrei scusarmi tanto per l'immenso ritardo, purtroppo
gli impegni all'univesità non mi hanno lasciato molto tempo
libero è così sono rimasta indietro con i
capitoli.
Prima di passare ai ringraziamenti però vorrei spendere due
parole.
Tengo particolarmente a questo capitolo, non perchè lo
ritenga migliore degli altri, no anzi, come per gli altri non mi piace
il modo in ci ho reso le cose, sembra sempre che manchi qualcosa, che
dimentichi una delle idee iniziali.
Semplicemente in questo capitolo c'è gran parte di
ciò che sono. In queste righe descrivere Leah mi
è riuscito meglio del previsto, per il semplice fatto che mi
è più semplice identificarmi in lei nella
situazione attuale. Sola. Perciò scusatemi se i toni di
questa fanfiction sono sempre più drammatici, ma devo
seguire un certo ordine dei fatti, e sarà così
ancora per un po'... Dopotutto Leah, non è un personaggio
che ha avuto tutta la gioia di questo mondo, e ha ben poco di cui
essere felice..
Ok, detto questo, vorrei ringraziare coloro che hanno letto la storia
fin qui, quelli che l'hanno aggiunta ai preferiti e chi alle seguite, e
come da copione un grazie speciale a Hermione 93 e Sarapastu che non
mancano mai di recensire, grazie davvero! Sapere che a qualcuno piace
ciò che scrivo mi rende felicissima! E ogni volta
che mi ritrovo a leggere le vostre recensioni mi viene subito voglia di
proseguire col racconto!
Ora però vi lascio al capitolo! E ricordo a tutti che mi
piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate di quel che scrivo, che sia un
commento positivo o negativo...
Buona lettura!
Bene.
A quel punto stavo proprio bene. Senza amici pronti a voltarmi le
spalle, senza persone che consideravo importanti ma che appena
possibile mi tradivano.
Sola.
Le uniche persone su cui facevo ancora affidamento erano i miei
familiari.
Non potevano mai voltarmi le spalle, anche volendo.
Così tentavo in ogni modo di convincermi che non era un male
stare soli.
Che la solitudine aiuta a crescere, rafforza. Che c’erano
persone che amano
stare sole, e che io ero una di quelle.
Non facevo altro che ripetere a mia madre che andava bene anche se
restavo
a casa per un giorno, che per una volta riposare non era un male. E
intanto
soffrivo,incapace di dimostrare ad altri il mio dolore.
Ero diventata una vera macchina.
La mattina mi svegliavo prima che suonasse la sveglia, mi preparavo ed
andavo a lavoro. Lì era tutto più semplice,
facevo ciò che mi veniva chiesto, e
non avevo bisogno di fingere di essere felice, di stare bene. Potevo
togliere
quella maschera e lasciare che sul mio volto si leggesse
l’insofferenza che
provavo.
Dopo il lavoro tornavo a casa,riposavo un po’ e poi mi
avviavo in palestra.
Il sacco da box era la mia unica compagnia. Dopo
l’allenamento facevo una
doccia e tornavo a casa, distrutta. Spesso infatti non restavo neanche
a cena,
ma preferivo andare subito a letto.
Arrivai a pensare che fosse inutile nascondere ciò che
sentivo dentro di
me, così iniziai a trascurare anche me stessa. Mangiavo
sempre meno; se un
tempo mi truccavo solo in rare occasioni, ero arrivata a far sparire
del tutto
quella parola dal mio vocabolario. L’unica cosa che non
riuscii a fare fu
tagliare i capelli. Adoravo i miei capelli, e non ero
l’unica, anche a mio
padre piacevano tanto. Fu lui a convincermi a farli crescere, non avevo
il
coraggio di tagliarli.
Erano queste le mie giornate.
Tutte uguali, ormai non facevo altro. Iniziai ad avere problemi di
insonnia, riuscivo a stare sveglia fino a tardi, pur avendo la chiara
intenzione di dormire. Era come se tutto si fosse rivolto contro di me,
cercando di rendere la mia vita più difficile di quello che
già era.
I miei genitori erano preoccupati, non sapevano cosa fare, in che modo
potermi aiutare. Più di una volta cercarono di parlarmi, per
trovare una
soluzione a quella mia apatia, ma niente. Rispondevo male, ero
scontrosa anche
con loro. Volevo solo che la gente mi lasciasse in pace. Che chiunque
la
smettesse di preoccuparsi per me. Non volevo che si intromettessero.
Stavo facendo ciò che volevo, avrei sempre fatto
ciò che volevo. Senza
chiedere niente a nessuno, senza confrontarmi con gli altri. Sarei
andata
dritto per la mia strada senza aver bisogno di nessuno.
Perché ero stanca di essere circondata da gente che mi
voltava le spalle.
Il destino aveva voluto che io restassi sola? Bene, l’avrei
aiutato nella
sua opera, non avrei più lasciato che le persone si
avvicinassero. Avrei
evitato qualsiasi rapporto che non si basasse sul lavoro, sulla scuola
o su
altri impegni dello stesso genere.
Mi stavo distruggendo. Lentamente. Con le mie stesse mani.
In
tutto ciò c’era una persona che tentava di
avvicinarsi a me, ma non
glielo avrei mai permesso.
Paul, avrei dovuto immaginarlo.
Dopo tutto si trovava nella mia stessa situazione. Come me, anche lui
aveva
perso i suoi amici più cari.
A dirla tutta non mi era chiaro perché tenessero lontano
anche Paul. Nel
mio caso ero stata io a non voler più sentir parlare di Sam
e successivamente
di Jared. Per quale motivo avevano tagliato fuori Paul? In fondo erano
amici da
sempre, e per quanto fosse un tipo attaccabrighe, sapeva essere leale,
e
credeva davvero nell’amicizia. Noi della riserva eravamo
abituati a stare
insieme eravamo cresciuti restando uniti. Quindi, non si poteva dire
che
fossimo come fratelli, ma eravamo molto più che amici.
Ed era per questo che mi chiedevo perché d’un
tratto la sua compagnia non
era più voluta.
L’occasione per chiederglielo si presentò
facilmente, quando Paul venne a
trovarmi a lavoro.
“Ehilà!” alzai appena lo sguardo, giusto
per non essere scortese, ma non
avevo alcuna intenzione di attaccar bottone con qualche stupido
cliente. Poi mi
accorsi che lo ‘stupido cliente’ era Paul, allora
gli risposi
“Ehi.”
“Come va?”
“Che vuoi, Paul?”
“Vorrei parlare un po’ con te”
“Ripeto Paul, che ti porto? È un bar, dovresti
ordinare qualcosa”
“Mamma mia, Leah. Peggiori di giorno in giorno. Ogni volta
che ti vedo sei
sempre più insopportabile!”
“Quindi ora non vuoi più parlare con me. Se non
vuoi nulla, per favore
vattene, non posso perdere tempo, ci sono dei clienti da
servire”
“Portami un cappuccino e una brioche”
I-R-R-I-T-A-N-T-E. Ecco, Paul per me
è sempre stato irritante. Con quell’aria
strafottente, sempre pronto a farti
saltare i nervi. Mi era appena tornato in mente il motivo per cui noi
due non
fossimo mai stati grandi amici. Noi due non potevamo far altro che
litigare! E
forse riuscivo anche a capire perché quei due
l’avevano tagliato fuori..
Giusto! Quale occasione migliore per chiedergli spiegazioni??
Appena mi venne in mente che quella poteva essere una buona occasione
per
estorcergli qualche informazione (detto così fa tanto
detective), cambiai tono.
Cercai di rendermi quanto più amichevole possibile e provai
anche a sorridere
abbastanza da rendermi credibile.
“D’accordo, siediti in uno dei tavolini, arrivo
subito”
“Ma non ti occupi del banco, tu?”
“Si, ma per il mio amico Paul posso fare
un’eccezione” non so se avesse
funzionato, Paul andò a sedersi poco lontano, ma aveva
un’aria perplessa. Forse
avevo esagerato. Non era da me tutta quella gentilezza. Di sicuro se al
suo
posto ci fosse stato Jared, avrebbe capito subito che stavo fingendo.
Ecco! Di nuovo a pensare a quello stupido! Basta, dovevo agire, avrei
scoperto cosa c’era sotto. E Paul, volente o nolente, mi
avrebbe dato una mano.
Dopo aver preparato il cappuccino e la brioche che aveva chiesto il mio
amico, mi avviai verso il tavolino, pronta ad iniziare un vero
interrogatorio.
Gli porsi ciò che aveva ordinato e mi sedetti accanto a lui.
“Ma non dovresti lavorare?”
“Sono in pausa. Credo che il proprietario pensi che sei il
mio ragazzo.”
Paul mi fissò sbalordito
“E perché mai?”
“Sei il primo con cui mi comporto gentilmente..”
“Gentilmente? Hai un bel coraggio!”
“E va bene, civilmente. Così va meglio?”
“Si, ora può andare bene”
“Allora?”
“Cosa?”
“Hai detto che volevi parlarmi”
smise di bere e iniziò a dividere la brioche
“Oh si, certo.- mi porse un pezzo di dolce- ne
vuoi?”
“No, grazie. Paul, guarda che non ho tutto il giorno. Anche
se il proprietario
mi vuole bene e si rallegra per le mie amicizie, mi paga
perché io lavori, e
non per tenere compagnia ai clienti”
“Già, hai ragione.” strano che non mi
rispondesse a tono, normalmente da li
sarebbe partita una mega discussione e avremmo finito per litigare, fin
quando
Sam non ci avesse chiesto di smetterla di comportarci come dei bambini.
Oh no! L’avevo fatto ancora! Da quando Paul era entrato nel
bar non avevo
fatto altro che ricordare momenti di quella routine che mi mancava da
impazzire, ma che purtroppo non sarebbe mai tornata.
Forse non era una buona idea parlare con Paul.
Forse mi avrebbe solo procurato altro dolore.
Ma ormai c’ero, sarei andata avanti.
“Senti Leah, sono venuto qui perché avevo bisogno
di farti alcune domande”
chissà perché non mi piaceva affatto il suo tono,
era preoccupato, triste, come
se temesse qualcosa. Che anche lui non sapesse nulla? Sarebbe stato
proprio un
guaio. O forse no, in due sarebbe stato più semplice capirci
qualcosa
“Dimmi”
“E’ da qualche tempo che Jared si comporta in modo
strano,mi evita, è
sempre scostante, scappa sempre quando si accorge che mi sto
avvicinando, e poi
hai visto come è cresciuto? È diventato enorme! E
pensare che prima ero più
alto di lui..” non potevo fare altro che annuire, non vedevo
Jared da quando
aveva avuto quel malessere, non potevo scorgere alcuna differenza, ma
la
preoccupazione nella sua voce mi fece capire che quello non era uno
scherzo
“Non so che dirti Paul, non vedo Jared da un bel
pezzo”
“Cosa? Che significa anche questo?- scrollai le spalle- ho
notato già da
qualche tempo che si comporta in modo strano, ma non riesco a capire
cos’ha, prima
di lui anche Sam ha fatto esattamente
così. Con lui non sapevo come comportarmi, siamo sempre
stati ottimi amici, e all’improvviso
mi ha tagliato fuori dalla sua vita, però ho attribuito il
suo comportamento strano
alla storia con..” rimase qualche secondo in silenzio, avevo
capito a cosa si riferiva,
ma apprezzavo il fatto che facesse attenzione a non ferirmi.
Gliene ero grata, anche se non serviva.
“Ma ora anche Jared si comporta allo stesso modo, e non posso
sopportare di
perdere un altro amico per questo silenzio!”
“Te l’ho detto, se è per questo che sei
qui, non posso aiutarti, siamo
sulla stessa barca. Non vedo Jared da quando è stato poco
bene.” Fantastico,
avevo intenzione di chiedere chiarimenti a chi in realtà era
ancora più confuso
di me..
“Se è così, siamo proprio in un bel
guaio!”
“Siamo?”
“Si si. Non vorrai farmi credere che a te non interessa
capire che cavolo è
successo a quel cretino del tuo amico, no?” mi ritrovai di
nuovo a scrollare le
spalle
“Senti, facciamo così: se uno dei due ne capisce
qualcosa lo dice
all’altro, ok?”
“Sicuro. A meno che non veniamo trascinati anche noi in quel
mondo di
misteri!”
“Ahahaha! Eh si, Leah! Hai ragione! Vabbè, ti
lascio al tuo lavoro, mi
porti il conto?” gli sorrisi, nonostante tutto era stato
piacevole
chiacchierare con lui. Eravamo molto simili, si. E in più
avevamo in comune
dubbi e curiosità.
“Lascia stare, offre la casa.” Mi
ringraziò con un sorriso gigantesco, ci salutammo
e andò aia, mentre io tornavo al bancone.
Ok,
la chiacchierata con Paul non mi aveva aiutata affatto, ma almeno
sapevo
di poter contare sull’aiuto di qualcuno. Con un po’
di ottimismo sarei venuta a
capo di questa faccenda, e Jared sarebbe tornato mio amico.
Così non avrei più sofferto
di quella solitudine che m stava distruggendo.
Però! Erano bastati pochi minuti in compagnia di quello
scemo per infondermi
un po’ di buon umore. Eh si, in un altro momento mi sarei
detta di essere caduta
proprio in basso per accontentarmi della compagnia di Paul. Ma in
realtà era esattamente
così.
Poco male, la realtà era che mal sopportavo la solitudine in
cui mi ero rifugiata,
e forse quella visita era proprio ciò che mi serviva per
ripartire con più carica…
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 ***
Salve!
Eccomi di nuovo qui.
Suppongo che dopo un ritardo del genere, nessuno più si
ricorderà di me...
Naturalmente avrebbe ragione! Sono imperdonabile.
Nonostante ciò spero che qualcuno continui a leggere e
seguire questa
fic, E spero come sempre in qualche commento da parte vostra.
Sto attraversando un periodo non molto semplice, anche per questo non
riuscivo
a proseguire con la storia, alcuni fattori non hanno fatto altro che
demoralizzarmi, e giù di morale com'ero non riuscivo a farmi
venire in mente niente.
Ora, spero che questo blocco sia passato,e che possa proseguire con la
storia. Inizialmente avevo pensato ad una storia che partisse
dal
principio della vita di Leah che conosciamo (quando stava ancora con
Sam), per
arrivare agli avvenimenti post Breaking Dawn, ma credo che
terminerò questa fic
con la fine della serie della Meyer e magari pubblicherò una
nuova storia
incentrata sulla vita di Leah, a partire dalla fine dell'ultimo libro,
sperando
che qualcuno continui a leggere...
Prima di lasciarvi alla lettura volevo ringraziare ancora una volta chi
segue quesa fic, chi l'ha aggiunta tra i preferiti e in particolare
chi continua a commentare, Hermione 93, Sarapastu e Drew_Labirinth per tutti i complimeti. Vi ringrazio! E' specialmente merito vostro se continuo imperterrita a scrivere.
Ora vi lascio, con la speranza di riuscire a pubblicare al
più presto.
Buona lettura!
Come
al solito era facile per
me illudermi delle banalità.
Mi bastava un sorriso, una parola e la doppia lastra di
vetro che avevo posto tra me e gli altri appariva per ciò
che era davvero, un
sottile muro di cartone, al quale bastava il minimo soffio di vento per
crollare.
Ero una dura io, niente e nessuno poteva ferirmi in alcun
modo. Si, questo è quello che lasciavo vedere agli altri, ma
la realtà era che
restavo una giovane ragazza con tanti sogni e tante speranze, rimasta
sola
all’improvviso, per circostanze sconosciute, che vedeva
crollare la speranza di
poter realizzare i propri sogni, uno dopo l’altro.
L’estate era finita ormai da un pezzo, io avrei dovuto
cominciare la vita universitaria, trasferendomi al campus, invece mi
ritrovavo
nella mia camera a rimuginare su quanto la mia vita fosse brutta e
impossibile.
Dopo aver fatto altri esami medici, risultava che mio
padre non stava molto bene, e i medici chiedevano sempre più
esami e
accertamenti. Così per dare un aiuto, se pur minimo ai miei
genitori,
occupandomi di Seth, decisi di rimandare la partenza e di restare a
casa.
Ecco perché mi trovavo stesa sul mio letto, con lo
sguardo perso e la mente da tutt’altra parte. In
più sentivo il senso di colpa
logorarmi. Insomma, mio padre stava male ed io perdevo tempo a pensare
ai miei
inutili problemi? Ero solo una stupida egoista.
Eppure ogni giorno che passava non potevo fare a meno di
chiedermi dove avessi sbagliato per arrivare
a tanto. Ma più ci pensavo e più non
trovavo nessuna risposta ai miei
dubbi. Non dico di non aver mai fatto errori, ma non credo che quelli
commessi
siano stato così gravi da allontanare chiunque da me. Pur
avendo un milione di
difetti, uno dei miei pregi era la correttezza delle mie azioni.
Come
era accaduto con Sam, più tardi con Jared. Accadde
anche con Paul. Ovviamente non fu la stessa cosa. Sam era il mio
ragazzo, Jared
il mio migliore amico. Paul rappresentava per me la speranza. La
speranza di
poter ancora avere una vita ‘normale’, farmi dei
nuovi amici, eliminare le
barriere tra me e la gente, tornare a sorridere. Invece avevo perso
anche lui.
In più notai che gli altri due non lo lasciavano mai
soli, era come se Paul fosse costantemente sotto controllo.
Ricordo che un giorno lo incontrai da solo. Probabilmente
stava tornando a casa. Non sembrava neanche più lui. Era
più alto, più
muscoloso. Mi tornarono alla mente le sue parole, mi disse che anche
Sam e
Jared era cambiati, cresciuti in qualche modo. E mi trovai ad ammettere
che era
vero, che era accaduto anche a lui ciò che aveva separato
quei due ragazzi da
coloro che frequentavano prima.
Mi aspettavo allora, che non mi desse alcun tipo di
spiegazione. Insomma, Sam che diceva di amarmi, non l’aveva
fatto; Jared, che
mi ha sempre parlato di tutto, non me ne aveva fatto parola; per quale
motivo
l’avrebbe dovuto fare lui?
Ancora non so dire con esattezza cosa mi spinse a
corrergli incontro, forse il fatto che lui stesso tempo prima mi aveva
dimostrato la stessa frustrazione che provavo io, ma mi feci coraggio e
decisi
di tentare.
“Non è come sembra, Leah. Non è come
pensavamo noi. Non
possiamo farci niente”
Queste parole furono tutto ciò che ottenni. Ma non
servirono ad altro che a confondermi maggiormente le idee. Non
è come sembra.
Ok, ma cosa sembra? Non avevo alcuna idea nella mente!
Per me non sembrava un bel niente. Erano solo tre stupidi ragazzi che a
distanza di qualche mese l’uno dall’altro, avevano
deciso di tagliare tutti i contatti
con le persone a cui prima erano legati; che se ne stavano sempre
insieme, che non
giravano mai da soli, e che avevano subito un cambiamento rispetto a
come erano
un tempo.
Continuava ad essere tutto inutile, più ci pensavo e
più non
mi ci raccapezzavo.
Non aveva alcun senso!
Se solo ci fosse stato qualcuno di più vicino a loro,
incapace
di negarmi qualche spiegazione..
E fu come un’illuminazione in quel secondo: Emily!
Come avevo fatto a non pensarci prima? Era perfetto. Emily
non avrebbe mai avuto il coraggio di negarmi una spiegazione. Non dopo
tutto ciò
che era successo con il mio ex e suo attuale ragazzo.
Certo, sarei stata meschina a far leva su quella storia per
farmi dire qualcosa, ma come si dice ‘A mali estremi, estremi
rimedi’.
Non ci misi molto a riprendermi dal mio stato di apatia, ormai
sentivo di avere la soluzione in tasca. Era fatto! Stavo per venire a
capo di quel
mistero. Anche con la mia solita maschera fredda e distaccata si poteva
notare un
sottile strato di soddisfazione, dovuto ad un motivo ancora ignoto.
Si, avrei scoperto ciò che mi nascondevano. Avrei fatto
parte
anche io di quel gruppo ristretto legato da chissà quale
segreto, e tutto sarebbe
tornato come prima.
Ecco, di nuovo la mia mente che viaggiava troppo veloce..
Ma non potevo farci molto, sono testarda, quando mi metto
in testa una cosa difficilmente cambio idea. E anche quella volta fu
così.
Una mattina mi alzai piuttosto presto, pensai di andare a
fare un giro, e mi allungai sulla spiaggia. Camminai lungo il
bagnasciuga per un
bel tratto, fino a sedermi su uno scoglio poco lontano. Rimasi
lì a pensare.
Volevo sapere davvero quale fosse il motivo di tanta riservatezza?
Volevo davvero sapere perché quei ragazzi si erano
allontanati
da tutti?
Volevo davvero sapere per quale motivo Paul e Jared mi avevano
abbandonata?
Volevo davvero sapere perché il ragazzo che amavo mi aveva
lasciata, e aveva preferito mia cugina a me?
E poi compresi.
No, non volevo. Cosa mi aspettavo mi dicesse Emily? La
verità
era che qualunque cosa lei mi avesse detto, io ne avrei sofferto.
Allora no. Non
ne volevo sapere nulla. Non volevo soffrire ulteriormente.
Mi bastava così.
Ad un tratto mi alzai e iniziai a camminare. Tornai indietro
e sentii per la prima volta che avrei potuto ricominciare. Farmi una
vita anche
così. Dovevo guardare in faccia la realtà e
agire. Non potevo restare ferma mentre
tutto intorno a me andava avanti, solo perché chi viaggiava
con me mi aveva lasciata
sola.
In quel momento capii di aver voltato pagina. Che stavo ricominciando.
Ancora non sapevo che c’era qualcosa che non potevo lasciarmi
alle spalle.
E che presto sarebbe arrivato a sconvolgere nuovamente la
mia vita.
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 ***
Prima di dire o fare qualunque
cosa, devo assolutamente scusarmi per il ritardo con cui aggiorno.
Quando ho iniziato a scrivere questa fanfic non avrei mai pensato di
far passare tanto tempo tra un aggiornamento e l’altro,
perché io per prima, come lettrice, mi dispiaccio quando mi
capita di seguire una storia sospesa per tanto tempo. Purtroppo
però, quando ci si trova dall’altro lato, capita
di affrontare momenti in ci le cose non vanno come dovrebbero e la
storia resta ad un punto morto.
A dire il vero, in tutto questo tempo, ho provato diverse volte a
continuare a scrivere, ma ho incontrato parecchie
difficoltà, a causa degli errori commessi
all’inizio, che mi hanno causato delle discordanze tra i
tempi e gi avvenimenti della saga, e il filo che sto cercando di
seguire (in pratica ho fatto trasformare Sam troppo in fretta, e ora
sto cercando di allungare i tempi tra una trasformazione e
l’altra), e stavo addirittura pensando di abbandonare questa
storia.
Per fortuna, sono riuscita a non lasciarmi scoraggiare, ed ora ho
ripreso a scrivere qualcosa, che in ogni caso non è
ciò che mi aspettavo, né per lo stile,
né per il contenuto, né per la trama.
Spero di riuscire a proseguire senza più
intoppi, anche se probabilmente inizierò una revisione dei
vecchi capitoli, per far coincidere per bene, quel che scrivo con i
libri.
Ora che ho finito, prima di lasciarvi all’orrore che ho
scritto, al posto di un capitolo decente, vorrei dedicare qualche
parola a Drew_Labirinth, Hermione 93, sarapastu e Valeego per le
bellissime recensioni che mi lasciano: vorrei ringraziarvi,
perché uno dei principali motivi per cui non ho abbandonato
questa fic siete proprio voi, che
con i vostri commenti mi spronate ad andare avanti!
Ringrazio particolarmente Valeego, che mi ha inserita tra gli autori
preferiti: per me è stato uno shock scoprire che a qualcuno
piacesse tanto il mio modo di scrivere, e mi sento davvero lusingata
per aver raggiunto un risultato del genere.
Ovviamente ringrazio chi ha aggiunto la fic ai preferiti, chi la tiene
tra le seguite, e chi si limita a leggere.
A presto, si spera! E buona lettura..
Capitolo
13
Quando
avvertii finalmente la consapevolezza degli avvenimenti, ero convinta
di aver definitivamente chiuso del tutto con il mio passato, di aver
superato la separazione con Sam, di riuscire a sopportare meglio la
lontananza dagli amici di un tempo. Può sembrare un
controsenso,ma ad aiutarmi era proprio l’idea di essere
pronta. Forse non lo sono mai stata del tutto, e di sicuro in quel
periodo non avevo superato un bel niente, ma la volontà che
ci mettevo nel voler ricominciare mi dava la forza di farlo.
Per un breve periodo le cose andarono bene. Tornai a sentire alcune
amiche che frequentavano le mie stesse lezioni, e presi in
considerazione l’idea di frequentare
l’università locale, almeno fin quando le
condizioni di mio padre non fossero migliorate.
Mio padre, già.
Era già da qualche tempo che non stava proprio bene. Non
accusava alcun tipo di dolore, ma i medici sostenevano che le sue
condizioni non miglioravano affatto nonostante seguiva scrupolosamente
le cure che gli prescrivevano. Il suo vecchio amico Charlie passava
spesso a casa per vedere come stava, era molto preoccupato, e si
sentiva anche in colpa per non essere stato molto presente negli ultimi
tempi, ma anche lui aveva avuto i suoi problemi: sua figlia, dopo un
litigio col fidanzato (uno dei Cullen) aveva deciso di andare a
stare di nuovo dalla madre, comunque in poco tempo riuscì a
fare pace col fidanzato e tornò a stare a Forks; purtroppo
dopo poco tempo, fu la famiglia Cullen a doversi trasferire, e Charlie
doveva occuparsi di una figlia depressa, che oltre a frequentare la
scuola non si dedicava più a nulla. In effetti mi sembrava
una situazione alquanto familiare, e anche i miei genitori credevano
che sarebbe stato un bene per entrambe fare amicizia, ma Bella non mi
era simpatica da bambina, figurarsi come sarei riuscita a sopportarla
in modalità-depressa, considerando il basso livello di
sopportazione a cui ero arrivata.
Quindi non presi neanche in considerazione l’idea di fare
amicizia con lei.
Tanto più che venni a sapere che ci aveva pensato qualcun
altro a farsi carico dei problemi di Bella. Il figlio minore di Billy
Black, Jacob, che a quanto pare era suo amico già da qualche
tempo.
Coloro che invece mostravano più allegria del solito, dopo
questa improvvisa partenza erano proprio i ragazzi di La Push, che
smisero di girovagare con facce smorte e serie e ripresero un aspetto
risoluto e più adatto alla loro età.
Non riuscivo a comprendere il motivo di tanta gioia, ma in
fondo non provavo particolare interesse per ciò che
riguardava loro.
Avevano tagliato i contatti con tutte le persone che frequentavano
precedentemente, prima di chiudersi a cerchio tra loro e non dare la
possibilità a nessun altro di integrarsi. E avevo risolto
che non mi interessava. Non era affar mio. Dovevo semplicemente far
finta che non esistessero. Cosa che mi riusciva piuttosto bene,
poiché non avevamo più nulla in comune e non mi
capitava mai di incontrarli, neanche per sbaglio.
I
mesi passarono veloci, le mie giornate erano caratterizzate da una
certa monotonia.
Non me la passavo male come quando avevo rotto con Sam, ma mi ero
creata una regolarità tra le lezioni
all’università e gli impegni a casa. Tutto era
sempre tranquillo.
A preoccuparmi era soltanto la salute di mio padre.
Ogni volta che la mamma chiedeva ai medici se avesse riscontrato
qualche miglioramento, se avesse avuto bisogno di un intervento o cose
del genere, essi non si sbilanciavano minimante, lasciandoci sempre
più confuse. L’unico che non si preoccupava di
nulla era proprio papà: non aveva cambiato niente delle sue
abitudini precedenti, passava il tempo esattamente come faceva una
volta, senza pensare neanche un po’ alla sua salute.
Ovviamente non faceva cose che potessero aggravare la sua situazione,
ma non rinunciava alle sue abitudini. Non un finesettimana a casa a
riposare, dopo una settimana di lavoro. Naturalmente Charlie e Bill
stavano sempre con lui, mostrando la stessa apprensione della mamma,
cosa che riusciva solo a farlo arrabbiare.
Un po’ lo capivo, insomma, se fossi stata al suo posto avrei
reagito allo stesso modo, anche io avrei cercato di sdrammatizzare per
non preoccupare ulteriormente gli altri, ma si trattava di mio padre,
non sarei mai riuscita a lasciar correre. E in più il suo
comportamento mi faceva arrabbiare anche di più.
“Smetti di preoccuparti, Leah. Sto solo andando a
pescare.”
“Potresti restare a casa per una volta.”
“Tesoro, se vuoi passare un po’ di tempo con me
potresti venire anche tu.”
“Non se ne
parla.”
“Eppure una volta ti piaceva..”
“Non è vero papà.”
“Ma si! Ricordo che da piccola ti svegliavi prestissimo per
venire a pescare con me.”
“Papà, da piccola avrei fatto qualsiasi cosa pur
di stare con te” lo vidi sorridere mentre si allontanava.
“Ci vediamo più tardi.” E chiuse la
porta, lasciandomi quell’ansia che sarebbe sparita solo una
volta rientrato.
“Non ha ceduto neanche stavolta?”
“Mamma! Non mi ero accorta che fossi arrivata anche
tu”
“Speravo che riuscissi a convincerlo, di solito ti
ascolta.”
“No, niente da fare. È così
testardo!”
“Mm, non importa. C’è Charlie con lui,
farà attenzione che non si sforzi troppo.”
“Già. A proposito di Charlie, come sta sua figlia,
ancora depressa?”
“Hai deciso di correre in suo soccorso?”
“Semplice e pura curiosità. Lo sai che non sono in
grado di fare la crocerossina. Magari potrebbe riuscirci Seth, ma non
io.”
“Non ti preoccupare, non ne ha bisogno. Jacob la sta
frequentando assiduamente, soprattutto da quando anche Embry ha
cambiato amicizie..”
“Eh? Che vuol dire?”
“Niente.. va a svegliare tuo fratello”
“Mamma!”
“Lee, il gruppo di Sam si sta allargando, tutto
qui.”
“Cosa?? Ma che intendono fare?”
“Leah non devi preoccuparti, non fanno nulla di male. Pensa
che si fanno chiamare i Protettori”
“I protettori? E che cavolo dovrebbero proteggere?!”
“Lascia stare. Dai, adesso vai a svegliare Seth.”
Mia mamma non mi avrebbe detto altro, tanto
valeva andare a svegliare Seth, così andai da lui. Intanto
pensavo.
Anche Embry. Da quel che ricordavo era un ragazzino tranquillo, con una
madre molto apprensiva. Non avrebbe mai scelto di frequentare gente
pericolosa, era piuttosto responsabile. Allora era chiaro che non
potessero fare nulla di male, altrimenti non avrebbe mai scelto di
stare insieme a loro. Allora che diavolo facevano di così
importante da non poterlo far sapere anche agli altri? E
perché sceglievano i ragazzi uno per volta? Era una
selezione? E chi sarebbe stato il prossimo?
In più si facevano chiamare i protettori! Che pericoli ci
possono mai essere in una riserva piccola e tranquilla come La Push?!?
L’unica cosa che mi sembrava proteggessero era il loro
stupido segreto!
E in tutto questo, gli anziani non sembravano affatto preoccupati,
anzi. Sembravano decisamente tranquilli. Come se il loro modo di fare
li rincuorasse. Non ci capivo niente.
Buoi totale.
Ma sarebbe durato ancora poco...
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 14 ***
Salve!
Prima di ogni cosa, come sempre, vorrei ringraziare di cuore valeego,
Hermione 93, Drew_Labirinth, e sarapastu per le stupende recensioni che
non mancano mai, e che sono sempre in grado di farmi spuntare un
sorriso. Vi adoro! E vi ringrazio per tutto il vostro
appoggio.
Vorrei
ringraziare tutti coloro che seguono la fic e chi l'ha inserita tra i
preferiti, chi mi ha aggiunta tra gli autori preferiti, e chi
passa di
qui a leggere.
Poi
vorrei aggiungere qualche parola su questo capitolo: a dire il vero non
ne ho tante. Mi piace questo capitolo, mi è piaciuto
scriverlo, perchè
mi sono emozionata davvero. Nonostante questo lo sento molto distante
dal resto della storia, e forse è così. Ma dopo
tanto tempo lontano da
questa storia, oggi ho sentito per la prima volta di nuovo il bisogno
di scrivere, e il capitolo è nato non perchè
dovessi aggiornare, ma
perchè volevo scrivere. Perciò, spero davvero che
questo capitolo anche
nella sua completa confusione possa piacere a qualcuno.
(Non l'ho riletto,
nè corretto, vista l'ora, quindi è possibile che
in questi giorni passi a correggere o cambiare qualcosa)
Buona lettura!
Capitolo
14
La
vita a volte è davvero strana.
La mia non è una costatazione fatta dopo una giornata
difficile, dopo tutte le delusioni che il destino mi ha fatto avere, ci
ho
pensato molto e per tanto tempo. Ed è proprio questa la
soluzione.
La vita è strana.
Ma per fortuna, o forse dovrei dire sfortuna ma sono
troppo egoista, non lo è solo con me. In fondo la vita non
è altro che una
ruota che gira. E le esperienze aiutano e insegnano. Insomma, in tutti
questi
mesi avrò pure imparato qualcosa, oltre a non aver mai
scelto le amicizie
giuste, no?
E infatti ho imparato che non c’è mai limite al
peggio.
Ricordo bene quando Sam mi lasciò. Inizialmente stavo
male, malissimo, ma grazie all’aiuto dei miei amici sono
riuscita ad affrontare
al meglio quel periodo e stavo riprendendo un po’ di
vitalità, quando sono
stata ‘vittima’ di un altro
‘abbandono’. Così sono precipitata di
nuovo nello
sconforto, e poi per l’ennesima volta, dopo un periodo
decisamente spento e una
sorta di ripresa, ecco l’ennesimo rifiuto. Ed eccomi ancora
sola.
Però finalmente trovai la forza di guardare avanti.
Cioè,
la situazione a casa era già preoccupante senza considerare
il mio umore
perennemente nero, non volevo rendere le cose ancora più
difficili, l’unica
cosa che potevo fare era smetterla di crogiolarmi nel mio dolore e
rimboccarmi
le maniche. Quindi potevo dire di aver raggiunto un certo equilibrio.
Chi ormai si trovava nella mia stessa situazione era
Bella Swan.
Poverina, la capivo. Davvero.
Chi meglio di me poteva comprendere il dolore provato dopo
l’abbandono del proprio ragazzo, e successivamente
l’allontanamento del proprio
migliore amico? Quella persona che ti aiuta, ti comprende, ti ascolta,
o
semplicemente ti resta accanto.
No, nessuno poteva immaginare i suoi sentimenti meglio di
me. Semplicemente perché io li avevo provati esattamente
come stava succedendo
a lei.
Avrei potuto chiederle di incontrarci. Assicurarla che il
peggio era passato e che col tempo le cose miglioravano. Ma non mi
andavo
affatto l’idea di riempirla di false speranze.
La tristezza non se ne andava. Il vuoto dentro non si
riempiva. Ogni cosa sembrava spenta.
Un lato positivo c’era. Ci si fa l’abitudine.
La
Push è piccola, ma fondamentalmente piena di turisti.
Se vuoi camminare un po’ e svagarti non
c’è nulla di meglio che andare in
spiaggia e camminare in riva al mare. Aiuta tanto se vuoi solo stare un
po’
così, senza neanche riuscire a pensare.
Fu quello che feci quel giorno. Dopo l’ennesimo malore di
papà. Avevo tante idee che mi balenavano nella testa. Mi
sentivo confusa, sola
e disperata. Avevo una voglia matta di allontanarmi da quella
realtà.
Fu quello il motivo che mi spinse ad andare in spiaggia.
Camminavo. Camminavo e basta. Senza sapere neanche dove
andare. Lasciavo che fosse l’istinto a guidarmi.
Solo dopo, riconoscendo il posto in cui mi aveva guidata,
riconobbi che non era stata una buona idea.
Mi trovavo esattamente di fronte l’abitazione di Emily.
Forse l’abitudine di fare quella strada era rimasta in me
tanto forte da
percorrerla inconsciamente, ma arrivata a quel punto non sapevo proprio
cosa
fare.
Se mi fosse capitato un mese, una settimana, un giorno,
forse anche un’ora prima, non avevo dubbi su ciò
che avrei fatto. Sarei corsa indietro
tornandomene a casa, ad ascoltare musica deprimente a volume alto,
stesa sul
mio letto.
Ma in quella circostanza avevo davvero bisogno di mia
cugina.
La mia vita era un vero disastro.
Sam mi aveva lasciato.
Per non soffrire avevo allontanato anche Emily.
Jared che mi volta le spalle.
Poi Paul.
E mio padre, che continuava a star male.
Ero ormai sola e avevo bisogno di parlare con la persona
che in assoluto mi conosceva meglio di chiunque altro, e che io
conoscevo
meglio di chiunque altro.
Emily. Mia cugina. Per me una sorella.
Qualunque cosa fosse successa tra di noi, ero sicura che
non mi avrebbe mai lasciata sola.
In fondo mi trovavo in quella situazione perché
avevo
deciso io di allontanarla.
In effetti era l’unica persona a cui io
non avevo permesso di starmi vicino.
Così mi avvicinai e bussai alla porta, sperando che fosse
in casa.
Per fortuna non sbagliai, e me la ritrovai davanti con
l’espressione più sorpresa che le avessi mai visto.
“Leah!”
“Ehi.”
“Entra! Che ci fai qui?” ecco la domanda che
aspettavo.
Sentii le lacrime salirmi agli occhi. Non volevo piangere. Non dopo
tanto tempo
che non ci vedevamo, ma non resistetti.
“Papà sta male.. avevo bisogno di
parlarti!”
A dire il vero non parlammo poi tanto, ma Emily mi
abbracciò forte, come avrebbe voluto fare anche quel
fatidico giorno, e mi
lasciò sfogare, piangendo tutte le lacrime che avevo
trattenuto fino a quel
momento.
Quando
mi calmai, mi scusai per essere piombata in casa
sua in quel modo, così all’improvviso, ma lei mi
disse che erano mesi che
sperava di vedermi piombare così a casa sua “Senza
lacrime, ovviamente”
aggiunse, e sapevo che era sincera.
Quel giorno mi resi conto che non solo io avevo sofferto.
Anche Emily aveva perso me, e si sentiva in colpa nei miei confronti.
Sapevo di
aver ragione, ma osservando quei segni sul suo volto mi sentii crudele.
Si amavano, dovevo mettermi l’animo in pace, non potevo
continuare a prendermela con lei.
E poi mi era mancata così tanto! Così ci
promettemmo che
ci saremmo riviste, e lei mi chiese di andare ancora a trovarla.
Dopo tanto tempo, quel vuoto tornava a riempirsi.
Uscii di casa e mi avviai verso la spiaggia, pronta a
fare la stessa strada a ritroso. Emily continuò a salutarmi
e a gridarmi di
tornare a casa sua fin quando non arrivai ad un incrocio, mi girai
parecchie
volte per salutarla, ma nel momento in cui stavo per svoltare
l’angolo sentii
l’unica voce che avrei voluto dimenticare per sempre, ma che
su di me aveva
ancora una forte influenza.
“LEAH!”
Sam. Possibile che fossi così sfortunata? A sentire la
sua voce scattai subito, ma non mi girai.
Una cosa per volta. Avevo appena accettato l’idea di
riavere Emily di nuovo nella mia vita. Riuscire anche a guardarli
insieme
sarebbe stato troppo. Così non mi voltai e proseguii per la
mia strada.
Tornai a casa e Seth mi corse incontro, in un primo
momento mi preoccupai, ma poi notai la sua aria raggiante e mi
tranquillizzai, lasciando
che contagiasse anche me.
“Ma dove eri finita? Sono ore che ti aspetto! Papà
sta
molto meglio, vieni!”
Così mi feci tirare in casa.
Certo, non avevo più un ragazzo, né i miei
migliori
amici, ma avevo ancora mia cugina, una madre severa, un fratellino
ingenuo e
rompiscatole e un padre a cui piaceva fare brutti scherzi.
Si, la vita è strana, difficile, complicata. Ma non vuol
dire che sia pessima.
Questo
capitolo è dedicato a mia cugina, Mary2310. Che si ostina a
voler
leggere quel che scrivo, pur non avendo letto la saga.
Perchè resterà
sempre la mia 'sorella', la mia migliore e più vecchia
amica; perchè mi
incoraggia sempre a continuare; perchè se fossi stata nella
stessa
situazione di Leah, nonostante tutto avrei agito allo stesso modo.
Perchè ti voglio bene!
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 15 ***
Salve!
Mi sa proprio che per lo scorso capitolo ho parlato toppo presto... La
voglia di scrivere è arrivata e dopo qualche giorno
è sparita di nuovo... Inutile dire ancora una volta che mi
dispiace tantissimo per il ritardo... Comunque ora il capitolo
è pronto, e anche se, come al solito non mi piace, e che per
come l'ho reso sono convinta che mi causerà dei problemi con
i prrossimi capitoli, non mi andava affatto di lasciarvi
così per chissà quanto tempo ancora! Eh si, dopo
questo non so quando riuscirò ad aggiornare,
perchè ormai non ho neanche una parola scritta per il
prossimo capitolo, e per di più con l'anno nuovo si avvicina
anche il periodo degli esami, quindi credo proprio che potrò
pubblicare solo alla fine di gennaio (e sono ottimista). Che altro
posso dire? Spero che almeno a voi il capitolo piaccia, anche se
è moolto triste, quindi ne dubito! E vorrei assicurare che
la riappacificazione delle due cugine non ha reso Leah una specie di
agnellino, anzi, temo che il vero caratteraccio di Leah si
farà notare più avanti!
Vorrei
precisare che, non avendo ua chiara descrizione di come avviene la
trasformazione dei lupi, mi è stato davvero difficile
scrivere di quella dei due fratelli Clearwater, e so ce non corrisponde
molto con quella degli altri, ma ho pensato di giustificare la cosa in
un certo modo: come la Meyer ha scritto per la trasformazione di Jacob,
anche io per gli altri membri del branco ho scritto che stavano male, e
che per giorni non sono stati in grado di vedere nessuno, ma secondo le
licenze che mi permetto di fare (solo per mandare avati la storia),
questo 'allontanamento' è dovuto più al loro
autocontrollo che ad una vera convalescenza. Cioè, i
ragazzi, una volta ricevuti i segni della trasformazione, diventano
piuttosto irrequieti, e perdono l'autocontrollo, quindi qualunque cosa
è in grado di scatenare un'eventuale trasformazione, per
questo motivo tendono a stare lontano per giorni, per non rischiare di
ferire chi gli sta intorno. Dubito che possa andare come spiegazione,
ma non sono riuscita ad inventarmi altro...
Infine,
prima di lasciarvi al capitolo, vorrei perdermi nei soliti
ringraziamenti, per valeego, Hermione 93 e sarapastu per le recensioni
che mi lasciano sempre e che mi fanno sempre piacere (grazie davvero!),
e per coloro che hanno inserito la storia tra i preferiti e/o tra le
seguite.
E
ora, buona lettura!
Capitolo
15
Le
cose con Emily migliorarono parecchio.
Non avrei mai pensato che il rapporto tra noi sarebbe
tornato quello di un tempo, ma eravamo cresciute insieme, era
impensabile stare
lontane per sempre.
Non avrei mai perdonato né a lei né a Sam
ciò che mi
avevano fatto, ma guardare il suo volto trasfigurato mi faceva pensare
che
dopotutto meritasse un po’ di felicità, e se con
Sam era felice, io non potevo
ostacolarla. Un altro paio di maniche era Sam. Con lui non sarei mai
riuscita
ad essere tanto risoluta. Mi aveva illusa. Per anni mi aveva giurato
che non
avrebbe mai pensato a nessun altra eccetto me, che era impossibile per
lui
pensare di stare con un’altra ragazza. Mi aveva anche detto
di amarmi, e invece
alla prima occasione aveva cambiato idea, veloce come un lampo. Non
potevo
perdonarlo. E neanche mi sforzavo di capire il suo punto di vista. Era
un vile
traditore.
Una volta ne parlai con Seth, e quel bambino troppo
maturo mi disse che era davvero un comportamento anomalo. Secondo Seth,
non
potevo avere delle idee così diverse di Sam e Emily. Se
pensavo che Emily
dovesse essere felice, non potevo non sperare che lo fosse anche lui. E
viceversa, invece, se pensavo a Sam come un traditore, dovevo includere
anche
mia cugina, perché in fondo erano stati in due a tradirmi.
Certo il suo
ragionamento non faceva una piega, e forse anche io un tempo avrei
fatto lo
stesso ragionamento, ma pensandoci bene, ero arrivata alla conclusione
che
purtroppo odiavo tanto profondamente Sam perché non riuscivo
a smettere di
amarlo. Riuscivo a perdonare Emily perché sapevo che i suoi
sentimenti nei miei
confronti erano sinceri e corrisposti, ma non riuscivo neanche a
pensare a Sam
perché mi aveva fatta sentire davvero amata, e non riuscivo
a sopportare di
averlo perso. Lo odiavo perché lo amavo, ancora.
Nonostante
la riappacificazione con Emily, la mia
situazione non migliorò poi molto, di sicuro non mi piaceva
frequentare casa
sua, che sembrava proprio il ritrovo abituale di Sam e dei suoi amici, che avevano una nuova fresca
recluta, Quil Ateara, e
anche a casa ormai cominciavo a sentirmi in gabbia. Papà
continuava a star male
sempre più di frequente, e non riuscivo a restarmene inerme
seduta al tavolo ad
aspettare che passasse senza poter far niente. Era straziante.
Poi un giorno successero le cose più orribili della mia
vita, e sono sicura che pur essendo ancora molto giovane non ci
sarà nessun
altro giorno che potrò definire il più brutto
della mia vita, se non quello.
Quel pomeriggio iniziai ad odiare profondamente quelli
che mi spiegarono essere vampiri.
Quel pomeriggio iniziai ad odiare profondamente, con ogni
fibra del mio corpo me stessa, per essere stata la causa principale
della morte
della persona che avevo più amato al mondo.
Quel pomeriggio la mia intera esistenza cambiò del tutto,
e quella che fin a quel momento era stata Leah Clearwater
morì, insieme a mio
padre.
So che è strano, so bene cosa è accaduto sulle
scale di
casa mia,a mio fratello e a me, è una cosa che mi
porterò dentro per sempre, ma
non riesco a ricordare tutti i particolari. Nella mia mente le immagini
di quel
giorno scorrono sfuocate e sovrapposte, e l’unico particolare
chiaro e lampante
è lo sguardo stupito e disperato di mio padre mentre esalava
il suo ultimo
respiro, il mio nome.
Ricordo ben poco, se non che un attimo prima mi trovavo
sulle scale con mio fratello, che litigavamo per uno stupidissimo
progetto
scolastico, e un attimo dopo eravamo due bestie feroci pronte ad
attaccarci.
Quella fu la prima volta che mi trasformai, sotto gli
occhi increduli di mio padre, e le grida spaventate di mia madre.
Ci fu molta confusione in casa quella sera, non ricordo
come feci a tornare normale, so semplicemente che avevo una voglia
matta di
rivedere mio padre, di sapere come stava e quali fossero le sue
condizioni, ma
tutti i miei sforzi erano inutili, perché a quanto pareva,
per il vecchio Quil
e per Bill Black era più importante spiegare la situazione a
me e Seth,
piuttosto che lasciarci andare e rimandare le spiegazioni ad un altro
momento.
Così mentre loro si perdevano in inutili spiegazioni su
leggende che in realtà erano vere, mostri
succhiasangue e protettori mutaforma, la mia mente vagava nella stanza
al piano
di sopra, dove il medico stava visitando mio padre.
Non riuscivo a capire niente, non mi rendevo conto di ciò
che stesse accadendo, né di quello che i due anziani stavano
cercando di dirmi.
Ma tutto mi fu chiaro quando sentii un unico forte grido di mia madre
che
scoppiò in un pianto disperato. “Mamma!”
ormai era chiaro che né io né Seth
eravamo in grado di ascoltare anche una sola parola di quello che
stavano
tentando di dirci i vecchi amici di papà, quasi in sincrono
ci alzammo in piedi
e ci fiondammo al piano di sopra, dalla mamma.
È sempre stata forte mia mamma, l’ho sempre vista
come
una persona dura, decisa. Pur non avendo un rapporto con lei forte come
quello
con mio padre, l’ammiravo tanto. Per me era un esempio, anche
se non glielo
avevo mai detto. Lei era quella che non si abbatteva mai, mai una volta
l’ho
vista piangere, nemmeno quando la nonna venne a mancare. Ma la scena
che mi si
parò davanti quando mi precipitai per le scale fu
straziante.
Lei, la mia mamma, sempre forte, sempre decisa,
combattiva, pronta ad affrontare qualunque cosa, ora sedeva
lì,accanto al corpo
freddo di mio padre, disperata,
con i
gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani. Piangeva. Quella
è stata l’unica
volta in cui l’ho vista piangere. Mai più una
lacrima, davanti a qualcuno,
neanche il giorno del funerale.
In quel momento Seth si precipitò tra le sue braccia, era
semplice per lui,lo è
sempre stato, ma
per me non lo era. Così continuavo a stare in piedi, accanto
a loro, mentre
sentivo delle calde lacrime scendere anche sulle mie guance.
Dopo qualche attimo mia madre alzò lo sguardo e ci
fissammo negli occhi, e non ci fu nessun bisogno di parole. Le andai
incontro e
l’abbracciai anche io, come il mio fratellino, e restammo
qualche minuto così.
Solo noi. Non c’era nessun altro, perché nessuno
poteva condividere il nostro
dolore.
Dopo poco iniziai a sentire un forte calore al centro del
petto, e non ci misi molto a capire quello che stava per accadere.
Sentivo la
rabbia crescere in me, sentivo quel fuoco aumentare dentro, e iniziai a
tremare
forte. Non so cosa mi guidò fuori, ma corsi veloce
giù per le scale fino in
giardino, e presi a correre velocemente verso il bosco che finiva sulla
spiaggia di La Push. E un attimo prima di trovarmi tra gli alberi
provai una
specie di esplosione e tornai ad essere quel mostro.
Avevo assunto nuovamente l’aspetto da lupo, si, ricordavo
di aver sentito Billy dire che eravamo lupi. Iniziai a correre, ero
veloce, non
sapevo che quello sarebbe diventato il mio punto forte. Correvo, sempre
più
veloce, e più correvo e più sfogavo quella
sensazione di impotenza che mi aveva
preso in precedenza.
Andavo avanti, non sapevo neanche dove, vedevo gli alberi
tutt’intorno a me e mi sentivo libera.
Corsi ancora per un bel po’, e quando mi fermai,
stanchissima, mi resi conto di esser tornata proprio sotto casa mia.
Per
fortuna la finestra della mia stanza era aperta, e ebbi modo di saltare
dentro
e riprendere le mie sembianze, senza farmi vedere da nessuno. Mi vestii
e poi
tornai da mia madre. Evitai di entrare nella stanza in cui
c’era mio padre, non
sarei riuscita a vederlo di nuovo così.
Appena mi vide mi disse di scendere in salotto. Feci come
mi disse, ma decisi di passare prima in cucina, sicura di trovarvi
Seth.
Infatti mio fratello era lì, che beveva un tè, e
di spalle c’era una ragazza
che riconobbi subito, Emily.
“Finalmente sei tornata! Mi hai fatto preoccupare molto,
stavo quasi per venirti a cercare.” Povero il mio
fratellino.. “Scusa, tutto
ok?” “Meglio” “E tu Leah, come
stai?” mi chiese Emily, porgendo anche a me una
tazza di tè fumante. Ho sempre odiato il tè.
“Come vuoi che stia?”
“Scusa, so che è la domanda peggiore da fare in
questi
momenti..”
“Lascia perdere”“Lee,
ti stanno aspettando di là” annuii a mio fratello
e mi precipita
verso l’altra stanza, senza immaginare chi potesse
aspettarmi, mentre Billy e Charlie
Swan si davano da fare per il funerale.
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Capitolo 17 *** Capitolo 16 ***
Salve! E dopo tempo ecco
che ritorno a pubblicare, con un capitolo molto delidente (non dite che
non vi ho avvisato). Non so proprio in che modo andare avanti, mentre
ho chiaro nella mente cosa scrivere, ecco che l'attimo dopo non mi
piace più niente e sono di nuovo a zero. Probabilmente il
problema è che con questa parte della storia ho trovato
molte difficoltà, e non sono riuscita a trovare una
soluzione al problema 'trasformazione', quindi ora mi sembra tutto
adattato.. forse una volta finita questa fase, credo col prossimo
capitolo, riuscirò a scrivere in maniera più
serena, come con i primi capitoli, quando andare avanti mi risultava
semplice. Adesso vi chiedo ancora scusa per l'enorme ritardo e per
l'orribile capitolo...
Per valeego: ciao! grazie davvero per il tuo appoggio e i tuoi
conplimenti, ogni volta che leggo una tua recensione mi sento
lusingata, è davvero bello sapere che c'è
qualcuno a cui piace ciò che scrivi. Il periodo d'esami
è passato, e ora ho di nuovo 1 po' di tempo da dedicare alla
fic, sperando di ritrovare in fretta l'ispirazione...
Per Hermione 93: Ciao carissima! Le tue recensioni sono sempre
così carine, mi diverto sempre a leggere cosa ne pensi e
quali sarebbero state le tue reazioni! Non preoccuparti se mi hai
recensito in ritardo, ma spero che questo brutto periodo passi in
fretta... Anche io sono stata male, per lo scorso capitolo, ogni volta
che scrivevo qualcosa stavo talmete male che poi iniziavo a piagere T_T( e poiù mi
dicevo che era una reazione esagerata e più stavo male); per
quanto riguarda Sam, non pensare che ora il loro rapporto sia tornato
civile, stiamo pur sempre parlando di Leah! Mentre per quanto riguarda
Emily, credo che anche una persona orgogliosa come Leah abbia bisogno
di qualcuno con cui parlare, e considerando Emily come una sorella,
sentirà il bisogno di sfogarsi con lei, pur se in collera,
questo non significa però che il loro rapporto sia tornato
quello forte di un tempo...
Come al solito ringrazio chi segue la mia fic, chi l'ha aggiunta ai
preferiti e anche chi legge...
Ora vi lascio al capitolo... Buona lettura!
Arrivata
in salotto riconobbi
subito la sagoma di Sam, e in quel momento mi sentii davvero in
trappola. Non
avevo alcuna intenzione di parlare con lui, di sentire il suo tono
fermo
dichiarare quanto gli dispiacesse e quanto ci teneva a mio padre, non
potevo
sopportare di sentirgli dire che stava male per me, e che avrebbe
voluto fare
qualcosa per aiutarmi, per alleviare quella sofferenza. Ero sicura che
se fosse
riuscito ad aprire bocca sarebbero state queste le sue frasi.
In realtà né Sam né io avemmo
il tempo di proferir parola, perché qualcuno mi venne
addosso, stritolandomi in
quello che doveva essere un abbraccio. Ci misi poco a capire chi fosse,
Jared.
“Hey piccola”
“Hey?” ero molto arrabbiata con
lui. Comodo presentarsi nel momento in cui chi ti sta di fronte
è troppo
fragile per reagire. Ma si sbagliava, se si aspettava che mi lasciassi
andare
tra le sue braccia aveva capito male. Non poteva tornare tutto a un
tratto e
fare come se niente fosse.
Provai a districarmi dal suo
abbraccio, ma i miei sforzi servirono a poco, solo quando, spazientita
gli
dissi di levarmi le mani di dosso lasciò la presa.
Una volta libera, notai che
Jared non portava la maglietta, e che dietro di lui, accanto a Sam,
c’era anche
Paul, nelle stesse condizioni. “Non hai freddo?”
“E tu?” “Oh!” fu
l’unica cosa
che mi uscì dalle labbra, possibile che quei tre…
E poi pensai che no, non erano
solo quei tre, ma c’erano anche Embry, Jacob e Quil. Ecco,
tutto chiaro.
Ecco che tutti i tasselli di
quel puzzle incasinato tornavano a posto nella mia mente.
Era semplice capire perché si
erano allontanati, il perché di tutti quei misteri. Billy mi
aveva spiegato che
per qualche tempo non avrei avuto il pieno controllo sul mio corpo, e
che per
questo motivo era meglio stare lontana dalle altre persone. Si, era per
la loro
sicurezza.
Ma allora, un’altra cosa non mi
era chiara, forse Billy o Quil mi avevano accennato qualcosa, ma non
riuscivo a
ricordare niente, non avevo prestato molta attenzione alle loro parole.
Avevo
capito poco e niente, troppo attenta ad ascoltare altro. A riscuotermi
di nuovo
dai miei pensieri fu di nuovo Jared, non ricordavo fosse
così fastidioso.
“Ma quanto corri?” me lo chiese
con una naturalezza impressionante, mentre io faticavo anche a pensare
a quelle
trasformazioni come reali, come parte di me. Continuavo a considerarli
come
semplici sogni, nonostante ricordassi bene la sensazione del vento
sulla pelle,
o forse avrei dovuto dire pelliccia...
“La ragazza è veloce!” stavolta
fu Paul a rivolgersi a Sam.
“Si, me ne sono accorto. Leah,
credo tu abbia capito cosa è successo a te e a tuo
fratello”
“Billy e Quil ci hanno già
spiegato” avevo tantissimi dubbi, tante domande che mi
frullavano in testa, ma
non gli avrei mai chiesto niente. E suppongo che il mio tono di voce,
alquanto
acido, glielo avesse fatto capire. Nonostante ciò Sam non si
scompose, e
continuò a parlare.
“Si, lo so. Me l’hanno detto.
Ma se vuoi farmi qualsiasi domanda non esitare a chiedere.”
“Me la cavo benissimo così,
grazie” feci per girarmi e andarmene, quando Jared mi prese
per mano per farmi
tornare dov’ero prima.
“Lee aspetta. Non è tutto..”
“E che altro..?”
“ Siamo un branco.” Fu Sam a
rispondermi, con voce forte e dura, e sentivo che era anche piena di
orgoglio.
Doveva piacergli parecchio ‘il branco’.
“Eh? E che significa, scusa?”
“Significa che la nostra
mutazione è avvenuta per un preciso scopo.”
“Ovvero?”
“Noi siamo coloro che devono
proteggere la gente dai mostri succhiasangue, comunemente detti
vampiri.”
“E dove sarebbero scusa
questi mostri?”
“Hai
presente la famiglia che
si trasferì qui circa un anno fa, i Cullen?”
“Mi pare di averne sentito
parlare, ma non ricordo di averli mai visti”
“Per forza, non possono venire
a La Push!” Paul sembrava molto divertito da quella questione.
“Esatto, loro non possono
venire a La Push per un motivo ben preciso. Sono loro i
succhiasangue.”
“Ma che cavolo stai dicendo?”
“Lee hai visto tu stessa ciò
che siamo! Il perché di queste trasformazioni è
proprio questo! I vampiri
esistono, anche se sono ben diversi da come sono descritti nei libri, o
nelle
leggende comuni.”
“Ok ok, ammettiamo che quello
che mi dite fosse vero..”
“E’ vero!”
“Va bene, loro sono ehm…
vampiri. Come possibile
che uno di loro
avesse una fidanzata?”
“Loro.. sono diversi sotto
certi aspetti.”
“Mi risulta però che sono
andati via. Non è per questo che la figlia di Charlie ha
iniziato a frequentare
Jacob?”
“Si, i Cullen sono andati via”
“E abbiamo avuto modo di
festeggiare per questo!”
“Purtroppo però non sono gli
unici succhiasangue in circolazione. Ce ne sono altri in giro, e
più
pericolosi”
“Non seguono la loro stessa
dieta.”
“Come?”
“Diciamo che i Cullen sono
decisamente particolari. Abbiamo stipulato una specie di accordo con
loro, un
patto.”
“Cioè non noi, ma i nostri
antenati..”
“Che noi ancora oggi teniamo in
considerazione.”
“E cosa dice questo patto?”
“Loro non attaccano gli umani e
noi non attacchiamo loro.”
“Cioè loro possono…” ero
terribilmente confusa.
“E’ strano, è vero, ma loro
cacciano gli animali, non fanno mai del male agli uomini”
“Quindi perché noi avremmo
dovuto subire questo mutamento?”
“Te l’ho detto, i Cullen non
sono gli unici.”
“Ce ne sono degli altri. E
quanto pare non hanno le stesse idee dei Cullen.”
“Per questo il nostro branco
sta aumentando, e tutti quelli che avevano antenati Quileute stanno
subendo la
trasformazione.”
“Tutti i Quileute?”
“Già”
“Beh, non mi risulta..” tre
paia di occhi puntati su di me, forse nessuno ci aveva pensato, ma non
tutti
nel gruppo erano di La Push, o meglio,qualcuno era nato a La Push, ma
non i
suoi genitori, da ciò che si sapeva.
“Embry Call” bene, dagli
sguardi che mi lanciarono doveva essere chiaro che già si
erano posti questa
domanda, ma che non erano giunti a niente di buono.
“Oh” riuscii a dire solo
questo, ma a loro bastò per accantonare
l’argomento.
Dopo la mia uscita, a quanto
pare infelice, l’atmosfera si fece fredda, erano diventati
molto più seri, e
sia Jared che Paul erano diventati tesi, mentre Sam non mostrava
più la stessa
tranquillità di qualche minuto prima.
“Senti, ora pensate solo a
vostra madre, al funerale, e cercate di fare attenzione quando siete in
mezzo
ad altra gente. Quando tutto questo sarà finito
però, vorrei che veniste da me.
Avremmo modo di decidere il da farsi. Scusami ancora per
l’interruzione Leah.
Mi dispiace tanto.” Detto questo si avviò verso
l’uscita, seguito a ruota dai
due burattini che una volta consideravo persone normali, mentre ora
erano
soltanto dei soldatini nelle mani di Sam. Vedendo quella scene mi venne
in
mente un dubbio, qualcosa che mi avrebbe resa ancora più
insofferente. Fermai
Jared, tirandogli un braccio, lui si girò a guardarmi
“Che c’è Lee?”
“Hai detto che siamo un
branco...”
“Si, siamo tutti di La Push”
“Si, ehm... c’è anche un capo
in questa sorta di branco?”
“Certo che c’è un capo, noi lo
chiamiamo alfa. Non hai ancora capito di chi si tratta?” era
chiaro che non
poteva essere nessun altro. Da quel che ne sapevo era il può
grande, il più
maturo, l’unica persona adatta a rivestire quel ruolo, ma non
volevo crederci!
“E’ stato il primo a subire la
trasformazione, per lui è stato tutto molto più
difficile. Tuo padre lo aiutò
molto.”
Quelle parole furono come una
pugnalata! Papà. Papà lo sapeva. Ha aiutato lui e
nel frattempo consolava me
per la nostra separazione, senza mai dirmi nulla a riguardo.
In principio fui accecata dalla
rabbia, ma poi pensandoci meglio, per mio padre non dovette essere
semplice non
rendermi partecipe di ciò che accadeva ai ragazzi di La
Push, anche perché se
lo avesse fatto tante cose sarebbero state chiare e forse mi sarei
messa
l’anima in pace tanto tempo prima, ma lui aveva fatto una
promessa, massima
riservatezza, non era il caso di spifferare tutto ad una povera
adolescente in
crisi..
Nei
giorni seguenti dedicai
tutto il mio tempo a mia madre e ai preparativi per il funerale, non
era
semplice non perdere mai la calma, soprattutto ogni volta che qualche
vecchia
conoscente mi salutava e mi chiedeva gentilmente come mi sentissi.. ma
come può
mai sentirsi una persona che ha appena perso il padre?!? Fortunatamente
c’era
sempre Billy, che sapeva già come comportarsi con me. Una
volta lo sentii dire
a mia madre “Per certi versi è molto simile a mia
figlia Rachel, è molto
impulsiva. Quando morì Sara, anche lei ebbe una reazione
simile.. e non doveva
sopportare anche la tensione per la trasformazione..” ammetto
che non mi era
mai sembrato molto simpatico, avevo sempre preferito il vecchio Quil,
ma
dovetti ricredermi, era una persona molto speciale, e voleva davvero
aiutarmi.
E mentre il giorno pensavo ad
aiutare mia madre, la notte non riuscivo a chiudere occhio. Il mio
unico
pensiero, quando ero da sola era l’imminente incontro con Sam
e il ‘branco’.
Non immaginavo neanche cosa avrei dovuto fare, ma non avevo nessuna
intenzione
di considerare Sam il mio capo, o ‘alfa’ come aveva
detto Jared. Non volevo
avere niente a che fare con lui.ma evidentemente il destino la pensava
diversamente…
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Capitolo 18 *** Capitolo 17 ***
Dopo più di un anno
lontana da questa storia, eccomi ricomparire. Mi piacerebbe poter dire
che le
difficoltà trovate nel corso di scrittura sono del tutto
sparite e ormai riesco
a scrivere spedita come un tempo, ma ahimè, le cose non
stanno affatto così. Non
so bene da cosa dipenda, ma ora come ora faccio una gran fatica a
scrivere. Forse
per superare questo blocco, che ormai va avanti da troppo tempo, non
devo far
altro che affrontarlo come si fa con i problemi. Fin ad ora ho pensato
di
aspettare che la voglia di scrivere tornasse da sola, ma a quanto pare,
davanti
alle difficoltà non va così. Allora finalmente mi
sono decisa. Devo essere
sincera, non lo faccio per me, ma per le persone che hanno sempre
seguito
questa fic, non è giusto per loro lasciare questo punto
interrogativo, sparire
e basta, così… Sono mortificata per questa mia
lunga, lunghissima sparizione,
mi dispiace tantissimo! Ma con tutta sincerità vi dico anche
che probabilmente
i prossimi capitoli, quando arriveranno, e se arriveranno, saranno
diversi da
quello che è stato il mio lavoro fin d’ora. E mi
aspetto qualcosa di deludente,
quindi ritenetevi tutti avvisati: Se prima quelle quattro parole
piacevano a
qualcuno, non credo che ora possa essere così, semplicemente
perché per adesso
non ho lo stesso spirito di quando ho iniziato questa storia. Magari
provando e
riprovando troverò una soluzione e potrei anche riuscire a
scrivere qualcosa di
soddisfacente.
Ora, vorrei spendere
qualche altra parola riguardo questo capitolo in particolare. Devo
ammettere
che non ho fatto granché, il capitolo era quasi completo, ma
per tutto questo
tempo non mi sono mai sentita tanto motivata da rivederlo e
pubblicarlo. E più
passava il tempo e più diventava difficile! Mi dispiace se
magari qualcuno si
aspettava qualcosa di diverso, capisco che dopo un anno passato ad
aspettare,
questo capitolo non basterebbe a nessuno, ma purtroppo non sono
riuscita a fare
di meglio, e non mi sembrava il caso di prolungare ancora,
quindi… ecco il
capitolo, breve, e pressoché inutile… Ora non mi
resta altro da fare che
aspettare e scoprire se dopo tutto questo tempo, a qualcuno interessa
ancora
quello che scrivo, e sapere cosa ne pensa…
Buona lettura! E spero di
risentirci quanto prima per un nuovo capitolo!
P.S. :
Forse mi sono
ripetuta troppo, forse ho fatto 1000 errori, ma l’ansia di
aggiornare finalmente
non mi fa riflettere a dovere, quindi non ho riletto nulla…
Se ci sono degli
errori, a partire dallo sproloquio qui sopra, mi dispiace
davvero… Ma capitemi!
Dopo 1 anno che manco, devo riprendere confidenza! XD
Capitolo
17
Adattarmi
al branco non fu
affatto facile, era incredibile vedere come stavano bene tutti insieme,
come
giocavano tra loro, sembravano davvero tutti fratelli. E io? Che ci
facevo io
in mezzo a loro?
Non avevo nulla in comune con
gli altri. Per prima cosa ero scontrosa, non avevo nessuna voglia di
socializzare con loro. Mi dava un enorme fastidio vederli
così allegri, che
cosa ci trovavano di bello in quella forma di schiavitù?
Avevano dimenticato
così facilmente i periodi di solitudine passati prima di
entrare a far parte
del ‘branco’? Persino mio fratello non ci mise
molto a legare con gli altri,
anzi, sembrava completamente a suo agio, come se non avesse bisogno
d’altro o
non avesse aspettato altro nella vita che giocare a fare i lupi
supereroi. Io
non lo trovavo affatto così semplice! E poi, cosa
più importante: ero una
ragazza, l’unica. Che cosa ci faceva una ragazza in mezzo ad
un gruppo così
numeroso di ragazzi? Perché non ce n’erano altre?
Perché solo io? E perché
proprio io?
Non potevo fare a meno di pormi
queste domande, più li osservavo e più mi
assalivano i dubbi.
Parlare con gli anziani non
aiutò affatto. Neanche loro sapevano spiegarsi il motivo
della mia
trasformazione. Seppero dirmi solo che da secoli, era la prima volta
che si
manifestava una cosa del genere, ovvero che ci fosse anche una ragazza
nel
branco. Che cos’ero? Potevo davvero considerarmi una di loro?
No, non ci sarei
mai riuscita. E allora iniziai a pensare che non poteva esistere
quell’armonia
che vedevo tra loro quando ci riunivamo. Ero crudele, lo ammetto. Ma
ero molto
infelice, e nessuno poteva aiutarmi. Non c’era una soluzione
al mio problema,
ma non me ne sarei stata con le mani in mano a vedere solo volti sereni
intorno
a me!
Trovare un modo per disturbare
i miei ‘fratelli’ fu semplice, e a dirla tutta
involontario. Eravamo tutti
trasformati, e ognuno di noi dava libero sfogo ai propri pensieri,
quasi tutti
rivolti alla foresta e ai suoi particolari abitanti. Invece io
preparandomi,
iniziai ad elencare uno per uno tutti i difetti e le
particolarità di ogni
membro del branco. Si sentiva chiaramente il fastidio che provavano
mentre i
miei pensieri scorrevano, ma non mi fermavo. E quello fu solo
l’inizio.
Partii così, semplicemente con
i loro difetti, ma arrivai persino a ricordare uno degli scandali
sepolti da
tempo a La Push. Col senno di poi so di aver sbagliato, e nella mia
posizione
ora è facile chiedere scusa, ma non mi sento di dire che se
mi trovassi nella
stessa situazione non lo rifarei. Odiavo tutto questo.
Fu un caso che ci trovammo a
fare la ronda insieme quella notte.
Sam chiese a Embry e a me di
stare di guardia insieme a Jared. Embry, Jared e Seth erano gli unici
con cui
potevo stare. Jacob era troppo suscettibile quando si parlava di Bella
Swan,
lasciare Paul e me da soli equivaleva ad una carneficina, e Sam non
aveva
alcuna intenzione di passare del tempo con me (davvero carino, il mio
ex
fidanzato), e sentire tutto il dolore che mi aveva causato.
Fu proprio quella notte che,
presa dalla solita acidità che mostravo ai miei
‘fratelli’, mi ricordai della
situazione familiare di Embry, che sua madre l’aveva sempre
cresciuto da sola,
dicendo in giro che il padre non era un membro della tribù.
Ma a quanto pareva
quella era una bugia bella e buona, in quanto essendosi trasferita a La Push da giovane,
neanche lei aveva
origini della tribù, quindi Embry aveva sicuramente
ereditato il gene dei lupi
da suo padre. Più andavo avanti coi miei pensieri e
più dimenticavo di prestare
attenzione a ciò che pensava il mio compagno. Chi poteva
essere il padre di
Embry Call? C’erano solo quattro persone che coincidevano col
resto della
storia: mio padre, Billy Black, il padre di Sam e il padre di Quil, il
che era
tutto dire, visto che erano tutti già sposati alla nascita
di Embry. Il cerchio
si stringeva ancora se eliminavamo Billy e papà, si erano
fatti in quattro per
aiutare la giovane donna a crescere un bambino, e di sicuro non
è il
comportamento che avrebbe usato chi intende nascondere
un’eventuale relazione.
Quindi restavano solo Uley e
Ateara. E
secondo il mio parere, arrivata a tal punto era fin troppo semplice,
tutti
sapevano che il padre di Sam era un tipo poco raccomandabile, chi
avrebbe mai
pensato che il giovane e stimati figlio del vecchio Quil potesse avere
una
relazione extra coniugale e nascondere un eventuale bambino? No, tutte
le
ipotesi portavano al padre di Sam.
In un attimo mi trovai
immobilizzata sotto la presa forte del lupo che prima mi correva
accanto. Ero
stata così presa dai miei pensieri da non rendermi affatto
conto di ciò che
Jared mi stava gridando nella mente: BASTA! Un urlo tanto forte, ed io
non mi
ero accorta di niente. Ero tanto interessata a quella faccenda da non
riuscire
più a sentire il resto. E subito dopo riuscii ad avvertire
ancora più potente
il dolore di Embry. Quel ragazzo tanto carino che non aveva fatto
assolutamente
niente di sbagliato per meritarsi questo, se non essere stato tanto
sfortunato
da non avere un padre degno di tale nome. E in quell’istante
capii quanto male
gli avessi fatto.
E fu più forte di me. Jared mi
lasciò andare, mi conosceva e conosceva bene anche le mie
reazioni.
Scappai, scappai veloce. Tornai
indietro, ripresi le mie sembianze e una volta a posto mi nascosi tra
gli alberi
e piansi. Piansi tutte le mie lacrime, piansi per il male che avevo
fatto ad
Embry, ai miei amici del branco, per ciò che era successo ad
Emily, per mio
fratello e mia madre, che oltre a sopportare la perdita di mio padre
dovevano
fare i conti con me. E piansi per me. Per quello che mi aveva fatto
Sam, per
l’imprinting con Emily, per aver perso una fidanzato, una
cugina e dopo poco
ogni mio amico. E soprattutto per aver perso mio padre, a causa della
mia
stupida trasformazione e di non averlo potuto evitare in alcun modo.
Quella notte rimasi così,
nascosta tra gli alberi, da sola a combattere col mio dolore. Non
ricordo molto
altro, solo che il giorno dopo, all’alba, sentii mio fratello
spostare qualche
ramo e prendermi tra le braccia. Così tornammo a casa,
mentre mi aggrappavo a
lui, come una bambina.
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