La Gilda!

di Sybeoil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Prologo ***
Capitolo 2: *** Amalia ***
Capitolo 3: *** Missione per due ***
Capitolo 4: *** L'incontro ***
Capitolo 5: *** Un omicidio con travestimento ***
Capitolo 6: *** L'ultimo omicidio su commissione ***
Capitolo 7: *** Un bacio al sapor d'amor ***
Capitolo 8: *** La verità è svelata e il dado è tratto ***
Capitolo 9: *** In fuga dal presente ***
Capitolo 10: *** La leggenda del Mondo Conosciuto ***
Capitolo 11: *** Un nuovo incontro ***
Capitolo 12: *** Neifel ***
Capitolo 13: *** Jason ***
Capitolo 14: *** Occhi scarlatti ***
Capitolo 15: *** Eroi involontari ***
Capitolo 16: *** Scappare per sopravvivere ***
Capitolo 17: *** Addio mamma! ***
Capitolo 18: *** Una grande donna ***
Capitolo 19: *** La caccia è aperta ***
Capitolo 20: *** Finalmente a Kadheral ***
Capitolo 21: *** Ad un passo dalla meta ***
Capitolo 22: *** La vendetta può attendere ***
Capitolo 23: *** Anche gli assassini hanno un cuore ***
Capitolo 24: *** Pronti a combattere! ***
Capitolo 25: *** Che lo scontro abbia inizio ***
Capitolo 26: *** La storia di una vita ***
Capitolo 27: *** The end ***



Capitolo 1
*** - Prologo ***


 

 - Prologo -

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Dal libro della Gilda: "Uccidere è un'arte,
un'arte sopraffina in grado di piegare il mondo"

 

Quella notte la nebbia sembrava insediarsi nei meandri più nascosti della città formando una cappa grigiastra sui tetti delle case. Sembrava che la natura avesse deciso di aiutare quel folle di Hoord nel suo piano. Decine di ombre silenziose si calarono dai tetti spioventi delle lussuose case appartenenti ai membri del Senato entrando dalle finestre. La notte faceva loro da scudo e il buio attutiva il rumore dei loro passi già di per sé inudibili. Fecero il giro delle case una ad una troncando le semplici vite dei loro abitanti. Nessuno sarebbe dovuto sopravvivere, questo era l’ordine che avevano ricevuto ed erano intenzionati a rispettarlo, ma qualcosa andò storto e le cose si complicarono. La casa in cui abitava il presidente del Senato era la più lussuosa del quartiere e forse della città, con il suo tetto spiovente e le finestre intagliate a mano rappresentava una dimora eccezionalmente bella. L’interno dell’abitazione era decisamente lussuoso con divani in pelle rossa e tappeti orientali a foderare i pavimenti in marmo bianco. La camera da letto si apriva in una grande stanza circolare con pareti dipinte di un blu cobalto e tendoni dello stesso colore appesi alle finestre per proteggere dalla luce del sole. Il grande letto in ferro battuto e decorato a mano dai migliori artigiani del regno troneggiava la centro della stanza occupandone quasi la metà. Al suo interno, nascosti da pesanti coperte riposavano ignari i due coniugi che presiedevano il Senato. L’uomo si guardò intorno circospetto aspettando che la vista si abituasse al buio che regnava in quella stanza. Notò che nell’angolo a sud-ovest della stanza, a ridosso della parete, era sistemata una sedia antica che doveva valere davvero molto. Su di essa vi erano poggiati gli abiti che i due avrebbero dovuto indossare il giorno dopo. Sempre se il giorno dopo fossero stati ancora vivi. Quatto come solo un assassino è in grado di essere si avvicinò alla struttura del letto estraendo silenziosamente il pugnale a lama larga sollevandolo sopra la testa pronto per colpire. Il verso di un pupazzetto spezzò il silenzio di quel luogo. Un imprevisto che avrebbe cambiato del tutto i suoi piani, qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere. Preso dal panico la silenziosa ombra arretrò di qualche passo per pensare a cosa fare, quando la massa sotto le coperte si mosse irrequieta. Prima una mano, poi un braccio e infine un uomo intero emersero da quella morbida coltre cogliendo l’assassino sul fatto. L’ultima cosa che riuscì a fare fu quella di cacciare un urlo. La lama del coltello recise di netto la giugulare dell’uomo che cadde morto nel suo stesso letto mentre rivoli scarlatti precipitavano al suolo macchiando il prezioso tappeto cucito a mano. Dall’altra parte dell’enorme letto una donna riemerse dalle coperte, lo sguardo terrorizzato e vitreo come se anche lei fosse già morta. Senza dargli nemmeno il tempo di pensare la donna scattò giù dal letto e cominciò a correre lungo il corridoio del piano superiore della casa. Quando l’uomo riuscì a ridestarsi dallo stato di stupore nel quale era caduto cominciò a inseguirla. I suoi passi risuonavano ora pesanti producendo un fastidioso eco sui muri spenti della casa. Il rumore di una porta che si chiuse sbattendo al fondo del corridoio attirò la sua attenzione. La donna doveva essersi riparata li. Non poteva permettersi di lasciar sopravvissuti o non avrebbe mai visto un centesimo, doveva uccidere tutti. La porta si piegò sotto il suo peso crollando a terra come un fuscello spezzato dal vento. In un angolo, rannicchiate sul freddo pavimento, c’era la donna di prima con in braccio una bambina di quattro anni circa. Il suo sguardo sincero e dolce colpì l’uomo come un pugno allo stomaco costringendolo a chiudere gli occhi. Non poteva guardare mentre ammazzava la madre di quella piccolina, per quanto fosse impassibile e freddo durante il suo lavoro, quella volta proprio non ce la faceva.

-No ti prego- sentì urlare la donna. -Mi dispiace- sussurrò prima di conficcare la lama del suo coltello nel ventre della donna.

La piccolina aveva assistito senza emettere un solo suono. Non un gemito, un sussurro, un respiro mozzato. Era rimasta impassibile con gli occhi spalancati mentre quel grande omaccione uccideva la sua mamma. Ora sarebbe stato il suo turno, o almeno così sarebbe dovuto essere. L’uomo di preparò a compiere il suo dovere, ma qualcosa gli fece bloccare il braccio a mezz’aria. L’aria di smarrimento e paura con cui la piccola lo fissava sciolse quel cuore così freddo facendogli fare qualcosa che mai avrebbe immaginato di fare. Senza stare troppo a pensarci tirò una leggera botta dietro la nuca della piccola facendo attenzione a non essere troppo violento e caricandosela sulle spalle. Prima di abbandonare il quartiere e tornare dai suoi fratelli accese un fiammifero e con quello appiccò il fuoco alla casa e all’intero quartiere. Avrebbe dimenticato quella notte per sempre, e così, avrebbe fatto anche la bambina che teneva tra le braccia.


Angolo autrice:

Buonasera a tutti! Questa è la seconda, anzi la teraza, storia che pubblico su questo sito. Spero che sarete in molti a seguirla e amuoverle critiche, di qualunque genere esse siano. Attendo con ansia vostre critiche, con affetto Sybeoil!

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Capitolo 2
*** Amalia ***


 

Capitolo 1

 

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 " Dal libro della Gilda: quando uccidi
non pensare, farai meno male a te
e alla tua vittima"

 

 

Gli occhi lapislazzuli della ragazza scrutarono l’oscurità cercando di trovare la via di accesso migliore. Quella sera il vento soffiava più forte scuotendo le fronde degli alberi carichi di frutti. Il quartiere in cui si trovava era uno dei più ricchi della città e vantava abitanti decisamente importanti. Le famiglie più nobili della contea si erano stabilite in quel pezzetto di mondo circa cinque secoli prima cacciando dal quartiere le famiglie di contadini che lo abitavano. Ad Amalia non stavano particolarmente simpatici, possedeva una sorta di ripudio innato verso tutti coloro che vivevano negli agi e negli eccessi più sfrenati. Non c’era nulla che quegli stupidi ragazzetti viziati non potessero permettersi, persino la morte arrivava a loro comando e in quel caso sotto forma di ragazza seducente. Il tetto del palazzo sul quale si era appollaiata era pieno di casse di legno; sarebbero state un ottimo nascondiglio nel caso qualcuno l’avesse scoperta. Facendo attenzione a dove metteva i piedi scavalcò il cornicione e cominciò a scendere verso le finestre più in basso fino ad arrivare al primo piano. Nella stanza a sud ovest della casa, dormiva inconsapevole, un ragazzo che sarebbe diventato la sua prossima vittima. Ci sarebbero voluti pochi minuti e poi finalmente sarebbe potuta tornare a casa nel suo letto. Il suo caldo, accogliente e morbido letto che aveva dovuto abbandonare per finire il lavoro che le era stato commissionato. La pagavano ben seicento dobloni solo per uccidere uno stupido ragazzo di appena diciassette anni che, a detta della famiglia mandante dell’omicidio, aveva profanato le floride doti della figlia. Ad Amanda pareva una cosa stupida, ma se la pagavano così tanto, lo avrebbe fatto senza stare a discutere. La stanza nella quale entrò era piccola e stretta piena di cianfrusaglie dimenticate e impolverate. L’aria era viziata e sapeva di muffa, segno che lì dentro non doveva entrarci nessuno da un bel po’. Cercando di non inciampare su una sedia rovesciata andò alla porta che riuscì ad aprire solo dopo qualche sforzo. La serratura doveva essersi arrugginita formando una patina che con l’umidità aveva bloccato la porta. Una volta uscita da quella specie di sgabuzzino si ritrovò su un corridoio semi illuminato con il pavimento il legno lucido e le pareti di un verdino muffa, davvero vomitevole. Mentre camminava alla ricerca della stanza nella quale ronfava tranquilla la sua vittima pensò che quei ricchi avevano dei gusti proprio di merda. Cavolo con tutti i soldi che avevano dipingevano le pareti di verde muffa? Nemmeno un pazzo lo avrebbe fatto. Finalmente, dopo aver attraversato tutto il corridoio silenziosa come un gatto, trovò la stanza che le interessava. Da dentro si sentiva provenire il respiro lento e regolare di un ragazzo. Decisa a chiudere quella storia il più in fretta possibile, girò lentamente il pomello della porta, sperando che non fosse chiusa e chiave e spinse. L’uscio si aprì cigolando appena e permettendo alla ragazza di entrare indisturbata nella stanza buia. Due pesanti tendoni coprivano le finestre a lato della stanza mentre un letto piuttosto grande occupava l’intero lato est. L’arredamento era piuttosto spartano, composto da un semplice armadio e un tavolino. Nulla di eccessivo. Per Amalia fu facile quindi, arrivare fino al letto, non c’erano ostacoli. Il respiro lento e regolare del giovane formava un soffice eco all’interno della stanza, creando una dolce melodia. I suoi capelli spettinati andavano a tempo con il ritmo del suo respiro, sollevandosi e abbassandosi ogni volta che ispirava ed inspirava. Purtroppo per lui quegli sarebbero stati gli ultimi respiri della sua vita.

Come per ogni omicidio, prima di procedere Amalia, rivolse un piccola preghiera agli Dei chiedendo che proteggessero l’anima che stava per consegnare loro.

< Vi prego Dei di accettare l’anima che sto per consegnarvi e di condurla alla pace >

Terminata la sua preghiera, estrasse il pugnale a lama lunga che Shiack le aveva regalato per il suo decimo compleanno, e dopo aver pronunciato il nome del ragazzo con un filo di voce gli lacerò la trachea.

Il sangue uscì a fiotti dalla gola del ragazzo macchiando le coperte candide e il pavimento in legno lucido. Amalia era stata più che silenziosa nel suo lavoro, ma comunque era meglio non rischiare, così tagliò la corda il più in fretta possibile senza però dimenticarsi di incidere lo stemma della gilda sulla fronte della sua vittima. Erano dodici anni che faceva quel lavoro e ancora non era riuscita a capire perché Shiack ci tenesse tanto che il simbolo della gilda comparisse in ogni omicidio che compivano. Amalia stava cominciando a credere che il suo capo avesse manie di protagonismo. La notte la accolse tra le sue ombre proteggendola dallo sguardo di una coppia di giovani amanti che si dava da fare davanti al caminetto della loro camera da letto. Rapida come un felino scalò il palazzo tornando sul cornicione del tetto dove aveva lasciato la sua borsa e il corpetto di pelle. Quella sera le aveva dato fastidio sul seno così aveva deciso di toglierlo per lavorare meglio. Ora finalmente poteva tornarsene a casa e dormire.

 

Le vie della città erano silenziose e deserte a parte qualche ubriaco che giaceva con la faccia riversa al suolo all’uscita di qualche locanda. Provava una pena incredibile per quelle persone, ridotte ad uno straccio, a causa del sistema di governo che si era installato nel paese. Camminò svelta cercando di non pensare a quell’insetto che sedeva sul trono e che governava come se tutto gli appartenesse, opprimendo e schiavizzando donne e bambini. Lei di certo non era migliore di lui dato che era un’assassina di professione, ma per lo meno non si divertiva a vedere le persone soffrire. Quando doveva uccidere lo faceva in fretta e senza procurare dolore. Il palazzo nel quale viveva da quando aveva quattro miseri anni si stagliò in tutta la sua bellezza. Le guglie alte e imponenti, e le finestre decorate, lo facevano assomigliare molto di più ad una cattedrale che al nascondiglio di una gilda di assassini. I suoi predecessori avevano scelto quel posto perché nascosto dalla fitta vegetazione del bosco che cresceva tutto intorno alla città; in quel modo sarebbe stato difficile individuarli da parte dei soldati, ma sarebbe stato facile per loro arrivare in città e muoversi circospetti. I cespugli di more che segnavano l’inizio del bosco l’accolsero graffiandole le gambe fasciate nei pantaloni di pelle della divisa, mentre le foglie secche scricchiolavano sotto il peso dei suoi passi. La strada per raggiungere il nascondiglio era la prima cosa che Shiack le aveva insegnato. Diceva sempre che nel caso fosse stata scoperta avrebbe dovuto correre come il vento e rifugiarsi nel palazzo, in modo da poter essere aiutata e soccorsa se ce ne fosse stato bisogno. Ogni albero ormai lo ricordava a memoria, non c’era nulla di quel posto che non conoscesse nei minimi particolari, persino ogni rametto era impresso nella sua memoria.

Il grande portone in legno nero le si presentò in tutta la sue bellezza ricordandole la prima volta che lo aveva visto.

Aveva appena quattro anni quando Shiack l’aveva raccolta dalla strada portandola con se. Per lei quella era stata la notte più brutta della sua vita, ricordava solo il fuoco e la voce del suo capo che le assicurava che tutto sarebbe andato bene, poi il buio l’aveva presa facendole chiudere gli occhi. Li aveva riaperti solo quando ormai erano a pochi passi dall’imponente palazzo. Le forti braccia di Shiack la cullavano teneramente mentre gridava ordini a uomini invisibili. Come mosso dal vento il grande portone si era aperto al loro passaggio rivelando delle incisioni che l’avevano incuriosita e dalle quali era sempre stata affascinata. Purtroppo la vista appannata non le aveva permesso di capire di cosa si trattasse, così si era ripromessa che lo avrebbe scoperto il giorno dopo. Ed una volta sveglia fu proprio quello che fece. Quando i suoi occhietti di bambina si aprirono sul mondo riuscì a pensare ad una sola cosa. Scoprire cosa c’era inciso sul portone di legno. Così scese silenziosa i gradini fino al pian terreno dove trovò degli uomini armati di spada. Non le sembrarono pericolosi, ma era comunque meglio aspettare che se andassero. Rimase acquattata nell’ombra di una colonna per tre ore di fila ma quegli non sembravano volersene andare così si era fatta coraggio ed era uscita dal suo nascondiglio. I due non la notarono fino a quando non gli fu davanti.

< Che ci fai qui piccolina? > aveva domandato quello più alto. < Voglio sapere cosa c’è disegnato sul portone > rispose con la sua vocetta squillante. L’uomo allora, intenerito da quella piccina, la prese in braccio accompagnandola fino al portone su cui lei poggiò la mano.

Riemerse bruscamente dai suoi ricordi accorgendosi di aver poggiato la mano sulle sagome intagliate nel legno che decoravano il portone, proprio come aveva fatto la prima volta. Cercando di eliminare il groppo che le si era formato in gola bussò tre volte, come di rito, rispondendo alla domanda che le guardie le posero per verificare se si trattasse in effetti della vera Amalia. Lei rispose esausta e attese che Horbe, dall’altra parte del portone, le aprisse. Quando finalmente fu dentro il palazzo imboccò le scale sulla destra salendo fino al secondo piano dove trovò la sua amata camera. Sulla porta l’aspettava Shiack nel suo completo da combattimento, anche se non usciva più, da almeno tre anni.

- Allora, come è andata? -domandò l’uomo con voce seria. - Bene -rispose asciutta la ragazza aprendo la porta e lasciandosi cadere sul letto.

- Hai fatto tutto secondo le regole?- chiese ancora l’uomo. Amalia lo guardò esasperata. Quante volte ancora avrebbe dovuto fare così? Non era mica una pivella; erano anni ormai che usciva ma Shiack sembrava non ricordarlo. - Si, ho fatto tutto secondo le regole - rispose.

- Perfetto, allora ci vediamo domani - L’uomo la salutò e poi uscì chiudendosi la porta alle spalle. Amalia, rimasta finalmente sola, si tolse gli abiti da missione e poi si abbandonò sul letto crollando vittima del sonno.

Le coperte formavano un intricato nodo al fondo del letto di Amalia e la sensazione di oppressione che sentiva provenire dal petto, non l’abbandonò nemmeno un istante nell’arco della nottata. Nonostante fossero solo in primavera, il caldo torrido delle terre del centro, non le diede un solo attimo di tregua, insediandosi viscido sulla pelle candida della ragazza. Un tremendo incubo scuoteva la tranquillità della sua mente. Il ricordo della notte in cui Shiack l’aveva trovata non faceva altro che ripetersi all’interno della sua mente, quando questa riposava. Quando era più piccola, quel sogno, rischiò di farla impazzire; non tanto per il fatto di vedere fuoco e sangue, quanto per l’incapacità di ricordare cosa davvero fosse successo. Negli anni successivi aveva cercato in tutti i modi di riportare a galla quei ricordi, per quanto dolorosi potessero essere, ma qualcosa all’interno della sua testa sembrava impedirglielo. Quasi volesse proteggerla da se stessa e dal suo passato. Ansimante e sudata si sollevò a sedere cercando di riprendere il controllo delle mani che, come impazzite, avevano preso a tremare. Era stanca di quella situazione, voleva dormire e basta, senza dover stare a contorcersi e urlare ogni santa notte. Decisa a scuotersi via quell’orribile sensazione di vuoto e impotenza, che le lasciavano quel tipo di sogni, si alzò dal letto cominciando a camminare in cerchio. I piedi scalzi accarezzavano soffici il pavimento in legno della stanza accompagnati dalle agili mani che si aprivano e si chiudevano a pugno. A chiunque non la conoscesse, sarebbe sembrata una squinternata che girava in tondo per una stanza, ma a chiunque avesse un minimo di confidenza con lei - non che fosse facile ottenerla - sarebbe semplicemente sembrata Amalia che cercava di tranquillizzarsi.

Timidi raggi di sole fecero il loro ingresso dalla piccola finestra di fronte al letto illuminando la figura snella e agile della ragazza. Lunghe gambe, sottili e potenti, reggevano un corpo da mozzare il fiato. Ventre piatto e seno prosperoso la rendevano il sogno proibito di molti uomini, che avrebbero pagato qualunque cifra per trovarsi quella Dea nordica nel letto. I suoi capelli infatti, erano talmente chiari, da sembrare bianchi se esposti alla luce e gli occhi erano così azzurri da risultare ipnotici se osservati troppo a lungo. Tutto di lei sembrava essere stato costruito su misura per combaciare in modo perfetto con il resto del suo corpo. Nervosa, scostò una ciocca ribelle che proprio non voleva saperne di starsene al suo posto. L’alba era arrivata e con lei l’obbligo di alzare le chiappette dal letto e portarle di sotto nella grande cucina. Purtroppo non poteva dire di essersi riposata, ma per lo meno, aveva disteso muscoli e nervi. Prima di scendere e incontrare gli altri della Gilda si lavò energicamente il viso con l’acqua fredda che trovò nella bacinella sul tavolo. Il completo in pelle di Rockon rossa, l’aspettava sulla sedia ansioso di essere indossato. Infilò per primi i pantaloni che le calzavano come una seconda pelle, il corsetto e infine l’aderente maglia. L’intero completo era stato studiato per vestire come fosse una seconda pelle e seguire i movimenti dell’assassino senza intralciare. Il colore scelto dai primi membri della Gilda era il rosso cremisi, per ricordare al mondo intero che tipo di lavoro svolgessero. Lo stesso colore del sangue che versavano su pagamento. Amalia l’aveva giudicata una scelta interessante e condivisa, anche lei avrebbe scelto un colore che rappresentasse il suo lavoro e il rosso cremisi era il più adatto. La parte difficile del rito mattutino sarebbe arrivata ora, con il dover sistemare i capelli. Armandosi di pazienza e buona volontà si posizionò davanti al piccolo specchio e cominciò a spazzolare energicamente la folta massa di capelli biondi, che le incorniciavano il viso come un’aura. Dopo una decina di minuti passati a spazzolare quella massa infernale, abbandonò speranze e spazzola sul bordo del tavolo e tornò vicino al letto. Prese le armi e uscì dalla camera.


 

Angolo autrice:

Per prima cosa vorrei ringraziare S_Anonima_E, Squall99 e Alaire94 per le loro critiche e i loro consigli, spero che continuerete ad aiutarmi. Secondo, vorrei dire a tutti che l'immagine riportata all'inizio del capitolo rappresenta solo l'ideale di abito che ho deciso di far indossare ad Amalia, mentre qui http://weheartit.com/entry/3802952 potrete trovare l'Amalia che mi sono immaginata io.
In questo rpimo capitolo, troverete un piccolo assaggio della nostra protagonista e del suo carattere. Mi auguro fortemente che questa storia possa riscuotere successo tra i lettori di EFP e che in qualche modo, emozioni anche. Non vedo l'ora di tornare da voi con un altro avvincente capitolo!
Baci a tutti, Sybeoil!


 



 

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Capitolo 3
*** Missione per due ***


 

Capitolo 2

 
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"Dal libro della Gilda; la nostra prima regola
è e sempre sarà: combatti per vivere
e vivi combattendo"

                                                                                                                                                                                                                                                                                                 
 

Quando arrivò al piano di sotto la sala mensa era già affollata e fu un miracolo se riuscì a trovare ancora qualcosa da mettere sotto i denti. La mattina quel posto era un inferno, non potevi tardare due minuti, che ti ritrovavi senza cibo. Silenziosa e sinuosa si avvicinò al lungo bancone in legno di noce dietro cui Molk, serviva la colazione, e cominciò a servirsi con del pane caldo e delle fettine di mele caramellate.

Quando fu di fronte all’uomo dalla barba ispida e la voce profonda, questo la salutò con un allegria del tutto nuova per le sue orecchie.

< Ehi Malia, come stai quest’oggi? > Aggrottando le sopracciglia per l’entusiasmo nel tono di voce dell’uomo Amalia rispose leggermente seccata. < Abbastanza bene, ma non chiamarmi in quel modo >

Cercò di sembrare minacciosa, ma l’uomo sorrise, facendo svanire le sue speranze di essere riuscita a convincerlo ad abbandonare quel ridicolo ed odioso soprannome. Erano anni che cercava di separarsene senza successo. Purtroppo all’interno della Gilda era così, quando qualcuno ti affibbia un soprannome, non te lo scolli più se non dopo la morte. In quel caso la colpa era di Xavier, l’unico membro decisamente giovane e già operativo della congrega. Lo aveva conosciuto il suo secondo giorno là dentro e ci aveva fatto subito amicizia; quel bambino dai capelli spettinati e l’aria sognante l’aveva incuriosita parecchio e quando quello le era andato a parlare per fare amicizia, lei aveva deciso di fidarsi. Da allora i due erano diventati amici per la pelle e c’era qualcuno tra gli assassini che avrebbe giurato di vederli sposati un giorno. Impossibile, Amalia non si sarebbe mai sposata e non avrebbe mai avuto figli, avrebbe fatto l’assassina fino a quando il suo corpo glielo avesse permesso. Con il vassoio in mano si avviò verso il fondo della sala attraversando le file di tavoli a cui erano seduti gli altri membri della Gilda. Al suo passaggio qualcuno la salutava usando il suo nome per intero altri con il nome di battesimo datole dalla Gilda per le sue missioni. Ad ognuno di loro veniva assegnato un nome dopo la prima missione. Era un nome che rispecchiava le caratteristiche e le qualità della persona, andandosi a sposare perfettamente, con il proprio carattere. A lei era stato dato il nome di Silence, perché era silenziosa e letale, oltre che scorbutica, insensibile, permalosa e altre qualità che non facevano di lei una ragazza da sposare. A lei quel nome piaceva e ci era affezionata, si sentiva profondamente legata con il silenzio in generale, forse perché nella sua mente c’era sempre un caos infernale. Voci e ricordi che si mescolavano in un rumore assordante e difficile da controllare, che a volte rischiava di farla impazzire. Molti all’interno della congrega avevano un alto rispetto di lei e della sua figura ma era anche vero, che altrettanti membri la disprezzavano e la reputavano troppo piccola e soprattutto troppo donna per far parte del loro gruppo. Finalmente individuò un tavolo libero e silenzioso in cui potersi sedere e far colazione in santa pace, quando una figura muscolosa e sbarazzina le si affiancò stampandole un grosso e bavoso bacio sulla guancia. Xavier, l’aveva vista mentre entrava in sala e aveva atteso che prendesse da mangiare per raggiungerla poi al tavolo a tenerle compagnia. La ragazza non riuscì a non sorridere per quel gesto così intimo e fastidioso al contempo.

< Si può sapere perché ogni volta che mi saluti devi anche bavarmi la faccia come un cane? > Il tono della ragazza era scherzoso, ma Xavier, mise il broncio comunque.

< Non ti va mai bene niente > si lamentò l’amico imitando la voce dei bambini capricciosi.

Amalia lo guardò interrogativa < Oh, ma piantala > esclamò divertita.

< Ma se non ho fatto niente > si difese il ragazzo sconvolto per quel rimprovero.

< Si certo è io sono una donzella in pericolo > ironizzò Amalia.

< Per me sì > la sorprese il ragazzo < Sempre > aggiunse stampandole un altro bacio.

I due si sedettero al tavolo e Amalia cominciò a piluccare pezzetti di pane caldo e mele caramellate dal vassoio che aveva davanti. Quella mattina sarebbe dovuta arrivare una lettera con i ringraziamenti da parte della famiglia per cui aveva lavorato. Shiack l’avrebbe ricevuta nel suo ufficio e lei sarebbe dovuta essere lì, in quel preciso momento. Era in ritardissimo. Agguantò mele e pane e le ingurgitò in boccone solo mandandolo giù con il latte nella tazza.

< Che succede? > domandò Xavier sorpreso. Conosceva Amalia abbastanza bene da sapere che la colazione era sacra per lei e andava fatta con lentezza gustando ogni singolo boccone. Quella mattina sembrava invece che le avessero messo un petardo nel sedere. < Sono in ritardo > spiegò con la bocca piena. < Shiack mi aspetta nel suo ufficio >

Un’acuta risata sgorgò dalle labbra carnose del ragazzo che la guardava come fosse un fenomeno da baraccone.

< Che hai da ridere? > domandò contrariata. < Nulla > si difese il ragazzo.

Ingoiato il boccone enorme i due si diressero verso l’uscita della mensa e poi alle scale che portavano ai piani dei superiori. L’intero terzo piano era riservato alle camere e agli uffici dei superiori, ovvero, coloro che erano nella Gilda da quasi una vita o da coloro che si erano ricoperti di onore. Le sarebbe piaciuto un giorno avere anche lei una stanza a quel piano, ma quello, avrebbe voluto dire niente più missioni e a lei così non andava per niente a genio. Lei era uno spirito libero, aveva bisogno di muoversi, di tenere la mente occupata; solo così avrebbe potuto mettere a tacere quel caos infernale che le soverchiava mente e cuore. L’ufficio di Shiack era al centro esatto del corridoio reso noto da una targa larga più di un metro in oro placcato. La grande porta in legno di noce finemente lavorato si aprì cigolando ancora prima che lei potesse bussare. Quell’uomo a volte le faceva paura, sapeva sempre quando sarebbe arrivata e capiva al volo quando qualcosa non andava. Per lei era molto di più di un semplice superiore a cui rendere conto, per lei era come un padre.

< Hai due minuti di ritardo > L’uomo l’accolse con sguardo severo e cipiglio deciso mentre la riprendeva per quel misero ritardo.

< Scusa, stamattina ero nervosa e sono scesa dopo.. > cercò di giustificarsi la ragazza. < Non mi interessa > la interruppe l’uomo

< Quando dico un ora, quella deve essere > Il tono duro e serio di Shiack lasciò interdetta Amalia che non sapeva se ribattere a quell’insensata ramanzina o stare zitta e incassare. Il suo carattere fin troppo permaloso e impulsivo le suggeriva di ribattere e far valere le sue ragioni, dopotutto si trattava di soli due minuti, ma sapeva che se lo avrebbe fatto si sarebbe ritrovata con il culo nelle segrete. Alla fine della sua lotta interiore il lato saggio vinse e lei incassò i colpi senza controbattere.

< Tu cosa ci fai qui? > domandò l’uomo a Xaviere, che aveva assistito a tutta la scena in silenzio. < Ho accompagnato Amalia > Il tono del ragazzo era tranquillo, come se stesse parlando con un amico e non con il suo capo.

< Beh, tanto meglio > commentò Shiack < Tanto avrei comunque dovuto mandare a chiamarti >

< Perché? > intervenne la ragazza visibilmente confusa. < Perché questa volta lavorerete insieme > spiegò l’uomo.

Per poco ad Amalia non cascarono le braccia per la sorpresa. Era da secoli che nessuno lavorava in coppia con un compagno e quando lo si faceva, voleva dire solo una cosa: c’era alta probabilità di fallimento o addirittura di morte.

< Perché? < chiese questa volta il ragazzo. Anche lui era rimasto sorpreso alla notizia che avrebbe dovuto lavorare con Amalia, non che gli dispiacesse anzi, solo che non ci era abituato.

< Abbiamo ricevuto un incarico molto importante da parte del vice re della città > cominciò Shiack < Vuole che ci sbarazziamo di un intera famiglia >

La sorpresa dei due ragazzi crebbe ulteriormente a quelle parole. < Come mai? > indagò Amalia. < Dice che si ribella troppo, solo che facendo parte del consiglio cittadino non gli si può opporre o minacciare direttamente, così ha bisogno di noi per risolvere la situazione > Durante tutta la spiegazione, la voce dell’uomo era rimasta inflessibile senza nemmeno una minima sfumatura di disgusto o rimorso per quello che aveva appena accettato di fare. Per lui e per tutti quella della Gilda, quello era un lavoro come un altro, nulla di più e nulla di meno.

< Chi dobbiamo uccidere? > domandò deciso Xavier.

< E’ tutto spiegato qui nella lettera > L’uomo porse la lettera al ragazzo che dopo averlo salutato e ringraziato uscì dalla stanza seguito dalla figura sinuosa e letale della bella Amalia.

Dopo anni finalmente il sogno di Xavier stava per realizzarsi, lui e Amalia avrebbero passato un infinità di tempo da soli. Non sapeva con esattezza quando aveva cominciato a vedere la sua migliore amica in quel modo, ma di sicuro non doveva essere da molto. Fino a qualche mese prima per lui Amalia era solo un’amica, qualcuno con cui confidarsi ed evadere dalle inflessibili regole imposte dalla Gilda ma adesso le cose erano cambiate. Amalia era cresciuto, le sue pianure si erano trasformate in floride colline e il movimento del suo bacino ricordava un serpente pronto ad attaccare. Tutto il lei lo eccitava e affascinava, persino il modo in cui muoveva le labbra soffici e rosse quando parlava riusciva a mandarlo fuori di testa. Ogni volte che lei era nei paraggi doveva controllare i suoi istinti, reprimendo la malsana voglia di stringerla e fare l’amore con lei, che lo assaliva ogni volta. Negli anni aveva imparato a riconoscere ogni millimetro del suo corpo, ricordando a memoria ogni cicatrice, ogni neo e ogni bruciatura come fossero sue. Stava giusto pensando a quanto meravigliosa la rendessero quelle cicatrici quando suo padre sbucò da dietro l’angolo rischiando di andargli addosso.

< Ehi, che ci fai qui > chiese l’uomo dai capelli rossicci. < Ho appena ricevuto una missione > spiegò il ragazzo con tono superficiale.

< Bene > si congratulò l’uomo < Vedi di farti valere e di comportarti secondo le regole >

< Certo papà > assicurò il ragazzo. < Bene, io vado > gli tirò una pacca sulla spalla e sparì nel corridoio. Horne era uno dei pochi uomini a cui la Gilda, e perciò Shiack, aveva permesso di crescere suo figlio come assassino e soprattutto di farlo all’interno del palazzo. A quasi nessuno infatti era permesso crescere i figli all’interno del palazzo centrale, per quello c’erano altri luoghi e altri assassini. Nel regno erano in tutto dieci i centri di addestramento per i giovani assassini, che una volta considerati pronti, venivano mandati al palazzo centrale dove diventavano assassini a tutti gli effetti. Loro due erano delle eccezioni alla regola, bambini speciali se così si vuole chiamarli. Xavier sapeva benissimo il motivo della sua particolare istruzione e ogni volta che ci pensava si sentiva in un certo senso privilegiato e la cosa non gli piaceva affatto. Crescendo il ragazzo infatti aveva dimostrato di non sopportare forme di preferenza o privilegio, voleva che tutto fosse frutto della sua fatica e del suo sudore. In quello suo padre era incredibilmente fiero di lui.

La stanza di Amalia era immersa nella penombra quando fece il suo ingresso. Era rimasta talmente sconcertata da quella notizia che a malapena riusciva a pensare. Aveva i pensieri ingarbugliati e confusi. Perché avevano affidato una missione doppia e poi proprio a loro due? Cercavano forse di tenerli occupati?

Naah, scartò subito quelle ipotesi. Shiack non lo avrebbe mai permesso, lui le voleva bene e su questo non c’era il minimo dubbio. Confusa e irritata dal dover lavorare in coppia, anche se il suo compagno era Xavier, si sedette sul letto per mettere ordine nella sua mente. Cercò di concentrare la sua attenzione sul pulviscolo argentino che fluttuava al centro della stanza, immaginando come fosse stata la sua vita se Shiack non l’avesse trovata quella notte di dodici anni prima. Un quadro smielato si dipinse davanti agli occhi della giovane che cominciò a contemplarlo curiosa.

Seduta su una sedia a dondolo, dall’aria robusta, c’era una donna dai lunghi capelli di un biondo incredibilmente lucente. Le spalle sottili ma robuste erano avvolte da uno scialle di velluto blu elettrico che spiccava sulla carnagione diafana della ragazza. L’esile collo leggermente piegato verso il basso come se stesse osservando qualcosa di davvero eccezionale. Al suo fianco comparve un uomo dall’aria fin troppo familiare. I soliti capelli spettinati e la barba incolta rendevano il suo viso uno strano miscuglio di irresponsabilità e maturità. Le braccia robuste e muscolose protese verso il ventre della donna che sollevandosi dalla sedia a dondolo rivelò un enorme pancione sotto il vestito di velluto blu. Gli occhi dei due incatenati in una danza fatta d’amore e timidezza erano fissi sulla montagna che spuntava da sotto la gonna. La mano delicata dell’uomo la sfiorò provocando un sussultò nella donna che le accarezzò il viso completamente rapita da quegli occhi verdi, lucenti e sognanti…

Quegli occhi che Amalia conosceva fin troppo bene. Riemerse da quel sogno ad occhi aperti rimanendo a corto di fiato. Non si era sbagliata, i due protagonisti della sua piccola visione, erano proprio lei e Xavier. Quello stesso Xavier che la capiva e che era suo amico da quando aveva quattro anni. Se voleva dimenticare quell’assurdità doveva muoversi o le sarebbero venute in mente altre stupide scenette diabetiche. Odiava sentirsi come una di quelle ragazze che vedeva ogni tanto al mercato, con tutti quei sospiri e quegli sguardi languidi. Bleah, le sarebbe potuto venire da vomitare.

Si alzò di slancio dal letto e uscì dalla camera decisa ad andare in palestra per allenarsi.

Mentre usciva incontrò Xavier che era andato lì per chiederle appunto se le andasse di allenarsi.

< Che ci fai qui? > domandò spaventata Amalia. < Ero passato a chiederti se per caso ti andasse di allenarti prima di cominciare con le ricerche >

Il tono euforico del ragazzo preoccupò Amalia che rivide la scenetta di poco prima giungere a compimento. Scosse vigorosamente la testa per eliminare quei pensieri e prima che potesse cambiare idea chiuse la porta della sua camera e si avviò lungo il corridoio. I sotterrai del palazzo erano sempre stati freddi e umidi ma quel giorno le parvero ancora meno accoglienti, se possibile. Sul muro est della stanza appesa al muro c’era una galleria di armi infinita. Si partiva dai coltelli di piccole dimensioni fino ad arrivare a sciabole uniche nel loro genere, passando per mazze ferrate, asce e accette. Lì accanto erano sistemate le fruste e le corde che potevano sempre tornare utile in qualche missione. Nella sala c’erano già due coppie che si allenavano duramente sollevando pesi e provando tecniche d’attacco nelle arti marziali e nella scherma. I due ragazzi li imitarono scegliendo come armi quattro pugnali Sai. Dopo aver fatto il saluto i due amici si misero in posizione cominciando a studiarsi a vicenda. Amalia cercava il punto debole di Xavier e Xavier cercava il punto debole di Amalia. Entrambi sembravano perfetti nelle loro pose di attacco e ben presto catturarono l’attenzione degli altri assassini che si passarono la voce tra loro andando a chiamare i loro colleghi per assistere allo scontro Amalia - Xavier. La ragazza era rinomata in tutta la Gilda e nei palazzi dall’allenamento per la sua bravura nell’arte del combattimento e per la freddezza che mostrava in battaglia. Come a voler rendere giustizia a quelle voci la ragazza fece uno scatto improvviso che colse di sorpresa il suo avversario permettendole di lacerargli la manica della giacca.

Sorrise beffarda al suo amico i cui occhi si erano ridotti ad una fessura colma di vergogna e voglia di rivincita. Dal gruppo di persone che si era riunito intorno ai due giovani si sollevò un coro di “Ohh” che non piacque per nulla all’orgoglio del giovane assassino. Silenziosa come un gatto Amali si abbassò sulle gambe allunga un piede dietro le caviglie dell’amico che nel tentativo di reagire cadde all’indietro. Prontamente la ragazza si posizionò sopra il suo torace bloccandolo a terra e sorridendo soddisfatta gli puntò la sua arma al collo. Dal gruppo dietro di lei si levò un applauso che riempì l’intera sala poi inaspettatamente la bionda si piegò come a voler baciare il suo avversario.

< Mi dispiace, ma non riuscirai mai a battermi > sussurrò all’orecchio del ragazzo il cui corpo fu percorso da un intenso e lungo brivido di piacere. Detto ciò la ragazza si sollevò in piedi incamminandosi verso l’armeria.

 

Angolo autrice:
Siamo arrivati al secondo capitolo dove si scopre un lato di Amalia che nemmeno lei credeva di possedere. Il bello Xavier le farà battere il cuore o rimarrà solo il suo migliore amico?
Spero che continuate a seguire, se non me, almeno la giovane e belle Amalia e che le muoviate tutte le critiche che sentite il bisogno di scrivere, non fatevi problemi è una con le spalle larghe.
Tornerò da voi con il terzo capitolo al più presto possibile.

Così è come mi sono immaginata Xavier, anche se nella mia immaginazione ha i capelli un po' più lunghi XD

http://weheartit.com/entry/11781898   
Così invece è come mi sono immaginata il palazzo.
http://weheartit.com/entry/11739836
 

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Capitolo 4
*** L'incontro ***


 

Capitolo 3

 
20090107131755

 "Dal libro della Gilda: mai mostrarsi spaventati
dal nemico altrimenti non ci sarebbe
nemmeno bisogno di lottare"


 



 

Il palazzo del Senato, ora rinominato il Palazzo del Potere, riluceva splendente alla luce della Luna. Le sue antiche e imponenti guglie si stagliavano alte nel cielo blu incutendo timore e rispetto nei viandanti che vi passavano davanti. A Shiack parve la costruzione più bella dopo il suo amato palazzo della Gilda. Pensare che un tempo quello era un luogo di pace e prosperità in cui la giustizia e la verità regnavano sovrane, adesso invece, la corruzione era riuscita a scalfire anche le mura di quella fortezza e lui le aveva dato una mano. Pensando a quella notte di dodici anni prima lo stomaco gli si chiuse in una morsa d’acciaio. Era anche colpa sua se adesso l’intero regno versava in quella situazione di disperazione e caos. Non avrebbe mai dovuto accettare quell’incarico nemmeno se gli avessero proposto il triplo di quello che aveva guadagnato. Facendosi coraggio mosse un piede dopo l’altro incamminandosi lungo il sentiero sterrato che conduceva al palazzo. Due giorni prima aveva ricevuto una lettera con uno strano sigillo inciso sulla ceralacca che la sigillava. Aveva pensato di ignorarla ma qualcosa nell’intricato disegno di quello strano sigillo lo aveva incuriosito e mosso da una inconsueta curiosità aveva aperto la lettera e letto il suo contenuto.

< Avanti > aveva risposto al ragazzo che aveva bussato alla porta del suo ufficio.

< Buongiorno signore > lo aveva saluto il messaggero < Mi è stato detto di consegnare questa lettera a lei solo > la voce incrinata del ragazzo fece capire a Shiack che doveva trattarsi di qualcosa di particolarmente importante.

Alzandosi dalla sedie dietro la scrivania si avvicinò al ragazzo dall’aria intimorita e gli prese la lettera dalle mani aprendola all’istante. Quando i suoi occhi decifrarono l’elegante scrittura rimase senza fiato. Hoord era tornato e richiedeva la sua presenza a palazzo per il giorno dopo o al massimo per quello successivo. Fu come se il sangue gli si fosse ghiacciato nelle vene, come se il mondo avesse smesso di girare e stesse precipitando nell’oblio. Sapeva benissimo quanto quell’uomo potesse essere crudele e spietato, lo aveva imparato a sue spese quando dodici anni prima aveva accettato la sua offerta.

Un colpo di tosse proveniente dalle sue spalle lo richiamò alla realtà. < Qualcuno oltre te sa di questa lettera? > aveva domandato nervoso. Il ragazzo scosse vigorosamente la testa portando un po’ di sollievo nell’anima dell’uomo.

< Bene, perché nessuno dovrà sapere nulla > spiegò. < Ora voglio che tu vada da colui che ti ha dato la lettera e le dica che sarò da lui non prima di due giorni >

Il ragazzo fece per uscire quando la voce di Shiack lo interruppe, bloccandolo con un piede sull’uscio. < Non parlare con nessuno di questo, nemmeno con i tuoi superiori al palazzo dell’allenamento o ne risponderai direttamente a me > la velata minaccia nella richiesta dell’uomo bastò al ragazzo per annuire e tenera la bocca ben chiusa. Una volta solo si lasciò cadere sulla poltrona sperando che Amalia non venisse a sapere di quell’incontro e cercando al contempo un modo per tenere lei e Xavier impegnati. Dopo ore spese a pensare senza successo si accese una lampadina che finalmente illuminò la sua mente. Aveva un piano su come impedire a quei due di scoprire la sua fuga.

Rimanevano una decina di metri a separarlo dal grande portone in legno bianco del palazzo e la morsa alla bocca dello stomaco si fece ancora più stretta e fastidiosa. Lui, Shiack il grande e unico capo della Gilda, temeva un omuncolo alto meno di un metro e sessanta. Era ridicolo, doveva darsi una regolata. Inspirò profondamente, raddrizzò le spalle e con cipiglio deciso coprì la distanza che lo separava dal palazzo e dal suo proprietario. Non ci fu nemmeno bisogno di bussare, appena i suoi piedi si posarono a meno di due centimetri dal portone questo si aprì cigolando sui cardini. Cercando di sembrare minaccioso e sicuro di sé entrò a passo svelto all’interno del cortile del palazzo. L’aria era satura dell’odore di rose selvatiche e gelsomini che crescevano rigogliosi all’interno delle aiuole sparse per il cortile del palazzo. Dovette ammettere che era proprio un bel posto, delicato e regale, nulla a che vedere con le mura nere e le guglie minacciose del suo palazzo alla Gilda. Cercando di evitare le piantine che sbucavano da ogni parte del terreno percorse l’intero giardino fino ad arrivare al secondo e meno imponente, portone del palazzo. Da quella porta avrebbe finalmente avuto accesso all’interno della costruzione dove avrebbe potuto incontrare Hoord e mettere fine a quella pagliacciata. Un maggiordomo vestito elegantemente venne ad aprirgli pregandolo di accomodarsi all’interno del palazzo e di seguirlo verso la stanza nella quale lo attendeva il suo signore.

L’anziano signore lo guidò attraverso un labirinto di corridoio interamente rivestiti da carta pregiata e finemente decorata, su cui le torce appese alle pareti, gettavano inquietanti ombre sul pavimento di marmo lucido. Il rumore dei suoi passi pesanti saturava il corridoio rimbombando contro i muri e ritornando al mittente in un inquietante eco. Camminarono quasi per dieci minuti prima di fermarsi davanti ad una porticina in legno a cui il maggiordomo bussò rispettosamente. Una voce pacata e a tratti fanciullesca rispose invitando il suo ospite ad accomodarsi. Molto elegantemente l’anziano piegò la maniglia rivelando una stanza semibuia in cui ardeva un caldo fuoco. Al centro esatto erano sistemati due divanetti di velluto rosso e poco più vicino al camino erano state approntate due sedie dall’aria comoda.

< Benvenuto amico mio > Una testa ricoperta da capelli neri e ispidi si girò nella direzione da cui era entrato l’assassino inchiodandolo con una sguardo ipocrita e falso.

< Grazie > rispose impassibile Shiack < Ma non sono amico tuo >

Una risata crudele riempì la stanza, irritando fin nel profondo l’assassino a cui venne un gran voglia di spaccargli la faccia.

< Come siamo arditi > commentò l’omuncolo. < Facciamola breve > tagliò corto l’assassino < Cosa vuoi? > Il tono usato era tutt’altro che amichevole e ben disposto, anzi era sbrigativo e nervoso.

Il Tiranno si alzò dal divanetto andando a posizionarsi da fronte all’uomo che lo superava in statura di almeno dieci spanne.

< Ho un lavoro per te e per la tua Gilda > comunicò. < Ho bisogno che sterminiate un gruppo di rivoluzionari poco collaborativi >

Una nota di malignità e oscuro piacere impregnò la richiesta dell’uomo che cominciò a camminare in tondo per la stanza.

Shiack lo osservava sconcertato di come un essere del genere potesse sedere sul trono del regno e comandare a bacchetta migliaia di sudditi.

< Devi fare in modo che nulla sia riconducibile in me, anzi, voglio che io sembri il salvatore giunto troppo tardi > un sorriso crudele accese il volto dell’uomo rendendolo ancora più inquietante.

< Ti costerà caro > commentò l’assassino. < Il costo non ha importanza > disse il Tiranno.

Sentendo quelle parole Shiack decise di rischiare e chiedere molto più di quello che avrebbe chiesto a chiunque altro.

< Dovrai pagarmi due casse d’oro e una d’argento > La richiesta rimase sospesa nell’aria per qualche minuto senza ricevere alcun tipo di risposta. Poi quando Shiack credeva lo avrebbe mandato via l’uomo acconsentì, chiamando il maggiordomo di poco prima che doveva essere stato li fuori per tutto il tempo della loro conversazione.

< Manda due guardi nella tesoreria a prendere due casse d’oro ed una d’argento >

< Certo mio signore > l’uomo fece un rispettoso inchino e uscì dalla stanza lasciandoli nuovamente soli.

Dopo qualche minuto di silenzio il Tiranno fece cenno all’assassino di sedersi nell’attesa che i suoi uomini portassero su le casse. Shiack si sedette in segno di rispetto ma non toccò nulla del cibo che gli era stato offerto.

< Allora come ti vanno gli affari? > domandò in uno slancio di cordialità l’uomo. < Bene > rispose atono Shiack.

Un colpo alla porta li infornò che le casse erano arrivate e che finalmente l’assassino avrebbe potuto lasciare quel luogo.

Caricato il suo pagamento su un carretto di legno l’uomo lasciò il palazzo tirando un sospiro di sollievo.

L’aria pungente della notte lo accolse solleticandolo e rinfrescando i suoi nervi tesi come corde di violino. Quell’incontro era stato il più duro di tutti, non si aspettava di essere tanto nervoso.

Arrivato nel paese che circondava il palazzo comprò un cavallo e agganciato il carretto lo spronò al galoppo deciso a rientrare alla Gilda il più in fretta possibile.



 

Angolo autrice:
Buongiorno a tutti! Siamo arrivati al terzo capitolo della storia e le cose cominciano a complicarsi, Shiack non è quello che crede Amalia e ha motli più segreti da nascondere di quanto lei possa immaginare. Hoord è tornato alla carica richiedendo nuovamente i servizi della Gilda che a quanto pare ha deciso di nuovo di aiutarlo.
Ma le intenzioni di Hoord saranno reali oppure c'è sotto qualcosa di molto più grosso? Se volete scoprirlo continuate a seguirmi.
Baci, Sybeoil!

 

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Capitolo 5
*** Un omicidio con travestimento ***


Capitolo 4

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"Ancora non lo avevo capito,
ma quel ragazzo sarebbe stato
la mia salvezza e il mio futuro"

 

 

Era più di due giorni che seguivano quel dannato ragazzo ma non erano riusciti a ricavare nemmeno un minimo delle informazioni che gli servivano per compiere l’omicidio. Amalia odiava sentirsi impotente, era una cosa che aveva sempre detestato, almeno quanto quel rompiballe di Xavier. Erano appena quarantotto ore che stavano insieme senza mai separarsi e già non ne poteva più. La bocca di quel ragazzo era un pozzo infinito di parole. Non chiudeva mai, aperta ventiquattro ore su ventiquattro.

< Poi, mi piacerebbe viaggiare, girare il mondo.. > mormorava distratto il ragazzo dai capelli ribelli. < La vuoi piantare di parlare? > urlò isterica Amalia. < Santissimi Dei, siamo in missione non stiamo giocando concentrati > Il tono serio e austero della ragazza bastò per tappare la bocca di Xavier che abbassò lo sguardo.

Era da più di un ora che se ne stavano nascosti nell’ombra di un vicolo a senso unico puzzolente e stretto aspettando che la loro vittima uscisse dal bordello nel quale si era rintanato quella mattina.

< Quell’uomo fa proprio schifo > borbottò Amalia tra i denti.

< Perché? Solo perché si fa un giro su qualche bella ragazza? > aveva risposto Xavier < Potessi lo farei anche io > commentò alla fine.

Quelle parole ferirono Amalia nel profondo, che si sentì quasi umiliata da quel banale commento. Credeva di contare un minimo per quel ragazzo o forse era solo una cosa univoca, dato che a quanto pare l’unica che provava qualcosa per qualcuno era lei. E, accidenti, lei nemmeno li voleva quei sentimenti. Non voleva che il cuore accelerasse i battiti ogni volta che gli occhi verdi di lui incontravano i suoi, non voleva nemmeno i brividi di piacere che le percorrevano il corpo ogni qual volta le mani di Xavier sfioravano un punto del suo corpo. Dannazione, lei non voleva innamorarsi e ancor meno del suo migliore amico.

< Sei uno stronzo > Il tono era stato scelto affinché suonasse acido e cattivo. < Che ho detto? > si lamentò il ragazzo.

< Lascia perdere > Incavolata come una bestia abbandonò il nascondiglio immettendosi nell’affollata via.

Quella mattina faceva più caldo del solito, l’estate si stava avvicinando con grandi falcate e ad Amalia risultava sempre più difficile indossare il pesante mantello rosso cremisi datole in dotazione dalla Gilda. Nonostante l’afa però si calcò in testa il cappuccio e cominciò a camminare distratta lungo le vie dei commercianti, sperando di trovare qualche altro membro della famiglia che avrebbero dovuto uccidere. Per sua fortuna erano tutti talmente occupati a contrattare per qualche merce che nessuno aveva il tempo di accorgersi di una delle più famigerate assassine del regno, anzi l’unica.

Senza accorgersene lasciò che la sua mente vagasse lungo sentieri pericolosi. Improvvisamente, iniziò a pensare a come sarebbe potuta essere la sua vita se non fosse un’assassina; a come avrebbe condotto la sua esistenza se Shiack non l’avesse trovata. Magari in quel momento ci sarebbe stata anche lei lì in quel mercato a cercare di far abbassare il prezzo della carne o magari, sarebbe stata a casa circondata da marmocchi urlanti mentre aspettava il ritorno di suo marito dal lavoro. In ogni caso sarebbe stata una vita decisamente meno eccitante di quella che conduceva.

Mentre passava accanto ad un banco di frutta e verdura agguantò svelta una mela portandosela alla bocca per gustarne il sapore dolce. Quella mattina non era riuscita a fare colazione, aveva dovuto svegliare Xavier che - come al solito - era in ritardo. Quel ragazzo non sarebbe mai cambiato, Amalia ne era certa, ma forse era anche per quello che le piaceva. Lei lo aveva conosciuto così e così sarebbe rimasto, sempre.

Un movimento di gonne e sottane attirò la sua attenzione facendola voltare alla sua destra dove riconobbe la figlia del membro del consiglio cittadino che avevano accettato di uccidere.

< Perfetto > commentò sorridendo sorniona. Non poteva chiedere di meglio. Finalmente avrebbe potuto usare il suo amato coltello. Mescolandosi abilmente con la folla, Amalia, seguì la ragazza fino al portone di casa sua dove fu costretta a fermarsi perché controllato da due guardie armate. Aveva bisogno di un piano e alla svelta. La ragazza non sarebbe rimasta sola molto a lungo e se voleva finire in fretta doveva pensare.

Mise sotto sopra l’intero cervello sperando di trovare un idea non del tutto folle o impossibile da realizzare, quando il commento di poco prima di Xavier gli risolse ogni problema.

Non sarebbe stato difficile, si sarebbe solamente dovuta fingere una prostituta chiamata a domicilio dal figlio. Prima di poter agire però aveva bisogno di un travestimento e l’unico modo per ottenerlo alla svelta senza dover tornare alla Gilda era quello di rubare dalle bancarelle sparse per la via. Con un pizzico di disappunto indossò la mascherina rossa che Xavier le aveva regalato e calcatosi nuovamente il cappuccio sulla testa bionda cominciò ad aggirarsi furtiva fra le bancarelle, afferrando tutto ciò di cui aveva bisogno. Terminate le sue spese pazze andò a nascondersi dietro un palazzo in disuso dove si cambiò alla svelta. Tolto gli abiti che di solito indossava sembrò un’altra persona. Le gambe lunghe e snelle erano messe in bella mostra dalla gonna ampia e spaccata ai lati che aveva rubato poco prima, mentre il seno prosperoso e abbondante era ben raccolto sotto una camicetta semitrasparente. I capelli di solito raccolti in una treccia ora le ricadevano morbidi sulle spalle rendendo ancora più intrigante e misterioso il suo sguardo. Cercando di non rovinare il suo completo di pelle uscì dal suo nascondiglio sempre avvolta nel mantello rosso cremisi e con indosso la mascherina. La prima regola era quella di non farsi mai riconoscere e quella era l’unica soluzione.

Questa volta il suo abbigliamento attirò molto più l’attenzione di quanto avesse mai fatto il completo di pelle. Quando arrivò davanti al portone del palazzo dove poco prima era entrata la ragazza le due guardie le sbarrarono il passaggio.

< Fatti riconoscere > latrò uno. Con gesti lenti e misurati la ragazza si calò il cappuccio scoprendo i lunghi capelli e i due lapislazzuli che aveva al posto degli occhi. Il risultato fu quello da lei sperato; i due uomini furono quasi incantati dalla sua figura e la lasciarono passare senza fare altre domande, mentre li sentì commentare di quanto fosse fortunato il loro padrone a potersi permettere donne del genere. Puah, che schifo. Ad Amalia venne da vomitare, possibile che gli uomini pensassero a quello tutto il giorno?

Un piccolo giardino molto curato e ricco di fiori esotici separava il portone d’entrata dalle stanza della casa. Sinuosa come un serpente si avvicinò alla porticina di legno che doveva rappresentare l’entrata per la casa e bussò con tocco delicato ma deciso attendendo sulla soglia che qualcuno venisse ad aprirli. Dopo qualche minuto di attesa si sentì scattare la serratura e un uomo sulla cinquantina le aprì la porta.

< Chi siete? > domandò l’uomo sorpreso di trovarsi una ragazza di tale bellezza sulla porta di casa sua. In base al ritratto che le avevano dato Amalia riconobbe il capo famiglia e quindi il loro obbiettivo principale.

< Che fortuna sfacciata > commentò senza farsi udire dall’uomo che la fissava con la bava alla bocca. < Sono stata mandata a chiamare > spiegò inchinandosi rispettosamente. L’uomo visibilmente in difficoltà si spostò invitandola ad entrare. Una volta in casa Amalia si lasciò scivolare il mantello dalle spalle mostrando per intero la meraviglia che era diventato il suo corpo. Con soddisfazione vide la bocca dell’uomo aprirsi e chiudersi un paio di volte prima che potesse dirle una qualunque cosa.

< Accomodatevi > Con la mano le indicò un corridoio lungo e stretto che si apriva poi in una stanza ampia e circolare illuminata dalla luce del sole che penetrava dalla finestra posta sopra al caminetto spento.

L’uomo la seguì e una volta dentro si chiuse la porta alle spalle firmando la sua condanna a morte.

In pochi secondi Amalia estrasse il pugnale che aveva nascosto sotto la gonna e con un movimento fluido e rapido recise la giugulare dell’uomo che cadde a terra con un tonfo sordo mentre copiosi fiotti si sangue sgorgavano dal taglio infertogli dalla bella assassina.

Prima di proseguire pulì la lama del coltello sulla camicia dell’uomo e poi uscì dalla stanza decisa a trovare la ragazza e a sbarazzarsene il più in fretta possibile così da poter raggiungere Xavier e terminare il lavoro. Perlustrò l’intero piano terra senza trovare traccia della ragazza dalla chioma corvina che aveva visto prima, così decise di passare al piano superiore dove era sicura, si trovassero le stanze da letto.

Silenziosa e furtiva aprì tutte le porte affacciandosi nelle varie stanze per individuare la sua vittima. La trovò in una stanza al fondo del corridoio immersa in una lettura. Pensò che quella mattina gli Dei la dovevano aver preso in simpatia per regalarle tanta fortuna. Con il pugnale ben saldo nella mano destra si avvicinò alla poltrona e dopo aver agguantato la giovane per la chioma di capelli passò la lama della sua fidata arma sulla gola della ragazza. Zampilli di sangue colarono a terra macchiando il pavimento in legno e formando ben presto una pozza piuttosto ampia di liquido scarlatto. Assicurandosi di non sporcarsi impose il sigillo della Gilda sulla fronte della ragazza incamminandosi verso il piano terra. Prima di poter uscire da quella casa però doveva recuperare il mantello, così facendo attenzione a non essere scoperta o sentita dalle guardie che stavano al portone d’entrata tornò al pian terreno dove trovò il suo mantello nello stesso punto in cui se lo era fatto scivolare di dosso. Una volta fuori dalla casa tornò nel vicolo nel quale aveva abbandonato i suoi vestiti e si cambiò regalando poi ciò che aveva rubato ad una donna che mendicava accanto al ciglio della strada. La donna guardò quella ragazza dallo sguardo glaciale e profondo con un misto di gratitudine e paura accettando però la merce. L’affollamento delle vie della città rese nervosa Amalia che decise di arrampicarsi sul muro di un palazzo e di prendere una scorciatoia. Avrebbe raggiunto Xavier camminando sui tetti dei palazzi. Era da moltissimo tempo che non lo faceva più e le mancava, da morire. Quando era piccola e Shiack la portava fuori ad allenarsi insisteva sempre affinché camminassero sui tetti così da unire allenamento e divertimento. Tornare a vivere quello squarcio di fanciullezza la fece sorridere, una risata spontanea e serena, che non le riusciva più da tempo. Quell’ambiente avrebbe indurito il cuore di chiunque, figuriamoci quello di una ragazzetta di qualche anno, a cui il destino aveva strappato i genitori.

Trovò Xavier che l’aspettava nello stesso vicolo da cui poco prima lei era scappata offesa a morte. Il fisico robusto e atletico del ragazzo era comodamente appoggiato alla parete di una piccola proprietà dai muri color pesca e i balconi in ferro battuto.

< La situazione non si è smossa per nulla? > La voce sensuale della ragazza interruppe i pensieri del ragazzo che si stavano avventurando lungo sentieri pericolosi.

Il ragazzo infatti aveva lasciato correre la mente verso il suo sogno proibito: abbandonare la Gilda con Amalia al suo fianco e fare di lei la sua donna.

Era da qualche tempo infatti che l’attrazione per quella ragazza era cresciuta raggiungendo il limite e superandolo di parecchio.

< Allora? > La domanda espressa con tono stanco strappò ancora una volta Xavier ai suoi pensieri facendogli concentrare la sua attenzione sugli occhi lapislazzuli della ragazza protetti dalla mascherina rossa cremisi.

< Allora il nostro bello imbusto è rimasto lì dentro per tutta la mattina > rispose rassegnato all’idea di dover aspettare.

< Bene, d’ora in poi faremo a modo mio > esclamò la ragazza.

Xavier la guardò inarcando un sopraciglio, non riuscendo a capire a cosa si riferisse la sua amica.

Camminando sinuosa uscì dal nascondiglio dirigendosi verso il bordello nel quale quella mattina era entrato il ragazzo. Quando il proprietario la vide entrare cercò di bloccarle la strada ma Xavier intervenne prendendolo da parte in modo da consentirle di svolgere il lavoro.

La ragazza dopo essersi guardata in torno individuò la rampa di scale che portava al piano di sopra dove erano sistemate le stanze da letto e dopo averle aperte quasi tutte per controllare in quale si trovasse il ragazzo. Lo trovò nella camera da letto più lussuosa impegnato con tre ragazze contemporaneamente.

< Fuori > ordinò la bionda in tono perentorio.

< E tu chi saresti? > domandò una delle ragazze. < Il premio speciale > comunicò lei sorridendo.

< Ho detto fuori > aggiunse poi seria. Le tre ragazze raccattarono i loro vestiti e uscirono fuori dalla stanza indignate e offese fin nelle ossa.

< E così tu saresti il premio speciale > commentò viscido il ragazzo nudo come un verme < Vediamo un po’ la merce >

Si mise a sedere cercando di arrivare ad accarezzare il fondoschiena di Amalia che bloccatogli la mano a metà schiena lo costrinse sdraiarsi e dopo essersi seduta su di lui tirò fuori il pugnale.

Il ragazzo non sembrava spaventato anzi gli occhi si accesero di una luce d’eccitazione che fece provare ancora più disgusto alla ragazza. In quell’occasione sarebbe stata più che contenta di far fuori quella specie di maniaco.

Cercando di sembrare sensuale alzò il pugnale sopra la sua testa per piantarlo poi al centro del petto del ragazzo affondandolo direttamente nel cuore ancora palpitante d’eccitazione.

Gli occhi del ragazzo prima dilatati per lo sforzo e l’eccitazione ora erano vitrei e privi di vita. Disgustata da quella specie di uomo Amalia si alzò in piedi e con noncuranza scese nuovamente di sotto dove ad aspettarla appoggiato al bancone trovò Xavier, che sorseggiava tranquillo un bicchiere di buon rum invecchiato.

Sentendosi stanca si sedette anche lei ordinando lo stesso del suo amico, poche donne nel regno riuscivano e reggere il grado alcolico del rum invecchiato delle terre centrali e lei ovviamente era una di loro.

< Allora tutto risolto? > domandò Xavier svuotando il bicchiere. < Tutto fatto > confermò orgogliosa la ragazza.

< Ora manca solo la moglie e poi possiamo tornarcene a casa >

Purtroppo Amalia si era dimenticata che mancava ancora un membro all’appello e che dovevano trovarlo e ucciderlo per forza prima che rientrasse a casa o tutto sarebbe stato perduto.

< Andiamo > ordinò la ragazza. Il ragazzo pagò i due bicchieri di rum e seguì la sua amica fuori dal bordello nell’aria afosa di metà


 

Angolo autrice:
Bentornati a tutti coloro che seguono questa storia e che vorrei ringraziare con tutta me stessa, ma passiamo ad altro, a ciò che realmente interessa. La storia si sta piano paino evolvendo e stiamo per raggiungere il punto di rottura tra Amalia e la sua amata Gilda, sì perchè ad un certo punto la ragazza compirà un gesto che mai avrebbe presvisto. Che cosa sarà a convincerla che abbandonare la Gilda sia la scelta giusta? Xavier l'aiuterà nel suo percorso e preferirà vivere una vita da infallibile assassino?
Continuate a seguirli e lo scoprirete.
Baci a tutti, Sybeoil!

 


 

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Capitolo 6
*** L'ultimo omicidio su commissione ***


 

Capitolo 5

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"Molti in me vedono la morte,
lui fu l'unico a vedere in me l'amore di un vita"

 

I due ragazzi camminavano talmente vicini da poter udire ognuno i respiri dell’altro e sfiorandosi molte più volte di quelle che avrebbero voluto. Nessuno tra la folla di persone che percorrevano le vie della città fece caso a loro e all’abbigliamento tipico degli appartenenti alla Gilda, permettendoli così di girare liberamente e non doversi nascondere in vicoli bui e puzzolenti come di solito succedeva.

< Allora dove sarà la nostra amata signora a quest’ora? > chiese sovra pensiero Xavier. < E’ una donna > rispose Amalia < Dove vuoi che sia a metà mattina? >

Il volto del ragazzo si illuminò in uno splendido sorriso che stava ad indicare che aveva capito cosa intendesse dire Amalia.

< Ma certo sarà a casa di qualche dama > esclamò battendosi una mano sulla fronte abbronzata. < Indovinato > esclamò la ragazza sorridendo felice.

In base alle informazioni contenute nella lettera inviata alla Gilda dal vice re la donna andava a trovare Madame Lanfort una volta alla settimana per fare colazione insieme e discutere del futuro della città e dei loro figli, che un giorno speravano di vedere sposati. Purtroppo per lei quel giorno non sarebbe mai arrivato, almeno non per la signora.

I due assassini furono ancora una volta costretti ad improvvisare un piano per poter terminare quel lavoro. Il piano prevedeva, ovviamente, un travestimento. Questa volta però l’omicidio sarebbe toccato a Xavier, che avrebbe dovuto fingersi un intrattenitore chiamato dalla figlia della donna ormai vedova da troppi anni, per farla divertire e svagare un po’.

Entrare in quella casa non sarebbe stato tanto difficile; al contrario della casa della loro vittima quella non era controllata e il portone d’entrata era rotto da anni ormai.

Cercando di sembrare il più disinvolti possibile i due aprirono il cancello in spesso legno di quercia e si intrufolarono all’interno della piccola villetta con il tetto spiovente e i balconi ricoperti d’edera rampicante.

Come per quasi tutte le case dei ricchi delle terre centrali la casa era circondata da un elegante giardino finemente curato dove crescevano rigogliose deliziose primule e piccole ma graziose viole che saturavano l’aria del loro inebriante profumo. Amalia lasciò che quel dolce profumo le invadesse le narici andando a solleticare angoli della memoria che credeva morti e sepolti da anni ormai. Il volto delicato di una donna, che assomigliava più ad un angelo che ad un essere umano, invase i suoi pensieri.

La donna se ne stava seduta su una piccola sedia a dondolo artigianale avvolta in uno splendido vestita color pesca mentre con delicatezza ed estrema raffinatezza coglieva dei piccoli fiorellini azzurri come i suoi occhi. Al suo fianco una bambinetta dallo sguardo vispo e acuto giocava con una bambola di stoffa che assomigliava in modo inquietante a lei. Un sorriso di piena e totale felicità incurvò le labbra della donna che divenne ancora più bella, contagiando anche la piccolina che cominciò a ridere di gusto andando ad appendersi alle sottane della madre per spingerla a giocare con lei. L’elegante signora si alzò mostrando un fisico perfetto e cominciò a rincorrere la piccola che, abbandonata la sua bambola sul prato, cominciò a girare per tutto il giardino lasciandosi inseguire da quella madre così dolce e bella.

< Dai mamma > chiamò la piccola < Prendimi > esclamò divertita.

< Adesso ti prendo > scherzò la donna imitando il verso di un Koro.

 

< Amalia > chiamò Xavier preoccupato < Amalia rispondi >

Gli occhi lapislazzuli della ragazza si aprirono sul volto teso e preoccupato del suo amico. Gli occhi verdi del ragazzo erano fissi sul viso pallido e smunto di Amalia, che stava sdraiata sulle forti gambe del suo amico.

< Cosa è successo? > domandò la ragazza alzandosi a sedere. < Non lo so sei svenuta > spiegò il ragazzo preoccupato. < Ho creduto che..che non ti saresti più risvegliata >

Come in una delle sue fantasie ad occhi aperti Amalia, si ritrovò immersa nel caldo e forte abbraccio di Xavier che la cullò come si fa con i bambini. Dopo un attimo di esitazione, anche Amalia si lasciò andare, circondando le ampie spalle del ragazzo con le sue braccia magre, stringendo a sé l’unica fonte di normalità e amore che avesse mai avuto.

Prima che potesse accorgersene e ricacciarla indietro una calda lacrima, che sapeva di attimi di vita e occasioni perdute, scivolò via dagli occhi caldi e luminosi della ragazza rigandone il volto pallido. La asciugò giusto un secondo prima che Xavier si staccasse da lei incatenandole gli occhi in una danza infinita.

< Ce la fai ad alzarti? > domandò il ragazzo dopo qualche attimo di silenzio imbarazzato. < Sì, grazie > rispose Amalia.

I due si sollevarono dal pavimento sul quale si erano seduti e ripresero a camminare lungo il giardino fiorito, arrivando al piccolo cancelletto in ferro battuto che segnava l’entrata dell’abitazione.

Le cucine erano ampie e calde, inondate dal profumo di pane appena cotto e brioche, che fece salire l’acquolina in bocca ai due ragazzi. Muovendosi circospetti ma cercando sempre di apparire disinvolti superarono la stanza immettendosi in un lungo corridoio dai muri dipinti di un giallino smunto e i pavimenti in legno di noce scuro, che terminava in una stretta scala a chiocciola che si arrampicava fino al piano superiore, dove le signore si riunivano a quell’ora della giornata.

I due imboccarono la rampa di scale sperando di non essere uditi né visti da nessuno. La scala si affacciava su un corridoio quasi identico a quello del piano terra sul quale si aprivano varie stanze della grande casa. Amalia era certa che in una di quelle si trovasse Madame Lanfort e la donna che avrebbero dovuto uccidere e, molto probabilmente, qualche altra pettegola della città. Come prima cosa gli servivano dei vestiti da usare come travestimento, e passare così inosservati agli occhi del personale della casa e della stessa proprietaria. Cercando di non fare rumore attraversarono il corridoio infilandosi in una porta giusto un attimo prima che un cameriere armato di vassoio facesse la sua comparsa in corridoio. La porta da cui era uscito distava due stanze da quella in cui si trovavano i ragazzi che, se avessero trovato un travestimento adatto avrebbero potuto raggiungerla in fretta e senza destare sospetti.

< Dove cavolo lo troviamo un travestimento decente in così poco tempo?> pensò ad alta voce Xavier.

Amalia continuò a fissare imperterrita il pavimento sotto di lei cercando di trovare una soluzione. < Io dico che ci conviene entrare e uccidere tutti quelli all’interno della stanza > Il piano del ragazzo era pratico e sbrigativo ma non potevano certo uccidere anche Madame Lanfort, lei non faceva parte del loro accordo, e le regole prevedevano la sola uccisione di coloro che rientravano nei patti.

< Non uccideremo nessuno a parte la moglie del consigliere > dichiarò seria la ragazza < E togliti quel sorrisetto ebete dalla faccia, dobbiamo pensare ad un buon modo per isolare la signora > Mentre le sue parole si disperdevano nell’aria calda della stanza il volto fino a qualche minuto prima rigido e contratto della ragazza si illuminò in un sorriso di trionfo.

Finalmente aveva trovato la soluzione. < Stammi bene a sentire perché non te lo ripeterò due volte > Gli occhi della ragazza fissavano intensamente quelli verdi di Xavier, che ascoltava attento annuendo di tanto in tanto. < .. Quindi dopo esserti travestito da “accompagnatore” passerai questa polvere sulle labbra di Madame Lanfort senza che se ne accorga e poi la passerai anche su quelle della vittima, dopo di ché estrarrai il pugnale che avrai nascosto nei pantaloni e le reciderai la giugulare imprimendo il marchio della Gilda sulla fronte > Il volto del ragazzo era andato via via rasserenandosi fino ad aprirsi in un sorriso di divertimento. < Ottimo piano biondina > scherzò Xavier.

< Si, ok però adesso muoviti > Il tono di voce di Amalia era tutt’altro che innervosito, anzi sembrava divertito. Mentre si guardavano intorno alla ricerca di un travestimento, Amalia fu di nuovo trasportata all’interno di un suo vecchio ricordo.

Seduta accanto ad un vecchio camino in pietra, dentro cui scoppiettava vivace un caldo fuoco, se ne stava la stessa donna del suo ricordo precedente. Gli occhi color del ghiaccio erano impregnati di calde lacrime, mentre con estrema dolcezza si accarezzava il ventre piatto sorridendo ad un bimbetta che la guardava affascinata. Da dietro una porta in legno di faggio sbucò la testa riccia di un uomo i cui occhi ardevano di amore e felicità quando si soffermavano sulle due figure illuminate dalla luce tremolante del camino.

Il quadro perfetto di una famiglia perfetta, quella famiglia che lei non aveva mai conosciuto e che mai avrebbe potuto conoscere. Quando un uomo entrava nella Gilda era molto difficile che potesse tirarsene fuori e mettere su famiglia e ancora più difficile lo era per una donna. Al contrario delle sue coetanee Amalia non aveva dote, non aveva ricevuto l’educazione che si conviene ad una fanciulla, non era elegante né tantomeno composta. Possedeva solo la sua bellezza e la sua intelligenza, oltre l’eccezionale capacità di uccidere chiunque in pochissimo tempo, ma quelle purtroppo non erano doti richieste dai ragazzi in cerca di moglie. Purtroppo lei sarebbe rimasta sola per tutta la vita, e come unici compagni, avrebbe avuto i suoi fedeli pugnali e quello stordito di Xavier e a proposito di Xvaier.. < Amalia > la voce profonda del ragazzo ripeteva insistentemente il suo nome sventolandole davanti una mano abbronzata < Amalia, ci sei? >

La ragazza scosse leggermente la testa, agitando i lunghi capelli, sperando di scacciare quegli strani pensieri. < Sì ci sono > annuì.

Fece per allontanarsi dalla porta vicino alla quale si erano fermati ma la mano forte e calda di Xavier la trattenne obbligandola a voltarsi nella direzione del ragazzo. Gli occhi verdi come le foglie in estate le penetrarono sino in fondo all’anima leggendole dentro come nessun altro era in grado di fare. < Che succede? > chiese dolcemente il ragazzo.

< Niente > cercò di mentire Amalia, purtroppo però i suoi occhi la tradirono, come sempre. < Non mentirmi Mal, so che qualcosa non va. Con me puoi parlarne lo sai > La voce del ragazzo era sensuale e tremendamente dolce, un richiamo irresistibile per Amalia, che cercava disperatamente un po’ di amore sincero e corrisposto da quando era nata. Alla Gilda le avevano insegnato che non bisognava amare, che l’amore rende deboli e ciechi eppure non riusciva a spiegarsi come mai il suo cuore accelerasse i battiti ogni volta che era in compagnia di Xavier. Se l’amore era così cattivo e sbagliato, allora perché sentiva il cuore farsi caldo e la stanchezza della vita svanire ogni volta che pensava a lei e il suo amico insieme?

< E’ solo che..che sono stanca tutto qui > Aveva cercato di sembrare convincente, ma sapeva che Xavier non ci sarebbe cascato e anche se avesse lasciato perdere, sarebbe stata solo questione di tempo prima che tornasse a farle domande. < Come vuoi > si arrese il ragazzo.

< Tornando al lato pratico della vita > intervenne Amalia < Direi che puoi mantenere il tuo abbigliamento mentre a me toccherà indossare una divisa da cameriera per fare da palo davanti alla porta >

Xavier la fissò qualche istante e poi annuì deciso. Dopo aver rivisto i dettagli del piano i due uscirono dalla stanza incamminandosi verso la porta dalla quale avevano visto uscire il maggiordomo di prima. In modo molto signorile e discreto la ragazza bussò alla porta e aspettando la risposta affermativa di Madame Lanfort che le disse di accomodarsi.

< E tu chi sei? > domandò la donna sorpresa di trovarsi davanti un viso mai visto prima. < Sono la nipote del maggiordomo signora > rispose timidamente < Presto servizio una volta alla settimana qui nella vostra cucina per fare pratica, non ricorda? > Gli occhi limpidi e sinceri della ragazza fugarono ogni dubbio di Madame Lanfort che sorrise dolce a quella ragazza dai capelli arruffati e gli occhi limpidi. < Certo tesoro, dimmi tutto >

Un sorriso di vittoria incurvò le labbra della ragazza che però rispose prontamente alla domanda postale dalla donna. < C’è un ragazzo che afferma di essere stato chiamato qui per far svagare voi e le vostre amiche >

A quella frase Xavier fece il suo ingresso all’interno della stanza, andando a posizionarsi tra le due dame che lo guardarono incuriosite e allettate allo stesso tempo. < E tu chi saresti? > domandò Madame Lanfort cercando di sembrare indignata ma senza molto successo.

La faccia tosta di Xavier, protetta dalla mascherina cremisi, si profuse in un sorriso eccezionalmente bello e seducente che abbagliò le due donne le quali posero tutta la loro attenzione sulla figura muscolosa e atletica del ragazzo dimenticando Amalia, che con estremo silenzio uscì dalla camera chiudendosi la porta alle spalle.

Molto elegantemente il ragazzo si inchinò al cospetto di ognuna delle dame presenti nella stanza facendo il baciamano ad ognuna di loro ma soffermandosi qualche secondo di più sulla sua vittima.

< Signore, mi presento > esclamò aprendo il pesante mantello cremisi e mostrando un torace perfettamente scolpito < Il mio nome è Cylio >

A Xavier, parve di vedere gli occhi di Madame Lanfort farsi sempre più grandi fino a rischiare di fuoriuscire dalle orbite. Il piano stava funzionando se continuava così ci sarebbe voluto molto meno di quello che pensava; sempre muovendosi in modo provocante e sensuale si avvicinò a Madame Lanfort e le strofinò vicino alla bocca la mano su cui poco prima aveva disperso la polvere anestetizzante. In pochi secondi gli occhi nocciola della donna si chiusero permettendo a Xavier di passare al suo prossimo obbiettivo. La moglie del consigliere era talmente occupata ad osservare il fisico perfetto del ragazzo che non si accorse dello svenimento della sua amica, il che fu una fortuna per Xavier, che poté così passare la polvere anestetizzante anche sulle labbra della vittima senza che questa opponesse resistenza. Quando anche i suoi occhi si furono chiusi sul mondo il ragazzo estrasse il pugnale dalla cintola del pantaloni e con estrema maestria recise la giugulare della donna, da cui fuoriuscirono zampilli di sangue rosso scuro. Prima che l’effetto della polvere svanisse Xavier incise il sigillo della Gilda e uscì in fretta dalla stanza. Sulla porta c’era Amalia che lo attendeva già pronta a tagliare la corda nel minor tempo possibile. < Allora com’è andata? > domandò ansiosa la ragazza. < Bene, ma ci conviene sbrigarci > disse il ragazzo leggermente sudato.

Di comune accordo i due ragazzi cominciarono a camminare lungo il corridoio dirigendosi verso la finestra che stava dall’altra parte, con l’intenzione di calarsi di sotto e tornare alla Gilda prima che qualcuno potesse dare l’allarme. Per qualche strano motivo la Gilda non era ben vista dalla popolazione, eppure la maggior parte di essa le si era rivolta almeno una volta. Era un mondo strano.

Erano le dodici passate e il pranzo alla Gilda sarebbe stato servito da lì a mezz’ora. Amalia e Xavier, non avrebbero mai fatto in tempo ad arrivare così il ragazzo propose di mangiare un boccone in una delle tante taverne della loro città. Cercarono un posto che non facesse troppo schifo e dopo averlo trovato vi entrarono decisi a sedersi in un tavolo appartato.

La sala che si apriva agli occhi dei ragazzi era ampia e profumava di arrosto e verdure bollite che riempivano i piatti unti dei ceffi seduti ai tavoli. Ovunque si guardasse si potevano notare omaccioni sporchi e puzzolenti che si intrattenevano con giovani e disinibite ragazze seminude. Ad Amalia venne quasi da vomitare, come poteva una donna ridursi in quel modo?

< Umm, allora qui ci può anche divertire > esclamò ridendo Xavier e immettendosi nella calca per andare ad ordinare il pranzo all’oste.

< Ehi bellezza, quanto vuoi per una cavalcata selvaggia? > urlò un uomo in direzione della bella Amalia che si voltò verso la voce. Gli occhi ridotti ad una fessura e la mano già pericolosamente vicino all’impugnatura del coltello. < Allora puttana, che aspetti a rispondere > urlò di nuovo l’uomo. Prima che la ragazza potesse muovere un solo muscolo un coltello a lama corta sibilò nell’aria andando a conficcarsi nella spalla dell’uomo. Tra la folla la voce potente di Xavier si fece largo nella stanza sovrastando il caos. < Non ho sentito bene cosa hai detto > esclamò avvicinando al tavolo dell’uomo la cui spalla sanguinava copiosamente. < Ehi si può sapere cosa cazzo vuoi > rispose quello dopo essersi estratto il pugnale. < Voglio che chiedi immediatamente scusa a quella donna e che poi prendi il tuo culo flaccido e te ne vai di qui > La voce di Xavier si era trasformata in un ringhio acuto e pericoloso. < E tu chi saresti suo padre? > lo sfotté quello.

La taverna sembrava essersi bloccata nell’istante esatto in cui il pugnale di Xavier si era conficcato nella spalla dell’uomo. Nessuno osava emettere un fiato, quando qualcuno litigava era meglio starne fuori.

< No, emerito stronzo, sono il suo uomo e lei è la mia donna quindi vedi di chiedere scusa o te ne pentirai >

A quelle parole la bocca di Amalia si spalancò per richiudersi poi qualche istante dopo quando il suo cervello riuscì ad elaborare le parole appena udite.

< Senti bell’imbusto levati dai piedi > Le mani dell’uomo si posarono sulle spalle di Xavier che reagì in meno di trenta secondi atterrando l’uomo con una semplice mossa. < Ho detto di chiederle scusa oppure ti ritroverai con un braccio rotto >

Le parole del ragazzo erano state appena sussurrate all’orecchio dell’uomo ma Amalia riuscì ad udirle e a sorprendersi ancora una volta di tutta quella ferocia. Se Xavier non provava nulla per lei, allora perché aveva reagito in quel modo alle provocazione dell’uomo?

Che anche lui provi qualcosa per me? pensò Amalia.

< Ok, va bene > cedette l’uomo < Scusa >

Richiamata alla realtà dalle scuse dell’uomo la ragazza annuì facendo cenno al suo amico di lasciarlo andare. Il ragazzo seppur controvoglia lasciò andare l’uomo che si alzò da terra spolverandosi la camicia di iuta.

< Vieni, andiamocene > Amalia afferrò Xavier per il gomito e lo condusse fuori dalla locanda sperando di capire qualcosa di ciò che era appena accaduto sotto i suoi sorpresi occhi. 


 

 Angolo autrice:
Bentornati a tutti, per prima cosa volevo ringraziare Squall99 e S_Anonima_E che continuano a recsensire i miei insignificanti capitoli riempendoli di complimenti e apprezzamenti. Grazie, non immaginate quanto mi faccia piacere sapere che la mia storia vi ha catturato. Come seconda cosa volevo parlarvi della storia e inserire qualche piccolo spoiler. Dunque, il rapporto tra Amalia e Xavier va via via crescendo e la loro reciproca attrazione si fa sempre più intensa, sfocerà in qualcosa di più che semplici sfioramenti e parole di circostanza?
Cosa farà Amalia dopo una vita passata ad assassinare le persone? Xavier, riuscirà a farle ritrovare l'amore di una famiglia? Scopritelo con me nel prossimo capitolo.

Baci Sybeoil!

 

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Capitolo 7
*** Un bacio al sapor d'amor ***


 

Capitolo 6

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"Baciare la persona che si ama
è un po' come morire e
poi rinascere. Baciare Xavier, fu come
imparare a vivere"

< Lasciami > ringhiò il ragazzo; la voce ancora carica di rabbia con quella sfumatura animalesca che tanto aveva sorpreso Amalia.

< Si può sapere che ti è preso? > strillò furibonda la ragazza, che si era sentita punta nell’orgoglio ad essere difesa da un uomo. Fin da bambina Shiack le aveva insegnato a cavarsela da sola, il suo insegnamento principale era sempre stato quello di non dover mai aver bisogno di nessuno, più cose si facevano da soli meglio era. Mentre adesso lei, Amalia la sola donna che sia mai entrata a far parte della Gilda, era stata difesa a spada tratta da un uomo. Era una cosa inaccettabile.

< Avrei potuto cavarmela benissimo da sola > continuò imperterrita nella sua ramanzina < Non sono una bambina e non ho bisogno del tuo aiuto per cavarmela in questo mondo di merda >

Le guancie avevano assunto una colorazione molto più vicina al porpora che al rosa e le mani le tremavano in modo incontrollato e convulso, come se non riuscisse a calmare i nervi tesi come corde di violino. Per cercare di darsi una regolata cominciò a camminare in tondo nel piccolo spiazzo antistante la locanda dalla quale erano appena usciti. Xavier la osservava pensieroso indeciso se agire secondo ciò che gli suggeriva il cuore o secondo ciò che la ragione pretendeva.

< So benissimo che te la saresti cavata > commentò poi sottovoce < Ma non sopporto l’idea che qualcuno possa mancare di rispetto alla donna che amo > Le ultime tre parole erano uscite dalla bocca del ragazzo in un respiro strozzato arrivando deboli e distorte alle orecchie di Amalia.

La ragazza non sapeva se credere a ciò che pensava di aver udito e confessare i suoi sentimenti a quel ragazzo così forte e unico, oppure far finta di niente e aspettare che lui si dichiarasse in modo aperto e spontaneo. Era difficile per lei prendere una decisione che sembrasse giusta, le due parti in lotta dentro di lei, viaggiavano alla stessa velocità confondendole ancora di più le idee. Due vocette, entrambe fastidiosissime, si accavallavano nel tentativo di prendere il sopravvento sull’altra. Da una parte il cuore che suggeriva di lasciarsi andare e dichiarare tutto, dall’altra la ragione ferma e saggia, che consigliava di aspettare che fosse lui a compiere il primo passo.

Senza che potesse aver anche un minimo di voce in capitolo, la sua bocca cominciò a sviscerare parole che furono per il suo cuore più taglienti di una lama a doppio taglio.

< Beh, avresti dovuto lasciarmi stare > commentò arrogante. Gli occhi del ragazzo si velarono di lacrime inconsapevoli fissandosi sulla sinuosa figura della ragazza che continuava a camminare in tondo.

< Non posso lasciarti stare > disse di rimando il ragazzo. Le sopraciglia di Amalia si curvarono elegantemente all’insù in tono interrogativo.

< Perché, perché ti viene così difficile lasciarmi stare? > urlò di getto.

< Perché ti amo > Quelle parole erano uscite dalla bocca di Xavier, senza che quest’ultimo se ne rendesse conto. Un fiume in piena che aveva rotto gli argini invadendo le case vicine, finalmente aveva confessato ad Amalia di amarla, ora l’unica cosa che restava da fare era attendere una sua risposta.

Fu come se il tempo si fosse fermato, tutto intorno a lei cominciò a sfumare in lontananza lasciandola con quelle tre meravigliose e tanto attese parole. Magari sto sognando, è possibile, dopotutto la mia mente mi ha sempre giocato brutti scherzi.

Le veniva così difficile credere che qualcuno potesse amarla, da pensare di essere ancora immersa nel mondo dei sogni. Dopotutto non sarebbe stata la prima volta che la sua bizzarra mente partorisse un sogno così elaborato e preciso da farlo sembrare reale. Molte volte prima di quel giorno si era ritrovata a credere di vivere la realtà, quando invece viveva un sogno.

Era sempre stata convinta di non poter mai piacere a nessuno, non perché non fosse bella, anzi lo era e forse anche fin troppo, ma perché lei era cinica, schiva, silenziosa, taciturna e permalosa. Insomma non era certo una di quelle ragazze adorabili a cui affideresti anima e corpo, lei era più come una specie di emissaria incappucciata della morte. Splendida e fatale.

< Potresti ripetere per favore? > riuscì a domandare in un sussurro. Xavier le prese le mani tra le sue accarezzandole con il pollice il dorso della mano e fissandola così intensamente negli occhi da farla sentire in imbarazzo. < Ho detto che ti amo > ripeté questa volta più deciso < Sono mesi ormai che non desidero altro che vederti e poterti stringere a me, ma finora non ho mai avuto il coraggio di confessarlo perché temevo mi avresti riso in faccia > staccò le mani da quelle della ragazza e si voltò dandole le spalle. Molto probabilmente cerca di nascondermi le lacrime, pensò Amalia sorridendo. Fin da quando erano piccini Xavier aveva sempre dimostrato una sensibilità decisamente acuta che cercava di mascherare facendo il gradasso con tutti. Ad Amalia piaceva quando gli occhi del ragazzo si velavano si lacrime e lui per nasconderle si voltava improvvisando un attacco di tosse, amava il modo in cui la guardava sorridendo mentre combatteva come una furia, e amava il modo con cui la toccava. Dolce, lento e protettivo, un modo di toccarla che era in grado di farle perdere la testa. < Perché pensavi ti avrei riso in faccia? > domandò dopo qualche istante. Il ragazzo si girò sorridendo in modo buffo < Oh, andiamo Mal, tu non hai mai mostrato amore o pietà per nessuno dubito che tutto a un tratto tu possa provare qualcosa per qualcuno e tantomeno per me > Le parole del ragazzo non erano state scelte per ferire eppure fu proprio quello che fecero. Ferirono Amalia nel profondo, lacerandole l’anima in tanti piccoli pezzi che sarebbe stato difficile incollare. Nessuno le aveva mai detto cose del genere, sapeva che tutti lo pensavano, ma sentirselo dire in piena faccia faceva tutto un altro effetto. Era un qualcosa di terribilmente opprimente.

< Io..io non ho mai provato amore per nessuno perché nella mia vita nessuno ha mai provato amore per me > si difese la bella bionda < Il primo insegnamento di Shiack fu quello di mettermi in guardia dall’amore > continuò < “L’amore ti rende debole piccolina, lascialo perdere” ripeteva in continuazione ed io ho cominciato a crederci, fino a quando non sei comparso tu con quei tuoi sdolcinati modi di fare e la tua stupida e romantica visione della vita > Ormai non riusciva più a controllarsi, doveva sfogare tutto quello che si era tenuta dentro per quasi dodici anni. Era un fiume in piena. < Tu mi hai intossicato Xavier, mi hai riempito il cuore e i polmoni di amore, di sensazione piacevoli e dolci. Per colpa tua ho cominciato ad amare >

Il ragazzo la fissò incredulo, Amalia colei che non provava niente per nessuno, aveva appena confessato di amare qualcuno. Era una notizia terribile ed eccezionale al tempo stesso. Terribile se colui al quale dedicava il suo amore non fosse stato lui ed eccezionale, perché finalmente la vita cominciava a sorridere anche a quella ragazza.

< E chi sarebbe il fortunato? > domandò incuriosito. Un ringhio basso e roco salì dalla gola di Amalia che si avvicinò al corpo statuario del ragazzo. < Tu, razza di idiota, mi sono innamorata di te >

Le bocche a pochi centimetri di distanza l’una dall’altra da poter udire i respiri affannosi, i toraci così vicini da non riuscire a distinguere i battiti di uno da quelli dell’altro. L’aria intorno a loro pareva vibrare di energia, il vento soffiava imperioso sollevando polvere dalle strade sporche e agitando vorticosamente i capelli di Amalia.

Gli occhi erano fissi in quelli di Xavier che la studiava con malcelato sgomento; ancora non riusciva a credere a ciò che Amalia aveva detto.

Era innamorata, e lo era di lui. Guidato più dall’istinto che dalla ragione sollevò una mano posandola sulla guancia accaldata della ragazza che socchiuse gli occhi, confortata da quel gesto così intimo.

L’altra mano andò a posizionarsi alla base della schiena di Amalia attirandola più vicino a sé in modo da poter sentire il calore del suo corpo perdersi in quello del ragazzo. Con estrema lentezza avvicinò le labbra alle sue lasciando che mesi e mesi di desiderio represso sfociassero in quel bacio.

Quando le labbra carnose e delicate di Xavier si posarono su quelle socchiuse di Amalia, il suo corpo fu percorso da un intenso brivido di piacere. Senza che riuscisse a rendersene conto di trovò improvvisamente impegnata a baciare il suo migliore amico. Non con un bacio qualunque, ma con un bacio carico di passione e desiderio represso, un bacio a tratti violento.

La lingua di Xavier trovò rapidamente la via per la bocca di Amalia incatenandola in una danza infinita. Le mani della ragazza si sollevarono andando ad intrecciarsi tra i folti capelli castani del ragazzo che, colto da un irrefrenabile desiderio, la sollevò da terra. La ragazza intrecciò le gambe dietro la vita del ragazzo, che continuava a baciarla imperterrito. I respiri acceleravano in proporzione ai battiti del cuore.

Si staccarono solo quando udirono il commento acido e maleducato di una signora. Erano entrambi accaldati e leggermente in imbarazzo, non era mai successa una cosa simile. Cosa avrebbero dovuto fare adesso? Tornare ad essere amici era impossibile e riuscire ad avere una relazione all’interno della Gilda senza che Shiack lo venisse a sapere, era da pazzi. Gli rimaneva solo una cosa da fare, scappare. Ma cosa mai avrebbero potuto fare due assassini?

Doveva pensare a come sistemare la cosa. < Io, mi.. > Amalia stava per scusarsi quando le labbra fameliche di Xavier le tapparono di nuovo la bocca. < Non devi scusarti > le sussurrò lui < Non vedevo l’ora di farlo > commentò malizioso. < Sei uno scemo > scherzò lei.

< Oh, si me lo dicono in molti > rise lui coinvolgendo anche la ragazza.

< Cosa facciamo adesso? > chiese Amalia tornando seria. Lo sguardo di Xavier si posò sulle loro mani ancora intrecciate e un sorriso debole gli incrinò le labbra. Già, cosa avrebbero fatto adesso?

< Io non voglio perderti proprio ora che ti ho trovato > confessò il ragazzo < Però non possiamo neanche dichiararci, quella della Gilda ci farebbero fuori > La stretta di Amalia si fece ancora più salda, come se temesse che Xavier potesse sparire da un momento all’altro lasciandola sola con qualche grumo di polvere. < Nemmeno io voglio perderti > commentò.

< Bene, allora io direi di tenere segreta la nostra relazione fino a quando non saremo sicuri di riuscire a cavarcela fuori dalla Gilda >

Ad Amalia sembrò un buon piano, se non che Shiack li avrebbe scoperti in meno di un giorno. Quell’uomo sembrava avere un radar incorporato per scoprire bugie e inganni. Che lei ricordasse nessuno all’interno della loro congrega era mai riuscito a tenergli nascosto qualcosa per più di ventiquattro ore; in modo o nell’altro lui lo sarebbe venuto a scoprire.

< E come la mettiamo con Shiack? > domandò allarmata. < Beh, lo nasconderemo anche a lui > rispose sbrigativo Xavier.

L’ora di pranzo era passata da un pezzo e li sarebbe convenuto rientrare alla Gilda il prima possibile, così da consegnare il resoconto dell’omicidio a Ciack e potersi riposare. Silenziosamente attraversarono la città sotto il sole caldo delle terre centrali, cercando di non dare nell’occhio. I mantelli rosso cremisi attiravano il calore trasformando la loro tenuta in pelle in una morsa infernale. A quell’ora la città era silenziosa, la gente si ritirava in casa per pranzare e difendersi dalla morsa afosa del caldo primaverile. Le strade erano quasi del tutto deserte consentendo ai due di muoversi liberamente e di concedersi qualche piccole effusione romantica. Il bosco distava circa una mezz’ora di cammino dalla porta principale della città e un altro quarto d’ora ci sarebbe voluto per raggiungere il palazzo della Gilda. Immersi entrambi in pensieri non difficile da immaginare uscirono dalle mura della città immettendosi nel sentiero sterrato che conduceva al vecchio bosco secolare in cui i raggi del sole filtravano in quantità minore. L’aria profumava dell’odore dei pini che crescevano rigogliosi in quella zona e delle numerose more sparse nel sottosuolo. Sotto quella coltre quasi impenetrabile di verde l’aria era fresca e piacevole al contatto con la pelle accaldata e sudata. I due si bearono di quella sensazione di pace e tranquillità, soffermandosi ad ascoltare il canto degli uccelli che dimorava sui grossi rami degli alberi.

Gli occhi di Xavier non abbandonavano un secondo la figura snella di Amalia che avanzava elegante tra i cespugli facendosi largo in quell’intricato groviglio di foglie e rametti.

Pensò che non aveva mai visto nulla di più bello al mondo; la sua eleganza inconsapevole nel muoversi, i suoi occhi così vispi e acuti e quel sorriso tremendamente strafottente rendevano quella ragazza un gioiello prezioso da conservare con la massima delicatezza. Di ragazza nei suoi diciannove anni di vita ne aveva viste parecchie e con parecchie si era divertito, ma nessuna poteva anche solo lontanamente essere paragonata, ad Amalia.

La MIA Amalia. Dirlo o anche solo pensarlo gli risultava ancora difficile, non riusciva a credere di aver confessato i suoi sentimenti alla sua migliore amica e che questa li corrispondesse in pieno. Per lui era quasi un sogno che si avverava. Aveva sempre avuto una visione della vita differente da quella degli altri assassini della Gilda, lui vedeva il mondo con gli occhi di un ragazzo non con quelli di un assassino. Era strafottente, coraggioso e un ottimo killer, ma continuava a sognare di viaggiare, di vedere il mondo e magari di innamorarsi. E finalmente, almeno una delle tre cose l’aveva fatta. Si era innamorato e per di più, della donna più bella e straordinaria che esistesse.

Non riuscì a resistere all’impulso di prendere Amalia e stringerla tra le braccia per assaporarne il profumo delicato e floreale che l’aveva sempre caratterizzata.

< Che ti prende?> domandò ridendo la ragazza, colta di sorpresa da quello slancio affettivo.

< Niente, assaporo solo la mia donna > rispose lui godendosi quel momento. < Mi piace sai > disse Amalia. < Cosa? > chiese lui confuso.

< Che mi chiami la tua donna > spiegò lei.

I due si fissarono intensamente negli occhi cadendo nuovamente prede della passione.

 

 Angolo autrice:
 

Salve a tutti! Siamo arrivati al capitolo numero sei di questa storia, e le cose iniziano a farsi complicate per i due protagonisti. La loro attrazione ha finalmente trovato sfogo in un bacio appassionato e carico di desiderio, ma adesso dovranno trovare il modo di continuare a stare insieme senza essere scoperti. Ci riusciranno oppure Shiack troverà il modo di scoprire anche questo segreto?
La partenza per missione in massa della Gilda si avvicina, e il grande capo sta facendo di tutto per tenerla nascosta ad Amalia, ma per sua sfortuna la ragazza inciamperà nella verità.
Cosa deciderà di fare all'ora la nostra eroina? Rimanete con me e scopritelo.
P.S Ricordo che sono più che ben accetti commenti di qualunque genere, dalle critiche sul mio modo di scrivere, ai complimenti...
Buon proseguimento, Sybeoil!

 

 Qui troverete la polvere anestetizzante http://weheartit.com/entry/12308882
 Qui potrete vedere il bacio per come me lo sono immaginata http://weheartit.com/entry/12297459
 

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Capitolo 8
*** La verità è svelata e il dado è tratto ***


 

Capitolo 7


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"Sapete qual è il brutto delle bugie?
Che sai che se ti avessero
raccontato la verità, la tua vita
avrebbe potuto prendere una piega
completamente diversa"

 

 

Erano trascorsi due giorni dall’omicidio e nascondere la loro relazione diventava sempre più difficile. Trascorrevano quasi tutti i momenti della giornata insieme, i loro sguardi si incrociavano danzando ogni minuto. I sorrisi spontanei che affioravano sulle labbra di Amalia di solito contratte e piatte insospettirono non solo gli assassini dei bassi ranghi della Gilda ma anche il grande capo in persona, che decise di tenere d’occhio quei due.

Se già prima sospettava che tra loro ci fosse qualcosa di più della semplice amicizia ora ne era quasi del tutto certo. Non aveva mai visto Amalia in quel modo. Era sempre stata una ragazza schiva, silenziosa e alquanto irritabile, ora invece se ne andava in giro con un sorriso pieno sulla faccia e sembrava non sentire nulla intorno a lei. Era più che certo che fosse successo qualcosa tra lei e Xavier durante la loro uscita.

Forse ho sbagliato a mandare insieme quei due, pensò l’uomo. Non voleva che Amalia soffrisse e se per caso Xavier avesse dovuto farle del male, giurò che lo avrebbe ridotto ad una polpetta con le sue stesse mani. Poco importava che fosse il figlio di Horne, il suo migliore amico da che avesse memoria, ma se solo avesse osato far soffrire quella ragazza avrebbe potuto considerarsi un uomo morto. Pensava a quello quando, camminando lungo il corridoio del grande palazzo che portava alle palestre, si scontrò con Amalia che camminava nella direzione opposta.

< Signore > salutò militarmente la ragazza. < Amalia > rispose lui affabile. < Dove stai andando, speravo che potessimo combattere un po’ insieme > Le parole gli erano uscite da sole, non ne aveva avuto il controllo. Inconsciamente cercava una scusa per indagare più a fondo nella questione e quale occasione migliore di un combattimento?

< Stavo andando a prendere un elastico per legare questa massa infernale, ma sarei felice di combattere con lei signore >

Era felice che Shiack le avesse chiesto di combattere con lui, era troppo tempo che non si prendevano un po’ a botte loro due e le dure ore di allenamento le mancavano. Quando era più piccola passava quasi l’intera giornata chiusa in quella palestra ad esercitarsi nella difesa, nelle arti marziali, nella boxe e con armi di ogni genere. In quelle quattro mura aveva imparato a resistere alla fatica, a sopportare ogni genere di dolore e a rialzarsi ogni volta che veniva sbattuta K.O.

Quello era il posto in cui aveva versato sudore e sangue per diventare quella che era: la più famigerata e temuta assassina di tutto il regno.

< Perfetto, allora ti aspetto > disse sorridendo l’uomo.

La ragazza fece un cenno di assenso e riprese a camminare diretta verso la sua stanza dove recuperò un vecchio elastico nero con il quale si fissò i capelli alla base della nuca.

Quando tornò alle palestre trovò metà della Gilda lì ad aspettarla, tutti attendevano quel combattimento da anni. L’ultima volta in cui i due si erano battuti era stato quattro anni prima, ma Amalia non era ancora forte come lo era adesso così era stata battuta quasi subito.

< A te la scelta delle armi > La voce di Shiack era uno strano miscuglio di curiosità e attesa. Non vedeva l’ora di battersi nuovamente con la sua piccolina, come amava definirla, e nel contempo sperava di ricavare qualche informazione sulla storia tra Xavier e lei.

< Perfetto > trillò eccitata la ragazza, che si diresse subito verso la zona dei coltelli a manico corto e delle spade. Le armi da taglio erano sempre state le sue preferite.

Senza curarsi che Shiack potesse afferrarle o meno lanciò le armi nella sua direzione sapendo che le avrebbe prese senza dubbio.

Lentamente si portò al centro dei tappeti assumendo la posizione di guardia e preparandosi a combattere.

L’attacco di Shaick arrivò violento e veloce al petto di Amalia che schivò facendo un balzo all’indietro di mezzo metro. Il suo capo sembrava essersi trasformato in un’altra persona o meglio ancora in un animale furioso e potente. Attaccava e arretrava senza sosta, cercando di portare a segno almeno uno dei suoi tanti tentativi, ma Amalia era più veloce e più leggera e riusciva a schivare i suoi colpi senza difficoltà.

Un colpo più degli altri rischiò di mettere fuori gioco Amalia, ma lei riuscì comunque ad alzarsi e rimettersi in piedi. La tempia sanguinava copiosamente per il colpo appena subito e le gambe cominciavano a bruciare per lo sforzo di continuare a muoversi, ma non si arrese. Scattò in avanti rapida e letale portando il pugnale a meno di un pollice dalla gola di Shiack che arretrando troppo velocemente inciampò sui suoi stessi passi finendo con il sedere a terra. Più veloce di un falco si gettò sul corpo robusto del suo capo immobilizzandolo a terra e premendo il lato destro del viso contro il tappetino sul pavimento.

< Allora tu e Xavier.. > le parole la raggiunsero come uno schiaffo facendole perdere la concentrazione e permettendo a Shiack di ribaltare le sorti del combattimento. Ora quella con la faccia premuta sul pavimento era lei. < Io e Xavier cosa? > domandò irritata. < Oh, andiamo Amalia, pensavi davvero di potermelo tenere nascosto? >

La ragazza diede un colpo di reni portandosi sopra la vita del suo superiore e premendogli il pugnale alla gola. < Noi..noi > balbettò nervosa. Con un calcio, Shiack, le colpì la nuca facendola cadere di lato e potendo issarsi nuovamente in piedi sovrastando la ragazza che cercò di mettersi a sedere. < Non c’è bisogno che dici niente, per me va bene, ma fate in modo che nessun altro lo scopra >

Quelle parole colsero di sorpresa la ragazza che dopo un momento di sbandamento si riprese issandosi sulle gambe e riprendendo il combattimento. Intorno a loro i membri della Gilda esultavano, gasati dal combattimento duro tra i due.

Allo loro danza di morte pose termine Amalia che con un affondo preciso e pulito provocò un lungo taglio al bicipite destro del suo capo e ruotando su se stessa lo colpì in pieno viso con un calcio dalla potenza inaudita. Leggermente intontito quello cadde sulla schiena permettendo alla ragazza di mettere fine al combattimento.

Erano entrambi sudati e stanchi, ma questo non gli impedì di sorridere. In quei momenti di dura lotta avevano entrambi ritrovato una parte di loro stessi che credevano di aver perso. Al contrario degli altri assassini, che considerava le ore di combattimento puro esercizio fisico, per loro quello era divertimento a limiti dell’impossibile.

< E così l’allieva ha superato il maestro > commentò stanco Shiack. < Eh già > sospirò felice Amalia. < Comunque voglio che tu sappia che mi dispiace per me e Xavier, non lo avevamo programmato è semplicemente successo > La ragazza sperava che il suo superiore capisse quanto lei ci tenesse a quel ragazzo. Era davvero importante per lei che Xavier rimanesse al suo fianco.

< Amalia, non devi scusarti > le disse dolce < Io sono d’accordo, beh proprio d’accordo d’accordo no, ma comunque lo accetto > un sorriso tirato increspò le labbra dell’uomo che prese la ragazza sotto braccio conducendola verso il portone d’entrata. < So quanto lui significhi per te e so che hai bisogno d’amore. Lui è un bravo ragazzo e si prenderà cura di te, ma giuro che se ti fa soffrire anche solo mezza volta gli taglio le gambe di persona > scherzò.

La bionda lo fisso con le lacrime agli occhi, non riusciva a capacitarsi di tutto quello che le stava accadendo. Finalmente nella sua vita, dopo anni di disperata e inconsapevole ricerca, aveva trovato l’amore e per di più con la benedizione della persona che considerava come suo padre.

Commossa per quelle parole si lasciò andare ad uno slancio di affetto che mai prima di allora si era permessa di avere con il suo superiore. Piangendo come una bambina avvolse le muscolose spalle di Shiack in un abbraccio bagnato da calde lacrime colme di riconoscenza. Se non fosse per lui molto probabilmente sarebbe diventata una prostituta o una ladruncola da quattro soldi. Doveva tutto a Shiack, molto più di quel che pensava. Gli doveva la vita.

< Signore > un assassino di bassa categoria interruppe il momento diabetico tra i due. < Dimmi, Jax > rispose l’uomo asciugandosi le lacrime che gli erano colate sul viso.

< Horne chiede di poter avere un incontro privato con lei nel suo ufficio, adesso >

Lo sguardo di Shiack si oscurò per qualche secondo insospettendo leggermente Amalia che decise di andare ad origliare la loro conversazione. Dopotutto non era la prima volta che spiava Shiack nel suo ufficio; da piccola si era presa tante di quelle punizioni per quello stupido gioco che ora faceva fatica a ricordarsele.

< Ok, arrivo subito > disse perentorio. < Scusa Amalia ma devo proprio andare >

La ragazza lo guardò allontanarsi lungo i corridoi in pietra nera del palazzo della Gilda mentre con circospezione cominciò a seguirlo nascondendosi tra le ombre gettate sul pavimento anch’esso in pietra nera dalle torce infuocate appese ai muri.

L’ufficio di Shiack era la secondo piano al centro esatto del corridoio, affianco all’ufficio di Horne, il padre di Xavier.

Quella era la stanza più ampia di tutto il castello, con il suo pavimento in pietra bianca finemente lavorata e ricoperto da uno spesso strato di moquet rosso cremisi. Una grossa scrivania in pregiato legno nero troneggiava al centro della stanza dando le spalle ad una finestra quadrata. Rossi raggi di un sole ormai al tramonto filtravano attraverso i pesanti tendaggi cremisi illuminando la stanza di un inquietante color rosso sangue. Pile di documenti da firmare e archiviare erano accatastati in mucchi poco ordinati sulla grande scrivania in attesa che Shiack li leggesse.

Horne lo aspettava comodamente seduto sulla poltrona in pelle nera con la fronte corrucciata e uno sguardo carico di ansia e preoccupazioni.

< Cosa succede? > domandò teso Shiack appena varcò la soglia del suo ufficio. < Dobbiamo partire al più presto per la missione, Hoord ci ha mandato una missiva >

Nella mano destra dell’uomo era stretta una lettera con inciso lo stesso sigillo che Shiack aveva visto dodici anni prima, e la settimana precedente. < Cosa dice? > chiese afflosciandosi su un divanetto in legno posto nell’angolo opposto all’archivio.

< Dice che non può attendere oltre e che dobbiamo intervenire o ci darà la caccia fino a che l’ultimo assassino non sia morto >

Nelle parole dell’uomo poteva avvertirsi senza dubbio un velo di paura e rabbia che si miscelavano in una melodia poco piacevole. Le labbra tese e contratte di Shiack parvero afflosciarsi verso il basso donandole un aspetto davvero busso a dispetto della sua mole e del suo grado all’interno della Gilda. < Odio profondamente quell’uomo > disse con veemenza l’uomo < L’unica cosa che mi consola è che non sa dell’esistenza di Amalia >

Fuori dall’ufficio del grande capo Amalia era acquattata accanto alla porta con un orecchio appoggiato allo stipite per udire la conversazione che si svolgeva all’interno.

Le parole le arrivavano leggermente distorte ma questo non le impedì di sentire una frase che la gettò nel dubbio più totale.

Cosa avrà voluto dire con < L’unica cosa che mi consola è che non sa dell’esistenza di Amalia? >

Cosa poteva centrare mai lei, un’assassina di diciotto anni, con il più spietato Tiranno che il mondo conosciuto avesse mai ospitato da mille anni?

Spinta dalla solita curiosità, che tendeva in qualche modo a metterla sempre nei guai, si avvicinò ancora di più alla porta desiderosa di scoprire cosa volesse dire il suo capo con quella frase.

< Se dovesse vederla però lo sai che la riconoscerebbe in meno di una secondo > commentò sconsolato Horne. < E’ identica alla madre, impossibile non capire che lei è la figlia dei presidenti del governo >

Per poco ad Amalia non si staccò la mandibola dalla sorpresa. Il padre del suo migliore amico, e adesso ragazzo, aveva appena affermato che lei Amalia Pendergrand era la figlia degli ex presidenti del governo.

< Inoltra sai che la sua famiglia discende dalle grande ninfe e dai grandi elfi che un tempo governavano il paese sotto la corona delle Fazioni Unite >

Quello era troppo da sopportare anche per lei. Non riusciva a credere alle sue orecchie, fino a qualche secondo prima credeva di essere stata abbandonata dai suoi genitori mentre adesso, veniva a scoprire che in realtà i suoi erano morti e che per di più ricoprivano il principale ruolo polito nel vecchio governo. Come se non bastasse poi, si era aggiunta quell’altra storia, secondo cui nelle sue vene scorresse sangue elfico misto a quello di antiche ninfe.

Era una roba da pazzi, sicuramente aveva sentito male.

< Lo so e so anche che su quel dannato trono dovrebbe starci lei non quel verme schifoso > La voce di Shiack era debole e incrinata da una folle rabbia. < Se solo non avessi ucciso i suoi genitori quella notte lei adesso sarebbe una giovane ragazza in cerca di marito, circondata di tutto l’amore che la sua famiglia poteva darle >

Gli occhi prima asciutti della ragazza si velarono di lacrime amare, difficili da trattenere persino per lei.

La testa le scoppiava, facendo rimbombare ogni parola appena pronunciata dal suo capo, centinai di volte all’interno dei suoi pensieri.

Accecata da una furia senza precedenti estrasse il pugnale a lama lunga e piombò nell’ufficio del suo superiore immobilizzandolo al muro e puntandogli l’arma al collo.

< Amalia > Lo sguardo di Shiack era totalmente sconvolto; non si aspettava che la ragazza avesse potuto udire la conversazione.

< Tu.. > ringhiò tra i denti bianchissimi < Tu hai ucciso la mia famiglia >

Gli occhi iniettati di sangue lo fissavano come si fissa il peggiore dei nemici. Quello gli fece molto più male della lama del coltello che le stava graffiando il collo taurino.

< Io, Amalia posso spiegarti > Non sapeva come giustificarsi, ma doveva fare in modo che si calmasse, prima che potesse commettere qualche stupidaggine.

< Vallo a spiegare alla donna a cui hai tolto la vita > le parole erano crudeli, scelte apposta per ferire < Anzi, meglio ancora, spiegalo al figlio che portava in grembo >



 

 


 
 

 

 
 

 

Angolo autrice:
Benvnutiiiiii...o meglio ben tornati! Dopo il precedente capitolo, in cui ci si perdeva tra i meandri sconfinati dell'amore a tal punto da rischiare di farsi venire il diabete, siamo arrivati ad un capitolo in cui la lotta esterna ed interiore della notra Amalia è la protagonista. Le verità che Shiack credeva seppellite e dimenticate tornano a galla e feriscono l'unica persona per cui il grande capo abbia mai provato affetto.
Vedere gli occhi iniettati di sangue della ragazza a cui risparmiò la vita accusandolo di averla privata dell'amore di una famiglia, lo ferisce in punto in cui nessuna omedicina può arrivare. Lo ferisce nel cuore e nell'anima, lo uccide in modo lento e definitivo.
Come andrà a finire tra i due? Amalia riuscià mai a perdonare l'uomo che ha sempre considerato suo padre? E xavier, che ruolo avrà in tutto questo?
Se siete curiosi di scoprirlo, continuate a stare con me anche nel prossimo capitolo.
P.S Come sempre un saluto speciale a S_Anonima_E e Squall99, che recensiscono e riempono di complimenti i miei insulsi capitoli.
Baci, Sybeoil!

 

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Capitolo 9
*** In fuga dal presente ***


 

Capitolo 8

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"Non stavo propriamente scappando
dalla Gilda, stavo scappando
dal modo di vivere che la Gilda mi aveva insegnato"

 

 

< Cosa? > domandò a mezza voce l’uomo sul cui collo era appoggiata la fredda lama di un pugnale. < Hai sentito > disse la ragazza in un soffio d’ira < Già, quella notte tu non hai solo ucciso un uomo e una donna, ma anche il figlio che questa portava in grembo > tacque per qualche istante osservando l’uomo che credeva amico dritto negli occhi < Non ché mio fratello >

Shiack tentò di giustificarsi in tutti i modi. Sapeva benissimo che far arrabbiare Amalia non era una buona mossa, dentro le sue vene scorreva il sangue degli antichi guerrieri. In lei c’era magia e guerra, legate l’una all’altra dall’unione dei suoi avi. Se solo avesse perso il controllo, nessuno nel Mondo Conosciuto, avrebbe potuto resisterle o pensare di sfuggirle. Sarebbe divenuta l’incarnazione vivente degli antichi Dei, signori dei cieli e dei mari, della terra e del fuoco.

< Amalia ti prego devi calmarti > sussurrò dolce nel tentativo di farle recuperare il controllo. Da dietro le spalle della ragazza, Horne, la colpì alla nuca facendole perdere i sensi e gettandola nell’abisso del baratro.

Intorno a lei regnava il silenzio più totale. Non un rumore giungeva alle sue orecchie. Amalia non ricordava molto, sapeva solo che non si trovava più nell’ufficio di Shiack. Decise di rischiare e di aprire gli occhi. Lo spettacolo che si trovò davanti la lasciò senza fiato. Tutto intorno a lei era di un bianco accecante, il riverbero della luce su quelli che lei immaginò essere muri, rischiò di accecarla un paio di volte.

I suoi occhi lapislazzuli vagavano meravigliati in quel mare infinito di bianco.

< Devo essere morta > sussurrò a mezza voce < E’ l’unica spiegazione >

Una voce proveniente dalle sue spalle rispose alla sua affermazione. < No, bambina, non sei morta > disse in tono dolce.

La ragazza si voltò in un grande muoversi di ciuffi biondi. In piedi, davanti a lei, stava una donna dai capelli neri come la notte e gli occhi di un grigio talmente chiaro da sembrare bianchi. L’esile corpo era avvolto in una lunga tunica color rubino spaccata su entrambi i lati che lasciavano intravedere due gambe marmoree. La pelle diafana creava un interessante contrasto con il colore del suo vestito e quello dei suoi capelli scuri che le ricadevano sulle spalle in disordinate ciocche mosse da una brezza impercettibile.

Le labbra carnose e rosate erano leggermente socchiuse, lasciando intravedere due fila di denti dello stesso colore dell’ambiente che la circondava.

Nella mano sinistra reggeva una lunga lancia di legno nero su cui erano incastonati rubini della grandezza di un pollice.

Istintivamente Amalia pensò che quella fosse la donna più bella che avesse mai visto. Non le incuteva terrore come avrebbe dovuto fare, solo rispetto e ammirazione. Tutto in lei esprimeva potenza e forza. Era bellissima e al contempo temibile.

< Ma se non sono morta, allora dove sono? > domandò la ragazza dopo aver recuperato l’uso della parola. < Sei nel limbo dell’incoscienza > La voce calda e sensuale della donna si sparse nell’ambiente circondando Amalia come un abbraccio confortante. < Quindi, sono svenuta? > azzardò la ragazza.

Un cenno della testa confermò la sua tesi. < Io sono la Morte, la dea che hai servito per anni e alla quale la Gilda si è votata >

Lo sguardo lapislazzulo della ragazza si accese di una scintilla sorpresa. Le parole erano appena sussurrate eppure si diffondevano in quel mare infinito di bianco con un eco lontano.

< Non abbandonare la strada che anni addietro io e i miei fratelli scegliemmo per te, segui il sentiero che ti ha condotto a divenire la più grande assassina del Mondo Conosciuto. Forse a te questa sembrerà un frase di circostanza, ma sappi che da questa tua scelta potrebbero dipendere le sorti di molte persone. Prima di abbandonarmi e voltarmi le spalle, pensa che dalla morte deriva sempre la vita >

Amalia stava per replicare quando una folata di vento gelido spazzò via quell’incubo bianco riportandola alla realtà.

Il pavimento sul quale Amalia era adagiata era duro e freddo a contatto con la sua guancia, dalla sua destra sentiva provenire un puzzo infernale di escrementi e cibo andato a male. Prima ancora che riuscisse ad aprire gli occhi capì di trovarsi nelle vecchie segrete della Gilda. Un luogo buio e umido, dimora di esseri striscianti e puzzolenti. Facendo attenzione a non svenire nuovamente si sollevò a sedere, appoggiando la schiena dolorante contro il puro ricoperto di muschio della cella nella quale era stata rinchiusa. Con attenzione, cominciò a guardarsi attorno, osservando ogni dettaglio di quel posto.

Nell’angolo opposto al quale si trovava lei era accatastata della paglia vecchia di anni, umida e puzzolente. Da una finestrella sopra la sua testa filtravano pallidi raggi di un sole ormai quasi del tutto tramontato, donando al piccolo antro un aspetto ancora più inquietante. Cercando di mantenersi in equilibrio si sollevò in piedi e con cautela si avvicinò alle sbarre arrugginite che la separavano dal mondo. Una lunga serie di fiaccole accese illuminava un corridoio angusto e umido che si apriva su una rampa di scale in pietra. Nello spiazzo antistante alla sua cella erano sistemati un tavolino in legno e una sedia, su cui dormiva un assassino sulla cinquantina.

Doveva riuscire ad andarsene da lì. Doveva a tutti i costi, trovare un modo per evadere dalle segrete del palazzo e potersene così andare. Non voleva avere più nulla a che fare con la Gilda, gli assassini o la morte.

A quel pensiero le tornarono in mente le parole che la Dea le aveva sussurrato durante il suo periodo di incoscienza. < Ricorda che dalla morte, deriva sempre la vita > Forse quello voleva dire che non avrebbe dovuto abbandonare il suo cammino. Che avrebbe dovuto continuare ad essere un’assassina. In ogni caso in quel momento non aveva tempo per pensare a cosa la Dea volesse dirle, doveva pensare ad un piano per svignarsela.

L’unico modo che le venne in mente però fu quello di coinvolgere Xavier. Ma come farlo se lei era rinchiusa lì dentro?

Come se il ragazzo avesse udito i pensieri della giovane, arrivò nei sotterranei silenziosamente. La prima cosa che vide di lui furono i suoi stivaloni in pelle marrone che scendevano l’ultimo scalino della grande rampa.

Un sorriso di felicità e gratitudine si dipinse sul volto stanco e sporco della ragazza, che si sporse ancora di più verso la grata. Il ragazzo le si avvicinò silenzioso cercando di non svegliare l’assassino che russava pesantemente.

< Grazie agli Dei sei qui > esclamò stanca la ragazza. Xavier le prese le mani portandosele alle labbra e baciandole delicatamente. Amalia strinse chiuse gli occhi pensando che non era mai stata felice di vedere Xavier come in quel momento.

< Mal, si può sapere perché ti hanno portato nelle segrete? > chiese fuori di sé il ragazzo. La ragazza lo guardò da dietro le grate indecisa se raccontargli tutto oppure tacere. Dopo un attimo di esitazione decise che gli avrebbe raccontato ciò che aveva scoperto, ma solo dopo essere usciti da lì dentro.

< E’ una storia lunga, te la spiego dopo > disse ritraendo le mani < Ora pensiamo a come farmi uscire da qui >

Xavier la fissò leggermente preoccupato e poi annuì serio. Lasciando Amalia, andò a posizionarsi dietro l’assassino che russava sulla sedia legandolo con una spessa corda. Kiet, era famoso all’interno della Gilda, per avere un sonno talmente pesante da non riuscire a svegliarsi nemmeno con le secchiate d’acqua.

In pochi secondi l’uomo era legato come un salame e immobilizzato, permettendo così al ragazzo di rubargli le chiavi della cella e andare ad aprire alla sua ragazza. Appena la porta della cella si aprì la bionda si precipitò tra le braccia di Xavier che l’accolse stringendola al petto e sussurrandole dolci parole alle orecchie.

< Allora che è successo? > domandò il ragazzo, curioso.

< Non, ora. Prima dobbiamo uscire di qui > Gli occhi della ragazza erano fissi sulle scale alla fine del corridoio, desiderosi di vedere il cielo stellato che l’attendeva.

Silenziosi come gli antichi guerrieri percorsero il corridoio illuminato dalle fiaccole giungendo alla rampa di scale in pietra; la superarono e si ritrovarono nell’ampio salone d’ingresso del palazzo. Invece che due assassini a guardia del portone quella notte ce ne era uno solo, il che costituiva un enorme vantaggio per i due che avrebbero potuto sgattaiolare fuori nel momento in cui questo si fosse distratto.

Prima di poter abbandonare per sempre la sua casa però, Amalia doveva recuperare alcune cose dalla sua camera.

< Devo andare in camera a prendere alcune cose > sussurrò nel buio.

< Ok, vado anche io > le rispose la voce di Xavier < Ci troviamo qui tra dieci minuti.

I due si dileguarono nascosti dalle pesanti ombre della notte, diretti ognuno alle proprie stanze. Il corridoio del secondo piano era semi illuminato quando Amalia vi giunse. La sua stanza distava circa dieci metri da dove si trovava, raggiungerla sarebbe stata un gioco da ragazzi. Camminando con la schiena appoggiata al muro arrivò di fronte alla porta di camera sua aprendola con cautela. All’interno era buio pesto ma per la ragazza non sarebbe stato un problema; conosceva quelle pareti come la sua mano e non le fu difficile trovare l’armadio nel quale teneva una sacca da viaggio sempre pronta.

Oltre ai vestiti e una sostanziosa sacca di soldi, recuperò anche altre armi che sarebbero potute rivelarsi utili.

Quando fu certa di aver preso tutto l’occorrente salutò per sempre quel luogo familiare e uscì diretta all’atrio del palazzo.

Xavier era acquattato nell’ombra di una delle colonne che sorreggevano il palazzo aspettando che Amalia tornasse dalla sua camera. Mentre l’aspettava cercò di capire come mai Shiack avesse dato l’ordine di rinchiuderla nelle segrete. Quelle prigioni non venivano più usate da anni e poi quell’uomo le voleva bene come lo si vuole ad una figlia. Non riusciva proprio a trovare un modo per spiegare quell’accaduto.

Un rumore ovattato di passi alle sue spalle lo fece girare con il pugnale già stretto nel pugno della mano. disse una voce fin troppo familiare. < Preso tutto? > chiese il ragazzo ansioso come lei di andarsene. Quello era sempre stato il suo sogno nascosto: abbandonare la Gilda e scoprire il mondo.

Un sacco di volte nel corso della sua vita avrebbe voluto mollare tutto e tutti e andarsene. Avrebbe cominciato a girare il mondo, sarebbe andato nelle fredde a glaciali Terre del Nord, dove il mare imperversava e il ghiaccio regnava sovrano. Si sarebbe crogiolato nel sole bollente delle Terre del Sud tra bellezze esotiche e paesaggi mozza fiato, si sarebbe spinto perfino verso le desolate e inospitali Terre dell’ Est. E poi finalmente sarebbe arrivato nelle Terre dell’Ovest, luogo ambito da tutti colore che volevano riscoprire le antiche leggende, ritrovare se stessi e cambiare vita.

Ora quell’opportunità era a portata di mano e Amalia ne avrebbe fatto parte. A un certo credette di stare sognando.

< Sì > la voce flebile e delicata della ragazza interruppe i suoi fertili pensieri riportandolo alla realtà, e alla gravità di essa.

< Ok, allora andiamo > i due si fissarono nell’oscurità più totale e dopo essersi presi per mano si avviarono silenziosi verso l’uscita del palazzo.

La notte li avvolse tra le sue fresche braccia dando un po’ di conforto all’ansia dei due. I respiri pesanti e battiti accelerati dei loro cuori spezzavano il silenzio perfetto della notte. A quell’ora della sera il bosco era quieto e silenzioso, buio ogni oltre limite; impossibile da attraversare senza il rischio di essere inseguiti e braccati da qualche animale feroce che viveva in quella regione. Cercando di non provocare rumori troppo molesti i due si avventurarono nel bosco diretti verso le calde Terre del Sud, dove Hoord aveva instaurato la sua folle dittatura.

Angolo autrice:
Bentornatiiiii... siamo di nuovo qui rinuiti per leggere insieme questo avvincente capitolo. Come potrete vedere i colpi di scena non mancheranno e nei prossimi capitoli si faranno ancora più interassanti, ma torniamo a noi. La nostra bella Amalia ha deciso di abbandonare quella che per dodici lunghi anni è stata casa sua e Xavier, da bravo amico/fidanzato, l'accampagna. Il mondo che li aspetta lì fuori sarà pieno di insidie e incontri fortunati. Nuovi personaggi si legheranno a quelli già conosciuti dando vita ad un mix perfetto ed interessante di caratteri. Cosa accadrà ora che la bella bionda ha scoperto la verità sulle sue origini ed è scappata?
Restate con me e scopritelo nel prossimo capitolo....Sybeoil!

P.S Qui sotto potrete vedere all'incirca come mi sono immaginata il mantello di Amalia
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Capitolo 10
*** La leggenda del Mondo Conosciuto ***


 

Capitolo 9

 
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"Sapete, quando il passato torna,
di solito lo fa per ferire. Rare sono le
volte in cui torna per guarire.
Nel mio caso, è tornato per uccidere,
lentamente"

 <… Dopo aver finito di combattere, Shiack mi ha preso in disparte perché voleva darmi la sua benedizione riguardo la nostra storia >

Era qualche minuto che camminavano circospetti all’interno del bosco diretti verso sud e dopo qualche attimo di esitazione Amalia aveva cominciato a raccontare ciò che le era accaduto. < Poi dal nulla è sbucato un assassino di basso livello dicendo che tuo padre lo aspettava nel suo ufficio per parlargli di cose importantissime. Mentre lo osservavo ho notato che assumeva una strana espressione così, mi sono incuriosita e sono andata ad origliare >

Il ragazzo la interruppe incredulo. < Sei andata ad origliare davanti all’ufficio di Shiack? >

Amalia lo guardò fermandosi due minuti < Beh, sì e tra l’altro ho fatto bene > Xavier la prese per mano e ricominciò a camminare, voleva allontanarsi dalle Terre Centrali il più possibile e nel minor tempo possibile.e

< E quindi che hai scoperto? > domandò rassegnato. < Ho scoperto che Shiack non mi ha affatto trovata per le strade a chiedere l’elemosina >

La frase rimase sospesa nell’aria qualche secondo prima che il ragazzo, curioso quasi quanto Amalia, domandasse dove l’avesse trovata. < E dove allora? >

< Beh, tieniti forte > commentò ammiccante la ragazza < In realtà io sarei dovuta essere una sua vittima >

Per poco a Xavier non gli cadde la mascella per la sorpresa. Non era possibile che Amalia in realtà sarebbe dovuta essere una sua vittima. Non aveva senso. < Aspetta, quindi mi stai dicendo che avrebbe dovuto ucciderti e che invece ha disubbidito? >

< Esatto. Dodici anni fa Hoord, ordinò un omicidio alla Gilda, ma non un omicidio qualsiasi, ordinò che venissero uccisi tutti i membri del governo compresi i due presidenti > si interruppe qualche secondo per far in modo che Xavier potesse assorbire quelle informazioni. < I presidenti erano i miei genitori e quella notte furono uccisi, Shiack però a quanto pare provò pietà per me e decise di risparmiarmi, nascondendo le prove della mi esistenza e trasformandomi in quella che sono oggi >

La storia che Amalia aveva appena esposto era già abbastanza assurda e inconcepibile per Xavier che la osservò di sottecchi cercando di capire cosa provasse in quel momento. Da quello che riuscì a vedere, Amalia, non sembrava particolarmente turbata, ma molto probabilmente era tutta una tattica. Aveva sempre odiato mostrarsi debole agli altri, anche quando il mondo la sfidava e la metteva a dura prova, lei non si tirava mai indietro. Quasi mai una lacrima versata, mai una sola volta in cui si sia lasciata andare. Era forte ma quello era troppo anche per lei. <… E poi ho scoperto che c’è anche dell’altro > la voce venata di paura della ragazza invase i pensieri di Xavier. < Ho scoperto che in realtà discendo da antiche famiglie di ninfe ed elfi e sembra che in passato loro fossero i sovrani dell’intero Mondo Conosciuto > una sorta di lampadina sembrò illuminare un antico antro della memoria dell’assassino che si fermò qualche secondo sedendosi su un tronco spezzato. La storia delle ninfe e degli elfi che governavano il mondo antico gli aveva fatto venire in mente un episodio di quando era piccolino. Prima che arrivasse Amalia, alla Gilda, Xavier passava i suoi pomeriggi a leggere libri di antichi miti e favole. Gli piacevano in modo particolare quelli che riguardavano i potenti guerrieri dalle orecchie a punta e i capelli color delle nuvole, che sfidavano i popoli invidiosi, governando però con saggezza.

Proprio in uno di quei miti che tanto amava era narrata la storia di come elfi e ninfe si unirono, intrecciando i destini del Mondo Conosciuto con quelli di una nuova generazione. La voce sensuale di Amalia arrivò alle orecchie di Xavier, ovattata e distante, troppo debole per poter essere udita. Ormai il ragazzo era immerso in un mondo che ben poco aveva a che fare con la realtà, era tornato indietro di anni scavando a forza nella memoria.

Si narra che ci fu un tempo in cui il Mondo Conosciuto conobbe il più terribile dei tiranni. Frotos era il suo nome e la sua brama di potere, immensa. Tutto ciò che desiderava era impossessarsi del controllo di tutte e cinque le terre, spezzando vite di persone innocenti e costringendo migliaia di persone a prendere il largo verso l’ignoto. Molti furono coloro che tentarono di imporsi contro il suo volere e molti furono coloro che persero la vita in tale impresa. Le sue armate sembravano inarrestabili, una marea scarlatta di uomini, disposti a tutto pur di vedere regnare il solo signore. Guerra dopo guerra, anno dopo anno, Frotos arrivò a conquistare quasi l’intero Mondo Conosciuto. Una sola terra gli resisteva ancora: la lontana e fertile Terra dell’Ovest. Qui i destini di due popoli straordinari e baciati dagli Dei si incrociarono per ristabilire l’ordine naturale della vita. Ninfe ricolme di magia, protettrici della natura e dell’universo si unirono in battaglia con gli Elfi, guerrieri dotati di una forza e una saggezza fuori dal tempo. Unendo le loro forze, forgiarono una spada, la più bella che il Mondo Conosciuto abbia mai visto. Sulla lama lunga più di un metro e mezzo e finemente decorata con flutti marini e fiori di campo, erano incastonati, preziosi rubini e zaffiri. Il rosso e il blu, per indicare che dallo spargimento di sangue può sempre nascere una vita. L’elsa spessa e ricoperta di soffice pelle nera era finemente lavorata, con incisioni di antiche parole rituali, legate alle storie dei due popoli. Alcuni mormorano che quella non sia un arma mortale, bensì un’arma divina. Non so dire se ciò sia vero o no, ma rimane il fatto che quella fu la spada più letale e bella che occhio umano e non abbia mai visto.

Insieme, l’allora signore degli Elfi e la regina di tutte le Ninfe, si unirono nell’anima dando vita ad un nuovo essere. Qualcuno dagli straordinari poteri e dalla potenza inarrestabile. Insieme ai loro sudditi sconfissero una ad una le armate del grande Frotos che, ritrovatosi improvvisamente solo, si tolse la vita in un gesto disperato. Una volta vinta la guerra e liberato il Mondo Conosciuto, i due sovrani poterono tornare ognuno nel proprio corpo, ma durante quelle battaglie infernali qualcosa era cambiato. Una sensazione di calore e conforto era andata crescendo nei loro cuori fino a fargli desiderare null’altro che stare insieme, così in una notte di luna piena i due si giurarono amore eterno, unendosi nella carne e nell’anima.

Alcuni mesi dopo la loro unione i due, furono eletti re e regina dell’intero Mondo Conosciuto, perché ritenuti saggi e leali. Nonostante l’umiltà e la riservatezza entrambi accettarono il ruolo che il popolo delle cinque terre gli aveva attribuito, dando alla luce dopo circa un anno, una splendida bambina. Lei sarebbe divenuta l’erede al trono e avrebbe governato il Mondo Conosciuto con saggezza e coraggio, come i suoi genitori fecero prima di lei. Per centinai di anni la dinastia dei due popoli sedette sul trono, fino a quando, inseguito ad un crudele inganno furono destituiti. In quel periodo della storia le cinque terre videro anni di carestie e sofferenze, fino a quando la popolazione, stanca di subire continui soprusi e patire la fame, destituì il tiranno. Per mesi i vecchi regnanti furono cercati ma di loro non vi era nessuna traccia. Sembravano svaniti nel nulla, così come la loro storia. Si mormora che troppo amareggiati per aver permesso tutto ciò, si tolsero la vita dopo aver affidato la loro piccolina alle cure di una badante. La bambina così, ignara delle sue origini e del posto che le spetterebbe per diritto, crebbe lontana dalle leggende che vedevano la sua famiglia coinvolta, mischiando il sangue puro delle due razze a quello umano.

< Xavier, maledizione vuoi rispondermi? > la voce acuta di Amalia penetrò nei pensieri ingarbugliati del ragazzo che se ne stava seduto su un tronco d’albero spezzato. Finalmente era riuscito a ricordarsi tutta la leggenda sulle Ninfe e sugli Elfi. L’aveva letta qualche giorno prima che Amalia arrivasse alla Gilda e per mesi ne era rimasto affascinato. L’idea di duelli incredibili, di magia e di guerre lo avevano affascinato. Ai suoi occhi di bambino quella era sembrata la più straordinaria delle avventure. Arrivò addirittura ad immaginarsi di combattere contro tiranni spietati e di usare la sua magia per liberare le cinque terre e divenire così un eroe acclamato e venerato dell’intero popolo. I suoi sogni però furono bruscamente interrotti quando, qualche anno dopo, capì di dover divenire un assassino e che quelle non erano altro che favole adatti per i bambini e gli stupidi.

< Se non mi rispondi all’istante giuro che ti prendo a calci >

Xavier, conosceva fin troppo bene quel tono di voce e non prometteva nulla di buono. < So dove l’ho già sentita > esclamò entusiasta. La ragazza lo fissò stranita. < Cosa hai già sentito? > chiese.

< La storia delle Ninfe e degli Elfi > le ricordò Xavier.

Amalia alzò gli occhi al cielo e poi li puntò sul ragazzo come a chiedere spiegazioni. Spiegazioni che il ragazzo non si attardò a dare.

< Dunque poco prima che tu arrivassi alla Gilda, passavo quasi tutte le mie ore libere a leggere antiche favole e leggende. Una di queste in particolare mi aveva affascinato e indovina un po’? > domandò divertito il ragazzo. < Cosa? > replicò scocciata Amalia. < Una di queste parlava proprio di come Elfi e Ninfe siano finiti a governare il Mondo Conosciuto. Secondo la leggenda la loro unione risale a migliaia di anni fa, al periodo in cui il tiranno Frotos spargeva fuoco e fiamme per tutte le cinque terre > si fermò un istante recuperando il fiato e poi riprese ancora più eccitato < Questi due popoli, allora, decisero di unirsi nell’anima per creare una specie di super guerriero che forgiò una spada davvero fichissima e che sembra essere sepolta da qualche.. >

< Xavier, non perderti in dettagli come al tuo solito > il rimprovero di Amalia gli bloccò la frase a metà lasciandolo un briciolo deluso ma nulla che non potesse essere sistemato riprendendo il racconto.

< Sì, giusto. Dunque, l’unione dei due forgiò questa spada e insieme ai sudditi sconfisse il grande tiranno e le sue armata restituendo la pace al Mondo Conosciuto > fece di nuovo una piccola pausa per riprendere fiato e lasciare che Amalia metabolizzasse le informazioni. < E poi? > domandò questa ora al culmine della curiosità. < Un secondo > la riprese scherzoso. < Dopo di che il popolo delle cinque terre li elesse re e regina del Mondo Conosciuto, i due accettarono e dopo un anno circa ebbero una figlia. Questa sarebbe divenuta regina e via dicendo per vari secoli, fino a quando inseguito ad un inganno la dinastia fu destituita e i gli allora sovrani si tolsero la vita affidando la loro piccola ad una badante >

Il racconto di Xavier era parecchio esauriente ma Amalia continuava a capire cosa centrasse con lei tutto quello. Di sicuro lei non discendeva da nessuna famiglia di Elfi o Ninfe, non possedeva poteri magici ed era tutt’altro che saggia.

< E tutto questo che centra con me? > domandò. < Ma non capisci > esclamò elettrizzato il ragazzo che l’afferrò per il gomito < La bambina è cresciuta ignorando la sua storia e si è sposata con uomini comini, quindi ha mischiato il suo sangue >

Il volto di Xavier era una maschera di eccitazione e stupefazione. Le guancie arrossate e i capelli spettinati gli donavano un’aria ancora più buffa del solito che fece scappare un risolino ad Amalia.

< Che c’è? Perché stai ridendo? > domandò serio. < Perché sei buffo. Così eccitato e preso da tutta questa storia > rise la ragazza.

< Guarda che non sono solo storie, magari un pizzico di verità c’è e poi perché mai Shiack avrebbe dovuto dire quelle cose se non erano vere? >

Lo sguardo di Amalia si fece improvvisamente triste e vuoto, nominare Shiack non era stata una buona mossa.

< Non lo so > disse poi sconsolata. Con lo sguardo vacuo si alzò dal tronco e cominciò nuovamente a camminare. Passi svelti e silenziosi si alternavano sul terreno appena umido del bosco, mentre lacrime amare si scioglievano alla luce della Luna che la osservava con quel suo mantello d’argento e gli occhi di un gatto. Sembrava prenderla in giro. Se ne stava tutta impettita ad osservarla dall’alto del cielo, giudicandola. Che diritto aveva di guardarla così? Che diritto aveva di sembrare così perfettamente perfetta e candida, quando in realtà non era altro che un ammasso di crateri e roccia.

< Oh, ma che cazzo mi sta succedendo adesso me la prendo anche con la Luna > sbottò la ragazza. < Tesoro > urlò Xavier prendendo Amalia per le spalle e costringendola a voltarsi nella sua direzione. < Tesoro, andrà tutto bene, capiremo la verità e poi faremo quello che vorrai tu >

Con il viso immerso nell’incavo del collo del ragazzo Amalia si lasciò andare ad un pianto sommesso e silenzioso. < Io non so più chi sono > singhiozzò < Non, ho più una casa, nessuno che mi voglia bene.. Non ho più niente se non me stessa e la mia capacità di uccidere >

Era la prima volta in dodici anni che Xavier, vedeva Amalia versare una lacrima. < Ci sono io. Io ti voglio bene, anzi ti amo e non ti lascerò puoi starne certa > la rassicurò.

< Tu non capisci, mi hanno ucciso i genitori, hanno lasciato che crescessi nelle bugie. Io… io non so nemmeno perché sto piangendo > un leggero sorriso sollevò gli angoli delle labbra della ragazza che si staccò dall’abbraccio di Xavier.

Con fermezza si asciugò il viso bagnato di lacrime e dopo aver ristabilito il controllo dentro la mente e nel cuore, riprese a camminare decisa a scoprire la verità su stessa e sulla missione della Gilda.

Angolo autrice:
Bentornatiii...come sempre ringrazio Squall99 e S_Anonima_E per aver recensito anche il capitolo precedente. Eccoci qui al nono capitolo, le cose cominciano a farsi un po' più chiare e la leggenda sulle origini di Amalia, o Mal come piace chiamarla a me, diciamo che si fa chiara. Finalmente sappiamo come andarono le cose nel Mondo Conosciuto migliai di anni fa. Ora la domanda da farsi è, cosa accadrà?
Amalia deciderà di seguire la carriera di assassina oppure cercherà se stessa? Abbandonerà la Dea Morte o la servirà solo in un altro modo?
Restate con me e scopritelo...baci Sybeoil!


 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Un nuovo incontro ***


 

Capitolo 10

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"Leggere è sempre stata la mia
passione segreta. Nei libri tutti
trovano l'amore che cercavano"

 

 

Era tutta la notte che camminavano ma la stanchezza non accennava a farsi sentire. Essendo assassini di professione sapevano sopportare molto bene la fatica. Era una delle prime cose che gli veniva insegnata una volta entrati a far parte della Gilda, la sopportazione della fatica era il segreto di ogni assassino; spesso per compiere un omicidio ci volevano giorni o settimane e altrettanto spesso non trascorrevano tra agi e comodità, bensì tra pedinamenti che potevano durare ore ed ore e squallide bettole.

L’alba si presentò agli occhi dei due in modo silenzioso e inaspettato. Tinte rosa pallido illuminarono i contorni del cielo limpido e terso, lungo cui navigavano sereni piccoli batuffoli di cotone bianco che rendevano lo spettacolo suggestivo ed emozionante. La palla infuocata cominciò lentamente a salire lungo l’asse illuminando il bosco e i due ragazzi che osservarono quello spettacolo, magnifico da ogni punto di vista. Per riuscire ad oltrepassare il confine tra le Terre Centrali e quelle del Sud, ci volevano all’incirca quattro giorni di cammino più una settimana intera per raggiungere la capitale e loro si trovavano a più di undici giorni di cammino dalla meta. Gli altri della Gilda dovevano aver già oltrepassato i limiti del bosco. Avevano un vantaggio di qualche ora che si rafforzava dal fatto di essere carichi di denaro e provviste e quindi meno obbligati a doversi fermare per nutrirsi e abbeverarsi. Purtroppo Amalia e Xavier, non avevano fatto in tempo a recuperare né cibo né acqua da portare con loro durante il viaggio, così si sarebbero visti costretti a fermarsi lungo la strada.

Rimaneva ancora una cosa da mettere a punto: un piano per riuscire a fare qualunque cosa avesse voluto fare Amalia.

< Dunque, qual è il piano? > domandò leggermente scettico. < Beh, ancora non lo so > rispose vaga Amalia < Però so che dobbiamo arrivare alla capitale e capire perché Shiack mi ha nascosto quelle cose e soprattutto quale è questa fantomatica missione per cui Hoord ha richiesto i suoi servigi >

Nel pronunciare il nome di Shiack e Hoord la voce di Amalia ebbe un leggero tremolio che suggerì a Xavier, quanto quella storia in realtà le stesse a cuore.

Sapeva bene che quella ragazza si era sempre sentita sola e abbandonata, nonostante avesse lui e gli altri assassini che tentavano in tutti i modi di farla sentire amata, continuava a sentirsi desolatamente sola. Fino a quando pensava che i suoi genitori l’avessero abbandonata era riuscita a sopportare l’idea di non aver nessun parente al mondo, ma dalla sera precedente, in cui aveva saputo la verità qualcosa era cambiato. Ora l’idea che i suoi genitori fossero stati uccisi la stava distruggendo.

< Ok, è dopo che abbiamo scoperto cosa vuole fare quello psicopatico che intenzioni hai? > Xavier era piuttosto scettico riguardo quel piano. Era costruito male, pensato troppo in fretta e con basi troppo povere per riuscire ad avere successo. Un solo errore e le loro vite sarebbero state spezzate senza tanti riguardi. Dopotutto erano due contro migliaia, che speranze avrebbero mai potuto avere? Lì non era come nelle favole per bambini dove l’eroe buono si fa coraggio e sconfigge il cattivo, salvando il mondo e conquistando la ragazza amata. Santissimi Dei, qui si trattava del mondo reale ed anche ammettendo che Amalia discendesse da Ninfe ed Elfi era comunque alquanto improbabile che una sola ragazza, al massimo con l’aiuto del suo ragazzo, potesse sconfiggere un tizio che regnava da dodici anni.

< Allora? Cosa hai intenzione di fare dopo che abbiamo scoperto cosa vuole quello psicopatico? > insistette Xavier. < Non lo so > sbottò Amalia al limite della sopportazione.

Era ancora scossa per le notizie apprese quella notte e adesso ci si metteva anche Xavier a farle pressione. < Nono lo so ok? Non so cosa faremo o se dovremo scappare, uccidere, non so niente > tacque qualche secondo passandosi la mano tra i capelli spettinati. < So solo che ho bisogno di sapere e per farlo devo arrivare alla capitale. Dopotutto secondo la leggenda e le informazioni che Shiack si è lasciato sfuggire sono nata lì; qualcuno dovrà pur ricordarsi della figlia degli ex presidenti, no? > Si girò verso Xavier per cercare conferma, ma tutto quello che trovò, furono un paio di occhi ancora più confusi dei suoi. Lui credeva sì, che ci fosse una possibilità che la leggenda fosse vera e lei discendesse realmente dagli antichi Elfi e dalle Ninfe, però capiva anche che era molto remota e in parte assurda.

Il sole continuava il suo cammino nel cielo terso delle Terre Centrali riscaldando sempre di più l’atmosfera e rendendo la camminata ancora più faticosa. Durante il periodo primaverile ed estivo il bosco creava una sorta di cappa di calore trasformando l’aria, di solito fresca e piacevole, in qualcosa di soffocante. Proseguire in quel mare di verde a quell’ora della mattina, con il sole cocente dritto sulla testa, era quasi impossibile anche per loro. Un rumore molto simile ad un grugnito bloccò Amalia che si voltò guardandosi intorno. < Hai sentito? > domandò sotto voce a Xavier. < Sì era il mio stomaco > rispose ironico il ragazzo. < Oh, che idiota che sei > brontolò la ragazza. < Senti non è colpa mia se ho fame chiaro? > si lamentò il moretto. < Piuttosto perché non cerchiamo qualcosa da magiare e ci riposiamo un attimo, riprenderemo nelle prime ore del pomeriggio >

Amalia lo guardò come se avesse appena detto di volersi fare prete. < Sei per caso impazzito? > domandò incredula < La Gilda ha già chissà quante ore di vantaggio e tu vorresti fermarti? Alza quel culo flaccido e muoviti > gli ordinò secca.

A volte Amalia risultava insopportabile anche a lui. Era autoritaria, decisa, cocciuta e.. e tremendamente autoritaria, ah ma questo l’ho già detto!

< Senti, tanto prima o dopo dovremmo fermarci, non possiamo mica marciare per più di una settimana senza bere, mangiare o riposarci > insistette Xavier. < Certo che no, ma per ora noi non ci fermeremo >

< Senti poco prima ho visto che a sud est non lontano da qui c’è una casa, magari possiamo trovare del cibo > la supplicò. La ragazza si bloccò girandosi per osservare Xavier che la fissava con una aria studiata da cagnolino bastonato. < Oh, e va bene > cedette. < Ti amo > disse il ragazzo stampandogli un grosso bacio sulle labbra. La ragazza alzò gli occhi al cielo sorridendo e cominciando a seguire il ragazzo. Dopo circa dieci minuti di cammino l’immagine di una vecchia casa filtrò attraverso i rami degli alberi.

Lo spiazzo su cui era stata costruita la proprietà comprendeva un campo di grano di piccole dimensioni e un orticello antistante alla porta d’entrata. La casa aveva l’aria di una vera catapecchia e a dire la verità sembrava abbandonata.

< Xavier, secondo me non troveremo nulla là dentro > commentò Amalia.

< Proviamo ad entrare magari non è abbandonata > suggerì il ragazzo che cominciò ad incamminarsi verso la costruzione.

La casa era una vecchia costruzione in legno, con il tetto rotto in vari punti e le pareti scrostate. Un intero lato dell’abitazione era stretto nella morsa d’acciaio di un rampicante, che saliva e si attorcigliava alle finestre. Un piccolo cancelletto in ferro battuto ormai arrugginito, circondava il perimetro della casa separandola dall’orto e dal campo di grano che parevano abbandonati a se stessi. Erbacce di ogni genere spuntavano dal vialetto in terra battuta che conduceva alla porta d’entrata, accanto alla quale era sistemata una targhetta di bronzo sui cui era inciso un nome illeggibile. Cercando di fare il meno rumore possibile i due varcarono la porta ritrovandosi in un ampia sala in legno chiaro. Dal soffitto basso pendeva un lampadario in pregiato cristallo viola impolverato. Sul lato sinistro della stanza si innalzava una scalinata semi distrutta sui cui gradini era sistemato un tappeto di pregiato filo blu cobalto. Su tutte e quattro le pareti vi erano appesi quadri di ogni genere, alcuni storti e altri completamente distrutti. La polvere regnava sovrano in quell’ambiente desolato. Sul alto destro si apriva un’altra stanza arredata come salotto; due divanetti erano sistemati ridosso dei muri mentre al centro di trovava un basso tavolino di legno con appoggiate sopra due tazze di porcellana. Al fondo della stanza si ergeva un imponente mobile di legno scuro e malamente lavorato che ospitava un numero che pareva infinito di libri. Volumi su volumi di antichi scritti sulla magia e su leggende di ogni sorta che riguardavano gli antichi popoli e le antiche arti. Una porticina di piccole dimensioni conduceva in un’altra stanza del pian terreno che ospitava la cucina. Un camino con il fuoco acceso e una pentola sistemata al suo interno occupava gran parte della parete nord della casa. Al centro troneggiava un grosso tavolo in legno con sopra oggetti di ogni genere. Coltelli da taglio, cucciai, verdure e cibo andato a male. Sulle mensole erano sistemati strani intrugli dall’aria sinistra con nomi bizzarri. Un’altra porta sul lato ovest dava sull’ultima stanza di quel piano. Una biblioteca enorme rivestita da un tappeto soffice di un color rosso cremisi, si apriva davanti agli occhi dei due ragazzi che ne rimasero affascinati. Tre grandi librerie stracolme di volumi ricoprivano le pareti. Ovunque si guardasse di potevano scorgere libri e antiche pergamene. C’erano libri rilegati a mano con la copertina in pelle e scritte oro sul dorso. Libri di piccole, medie e grandi dimensioni. Ogni tipo di libro che si potesse immaginare era sicuramente presente in quell’immensa biblioteca. Ad ogni scaffale era riservata una particolare categoria. Sul più basso scaffale della libreria ovest erano sistemati i volumi che raccoglievano preghiere e miniature di antiche monaci, qualche ripiano più su erano sistemati i volumi di geografia del Mondo Conosciuto affiancati da quelli di storia. Nella libreria accanto sullo scaffale di mezzo, in bella mostra, stavano i libri di magia antica mentre poco più in basso erano sistemati antichi volumi spessi quasi quanto un braccio e pesanti quasi un chilo che racchiudevano tutte le lingue moderne e antiche parlate nel Mondo Conosciuto.

Quella biblioteca era una vera e propria miniera d’ora, collezionisti, maghi e uomini importanti avrebbero pagato qualunque cifra per quei volumi impolverati.

Forse Amalia avrebbe potuto vivere di quello. Si sarebbe potuta stabilire lì e contrattare la vendita di quei volumi per ricavarci su grosse somme di denaro che avrebbe speso e i milioni di modi differenti. Così facendo non avrebbe più dovuto uccidere, avrebbe potuto mettere su famiglia e trascorrere una vita relativamente serena con Xavier al suo fianco.

Stava giusto pensando a questa possibilità quando la voce della Dea Morte le rimbombò in testa ricordandogli le parole che le aveva sussurrato quando era svenuta nelle segrete. < Sappi che da questa tua scelta potrebbero dipendere le sorti di molte persone. Prima di abbandonarmi e voltarmi le spalle, pensa che dalla morte deriva sempre la vita >

C’era qualcosa di oscuro e nascosto in quelle parole e ogni volte che le risentiva all’interno dei suoi pensieri non riusciva a non pensare a cosa potessero voler dire. Che male ci sarebbe mai stato se abbandonava la Gilda e si metteva a contrabbandare libri preziosi? Nessuna, pensò, eppure la Morte in persona le era apparsa per chiederle di non abbandonare quel sentiero. Qualcosa doveva pur voler dire no?

Il piano di sopra era ridotto ancora peggio di quello terra. I pavimenti erano ricoperti da uno strato di polvere spesso almeno un dito, se non più, agli angoli delle pareti pendevano ragnatele di ogni dimensione e la carta da parati era staccata e macchiata a causa dell’umidità. Un grosso buco al centro del muro ospitava topi e chissà quali altri animali striscianti. Le porte delle stanze erano quasi tutte chiuse tranne una che sembrava leggermente socchiusa e da cui fuoriusciva un raggio di luce. Con circospezione e silenzio i due assassini si avvicinarono alla porta acquattandosi ai due lati dei cardini per spiare all’interno. Un suono soave e melodioso, come un canto, proveniva da dentro suggerendo ai due che la casa doveva essere abitata.

Con le armi strette in pugno i due fecero irruzione all’interno della stanza. Immersa fino alla cintola all’interno di un catino di legno, c’era una ragazza completamente nuda. I capelli ramati erano bagnati a attaccati alle spalle e ai seni piccoli e sodi mentre gli occhi color nocciola guardavano fissi i due ragazzi appena piombati nel suo bagno.

< Chi diavolo siete voi due? > sbottò la ragazza coprendosi con un telo che aveva poggiato poco più in là. < Noi..noi > balbettò Xavier.

Il ragazzo era diventato rosso in viso mentre osservava il corpo esile e nudo della ragazza. < Pensavamo fosse disabitata > spiegò frettolosa Amalia. < Beh, non è disabitata quindi subito fuori di quei > ordinò impassibile la sconosciuta. Xavier prese quell’ordine alla lettera e rinfoderato il pugnale abbandonò la stanza lasciando le due ragazze da sole. < Ho detto di andartene > ripeté sibilando la ragazza. < Sentì, devo solo chiederti se per caso hai del cibo e dell’acqua da darci > tentò di dire ma un globo luminescente le si parò davanti agli occhi lasciandola interdetta. < Sei una maga? > domandò incredula Amalia. < Si e se non te ne vai giuro che ti riduco a polpette > minacciò la rossa. < Sentì io.. >

Il globo di luce colpì Amalia dritta al petto spegnendosi appena toccò la pelle della ragazza che aveva chiuso gli occhi per paura. < Cosa diavolo..> sentì sussurrare alla ragazza.

Lentamente aprì gli occhi per constatare di essere ancora viva, cosa che in effetti era. Non riusciva a capire, quel globo di luce era magia e sicuramente avrebbe dovuto farle male, eppure lei non aveva sentito nulla se non un gran calore e poi una sensazione di calma.

< Chi diavolo sei? >


Angolo autrice:

 

Bentornatiiiii miei giovani assassini. Come sempre ringrazio Squall99 e S_Anonima_E che recensiscono ogni mio capitolo.
La storia comincia ad infittirsi, in questo capitolo entra in gioco un nuovo personaggio. Chissà che questa maga dai capelli ramati abbia informazioni preziose riguardo le origini di Mal, in ogni caso scopriremo presto che le due sono diametralmente opposte e che quindi non riescono a sopportarsi. Che ne pensa Xavier di questa fanciulla conosciuta in una situazione così imbarazzante e buffa? E domanda ancora più importante, perchè Mal è stata in grado di restire al suo globo di luce?
Restate e con me e scopritelo nel prossimo capitolo.
A presto Sybeoil!

P.S L'immagine sopra è all'incirca il ritratto di come ho immaginato la maga, ma senza occhi azzurri!

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Capitolo 12
*** Neifel ***


 

Capitolo 11

 

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"Vivere in un bordello è una cosa
squallida, ma se non altro ti tiene
lontano dalla strada. Ops, mi sa che
ho sbagliato frase!"



 

 

< Chi diavolo sei tu e come cazzo ti sei permessa di colpirmi con quella cosa > strillò Amalia fuori di sé dalla rabbia e dalla sorpresa. Senza attendere risposta si avvicinò al catino ricolmo d’acqua bollente e dopo essersi posizionata dietro le spalle della ragazza immobilizzandola le puntò il pugnale alla gola. < Io.. Mi chiamo Neifel e sono una maga apprendista > rispose con voce roca. < Mi dispiace averti colpito e comunque in ogni caso il mio globo non ti ha fatto nulla >

Avvicinando le labbra all’orecchio della ragazza nuda Amalia le sussurrò una velata minaccia. < Ti è andata bene, perché se solo mi avesse torto un capello tu a quest’ora saresti con la gola squartata sul pavimento >

Senza alcuna ragione Neifel cominciò a ridere di gusto lasciando Amalia stranita e perplessa. < Oh, andiamo biondina nemmeno un bambino crederebbe alle tue parole > spiegò sottraendosi alla sua presa divenuta improvvisamente debole < Sai, anche se sono solo un’apprendista riesco a distinguere una bugia dalla verità e tu stavi mentendo >

Chiamando a sé un telo blu cobalto che attraversò la stanza fluttuando la rossa uscì dal catino asciugandosi. < Sai, tu non mi avresti mai fatto del male > cominciò < So che ti servo per scoprire il tuo passato >

Amalia strabuzzò gli occhi per la sorpresa; come faceva quella ragazza a sapere tante cose di lei se nemmeno la conosceva?

< Tu come cavolo fai a sapere tante cose? > domandò sentendosi in difficoltà. < Sai, la magia di un qualunque mago nel Mondo Conosciuto, avrebbe avuto effetto su qualcuno che non fossi tu, ma quando il mio globo è andato in fumo allora ho capito > continuò vestendosi. < C’è solo una persona al mondo in grado di resistere alla magia, o meglio una famiglia >

Amalia l’ascoltò con tensione crescente attendendo con il fiato sospeso ciò che la maga avrebbe detto. < Solo coloro che discendono dagli antichi popoli sono immuni alla magia >

< Quindi secondo te io discendo dagli antichi popoli? > domandò Amalia un po’ incerta. < Beh, di sicuro è l’unica spiegazione che conosco >

La ragazza si vestì continuando a spiegare che quella era l’unica spiegazione di cui lei fosse a conoscenza per giustificare il fallimento della sua magia. Nessuno nel Mondo Conosciuto era così potente da potersi sottrarre alla magia, nemmeno Hoord, divenuto mago esperto da molti anni poteva vantare un simile potere.

Quando Neifel ebbe terminato di vestirsi le due ragazze lasciarono la stanza da bagno dirigendosi verso la cucina dove Xavier era andate ad attenderle. Il suono dello stomaco del ragazzo provocò l’ilarità della ragazza rossa che mise sul fuoco una zuppa dall’odore davvero invitante.

< Allora, come mai da queste parti? > domandò. < Beh, vedi noi.. > L’assassino stava per raccontarle quanto accaduto la notte precedente ma lo sguardo implorante di Amalia lo bloccò. < Ti prego non dirgli della Gilda > sussurrò la bionda al suo compagno. Il ragazzo fece cenno di si con la testa e poi continuò nel suo racconto.

< Ecco, noi siamo scappati da..da un bordello nel quale Amalia lavorava solo che non abbiamo fatto in tempo a prendere cibo e acqua così eccoci qui > concluse facendo un ampio gesto con la mano per indicare la casa.

< Oh, bell’imbusto a chi pensi di raccontarla > esclamò sorridendo la rossa mentre mescolava con meticolosità la zuppa sul fuoco. < So benissimo che siete assassini, che appartenete alla Gilda e che siete scappati per una ragione >

Ok, quello era troppo. Come cavolo faceva a sapere tante cose?

< Si.. Si può sapere come cavolo fai a sapere tante cose? > domandò Amalia leggermente contrariata. < Beh, semplice biondina > cominciò

< Per prima cosa hai i vestiti di un insolito color rosso cremisi, lo stesso del sangue. Secondo sei abile con le armi, ti muovi anzi, vi muovete, in modo silenzioso e terzo parli come un assassino > Un sorriso di trionfo si dipinse sul viso delicato di Neifel che cominciò a versare la zuppa in ciotole di legno.

Senza fare complimenti Xavier ci affondò il primo cucchiaio che trovò sul tavolo gustando fino in fondo ogni sorso di quella squisitezza. I brontolii dello stomaco si ridussero fino a tacere del tutto quando la ciotola fu svuotata e Xavier di fu saziato a dovere.

< Dunque dato che sai chi siamo e sai che non ti vogliamo fare del male, ora potresti dirci invece chi sei tu? > chiese Amalia cercando di sembrare gentile e paziente.

< D’accordo > La rossa accettò di buon grado di raccontare la sua storia a quei due ragazzi dallo sguardo così limpido e sincero da sembrare finto.

Quella era l’impressione che le avevano dato appena varcata la porta della sua stanza da bagno. C’era qualcosa in quei due ragazzi che la incuriosiva oltre ogni dire, una luce particolare, soprattutto negli occhi della ragazza, che li rendeva speciali.

Erano assassini di professione ma non l’aveva uccisa, erano abituati ad avere a che fare con gente di ogni tipo, soprattutto pessima, eppure sapevano anche essere gentili e simpatici. Quei due ragazzi aveva decisamente qualcosa di speciale e lei avrebbe scoperto cosa.

I misteri le erano sempre piaciuti, era anche un po’ per quello che aveva deciso di intraprendere la carriera di maga.

Nella magia c’era sempre un lato oscuro e misterioso che si opponeva ad uno luminoso e lampante, come nella vita in cui si opponevano bene e male, anche se troppo spesso la gente tende a confonderli.

< Dunque, vediamo un po’ dove posso cominciare? > ragionò la rossa

< Ah, sì ho trovato. Partirò dall’inizio > esclamò osservando Amalia farsi curiosa.

< Circa quattro anni fa io e mia madre vivevamo in città, più precisamente nel bordello numero uno di tutta la regione. Eh, sì costa ammetterlo eppure è così, mia madre era una prostituta e non c’è affatto bisogno che mi guardi così >

Colta alla sprovvista da quel rimprovero Amalia abbassò lo sguardo balbettando delle scuse. < So che fare la prostituta è una cosa sbagliata, ma se non possiedi altro che il tuo corpo e con te hai una bambina da sfamare, non cominci forse a vendere anche quello? Comunque sia torniamo alla storia > Neifel si alzò dallo sgabello in legno nel quale si era seduta e andò accanto al fuoco dove riempì il pentolone con dell’acqua. < Come dicevo, quattro anni fa vivevo con mia madre in un bordello in città e beh, cominciai anche io a fare quel lavoro, non perché mi piacesse o lo trovassi divertente ma perché fui costretta. Il proprietario della “locanda” come la definiva lui mi disse che se non avessi cominciato anche io a lavorare avrebbe ucciso mia madre. Io le volevo troppo bene perché permettessi a qualcuno di farle del male, così mi feci coraggio e cominciai ad adescare clienti. Prima ne ricevevo uno al giorno, erano le mie prime volte e beh, non è che sia proprio piacevole a quindici anni sentirsi un tipo sudato e vecchio che ti ansima sopra, ma comunque… per qualche mese riuscì a tenere nascosta la cosa a mia madre corrompendo le altre ragazze e il proprietario, ma quando lei venne a saperlo andò su tutte le furie e fece una scenata al capo. Inizialmente lui sembrò non prendersela, lasciò correre le acque e anzi, mi disse anche che potevo smetterla di prostituirmi e che avrei potuto servire al bancone del bar e così feci. Un pomeriggio di metà inverno poi, mia madre prese un cliente, un uomo sulla quarantina abbastanza attraente, un tipo che con quel posto centrava poco. Di solito i clienti del vecchio Joe erano tutti ubriachi, sporchi o operai troppo soli lui invece era pulito, alto, di bell’aspetto e sembrava addirittura colto. Mia madre non diede peso a quei dettagli, ormai era abituata a ritrovarsi sopra qualunque genere di uomo o cosa, in tutti i sensi. Fatto sta che quell’uomo non era affatto chi sosteneva di essere: era un assassino >

Gli occhi dei due ragazzi si spalancarono per la sorpresa. Non credevano che la storia avrebbe preso quella piega o non glielo avrebbero mai chiesto.

< Una volta saliti in camera, mia madre si spogliò come sempre e disse all’uomo di fare lo stesso. Questo però non si tolse nemmeno la cintura ma estrasse il pugnale, un grosso pugnale molto simile ai vostri, tagliò la gola a mia madre > si fermò un instante per inserire qualche erba dall’odore strano e nauseante all’interno del pentolone di terra cotta e poi riprese a raccontare. < Io assistetti a tutta la scena con le lacrime agli occhi, non sapevo che fare e l’unica cosa che mi venne in mente fu quella di fiondarmi nella camera e urlare a più non posso. Credo che quel giorno mi abbiano sentito fin oltre le colline.

Mentre urlavo come una povera pazza piangendo sul corpo esanime di mia madre, una palla di fuoco nero si staccò dal mio corpo e andò a colpire l’uomo alla spalla sinistra lasciandoli una bella bruciatura. Chissà se ha ancora la cicatrice? >

Amalia la interruppe un secondo < Hai detto una bruciatura sulla spalla sinistra? > chiese quasi senza fiato.

< Si perché? > rispose la rossa. < Niente, niente > la liquidò la bionda.

< Stavo dicendo che una volta colpito alla spalla l’assassino lasciò la camera ed io non lo vidi mai più >

Questa volta fu Xavier a fare una domanda. < E poi dopo che successe? > chiese con sincera curiosità nella voce.

< Dopo l’omicidio di mia madre, continuai a lavorare nel bordello per un anno circa fino a quando Sederus non mi trovò >

< Chi è Sederus? > domandò Amalia interrompendo di nuovo la rossa che si alzò dallo sgabello per andare a mescolare lo strano intruglio nel pentolone. < Sederus è il proprietario di questa casa, non ché antico mago dell’ordine che però è stato bandito dalle terre del Mondo Conosciuto e che perciò vive nascondendosi >

I due ragazzi la fissarono incantati, non avevano mai sentito una storia tanto avvincente e interessante.

< Come stavo dicendo, Sederus mi trovò pagò il proprietario e mi portò via con sé per insegnarmi la grande arte della magia >

La rossa concluse facendo un reverenziale inchino e sfoggiando un sorriso divertito sul viso di porcellana.

< E’ una storia incredibile > commentò su di giri Xavier. < Già, ma non come quella della tua amica qui presente > fece la rossa.

Amalia sentitasi tirata in causa di voltò verso i due che la osservavano come ad attendere risposta. < Oh, no la mia non è per niente una storia interessante > La ragazza cercò di cambiare argomento ma non ci fu verso. < Xavier, tu la mia storia già la conosci > borbottò supplicante.

< Io sì, ma la rossa qui no. Dai Mal, racconta la tua storia anche a lei >

Un sorriso beffardo si dipinse sul viso del giovane mentre con gesti lenti e misurati strinse la mano di Amalia nella sua come a volerle dare sicurezza.

 
 

Angolo autrice:
Bentornatiiiiii...Ancora una volta torno a ringraziare Squall99
per le sue recensioni e i suoi complimenti e S_Anonima_E per
il suo entusiasmo e per avermi inserito nella sua raccolta di 
citazioni. Tornando alla storia, direi che le cose
si fanno affascinanti. La rossa ha una storia davver avvinente
alle spalle e in qualche modo Shiack sembra coinvolto!
Amalia deciderà di lasciarsi andare e raccontare ciò che ricorda
del suo passato alla giovane maga o terrà per se i suoi segreti?
Restate e scopritelo nel prossimo capitolo!
Baci Sybeoil! 

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Capitolo 13
*** Jason ***


 

Capitolo 12

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"Scoprire che ti è morto un padre
è già sufficientemente doloroso,
ma scorpire che ti hanno mentito riguardo la
sua morte, è come perderlo due volte."

 

 

< Al ladro > La voce potente di un uomo svegliò le guardie dal torpore del dopo pranzo richiamandole al loro compito: difendere le vie della città di Lochux da malfattori e criminali.

Un ragazzo sulla ventina cominciò a correre travolgendo decine di persone che si trovavano al mercato per fare compere, mentre un manipolo di guardie alquanto incapaci, lo inseguiva cercando di non perderlo di vista. Nella mano destra il ragazzo stringeva una mela dall’aspetto succoso e dolce mentre con agilità felina, tipica di chi è cresciuto per la strada e ha dovuto imparare a cavarsela, si arrampicava sul tetto di una piccola casetta.

I soldati rivestiti com’erano dell’armatura imposta da Hoord ci misero qualche minuto prima di riuscire a salire sul tetto con il risultato di perdere le tracce del ragazzo. Dopo qualche minuto che i soldati passarono a guardarsi in torno l’ombra di un uomo che saltava da un tetto all’altro catturò la loro attenzione. I capelli biondo cenere del ragazzo si agitavano al vento mentre saltava da una casa all’altra fissando con intensi occhi color del mare l’orizzonte di fronte a lui.

Era da sempre che rubava in quel mercato ma nessuno mai era riuscito ad acciuffarlo. Era troppo veloce per le guardie e a volte anche per i cavalli. Conosceva quella cittadina come le sue tasche, ogni viuzza, ogni strada era impressa a fuoco nella sua mente. Sicuramente sarebbe riuscito a farla franca anche quella volta, peccato però che il capitano Gions non era della stessa opinione.

Erano tre anni che prestava servizio in quel buco dimenticato dagli Dei ed erano tre anni che quella specie di microbo infetto gli dava il tormento. Non ne poteva più di vedere il suo nome in ogni rapporto o la sua brutta faccia appesa ad ogni angolo della città. E se i suoi uomini avessero fallito allora sarebbe entrato in gioco lui, con il suo fidato destriero e la spada a cui era tanto affezionato.

< Da quella parte > gridò una donna spaventata in direzione delle guardie.

Queste la ringraziarono e ripresero a correre inseguendo maldestramente l’agile ragazzo, che con un salto di due metri, tornò a terrà finendo dritto sotto la spada del capitano Gions.

Un sorriso di soddisfazione si dipinse sul viso barbuto dell’uomo che fisso il suo sguardo gelido in quello del ragazzo. Per la prima volta in vent’anni di vita si trovava nei pasticci. < Buongiorno Jason finalmente ci si incontra faccia a faccia > La luce negli occhi del capitano Gions, non prometteva nulla di buono, Jason lo sapeva ma cosa poteva fare? Scappare era fuori discussione, c’erano più di dieci guardie a bloccargli ogni via di uscita e per quanto veloce non era di certo addestrato ad uccidere o lottare, per cui si limitò a lasciar cadere la mela per terra e guardare fisso negli occhi l’uomo che gli aveva dato la caccia per tre anni.

< Ehi Gions, ancora ad inseguire ladruncoli come me? Non dovresti essere al fianco del grande Hoord a guidare le sue truppe… ah giusto, ti ha cacciato >

L’uomo lo osservò con sguardo assassino. Già era assurdo che un soldato come lui stesse di stanza in uno squallido paesino vicino al confine con le Terre Centrali ma quello, oh quello era davvero troppo. Farsi prendere in giro da un ragazzino a cui non era ancora spuntata la barba era davvero insostenibile come cosa. Quella volta Jason non l’avrebbe passata liscia. Un sonoro schiaffo raggiunse le guance lisce e sbarbate del ragazzo che fu costretto a piegare la testa di lato per la potenza di quel gesto. Senza stare a pensarci due volte Jason reagì scagliando un pugno sulla guancia sinistra del capitano che rischiò di perdere l’equilibrio. Un soldato fermo dietro di lui gli impedì di ruzzolare a terra mentre gli altri bloccarono il ragazzo immobilizzandogli braccia e viso.

< Come hai osato? > sibilò furioso il capitano. Nessuno aveva mai osato tanto davanti a lui e quel ragazzino… gli dava proprio sui nervi. Ma non l’avrebbe passata liscia, quella volta la pena di morte non gliela toglieva nessuno.

Un sorriso beffardo e soddisfatto incurvò le labbra sottili e screpolate del ragazzo che sputò per terra in segno di rinnego.

< Ora vedremo chi riderà > sfidò il capitano. < Quest’uomo è in arresto per furto e aggressione al corpo di guardia > dichiarò rivolgendosi al gruppo di persone che si era riunito intorno a i due. Gli spettatori, quasi tutti poveri contadini e minatori, spalancarono lo sguardo attoniti per ciò che le loro orecchie avevano appena udito. Cosa avrebbe fatto ora la povera donna a cui era capitato un figlio così degenerato? Cosa mai avrebbe potuto fare per mantenersi una volta rimasta sola?

Era già malata e quello stupido ragazzino andava a ficcarsi in guai molto più grandi di lui dal quale nemmeno il vice re in persona avrebbe potuto tirarlo fuori. Era proprio un incosciente, anzi ché cercarsi un lavoro e aiutare la povera madre malata da tempo e costretta a letto, quello se ne andava in giro a bighellonare rubacchiando. Se solo il padre fosse stato ancora vivo di certo non si sarebbe comportato in quel modo.

< E adesso come farà Jensen quando verrà a sapere dell’arresto di su figlio? > domandò preoccupata una donna a suo marito. Quello la guardò seriamente e rispose con un filo di voce cercando di non farsi udire dalle guardie a pochi metri di distanza. < Non lo so, ma quel ragazzo è davvero un incosciente >

Uno strattone proveniente dalle sue spalle convinse Jason a muoversi, scortato dall’intera guardia e dal capitano Gions in persona.

Le prigioni della città era ancora più squallide delle sue vie sporche e puzzolenti. Ovunque si guardasse in quel luogo buio si potevano scorgere tracce di unto e di escrementi essiccati dal sole che filtrava da una piccola finestrella posta sopra la testa del ragazzo.

Solo in quel momento, chiuso in un cella come un animale, si rese conto dell’enorme stupidaggine che aveva commesso e di quanto avrebbe fatto preoccupare sua madre. Non era mai stato così avventato o incosciente, o forse sì, ma di sicuro lo era diventato ancora di più dopo che suo padre era morto.

Jason aveva solo dieci anni quando due guardie si presentarono davanti casa sua e scaricarono il corpo senza vita di suo padre come se fosse un sacco di patate troppo pesante. Secondo quando detto a lui e la madre dai soldati l’uomo era morto schiacciato da una lastra di roccia che si era staccata dalla parete durante uno scavo. Mentivano e Jason lo sapeva bene. Le rocce non cadevano per caso e soprattutto sul corpo di suo padre non c’era alcun segno che indicasse uno schiacciamento. La sua schiena invece era ridotta piuttosto male. C’erano segni di frustate ovunque e tanto sangue da poterne riempire una damigiana. Quei bastardi lo avevano ucciso e Jason non glielo avrebbe mai perdonato, anzi si ripromise di vendicarlo un giorno, quando sarebbe stato abbastanza grande e forte. Fu per questo motivo che cominciò a rubare al mercato, lo vedeva come una forma di ribellione verso il sistema. Una sorte di ribellione personale verso Hoord e i suoi modi barbari di far lavorare la povera gente.

Mentre ripensava a quel giorno una lacrima solitaria scivolò via andando a bagnare le labbra secche spaccate. Imbarazzato per aver pianto l’asciugò in fretta e poi si alzò deciso a trovare un modo per andarsene. Doveva tornare da sua madre e assicurarle che sarebbe andato tutto bene.

Di guardia alla cella c’era una guardia con una pancia grande quanto le Terre del Sud e due occhietti piccoli e castani. Jason era convinto che la cintura si sarebbe staccata da un momento all’altro. Il portone di legno distava circa una quindicina di metri dalla sua cella e dalla sua libertà. Raggiungerlo sarebbe anche stato facile, in fondo lui era veloce, ma il problema continuava ad essere il mancato addestramento alla lotta e all’assassinio. Sicuramente fuori di lì Gions aveva piazzato due guardie armate di tutto punto e con l’ordine di ucciderlo appena lo avessero visto lasciare la sua cella. Ci voleva qualcosa di più che un po’ di fortuna e la velocità. Occorreva un piano e anche ben organizzato!

 

Angolo autrice:
Ben ritrovati a tutti coloro che seguono la mia storia. Ringrazio Squall99 e gli auguro buona fortuna per la sua storia e S_Anonima_E che mi riempe sempre di complimenti che penso proprio di non meritare.
Dunque, questo capitolo è uno dei più corti che abbia mai scritto ma mi serviva per preparare il prossimo. Come penso avrete capito, presto altre a Neifel ai nostri due assassini si unirà un giovane molto poco riflessivo, ma comunque decisamente forte XD
Qui potrete vedere l'immagine di Amalia con un arco in mano http://weheartit.com/entry/2440958
Questa invece è la biblioteca della casa di Neifel ma senza alberi in mezzohttp://weheartit.com/entry/7029873
Mentre questo, signori e signore, è il nostro Jason per come me lo sono immaginata io  http://weheartit.com/entry/12680397
Rimanete con me e scoprite le prossime avventure dei nostri eroi, Sybeoil!

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Capitolo 14
*** Occhi scarlatti ***


 

Capitolo 13

 

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"La cosa che più mi spaventò
non fù il coltello puntato alla gola
o il sibilo furioso nella sua voce,
bensì il rosso scarlatto dei suoi occhi di ghiaccio"

 

 

La bionda prese un grosso respiro e cominciò a parlare. Tacere la sua storia sarebbe stato inutile e poi quella ragazza si era fidata raccontando a due sconosciuti la sua di storia perché lei non poteva fare lo stesso?

Ma fidarsi le veniva difficile, le era sempre venuto difficile. Non era semplice per lei concedere fiducia a qualcuno che non fosse Xavier o Shiack; già Shiack, colui che credeva sincero e perfetto e che poi invece si era rivelato un bugiardo traditore.

< Io, non so se è il caso > borbottò a bassa voce. < Biondina, qui nessuno ti giudicherà però insomma, di qualcuno dovrai pur fidarti, non si può fare tutto da soli > Le parole avevano un suono dolce e rassicurante, ma Mal fece comunque fatica a crederci. Quella sarebbe stata la prima volta nella sua vita in cui si sarebbe fidata ciecamente di una sconosciuta che però sembrava sapere molte più cose sul suo passato di lei.

< Eh va bene > acconsentì alla fine la bionda. < Dunque dodici anni fa Shiack mi trovò per le vie della capitale a chiedere l’elemosina e dato che il quartiere dove mi trovavo stava andando a fuoco mi prese con se portandomi alla Gilda e iniziandomi all’arte dell’assassinio >

La rossa la fissò inarcando un sopraciglio perfettamente disegnato.

< Non credo ad una sola parola di quello che hai appena detto > commentò < Raccontami cosa accadde veramente >

Amalia la fissò leggermente contrariata, non le andava proprio di raccontarle la verità però era anche vero che forse lei avrebbe potuto aiutarla a scoprire informazioni importanti sulla sua storia e sulla sua famiglia. < Va bene, ti racconterò tutto > disse rassegnata.

Cominciò con tono basso e insicuro < Dodici anni fa durante una notte di metà inverno Shiack arrivò a casa mia in veste di assassino. I ricordi sono ancora un po’ confusi ma ci sono alcuni momenti di quella notte che non ho mai dimenticato ma solo seppellito sotto cumuli di memoria >

< Va avanti > la incoraggiò la rossa sorridendo gentile. Amalia prese un altro grosso respiro e riprese il racconto. < Ricordo che mia madre arrivò in camera mia come una furia, aveva gli occhi arrossati e leggermente fuori dalle orbite, grosse lacrime sgorgavano spontanee dagli angoli dei suoi occhi blu. Ricordo che mi svegliò di corsa e cercò di portarmi in salvo ma Shiack fu più veloce e ci trovò rannicchiate sul pavimento. Quando vide che la donna stringeva una bambina ebbe un attimo di esitazione che però mise subito da parte tornando a vestire i panni dell’insensibile assassino. Mia madre lo supplicò di non farmi del male proprio nel momento in cui la lama raggiunse il suo petto, poi alzò il braccio come a voler colpire anche a me ma qualcosa nel mio sguardo dovette fermarlo, perché invece di uccidermi mi colpì semplicemente alla nuca facendomi svenire > Ripensando a quella terribile notte di cui aveva seppellito ogni ricordo una lacrima le si affacciò agli angoli degli ochi rischiando di farla vacillare e cadere in una tristezza infinita. Solo ora si rendeva conto della gravità della cosa. I suoi genitori erano stati assassinati dallo stesso uomo che per anni le aveva mentito dicendole di amarla come una figlia. In quel momento lo stomaco ruggì cominciando a girare vorticosamente come se si trovasse a testa in giù e avesse un gran voglia di vomitare. Facendosi forza si asciugò le poche lacrime che le erano sgorgate dagli occhi lapislazzuli e terminò il racconto.

< Ricordo poi di essermi svegliata quando ormai avevamo raggiunto il palazzo della Gilda. Quella notte non versai una sola lacrima e così feci per dodici anni, fino a qualche giorno fa >

Neifel si alzò e con portamento elegante e raffinato si avvicinò al pentolone da cui estrasse un liquido rosso scuro dall’odore invitante. Lo versò in due bicchieri di legno che porse ai due ragazzi sorridendo. I due lo accettarono volentieri cominciando a sorseggiare quella squisitezza.

< Prima parlavi di popoli antichi, cosa sai di loro? > domandò Amalia ricordando le parole che la rossa le aveva rivolto poco prima.

< Beh, la leggenda dice che… >

< So cosa dice la leggenda > la interruppe la bionda < Voglio sapere cosa sai di altro > chiarì in modo da non lasciare dubbi.

< Beh, poco e niente. Le cronache successive agli anni in cui il re e la regina furono destituiti sono confuse. Alcuni sostengono l’esistenza di un erede legittima di quei popoli e quindi destinata, forse, a regnare ancora una volta sulle cinque terre. Altri sostengono invece che i due morirono e con loro uccisero anche la figlia di qualche anno > Amalia la guardò interessata. < E tu a chi credi? > domandò curiosa.

< Personalmente non lo so, ma dopo quello che ho visto oggi, sono molto più propensa a credere che la piccolina si salvò >

< Quindi è probabile che io sia davvero l’erede dei due grandi popoli antichi? > domandò leggermente in ansia. < Sì, molto probabile >

< E come facciamo a scoprirlo? > chiese ancora ormai del tutto travolta dalla curiosità. < Beh per questo dovrete permettermi di venire con voi >

La richiesta della rossa lasciò i due ragazzi attoniti. Non se ne parlava nemmeno, lei non sarebbe partita con loro, nessun altro si sarebbe aggiunto al loro gruppo. < Non se ne parla nemmeno > scattò la bionda.

< Beh allora non saprai mai nulla > la rimbeccò la rossa passata sulla difensiva. < Ah, si? Scommettiamo che mi dirai ciò che voglio sapere anche senza dover venire con noi? > rispose Amalia ormai oltre il limite della rabbia. Nessuno le diceva ciò che doveva fare, tanto meno una che aveva fatto la prostituta. < E come intendi fare, di grazia? > la sfotté Neifel. < Così > La bionda scattò in avanti senza dare il tempo alla rossa di agire o riflettere. La ragazza si ritrovò con un grosso pugnale puntato alla gola e le mani bloccate dietro la schiena in una morsa d’acciaio.

< Con me la tua magia non ha effetto > sussurrò perfida la bionda all’orecchio di Neifel. < Amalia smettila, lasciala andare > le ordinò Xavier. La ragazza non lo guardò neanche era troppo concentrata a premere la lama fredda del suo pugnale sul collo candido e morbido della rossa che se ne stava immobile e terrorizzata.

< Mal, ho detto di lasciarla > ripeté più deciso il ragazzo. Amalia alzò lo sguardo sul suo amico mostrando due occhi dello stesso colore del sangue. A Xavier rischiò di venire un infarto, non aveva mai visto la sua amica ridotta in quel modo. L’aveva vista arrabbiata, infuriata, scontenta ma mai l’aveva vista in quella maniera. I suoi occhi trasudavano odio, ogni nervo del suo corpo era teso e vibrante mentre un sorriso beffardo e crudele le distorceva il viso di solito delicato. Con cautela il ragazzo fece qualche passo avanti continuando a parlarle in modo dolce. La ragazza però sembrava non sentire nulla, continuava ad osservare ipnotizzata il collo della Rossa che ora tremava vistosamente.

< Mal ti prego, lasciala > la supplicò l’amico < Ti amo >

Quella era l’ultima carta che gli era rimasta da giocare e per fortuna sua e di Neifel funzionò. Amalia tornò in se e svenne, cadendo al suolo e picchiando la testa sul pavimento in terra battuta.

Si risvegliò qualche ora più tardi frastornata e con un gran mal di testa. La prima cosa di cui si rese conto quando recuperò coscienza fu che non si trovava più in cucina, ma comodamente adagiata su un letto di paglia. Il completo di pelle rosso cremisi continuava ad avvolgerle il corpo come una seconda pelle, mentre delicate lenzuola di lino bianco giacevano inermi sopra le sue gambe. Lentamente aprì gli occhi lapislazzuli puntandoli sulla stanza che la ospitava. I muri erano coperti da macchie di umidità e carta da parati ormai vecchia di anni. Il pavimento in legno era ricoperto da uno spesso strato di polvere grigiastra che fluttuava allegra sotto i raggi di un sole caldo e splendente, provenienti da una finestra posta accanto al letto. Alla parete di fronte era appeso un quadro che ritraeva un veliero di pirati colto da una potente tempesta. I colori del blu cobalto e del grigio di alternavano in violente pennellate, accompagnati da spruzzi di bianco per ricreare la spuma del mare, e nero per ricreare il buio tipico di una tempesta. Grosse nubi grigie scuro si addensavano all’orizzonte, sovrastando il veliero che si agitava in balia dei venti furiosi. Era ipnotizzante; una danza infinita tra cielo e mare.

Accanto al letto sulla destra della stanza era sistemato un basso comodino di legno scuro con adagiata su una candela e un bicchiere con dell’acqua.

In quel momento Mal, si rese conto di non ricordare cosa avesse fatto prima di svenire. Ultimamente le capitava spesso di perdere coscienza a piombare al suolo senza motivo e non le piaceva. In quel modo si sentiva vulnerabile, debole, come se gli altri avessero dovuto prendersi cura di lei. Amalia però non aveva bisogno di nessuno, sapeva cavarsela benissimo da sola, e chi sosteneva il contrario, molto probabilmente non l’aveva mai conosciuta.

Cercando di evitare movimenti bruschi si alzò scese dal letto, ma fu costretta a risedersi, per evitare di cadere. Come i suoi piedi avevano toccato terra la testa aveva cominciato a girare vorticosamente confondendo soffitto e pavimento in un’unica sfumatura di grigio e marrone. La bionda prese due grossi respiri e ci riprovò, questa volte la gambe sembrarono reggere e così decise di avventurarsi verso la porta. Dal piano di sotto proveniva un rumore ovattato di voci concitate e passi trascinati. In quel suono riconobbe Xavier, il suo amico d’infanzia ed ora il suo ragazzo. Lentamente, come se fosse una bambina ai suoi primi passi, scese le scale in legno ed entrò in cucina, dove come sospettava trovò Xavier che passeggiava su e giù. Aveva gli occhi iniettati di sangue e il viso teso e contratto. Doveva essere successo qualcosa di grave o non si sarebbe comportato in quel modo.

< Amalia, che ci fai qui? > la rimproverò il ragazzo correndo ad aiutarla. La bionda le mise un braccio intorno alle spalle e si avvicinò ad una sedia che la rossa aveva prontamente posto vicino al camino.

< Mi sono svegliata e mi sono accorta di non essere più in cucina, così sono scesa > spiegò la bionda con un filo di voce.

< Cosa è successo? > chiese poi. I due si guardarono e poi risposero all’unisono.

< Niente sei solo svenuta >

< Niente sei solo svenuta >

Le voci dei due si sovrapposero creando un eco che rimbombò per tutta la stanza e ampliando il senso di disagio che si avvertiva nelle loro voci.

Anche se sapeva che le stavano mentendo lasciò perdere e non indagò oltre, mentre accettò volentieri la tazza di tè che Neifel le offrì.

< Senti Mal > cominciò con tono grave Xavier < Neifel deve venire con noi > spiegò riluttante.

< Perché? > chiese senza rancore la bionda. < Perché ci può aiutare, dopotutto è una maga > spiegò il ragazzo.

< Ok > acconsentì la ragazza. I suoi occhi limpidi si andarono a posare sulla figura snella della rossa che si dava da fare a preparare tre sacche da viaggio con dentro cibo e acqua.

Evidentemente farà parte del piano degli Dei, pensò Amalia rassegnata all’idea che Neifel avrebbe viaggiato con loro. Molto probabilmente, mi aiuterà anche a scoprire le mie origini, di certo non può nuocere.

Terminati i preparativi del viaggio i tre ragazzi uscirono di casa e si incamminarono diretti a sud est, verso il confine con le Terre del Sud e poi alla capitale.



Angolo autrice:

Bentornati a tutti...ringrazio S_Anonima_E per aver recensito il capitolo precedente e tutti gli altri e per continuare a rivolgermi deliziosi complimenti.
La storia sta prendendo una piega davvero interessante, gli occhi della nostra protagonista, si trasformano in qualcosa che perfino Xavier teme. Di cosa si tratterà?
Neifel sarà in grado di aiutarla o neanche la magia potrà qualcosa? Quale sarà il destino dei tre ormai uniti in questo folle viaggio? Restate con me e scopritelo!
A presto Sybeoil.

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Capitolo 15
*** Eroi involontari ***


 

Capitolo 14

 

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"A volte non si seglie di divenire
eroi per qualcuno, semplicemente
i fatti si accavvalono, facendo di te
l'ero che altrimenti non saresti mai stato"

 

 

Avevano passato il confine con le Terre del Sud ormai da due giorni ma della cittadella di Lochux neanche l’ombra. L’orizzonte davanti a loro continuava ad estendersi a perdita d’occhio. La vegetazione andava diminuendo di chilometro in chilometro lasciando spazio a ciottoli e terra bruciata dal sole. Da umido e appiccicoso il caldo si era trasformato in arido e secco, costringendo i nostri tre viaggiatori a doversi coprire la testa con teli di cotone per ripararsi dai raggi del sole che regnava sovrano in quelle terre aride.

< Io non ne posso più di questo caldo > si lamentò Neifel < Dove diamine è questa cavolo di città? >

La bionda girò la testa di scatto puntando il suo sguardo assassino sulla figura provata della rossa, che arrancava con fatica. Prima che potesse rispondere maleducatamente o peggio, tentare di ucciderla di nuovo, Xavier le si affiancò aiutandola e fugandole ogni dubbio.

< Dovremmo arrivarci tra poco > la rassicurò il ragazzo. La rossa lo fissò non molto convinta ma lasciandosi aiutare a proseguire nel suo cammino.

Non era abituata a camminare o muoversi per più di qualche chilometro figuriamoci per due giorni consecutivi intervallati solo da poche ore di sonno. Era davvero esausta e se non avessero trovato al più presto quella stramaledetta città uno di loro due se la sarebbe dovuta caricare in spalla e Amalia non ne aveva nessuna voglia. Insomma quella ragazza non faceva che lamentarsi. Prima il male ai piedi, poi il male alla testa, il caldo e infine anche il sonno; era una vera e propria tortura.

I tre proseguirono ancora per una decina di chilometri sotto il sole cocente di metà mattinata prima di riuscire a scorgere le sagome di alcune costruzioni. Sembravano vere e proprie case, segno che finalmente, erano arrivati a Lochux, l’equivalente della terra promessa per chi come loro marciava nel deserto da giorni. Lì avrebbero trovato acqua fresca, cibo e un letto in cui riposarsi prima di riprendere il cammino ma avrebbero dovuto fare attenzione. Purtroppo in quelle terre Hoord, aveva dovuto mantenere la facciata del buon re e perciò aveva messo una taglia di mille dobloni sulla testa di tutti gli appartenenti alla Gilda, con il risultato di farli diventare dei fuori legge. Mentre camminavano Amalia rifletté cercando di trovare un piano o anche solo una scappatoia per riuscire ad eludere le guardie riguardo la loro vera identità. Non sarebbe stato facile ma in un modo o nell’altro ce l’avrebbero fatta. Il loro abbigliamento di certo non aiutava ma avrebbero trovato una soluzione anche per quello. Finalmente giunsero d’innanzi alle basse mura della cittadella. L’ingresso per fortuna loro non era piantonato da nessuna guardia e la gente poteva entrare e uscire liberamente. Quello si che era un colpo di fortuna!

Calcandosi tutti e tre in testa i cappucci dei loro mantelli sorpassarono un carretto che trasportava frutta e verdura ed entrarono all’interno delle mura.

Le persone non facevano caso a loro erano tutte impegnate a fissare qualcosa appeso ad un muro non poco distante da dove si trovavano loro. Anche in quel caso la curiosità di Amalia si fece sentire ma la ragazza non le diede peso continuando invece a camminare lungo una viuzza piena di botteghe. La prima cosa da fare era trovare una stanza e qualcosa da mettere sotto i denti quindi urgeva individuare una taverna dove poterne affittare una per due giorni. Camminarono per quasi mezz’ora prima di individuarne una che non fosse del tutto squallida e quindi adatta ad ospitarli. Saranno anche stati assassini ma di certo non erano maiali e per di più erano abituati a vivere in modo abbastanza decoroso.

Sempre con il cappuccio del mantello ben calcato sulla fronte i tre entrarono nella locanda semi deserta dirigendosi immediatamente dall’oste dietro il bancone. L’odore acre di fumo e sporcizia che regnava lì dentro provocò un acceso colpo di tosse a Neifel alla quale scivolò il cappuccio. Gli sguardi degli uomini presenti si fissarono immediatamente sul viso di porcellana della ragazza che arrossì violentemente e si rimise il cappuccio.

< Vorremmo una stanza > comunicò Xavier all’oste. L’uomo dal volto severo e la barba ispida e folta lo fissò scettico per qualche istante prima di rispondere.

< Ce li avete i soldi? > domandò con il suo vocione potente. < Sì > rispose il ragazzo rovesciando sul lungo bancone dieci dobloni e sorridendo beffardo. L’oste raccolse i soldi e prese una chiave in ferro da sotto il bancone che porse ai tre ragazzi i quali silenziosamente si ritirarono al piano superiore.

La stanza che l’oste gli aveva affittato era una delle migliori con al centro un letto matrimoniale e sul lato est proprio sotto la finestra una branda dall’aspetto non del tutto orrendo. Nell’angolo a sud ovest della stanza era sistemato un piccolo tavolo in legno con adagiata su una caraffa con dell’acqua e una ciotola ampia nella quale potersi sciacquare viso e braccia. Neifel fu la prima ad approfittare di quella comodità fiondandosi al tavolo e rovesciando metà della brocca nella bacinella dove immerse le mani secche e screpolate.

Mentre la rossa si rilassava Xavier e Amalia si tolsero di dosso quei pesanti mantelli e si sedettero sul letto pensando alla mossa successiva. Prima di poter riprendere il cammino gli occorrevano cibo e denaro e se per il primo avevano tempo di procurarselo, per il secondo sarebbero dovuti accorrere a metodi non del tutto legali.

< Facciamo così > cominciò Amalia < Tu vai a procurarti il cibo, mentre io penserò a trovare del denaro >

Le sembrava un buon piano, dopo tutto la più brava nella truffa, era sempre stata lei.

< E come pensi di procurartelo? > domandò scettico il ragazzo. La bionda lo fissò sorridendo maliziosa < Ho visto che poco più a sud c’è un bordello così mi è venuto in mente un piano però perché abbia successo mi servono le doti magiche di Neifel >

La rossa sentendo pronunciare il suo nome estrasse le mani dalla bacinella e andò a posizionarsi di fronte ai due. < E a cosa servirebbero le mie doti magiche? > domandò non capendo che cosa avesse in mente Amalia. < Mi serviranno per il mio piano > commentò lei vaga.

Come aveva detto poco prima a Xavier poco più a sud rispetto alla locanda nella quale avevano alloggiato si trovava un bordello abbastanza affollato e quindi pieno di polli da spennare. < Allora hai capito tutto? > domandò per la millesima volta Amalia rivolta alla rossa. Quella annuì e la precedette dentro il locale buio e umido.

In una sala dal soffitto basso e il pavimento unto erano sedute una decina di ragazze di svariata età e provenienza che intrattenevano uomini di ogni sorta mentre attendevano che una stanza si liberasse. Un uomo sulla quarantina con una barba ispida e i denti marci serviva birra scadente dietro un bancone in rovina. La rossa gli si avvicinò con aria cospiratrice e dopo avergli ordinato un boccale della sua migliore birra compì il miracolo. Fissandolo intensamente negli occhi e pronunciando una semplice frase riuscì a convincere l’uomo che Amalia era una delle sua nuove ragazze. La bionda, dopo aver ricevuto il segnale di Neifel, si lasciò cadere il pesante mantello cremisi appoggiandolo ad uno sgabello non molto distante da dove si era seduta la rossa e con passi lenti e sinuosi si immise nella massa.

Affinché il suo piano avesse successo Amalia era stata costretta a cambiarsi così adesso si ritrovava quasi nuda con indosso solo una gonna velata di rossa e un reggiseno dello stesso colore. Il suo portamento regale e sexy catturò lo sguardo di molti clienti che mollarono le loro ragazze per dirigersi dalla bionda. La ragazza li accolse tutti con sorriso accarezzando una guancia qui e un torace lì e facendoli sentire tutti dei valorosi guerrieri. La sua risata cristallina si spanse nell’aria saturando quell’ambiente di solito rozzo. Una dopo l’altra le sacche di monete di tutti gli uomini presenti in quel buco infernale si trascinarono quasi per volontà propria sotto il naso di Neifel che assisteva alla scena divertita e sconcertata.

Aveva sottovalutato quella ragazza e solo ora capiva quanto in realtà fosse furba e intelligente. Quando ebbero ciò che volevano la bionda tornò al bancone del bar dove recuperò il suo mantello e uscì in strada seguita dalla rossa che reggeva nelle mani una quindicina di sacche di monete sonanti.

Mentre camminavano lungo la via dei fabbri Amalia notò un manifesto appeso la muro di una bottega e spinta dalla sua irrefrenabile curiosità si fermò a leggerlo.

Sulla pergamena era riportata la data e l’ora di una condanna a morte che sarebbe stata eseguita quello stesso pomeriggio alle quattro.

< Poveretto > commentò sottovoce la rossa.

Amalia non la degnò di una sguardo riprendendo invece a camminare svelta. Un paio di guardie di ronda in quella zona si fermarono quando videro una gamba della ragazza sbucare da sotto il mantello.

< Guarda un po’ che bellezza? > commentò uno. L’altro si girò e osservò la bionda che continuava a camminare imperterrita. Convinti di aver trovato una preda facile e tronfi del potere che l’armatura gli dava si avvicinarono ad Amalia portandola con se in un vicolo buio. La rossa si spaventò lasciando cadere a terra un sacchetto di monete e correndo dietro la bionda che però le fece gesto di non muoversi.

Neifel obbedì e si fermo accanto all’entrata di uno speziale, fingendo di aspettare qualcuno.

I due uomini bloccarono Amalia contro un muro accarezzandole con le loro mani viscide le muscolose cosce il ventre piatto. Prima che anche un solo dito potesse raggiungere il seno o le natiche la bionda si liberò dalla presa dei due con i quali iniziò un serrato duello.

Le guardie colte di sorpresa tentarono di calmare la ragazza che però reagì mettendo a segno due potenti calci alle tempie dei due che persero conoscenza cadendo a terra in un gran rumore di ferro e latta.

< Tutto ok? > domandò la rossa in ansia quando la vide tornare verso di lei. < Certo > la rassicurò la bionda.

Le due ragazze tornarono alla locanda dove ad attenderle trovarono Xavier carico di provviste.

< Vado a cambiarmi > comunicò la bionda prima di sedersi la tavolo.

Mentre lei era su i due ordinarono un piatto di carne con verdure stufate e pane e tre boccali di birra. Affamati com’erano ripulirono il piatto in pochi minuti, pagando all’oste quanto dovuto e uscendo nuovamente per digerire.

Alla pubblica esecuzione in piazza mancava ancora circa mezz’ora ma la gente si stava già affrettando per prendere posto in prima fila e godersi lo spettacolo.

Il palco in legno era già stato costruito e il boia era al suo posto ad affilare l’ascia con la quale avrebbe mozzato la testa di quel poveretto. quattro guardie piantonavano i quattro angoli del palco. Una carretto colmo di paglia era sistemato dietro accanto alla scaletta sulla quale l’accusato avrebbe compiuto i suoi ultimi passi mentre una folla di gente si era radunata ai piedi del palco riempiendo l’intera piazza. Una signora dai capelli biondo oro singhiozzava aggrappata alla spalla di un uomo sulla quarantina cinquantina che cercava di consolarla ma inutilmente.

< Poveretta, quella deve essere la madre > disse la rossa in direzione di Amalia che però rimase indifferente. Era talmente abituata ad avere a che fare con la morte che vederla non le faceva nessun effetto. Qualcuno avrebbe potuto chiamarla insensibile ma a lei piaceva di più il termine glaciale, perché era così che si sentiva quando parlava di morte. Glaciale, come il suo cuore di fronte allo sguardo supplicante delle sue vittime.

Un boato improvviso proveniente dal lato ovest della piazza avvisò i tre che l’imputato era appena salito sul palco scortato personalmente dal capitano delle guardie. L’uomo agghindato di tutto punto agitò le mani verso la folla facendo cenno di tacere e poi cominciò a parlare.

< Quest’uomo, o meglio, questa caccola è accusato di furto e aggressione al corpo di guardia inviato in questa città dal nostro grande signora Hoord >

< Gli dei lo abbiano in gloria > rispose il popolo in coro. Amalia era basito da quello spettacolo di rispetto verso un essere anonimo e infido come Hoord.

< Per questi reati è stato condannato alla pena di morte per decapitazione che si attuerà ora >

Il petto gonfio in segno di eccitazione e soddisfazione si alzò e si abbassò in un sospiro di sollievo quasi. La popolazione esplose in un boato mentre la donna che poco prima singhiozzava svenne. L’uomo che era con lei la sorresse prontamente e dopo aver fissato per qualche istante il ragazzo e avergli stretto l’occhio abbandonò la piazza.

Il ragazzo dai capelli spettinati e gli abiti sporchi fu condotto fino al ceppo di legno su cui adagiò la testa preparandosi a morire. Il boia alzò la scure e dopo aver preso la mira qualche secondo la calò fermandosi a meno di un centimetro dal suo collo.

Neifel accanto ad Amalia si era calata il cappuccio e stringeva nel pugno un globo luminescente. < Che stai facendo? > sibilò infuriata la bionda.

< Beh, non posso lasciarlo morire è solo un ragazzo > ribatté lei.

L’intera piazza si voltò nella loro direzione compreso il corpo di guardia che assisteva all’esecuzione, e tutti con la medesima espressione. Sgomento e sorpresa erano dipinti sul volto di tutti compresi Xavier e Amalia che tentarono di prendere le distanze dalla rossa.

< Lasciatelo stare > urlò la ragazza in direzione del capitano che invece diede l’ordine di catturarla. < Merda > usurò Amalia che liberatasi del mantello si mise in posizione di difesa pronta a lottare con tutte le sue forze per tirarsi fuori da quel casino.

Un manipolo di cinque guardie si fece largo tra la folla puntando verso i due assassini.

< Ti amo > disse Xavier prima di cominciare < Anche io > rispose lei estraendo il pugnale dalla cintola. I soldati cominciarono ad attaccare a due a due affondando la spada nel tentativo di colpire i due ragazzi, che però essendo più veloci schivavano i colpi con estrema facilità. Mentre loro si occupavano delle guardie Neifel si issò sul palco e dopo aver messo fuori combattimento il capitano Gions e il boia aiutò il ragazzo a scappare.

Altre guardie giunsero da Ovest a rinforzare le file dei caduti sotto la furia di Amalia che combatteva come una vera Dea. La Morte aveva ragione, quella era la sua via e mai avrebbe potuto abbandonarla. Era stata cresciuta nella morte e nella morte sarebbe sempre vissuta.


Angolo autrice:


 


 Bentornati a tutti...ringrazio S_Anonima_E per i complimenti 
 e la correzione ( sarà stata una svista XD )e oltre lei volevo
 volevo ringraziare tutti coloro che seguono silenziosamente
 la mia storia e l'apprezzano. Siete davvero importanti. 
 In questo capitolo le cose si scaldano e Jason finalmente fa conoscenza
 con i nostri eroi dopo un salvataggio all'ultimo minuto di Neifel.
 Come proseguirà la storia? Restate con me e scopritelo!
A presto Sybeoil.
 

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Capitolo 16
*** Scappare per sopravvivere ***


 

Capitolo 15

 

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"Nessuno sopravvive a lungo nella rabbia,
prima o poi ti consuma, come l'amore.
Come si dice? Chi di rabbia vive di rabbia perisce"



 

 

< Perché lo hai fatto? > domandò ansimando Jason alla ragazza sconosciuta che le correva accanto. < Perché sei solo un ragazzo e perché sei carino > rispose lei afferrandolo per un braccio e trascinandolo in un vicolo sulla destra. Si sarebbero nascosti lì fino a quando le guardie non avessero cambiato direzione. Entrambi ansimavano per lo sforzo appena sostenuto. I vestiti laceri e sporchi del ragazzo contrastavano con quelli puliti e integri della ragazza che lo guardò e scoppiò a ridere.

< Che c’è, perché ridi? > domandò il ragazzo disorientato. < Perché sei buffo conciato così > rispose lei continuando a ridere.

< In ogni caso buffo o no ti ringrazio per avermi salvato e ora torno a casa mia >

Il ragazzo stava per uscire dal vicolo quando una mano morbida gli afferrò l’avambraccio riportandolo all’interno dell’ombra. < Che fai? > commentò nervoso rivolto alla rossa che le fece segno di tacere.

Un attimo prima che Jason potesse ribattere un manipolo di guardie a cavallo passò lungo la via senza degnare però di un solo sguardo il vicolo dentro il quale si erano nascosti. < Come facevi a..? >

< A sapere che stavano arrivando? > terminò Neifel al posto suo. < Sì > rispose il ragazzo. < Semplice, sono una maga > rispose orgogliosa la ragazza.

I due si fissarono per qualche minuto nel buio della strada prima di riprendere a parlare. < Mi presento, mi chiamo Jason Kile > il ragazzo le porse la mano che la rossa strinse in modo deciso ma al contempo delicato. < Piacere, il mio nome è Neifel Estel Youmi >

Un sorriso spontaneo curvò le labbra sottili e rotte del ragazzo mentre un leggero rossore imporporò le guance della ragazza che sorrise maliziosa.

< E così sei una maga? > Non era una domanda ma un affermazione, segno che il ragazzo voleva parlare ma non sapeva cosa dire. Per sua fortuna Neifel aveva abbastanza faccia tosta per tutti e due. < Sì una maga e debbo dirti che ci conviene muoverci e tornare alla locanda >

La rossa sbirciò fuori dal vicolo e dopo essersi assicurata che non ci fosse nessuna guardia nel raggio di almeno dieci chilometri uscì dall’ombra e cominciò a correre verso est. Il ragazzo la seguì affiancandola e osservandola mentre correva sorridendo come se non fossero inseguiti da tutte le guardie della città ma solo da bambini dispettosi che volevano il loro giocattolo preferito. Arrivati nei pressi della locanda si appostarono accanto ad un negozio di spezie ed erbe per verificare che avessero via libera. Una volta accertato ciò si mossero circospetti in direzione della locanda che a quell’ora e dopo ciò che era successo doveva sicuramente essere vuota. Neifel spalancò la pesante porta in legno ed entrò nella sala completamente vuota ad eccezione dell’oste che era impegnato a ripulire il bancone lercio. Fece malapena caso alla ragazza che saliva le scale ma quando il suo sguardo si posò sul ragazzo dai capelli biondo cenere e lo sguardo di ghiaccio mollò ciò che stava facendo e gli sbarrò il passaggio.

< Jason che ci fai qui? > domandò incredulo e spaventato. < Sono scappato Kevin e mi serve un posto dove nascondermi > rispose frettoloso il ragazzo. L’uomo lo fissò intensamente mentre pensava a cosa fare. Dare asilo ad un fuggitivo, soprattutto se odiato dal capitano Gions e dall’intero corpo di guardia, era una cosa per cui era facile morire. E se lui fosse morto chi si sarebbe preso cura di sua moglie e di sua figlia? No, per quanto volesse bene a quel ragazzo non poteva offrirgli riparo o protezione, doveva trovarsi un altro posto in cui stare oppure avrebbe chiamato Gions in persona e lo avrebbe fatto arrestare di nuovo. < Mi dispiace ragazzo, ma non posso lasciarti stare qui >

Per poco Jason non cadde dalle scale per la sorpresa. Mai in vita sua si sarebbe aspettato una cosa simile da Kevin. Quell’uomo lo conosceva da quando era in fasce, aveva sofferto per la morte di suo padre almeno quanto e lui e aveva cercato di aiutare lui e sua madre in tutti modi, mentre adesso che faceva? Lo vendeva così spudoratamente al nemico.

< Cosa vuol dire che non puoi farmi restare? > domandò sconvolto Jason. < Vuol dire che se non te vai chiamo Gions, mi dispiace ma devo badare alla mia famiglia > Le parole dell’uomo erano sincere, si vedeva che gli costava molto non aiutarlo, ma le costava anche molto accettare l’idea che avrebbe potuto lasciare sua figlia orfana e sua moglie vedova.

< Kevin sei un vero stronzo > Prima che potesse ribattere il pugno di Jason colpì l’oste in pieno viso andando a conficcarsi esattamente sull’occhio destro e rompendogli il sopraciglio.

Un secondo dopo essersi ripreso l’uomo partì al contrattacco scagliando un sinistro formidabile sulla guancia del ragazzo, che provato per lo sforzo della corsa e per i due giorni di digiuno, ruzzolò al suolo. Prima che Kevin potesse gettarsi sul corpo inerme del ragazzo e terminare ciò che aveva cominciato Neifel pronunciò una frase bizzarra con parole sconosciute bloccando il tempo in torno a loro.

Preoccupata per ciò che sarebbe accaduto d’ora in poi e consapevole della stupidaggine che aveva commesso scese di sotto a recuperare il corpo di Jason per portarlo in camera. Aveva bisogno di una ripulita e di essere rifocillato e non c’era tempo né per uno né per l’altro. Amalia e Xavier sarebbero arrivati di lì a pochi minuti, infuriati come non mai e decisi a partire al più presto, se voleva che non la uccidessero si sarebbe dovuta sbrigare.

Arrancando con fatica portò il corpo del ragazzo fin sul letto dove lo spogliò e lo rivestì con abiti puliti, quando ebbe finito sbloccò l’incantesimo e il tempo intorno a loro riprese a scorrere.

< Certo che sei proprio pesante > commentò Neifel per sdrammatizzare un po’ la situazione. < Che è successo? > chiese confuso il ragazzo < E perché ho vestiti puliti addosso? >

< Quante domande, smettila e piuttosto datti da fare e aiutami a preparare questi bagagli > lo rimproverò la ragazza. Senza porre ulteriori domande il ragazzo si diede da fare e cominciò a sistemare tutto ciò che trovò sparso per la stanza. Vestiti, armi e tutto ciò che poteva servigli durante il viaggio fu posto all’interno delle sacche da viaggio. Un istante prima di muoversi verso la porta un turbine d’aria fece capolino all’interno della stanza e un rumore sordo giunse alle orecchio dei due ragazzi.

Amalia e Xavier erano arrivati e li fissavano infuriati sulla soglia della camera.

< Brutta deficiente, stupida, ragazzina che cazzo ti è preso in mezzo alla piazza? Hai rischiato di farci uccidere tutti > La voce della bionda era un ringhio carico d’ira appena soffocato che procurò brividi di paura ai due che la osservavano incantati e impauriti al contempo.

Nella sua vita Jason non aveva mai visto nulla di più meraviglioso di quella ragazza che se ne stava ferma davanti a lui con i capelli appiccicati alla fronte e le armi sporche di sangue ad osservarli.

< Amalia mi dispiace ma non potevo proprio.. > balbettò a mezza voce Neifel nel tentativo di giustificarsi < Non potevi cosa, eh? Per poco io e Xavier non ci rimettevamo la pelle >

La bionda era davvero fuori di sé dalla rabbia e una luce rossastra si affacciò agli angoli degli occhi di solito limpidi e azzurri. Xavier fu l’unico ad accorsene e prima che la cosa degenerasse in modo ben peggiore di quanto era accaduto a casa della maga riportò la situazione alla normalità o quasi.

< Ok, adesso per favore calmatevi > sussurrò alle due che sembravano aver imboccato il sentiero di guerra. < Amalia per favore devi calmarti >

Xavier la supplicò letteralmente, la luce rossastra nei suoi occhi si stava spandendo e presto la cieca rabbia della volta precedente l’avrebbe posseduta del tutto e allora fermarla sarebbe stato quasi del tutto impossibile.

< Come cazzo faccio a calmarmi se… se questa stronza ha rischiato di farci ammazzare > ringhiò la bionda < Io l’ammazzo, poi la faccio riportare in vita e l’ammazzo di nuovo >

Quello era davvero troppo, se Xavier non fosse intervenuto subito si sarebbe scatenato l’inferno.

Sorprendendo i tre ragazzi l’assassino si mosse fulmineo e una volta disarmata la bionda la inchiodò al muro bloccandole i polsi sopra la testa. Amalia cercò di divincolarsi dalla prese ferrea e salda del moretto, e fu quasi sul punto di riuscirci, ma il ragazzo fu più veloce e premette con più forza sui polsi della ragazza.

< Dammi una mano e bloccala > disse rivolto in direzione della rossa che osservava la scena scioccata. < La mia magia su di lei non funziona, ricordi? > rispose Neifel ormai sull’orlo della disperazione.

Jason, rimase fino a quel momento immobile ad osservare ciò che accadeva intorno a lui e che sembrava irreale. Mai prima di quel giorno aveva immaginato di trovarsi di fronte a due assassini e una maga che per di più si odiavano a morte. Quello si che era un giorno da ricordare, quando le sarebbe ricapitata un’occasione del genere?

Xavier fisso i suoi occhi verdi in quelli lapislazzuli di Amalia che stava letteralmente perdendo il controllo. Sarebbe bastato un minimo e la rabbia avrebbe preso il controllo di lei e Xavier era deciso ad impedirlo. Amava quella ragazza più di se stesso e vederla priva di volontà completamente schiava di un cieca furia, proprio non riusciva a sopportarlo.

< Amalia ora devi ascoltarmi > il ragazzo parlò lentamente sperando di catturare l’attenzione della bionda che continuava a divincolarsi in preda a spasmi irregolari. < Dannazione Mal piantala e guardami >

Qualcosa nel tono del ragazzo convinse la bionda a dargli ascolto. Il corpo prima vibrante e teso di Amalia si rilassò e gli occhi velati di rosso tornarono al loro colore naturale. Azzurro lapislazzulo.

Il pericolo era passato, almeno per quella volta!

 

Angolo autrice:

Bentornati carissimi assassini, prima di tutto ringrazio S_Anonima_E che ormai qui è di casa, secondo ringrazio tutti coloro che seguono e apprezzano il mio racconto e terzo torniamo alla mia storia. Amalia deve vedersela ancora una volta con la rabbia che cerca in tutti i modi di possederla, mentre Jason può ritenersi salvo. Se già prima i rapporti tra la rossa e la bionda non erano del tutto "buoni" dopo questa follia, cosa accadrà?

Rimanete con me e scopritelo nel prossimo capitolo. Alla prossima, Sybeoil!
 

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Capitolo 17
*** Addio mamma! ***


 

Capitolo 16

 

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"Ciò che spaventa non è la morte,
quanto la vita che scorre lenta e inesorabile,
facendosi beffa di cuori impavidi e violenti"

 

Un sospiro di sollievo proveniente dalle labbra socchiuse di Xavier si sparse per la stanza, mentre lentamente lasciava la presa sui polsi di Amalia. < Come stai? > chiese sinceramente preoccupato. La bionda prese alcuni profondi respiri prima di rispondere. < Bene, anche se non ricordo molto, ho solo un gran mal di testa >

< Esattamente come la volta precedente > sussurrò Xavier più a se stesso che agli altri presenti nella stanza. < Cosa mi è successo? > domandò Amalia con aria innocente e spaesata. Il ragazzo e la rossa si guardarono negli occhi per qualche secondo indecisi su cosa dire. Se le avessero raccontato di quelle specie di attacchi sicuramente la bionda avrebbe voluto proseguire da sola nel suo viaggio per non nuocere a nessuno e quando si metteva una cosa in testa fargliela dimenticare era davvero difficile. D’altra parte però non potevano tenerglielo nascosto molto a lungo, non li sembrava corretto. Aveva già dovuto affrontare un cambiamento e delle verità assurde, tenerle nascosto anche quel particolare del suo essere era assurdo.

Per fortuna in loro aiuto intervenne Jason che prese la parola per spiegare cosa fosse successo. < Niente, sei arrivata qui e hai tipo perso conoscenza ma rimanendo sveglia >

I due lo osservarono stupefatti per la sua prontezza nell’inventare una scusa plausibile e sensata.

< Tu sei il ragazzo della forca, vero? > chiese Amalia rivolta al biondino.

Il ragazzo assentì leggermente in imbarazzo facendo un inchino molesto scatenando così l’ilarità dei tre.

< Tesoro, non sono mica una regina, io uccido per vivere con me non occorrono inchini e smancerie > commentò sarcastica la bionda.

Jason arrossì violentemente chinando la testa per la vergogna. Mai nessuno nella sua vita lo aveva fatto sentire tanto attratto e tanto intimidito al contempo. Quegli occhi avevano il potere di tenerlo in pugno, scatenavano in lui una sorta di maremoto incontrollabile e frenetico. Era come se il centro esatto del mondo fosse tutto concentrato in quelle due pietre azzurre incastonate nello sguardo seducente di una bionda dea. Senza rendersene conto avanzò di qualche centimetro, inesorabilmente attratto verso il corpo marmoreo di Amalia, che lo osservava confusa. < Ehi, c’è nessuno? > disse la rossa rivolta al biondino che però sembrava essere caduto in trance.

Il mondo intero per Jason poteva anche sparire, l’unica cosa che interessava era che ci fosse lei. Che quella creatura mandata dagli Dei su questa terra, fosse in salute e lo guardasse. Non chiedeva nulla di più se non poter sfiorare la pelle candida e liscia come seta della ragazza che gli stava di fronte. Era come incantato.

Inutili furono i tentativi di Neifel di svegliarlo e riportarlo alla realtà, che tra le altre cose era un gran casino. Inutili furono anche i tentativi di Xavier di farlo parlare. Il ragazzo continuava a tacere e ad avanzare verso la bionda che sempre più confusa osservava quel ragazzo andarle incontro.

< Si può sapere che diavolo gli prende? > domandò poi in direzione della Rossa che come risposta si limitò ad un’alzata di spalle. < Forse è in trance > ipotizzò il moretto. Le due passarono lo sguardo da Jason a Xavier cercando di capire se ciò che l’assassino aveva detto poteva corrispondere a verità. In effetti il ragazzo sembrava come ipnotizzato, ma chi avrebbe potuto fare una cosa del genere? Nessuno di loro gli si era avvicinato facendo dondolare un pendolo e sussurrandogli parole magiche all’orecchio, la sua attenzione era sempre stata focalizzata sulla figura di Amalia.

Un intuizione geniale illuminò la mente della rossa che finalmente capì a cosa era dovuto quello stato di trance del ragazzo.

< Xavier, ho capito perché è ridotto così > esclamò trionfante. < E’ colpa di Amalia > spiegò poi ammiccando con lo sguardo.

< Ehi frena un secondo, io non fatto nulla > si difese la bionda. La rossa sorrise < Lo so non lo fai apposta > spiegò con calma < E come se avessi una sorta di potere sulle persone. Tu le attiri a te senza volerlo e loro sono portate ad ascoltarti e venerarti in un certo senso >

La bocca della ragazza si spalancò mostrando tutta la sua sorpresa.

< Vuol dire che faccio cadere in trance le persone? > domandò scettica.

< Non le fai proprio cadere in trance in senso letterale, tu le attiri a te, era un antico potere delle Ninfe dei tempi passati > spiegò. Quello voleva dire che Amalia discendeva veramente dagli antichi popoli e che dagli antichi popoli aveva ereditato i poteri. Inconsciamente una parte di lei era felice di ciò che riusciva a fare. Quello la rendeva a suo modo speciale e lei non si era mai sentita speciale.

< Ora però dobbiamo andarcene di qui, come facciamo a svegliare il bell’addormentato? > chiese sbrigativa la ragazza.

< Basta fargli male > rispose la rossa. Senza attendere oltre Amalia passò la lama del suo pugnale sull’avambraccio del ragazzo procurandogli un taglio piuttosto esteso ma superficiale. Per fortuna il dolore lo fece tornare in se e i quattro poterono tornare a discutere del passo successivo.

Avevano lasciato la locanda da circa dieci minuti e sulla loro strada avevano già incontrato cinque guardie armate di tutto punto che pattugliavano la città in cerca dei fuggitivi. Fosse stato per la bionda a quell’ora sarebbero già stati fuori dalle mura diretti verso la capitale, ma la rossa si era impuntata affinché il biondino potesse andare a salutare la madre prima di partire.

Riguardo quel punto ne avevano discusso parecchio prima di raggiungere un accordo.

Neifel aveva insistito perché il ragazzo proseguisse il viaggio con loro, dopotutto due braccia in più sarebbero state comode, mentre Amalia sosteneva che Jason sarebbe stato solo di troppo. Il ragazzo non aveva messo bocca in quella discussione, anche se avrebbe voluto comunicare che partire con loro, per lui, sarebbe stato un grande onore. Le due erano andate avanti dieci minuti buoni prima che Amalia cedette e Jason fosse ammesso nel gruppo. Alle parole di rassegnazione della bionda, la rossa era scoppiata in un grido di esultanza lanciandosi in una danza grottesca ma divertente. Xavier, anche se non felicissimo, accettò di buon grado la presenza di un nuovo membro del gruppo, mentre Amalia mise il broncio e uscì dalla camera sbattendo la porta.

La casa in cui abitava Jason era situata ai margini della città vicino al cancello ovest. Per raggiungerla dovettero attraversare quasi tutta la città evitando sguardi indiscreti di gente troppo curiosa e guardie appostate ad ogni angolo ma finalmente riuscirono ad arrivarci sani e salvi.

L’abitazione era una piccola costruzione di un piano solo con i muri tinti di un grigio spento e le finestre serrate. La porta d’entrata era costituita da una serie di assi in legno inchiodate tra loro e fissate alle pareti con dei chiodi e della corda. Un luogo davvero orrendo in cui vivere ma ahimè, le loro possibilità economiche non andavano oltre.

Spostando con facilità le assi che costituivano la porta d’entrata i quattro entrarono all’interno della casupola sistemandosi nella piccola stanza. Un tavolo con due sedie, un camino spento e un letto costituivano l’arredamento di quel luogo buio e freddo. Delle scale scricchiolanti conducevano al piano di sopra dove sicuramente stava riposando la madre del ragazzo. La donna poverina era malata da tempo, di un male incurabile e che il più della volte, conduceva alla morte coloro che colpiva. Jason fu il primo ad imboccare le scale e ad accedere all’unica stanza del piano superiore dove erano sistemati due letti e un catino d’acqua. Una signora dai capelli biondo oro e la pelle di un malsano colorito biancastro era distesa sul letto più grande avvolta in due coperte di cotone. L’uomo che i tre avevano visto quel pomeriggio nella piazza principale le sedeva accanto tenendogli la mano e confortandola riguardo la sorte del figlio. Era uno spettacolo agghiacciante a detta di Neifel che per poco non scoppiò a piangere. Amalia, come al solito, rimase fredda e impassibili d’innanzi a quella visione di morte e dolore. Per lei era naturale vedere le persone soffrire e poi abbandonare per sempre quel mondo, lo aveva visto e fatto un sacco volte, nulla avrebbe potuto commuoverla. Xsavier, per quanto voleva dimostrarsi duro e impassibile, non riuscì a non commuoversi per le sorti di quella povera donna.

< Mamma, sono qui > disse dolcemente Jason andando a posizionarsi sul lato rimasto vuoto del letto. La donna sollevò piano le palpebre mostrando un paio di occhi identici a quelli del figlio. < Sei vivo > sussurrò. Il ragazzo la guardò con le lacrime agli occhi facendo segno di si con la testa e prendendole la mano tra le sue. L’uomo nel frattempo si era alzato e si stava dirigendo verso i tre che erano rimasti ad aspettare rispettosamente sull’uscio della stanza.

< Siete voi che avete salvato Jason? > domandò all’unico maschio del gruppo. < Sì, siamo noi > rispose Amalia per tutti loro. L’uomo fissò il suo sguardo severo sulla ragazza esaminando con attenzione il suo particolare abbigliamento. < Vi ringrazio > disse poi con un filo di voce. < Jason è un bravo ragazzo ma da quando ha perso il padre ha cominciato a comportarsi da stupido >

Amalia non voleva stare lì ad ascoltare le confessioni di uno che nemmeno conosceva ma non poteva fare altro. Per ora erano incastrati in quel luogo, almeno fino a quando la signora non avesse tirato le cuoia, cosa che a suo dire sarebbe avvenuta di li a poche ore.

< Come sei bello tesoro > sussurrò ancora la donna rivolta al figlio che la osservava tristemente. < Devi promettermi una cosa > disse con un filo di voce. < Quello che vuoi > promise il ragazzo tra le lacrime < Promettimi che metterai la testa a posto e farai il bravo. Promettimi che ti batterai per un mondo migliore senza però lasciarci le penne e che un giorno diventerai un grande uomo >

Il ragazzo le baciò la mano e poi annui < Te lo prometto >

Un istante dopo che ebbe pronunciato quelle parole la donna esalò l’ultimo respiro lasciando quel mondo per sempre.



Angolo autrice:

Bentornati a tutti. Ringrazio S_Anonima_E per la sua recensione e io suoi complimenti ( non vedo l'ora di cominciare a stendere le nuova storia ) e ringrazio tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le preferite, le seguite o le ricordate, ma ringrazio anche coloro che la leggono silenziosamente. Insomma a tutti voi va il mio più grande e sincero grazie!
Passiamo al capitolo e a ciò che accadrà. In queste righe si scopre un nuovo e traordinario potere della nostra protagonista, che a mio parere diventa sempre più figa, me non solo perchè qui si scopre anche quanto il suo cuore sia stato indurito dalla vita. Quasi più nulla la mondo riesce a farla commuevere, neanche la morte di una madre che supplica il figlio di fare il bravo. Ah sì, qui si vede anche la morte della madre del nostro Jason che purtroppo lo lascerà per sempre, permettendogli però di divenire un grande uomo. A causa di ciò infatti il ragazzo è ancora più stimolato a partire e a prendere parte alla lotta contro Hoord.
Come proseguirà il viaggio dei nostri assassini ora che oltre alla stralunata e sensibile maga si è aggiunto anche un ragazzetto cocciuto e impertinente? Riuscirà Amalia a sopportare persone così differenti da lei oppure abbandonerà tutto? Restate con me e scopritelo nel prossimo capitolo.
Con affetto Sybeoil!

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Capitolo 18
*** Una grande donna ***


 

Capitolo 17

 

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"A morire siamo tutti bravi,
la cosa difficile da fare, è vivere
sapendo di aver perso persone importanti"

 

< Mi dispiace interrompere questo momento diabetico ma dobbiamo levare le tende e al più presto > La bionda era stata fin troppo delicata nel comunicare a Jason l’urgenza di andarsene da quel luogo alla svelta. Non c’era tempo per piangere la morte di quella donna né tanto meno per seppellirla con tutti gli onori, dovevano andarsene. < Sei un insensibile > l’accusò la rossa con le lacrime agli occhi. < Gli è appena morta la madre e te che fai? Gli dici di muovere il culo. Sei pessima >

Non che quelle parole avessero il potere di ferirla però le provocarono comunque una strana sensazione. Non di colpa o rimorso solo fastidio.

< Senti > sibilò tra i denti la bionda sempre più nervosa < Siamo già in ritardo con la tabella di marcia, ho dovuto accettare te e lui nel gruppo. Se permetti tengo molto di più alla mia di pelle e non ho nessuna intenzione di regalarla a quelle stupide guardie >

La voce di Amalia era bassa ma minacciosa, si poteva percepire tutta la fatica che stava facendo per non saltare al collo della rossa e spezzarglielo. Le costava davvero molta, moltissima fatica mantenere la calma quando quella sottospecie di ragazzina viziata la rimproverava.

In aiuto della rossa intervenne Xavier che cercò di ammorbidire la bionda ma senza successo < Amalia forse Neifel a ragione, diamogli qualche momento >

La ragazza lo fulminò con uno sguardo che esprimeva tutto il suo stupore. Non poteva crederci, ora anche lui era dalla sua parte, incredibile. < Sentite voi fate quello che volete ma io me ne vado, ci tengo ancora alla pelle >

Detto ciò voltò le spalle agli occupanti della stanza e uscì dalla casa diretta verso la porta ovest del villaggio.

< Mal fermati > la voce del suo amico Xavier le giunse alle orecchie quando ormai aveva quasi raggiunto il cancello. Era incazzata nera e nessun tipo di scusa avrebbe potuto rabbonirla o farle cambiare idea. Quella dannata rossa si stava prendendo ogni cosa. Prima un posto all’interno del gruppo, poi Jason e ora anche Xavier. Non poteva sopportarlo, se voleva poteva tenerseli, lei non aveva bisogno di nessuno.

< Mal ti prego fermati, mi dispiace > Una mano le sfiorò la spalla provocando una reazione istintiva nell’organismo della bionda. Con velocità fulminea afferrò il braccio di Xavier bloccandoglielo dietro la schiena e puntandogli il pugnale alla gola. < Perché dovrei fermarmi? State tutti meglio senza di me e poi sembra che lo rossa ti garbi > sputò tra i denti. < Mal che cazzo dici, io non voglio nessuno a parte te lo sai > La sincerità nelle parole del ragazzo convinse la bionda a lasciarlo andare ma senza abbandonare lo sguardo assassino che aveva indossato dal momento in cui Neifel gli aveva tirato quel brutto tiro alla piazza principale rischiando di farla ammazzare.

< Mal io ti amo e per favore aspettaci verremo con te > Dietro le spalle del ragazzo comparvero le sagome di Jason e Neifel con indosso un broncio molto simile a quello di Amalia.

Finalmente erano riusciti a lasciare la città, anche se non con poche difficoltà, ed erano pronti per affrontare il grande deserto che gli si prospettava davanti.

La vegetazione si faceva sempre più rada e spinosa mentre aumentavano i ciottoli e la terra rossa bruciata dal sole. La sera si avvicinava con passo svelto e la temperatura stava calando quasi alla stessa velocità, se volevano sopravvivere al freddo e ai predatori notturni che abitavano quelle terre desolate dovevano trovare un riparo. A qualche chilometro di distanza si intravedevano della sagome di rocce e montagne, magari lì avrebbero trovato una grotta dove accamparsi e passare la notte.

Se nei due giorni precedenti la rossa si era impegnata con tutta se stessa per riempire ogni minuto di silenzio che si veniva a creare nel gruppo questa volta se ne stette zitta e buona nelle retrovie accano a Jason ancora scosso per la perdita della madre e in parte dall’insensibilità di Amalia. La bionda invece marciava in testa al gruppo decisa a mettere la maggior distanza possibile tra lei e quelle stupide guardie. Non aveva nessuna voglia di essere rinchiusa nelle segrete di qualche prigione e magari essere torturata. Lei era quella che certe cose le faceva sugli altri, di certo non le subiva. Dietro di lei, interposto tra Amalia e Neifel per evitare spargimenti inutili di sangue, c’era Xavier che marciava silenzioso con il suo zaino in spalla.

Era ormai buio quando raggiunsero le montagne che avevano scorto una volta lasciato la città di Lochux e la visibilità era ridotta al minimo. Per fortuna la maga venne loro in soccorso evocando un globo luminescente che facesse strada e illuminasse l’ambiente circostante. Orgogliosa com’era Amalia decise di non ricorrere all’aiuto della rossa sostenendo di essere perfettamente in grado di orientarsi nella più totale oscurità. E in effetti era vero, Amalia aveva la straordinaria capacità di orientarsi anche negli spazi più oscuri. In quel modo riusciva sempre a cavarsela. Moltissime volte questa sua innata capacità le era tornata utile durante una delle sue uscite notturne in cui doveva compiere il suo lavoro.

Per fortuna le grotte scavate all’interno della montagna erano disabitate e nessun animale sembrava averne preso possesso così decisero di stabilirsi lì per la notte e l’indomani mattina avrebbero ripreso il viaggio. La rossa e Jason si preoccuparono di preparare la cena mentre Amalia e Xavier approntarono alcune trappole da piazzare all’entrata della grotta. Stabilirono anche dei turni di guardia, dove ovviamente, non furono inclusi i due novellini. Per loro sarebbe stato troppo faticoso reggere i ritmi a cui erano abituati i due assassini.

Dopo aver posizionato le trappole uscirono fuori alla ricerca di legna da ardere. Gli arbusti che Amalia aveva scorto poco prima lungo le pendici della montagna sarebbero stati perfetti. Erano piccoli e secchi, ottimi da ardere. Mentre erano chini sugli arbusti spinosi Xavier se ne uscì con una domanda che sorprese Amalia.

< Mal, stai bene? > chiese seriamente preoccupato. < In che senso? > domandò la bionda non capendo. < Nel senso, sei sicura di voler continuare questa cosa? > spiegò il moretto.

La bionda lo fissò battagliera pronta per litigare di nuovo < Senti ho detto che voglio arrivare fino in fondo a questa storia poi se tu non te la senti libero di andartene >

Era stanca di dover sempre ripetere le stesse cose, se non voleva andare avanti ma realizzare il suo sogno di andare a vivere nelle Terre dell’Ovest era libero di farlo, ma non avrebbe dovuto assillarla in quel modo. Aveva già le sue preoccupazioni a cui pensare.

< Non ho detto questo > si giustificò il ragazzo < Solo che non capisco perché tu lo faccia, insomma non sai nemmeno se ciò che ha detto Shiack sia la verità o solo una bugia >

Amalia rifletté che in fondo quello che diceva non era del tutto sbagliato, magari Shiack aveva detto una cavolata o lei aveva sentito male, però c’era sempre quella strana sensazione e quei ricordi confusi che non le davano tregua. Continuavano a riempirle la mente convincendola che era il caso di indagare e che la capitale era il suo posto. Sentiva con tutta se stessa che c’era qualcosa in lei di diverso, qualcosa che andava oltre il completo di pelle e i pugnali dateli dalla Gilda.

< Può anche darsi > rifletté seria < Ma io ho bisogno di sapere > disse con tono quasi supplicante < Ho bisogno di conoscere le mie origini, da quando ho sentito il discorso che Shiack a fatto a tuo padre non riesco a darmi pace è come se dovessi andare alla capitale per forza >

Si fermò un attimo sedendosi su un masso sporgente e invitando Xavier a fare lo stesso. Il ragazzo seguì il consiglio e gli si accomodò accanto passandole un braccio intorno alla vita. < E poi c’è stato quel dialogo con la Morte > aggiunse quasi sovra pensiero.

< Un dialogo con la morte? > domandò Xavier non capendo cosa potesse centrare quello con ciò di cui stavano parlando.

Se avesse potuto Amalia si sarebbe mozzata la lingua, sentiva che non era ancora il caso di rivelare del suo “incontro” con la Dea Morte, ma ormai il gioco era fatto e non poteva tirarsi indietro.

< Sì > mormorò a bassa voce < Quando sono rimasta incosciente alla Gilda ho visto la Morte e posso assicurarti che non è come ce la immaginiamo > aggiunse prima che Xavier potesse chiederle delucidazione riguardo il suo aspetto. < E’ una donna bellissima e anche gentile, per quanto ho potuto vedere >

L’espressione scioccata del ragazzo bastava per esprimere la sorpresa e la curiosità che si agitavano spasmodiche in fondo ai quei due pozzi verdi. < Mi ha parlato, dicendomi che non avrei dovuto abbandonare la via che gli Dei anni fa, scelsero per me e poi se ne è uscita con una frase alquanto strana >

< Che frase? > domandò ormai completamente rapito da quel racconto.

< Beh, ha detto di ricordarmi che dalla morte deriva sempre la vita, anche se non so cosa voglia dire esattamente > la bionda rifletté su quelle parole qualche istante poi non riuscendo a trovare una soluzione si alzò e cominciò a incamminarsi verso la grotta.

Al contrario dell’esterno l’interno della grotta nella quale aveva trovato riparo era avvolto in un caldo tepore arricchito dal profumo invitante di carne arrosto. Prima ancora che i due potessero portare la legna alla rossa, questa, aveva acceso un fuoco evocando la magia e cuocendoci su un animale di dubbia provenienza il cui odore però faceva salire l’acquolina in bocca.

Se possibile quel gesto solleticò ancora di più l’orgoglio della bionda che mollò la legna a terra e andò a sedersi nell’angolo più buio dove estrasse la sua spada. Il rumore della lama che veniva estratta dalla fodera fece scattare la rossa, che convinta di essere il bersaglio, si alzò mettendosi in posizione di difesa. Amalia la guardò dubbiosa prima di tornare alla pulizia della sua arma. Capendo di non essere l’obbiettivo della bionda Neifel tornò a sedersi e a dedicarsi alla cucina mentre Jason sistemava i giacigli per la notte e Xavier aggiungeva legna al fuoco. Per quasi mezz’ora gli unici rumori udibili furono lo scoppiettio del grasso sul fuoco e il raschiare della lama contro una pietra. Quando poi Neifel annunciò che la cena era pronta i due maschietti si precipitarono accanto al piccolo falò pronti per ricevere la loro porzione di cibo. Amalia, ferita com’era nell’orgoglio, rimase dov’era sola e a digiuno. A nulla valsero le suppliche di Xavier, che continuava a pregarla di unirsi a loro nel banchetto, oppure le richieste -seppur non del tutto sincere- di Neifel che la invitava a mangiare fin quando fosse stato ancora caldo. Quando la bionda si metteva in testa qualcosa, farglielo passare era davvero una faticaccia.

Dopo aver spazzolato tutto ciò che era rimasto la rossa e Xavier si sistemarono nei rispettivi giacigli pronti per dormire, mentre Amalia si andò a posizionare accanto all’entrata della grotta per il primo turno di guardia.

Anche Jason andò a sdraiarsi nel suo giaciglio, deciso a mettere una fine a quella giornata tremendamente stressante, ma per sua sfortuna il sonno non sembrava voler arrivare. Così, stanco di girarsi e rigirarsi sul suolo duro e freddo, andò a sedersi accanto alla bionda che era intenta ad osservare le numerose stelle sparse su nel cielo.

< Belle vero? > commentò Jason. La bionda si girò nella sua direzione annuendo. < Senti io… >

Amalia voleva scusarsi per quello che aveva detto e fatto quel pomeriggio, ma non essendo abitata a porgere delle scuse, trovare le parole adatte per farsi perdonare le veniva davvero difficile.

In aiuto le venne Jason, che capendo dove avrebbe portato il discorso, l’anticipò accettando le sue scuse un po’ moleste.

< Non preoccuparti, è tutto ok > disse rivolto alla bionda. I suoi occhi erano fissi sulla figura semi illuminata della bionda, che sotto quella prospettiva, appariva ancora più bella.

La linea dritta del naso che terminava leggermente all’insù e le labbra piene di un color pesca naturale sembravano essere stati dipinti dal più grande dei pittori. L’esile collo, bianco come marmo, si sposava perfettamente con le spalle squadrate e rivestite dalla giacca rosso cremisi che sembrava avvolgerla come una seconda pelle. Le gambe raccolte al petto e gli occhi fissi sui diamanti appesi nel cielo le donavano un aria sognante un po’ da bambina, che fece capire al biondino, quanto in realtà quella straordinaria donna racchiudesse dentro di lei.

Forse ancora non lo sapeva, ma quegli occhi erano destinati a grandi cose. Solo una grande donna avrebbe potuto indossare due pietre tanto preziose senza rendersi conto del potere che possedevano. I suoi erano occhi magnetici e incantatori. Avevano il bizzarro potere di possedere l’animo delle persone che avevano la fortuna di perdercisi dentro e annegare in quel mare azzurro. I riflessi dorati accanto alla pupilla sembravano frammenti di una sole al tramonto nel grande Mare del Nord, dove il ghiaccio regnava sovrano. Jason ne era sicuro, le sue origini erano qualcosa di speciale. Fredda e glaciale come gli antichi guerrieri, bella e sinuosa come le Ninfe di un tempo.

Amalia sarebbe divenuta una grande donna, molto più grande di quanto non fosse già.


 

Angolo autrice:

Dunque, ben tornati a tutti. Ringrazio S_Anonima_E i cui complimenti mi riempono sempre di gioia e tutti coloro che seguono questa storia in silenzio, leggendo e apprezzando ogni riga. Grazie!
Per prima cosa vorrei specificare che la crudeltà di Amalia del capitolo precedente è stata messa in particolare evidenza, per distinguerla da Neifel, che invece è il suo esatto opposto. Le due, come credo di sia visto, sono in competizione e possiedono caratteri diametralmente opposti. Dove una manca di tatto e senseibilità, l'altra ne possiede fin troppo. Dove una è colma di parole l'altra non ne trova mai di adatte. Insomma sarà una bella sfida per la nostra Mal non strangolare la rossa nel sonno. Jason invece è stato inserito per dare un pizzico di normalità ad un gruppo che di normale ha ben poco. Il viaggio continuerà e le sorprese non mancheranno di certo, già nel prossimo capitolo, si scopriranno cose che lasceranno tutti a bocca aperta ( compresa me che le ho scritte XD ).
In ogni caso vi invito a rimanere con me e a seguire le avventure di Mal e dei suoi amici! A presto, Sybeoil!

P.S questa è un immagine di come all'incirca è il desederto delle Terre del Sud http://weheartit.com/entry/12970427
Mentre questa è la spada di Mal  http://weheartit.com/entry/12762833

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Capitolo 19
*** La caccia è aperta ***


 

Capitolo 18

 

 Darken - darken-rahl photo

 

"Spesso la brama di potere
acceca chi la possiede, conducendolo
verso il baratro della solitudine"

 

Il capitano Gions era furioso con se stesso ma soprattutto con il plotone sotto il suo comando che si era rivelato incapace e idiota. Quei cretini dei suoi sottoposti erano riusciti a farsi scappare da sotto al naso uno stupido ragazzino e gli altri tizi che erano con lui. Se solo avesse potuto li avrebbe trucidati uno ad uno con le sue stesse mani, le stesse che ora erano strette convulsamente a pugno nel tentativo di calmare i nervi.

< Come è possibile che siano scomparsi? > latrò ad un soldato < Erano quattro stupidi ragazzini e voi mi venite a dire che sono scomparsi? >

In un impeto di rabbia il capitano scaraventò a terra tutte le cartacce che avevano preso residenza sulla sua scrivania ormai da mesi. Se solo avesse messo ancora una volta le mani su quel ragazzo insolente, giurò che lo avrebbe ammazzato personalmente in modo lento e doloroso. Voleva vedere i suoi occhi implorare pietà e la sua bocca pregare per avere un po’ di pace prima che la morte potesse sollevarlo dal dolore.

< Non sappiamo come sia potuto succedere ma sembrano essere scomparsi > balbettò impaurito un soldato di fanteria. < Scomparsi, scomparsi non sento altro da quasi ventiquattro ore. Trovateli! > ordinò seccamente Gions.

Un istante dopo che il soldato ebbe lasciato l’ufficio del capitano e quest’ultimo potesse trovare un attimo di pace sulla sua poltrona in pelle una figura dai contorni spettrali apparve al centro della stanza spaventando a morte Gions che corse ad inchinarsi al suo cospetto.

< Mio signore > sussurrò imbarazzato inchinandosi alla figura di Hoord. Quell’uomo, se così poteva definirsi, possedeva l’insana capacità di comparire nei momenti meno opportuni.

< Gions che piacere vederti > blaterò il tiranno cominciando a muoversi per l’ufficio e osservando con sguardo curioso il caos che si era creato.

< Come mai questa confusione? > domandò in tono affettato. < Ecco io ho avuto un piccolo scontro con un soldato > balbettò timoroso il capitano. < No, no, no Gions. Non si raccontano le bugie al proprio superiore, ancora non hai imparato? >

Il capitano lo fissò con il terrore negli occhi pronto a subire la sua furia che però non arrivò. Il tiranno si limitò a scoccargli un occhiata severa e a rivolgergli un sorriso viscido e falso almeno quanto quel suo aspetto giovanile. < Ho saputo che ti sei lasciato sfuggire un prigioniero ieri pomeriggio > cominciò con tono quasi divertito < E ho anche saputo che con lui c’erano una maga e ben due assassini della tanto famigerata Gilda, vero? >

Il capitano abbassò lo sguardo colpevole annuendo modestamente alla domanda del suo signore. < E di grazia, tu sapresti dirmi cosa ci facevano due assassini con un ragazzo di provincia? >

Gions lo guardò timoroso e poi fece cenno di no. In effetti era strano che quell’idiota di Jason conoscesse due assassini di così alto livello. Che lui ricordasse la Gilda non metteva più piede in quella città da anni ormai. L’ultima volta che una tuta rossa, come chiamavano gli assassini in quella città, aveva messo piede a Lochux risaliva a ben dodici anni prima quando l’intero Senato era stato spazzato via. Il capitano non si era mai preoccupato di scoprire la causa della morte di quella gente soprattutto perché non gliene era mai importato molto ma adesso, finalmente cominciava a capire. Non era stato un caso che la Gilda fosse passata in quella città e che la notte successiva tutti i membri del Senato fossero morti in un misterioso incendio. Erano stati loro, pagati sicuramente da qualcuno che aveva mire ben al di sopra di un incarico governativo. Qualcuno come Hoord che mirava a controllare l’intero regno. Ora tutto era finalmente chiaro, limpido come il mare d’estate. Quel mostro di Hoord aveva pagato la Gilda perché sterminasse i membri del senato e le loro famiglie.

< E dimmi Gions, uno dei due assassini era forse una donna? > domandò storcendo la bocca in un ringhio. < Sì mio signore > confermò il capitano. Il tiranno blaterò qualcosa a mezza voce e poi chiuse gli occhi prendendo lunghi respiri nel tentativo di calmarsi. A Gions venne quasi da ridere, Hoord il grande tiranno temuto in tutte le cinque terre, si innervosiva a sentire che uno dei due assassini era donna.

< Qualcosa non va? > chiese curioso il capitano. La figura spettrale del tiranno lo squadrò nervoso camminando su e giù per l’ufficio pieno di scartoffie. < Quella ragazza deve morire e al più presto > sentenziò l’uomo. Il capitano lo guardò stranito non riuscendo a capire per quale motivo un uomo della sua levatura, volesse una semplice ragazzina, morta al più presto. In ogni caso non fece domande e anzi si propose per inseguirla, stanarla e poi ucciderla prima che potesse lasciare le Terre del Sud o peggio raggiungere la capitale. < Come desiderate mio signore > disse in tono reverenziale il capitano. Hoord lo guardò soddisfatto e un secondo dopo scomparve portandosi via la nebbia che aveva invaso la stanza. Esausto per la mancanza di sonno e il dialogo appena sostenuto Gions si lasciò cadere pesantemente sulla poltrona in pelle maledicendo il giorno in cui aveva deciso di entrare nell’esercito.

 

***

Erano sei giorni che marciavano senza sosta, fermandosi giusto qualche ora per riposare e rifocillarsi, eppure Shiack ancora non riusciva a darsi pace per quel che aveva fatto a quella povera ragazza. Amalia non si meritava tutto quello che stava passando, in fondo era una ragazza fragile lui lo sapeva bene. Tante volte quando era ancora una bambina passava di nascosto nella sua stanza quando ormai era buio a controllare che le ferite dell’allenamento non fossero troppo gravi. Si preoccupava per lei come non si era preoccupato per nessun altro al mondo e adesso l’aveva delusa e umiliata rinchiudendola nelle segrete.

Quello però era l’unico modo per evitare che tentasse un colpo di testa e provasse a seguirli. Per lei alla capitale ci sarebbe stata solo morte, Hoord avrebbe potuto riconoscerla e allora addio copertura e addio tutto.

< Quanto manca ancora? > domandò una voce familiare. I suoi pensieri però erano troppo occupati a ricordare le risate e i momenti difficili passati con quella ragazzetta bionda e ribelle che ora stava rinchiusa dietro sbarre di metallo. < Shiack! > chiamò la stessa voce di prima. Questa l’uomo si voltò nella direzione da cui proveniva la voce e vide il volto sudato e affaticato di Horne che gli camminava accanto.

< Cosa hai detto? > chiese non avendo capito cosa le aveva domandato prima. < Ho chiesto quanto manca ancora, gli uomini sono stanchi > ripeté quello. < Domani verso metà mattina dovremmo essere arrivati >

Se avessero continuato a marciare così contando due tre ore di pausa l’indomani mattina si sarebbero ritrovati a camminare per le vie della capitale in attesa di essere ricevuti dal grande sovrano. Shiack ancora non sapeva dove si trovasse questo gruppo di rivoluzionari che Hoord temeva tanto, ma secondo e informazioni che gli erano giunte alle orecchie, dovevano trovarsi nelle Terre dell’Este prossimi ai confini con quelle del Sud. Questo voleva dire che erano pericolosamente vicini alla capitale e al sovrano in persona.

< Non pensarci > sussurrò Horne < Starà bene, è una ragazza forte se la caverà >

Ciack lo guardò poco convinto delle sue parole ma annuì comunque, stare a perdersi dietro certi pensieri non era certo di aiuto, sarebbe stato meglio pensare ai soldi che si sarebbe goduto una volta terminato quell’incarico. La sera stava calando rapidamente così come le forze dei suoi uomini che erano stanchi e provati dalla lunga camminata sotto il sole cocente. Per fortuna la notte avrebbe portato con sé un clima più mite con temperature decisamente più basse. Una volta trovato delle grotte nelle quali potersi fermare per qualche ora a riposarsi e sfamarsi gli assassini approntarono giacigli e accesero fuochi.

Quella sera la cena sarebbe stata più sostanziosa dato che due di loro il giorno prima avevano trovato un Daidril del deserto.

Horne di occupò di stabilire alcuni turni di guardia e poi andò ad unirsi al banchetto accanto a Shiack che continuava a torturarsi con pensieri cupi.

< Se gli dei vorranno tra due giorni sarà tutto finito e tu potrai tornare a casa e spiegare ad Amalia la verità > disse l’uomo.

< Spero capirà > sussurrò Shiack prima di coricarsi nel suo giaciglio e chiudere gli occhi.

 

 

 Angolo autrice:

 

Bentornati a tutti. Ringrazio con tutto il cuore S_Anonima_E per aver recensito ogni
capitolo e tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le preferite, le seguite o 
le ricordate e acui vorrei dire che i loro pareri sarebbero graditissimi, di qualunque
genere essi siano. Ringrazio anche chi segue la storia per pura curiosità o noia.
Tornando a noi, questo capitolo è un po' più corto dei precedenti per il semplice fatto
che mi occorreva mostrare alcune cose da allacciare al capitolo successivo, quindi non vi spaventate.
Dunque qui si scopre che Hoord sa molto più di quello che crede Shiack e che vuole la bionda
morta a tutti i costi. Shiack invece è tormentato dal trattamento che ha riservato ad Amalia
ma al suo fianco c'è Horne disposto ad aiutarlo. La marcia verso la capitale è quasi terminata e presto
avrà luogo la loro missione. Alleluia! XD
Dunque se volete scoprire le prossime mosse dei nostri quattro protagonisti, restate con me
e scopritelo.

Qui c'è una foto del fisichetto di Xavier  http://weheartit.com/entry/12549205

 Mentre qui c'è un piccolo bacetto tra la bionda e il moretto http://thelake.tumblr.com/post/595942196

 Quello che vedete sopra è come mi sono immaginata Hoord!

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Capitolo 20
*** Finalmente a Kadheral ***


 

Capitolo 19

 

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"Per quanto odiassi Shiack è ciò
che mi aveva fatto, non potevo abbandonarlo.

Sarei andata a Chruer per salvarlo e poi
avrei ottenuto ciò che volevo: la verità"

 

Le sagome delle case della città di Kadheral si stagliavano severe contro il cielo plumbeo di prima mattina. Grossi banchi di nuvole grigiastre solcavano quel mare infinito come galeoni di antichi pirati pronti all’arrembaggio. Sia Amalia che la rossa erano impegnate a contemplare quella meraviglia che pareva agitarsi come in preda a spasmi irregolari. La massa grigiastra di nubi si muoveva veloce sospinta dal vento che soffiava impervio verso ovest. Quasi sicuramente l’indomani quelle terre avrebbero visto la pioggia. Finalmente dopo quasi una settimana di viaggio erano giunti alle porte della capitale, dove se gli Dei li avessero assistiti, avrebbero scoperto la verità sulle origini di Mal e magari scovato quel bastardo di Hoord. La bionda non vedeva l’ora di trovarselo davanti per potergli far rimpiangere la decisione che dodici anni prima era costata la vita ai suoi genitori. Durante i turni di guardia delle notti passate nel deserto aveva avuto tutto il tempo del mondo per escogitare un modo fantasioso e doloroso con cui porre fine alla sua vita. In quello Amalia era sempre stata brava, riusciva a trovare modi assurdi per uccidere le persone. Di certo non poteva definirsi una ragazza priva di fantasia.

Le provviste che si erano procurati nella città di Lochux erano terminate il giorno precedente ed ora i loro stomaci esigevano cibo. Una volta superate le guardie all’entrata della porta principale della città avrebbero trovato una locanda e messo qualcosa sotto i denti.

< Guardate là > esclamò estasiato Jason i cui occhi erano fissi su un punto indefinito del cielo.

Lì, al centro esatto della città, si ergeva un palazzo molto simile a quello della Gilda ma anche del tutto diverso. Il candido bianco che ricopriva i muri in pietra sembrava risplendere alla luce del sole che saliva in cielo per il suo giro quotidiano. Le guglie antiche e imponenti ricordarono ad Amalia quelle della Gilda, anche se nulla era paragonabile a casa sua. Numerose e ampie finestre decorate a mano tappezzavano il palazzo assomigliando a pietre preziose incastonate in un bel gioiello. Gli sguardi di tutti e quattro erano concentrati su quella costruzione eccezionalmente bella da togliere il fiato. Un rumore di zoccoli proveniente dalle loro spalle però li convinse ad interrompere quel momento e a ritornare alla realtà.

Entrare in città sarebbe stato tutt’altro che facile, i controlli alla porta principale, erano serrati quasi quanto quelli della Gilda se non di più. Ad ogni persona che chiedeva di varcare la soglia del portone venivano chiesti documenti e lascia passare, cose che i quattro non possedevano. Fosse stato per la bionda avrebbe ucciso quelle stupide guardie liberando così il passaggio, ma capiva anche lei che compiere un omicidio in pieno giorno e per di più sotto gli occhi di tutti, non era una mossa intelligente per passare inosservati. Occorreva un piano e non di certo un piano qualunque.

Per quasi un ora rimasero fermi ai margini della strada pensando ad un modo per entrare quando un improvviso lampo di genio illuminò la mente della rossa che sorrise trionfante.

< Ho trovato! > esclamò eccitata. I tre si posero all’ascolto della rossa che orgogliosa della sua idea andò ad esporre il piano.

La cosa era piuttosto semplice e per fortuna di Xavier non sarebbero occorse eccessive recite. Purtroppo non era mai stato bravo a fingere, si vedeva un miglio lontano quando recitava. Perfino un bambino non avrebbe creduto ad una sua sola parola. Il piano di per sé era semplice e consisteva nel lanciare un incantesimo sulle loro figure in modo che chiunque li vedesse, li scambiasse per due guardie che conducevano due prostitute da Hoord. Una volta ottenuto ciò che volevano, ovvero il permesso di entrare in città, l’incantesimo sarebbe cessato da solo.

Ad Amalia parve una buona idea e per la prima volta dal giorno in cui aveva conosciuto Neifel si congratulò con lei azzardandosi addirittura a darle un pacca “affettuosa” sulle spalle.

I tre si guardarono scioccati per quel imprevisto gesto di cortesia sollevando le spalle come a dire < Boh >

Pronunciando due semplici frasi Neifel fece sì che, pur mantenendo il loro aspetto normale, i quattro sembrassero persone differenti a tutti coloro che li avessero guardati prima di entrare in città.

Quando furono pronti, si caricarono in spalle le sacche da viaggio e si avviarono verso una delle due guardie che controllava i documenti.

< Buongiorno signore > scattò quello sull’attenti quando Xavier gli si parò davanti. Evidentemente Neifel doveva avergli fatto assumere l’aspetto di un alto grado dell’esercito. Il ragazzo rispose con un cenno impacciato della testa mentre con tono di voce fermo e deciso gli comunicava che sarebbero dovuti entrare in città.

< Certo, volete che vi mandi una scorta? > chiese il soldato. < No, va bene così > rispose confuso Xavier prima di varcare il portone.

Finalmente erano dentro. La prima cosa da fare era cercare un posto dove poter mangiare qualcosa e poi dopo si sarebbero occupati della ricerca del passato di Amalia che sembrava fremere dall’impazienza.

Una locanda non molto distante dal cancello centrale attirò la loro attenzione convincendoli a entrarci.

L’ambiente era luminoso e alquanto pulito, del tutto differente dalle bettole in cui erano soliti fermarsi. Una ragazza dalla folta chioma corvina e gli occhi di un giallo ocra molto particolare stava dietro il bancone. Quando vide i quattro entrare lasciò ciò che stava facendo e andò ad accoglierli e in particolare Xavier e Jason che la seguirono con un sorrisino ebete stampato faccia bruciata dal sole.

Mal non era una tipa particolarmente gelosa ma vedere quella pivella fare la civetta con il SUO uomo, le dava alquanto ai nervi.

Quasi istintivamente la mano corse all’impugnatura della spada, che se ne stava lì pronta ad essere sguainata e usata. Prima che potesse commettere qualche stupidaggine però la rossa la bloccò invitandola a calmarsi e a rilassarsi. In tutta risposta la bionda si staccò da lei e andò a posizionarsi accanto a Xavier che con disinvoltura le passò un braccio intorno alla vita. Amalia approfittò di quel gesto per mandare un chiaro segnale alla ragazza di poco prima avvolgendo la sua mano in quella del suo ragazzo che contraccambiò la stretta sorridendo.

< Cosa vi porto? > domandò scocciata la ragazza. < Delle uova e dell’acqua per tutti > rispose Amalia sorridendo beffarda e provocatoria. La ragazza incassò la sconfitta e lasciò il tavolo per tornarci dopo dieci minuti con un vassoio pieno di piatti e bicchieri. I quattro spazzolarono tutto ciò che avevano davanti, pagarono il conto e poi uscirono dalla locanda. Le persone li osservavano come fenomeni da baraccone scansandosi al loro passaggio. < Guarda altri assassini in città > sussurrò una signora ad un uomo che camminava al suo fianco. L’udito sviluppassimo di Amalia colse quella frase appena accennata e la curiosità che era sopita dentro di lei si risvegliò avida di informazioni. Abbandonando i suoi amici in mezzo alla strada la bionda tornò indietro affiancandosi alla vecchietta di poco prima.

< Salve > cominciò sfoderando il sorriso più dolce che riuscì a trovare

< Posso farle una domanda? > La signora la guardò perplessa e spaventata chiedendosi cosa mai potesse volere un assassina da lei.

< Cosa vuoi? > chiese seccamente. < Volevo sapere se per caso ha visto un gruppo di assassini passare per questa città? > rispose lei in tono mieloso. La donna la guardò e annuì brevemente riprendendo il suo cammino.

La bionda tornò dai suoi amici che l’attendevano nel punto esatto in cui lei li aveva abbandonati con un sorriso trionfante stampato in faccia.

< Quella gentile signora mi ha detto che un gruppo di assassini è stato di recente in questa città >

Lo sguardo dei tre si velò di incredulità mentre riprendevano il cammino. Non avevano una meta precisa ma sapevano che dovevano riuscire a venire in possesso di informazioni riguardo la Gilda e il perché avesse attraversato la città. Trovarle non sarebbe stato facile ma forse nemmeno così difficile. Fingendosi due clienti Neifel e Amalia entrarono nella bottega di un erborista a cui chiesero informazioni riguardo gli assassini che in quei giorni circolavano per le vie della capitale.

< Sono andati via questa mattina presto > comunicò loro l’uomo < Per quanto ne so pare abbiano una missione nelle Terre dell’Est non molto lontano dal confine >

Le due lo ringraziarono e tornarono dai due che nel frattempo si erano spostati accanto ad un banchetto di fiori.

Amalia non stava più nella pelle, era impaziente di scoprire cos’altro quell’emerito stronzo di Shiack le avesse nascosto sulla sua natura. Voleva conoscere i dettagli di come i suoi genitori erano morti, sapere il perché lei era stata risparmiata e soprattutto perché Hoord aveva organizzato il tutto. Erano settimana che marciava e rischiava l’osso del collo, tutto per quel momento. Il momento in cui finalmente avrebbe saputo la verità.

< Dove andiamo adesso? > domandò Jason. Gli occhi lapislazzuli della bionda si fermarono su di lui sorridendo sorniona e annunciando la loro prossima meta. < Andiamo al Palazzo del Potere >

Gli sguardi di tutti e tre si contrarono su di lei che inarcò le sopraciglia con fare interrogativo. < No dico, sei per caso impazzita? > esclamò incredula la rossa. < Niente affatto > si difese la bionda < Lì c’è Hoord e quindi anche le risposte che cerco, se voi non volete venire potete aspettarmi qui >

Detto ciò alzò i tacchi e cominciò a camminare verso il centro della città, dove ad attenderla c’era il suo passato.

Il portone in legno d’ebano finemente inciso a mano era sorvegliato da ben quattro guardie armate che facevano su e giù lungo quasi tutto il perimetro della facciata principale. Il giardino che si apriva all’interno del palazzo doveva essere anch’esso pieno zeppo di guardie armate fino ai denti pronte a dar battaglia a chiunque non indossasse una divisa o avesse la stessa faccia da cazzo di Hoord. I quattro si scambiarono sguardi carichi dubbi sul da farsi. Come avrebbero fatto a varcare la soglia del palazzo senza essere riconosciuti o meglio uccisi?

Non avrebbero fatto, semplice. Ancora una volta sarebbe occorsa la magia di Neifel per mettere fuori combattimento le guardie.

Qualche minuto dopo la rossa si avvicinò alla prima guardia che trovò e facendo finta di flirtarci lanciò il suo incantesimo facendogli perdere i sensi. Gli altri tre accorsero in aiuto del compagno pronti per arrestare la ragazza quando anche loro caddero al suolo come pere. Il campo finalmente era libero e i quattro poterono entrare senza altri ostacoli. L’interno del palazzo, se possibile, era ancora più affascinante dell’esterno. Le aiuole finemente curate erano sistemate tutto attorno il perimetro interno del palazzo saturando l’aria di profumi intensi e inebrianti. Ovunque l’occhio vagasse, scorgeva colori di ogni tipo. Dal viola della lavanda al rosso cremisi di rose selvatiche che andavano a mescolarsi con il marrone bruciato della terra e il verde brillante di cespugli e salici piangenti piantati al centro di ogni aiuola. Amalia si chiese come facessero quelle piante a sopravvivere in un ambiente così ostile. Tutto intorno alla città era deserto e roccia, mentre lì sembrava di essere quasi in paradiso tanto era affascinante quel giardino.

< Ma questo è il paradiso > commentò estasiato il biondino.

< Concentrati! > gli ordinò Amalia. Prima che Jason potesse ribattere un gruppo di dieci guardie uscirono da una porticina in legno nascosta dalle fronde di un salice. Come si accorsero degli intrusi ingaggiarono un furioso duello con loro cercando inutilmente di metterli al tappeto. Tutti e quattro si batterono con vigore, compreso Jason da poco istruito all’uso delle armi da Amalia in persona. Quando ormai le guardie erano quasi tutte messe K.O. la bionda ne prese una in ostaggio e la costrinse a parlare riguardo il luogo esatto della missione della Gilda.

< Hoord li ha mandati nella città di Chruer per quietare una sommossa popolare troppo violenta ma… > La guardia si interruppe un istante cercando di divincolarsi dalla presa salda della bionda che per ripicca premette ancora di più il pugnale sul collo del ragazzo.

< Ma cosa? > sibilò furiosa Amalia < Ma è una trappola, li ha portati lì per ucciderli tutti >

Quelle parole equivalsero ad una doccia fredda per la ragazza che recise a gola della guardia sovra pensiero, lasciando cadere il corpo ormai privo di vita al suolo già intriso di sangue.

Quel bastardo non l’avrebbe passata liscia, se pensava di riuscire a fregare la Gilda era perché ancora non aveva conosciuto lei.



Angolo autrice:

Bentornati a tutti gli assassini che ormai sono di casa qui. Ringrazio S_Anonima_E e Irine; una per aver recensito un altro mio capitolo e l'altra per essersi presa la briga di cominciare a leggere la mia storia.
Passiamo a noi, dunque, alla fine di questo capitolo c'è un enoooorme sorpresa. Il nostro caro e vecchio Hoord ha teso una trappola ai nostri cari assassini. Amalia a quanto pare però deciderà di andare ad aiutare i suoi ex coinquilini e chissà che non ci riserverà qualche sorpresa XD
In ogni caso per scoprirlo, restate con me come sempre!
Alla prossima, Sybeoil!

P.S L'immagine di apertura è come mi sono immaginata il castello ma senza foresta, bensì con case e deserto intorno.

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Capitolo 21
*** Ad un passo dalla meta ***


 

Capitolo 20

 

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"Sentivo la rabbia ribollirmi
dentro ed era meraviglioso"


 

 

Il soldato aveva detto che Hoord li aveva mandati nella città di Chruer per tendergli una trappola, ma come avrebbe fatto? Che lei ricordasse in quella zona non c’erano avamposti dell’esercito, la popolazione era troppo ostile. A meno che… ma certo quel bastardo doveva essere partito anche lui con una scorta in modo da arrivare a Chruer e sterminare l’intera Gilda. Molto probabilmente sarebbe anche risultato il signore magnanimo che accorre in aiuto della popolazione. Bleah!

Se il piano di Hoord era davvero quello allora dovevano darsi una mossa. L’erborista aveva detto che gli assassini erano partiti quella mattina presto il che equivaleva a dire che avevano circa mezza giornata di vantaggio. Non molto se si tiene conto che viaggiavano a piedi e nel deserto. Con quattro cavalli veloci anche loro avrebbero potuto raggiungerli e magari evitare la strage. L’esercito doveva essere partito qualche ora dopo in modo da non destare sospetti, il che voleva dire, che avessero voluto raggiungere Shiack e gli altri della Gilda avrebbero prima dovuto superare Hoord e i suoi soldati. Mentre Amalia rifletteva sulle possibilità di riuscita di un eventuale piano di salvataggio Xavier l’afferrò per un braccio trascinandola all’interno dell’ombra di un vicolo a senso unico. < Ma che diavolo fai? > commentò irritata la ragazza cercando di divincolarsi. < Ti salvo il culo da Gions > rispose il moretto. < Cosa vorrebbe dire che… > Il ragazzo le indicò la strada su cui lei poco prima di era fermata a pensare. Un gruppo non poco numeroso di soldati provenienti dalla città di Lochux l’attraversava scansando malamente le persone che si erano posizionate sul ciglio in modo da permettergli il passaggio. In testa al gruppo, in groppo ad uno stallone dal manto nero come la notte, vestito di tutto punto stava Gions in persona. Un sorrisetto ipocrita e meschino dipinto su un viso invecchiato e sbarbato. Al suo fianco su altri due cavalli stavano i due comandanti di plotone.

Ad Amalia venne un idea alquanto rischiosa ma fattibile. Avrebbero rubato quei tre cavalli più uno che avrebbero trovato da qualche parte. Dopotutto Gions si meritava quello e altro, aveva quasi fatto ammazzare Jason e ora li dava anche la caccia. Si se lo meritava.

Aiutati dalla magia di Nefeli i quattro crearono scompiglio per le vie della città facendo piovere frecce dal cielo e simulando un attacco verso i soldati. La popolazione convinta di trattasse davvero di un attacco da parte di ribelli cominciò a correre lungo tutte le vie creando scompiglio e aiutando così i quattro che poterono rubare i tre cavalli. Una volta ottenuto ciò che volevano abbandonarono il centro della città dirigendosi invece verso la periferia dove avrebbero trovato un cavallo e poi avrebbero lasciato la città.

Legato alla staccionata di una locanda c’era una puledra davvero stupenda. Il manto dorato contrastava con la lunga criniera bruna, una muscolatura potente e ben sviluppata la rendeva una candidata più che adatta per il loro piano. Acquattandosi contro il muro della locanda, Amalia, le si avvicinò piano in modo da non spaventarla tendendole la mano. Dopo un momento di esitazione la cavala strusciò il muso morbido contro la mano della bionda che ne afferrò le redini e la condusse con lei alla porta sud della città. Lì ad attenderla c’erano Xavier in groppa al cavallo di uno dei due comandanti, Jason in groppo all’altro cavallo, Neifel in piedi accanto allo stallone e naturalmente il cavallo che da quel momento in poi sarebbe divenuto suo. Quando la puledra vide la rossa fu amore a prima vista. Strappando le redini di mano alla bionda si diresse verso Neifel, che leggermente stupita per quella prova di intelligenza, accolse la cavalla con diffidenza. Dopo un attimo i esitazione però le due si trovarono subito in sintonia. Anche Amalia attese qualche istante prima di montare in groppa al suo stallone, sentiva che prima di poterlo cavalcare doveva riuscire a farsi apprezzare. Con disinvoltura le si posizionò davanti al muso qualche metro più avanti, attendendo che lui le si avvicinasse. Se lo avesse fatto avrebbe capito che la voleva.

Passarono dieci munti ma il cavallo non si mosse. Sia lei che gli altri fremevano dall’impazienza di riprendere il viaggio e andare a scovare quel farabutto. Sapevano che se avessero atteso ancora molto avrebbero perso le tracce o peggio sarebbero arrivati troppo tardi ma senza quel cavallo Amalia non si sarebbe mossa.

Quando ormai aveva perso le speranze lo stallone si decise a muoversi andando a poggiare il suo testone sulla guancia candida di Amalia che sorridendo gli montò in groppo pronta a partire.

Finalmente il suo piano stava per compiersi. Quel giorno sarebbe stato il più bello della sua vita, avrebbe visto l’intera Gilda perire sotto i suoi stessi occhi e per sua stessa mano. Dopo quello nulla e nessuno avrebbe più potuto fermarlo. Se loro morivano allora moriva anche il segreto di quella notte di dodici anni prima e nessuno avrebbe più potuto ostacolarlo. Avrebbe preso pieno possesso di tutte le terre del regno sopprimendo ogni tentativo di rivolta nel sangue. Avrebbe requisito ogni bene prezioso che sarebbe andato a sommarsi ai tesori già celati all’interno del palazzo. Avrebbe ottenuto la vita eterna e nessuno si sarebbe potuto opporre al suo volere.

Anche la ragazzina scampata alla strage, nelle cui vene scorreva il sangue degli antichi popoli sarebbe perita quel giorno. Hoord era più che sicuro che Gions se ne sarebbe occupato, in fondo non poteva essere tanto difficile ucciderla. Sarà anche stata un assassina ma rimaneva pur sempre una donna e secondo il giudizio malato del tiranno le donne erano buone a fare una sola cosa.

Tre plotoni da cento uomini ciascuno erano in viaggio da due ore circa diretti tutti verso la stessa mete: Chruer la città in cui la Gilda avrebbe visto la sua morte.

Il tiranno gongolava soddisfatto quando un mago gli si affiancò per comunicargli che c’erano stati dei disguidi in città e che questi vedevano coinvolti niente meno che il capitano Gions in persona e la biondina che lui tanto detestava.

< Mio signore > cominciò quello timido < Mi è giunta notizia che c’è stato del caos in città >

< E allora? > domandò scocciato il tiranno < Ci sono le guardie per quello > commentò annoiato. < Sì mio signore > confermò l’altro < Ma a quanto pare sono coinvolti il capitano Gions e la ragazza che avrebbe dovuto catturare >

Nell’udire quelle parole lo sguardo del tiranno passò dal soddisfatto, all’incredulo al furibondo. Come dannazione era possibile che quell’idiota di Gions se la fosse lasciata scappare?

< Cosa hai detto? > sibilò arrestando la sua cavalcatura e costringendo il mago a fare lo stesso. Quello deglutì rumorosamente cominciando a sudare freddo. Sapeva bene cosa capitava a chi portava cattive notizie: la morte o nel migliore dei casi la reclusione a vita nelle segrete del Palazzo del Potere.

< A quanto pare G… Gions si è lasciato scappare la ragazza >

Lo sguardo carico di rabbia andò a posarsi sul povero mago che tentò invano di indietreggiare. Con una mossa fulmine Hoord afferrò il collo dell’uomo al quale si strozzò il respiro e lo obbligò a guardarlo dritto negli occhi. < E dove è diretta ora? > sibilò. < Qui > rispose quello, dopo di ché il tiranno gli spezzò il collo spedendolo all’altro mondo.

< Tu, vieni qui > ordinò ad un soldato. < Prendi duecento uomini e vai avanti > Quello annuì ed eseguì gli ordini scegliendo due battaglioni e portandoli con se. Nel frattempo Hoord fermò gli uomini rimanti e con loro istituì una specie di posto di blocco per la biondina e i suoi amici.

Un ghigno malefico gli increspò il volto, rendendolo ancora più viscido di quel che già era.

Erano riusciti a lasciare la città indenni ma ciò non voleva certo dire che avrebbero avuto vita facile. Di sicuro la notizia della loro presenza in città con successiva fuga doveva essere giunta alle orecchie di Hoord che presto avrebbe mandato dei soldati a dar loro la caccia. Come se non bastasse ci si aggiungevano le guardie giunte in città da Lochux, che sicuramente, li avrebbero inseguiti anche in capo al mondo pur di riparare il loro orgoglio ferito. Bisognava sbrigarsi e batterli sul tempo o non sarebbero riusciti ad arrivare dalla Gilda prima che Hoor potesse mettere in atto il suo assurdo piano.

I cavalli correvano veloci macinando metri su metri si terra bruciata e arsa dal sole. Lo sguardo della bionda era fisso d’innanzi a lei pronto per cogliere ogni minimo dettaglio. Ormai il momento era giunto, la verità sarebbe venuta a galla e dopo anni di attesa, avrebbe avuto la sua vendetta.

Poco le importava di come l’avrebbe ottenuta, l’importante era vedere il sangue di quel verme macchiare la terra che lui stesso aveva condannato a morte.

A quel pensiero una luce scarlatta si affacciò sugli occhi limpidi della bionda che sorrise crudele spronando ancora di più la sua cavalcatura.


Angolo autrice:

Bentornati! Ringrazio S_Anonim_E per aver recensito il capitolo precedente e vorrei rassicurla su una cosa. Nel prossimo capitolo potrai leggere del prima giorno di allenamentedi Jason. Non l'ho inserito qui perchè c'erano troppe novità, ma arriverà e sarà divertente oltre che molto importante per Amalia. In ogni caso siamo quasi giunti alla fine e un po' mi dispiace, ma prima o poi doveva finire. Spero che non mi abbandorete proprio ora ma che mi seguirete con più curiosità.
Alla prossima, Sybeoil!

 

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Capitolo 22
*** La vendetta può attendere ***


Capitolo 21

 

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"Si dice che la vendetta sia un piatto
che va servito freddo, beh, nel mio caso
andava servito congelato"




 

 

Neifel fu l’unica ad accorgersi della luce oscura che si era affacciata nello sguardo della bionda mentre fissava l’orizzonte. Temeva che se anche quella volta la rabbia avesse preso il sopravvento fermarla sarebbe stato davvero impossibile. Sapeva che sarebbe successo, dopotutto era nella sua natura non poteva impedirlo, ma poteva imparare a controllarlo ed era quello che lei le avrebbe insegnato una volta che tutto fosse finito. Avere nelle vene il sangue di due popoli leggendari, la cui saggezza e forza è conosciuta e rispettate in tutto il mondo, non doveva essere facile. Di questo la rossa era sicura. Una volta terminata quell’assurda missione nella quale si erano impegnati avrebbe aiutato Amalia nel conoscere e controllare i suoi immensi poteri e ad usarli con saggezza.

Dopotutto sarebbe anche potuta divenire la nuova sovrana del Mondo Conosciuto, e una sovrana che si rispetti, si comporta sempre con dignità.

< Mal fermati un secondo o il tuo cavallo non riuscirà a reggere > le urlò la rossa. < Ti sbagli, lui è uno stallone > rispose eccitata la bionda spronando ancora di più la sua cavalcatura in quella corsa contro il tempo. Neifel non poté fare a meno di seguirla incitando la sua puledra ad aumentare il ritmo della corsa.

Gions era furioso. Come era possibile che quella stupida, stupida ragazzina gliela avesse fatta sotto il naso un’altra volta? Hoord si sarebbe infuriato e questa volta lo avrebbe sicuramente ucciso a meno che…

Ma certo se voleva sopravvivere non doveva fare altro che partire all’inseguimento della biondina, catturarla e ucciderla. Deciso a non fallire chiamò a sé due uomini e gli ordinò di portargli il cavallo più veloce e resistente di tutta la città avessero anche dovuto rubarlo dalle stalle di Hoord in persona.

Pochi minuti dopo, il soldato di prima tornò conducendo per mano un magnifico esemplare dal manto candido come la neve e muscoli potenti e frementi. Senza neanche ringraziare vi montò in sella e partì al galoppo seguito da una quindicina di guardie a cavallo che aveva fatto arrivare direttamente da palazzo. Questa volta non l’avrebbe avuta vinta, non avrebbe permesso a nessuno di farlo passare per un incapace.

Hoord era fermo al centro esatto del plotone, comodamente seduto sulla sella del suo stallone, mentre aspettava con un sorrisino crudele l’arrivo della biondina a cui avrebbe strappato personalmente il cuore.

Finalmente dopo tanta attesa le sagome dei quattro si stagliarono contro il cielo plumbeo. Il tiranno si mosse leggermente inquieto sul dorso del suo cavallo chiamando a sé il comandante del plotone e ordinando gli di non toccare la biondina. Quella era sua!

All’orizzonte si stagliavano le figure severe dei soldati di Hoord, avvolti nelle loro divise rosse e nere. I quattro rallentarono leggermente la corsa riportandola ad un andatura regolare per passare poi al trotto. La bionda individuò facilmente la figura che la interessava. Quel bastardo, quel verme schifoso se ne stava tutto impettito avvolto in una tunica bianca arricchita da filigrane d’oro e d’argento mentre li osservava andargli incontro. Il sorriso crudele sul volto della bella Amalia andò allargandosi sempre più fino a trasformarsi in un ghigno inumano colmo solo di rabbia e voglia di vendetta. La luce rossa lampeggiava pericolosamente negli occhi della giovane che ormai stava per perdere il controllo di se stessa. < Amalia > chiamò preoccupata la rossa < Amalia guardami >

Neifel costrinse la bionda a voltarsi nella sua direzione e a fissare il suo sguardo in quello di lei. Quando vide i suoi occhi la rossa ebbe un sussulto; ormai non c’era più traccia della ragazza che conosceva e a cui, nonostante tutte le liti e le incomprensioni, aveva imparato a volere bene ma solo la fredda e calcolatrice assassina il cui unico divertimento e spargere sangue. < Cosa vuoi? > ringhiò quella di rimando. < Amalia devi calmarti per l’amor del cielo o non capirai più nulla > supplicò la rossa sfiorandole dolcemente un braccio. < Non c’è nulla da capire se non che devo uccidere quel bastardo > disse lei in un soffio d’ira. Anche se la furia aveva preso il sopravvento, questa volta sembrava essere rimasta abbastanza cosciente. Se non altro riconosceva la rossa, il ché era già una gran cosa.

< No Amalia, ricordati che prima di uccidere lui devi salvare la Gilda > le ricordò speranzosa la rossa. < Non me ne fotte nulla della Gilda, io voglio lui > sussurrò lei.

Notando lo scambio di frasi tre le due Xavier decise di intervenire per aiutare Neifel ma soprattutto per cercare di riportare in se la bionda. Non potevano permettersi di perderla. Se già con lei sana di mente quella poteva definirsi una missione impossibile, con Amalia fuori gioco diventava una missione suicida. < Mal, tesoro, Neifel ha ragione > le ricordò lui dolce < Se vuoi uccidere Hoord prima devi andare ad aiutare la Gilda >

Ma Amalia sembrava non sentire, era come caduta in trance. Lo sguardo fisso su una figura in lontananza e la mano poggiata sull’elsa della spada. Ormai l’avevano persa, qualunque cosa avessero tentato per riportarla indietro, sarebbe stata vana.

Xavier si voltò indietro verso Jason per fargli segno di avvicinarsi; in quei pochi attimi in cui si distrasse la bionda ne approfittò per partire al galoppo.

< Amalia maledizione torna indietro > urlò il moretto che nel frattempo si era già lanciato al suo inseguimento. La bionda si voltò un istante e sussurrò un < Mi dispiace > spronando il suo stallone verso una folle corsa.

Qualcosa in quel momento brillò nell’angolo del suo occhio destro. Una lacrima che scivolò via andando a bagnare quella terra arida. Xavier era disperato, se l’avesse lasciata andare da sola di sicuro sarebbe morta, ma se anche lui l’avesse seguita allora i morti sarebbero stati due.

In un lotta interiore tra cuore e ragione Xavier capì cosa davvero era importante e al diavolo tutto ciò che sarebbe potuto accadere, lui avrebbe seguito Amalia e l’avrebbe aiutata, fosse anche l’ultima cosa che faceva.

< Vaffanculo la ragione > bisbigliò al vento e partendo poi per seguire Amalia nella sua folle corsa.

< Ma che cazzo fanno quei due? > imprecò Neifel da lontano. Invece di ricevere una risposta da Jason se lo vide sfrecciare davanti con un sorriso ebete dipinto su quel viso ribelle.

< No mi sembra giusto, andiamo a farci ammazzare > disse a se stessa prima di spronare anche la sua puledra al galoppo.

Tutto si sarebbe aspettato Hoord meno che quei quattro si lanciassero contro un plotone di cento soldati armati di tutto punto e con l’ordine di uccidere. Evidentemente dovevano essere dei pazzi. Non si era mai visto una scontro quattro a cento. Quasi, quasi gli facevano pena e per un secondo pensò anche di risparmiargli ma poi si ricordò di chi aveva davanti e tutti i dubbi svanirono. Tra lui e il mondo si frapponevano solo quei quattro, insulsi mocciosi. Distruggerli sarebbe stato un gioco da ragazzi, di certo i suoi uomini non avrebbero avuto difficoltà ad annientarli. La bionda però era sua e nessuno doveva osare toccarla.

< Uomini in posizione > ordinò percorrendo le fila dei suoi soldati sul suo destriero. < Ricordate > urlò < La bionda è mia >

I soldati si misero in posizione frapponendo fra loro e i ragazzi le lunghe lance in metallo e divaricando le gambe per avere più equilibrio ed evitare così di cadere nell’eventuale scontro.

I quattro si facevano sempre più vicini aumentando il ritmo della corsa in proporzione al loro battito cardiaco, che si faceva passo passo più rapido e intenso.

Un secondo prima dello scontro tre palle infuocate si staccarono dai palmi aperti della rossa andando a disarmare la prima linea di difesa dei soldati. Questi colti di sorpresa dalla presenza di una maga si guardarono attorno spaesati e indecisi su cosa fare, poi dopo ordine di Hoord sguainarono le spade e si prepararono a lottare. Amalia imbracciò l’arco e dopo aver incoccato la freccia la scoccò dritta al cuore di un soldato che cadde al suolo in un respiro strozzato.

< Maledizione > latrò Hoord sorpreso dalla bravura dei quattro. < Qualunque cosa accada uccideteli > urlò agli uomini.

Ormai erano così vicini da poterne quasi udire i respiri, finalmente avrebbe ucciso quella stupida ragazzina e tutto sarebbe finito. Ma qualcosa cambiò e anziché ritrovarsi a lottare con la ragazza per la sopravvivenza di uno dei due Hoord si ritrovò con la faccia nella sabbia.

 

 





Angolo autrice:
Bentornati a tutti gli assassini di EFP! In questo capitolo la nostra bella bionda rinuncia alla vendetta non senza prendersi una rivincita però. Suo malgrado Hoord dovrà aspettare, prima di tutto viene la Gilda e la sua salvezza. Finalmente la bionda riscoprirà se stessa e se gli Dei vogliono anche i segreti dei suoi antenati.
Spero davvero che sarete in molti a leggere e commentare questo capitolo soprattutto perchè siamo vicini alla fine e sapere cosa ne pensate, mi rende davvero felice!
Vi aspetto nel prossimo capitolo, Sybeoil!
 
 
  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** Anche gli assassini hanno un cuore ***


 

Capitolo 22

 

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"Nonostante tutte le bugie che mi
rifilò nel corso della mia vita, quando
guardai quegli occhi, non potei fare a meno
di pensare < Eccomi a casa >"

 



 

 

< Corri figlia mia, corri > Quella voce familiare le rimbombò nella testa mentre con foga sempre maggiore spronava il suo stallone a correre più veloce. Inizialmente non la riconobbe ma poi capì. Quella era la stessa voce che aveva udito nei terribili momenti in cui aveva perso conoscenza e la Morte le era andata a fare visita. Ora era tornata e la spronava a non mollare, anzi le chiedeva di fare in fretta.

< Ti prego fa che arrivi in tempo > sussurrò al cielo plumbeo. Sotto gli zoccoli del suo cavallo, che macinavano chilometro dopo chilometro, si estendeva la nuda roccia ricoperta da un sottile strato di sabbia su cui erano ben visibili centinai di impronte di stivali. I soldati di Hoord dovevano essere passati di lì e lo stesso avrebbe fatto lei. Era decisa più che mai a fare ciò che era giusto anche se quello voleva dire mettere da parte la sua voglia di vendetta verso quell’essere insulso. Nessuno però avrebbe potuto toglierli il piacere di prendersi una piccola soddisfazione, così, quando attraversò le file nemiche del primo battaglione di Hoord, lo scaraventò a terra facendolo finire con la faccia nella sabbia mentre sogghignando soddisfatta riprendeva la sua folla corsa verso Chruer e contro il tempo tiranno.

Le sagome basse delle modeste case di Chruer si mostrarono agli occhi degli assassini dopo che questi oltrepassarono una bassa collinetta completamente desertica. La città sorgeva incastonata fra due alture che la rendevano inaccessibile e inattaccabile. Shiack aveva già sentito parlare di quella città e della sua straordinaria collocazione ma mai aveva creduto che ciò che si diceva potesse corrispondere a verità. Tutti nelle cinque terre sapevano della segreta resistenza che andava espandendosi per le sue vie coinvolgendo quasi tutti gli abitanti. Fin dai tempi antichi la voglia di rivincita su qualunque forma di dittatura aveva covato e trovato sfogo tra quelle casupole incastonate tra due alture. Non sarebbe stato facile annientare tutti i rivoluzionari in una volta sola, soprattutto perché non sarebbe stato facile scappare nel caso le cose si fossero messe male. Oltre tutto dovevano anche sbrigarsi, Hoord sarebbe arrivato di lì a poco con tanto di esercito per divenire il nuovo sovrano eroico che ha tentato in tutti i modi di aiutare la popolazione indifesa.

< Horne > chiamò autoritario l’uomo < Ordina a tutti di radunarsi, devo parlarvi >

Il suo sottoposto, non ché unico amico fidato, eseguì l’ordine e in pochi minuti tutti i cinquanta membri della Gilda si trovarono in cerchio ad ascoltare le parole del capo.

< La città è un luogo pericoloso, non per le persone che potremmo trovarci anche se armate e desiderose di uccidere, quanto per la sua posizione > Le parole di Shiack risuonavano forti e chiare andando espandendosi nell’aria producendo una sorta di eco quando rimbalzavano sulle pareti della nuda roccia che cominciava ad estendersi lungo il deserto. < Dobbiamo essere rapidi e silenziosi. Quasi nessuno dovrà accorgersi di noi e quando avremo finito, potremo uscire solo dal portone principale in quanto questa città non ha altre via d’uscita >

< E se dovessimo rimanere bloccati all’interno? > domandò un assassino dalle ultime file. < Allora mi dispiacerà per voi > rispose impassibile l’uomo. < Detto questo > riprese < Ci vedremo qui a lavoro terminato, vale a dire tra mezz’ora. Che la Dea vi protegga >

< Che la Dea ti protegga > risposero in coro gli altri assassini.

Come ombre silenziose cominciarono a correre verso il portone principale della città.

Amalia temeva di non farcela, sarebbero bastati pochi minuti di ritardo e tutto ciò che aveva fatto fino ad allora sarebbe stato inutile. Quando ormai il suo animo era completamente avvolto dalla cieca furia scarlatta che scaturiva nel suo sguardo di ghiaccio, in lontananza le si presentarono le sagome sfocate dell’esercito di Hoord. Ad occhio e croce la ragazza stabilì la presenza di duecento uomini a piedi più una ventina a cavallo. Le armi di cui erano dotati erano le medesime che poco prima aveva visto indosso agli altri soldati e vale dire: lance, spade, frusta e pugnale. Di certo non aveva intenzione di mettersi contro quel mare rosso e nero così tirò le briglie del suo cavallo verso sinistra. L’animale rispose al comando e cominciò a correre nella direzione indicata mentre Amalia estraeva soddisfatta la sua spada dalla fodera allacciata al fianco. L’arma era lunga quasi due metri. Solo la lama misurava un metro e mezzo e sembrava estendersi come un secondo braccio. Era stato un dono di Shiack per il suo sesto compleanno e da allora la bionda non se ne era mai separata anche se la usava di rado. Sentiva che quell’arma non era qualcosa da poter sfoderare in ogni minima occasione ma ci volevano motivi validi e profondi perché quella potesse essere usata. Fin da piccina aveva creduto ci fosse uno spirito potente racchiuso in quella lama sottile come carta e tagliente come il filo di un rasoio, per quello spesso si ritrovava a parlarci insieme e a confidarle i suoi dubbi e le sue paure. Quel giorno però non c’era spazio per l’ansia o la paura. Quel giorno ciò che doveva prevalere era il coraggio di fare le proprie scelte e portarle a termine, anche se quelle conducevano verso persone alle quali avresti voluto non rivolgere mai più la parola. Così era per Amalia, che si ritrovava a correre nella disperata speranza di raggiungere Shiack e informarlo su quanto in realtà stava accadendo. Nonostante l’uomo l’avesse ferita ogni oltre immaginazione lei proprio non riusciva ad accettare il fatto che potesse morire per una cosa così stupida. Non poteva permettere che morisse se lei aveva una possibilità di salvarlo.

Il forte rumore degli zoccoli che batteva sulla nuda roccia attirò l’attenzione dei soldati che sorpresi si voltarono individuando così la bionda e il suo stallone nero. La ragazza roteò la lunga spada sopra la testa emettendo un grido di battaglia molto simile a quello che gli antichi popoli usavano in guerra. Quel momento così selvaggio eppure allo stesso tempo composto permise lo scaturire di tutta la magia racchiusa in quel corpo esile. Un lampo di luce azzurrognola scaturì dalla punta della spada sempre tesa sopra la testa della ragazza lasciando basito l’intero esercito del tiranno e Amalia stessa. La ragazza infatti arrestò il cavallo per qualche secondo osservando rapita quel fascio di luce che andava perforando le nubi del cielo. Quando finalmente il lampo di luce rientrò nella spada la bionda si sentì pervadere da una sensazione di calore e conforto, mentre sentiva il suo animo rigenerarsi. La magia aveva trovato sfogo dopo anni in cui era rimasta sopita. Tronfia di quel potere che sembrava scorrerle come oro liquido nelle vene, Amalia riprese la sua corsa superando l’esercito rimasto ad osservare incantato quella scena epica. Una volta che anche loro si furono ripresi dalla sorpresa coloro che marciavano a cavallo si lanciarono all’inseguimento della ragazza, ormai troppo distante per poter essere raggiunta.

Mancava poco, Amalia lo sentiva, poteva avvertire la presenza dei suoi confratelli attraverso lo strano e insensato legame che si era venuto a creare tra lei e l’uomo che l’aveva cresciuta mentendole però sulla sua vera identità. Sentiva la Dea Morte sempre più vicina.

Finalmente le sagome delle due alture all’interno delle quali era incastonata la cittadina di Chruer si mostrarono agli occhi scarlatti della ragazza che sorrise soddisfatta ringraziando ogni divinità conoscesse.

Correndo come il vento coprì i pochi chilometri che la separavano dalle case della città e quindi anche dalla Gilda arrestando poi bruscamente la sua cavalcatura. Lo stallone esausto per quella folle marcia nel deserto rovente si bloccò sbuffando e nitrendo ma senza dare segni evidenti di cedimento. Amalia poteva sentire i battiti del suo cuore rallentare lentamente sotto le gambe ancora fasciate intorno al torace dell’animale che se ne stava quieto e immobile davanti al portone principale della città. La bionda scese lentamente dalla groppo del cavallo e con la spada sguainata si incamminò per le vie della città che pareva deserta. Non un solo rumore giunse alle orecchie della ragazza che procedeva cauta lungo le viuzze deserte. In giro non si vedeva anima viva, se non qualche gallina che razzolava accanto all’entrata di qualche bottega. Le porte dei negozi erano quasi tutte aperte mentre le finestre della case parevano sbarrate, come se gli abitanti volessero nascondersi da qualcosa o qualcuno. Un rumore ovattato di passi proveniente dalla sua destra la vece volgere in quella direzione giusto in tempo per vedere un assassino della Gilda piombare giù dal tetto di una casa per ucciderla. Senza alcuna difficoltà la bionda respinse l’attacco mostrando il suo volto all’assassino che una volta riconosciuto chi si trovava di fronte rinfoderò il pugnale.

< Amalia che ci fai qui? > domandò esterrefatto l’uomo. < Sono venuta per salvarvi > spiegò lei ansante. < Salvarci? Che vuoi dire? > domandò l’assassino confuso. La bionda allora prese un respiro profondo e dopo aver trascinato l’uomo lontano dalla strada gli spiegò ogni cosa.

< E’ una trappola, Hoord vi ha portato qui per uccidervi tutti. Non so ancora esattamente il perché voglia sterminarvi ma rimane il fatto che duecento uomini armati fino a i denti stanno arrivando a Chruer >

La voce acuta e allarmata della bionda attirò un altro assassino che credendo di trovarsi di fronte ad una rivoluzionaria partì all’attacco. Questa volta però venne fermato dall’altro che gli fece notare di aver attaccato una di loro. < Che ci fai qui? > domandò anche l’altro.

< Non c’è tempo per spiegarlo adesso > rispose ansiosa Amalia < Devi portarmi da Shiack, Keir >

L’uomo la guardò accigliato e confuso, non riuscendo proprio a capire cosa stesse succedendo. < Non so dove sia > confessò poi. Presa dallo sconforto e dalla rabbia la bionda tirò un pugno al muro di una casa lì vicino sfondandolo. I due assassini la fissarono increduli ingoiando quantità industriali di saliva che si era improvvisamente formata all’interno delle loro gole riarse. Quella ragazza era una vera furia.

< Ok, lo cercherò io > sentenziò la bionda dopo un momento di riflessione < Voi nel frattempo radunate gli altri e dite di non attaccare >

I due annuirono ma prima che potessero scomparire per andare a cercare gli altri della Gilda Amalia li fermò dicendoli di comunicare gli ordini a nome di Shiack. Se non avesse fatto così nessuno le avrebbe dato ascolto.

Sperando che il suo piano funzionasse chiuse gli occhi e rivolse una breve preghiera alla sua Dea nella speranza che questa potesse aiutarla a trovare il suo capo.

< Oh, mia Dea ti prego affinché la tua infinta saggezza possa aiutarmi ad individuare colui che ti sta tanto a cuore >

Una brezza fredda le percorse il corpo provocandole piccoli ma intensi brividi che la percorsero come una ragno sulla tela.

< Figlia mia, ciò che cerchi si trova a pochi passi da te. Pensa e tutto ti sarà chiaro. Ricorda che dalla morte nasce sempre la vita >

La donna aveva parlato con fare materno e voce gentile, caratteristiche ben lontane dall’idea di morte che quasi tutte le persone avevano. La maggior parte della gente immagina la morte come una sorta di messaggero avvolto in un oscuro mantello mentre regge in mano una lista di nomi ma non è così. La morte è qualcosa di più, che semplice buio e cattiveria, Amalia lo sapeva bene. Lei aveva convissuto con la morte per anni ed ora la stessa morte a cui lei si era votata l’aiutava a salvare una delle persone più importanti della sua vita. La morte non era affatto come se la immaginavano le persone. No, non lo era affatto.

Conscia delle parole che la sua Dea le aveva sussurrato la bionda aprì gli occhi e si diresse verso ovest, sapendo che lì avrebbe trovato chi cercava.

Shiack se ne stava appollaiato su un tetto formato da assi di legno scomposte e paglia ad osservare e cercare di capire il motivo di tutto quel silenzio. Di solito una città a quell’ora del girono brulica di gente impegnata nelle più svariate attività. Chi compra la mercato, chi pulisce la casa, chi lavora in miniera e chi striglia i cavalli. Chi fonde ferro per farne armi e chi invece si rilassa bevendo birra in una locanda, ma quella volta invece, nulla. Il deserto sembrava aver invaso anche quell’angolo di civiltà portandosi via ogni forma di vita e suono che le persone potessero generare. Era strano, soprattutto pensando al motivo per il quale si erano spinti così lontani da casa. Secondo Hoord in fatti in quella città si sviluppava una resistenza estrema nei confronti del suo governo e non essendo molto democratico aveva deciso di sterminarli tutti. A vedere ora la situazione però sembrava esserci qualcosa che non andava.

Un flebile rumore, come il respiro affannato di qualcuno, destò l’assassino distraendolo dai suoi complicati pensieri. Chiunque altro al mondo non avrebbe udito nulla se non un leggero venticello che soffiava tra le case deserte provocando strani rumori, ma lui che era assassino di professione e quindi addestrato a riconoscere ogni suono, capì che qualcuno lo stava osservando. Con il pugnale saldamente stretto nella mano sinistra si calò dal tetto e cominciò a camminare guardandosi in torno per individuare la fonte di quel rumore. Una ciocca di capelli biondi che svolazzava dietro un angolo a circa cinque metri di distanza da lui, catturò la sua attenzione, attirandolo inesorabilmente verso quel punto.

Amalia sentiva i suoi passi dirigersi verso di lei e il suo respiro accelerare per la tensione di chi si sarebbe potuto trovare di fronte. Sapeva che se avesse fatto qualche rumore di proposito Shiack non avrebbe resistito e si sarebbe precipitato a scoprire la fonte di quel suono e così aveva messo in atto quella scenetta. Nascondendosi dietro l’angolo di una casa non distante da quella su cui era appollaiato il suo capo aveva respirato affannosamente e calpestato il suolo un po’ più forte del necessario sperando attirare la sua attenzione. Ovviamente ci era riuscita e ora l’uomo stava per scoprire la fonte di quei rumori. Sicuramente gli sarebbe preso un colpo, l’ultima cosa o meglio, persona che aspettava di vedersi, era Amalia.

I passi si facevano sempre più vicini così come il respiro tendeva ad affievolirsi, proprio come veniva insegnato loro alla Gilda. Essere silenziosi era forse la parte più importante del loro lavoro.

Finalmente l’uomo raggiunge la casa e una volta svoltato l’angolo si trovò di fronte l’ultima persona che aveva immaginato di vedere in quella città.

< Amalia > esclamò sorpreso e incredulo rinfoderando cautamente il lungo pugnale. < Ciao Shiack > salutò lei affettata. < Che…che ci fai qui? > domandò curioso l’uomo. < Sono venuta per salvare il culo a te e a tutti gli altri > rispose seria la ragazza. L’uomo la fissò a lungo prima di riprendere la parola, ciò che le aveva fatto lo tormentava ancora e voleva chiedere scusa ma proprio non ci riusciva. Era più forte di lui ma fare delle scuse non era mai stato il suo forte. < Allora non dici nulla? > lo incalzò la bionda spazientita. < Io..io > Per la prima volta nella sua vita l’uomo si sentiva in imbarazzo. Era come se lo avessero spogliato e poi esposto alla gogna di fronte a tutta la città o peggio, di fronte all’intero regno. Non sapeva che dire, ogni parola che gli attraversava la mente diretta alle labbra pareva essere inappropriata e banale. Quello che le aveva fatto era stato davvero terribile, solo ora se ne rendeva conto e se ne pentiva con tutto se stesso.

< Tu cosa? > domandò astiosa la bionda < Tu mi hai mentito, mi hai rinchiuso nelle segrete e se non fosse per me a quest’ora stareste tutti marcendo sotto terra > sibilò furiosa.

Shiack non poté fare altro che osservarla mentre si sfogava, impietrito per la cattiveria che sentiva in quella voce di solito sensuale. < Per colpa tua non ho una famiglia, ho perso il mio passato e con lui una parte di me stessa > continuava imperterrita la bionda. < I tuoi occhi sono rossi > commentò all’improvviso Shiack. < Cosa ti è successo? > domandò poi sconvolto. < Niente e ora muoviti o moriremo davvero > ordinò secca.

Hoord era fuori di sé dalla rabbia. Come aveva osato quella stupida ragazzina trattarlo in quel modo? Se solo fosse riuscito a metterle le mani addosso l’avrebbe uccisa. Ancora scosso per la figuraccia che aveva fatto davanti a tutti i suoi uomini occupati a respingere l’attacco dei tre, si rialzò da terra e montò in groppa al suo fedele cavallo. Dopo essere stato spronato l’animale partì al galoppo fendendo l’aria carica di pioggia. Nel frattempo i tre rimasti a lottare contro quasi cento soldati armati cercavano di difendersi dagli attacchi sincronizzati che l’esercito di Hoord metteva in atto. Nonostante fossero solo dei ragazzi e per di più in netta inferiorità numerica, riuscirono a sbaragliare l’intero esercito. Xavier, dall’altezza dei suoi tredici anni di esperienza nelle arti del combattimento, trucidava nemico dopo nemico spargendo sangue sulla sabbia immacolata. Neifel, dal canto suo poteva vantare una conoscenza abbastanza ampia della magia da non farla necessitare dell’aiuto di un uomo. Le bastavano poche parole per stendere un soldato o più alla volta, il che la rendeva ancora più letale dell’assassino stesso. Jason forse era quello che se la cavava peggio di tutti. Per sua sfortuna durante la sua vita non era mai stato iniziato all’arte del combattimento o della lotta se non quelle poche volte in cui si picchiava con i bambini del vicinato per sciocchezze di poco conto, così si ritrovava ora a difendere la vita con le unghia e con i denti. Aveva promesso a sua madre che un giorno sarebbe divenuto un grande uomo, rispettato e ammirato da tutti e forse quel giorno era giunto. Con mano leggermente insicura ripassava mentalmente le preziose regole che la bella Amalia gli aveva impartito qualche giorno prima durante i tremendi allenamenti a cui aveva deciso di sottoporsi. Ricordava ancora molto bene la prima volta che aveva tenuto in mano una spada e non era certo un ricordo piacevole.

Era a malapena l’alba quando la lama fredda di una spada gli aveva colpito la schiena nuda. Il ragazzo inizialmente non ci fece caso continuando a sonnecchiare tranquillo sotto la sua coperta, ma poi i colpi divennero insistenti e insieme a loro si aggiunse un sibilo pericoloso e sensuale al contempo. Stanco e arrabbiato si era tirato su a sedere per scoprire poi che era stata Amalia a svegliarlo e che sia il sibilo sia i continui colpi alla schiena provenivano da lei.

< Che c’è? > domandò allora con la bocca ancora impastata per il sonno. < Alza il culo e vestiti, ti insegno a combattere > aveva risposto atona la bionda un secondo prima di lanciargli addosso una spada e una casacca.

< Ehi, avrei potuto farmi male > aveva ribattuto scocciato il biondino prima di cominciare a vestirsi.

< Oh, piantala > aveva borbottato Amalia mentre usciva dalle grotte e andava a fare stretching sulla sabbia.

Quando finalmente anche Jason uscì all’aria aperta la bionda si fermò e cominciò con la lezione.

< Dunque > disse strofinandosi le mani divertita < Prima di tutto dovrai riscaldarti o ci sarà il rischio che ti prenda uno strappo e io non ho nessuna intenzione di massaggiarti, quindi voglio che mi fai cento addominali, cinquanta flessione e poi dieci minuti di corsa > concluse ghignante. Era sicura che sarebbe crollato dopo i primi cinque secondi, invece il ragazzo la sorprese resistendo e anzi mostrando molta più resistenza di quanto lei credesse. Giusto per non lasciarlo solo si unì anche lei agli allenamenti mettendo così in bella mostra la sua perfetta preparazione atletica. Una volta terminato il riscaldamento Jason era sudato marcio e ansimava pesantemente ma non dava evidenti cenni di cedimento così Amalia decise di rincarare la dose e passare alle tecniche di combattimento con la scherma.

Nascondendo a stento un sorriso crudele passò una spada al ragazzo il quale piegò il braccio sotto il peso dell’arma scatenando l’ilarità della bionda non perse tempo per sfotterlo. < Cos’è troppo pesante? > chiese sarcastica.

Il biondino le lanciò uno sguardo truce assumendo la stessa posizione che aveva visto assumere alla ragazza quando l’aveva salvato dal patibolo.

< Uh, vuoi fare sul serio allora > commentò perfida la bionda mettendosi in posizione. Un attimo dopo i due erano impegnati in un duello che ahimè vide la sconfitta quasi immediata del povero biondino, che si ritrovò con le gambe all’aria e una donna straordinariamente bella seduta sopra di lui mentre con sorriso beffardo gli puntava la lama di una spada dritta al cuore. < Troppo lento, troppo distratto, troppo idiota > spiegò semplicemente Amalia rialzandosi da terra e pulendosi le ginocchia impolverate. < Ok, riproviamoci allora > propose l’ansante biondino.

Le guance imporporate e sudate facevano a pugni con i capelli chiari e la carnagione diafana. La bionda pensò che gli sarebbe venuto un infarto a quel ritmo, magari era meglio rallentare ma poi il biondino l’attaccò e allora addio buoni propositi.

< Continui ad essere distratto > mormorò la ragazza < Io. Non. Sono. Distratto > replicò deciso il ragazzo. La bionda ghignò e il ragazzo perse l’equilibrio finendo con il sedere a terra. < Te lo avevo detto > lo rimproverò ghignante la ragazza. I due andarono avanti così per un’altra mezz’ora buona, con Jason che attaccava, Amalia che parava e metteva K.O. il ragazzo.

Stanco di essere sempre battuto in modo così umiliante il ragazzo si arrese e decise di farsi insegnare i rudimenti della scherma. Solo così avrebbe saputo parare e schivare i colpi della bionda o almeno sperare di riuscirci, dopotutto un uomo in grado di battere Amalia, credo che debba ancora nascere.

< Ci siamo decisi finalmente > commentò soddisfatta la ragazza alzando gli occhi al cielo.

Il biondino annuì timido mettendosi nella posizione che Amalia gli indicò e notando con non poco stupore che così facendo il peso della spada era nettamente inferiore.

Le ore successive erano trascorse in un’imbarazzante sequenza di cadute con il sedere a terra, affondi andati a puttane e altre figure degne di un imbecille. Jason però non si scoraggiò rialzandosi ogni volta con rinnovato coraggio e determinazione, deciso più che mai ad imparare a combattere e a tenere finalmente testa alla bella e letale bionda. Nello stesso identico modo trascorse anche tutti gli altri giorni fino al loro arrivo a Kadheral. Dopo anni finalmente Jason Horbell, figlio di un minatore e di una curatrice aveva imparato a combattere e per di più in modo alquanto aggraziato e letale. Tutto sommato poteva considerasi soddisfatto!



Angolo autrice:
Cosa primissima da dire è un buongiornoooo XD. Ok, ammetto di essere leggermente più euforica del solito ma non è colpa mia, bensì di una storia letta su EFP che mi è davveroooo piaciuta, ma passiamo oltre. Torno a fare i miei più sinceri ringraziamenti a quella dolcezza di S_Anonima_E a cui vorrei tra l'altro chiedere quando pubblicherà il prossimo capitolo di Winged e al nostro ritrovato Squall99, che appena tornato a casa ha subito letto i miei capitoli :D
Per quanto riguarda gli ultimi avvenimenti che vedono protagonisti i nostri bei quattro eroi e quei due deficenti ( ognuno a modo suo ) di Shiack e Hoord, beh non potete certo dire che non ci siano novità. Dunque Amalia ha finalmente trovato il suo ex-capo mentre i nostri amati tre continuano a combattere, uno di loro avrà attirato in modo particolare la vostra attenzione. Di chi sto parlando? Ma del nostro bellissimo e matissimo Jason che ci ha fornito un piccolo ricordo dei suoi primi giorni di allenamento ( dedicato in modo particolare alla mia S_Anonima_E ).
Se riesco a rispettare i tempi tra due capitoli, ahimè tutto avrà fine, e la nostra Amalia vedrà calare il sipario sulle sue avventure, ma se qualcuno di voi è già steso sul pavimento a strapparsi i capelli lo rassicuro dicendo che mooolto probabilmente ci sarà un seguito.
Ad ogni modo, dopo avervi annoiato per bene, vi abbandono dandovi appuntamento come sempre al prossimo imperdibile capitolo.
Un bacio a tutti, Sybeoil!

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Pronti a combattere! ***


 

Capitolo 23

 
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"Forse era quel suo sguardo perso
nel vuoto o quel suo continuo mordicchiarsi
il labbro, ma quando combatteva quella
ragazza aveva il potere di incantarti"

 

 

Con ancora un sorrisetto ebete a incurvargli le labbra perfettamente disegnate il biondo si trovò a dover schivare l’attacco di un soldato per evitare di trovarsi la lama di una spada, conficcata nel mezzo del suo torace. Sempre continuando a ghignare mentre ripensava divertito alla prima volta in cui un po’ timoroso ma orgoglioso, tenne stretta quel tipo d’arma e cercò di battere la bella bionda che lo aveva sfidato. Ora che ci pensava capì che molto probabilmente anche se si fosse allenato per il resto della sua vita, divenendo il più bravo spadaccino delle cinque terre, non sarebbe comunque riuscito a battere Amalia. Quella ragazza aveva una capacità straordinaria di dominare quell’arte come se lei stessa fosse nata da una spada anziché da una donna. I suoi movimenti erano fluidi e leggeri, sensuali ed ipnotici decisamente rassomiglianti ad una danza. Se la osservavi troppo a lungo muoversi con la spada stretta nella mano destra rischiavi di rimanerne incantato. Un suo semplice movimento, che fosse un affondo o una parata, aveva l’immenso e al contempo terribile potere di rapirti. Era talmente bella quando combatteva che tutto intorno a te scompariva, riducendosi ad essere un semplice sfondo opaco e sbiadito. I rumori si attutivano fino a divenire flebili sussurri, le immagini sfocavano fino a perdere senso e tu stesso perdevi la concezione della realtà. Non esisteva più nulla se non lei e la sua letale arma stretta saldamente eppure così delicatamente tra quelle dita così sottili. L’alzarsi e l’abbassarsi frenetico del suo petto quando inspirava ed espirava, quel suo innocente ed inconsapevole vizio che aveva di mordersi il labbro inferiore quando si concentrava in battaglia e quei suoi meravigliosi capelli dello stesso colore del sole, che volevano sereni attorno al suo viso d’angelo. Una visione di celestiale bellezza e demoniaca malvagità riunite nel corpo di una donna. E poi c’erano gli occhi: quelle due pietre d’un azzurro indescrivibile incastonate proprio sopra il naso perfettamente dritto con la punta che terminava leggermente all’insù. Quei due infiniti pozzi incapaci di mentire e colmi di emozioni e sensazioni che invece la sua mente cercava di tacere continuamente. Quei meravigliosi doni che il cielo aveva fatto ai mortali permettendoli di bearsene, di riempirsi gli occhi di quella meraviglia divina. Quando combatteva Amalia perdeva credibilità, passando dal sembrare una semplice umana all’assomigliare ad una Dea. Tutti ne rimanevano incantati e tutti finivano per abbandonare la vita con il suo nome sulle labbra. Era a lei e al suo straordinario modo che aveva di combattere che Jason pensava mentre con enfasi sempre crescente, si faceva largo tra le file dei soldati, uccidendo tutti quelli che gli si paravano dinnanzi.

Un urlo di puro e agghiacciante terrore proveniente dalle sue spalle lo distrasse dai suoi roventi e macabri pensieri riportandolo bruscamente alla realtà. Voltandosi appena in tempo per vedere un soldato stringere la figura esile di Neifel tra le braccia. La ragazza era stata colta alla sprovvista finendo prigioniera di quel bastardo, che ora esplorava le sue curve con mani viscide e lussuriose, mentre la rossa si dimenava in preda all’orrore e alla paura. Gli occhi verdi spalancati e la bocca piegata in una smorfia di disgusto andavano a sommarsi ad una massa informe di capelli rosso fuoco spettinati e sporchi che però non facevano altro che renderla più bella. Solo ora, nel bel mezzo di una battaglia dove si trovavano in netta minoranza e quindi in difficoltà, Jason si rendeva conto della strabiliante quanto incredibile bellezza della rossa. Solo in quel momento, notando le mani lussuriose del soldato percorrere quel corpo come il pennello di un pittore fa con una tela e la paura della ragazza, si rendeva conto di quanto tutto ciò gli provocasse una strana sensazione all’interno del petto. Una sorta di fitta dolorosa lo colpì alla bocca dello stomaco facendogli storcere le labbra. Come si permetteva quel verme schifoso di toccare in quel modo la rossa? Nessuno aveva il diritto di comportarsi così con una donna, per di più se la donna in questione era sua amica ( e forse qualcosa di più ); perciò riprendendo lentamente il controllo di sé per capire la direzione da prendere al fine di salvare la vita della rossa, il biondo cominciò a respirare lentamente aprendo e chiudendo convulsamente i pugni. Dopo pochi secondi che sembrarono secoli, in cui le urla e poi le suppliche della ragazza si erano susseguite andando crescendo, si decise a muovere quei dannati piedi. Un insulso idiota gli si parò davanti quando ormai pochi metri lo separavano dalla rossa e lui lo liquidò con un semplice colpo sferrato con tutta la forza che possedeva in corpo, spedendolo all’altro mondo in pochi secondi. Poi con rinnovata forza continuò a camminare fino a raggiungere il bastardo e a sfiorargli al spalla con la punta della lama attendendo che questo si girasse.

Quando il soldato finalmente si convinse a girarsi, più per il senso di autoconservazione che altro, il biondo non esitò a colpirlo prima con un pugno con cui sicuramente gli ruppe il naso e poi con la spada che affondò con sadico godimento fino al centro esatto dal suo ventre da cui fuoriuscì un fiume scarlatto. La rossa poté così finalmente liberarsi dalla presa di quel sadico e riprendere a combattere non senza aver prima ringraziato il biondo, che la osservava in un misto di felicità e estasi.

< Ti..ti ringrazio > balbettò la ragazza ancora scossa per ciò che avrebbe potuto subire < Ti devo la vita > aggiunse subito dopo. Il biondo fece in modo di legare i suoi occhi a quelli della ragazza dando vita ad una danza di colori in cui si fondevano l’un l’altro il verde smeraldo degli occhi di lei e l’azzurro cielo degli occhi di lui. Rimasero a fissarsi così per qualche minuto in cui tutto il caos, la morte e il sangue che si estendeva intorno a loro scomparve, lasciandoli soli al centro esatto del deserto. Fu in quel preciso istante, nel momento stesso i cui i loro occhi si legarono che i due capirono di appartenersi. Ancora oggi non sanno bene come spiegarselo, ma di sicuro quello fu il momento in cui capirono di essersi innamorati.

Fu la rossa a mettere fine a quel momento, così carico di tensione da poter sentire piccole scosse di elettricità percorrere la pelle delle persone accanto a loro, distogliendo lo sguardo e puntandolo verso Xavier che si trovava in palese difficoltà. L’assassino infatti era circondato da sei soldati che attaccavano uno di seguito all’altro costringendo il ragazzo a serrare i tempi e le mosse per evitare di essere colpito. Quella fu la prima volta in tutta la sua vita in cui credette di stare per morire, dopotutto non lo si può di certo biasimare per aver pensato una cosa così lugubre, dato la minoranza in cui si trovava. Insomma sei contro uno non è mica una passeggiata e anche se sei un assassino di professione, addestrato a non sentire dolore, a mantenere la calma in ogni situazione e a lanciare attacchi adatti ad uccidere, un po’ di ansia ti viene. E così anche il bello e dannato assassino credette di doverci lasciare le penne ma per sua fortuna intervennero Jason e Neifel che lo liberarono dei suoi avversari in pochi minuti. Finalmente libero dall’idea di dover passare il resto dei suoi giorni con gli occhi chiusi seppellito in qualche fossa, senza la possibilità di vedere Amalia e baciare quelle labbra morbide come seta o poter sfiorare quella pelle chiara come il latte e delicata come il petalo di un fiore, ripartì all’attacco.

Ormai tutti gli assassini della Gilda che avevano preso parte a quell’assurda quanto insensata missione, erano radunati nella piazza principale del mercato sotto gli sguardi preoccupati della popolazione di Chruer nascosta nelle case. Ancora non riuscivano a credere che Shiack li avesse convocati con così tanta urgenza e per di più in un luogo scoperto e facilmente attaccabile. Il più confuso di tutti era sicuramente Horne che conosceva il suo capo abbastanza bene da poter affermare che qualcosa non andava. Un assassino come lui non avrebbe mai fatto un gesto così stupido e avventato rischiando di esporre tutti i suoi uomini ad un imboscata specie in quei momenti in cui nessuno capiva cosa stesse succedendo. Numerosi mormorii si levarono tra le figure scarlatte mentre l’uomo da cui avevano ricevuto quell’ordine si avvicinava al gruppo con passo deciso e risoluto e con una figura di donna al fianco. Nessuno la riconobbe se non quando fu a pochi metri di distanza da loro e dai loro sguardi stupidi e ammaliati allo stesso tempo. Amalia, l’unica donna entrata a far parte della Gilda da tempi immemorabili, camminava al fianco dell’uomo stesso che l’aveva raccolta dalla strada dodici anni prima. Come sempre la trovarono magnifica, avvolta in quel completo di pelle rossa cremisi e con i capelli disordinatamente spettinati incarnava il sogno proibito di molti dei presenti. Le gambe toniche e forti marciavano sicure sul terreno duro e sabbioso, accompagnate dal ritmico movimento del seno che si alzava e si abbassava a tempo con il suo respiro. Le labbra rosee erano leggermente dischiuse assomigliando ad un cuore perfetto. Il naso piccolo e perfetto era leggermente arricciato a causa degli odori fetidi provenienti dalle strade della cittadina e poi c’erano gli occhi. Quegli occhi che tante volte erano stati i protagonisti di sogni, quegli occhi che avevano il potere di stregarti e farti tremare di paura nello stesso momento. Gli stessi occhi che ora erano fissi sulle figure rivestite di rosso che la osservavano come incantati. Lo stesso paio di occhi che ora anziché essere azzurri erano scarlatti. Per poco alcuni di loro non persero l’equilibrio dalla paura che quei due semplici occhi provocavano nelle loro menti. Uno sguardo carico di rabbia, astio, odio e persino crudeltà.

L’unico ad avere il sangue freddo di avvicinarsi ai due per chiedere delucidazioni su quanto stava accadendo fu Horne, che facendosi largo tra i suoi confratelli, si avvicinò alle due figure e cominciò a parlare silenziosamente.

< Si può sapere che cazzo sta succedendo? > domandò seriamente preoccupato, poi senza lasciare il tempo a nessuno dei due di rispondere aggiunse < E poi cosa cavolo ci fa lei qui? >

Quando Amalia notò che stava per aggiungere altro intervenne nella conversazione, fino a quel momento a senso unico, per chiarire così tutti gli interrogativi dell’assassino.

< Ciao, Horne è un piacere rivederti > rispose con finto sarcasmo < In ogni caso sono venuta qui per mettervi in guardia su ciò che avreste potuto trovare in questa città >

L’uomo la osservò meglio, inarcando elegantemente il sopraciglio destro in una implicita domanda, per sbarrare poi gli occhi alla vista della sguardo di fuoco della ragazza. < Santi Dei, i..i tuoi occhi sono…sono rossi > balbettò quasi inorridito da quel particolare.

< Sì sono rossi ma questo è poco importante > sospirò la ragazza rassegnata a dover nuovamente spiegare il motivo della sua presenza lì.

< Sono qui per un motivo molto importante ovvero l’attacco a sorpresa che presto coglierà tutti voi > Nel pronunciare queste ultime parole il tono di Amalia era andato crescendo fino a rendere la sua voce udibile da tutti. Senza aver bisogno di verificare la sua ipotesi si rese conto che non solo i membri della Gilda ascoltavano le sue parole con attenzione reverenziale, ma anche gli uomini e le donne nascosti nelle case sigillate della città. < Tra pochissimo un esercito composto da duecento soldati addestrati e armati sarà qui con l’ordine di sterminare la Gilda > Mormorii confusi e concitati andarono spargendosi per le file degli uomini rivestiti di rosso i quali davvero non riuscivano a capire cosa Amalia volesse dire; notando i loro sguardi straniti la bionda si profuse in una dettagliata spiegazione di cosa sarebbe accaduto di lì a poco tempo e di come avrebbero potuto fermare tutto ciò coinvolgendo anche la popolazione locale che piano piano usciva allo scoperto. Tante piccole teste infatti si affacciarono dalle finestre delle case fino a poco prima serrate puntando lo sguardo assorto sulla figura elegante della ragazza.

< E quindi dovremmo combattere contro duecento uomini? > chiese scettico un abitante della città. < Sbaglio o qui si annida la più forte resistenza delle cinque terre? > rispose laconica Amalia. Quell’uomo annuì e subito dopo scomparve seguito da altri che come lui andarono a rifornirsi di armi.

Dopo circa un quarto d’ora, in cui gli assassini si misero d’accordo sul miglior piano d’azione da seguire e la popolazione maschile andò ad armarsi mettendo al sicure donne e bambini, un fragore di passi e cavalli spinti al galoppo raggiunse le orecchie della ragazza. Un ghigno freddo carico di disprezzo e malcelato divertimento increspò le labbra della ragazza. L’esercito era arrivato, finalmente la festa poteva cominciare!

Fin da quando aveva saputo dell’esistenza di quella piccola e insulsa ragazzina, Hoord non si era dato pace, cercando di trovare il modo per sbarazzarsene. Temeva infatti che potesse ricordarsi delle sue origini e pretendere il trono, ma con il passare degli anni dovette ricredersi. La ragazza era cresciuta nell’ombra senza conoscere nulla del suo passato se non le bugie che lo stesso uomo a cui doveva la vita le aveva raccontato. Perciò non sapendo chi lei fosse in realtà Hoord aveva accantonato l’idea di stanarla e ucciderla, in fondo senza passato, non poteva nuocergli. Nessuno avrebbe preteso il suo trono o la sua gloria, o almeno non fino a quel giorno.

Quando quella sera lo avevano informato su ciò che era accaduto per poco non rischiò di strozzarsi con il suo whisky invecchiato di oltre vent’anni.

Erano passati pochi giorni dalla notte in cui il suo piano finalmente aveva avuto inizio quando il suo maggiordomo lo aveva disturbato proprio in un momento di beatitudine. Il fedele servitore, al suo servizio ormai da quasi vent’anni aveva bussato delicatamente e rispettosamente alla porta di fine legno di quercia lavorato a mano, della stanza da letto di Hoord interrompendolo sul più bello. Il tiranno infatti era impegnato da quasi due ore con due ragazze di cui non conosceva nemmeno i nomi ma la cui bellezza era visibile a chiunque. Entrambe avevano capelli lisci e neri come la più scura delle notti, ma mentre una di loro possedeva sgargianti occhi ambrati, l’altra aveva dolci e timidi occhi nocciola. La profonda avvenenza delle curve di entrambe le ragazze era stata sufficiente al tiranno perché pretendesse la loro compagnia per l’intera nottata. Dopo averle spogliate lentamente e averne assaporato ogni centimetro di pelle con le labbra e con la lingua aveva lasciato che anche loro facessero lo stesso con lui, crollando vittima degli istinti primordiali dell’uomo. Mentre una delle due ragazza quella dagli occhi sgargianti gli accarezzava il basso ventre in direzione della cinta dei pantaloni l’altra gli sbottonava con spasmodica lentezza la casacca blu notte che indossava a coprire il busto. Con movimenti esperti in grado di eccitare qualunque uomo e di qualunque età, la ragazza dagli occhi ambrati sciolse la cintola che reggeva i pantaloni lasciando che questi potessero cadere al suolo seguiti subito dopo dalle mutande del tiranno fino a che questo rimase nudo. Una potente erezione segnalava tutto il piacere che quelle due giovani ragazze provocavano nel corpo del potente tiranno semplicemente sfiorandolo e accarezzandolo. Proprio un attimo prima di condurre le ragazze sul grande materasso rivestito da lenzuola di fine velluto nero e oro si diresse verso l’angolo della stanza in cui era sistemato il vassoio con il suo whisky d’annata e versatone un sorso in un bicchiere di cristallo lo portò alle labbra, assaporando il gusto del liquido ambrato mentre mani delicate e bramose percorrevano la sua schiena e il suo petto. Fu in quel preciso momento che le nocche del maggiordomo risuonarono sul legno della porta distogliendo Hoord dalla sua dimensione di piacere riportandolo alla realtà. Con voce roca aveva cercato di cacciare il fastidioso visitatore ma quello aveva insistito affermando l’urgenza della lettera che andava a recapitargli. Notando il tono urgente con cui aveva parlato il suo servitore l’uomo era stato costretto a interrompere quel momento lussurioso per dedicarsi ai suoi doveri di sovrano.

Con indosso una vestaglia di fine seta bordò andò ad aprire le grosse porte della stanza per afferrare la lettera posata su un lussuoso vassoio d’argento e aprendola immediatamente. Le poche righe che seguirono ebbero il potere di mettere a tacere tutto il nervosismo per l’interruzione subita, il piacere che già pregustava di provare mentre esplorava le soffici carni delle ragazze lasciando solo una vaga scia di paura. Dopo anni Hoord tornò a provare paura e per di più paura per una ragazzina. Restituì malamente la lettera al maggiordomo, dando ordine di far attendere il messaggero e tornando a chiudersi nella sua stanza da letto. Le due ragazze erano comodamente poggiate sul letto una accanto all’atra mentre si stuzzicavano a vicenda i seni prosperosi nella speranza di dar piacere al loro padrone. A quella vista Hoord si lasciò andare ad un ringhio animalesco mentre con urgenza e furia si lasciò cadere tra le due ragazze con cui sfogò tutta la sua frustrazione.

Adesso a distanza di quasi un mese si trovava a dover trovare il modo migliore per sbarazzarsi definitivamente di quella stupida ragazzina. Se solo quel gorilla idiota non l’avesse addestrata così bene, ora il suo lavoro, sarebbe decisamente più semplice. Purtroppo però quell’idiota di assassino aveva pensato bene di trasformare una stupida bambina magra e fissata con le bambole, nella migliore assassina che il Mondo Conosciuto avesse mai ospitato, insensibile al dolore, alla morte altrui, alla paura e a qualunque sentimento o sensazione che non fossero la rabbia e la vendetta. Non che lui pensasse di esserle inferiore, ma insomma le capacità della ragazza di combattere e uccidere, non erano certo punti a suo favore. In ogni caso sarebbe riuscito nel suo compito, in fondo ne andava della sua corona che cos’ faticosamente aveva conquistato.

Tornando a rivolgere la sua attenzione al paesaggio di fronte a lui spronò ancora di più la sua cavalcatura, che ora sembrava volare sul terreno roccioso.

 


 

Angolo autrice:
Bentornatii a tutti voi tenebrosi assassini del Mondo Conosciuto! Grazie infinite a Squall99 e S_Anonima_E per aver recensito il capitolo precedente e per avermi riempito, come sempre, di complimenti che per la maggior parte non merito, in ogni caso grazie. Tornando a noi e ai nostri quattro eroi, possiamo capire che inizialmente il cuore di Jason è o meglio crede di essere preda della bella Amalia, ma dopo un fatto molto molto brutto, cambia opinione e si accorge di quanto tenga alla rossa. E così un'altra coppia si è formata. Shiack e la Gilda finalmente hanno capito cosa diavolo sta succedendo e sono pronti ad affrontare i soldati di Hoord che ormai sono alle porte di Chruer e infine il nostro tiranno che si da da fare.
Nel suo ricordo infatti notiamo una certa perversione verso il sesso che caratterizza il nostro tanto odiato tiranno, ma ahimè, tutti sappiamo che i cattivi sono anche un po' decelebrati.
Bene, dopo avervi annoiato e annoiato vi lasco dandovi appuntamento al prossimo capitolo che potrebbe anche essere l'ultimo!
Alla prossima, Sybeoil!

Non ho saputo resistere per questo vi posto un immagine che mi fa ricordare tanto Amalia mentre prende la mira con il suo fedela arco http://weheartit.com/entry/8135110

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Capitolo 25
*** Che lo scontro abbia inizio ***


 

Capitolo 24

 

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"E' così bella! Sarà un vero
peccato doverla uccidere"


 

 

Il sangue impregnava ormai il terreno filtrando attraverso le crepe create dal caldo eccessivamente torrido. Le grida del combattimento appena concluso riecheggiavano ancora in lontananza come un eco distorto dal vento. I petti marmorei dei due ragazzi si alzavano e si abbassavano affannosamente alla ricerca di aria pulita, mentre Neifel, piegata sulle ginocchia cercava di non soccombere alla fatica e al caldo terrificante. Dopo minuti di tensione e paura avevano finalmente fatto piazza pulita di tutti i soldati che quel bastardo di Hoord aveva lasciato indietro ed ora si ritrovavano isolati e stanchi. Grosse gocce di sudore imperlavano la fronte di tutti e tre i giovani mentre vistose macchie di sangue ormai rappreso, spiccavano sulle loro vesti logore. Sbuffi di terra li sporcavano il viso e le mani tra cui stringevano ancora le armi con le quali avevano ucciso i nemici e difeso se stessi. Sulle loro teste volavano già da qualche ora, grandi uccelli dal piumaggio grigio e nero con grossi e potenti becchi, che pregustavano l’ormai imminente pasto. Nessuno di loro accennava a volersi muovere, erano ancora troppo stanchi per lo sforzo appena sostenuto, eppure dovevano darsi una mossa se volevano arrivare in tempo a Chruer e aiutare Amalia. La prima a riprendersi dalla fatica fu Neifel la quale abbandonò lo spiazzo di sabbia pulita sul quale si era inginocchiata e si avvicinò a Jason ancora assorto nei propri pensieri. Con delicatezza poggiò la sua mano sull’avambraccio di lui attendendo che questo aprisse gli occhi o le facesse comunque capire che si era accorto della sua presenza. Lui però non si mosse, così la rossa strinse leggermente sempre attendendo una risposta dal ragazzo, che anche questa volta non arrivò. Cominciava ad innervosirsi così per evitare di mettersi ad urlare strinse forte la mano libera a pugno, conficcandosi le unghia nella carne fino a farne fuoriuscire il liquido scarlatto, poi prendendo due profondi respiri si calmò. Lasciò scivolare la mano lungo il fianco mentre portò l’altra all’altezza del viso del ragazzo. Rimase così immobile per qualche secondo fino a quando non si decise a posarla sulla guancia arrossata del biondo il quale sussultò appena per il contatto con la pelle fredda della ragazza. Questa se ne accorse e non riuscì a fare a meno di sorridere per quel piccolo gesto. Sempre lentamente portò anche l’altra mano al viso del ragazzo il quale sussultò nuovamente al contatto con il palmo della ragazza provocandole un altro risolino che contagiò anche lui. Con una lentezza inesorabile Neifel, avvicinò il suo viso a quello di Jason andando a posare delicatamente le sue labbra su quelle secche del ragazzo. Dopo qualche momento di esitazione, in cui il ragazzo cercò di reprimere l’istinto di affondare le mani nelle carni della ragazza, contraccambiò il bacio con crescente passione. Mentre una mano andava a posizionarsi prepotente dietro la nuca della rossa, la quale si abbandonò definitivamente a quel tocco disperato, l’altra corse ad ancorare la carne del fianco avvicinando il corpo della ragazza al suo. Con sempre maggiore ardore il biondo dischiuse le labbra andando alla ricerca della lingua della rossa che trovò quasi immediatamente e con la quale ingaggiò una furibonda lotta. Le piccole mani della ragazza si erano nel frattempo spostate verso l’intricato disegno dei fili d’oro che il ragazzo aveva in testa, accarezzando dolcemente la nuca e la fronte del biondino. L’eccitazione dei due cresceva in proporzione alla passione che mettevano nel bacio, fino a raggiungere l’apice. Quasi privi di ossigeno interruppero il bacio allontanandosi quel tanto che bastava per tornare a respirare. Mentre il cuore di entrambi galoppava libero verso sentieri mai battuti la voce roca per l’eccitazione della rossa ruppe quel silenzioso momento.

< Grazie > sussurrò sfiorando con il pollice la fronte del biondo, il quale rispose poggiando famelico le sue labbra su quelle della ragazza.

Un colpo imbarazzato di tosse li convinse definitivamente a staccarsi l’uno dall’altro per prestare l’attenzione a Xavier che li osservava in un misto di imbarazzo e contentezza.

< Mi…mi dispiace interrompervi però dobbiamo ripartire > mormorò il moretto. I due annuirono decisi e dopo aver recuperato ognuno il proprio cavallo e aver ripulito le lame delle spade sulla divisa di qualche soldato morto, ripartirono al galoppo verso la città di Chruer e verso Amalia.

Il piano era stato definito e in pochi minuti tutto era pronto come stabilito. Cinque file di assassini e comuni cittadini erano schierate ordinatamente dietro le grandi porte in legno della città mentre attendevano con crescente ansia, soprattutto da parte della popolazione, l’arrivo dei soldati. Di a pochi minuti infatti l’esercito di Hoord avrebbe sfondato le porte della città facendo irruzione con il chiaro intento di sterminare la Gilda e tutti gli abitanti della città. Loro però erano stati più furbi o semplicemente più fortunati, così avevano avuto il tempo di organizzarsi e prevedere un piano d’attacco. Shiack era sorpreso di come la sua bambina, avesse orchestrato e organizzato tutto ciò alla perfezione. Non riusciva a credere che la ragazzina bionda alla quale era tanto affezionato fosse capace di erigere un piano così ben congeniato in pochi minuti e per di più sotto una notevole pressione. In quel momento fu sicuro di chi volesse gli succedesse al comando della Gilda una volta che la sua anima avesse lasciato quel mondo per sempre. Amalia sarebbe stata un capo perfetto, vendicativa, crudele, orgogliosa e sensibile al punto giusto per riuscire a gestire un orda di barbari che alla fine era la Gilda, e se per caso qualcuno di loro non avesse voluto sottostare al comando di una donna, beh lei sarebbe riuscita sicuramente a fargli cambiare idea. Con le buone o con le cattive maniere. Un ghigno divertito curvò le labbra dell’assassino al pensiero di Amalia che costringeva con metodi decisamente poco ortodossi, un anziano membro della Gilda a seguire i suoi ordini. Si, Amalia sarebbe decisamente stata un ottima guida per la Gilda intera. < Concentrati > soffiò la bionda al suo fianco riportandolo bruscamente alla realtà. L’uomo annuì con un ghigno divertito ancora stampato sul viso tornando a focalizzare la sua attenzione sull’unico punto d’accesso della città. Come avevano sospettato l’esercito si stava dando un gran da fare per sfondare le grandi e spesse porte in legno di Chruer aiutandosi con il tronco di un albero che fungeva d’ariete. Il legno delle porte cominciava a cedere sotto i potenti colpi scagliati dai soldati così che in poco tempo sarebbe crollato liberando l’accesso. Amalia stringeva nel pugno destro l’arco che tante volte le aveva fatto compagnia durante le sue missioni e con il quale aveva instaurato una specie di rapporto d’amicizia. La bionda infatti considerava tutte le sue armi come le sue migliori amiche, con loro parlava, si confidava, chiedeva addirittura consigli. Potrebbe sembrare sciocco a chiunque ma quando vivi chiusa in un enorme castello e tutto ciò che ti è permesso possedere sono armi da taglio e un arco allora cominci a trattarle come fossero persone. Tutti gli assassini della Gilda, trattavano le proprie fedeli armi, come amici dai quali separarsi diventava insopportabile. Anche ora Amalia, stringeva spasmodicamente il suo arco nel pugno destro cercando di trarre forza e coraggio da lui, cercando di non pensare all’orrenda fine che avrebbero potuto fare i suoi amici rimasti soli a combattere cento uomini. Se ripensava a loro tre lacrime calde le si affacciavano agli angoli degli occhi, lacrime che però non poteva permettersi di lasciar colare via. Lei era Amalia, unica donna della Gilda, erede dei più grandi popoli magici del Mondo Conosciuto e mai, mai avrebbe lasciato che la debolezza o la paura prendessero il sopravvento. Con un moto di stizza indirizzato a se stessa ingoiò il pesante groppo che le si era formato in gola al pensiero dei suoi tre amici soli nel deserto a combattere contro cento soldati, e tornò a focalizzare il suo sguardo di sangue sull’orizzonte innanzi a lei dove le porte cominciavano a cedere. Bastarono solo altri due colpi ben assestati e il legno cedette liberando l’entrate per i soldati. Orde di uomini armati fino ai denti, con spade già sguainate e sguardi carichi d’odio, fecero irruzione nella cittadella di Chruer dove ad attenderli c’erano i freddi e spietati assassini che tutto il mondo temeva. Con meticolosa attenzione la bionda incoccò una freccia dal piumaggio rosso cremisi e prese la mira. Quando fu certa di colpire il suo bersaglio scoccò il dardo che andò a conficcarsi con suono sordo al centro esatto della fronte di un soldato di fanteria. Lo stupore generale per quel gesto lasciò i soldati interdetti qualche secondo permettendo agli assassini di ghignare soddisfatti e partire all’attacco. La prima fila composta da dieci assassini tra le cui mano spiccavano le lunghe lame di coltelli da lancio si mossero come un sol uomo dirigendosi a passo sempre più spedito verso i soldati ancora increduli per ciò che i loro occhi vedevano. Arrivando in quella città si aspettavano di trovare la Gilda impegnata a sterminare la popolazione non un gruppo affiatato che si opponeva a loro, così quando ormai gli assassini erano a meno di mezzo metro da loro non riuscirono a reagire prontamente. Subito dopo partì anche la seconda fila, formata questa volta da semplici cittadini, chi armato di spada e chi di forcone, che partirono alla carica per sfogare tutta la loro rabbia e frustrazione, sulle divise rosso-nere che tante volte avevano popolato i loro incubi.

Questa volta però i soldati non si lasciarono prendere dallo stupore e risposero all’attacco stroncando molte semplici vite. A mano a mano che il combattimento di faceva più cruento altri soldati arrivavano a dar manforte. Non da meno erano i loro avversari, che sembravano sbucare da ogni angolo della città, agguerriti come non mai. Persino Amalia si fece prendere dall’entusiasmo del combattimento e dimenticato per un attimo il suo reale obbiettivo abbandonò la sua postazione sul tetto e andò a buttarsi nella mischia.

Già prima di raggiungere del tutto il centro dello scontro riuscì ad uccidere tre soldati usando solo il suo fedele arco. Era una furia, bella e dannata, con quello sguardo color del sangue e il corpo di una Dea.

Accanto a lei poteva sentire chiara e forte la presenza della Morte che l’assisteva e la guidava verso il campo di battaglia. Ecco cosa intendeva la Dea con le parole dalla morte nasce sempre la vita, solo ora Amalia aveva capito il concetto che stava alla base di quella frase bizzarra. Solo con la morte di coloro i quali servivano ideali sbagliati, intrisi di odio e potere, la vita poteva tornare a crescere rigogliosa sulle terre del Mondo Conosciuto. Solo in quel modo la pace, le ingiustizie e la cattiveria potevano avere fine. La morte avrebbe messo la parola fine ad un era di malvagità e lei avrebbe fatto parte di coloro i quali si sarebbero battuti per tutto ciò che di buono ancora esisteva.

Era strano per un assassino ragionare in questi termini, cercando di pensare prima al bene degli altri e poi al proprio, ma per Amalia tutto ciò ormai era divenuto normale.

Fin dal momento in cui aveva scoperto le sue vere origini una strana sensazione era andata radicandosi sempre più nell’anima fino a conquistarla del tutto. Ormai la bionda non riusciva più a pensare prima a se stessa e poi gli altri ma agli altri prima che a se stessa. Sentiva che era anche per colpa sua se Hoord aveva fatto tutto ciò che aveva fatto e non riusciva a perdonarselo, così per espiare le sue colpe del tutto infondate, avrebbe aiutato la resistenza a sconfiggere il tiranno riportando la pace e la democrazia nelle terre del Mondo Conosciuto.

Arrivata finalmente al cuore pulsante del combattimento, dove divise rosso-nere si confondevano con quelle rosso cremisi degli assassini della Gilda, le urla di disperdevano nell’aria, la bionda cominciò a lottare furiosa e instancabile. Notando il suo essere donna molti dei soldati si concentrarono su di lei, credendo di avere la vittoria in pugno solo per la sua appartenenza al sesso considerato debole, ma dovettero ricredersi quando con l’eleganza di una regina tracciava con la spada cerchi nell’aria profumata di pioggia. Le nuvole avevano ormai coperto e oscurato il cielo mentre bassi e rochi tuoni squassavano l’aria preannunciando pioggia dopo mesi di siccità. Come per la notte di dodici anni prima la natura sembrò voler venire in soccorso agli uomini, piangendo le lacrime di coloro i quali dimoravano tra i flutti celesti al fine di lavare il sangue versato in nome della pace.

Un piccola e fredda goccia d’acqua cadde sulla fronte di Amalia, che sorpresa alzò lo sguardo verso il cielo notando con estremo stupore il raggruppamento di nuvole cariche di pioggia. Sorridendo beffarda tornò a concentrare la sua attenzione sul combattimento che infuriava intorno a lei, giusto in tempo per notare la freccia di un soldato sibilare nell’aria diretta al suo petto. Con un movimento scattante e fulmineo catturò il dardo nella mano sinistra concedendo poi un lungo e sornione ghigno al soldato che la osservava incredulo.

Senza proferir parola estrasse un pugnale da lancio dagli stivali e lo lanciò nella direzione da cui proveniva la freccia riuscendo a colpire l’uomo che stramazzò al suolo con ancora gli occhi sbarrati per la sorpresa.

Si mosse rapida tra i vari uomini impegnati nel duelli andando a recuperare la sua arma e tornando poi a combattere.

Quando Hoord arrivò d’innanzi le porte ormai sfondate della cittadella di Chruer rimase attonito davanti allo spettacolo che gli si presentò. Centinai di uomini distinguibili l’uno dall’altro solo grazie ai colori delle divise, erano impegnati in cruenti duelli all’ultimo sangue. La pioggia cadeva fitta andando a macchiare il terreno sabbioso intriso di sangue e sudore. La puzza di morte aleggiava su quel luogo come un velo. Quella dannata ragazzina aveva avuto il potere di rendere impotenti le truppe del più grande signore di tutto il Mondo Conosciuto. Hoord non le avrebbe permesso di ostacolarlo ancora, giurò a se stesso di ucciderla quanto era vero la sua capacità di gestire le arti magiche.

Ancora in groppo al suo destriero l’uomo entrò nella capitale facendosi largo tra i corpi accalcati l’uno sull’altro, dovendo ricorrere all’uso della spada più di una volta per impedire a qualche pezzente o assassino di fargli al festa. Lui voleva quella ragazza e niente e nessuno avrebbe potuto fermarlo, in fondo era diventato il più grande signore del mondo mica per nulla.

La testardaggine era conosciuta in ogni angolo del regno e nessuno che avesse un minimo di cervello contraddiceva una sua idea.

Dopo aver girato quasi tutta la città la vide al centro esatto della piazza principale bella come non mai. Gli occhi iniettati di sangue rilucevano sotto quella cascata di capelli chiari come oro, la pelle sudata era velata da uno strato di polvere. Le labbra rosse e morbide costituivano una tentazione per ogni uomo. Le braccia magre reggevano senza fatica la grossa spada che mulinava come se si trattasse di un bastoncino e non di un arma di ferro pesante. Le gambe ben fasciate nei pantaloni della divisa scattavano ad ogni movimento. Il petto prosperoso si alzava e si abbassava rapido ad ogni respiro emesso dalla ragazza la quale si batteva come una vera furia. Se non avesse rappresentato l’unico ostacolo alla sua grandezza, Hoord era quasi certo che l’avrebbe voluta come sua sposa. Non c’era ragazza in tutto il Mondo Conosciuto, che potesse competere con Amalia l’assassina; era bella, atletica, coraggiosa e a tratti cattiva. Sensuale in ogni suo movimento, inconsapevolmente sexy in ogni suo sguardo o posa. Era bella come una Dea e coraggiosa come un leone. Hoord dovette scuotere la testa violentemente per riuscire a tornare alla realtà e abbandonare così quegli assurdi quanto insensati pensieri che lo avevano colpito alla visione della bionda.

< Sarà un vero peccato doverla uccidere > borbottò tra se un istante prima di spronare il suo cavallo verso l’elegante figura che ora fronteggiava due soldati contemporaneamente. Quando la bionda si accorse del rumore ovattato di zoccoli che si dirigevano nella sua direzione alzò per un momento lo sguardo dal sua avversario per concentrarlo sulla figura oscura, avvolta da un mantello di velluto blu cobalto sporco e rovinato, che si avvicinava lenta e beffarda al corpo della ragazza.

Prima di abbandonare il suo scontro e dirigersi verso il suo principale obbiettivo per fronteggiarlo e annientarlo definitivamente piantò la spada ormai intrisa di sangue, nel ventre del soldato il quale emettendo un suono strozzato cadde al suolo morto. Ormai ciò che la separava dalla sua vendetta e dal suo passato distava qualche metro. Nulla avrebbe più potuto impedirle di vendicare i suoi genitori e la sua stessa memoria, macchiata per anni e anni con bugie senza fine, insozzate di falsità. Pronto per l’imminente scontro a cui avrebbero fatto da testimoni solo le nuvole e la sabbia, Hoord scese dal sua cavallo con un ghigno di superiorità e convinzione che non fece altro che andare ad alimentare l’odio già di per sé smisurato, che la bionda provava per quell’infimo essere. Sempre con quell’espressione arrogante e presuntuosa mosse dei piccoli e aristocratici passi vero la ragazza estraendo con cura la spada dal fodero legato alla vita e prendendo a rotearla in aria come dimostrazione della sua bravura nell’arte della scherma senza sapere che nessuno al mondo sarebbe mai riuscito a sconfiggere la bionda.

< Sarà un vero peccato doverti uccidere > sibilò sarcastico in direzione della bionda quando furono abbastanza vicini da poter udire ognuno le parole dell’altro. < Per me invece sarà un vero piacere > ribatté acida la ragazza. Il tiranno la guardò perplesso scoppiando poi a ridere come se le avesse appena raccontato una barzelletta anziché minacciarlo di morte.

< Cara, cara ragazza, non sai contro chi ti sei messa > sillabò tra le risa. In risposta alla frase davvero infondata del tiranno la bionda accennò un ghigno degno del peggior assassino mostrando i denti candidi come neve. < Perché al posto di parlare non cominci a combattere, razza di stupido pallone gonfiato > propose la bionda stanca di dover sentire la sua stupida voce. Cogliendo quelle parole pronunciate per offendere l’uomo smise all’istante di ghignare concentrando il suo sguardo affilato e iroso sul viso ancora ghignante della ragazza. In pochi secondi ognuno dei due stringeva la spada nel pugno della rispettiva mano destra studiando con malcelata attenzione l’avversario, cercando di cogliere i punti deboli per poterli sfruttare a proprio favore. Il primo a muovere l’attacco fu proprio il tiranno che allungando la gamba sinistra verso il corpo teso della bionda portò avanti un affondo degno del miglior spadaccino mancando però il bersaglio. La ragazza infatti avendo intuito, per esperienza personale la mossa dell’uomo, scartò a destra ruotando su se stessa per ritrovarsi poi nuovamente di fronte al suo agguerrito avversario. L’uomo la guardò accigliato, piccole gocce di sudore gli imperlavano la fronte spaziosa e alta mentre la pioggia continuava a scendere sempre più forte andando a formare un poltiglia fangosa alla base di piedi. L’orlo dei pantaloni e del mantello del tiranno era completamente insozzati così come gli stivali rosso cremisi della bella bionda che stava leggermente piegata sulle gambe aspettando con febbrile eccitazione la prossima mossa di quell’idiota.

< Sorpreso? > domandò ghignate la ragazza. < Di più > rispose sarcastico l’uomo tornando all’attacco.

Con un rapido scatto l’uomo affondò la lama della sua spada nel fianco della bionda la quale però scartò voltandosi verso sinistra e affondando la sua spada verso il braccio del suo avversario riuscendo a tagliarli il bicipite da cui prese a colare del sangue. Oltraggiato per quel gesto disonorante il tiranno si lasciò andare alla magia, lasciando che quest’ultima lo invadesse accerchiando ogni singola cellula del suo corpo e opprimendola in una morsa d’acciaio. Il familiare formicolio che precedeva lo scatenarsi della sua ormai famosa furia era una sensazione piacevole che andava crescendo attimo dopo attimo. Ben presto il cielo si fece ancora più buio, rapide saette presero a squarciare le nubi grigie cadendo al suolo e schiantandosi sulla sabbia umida. Molte bocche tra gli uomini presenti a Chruer si spalancarono in preda all’incredulità ma non quella di Amalia che rimase impassibile anche di fronte a quella dimostrazione di potente magia oscura. Tra tutti lei era l’ultima che poteva avere paura di un arte così sopraffina. In lei vivevano i segreti magici dei più antichi popoli donandole la straordinaria capacità di resistere ad ogni tipo di incantesimo.

Prima che potesse ghignare vittoriosa un raggio di luce nera e opaca la colpì al fianco destro lasciandole un chiaro segno di ustione. A quanto pare aveva fatto male i suoi conti, la magia oscura poteva scalfire il suo corpo perfetto e ferirla. Poteva ucciderla e lei non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo. Nonostante in lei scorresse sangue magico non poteva utilizzare quel dono straordinario perché incapace di gestirlo, non le rimaneva altro che tentare di difendersi e portare avanti attacchi corporali.

< Maledizione > imprecò a mezza voce quando sentì la pelle lacerarsi sotto il corpetto. Quell’uomo era più forte di quanto si aspettasse e se avesse voluto distruggerlo si sarebbe dovuta impegnare molto di più.

Premendo la mano libera dalla spada sul fianco ferito prese a respirare lentamente cercando di soffocare il dolore che andava pian piano invadendole mente e corpo, fino a penetrare nelle ossa. Dopo qualche minuto in cui tutto la sua attenzione si era focalizzata sul taglio al fianco sinistro tornò a guardare con occhi ancora più arrabbiati l’avversario che le stava davanti, ghignante ed estasiato.

Stava per dar sfogo alla rabbia e alla stanchezza che sentiva premere sulla sua mente come un macigno, quando un rumore scalpitante di zoccoli e l’urlo di un ragazzo che chiamava i suo nome la spinsero a sottrarre la sua attenzione dallo scontro ancora una volta. Voltò bruscamente la testa verso sinistra frustandosi il viso con i capelli. Ritto in sella come solo il più nobile di tutti i cavalieri sa essere, c’era Xavier con quel suo sorriso tremendamente sexy e quei suoi occhi belli da morire. La vista di quel ragazzo arrivato fino li solo per lei le invase corpo e anima donandole nuovamente un po’ di serenità e pace. Istintivamente sentì le gambe muoversi in direzione del moretto il quale era già smontato da cavallo e si stava avvicinando alla bionda a grandi falcate. In pochi minuti tutte le distanze furono annullate e finalmente le labbra dei due poterono incontrarsi in un danza lussuriosa. Poco importava si trovassero al centro esatto di una delle più violente battaglie di sempre, poco importava che Amalia avesse abbandonato il più importante scontro di tutta la sua vita o che dal cielo continuava a cadere inesorabile un pioggia fitta e fredda, in quel momento esistevano solo loro due e l’immenso desiderio di amore che entrambi sentivano di dover sfogare. Ben presto le labbra della ragazza si dischiusero in un chiaro invito alla lingua del moretto di cercare la sua. Questa ovviamente non si fece attendere e presto catturò quella della ragazza trascinandola in un tango sensuale e appassionato. Rimasero così, abbracciati a baciarsi per quasi cinque minuti lasciando che lacrime calde colassero lungo i visi sporchi e stanchi di entrambi andando a bagnare le labbra. Si staccarono solo quando i polmoni presero a bruciare per la prolungata mancanza d’ossigeno senza però mai interrompere il contatto con le loro pelli. < Mi dispiace così tanto > mormorò la bionda un secondo prima di circondare con le braccia il forte collo di Xavier. < Per cosa? > chiese il moretto subito dopo andando a circondare la perfetta schiena della bionda. < Per averti abbandonato in mezzo al deserto, averti coinvolto in questa pazzia, per essere come sono. Per tutto, mi dispiace per tutto >



 

Angolo autrice:
Bentornati cari assassini, per prima cosa ringrazio tutti coloro che seguono la mia storia e soprattutto coloro che commentano sempre! Seconda cosa: il nuovo capitolo!
Ormai siamo agli scoccioli cari miei, la battaglia tra Hoord e il suo esercito e i nostri amati assassini ha avuto inizio. Amalia si trova finalmente a dover affrontare il suo più antico e invisibile nemico, potrà finalmente vendicare la sua famiglia e mettere fine alle sofferenze del Mondo Conosciuto. I nostri tre piccoli ragazzi abbandonati nel deserto fanno ritorno a Chruer, dove Xavier ha un tenero incontro con le bella bionda. Cosa accadrà ora? Riuscirà davvero Amalia a sconfiggere l'uomo che la ridotta a quel che oggi è? Xavier prenderà parte a tutto ciò? E cosa ne sarà dei nostri eroi una volta che tutto sarà finito? Rimanete con me e scopritelo.
Alla prossima Sybeoil!

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Capitolo 26
*** La storia di una vita ***


 

Capitolo 25

 

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"Il passato per quanto distante
possa sembrarti, troverà sempre il modo
di tornare da te, per una ragaione
o per l'altra"

 

 

La voce della bionda era incrinata e scossa per il dolore della ferita e il sincero rimorso che provava. Era la prima volta in tutta la sua vita che chiedeva scusa a qualcuno, prima di quel giorno nessuno aveva mai sentito le parole “mi dispiace” fuoriuscire dalle perfette labbra di Amalia. Nemmeno Shiack, l’uomo che l’aveva salvata, sommo capo della Gilda, aveva avuto questa fortuna. Adesso formulando quei pensieri bizzarri, Xavier proruppe in una silenziosa risata, resa visibile solo dal continuo scuotersi del petto. Dopo il momento di ilarità in cui Amalia aveva fissato il suo sguardo interrogativo sulle labbra curvate del moretto per poi riabbassarlo, il ragazzo prese il mento della ragazza sollevandole il viso in modo da poter legare a sé il suo sguardo di ghiaccio.

Ben presto gli occhi lapislazzuli della bionda furono preda di quelli verde smeraldo di Xavier che prese a parlare in modo sensuale. < Tu non devi chiedermi scusa per nulla > Il ragazzo cominciò a parlare con tutta l’intenzione di fare un bel discorsetto su quanto riguarda l’amore e le cazzate che uno è disposto a fare per esso quando la bionda lo interruppe.

< Sì, che devo invece. Insomma è colpa mia se tu sei ridotto così, se Neifel è costretta a dover usare la magia per uccidere e se quel povero ragazzo ha dovuto imparare a soffrire e a combattere in pochi giorni >

Ormai era fuori controllo, le parole le uscivano spontanee senza che lei potesse fermarle o sceglierle con cura. Tutto quello che si era portata dentro dal giorno della partenza ad adesso stava fuoriuscendo come un fiume in piena andando ad intaccare la fiducia che lei riponeva in se stessa e ogni briciolo di dignità che possedeva.

< Shhh > sussurrò dolcemente il moretto prima di stringere le braccia attorno al corpo esile della ragazza in un muto gesto che voleva racchiudere quanto tutto quel fiato fosse sprecato e che tutto il percorso, la fatica e le morti sopportate fino ad ora fossero nulla se messe in confronto con l’amore che lui provava nei suoi confronti. Nell’arco dei suoi diciannove anni Xavier aveva visitato molti più letti di quanto si potesse immaginare. In quasi tutti i bordelli della città in cui viveva era conosciuto come l’Amante, colui che fa meraviglie a letto e che è in grado di soddisfare ogni più segreto desiderio. Molte erano le donne che sospiravano al suo passaggio e altrettante erano quelle che potevano vantarsi di averlo avuto come compagno di una notte, ma nessuna poteva vantarsi di averne conquistato il cuore. Quel piccolo organo pulsante era sempre stato interdetto a qualunque paio di occhi si fissasse nei suoi, nessuna carezza, nessuna parola aveva avuto il potere di attraversarlo, almeno fino a quando Amalia non fece la sua comparsa. Sin da piccolo Xavier aveva capito di appartenerle, ma non poteva lasciare che si innamorasse di una sua collega e per di più amica, così aveva cominciato a cercare compagnia tra le floride doti di prostitute. Le sue doti di amatore erano rinomate e conosciute in tutte il regno, persino la stessa Amalia era a conoscenza delle voci, a volte squallide, che circolavano sul suo amico e proprio per quello aveva sempre cercato di reprime quella strana sensazione di bruciore allo stomaco che le prendeva quando lo vedeva. Ora invece erano uniti non solo nella vita di tutti i giorni come semplici compagni e amici, bensì uniti nell’amore.

< Ti amo > le sussurrò con voce roca all’orecchio. La ragazza sorrise per poi staccarsi lentamente dall’abbraccio di lui e fissare i suoi grandi occhi azzurri in quelli luminosi del ragazzo. < Ti amo anche io > mormorò lei.

Detto questo la ragazza si girò e tornò dal suo avversario ora occupato a combatter con tre cittadini di Chruer. Ben presto l’uomo dalla folta capigliatura nera e riccia si liberò dei suoi tre assalitori per tornare a dedicarsi allo scontro interrotto poco prima. Con suo sommo piacere notò che la ferita al fianco sinistro della ragazza sanguinava ancora copiosamente. Sicuramente quel taglio avrebbe indebolito la ragazza favorendo lui nelle sorti del combattimento. Pregustando già l’imminente vittoria l’uomo sorrise maligno avvicinandosi sempre più al corpo tonico della bionda. Grosse gocce di acqua fredda continuavano a cadere, macchiando il terreno e andando a mischiarsi con la sabbia sino a formare una fanghiglia appiccicosa. < Sai > intervenne il tiranno < Sei davvero molto bella e forte, potresti facilmente entrare nelle mie grazie >

La malizia nascosta nelle parole dell’uomo fece rivoltare lo stomaco della ragazza che sentendosi oltraggiata passò ad attaccare con tutte le sue forze. L’uomo parò il colpo frontale con estrema facilità ruotando di metà sul lato destro e cercando lui stesso di portare a compimento un affondo laterale senza successo. < Come siamo violente > la stuzzicò sarcastico. < Dicevo sul serio, se ti unissi a me diventeresti regina e potresti avere tutto quello che vuoi > insistette.

< Ho già tutto quello che voglio, lurido verme > rispose la ragazza in un sibilo di rabbia. < Ah, si? > domandò fingendo ingenuità il tiranno. In risposta a quella domanda la bionda sorrise maligna e tornò a colpire la lama del suo avversario con quanta forza aveva in corpo. Grosse gocce di sudore le imperlavano la fronte spaziosa colando sugli occhi e arrivando fino alla bocca dove lasciavano un retrogusto salato. La fatica era visibile nei tratti del suo viso come negli occhi. Era esausta e la ferita che aveva riportato al fianco durante la prima fase del combattimento, di certo non aiutava, anzi la indeboliva ulteriormente.

Se continua così posso dire addio alla mia cara vita” pensò mentre con agilità felina schivava un affondo diretto. Se voleva sperare di cavarsela e magari anche di togliere la vita a quel lurido verme doveva trovare il modo di risvegliare i suoi poteri. Ma come fare? Lei di magia non ne sapeva nulla se non quello che aveva letto nei libri, ma cosa poteva farsene di qualche frase scritta da un vecchietto in una stanza polverosa? Nulla, concluse amaramente. La risposta arrivò quando e come meno se l’aspettava.

Durante questi minuti in cui la sua mente si era estraniata dal mondo per mettere in fila dei pensieri sensati Hoord aveva avuto la bell’idea di dirigersi verso Xavier e di cominciare ad ingaggiarci una furiosa lotta. I due uomini si muovevano in circolo studiando con attenzione ognuno le messo dell’altro. Gli sguardi omicidi puntati sui rispettivi visi ognuno distorto da un ghigno di malcelata soddisfazione e crudeltà, ma se su Hoord aveva l’effetto di spaventare e disgustare, su Xavier riusciva ad incantare ed estasiare. Poi il caos e il cuore di Amalia prese a battere furioso come mai aveva fatto. Un ritmico tu-tum che sembrava risuonare al di sopra delle grida e del frastuono. E poi l’urlo di disperazione e paura che ebbe il potere di gelare il sangue nelle vene a tutti coloro che erano impegnati a combattere. Per qualche secondo tutto divenne immobile e statico, un immenso quadro di figure sporche e sanguinanti che osservava la bionda con sguardo curioso e stranito mentre lei, con quei suoi occhi lapislazzuli non riusciva a credere a ciò che era appena caduto. Ancora prima che la sua mente potesse registrare il cambiamento di posizione, la bionda, si ritrovò a correre per tutto il campo di battaglia verso il suo ragazzo che ora giaceva a terra in una pozza di sangue e l’uomo che lo sovrastava ghignante e soddisfatto.

< Ora non hai più nulla > sentì sussurrare una voce dentro la sua testa.

Un nuovo straziante urlo carico di disperazione si fece largo attraverso le labbra della ragazza mentre calde lacrime cominciavano a colare lungo il profilo della guancia colando a terra e mischiandosi alla sabbia e al sangue. Il cielo sopra di lei divenne, se possibile, ancora più scuro e i tuoni sempre più rumorosi sembravano voler squassare cielo e terra. Il profilo di una saetta attraversò le nubi spaccandole a metà mentre il vento aumentava d’intensità sollevando odori e polvere. < Bastardo > gridò la bionda ormai completamente vinta dalla disperazione. Stremata si lasciò cadere accanto al corpo quasi senza vita del moretto, il quale aprì gli occhi e li fissò stancamente in quelli velati di lacrime di lei, sorridendo poi come a voler chiedere scusa.

< Shh, stai tranquillo andrà tutto bene > sussurrò dolcemente la bionda prendendo una mano del ragazzo tra le sue e accarezzandola spasmodicamente. < N..non andrà tutto bene > sussurrò Xavier prima di chiudere gli occhi nel tentativo di soffocare il dolore < Sto morendo, lo so bene però tu devi lottare amore mio >

Era la prima volta che la chiamava amore mio e questo non poté che riempirle il cuore di gioia nonostante la tragedia che si stava compiendo.

< Lotta, salva il Mondo Conosciuto e salva te stessa, io sarò con te > continuò subito dopo. Le poche lacrime colate dal viso della bionda ormai si erano trasformate in un pianto disperato corredato di singhiozzi mentre la paura che davvero Xavier potesse morire andava radicandosi sempre più in profondità. Cosa avrebbe fatto lei se lui l’avesse abbandonata? Come avrebbe potuto sopportare una vita intera senza l’unica persona che realmente l’amava? Non poteva, ecco.

< Non mi lasciare > supplicò tra le lacrime. < Ti amo > rispose il moretto un secondo prima di chiudere gli occhi e morire definitivamente.

Il straziante e secco che fuoriuscì dalle labbra perfette della ragazza ebbe il potere di spaventare coloro che avevano assistito attoniti alla scena. Dopo un momento di disperazione in cui le lacrime avevano preso a scorrere come fiumi sul viso della ragazza e la disperazione aveva intaccato ogni parte libera dell’anima, il rosso scarlatto che prima illuminava lo sguardo della bionda crebbe d’intensità.

La tristezza e il dolore aveva lasciato il posto ad un furia cieca e incontrastabile che presto avrebbe trovato sfogo in un duello all’ultimo sangue tra lei e il tiranno. Senza proferir parola la bionda agguantò la spada da terra, dove l’aveva lasciata cadere poco prima, e attaccò con furia omicida l’uomo il quale si vede costretto a dover indietreggiare di parecchio per sostenere la forza del suo attacco.

< Ora non hai più nulla > ghignò quello con voce soddisfatta. La bella bionda non rispose, si limitò ad incrementare gli affondi serrando il ritmo della lotta fino ad arrivare a disarmare l’avversario. La punta della lama era poggiata al centro esatto della gola del tiranno il quale ora stava ritto e con le mani alzate.

< Sei un bastardo > sussurrò prima di affondare la lama con tale potenza da riuscire a trapassarlo.

Nel momento in cui il tiranno esalò il suo ultimo respiro e il cielo smise di piangere le parole della Dea Morte risuonarono chiare e forti nella mente di Amalia che si accasciò al suo esausta e abbattuta.

Disgustata si guardò attorno, scoprendo che i suoi colleghi della Gilda aveva messo fuori combattimento tutto l’esercito aiutati anche dalla popolazione locale. Ma mentre loro si occupavano di portare i feriti in un granaio per essere curati oppure separare i morti delle due parti, i suoi pensieri andavano al corpo senza vita di colui che era stato il suo unico amore.

Figlia mia, ricordati che dalla morte nasce sempre la vita, anche quando per questa non sembra esserci speranza”. Le parole della sua Dea, la distrassero momentaneamente dai suoi cupi pensieri portandola a fissare inconsciamente il corpo di Xavier.

Il ragazzo, tornato alla vita grazie agli Dei, aprì lentamente gli occhi e ancora dolorante si alzò in piedi per poi passare ad osservare il mondo intorno a lui. Prima ancora che potesse terminare il giro su se stesso due braccia calde ed esili gli si strinsero al collo in una morsa d’acciaio, carica di paura, rabbia e amore. Ben presto le sue labbra furono impegnate con quelle di Amalia che le pretese per poter verificare che non si trattava di un sogno ma della realtà e che il suo Xavier era vivo.

< Grazie > mormorò in direzione del cielo ora quasi del tutto limpido dopo essersi staccata dal moretto.

Erano passate due settimane dalla grande battaglia in cui Hoord aveva perso la vita e se vogliamo dirla tutta anche Xavier aveva rischiato grosso eppure la vita nelle cinque terre stentava a tornare quella pacifica e serena di dodici anni prima. Quell’essere infimo e crudele aveva intaccato gli animi della gente talmente in profondità da renderli schiavi anche dopo la sua morte.

Amalia non riusciva a credere che finalmente tutto il dolore sarebbe scomparso e la vita sarebbe potuta tornare a scorrere serena e tranquilla. Il Palazzo del Potere riluceva più spendente che mai al sole di mezzogiorno, con le sue finestre colorate e decorate a mano, gli addobbi a festa appesi su tutte le guglie e i giardini finemente curati che circondavano le stanze. L’intera città di Kadheral era in festa, in ogni strada si potevano udire melodie allegre suonate da giovani suonatori di strada o molto semplicemente intonate da bambini allegri e spensierati. I quattro liberatori del Mondo Conosciuto ( così erano stati soprannominati dopo la sconfitta di Hoord ) si fecero largo tra la folla assiepata ai lati della strada per poterli osservare ed osannare con un sorriso pieno e sincero sui visi semplici. In sella ai loro cavalli camminarono fino alle grandi porte del palazzo che si spalancarono accogliendoli al suo interno, mentre urla di giubilo giungevano ovattate alle orecchie dei quattro ragazzi.

< Non avrei mai creduto di piacere tanto alla gente > scherzò Xavier un secondo prima di posare il suo braccio dietro la schiena di Amalia la quale ricambiò il gesto baciandoli leggera le labbra soffici.

Anche Jason e Neifel si presero per mano e dopo aver tirato tutti un profondo respiro si incamminarono verso la grande Sala del Popolo, dove li aspettavano da circa dieci minuti tutti i più influenti membri del vecchio Senato. Come si consegue alle più importanti famiglie del Mondo Conosciuto i quattro ragazzi furono annunciati agli uomini e alle donne seduti sui rispettivi scranni avvolti nelle più preziose vesti. Amalia e Xavier furono i primi ad entrare nella stanza andando ad accomodarsi sui loro privilegiati scranni subito seguiti da un ghignate Jason ed una affascinata Neifel, che non la smetteva di guardarsi intorno estasiata.

Quando si furono seduti la riunione poté cominciare.

Passarono ore prima che si giungesse, con sommo piacere di Amalia, ad una conclusione che andasse bene a tutti. I partecipanti della riunione si erano divisi in due schieramenti ben distinti: da una parte cerano coloro che volevano ristabilire il vecchio ordine ridando potere al Senato, mentre dall’altra si ergevano i sostenitori della corona che difendevano il diritto di sangue di Amalia di aspirare a divenire regina. La stessa ragazza si immaginava seduta nella sala del trono ad amministrare tutte e cinque le terre, ma era un immagine troppo falsa e distorta. Lei non era una donna di governo, né tantomeno una donna di corte. No, lei era un’assassina, la migliore in tutto il mondo, quell’incarico decisamente non faceva per lei.

Nonostante avesse scoperto tutto riguardo le sue origini, compreso il nome dei suoi genitori, la storia dei suoi antenati e tutto il resto ancora non riusciva a credere di essere l’erede che sarebbe dovuta sedere sul trono del Mondo Conosciuto.

Aveva avuto infatti, non poche difficoltà ad adattarsi ai nomi altezzosi e regali che la popolazione delle varie città le affibbiava ogni qual volta venisse raccontata la sua storia.

Ma l’unica vera storia che la vedeva protagonista era quella che lei stessa sentì fuoriuscire dalle labbra di Horne, subito dopo lo scontro quando ancora era impegnata a piangere la morte di Shiack.

La battaglia si era conclusa da poco, gli assassini aiutati dai cittadini di Chruer erano ancora impegnati nella ricerca dei cadaveri e nella loro rimozione dalla piazza principale. Il terreno sembrava un immenso tappeto di fango e sangue che andava rattrappendosi sulle rocce e sulle vesti di color che erano sopravvissuti. I quattro ragazzi guardavano il campo di battaglia, ora silenzioso come un tomba, con occhi colmi di orrore e tristezza. Amalia e Xavier, erano i più scossi tra i quattro essendo gli unici a riconoscere nei visi degli assassini periti sotto i colpi di spada dei soldati di Hoord, compagni di molte avventure e risate quando quell’orrore era ancora lontano. Lo sguardo della bionda in particolare, era venato di orrore e disperazione quando con sgomento colse il volto del suo maestro non ché unico uomo avesse mai considerato padre tra i corpi dei feriti portati in una specie di capanno subito a destra della piazza. Dimenticando all’istante tutti i torti subiti e le bugie raccontatole, Amalia corse verso quell’uomo burbero eppure tanto premuroso inginocchiandosi accanto alla lettiga che lo sosteneva. Una giovane donna non molto più grande di lei si prendeva cura del suo maestro, passandogli di tanto in tanto un panno umido sulla fronte e inumidendogli le labbra con una spugna imbevuta d’aceto. L’uomo era messo piuttosto male, aveva ferite da taglio lungo tutto l’addome ed una più delle altre sembrava essere profonda e… mortale.

Gli occhi erano chiusi nel tentativo piuttosto vano di sopportare il dolore lancinante che l’uomo sentiva provenire dal busto, le labbra dischiuse in una muta supplica di aiuto che non sarebbe arrivato. < Shiack? > chiamò dolcemente la bionda andando a posare una sua mano su quella dell’uomo il quale aprì gli occhi inseguito al contatto. Le dita della ragazza si strinsero appena intorno a quelle dell’assassino, il quale facendo respiri brevi e veloci, cercò di parlare.

< Sei tu bambina? > domandò con un filo di voce udibile a stento. < Sì > rispose debolmente la bionda. < Mi dispiace > disse subito dopo l’uomo < Non dovevo mentirti e tenerti nascosta la tua natura, ho sbagliato e ti chiedo scusa >

Gli occhi della ragazza, ormai privi di qualunque sfumatura sanguigna si velarono di lacrime amare, mentre tirava su con il naso nel tentativo piuttosto inutile di non farle scendere. < N…non devi scusarti > replicò balbettando la bionda

< Solo ora capisco il perché tu l’abbia fatto, e ti ringrazio > aggiunse. < Sai, ho sempre detto che saresti diventata una meravigliosa donna e non mi sbagliavo > si fermò un secondo per prendere fiato e poi riprese il discorso < Guardati, sei così bella e forte, posso dire di essere orgoglioso. Nessuno ha mai avuto il potere di riempirmi il cuore d’amore come hai fatto tu, ogni volta che ti vedevo sudare sette camice pur di riuscire nelle missioni che ti affidavo, sentivo il petto gonfiarsi d’orgoglio > Un singhiozzo uscì dalle labbra della ragazza andando ad interrompere quel momento toccante. < Non devi piangere, oggi è il tuo giorno. Hai salvato tante vite e l’intero Mondo Conosciuto dalle grinfie di un pazzo, dovresti essere felice >

La mano dell’uomo si staccò un secondo da quella della ragazza per andare a posarsi poi sulla sua guancia e asciugarne le lacrime calde che la solcavano prepotenti.

< Sì, ma non sono riuscita a salvare la tua > mormorò lei tra i singhiozzi. < Non importa bambina, io sono felice così e anzi ho una cosa da chiederti prima che la Morte mi chiami a sé >

Lo sguardo, prima vacuo e vuoto della bionda, si colorò di curiosità e incomprensione che furono presto sedate dalla spiegazione dell’uomo. < Voglio che tu prenda il mio posto al comando della Gilda > dichiarò in tono solenne < So che potrebbe sembrarti avventato ma sono sicuro che nessuno sarebbe più adatto di te per prendersi cura e gestire un’orda di barbari come i miei assassini > Credendo di non essere riuscito a convincerla aggiunse un ultimo disperato < Ti prego > prima di chiudere gli occhi e abbandonare per sempre il Mondo Conosciuto.

In quel momento il terreno sembrò cederle sotto i piedi, il vento soffiare più forte e il cielo tuonare nel suo petto. Gli occhi si riempirono di altre pesanti lacrime e il cuore prese a battere talmente forte che sembrava volerle uscire dal petto e scappare il più lontano possibile. Magari rifugiarsi nella sua vecchia stanza alla Gilda, oppure andare a seppellirsi sotto cumuli e cumuli di sabbia, di certo l’ultima cosa che voleva era quella di starsene lì seduta a guardare il corpo ormai privo di vita di Shiack. Poi improvvisamente le tornarono alla mente la parole che l’uomo le sussurrava ogni volta il mondo sembrava volerla schiacciare, la fatica opprimeva le sue ossa stanche e i suoi muscoli sempre troppo deboli. “Bambina, ricordati che la cosa più di difficile da fare nella vita è rialzarsi quando tutto sembra volerti trascinare a fondo, ma dannazione è anche la cosa che un giorno ti renderà la migliore donna che abbia mai calpestato suolo terrestre”. Mentre pensava a quelle perle di saggezza le sembrò di sentire la voce di Shiack risuonarle ancora nelle orecchie e la sua mano sfiorarle la spalla in un muto gesto di incoraggiamento. Aveva ragione, doveva alzarsi e rimettersi a lottare. Lui le aveva affidato la Gilda e lei doveva prendersene cura, stava giusto per uscire dal capanno e andare a richiamare gli assassini quando un irruento e spazientito Horne entrò seguito a ruota da uno Xavier altrettanto innervosito. Appena ricevuta la notizia delle condizioni in cui versava il suo capo e migliore amico, l’uomo si era precipitato verso il capannone ignorando bellamente le suppliche di suo figlio, che gli chiedeva di lasciare ad Amalia il suo spazio. A poco erano valsi i tentativi di bloccare l’uomo sulla soglia, anche ricorrendo alla forza, lui era comunque riuscito ad entrare. Prima ancora di notare Amalia, pallida e stanca in piedi davanti a lui, Horne notò la figura immobile e fredda dell’uomo che fino a poco prima gli aveva parlato e rivelato il segreto per quale era morto. Senza riuscire a capirne il perché, gli occhi gli si velarono di lacrime che prontamente ricacciò indietro ingoiando grandi quantità di saliva per mascherare il suo orrore e la sua disperazione. Senza proferir parola l’uomo andò ad inginocchiarsi accanto al suo vecchio amico posandosi la mano sinistra sul cuore in segno di rispetto e devozione e sussurrandogli un ultimo addio. Sperando di non urtare i sentimenti dell’uomo la bionda andò ad accomodarsi al suo fianco legando il suo immenso dolore a quello altrettanto grande di Horne. < Sai > cominciò questo sorridendo mestamente < Poco prima che quella spada gli trapassasse il torace mi ha pregato di raccontarti la tua storia >

< La… la mia storia? > domandò balbettante Amalia. < Sì la tua storia > confermò deciso l’uomo un attimo prima di interrompersi e aspettare che anche Xavier si accomodasse al suo fianco. < Tutto ebbe inizio dodici anni fa. Come ogni giorno l’addetto alla posta della Gilda, recapitò nell’ufficio di Shiack le lettere con le richieste di omicidi, tra queste ce ne era una che portava uno strano sigillo > la voce dell’uomo tremò per un momento al ricordo di quel giorno. < Un aquila con due teste e due saette ai lati, la scrittura elegante e raffinata indicava che chiunque avesse scritto quella lettera doveva appartenere ad una famiglia ricca. Incuriosito da quello strano stemma mai visto, Shiack l’aprì e lesse. Ciò che conteneva avrebbe cambiato per sempre la storia della Gilda e del Mondo Conosciuto. A scrivere quella lettera era stato niente di meno che Hoord, uno dei membri più anziani del Senato. Inizialmente pensammo di trattasse di uno scherzo, in fondo cosa mai poteva volere un membro del Senato da un congrega di assassini che per di più si impegnava a screditare e a combattere? Ebbene, lui voleva la morte e non solo di qualcuno che gli stava particolarmente antipatico, lui voleva la morte di tutti > Tacque qualche istante per osservare le reazioni che quella notizia stava scatenando nei due ragazzi. I loro sguardi erano persi in un punto indefinito del grande stanzone dove si affollavano assassini e cittadini feriti per ricevere cure adatte. L’uomo sorrise mestamente tra se mentre con voce rotta dall’emozione dei ricordi riprendeva il racconto da dove lo aveva interrotto. < Più per curiosità che per il resto decidemmo di andarci a parlare e quello che scoprimmo ci lasciò perplessi. Quell’uomo voleva che uccidessimo l’intero Senato e la cifra che ci propose per farlo era troppo allettante perché potessimo rifiutare. All’epoca ci importava davvero poco della moralità, anzi posso tranquillamente dire che non la prendevamo nemmeno in considerazione, l’importante era fare soldi. Fu per questo motivo che accettammo e da quel giorno il nostro destino fu segnato > Si interruppe nuovamente questa volta per prendere un sorso d’acqua da un bicchiere li vicino. < Una settimana dopo eravamo pronti e tutto sarebbe andato bene se Shiack non avesse incontrato te sul suo cammino. Dato che è, o meglio era, il capo della Gilda decise che lui si sarebbe occupato dei presidenti e della piccola che viveva con loro. Silenzioso come sempre si intrufolò in casa tua e uccise per primo tuo padre, ma tua madre mossa da un eccezionale sesto senso si svegliò prima che lui potesse tagliarle la gola e corse da te. Voleva proteggerti, per lei eri la cosa più importante. Purtroppo però non ci riuscì e perì sotto i colpi di Shiack che però decise di risparmiarti la vita. A quanto ho capito provò tenerezza e pietà mentre fissava quei tuoi grandi occhi azzurri, che nonostante gli orrori che avevano appena visto, non versarono neanche una lacrima. Sapendo di non poterti lasciare da sola in quella città in cui avresti potuto raccontare tutto, ti portò con sé alla Gilda. Ti crebbe come una figlia e quando venne a conoscenza di chi tu fossi in realtà, si tormentò per settimana cercando di decidere se fosse meglio rivelarti la tua identità o tacerla per proteggerti. Venuto a conoscenza del fatto che Hoord sapesse della tua esistenza decise di non rivelartela, sperando che questo avrebbe potuto proteggerti > Questa volta fu un singhiozzo proveniente dalla bionda a interrompere il racconto di Horne. Inconsapevolmente aveva cominciato a piangere sommessamente andando ad allacciare le sue dita a quelle di Xavier, che prese a cullarla dolcemente. < Continuo? > domandò titubante l’uomo. Un cenno d’assenso da parte dei due lo convinse a riprendere. < Quello che non sapeva però, era che la tua natura un giorno sarebbe venuta a reclamarti e che tu, in modo o nell’altro avresti ceduto ad essa. Allora Hoord ti avrebbe individuato e avrebbe voluto ucciderti, in fondo eri l’unica cosa che poteva frapporsi tra lui e il potere completo ed eterno. Secondo fonti certe infatti quel pazzo squinternato, aveva trovato il modo di conquistare la vita eterna e con essa il potere di controllare non solo le terre e il mondo ma anche le persone. Se non fosse per te a quest’ora ci ritroveremmo con un pazzo in grado di controllare l’intero mondo. Ti dobbiamo molto mia cara Amalia, tutti noi ti dobbiamo molto. Ma tornando alla storia della tua vita posso dirti che una volta deciso di nasconderti la tua identità ti addestrò in modo da farti divenire forte e imbattibile. Tu fosti l’unica che addestrò personalmente e in fatti sei l’unica che sia mai riuscito a batterlo. Si occupò di te, preoccupandosi proprio come un vero padre fa, poi improvvisamente Hoord si rifece vivo chiedendo nuovamente i servigi della Gilda e noi non potemmo fare altro che accordargli un accordo. Ci offrì un lavoro, quello di sterminare la città di Chruer appunto, e noi sotto minaccia non potemmo fare altro che accettare. Quando tu udisti però la nostra conversazione dovette rinchiuderti per impedirti di partire con noi o peggio, da sola per andare a uccidere quel verme schifoso. Ti conosceva fin troppo bene e sapeva quanto quella tua testolina potesse scaldarsi per qualcosa che non ti piaceva. Tu invece sei stata più furba e più brava di noi, hai capito cosa tramava quel pazzo e ci hai salvato e per questo te ne sono grato >

L’uomo terminò il racconto e fece per alzarsi e uscire dal capanno quando la voce di Amalia lo bloccò con un piede sull’uscio. < Cosa sai sui miei antenati? >

Un sorriso sghembo affiorò sul viso dell’uomo < Quello dovresti chiederlo alla tua amica maga, so che ha molte conoscenze in proposito > Detto questo uscì dal capanno per andare a radunare gli assassini sopravvissuti.


 

Angolo autrice:
Premetto che non era mia intenzione scrivere un capitolo così lungo ma comunque sia credo si venuto bene, quindi ben venga la sua lunghezza. Dunque, qui c'è un avvenimento decisamente sconvolgente ovvero la morte del nostro Shiack che a mio parere è davvero tragica. Mi è dispiaciuto moltissimo farlo morire ma dovevo, comunque sia capiamo che tutto ciò che quest'uomo meraviglios ha fatto nella sua vita, lo ha fatto per Amalia e la sua salvezza. Avrei voluto terminare la storia con questo capitolo, ma non ci sono riuscita perciò dovrete sopportarmi ancora per un altro capitolo, nel quale si scoprirà una verità sconvolgente sulla nostra cara Neifel. Non vi anticipo nulla ma posso dirvi che è qualcosa di incredibile che mai vi aspettereste di leggere. Vi lascio con una foto di Amalia che impersonifica la morte nella sua bellezza eterea e demoniaca http://weheartit.com/entry/14104953

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** The end ***


 

Capitolo 26

 

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"Sapete, credo che nulla abbia
mai veramente una fine. E' vero, tutto comincia
e tutto finisce, eppure sono convinta che
qualcosa rimanga sempre dentro di noi, come uno strascico
di ciò che ci è accaduto. Questo fa sì, che nulla
finisca mai per davvero"

 

 

 

Finalmente la riunione con i vecchi membri del Senato era terminata e Amalia sarebbe potuta tornarsene a casa sua, alla Gilda. Sembrerà strano ma quel palazzo nero e spigoloso le mancava da morire. Per quanto brutto e spaventoso potesse apparire all’esterno, Amalia sapeva che all’interno, avrebbe sempre trovato casa sua e una parte di se stessa. Era come se fosse legata indissolubilmente a quel posto da una sorta di incantesimo e oltretutto era l’unico luogo nel quale riusciva ancora a percepire la sua presenza. Sì, perché da quando Shiack l’aveva abbandonata lasciandola a capo della Gilda, Amalia sembrava aver dimenticato il suo viso, che riusciva a ritrovare solo quando stava entro le mura del castello. Tornando all’interno della sua mente con un unico fluido tuffo, la bella bionda si alzò rapida dal suo scranno cominciando a scendere veloce nella speranza di non incrociare nessuno e risparmiarsi così i convenevoli. Per sua sfortuna però un vecchio membro del Senato che conosceva i suoi genitori la intercettò e prima che lei potesse anche solo scendere il primo gradino, le si parò davanti allargandosi in un sorriso benevolo. < Signorina Murderess > salutò prendendole la mano e portandosela alle labbra. < Signor, Dowson > replicò lei senza alcuna inflessione nella voce. < Soddisfatta della decisone presa? > domandò vivamente curioso. < Molto > assentì la bionda spostandosi di qualche centimetro in modo da posizionarsi accanto all’uomo e non di fronte.

< Sinceramente credevo ne rimanesse delusa, dopotutto sappiamo entrambi quale possibilità avrebbe potuto avere nel caso avessimo deciso per l’altra opzione > replicò misterioso l’uomo. < Già > fu la semplice e disarmante risposta di Amalia, che dopo averlo salutato andò ad affiancarsi alla rossa per salvarla dalle grinfie di una particolarmente loquace Miss Belverout. < Buongiorno Miss > salutò educatamente la bionda < Posso rapirle la nostra Neifel? > domandò poi accennando un occhiolino alla ragazza la quale le rivolse un silenzioso ringraziamento.

< Ma certo cara, certo > disse la donna sorridendo affettuosamente. Le due finalmente libere, si allontanarono dalla donna rifugiandosi in un angolo nascosto della sala e cominciando a cercare i loro due accompagnatori. Mentre lo sguardo della bionda vagava per il grande stanzone, superando abiti di fattura estremamente pregiata e cappelli bizzarri, i suoi pensieri tornarono a qualche giorno prima quando con inaspettato stupore scoprì la verità sui suoi antenati e sulla rossa.

Horne era appena uscito dal grande capannone che ospitava i feriti e i morti di quella insulsa guerra quando Xavier le si affiancò con sguardo preoccupato e ansioso. Leggermente intimorito le passò un braccio attorno alla vita nel tentativo di avvicinarla al suo petto per poterla stringere e consolare, ma la rigidità della ragazza il cui sguardo era perso nel vuoto, lo costrinse a cambiare piano. Non avendo il coraggio di distoglierla dai suoi pensieri si limitò ad accarezzarle una guancia che scoprì essere bagnata. Doveva aver pianto mentre suo padre le raccontava la storia della sua vita e di come tutto ciò che Shiack aveva fatto, lo aveva fatto per lei e per lei solamente. Ogni piccolo gesto o bugia era sempre stato dettato dal bene che l’uomo provava verso la bionda. Ancora non riusciva a credere che tutto quello fosse vero. Già era difficile accettare il fatto di essere coinvolto irrimediabilmente nel destino del Mondo Conosciuto, ma sapere che la sua ragazza, la donna che amava da sempre, era stata costretta a vivere nelle bugie per colpa di un pazzo… beh, quello era troppo. Se solo avesse potuto avrebbe riesumato il cadavere di Hoord per ucciderlo ancora, ancora e ancora con le sue stesse mani.

Tornando alla tragica realtà, il ragazzo si mosse a disagio sulla sedia decidendosi poi a parlare. < Come ti senti? > chiese timidamente alla bionda, dalla cui bocca però non uscì alcun fiato. Continuava a mantenere lo sguardo vitreo perso nel vuoto mentre le mani poggiate molto dolcemente sul grembo, erano scosse da un leggero tremore. Distrutto dalla visione della sua donna ridotta in quello stato Xavier, balzò in piedi per piegarsi poi sulle ginocchia in modo da riuscire a fissare il suo sguardo in quello di lei. La bionda continuò a fissare il suo sguardo nel vuoto ancora per qualche istante, fino a quando l’immagine sfocata del viso del suo uomo, non la costrinse a fissare i suoi occhi sul viso del ragazzo. < Come ti senti? > ripeté dolcemente il ragazzo. < Sola > rispose con un filo di voce. < Non sei sola > replicò pacato il ragazzo prima di stringerla tra le braccia e lasciare che lei si sfogasse. Senza rendersene conto la bionda cominciò a singhiozzare sentendo il suo corpo come percorso da scariche elettriche pungenti e fastidiose. Ancora senza rendersene conto le sua braccia che fino a poco tempo prima erano impegnate a sostenere il peso della sua spada, andarono a serrarsi attorno al collo di Xavier, che contraccambiò lo slancio affettuoso andando a serrare le sue robuste braccia dietro la schiena della ragazza. Rimasero qualche minuto così, stretti l’uno con l’altra, mentre la vita e la morte scorrevano attorno a loro. Fu Amalia a rompere quel momento staccandosi dolcemente dall’abbraccio di Xavier e asciugandosi frettolosamente le lacrime. Il ragazzo la lasciò fare continuando però a mantenere il contatto fisico attraverso piccole carezze tracciate delicatamente sulla coscia marmorea della bionda, che debolmente sorrise al suo ragazzo. < Pronta? > domandò quest’ultimo. < Pronta > assentì lei alzandosi e dirigendosi verso l’uscita del capanno. Accortasi che il moro era rimasto nella stessa identica posizione e non accennava a volersi muovere la bionda si voltò e guardandolo con sguardo interrogativo parlò. < Non vieni? >

Xavier sospirò tornando nella posizione eretta. < Sì, certo > rispose. I due uscirono dal capanno mano nella mano, dirigendosi a passo svelto verso il centro del campo di battaglia, dove ancora erano seduti Neifel e Jason. Notando la vicinanza dei due e i sorrisetti civettuoli che la rossa rivolgeva al bel biondino Amalia si insospettì e non poté non chiedere a Xavier se tra quei due ci fosse del tenero.

< Cosa è successo mentre ero via? > domandò alquanto sconvolta. < A quanto pare i due hanno deciso di dichiararsi subito dopo la fine della battaglia con l’esercito rimasto nel deserto > rispose disinvolto il ragazzo. < Oh > fu la sola risposta della bionda. < Amalia! > esclamò la rossa un attimo prima di balzare al collo della bionda e soffocarla con un abbraccio davvero potente. < Ok, va bene > tentò di dire la ragazza < Così mi soffochi > aggiunse quasi senza fiato. < Scusa > sussurrò la rossa. < Dobbiamo parlare > aggiunse poi la bionda rabbuiandosi. Non ci fu bisogno di parole in più perché la rossa capisse, infatti senza aggiungere altro, le due si allontanarono dai ragazzi per poter finalmente parlare.

< Immagino tu voglia sapere dei tuoi antenati > cominciò Neifel. < Sì > annuì la bionda. < Bene, allora ti conviene sederti, la storia potrebbe essere lunga >

< Chi sei? > domandò Amalia rompendo il silenzio carico di tensione che si era creato tra le due. < In che senso? > chiese Neifel non riuscendo a capire. < Chi sei? > ripeté Amalia. < Sono una maga > rispose confusa la rossa. < No, intendo chi sei veramente > replicò placidamente la bionda curvando le labbra verso l’alto in un sorriso carico di fatica. < Vedo che hai capito > rispose la rossa sorridendo a sua volta. < Non del tutto, ma sicuramente ho capito che non sei chi dici di essere, per cui ripeto: chi sei? >

La sincerità e l’intelligenza della ragazza disarmarono la rossa che sorridendo colpevole decise di raccontare tutta la storia alla ragazza che le stava di fronte.

< Sai, mi avevano detto che eri intelligente e forte e anche molto, ma molto fredda ma credo si sbagliassero, almeno sull’ultima parte > sorrise sardonica sedendosi sul terreno sabbioso. < Hai ragione > riprese poi sospirando < Non sono chi dico di essere, ma giuro che non ho mai voluto farti del male anzi, sono stata mandata per proteggerti. Non sono una maga o più correttamente non sono una maga di origini umane. Sono una Ninfa > Le parole si frantumarono sulle orecchie della bionda che non riuscì a credere a ciò che aveva udito. Gli occhi le si dilatarono dalla sorpresa mentre il cervello lavorava freneticamente per mettere insieme gli indizi che sicuramente la rossa doveva aver lasciato lungo la strada, ma nulla venne a galla in quel mare confuso di ricordi. < So quanto questo possa sembrati strano ma devi sapere che il mio popolo, come anche quello degli Elfi, non ti hanno mai perso di vista e se non siamo intervenuti prima è solo perché pensavamo tu fossi al sicuro, ma quando tu hai scoperto le tue vere origini e hai deciso di partire, beh ci siamo dovuti muovere anche noi. Capisci anche tu che non potevamo lasciarti senza protezione, anche se con te c’era Xavier, così il Consiglio Superiore delle Ninfe mi ha incaricato di controllarti e proteggerti. Così eccomi qui > disse allargando le braccia come a voler indicare l’intera città prima di riprendere il racconto. < Quando venne creato il Mondo Conosciuto, insieme a lui vennero creati anche due popoli che potessero abitarlo e custodirlo: Ninfe ed Elfi. I due popoli furono creati per coesistere e unirsi al fine di popolare il mondo con una nuova razza più equilibrata e lo fecero ma qualcosa andò storto. Un mezz’elfo, figlio di una famiglia di nobili origini cominciò a provare emozioni troppo forti da cui si lasciò dominare causando così la rottura dei sui poteri. Essi infatti, sentendosi oppressi da tali emozioni, decisero di abbandonare il ragazzo tramutandolo da essere ricco di magia a semplice umano >

< Fu così che si crearono gli umani? > domandò stupita Amalia. < Sì > assentì la rossa prima di riprendere il racconto. < Non riuscendo a capacitarsi di tale tragedia il ragazzo si rivolse agli Dei, coloro che sapeva avevano creato il mondo e le creature che lo popolavano. Allora, commossi per la supplica del ragazzo, gli Dei gli si manifestarono e gli spiegarono a cosa era dovuto il suo stato di umano e decisero che per non lasciarlo solo gli avrebbero affiancato una donna che potesse amarlo e scaldarlo nelle notti in cui il freddo diveniva pungente. Il ragazzo commosso ringraziò gli dei e promise loro fedeltà eterna >

< Si ma questo cosa centra con me? > la interruppe nuovamente la bionda. < Centra perché passarono molti secoli prima che i due popoli, troppo sconvolti per ciò che era accaduto tornassero a parlarsi e ciò avvenne solo quando una minaccia troppo grande perché gli uomini potessero sconfiggerla, minacciò il Mondo Conosciuto. Ma quel nuovo contatto non fece altro che far scattare nuovamente la passione tra i due regnanti che diedero appunto vita ai tuoi antenati. Essi essendo gli esseri più potenti dell’intero pianeta trasmisero ai loro discendenti tali poteri e tale forza che però andò persa, quando una nuova minaccia portò alla morte i regnanti di allora e fece perdere le tracce della loro unica figlia. Solo molti anni dopo fu rintracciata e da allora un gruppo di Ninfe ed Elfi, votati alla salvezza della loro sola regina, vive per proteggerla. Abbiamo vegliato per molti secoli fino a giungere a te. Capimmo subito che eri diversa dalle altre, perché c’era una luce particolare nei tuoi occhi azzurri come il mare. Eri determinata, consapevole ed estremamente intelligente. Eri decisa e testarda, forte e sicura, eri una sovrana nata e sapevamo che prima o poi queste tue doti sarebbero venute fuori, ma dovevamo attendere, gli Dei non volevano ci immischiassimo. Sai anche loro sono molto interessati a te, in particolare uno di loro ma tu questo lo sai > si fermò un secondo per riprendere fiato e poi tornò a concentrarsi sul racconto. < Quando ci giunse notizia della tua fuga dalla Gilda, capimmo che dovevamo intervenire e così fui mandata in quella casa affinché potessi unirmi alla vostra squadra e proteggerti e anche se ora tu mi odierai sappi che io ti voglio bene. Non ho mai pensato di provare qualcosa del genere per qualcuno, dopotutto noi Ninfe non dovremmo provare sentimenti, eppure mi sono affezionata a te e ai tuoi modi scorbutici > < E non solo > Ghignò la bionda. < Sì è vero mi sono anche innamorata di Jason, però so anche che non dovrei e che presto dovrò dire addio a tutto ciò e tornare dalle mie sorelle >

La bionda la guardò sorridendo tristemente per chiedere poi qualcosa che mai avrebbe immaginato di sentir uscire dalle sue labbra. < Resta con me, in fondo se sono la vostra regina qualche diritto di decidere lo avrò, no? >

Le labbra della rossa non poterono che curvarsi in un sorriso ampio e sincero corredato da un forte abbracciò che lasciò Amalia interdetta per qualche secondo. Alla fine, corrotta dall’emozione del momento, si lasciò andare e circondò le spalle della rossa in un grosso e soffocante abbraccio.

< Come si chiamavano i miei genitori? > domandò improvvisamente. < Tua madre si chiamava Ginevra mentre tuo padre si chiamava Egan >

Al sentire i nomi dei suoi genitori un groppo sembrò prendere possesso del petto di Amalia. < Ed erano brave persone? > domandò esitante. < Le più brave avessi mai conosciuto > rispose dolcemente la rossa passando ad accarezzare la testa bionda della ragazza. < Allora io dovrò essere alla loro altezza, voglio che siano orgogliosi di me > Detto questo le due ragazze tornarono dai due ragazzi che le accolsero con calorosi e sinceri sorrisi.

Mancavano poche ore al tramonto ormai e Amalia sarebbe voluta tornare a casa prima che il buio calasse a coprire con il suo velo le terre del Mondo Conosciuto, ma a quanto pare i membri del Senato non erano dello stesso avviso. Senza farsi scrupoli, su cosa la Salvatrice potesse desiderare, l’avevano quasi costretta ad attendere fino all’ultimo momento per farle fare un bagno di folla. Il cortile del Palazzo del Potere era stato infatti aperto al pubblico ed ora era ricolmo di persone urlanti e felici che attendevano con ansia la comparsa della loro Salvatrice. Amalia detestava certe manifestazioni, soprattutto se estese a tali livelli, ma purtroppo il fatto di essere riuscita a liberare il mondo dalle spire velenose di Hoord, l’aveva portata a divenire famosa e benvoluta da tutti. Persino coloro che vedevano gli assassini come persone indegne di essere chiamate uomini avevano cambiato idea. Era incredibile come la gente potesse cambiare opinione in fretta. Sorridendo rigida Amalia, si lasciò guidare dalla mano sicura di Xavier, verso la grande balconata arredata a festa. Come la sua testa bionda fece capolino fuori dal grande stanzone un boato immenso risuonò sotto di lei, portandola a sorridere. Nessuno l’aveva mai accolta con così tanto calore, beh nessuno a parte Xavier che detto tra noi era un vero mago nell’accogliere calorosamente la bionda. Scoprendosi a pensare a certe cose arrossì violentemente, non perché si sentisse in imbarazzo, ma perché era molto riservata e conoscendo le doti di Neifel aveva paura che la rossa potesse sbirciare tra i suoi pensieri e captare qualcosa che non avrebbe dovuto.

< Ti adorano > soffiò al suo orecchio il moro prima di stampargli un grosso e umido bacio sulla guancia. Quel gesto non fece che aumentare gli urli di giubilo provenienti dalla folla radunata sotto il balcone.

< Dai ci guardano tutti > replicò imbarazzata Amalia. < E allora? > rispose Xavier alzando le spalle e stampandoli un altro grosso bacio sulle labbra.

< Possiamo andarcene ora? > sussurrò a Mr. Dowson cercando di non farsi vedere dagli altri. < Certo cara, certo > assentì quest’ultimo facendole segno di accomodarsi nuovamente dentro.

< Bene ora che la riunione è terminata, il bagno di folla è stato fatto e le decisioni importanti sono state prese noi torniamo alla Gilda > esclamò Amalia una volta all’interno del grande stanzone arredato completamente in legno. L’uomo dagli occhi piccoli e vivaci annuì andando ad accomodarsi su una sedia posta intorno al grande tavolo ovale. < Allora siamo d’accordo? > chiese prima che i quattro potessero lasciare l’edificio. < Certo, io presiederò il Senato attraverso lo specchio incantato > L’uomo sorrise soddisfatto prima di aggiungere < Volevo solo esserne sicuro >

< Stia tranquillo > lo rassicurò Xavier < Ci si può fidare di Amalia ed ora se non le spiace dovremmo davvero andare, è stato un piacere >

Anche al moro quell’uomo non ispirava molta simpatia, ma dopotutto faceva parte del vecchio Senato perciò avrebbero dovuto sopportarlo.

Finalmente liberi dalle sue chiacchere i quattro si avviarono lungo il corridoio rivestito da dipinti antichi e molto preziosi, dove inaspettatamente, trovarono schierati tutti i membri del Senato e la servitù. Cercando di non fare caso a tutte le persone che con sguardo ammirato si inchinavano al loro passaggio i ragazzi proseguirono lungo il corridoio e poi giù per la grande scalinata in marmo bianco fino ad arrivare alla porta d’uscita. Qui ad attenderli c’erano quattro maggiordomi che reggevano quattro medaglie d’oro da consegnare ai liberatori del mondo come segno di riconoscenza. Un po’ intimiditi i quattro piegarono la testa lasciando e lasciarono che i maggiordomi facessero ciò che dovevano fare. Salutando per l’ultima volta i membri del Senato e la servitù i quattro uscirono nel grande cortile ancora gremito di persone festose, dove ad attenderli trovarono i loro cavalli. Sorridenti salirono in groppo alle loro cavalcature e dopo averli spronati partirono al piccolo trotto, per aumentare poi l’andatura quando il deserto si affacciò ai loro occhi.

In lontananza il sole cominciò a scendere tingendo il cielo dei colori del tramonto e trasmettendo in Amalia un senso di calore e familiarità che mai avrebbe potuto scordare.

 

 Angolo autrice:

Bentornati cari assassini! Ebbene sì, siamo giunti alla fine di questo lungo viaggio. Purtroppo
anche questa storia è giunta al termine e se a voi piange il cuore, beh a me ancora di più. 
Amalia è stata la mia creazione più ben riuscita e sapere che ha conquistato tanti cuori, non fa che 
riempirmi di gioia. Una cosa però voglio dirvela: credo proprio ci sarà un sequel, sempre che voi lo
vogliate e per farmelo capire c'è solo un modo, ovvero secensire.
Spero che questo ultimo capitolo vi soddisfi e possa farvi provare emozioni come ha fatto con me, vi chiedo anche
un altra piccola cosa. Recensite tutti quanti. In fondo e l'ultimo e mi piacerebbe sentire le varie opinioni
di color che hanno seguito la storia.
In ogni caso vi ho già annoiato troppo, perciò per ora vi saluto.
Alla prossima storia, la vostra affezionata Sybeoil!

Per poco me ne dimenticavo. Un GRAZIE enorme a S_Anonima_E, Squall99, Irine e tutti coloro che hanno commentato, 
inserito la storia tra le preferite, le ricordate o la seguite. Senza di voi non sarei riuscita a terminarla
Per cui ancora Grazieeeeee!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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